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> anno_i:[1880 TO 1910}
Saggistica ,
; - questo tal popolo cosi distribuito su tale territorio , e cosi in sé spartito ed articolato , per effetto
L'UMORISMO ( PIRANDELLO LUIGI , 1908 )
Saggistica ,
Parte prima I.LA PAROLA “ UMORISMO ” Alessandro D ' Ancona , in quel suo notissimo studio su Cecco Angiolieri da Siena ( in Studi di Critica e Storia Letteraria , Bologna , Zanichelli ed . , 1880 ) , dopo aver notato quanto vi sia di burlesco in questo nostro poeta del sec . XIII , osserva : “ Ma per noi l ' Angiolieri non è soltanto un burlesco : bensì anche , e più propriamente , un umorista . E qui i camarlinghi della favella ci faccian pure il viso dell ' arme , ma non pretendano di dire che in italiano bisogna rassegnarsi a non dir la cosa , perché non abbiam la parola ” . E , accortamente , in una nota a piè di pagina ( pag . 179 ) , soggiunge : “ È curioso però che il traduttore francese di una dissertazione tedesca sull ' Humour , inserita nel Recueil de pièces intéressantes , concernant les antiquités , les beaux - arts , les belles - lettres et la philosophie , traduites de différentes langues , citando il Riedel , Theor . d . Schönen Künste , I . artic . Laune , sostenga che sebbene gli Inglesi , ed il Congreve in particolare , rivendichino per sé i vocaboli humour e humourist , ‘ il est néanmoins certain qu ' ils viennent de l ' italien ’ ” . E quindi il D ' Ancona riprende : “ Del resto , poi , la nostra lingua ha umore per fantasia , capriccio , e umorista per fantastico : e gli umori dell ' animo e del cervello ognun sa che stanno in stretta relazione con la poesia umorista . E l ' Italia ebbe ai suoi tempi le accademie degli Umorosi a Bologna ed a Cortona e degli Umoristi in Roma , e speriamo che i mali umori della politica non le facciano mai venir meno i begli umori nel regno dell 'arte».(E anche a Napoli ( Arch . stor . p . le prov . nap . V . 608 ) . E perché non citare anche quella degli Umidi di Firenze di cui il Lasca disse ( Lett . a Mes . Lorenzo Scala , premessa al primo libro delle opere burlesche , ed . Bern . Giunta 1548 ) : “ la quale ( Accademia degli Umidi ) principalmente fa professione , essendovi tutte persone dentro allegre e spensierate , dello stil burlesco , giocondo , lieto , amorevole e , per dir così , buon compagno » ? Si vedano , per altro , a proposito delle parole umore e umorismo , il Baldensperger , Les definitions de l ' humour in Eluder d ' bistoire littéraire , Paris , Hachette , 1907 e lo Spingarn nell ' introduzione del primo volume della sua raccolta Critical Essays of the Seventeenth Century , Oxford , Clarendon Press , 1908; nonché ciò che ne dice il Croce in Critica , vol . VII , pagine 219-20 ) . La parola umore derivò a noi naturalmente dal latino e col senso materiale che essa aveva di corpo fluido , liquore , umidità o vapore , e col senso anche di fantasia , capriccio o vigore . ” Aliquantum habeo humoris in corpore , neque dum exarui ex amoenis rebus et voluptariis ” ( Plauto ) . Qui humor non ha evidentemente senso materiale , perché sappiamo che , fin dai tempi più antichi , ogni umore nel corpo era ritenuto segno o cagione di malattia . “ Li uomini , si legge in un vecchio libro di mascalcia , hanno quattro umori : cioè lo sangue , la collera , la flemma e la malinconia : e questi umori sono cagione delle infermità degli uomini . ” E in Brunetto Latini : ” Malinconia è un umore , che molti chiamano collera nera , ed è fredda , e secca , ed ha il suo sedio nello spino ” com ' è in somma nel latino di Cicerone e di Plinio . Sant ' Agostino poi in un suo sermone ci fa sapere che “ i porri accendono la collera , i cavoli generano malinconia ” ( Cecco Angiolieri in uno dei suoi sonetti , parlando della madre che gli vuol male , dopo avere enumerato alcuni cibi dannosi ch ' ella gli consiglia , dice : E se di questo non avessi voglia E stessi quasimente su la colla Molto mi loda porri con la foglia ) . Sarà bene , trattando dell ' umorismo , tener presente anche quest ' altro significato di malattia della parola umore , e che malinconia , prima di significare quella delicata affezione o passion d ' animo che intendiamo noi , abbia avuto in origine il senso di bile o fiele e sia stata per gli antichi un umore nel significato materiale della parola . Vedremo appresso la relazione che le due parole umore e malinconia avranno tra loro assumendo un senso spirituale . Diciamo intanto che tal relazione , se non mancò affatto nello spirito della nostra lingua , certo non vi apparve chiaramente . Da noi , in fatti , la parola umore o serba il significato materiale , tanto che un proverbio toscano può dire : “ Chi ha umore non ha sapore ” ( alludendo alle frutta acquose ) ; o , se assume un significato spirituale , esprime sì inclinazione , natura , disposizione o stato passeggero d ' animo o anche fantasia , pensiero , capriccio , ma senza una qualità determinata ; tanto vero che dobbiamo dire umor tristo o gajo , o tetro , buono o cattivo o bell ' umore , ecc . In somma , la parola italiana umore non è la inglese humour . Questa , come dice il Tommaseo , racchiude . e contempera le nostre espressioni bell ' umore , buonumore , e malumore . C ' entrano un po ' , dunque , i cavoli di Sant ' Agostino . Discutiamo adesso su la parola , non su la cosa : è bene avvertirlo , perché non vorremmo si credesse che a noi manchi veramente la cosa per il solo fatto che la parola nostra non riuscì idealmente a serbare e a contemperare in sé ciò che già materialmente includeva . Vedremo che tutto , in fondo , si riduce a un bisogno di più chiara distinzione che sentiamo noi , perché , o bello o buono o tetro o gajo , umore è sempre , e non è diverso dall ' inglese nell ' essenza , ma nelle modificazioni che naturalmente vi imprimono la lingua diversa e la varia natura degli scrittori . Del resto , non si creda che la parola inglese humour e il suo derivato umorismo siano di così facile comprensione . Il D ' Ancona stesso , in quel suo saggio su l ' Angiolieri , su cui più tardi dovremo ritornare , confessa : “ S ' io dovessi dare una definizione dell ' umorismo sarei davvero molto impacciato ” . Ed ha ragione . Tutti dicono così . Piuttosto no ' l comprendo , che te ' l dica . Di tutte quelle tentate nei secoli XVIII e XIX parla in un suo studio già citato , il Baldensperger , per concludere , a modo del Croce , che : “ il n y a pas d ' humour , il n ' y a que des humouristes ” , come se per poter dire o riconoscere che questo o quello scrittore è un umorista , non si dovesse avere un qualche concetto dell ' umorismo , e bastasse sostenere , come fa il Cazamian , citato dallo stesso Baldensperger , che l ' umorismo sfugge alla scienza , perché gli elementi caratteristici e costanti di esso sono in piccolo numero e sopra tutto negativi , laddove gli elementi variabili sono in numero indeterminato . Sì . Anche l ' Addison stimava più facile dire ciò che l ' humour non è , che dire ciò che è . E tutte le fatiche che si son fatte per definirlo ricordano veramente quelle speciosissime che si fecero nel secolo XVII per definir l ' ingegno ( oh , il Cannocchiale aristotelico di Emmanuele Tesauro ! ) e il gusto o buon gusto e quell ' ineffabile non so che , per cui il Bouhours scriveva : ” Les Italiens , qui font mystère de tout , emploient en toutes rencontres leur non so che : on ne voit rien de plus commun dans leurs poëtes ” . Gl ' Italiani ” qui font mystère de tout ” . Ma andate a domandare ai Francesi che cosa intendono per esprit . Quanto all ' umorismo , ” certo è seguita il D ' Ancona che la definizione non è facile , perché l ' umorismo ha infinite varietà , secondo le nazioni , i tempi , gl ' ingegni , e quel di Rabelais e di Merlin Coccajo non è una cosa coll ' umorismo dello Sterne , dello Swift o di Gian Paolo , e la vena umoristica dell ' Heine e del Musset non è di egual sapore . Non vi ha poi forse alcun altro genere nel quale sia , o dovrebbe esser più sottil differenza dalla forma prosaica alla poetica , per quanto ciò non venga sempre avvertito dai lettori , e neanche dagli scrittori . Ma di ciò , e delle ragioni di queste differenze , e delle varietà fra l ' umore e la satira e l ' epigramma e la facezia e la parodia e il comico d ' ogni foggia e qualità , e se , come vuole il Richter , alcuni umoristi sieno semplicemente lunatici , non è qui il luogo di discutere . Certo è questo , che un fondo comune vi è in tutti coloro che la voce pubblica raccoglie sotto la stessa denominazione di umoristi ” . L ' osservazione in fondo è giusta ; ma piano con la voce pubblica ! - vorremmo dire al D ' Ancona . “ Dopo la parola romanticismo , la parola più abusata e sbagliata in Italia ( in Italia soltanto ? ) è quella di umorismo . Se fossero realmente umoristi gli scrittori , i libri , i giornali battezzati con questo nome , noi non avremmo nulla da invidiare alla patria di Sterne e di Thackeray o a quella di Gian Paolo e di Heine . Non si potrebbe uscir di casa senza incontrar per la strada due o tre Cervantes e una mezza dozzina di Dickens ... Vogliamo solo notare fin da principio che vi è una babilonica confusione nell ' interpretazione della voce umorismo . Per il gran numero , scrittore umoristico è lo scrittore che fa ridere : il comico , il burlesco , il satirico ; il grottesco , il triviale : la caricatura , la farsa , l ' epigramma , il calembour si battezzano per umorismo : come da un pezzo si costuma di chiamare romantico tutto ciò che vi è di più arcadico e sentimentale , di più falso e barocco . Si confonde Paul de Kock con Dickens , e il visconte d ' Arlincourt con Victor Hugo ” . Questo notava Enrico Nencioni , già fin dal 1884 , in un articolo su la Nuova Antologia intitolato appunto L ' Umorismo e gli Umoristi , che fece molto rumore . Non si può dir veramente che la voce pubblica in tutto questo lasso di tempo , si sia ricreduta . Anche oggi , per il gran numero , scrittore umoristico è lo scrittore che fa ridere . Ma , ripeto , perché in Italia soltanto ? Da per tutto ! Il volgo non può intendere i segreti contrasti , le sottili finezze del vero umorismo . Si confondono anche altrove la caricatura , la farsa bislacca , il grottesco con l ' umorismo ; si confondono anche là dove al Nencioni sembrava ( e non a lui soltanto ) che l ' umorismo stesse di casa : non ha forse nome d ' umorista Mark Twain , i cui racconti sono , secondo la sua stessa definizione , “ una collezione di eccellenti cose , prodigiosamente divertenti , che strappano il riso anche dai volti più ingrugniti ” ? Il giornalismo , un certo giornalismo si è impadronito della parola , l ' ha adottata e , sforzandosi di far ridere più o meno sguajatamente a ogni costo , l ' ha divulgata in questo falso senso . Cosicché ogni vero umorista prova oggi ritegno , anzi sdegno a qualificarsi per tale . Umorista , sì , ma ... non confondiamo , si sente il bisogno d ' avvertire : umorista nel vero senso della parola . Come dire : Badate ch ' io non mi propongo di farvi ridere facendo sgambettar le parole . E più d ' uno , per non passar da buffone , per non esser confuso coi centomila umoristi da strapazzo , ha voluto buttar via la parola sciupata , abbandonarla al volgo , e adottarne un ' altra : ironismo , ironista . Come da umore , umorismo ; da ironia , ironismo . Ma ironia , in che senso ? Bisognerà distinguere , anche qui . Perché c ' è un modo retorico e un altro filosofico d ' intendere l ' ironia . L ' ironia , come figura retorica , racchiude in sé un infingimento che è assolutamente contrario alla natura dello schietto umorismo . Implica sì , questa figura retorica , una contradizione , ma fittizia , tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso . La contradizione dell ' umorismo non è mai , invece , fittizia ma essenziale , come vedremo , e di ben altra natura . Quando Dante aggrava la riprensione eccettuando dal numero dei ripresi chi è più riprensibile , come per la brigata dei prodighi matti , allor che esclama : ... Or fu giammai - Gente si vana ? e un dannato risponde : Tranne lo Stricca ... E tranne la brigata ; oppure là dove dice : Ogni uom v ' è barattier fuor che Bonturo ; o quando rammenta il bene per esacerbare il sentimento del male , come fanno i diavoli al barattier lucchese : ... Qui non ha luogo il Santo Volto : Qui si nuota altrimenti che nel Serchio ; o quando a chi parla fa rammentare i proprii vantaggi nell ' usarli aspramente , come fa quell ' altro diavolo che toglie a S . Francesco l ' anima d ' un reo , argomentando teologicamente su la penitenza , per modo che quell ' anima presa da lui si sente dire : Forse Tu non pensavi , ch ' io loico fossi ; o quando esclama : Godi , Firenze , poiché se ' sì grande ; oppure : Fiorenza mia , ben puoi esser contenta Di questa digression che non ti tocca … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … Or ti fa lieta , ché tu hai ben onde ; Tu ricca , tu con pace , e tu con senno ... dà mirabili esempii di ironia nel senso retorico della parola : ma né qui , né in altro punto , del resto , della Comedia , non è traccia d ' umorismo . Un altro senso , dicevamo , e questo filosofico , fu dato alla parola ironia in Germania . Lo dedussero Federico Schlegel e Ludovico Tieck direttamente dall ' idealismo soggettivo del Fichte ; ma deriva in fondo da tutto il movimento idealistico e romantico tedesco post - kantiano . L ' Io , sola realtà vera , spiegava Hegel , può sorridere della vana parvenza dell ' universo : come la pone , può anche annullarla ; può non prender sul serio le proprie creazioni . Onde l ' ironia : cioè quella forza secondo il Tieck che permette al poeta di dominar la materia che tratta ; materia che si riduce per essa secondo Federico Schlegel a una perpetua parodia , a una farsa trascendentale . Trascendentale più d ' un po ' , osserveremo noi , questa concezione dell ' ironia : né , del resto , se consideriamo per poco donde ci viene , poteva essere altrimenti . Tuttavia essa ha , o può avere , almeno in un certo senso , qualche parentela col vero umorismo , più stretta certamente che non l ' ironia retorica , da cui , in fondo , tira tira , si potrebbe veder derivare . Qui , nell ' ironia retorica , non bisogna prender sul serio quel che si dice ; lì , nella romantica , si può non prender sul serio quel che si fa . L ' ironia retorica sarebbe , rispetto alla romantica , come quella famosa rana della favola , la quale , trasportata nel macchinoso mondo dell ' idealismo metafisico tedesco e abbottandosi qua più di vento che d ' acqua , fosse riuscita ad assumere le invidiate proporzioni del bue . L ' infingimento , quella tal contradizione fittizia , di cui parla la retorica , è diventata qua , a furia di gonfiarsi , la vana parvenza dell ' universo . Ora ecco : se l ' umorismo consistesse tutto nella puntura di spillo che svescia quella rana abbottata , ironia e umorismo sarebbero press ' a poco la stessa cosa . Ma l ' umorismo , come vedremo , non è tutto in questa puntura di spillo . Al solito , Federico Schlegel non fece altro qui che esagerare idee e teorie altrui : oltre all ' idealismo soggettivo del Fichte , la famosa teoria del giuoco esposta dallo Schiller nelle 27 lettere Ueber die aesthetische Erziehung des Menschen . Il Fichte aveva voluto , in fondo , compire la dottrina kantiana del dovere : dicendo che l ' universo è creato dallo spirito , dall ' “ Io ” , che è anche divinità , l ' anima dell ' essenza del mondo , che genera tutto ed è impersonale , che è volontà infaticabile , la quale racchiude in sé ragione , libertà , moralità ; aveva voluto dimostrare il dovere dei singoli uomini di sottomettersi al volere della totalità e di tendere al culmine dell ' armonia morale . Ora , quest ' “ Io ” del Fichte diventò l ' “ io ” individuale , il piccolo “ io ” strambo del signor Federico Schlegel , che con un cannellino e un po ' d ' acqua saponata si mise allegramente a gonfiar bolle di sapone : vane parvenze d ' universo , mondi ; e a soffiarci su . E questo era il giuoco . Povero Schiller ! Non poteva esser falsato in modo più indegno il suo Spieltrieb . Ma il signor Federico Schlegel prese alla lettera le parole : “ der Mensch soll mit der Schönheit nur spielen , und er soll nur mit der Schönheit spielen . Denn , um es endlich auf einmal herauszusagen , der Mensch spielt nur , wo er in voller Bedeutung des Worts Mensch ist , und er ist nur da ganz Mensch , wo er spielt ” ( Lettera XV ) , e disse che per il poeta l ' ironia consiste nel non fondersi mai del tutto con l ' opera propria , nel non perdere , neppure nel momento del patetico , la coscienza della irrealtà delle sue creazioni , nel non essere lo zimbello dei fantasmi da lui stesso evocati , nel sorridere del lettore che si lascerà prendere al giuoco e anche di sé stesso che la propria vita consacra a giocare ( Vedi Victor Basch , La poëtique de F . Schiller , Paris , Alcan , 1902 ) . Intesa in questo senso l ' ironia , ognun vede come a torto essa venga attribuita a certi scrittori , come ad esempio , al nostro Manzoni , che della realtà oggettiva , della verità storica si fece una vera e propria fissazione , fino a condannare il suo stesso capolavoro . Né d ' altra parte si può attribuire al Manzoni quell ' altra ironia , la retorica , giacché nessuna contradizione fittizia si trova mai in lui tra quel che dice e quel che vuole sia inteso , contradizione frutto di sdegno . Il Manzoni non si sdegna mai della realtà in contrasto col suo ideale : per compassione transige qua e là e spesso indulge , rappresentando ogni volta minutamente , in forma viva , le ragioni del suo transigere e del suo indulgere : il che , come vedremo , è proprio dell ' umorismo . La sostituzione di ironismo , ironista a umorismo , umorista non sarebbe quindi legittima . Dall ' ironia , anche quando sia usata a fin di bene , non si sa disgiungere l ' idea di un che di beffardo e di mordace . Ora , beffardi e mordaci possono essere anche scrittori indubbiamente umoristici , ma il loro umorismo non consisterà già in questa beffa mordace . È pur vero però che a una parola si può per comune accordo alterare il significato . Tante parole che noi adoperiamo adesso in un senso , ne avevano un altro in antico . E se alla parola umorismo , come abbiamo veduto , s ' è già veramente alterato il senso , non ci sarebbe in fondo nulla di male se per determinare , per significare senza equivoco la cosa venisse adoperata un ' altra parola . II . QUESTIONI PRELIMINARI Prima di entrare a parlar dell ' essenza , dei caratteri e della materia dell ' umorismo , dobbiamo sgomberarci il terreno di tre altre questioni preliminari : 1 ) se l ' umorismo sia fenomeno letterario esclusivamente moderno ; 2 ) se esotico per noi ; 3 ) se specialmente nordico . Queste tre questioni si ricollegano strettamente con quella più vasta e complessa della differenza dell ' arte moderna dall ' arte antica , lungamente agitata durante la lotta tra classicismo e romanticismo , per un verso ; e , per l ' altro , del romanticismo considerato dalle genti anglo - germaniche come una rivalsa contro il classicismo delle genti latine . Vedremo in fatti ripresi nelle varie dispute su l ' umorismo tutti gli argomenti della critica romantica , a cominciare da quelli dello Schiller , il quale , col saggio famoso Ueber naive und sentimentalische Dichtung , fu , a dire del Goethe il fondatore di tutta l ' estetica moderna ( Zur Naturwissenschaft im Allgemeinen . Tomo XXXIV delle Opere , ed . Hempel , pag . 96-97; ma il Goethe non tenne conto che prima dello Schiller lo Herder aveva distinto Natur - poesie da Kunst - poesie . Vedi anche V . Basch , op . cit . ) . Questi argomenti sono ben noti : il subiettivismo del poeta speculativo - sentimentale , rappresentante dell ' arte moderna , in contrapposto con l ' obiettivismo del poeta istintivo o ingenuo , rappresentante dell ' arte antica ; il contrasto tra l ' ideale e il reale ; la serenità marmorea , l ' equilibrio dignitoso , la bellezza esteriore dell ' arte antica contro l ' esaltazione dei sentimenti , il vago , l ' infinito , l ' indeterminato delle aspirazioni , le melanconie , la nostalgia , la bellezza interiore dell ' arte moderna ; e da un canto le bassure del verismo della poesia ingenua , e dall ' altro le nebbie dell ' astrazione e il capogiro intellettuale della poesia sentimentale ( Vedi G . Muoni , Note per una poetica storica del romanticismo , Milano , Società Ed . Libr . , 1906 ) ; l ' azione del cristianesimo ; l ' elemento filosofico ; l ' incoerenza dell ' arte moderna opposta all ' armonia della poesia greca ; le particolarità singole di fronte alle tipificazioni classiche ; la ragione che s ' interessa del valore filosofico del contenuto più che della vaghezza della forma esteriore ; il sentimento profondo di un ' interna disunione , di una doppia natura dell ' uomo moderno , ecc . ecc . Per darne qualche prova , citeremo ciò che scriveva il Nencioni in quel suo studio su L ' Umorismo e gli Umoristi , di cui abbiamo già fatto parola : “ L ' antichità , nel suo felice equilibrio dei sensi e dei sentimenti , guardò con calma statuaria anche nelle tragiche profondità del destino . L ' anima umana era sana e giovine allora , né il cuore e la intelligenza erano stati tormentati da trenta secoli di precetti e di sistemi , di dolori e di dubbi . Nessuna penosa dottrina , nessuna crisi interiore aveva alterato la serena armonia della vita e del temperamento umano . Ma il tempo e il cristianesimo hanno insegnato all ' uomo moderno a contemplare l ' infinito , a paragonarlo con l ' effimero e doloroso soffio della vita presente . Il nostro organismo e continuamente eccitato e sovreccitato ; e secolari dolori hanno umanizzato il nostro cuore . Noi guardiamo nell ' anima umana , e nella natura con una simpatia più penetrante , e vi troviamo delle arcane relazioni e un ' intima poesia ignote all ' antichità ... Il riso d ' artista e la comica fantasia di Aristofane , alcuni dialoghi di Luciano , sono eccezioni . L ' antichità non ebbe , né poteva avere , letteratura umoristica ... Si direbbe che questa sia la caratteristica delle letterature anglo - germaniche . Il cielo crepuscolare e l ' umido suolo del Nord sembrano esser più acconci a nutrire la delicata e strana pianta dell ' umorismo » . Concedeva però il Nencioni che “ anche sotto il cielo azzurro e nella vita facile delle razze latine ” l ' umorismo “ ha talora fiorito e due o tre volte in modo unico , meraviglioso ” . E parlava in fatti del Rabelais e del Cervantes , e anche dell ' umorismo “ realista e vivente ” di Carlo Porta e di quello “ delicato e desolato ” di Carlo Bini , e diceva il don Abbondio del Manzoni una creazione umoristica di prim ' ordine . Più reciso nella negazione fu Giorgio Arcoleo ( L ' Umorismo nell ' arte moderna . Due conferenze al Circolo filologico di Napoli , Napoli , Detken ed . , 1885 ) , il quale , pur ammettendo che la nota dell ' umorismo , speciale della letteratura moderna , non manchi di legami col mondo antico , e pur citando quell ' insegnamento di Socrate che dice : “ Una è l ' origine dell ' allegria e della tristezza : nei contrapposti un ' idea non si conosce che per la sua contraria : della stessa materia si forma il socco e il coturno ” , soggiungeva : “ Questo lo intelletto greco pensava : ma l ' Arte non potea esprimerlo : la percezione dei contrasti rimaneva nel campo astratto , perché diversa era la vita . La Teogonia avvolgeva l ' anima nel mito ; l ' Epopea i fatti umani nella leggenda ; la Politica le forze individuali nella suprema legge dello Stato . L ' Antichità costrinse serenamente le forme nell ' armonia del finito : vide il Ciclope o lo Gnomo , le Grazie o le Parche . Come la vita avea liberi o servi , onnipotenti o impotenti , così la scienza ebbe sorrisi o pianto : Eraclito o Democrito ; e la letteratura ebbe tragedie o commedie . Tutt ' al più il contrasto dalla sfera dell ' intelletto passò nell ' altra dell ' immaginazione , si tramutò in fantasma , e allora Aristofane fece la satira dei sofisti , Luciano degli Dei . Ma se il Paganesimo si era obliato nella magnificenza delle forme e della natura , il Medio Evo si tormentò nei dubbii e nelle angosce dello spirito . Fu triste , ebbe sogni agitati da spettri : la potenza baronale finiva spesso nei conventi , la bellezza nei chiostri . La corruttela romana non seduceva neppure come ricordo : la dissoluzione del grande Impero aveva inoculato negli animi l ' idea dell ' impotenza . A rovescio del mondo antico : questo rimpiccolì nelle forme plastiche le energie soprannaturali ; il Medio Evo le allargò nell ' infinito : e , compreso dallo spazio e dal tempo , lo spirito umano si annullò con braminica rassegnazione . Tale depressione soffocò ogni spirito d ' iniziativa e di ricerca . Nelle credenze sovraneggiò il dogma , nella scienza l ' erudizione , nell ' arte la copia , nel costume la disciplina . L ' umanità nel suo periodo di decadenza romana avea sostenuto i dolori della vita coll ' indifferenza dello stoico : ne avea cercato i piaceri con la sensualità dell ' epicureo : nel Medio Evo volle sottrarsi alla vita con l ' estasi : donde una nuova mitologia cristiana , popolata di rimorsi , di paure , di preghiere . Il pensiero seguiva la fede : il manuale di logica era un ' appendice del catechismo . In tali condizioni dominava il terrore , si aspettava il finimondo ... Finalmente nella materia come nello spirito sorge un nuovo mondo . È un periodo di esultanza e al tempo stesso di mestizia e di riflessione : ma si rivela con due tendenze spiccate , l ' una presso le razze germaniche , l ' altra presso le latine : lì il libero esame o la Riforma : qui il culto della bellezza e della forza , la Rinascenza . I contrasti si moltiplicano nelle istituzioni , nella vita privata , nei costumi , nelle leggi , nella letteratura ... Non è antitesi percepita dall ' intelletto o intravista dalla fantasia ; non è lotta contro la natura umana , come nell ' età di mezzo ; è dissonanza che stride in tutte le sfere del pensiero e dell ' azione : è il dissidio tra lo spirito nuovo e le forme vecchie . In tale situazione il trionfo dell ' uno o dell ' altra ha influenza decisiva sulle istituzioni , sulla scienza , sull ' arte . Qui appunto va notata la differenza dei risultati nelle razze germaniche e nelle latine : differenza che spiega in gran parte , perché l ' umorismo ebbe tanto sviluppo presso le prime , e riuscì quasi nullo presso le seconde ” . Ora , si dovrebbe innanzi tutto intendere che , prendendo in esame un ' eccezionale e speciosissima espressione d ' arte come l ' umoristica , queste rapide sintesi , queste ideali ricostruzioni storiche , non sono ammissibili . Come nella formazione d ' una leggenda l ' immaginazione collettiva rigetta tutti gli elementi , i tratti , i caratteri discordanti con la natura ideale d ' un dato fatto o d ' un dato personaggio ed evoca invece e combina tutte le immagini convenienti ; così , nel tracciare in breve la sintesi d ' una data epoca , inevitabilmente noi siamo indotti a non tener conto di tanti particolari in contradizione , delle singole espressioni . Non possiamo prestare orecchio alle voci che protestano in mezzo a un coro soverchiante . Nella lontananza , si sa , certi colori accesi , sparsi qua e là , si attenuano , si smorzano , si fondono nella tinta generale , azzurra o grigia , del paesaggio . Perché questi colori risaltino , riassumendo intera la loro individualità , bisogna che noi ci avviciniamo : riconosceremo allora come e quanto ci avesse ingannato la lontananza . Seguendo le teorie del Taine , considerando i fenomeni morali come soggetti anch ' essi al determinismo al pari dei fenomeni fisici , la storia umana come parte della naturale , l ' opera d ' arte come il prodotto di determinati fattori e di determinate leggi , e cioè di quella delle dipendenze e di quella delle condizioni , con le regole che ne derivano : del carattere essenziale o della facoltà dominante , dalla prima ; delle forze primordiali , razza , ambiente , momento , dalla seconda ; e vedendo esclusivamente nelle espressioni artistiche gli effetti necessarii di forze naturali e sociali ; non penetreremo mai nell ' intimità dell ' arte , ci rappresenteremo per forza tutte le manifestazioni d ' un dato tempo come solidali tra loro e complementari , per modo che ciascuna necessiti le altre e tutte insieme rispecchino quelle qualità che , secondo il nostro concetto o la nostra idea sommaria , le ha raccolte e prodotte ; non già la realtà infinitamente varia e continuamente mutabile , e i singoli sentimenti di essa , varii infinitamente e continuamente mutabili anch ' essi . Dopo aver considerato il cielo , il clima , il sole , la società , i costumi , i pregiudizii , ecc . , non dobbiamo forse appuntar lo sguardo sui singoli individui e domandarci che cosa siano divenuti in ciascuno di essi questi elementi , secondo lo speciale organamento psichico , la combinazione originaria , unica , che costituisce questo o quell ' individuo ? Dove uno s ' abbandona , l ' altro si rivolta ; dove uno piange , l ' altro ride ; e ci può esser sempre qualcuno che ride e piange a un tempo . Del mondo che lo circonda , l ' uomo , in questo o in quel tempo , non vede se non ciò che lo interessa : fin dall ' infanzia , senza neppur sospettarlo , egli fa una scelta d ' elementi e li accetta e accoglie in sé ; e questi elementi , più tardi , sotto l ' azione del sentimento , s ' agiteranno per combinarsi nei modi più svariati . “ L ' Antichità costrinse serenamente le forme nell ' armonia del finito ” . Ecco una sintesi . Tutta l ' antichità ? Nessun antico escluso ? “ Il Ciclope o lo Gnomo , le Grazie o le Parche ” . E non anche le Sirene , metà donne , metà pesce ? “ La vita non aveva che o liberi o servi ” . E non poteva qualche libero sentirsi servo e qualche servo sentirsi libero entro di . sé ? Non cita lo stesso Arcoleo Diogene che “ chiude il mondo nella botte , e non accetta la grandezza d ' Alessandro , se gli toglie la vista del sole ” ? E che vuol dire che l ' intelletto greco poteva percepire il contrasto e l ' Arte non poteva esprimerlo perché la vita era diversa ? Com ' era la vita ? O tutta pianto o tutta riso ? E come faceva allora l ' intelletto a cogliere il contrasto ? Ogni astrazione bisogna che abbia per forza radice in un fatto concreto . C ' era dunque il pianto e il riso , non il pianto o il riso ; e se l ' intelletto poteva cogliere il contrasto , perché non avrebbe potuto esprimerlo l ' arte ? “ Tutt ' al più dice l ' Arcoleo il contrasto dalla sfera dell ' intelletto passò nell ' altra dell ' immaginazione , si tramutò in fantasma , e allora Aristofane fece la satira dei sofisti , e Luciano degli Dei ” . Che vuol dire quel tutt ' al più ? Se il contrasto dalla sfera dell ' intelletto passò in quella dell ' immaginazione e si tramutò in fantasma , vuol dire che divenne arte . E allora ? Lasciamo andare Aristofane che , come vedremo , non ha nulla da fare con l ' umorismo ; ma Luciano non è soltanto autore del dialogo degli Dei . E andiamo avanti . “ Il mondo antico rimpiccolì nelle forme plastiche le energie soprannaturali ” . Ecco un ' altra sintesi . Tutto il mondo antico e tutte le energie soprannaturali ? anche il fato ? E tutta l ' Italia del rinascimento “ rimase nei suoi gusti pagana , serena ; non ebbe curiosità , non intimità ” ? Vedremo . Parliamo d ' umorismo e delle espressioni artistiche di esso , espressioni eccezionali e speciosissime , ripeto : ci basterebbe un umorista solo ; ne troveremo parecchi , in ogni tempo , in ogni luogo ; e diremo la ragione per cui i nostri segnatamente ci debba parere che non siano tali . Tutte le partizioni sono arbitrarie . Poco dopo la pubblicazione del saggio del Nencioni , che negava come abbiamo veduto all ' antichità una letteratura umoristica , non solo , ma anche la possibilità di averla , sorsero da noi prima il Fraccaroli , con uno studio intitolato appunto Per gli Umoristi dell ' Antichità ( Verona , 1885 ) , poi il Bonghi ( zLa coltura , 15 gennaio 1886 ) , poi altri ancora a rilevare nelle letterature classiche e specialmente nella greca , assai più umorismo , che non avesse saputo vedere il Nencioni . Quel felice equilibrio , quella calma statuaria e l ' anima sana e giovine e la serena armonia della vita e del temperamento degli antichi , come la natura rappresentata da questi con precisione e con fedeltà , senza melanconia né nostalgia , sono vecchi cavalli di battaglia della critica romantica . Già lo stesso Schiller , autore primo della partizione , dovette riconoscere che Euripide , Orazio , Properzio , Virgilio non si erano fatti un concetto ingenuo della natura e quindi concludere che vi erano anime sentimentali presso gli antichi e anime greche presso i moderni , e cancellare così , come impossibile a mantenere , la linea divisoria tra ispirazione antica e ispirazione moderna . Su le tracce del Biese , che scrisse su l ' evoluzione del sentimento della natura presso i greci ( Die Entwickelung des Naturgefühls bei den Griechen , Kiel , 1882; abbiamo su l ' argomento lavori più recenti ) , il Basch dimostrò agevolmente quanto di sentimentale vi fosse nella poesia e nel pensiero dei Greci , nella mitologia primitiva , nelle metamorfosi spesso grottesche delle divinità , nell ' utopia nostalgica dell ' età dell ' oro , nella raffinata melanconia dei lirici e degli elegiaci in ispecie , che rappresentarono la natura non solamente ” comme cadre des sentiments de l ' âme , mais encore comme ayant des profondes et mystérieuses affinités avec ses sentiments ” . Anche lo Herder , autore della partizione tra Natur - poesie e Kunst poesie , non dava ad essa un senso rigorosamente cronologico . E il Richter negava che il cristianesimo fosse causa e origine esclusiva della nuova poesia , giacché i poemi scandinavi dell ' Edda e quelli dell ' India eran nati fuori del misticismo cristiano ; e , ripetendo l ' osservazione del Herder che “ nessun poeta resta fedele ad un ' ispirazione sentimentale unica ” , chiamava romantici non già gli autori , ma quelle fra le opere ch ' erano d ' ispirazione sentimentale . Arrigo Heine diceva nella Germania che si era caduti in un deplorevole errore chiamando plastica l ' arte classica , come se ogni arte , antica o moderna , volendo esser arte , non dovesse per forza esser plastica nella sua forma esteriore . Ed è inutile ricordare qui a quali strette si trovò Victor Hugo , volendo additare come principio dell ' arte moderna la famosa teoria del grottesco , di fronte a Vulcano , a Polifemo , a Sileno , ai tritoni , ai satiri , ai ciclopi , alle sirene , alle furie , alle Parche , alle arpie , al Tersite omerico , alle dramatis persone delle commedie aristofanesche . D ' altra parte , nessuno più si sogna di negare che anch ' essi gli antichi avessero l ' idea della profonda infelicità degli uomini . La espressero , del resto , chiaramente filosofi e poeti . Ma , al solito , anche tra il dolore antico e il dolore moderno si è voluto vedere da alcuni una differenza quasi sostanziale , e si è sostenuto che vi è una lugubre progressione nel dolore , svolgentesi con la storia stessa della civiltà , una progressione che ha fondamento nella sensibilità dell ' umana coscienza , sempre più delicata , e nell ' irritabilità e nella incontentabilità di essa di mano in mano sempre maggiori . Ma questo lo aveva già detto , se non c ' inganniamo , fin dal tempo dei tempi , Salomone . Accrescimento di scienza , accrescimento di dolore . E aveva proprio ragione , fin dal tempo dei tempi , Salomone ? Sta a vedere . Se le passioni , quanto più si afforzano e si affinano , tanto più acquistano una specie d ' attrazione e di compenetrazione scambievole ; se con l ' ajuto della fantasia e dei sensi noi ci inoltriamo , come dicono , in un “ processo d ' universalizzazione ” che si fa sempre più rapido e sempre più invadente , sicché in un dolore ci par di sentire più dolori , tutti i dolori , soffriamo noi per questo veramente di più ? No : perché questo accrescimento , se mai , è a scapito dell ' intensità . E ben per questo il Leopardi notava acutamente che il dolore antico era un dolor disperato , come suoi essere in natura , com ' è ancora nei popoli barbari e semi - selvaggi o nelle genti della campagna , senza il conforto cioè della sensibilità , senza la dolce rassegnazione alle sventure . Facilmente oggi , agli occhi nostri , se crediamo d ' essere infelici , il mondo si converte in un teatro d ' universale infelicità ? Vuol dire che , invece di sprofondarci nel nostro proprio dolore , noi lo allarghiamo , lo diffondiamo nell ' universo . Ci strappiamo la spina , e ci avvolgiamo in una nuvola nera . Cresce la noja , ma si spunta e si attenua il dolore . Però , ecco , e quel tal tedio della vita dei contemporanei di Lucrezio ? e quella tal tristezza misantropica di Timone ? Oh via ! è proprio inutile sfoggiare esempii e citazioni . Sono questioni , disquisizioni , argomentazioni accademiche . L ' umanità passata non c ' è bisogno di cercarla lontano : è sempre in noi , tal quale . Possiamo tutt ' al più ammettere che oggi , per questa se vuolsi cresciuta sensibilità e per il progresso ( ahimè ) della civiltà , siano più comuni quelle disposizioni di spirito , quelle condizioni di vita più favorevoli al fenomeno dell ' umorismo , o meglio , di un certo umorismo ; ma è assolutamente arbitrario il negare che tali disposizioni non esistessero o non potessero esistere in antico . A buon conto , Diogene , con la sua botte e la sua lanterna , non è di jeri ; e nulla di più serio nel ridicolo e di più ridicolo nel serio . Eccezioni , come dice il Nencioni e ripete l ' Arcoleo , Aristofane e Luciano ? Ma eccezioni , allora , anche Swift e Sterne . Tutta l ' arte umoristica , ripetiamo , è stata sempre ed è tuttavia arte d ' eccezione . Diverso il pianto , secondo questa critica , e diverso naturalmente anche il riso degli antichi . Notissima , la distinzione di Gian Paolo Richter tra comico classico e comico romantico : facezia grossolana , satira volgare , derisione de ' vizii e dei difetti , senza alcuna commiserazione o pietà , quello ; umore , questo , cioè riso filosofico , misto di dolore , perché nato dalla comparazione del piccolo mondo finito con la idea infinita , riso pieno di tolleranza e di simpatia . Da noi il Leopardi , che ebbe sempre la nostalgia del passato e che nei Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura volle far notare che egli sentiva il dolore non a modo dei romantici , ma a modo degli antichi , cioè il dolore disperato , difese pure il comico antico contro il moderno , il comico antico che “ era veramente sostanzioso , esprimeva sempre e metteva sotto gli occhi , per dir così , un corpo di ridicolo ” , mentre il moderno “ un ' ombra , uno spirito , un vento , un soffio , un fumo . Quello empieva di riso , questo appena lo fa gustare ; quello era solido , questo fugace ; quello consisteva in immagini , similitudini , paragoni , racconti , insomma cose ridicole ; questo in parole , generalmente e sommariamente parlando , e nasce da quella tal composizione di voci , da quello equivoco , da quella tale allusione di parole , da quel giocolino di parole , da quella tal parola appunto di maniera che , togliete quelle allusioni , scomponete e ordinate diversamente quelle parole , levate quell ' equivoco , sostituite una parola in cambio d ' un ' altra , svanisce il ridicolo ” . E cita l ' esempio di Luciano che paragona gli Dei sospesi al fuso della Parca ai pesciolini sospesi alla canna del pescatore . Poi avverte : “ Ma forse e senza forse , presentemente , e massime ai francesi , par grossolano quel che una volta si chiamava sale attico , e piacque ai greci , popolo il più civile dell ' antichità e ai latini . E può essere che anche Orazio avesse una simile opinione , quando disse male de ' sali di Plauto ; e in fatti le Satire e le Epistole di Orazio non sono di così solido ridicolo come l ' antico comico greco e latino , ma né anche di gran lunga così sottile come il moderno . Ora , a forza di motti , si è renduto spirituale anche il ridicolo , assottigliato tanto che ormai non è più né pur liquore , ma un etere , un vapore ; e questo solo si stima ridicolo degno delle persone di buon gusto e di spirito e di vero buon tono , e degno del bel mondo e della civile conversazione . Il ridicolo delle antiche commedie nasceva anche molto dalle operazioni stesse che erano introdotti a fare i personaggi sulla scena , e quivi ancora era non piccola sorgente di sale , ma pura azione ; come nelle Cerimonie del Maffei : commedia piena di vero e antico ridicolo , quel salire di Orazio per la finestra a fine di evitare i complimenti alle porte . Un ' altra gran differenza tra il ridicolo antico e il moderno è che quello era preso da cose popolari e domestiche o almeno non della più fina conversazione , la quale poi non esisteva ancor per lo meno così raffinata ; ma il moderno , massime il francese , versa principalmente intorno al più squisito mondo , alle cose dei nobili più raffinati , alle vicende domestiche delle famiglie più moderne , ecc . , ecc . ( come anche proporzionatamente era il ridicolo d ' Orazio ) : sicché quello era un ridicolo che avea corpo , e , come il filo di un ' arma che non sia troppo aguzzo , durò lungo tempo ; dove questo , come ha una punta sottilissima , più o meno secondo i tempi e le nazioni , così anche in un batter d ' occhio si logora e si consuma , e dal volgo poi non si sente , come il taglio del rasojo a prima giunta ” . Il Leopardi , evidentemente , parla qui dell ' esprit francese in contrapposizione del ridicolo classico , senza pensare che questo ” esprit de conversation , le talent de faire des mors , le goût des petites phrases vives , fines , imprévues , ingénieuses , dardées avec gaieté ou malice ” ( Vedi H . Taine , Notes sur l ' Angleterre , Paris , Hachette et Cie , douzième édition , 1903 , - ch . VIII . De l ' esprit anglais , pag . 339 ) , è classico anch ' esso e antichissimo in Francia : Duas res industriosissime persequitur gens Gallorum , rem militarem et argute loqui . Questo esprit nativo in Francia , che si raffina anch ' esso a mano a mano e diviene un po ' convenzionale , elegante , aristocratico , in certi periodi letterarii , non è certamente l ' humour moderno , e tanto meno quello inglese che il Taine gli contrappone , come fatto appunto di case più che di parole o , sotto un certo aspetto , fatto di buon senso , se come pensava il Joubert esprit consiste nell ' aver molte idee inutili e il buon senso nell ' esser provvisto di nozioni necessarie . Non confondiamo dunque . Nel 1899 Alberto Cantoni , argutissimo nostro umorista ( vedi su lui il mio saggio Un critico fantastico nel vol . Arte e scienza , Roma , W . Modes ed . , 1908 ) , che sentiva profondamente il dissidio interno tra la ragione e il sentimento e soffriva di non poter essere ingenuo come prepotentemente in lui la natura avrebbe voluto , riprese l ' argomento in una sua novella critica intitolata Humour classico e moderno ( il Cantoni chiama propriamente questo suo lavoro grottesco , forse per la contaminazione dell ' elemento fantastico con la critica ) , nella quale immagina che un bel vecchio rubicondo e gioviale , che rappresenta l ' Humour classico , e un ometto smilzo e circospetto , con una faccia un poco sdolcinata e un poco motteggiatrice , che rappresenta l ' Humour moderno , s ' incontrino a Bergamo innanzi al monumento a Gaetano Donizetti e là , senz ' altro , si mettono a disputare tra loro e poi si lanciano una sfida , si propongono cioè d ' andare in campagna lì presso , a Clusone , dove si tiene una fiera , ognuno per conto proprio , come se non si fossero mai visti , e di ritornare poi la sera , daccapo , innanzi al monumento di Donizetti , recando ciascuno le fugaci e particolari impressioni della gita per metterle a paragone . Invece di discorrere criticamente della natura , delle intenzioni , del sapore dell ' umorismo antico e del moderno , il Cantoni , in questa novella , riferisce vivacemente , in un dialogo brioso , le impressioni del vecchio gioviale e dell ' ometto circospetto raccolte alla fiera di Clusone . Quelle del primo avrebbero potuto essere argomento d ' una novella del Boccaccio , del Firenzuola , del Bandello ; i correnti e le variazioni sentimentali dell ' altro hanno invece il sapore di quelle dello Sterne nel Sentimental Journey o del Heine nei Reisebilder . Il Cantoni , prediligendo la natura ingenua e schietta , terrebbe nella disputa dalla parte del vecchio rubicondo , se non fosse costretto a riconoscere ch ' esso ha voluto rimanere tal quale assai più che non lo comportassero gli anni e che è volgaruccio e spesso vergognosamente sensuale ; ma poi , sentendo anche In sé il dissidio che tiene scissa e sdoppiata l ' anima di quell ' altro , dell ' ometto smilzo , lo fa mordere dal vecchio con aspre parole : “ A forza di ripetere continuamente che tu sembri sorriso e che sei dolore ... n ' è venuto che oramai non si sa più né che cosa veramente tu sembri , né che cosa veramente tu sia ... Se tu ti potessi vedere , non capiresti , come me , se tu abbia più voglia di piangere o di sorridere . Adesso è vero gli risponde l ' Humour moderno . Perché adesso penso solamente che voi vi siete fermato a mezza via . Al vostro tempo le gioje e le angustie della vita avevano due forme o almeno due parvenze più semplici e molto dissimili fra di loro , e niente era più facile che sceverare le une dalle altre per poi rialzare le prime a danno delle seconde , o viceversa ; ma dopo , cioè al tempo mio , è sopravvenuta la critica e felice notte ; s ' è brancolato molto tempo a non sapere né che cosa fosse il meglio , né che cosa fosse il peggio , finché principiarono ad apparire , dopo essere stati così gran tempo assai nascosti , i lati dolorosi della gioja e i lati risibili del dolore umano . Anche gli antichi solevano sostenere che il piacere non era altro che la cessazione del dolore e che il dolore stesso , ben esaminato , non era punto il male ; ma le sostenevano sul serio queste belle cose : come dire che non ne erano niente penetrati ; adesso invece è venuto pur troppo il tempo mio e si ripete , aimè , quasi ridendo , cioè con la più profonda persuasione , che i due suddetti elementi , attaccati da poco in qua alla gioja e al dolore , hanno assunto aspetti così incerti e così trascolorati che non si possono più , nonché separare , nemmeno distinguere . Ne è venuto che i miei contemporanei non sanno ora più essere né ben contenti , né bene malcontenti mai , e che voi solo non bastate più né a far fermentare il misurato sollazzo dei primi e né a divergere le sofistiche tremerelle dei secondi . Ci voglio io , che mescolo tutto scientemente , per fare svanire da una parte quanto più posso ingannevoli miraggi e per limare dall ' altra quante più trovo superflue asperità . Vivo di espedienti e di cuscinetti , io ... Bella vita ! esclama il vecchio . E l ' ometto smilzo séguita : ... per arrivare possibilmente ad uno stato intermedio che rappresenti come la sostanza grigia dell ' umana sensibilità . Si sente troppo adesso , come troppo s ' è riso a ufo ed a credenza in altri tempi : urge però che il pensiero regga le briglie alla più incomposta manifestazione del sentimento ... Rimpiango sempre di non aver potuto ereditare le vostre illusioni , e mi rallegro nello stesso tempo di trovarmi di qua dal fosso , bene agguerrito contro alle insidie delle illusioni stesse ! O che avete ? Perché mi affisate a codesto modo ? Penso , risponde il vecchio , che se vuoi proprio aver due anime in una , fai molto bene a non assumere la famosa guardatura di quel vedovo innamorato , che a sinistra piangeva la morta e a destra faceva l ' occhietto alla viva . Tu invece vuoi piangere e far l ' occhietto insieme , da tutte due le parti , come dire che non ci si capisce più nulla ” . Come nel dramma romantico che i due bravi borghesi Dupuis e Cotonet vedevano : ” vêtu de blanc et de noir , riant d ' un oeil et pleurant de l ' autre ” . Ma abbiamo confusione anche qui . In fondo , il Cantoni viene a dire sott ' altra forma quello stesso che avevano detto il Richter e il Leopardi . Se non che , egli chiama anche humour quello che gli altri due avevano chiamato comico classico e ridicolo antico . Il Richter tedesco tesse però l ' elogio del comico romantico o humour moderno , e vitupera come grossolano e volgare il comico classico ; mentre Cantoni , come il Leopardi da buon italiano lo difende , pur riconoscendo che la taccia di vergognosa sensualità non sia affatto immeritata . Ma anche per lui l ' humour moderno non è altro che una sofisticazione dell 'antico.”Via, ho idea , gli dice infatti l ' Humour classico , che si sia fatto sempre senza di te , ovvero che tu non sia altro che la parte peggiore di me medesimo , la quale abbia messo cresta per impertinenza , come ora usa . È un gran dire però che non s ' abbia mai a conoscersi bene da sé soli ! Tu mi sei certo scivolato di sotto ed io non me ne sono avvisto ” . Ora , è vero questo ? Ciò che il Cantoni chiama Humour classico è proprio humour ? o non incorre il Cantoni per un verso nello stesso errore in cui incorse già per l ' altro il Leopardi , confondendo cioè con l ' esprit francese tutto il ridicolo moderno ? Più propriamente : ciò che il Cantoni chiama humour classico , non sarebbe l ' umorismo inteso in un senso molto più largo , nel quale sian comprese la burla , la baja , la facezia , tutto il comico in somma nelle sue varie espressioni ? Qui è il nodo vero della questione . Non c ' entra la diversità dell ' arte antica dalla moderna , come non c ' entrano le speciali prerogative di questa o di quella razza . Si tratta di vedere in che senso si debba considerar l ' umorismo , se nel senso largo che comunemente ed erroneamente gli si suoi dare , e ne troveremo allora in gran copia così presso le letterature antiche come presso le moderne , d ' ogni nazione ; o se in un senso più ristretto e più proprio , e ne troveremo allora parimenti , ma in molto minor copia , anzi in pochissime espressioni eccezionali , così presso gli antichi come presso i moderni , d ' ogni nazione . III . DISTINZIONI SOMMARIE Nel Cap . VIII del libro Notes sur l ' Angleterre il Taine , com ' è noto , si provò a comparare l ' esprit francese e quello inglese . “ Non deve dirsi che essi ( gl ' Inglesi ) non abbiano spirito , scrisse il Taine ; ne hanno uno per conto loro , in verità poco gradevole , ma affatto originale , di sapor forte e pungente e anche un po ' amaro , come le lor bevande nazionali . Lo chiamano humour ; e , in generale , è la facezia di chi , scherzando , serba un ' aria grave . Questa facezia abbonda negli scritti di Swift , di Fielding , di Sterne , di Dickens , di Thackeray , di Sidney Smith ; sotto quest ' aspetto , il Libro degli snobs e le Lettere di Peter Plymley son capolavori . Se ne trova anche molto , della qualità più indigena e più aspra , in Carlyle . Essa confina ora con la caricatura buffonesca , ora col sarcasmo meditato ; scuote rudemente i nervi , o s ' affonda e prende stanza nella memoria . È un ' opera dell ' immaginazione stramba o dell ' indignazione concentrata . Si piace nei contrasti stridenti , nei travestimenti impreveduti . Para la follia con gli abiti della ragione o la ragione con gli abiti della follia . Arrigo Heine , Aristofane , Rabelais e talvolta Montesquieu , fuori dell ' Inghilterra , sono quelli che ne hanno in più larga dose . Ma pur si deve in questi tre ultimi sottrarre un elemento straniero , la estrosità francese , la gioja , la gajezza , quella specie di buon vino che non si vendemmia se non nei paesi del sole . Nello stato insulare e puro , essa lascia sempre , in fine , un sapor di aceto . Chi scherza così è di raro benevolo e non è mai lieto , sente e tradisce fortemente le dissonanze della vita . E non ne gode ; in fondo anzi ne soffre e se ne irrita . Per studiar minuziosamente un grottesco , per prolungar freddamente un ' ironia , bisogna avere un sentimento continuo di tristezza e di collera . I saggi perfetti del genere si devono cercare nei grandi scrittori , ma il genere è talmente indigeno che si trova ogni giorno nella conversazione ordinaria , nella letteratura , nelle discussioni politiche , ed è la moneta corrente del Punch ” . La citazione è un po ' troppo lunga ; ma opportuna per chiarir parecchie cose . Il Taine riesce a coglier bene la differenza generale tra la plaisanterie inglese e la francese , o meglio , il diverso umore dei due popoli . Ogni popolo ha il suo , con caratteri di distinzione sommaria . Ma , al solito , non bisogna andare tropp ' oltre , non bisogna cioè prender questa distinzione sommaria come solido fondamento nel trattare d ' un ' espressione d ' arte specialissima come la nostra . Che diremmo di uno il quale dal sommario accertamento che vi son certi tratti fisionomici comuni per cui , così all ' ingrosso , distinguiamo un Inglese da uno Spagnuolo , un Tedesco da un Italiano , ecc . , traesse la conseguenza che tutti quanti gl ' Inglesi , per esempio , hanno gli stessi occhi , lo stesso naso , la stessa bocca ? Per intender bene quanto sia sommario questo modo di distinguere , chiudiamoci per un momento nei confini del nostro paese . Noi tutti , d ' una data nazione , possiamo notar facilmente come e quanto la fisionomia dell ' uno sia diversa da quella d ' un altro . Ma questa osservazione , ovvia , facilissima per noi , riesce invece difficilissima a uno straniero , per il quale noi tutti avremo uno stesso aspetto generale . Pensiamo a un gran bosco dove fossero parecchie famiglie di piante : querci , aceri , faggi , platani , pini , ecc . Sommariamente , a prima vista , noi distingueremo le varie famiglie dall ' altezza del fusto , dalla diversa gradazione del verde , in somma dalla configurazione generale di ciascuna . Ma dobbiamo poi pensare che in ognuna di queste famiglie non solo un albero è diverso dall ' altro , un tronco dall ' altro , un ramo dall ' altro , una fronda dall ' altra , ma che , fra tutta quella incommensurabile moltitudine di foglie , non ve ne sono due , due sole , identiche tra loro . Ora , se si trattasse di giudicare di un ' opera d ' immaginazione collettiva , come sarebbe appunto un ' epopea genuina , sorta viva e possente dalle leggende tradizionali primitive d ' un popolo , ci potremmo in certa guisa contentare di quella sommaria distinzione . Non possiamo contentarcene più invece nel giudicar di opere che siano creazioni individuali , segnatamente poi se umoristiche . Colto astrattamente il tipo dell ' umore inglese , il Taine mette prima in un fascio Swift e Fielding e Sterne e Dickens e Thackeray e Sidney Smith e Carlyle , e vi accozza poi Heine , Aristofane , Rabelais , Montesquieu . Bel fascio ! Dall ' umorismo inteso nel senso più largo , come carattere comune , tipico modo di ridere di questo o di quel popolo , saltiamo a piè pari a considerar le singole e specialissime espressioni d ' un umorismo , che non è più possibile intendere in quel senso largo , se non a patto di rinunziare assolutamente alla critica : dico a quella critica che indaga e scopre tutte le singole differenze caratteristiche per cui l ' espressione , e dunque l ' arte , il modo d ' essere , lo stile d ' uno scrittore si distingue da quello dell ' altro : lo Swift dal Fielding , lo Sterne dallo Swift e dal Fielding , il Dickens dallo Swift e dal Fielding e dallo Sterne e così via . Le relazioni che questi scrittori umoristici inglesi possono avere con l ' umore nazionale sono affatto secondarie e superficiali come quelle che essi possono aver fra loro , e non hanno per la valutazione estetica alcuna importanza . Quel che di comune possono aver tra loro questi scrittori non deriva dalla qualità dell ' umore nazionale inglese , ma dal solo fatto ch ' essi sono umoristi , ciascuno si a suo modo , ma umoristi tutti veramente , scrittori cioè nei quali avviene quello speciale processo intimo e caratteristico da cui risulta l ' espressione umoristica . E soltanto per questo , non Arrigo Heine e il Rabelais e il Montesquieu e basta , ma tutti i veri scrittori umoristici d ' ogni tempo e d ' ogni nazione possono andare a schiera con quelli . Non però Aristofane , nel quale quel processo non avviene affatto . In Aristofane non abbiamo veramente il contrasto , ma soltanto l ' opposizione . Egli non è mai tenuto tra il sì e il no ; egli non vede che le ragioni sue , ed è per il no , testardamente , contro ogni novità , cioè contro la retorica , che crea demagoghi , contro la musica nuova , che , cangiando i modi antichi e consacrati , rimuove le basi dell ' educazione e dello Stato , contro la tragedia d ' Euripide , che snerva i caratteri e corrompe i costumi , contro la filosofia di Socrate , che non può produrre che spiriti indocili e atei , ecc . Alcune sue commedie son come le favole che scriverebbe la volpe , in risposta a quelle che hanno scritto gli uomini calunniando le bestie . Gli uomini in esse ragionano e agiscono con la logica delle bestie , mentre nelle favole le bestie ragionano e agiscono con la logica degli uomini . Sono allegorie in un dramma fantastico , nel quale la burla è satira iperbolica , spietata ( Vedi Jacques Denis , La comédie grecque , vol . I , chap . VI , Paris , Hachette et Cie , 1886 , e la bella e dotta prefazione di Ettore Romagnoli alla sua impareggiabile traduzione delle commedie di A . , Torino , Bocca , 1908 ) . Aristofane ha uno scopo morale , e il suo non è mai dunque il mondo della fantasia pura . Nessuno studio della verosimiglianza : egli non se ne cura perché si riferisce di continuo a cose e a persone vere : astrae iperbolicamente dalla realtà contingente e non crea una realtà fantastica , come , ad esempio , lo Swift . Umorista non è Aristofane , ma Socrate , come acutamente osserva Teodoro Lipps ( Komik und Humor , eine psychologisch - ästhetische Untersuchung , Hamburg u . Leipzig , Voss , 1898 ) : Socrate che assiste alla rappresentazione delle Nuvole e ride con gli altri della derisione che fa di lui il poeta , Socrate che “ versteht den Standpunkt des Volksbewusstseins , zu dessen Vertreter sich Aristophanes gemacht hat , und sieht darin etwas relativ Gutes und Vernünftiges . Er anerkennt eben damit das relative Recht derer , die seinen Kampf gegen das Volksbewusstsein verlachen . Damit erst wird sein Lachen zum Mitlachen . Andererseits lacht er doch über die Lacher . Er thut es und kann es thun , weil er des höheren Rechtes und notwendigen Sieges seiner Anschauungen gewiss ist . Eben dieses Bewusstsein leuchtet durch sein Lachen , und lässt es in seiner Thorheit logisch berechtigt , in seiner Nichtigkeit sittlich erhaben erscheinen ” . Socrate ha il sentimento del contrario ; Aristofane , dunque , se mai , può esser considerato umorista soltanto se intendiamo l ' umorismo nell ' altro senso molto più largo , e per noi improprio , in cui siano compresi la burla , la baja , la facezia , la satira , la caricatura , tutto il comico in somma nelle sue varie espressioni . Ma in questo senso anche tanti e tant ' altri scrittori faceti , burleschi , grotteschi , satirici , comici d ' ogni tempo e d ' ogni nazione dovrebbero esser considerati umoristi . L ' errore è sempre quello : della distinzione sommaria . Sono innegabili le diverse qualità delle varie razze , è innegabile che la plaisanterie francese non è l ' inglese come non è l ' italiana , la spagnuola , la tedesca , la russa , e via dicendo ; innegabile che ogni popolo ha un suo proprio umore ; l ' errore comincia quando quest ' umore , naturalmente mutabile nelle sue manifestazioni secondo i momenti e gli ambienti , è considerato , come comunemente il volgo suol fare , quale umorismo ; oppure quando per considerazioni esteriori e sommarie si afferma sostanzialmente diverso negli antichi e nei moderni ; e quando in fine , per il solo fatto che gl ' Inglesi chiamarono humour questo loro umore nazionale , mentre gli altri popoli lo chiamarono altrimenti , si viene a dire che soltanto gl ' Inglesi hanno il vero e proprio umorismo . Abbiamo già veduto che , molto prima che quel gruppo di scrittori inglesi del sec . XVIII si chiamasse degli umoristi ( vedi su essi le sei letture del Thackeray , The english Humourists of the eighteenth Century , Leipzig , Tauchnitz , 1853 . Sono : Swift , Congreve , Addison , Steele , Prior , Gay , Pope , Hogarth , Smollett , Fielding , Sterne , Goldsmith ) ; in Italia avevamo avuto e umidi e umorosi e umoristi . Questo , se si vuol discutere sul nome . Se si vuol poi discutere intorno alla cosa , è da osservare innanzi tutto che , intendendo in questo senso largo l ' umorismo , tanti e tanti scrittori che noi chiamiamo burleschi o ironici o satirici o comici ecc . , sarebbero chiamati umoristi dagli Inglesi , i quali sentirebbero in essi quel tal sapore che noi sentiamo nei loro scrittori e non sentiamo più nei nostri per quella particolarissima ragione , che con molto accorgimento fu messa in chiaro dal Pascoli . ” C ' è , disse il Pascoli in ogni lingua e letteratura un quid speciale e intraducibile , che pochi sanno percepire nella lingua e letteratura lor propria e avvertono , invece , senza difficoltà nelle altrui . Ogni lingua straniera , pur da noi non intesa , vi suona all ' orecchio più , dirò , mirabilmente , che la vostra . Un racconto , una poesia , esotici , vi sembrano più belli , anche se mediocri , di molte belle cose nostrane ; e tanto più , quanto più conservano di quell ' essenza nazionale . Ora non crediate che la vostra lingua e letteratura non abbiano a fare il medesimo effetto negli altri che quelle altre in noi ! ” . Una prova di questo fatto si può avere in ciò che W . Roscoe scrisse nel cap . XVI , § 12 , della sua opera Vita e pontificato di Leon X , a proposito del Berni . Il Roscoe , inglese , e che perciò di quel che comunemente nel suo paese s ' intende per humour doveva aver coscienza , scrisse che le facili composizioni del Berni e del Bini e del Mauro , ecc . “ non è improbabile che abbiano aperta la strada ad una simile eccentricità di stile in altri paesi ” e che ” in verità può concepirsi l ' idea più caratteristica degli scritti del Berni e dei compagni e seguaci di lui col considerare esser quelli in versi facili e vivaci la stessa cosa , che sono le opere in prosa di Rabelais , di Cervantes e di Sterne ” . E non ci dà Antonio Panizzi , che lungamente visse in Inghilterra e degli scrittori nostri scrisse in inglese , una definizione dello stile del Berni , che risponde in gran parte a quella che il Nencioni poi volle dare dell ' umorismo ? “ I precipui elementi dello stile del Berni dice il Panizzi sono : l ' ingegno che non trova somiglianza tra oggetti distanti e la rapidità onde subitamente connette le idee più remote ; il modo solenne onde allude ad avvenimenti ridicoli e profferisce un ' assurdità ; l ' aria d ' innocenza e d ' ingenuità con che fa osservazioni piene d ' accorgimento e conoscenza del mondo , la peculiar bonarietà con che sembra riguardare con indulgenza ... gli errori e le malvagità umane ; la sottile ironia che egli adopera con tanta apparenza di semplicità e d ' avversione all ' acerbezza ; la singolare schiettezza con che pare desideroso di scusare uomini e opere nello stesso momento che è tutto inteso a farne strazio » . A ogni modo , è certo che il Roscoe sentiva nel Berni e negli altri nostri poeti bajoni lo stesso sapore che sentiva negli scrittori suoi connazionali dotati di humour ( il Nencioni definisce l ' umorismo “ una naturale disposizione del cuore e della mente a osservare con simpatica indulgenza le contradizioni e le assurdità della vita ” ) . E non lo sentiva forse il Byron nel nostro Pulci , di cui tradusse finanche il primo canto del Morgante ? E lo stesso Sterne non lo sentiva finanche nel nostro Gian Carlo Passeroni ( Passeroni dabben , come lo chiamava il Parini ) , quel buon prete nizzardo che nel canto XVII , parte III del suo Cicerone ci fa sapere ( str . I22ª ) : E già mi disse un chiaro letterato Inglese , che da questa mia stampita Il disegno , il modello avea cavato Di scrivere in più torni la sua vita E pien di gratitudine e d ' amore Mi chiamava suo duce e precettore . E , d ' altro canto , non risente proprio per nulla degli scrittori francesi del grand siècle e anche di altri che non appartengono a questo , quel gruppo di umoristi inglesi di cui abbiamo or ora fatto parola ? Il Voltaire , parlando dello Swift nelle sue Lettres sur les Anglais dice : “ Mr . Swift est Rabelais dans son bon sens et vivant en bonne compagnie . Il n ' a pas , à la verité , la gaité du premier , mais il a toute la finesse , la raison , le choix , le bon goût qui manquent à notre curé de Meudon ( Come suonano curiose queste lodi a uno scrittore inglese raffrontato con uno scrittore francese , dopo aver letto nel Taine la pagina su l ' esprit francese e su l ' inglese ! ) . Ses vers sont d ' un goût singulier et presque inimitable ; la bonne plaisanterie est son partage en vers et en prose ; mais pour le bien entendre , il faut faire un petit voyage dans son pays » . Dans son pays , va bene ; ma c ' è anche chi vuol dire che bisognerebbe far pure un piccolo viaggio alla luna in compagnia di Cyrano de Bergerac . E chi metterà in dubbio l ' azione del Voltaire e del Boileau sul Pope ? E ricorderemo che il Lessing , accusando il Gottsched nelle sue Lettere su la letteratura moderna , dice che meglio sarebbe convenuta al gusto e al costume tedesco l ' imitazione degli Inglesi , di Shakespeare , di Jonson , di Beaumont e Fletcher , anzi che quella dell ' infranciosato Addison . Ma una prova anche più chiara si può cavar dal fatto che , mentre nessuno di quelli che da noi si sono occupati di umorismo e , per un pregiudizio snobistico , lo hanno veduto soltanto in Inghilterra , si è mai sognato di chiamare umorista il Boccaccio per quelle molte sue novelle che ridono , umorista e anzi il primo degli umoristi è ritenuto invece in Inghilterra pe ' suoi Canterbury Tales il Chaucer . Han voluto vedere nel poeta inglese , non com ' era giusto il quid speciale della diversa lingua , un altro stile ; ma , nello stile , una maggiore intimità , e dimostrar questa maggiore intimità innanzi tutto nell ' ingegnoso pretesto delle novelle ( il pellegrinaggio a Canterbury ) , nei ritratti dei pellegrini novellatori , segnatamente di quella indimenticabile , graziosissima Prioressa , Suor Eglantina , e di sir Thopas e della donna di Bath , poi nella rispondenza delle novelle ai caratteri di chi le racconta , o meglio , nel modo con cui le varie novelle , che il Chaucer non inventa , prendono colore e qualità dai pellegrini . Ma questa che vuol parere un ' osservazione profonda , è , invece , superficialissima , perché si arresta soltanto alla cornice del quadro . La magnifica opulenza dello stile boccaccesco , la copia e l ' appariscenza della forma si possono forse da un canto considerare come esteriori e implicano forse dall ' altro scarsezza d ' intimità psicologica ? Esaminiamo , sotto questo aspetto , a una a una le novelle , i caratteri dei singoli personaggi , lo svolgimento delle passioni , la dipintura minuta , spiccata , evidente della realtà , che sottintende una sottilissima analisi , una conoscenza profonda del cuore umano , e vedremo se il Boccaccio , segnatamente nell ' arte di render verosimili certe avventure troppo strane , non supera di gran lunga il Chaucer . Si è troppo abusato d ' una osservazione , al solito sommaria , fatta da coloro che han studiato con soverchio amore delle cose altrui le relazioni tra le letterature straniere e la nostra : la osservazione cioè che gli scrittori nostri abbiano dato sempre a tutto ciò che han tolto dagli stranieri una così detta maggior bellezza esteriore , una linea più composta e più armoniosa ; e che gli stranieri , invece , abbiano dato a tutto ciò che han tolto dagli scrittori nostri una maggior bellezza interiore , un carattere più intimo e profondo . Ora questo , se mai , può valere per certi scrittori nostri mediocri , da cui qualche sommo scrittore straniero abbia tolto questo o quell ' argomento : può valere ad esempio per certi novellieri nostri , da cui lo Shakespeare cavò la favola per alcuni suoi drammi possenti . Non può valere per il Boccaccio e per il Chaucer . Bisogna invece considerare , in questo caso , che cosa uno scheletrico fabliau francese ( ammesso che il Chaucer non abbia preso nulla direttamente dal Boccaccio ) sia diventato nelle novelle dell ' uno e dell ' altro . IV . L ' UMORISMO E LA RETORICA Giacomo Barzellotti , nel suo volume Dal Rinascimento al Risorgimento ( Palermo , R . Sandron ed . , 1904 ) , seguendo i concetti e il sistema del Taine e anche qualche idea espressa dal Bonghi nelle Lettere critiche , e da un saggio di etologia della nostra cultura , inteso a ricercare la mutua dipendenza tra le disposizioni morali e sociali , gli abiti della mente , gl ' istinti di razza del nostro popolo e le sue abitudini a concepire e ad esprimere il bello , passando a studiare Il problema storico della prosa nella Letteratura italiana , disse che uno dei pregiudizii nostri è “ quello di presupporre che l ' arte dello scrivere sia , solo o prima di tutto , un lavoro esterno di forma e di stile , mentre la forma stessa e lo stile , il cui studio è bensì essenziale allo scrivere , sono avanti a tutto , un ' opera intima di pensiero , vale a dire una cosa che si può ottener bene se si prenda immediatamente e come un fine in sé , una cosa a cui non si giunge se non movendo da un ' altra parte , cioè dal di dentro , dal pensiero , non dalla parola , dallo studio , dalla meditazione e dalla elaborazione profonda della materia , del soggetto e dell ' idea ” . Ora questo pregiudizio , come si sa , fu quello della Retorica , ch ' era appunto una poetica intellettualistica , fondata tutta cioè su astrazioni , in base a un procedimento logico ( “ La retorica corrisponde alla logica ” aveva già detto Aristotele , Ret . lib . I , c . 1 ) . L ' arte per essa era abito di operare secondo certi principii . E stabiliva secondo quali principii l ' arte dovesse operare : principii universali , assoluti , come se l ' opera d ' arte fosse una conclusione da costruire al pari d ' un ragionamento . Diceva : “ Così si è fatto ; così si deve fare ” . Raccolti , come in un museo , tanti modelli di bellezza immutabile , ne imponeva l ' imitazione . Retorica e imitazione sono in fondo la stessa cosa . E i danni che essa cagionò in ogni tempo alla letteratura sono senza dubbio , come ognun sa , incalcolabili . Fondata sul pregiudizio della così detta tradizione , insegnava ad imitare ciò che non si imita : lo stile , il carattere , la forma . Non intendeva che ogni forma dev ' essere né antica né moderna , ma unica , quella cioè che è propria d ' ogni singola opera d ' arte e non può esser altra né di altre opere , e , che perciò non può né deve esistere tradizione in arte . Regolata com ' era dalla ragione , vedeva da per tutto categorie e la letteratura come un casellario : per ogni casella , un cartellino . Tante categorie , tanti generi ; e ogni genere aveva la sua forma prestabilita : quella e non altra . È vero che tante volte , poi , s ' accomodava ; ma darsi per vinta non voleva mai . Quando un poeta ribelle appioppava un calcio bene scolpito al casellario e creava a suo modo una forma nuova , i retori gli abbajavano dietro per un pezzo : ma poi , alla fine , se quella forma riusciva a imporsi , essi se la prendevano , la smontavano come una macchinetta , la scioglievano in un rapporto logico , la catalogavano , magari aggiungendo una nuova casella al casellario . Così avvenne , ad esempio , per il dramma storico di quel gran barbaro dello Shakespeare . Si diede per vinta la Retorica ? No : dopo avere abbajato per un pezzo , prescrisse le norme per il dramma storico , accolto nel casellario . Ma è anche vero che questi cani , quando s ' abbattevano a un povero poeta indebolito di mente , ne facevano strazio e lo costringevano a tartassar la propria opera non condotta a puntino sul modello imposto alla imitazione forzata . Esempio : la Conquistata del Tasso . La coltura , per la Retorica , non era la preparazione del terreno , la vanga , l ' aratro , il sarchio , il concime , perché il germe fecondo , il polline vitale , che un ' aura propizia , in un momento felice , doveva far cadere in quel terreno vi mettesse salde radici e vi trovasse abbondante nutrimento e si sviluppasse vigoroso e solido e sorgesse senza stento , alto e possente nel desiderio del sole . No : la coltura , per la Retorica , consisteva nel piantar pali e nel vestirli di frasche . Gli alberi antichi , custoditi nella sua serra , perdevano il loro verde , appassivano ; e con le fronde morte , con le foglie ingiallite , coi fiori secchi essa insegnava a parar certi tronchi di idee senza radici nella vita . Per la Retorica prima nasceva il pensiero , poi la forma . Il pensiero cioè non nasceva come Minerva armata dal cervello di Giove : nudo nasceva , poveretto ; ed essa lo vestiva . Il vestito era la forma . La Retorica , in somma , era come un guardaroba : il guardaroba dell ' eloquenza dove i pensieri nudi andavano a vestirsi . E gli abiti , in quel guardaroba , eran già belli e pronti , tagliati tutti su i modelli antichi , o meno adorni , di stoffa umile o mezzana o magnifica , divisi in tante scansie , appesi alle grucce e custoditi dalla guardarobiera che si chiamava Convenienza . Questa assegnava gli abiti acconci ai pensieri che si presentavano ignudi . Vuoi essere un Idillio , tu ? un Idillietto leggiadro e pettinato ? Su , fammi sentire come sospiri : Ahi lasso ! Oh , bravo . Hai letto Teocrito ? hai letto Mosco ? hai letto Bione ? e di Virgilio le Bucoliche ? Sì ? Recita su , da bravo . Sei un pappagallino bene ammaestrato . Vieni qua . Apriva la scansia , su la cui targa in cima si leggeva : Idillii , e ne traeva un grazioso abituccio di pastorello . E tu una Tragedia vorresti essere ? Ma proprio proprio una Tragedia ? È cosa ardua , bada ! Devi essere a un tempo grave e lesta , cara mia . In ventiquattr ' ore , tutto finito . E ferma , veh ! Scegliti un luogo , e lì . Unità , unità , unità . Lo sai ? Brava . Ma dimmi un po ' : ti scorre sangue reale per le vene ? E hai studiato Eschilo , Sofocle , Euripide ? Anche il buon Seneca ? Brava . Vuoi uccidere i figli come Medea ? il marito come Clitennestra ? la madre come Oreste ? Tu vuoi uccidere un tiranno come Bruto ; ho capito ; vieni qua . Così i pensieri facevan da manichini alla forma - vestiario . Cioè la forma non era propriamente forma , ma formazione : non nasceva , si faceva . E si faceva secondo norme prestabilite : si componeva esteriormente , come un oggetto . Era dunque artificio , non arte ; copia , non creazione . Ora si deve ad essa , senza dubbio , la scarsa intimità dello stile che si può notare in genere in tante opere della nostra letteratura ; si deve ad essa se per restringerci alla nostra indagine speciale non pochi scrittori nostri che avrebbero avuto e anzi ebbero indubbiamente , come per tante testimonianze si può arguire , una spiccatissima disposizione all ' umorismo , non riuscirono a manifestarla , a darle espressione , per rispettare appunto le leggi della composizione artistica . L ' umorismo , come vedremo , per il suo intimo , specioso , essenziale processo , inevitabilmente scompone , disordina , discorda ; quando , comunemente , l ' arte in genere , com ' era insegnata dalla scuola , dalla retorica , era sopra tutto composizione esteriore , accordo logicamente ordinato . E si può veder difatti che tanto quegli scrittori nostri che si sogliono chiamare umoristi , quanto quegli altri che sono veramente e propriamente tali , o son di popolo o popolareggianti , lontani cioè dalla scuola , o son ribelli alla Retorica , cioè alle leggi esterne della tradizionale educazione letteraria . Si può vedere , infine , che quando questa tradizionale educazione letteraria fu spezzata , quando il giogo della poetica intellettualistica del classicismo fu infranto dall ' irrompere del sentimento e della volontà , che caratterizza il movimento romantico , quegli scrittori che avevano una natural disposizione all ' umorismo la espressero nelle loro opere non per imitazione , ma spontaneamente . Alessandro D ' Ancona in quel suo studio su Cecco Angiolieri , da cui abbiamo preso le mosse , volle scorgere i caratteri del vero umorismo nella poesia di questo nostro bizzarro poeta del sec . XIII . Ora questo , no , veramente . L ' esempio dell ' Angiolieri può giovarci per chiarire quanto abbiamo detto or ora e non per altro . Io ho già dimostrato altrove ( vedi mio volume Arte e scienza , Roma , W . Modes ed . , 1908 : I sonetti di Cecco Angiolieri ) che i caratteri del vero umorismo mancano assolutamente all ' Angiolieri , come gli mancano pur quelli ritenuti tali dal D ' Ancona . La parola malinconia in Cecco , ad esempio , se non ha più il senso originario che aveva nel latino di Cicerone e di Plinio , è pur lontanissima dal significare quella delicata affezione o passion d ' animo che intendiamo noi : malinconia per Cecco significa sempre non aver denari da scialacquare , non tener la Becchino . a sua posta , aspettare invano che il padre vecchissimo e ricco si muoja ed e ' morrà quando il mar sarà sicco si ll ’ à dio fatto per mio strazio sano ! Un certo verso che il D ' Ancona chiama singhiozzante e che cita per ultimo a concludere che ogni sforzo che il poeta faccia per liberarsi della malinconia gli riesce inutile : con gran malinconia sempre istò , non ha affatto il carattere compendioso , né il valore espressivo che il D ' Ancona gli vuole attribuire . Il contrasto , quel che par sorriso ed è dolore , in Cecco in somma non c ' è mai . A provarlo , il D ' Ancona cita anche qui due versi , staccandoli da tutto il resto e dando ad essi un valore espressivo che non hanno : Però malinconia non prenderaggio anzi m ' allegrerò del mi ' tormento . Segue in fatti a questi due versi una terzina , che non solo spiega l ' apparente contrasto , ma lo distrugge affatto . Cecco non prenderà malinconia , anzi s ' allegrerà del suo tormento , perché ha udito dire a un uomo saggio : che ven un dì che val per più di cento . E il dì sarà quello della morte del padre , che gli permetterà di far gavazze , come allude in un altro sonetto : Sed i ' credesse vivar un dì solo più di colui che mi fa vivar tristo , assa ' di volte ringrazere ' Cristo ... Questo giorno ha pur da venire : bisognerà aspettarlo con pazienza , perché : l ' uom non può sua ventura prolungare né far più brieve c ' ordinato sia ; ond ' i ' mi credo tener questa via di lasciar la natura lavorare e di guardarmi , s ' io ' l potrò fare che non m ' accolga più malinconia , ch ' i ' posso dir che per la mia follia i ' ò perduto assai buon sollazzare . Anche che troppo tardi mi n ' avveggio non lascerò ch ' i ' non prenda conforto , c ' a far d ' un danno due sarebbe peggio , Ond ' i ' mi allegro e aspetto buon porto , ta ' cose nascer ciascun giorno veggio , che ' n dì di vita ( mia ) non m ' isconforto . Sul valore della parola malinconia , tante volte ripetuta da Cecco , non è possibile farsi , come il D ' Ancona ha voluto farsi , alcuna illusione . Cecco non s ' allegra mai veramente del suo tormento , sì lo riveste d ' una forma arguta e vivace , la quale per me , spesso , più che per intenzione burlesca o satirica , proviene dalla sua natura paesana , ed è affatto popolare senese . Tutto il popolo toscano , che meritamente si vanta il più arguto d ' Italia , volendo anche oggidì narrare le sue sventure e le sue afflizioni , esprimere gli odii suoi e i suoi amori , manifestar lo sdegno o il rimprovero o un desiderio , non usa una forma diversa . In genere , colorir comicamente la frase è virtù nel popolo spontanea , nativa . Il Belli , per esempio , non vuol tradurre in romanesco per Luigi Luciano Bonaparte il vangelo di San Matteo , perché la lingua della plebe è buffona e “ appena riuscirebbe ad altro che ad una irriverenza verso i sacri volumi ” ( vedi Morandi , Prefaz . ai sonetti romaneschi del Belli , Città di Castello , Lapi , vol . I , 1889 ) . Qui abbiamo , in somma , l ' ironia , cioè quella tal contradizione fittizia tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso . Il contrasto non è nel sentimento , è solo verbale . Dobbiamo , dunque , da un canto tener conto di questo generale umore del popolo , di questa lingua buffona della plebe , e dall ' altro intender l ' umorismo in quel senso largo e improprio , se vogliamo includere tra gli umoristi Cecco Angiolieri , e non Cecco Angiolieri soltanto , allora , ma tutto quel gruppo di poeti toscani , non di scuola , ma di popolo , pieni di naturalezza nell ' arte loro non ancora ben sicura , nel cui petto per prima si ridesta o di dolce voglia o per casi reali , per sentimenti veri , un ' anima di canto umano , tra le insulse sconsolanti scimierie dei poeti per distrazione o per sollazzo o per moda o per galanteria , trai bisticci pur che siano della scuola provenzaleggiante : . di quei poeti in fine , ne ' cui versi , per dirla col Bartoli , è l ' annunzio del carattere realistico che assumeranno le nostre lettere . Son toscani , questi poeti , e in Toscana segnatamente troveremo queste espressioni così dette umoristiche in senso largo : in Toscana , e nella non scarsa letteratura nostra dialettale . Perché ? Perché l ' umorismo ha sopra tutto bisogno d ' intimità di stile , la quale fu sempre da noi ostacolata dalla preoccupazione della forma , da tutte quelle questioni retoriche che si fecero sempre da noi intorno alla lingua . L ' umorismo ha bisogno del più vivace , libero , spontaneo e immediato movimento della lingua , movimento che si può avere sol quando la forma a volta a volta si crea . Ora la retorica insegnava , non a crear la forma ma ad imitarla , a comporla esteriormente ; insegnava a cercar la lingua fuori , come un oggetto , e naturalmente nessuno riusciva a trovarla se non nei libri , in quei libri che essa aveva imposti come modelli , come testi . Ma che movimento si poteva imprimere a questa lingua esteriore , fissata , mummificata , a questa forma non creata a volta a volta , ma imitata , studiata , composta ? Il movimento è nella lingua viva e nella forma che si crea . E l ' umorismo che non può farne a meno ( sia nel senso largo , sia nel suo proprio senso ) , lo troveremo ripeto nelle espressioni dialettali , nella poesia macaronica e negli scrittori ribelli alla retorica . C ' è bisogno d ' intendersi su questa creazione della forma , cioè su le relazioni tra la lingua e lo stile ? Avvertiva acutamente lo Schleiermacher nelle sue Vorles . lib . Aesth . che l ' artista adopera strumenti che di lor natura non son fatti per l ' individuale , ma per l ' universale : tale il linguaggio . L ' artista , il poeta , deve cavar dalla lingua l ' individuale , cioè appunto lo stile . La lingua è conoscenza , è oggettivazione ; lo stile è il subiettivarsi di questa oggettivazione . In questo senso è creazione di forma : è , cioè , la larva della parola in noi investita e animata dal nostro particolar sentimento e mossa da una nostra particolar volontà . Non dunque creazione ex nihilo . La fantasia non crea nel senso rigoroso della parola , non produce cioè forme genuinamente nuove . Se , in fatti , esaminiamo anche i rabeschi più capricciosi , i grotteschi più strani , i centauri , le sfingi , i mostri alati , vi troveremo sempre , più o meno alterate per le loro combinazioni , immagini rispondenti a sensazioni reali . Ebbene , una forma , press ' a poco , o meglio , in un certo senso corrispondente al grottesco nelle arti figurative troviamo nell ' arte della parola , ed è appunto lo stil macaronico : creazione arbitraria , contaminazione mostruosa di diversi elementi del materiale conoscitivo . E avvertiamo che esso sorse appunto come ribellione e come derisione , e che non fu solo , che ebbe cioè a compagni altri linguaggi burleschi , fittizii . “ Il dialetto sprezzato notava Giovanni Zannoni , illustrando I precursori di Merlin Cocai ( Città di Castello , Lapi ed . , 1888 ) volle insinuarsi malignamente nel latino per sfregiare la togata lingua dei dotti e quello che era stato un elemento parziale della satira popolare e goliardica divenne elemento massimo ; volle mostrare la propria flessibilità , quando il volgare ancora accademico , grave , impacciato non poteva piegarsi a tutte le esigenze dell ' umorismo , e ad un tratto formò una nuova maniera di sogghigno . In tal modo , da due cause contrarie ebbe origine il linguaggio macaronico che fu la più grossa e fragorosa risata del risorgimento , la beffa più atroce al classicismo e che , pure involontariamente , giovò tanto al definitivo trionfo del volgare ” . Ma quanti furono questi scrittori ribelli ? pochi o molti ? pochi ahimè , perché il maggior numero è sempre dei mediocri : servum pecus . Il Barzellotti riconosce che “ un primo moto di originalità e di feconda spontaneità creatrice ” si era fatto “ nella mente e nella vita degli Italiani durante i secoli decimoterzo e decimoquarto ” ; ma poi dice “ tutti o quasi tutti gli umanisti avere interrotto con l ' imitazione e la ripetizione degli antichi quel primo moto d ' originalità ” . Ora questa a noi sembra un ' altra di quelle considerazioni molto sommarie , che abbiamo deplorato più su , considerazione che s ' accorda con altre simili su la scettica indifferenza , ad esempio , su la pagana serenità , su la mortificazione delle energie individuali , su la mancanza d ' aspirazioni , sul riposo nelle forme e nel senso , ecc . , ecc . , del nostro grande rinascimento , come se il culto dell ' antichità non fosse stato già di per sé un ' idealità grande , tanto grande che illuminò tutto il mondo , il riacquisto d ' un patrimonio che si fece fruttare sapientemente e produsse opere immortali , e come se esso non fosse venuto anzi a tempo a riempire il vuoto d ' idealità cadute o cadenti ; come se insieme con quattro o cinque dotti aridi e vacui non ce ne fossero stati tant ' altri pieni di vita e d ' ardire , nel cui latino palpitano e vibrano le energie tutte della lingua italiana ; come se per entro al Facetiarum libellus unicus di Poggio , per esempio , non spirassero aure nuove ( Quanti spunti di vero e proprio umorismo in Poggio ! Basterà ricordare il patto di quel buon ' uomo col cantastorie di piazza per differir la morte di Ettore , che tanto lo addolorava ; la risposta di quel cardinal di Spagna ai soldati della Santa Sede : ” Ancora non ho fame ” ; la disperazione di quel bandito per la goccia di latte venutagli in gola durante la quaresima , ecc . ecc . ) ; come se il Valla fosse soltanto autore del trattato Elegantiarum latinae linguae ; come se nel Pontano e nel Poliziano e in tanti altri non fosse così intero e fresco il sentimento della realtà , che il Poliziano poi , componendo in volgare , poté aver tutte le grazie ingenue d ' un poeta popolare . E sotto questo mondo dei dotti , così sommariamente considerato , non c ' era forse il popolo ? E si può dire , d ' altro canto , che i nostri poeti cavallereschi , ad esempio , diedero solamente una maggior bellezza esteriore , una linea più composta , più armoniosa alla materia romanzesca , se da capo a fondo la ricrearono con la fantasia ? Altro che bellezza esteriore ! Si è troppo ripetuto , e con troppa leggerezza , che nell ' indole della nostra gente predomini l ' intelletto più che il sentimento e la volontà , cioè la parte obiettiva più che la subiettiva dello spirito , donde il carattere dell ' arte nostra più intellettualistica che sentimentale , più esteriore che interiore . L ' equivoco qui è fondato nell ' ignoranza del procedimento di quell ' attività creatrice dello spirito , che si chiama fantasia : ignoranza che era fondamentale nella Retorica . L ' artista deve sentire la propria opera com ' essa si sente e volerla com ' essa si vuole . Avere un fine e una volontà esteriori , vuol dire uscire dall ' arte . E ne escono difatti quanti s ' ostinano a ripetere che l ' arte nostra del rinascimento fu splendida di fuori e vuota di dentro . Vuota in che senso ? Nel senso che non ebbe volontà e fini oltre a sé stessa ? Ma questo fu un pregio e non un difetto . O se no , bisognerebbe dimostrare che fu arte falsa , cioè artificio . Si può dimostrar questo ? Sì , certamente , se prendiamo i mediocri , gli schiavi della retorica , la quale insegnava appunto l ' artificio , la copia ! Ma perché dobbiamo prendere i mediocri ? perché dobbiam guardare così taineamente all ' ingrosso , senza distinguere ? Arte falsa , quella dell ' Ariosto ? Buttando via in un fascio i mediocri , e affrontando i veri poeti , ci accorgeremo subito di fare una questione di contenuto e non di forma , una questione dunque estranea all ' arte . Ma questo stesso contenuto , che fa tanto dispetto , come fu assunto dai poeti veri , da coloro che ebbero innegabilmente uno stile , e dunque originalità e intimità ? Non c ' è proprio nulla che riempia il vuoto che ci si vuol sentire ? Non c ' è l ' ironia di questi poeti ? E perché non si vuol riconoscere il valore positivo , sottinteso , di questa ironia ? Itali rident , sì , ma con questo riso si cacciò il Medio - evo ; e quanto fiele sotto a questo riso ! E che ha di diverso questo riso in Erasmo di Rotterdam , in Ulrico di Hutten ? Perché si disconosce soltanto nei nostri questo valore positivo dell ' ironia e si riconosce invece negli stranieri ? si disconosce in Pulci e nel Folengo per esempio , e si riconosce in Rabelais ? Forse perché questi ebbe l ' accortezza d ' invitare i lettori a imitare il cane innanzi all ' osso , e quegli altri no ? “ ... Vites - vous oncques chiens rencontrans quelque os médullaire ? C ' est , comme Platon dit ( lib . II De Rep . ) , la bête du monde plus philosophe . Si vû l ' avez , vous avez pû noter de quelle dévotion il le guette , de quel soin il le garde , de quelle ferveur il le tient , de quelle prudence il l ' entomme , de quelle affection il le brise et de quelle diligente il le succe . Qui l ' induit à ce faire ? Quel est l ' espoir de son étude ? Quel bien prétend - il ? Rien plus sinon qu ' un peu de moüelle ” . E l ' osso gettato dal Rabelais ai critici è stato difatti spiato con devozione , preso con cura , tenuto con fervore , scalfito con prudenza , spezzato con affetto e succhiato con diligenza . E perché non così quelli del Pulci e del Folengo ? ( vedi sul Pulci il libro di Attilio Momigliano L ' indole e il riso di L . P . , Rocca S . Casciano , Cappelli , 1907 , da cui però in gran parte io dissento , come dirò appresso ; e quel che dicono del Folengo il De Sanctis nella sua Storia d . lett . ital . cap . XIV , il Canello nel suo Cinquecento e gli studii dello Zumbini e dello Zannoni ) . Ma ogni qual volta si butta un osso a un critico si deve dunque dire : Bada , c ' è dentro il midollo ? o far che questo midollo si mostri un tantino da qualche parte fuori dell ' osso ? Ma tanto più pregevole è un ' opera d ' arte , quanto maggiore è l ' assorbimento della volontà e del fine nella creazione artistica . Questo maggiore assorbimento rischia di parere indifferenza verso gli ideali della vita a chi consideri le opere con criterii estranei all ' arte , e le opere d ' arte superficialmente ; ma a prescindere che gl ' ideali della vita , per sé stessi , non hanno nulla da vedere con l ' arte , che dev ' essere creazione spontanea e indipendente pure quell ' indifferenza , in fondo , non c ' è , perché altrimenti non ci sarebbe neppur l ' ironia . Se l ' ironia c ' è , ed è innegabile , non c ' è l ' indifferenza , di cui tanto s ' è parlato . Piuttosto deve dirsi che questa ironia non riesce se non di rado a drammatizzarsi comicamente , come avviene nei veri umoristi : resta quasi sempre comica senza dramma , e dunque facezia , burla , caricatura più o men grottesca . Lo stesso però avviene in Rabelais : Mieulx est de ris que des larmes escripre : Pour ce que rire est le propre de l ' homme . E Alcofribas Nasier è condamné en Sorbonne pour les facéties de haute graisse qui caractérisent son livre . Che hanno di più o di diverso queste facéties de baule graisse di quelle del Pulci e del Folengo e del Berni ? Rileggiamo con questo intento il Morgante Maggiore e il Baldus e poi La vie de Gargantua e Les faits et les dits héroïques du bon Pantagruel roi des Dipsodes , e ci salteranno agli occhi a ogni passo la parentela spirituale innegabile , le innegabili derivazioni . E rileggiamo il Berni . Lasciando anche da parte le 18 stanze al principio del canto XX del Rifacimento dell ' Orlando Innamorato e l ' opuscolo del Vergerio sul protestantesimo del Berni e tutte le altre riflessioni filosofiche , sociali e politiche sparse qua e là nel Rifacimento stesso ; lasciando da parte il Dialogo contro i poeti e le parodie del Petrarca in derisione dei petrarchisti , e l ' invettiva famosa : Nel tempo che fu fatto papa Adriano VI e i sonetti contro Clemente VII : Il papa non fa altro che mangiare , Il papa non fa altro che dormire ; e tutti gli altri sonetti contro a preti e abati , e anche quel sonetto che comincia : Poiché da voi , signor , m ' é pur vietato Che dir le vere mie ragion non possa , Per consumarmi le midolle e l ' ossa Con questo nuovo strazio e non usato ; e lasciando anche da parte il capitolo in lode d ' Aristotile ( che non affetta il favellar toscano ) dedicato a Messer Pietro Buffetto cuoco ; spigoliamo proprio in quei capitoli che paiono i più frivoli e spigoliamo nelle lettere del Berni ( si legga a questo proposito quel che dice il Graf nel suo aureo libro Attraverso il Cinquecento su le condizioni del letterato nel sec . XVI ) . A Messer Latino Juvenale scrive : “ Ecco il Valerio mi riprende , e dice ch ' io farei bene a lasciare andar queste baie e a rivolgere i miei pensieri a miglior parte ; che maledetto sia egli , e chi sente talmente seco . Che penitenza è la mia , a dare ad intendere al mondo che questo si debbe piuttosto imputare alla mia disgrazia che ad alcuna elezione ? Io non ho comprato a contanti questo tormento , né me lo sono andato cercando a posta per far rider la gente del fatto mio : che non se ne ridon però se non gli scempi ” . E a Monsignor Cornaro scrive : “ Ma che la natura e la fortuna mi ha fatto tale , dico , asciutto di parole e poco cerimonioso , e per ristoro intrigato in servita ” . In un ' altra lettera confessa : “ Io , spinto dalla furia del dolore , sono ricorso al rimedio della poesia ” . Egli si governa , come dice in una poesia , a volte di cervello , e a Messer Agnolo Divizio scrive : “ conciossiaché alla giornata io operi e faccia tutte le mie azioni . Che si cava di questo mondo finalmente altro che ' l contentarsi o almeno cercare di contentarsi : Ciascun faccia secondo il suo cervello Che non siam tutti d ' una fantasia . E a Giovan Francesco Bini : “ Nondimeno ancora io sono stoico come voi , e lascio correre alla ' righi l ' acqua di questo fiume ” . In mezzo alla peste , allo stesso Divizio suo padrone , che andava fuggendo di qua e di là per paura , scrive : ” Se ben son uomo , e come uomo tengo conto della vita , ho anche tanta grazia da Dio , che a luogo e tempo so non ne tener conto ; ch ' è anche cosa da uomo . Sicché non mi dite pauroso , ché io sono piuttosto degno di esser chiamato temerario ” . E come uno stoico veramente fu in mezzo alla peste , ne vinse il terrore e riuscì ad acquistarne quel sentimento che vedremo esser fondamentale dell ' umorismo , cioè il sentimento del contrario : l ' ironia , nei due capitoli in lode della peste riesce a drammatizzarsi comicamente , e però va oltre alla facezia , oltre alla burla , oltre al comico . Nel flagello vede , come vedrà poi don Abbondio , la scopa , ma con ben altre riflessioni filosofiche . Non fu mai malattia senza ricetta , La natura l ' ha fatte tutt ' e due , Ella imbratta le cose , ella le netta . E la natura , dopo aver trovato il bujo e le candele e aver fatto gli orecchi e le campane , Trovò la peste perché bisognava ; bisognava , perché : a questo corpaccio del mondo Che per esser maggior più feccia mena , Bisogna spesso risciacquare il fondo . E la natura che si sente piena Piglia una medicina di moria . Ma la natura ha anche “ forte del buffone ” e il Berni sa bene avvertirne tutti i contrasti amari e le aspre dissonanze e riderne , rappresentandoli . In una lettera in versi al pittore Sebastiano del Piombo , parlando anche di Michelangelo , comune amico , dice : Ad ogni modo è disonesto a cure , Che voi che fate i legni e i sassi vivi , Abbiate poi com ' asini a morire . Basta che vivon le querci e gli olivi , I sorbi , le cornacchie , i cervi e i cani , E mille animalacci più cattivi . Ma questi son ragionamenti vani , Però lasciamli andar , ché non si dica Che noi siam mammalucchi o luterani . V . L ' IRONIA COMICA NELLA POESIA CAVALLERESCA Quando il Brunetière , su la Revue des Deux Mondes prima ( 1879 , III , p . 62o e segg . ) , poi nel volume Études critiques sur l ' histoire de la littérature francaise ( Paris , 1880 ) , si scagliò contro l ' erudizione contemporanea e la letteratura francese nel medio evo , a difender questa e quello sorsero , fieramente indignati , molti critici , segnatamente romanisti , e non soltanto della Francia . Certo , la difesa dell ' erudizione contemporanea sarebbe riuscita molto più efficace , se i difensori non si fossero da un canto lasciati andare per ripicco a dire ogni sorta di villanie contro la critica estetica , e non si fossero , dall ' altro , provati a difendere con troppo zelo anche le bellezze della poesia medievale , epica e cavalleresca , della Francia . Ricordo , fra le altre , la difesa di Cr . Nyrop , nella sua Storia dell ' Epopea francese nel M . E . ( trad . del Gorra , Torino , Loescher , 1888 . Vedi Lib . III , cap . III , Valore dell ' Epopea ) , per la ingenua speciosità degli argomenti . “ Si è fatto un rimprovero ai poemi dicendo che sono rozzi e ruvidi e che i personaggi che vi agiscono non possono pretendere al nome di eroe , poiché tutto il loro sforzo non tende ad altro che ad uccidere ” . Ebbene , da questa accusa di rozzezza , di ruvidità , di crudeltà , come difendeva egli i poemi ? Non li difendeva affatto : “ Si concederà volentieri , egli dice anzi , che in molti poemi si cantano e celebrano cose le quali , osservate dal punto di vista del nostro tempo , non possono chiamarsi altro che crudeltà , abominevoli e bestiali crudeltà , e che gli eroi spesso sfogano la loro ira in modo inumano sopra coloro che per mala ventura sono venuti in loro potere ” . Cita alcuni esempii e quindi , a mo ' di scusa , soggiunge : “ ma il Medio Evo non era osservato cogli occhi del nostro tempo neppure differente ; l ' antico poema francese non si è certamente reso colpevole di nessuna esagerazione , poiché la storia ha conservato memoria di molte simili crudeltà ” . Bella scusa , la fedeltà storica , di fronte all ' estimativa estetica ! Ma anche la crudeltà più atroce , come tutto , può essere argomento d ' arte ; e crudelissimo si dimostra Achille nel trascinare attorno alle mura di Troja il cadavere di Ettore : bisognava dimostrare che la crudeltà , nei poemi francesi , è rappresentata , non solo con fedeltà storica ( il che in fondo importerebbe poco ) , ma artisticamente : e questo il Nyrop non poteva , perché “ gli eroi , riconosce egli stesso , considerati dal lato psicologico sono figure poco complesse , i loro moti interiori , i loro momenti di dubbio , le lotte del loro animo sono qualche cosa di cui i poeti non fanno quasi mai parola ... Analizzare e notomizzare un ' anima è solamente possibile e può soltanto interessare in un periodo di civiltà più avanzato . Il poeta del medio evo non conosce tutti questi delicati gradi del sentimento : per lui esistono soltanto i più spiccati segni esteriori , per lui gli uomini sono prodi o vigliacchi , lieti o afflitti , credenti o eretici , e quello che essi sono , lo sono completamente ed egli non spende mai molte parole per dirlo a ' suoi uditori o a ' suoi lettori ” . Esaminando poi a uno a uno tutti i poemi , il Nyrop è costretto a riconoscere che la religione , la quale , accanto al furore bellico , si presenta come uno dei principali motivi nell ' epica francese , è una concezione “ puerile ” , anzi la religiosità , egli dice , “ occorre il più delle volte nei poemi come qualche cosa di esteriore , aggiunto agli eroi , per la qualcosa sta in generale anche in contradizione con le loro azioni . In altre parole : gli eroi non sembrano essere intieramente convinti della verità di tutte le belle sentenze cristiane che si pongono loro in bocca ; il loro carattere e il loro interiore mal s ' accorda coi miti ed umani dommi del cristianesimo , e ne risulta perciò spesso una contradizione insolubile che apparisce fortemente nei loro discorsi e nelle loro azioni . Così , per recare un esempio , non è raro che l ' uno o l ' altro eroe dimentichi nelle sue preghiere sé stesso al punto di aggiungere le peggiori minacce se Dio non gli concede quello che egli chiede . Ed io credo , soggiunge il Nyrop , che il Gautier e il D ' Avril siano molto fuor di strada , quando considerano la religiosità come il più importante elemento dell ' epopea . L ' entusiasmo del Gautier ogni volta che gli eroi nominano il nome di Dio è talora ridicolo ; egli va in estasi per la frase più bassa e triviale in cui si parli di angeli ed esclama tosto : sublime , incomparable ; e quando s ' imbatte in qualche verso così stereotipo come questo “ Foi que doi Dieu , le fils sainte Marie " , egli lo chiama una energica affermazione di fede . Il suo punto di veduta , preso nel suo insieme , è così limitato ed estremamente cattolico , che non vale la pena di combatterlo . Io concepisco solo la religiosità degli eroi come qualche cosa che per una parte fu aggiunta più tardi , forse al tempo delle crociate , e diventa perciò soltanto un fattore concomitante ma subordinato ; la mia opinione può ben anche essere appoggiata da questo che gli ecclesiastici , specialmente i monaci , sono di rado messi in una luce di cui abbiano molto a lodarsi ; se essi vogliono poter pretendere al favore dei poeti , devono , come Turpino , presentarsi con la spada a fianco ( i cavalieri si permettono anche , e questo accade negli stessi poemi della crociata , di farsi beffe dei cerimonieri . Così nell ' Antioche accade una scena piacevole e caratteristica , quando i cavalieri francesi escono dalla città per combattere contro Kerboga . Enguerrant de Saint - Pol sta loro alla testa e il suo lucido elmo forbito e la sua corazza splendente scintillano ai raggi del sole . Quando sono usciti dalla città , si fermano e un arcivescovo implora la benedizione del cielo sopra di loro e vuole aspergerli con acqua benedetta , ma Enguerrant fa qualche obiezione e lo prega di non macchiargli l ' elmo : “ Anqui le vourrai bel a Sarrarins mostrer » , vedi Pigeonneau , Cycle de la Croisade , p . 90-91 ) . Ho voluto ricordar questo , perché mi sembra che troppo se ne siano dimenticati quanti , discorrendo con scarsa cognizione dell ' epopea francese , notano in essa serietà e profondità di sentimento religioso e non so quali e quanti fieri e nobili ideali , per venir poi a dire che quel sentimento e questi ideali non potevano trovar eco nei nostri poeti cavallereschi fioriti in un tempo di scettica indifferenza , di pagana serenità , privo di aspirazioni , ecc . ecc . Tutte queste frasi fatte non c ' entrano e la ragione del riso dei nostri poeti cavallereschi va cercata altrove . Già l ' ironia per la materia , la satira della vita cavalleresca , la troviamo in Francia fin nei poemi , come ad esempio , nell ' Aiol ; l ' irrisione per l ' Imperatore , gli indizii della degradazione graduale di lui si trovano già in un poema antico come l ' Ogier le Danois , dove Carlo non ha più la prudenza tranquilla e si lascia facilmente vincer dall ' ira , e ingiuria e poi ha paura della vendetta degli ingiuriati . A poco a poco , lo vediamo divenire imbecille , “ assotez ” , bersaglio delle beffe , e moralmente corrotto . Nel Garin de Montglane , com ' è noto , arriva finanche a giocarsi a scacchi la Francia . La ragione di questo degradamento , di questa irrisione la troviamo facilmente ; è in ispecie nei poemi in cui si vuol glorificare qualche eroe provinciale , poemi composti da troveri che servivan vassalli , se non al tutto ribelli , quasi indipendenti , ai quali piaceva di ridere alle spalle dell ' autorità imperiale . Come l ' irrisione della vita cavalleresca e la degradazione dei cavalieri , esaltati prima alle spalle dei vilan , si troverà nei poemi non più cantati a corte o nei castelli . Se il nostro buon Tassoni avesse potuto leggere nel Siège de Neuville l ' impresa di quei bravi tessitori fiamminghi capitanati da Simone Banin , non si sarebbe forse vantato più inventore del poema eroicomico . Troviamo finanche questo in Francia , purus et putus . E allora ? Il Rajna avverte che “ la propagazione della materia dalla regione transalpina alla cisalpina par seguita sopra tutto di buon ' ora ed essersi poi rallentata ; ché altrimenti poco si capirebbe come l ' Italia abbia conosciuto meglio gli strati arcaici delle chansons de geste che i successivi , tanto da conservare racconti e forme di racconto dimenticati poi e alterati nella Francia , e da ignorare invece quasi affatto le creazioni ibride che introdussero nel genere il meraviglioso dei romanzi d ' avventura ” . E traccia in brevi linee il tipo più comune del romanzo cavalleresco prevalso nell ' età franco - italiana : tipo a cui risponde in grandissima parte il Morgante del Pulci . Ma è da notare altresì col Rajna stesso che “ la letteratura romanzesca toscana , senza distinzione di prosa e di rima , ha rapporti diretti e immediati colle età precedenti ... Non mancano testi in prosa fabbricati sulle versioni rimate oppure ad un tempo su queste e sulle forme anteriori , francesi o franco - italiane ” . Il fatto è che quando in Francia i più antichi poemi furon tradotti in forma di romanzi e scesero tra il popolo , l ' epica era morta ; e che all ' opposto in Italia se non l ' epica , che non era possibile il poema cavalleresco cominciò a nascere quando , con versioni in prosa o rimate , la produzione francese e franco - italiana o veneta entrò in Toscana e vi trovò il suo metro , l ' ottava ; e che in tutto questo movimento la materia o rimase qual ' era , degradata , o per ringentilirsi si contaminò ( nel senso classico della parola ) e anche si sollevò fino a drammatizzarsi seriamente . Che ci han dunque da vedere lo scetticismo del tempo , l ' indifferenza , la mancanza d ' ogni ideale , se anzi i nostri poeti cavallereschi tendono invece a rialzare a mano a mano , a nobilitar la materia , a rivagheggiar quasi in sogno quegli ideali , lavando del troppo sangue gli eroi e rendendoli più umani e più gentili ? Che se , anche così , poi essi non riescono bene a prenderli sul serio , non è già perché li vedano innanzi a loro spogli di quegli ideali e non più animati dall ' antico sentimento religioso , ma perché la rappresentazione che di essi aveva fatto la poesia medievale ( tranne qualche rarissima eccezione ) , ruvida e rozza , non li poteva in alcun modo né per alcun lato far prendere sul serio . A poeti colti e maturi , che leggono e sanno ammirare i classici , quegli eroi tutti d ' un pezzo , foggiati tutti su lo stesso stampo , dovevano apparir per forza fantocci . Eppure il popolo ancora e anche i signori prendevano gusto al racconto delle loro gesta inverosimili . Il popolo si capisce : se ne diletta vivamente tuttora , a Napoli , a Palermo ; e la materia si modifica , s ' accresce , prende nutrimento e qualità dai sentimenti , dai costumi , dalle aspirazioni della gente innanzi a cui si rappresenta , assumendo una rozza forma , di cui facilmente quella si contenta . Il popolo crede ; in ispecie il popolo meridionale , inculto , appassionato e ancor quasi primitivo , serba anche oggidì tutti quegli elementi d ' ingenua meraviglia e di credulità superstiziosa e fanatica , che rendon possibili la nascita e lo sviluppo della leggenda : e se Garibaldi , vestito di fiamma , passa in mezzo ad esso , è investito senz ' altro , spontaneamente , dei più antichi attributi leggendarii : è creduto invulnerabile , e che abbia nella spada un capello di Santa Rosalia , patrona di Palermo , proprio come Orlando aveva in Durendala un capello della Vergine . E tutti noi , del resto , anche privi della beata ignoranza popolare , non abbiamo forse di Garibaldi , la cui vita fu e volle essere una vera creazione in tutto , fin nel modo di vestirsi , fuori e sopra le conoscenze d ' ogni realtà contingente , noi tutti , dico , non abbiamo di Garibaldi un sentimento leggendario , epico , che si offende se minimamente un tratto discordante si voglia metter in luce , un documento storico tenti in qualche punto di diminuircelo ? Noi tutti però non potremmo più affatto contentarci oggi d ' una epopea garibaldina vera e propria , sorta cioè dal popolo con quegli ingenui e primitivi attributi leggendarii ; come per altro non ci contentiamo dei componimenti epico - lirici su questo Eroe , componimenti in cui il poeta tenta di sostituire la immaginazione collettiva del popolo con la propria fantasia individuale , e non ci riesce , perché quell ' Eroe con la volontà e col sentimento creò di per sé epicamente la propria vita , cosicché la sua storia è di per sé epopea , e nulla potrebbe aggiungervi la fantasia d ' un poeta , come gl ' ingrandimenti meravigliosi e ingenui della immaginazione collettiva del popolo la renderebbero a noi diminuita e ridicola : parodia d ' epopea a volerla rappresentare ; qual ' è , ad esempio , La scoperta dell ' America di Cesare Pascarella . Per il popolo la storia non è scritta ; o , se è scritta , esso la ignora o non se ne cura ; la sua storia esso se la crea , e in modo che risponda a ' suoi sentimenti e alle sue aspirazioni . A una sola storia , se mai , popolo avrebbe potuto credere , in materia cavalleresca : alla famosa Cronaca dello pseudo - Turpino , la quale , all ' uopo , per un esempio , avrebbe potuto confermargli che il gigante di nome Ferraù o Ferracutus fuit de genere Goliat , poiché la sua statura era quasi cubitis XX , facies erat longa quasi unius cubiti et nasus illius unius palmi mensurati et brachia et crura jus quatuor cubitum erant et digiti jus tribus palmis . Ma non ce n ' era punto bisogno ! Perché anzi il bisogno del popolo è sempre un altro : quello di credere , non di dubitare minimamente di ciò che gli piace credere . Questo dubbio poteva nascere nel tardi raffazzonatori pseudo - letterati dell ' epica francese , quando , alterate a lor modo le antiche leggende , tiravano in ballo Turpino o le cronache di S . Dionigi : Et qui ice voudrai a mançogne tenir Se voist lire l ' estoire en France , a Paris . Dal che si vede che neanche in questo sarebbero stati originali i nostri poeti cavallereschi , ogni qual volta a mo ' di scusa aggiungevano : “ Turpin lo dice ” . Quando questa materia cavalleresca , dalle piazze ove ormai è caduta , risale , per capriccio o per curiosità o per vaghezza che se ne abbia , ai palagi , alle corti dei signori , che avviene ? Ma bisogna innanzi tutto avvertire all ' indole , ai gusti , ai costumi di queste corti , a cui sale ! Quale fosse la corte di Lorenzo de ' Medici , quali le abitudini , i piaceri , gl ' intendimenti di lui , è ben noto ; e basterebbe , anche senza dare tutto quel peso che si deve alla diversa indole e alla diversa educazione dei poeti , a spiegarci in gran parte perché il Morgante . Maggiore sia così diverso dell ' Innamorato del Bojardo e del Furioso dell ' Ariosto . Il Morgante risponde perfettamente alla corte di Lorenzo , il quale si piace della espressione popolare e per il popolo compone , parodiando , come nella Nencia da Barberino . Egli ha il gusto della parodia , e lo dimostra anche coi Beoni , parodia dantesca , letteraria , qui ; parodia dell ' espressione popolare , nella Nencia . “ Ben è vero che il Medici , notò il Carducci nella prefazione alle poesie di Lorenzo de ' Medici ( Firenze , Barbera , 1859 ) contraffece e parodiò più presto che non ritraesse la espressione degli affetti e il modo di favellare de ' nostri campagnuoli : ché i Rispetti più volte stampati negli ultimi anni mostrano aperto avere il popolo di Toscana più gentilezza d ' affetto , più squisitezza di fantasia , più forbitezza di favella , che non piacesse prestargliene a Lorenzo dei Medici detto il Magnifico e a Luigi Pulci suo cortegiano . Il quale , com ' è de ' cortegiani , volle dar a divedere ch ' e ' facea conto del poeta potente imitandolo nella Beca da Dicomano ; e com ' è degli imitatori , per superarlo l ' esagerò , sfoggiando lo strano e il grottesco dove il Medici pur nella parodia s ' era tenuto al delicato ” . Ma è chiaro che l ' intenzione parodica comunica per forza alla forma la caricatura , giacché , chi voglia imitare un altro , bisogna che ne colga i caratteri più spiccati e su questi insista : tale insistenza genera inevitabilmente la caricatura . La presenza di quella pia donna che fu Lucrezia Tornabuoni potrebbe poi anche spiegarci , almeno in parte , la mascheratura religiosa che il Pulci volle dare al suo poema ; parodia anch ' essa , per altro , a mio modo di vedere , come tutto il resto . Basta trattare di religione con la lingua buffona della plebe , perché si abbia l ' irriverenza . Ricorderò qui , a questo proposito , ancora una volta quello che il Belli faceva rispondere a Luigi Luciano Bonaparte che gli proponeva la traduzione in romanesco del vangelo di San Matteo . Ma questa irriverenza che nasce dalla lingua buffona della plebe non denota punto per sé stessa irreligiosità . E ricorderò anche l ' aneddoto che si racconta in Sicilia d ' un altro grande poeta dialettale , notissimo nell ' isola e ignoto affatto nel Continente , Domenico Tempio , il quale chiamato un giorno dal vescovo di Catania e paternamente esortato a non più cantare cose oscene e a dare invece al popolo durante la settimana santa un bell ' esempio di contrizione sciogliendo un cantico sacro su la passione e morte di Cristo , rispose a Monsignore che volentieri lo avrebbe soddisfatto , essendo egli credentissimo e divoto ; e volle anzi dargliene un saggio lì per lì , scagliandosi con due versi d ' estrosa improvvisazione contro Ponzio Pilato così sconci , che fecero subito passar la voglia a Monsignore del bell ' esempio di contrizione da offrire al popolo catanese durante la settimana santa . Tutte le dispute che si son fatte intorno alla irriverenza verso la religione , anzi all ' empietà , all ' ateismo del Pulci , non possono veramente non apparir vane quando si intendano a dovere lo spirito del poema , la qualità e la ragione della sua ironia e del suo riso . Non è possibile , o è ingiustissimo , giudicare in sé e per sé esclusivamente il Morgante Maggiore , come fece ad esempio una prima volta il De Sanctis , il quale credette e volle dimostrare che il Pulci , nel comporre il suo poema , non avesse vera e profonda coscienza del suo scopo ; e però condannò come insufficienze del poeta la puerilità delle situazioni , la rudimentalità psicologica dei personaggi , le ripetizioni nell ' ordito , ecc . ecc . ( vedi Scritti varii inediti o rari , a cura di B . Croce , vol . I , Napoli , Morano e figlio , 1898; il De Sanctis poi nella sua Storia della letteratura it . corresse il suo giudizio sul Pulci e sul poema . Qui ho citato il suo primo giudizio solo perché anche da un errore , del resto riparato , del sommo critico , si può trarre profitto , ponendo in giusta evidenza , in questa facile confutazione , tra i due casi di cui egli parla , quale veramente sia quello del Pulci ) . Il Pulci , invece , è coscientissimo del suo scopo , e tra i due casi che pone il De Sanctis di chi dice sciocchezze con intenzione comica e fa ridere non di lui , ma di quel che dice , e di chi all ' incontro dice sciocchezze per sciocchezza e fa rider di lui e non di quel che ha detto , l ' autore del Morgante sta certamente nel primo caso , non già nel secondo . Il Pulci dice sciocchezze con intenzione comica o , più propriamente , parodica , e fa ridere , non tanto però quanto vorrebbe far credere in un , suo libro recente Attilio Momigliano ( vedi il vol . già citato L ' indole e il riso di L . P . , Rocca S . Casciano , Cappelli , 1907 ) , come vedremo appresso . Ho ricordato più su La scoperta dell ' America di Cesare Pascarella . Ebbene , si può dire che , esteticamente , il Pulci si trovi , di fronte alla materia cavalleresca , in certo qual modo nella stessa posizione del poeta romanesco di fronte alla scoperta dell ' America narrata da un popolano . Il Pascarella infatti sorprende , o finge di sorprendere , in un ' osteria un popolano saputo , che racconta ad amici quella scoperta , commovendosi della gloria e della sventura di Colombo . Chi si sognerebbe d ' attribuire al poeta romanesco le sciocchezze che dice quel popolano ? la puerilità ridicola di quei dialoghi col re di Spagna portoghese ? tutte le altre meraviglie non meno ridicole e infantili del viaggio , dell ' arrivo , del ritorno ? E si noti che codeste meraviglie suscitano anche , a un certo punto , qualche reazione d ' incredulità in chi ascolta : “ Come le sai tu codeste cose ? ” “ Eh ! c ' è la storia ” . ( Turpin lo dice ) . E , qua e là , paragoni che par dimostrino con la massima evidenza qualche cosa e invece non dimostrano nulla : e certe tirate calorose di sdegno o d ' ammirazione ; e certe spiegazioni in cui la logica rudimentale del popolano si compiace quando vuol farsi ragione di qualche caso o avvenimento straordinario ; e certi impeti di commozione che fanno ridere non per intenzione comica di chi racconta , ma o per false deduzioni o per immagini improprie e stonate o per incongrue frasi . Ciaripensa , e te scopre er cannocchiale . Chi si sognerebbe di dire che il Pascarella voglia metter qui in dileggio Galileo ? Ma egli non può , pur serbando affatto oggettiva la rappresentazione di quel racconto d ' osteria , non ridere entro di sé e di quel popolano che narra in tal modo la gloria di Colombo e d ' altri sommi Italiani e anche della scoperta dell ' America in tal modo narrata . E questo suo riso segreto forma quasi un ' aria ilare , un ' atmosfera di comicità irresistibile attorno a quella rappresentazione oggettiva . L ' intenzione comica del poeta , nel riferire oggettivamente le sciocchezze di quel popolano , non si appalesa mai ; il poeta non fa mai capolino . Questo , veramente , non si può dire del Pulci . Mentre il Pascarella ritrae semplicemente , il Pulci spesso contraffà per parodia . Ma non si debbono imputare a lui tutte le sciocchezze , le volgarità , le puerilità dei cantastorie o della letteratura epica e romanzesca venuta di Francia o dall ' Italia settentrionale , poiché egli anzi , contraffacendo e parodiando , se ne beffa apertamente . Sarebbe come prendere sul serio una cosa fatta per giuoco ; o come incolpare il Pascarella d ' aver deriso la gloria di Colombo , ritraendo il racconto che ne faceva quel popolalo . Il Pulci non si sogna neppur lui di deridere la cavalleria o la religione ; si spassa a contraffare i cantastorie di piazza , a cantar coi loro modi , con la loro lingua , con la loro psicologia infantile , coi loro mezzi inventivi stereotipati , la materia epica e cavalleresca ; di tratto in tratto segue e interpreta il sentimento popolare per qualche scena patetica , per qualche azione che suscita l ' ira o il compianto o lo sdegno , ecc . Naturalmente , tutto questo , se rappresenta per lui uno spasso , un giuoco , per il solo fatto poi ch ' egli v ' impiega l ' arte sua e studio e tempo , non può non esser anche preso sul serio ; e non di rado , dunque , egli si immedesima davvero nel racconto , ma sempre col sentimento , con la logica , con la psicologia del popolo , e trova espressioni efficacissime . É vero che poi , tutt ' a un tratto , rompe questa serietà con una risata . Ma non è mai , secondo me , per intenzione satirica : l ' uscita è spesso burlesca , popolare : segue e interpreta anche qui spesso il sentimento del popolo . E sbaglia , dunque , secondo me , il Momigliano e contradice anche a sé stesso , quando afferma ( pag . 120-121 del vol . cit . ) che “ il sorriso del Morgante è soggettivo : soggettivo nel senso che è la naturale , incoercibile irruzione dell ' indole del Pulci nella materia epica . In questo senso , anzi egli aggiunge , il Morgante è uno dei poemi epici più soggettivi , che io conosca ; potrebbe esser definito : il mondo cavalleresco veduto attraverso un temperamento giocondo . Anzi , dopo tante discussioni sul suo protagonista , chi vuole sia Morgante , chi Gano io credo che l ' unico personaggio , che domina tutta l ' azione , attorno al quale tutta l ' azione si svolge , sia l ' autore stesso : all ' infuori di lui non c ' è protagonista ” . Poche pagine innanzi ( pag . 113 ) , egli aveva detto : “ In quell ' età di riso spensierato più che satirico , il riso del Morgante non è che la vernice del tempo , che si sovrappone alla materia tradizionale deformandone soltanto la superficie ” . E , indagando e studiando nella prima parte del volume l ' indole di Luigi Pulci : “ Certo mentre l ' uomo piangeva , il poeta rideva . Non fu piccola forza d ' animo durar a scrivere un poema giocondo come il Morgante , col cuore straziato da sempre nuove ferite , fra le minacce della fame e della prigione per debiti . Non sono infrequenti i casi di poeti , che si ridono dei proprii travagli , ma è rarissimo quello di un poeta sventurato , che impiega la sua attività artistica in un ' opera , nella quale il riso non si vela mai di pianto . È un miracolo , nel quale probabilmente ebbe qualche parte l ' influsso della Rinascenza » . Confesso di passata ch ' io non riesco a veder così giocondo lo spirito del nostro Rinascimento , come il Momigliano insieme con altri lo vede . Diffido degli inviti a godere , specialmente quando son così insistenti e vogliono aver l ' aria d ' essere spensierati ; diffido di chi vuol esser gajo ad ogni costo . Il Trionfo di Bacco e d ' Arianna ? Ma è carpe diem d ' Orazio : Tu ne quaesieris , scire nefas , quem rnihi , quem tibi finem Di dederint ... E può dirsi giocondità quella di chi si stordisce per non pensare ? Potrebbe esser , se mai , filosofia di saggi , non giocondità di giovani . E quante cose tristi non dicono i famosi canti carnascialeschi a chi sappia leggervi ben addentro ! Ma lasciamo star questo , che per il momento sarebbe questione oziosa , tanto più che per me il Pulci ritrae tutto dall ' aspetto caratteristico dell ' indole fiorentina e la sua è la lingua buffona del popolo , e le idee e il sentimento del popolo , rispetto alla materia epica e cavalleresca , nelle espressioni d ' un cantastorie , egli vuol contraffare e parodiare nel suo Morgante , il quale per me , ripeto , non è poi tutto quel monumento di giocondità che il Momigliano ci vorrebbe far credere . Per spiegarci il miracolo , di cui parla il Momigliano , basta pôr mente a questo , cioè più allo scopò che il Pulci s ' è proposto , che alla sua indole . Se la vita del poeta è tristissima , se egli nel componimento Io vo ' dire una frottola confessa : “ I ' ho mal quand ' i ' rido ” e “ Io non sarò mai lieto ” , “...non piacqui mai - A me stesso , né piaccio ” , se egli è inclinato fin dalla nascita alla mestizia e alla malinconia , come il Momigliano stesso dimostra per altre testimonianze , oltre a questa della Frottola composta negli anni tardi , se ” egli aveva due modi per mitigare i propri dolori : rassegnarcisi ed era il rimedio al quale ricorreva più di raro o riderci su al modo degli umoristi : vera consolazione da disperato ” , e “ quest ' umorismo triste soggettivo nel Pulci , non oggettivo manca quasi affatto nel Morgante ” , come diventa poi soggettivo , invece , il riso del Morgante , naturale , incoercibile irruzione dell ' indole del Pulci nella materia epica ? Come può esser il Pulci il vero protagonista del suo poema ? Magari fosse stato ! Ma il Pulci , se in parte nelle lettere e nella Frottola riesce a ridere dei suoi dolori a modo degli umoristi , non riesce mai a oggettivare nel suo poema la disposizione naturale all ' umorismo . Egli vive due vite , ma non le fa vivere nel suo poema . “ Dualismo doloroso , esclama qua il Momigliano , che condanna il Pulci a rappresentare nel Morgante la parte d ' una maschera allegra , mentre , quando s ' è raffreddata la sua fantasia , onde i facili versi sono fluiti come una brigata perennemente gaja dalle porte d ' un palazzo fatato , il dolore della vita tormentata di ogni giorno lo deve , pel contrasto , riassalire più acuto che mai ! ” O dunque ? Se è una maschera , non è l ' indole che naturalmente e incoercibilmente irrompe nella materia epica ! Ma non è neanche una maschera . Di veramente soggettivo nel poema non c ' è quasi nulla : il Morgante è “ la materia cavalleresca infusa d ' un ' anima plebea ” come dice il Cesareo , il quale nel gigante armato di battaglio e in Margutte vede il popolo stesso che si mira allo specchio del suo rozzo e sincero naturalismo . Il primo è “ ignorante , vorace , manesco , burlone , ma non ha perfidia ; e compie le imprese più ardue a un sol cenno del suo padrone ; è la forza ignara e subitanea del popolo acconciamente diretta da un sentimento che ne sviluppi le qualità oscure , l ' onestà , la giustizia , l ' indulgenza , la devozione , l ' amorevolezza . Margutte invece è il popolo senza fede e senza sentimento , la canaglia abietta e impudente , motteggiatrice ed obbliqua , criminosa e spavalda ” . E il vero protagonista del poema è dunque Morgante , il buon popolo , che segue , ammirato , le strampalate avventure dei paladini di Francia e vi partecipa a suo modo . Il Pulci non ha voluto rappresentare altro , nella sua parodia . Non posso indugiarmi a rilevare tutte le false conseguenze che il Momigliano trae dalla secondo me erronea convinzione che Fil riso del Morgante sia soggettivo . Egli è in buona compagnia : anche per il Rajna le novità del Morgante consistono “ in certi episodi , dove l ' Autore introduce curiosi personaggi di sua fattura e si scapriccia tanto colla fantasia quanto colla ragione ; soprattutto poi nella dimostrazione del suo io e nell ' atteggiamento che prende di fronte all ' opera sua ” ( vedi Introduzione alle Fonti dell ' Orl . Fur . , seconda ed . pag . 20 , Firenze , Sansoni , 1900 ) . Ora il vero suo “ io ” il Pulci , se dobbiamo stare all ' indagine che ne fa lo stesso Momigliano ripeto non lo dimostra affatto nel Morgante . Se vi rappresenta la parte d ' una maschera allegra ! Per me è gravissimo torto attribuire direttamente al poeta ciò che va attribuito al sentimento , alla logica , alla psicologia , alla lingua buffona della plebe , nella parodia ch ' egli ne fa . Così ad esempio , il Momigliano a un certo punto osserva : “ Non oserei però sostenere la perfetta innocenza del Pulci , quando Ulivieri mi vien fuori a spiegare il mistero della Trinità con quel certo esempio della candela , che non spiega un bel nulla ” . Come se di queste spiegazioni che non spiegano nulla non fosse piena tutta la letteratura popolare ! E poi , se il paragone si trova già nell ' Orlando , che c ' entra la malizia del Pulci ? Più sotto , a proposito della conversione di Fuligatto , osserva : “ Già queste conversioni e questi battesimi e per la loro rapidità e per la loro frequenza e per il troppo fervore dei neofiti più o meno insospettiscono sempre ” . Ma se questo è uno dei tratti caratteristici , che dimostrano appunto la puerilità della concezione religiosa nella epopea francese ! Appena conquistata una città , i vincitori impongono agl ' infedeli la conversione : chi si rifiuta , tagliato a fil di spada ; e i battezzati diventano d ' un tratto cristiani zelantissimi . Che c ' entra il Pulci ? A proposito dell ' episodio d ' Orlando motteggiato nel c . XXI dai ragazzacci della città , che il paladino attraversa su Vegliantino così mal ridotto ; che non si regge in piedi , il Momigliano dice che il Pulci non sente la maestà cavalleresca , e poi nota : “ Pel nostro poeta il riso è una delle grandi leggi , a cui tutti devono pagare il proprio tributo . Il Pulci , quindi , accenna ne ' suoi personaggi tanto i lati seri quanto i lati ridicoli e li riduce a quando a quando ai limiti dell ' umano . Così , in quest ' episodio , pare che egli prenda in giro Orlando , ma non è vero : un paladino invitto , col palafreno cascante anche Vegliantino qui scade dalla dignità solita nei cavalli degli eroi non è sottoposto ad una deminutio capitis , non s ' avvicina un po ' al Cavaliere dalla trista figura ? E questo non può accadere ad un paladino ? Ma fate che gli s ' avvicini un petulante a beffeggiarlo e vedrete che egli non è un Don Quijote , ma un paladino autentico : ecco in qual modo Orlando , abbassato per un momento , subito si rialza . Nella fonte c ' è qualche cosa di molto simile ( Orl . L . 30-37 ) . Siam già vicini alla beffa , ma non l ' abbiamo raggiunta ancora : la beffa si avrà solo , quando il riso sarà l ' esplosione della ribellione meditata del raziocinio ” . Anche qui è attribuito al Pulci quel che già , prima di tutto , si trova nella fonte , e che si trova poi in altri poemi , come ad esempio nell ' Aiol e nel Florent et Octavien . Così , quella certa facilità di commozione che hanno i paladini , e che al Momigliano sembra non molto naturale in guerrieri di quella tempra , si trova già , come è noto , nell ' epopea francese , dove centinaja di volte si leggono versi come questi ( formule epiche stereotipate ) : Trois fois se pasme sor le corant destrier . Quando non sviene un intero esercito : Cent milie frane s ' en pasment cuntre terre . Dato il concetto che il Momigliano s ' è formato dell ' umorismo , che questo cioè sia “ il riso che penetra più finemente o più profondamente nel proprio oggetto , e , anche quando non si eleva alla contemplazione di un fatto generale , è tuttavia indizio di uno spirito avvezzo a cercare il nocciolo delle cose ” , s ' intende com ' egli possa trovare con molta buona volontà anche l ' umorismo nel Morgante , non ostante che prima egli stesso abbia detto che ” il genere di riso del Morgante non scaturisce da una psicologia profonda ” e che questo procede “ da due ragioni , dall ' inettitudine del Pulci e dalla materia , che di solito si appaga di caratteri inconsistenti ” e che il Pulci “ vede specialmente il ridicolo fisico , il ridicolo delle forme , degli atteggiamenti , delle movenze d ' un corpo ” e il suo sia di solito “ un riso superficiale ” che ” nella sua quasi costante leggerezza ritrae dello spirito e della letteratura dei tempi ” . Ma ora per lui : “ il pianto , l ' indulgenza , la simpatia , ecc . ecc . , sono tutti elementi accessori ” dell ' umorismo , il quale , in somma , è come ha detto il Masci “ il senso generale della comicità ” , e nient ' altro . Inteso così , l ' umorismo si può trovare da per tutto . Ulivieri è sbalzato di sella da Manfredonio davanti a Meridiana e dice : Alla mia vita non caddi ancor mai , Ma ogni cosa vuol cominciamento ? Umorismo ! Meridiana gli risponde : Usanza è in guerra cader dal destriere , Ma chi si fugge non suol mai cadere ? Umorismo ! Rinaldo , dimentico di Luciana , si innamora di Antea e raccomanda a Ulivieri di servirla con ogni cura , e l ' amico risponde : “ Così va la fortuna ; Cércati d ' altro amante , Luciana ; Da me sarai d ' ogni cosa servito » ? “ Risposta stringata , filosofica , umoristica ” commenta il Momigliano , e via di questo passo . Ma no ! Il vero umorismo non si può trovare nel Morgante . Si sarebbe potuto trovare , se il Pulci fosse riuscito a trasfondere i suoi dolori , le sue miserie in qualcuno dei personaggi o in qualche scena , e ne avesse riso , come nella Frottola o in qualcuna delle lettere ; se la sua ironia , la vana parvenza di quello sciocco , puerile o grottesco mondo cavalleresco , fosse riuscita in qualche punto a drammatizzarsi , attraverso il suo sentimento , comicamente . Ma egli non solo non vede , né può vedere sé nel dramma , ma non riesce neanche a vedere il dramma nell ' oggetto rappresentato . E come si può parlare dunque d ' umorismo ? Dico del vero umorismo , che non è punto quel che crede il Momigliano , seguendo il Masci . Dell ' altro , cioè dell ' umorismo inteso nel senso più largo e comune , di cui ho già fatto parola , eh , di quello sì , ce n ' è in lui solo tanta copia , quanta in cento scrittori inglesi messi insieme , che dal Nencioni o dall ' Arcoleo sarebbero tenuti in conto di veri umoristi . Questo è indubitabile . * Mi sono intrattenuto così a lungo sul Morgante perché fra i tre nostri maggiori poemi cavallereschi è quello in cui certamente ha più campo l ' ironia : l ' ironia che secondo l ' espressione dello Schlegel riduce la materia a una perpetua parodia e consiste nel non perdere , neppure nel momento del patetico , la coscienza della irrealità della propria creazione . L ' intendimento dei due altri poeti , il Bojardo e l ' Ariosto , è più serio . Ma bisogna bene intendersi , su questa maggior serietà ... Il Pulci è poeta popolare , nel senso che non solleva per nulla dal popolo la materia che tratta , anzi ve la tiene per riderne parodiandola , in una corte borghese come quella di Lorenzo che della parodia , come ho detto , ha il gusto . Il Bojardo è poeta cortegiano , nel senso che ha , per usare le parole stesse del Rajna , “ una profonda simpatia per i costumi e i sentimenti cavallereschi , cioè per l ' amore , la gentilezza , il valore , la cortesia ” e se “ non ha ritegno a scherzare col soggetto , né ha rimorso di esporre alla derisione i suoi personaggi , gli è che egli intende a celebrare la prodezza , la cortesia e l ' amore , non già Orlando e Ferraguto ” ; cortegiano , dunque , nel senso che scrive per dar buon tempo e gradito sollazzo a una corte che , vivendo in ozii agiati ed eleganti , appassionandosi ai casi di Ginevra e di Isotta , alle avventure dei cavalieri erranti , non avrebbe potuto far buon viso ai paladini di Francia , se questi le fossero venuti innanzi senza amore e senza cortesia . L ' Ariosto , se per condizioni di vita , rispetto alla casa d ' Este , è in un altro senso poeta cortegiano anche lui , rispetto però alla materia che prende a trattare , non guarda che alle condizioni serie dell ' arte . Abbiamo veduto che nella stessa Francia già da tempo il mondo epico e cavalleresco aveva perduto ogni serietà . Come avrebbero potuto i poeti italiani trattare seriamente ciò che già da tempo era cessato di esser serio ? L ' ironia comica era inevitabile . Ma “ chi fa un lavoro comico osserva giustamente il De Sanctis non è esentato dalle condizioni serie dell ' arte ” . Ebbene , queste condizioni serie dell ' arte rispetta più di tutti l ' Ariosto , meno di tutti il Pulci , ma non per difetto d ' arte , come era parso prima al De Sanctis , bensì ripetiamo per lo scopo ch ' egli si prefisse . Chi fa una parodia o una caricatura è certamente animato da un intento o satirico o semplicemente burlesco : la satira o la burla consistono in un ' alterazione ridicola del modello , e non sono perciò commisurabili se non in relazione con le qualità di questo e segnatamente con quelle che spiccano di più e che già rappresentano nel modello una esagerazione . Chi fa una parodia o una caricatura insiste su queste qualità spiccate ; dà loro maggior rilievo ; esagera un ' esagerazione . Per far questo è inevitabile che si sforzino ì mezzi espressivi , si àlteri stranamente , goffamente o anche grottescamente la linea , la voce o , comunque , l ' espressione ; si faccia in somma violenza all ' arte e alle condizioni serie di essa . Si lavora su un vizio o su un difetto d ' arte o di natura , e il lavoro deve consistere nell ' esagerato , perché se ne rida . Ne risulta inevitabilmente un mostro ; qualcosa che , a considerarla in sé e per sé , non può avere alcuna verità , né , dunque , alcuna bellezza ; per intenderne la verità e però la bellezza , bisogna esaminarla in relazione col modello . Si esce così dal campo della fantasia pura . Per ridere di quel vizio o di quel difetto o per deriderli , dobbiamo anche scherzare con lo strumento dell ' arte ; esser coscienti del nostro gioco , che può esser crudele , che può anche non aver intenzioni maligne o averne anche di serie , come le aveva ad esempio Aristofane nelle sue caricature . Se dunque il Pulci nel suo lavoro comico viene meno alle condizioni serie dell ' arte , non è per insufficienza d ' arte , ripeto . Lo stesso non si può dire per il Bojardo . La maggior serietà di questo deve considerarsi non già nell ' intenzion dell ' arte , che gli difetta , bensì in quella di piacere alla sua corte , seguendo anche il suo gusto e il piacer suo . Si arrivò finanche a dire che il Bojardo tratta seriamente , nel suo poema , la cavalleria . Il Rajna , che com ' è noto nel suo libro su Le Fonti dell ' Orl . Fur . par che si sia proposto di rialzare il Bojardo a costo del “ suo continuatore ” , a proposito della distinzione da farsi tra l ' Innamorato e il Furioso , domanda : “ La faremo noi consistere nella cosiddetta ironia ariostesca ? Certo starebbe bene , se fosse vero , come si pretende , che l ' Ariosto avesse , con un sorriso incredulo , sciolto in fumo l ' edificio del Bojardo , e trasformato in fantasmi i personaggi dell ' Innamorato . Il male si è che quell ' edificio , quei personaggi , erano già una fantasmagoria anche per il Conte di Scandiano . Se Lodovico non crede al mondo che canta e se ne fa giuoco , non ci crede maggiormente e all ' occasione non se ne fa meno giuoco il suo predecessore e maestro ; se ironia c ' è nel Furioso , non ne manca nemmeno nell ' Innamorato ” . E , alcune pagine innanzi : ” Certo il sentir parlare di burlesco e umorismo , a proposito dell ' Innamorato , deve far meraviglia , e non poca . Si è tanto avvezzi a sentir ripetere su tutti i toni , e da uomini autorevolissimi e giudiziosissimi , che il Bojardo canta le guerre d ' Albraccà , e le avventure d ' Orlando e di Rinaldo , con quella medesima serietà e convinzione , colla quale il Tasso celebrava un secolo dopo le imprese dei Cristiani in Palestina e l ' acquisto di Gerusalemme ! È un errore , di cui . mi par superflua la confutazione ... Non ci vuol molto ad accorgersi che tra il Bojardo ed il mondo da lui preso a rappresentare , c ' è un vero contrasto , dissimile soltanto per grado e per tono da quello che impediva al Pulci d ' immedesimarsi colla sua materia . Ché agli occhi di ogni Italiano colto del secolo XV erano ridicoli quei terribili colpi di lancia e di spada , che al paragone avrebbero fatto apparir fanciulli gli eroi di Omero ; ridicolo quel frapparsi ( ! ) le armature e le carni per le ragioni più futili , od anche senza un motivo al mondo ; ridicole le profonde meditazioni amorose , che assorbivano tutta l ' anima per ore ed ore , e sopprimevano ogni ombra di coscienza ; ridicole , insomma , tutte le esagerazioni dei romanzi cavallereschi . O come si vuole che un uomo imbevuto fino al midollo di coltura classica , e dotato di un buon senso a tutta prova , avesse a contemplare e rappresentare questo mondo senza mai prorompere in uno scoppio di riso ? E infatti il Bojardo ride , e si studia di far ridere ; anche in mezzo alle narrazioni più serie esce in frizzi e facezie ; e più d ' una volta egli crea scene , che si potrebbero credere trovate dal Cervantes per beffare là cavalleria ed i suoi eroi ” . Il Rajna crede di difendere così il Bojardo da una ingiustizia . Il suo torto e gli è stato rilevato alla ristampa del libro dal Cesareo ( vedi in Critica militante , Messina , Trimarchi , 1907 , lo studio La fantasia dell ' Ariosto , pubbl . prima su la Nuova Antologia ).) è quello di trattare la questione dei rapporti tra il Bojardo e l ' Ariosto senza una adeguata preparazione estetica . Eppure , già il De Sanctis , trattando della poesia cavalleresca in un corso di lezioni all ' Università di Zurigo , aveva avvertito maravigliosamente : “ La facoltà poetica per eccellenza è la fantasia : ma il poeta non lavora solo con le facoltà estetiche , tutte le facoltà cooperano : il poeta non è solo poeta ; mentre la fantasia forma il fantasma , l ' intelletto e i sensi non rimangono inerti . Un poeta può avere potente virtù estetica ed esser povero d ' immaginazione , commettere errori nel disegno o spropositi storici e geografici : questi difetti non toccano l ' essenza della poesia . Ma se un poeta che ha in alto grado queste alte facoltà , che ha un bel disegno ed una perfetta esecuzione meccanica , ha debole fantasia , non saprà render vivente quanto vede : la mancanza di fantasia è la morte del poeta . Ecco la distinzione da farsi . Fin qui non avete diritto di mettere in quistione l ' ingegno poetico del Bojardo ; i difetti , che abbiamo enumerato , dipendono da altre facoltà . Per venire ad esaminarlo come poeta , bisogna dunque vedere fino a qual punto abbia la potenza formativa del fantasma . Ha una grande inventiva : è stato il poeta italiano che ha raccolto il più vasto e vario materiale di poesia ; non solo per quantità ma anche per qualità . L ' inventiva è già una prima condizione del poeta ; e per tal riguardo il Bojardo è superiore al Pulci . Ma , non che basti , è poca cosa : l ' invenzione nell ' arte è il meno . Dumas lascia ai suoi segretarii l ' incarico di raccogliere i materiali , ne ' quali si riserba d ' infonder poi la vita . Raccolto il materiale , il Bojardo lo sa lavorare ? Ecco la quistione . Non lo lascia nudo ed arido come il Pulci ; ha la facoltà del concepimento , dà ad ogni fatto e personaggio le determinazioni necessarie perché acquisti una fisionomia propria . Non gli basta l ' abbozzare un personaggio ; e anzi , egli è uno dei principali disegnatori della poesia italiana . Pochi sanno dar con più sicurezza i lineamenti ad un carattere ... Che resta da fare al poeta ? Mostrar vivo il personaggio . Chi ha dato tal forma e tal carattere , lo deve far vivere . Bisogna che la concezione diventi situazione . Anche i più appassionati non sono sempre appassionati . Volendo mettere in opera le determinazioni , bisogna scegliere tali circostanze che , mediante di esse , possano manifestarsi le forze interne d ' un personaggio . V ' è situazione estetica quando il personaggio è posto nelle condizioni più favorevoli , perché possa rivelarsi . Ma il Bojardo non sa mutar la concezione in situazione ” . Il Cesareo , che svolge ampiamente e precisa nel suo studio su La fantasia dell ' Ariosto questa stupenda intuizione del De Sanctis , nota a questo punto che , in verità ” quando una creatura vive nella fantasia d ' un poeta , ella si rivelerà intera in qualunque circostanza si trovi . Il poeta non ha da sceglier nulla , perché quella creatura è libera , autonoma , fuori del poeta medesimo e non si può trovare se non in quelle situazioni a cui la sospinge il suo carattere in contrasto coi caratteri circostanti . Le situazioni vengon da sé , non le sceglie il poeta ; il quale deve soltanto curare che in ciascuna situazione , anche la meno drammatica , il personaggio apparisca tutto , con tutte le sue determinazioni interiori . E allora una sola situazione basterà a farci conoscere quella creatura ; e noi sapremo a un dipresso ciò che ella farà in situazioni “ più favorevoli " . Il carattere di Farinata è già tutto ne ' primi sei versi co ' quali ei si volge a Dante ; quello d ' Amleto è già tutto nella scena dell ' udienza a Corte ; quello di don Abbondio è già tutto nella sua passeggiata in vista de ' bravi . Certo , la successione delle situazioni accresce intensità ed evidenza al carattere ; ma qualunque situazione è una situazione estetica ” . Per il Cesareo , al Bojardo manca per l ' appunto la visione completa del carattere ; ed io son d ' accordo con lui . Su un altro punto io dissento dal De Sanctis , cioè là dove egli dice che il Bojardo “ per intenzioni pedantesche , ha voluto fare seriamente quanto è sostanzialmente ridicolo ” . Codeste intenzioni pedantesche nel Bojardo veramente non so vederle , come non so vedere ch ' egli abbia voluto esser serio e che soltanto “ per la forza dei tempi ” sia riuscito ridicolo . Se , come dice lo stesso De Sanctis , egli ” ride delle sue invenzioni ” , non ha voluto esser serio . Secondo me , anzi , il torto del Bojardo è proprio là dove il Rajna crede di difenderlo da una ingiustizia : che egli , cioè , nobile cavaliere , animato da una profonda simpatia per i costumi cavallereschi , cioè per l ' amore , la gentilezza , il valore , la cortesia , non ha voluto esser serio , come per il sentimento suo poteva e come per il rispetto alle condizioni serie dell ' arte doveva . E , non volendo esser serio , egli non ha saputo ridere , perché a quella materia solo un riso ormai conveniva , quello della forma , e la forma sopra tutto manca al Bojardo . Dice bene il Rajna che “ non ci vuol molto ad accorgersi che tra il Bojardo ed il mondo da lui preso a rappresentare , c ' è un vero contrasto , dissimile soltanto per grado e per tono da quello che impediva al Pulci d ' immedesimarsi colla sua materia ” . Ma l ' inferiorità del Bojardo rispetto al Pulci e all ' Ariosto è appunto qui , nel grado e nel tono del suo riso . Egli volle badar soltanto a sollazzare sé e gli altri , e non intese che , volendo sollevar dal popolo quella materia e non volendo più farne deliberatamente la parodia , come aveva fatto il Pulci , si dovevano rispettare le condizioni serie dell ' arte , come l ' Ariosto le rispettò . Non è affatto vero che il poeta del Furioso con sorriso incredulo sciolga in fumo l ' edificio del Bojardo e trasformi in fantasmi i personaggi dell ' Innamorato . Al contrario ! Egli dà anzi a quell ' edificio e a quei personaggi ciò che loro mancava : consistenza e fondamento di verità fantastica e coerenza estetica . Bisogna bene intendersi sul non credere del poeta al mondo che canta o che , comunque , rappresenta . Ma si potrebbe dire che non solo per l ' artista , ma non esiste per nessuno una rappresentazione , sia creata dall ' arte o sia comunque quella che tutti ci facciamo di noi stessi e degli altri e della vita , che si possa credere una realtà . Sono , in fondo , una medesima illusione quella dell ' arte e quella che comunemente a noi tutti viene dai nostri sensi . Pur non di meno , noi chiamiamo vera quella dei nostri sensi , finta quella dell ' arte . Tra l ' una e l ' altra illusione non è però questione di realtà , bensì di volontà , e solo in quanto la finzione dell ' arte è voluta , voluta non nel senso che sia procacciata con la volontà per un fine estraneo a sé stessa ; ma voluta per sé e per sé amata , disinteressatamente ; mentre quella dei sensi non sta a noi volerla o non volerla : si ha , come e in quanto si hanno i sensi . E quella dunque è libera , e questa no . E l ' una finzione è dunque immagine o forma di sensazioni , mentre l ' altra , quella dell ' arte , è creazione di forma . Il fatto estetico , effettivamente , comincia solo quando una rappresentazione acquisti in noi per sé stessa una volontà , cioè quando essa in sé e per sé stessa si voglia , provocando per questo solo fatto , che si vuole , il movimento ( tecnica ) atto ad effettuarla fuori di noi . Se la rappresentazione non ha in sé questa volontà , che è il movimento stesso dell ' immagine , essa è soltanto un fatto psichico comune ; l ' immagine non voluta per sé stessa ; fatto spirituale - meccanico , in quanto non sta in noi volerla o non volerla ; ma che si ha in quanto risponde in noi a una sensazione . Abbiamo tutti , più o meno , una volontà che provoca in noi quei movimenti atti a creare la nostra propria vita . Questa creazione , che ciascuno fa a sé stesso della propria vita , ha bisogno anch ' essa , in maggiore o minor grado , di tutte le funzioni e attività dello spirito , cioè d ' intelletto e di fantasia , oltre che di volontà ; e chi più ne ha e più ne mette in opera , riesce a creare a sé stesso una più alta e vasta e forte vita . La differenza tra questa creazione e quella dell ' arte è solo in questo ( che fa appunto comunissima l ' una e non comune l ' altra ) : che quella è interessata e questa disinteressata , il che vuol dire che l ' una ha un fine di pratica utilità , l ' altra non ha alcun fine che in sé stessa ; l ' una è voluta per qualche cosa ; l ' altra si vuole per sé stessa . E una prova di questo si può avere nella frase che ciascuno di noi suoi ripetere ogni qual volta , per disgrazia , contro ogni nostra aspettativa , il proprio fine pratico , i proprii interessi siano stati frustrati : “ Ho lavorato per amore dell ' arte ” . E il tono con cui si ripete questa frase ci spiega la ragione per cui la maggioranza degli uomini , che lavorano per fini di pratica utilità e che non intendono la volontà disinteressata , suoi chiamare matti i poeti veri , quelli cioè in cui la rappresentazione si vuole per sé stessa senz ' altro fine che in sé medesima , e tale essi la vogliono , quale essa si vuole . Non ricorderò qui la domanda del cardinale Ippolito a Messer Lodovico . Il quale però , per tutta risposta , avrebbe potuto rileggergli quell ' ottava del canto ove si narra del viaggio di Astolfo alla Luna : Non sì pietoso Enea , né forte Achille Fu , com ' è fama , né sì fiero Ettorre ; E ne son stati e mille e mille e mille Che lor si puon con verità anteporre : Ma i donati palazzi e le gran ville Dai discendenti lor , gli ha fatto porre In questi senza fin sublimi onori Dall ' onorate man degli scrittori ... Dal che si può vedere come anche in un grandissimo poeta un sentimento almeno in parte non disinteressato poté macchiar l ' opera e mortificarla . Fortunatamente questo avvenne per una parte soltanto del poema . In qualche altro punto si può notare che la riflessione più che il sentimento , muova la rappresentazione ; la quale allora perde l ' azione spontanea , d ' essere organico e vivente , e acquista un movimento rigido e quasi meccanico . È là dove il poeta dimostra d ' essersi proposto a freddo il rispetto delle condizioni serie dell ' arte , là cioè dove non le rispetta più istintivamente , ma per intenzione preconcetta . Citerò per esempio le personificazioni di Melissa e di Logistilla . Ma là dove il poeta rispetta istintivamente le condizioni serie dell ' arte , cessa l ' ironia ? riesce il poeta a perder la coscienza della irrealità della sua creazione ? e come s ' immedesima egli con la sua materia ? Questo è il punto da chiarire e che richiede l ' analisi più sottile . È qui il segreto dello stile dell ' Ariosto . Nella lontananza del tempo e dello spazio , il poeta vede innanzi a sé un mondo meraviglioso che in parte la leggenda , in parte le capricciose invenzioni dei cantori han costruito attorno a Carlo Magno . Egli vede l ' Imperatore non già come quella cosa oscura del Pulci , che passeggia per la mastra sala impaurito dei formidabili eserciti dei Saracini o , più spesso , delle minacciate vendette dei Paladini per i tradimenti di Gano , che lo mena per il naso a sua posta : né lo vede come il Bojardo , Carlone rimbambito , che s ' indugia a parlar con Angelica , affocato in volto e con gli occhi lustri , poiché si sente toccar l ' ugola anche lui . Egli comprende che è da farsa o da teatrino di marionette un imperatore così fatto . Rida il volgo , ridano i fanciulli dei fantocci . Il riso è facile quando con burlesca grossolanità si sconci una figura o si faccia comunque ridicola violenza alla realtà . Questo non può voler l ' Ariosto ; e questo lo pone già di gran lunga sopra ai suoi predecessori , non solo , ma tanto alto forse , che quantunque egli poi si sforzi o di dissennarsi o di tirar su fino alla sua altezza quella materia essa , per ciò che ha in sé di irriducibile ormai , gli resta in parte di troppo inferiore . Egli la domina da assoluto padrone e secondo l ' imprevedibile capriccio della sua meravigliosa fantasia creatrice combina e separa , associa e dissocia tutti gli elementi ch ' essa gli fornisce . Con questo giuoco , che maraviglia e incanta per la sua prodigiosa agilità , egli riesce a salvar sé e la materia . Dov ' egli può , cioè in quel che han di eterno i sentimenti umani e le umane illusioni , egli s ' immedesima tutto , fino a dar la stessa consistenza della realtà alla sua rappresentazione ; dove non può , dove agli occhi suoi stessi si scopre la irrealità irreparabile di quel mondo , egli dà invece alla rappresentazione una leggerezza , quasi di sogno , che si ilara tutta d ' una sottilissima ironia diffusa , che non rompe quasi mai l ' incanto né di questa o di quell ' opera di magia rappresentata , né quello assai più meraviglioso che opera la magia del suo stile . Ecco , ho detto la parola : la magia dello stile . Il poeta ha compreso che a un solo patto si poteva dar coerenza estetica e verità fantastica a quel mondo , ove appunto la magia ha tanta parte : a patto che il poeta diventasse un mago a sua volta , e il suo stile dalla magia prendesse qualità e virtù . E c ' è l ' illusione che il poeta crea a noi , e talvolta anche a sé stesso , immedesimandosi nel giuoco fino ad abbandonarvisi tutto . Ah , quel giuoco tanto gli par bello , che bramerebbe crederlo realtà : non è , pur troppo ! Tanto che , di tratto in tratto , il velo sottilissimo si squarcia ; attraverso lo squarcio la realtà vera , del presente , si scopre , e allora l ' ironia diffusa si raccoglie d ' un subito e con improvviso scoppio s ' appalesa . Questo scoppio però non stride , non urta mai troppo : si presente sempre . E oltre alle illusioni che il poeta crea a noi e a sé stesso , ci son quelle che i personaggi si creano e quelle che a loro creano i maghi e le fate . E tutto un giuoco d ' illusioni , fantasmagorico . Ma la fantasmagoria non è tanto nel mondo rappresentato , che ha sovente , ripeto , la consistenza stessa della realtà ; quanto nello stile e nella rappresentazione del poeta , il quale con meraviglioso accorgimento ha compreso , che così soltanto , rivaleggiando cioè con la stessa magia , poteva salvar gli elementi irriducibili della materia e renderli con tutto il resto coerenti . Ne vogliamo una prova ? Il poeta rivaleggia con la magia d ' Atlante , nel canto XII : il mago ha innalzato un castello , ove i cavalieri si travagliano invano a cercar le loro donne ch ' essi vi credono rapite ; tre , Orlando , Ferraù e Sacripante , vi cercano la finta immagine d ' Angelica , che essi credon vera . Ebbene , il poeta , più mago d ' Atlante , fa che Angelica viva e vera entri in quel castello . Angelica che può rendersi vana come quella vana immagine creata da Atlante per magia . Quivi entra , che veder non la può il Mago ; E cerca il tutto , ascosa dal suo anello ; E trova Orlando e Sacripante vago Di lei cercar invan per quello ostello . Vede come fingendo la sua imago Atlante usa gran fraude a questo e a quello . Chi tor debba di lor molto rivolve Nel suo pensier , né ben se ne risolve . … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … L ' anel trasse di bocca , e di sua faccia Levò dagli occhi a Sacripante il velo . Credette a lui sol dimostrarsi , e avvenne Ch ' Orlando e Ferraù le sopravvenne . … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … … Corser di par tutti alla donna , quando Nessun incantamento gl ' impediva ; Perché l ' anel ch ' ella si pose in mano Fece d ' Atlante ogni disegno vano . È una magia che entra in un ' altra . Il poeta si avvale di quest ' elemento , lo fa anzi siffattamente suo , che in un momento innanzi agli occhi nostri illusi la realtà diventa magia e la magia realtà : appena Angelica si scopre , la realtà d ' un subito avventa e crolla l ' incanto ; sparisce mercé l ' anello , ed ecco il castello d ' Atlante assumer quasi consistenza reale innanzi a noi . Che stupenda finezza in questo giuoco ! E giuoco di magia ; ma la magia vera è quella dello stile ariostesco . Che ne volete più di quei poveri cavalieri ? Volgon pel bosco or quinci or quindi in fretta Quelli scherniti la stupida faccia . Chi li fa andare incontro a questi scherni e a guai anche peggiori ? Ma l ' amore , signori miei , che se non è proprio proprio una pazzia , tante pur ne fa fare , jeri come oggi , e tante ne farà fare domani e sempre ! Chi mette il piè su l ' amorosa pania , Cerchi ritrarlo , e non v ' inveschi l ' ale ; Ché non è in somma Amor se non insania A giudizio de ' savi universale : E sebben come Orlando ognun non smania , Suo furor mostra a qualch ' altro segnale . E quale è di pazzia segno più espresso , Che , per altri voler , perder sé stesso ? Vari gli effetti son ; ma la pazzia E tutt ' una però , che li fa uscire . Gli è come una gran selva , ove la via Conviene a forza , a chi vi va , fallire . In questi due ultimi versi il poeta dà una perfetta immagine del suo poema , che poggia per tanta parte su quest ' amore che dissenna . Fontane , giardini , castelli incantati ? Ma si ! Se sono oggi per noi larve inconsistenti , furono come realtà per le pazzie che l ' Amore fece far jeri , là in quel mondo lontano ; ridetene , se vi piace ; ma pensate che altre fallaci immagini crea oggi e creerà domani con l ' eterna magia delle sue illusioni l ' Amore , a scherno e a tormento degli uomini . Se voi ridete di quelli , potreste ugualmente ridere di voi . Frate , tu vai L ' altrui mostrando , e non vedi il tuo fallo . Sotto la favola è la verità . Vedete : il poeta non ha che a gravare un tantino la mano , perché la favola gli si muti in allegoria . E la tentazione è forte , e qua e là egli difatti vi casca ; la , fantasia però subito lo risolleva , per fortuna , e lo richiama al giusto grado e al giusto tono , in cui fin da principio s ' era messo : Dirò d ' Orlando , Che per amor venne in furore e matto D ' uom che sì saggio era stimato prima ; Se da colei che tal quasi m ' ha fatto , Che ' l poco ingegno ad ora ad or mi lima , Me ne sarà però tanto concesso Che mi basti a finir quanto ho promesso . E fin da principio lo stile ha virtù magica . Tutto il primo canto è , nella rappresentazione , fantasmagorico , corso da lampi , d ' apparizioni fugaci . E questi lampi non spiazzano per abbagliar soltanto i lettori , ma anche gli attori della scena . Ecco : ad Angelica balza innanzi Rinaldo ; a Ferraù , che cerca l ' elmo , l ' Argalia ; a Rinaldo , Bajardo ; a Sacripante , Angelica ; a tutt ' e due , Bradamante , e poi il messaggero , e poi Bajardo di nuovo e poi di nuovo Rinaldo . E questi lampi , dopo il rapidissimo guizzo , si estinguono comicamente , con la frode dell ' illusione improvvisa . Il poeta esercita , cosciente , questa sua magia ; non dà mai tempo ; lascia questo e prende quello ; sbalordisce e sorride dello sbalordimento altrui e de ' suoi stessi personaggi . Non va molto Rinaldo che si vede Saltare innanzi il suo destrier feroce : Ferma , Bajardo mio , deh ferma il piede ! Ché l ' esser senza te troppo mi nuoce . Per questo il destrier sordo a lui non riede , Anzi più se ne va sempre veloce . Segue Rinaldo , e d ' ira si distrugge , Ma seguitiamo Angelica che fugge . Figurarsi se Bajardo voleva fermarsi ! Il suo padrone è innamorato , dunque è matto . E Quel destrier , ch ' avea ingegno a meraviglia , capisce quel che il suo padrone nón può capire . Ecco : il senno che l ' Amore toglie agli uomini è dato dal poeta a una bestia . Nel c . II ( s . 20 ) dice , a mo ' d ' aggiunta , “ il destrier ch ' avea intelletto umano ” . Umano , sì , ma intendiamoci non d ' uomo innamorato ! Non giurerei proprio che qui non ci sia una punta di . satira . L ' ironia del poeta è una sottilissima sega , che ha tanti denti , e anche quello della satira , che morde un po ' tutti , fino fino , sotto sotto , a cominciar dal cardinale Ippolito , suo padrone . Oh gran bontà dei cavalieri antiqui ! Vi par che qui l ' ironia consista soltanto nel fatto che Ferraù e Rinaldo , dopo essersi picchiati a quel modo che sapete , cavalchino insieme , come se nulla fosse stato ? Il Rajna dice che i romanzi francesi recano in buona fede molti esempii di siffatte magnanime cortesie , e tre ne reca dal Tristan per concludere : “ Questa è la cortesia e la lealtà dei cavalieri di Brettagna ” . Benissimo ! Ma non già dei due cavalieri dell ' Ariosto , che non dimostrano ombra di cavalleria . Per intenderlo , bisogna pensare a che cosa avrebbe potuto rispondere Ferraù alla proposta di Rinaldo di smettere il duello : “ io non combatto per una preda , io combatto per difendere una donna che m ' invoca ajuto ; e se io son riuscito a difenderla , non ho combattuto invano ” . Un buon cavaliere antico , veramente nobile , avrebbe risposto cosa . Ma tanto Rinaldo quanto Ferraù non vedono in Angelica che una preda da appropriarsi , e poiché questa è uscita lor di mano , s ' ajutano entrambi a rintracciarla con un criterio molto positivo e pochissimo cavalleresco . Quella esclamazione dunque “ oh gran bontà dei cavalieri antiqui ! ” è veramente ironica e suona irrisione . Tanto è vero , che poco dopo , nel c . II , ripetendosi la medesima situazione del duello interrotto per la stessa ragione , Rinaldo lascia Sacripante a piedi : E dove aspetta il suo Bajardo , passa , E sopra vi si lancia , e via galoppa ; Né al cavalier , ch ' a piè nel bosco lassa , Pur dice addio , non che lo ' nviti in groppa . Ripetete sul serio , se vi riesce , dopo questo : Oh gran bontà dei cavalieri antiqui ! Il poeta scherza , e con quel povero re di Circassia , “ quel d ' amor travagliato Sacripante ” , lo scherzo del poeta è veramente crudele e passa la parte . Già , come lo dipinge : “ Un ruscello ? Parean le guance , e ' l petto un Mongibello ! ” Gli pone accanto , benigna , colei per cui si duole ( è curioso veramente il notare a quali aberrazioni poté essere condotto il Rajna dalla smania di sorprendere a ogni costo il poeta del Furioso con le mani nel sacco altrui . A proposito di questo episodio di Sacripante e Angelica , cita nientemeno che 12 esemplari , che l ' Ariosto avrebbe dovuto aver presenti . E non si accorge ch ' è stupido senz ' altro il ravvicinamento di queste pretese fonti , poiché nell ' Ariosto , invece del solito cavaliere che ascolta furtivo i lamenti , abbiamo Angelica , proprio lei in persona . Ma questo ha il coraggio di notare il Rajna “ è una differenza di sommo momento per Sacripante , ma secondaria per noi ” . Già ! come dire che , se veramente il Tasso ebbe presente il battesimo di Sorgalis nei Chétifs a proposito del battesimo di Clorinda , è differenza secondaria che Tancredi battezzi Clorinda in luogo di un altro cavaliere qualsiasi ! Sapete quali sono invece le parti sostanziali ? Erba , alberi , acqua , se è giorno o notte , e simili altre amenità . Come se Angelica non fosse nel bosco fin dal principio del canto ! Avrebbe potuto risparmiarsi il Rajna tanto sfoggio di erudizione e venir senz ' altro all ' episodio di Prasildo nel Bojardo . La differenza però rimane sempre sostanziale . L ' Ariosto prende un verso al Bojardo : Che avria spezzato un sasso di pietade ; ma glielo corregge così : Che avrebbe di pietà spezzato un sasso . Ecco tutto ) . Poi , sotto gli occhi di Angelica , lo fa buttare in terra miseramente da un cavaliere che passa di corsa ; e Angelica non ha ancor finito di confortarlo con fine ironia , attribuendo cioè , al solito , la colpa della caduta al cavallo , che gli fa dare il calcio dell ' asino da quel messaggero che sopravviene afflitto e stanco su un ronzino : Tu déi saper che ti levò di sella L ' alto valor d ' una gentil donzella . C ' è da morirne ! Ma non basta : ecco Rinaldo ; Angelica fugge ; e il povero Sacripante , re di Circassia , resta scornato , bastonato e a piedi . Ma alla fin fine può consolarsi , che non avvengono soltanto a lui simili disgrazie . Ad altri ne occorrono anche di peggiori . Ce n ' è per tutti ! Il poeta si spassa a rappresentar la frode delle varie illusioni e a frodar anche i maghi che le frodi ordiscono . È un mondo in balia dell ' amore , della magia , della fortuna ; che ne volete ? E come dell ' amore le pazzie e della magia gl ' inganni , egli rappresenta della fortuna la mutabilità . Ferraù , staccatosi al bivio da Rinaldo , gira gira , si ritrova ” onde si tolse ” , e poiché non spera di ritrovar la donna , si scorda le botte date e ricevute , la tenzone differita , e si rimette a cercar l ' elmo che gli era caduto nell ' acqua . Or se fortuna ( quel che non volesti Far tu ) pone ad effetto il voler mio , Non ti turbar , gli grida l ' Argalia emerso dalle onde con l ' elmo in mano , l ' elmo caduto a Ferraù giusto dove il cadavere dell ' Argalia era stato gittato . Un tratto che a noi non suona comicamente , ma che forse poteva sonar comico a coloro che avevan dimestichezza col poema e i personaggi del Bojardo , è nei versi che dipingono l ' orrore di Ferraù all ' apparir dell ' ombra d ' Argalia : Ogni pelo arricciosse E scolorosse al Saracino il viso . Ora Ferraguto era stato raffigurato dal Bojardo , Tutto ricciuto e ner come carbone . Gli si poteva arricciare il pelo e scolorir il viso ? Non giuoca forse anche qui , dunque , il poeta ? L ' altro contendente , Rinaldo , spedito da Carlo in Bretagna per ajuti e distolto così d ' andar cercando Angelica Che gli avea il cor di mezzo il petto tolto , arrivato a Calesse , lo stesso giorno , Contro la volontà d ' ogni nocchiero , Pel gran desir che di tornare avea , Entrò nel mar ch ' era turbato e fiero ; ma , sissignori , spinto dal vento nella Scozia , si scorda di Angelica , si scorda di Carlo e della gran fretta che avea di ritornare , e s ' affonda solo nella gran Selva Caledonia , facendo ora una , ora un ' altra via Dove più aver strane avventure pensa . E capitato a una badia , prima mangia , poi domanda all ' abbate come si possano ritrovare queste avventure per dimostrarsi valente . E “ i monachi e l ' Abbate ” : Risposongli , ch ' errando in quelli boschi , Trovar potria strane avventure e molte : Ma come i luoghi , i fati ancor son foschi ; Ché non se n ' ha notizia le più volte . Cerca , diceano , andar dove conoschi Che l ' opre tue non restino sepolte , Acciò dietro al periglio e alla fatica Segua la fama , e il debito ne dica . Il Rajna qua si compiace nel notare che “ mai un barone del ciclo di Carlo Magno fu convertito così espressamente in Cavaliere Errante come in questo caso ” , ma non può non avvertire che “ le parole degli ospiti dànno tuttavia a conoscere come lo spirito della cavalleria romanzesca sia ormai svanito ” poiché sempre per i principali tra gli Erranti la modestia è uno dei primissimi doveri , tal che nulla è tanto difficile , quanto indurli a confessarsi autori di qualche opera gloriosa , e anche quando essi si trovano dinanzi a migliaja di spettatori , procurano di celarsi con ignote divise ; cavalcano quasi sempre sconosciuti , mutando spesso di insegne , e nascondendosi molte volte anche agli amici più cari e più fidi . E allora ? Non dobbiamo arguire che qui ci sia un ' intenzione satirica , e che anzi questa intenzione sia stata così forte nel poeta , da farlo venir meno una volta tanto alle condizioni serie dell ' arte , che pure egli più di tutti suoi rispettare ? L ' incoerenza estetica , difatti , nella condotta di Rinaldo è lampantissima e inescusabile , il personaggio non apparisce libero , ma soggetto all ' intenzione dell ' autore . Ho voluto notar questo perché mi sembra che troppo si tenda , da qualche tempo in qua , a sforzare i termini dell ' immedesimazione del poeta con la sua materia . Certo è difficilissimo vederli netti e precisi , questi termini . Ma non li vede affatto , secondo me , o ha ben poco chiaro il lume del discorso , chi , riconoscendo com ' è giusto l ' immedesimazione del poeta col suo mondo , nega l ' ironia o in gran parte la esclude o gli dà poca importanza . Bisogna riconoscere l ' una cosa e l ' altra l ' immedesimazione e l ' ironia poiché nell ' accordo , se non sempre perfetto quasi sempre però raggiunto , d ' entrambe queste cose a prima vista contrarie , sta , ripeto , il segreto dello stile ariostesco . L ' immedesimazione del poeta col suo mondo consiste in questo , che egli con la fantasia potente vede , digrossato , finito anzi in ogni contorno , preciso , limpido , ordinato e vivo , quel mondo che altri aveva messo insieme grossolanamente e aveva popolato di esseri , che , o per la loro goffaggine o per la loro sciocchezza o per la puerile loro incoerenza , ecc . non potevano in alcun modo esser presi sul serio neppure dai loro stessi autori ; e poi di maghi e di fate e di mostri che , naturalmente , ne accrescevano la irrealità e la inverosimiglianza . Il poeta toglie questi esseri dal loro stato di fantocci o di fantasmi , dà loro consistenza e coerenza , vita e carattere . Obbedisce fin qui alla propria fantasia , istintivamente . Poi subentra la speculazione . C ' è , ho detto , un elemento irriducibile in quel mondo , un elemento cioè che il poeta non riesce a oggettivar seriamente , senza mostrar coscienza della irrealità di esso . Con quel meraviglioso accorgimento , di cui ho fatto parola più su , egli però s ' industria di renderlo coerente con tutto il resto . Ma non sempre in questo giuoco la fantasia lo assiste . E allora egli s ' ajuta con la speculazione : la vita perde il movimento spontaneo , diventa macchina , allegoria . E uno sforzo . Il poeta intende di dare una certa consistenza a quelle costruzioni fantastiche , di cui sente la irrealità irriducibile , per mezzo di una dirò così impalcatura morale . Sforzo vano e malinteso , perché il solo fatto di dar senso allegorico a una rappresentazione dà a veder chiaramente che già si tien questa in conto di favola che non ha alcuna verità né fantastica né effettiva , ed è fatta per la dimostrazione di una verità morale . C ' è da giurare che al poeta non prema affatto la dimostrazione d ' alcuna verità morale , e che quelle allegorie siano nel poema suggerite dalla riflessione , per rimedio . Quello era il mondo ; quelli , gli elementi , ch ' esso offriva . L ' elemento della magia , del meraviglioso cavalleresco non si poteva in alcun modo eliminare senza snaturare al tutto quel mondo . E allora il poeta o cerca di ridurlo a simbolo , o senz ' altro lo accoglie , ma naturalmente con un sentimento ironico . Un poeta può , non credendo alla realtà della propria creazione , rappresentarla come se ci credesse , cioè non mostrare affatto coscienza della irrealità di essa ; può rappresentar come vero un suo mondo affatto fantastico , di sogno , regolato da leggi sue proprie , e , secondo queste leggi , perfettamente logico o coerente . Quando un poeta si mette in codeste condizioni , il critico non deve più vedere se quel che il poeta gli ha posto innanzi è vero o è sogno , ma se come sogno è vero ; poiché il poeta non ha voluto rappresentare una realtà effettiva , ma un sogno che avesse apparenza di realtà , s ' intende di sogno , fantastica , non effettiva . Ora questo non è il caso dell ' Ariosto . In più d ' un punto , come abbiamo già notato , egli mostra apertamente coscienza della irrealità della sua creazione , la mostra anche dove all ' elemento meraviglioso di quel mondo dà valore morale e consistenza logica , non fantastica . Il poeta non vuol creare e rappresentare come vero un sogno ; non è preoccupato soltanto della verità fantastica del suo mondo , è preoccupato anche della realtà effettiva ; non vuole che quel suo mondo sia popolato di larve o di fantocci , ma di uomini vivi e veri , mossi e agitati dalle nostre stesse passioni ; il poeta in somma vede , non le condizioni di quel passato leggendario divenute realtà fantastica nella sua visione , ma le ragioni del presente , trasportate e investite in quel mondo lontano . Ora naturalmente , allorché esse vi trovano elementi capaci di accoglierle , la realtà fantastica si salva ; ma allorché non li trovano , per la irriducibilità stessa di quegli elementi , l ' ironia scoppia , inevitabile , e quella realtà si frange . Quali sono queste ragioni del presente ? Sono le ragioni del buon senso , di cui il poeta è dotato ; sono le ragioni della vita entro i limiti della possibilità naturale : limiti che in parte la leggenda , in gran parte il capriccioso arbitrio di rozzi e volgari cantatori aveva balordamente , goffamente o grottescamente violati ; sono le ragioni del tempo , in fine , in cui il poeta vive . Abbiamo veduto Ferraù e Rinaldo a cavallo insieme , guidati com ' ho detto da un criterio molto positivo e pochissimo cavalleresco ; abbiamo ascoltato il consiglio dell ' abbate a Rinaldo in cerca d ' avventure ; tant ' altri esempii potremmo recare ; ma basterà senz ' altro quello della volata di Ruggiero su l ' ippogrifo . Anche quando il poeta con la magia dello stile riesce a dar consistenza di realtà a quell ' elemento meraviglioso , levandosi poi a un volo troppo alto in questa realtà fantastica , tutt ' a un tratto , quasi temesse d ' averne lui stesso o chi l ' ascolta il capogiro , precipita a posarsi su la realtà effettiva , rompendo così l ' incanto della fantastica . Ruggiero vola sublime su l ' ippogrifo ; ma anche dalla sublimità di quel volo il poeta avvista in terra le ragioni del presente , che gli gridano : Cala ! cala ! Non crediate , Signor , che però stia Per sì lungo cammin sempre su l ’ ale : Ogni sera all ' albergo se ne gìa Schivando a suo poter d ' alloggiar male . E quest ' ippogrifo è vero ? proprio vero ? Lo rappresenta cioè il poeta senza mostrare affatto coscienza dell ' irrealità di esso ? Lo vede la prima volta calar dal castello d ' Atlante sui Pirenei , con in groppa il mago , e dice che – si – il castello , come castello , non era vero , era finto , opera di magia ; ma l ' ippogrifo no , l ' ippogrifo era vero e naturale . Proprio vero ? proprio naturale ? Ma sì , generato da un grifo e da una giumenta . Sono animali che vengono nei monti Rifei . Ah sì ? proprio proprio ? e come va che non se ne vedono mai ? Oh Dio ; ne vengono , ma rari ... Quest ' attenuazione , prettamente ironica , mi fa pensare a quella farsa napoletana , ove un impostore si lagna delle sue sciagure , e tra le altre , di quella del padre , che , prima di morire , penò tanto , ridotto a vivere , poveretto , non so per quanti mesi senza fegato : all ' osservazione , che senza fegato non si può vivere , concede che sì , ne aveva , ma poco , ecco ! Così gl ' ippogrifi ; ne vengono ; ma rari ! Proprio da impostore , il poeta non vuol passare . Ha l ' aria di dirvi : Signori miei , di codeste fole io non posso farne a meno , bisogna pure che c ' entrino , nel mio poema ; e bisogna che io , fin dove posso , mostri di crederci . Ecco qua la gran muraglia che cinge la città d ' Alcina : … Par che la sua altezza a ciel s ' aggiunga E d ' oro sia dall ' alta cima a terra . Ma come ? Una muraglia di tal fatta , tutta d ' oro ? Alcun dal mio parer qui si dilunga E dice ch ' ella è alchimia ; e forse ch ' erra , Ed anco forse meglio di me intende : A me par oro , poiché sì risplende . Come ve lo deve dir meglio il poeta ? Sa come voi che ” non è tutt '.pro, quel che luce ” ; ma a lui oro deve parere , ” poiché si risplende ... ” . Per intonarsi quanto più può con quel mondo , fin da principio s ' è dichiarato matto come il suo eroe . È tutto un giuoco di continui accomodamenti per stabilir l ' accordo tra sé e la materia , tra le condizioni inverosimili di quel passato leggendario e le ragioni del presente . Dice : Chi va lontan dalla sua patria , vede Cose da quel che già credea , lontane ; Che narrandole poi , non se gli crede , E stimato bugiardo ne rimane ; Ché ' l sciocco vulgo non gli vuol dar fede , Se non le vede e tocca chiare e piane . Per questo io so che l ' inesperienza Farà al mio canto dar poca credenza . Poca o molta ch ' io ci abbia non bisogna Ch ' io ponga mente al vulgo sciocco e ignaro . A voi so ben che non parrà menzogna Che ' l lume del discorso avete chiaro . Qui ” aver chiaro il lume del discorso ” significa ” saper leggere sotto il velame dei versi ” . Siamo nel canto d ' Alcina : e il poeta ci suggerisce : “ S ' io dico Alcina , s ' io dico Melissa , s ' io dico Erifilla , s ' io dico l ' iniqua frotta , o Logistilla , Andronica o Fronesia o Dicilla o Sofrosina , voi intendete bene a che cosa io voglia alludere ” . È un altro espediente ( non felice ) per stabilir l ' accordo , ma che pure , come tutti gli altri , scopre l ' ironia del poeta , cioè la coscienza della irrealità della sua creazione . Dove l ' accordo non si può stabilire , questa ironia però non scoppia mai stridula o stonata , appunto perché l ' accordo è sempre nell ' intenzione del poeta , e quest ' intenzione d ' accordo è per sé stessa ironica . L ' ironia è nella visione che il poeta ha , non solo di quel mondo fantastico , ma della vita stessa e degli uomini . Tutto è favola e tutto è vero , poiché è fatale che noi crediamo vere le vane parvenze che spirano dalle nostre illusioni e dalle passioni nostre ; illudersi può esser bello , ma del troppo immaginare si piange poi sempre la frode : e questa frode ci appare comica o tragica secondo il grado della partecipazione nostra ai casi di chi la subisce , secondo l ' interesse o la simpatia che quella passione o quell ' illusione ci suscitano , secondo gli effetti che quella frode produce . Così avviene che noi vediamo il sentimento ironico del poeta mostrarsi anche sotto un altro aspetto nel poema , non più spiccato ed evidente , ma attraverso la rappresentazione stessa , in cui è riuscito a trasfondersi per modo che essa così si senta e così si voglia . Il sentimento ironico , in somma , oggettivato , spira dalla rappresentazione stessa anche là dove il poeta non mostra apertamente coscienza della irrealità di essa . Ecco qua Bradamante in cerca del suo Ruggiero : per salvarlo , ha corso rischio di perire per mano del maganzese Pinabello ; il poeta le fa soffrire insieme coi lettori il supplizio di sentirsi predire e di vedersi mostrare a dito dalla maga Melissa tutti gl ' illustri suoi discendenti ; e poi va , va per monti inaccessibili , sale balze , traversa torrenti , arriva al mare , trova l ' albergo ov ' è Brunello ( e qui non dice se ella vi mangia ) ; riprende la via Di monte in monte e d ' uno in altro bosco , e si riduce fin sui Pirenei ; s ' impadronisce dell ' anello ; lotta con Atlante ; riesce a romper l ' incanto ; scioglie in fumo il castello del mago ; e , sissignori , dopo aver corso tanto , dopo essersi tanto affannata e travagliata , si vede portar via dall ' ippogrifo il suo Ruggiero liberato . Non le resta che ricevere le congratulazioni di coloro ch ' ella non s ' era curata di liberare ! Ma neanche queste , perché : Le donne e i cavalier si trovar fuora Delle superbe stanze alla campagna E furon di lor molte a cui ne dolse ; Che tal franchezza un gran piacer lor tolse . L ' Ariosto non aggiunge altro . Un vero umorista non si sarebbe lasciata sfuggire la stupenda occasione di descrivere gli effetti nelle donne e nei cavalieri dell ' improvviso sciogliersi dell ' incanto , del ritrovarsi alla campagna , e il dolore del perduto bene della schiavitù per una libertà che dal bel sogno li faceva piombare nella realtà nuda e cruda . La descrizione manca affatto . Il poeta si compiace in un ' altra descrizione , invece , come già Atlante si compiaceva di scherzare coi cavalieri che venivano a sfidarlo ; voglio dire nella descrizione comica di tutti quei liberati , che vorrebbero impadronirsi dell ' ippogrifo , il quale li mena per la campagna : Come fa la cornacchia in secca arena Che seco il cane or qua or là si mena . Perché manca quell ' altra descrizione ? Ma perché il poeta si è posto fin da principio , rispetto alla sua materia , in condizioni del tutto opposte a quelle in cui si sarebbe messo un umorista . Egli schiva il contrasto e cerca l ' accordo tra le ragioni del presente e le condizioni favolose di quel mondo passato : lo ottiene sì , ironicamente , perché , com ' ho detto , è per sé stessa ironica quell ' intenzione d ' accordo ; ma l ' effetto è che quelle condizioni non si affermano come realtà nella rappresentazione , si sciolgono , per dirla col De Sanctis , nell ' ironia , la quale , distruggendo il contrasto , non può più drammatizzarsi comicamente , ma resta comica , senza dramma . Si affermano invece le ragioni del presente trasportate e investite negli elementi di quel mondo lontano capaci d ' accogliere , e allora possiamo anche avere il dramma , ma seriamente e finanche tragicamente rappresentato : Ginevra , Olimpia , la pazzia d ' Orlando . I due elementi comico e tragico non si fondono mai . Si fonderanno in un ' opera , nella quale il poeta , ben lungi dal mostrar coscienza della irrealità di quel mondo fantastico ; ben lungi dal cercar con esso l ' accordo , che di necessità non è possibile se non ironicamente , palesata in tanti modi la coscienza di quella irrealità ; ben lungi dal trasportare in quel mondo fantastico le ragioni del presente per investirne gli elementi capaci d ' accoglierle ; darà a questo mondo fantastico del passato consistenza di persona viva , corpo , e lo chiamerà Don Quijote , e gli porrà in mente e gli darà per anima tutte quelle fole e lo porrà in contrasto , in urto continuo e doloroso col presente . Doloroso , perché il poeta sentirà viva e vera entro di sé questa sua creatura e soffrirà con essa dei contrasti e degli urti . A chi cerca contatti e somiglianze tra l ' Ariosto e il Cervantes , basterà semplicemente por bene in chiaro in due parole le condizioni in cui fin da principio il Cervantes ha messo il suo eroe e quelle in cui s ' è messo l ' Ariosto . Don Quijote non finge di credere , come l ' Ariosto , a quel mondo meraviglioso delle leggende cavalleresche : ci crede sul serio ; lo porta , lo ha in sé quel mondo , che è la sua realtà , la sua ragion d ' essere . La realtà che porta e sente in sé l ' Ariosto è ben altra ; e con questa realtà in sé , egli è come sperduto nella leggenda . Don Quijote , invece , che ha in sé la leggenda , è come sperduto nella realtà . Tanto è vero che , per non vaneggiar del tutto , per ritrovarsi in qualche modo , così sperduti come sono , l ' uno si mette a cercar la realtà nella leggenda ; l ' altro , la leggenda nella realtà . Come si vede , son due condizioni al tutto opposte . Sì : vi dice Don Quijote , i molini a vento son molini a vento , ma sono anche giganti : non io , Don Quijote , ho scambiato per giganti i molini a vento ; ma il mago Freston ha cangiato in molini a vento i giganti . Ecco la leggenda nella realtà evidente . Sì : vi dice l ' Ariosto , Ruggiero vola su l ' ippogrifo : il mago Freston , cioè la stramba immaginazione dei miei antecessori , ha cacciato dentro a questo mondo anche bestie siffatte , e bisogna ch ' io ci faccia volar su il mio Ruggiero : però vi dico che ogni sera egli se ne va all ' albergo e schiva a suo potere d ' alloggiar male . Ecco nella leggenda evidente la realtà . Ma intanto , altro è fingere di credere , altro è credere sul serio . Quella finzione , per sé stessa ironica , può condurre a un accordo con la leggenda , la quale , o si scioglie facilmente nell ' ironia , come abbiamo veduto , o con un procedimento inverso a quello fantastico , cioè con una impalcatura logica , si lascia ridurre a parvenza di realtà . La realtà vera , invece , se per un momento si lascia alterare in forme inverosimili dalla contemplazione fantastica d ' un maniaco , resiste e rompe il naso , se questo maniaco non si contenta più di contemplarla a suo modo da lontano , ma viene a darvi di cozzo . Altro è abbattersi a un castello finto , che si lascia a un tratto sciogliere in fumo , altro a un molino a vento vero , che non si lascia atterrare come un gigante immaginario . Mire vuestra merced , grida Sancho al suo padrone , que aquellos que allí se parecen , no son gigantes , sino molinos de viento , y lo que en ellos parecen brazos son las aspas , que volteadas del viento hacen andar la piedra del molino . Ma Don Quijote volge uno sguardo compassionevole al suo panciuto scudiero , e grida ai molini : - Pues aunque moveis mas bragos que los del gigante Briareo , me lo habeis de pagar . La paga lui , ohimè . E noi ridiamo . Ma il riso che qua scoppia per quest ' urto con la realtà è ben diverso di quello che nasce là per l ' accordo che il poeta cerca con quel mondo fantastico per mezzo dell ' ironia , che nega appunto la realtà di quel mondo . L ' uno è il riso dell ' ironia , l ' altro il riso dell ' umorismo . Allorché Orlando urta anche lui contro la realtà e smarrisce del tutto il senno , getta via le armi , si smaschera , si spoglia d ' ogni apparato leggendario , e precipita , uomo nudo , nella realtà . Scoppia la tragedia . Nessuno può ridere del suo aspetto e de ' suoi atti ; quanto vi può esser di comico in essi è superato dal tragico del suo furore . Don Quijote è matto anche lui ; ma è un matto che non si spoglia ; è un matto anzi che si veste , si maschera di quell ' apparato leggendario e , così mascherato , muove con la massima serietà verso le sue ridicole avventure . Quella nudità e questa mascheratura sono i segni più manifesti della loro follia . Quella , nella sua tragicità , ha del comico ; questa ha del tragico nella sua comicità . Noi però non ridiamo dei furori di quel nudo ; ridiamo delle prodezze di questo mascherato , ma pur sentiamo che quanto vi è di tragico in lui non è del tutto annientato dal comico della sua mascheratura , così come il comico di quella nudità è annientato dal tragico della furibonda passione . Sentiamo in somma che qui il comico è anche superato , non però dal tragico , ma attraverso il comico stesso ( applico qui la formula del Lipps che definisce appunto l ' umorismo : ” Erhabenheit in der Komik und durch dieselbe ” , vedi op . cit . , pag . 243 . Ma come si spiega questo superamento del comico attraverso il comico stesso ? La spiegazione che dà il Lipps non mi sembra accettabile per quelle stesse ragioni che infirmano tutta la sua teoria estetica . Vedi su questa la critica del Croce nella seconda parte della sua Estetica , pag . 434 ) . Noi commiseriamo ridendo , o ridiamo commiserando . Come è riuscito il poeta a ottenere questo effetto ? Per conto mio , non so proprio capacitarmi che l ' ingegnoso gentiluomo Don Quijote sia nato en un lugar de la Mancha , e non piuttosto in Alcalá de Henares nell ' anno 1547 . Non so capacitarmi che la famosa battaglia di Lepanto , che doveva , come tante magnanime imprese della cavalleria , strepitosamente apparecchiate , cader nel vuoto , così che l ' arguto Gran Visir di Selim poté dire ai cristiani : “ Noi vi abbiamo tagliato un braccio prendendovi l ' isola di Cipro ; ma voi che ci avete fatto , distruggendoci tante navi subito ricostruite ? La barba , che ci è rinata il giorno dopo ! ” non so capacitarmi , dicevo , che la famosa battaglia di Lepanto , di cui i confederati cristiani non seppero trarre alcun profitto , non sia qualcosa come la espantable y jamds imaginada aventura de los molinos de viento . Questa è dice Don Quijote al suo fido scudiero questa è , Sancho , buona guerra , e gran servizio a Dio toglier tanto mal seme dalla faccia della terra ! Non vedeva dunque il turbante turco Don Quijote in capo a quei giganti , che al buon Sancho parevano molini a vento ? Forse erano , per la Spagna . L ' isola di Cipro poteva premere ai signori veneziani , una guerra contro i Turchi poteva premere a Pio V , fiero papa domenicano , nelle cui vecchie vene fremeva ancor caldo il sangue della giovinezza . Ma a que ' bei dì di primavera , quando il Torres giunse in Ispagna , inviato dal Papa a patrocinar la causa de ' Veneziani , Filippo II moveva verso i festeggiamenti sontuosi di Cordova e di Siviglia : molini a vento , le navi del Gran Visir ! Non per Don Quijote , però : dico per il Don Quijote , non della Mancha , ma di Alcali . Eran giganti veri per lui , e con che cuore di gigante mosse incontro a loro . Gli avvenne male , ahimè ! Ma all ' evidenza , come ad alcun nemico , come alla sorte ingrata , egli non volle arrendersi mai ! E disse allora che le cose della guerra van soggette più delle altre a continui mutamenti : pensò , e gli parve la verità , che il tristo incantatore suo nemico , il mago Freston , colui che gli aveva tolto i libri e la casa , aveva cangiato i giganti in molini per togliergli anche il vanto della vittoria . Questo soltanto ? Anche una mano gli tolse , il tristo mago . Una mano , e poi la libertà . Molti han voluto cercar la ragione per cui Miguel Cervantes de Saavedra , prode soldato , reduce di Lepanto e di Terceira , piuttosto che cantare epicamente , come alla sua natura eroica sarebbe meglio convenuto , le gesta del Cid o i trionfi di Carlo V , o la stessa giornata di Lepanto o la spedizione delle Azzorre , poté concepire un tipo come il Cavaliere dalla Trista Figura e comporre un libro come il Don Quote . E si è voluto finanche supporre che il Cervantes creasse il suo eroe per la stessa ragione per cui più tardi il nostro buon Tassoni il suo Conte di Culagna . Qualcuno , è vero , si è spinto fino a dire che la vera ragione del lavoro sta nel contrasto , costante in noi , fra le tendenze poetiche e quelle prosaiche della nostra natura , fra le illusioni della generosità e dell ' eroismo e le dure esperienze della realtà . Ma questa che , se mai , vorrebbe estere una spiegazione astratta del libro , non ci dà la ragione per cui fu composto . Scartate come inammissibili le vedute del Sismondi e del Bouterwek , tutti , o più o meno , si sono attenuti a ciò che lo stesso Cervantes dichiara nel prologo della prima parte del suo capolavoro e nella chiusa del secondo volume : che il libro cioè non ha altro fine che quello d ' arrestare e di distruggere l ' importanza che hanno nel mondo e presso il volgo i libri di cavalleria , e che il desiderio dell ' autore altro non è stato che quello di abbandonare all ' esecrazione degli uomini le false stravaganti storie della cavalleria , le quali , colpite a morte da quella del suo vero Don Quijote , non camminano più se non traballando e hanno indubbiamente a cadere del tutto . Ora noi ci guarderemo bene dal contradire allo stesso autore ; tanto più che è noto a tutti qual potere avessero a quei dì in Ispagna i libri di cavalleria e come il gusto per siffatta letteratura avesse assunto il grado della follia . Ci avvarremo anzi anche noi di queste parole e ci serviremo dell ' autore stesso e della stessa storia della sua vita per dimostrare la vera ragione del libro e quella , più profonda , dell ' umorismo di esso . Come nasce al Cervantes l ' idea di coglier vivo e vero nel suo paese e nel tempo suo , anziché lontano , in Francia , al tempo di Carlomagno , l ' eroe da celebrare con quell ' intento espresso nelle parole del prologo ? Quando e dove gli nasce quest ' idea e perché ? Non è senza ragione il favore straordinario per la letteratura epica e cavalleresca in quel tempo : è l ' incubo del secolo del poeta la lotta fra Cristianità e Islamismo . E il poeta , fin dall ' infanzia anche lui sotto il fascino dello spirito cavalleresco , povero , ma altero discendente d ' una nobile famiglia da più secoli devota alla monarchia e alle armi , fu per tutta la vita uno strenuo difensore della sua fede . Non aveva dunque bisogno d ' andarlo a cercar lontano , nella leggenda , l ' eroe , cavaliere della fede e della giustizia : lo aveva presente in sé . E quest ' eroe combatte a Lepanto ; quest ' eroe tien testa per cinque anni , schiavo in Algeri , ad Hassan , il feroce re berbero ; quest ' eroe combatte in tre altre campagne per il suo re contro a Francesi e Inglesi . Come mai , tutt ' a un tratto , gli si mutano in molini a vento queste campagne , e l ' elmo che ha in testa in un vil piatto da barbiere ? Ha avuto molta fortuna una considerazione del Sainte - Beuve , che cioè nei capolavori del genio umano viva nascosta una plusvalenza futura , la quale si svolge di per sé sola , indipendentemente dagli autori medesimi , come dal germe si svolgono il fiore ed il frutto senza che il giardiniere abbia fatto altro se non avere zappato bene , rastrellato , innaffiato il terreno , e dato ad esso tutte quelle cure e conferito quegli elementi che meglio valessero a fecondarlo . Di questa considerazione avrebbero potuto farsi forti tutti coloro che nel medio evo scoprivano non so che allegorie nei poeti greci e latini . Era anche questo un modo di sciogliere in rapporti logici le creazioni della fantasia . Certo , quando un poeta riesce veramente a dar vita a una sua creatura , questa vive indipendentemente dal suo autore , tanto che noi possiamo immaginarla in altre situazioni in cui l ' autore non pensò di collocarla , e vederla agire secondo le intime leggi della sua propria vita , leggi che neanche l ' autore avrebbe potuto violare ; certo , questa creatura , in cui il poeta riuscì a raccogliere istintivamente , ad assommare e a far vivere tanti particolari caratteristici e tanti elementi sparsi qua e là , può divenir poi quel che suoi dirsi un tipo , ciò che non era nell ' intenzione dell ' autore nell ' atto della creazione . Ma si può dir questo veramente del Don Quote del Cervantes ? Si può dire e sostenere sul serio che l ' intenzione del poeta nel comporre il suo libro era solamente quella di toglier con l ' arma del ridicolo ogni autorità e prestigio che avevan nel mondo e presso il volgo i libri di cavalleria , a fine di distruggerne i mali effetti , e che il poeta non si sognò mai di porre in quel suo capolavoro tutto quello che ci vediamo noi ? Chi è Don Quijote , e perché è ritenuto pazzo ? Egli in fondo non ha e tutti lo riconoscono che una sola e santa aspirazione : la giustizia . Vuol proteggere i deboli e atterrare i prepotenti , recar rimedio agli oltraggi della sorte , far vendetta delle violenze della malvagità . Quanto più bella e più nobile sarebbe la vita , più giusto il mondo , se i propositi dell ' ingegnoso gentiluomo potessero sortire il loro effetto ! Don Quijote è mite , di squisiti sentimenti , prodigo e non curante di sé , tutto per gli altri . E come parla bene ! Quanta franchezza e quanta generosità in tutto ciò che dice ! Egli considera il sacrificio come un dovere , e tutti i suoi atti , almeno nelle intenzioni , son meritevoli d ' encomio e di gratitudine . E allora la satira dov ' è ? Noi tutti amiamo questo virtuoso cavaliere ; e le sue disgrazie se da un canto ci fanno ridere , dall ' altro ci commuovono profondamente . Se il Cervantes voleva far dunque strazio dei libri di cavalleria , per i mali effetti che essi producevano negli animi de ' suoi contemporanei , l ' esempio ch ' egli reca con Don Quijote non è calzante . L ' effetto che quei libri producono in Don Quijote non è disastroso se non per lui , per il povero Hidalgo . Ed è così disastroso , solo perché l ' idealità cavalleresca non poteva più accordarsi con la realtà dei nuovi tempi . Orbene , questo appunto , a sue spese , aveva imparato don Miguel Cervantes de Saavedra . Com ' era stato egli rimeritato del suo eroismo , delle due archibugiate e della perdita della mano nella battaglia di Lepanto , della schiavitù sofferta per cinque anni in Algeri , del valore dimostrato nell ' assalto di Terceira , della nobiltà dell ' animo , della grandezza dell ' ingegno , della modestia paziente ? che sorte avevano avuto i sogni generosi , che lo avevan tratto a combattere sui campi di battaglia e a scrivere pane immortali ? che sorte le illusioni luminose ? S ' era armato cavaliere come il suo Don Quijote , aveva combattuto , affrontando nemici e rischi d ' ogni sorta per cause giuste e sante , s ' era nutrito sempre delle più alte e nobili idealità , e qual compenso ne aveva avuto ? Dopo aver miseramente stentato la vita in impieghi indegni di lui ; prima scomunicato , da commissario di proviande militari in Andalusia ; poi , da esattore , truffato , non va forse a finire in prigione ? E dov ' è questa prigione ? Ma lì , proprio lì nella Mancha ! In un ' oscura e rovinosa carcere della Mancha , nasce il Don Quijote . Ma era già nato prima il vero Don Quijote : era nato in Alcalá de Henares nel 1547 . Non s ' era ancora riconosciuto , non s ' era veduto ancor bene : aveva creduto di combattere contro i giganti e di avere in capo l ' elmo di Mambrino . Lì , nell ' oscura carcere della Mancha , egli si riconosce , egli si vede finalmente ; si accorge che i giganti eran molini a vento e l ' elmo di Mambrino un vil piatto da barbiere . Si vede , e ride di sé stesso . Ridono tutti i suoi dolori . Ah , folle ! folle ! folle ! Via , al rogo , tutti i libri di cavalleria ! Altro che plusvalenza futura ! Leggete nello stesso prologo alla prima parte ciò che il Cervantes dice all ' ozioso lettore : “ Io non ho potuto contravvenire all ' ordine naturale che vuole che ogni cosa generi ciò che le somiglia . E così , che cosa poteva mai generare lo sterile e mal coltivato ingegno mio , se non la storia d ' un figlio rinsecchito , ingiallito e capriccioso , pieno di pensieri varii non mai finora da alcun altro immaginati ; generato com ' ei fu in una carcere , dove ogni angustia siede ed ha stanza ogni tristo umore ? ” Ma come si spiegherebbe altrimenti la profonda amarezza che è come l ' ombra seguace d ' ogni passo , d ' ogni atto ridicolo , d ' ogni folle impresa di quel povero gentiluomo della Mancha ? E il sentimento di pena che ispira l ' immagine stessa nell ' autore , quando , materiata com ' è del dolore di lui , si vuole ridicola . E si vuole così , perché la riflessione , frutto d ' amarissima esperienza , ha suggerito all ' autore il sentimento del contrario , per cui riconosce il suo torto e vuol punirsi con la derisione che gli altri faranno di lui . Perché Cervantes non cantò il Cid Campeador ? Ma chi sa se nell ' oscura e rovinosa carcere l ' immagine di quest ' eroe non gli s ' affacciò veramente , a destargli un ' angosciosa invidia ! Tra Don Quijote , che nel suo tempo volle vivere come , non già nel loro , ma fuori del tempo e fuori del mondo , nella leggenda o nel sogno dei poeti avevano vissuto i cavalieri erranti , e il Cid Campeador che , ajutando il tempo , poté facilmente far leggenda della sua storia , non avvenne in quella carcere , alla presenza del poeta , un dialogo ? Presso le altre genti il romanzo cavalleresco aveva creato a sé stesso personaggi fittizii , o meglio , il romanzo cavalleresco era sorto dalla leggenda che si era formata intorno ai cavalieri . Ora la leggenda che fa ? Accresce , trasforma , idealizza , astrae dalla realtà comune , dalla materialità della vita , da tutte quelle vicende ordinarie , che creano appunto le maggiori difficoltà nell ' esistenza . Perché un personaggio non più fittizio , ma un uomo che prenda a modello le smisurate immagini ideali messe su dall ' immaginazione collettiva o dalla fantasia d ' un poeta , riesca a riempir di sé queste grandiose maschere leggendarie , ci vuole non solo una grandezza d ' animo straordinaria , ma anche il tempo che ajuti . Questo avvenne al Cid Campeador . Ma Don Quijote ? Coraggio a tutta prova , animo nobilissimo , fiamma di fede ; ma quel coraggio non gli frutta che volgari bastonate ; quella nobiltà d ' animo è una follia ; quella fiamma di fede è un misero stoppaccio ch ' egli si ostina a tenere acceso , povero pallone mal fatto e rappezzato , che non riesce a pigliar vento , che sogna di lanciarsi a combattere con le nuvole , nelle quali vede giganti e mostri , e va intanto terra terra , incespicando in tutti gli sterpi e gli stecchi e gli spuntoni , che ne fanno strazio , miseramente . VI . UMORISTI ITALIANI Non è mia intenzione tracciare , neppure per sommi capi , pi , la storia dell ' umorismo presso le genti latine e segnatamente in Italia . Ho voluto soltanto , in questa prima parte del mio lavoro , oppormi a quanti han voluto sostenere che esso sia un fenomeno esclusivamente moderno e quasi una prerogativa delle genti anglo - germaniche , in base a certi preconcetti , a certe divisioni e considerazioni , arbitrarie le une , sommarie le altre , come mi sembra di aver dimostrato . La discussione intorno a queste divisioni arbitrarie e considerazioni sommarie , se forse mi ha fatto ritardare alquanto il cammino , che mi ero proposto più spedito , trattenendomi a osservar da presso certi particolari aspetti , certe particolari condizioni nella storia della nostra letteratura ; tuttavia non mi ha disviato mai dall ' argomento principale , che del resto vuol essere trattato con sottile penetrazione e minuta analisi . Vi ho girato attorno , ma per circuirlo sempre più e penetrarlo meglio da ogni parte . A qualcuno che forse avrà creduto di trovare una contradizione tra il mio assunto e gli esempii finora recati di scrittori italiani , nei quali non ho riconosciuto la nota del vero umorismo , ricorderò che io ho parlato in principio di due maniere d ' intenderlo , e ho detto che il vero nodo della questione è appunto qui : cioè , se l ' umorismo debba essere inteso nel senso largo con cui comunemente si suole intendere , e non in Italia soltanto ; o in un senso più stretto e particolare , con peculiari caratteri ben definiti , che è per me il giusto modo d ' intenderlo . Inteso in quel senso largo ho detto se ne può trovare in gran copia nella letteratura così antica come moderna d ' ogni paese ; inteso in questo senso stretto e per me proprio , se ne troverà parimenti , ma in molto minor copia , anzi in pochissime espressioni eccezionali , così presso gli antichi come presso i moderni d ' ogni paese , non essendo prerogativa di questa o di quella razza , di questo o di quel tempo , ma frutto di una specialissima disposizione naturale , d ' un intimo processo psicologico che può avvenire tanto in un savio dell ' antica Grecia , come Socrate , quanto in un poeta dell ' Italia moderna , come Alessandro Manzoni . Non è lecito però assumere a capriccio questo o quel modo d ' intendere e applicar l ' uno a una letteratura , per concludere che essa non ha umorismo , e applicar l ' altro a un ' altra per dimostrare che l ' umorismo vi sta di casa . Non è lecito sentir soltanto negli stranieri , a causa della lingua diversa , quel particolar sapore , che per la familiarità dello stesso strumento espressivo non si avverte più nei nostri , ma nei quali intanto gli stranieri a lor volta lo avvertono . Così facendo , noi saremo i soli a non riconoscer traccia d ' umorismo nella nostra letteratura , mentre vedremo gl ' Inglesi , ad esempio , porre a capo della loro un umorista , il Chaucer , il quale , se mai , può esser considerato per tale , ove si assuma l ' umorismo nel senso più largo , in quel senso cioè per cui può esser considerato quale umorista anche il Boccaccio e tanti altri scrittori nostri con lui . Nessuna contradizione , dunque , da parte nostra . La contradizione invece è in coloro che , dopo aver affermato che l ' umorismo è un fenomeno nordico e una prerogativa delle genti anglo - germaniche , quando poi vogliono recare due esempii mirabili del più schietto e compiuto umorismo , citano Rabelais e Cervantes , un francese e uno spagnuolo ; oppure il Rabelais e il Montaigne ; e citando il Rabelais non hanno occhi per vedere in casa loro il Pulci , il Folengo , il Berni ; e , citando il Montaigne , che è il tipo dello scettico sereno , non avido di lotte , sorridente , senza impeti , senza ideali da difendere , senza virtù da seguire , lo scettico che tollera tutto senza aver fede in nulla , che non ha né entusiasmi né aspirazioni , che si serve del dubbio per giustificare l ' inerzia con la tolleranza , che dimostra una percezione della vita serena , ma sterile , indice di egoismo e di decadenza di razza , giacché il libero esame che non spinge all ' azione può meglio che salvare dalla schiavitù , accettare , o rendersi complice del dispotismo , non s ' accorgono , dico , che le ragioni per cui han negato a tanti scrittori italiani non solo la nota umoristica , ma anche la possibilità d ' averla , sono appunto queste che dicono d ' aver prodotto l ' umorismo del Montaigne . Un peso , come si vede , e due misure . Noi vedremo che , in realtà , l ' avere una fede profonda , un ideale innanzi a sé , l ' aspirare a qualche cosa e il lottare per raggiungerla , lungi dall ' essere condizioni necessarie all ' umorismo , sono anzi opposte ; e che tuttavia può benissimo essere umorista anche chi abbia una fede , un ideale innanzi a sé , un ' aspirazione , e lotti a suo modo per raggiungerla . Un ideale qualsiasi , in somma , per sé stesso , non dispone affatto all ' umorismo , anzi ostacola questa disposizione . Ma l ' ideale può ben esserci ; e se c ' è , l ' umorismo , che deriva da altre cause , certamente prenderà qualità da esso , come del resto da tutti gli altri elementi costitutivi dello spirito di questo o di quell ' umorista . In altre parole : l ' umorismo non ha affatto bisogno d ' un fondo etico , può averlo o non averlo : questo dipende dalla personalità , dall ' indole dello scrittore ; ma , naturalmente , dall ' esserci o dal non esserci , l ' umorismo prende qualità e muta d ' effetto , riesce cioè più o meno amaro , più o meno aspro , pende più o meno o verso il tragico o verso il comico , o verso la satira , o verso la burla , ecc . Chi crede che sia tutto un giuoco di contrasto tra l ' ideale del poeta e la realtà , e dice che si ha l ' invettiva , l ' ironia , la satira , se l ' ideale del poeta resta offeso acerbamente e sdegnato dalla realtà ; la commedia , la farsa , la beffa , la caricatura , il grottesco , se poco se ne sdegna e delle apparenze della realtà in contrasto con sé è piuttosto indotto a ridere più o meno fortemente ; e che infine si ha l ' umorismo , se l ' ideale del poeta non resta offeso e non si sdegna , ma transige bonariamente , con indulgenza un po ' dolente , mostra d ' avere dell ' umorismo una veduta troppo unilaterale e anche un po ' superficiale . Certo molto dipende dalla disposizione d ' animo del poeta ; certo l ' ideale di questo in contrasto con la realtà può o sdegnarsi o ridere o transigere ; ma un ideale che transige non dimostra in verità d ' esser molto sicuro di sé e profondamente radicato . E consisterà l ' umorismo in questa limitazione dell ' ideale ? No . La limitazione dell ' ideale sarà , se mai , non causa , ma conseguenza di quel particolar processo psicologico che si chiama umorismo . Lasciamo star dunque una buona volta gl ' ideali , la fede , le aspirazioni e via dicendo : lo scetticismo , la tolleranza , il carattere realistico , che le nostre lettere assunsero fin quasi dal loro inizio , furon bene disposizioni e condizioni favorevoli all ' umorismo ; l ' ostacolo maggiore fu la retorica imperante , che impose leggi e norme astratte di composizione , una letteratura di testa , quasi meccanicamente costruita , in cui gli elementi soggettivi dello spirito eran soffocati . Infranto il giogo , abbiamo detto , di questa poetica intellettualistica dalla ribellione appunto degli elementi soggettivi dello spirito , che caratterizza il movimento romantico , l ' umorismo si affermò liberamente , massime in Lombardia che del romanticismo italiano fu il campo . Ma questo così detto romanticismo fu l ' ultima e clamorosa levata di scudi della volontà e del sentimento ribelli all ' intelletto ; in tanti altri periodi , in tanti altri momenti della storia letteraria d ' ogni nazione avvennero di tali ribellioni , e ci furon sempre solitarie anime ribelli , e ci fu sempre il popolo che si espresse nei varii dialetti senza imparare a scuola regole e leggi . Fra questi scrittori solitarii ribelli alla retorica , fra i dialettali bisogna cercar gli umoristi e , in senso largo , ne troveremo in gran copia , fin dagli inizii della nostra letteratura , segnatamente in Toscana ; nel senso vero e proprio pochi ne troveremo , ma non se ne trovano di più certo nelle letterature degli altri paesi , né questi pochi nostri son da meno dei pochi stranieri , che a confusione nostra ci son messi innanzi di continuo , e son sempre quelli , se ben s ' avverte , da contarli su le dita d ' una mano . Solo che il valore e il sapor dei nostri , noi non lo abbiamo saputo mai né metter bene in rilievo , e pregiare , né avvertire e distinguere a dovere , perché alle loro singole e specialissime individualità la critica , guidata nella maggior parte delle nostre storie letterarie da pregiudizii che non hanno nulla che vedere con l ' estetica o , comunque , da criterii generali , non ha saputo a volta a volta adattarsi e piegarsi , e ha giudicato come errori , eccessi o difetti quelli che eran caratteri peculiari . Dico questo soltanto : chi sa che giudizio troveremmo nelle nostre storie letterarie d ' un libro come la Vita e opinioni di Tristram ShandY , se scritto in italiano , da uno scrittore italiano , chi sa che capolavoro d ' umorismo sarebbero , ad esempio , la Circe o I capricci di Giusto Bottajo , se scritti in inglese , da uno scrittore inglese , o magari la stessa Vita di Cicerone di Gian Carlo Passeroni ! Discorrevo , qualche anno fa , appunto di questo , con un cultissimo signore inglese , conoscitore profondo della letteratura italiana . Neanche nel Machiavelli ? mi domandava egli con meraviglia quasi incredula . I vostri critici non riconoscono umorismo neanche nel Machiavelli ? neanche nella novella di Belfagor ? Ed io pensavo alla grandezza nuda di questo Sommo nostro , che non andò mai a vestirsi nel guardaroba della retorica ; che come pochi comprese la forza delle cose ; a cui la logica venne sempre dai fatti ; . che contro ogni sintesi confusa reagì con l ' analisi più arguta e più sottile ; che ogni macchina ideale smontò coi due strumenti dell ' esperienza e del discorso ; che ogni esagerazione di forma distrusse col riso ; pensavo che nessuno ebbe maggiore intimità di stile di lui e più acuto spirito d ' osservazione ; che poche anime furono come la sua disposte all ' apprensione dei contrasti , a ricevere più profondamente l ' impressione delle incongruenze della vita ; pensavo che , parendo a molti un carattere dell ' umorismo quella certa cura delle minuzie e una - come dice il D ' Ancona “ a giudicarla astrattamente e a prima vista , trivialità e volgarità ” , anch ' egli , il Machiavelli , alla moltitudine talvolta si mescolò fino alla volgarità , tanto che scrisse : “ Così involto tra questi pidocchi , traggo il cervello di muffa , e sfogo questa malignità di questa mia sorte , sendo contento mi calpesti per questa via per vedere se la se ne vergognassi ” ; ma anche : Però se alcuna volta io rido o canto Facciol perché non ho se non quest ' una Via da sfogare il mi ' angoscioso pianto ; pensavo anche a un ' acuta osservazione del De Sanctis , che cioè : “ il Machiavelli adopera la tolleranza che comprende e assolve : non già la tolleranza indifferente dello scettico , dell ' ebete , dello sciocco ; ma la tolleranza dello scienziato , che non sente odio contro la materia ch ' egli analizza e studia , e la tratta coll ' ironia dell ' uomo superiore alle passioni e dice : ti tollero , non perché ti approvi , ma perché ti comprendo ” pensavo a tutti questi elementi che , a farlo apposta , se li mettiamo in fila , son proprio quelli che gl ' intenditori delle letterature straniere riconoscono proprii dei veri e più celebrati umoristi ( s ' intende , inglesi o tedeschi ) , e Dio me lo perdoni non sapevo più se piangere o ridere di tutte le meraviglie che questi intenditori han sempre detto ... che so ? delle Lettere d ' un drappiere e degli altri scritti politici del decano Gionata Swift ! A questi intenditori , che delle letterature straniere ci pongono innanzi i soliti cinque o sei scrittori umoristi , basta dare della letteratura nostra un giudizio così fatto : “ L ' opera d ' arte è scherzo geniale di fantasia , è riso fugace d ' impressione destato dalle immagini , non dalle cose , gajezza accademica di ricordi , erudita ilarità ; manca il sentimento profondo della famiglia ( e ne aveva tanto lo Swift , difatti ! ) , della natura , della patria ; o meglio manca in quella forma gaja e ne assume un ' altra , acre e violenta ( e che miele , difatti , nello Swift ! ) , che ricorda Persio e Giovenale . Non fo nomi ; basti accennare che le tradizioni classiche , lo spirito d ' imitazione , la lingua ristretta nel vocabolario , schiva del popolo , impedirono nell ' arte la libertà di atteggiamenti , di forma , di stile indispensabile all ' humour : come altri ostacoli , il Papato , la dominazione straniera , le discordie intestine , la boria regionale e le accademie e le scuole impedirono la libertà politica , religiosa , scientifica . Ne affligge antico male ; in scienza pedanti , in arte retori , nella vita attori , solenni sempre o gravi , insofferenti di analisi , corrivi alle grandi idee , sdegnosi delle modeste e lente esperienze , cercatori di tesi e di antitesi , vaporosi o empirici , atei o mistici , manierati o barbari . La nostra coltura é a strati , e non sempre nazionale ; lo straniero persiste dentro a noi ; le forme letterarie hanno tipi fissi ; una generazione fa il testo , altre parecchie fanno le note ; così si pensa e sente per riflesso , per reminiscenza o per fantasia ; così ne sfugge il senso reale della vita , si ottunde quella libertà di percezione e di attitudini che crea l ' umorismo ; e si riproduce il circolo vizioso ; gli scrittori umoristi non sorgono perché mancano le condizioni adatte , e queste non mutano perché mancano gli scrittori . Il difetto é alla radice ; poco sviluppato lo spirito di curiosità ; fioca la nota intima . L ' humour vuole l ' uno e l ' altra ; vuole il pensatore e l ' artista ; ma l ' arte e la scienza presso noi son divise tra loro e divise dalla vita ” ( vedi Arcoleo , op . cit . , pag . 94-95 ) . Ho citato il Machiavelli . Citerò , a questo proposito , un altro piccolo nostro che non ebbe quella “ libertà di atteggiamenti , di forma , di stile indispensabile all ' humour ” , a cui “ il Papato ... le accademie e le scuole impedirono la libertà politica , religiosa e scientifica ” , un insofferente d ' analisi , pedante in iscienza e retore in arte , uno che ebbe poco sviluppato lo spirito di curiosità , ecc . : Giordano Bruno , se permettete , academico di nulla academia , autore , tra l ' altro , dello Spaccio de la Bestia trionfante , della Cabala del Cavallo Pegaseo , dell ' Asino Cillenico e del Candelajo ; colui che ebbe per motto , come tutti sanno : In tristitia hilaris , in hilaritate tristis , che pare il motto dello stesso umorismo . E la candela di quel suo candelajo “ potrà chiarir alquanto certe ombre dell ' idee , le quali invero spaventano le bestie ” , dice egli stesso ; e dice anche : “ Considerate chi va , chi viene , che si fa , che si dice , come s ' intende , come si può intendere ; ché certo , contemplando quest ' azioni e discorsi umani col senso d ' Eraclito , o di Democrito , avrete occasion di molto o ridere o piangere ” . Per conto suo , l ' autore le ha contemplate col senso di Erarlito e di Democrito a un tempo . “ Qua Giordano parla per volgare , nomina liberamente , dona il proprio nome a chi la natura dona il proprio essere ; non dice vergognoso quel che fa degno la natura ; non copre quel ch ' ella mostra aperto , chiama il pane pane , il vino vino , il piede piede , et altre parti di proprio nome ; dice il mangiare mangiare , il dormire dormire , il bere bere , e così gli altri atti naturali significa con proprio titolo ” . Questo , nella Epistola esplicatoria che precede lo Spaccio de la Bestia trionfante . Apriamo un po ' questo Spaccio e sentiamo che cosa Mercurio dice di Giove . Ecco qua : “ Ha ordinato che oggi a mezzogiorno doi meloni tra gli altri , nel melonajo di Fronzino , sieno perfettamente maturi : ma che non sieno colti se non tre giorni a presso , quando non saran giudicati buoni a mangiare . Vuole che al medesimo tempo de la iviuma che sta a le radici del monte di Cicala , in casa di Gioan Bruno , trenta iviomi sieno perfetti colti , e diecesette cadano scalmati in terra , quindici siano rosi da ' vermi ; che Nasta , moglie d ' Albenzio , mentre si vuole increspar li capegli de le tempie , vegna , per aver troppo scaldato il ferro , a bruciarsene cinquantasette , ma che non si scotte la testa , e per questa volta non biastemi quando sentirà il puzzo , ma con pazienza la passe ; che dal sterco del suo bove nascano dugento cinquanta doi scarafoni , de ' quali quattordici sieno calpestati e uccisi per il pie ' di Albenzio , vinti sei muojano di rinversato , vinti doi vivano in caverna , ottanta vadano in peregrinaggio per il cortile , quaranta doi si retirino a vivere sotto quel ceppo vicino a la porta , sedici vadano isvoltando le pallotte per dove meglio li vien comodo , il resto corra a la fortuna ... Che Ambrogio ne la centesima e duodecima spinta abbia spaccio et ispedito il negozio con la mogliera , e che non la ingravide per questa volta , ma ne l ' altra volta , con quel seme in cui si convertisce quel porro cotto che mangia al presente con sapa e pane miglio ” . E questo per dimostrare a Sofia che s ' inganna se pensa che ai celesti non sieno a cura così le cose minime , come le più grandi . Come si chiama questo ? Dice di sé Giordano nell ' Antiprologo del Candelajo : “ L ' autore , se voi lo conoscete , direste ch ' have una fisionomia smarrita ; par che sempre sia in contemplazione de le pene de l ' inferno ; par sia stato a la pressa , come le barrette ; un che ride , sol per far come fan gli altri . Per il più lo vedrete fastidito , restio e bizzarro : non si contenta di nulla , ritroso come un vecchio d ' ottant ' anni , fantastico come un cane ” . E Dedalo si chiama ” circa gli abiti dell ' intelletto ” nella proemiale epistola al De l ' infinito Universo et Mondi , e come Momo , dio del riso , s ' introduce nello Spaccio . “ Lo stile del Bruno , osserva nel suo studio mirabile su Tre commedie italiane nel Cinquecento il Graf ( vedi in Studii drammatici , Torino , Loescher , 1878; le tre commedie sono La Calandria , La Mandragola , Il Candelajo ) lo stile del Bruno è l ' immagine viva della mente onde muove . Ad un ' amplissima varietà di forme , di figurazioni e di processi , s ' accoppia in esso un ' efficacia impareggiabile . Pien di vitale fervore esso non si adagia ne ' simmetrici spartimenti retorici , ma si devolve per effluente , organica funzione . Di natura proteiforme , con pari agevolezza s ' adegua al più arduo pensiero della mente disquisitiva , e al più volgar sentimento di un ' anima abjetta . Le parole vi si affrontano in riscontri impensati , e dal cozzar loro erompe sfavillando nuova luce d ' idee . Esso è un vivo fermento di peregrini concetti , d ' immagini epifaniche , di clausole feconde . La lingua copiosa , proporzionata alla varietà e al numero delle cose che per essa si debbono significare , non conosce , o disprezza , i ritegni e le leggi dell ' accademica purità , e s ' impingua di elementi tratti così da ' ripositorii più augusti dell ' eloquenza classica , come dagli ultimi fondi della parlata vernacola . Un istrumento sì fatto era necessario ad un ingegno che , senza smarrire mai l ' equilibrio , trascorre tutti i gradi dell ' essere , dagli imi termini del reale ai supremi dell ' ideale . Sia che raffronti , e associi o sceveri i termini del pensiero , sia che narri o descriva , la virtù sua rimane sempre uguale a sé stessa ” ( Certe tropologie del Bruno sono di un ' efficacia senza pari ; così , quando di un inetto ragionatore dice che è venuto armato di parole e scommi che si muojono di fame e di freddo . Certe comparazioni scolpiscono , come là dove di due presuntuosi sapienti dice che l ' uno parea il conestabile de la gigantessa dell ' orco , l ' altro l ' amostante de la dea reputazione . Nella Cabala del Cavallo Pegaseo così è descritto Don Cocchiarone , mistiriarca filosofo : “ Don Cocchiarone pien d ' infinita e nobil meraviglia sen va per il largo de la sua sala , dove rimosso dal rude ed ignobil volgo , se la spasseggia , e rimenando or quinci or quindi de la litteraria sua toga le fimbrie , rimenando or questo or quell ' altro piede , rigettando or verso il destro or verso il sinistro fianco il petto , con il testo commento sotto l ' ascella , e con gesto di voler buttar quel pulce ch ' ha tra le due prime dita , in terra , con la rugata fronte cogitabondo , con erte ciglia et occhi arrotondati , in gesto d ' un uomo fortemente maravigliato , conchiudendola con un grave et enfatico sospiro , farà pervenire a l ' orecchio de ' circostanti questa sentenza : Hucusque alii Philosophi non pervenerunt ” ) . Le contradizioni innegabili che il Graf in questo suo studio scopre nella mente del filosofo panteista , per cui confessa di non intendere “ come si generi in essa il momento del riso ” si spiegano , secondo me , perfettamente con quell ' intimo e particolar processo psicologico in cui consiste appunto l ' umorismo e che implica per sé stesso queste e tant ' altre contradizioni . Del resto , il Graf stesso soggiunge : “ Può darsi che la contradizione tragga la origine da una certa disformità preesistente fra l ' intelletto e l ' indole da una parte , e fra la virtù apprensiva e la raziocinativa da un ' altra ” . Ma io non posso indugiarmi a discorrere su ogni scrittore che mi avvenga di nominare in questa rapida corsa . Debbo limitarmi a fuggevoli accenni , rimandando a miglior tempo uno studio compiuto e un ' antologia degli umoristi italiani , che qui , dato il mio compito , sarebbe fuor di luogo . Basterà porre in vista alcuni pochi nomi ; e due ne abbiamo già citati di sommi , e un terzo di più modesto scrittore , che fu di popolo e artigiano , uso , come disse egli stesso ” tutto il giorno a combattere con la forbice e con l ' ago : cose che se bene sono strumenti da donne , e le muse son donne , non si legge però ch ' elle fussino mai adoperate da loro ” : Giambattista Gelli , voglio dire , che nei giardini del Rucellai si pascolò di filosofia e diede fuori quella Circe e quei Capricci di Giusto Bottajo , che ripeto chi sa che capolavori d ' umorismo sembrerebbero , se scritti in inglese , da scrittore inglese . Ma sul serio , se son considerati umoristi in Inghilterra il Congreve , lo Steele , il Prior , il Gay , non troveremo noi nella letteratura nostra da contrapporre altri nomi di scrittori , che noi , per conto nostro , non ci siamo mai sognati di chiamare umoristi , anche del Settecento , e anche di due e di tre secoli innanzi ? Ma quanti bizzarri e gaj ingegni tra quei bajoni nostri del Cinquecento ! E il Cellini ? Sul serio , se ci vediamo porre innanzi The Dunciad del Pope , non abbiamo da prendere a piene mani , per seppellirla , tutta una letteratura , di cui sogliamo vergognarci , a cominciar dai Mattaccini del Caro ? Mancassero guerre d ' inchiostro tra i letterati nostri d ' ogni tempo , giù giù dai sonetti di Cecco Angiolieri contro Dante , all ' Atlantide di Mario Rapisardi ! Riso anche questo , sicuro , gajezza mala , umore , cioè fiele , collera fredda e secca , come la chiama Brunetto Latini , o malinconia nel senso originario della parola : la malinconia appunto dello Swift libellista . Penso al Franco , all ' Aretino e , più qua , a quel terribile monsignor Lodovico Sergardi . A questi soltanto ? Ma a ben più d ' uno è forza ch ' io riguardi , Il qual mi grida e di lontano accenna E priega ch ' io noi lasci nella penna , vedendo con quanta larghezza gli altri imbarchino scrittori su questo Narrenschiff dell ' umorismo ! Ma sì , perché no ? anche tu , Ortensio Lando , se pur volontariamente non pazzeggi come Bruto per aver diritto di vivere e di parlare con libertà , come disse Carlo Tenca ; monta anche tu , autore dei Paradossi e del Commentario delle cose mostruose d ' Italia e d ' altri luoghi , tu che , non foss ' altro , avesti il coraggio di dare ai tuoi dì dell ' animalaccio ad Aristotile . Io , per me , ti lascerei a terra con tutti gli altri , a terra col Doni , a terra col Boccalini , Tacito proconsolo nell ' isola di Lesbo , a terra col Dotti , a terra con tanti prima e dopo di te , il Caporali e il Lippi e il Passeroni ; ma non vorrei essere io solo così rigoroso , massime quando vedo dalla barca uno che ha il diritto di starvi , incontestabile , Lorenzo Sterne , far cenni e invitar quell ' ultimo dei nostri che ho nominati , a montarvi . E Alessandro Tassoni ? si deve lasciare a terra anche lui ? Nelle recenti feste in suo onore , parecchi han voluto veder stoffa d ' umorista vero in questo acuto e acerbo derisore , anzi disprezzatone del suo tempo . Se fosse inglese o tedesco , sarebbe già da un pezzo nella barca anche lui e degno di starvi a giudizio de ' savi universale . Siamo sempre lì : in che senso si deve intendere l ' umorismo ? L ' Arcoleo , su la fine della sua seconda conferenza , dichiara dì non essere incline a quella critica che , rispetto a forme letterarie , dispensa facilmente scomuniche e ostracismi ; e dice che non sono molto complesse le ragioni per le quali in Italia ebbe poca vita la forma umoristica , e che egli non vuol profanare quest ' argomento che merita studio speciale . Quali sieno queste ragioni molto complesse , che al lume degli stessi esempii recati dall ' Arcoleo appajono qua e là contradittorie , abbiamo già veduto : da noi non c ' è spirito d ' osservazione né intimità di stile , siamo pedanti e accademici , siamo scettici e indifferenti , non aspiriamo a nulla . Contro queste accuse , noi abbiamo citato parecchi nomi , che mai , neppure in un lampo , sono sorti in mente all ' Arcoleo . Una sola volta , parlando del Heine in fin di vita , che ride del suo dolore , pensa , per combinazione , al Leopardi che si sentiva anche lui “ un tronco che pena e vive ” e al Brighenti scriveva : “ Io sto qui deriso , sputacchiato , preso a calci da tutti , di maniera che se vi penso mi fa raccapricciare . Tuttavia mi avvezzo a ridere e ci riesco ” . Sì , ma “ restò lirico ” , osserva , “ l ' educazione classica non gli permise di essere umorista ! ” Ma scrisse anche certi dialoghi , se non c ' inganniamo , e certe altre prosette ... Restò lirico anche lì ? L ' educazione classica ... Ma almeno la tendenza romantica avrà permesso al Manzoni di essere umorista ? Che ! Il suo don Abbondio “ non aspira a nulla , litiga tra il dovere e la paura ; è ridicolo senz ' altro ” . Non è questo un modo abbastanza spiccio di giudicare e mandare ? Ma questo modo , veramente , tiene l ' Arcoleo dal principio alla fine delle due conferenze : l ' argomento è trattato così , a sprazzi , per sentenze inappellabili . Umorismo : fuoco d ' artifizio di scoppiettanti definizioni ; poi , prima fase : dubbio e scetticismo “ ridere del proprio pensiero ” Amleto ; seconda fase , lotta e adattamento “ ridere del proprio dolore ” Don Giovanni . E tra gli umoristi della prima fase son citati due francesi , Rabelais e Montaigne , e due inglesi , Swift e Sterne ; tra gli umoristi della seconda , due tedeschi , Richter e Heine , tre inglesi , Carlyle , Dickens , Thackeray e poi ... Marco Twain . Come si vede , nessun italiano . E dire che arriviamo fino a Marco Twain ! L ' Arcoleo conclude così : “ Lo spirito comico rimase avviluppato nell ' embrione della commedia dell ' arte o nella poesia dialettale ; e molto e ricco sviluppo ebbero invece e in poesia e in prosa , in poemi , novelle , romanzi e saggi , l ' ironia e la satira . Basta confondere con queste forme l ' humour , perché n ' esca giudizio opposto al mio , o perché io sembri esagerato e ingiusto . Non intendo parlare di tentativi o abbozzi ; si trovano facilmente in ogni storia artistica e di ogni forma : ma io non so vedere fra noi una letteratura umoristica e all ' uopo non avrei che a fare un paragone tra l ' Ariosto e Cervantes ” . Questo paragone l ' abbiamo fatto noi , e con un giudizio non opposto a quello ch ' egli avrebbe dato , se avesse fatto il paragone . Tra parentesi però , Cervantes - come Rabelais , come Montaigne è un latino ; e non crediamo che la Riforma propriamente in Spagna ... Lasciamo andare ! Veniamo in Italia . Noi non vogliamo affatto confondere lo spirito comico , l ' ironia , la satira con l ' umorismo : tutt ' altro ! Ma non si deve neanche confondere l ' umorismo vero e proprio con l ' humour inglese , cioè con quel tipico modo di ridere o umore che , come tutti gli altri popoli , hanno anche gl ' Inglesi . Non si pretenderà , che gl ' Italiani o i Francesi abbiano l ' humour inglese ; come non si può pretendere che gl ' Inglesi ridano a modo nostro o facciano dello spirito come i Francesi . L ' avranno magari fatto , qualche volta ; ma ciò non vuol dire . L ' umorismo vero e proprio è un ' altra cosa , ed è anche per gl ' Inglesi un ' eccentricità di stile . Basta confondere l ' una cosa e l ' altra - diciamo anche noi a nostra volta perché si venga a riconoscere una letteratura umoristica a un popolo e a negarla a un altro . Ma una letteratura umoristica si può avere a questo solo patto , cioè di far questa confusione ; e allora ogni popolo avrà la sua , assommando tutte le opere in cui questo tipico umore si esprime nei più bizzarri modi ; e noi potremmo cominciar la nostra , ad esempio , con Cecco Angiolieri , come gl ' Inglesi la cominciano col Chaucer , e non direi che la comincino bene , non per il valore del poeta , ma perché egli mostra di aver mescolato alla bevanda nazionale un po ' del vino che si vendemmia nel paese del sole . Altrimenti , una letteratura umoristica vera e propria non è possibile , presso nessun popolo : si possono avere umoristi , cioè pochi e rari scrittori in cui per natural disposizione avviene quel complicato e speciosissimo processo psicologico che si chiama umorismo . Quanti ne cita l ' Arcoleo ? Certamente , l ' umorismo nasce da uno speciale stato d ' animo , che può , più o meno , diffondersi . Quando un ' espressione d ' arte riesce a conquistare l ' attenzione del pubblico , questo si dà subito a pensare e a parlare e a scrivere secondo le impressioni che ne ha ricevuto ; di modo che quella espressione , sorta dapprima dalla particolare intuizione d ' uno scrittore , penetrata rapidamente nel pubblico , è poi da questo variamente trasformata e diretta . Così avvenne per il romanticismo , così per il naturalismo : diventarono le idee del tempo , quasi un ' atmosfera ideale ; e molti fecero per moda i romantici o i naturalisti , come molti per moda fecero gli umoristi in Inghilterra nel sec . ' XVIII , e molti furon degli umidi nel Cinquecento in Italia , e degli arcadi nel Settecento . Uno stato d ' animo si può creare in noi e divenir coerente o rimaner fittizio , secondo che risponda o no alla speciale fisionomia dell ' organismo psichico . Ma poi le idee del tempo mutano , cangia la moda , i pòmpili seguaci si mettono appresso ad altre navi . Chi resta ? Restano quei pochi , da contar su le dita , quei pochi che ebbero , primi , l ' intuizione straordinaria , o in cui quello speciale stato d ' animo divenne così coerente , che poteron creare un ' opera organica , resistente al tempo e alla moda . Sul serio poi l ' Arcoleo crede che nella nostra letteratura dialettale non ci sia altro che spirito comico ? Egli è siciliano , e certamente ha letto il Meli , e sa quanto sia ingiusto il giudizio di arcadia superiore dato della poesia di lui , che non fu sonata soltanto su la zampogna pastorale , ma ebbe anche tutte le corde della lira e si espresse in tutte le forme . Non c ' è vero e proprio umorismo in tanta parte della poesia del Meli ? Ma basterebbe citar soltanto La cutuliata per dimostrarlo ! Tic tic ... chi fu ? Cutuliata . E non c ' è umorismo , vero e proprio umorismo , in tanti e tanti sonetti del Belli ? E senza parlare delle figure del Maggi , il Giovannin Bongee , il Marchionn di gamb avert di Carlo Porta non son due capolavori d ' umorismo ? E , poiché si parla di tipi rimasti imperituri , il Monsù Travet del Bersezio , Il Nobilomo Vidal del Gallina ? E un altro scrittore dialettale abbiamo , finora quasi del tutto ignoto , grandissimo : umorista vero , se mai ce ne fu , e a farlo apposta meridionalissimo , di Reggio Calabria : Giovanni Merlino , rivelato or son parecchi anni , in una conferenza da Giuseppe Mantica ( vedi Giovanni Merlino , umorista , Napoli , Pierro , 1898 ) , suo conterraneo , che sarebbe stato anche lui un forte scrittore umorista se , nel breve corso della sua esistenza , la politica non lo avesse troppo presto distratto dalle lettere . Scrisse il Merlino i suoi libri per 55 lettori , che nomina uno per uno e divide in quattro categorie , imponendo a ciascuna di esse alcuni speciali obblighi in ricompensa del piacere loro procurato . Uno de ' suoi volumi , ancora tutti inediti , è detto : Miscellanea di varie cose sconnesse e piacevoli , “ fatta per coloro che , avendo poco cervello , vogliono istruirsi sul modo più acconcio per perderlo interamente ” ; gli altri sono Memorie utili ed inutili ai posteri , ossia la vita di Giovanni Merlino del quondam Antonino di Reggio , principiata a 27 decembre 1789 e proseguita fino al 1850 , composta di sette volumi . Vorrei poter citare per disteso il lungo Dialogo alla calabrese tra Domine Dio e Giovanni Merlino o il Conto con Domine Dio per dimostrare che umorista fosse il Merlino . Nell ' attesa che gli eredi lo rendano a tutti noto pubblicando i volumi , rimando alla pubblicazione che il Mantica fece di questi due impareggiabili Dialoghi , con la traduzione a fronte . Questo , per la letteratura dialettale . Non scopre poi sul serio altro che ironia e satira l ' Arcoleo negli scrittori italiani ? Io penso a un certo Socrate immaginario d ' un certo abbate del Settecento ; penso al Didimo chierico del Foscolo ; ad alcune volate in prosa del Baretti ; penso ai Promessi Sposi del Manzoni , tutto infuso di genuino umorismo ( vedi nella seconda parte la dimostrazione dell ' umorismo di don Abfiondio , che all ' Arcoleo sembra una figura ridicola o comica senz ' altro ) ; penso al Sant ' Ambrogio del Giusti , vera poesia umoristica , unica forse tra le tante satiriche o sentimentali ; penso a quei certi dialoghi e a quelle certe prosette del Leopardi ; penso all ' Asino e al Buco nel muro del Guerrazzi ; penso al Fanfulla del D ' Azeglio ; penso a Carlo Bini ; penso a quella tal cucina nel castello di Fratta delle Confessioni d ' un ottuagenario del Nievo ; penso a Camillo De Meis , al Revere ; e , poiché l ' Arcoleo arriva fino a Marco Twain , penso al Re umorista , al Demonio dello stile , all ' Altalena delle antipatie , al Pietro e Paola , a Scaricalasino , all ' Illustrissimo del Cantoni ; al Demetrio Pianelli del De Marchi ; penso ai poeti della scapigliatura lombarda e a tante note di schietto e profondo umorismo nelle liriche del Carducci e del Graf ; penso ai tanti personaggi umoristici che popolano i romanzi e le novelle del Fogazzaro , del Farina , del Capuana , del Fucini , e anche ad alcune opere di più giovani scrittori , da Luigi Antonio Villari all ' Albertazzi , al Panzini ... ed ecco , la Lanterna di Diogene di quest ' ultimo vorrei porre in una mano all ' Arcoleo e nell ' altra la candela del Candelajo del Bruno : son sicuro che parecchi scrittori umoristi scoprirebbe nella letteratura italiana antica e nuova . Parte seconda . ESSENZA , CARATTERI E MATERIA DELL ' UMORISMO I . Che cosa è l ' umorismo ? Se volessimo tener conto di tutte le risposte che si son date a questa domanda , di tutte le definizioni che autori e critici han tentato , potremmo riempire parecchie e parecchie pagine , e probabilmente alla fine , confusi tra tanti pareri e dispareri , non riusciremmo ad altro che a ripetere la domanda : - Ma , in somma , che cos ' è l ' umorismo ? Abbiamo già detto che tutti coloro , i quali , o di proposito o per incidenza , ne han parlato , in una cosa sola si accordano , nel dichiarare che è difficilissimo dire che cosa sia veramente , perché esso ha infinite varietà e tante caratteristiche che , a volerlo descrivere in generale , si rischia sempre di dimenticarne qualcuna . Questo è vero ; ma è vero altresì che da un pezzo ormai avrebbe dovuto capirsi che partire da queste caratteristiche non è la via migliore per arrivare a intendere la vera essenza dell ' umorismo , poiché sempre avviene che una se ne assuma per fondamentale , quella che si è riscontrata comune a parecchie opere o a parecchi scrittori studiati con predilezione ; di modo che tante definizioni si vengono infine ad avere dell ' umorismo , quante sono le caratteristiche riscontrate , e tutte naturalmente hanno una parte di vero , e nessuna è la vera . Certamente , dalla somma di tutte queste varie caratteristiche e delle conseguenti definizioni si può arrivare a comprendere , così , in generale , che cosa sia l ' umorismo ; ma se ne avrà sempre una conoscenza sommaria ed esteriore , appunto perché fondata su queste sommarie ed esteriori determinazioni . La caratteristica , ad esempio , di quella tale peculiar bonarietà o benevola indulgenza che scoprono alcuni nell ' umorismo , già definito dal Richter “ malinconia d ' un animo superiore che giunge a divertirsi finanche di ciò che lo rattrista ” , quel “ tranquillo , giocondo e riflesso sguardo su le cose ” , quel “ modo d ' accogliere gli spettacoli divertenti , che sembra , nella sua moderazione , soddisfare il senso del ridicolo e domandar perdono di ciò che v ' è di poco delicato in tal compiacimento ” , quella tale ” espansione degli spiriti dall ' interno all ' esterno incontrata e ritardata dalla corrente contraria d ' una specie di benevolenza pensosa ” , di cui parla il Sully nel suo Essai sur le rire ( Paris , Alcan , 1904 , pag . 276 ) , non si trovano in tutti gli umoristi . Alcuni di questi tratti , che al critico francese , e non a lui soltanto , pajono principali dell ' umorismo , si troveranno in alcuni , in altri no ; e in certuni anzi si troverà il contrario , come ad esempio nello Swift , che è malinconico nel senso originario della parola , cioè pieno di fiele ; e del resto noi vedremo un po ' più innanzi , parlando del don Abbondio del Manzoni , a che cosa in fondo si riduca quella peculiar bonarietà o simpatica indulgenza . Al contrario , quella “ acre disposizione a scoprire ed esprimere il ridicolo del serio e il serio del ridicolo umano ” , di cui parla il Bonghi , calzerà allo Swift e a umoristi al pari di lui beffardi e mordaci ; non calzerà ad altri ; né del resto , come osserva il Lipps , opponendosi alla teoria del Lazzarus , che considera anch ' esso l ' umorismo soltanto come una disposizione d ' animo , questo modo di considerarlo è compiuto . Né compiuto sarà quello del Hegel che lo dice “ attitudine speciale d ' intelletto e di animo onde l ' artista si pone lui stesso al posto delle cose ” , definizione che , a non porsi bene a guardare da quel solo lato da cui lo Hegel lo guarda , ha tutta l ' aria d ' un rebus . Caratteristiche più comuni , e però più generalmente osservate , sono la “ contradizione ” fondamentale , a cui si suol dare per causa principale il disaccordo che il sentimento e la meditazione scoprono o fra la vita reale e l ' ideale umano o fra le nostre aspirazioni e le nostre debolezze e miserie , e per principale effetto quella tal perplessità tra il pianto e il riso ; poi lo scetticismo , di cui si colora ogni osservazione , ogni pittura umoristica , e in fine il suo procedere minuziosamente e anche maliziosamente analitico . Dalla somma , ripeto , di tutte queste caratteristiche e conseguenti definizioni si può arrivare a comprendere , così , in generale , che cosa sia l ' umorismo , ma nessuno negherà che non ne risulti una conoscenza troppo sommaria . Che se accanto ad alcune determinazioni affatto incompiute , come abbiamo veduto , altre ve ne sono indubbiamente più comuni , l ' intima ragione di esse non è poi veduta affatto con precisione né spiegata . Rinunzieremo noi a vederla con precisione e a spiegarla , accettando l ' opinione di Benedetto Croce che nel Jouurnal of comparative Literature ( fasc . III , 1903 ) dichiarò indefinibile l ' umorismo come tutti gli stati psicologici , e nel libro dell ' Estetica lo annoverò tra i tanti concetti dell ' estetica del simpatico ? . “ L ' indagine dei filosofi egli dice si è a lungo travagliata intorno a questi fatti , e specialmente intorno ad alcuni di essi , come , in prima linea , il comico , e poi il sublime , il tragico , l ' umoristico e il grazioso . Ma bisogna evitar l ' errore di considerarli come sentimenti speciali , note del sentimento , ammettendo così delle distinzioni e classi di sentimenti , laddove il sentimento organico per sé stesso non può dar luogo a classi ; e bisogna chiarire in che senso possano dirsi fatti misti . Essi dan luogo a concetti complessi , ossia di complessi di fatti , nei quali entrano sentimenti organici di piacere e dispiacere ( o anche sentimenti spirituali - organici ) , e date circostanze esterne che forniscono a quei sentimenti meramente organici o spirituali - organici un determinato contenuto . Il modo di definizione di questi concetti è il genetico : Posto l ' organismo nella situazione a , sopravvenendo la circostanza b , si ha il fatto c . Questo e simili processi non hanno col fatto estetico nessun contatto : salvo quello generale che tutti essi , in quanto costituiscono la materia o la realtà , possono essere rappresentati dall ' arte ; e l ' altro , accidentale , che in questi processi entrino talvolta dei fatti estetici , come nel caso dell ' impressione di sublime che può produrre l ' opera di un artista titano , di un Dante o di uno Shakespeare , o di quella comica del conato di un imbrattatele o di un imbrattacarte . Anche in questi casi il processo è estrinseco al fatto estetico : al quale non si lega se non il sentimento del piacere e dispiacere , del valore e disvalore estetico , del bello e del brutto ” . Innanzi tutto , perché sono indefinibili gli stati psicologici ? Saranno forse indefinibili per un filosofo , ma l ' artista , in fondo , non fa altro che definire e rappresentare stati psicologici . E poi se l ' umorismo è un processo o un fatto che dà luogo a concetti complessi , ossia complessi di fatti , come diventa poi esso un concetto ? Concetto sarà quello a cui l ' umorismo dà luogo , non l ' umorismo . Certamente se per fatto estetico deve intendersi quel che intende il Croce , tutto diviene estrinseco ad esso , non che questo processo . Ma noi abbiamo dimostrato altrove e anche nel corso di questo lavoro , che il fatto estetico non è né può essere quel che il Croce intende . E , del resto , che significa la concessione che “ questo e simili processi non hanno col fatto estetico nessun contatto , salvo quello generale che tutti essi , in quanto costituiscono la materia o la realtà , possono essere rappresentati dall ' arte ” ? L ' arte può rappresentare questo processo che dà luogo al concetto di umorismo . Ora , come potrò io , critico , rendermi conto di questa rappresentazione artistica , se non mi rendo conto del processo da cui risulta ? E in che consisterebbe allora la critica estetica ? “ Se un ' opera d ' arte , osserva il Cesareo nel suo saggio su La critica estetica appunto , ha da provocare uno stato d ' animo , appar manifesto che tanto più pieno sarà l ' effetto finale , quanto più intense e concordi vi coopereranno tutte le singole determinazioni . Anche in estetica la somma è in ragion delle poste . L ' esame di tutte a una a una le particolari espressioni ci darà la misura dell ' espressione totale . Or come la perfetta riproduzione d ' uno stato d ' animo , in cui per l ' appunto consiste la bellezza estetica , è un fatto emozionale che può risultare soltanto dalla somma d ' alcune rappresentazioni sentimentali , così l ' analisi psicologica d ' un ' opera di poesia è il necessario fondamento di qualsiasi valutazione estetica ” . Parlando di questo mio saggio su la sua rivista La Critica ( vol . VII , a . 1909 , pagg . 219-23 ) , il Croce , a proposito dello studio del Baldensperger Les definitions de l ' humour ( in Études d ' histoire littéraire , Paris , Hachette , 1907 ) , Si compiace di dire che il Baldensperger ricorda anche le ricerche del Cazamian , edite nella Revue germanique del 1906 : Pourquoi nous ne pouvons definir l ' humour , in cui l ' autore , seguace del Bergson , sostiene che l ' umorismo sfugge alla scienza , perché gli elementi caratteristici e costanti di esso sono in piccolo numero e sopra tutto negativi , laddove gli elementi variabili sono in numero indeterminato . Per cui , il compito della critica è di studiare il contenuto e il tono di ogni umore , e cioè , la personalità di ciascun umorista . Il ny a pas d ' humour , il ny a que des humouristes , dice il signor Baldensperger . E il Croce s ' affretta a concludere : La questione è così esaurita . Esaurita ? Torniamo e torneremo sempre a domandare come mai , se l ' umorismo non c ' è , né si sa , né si può dire che cosa sia , ci sieno poi scrittori , di cui si possa sapere e dire che sono umoristi . In base a che cosa si saprà e si potrà dire ? L ' umorismo non c ' è ; ci sono scrittori umoristi . Il comico non c ' è ; ci sono scrittori comici . Benissimo ! E se un tale , sbagliando , afferma che un tale scrittore umorista è un comico , come farò io a chiarirgli lo sbaglio , a dimostrargli che è un umorista e non un comico ? Il Croce pone innanzi la pregiudiziale metodica circa la possibilità di definire un concetto . Io gli pongo innanzi questo caso , e gli domando come potrebbe egli dimostrare , per esempio , all ' Arcoleo , il quale afferma che il personaggio di don Abbondio è comico , che invece no , quel personaggio è umoristico , se non avesse ben chiaro in mente che cosa sia e che debba intendersi per umorismo . Ma egli dice , in fondo , di non muover guerra alle definizioni , e che anzi il suo modo di rifiutarle tutte , filosoficamente , è l ' accettarle tutte , empiricamente . Anche la mia ; che del resto non è , né vuol essere una definizione , ma piuttosto la spiegazione di quell ' intimo processo che avviene , e che non può non avvenire , in tutti quegli scrittori che si dicono umoristi . L ' Estetica del Croce è così astratta e negativa , che applicarla alla critica non è assolutamente possibile , se non a patto di negarla di continuo , com ' egli stesso fa , accettando questi così detti concetti empirici che , cacciati dalla porta , gli rientrano dalla finestra . Ah , una bella soddisfazione , la filosofia ! II Vediamo dunque , senz ' altro , qual è il processo da cui risulta quella particolar rappresentazione che si suoi chiamare umoristica ; se questa ha peculiari caratteri che la distinguono , e da che derivano : se vi è un particolar modo di considerare il mondo , che costituisce appunto la materia e la ragione dell ' umorismo . Ordinariamente , ho già detto altrove ( vedi nel mio volume già citato Arte e scienza il saggio Un critico fantastico ) , e qui m ' è forza ripetere l ' opera d ' arte è creata dal libero movimento della vita interiore che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa , di cui tutti gli elementi han corrispondenza tra loro e con l ' idea - madre che le coordina . La riflessione , durante la concezione , come durante l ' esecuzione dell ' opera d ' arte , non resta certamente inattiva : assiste al nascere e al crescere dell ' opera , ne segue le fasi progressive e ne gode , raccosta i varii elementi , li coordina , li compara . La coscienza non rischiara tutto lo spirito ; segnatamente per l ' artista essa non è un lume distinto dal pensiero , che permetta alla volontà di attingere in lei come in un tesoro d ' immagini e d ' idee . La coscienza , in somma , non è una potenza creatrice , ma lo specchio interiore in cui il pensiero si rimira ; si può dire anzi ch ' essa sia il pensiero che vede sé stesso , assistendo a quello che esso fa spontaneamente . E , d ' ordinario , nell ' artista , nel momento della concezione , la riflessione si nasconde , resta , per casi dire , invisibile : è , quasi , per l ' artista una forma del sentimento . Man mano che l ' opera si fa , essa la critica , non freddamente , come farebbe un giudice spassionato , analizzandola ; ma d ' un tratto , mercé l ' impressione che ne riceve . Questo , ordinariamente . Vediamo adesso se , per la natural disposizione d ' animo di quegli scrittori che si chiamano umoristi e per il particolar modo che essi hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita , questo stesso procedimento avviene nella concezione delle loro opere ; se cioè la riflessione vi tenga la parte che abbiamo or ora descritto , o non vi assuma piuttosto una speciale attività . Ebbene , noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica , la riflessione non si nasconde , non resta invisibile , non resta cioè quasi una forma del sentimento , quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira ; ma gli si pone innanzi , da giudice ; lo analizza , spassionandosene ; ne scompone l ' immagine ; da questa analisi però , da questa scomposizione , un altro sentimento sorge o spira : quello che potrebbe chiamarsi , e che io difatti chiamo il sentimento del contrario . Vedo una vecchia signora , coi capelli ritinti , tutti unti non si sa di quale orribile manteca , e poi tutta goffamente imbellettata e parata d ' abiti giovanili . Mi metto a ridere . Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere . Posso così , a prima giunta e superficialmente , arrestarmi a questa impressione comica . Il comico è appunto un avvertimento del contrario . Ma se ora interviene in me la riflessione , e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo , ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s ' inganna che , parata così , nascondendo così le rughe e la canizie , riesca a trattenere a sé l ' amore del marito molto più giovane di lei , ecco che io non posso più riderne come prima , perché appunto la riflessione , lavorando in me , mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento , o piuttosto , più addentro : da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario . Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l ' umoristico . “ Signore , signore ! oh ! signore , forse , come gli altri , voi stimate ridicolo tutto questo ; forse vi annojo raccontandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia vita domestica : ma per me non è ridicolo , perché io sento tutto ciò ... ” Così grida Marmeladoff nell ' osteria , in Delitto e Castigo del Dostojevski , a Raskolnikoff tra le risate degli avventori ubriachi . E questo grido è appunto la protesta dolorosa ed esasperata d ' un personaggio umoristico contro chi , di fronte a lui , si ferma a un primo avvertimento superficiale e non riesce a vederne altro che la comicità . Ed ecco qua un terzo esempio , che per la sua lampante chiarezza , si potrebbe dir tipico . Un poeta , il Giusti , entra un giorno nella chiesa di Sant ' Ambrogio a Milano , e vi trova un pieno di soldati , Di que ' soldati settentrionali , Come sarebbe boemi e croati , Messi qui nella vigna a far da pali ... Il suo primo sentimento è d ' odio : quei soldatacci ispidi e duri son lì a ricordargli la patria schiava . Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell ' organo : poi quel cantico tedesco lento lento , D ' un suono grave , flebile , solenne che è preghiera e pare lamento . Ebbene , questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel poeta , avvezzo a usare il flagello della satira politica e civile : determina in lui la disposizione propriamente umoristica : cioè , lo dispone a quella particolar riflessione che , spassionandosi del primo sentimento , dell ' odio suscitato dalla vista di quei soldati ; genera appunto il sentimento del contrario . Il poeta ha sentito nell ' inno la dolcezza amara Dei canti uditi da fanciullo : il core , Che da voce domestica gl ' impara , Ce li ripete i giorni del dolore . Un pensier mesto della madre cara , Un desiderio di pace e d ' amore , Uno sgomento di lontano esilio ... E riflette che quei soldati , strappati ai loro tetti da un re pauroso , A dura vita , a dura disciplina , Muti , derisi , solitari stanno , Strumenti ciechi d ' occhiuta rapina , Che lor non tocca e che forse non sanno . Ed ecco il contrario dell ' odio di prima : Povera gente ! lontana da ' suoi , In un paese qui che le vuol male ... Il poeta è costretto a fuggir dalla chiesa perché Qui , se non fuggo , abbraccio un caporale , Colla su ' brava mazza di nocciuolo Duro e piantato li come un piuolo . Notando questo , avvertendo cioè questo sentimento del contrario che nasce da una speciale attività della riflessione , io non esco affatto dal campo della critica estetica e psicologica . L ' analisi psicologica di questa poesia è il necessario fondamento della valutazione estetica di essa . Io non posso intenderne la bellezza , se non intendo il processo psicologico da cui risulta la perfetta riproduzione di quello stato d ' animo che il poeta voleva suscitare , nella quale consiste appunto la bellezza estetica . Vediamo ora un esempio più complesso , nel quale la speciale attività della riflessione non si scopre casi a prima giunta ; prendiamo un libro di cui abbiamo già discorso : il Don Quijote del Cervantes . Vogliamo giudicarne il valore estetico . Che faremo ? Dopo la prima lettura e la prima impressione che ne avremo ricevuto , terremo conto anche qui dello stato d ' animo che l ' autore ha voluto suscitare . Qual è questo stato d ' animo ? Noi vorremmo ridere di tutto quanto c ' è di comico nella rappresentazione di questo povero alienato che maschera della sua follia sé stesso e gli altri e tutte le cose ; vorremmo ridere , ma il riso non ci viene alle labbra schietto e facile ; sentiamo che qualcosa ce lo turba e ce l ' ostacola ; è un senso di commiserazione , di pena e anche d ' ammirazione , si , perché se le eroiche avventure di questo povero hidalgo sono ridicolissime , pur non v ' ha dubbio che egli nella sua ridicolaggine è veramente eroico . Noi abbiamo una rappresentazione comica , ma spira da questa un sentimento che ci impedisce di ridere o ci turba il riso della comicità rappresentata ; ce lo rende amaro . Attraverso il comico stesso , abbiamo anche qui il sentimento del contrario . L ' autore l ' ha destato in noi perché s ' è destato in lui , e noi ne abbiamo già veduto le ragioni . Ebbene , perché non si scopre qui la speciale attività della riflessione ? Ma perché essa frutto della tristissima esperienza della vita , esperienza che ha determinato la disposizione umoristica nel poeta s i era già esercitata sul sentimento di lui , su quel sentimento che lo aveva armato cavaliere della fede a Lepanto . Spassionandosi di questo sentimento e ponendovisi contro , da giudice , nella oscura carcere della Mancha , ed analizzandolo con amara freddezza , la riflessione aveva già destato nel poeta il sentimento del contrario , e frutto di esso è appunto il Don Quijote : è questo , sentimento del contrario oggettivato . Il poeta non ha rappresentato la causa del processo come il Giusti nella sua poesia ne ha rappresentato soltanto l ' effetto , e però il sentimento del contrario spira attraverso la comicità della rappresentazione ; questa comicità è frutto del sentimento del contrario generato nel poeta dalla speciale attività della riflessione sul primo sentimento tenuto nascosto . Ora , che bisogno ho io d ' assegnare un qualsiasi valore etico a questo sentimento del contrario , come fa Theodor Lipps nel suo libro Komik und Humor ? Cioè intendiamoci bene al Lipps veramente non si affaccia mai questo sentimento del contrario . Egli , da un canto , non vede che una specie di meccanismo così del comico come dell ' umore : quello stesso che il Croce nella sua Estetica cita come un esempio di spiegazione accettabile di siffatti “ concetti ” : “ Posto l ' organismo nella situazione a , sopravvenendo la circostanza b , si ha il fatto c ” . E , dall ' altro canto , s ' impaccia di continuo di valori etici , poiché per lui ogni godimento artistico ed estetico in genere è godimento di qualcosa che ha valore etico : non già come elemento di un complesso , ma come oggetto dell ' intuizione estetica . E tira continuamente in ballo il valore etico della personalità umana , e parla di positivo umano e di negazione di esso . Egli dice : “ Dass durch die Negation , , die am positiv Menschlichen geschieht , dies positiv Menschliche uns näher gebracht , in seinem Wert offenbarer und fühlbarer gemacht wird , darin besteht , wie wir sahen , das allgemeinste Wesen der Tragik . Ebendarin besteht auch das allgemeinste Wesen des Humors . Nur dass hier die Negation anderer Art ist als dort , nämlich komische Negation . Ich sagte vom Naivkomischen , dass es auf dem Wege liege von der Komik zum Humor . Dies heisst nicht : die naive Komik ist Humor . Vielmehr ist auchhier die Komik als solche das Gegenteil des Humors . Die naive Komik entsteht , indem das vom Standpunkte der naiven Persönlichkeit aus Berechtigte , Gute , Kluge von unserem Standpunkte aus im gegenteiligen Lichte erscheint . Der Humor entsteht umgekehrt , indem jenes relativ Berechtigte , Gute , Kluge aus dem Prozess der komischen Vernichtung wiederum emportaucht , und nun erst recht in seinem Werte einleuchtet und genossen wird ” . E poco più oltre : “ Der eigentliche Grund und Kern des Humors ist überall und jederzeit das relativ Gute , Schöne , Vernünftige , das auch da sich findet , wo es nach unseren gewöhnlichen Begriffen nicht vorhanden , ja geflissentlich negiert erscheint ” . Dice anche : “ in der Komik nicht nur das Komische in nichts zergeht , sondern auch wir in gewisser Weise , mit unserer Erwartung , unserem Glauben an eine Erhabenheit oder Grösse , den Regeln oder Gewohnheiten unserer Denkens u . s . w . " zu nichte " werden . Über dieses eigene Zunichtewerden erhebt sich der Humor . Dieser Humor , der Humor , den wir angesichts des Komischen haben , besteht schliesslich ebenso wie derjenige , den der Träger des bewusst humoristischen Geschehens hat , in der Geistesfreiheit , der Gewissheit des eigenen Selbst und des Vernünftigen , Guten und Erhabenen in der Welt , die bei aller objektiven und eigenen Nichtigkeit bestehen bleibt , oder eben darin zur Geltung kommt ” . Ma è poi costretto a riconoscere egli stesso che “ nicht jeder Humor diese höchste Stufe erreicht ” e che vi ha “ neben dem versöhnten , einen entzweiten Humor ” . Ma che bisogno ho io , ripeto , di dare un qualsiasi valore etico a quello che ho chiamato il sentimento del contrario , o di determinarlo a priori in alcun modo ? Esso si determinerà da sé , volta per volta , secondo la personalità del poeta o l ' oggetto della rappresentazione . Che importa a me , critico estetico , di sapere in chi o dove stia la ragion relativa e il giusto e il bene ? Io non voglio né debbo uscire dal campo della fantasia pura : Io mi pongo dinanzi qualunque rappresentazione artistica , e mi propongo soltanto di giudicarne il valore estetico . Per questo giudizio , ho bisogno innanzi tutto di sapere lo stato d ' animo che quella rappresentazione artistica vuol suscitare : lo saprò dall ' impressione che ne ho ricevuto . Questo stato d ' animo , ogni qual volta mi trovo innanzi a una rappresentazione veramente umoristica , è di perplessità : io mi sento come tenuto tra due : vorrei ridere , rido , ma il riso mi è turbato e ostacolato da qualcosa che spira dalla rappresentazione stessa . Ne cerco la ragione . Per trovarla , non ho affatto bisogno di sciogliere l ' espressione fantastica in un rapporto etico , di tirare in ballo il valore etico della personalità umana e via dicendo . Trovo questo sentimento del contrario , qualunque esso sia , che spira in tanti modi dalla rappresentazione stessa , costantemente in tutte le rappresentazioni che soglio chiamare umoristiche . Perché limitarne eticamente la causa , oppure astrattamente , attribuendola , ad esempio , al disaccordo che il sentimento e la meditazione scoprono fra la vita reale e l ' ideale umano o fra le nostre aspirazioni e le nostre debolezze e miserie ? Nascerà anche da questo , come da tantissime altre cause indeterminabili a priori . A noi preme soltanto accertare che questo sentimento del contrario nasce , e che nasce da una speciale attività che assume nella concezione di siffatte opere d ' arte la riflessione . III Teniamoci a questo ; seguiamo questa attività speciale della riflessione , e vediamo se essa non ci spiega a una a una le varie caratteristiche , che si possono riscontrare in ogni opera umoristica . Abbiamo detto che , ordinariamente , nella concezione d ' un ' opera d ' arte , la riflessione è quasi una forma del sentimento , quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira . Volendo seguitar quest ' immagine , si potrebbe dire che , nella concezione umoristica , la riflessione è , sì , come uno specchio , ma d ' acqua diaccia , in cui la fiamma del sentimento non si rimira soltanto , ma si tuffa e si smorza : il friggere dell ' acqua è il riso che suscita l ' umorista ; il vapore che n ' esala è la fantasia spesso un po ' fumosa dell ' opera umoristica . A questo mondo c ' è giustizia finalmente ! grida Renzo , il promesso sposo , appassionato e rivoltato . Tant ' è vero che un uomo sopraffatto dal dolore non sa più quel che si dica , commenta il Manzoni . Ecco la fiamma là del sentimento , che si tuffa qua e si smorza nell ' acqua diaccia della riflessione . La riflessione , assumendo quella sua speciale attività , viene a turbare , a interrompere il movimento spontaneo che organa le idee e le immagini in una forma armoniosa . E stato tante volte notato che le opere umoristiche sono scomposte , interrotte , intramezzate di continue digressioni . Anche in un ' opera così armonica nel suo complesso come I Promessi Sposi , è stato notato qualche difetto di composizione , una soverchia minuzia qua e là e il frequente interrompersi della rappresentazione o per richiami al famoso Anonimo o per l ' arguta intrusione dell ' autore stesso . Questo , che ai critici nostri è sembrato un eccesso per un verso , un difetto per l ' altro , è poi la caratteristica più evidente di tutti i libri umoristici . Basta citare il Tristram Shandy dello Sterne , che è tutto quanto un viluppo di variazioni e digressioni , non ostante che l ' autobiografo si proponga di narrar tutto ab ovo , punto per punto , e cominci dall ' alvo di sua madre e dalla pendola che il signor Shandy padre soleva puntualmente caricare . Ma se questa caratteristica è stata notata , non se ne son vedute chiaramente le ragioni . Questa scompostezza , queste digressioni , queste variazioni non derivano già dal bizzarro arbitrio o dal capriccio degli scrittori , ma sono appunto necessaria e inovviabile conseguenza del turbamento e delle interruzioni del movimento organatore delle immagini per opera della riflessione attiva , la quale suscita un ' associazione per contrarci : le immagini cioè , anziché associate per similazione o per contiguità , si presentano in contrasto : ogni immagine , ogni gruppo d ' immagini desta e richiama le contrarie , che naturalmente dividono lo spirito , il quale , irrequieto , s ' ostina a trovare o a stabilir tra loro le relazioni più impensate . Ogni vero umorista non è soltanto poeta , è anche critico , ma si badi - un critico sui generis , un critico fantastico : e dico fantastico non solamente nel senso di bizzarro o di capriccioso , ma anche nel senso estetico della parola , quantunque possa sembrare a prima giunta una contradizione in termini . Ma è proprio così ; e però ho sempre parlato di una speciale attività della riflessione . Questo apparirà chiaro quando si pensi che se , indubbiamente , una innata o ereditata malinconia , le tristi vicende , un ' amara esperienza della vita , o anche un pessimismo o uno scetticismo acquisito con lo studio e con la considerazione su le sorti dell ' umana esistenza , sul destino degli uomini , ecc . possono determinare quella particolar disposizione d ' animo che si suol chiamare umoristica , questa disposizione poi , da sola , non basta a creare un ' opera d ' arte . Essa non è altro che il terreno preparato : l ' opera d ' arte è il germe che cadrà in questo terreno , e sorgerà , e si svilupperà nutrendosi dell ' umore di esso , togliendo cioè da esso condizione e qualità . Ma la nascita e lo sviluppo di questa pianta debbono essere spontanei . Apposta il germe non cade se non nel terreno preparato a riceverlo , ove meglio cioè può germogliare . La creazione dell ' arte è spontanea : non è composizione esteriore , per addizione d ' elementi di cui si siano studiati i rapporti : di membra sparse non si compone un corpo vivo , innestando , combinando . Un ' opera d ' arte , in somma , è , in quanto è ” ingenua ” ; non può essere il risultato della riflessione cosciente . La riflessione , dunque , di cui io parlo , non è un ' opposizione del cosciente verso lo spontaneo ; è una specie di projezione della stessa attività fantastica : nasce dal fantasma , come l ' ombra dal corpo ; ha tutti i caratteri della “ ingenuità ” o natività spontanea ; è nel germe stesso della creazione , e spira in fatti da essa ciò che ho chiamato il sentimento del contrario . Ben per questo ho soggiunto che l ' umorismo potrebbe dirsi un fenomeno di sdoppiamento nell ' atto della concezione . La concezione dell ' opera d ' arte non è altro , in fondo , che una forma dell ' organamento delle immagini . L ' idea dell ' artista non è un ' idea astratta ; è un sentimento , che divien centro della vita interiore , si impadronisce dello spirito , l ' agita e , agitandolo , tende a crearsi un corpo d ' immagini . Quando un sentimento scuote violentemente lo spirito , d ' ordinario , si svegliano tutte le idee , tutte le immagini che son con esso in accordo : qui , invece , per la riflessione inserta nel germe del sentimento , come un vischio maligno , si sveglian le idee e le immagini in contrasto . E la condizione , è la qualità che prende il germe , cadendo nel terreno che abbiamo più su descritto : gli s ' inserisce il vischio della riflessione ; e la pianta sorge e si veste d ' un verde estraneo e pur con essa connaturato . A questo punto si fa avanti il Croce con tutta la forza della sua logica raccolta in un cosicché , per inferire da quanto ho detto più su , ch ' io contrappongo arte e umorismo . E si domanda : “ Vuol egli dire che l ' umorismo non è arte , o che esso è più che arte ? E , in questo caso , che cosa è mai ? Riflessione sull ' arte , e cioè critica d ' arte ? Riflessione sulla vita , e cioè filosofia della vita ? O una forma sui generis dello spirito , che i filosofi , finora , non hanno conosciuta ? Il P . , se l ' ha scoperta lui , avrebbe dovuto , a ogni modo , dimostrarla , assegnarle un posto , dedurla e farne intendere la connessione con le altre forme dello spirito . Il che non ha fatto , limitandosi ad affermare che l ' umorismo è l ' opposto dell ' arte ” . Io mi guardo attorno sbalordito . Ma dove , ma quando mai ho affermato questo ? Qui sta tra due : o io non so scrivere , o il Croce non sa leggere . Come c ' entra la riflessione sull ' arte che è critica d ' arte , e la riflessione sulla vita che è filosofia della vita ? Io ho detto che ordinariamente , in generale , nella concezione d ' un ' opera d ' arte , cioè mentre uno scrittore la concepisce , la riflessione ha un ufficio che ho cercato di determinare , per poi venire a determinare quale speciale attività essa assuma , non già sull ' opera d ' arte , ma in quella speciale opera d ' arte che si chiama umoristica . Ebbene , perciò l ' umorismo non è arte , o è più che arte ? Chi lo dice ? Lo dice lui , il Croce , perché vuol dirlo , non perché io non mi sia espresso chiaramente , dimostrando . che è arte con questo particolar carattere , e chiarendo da che cosa le provenga , cioè da questa speciale attività della riflessione , la quale scompone l ' immagine creata da un primo sentimento per far sorgere da questa scomposizione e presentarne un altro contrario , come appunto s ' è veduto dagli esempii recati e da tutti gli altri che avrei potuto recare , esaminando a una a una le più celebrate opere umoristiche . Non vorrei ammettere un ' ipotesi quanto mai ingiuriosa per il Croce , che cioè egli creda che un ' opera d ' arte si componga come un qualunque pasticcio con tanto d ' uova , tanto di farina , tanto di questo o di quell ' altro ingrediente , che si potrebbe anche mettere o lasciar fuori . Ma pur troppo mi vedo costretto da lui stesso ad ammettere una siffatta ipotesi , quand ' egli “ per farmi toccare con mano che l ' umorismo come arte non si può distinguere dalla restante arte ” pone questi due casi circa alla riflessione , di cui io secondo lui vorrei fare carattere distintivo dell ' arte umoristica , quasi che fosse lo stesso dire così , in generale , la riflessione e parlare com ' io faccio , d ' una speciale attività della riflessione , più come processo intimo , immancabile nell ' atto della concezione e della creazione di tali opere , che come carattere distintivo che per forza debba mostrarsi . Ma lasciamo andare . Pone , dicevo , questi due casi : che cioè , la riflessione “ o entra come componente nella materia dell ' opera dell ' arte e , in questo caso , tra l ' umorismo e la commedia ( o la tragedia o la lirica , e via dicendo ) , non vi ha differenza alcuna , giacché in tutte le opere d ' arte entra , o può entrare , il pensiero e la riflessione ; ovvero rimane estrinseca all ' opera d ' arte , e allora si avrà critica e non mai arte , e neppure arte umoristica ” . È chiaro . Il pasticcio ! Recipe : tanto di fantasia , tanto di sentimento , tanto di riflessione ; impasta e avrai una qualunque opera d ' arte , perché nella composizione di una qualunque opera d ' arte possono entrare tutti quegli ingredienti , e anche altri . Ma domando io : come c ' entra questo pasticcio , questa composizione d ' elementi come materia dell ' opera d ' arte , qualunque e comunque sia , con quello che io ho detto più su e che ho fatto vedere , punto per punto , parlando per esempio del Sant ' Ambrogio del Giusti , quando ho mostrato come la riflessione , inserendosi come un vischio nel primo sentimento del poeta , che è d ' odio verso quei soldatacci stranieri , generò a poco a poco il contrario del sentimento di prima ? E forse perché questa riflessione , sempre vigile e specchiante in ogni artista durante la creazione , non segue qua il primo sentimento , ma a un certo punto gli s ' oppone , diventa perciò estrinseca all ' opera d ' arte , diventa perciò critica ? Io parlo d ' una attività intrinseca della riflessione , e non della riflessione come materia componente dell ' opera d ' arte . È chiaro ! E non è credibile che il Croce non l ' intenda . Non vuole intenderlo . E ne è prova quel suo voler far credere che siano imprecise le mie distinzioni e che io le ripeta e le modifichi e le temperi di continuo e che , quando altro non sappia , ricorra alle immagini ; mentre invece negli esempii ch ' egli cita di queste mie pretese ripetizioni e modificazioni e soccorrevoli immagini , sfido chiunque a scoprire il minimo disaccordo , la minima modificazione , il minimo temperamento della prima asserzione , e non piuttosto una più chiara spiegazione , una più precisa immagine ; sfido chiunque a riconoscere con lui il mio imbarazzo , poiché i concetti , a suo dire , mi si sformano tra mano quando li prendo per porgerli altrui . Tutto questo è veramente pietoso . Ma tanto può sul Croce ciò che una volta egli s ' è lasciato dire : che cioè dell ' umorismo non si debba , né si possa parlare . Andiamo avanti . IV Per spiegarci la ragione del contrasto tra la riflessione e il sentimento , dobbiamo penetrar nel terreno in cui il germe cade , voglio dire nello spirito dello scrittore umorista . Che se la disposizione umoristica per sé sola non basta , perché ci vuole il germe della creazione , questo germe poi si nutre dell ' umore che trova . Lo stesso Lipps che vede tre modi d ' essere dell ' umore , cioè : a ) l ' umore , come disposizione , o modo di considerar le cose ; b ) l ' umore , come rappresentazione ; c ) l ' umore obiettivo ; conclude poi che in verità l ' umore è soltanto in chi lo ha : soggettivismo e oggettivismo non sono altro che un diverso atteggiamento dello spirito nell ' atto della rappresentazione . La rappresentazione cioè dell ' umore , che è sempre in chi lo ha , può essere atteggiata in due modi : subiettivamente od obiettivamente . Quei tre modi d ' essere si presentano al Lipps perché egli limita e determina eticamente la ragione dell ' umorismo , il quale è per lui , come abbiamo già veduto , superamento del comico attraverso il comico stesso . Sappiamo che cosa egli intenda per superamento . Io , secondo lui , ho umore , quando : “ ich selbst bin der Erhabene , der sich Behauptende , der Träger des Vernünftigen oder Sittlichen . Als dieser Erhabene , oder im Lichte dieses Erhabenen betrachte ich die Welt . Ich finde in ihr Komisches und gehe betrachtend in die Komik ein . Ich gewinne aber schliesslich mich selbst , oder das Erhabene in mir , erhöht , befestigt , gesteigert wieder ” . Ora questa per noi è una considerazione assolutamente estranea , prima di tutto , e poi anche unilaterale . Togliendo alla formula il valore etico , l ' umorismo poi con essa riman considerato , se mai , nel suo effetto , non nella causa . Per noi tanto il comico quanto il suo contrario , sono nella disposizione d ' animo stessa ed insiti nel processo che ne risulta . Nella sua anormalità , non può esser che amaramente comica la condizione d ' un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuori di chiave , ad essere a un tempo violino e contrabbasso ; d ' un uomo a cui un pensiero non può nascere , che subito non gliene nasca un altro opposto , contrario ; a cui per una ragione ch ' egli abbia di dir sì , subito un ' altra e due e tre non ne sorgano che lo costringono a dir no ; e tra il sì e il no lo tengan sospeso , perplesso , per tutta la vita ; d ' un uomo che non può abbandonarsi a un sentimento , senza avvertir subito qualcosa dentro che gli fa una smorfia e lo turba e lo sconcerta e lo indispettisce . Questo stesso contrasto , che è nella disposizione dell ' animo , si scorge nelle cose e passa nella rappresentazione . È una speciale fisionomia psichica , a cui è assolutamente arbitrario attribuire una causa determinante ; può esser frutto d ' una esperienza amara della vita e degli uomini , d ' una esperienza che se , da un canto , non permette più al sentimento ingenuo di metter le ali e di levarsi come un ' allodola perché lanci un trillo nel sole , senza ch ' essa la trattenga per la coda nell ' atto di spiccare il volo , dall ' altro induce a riflettere che la tristizia degli uomini si deve spesso alla tristezza della vita , ai mali di cui essa è piena e che non tutti sanno o possono sopportare ; induce a riflettere che la vita , non avendo fatalmente per la ragione umana un fine chiaro e determinato , bisogna che , per non brancolar nel vuoto , ne abbia uno particolare , fittizio , illusorio , per ciascun uomo , o basso o alto ; poco importa , giacché non è , né può essere il fine vero , che tutti cercano affannosamente e nessuno trova , forse perché non esiste . Quel che importa è che si dia importanza a qualche cosa , e sia pur vana : varrà quanto un ' altra stimata seria , perché in fondo né l ' una né l ' altra daranno soddisfazione : tanto è vero che durerà sempre ardentissima la sete di sapere , non si estinguerà mai la facoltà di desiderare , e non è detto pur troppo che nel progresso consista la felicità degli uomini . Tutte le finzioni dell ' anima , tutte le creazioni del sentimento vedremo esser materia dell ' umorismo , vedremo cioè la riflessione diventar come un demonietto che smonta il congegno d ' ogni immagine , d ' ogni fantasma messo su dal sentimento ; smontarlo per veder com ' è fatto ; scaricarne la molla , e tutto il congegno striderne , convulso . Può darsi che questo faccia talvolta con quella simpatica indulgenza di cui parlan coloro che vedono soltanto un umorismo bonario . Ma non c ' è da fidarsene , perché se la disposizione umoristica ha talvolta questo di particolare , cioè questa indulgenza , questo compatimento o anche questa pietà , bisogna pensare che esse son frutto della riflessione che si è esercitata sul sentimento opposto ; sono un sentimento del contrario nato dalla riflessione su quei casi , su quei sentimenti , su quegli uomini , che provocano nello stesso tempo lo sdegno , il dispetto , l ' irrisione dell ' umorista , il quale è tanto sincero in questo dispetto , in questa irrisione , in questo sdegno , quanto in quell ' indulgenza , in quel compatimento , in quella pietà . Se così non fosse , si avrebbe non più l ' umorismo vero e proprio , ma l ' ironia , che deriva come abbiamo veduto da una contradizione soltanto verbale , da un infingimento retorico , affatto contrario alla natura dello schietto umorismo . Ogni sentimento , ogni pensiero , ogni moto che sorga nell ' umorista si sdoppia subito nel suo contrario : ogni sì in un no , che viene in fine ad assumere lo stesso valore del sì . Magari può fingere talvolta l ' umorista di tenere soltanto da una parte : dentro intanto gli parla l ' altro sentimento che pare non abbia il coraggio di rivelarsi in prima ; gli parla e comincia a muovere ora una timida scusa , ora un ' attenuante , che smorzano il calore del primo sentimento , ora un ' arguta riflessione che ne smonta la serietà e induce a ridere . Così avviene che noi dovremmo tutti provar disprezzo e indignazione per don Abbondio , per esempio , e stimar ridicolissimo e spesso un matto da legare Don Quijote ; eppure siamo indotti al compatimento , finanche alla simpatia per quello , e ad ammirare con infinita tenerezza le ridicolaggini di questo , nobilitate da un ideale così alto e puro . Dove sta il sentimento del poeta ? Nel disprezzo o nel compatimento per don Abbondio ? Il Manzoni ha un ideale astratto , nobilissimo della missione del sacerdote su la terra , e incarna questo ideale in Federigo Borromeo . Ma ecco la riflessione , frutto della disposizione umoristica , suggerire al poeta che questo ideale astratto soltanto per una rarissima eccezione può incarnarsi e che le debolezze umane sono pur tante . Se il Manzoni avesse ascoltato solamente la voce di quell ' ideale astratto , avrebbe rappresentato don Abbondio in modo che tutti avrebbero dovuto provar per lui odio e disprezzo , ma egli ascolta entro di sé anche la voce delle debolezze umane . Per la naturale disposizione dello spirito , per l ' esperienza della vita , che gliel ' ha determinata , il Manzoni non può non sdoppiare in germe la concezione di quell ' idealità religiosa , sacerdotale : e tra le due fiamme accese di Fra Cristoforo e del Cardinal Federigo vede , terra terra , guardinga e mogia , allungarsi l ' ombra di don Abbondio . E si compiace a un certo punto di porre a fronte , in contrasto , il sentimento attivo , positivo , e la riflessione negativa ; la fiaccola accesa del sentimento e l ' acqua diaccia della riflessione ; la predicazione alata , astratta , dell ' altruismo , per veder come sì smorzi nelle ragioni pedestri e concrete dell ' egoismo . Federigo Borromeo domanda a don Abbondio : “ E quando vi siete presentato alla Chiesa per addossarvi codesto ministero , v ' ha essa fatto sicurtà della vita ? V ' ha detto che i doveri annessi al ministero fossero liberi da ogni ostacolo , immuni da ogni pericolo ? O v ' ha detto forse che dove cominciasse il pericolo , ivi cesserebbe il dovere ? O non v ' ha espressamente detto il contrario ? Non v ' ha avvertito che vi mandava come un agnello tra i lupi ? Non sapevate voi che c ' eran de ' violenti , a cui potrebbe dispiacere ciò che a voi sarebbe comandato ? Quello da Cui abbiam la dottrina e l ' esempio , ad imitazione di Cui ci lasciam nominare e ci nominiamo pastori , venendo in terra a esercitarne l ' uffizio , mise forse per condizione d ' aver salva la vita ? E per salvarla , per conservarla , dico , qualche giorno di più sulla terra , a spese della carità e del dovere , c ' era bisogno dell ' unzione santa , della imposizion delle mani , della grazia del sacerdozio ? Basta il mondo a dar questa virtù , a insegnar questa dottrina . Che dico ? oh vergogna ! il mondo stesso la rifiuta : il mondo fa anch ' esso le sue leggi , che prescrivono il male come il bene ; ha il suo vangelo anch ' esso , un vangelo di superbia e d ' odio ; e non vuol che si dica che l ' amore della vita sia una ragione per trasgredire i comandamenti . Non lo vuole ed è ubbidito ! E noi ! noi figli e annunziatori della promessa ! Che sarebbe la Chiesa se codesto vostro linguaggio fosse quello di tuttii vostri confratelli ? Dove sarebbe , se fosse comparsa nel mondo con codeste dottrine ? ” . Don Abbondio ascolta questa lunga e animosa predica a capo basso . Il Manzoni dice che lo spirito di lui “ si trovava tra quegli argomenti , come un pulcino negli artigli del falco , che lo tengono sollevato in una regione sconosciuta , in un ' aria che non ha mai respirata ” . Il paragone è bello , quantunque a qualcuno l ' idea di rapacità e di fierezza che è nel falco sia sembrata poco conveniente al Cardinal Federigo . L ' errore , secondo me , non è tanto nella maggiore o minor convenienza del paragone , quanto nel paragone stesso , per amore del quale il Manzoni , volendo rifar la tavoletta d ' Esiodo , s ' è forse lasciato andare a dir quello che non doveva . Si trovava don Abbondio veramente sollevato in una regione sconosciuta tra quegli argomenti del Cardinal Borromeo ? Ma il paragone dell ' agnello tra i lupi si legge nel Vangelo di Luca , dove Cristo dice appunto agli apostoli : “ Ecco , io mando voi come agnelli tra i lupi ” . E chi sa quante volte dunque don Abbondio lo aveva letto ; come in altri libri chi sa quante volte aveva letto quegli ammonimenti austeri ; quelle considerazioni elevate . E diciamo di più : forse lo stesso don Abbondio , in astratto , parlando , predicando della missione del sacerdote , avrebbe detto su per giù le stesse cose . Tanto vero che , in astratto , egli le intende benissimo : Monsignore illustrissimo , avrò torto , risponde infatti ; ma s ' affretta a soggiungere : Quando la vita non si deve contare , non so cosa mi dire . E allorché il Cardinale insiste : E non sapete voi che il soffrire per la giustizia è il nostro vincere ? E se non sapete questo , che cosa predicate ? di che siete maestro ? qual è la buona nuova che annunziate ai poveri ? Chi pretende da voi che vinciate la forza con la forza ? Certo non vi sarà domandato , un giorno , se abbiate saputo fare stare a dovere i potenti ; ché a questo non vi fu dato né missione , né modo . Ma vi sarà ben domandato se avrete adoprati i mezzi ch ' erano in vostra mano per far ciò che v ' era prescritto , anche quando avessero la temerità di proibirvelo . Anche questi santi son curiosi , pensa don Abbondio : in sostanza , a spremerne il sugo , gli stanno più a cuore gli amori di due giovani , che la vita d ' un povero sacerdote . E poiché il cardinale è rimasto in atto di chi aspetti una risposta , risponde : Torno a dire , monsignore , che avrò torto io ... Il coraggio , uno non se lo può dare . Il che significa appunto : Sissignore , ragionando astrattamente , la ragione è dalla parte di Vossignoria Illustrissima ; il torto sarà mio . Però Vossignoria Illustrissima parla bene , ma quelle facce le ho viste io , le ho sentite io quelle parole . E perché dunque , gli domanda in fine il Cardinale , vi siete voi impegnato in un ministero che v ' impone di stare in guerra con le passioni del secolo ? Oh , il perché noi lo sappiamo bene : il Manzoni stesso ce l ' ha detto fin da principio ; ce l ' ha voluto dire e poteva anche farne a meno : don Abbondio , non nobile , non ricco , coraggioso ancor meno , s ' era accorto , prima quasi di toccare gli anni della discrezione , d ' essere , in quella società , come un vaso di terra cotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro . Aveva quindi , assai di buon grado , ubbidito ai parenti , che lo vollero prete . Per dir la verità , non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava : procacciarsi di che vivere con qualche agio e mettersi in una classe privilegiata e forte , gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale scelta . In lotta dunque con le passioni del secolo ? Ma se egli s ' è fatto prete per guardarsi appunto dagli urti di quelle passioni e col suo sistema particolare di scansar tutti i contrasti ! Bisogna pure ascoltare , signori miei , le ragioni del coniglio ! Io immaginai una volta che alla tana della volpe , o di Messer Renardo , com ' essa si suol chiamare nel mondo delle favole , accorressero a una a una tutte le bestie per la notizia che tra loro s ' era sparsa di certe controfavole che la volpe avesse in animo di comporre in risposta a tutte quelle che da tempo immemorabile gli uomini compongono , e da cui esse bestie han forse motivo di sentirsi calunniate . E tra le altre alla tana di Messer Renardo veniva il coniglio a protestare contro gli uomini che lo chiamano pauroso , e diceva : “ Ma ben vi so dire per conto mio , Messer Renardo , che topi e lucertole e uccelli e grilli e tant ' altre bestiole ho sempre messo in fuga , le quali , se voi domandaste loro che concetto abbiano di me , chi sa che cosa vi risponderebbero , non certo che io sia una bestia paurosa . a che forse pretenderebbero gli uomini che al loro cospetto io mi rizzassi su due piedi e movessi loro incontro per farmi prendere e uccidere ? Io credo veramente , Messer Renardo , che per gli uomini non debba correre alcuna differenza tra eroismo e imbecillità ! ” Ora , io non nego , don Abbondio è un coniglio . Ma noi sappiamo che Don Rodrigo , se minacciava , non minacciava invano , sappiamo che pur di spuntare l ' impegno egli era veramente capace di tutto ; sappiamo che tempi eran quelli , e possiamo benissimo immaginare che a don Abbondio , se avesse sposato Renzo e Lucia , una schioppettata non gliel ' avrebbe di certo levata nessuno , e che forse Lucia , sposa soltanto di nome , sarebbe stata rapita , uscendo dalla chiesa , e Renzo anch ' egli ucciso . A che giovano l ' intervento , il suggerimento di Fra Cristoforo ? Non è rapita Lucia dal monastero di Monza ? C ' è la lega dei birboni , come dice Renzo . Per scioglier quella matassa ci vuol la mano di Dio ; non per modo di dire , la mano di Dio propriamente . Che poteva fare un povero prete ? Pauroso , sissignori , don Abbondio ; e il De Sanctis ha dettato alcune pagine meravigliose esaminando il sentimento della paura nel povero curato ; ma non ha tenuto conto di questo , perbacco : che il pauroso è ridicolo , è comico , quando si crea rischi e pericoli immaginarci : ma quando un pauroso ha veramente ragione d ' aver paura , quando vediamo preso , impigliato in un contrasto terribile , uno che per natura e per sistema vuole scansar tutti i contrasti , anche i più lievi , e che in quel contrasto terribile per suo dovere sacrosanto dovrebbe starci , questo pauroso non è più comico soltanto . Per quella situazione non basta neanche un eroe come Fra Cristoforo , che va ad affrontare il nemico nel suo stesso palazzotto ! Don Abbondio non ha il coraggio del proprio dovere ; ma questo dovere , dalla nequizia altrui , è reso difficilissimo , e però quel coraggio è tutt ' altro che facile ; per compierlo ci vorrebbe un eroe . Al posto d ' un eroe troviamo don Abbondio . Noi non possiamo , se non astrattamente , sdegnarci di lui , cioè se in astratto consideriamo il ministero del sacerdote . Avremmo certamente ammirato un sacerdote eroe che , al posto di don Abbondio , non avesse tenuto conto della minaccia e del pericolo e avesse adempiuto il dovere del suo ministero . Ma non possiamo non compatire don Abbondio , che non è l ' eroe che ci sarebbe voluto al suo posto , che non solo non ha il grandissimo coraggio che ci voleva ; ma non ne ha né punto né poco ; e il coraggio , uno non se lo può dare ! Un osservatore superficiale terrà conto del riso che nasce dalla comicità esteriore degli atti , dei gesti , delle frasi reticenti ecc . di don Abbondio , e lo chiamerà ridicolo senz ' altro , o una figura semplicemente comica . Ma chi non si contenta di queste superficialità e sa veder più a fondo , sente che il riso qui scaturisce da ben altro , e non è soltanto quello della comicità . Don Abbondio è quel che si trova in luogo di quello che ci sarebbe voluto . Ma il poeta non si sdegna di questa realtà che trova , perché , pur avendo , come abbiamo detto , un ideale altissimo della missione del sacerdote su la terra , ha pure in sé la riflessione che gli suggerisce che quest ' ideale non si incarna se non per rarissima eccezione , e però lo obbliga a limitare quell ' ideale , come osserva il De Sanctis . Ma questa limitazione dell ' ideale che cos ' è ? è l ' effetto appunto della riflessione che , esercitandosi su quest ' ideale , ha suggerito al poeta il sentimento del contrario . E don Abbondio è appunto questo sentimento del contrario oggettivato e vivente ; e però non è comico soltanto , ma schiettamente e profondamente umoristico . Bonarietà ? Simpatica indulgenza ? Andiamo adagio : lasciamo star codeste considerazioni , che sono in fondo estranee e superficiali , e che , a volerle approfondire , c ' è il rischio che ci facciano anche qui scoprire il contrario . Vogliamo vederlo ? Sì , ha compatimento il Manzoni per questo pover ' uomo di don Abbondio ; ma è un compatimento , signori miei , che nello stesso tempo ne fa strazio , necessariamente . In fatti , solo a patto di riderne e di far rider di lui , egli può compatirlo e farlo compatire , commiserarlo e farlo commiserare . Ma , ridendo di lui e compatendolo nello stesso tempo , il poeta viene anche a ridere amaramente di questa povera natura umana inferma di tante debolezze ; e quanto più le considerazioni pietose si stringono a proteggere il povero curato , tanto più attorno a lui s ' allarga il discredito del valore umano . Il poeta , in somma , ci induce ad aver compatimento del povero curato , facendoci riconoscere che è pur umano , di tutti noi , quel che costui sente e prova , a passarci bene la mano su la coscienza . E che ne segue ? Ne segue che se , per sua stessa virtù , questo particolare divien generale , se questo sentimento misto di riso o di pianto , quanto più si stringe e determina in don Abbondio , tanto più si allarga e quasi vapora in una tristezza infinita , . ne segue , dicevamo , che a voler considerare da questo lato la rappresentazione del curato manzoniano , noi non sappiamo più riderne . Quella pietà , in fondo , è spietata : la simpatica indulgenza non è così bonaria come sembra a tutta prima . Gran cosa come si vede , avere un ideale religioso , come il Manzoni ; cavalleresco , come il Cervantes per vederselo poi ridurre dalla riflessione in don Abbondio e in Don Quijote ! Il Manzoni se ne consola , creando accanto al curato di villaggio Fra Cristoforo e il Cardinal Borromeo ; ma è pur vero che , essendo egli sopra tutto umorista , la creatura sua più viva è quell ' altra , quella cioè in cui il sentimento del contrario s ' è incarnato . Il Cervantes non può consolarsi in alcun modo perché , nella carcere della Mancha , con Don Quijote come egli stesso dice genera qualcuno che gli somiglia . V È un considerar superficialmente , abbiamo detto , e da un lato solo l ' umorismo , il vedere in esso un particolar contrasto tra l ' ideale e la realtà . Un ideale può esserci , ripetiamo ; questo dipende dalla personalità del poeta ; ma se c ' è , ecco , è per vedersi decomposto , limitato , rappresentato a questo modo . Certamente , come tutti gli altri elementi costitutivi dello spirito d ' un poeta , esso entra e si fa sentire nell ' opera umoristica , le dà un particolar carattere , un particolar sapore ; ma non è condizione imprescindibile : tutt ' altro ! ché anzi è proprio dell ' umorista , per la speciale attività che assume in lui la riflessione , generando il sentimento del contrario , il non saper più da qual parte tenere , la perplessità , lo stato irresoluto della coscienza . E quest ' appunto distingue nettamente l ' umorista dal comico , dall ' ironico , dal satirico . Non nasce in questi altri il sentimento del contrario ; se nascesse , sarebbe reso amaro , cioè non più comico , il riso provocato nel primo dall ' avvertimento di una qualsiasi anormalità ; la contradizione che nel secondo è soltanto verbale , tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso , diventerebbe effettiva , sostanziale , e dunque non più ironica ; e cesserebbe lo sdegno o , comunque , l ' avversione della realtà che è ragione d ' ogni satira . Non che all ' umorista però piaccia la realtà ! Basterebbe questo soltanto , che per poco gli piacesse , perché , esercitandosi la riflessione su questo suo piacere , glielo guastasse . Questa riflessione s ' insinua acuta e sottile da per tutto e tutto scompone : ogni immagine del sentimento , ogni finzione ideale , ogni apparenza della realtà , ogni illusione . Il pensiero dell ' uomo , diceva Guy de Maupassant “ tourne comme une mouche dans une bouteille ” . Tutti i fenomeni , o sono illusorii , o la ragione di essi ci sfugge , inesplicabile . Manca affatto alla nostra conoscenza del mondo e di noi stessi quel valore obiettivo che comunemente presumiamo di attribuirle . È una costruzione illusoria continua . Vogliamo assistere alla lotta tra l ' illusione , che s ' insinua anch ' essa da per tutto e costruisce a suo modo ; e la riflessione umoristica che scompone a una a una quelle costruzioni ? Cominciamo da quella che l ' illusione fa a ciascuno di noi , dalla costruzione cioè che ciascuno per opera dell ' illusione si fa di sé stesso . Ci vediamo noi nella nostra vera e schietta realtà , quali siamo , o non piuttosto quali vorremmo essere ? Per uno spontaneo artificio interiore , frutto di segrete tendenze o d ' incosciente imitazione , non ci crediamo noi in buona fede diversi da quel che sostanzialmente siamo ? E pensiamo , operiamo , viviamo secondo questa interpretazione fittizia e pur sincera di noi stessi . Ora la riflessione , si , può scoprire tanto al comico e al satirico quanto all ' umorista questa costruzione illusoria . Ma il comico ne riderà solamente , contentandosi di sgonfiar questa metafora di noi stessi messa su dall ' illusione spontanea ; il satirico se ne sdegnerà ; l ' umorista , no : attraverso il ridicolo di questa scoperta vedrà il lato serio e doloroso ; smonterà questa costruzione , ma non per riderne solamente ; e in luogo di sdegnarsene , magari , ridendo , compatirà . Il comico e il satirico sanno dalla riflessione quanta bava tragga dalla vita sociale il ragno dell ' esperienza per comporre la ragna della mentalità in questo e in quell ' individuo , e come in questa ragna resti spesso avviluppato ciò che si chiama il senso morale . Che cosa sono , in fondo , i rapporti sociali della così detta convenienza ? Considerazioni di calcolo , nelle quali la moralità è quasi sempre sacrificata . L ' umorista va più addentro , e ride senza sdegnarsi scoprendo come , anche ingenuamente , con la massima buona fede , per opera d ' una finzione spontanea , noi siamo indotti a interpretar come vero riguardo , come vero sentimento morale , in sé , ciò che non è altro , in realtà , se non riguardo o sentimento di convenienza , cioè di calcolo . E va anche più in là , e scopre che può diventar convenzionale finanche il bisogno d ' apparir peggiori di quello che si è realmente , se l ' essere aggregati a un qualsiasi gruppo sociale importi che si manifestino idealità e sentimenti che sono proprii a quel gruppo , e che tuttavia a chi vi partecipa appariscono contrarii e inferiori al proprio intimo sentimento ( mi avvalgo qui di alcune acute considerazioni contenute nel libro di Giovanni Marchesini , Le finzioni dell ' anima , Bari , Gius . Laterza e figli , 1905 ) . La conciliazione delle tendenze stridenti , dei sentimenti ripugnanti , delle opinioni contrarie , sembra più attuabile su le basi d ' una comune menzogna , che non su la esplicita e dichiarata tolleranza del dissenso e del contrasto ; sembra , in somma , che la menzogna debba ritenersi più vantaggiosa della veracità , in quanto quella può unire , laddove questa divide ; il che non impedisce che , mentre la menzogna è tacitamente scoperta e riconosciuta , si assuma poi a garanzia della sua efficacia associatrice la veracità stessa , facendosi apparire come sincerità l ' ipocrisia . La ritenutezza , il riserbo , il lasciar credere più di quanto si dica o si faccia , il silenzio stesso non scompagnato dalla sapienza dei segni che lo giustifichi oh , indimenticabile Conte Zio del Consiglio segreto , sono arti che si usano di frequente nella pratica della vita ; e cosa pure il non dare occasione che si osservi ciò che si pensa , il lasciar credere che si pensi meno di quanto si pensa effettivamente , il pretendere di essere creduti differenti da ciò che in fondo si è : “ Un parlare ambiguo , un tacere significativo , un restare a mezzo , uno stringere d ' occhi che esprimeva : non posso parlare ; un lusingare senza promettere , un minacciar in cerimonia ; tutto era diretto a quel fine ; e tutto , o più o meno , tornava in prò . A segno che fino un : io non posso niente in questo affare , detto talvolta per la pura verità , ma detto in modo che non gli era creduto , serviva ad accrescere il concetto , e quindi la realtà , del suo potere : come quelle scatole che si vedono ancora in qualche bottega di speziale , con su certe parole arabe , e dentro non c ' è nulla : ma servono per mantenere il credito alla bottega ” . Notava il Rousseau nell ' Émile : “ Si può fare ciò che si è fatto e non si doveva fare . Poiché un interesse maggiore può far sì che si violi una promessa che si era fatta per un interesse minore , ciò che importa è che la violazione avvenga impunemente . Il mezzo a questo fine è la menzogna , che può essere di due specie , potendo riguardare il passato , onde ci si dichiara autori di ciò che in realtà non facemmo , o essendone autori dichiariamo di non essere ; e potendo riguardare il futuro , come avviene quando ci facciamo promesse che si ha in animo di non mantenere . E evidente che la menzogna , nell ' uno e nell ' altro caso , sorge dai rapporti della convenienza , come mezzo a conservar l ' altrui benevolenza e ad accaparrarsi l ' altrui soccorso ” . Quanto più difficile è la lotta per la vita , e più è sentita in questa lotta la propria debolezza , tanto maggiore si fa poi il bisogno del reciproco inganno . La simulazione della forza , dell ' onestà , della simpatia , della prudenza , in somma , d ' ogni virtù massima della veracità , è una forma d ' adattamento , un abile strumento di lotta . L ' umorista coglie subito queste varie simulazioni per la lotta della vita ; si diverte a smascherarle ; non se n ' indigna : è così ! E mentre il sociologo descrive la vita sociale qual ' essa risulta dalle osservazioni esterne , l ' umorista armato del suo arguto intuito dimostra , rivela come le apparenze siano profondamente diverse dall ' essere intimo della coscienza degli associati . Eppure si mentisce psicologicamente come si mentisce socialmente . E il mentire a noi stessi , vivendo coscientemente solo la superficie del nostro essere psichico , è un effetto del mentire sociale . L ' anima che riflette sé stessa è un ' anima solitaria ; ma non è mai tanta la solitudine interiore che non penetrino nella coscienza le suggestioni della vita comune , con gl ' infingimenti e le arti trasfigurative che la caratterizzano . Vive nell ' anima nostra l ' anima della razza o della collettività di cui siamo parte ; e la pressione dell ' altrui modo di giudicare , dell ' altrui modo di sentire e di operare , è risentita da noi inconsciamente : e come dominano nel mondo sociale la simulazione e la dissimulazione , tanto meno avvertite quanto più sono divenute abituali , così simuliamo e dissimuliamo con noi medesimi , sdoppiandoci e spesso anche moltiplicandoci . Risentiamo noi stessi quella vanità di parer diversi da ciò che si è , che è forma consustanziata nella vita sociale ; e rifuggiamo da quell ' analisi che , svelando la vanità , ecciterebbe il morso della coscienza e ci umilierebbe di fronte a noi stessi . Ma quest ' analisi la fa per noi l ' umorista , che si può dar pure l ' ufficio di smascherare tutte le vanità , e di rappresentar la società , come fa appunto il Thackeray , quale una Vanity Fair ( lo stesso ufficio si dà il Thackeray anche nel Libro degli Snobs e in quella “ Novella senza eroi , o vanità illuminate con le candele stesse dell ' autore ” ) . E l ' umorista sa bene che anche la pretesa della logicità supera spesso di gran lunga in noi la reale coerenza logica , e che se ci fingiamo logici teoreticamente , la logica dell ' azione può smentire quella del pensiero , dimostrando che è una finzione il credere alla sua sincerità assoluta . L ' abitudine , l ' imitazione incosciente , la pigrizia mentale concorrono a crear l ' equivoco . E quand ' anche poi alla ragione rigorosamente logica si aderisca , poniamo , col rispetto e l ' amore verso determinati ideali , è sempre sincero il riferimento che facciamo di essi alla ragione ? E sempre nella ragione pura , disinteressata , la sorgente vera e unica della scelta degli ideali e della perseveranza nel coltivarli ? O invece non è più conforme alla realtà il sospettare che essi siano talora giudicati non già con un criterio obiettivo e razionale , ma piuttosto a seconda di speciali impulsi affettivi e di oscure tendenze ? Le barriere , i limiti che noi poniamo alla nostra coscienza , sono anch ' essi illusioni , sono le condizioni dell ' apparir della nostra individualità relativa ; ma , nella realtà , quei limiti non esistono punto . Non soltanto noi , quali ora siamo , viviamo in noi stessi , ma anche noi , quali fummo in altro tempo , viviamo tuttora e sentiamo e ragioniamo con pensieri e affetti già da un lungo oblio oscurati , cancellati , spenti nella nostra coscienza presente , ma che a un urto , a un tumulto improvviso dello spirito , possono ancora dar prova di vita , mostrando vivo in noi un altro essere insospettato . I limiti della nostra memoria personale e cosciente non sono limiti assoluti . Di là da quella linea vi sono memorie , vi sono percezioni e ragionamenti . Ciò che noi conosciamo di noi stessi , non è che una parte , forse una piccolissima parte di quello che noi siamo ( vedi nel libro di Alfredo Binet Les altérations de la personnalité quella rassegna di meravigliosi esperimenti psico - fisiologici , da cui queste e tant ' altre considerazioni si possono trarre , come notava già G . Negri nel libro Segni dei tempi ) . E tante e tante cose , in certi momenti eccezionali , noi sorprendiamo in noi stessi , percezioni , ragionamenti , stati di coscienza , che son veramente oltre i limiti relativi della nostra esistenza normale e cosciente . Certi ideali che crediamo ormai tramontati in noi e non più capaci d ' alcuna azione nel nostro pensiero , su i nostri affetti , sui nostri atti , forse persistono tuttavia , se non più nella forma intellettuale , pura , nel rostrato loro , costituito dalle tendenze affettive e pratiche . E possono essere motivi reali di azione certe tendenze da cui ci crediamo liberati , e non aver per l ' opposto efficacia pratica in noi , se non illusoria , credenze nuove che riteniamo di possedere veramente , intimamente . E appunto le varie tendenze che contrassegnano la personalità fanno pensare sul serio che non sia una l ' anima individuale . Come affermarla una , difatti , se passione e ragione , istinto e volontà , tendenze e idealità , costituiscono in certo modo altrettanti sistemi distinti e mobili , che fanno si che l ' individuo , vivendo ora l ' uno ora l ' altro di essi , ora qualche compromesso fra due o più orientamenti psichici , apparisca come se veramente in lui fossero più anime diverse e perfino opposte , più e opposte personalità ? Non c ' è uomo , osservò il Pascal , che differisca più da un altro che da sé stesso nella successione del tempo . La semplicità dell ' anima contradice al concetto storico dell ' anima umana . La sua vita è equilibrio mobile ; è un risorgere e un assopirsi continuo di affetti , di tendenze , di idee ; un fluttuare incessante fra termini contradittorii , e un oscillare fra poli opposti , come la speranza e la paura , il vero e il falso , il bello e il brutto , il giusto e l ' ingiusto e via dicendo . Se d ' un tratto si disegna nell ' immagine oscura dell ' avvenire un luminoso disegno d ' azione , o vagamente brilla il fiore del godimento , non tarda ad apparire , vindice dei diritti dell ' esperienza , il pensiero del passato , non di rado cupo e triste ; o interviene a infrenare la briosa fantasia il senso riottoso del presente . Questa lotta di ricordi , di speranze , di presentimenti , di percezioni , d ' idealità , può raffigurarsi come una lotta d ' anime fra loro , che si contrastino il dominio definitivo e pieno della personalità . Ecco un alto funzionario , che si crede , ed è , poveretto , in verità , un galantuomo . Domina in lui l ' anima morale . Ma un bel giorno , l ' anima istintiva , che è come la bestia originaria acquattata in fondo a ciascuno di noi , spara un calcio all ' anima morale , e quel galantuomo ruba . Oh , egli stesso , poveretto , egli per il primo , poco dopo , ne prova stupore , piange , domanda a sé stesso , disperato : Come , come mai ho potuto far questo ? Ma , sissignori , ha rubato . E quell ' altro là ? Uomo dabbene , anzi dabbenissimo : sissignori , ha ucciso . L ' idealità morale costituiva nella personalità di lui un ' anima che contrastava con l ' anima istintiva e pure in parte con quella affettiva o passionale ; costituiva un ' anima acquisita che lottava con l ' anima ereditaria , la quale , lasciata per un po ' libera a sé stessa , è riuscita ' d ' improvviso al furto , al delitto . La vita è un flusso continuo che noi cerchiamo d ' arrestare , di fissare in forme stabili e determinate , dentro e fuori di noi , perché noi già siamo forme fissate , forme che si muovono in mezzo ad altre immobili , e che però possono seguire il flusso della vita , fino a tanto che , irrigidendosi man mano , il movimento , già a poco a poco rallentato , non cessi . Le forme , in cui cerchiamo d ' arrestare , di fissare in noi questo flusso continuo , sono i concetti , sono gli ideali a cui vorremmo serbarci coerenti , tutte le finzioni che ci creiamo , le condizioni , lo stato in cui tendiamo a stabilirci . Ma dentro di noi stessi , in ciò che noi chiamiamo anima , e che è la vita in noi , il flusso continua , indistinto , sotto gli argini , oltre i limiti che noi imponiamo , componendoci una coscienza , costruendoci una personalità . In certi momenti tempestosi , investite dal flusso , tutte quelle nostre forme fittizie crollano miseramente ; e anche quello che non scorre sotto gli argini e oltre i limiti , ma che si scopre a noi distinto e che noi abbiamo con cura incanalato nei nostri affetti , nei doveri che ci siamo imposti , nelle abitudini che ci siamo tracciate , in certi momenti di piena straripa e sconvolge tutto . Vi sono anime irrequiete , quasi in uno stato di fusione continua , che sdegnano di rapprendersi , d ' irrigidirsi in questa o in quella forma di personalità . Ma anche per quelle più quiete , che si sono adagiate in una o in un ' altra forma , la fusione è sempre possibile : il flusso della vita è in tutti . E per tutti però può rappresentare talvolta una tortura , rispetto all ' anima che si muove e si fonde , il nostro stesso corpo fissato per sempre in fattezze immutabili . Oh perché proprio dobbiamo essere così , noi ? ci domandiamo talvolta allo specchio , con questa faccia , con questo corpo ? Alziamo una mano , nell ' incoscienza ; e il gesto ci resta sospeso . Ci pare strano che l ' abbiamo fatto noi . Ci vediamo vivere . Con quel gesto sospeso possiamo assomigliarci a una statua ; a quella statua d ' antico oratore , per esempio , che si vede in una nicchia , salendo per la scalinata del Quirinale . Con un rotolo di carta in mano , e l ' altra mano protesa a un sobrio gesto , come pare afflitto e meravigliato quell ' oratore antico d ' esser rimasto lì , di pietra , per tutti i secoli , sospeso in quell ' atteggiamento , dinanzi a tanta gente che è salita , che sale e salirà per quella scalinata ! In certi momenti di silenzio interiore , in cui l ' anima nostra si spoglia di tutte le finzioni abituali , e gli occhi nostri diventano più acuti e più penetranti , noi vediamo noi stessi nella vita , e in sé stessa la vita , quasi in una nudità arida , inquietante ; ci sentiamo assaltare da una strana impressione , come se , in un baleno , ci si chiarisse una realtà diversa da quella che normalmente percepiamo , una realtà vivente oltre la vista umana , fuori delle forme dell ' umana ragione . Lucidissimamente allora la compagine dell ' esistenza quotidiana , quasi sospesa nel vuoto di quel nostro silenzio interiore , ci appare priva di senso , priva di scopo ; e quella realtà diversa ci appare orrida nella sua crudezza impassibile e misteriosa , poiché tutte le nostre fittizie relazioni consuete di sentimenti e d ' immagini si sono scisse e disgregate in essa . Il vuoto interno si allarga , varca i limiti del nostro corpo , diventa vuoto intorno a noi , un vuoto strano , come un arresto del tempo e della vita , come se il nostro silenzio interiore si sprofondasse negli abissi del mistero . Con uno sforzo supremo cerchiamo allora di riacquistar la coscienza normale delle cose , di riallacciar con esse le consuete relazioni , di riconnetter le idee , di risentirci vivi come per l ' innanzi , al modo solito . Ma a questa coscienza normale , a queste idee riconnesse , a questo sentimento solito della vita non possiamo più prestar fede , perché sappiamo ormai che sono un nostro inganno per vivere e che sotto c ' è qualcos ' altro , a cui l ' uomo non può affacciarsi , se non a costo di morire o d ' impazzire . È stato un attimo ; ma dura a lungo in noi l ' impressione di esso , come di vertigine , con la quale contrasta la stabilità , pur così vana , delle cose : ambiziose o misere apparenze . La vita , allora , che s ' aggira piccola , solita , fra queste apparenze ci sembra quasi che non sia più per davvero , che sia come una fantasmagoria meccanica . E come darle importanza ? come portarle rispetto ? Oggi siamo , domani no . Che faccia ci hanno dato per rappresentar la parte del vivo ? Un brutto naso ? Che pena doversi portare a spasso un brutto naso per tutta la vita ... Fortuna che , a lungo andare , non ce n ' accorgiamo più . Se ne accorgono gli altri , è vero , quando noi siamo finanche arrivati a credere d ' avere un bel naso ; e allora non sappiamo più spiegarci perché gli altri ridano , guardandoci . Sono tanti sciocchi ! Consoliamoci guardando che orecchi ha quello e che labbra quell ' altro ; i quali non se n ' accorgono nemmeno e hanno il coraggio di ridere di noi . Maschere , maschere ... Un soffio e passano , per dar posto ad altre . Quel povero zoppetto là ... Chi è ? Correre alla morte con la stampella ... La vita , qua , schiaccia il piede a uno ; cava là un occhio a un altro ... Gamba di legno , occhio di vetro , e avanti ! Ciascuno si racconcia la maschera come può la maschera esteriore . Perché dentro poi c ' è l ' altra , che spesso non s ' accorda con quella di fuori . E niente è vero ! Vero il mare , sì , vera la montagna ; vero il sasso ; vero un filo d ' erba ; ma l ' uomo ? Sempre mascherato , senza volerlo , senza saperlo , di quella tal cosa ch ' egli in buona fede si figura d ' essere : bello , buono , grazioso , generoso , infelice , ecc . ecc . E questo fa tanto ridere , a pensarci . Sì , perché un cane , poniamo , quando gli sia passata la prima febbre della vita , che fa ? mangia e dorme : vive come può vivere , come deve vivere ; chiude gli occhi , paziente , e lascia che il tempo passi , freddo se freddo , caldo se caldo ; e se gli dànno un calcio se lo prende , perché è segno che gli tocca anche questo . Ma l ' uomo ? Anche da vecchio , sempre con la febbre : delira e non se n ' avvede ; non può fare a meno d ' atteggiarsi , anche davanti a sé stesso , in qualche modo , e si figura tante cose che ha bisogno di creder vere e di prendere sul serio . L ' ajuta in questo una certa macchinetta infernale che la natura volle regalargli , aggiustandogliela dentro , per dargli una prova segnalata della sua benevolenza . Gli uomini , per la loro salute , avrebbero dovuto tutti lasciarla irrugginire , non muoverla , non toccarla mai . Ma sì ! Certuni si sono mostrati così orgogliosi e stimati così felici di possederla , che si son messi subito a perfezionarla , con zelo accanito . E Aristotile ci scrisse sopra finanche un libro , un leggiadro trattatello che si adotta ancora nelle scuole , perché i fanciulli imparino presto e bene a baloccarcisi . E una specie di pompa a filtro che mette in comunicazione il cervello col cuore . La chiamano LOGICA i signori filosofi . Il cervello pompa con essa i sentimenti dal cuore , e ne cava idee . Attraverso il filtro , il sentimento lascia quanto ha in sé di caldo , di torbido : si refrigera , si purifica , si i - de - a - liz - za . Un povero sentimento , così , destato da un caso particolare , da una contingenza qualsiasi , spesso dolorosa , pompato e filtrato dal cervello per mezzo di quella macchinetta , diviene idea astratta generale ; e che ne segue ? Ne segue che noi non dobbiamo affliggerci soltanto di quel caso particolare , di quella contingenza passeggera ; ma dobbiamo anche attossicarci la vita con l ' estratto concentrato , col sublimato corrosivo della deduzione logica . E molti disgraziati credono di guarire così di tutti i mali di cui il mondo è pieno , e pompano e filtrano , pompano e filtrano , finché il loro cuore non resti arido come un pezzo di sughero e il loro cervello non sia come uno stipetto di farmacia pieno di quei barattolini che portano su l ' etichetta nera un teschio fra due stinchi in croce e la leggenda : VELENO . L ' uomo non ha della vita un ' idea , una nozione assoluta , bensì un sentimento mutabile e vario , secondo i tempi , i casi , la fortuna . Ora la logica , astraendo dai sentimenti le idee , tende appunto a fissare quel che è mobile , mutabile , fluida ; tende a dare un valore assoluto a ciò che è relativo . E aggrava un male già grave per sé stesso . Perché la prima radice del nostro male è appunto in questo sentimento che noi abbiamo della vita . L ' albero vive e non si sente : per lui la terra , il sole , l ' aria , la luce , il vento , la pioggia , non sono cose che esso non sia . All ' uomo , invece , nascendo è toccato questo triste privilegio di , sentirsi vivere , con la bella illusione che ne risulta : di prendere cioè come una realtà fuori di sé questo suo interno sentimento della vita , mutabile e vario . Gli antichi favoleggiarono che Prometeo rapi una favilla al sole per farne dono agli uomini . Orbene , il sentimento che noi abbiamo della vita è appunto questa favilla prometèa favoleggiata . Essa ci fa vedere sperduti su la terra ; essa projetta tutt ' intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce , di là dal quale è l ' ombra nera , l ' ombra paurosa che non esisterebbe , se la favilla non fosse accesa in noi ; ombra che noi però dobbiamo purtroppo creder vera , fintanto che quella ci si mantiene viva in petto . Spenta alla fine dal soffio della morte , ci accoglierà davvero quell ' ombra fittizia , ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione , o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell ' Essere , che avrà rotto soltanto le vane forme della ragione umana ? Tutta quell ' ombra , l ' enorme mistero , che tanti e tanti filosofi hanno invano speculato e che ora la scienza , pur rinunziando all ' indagine di esso , non esclude , non sarà forse in fondo un inganno come un altro , un inganno della nostra mente , una fantasia che non si colora ? Se tutto questo mistero , in somma , non esistesse fuori di noi , ma soltanto in noi , e necessariamente , per il famoso privilegio del sentimento che noi abbiamo della vita ? Se la morte fosse soltanto il soffio che spegne in noi questo sentimento penoso , pauroso , perché limitato , definito da questo cerchio d ' ombra fittizia oltre il breve àmbito dello scarso lume che ci projettiamo attorno , e in cui la vita nostra rimane come imprigionata , come esclusa per alcun tempo dalla vita universale , eterna , nella quale ci sembra che dovremo un giorno rientrare , mentre già ci siamo e sempre vi rimarremo , ma senza più questo sentimento di esilio che ci angoscia ? Non è anche qui illusorio il limite , e relativo al poco lume nostro , della nostra individualità ? Forse abbiamo sempre vissuto , sempre vivremo con l ' universo ; anche ora , in questa forma nostra , partecipiamo a tutte le manifestazioni dell ' universo ; non lo sappiamo , non lo vediamo , perché purtroppo quella favilla che Prometeo ci volle donare ci fa vedere soltanto quel poco a cui essa arriva . E domani un umorista potrebbe raffigurar Prometeo sul Caucaso in atto di considerare malinconicamente la sua fiaccola accesa e di scorgere in essa alla fine la causa fatale del suo supplizio infinito . Egli s ' è finalmente accorto che Giove non è altro che un suo vano fantasma , un miserevole inganno , l ' ombra del suo stesso corpo che si projetta gigantesca nel cielo , a causa appunto della fiaccola ch ' egli tiene accesa in mano . A un solo patto Giove potrebbe sparire , a patto che Prometeo spegnesse la candela , cioè la sua fiaccola . Ma egli non sa , non vuole , non può ; e quell ' ombra rimane , paurosa e tiranna , per tutti gli uomini che non riescono a rendersi conto del fatale inganno . Così il contrasto ci si dimostra inovviabile , inscindibile , come l ' ombra dal corpo . Noi l ' abbiamo veduto , in questa rapida visione umoristica , allargarsi man mano , varcare i limiti del nostro essere individuale , ov ' ha radice , ed estendersi intorno . Lo ha scoperto la riflessione , che vede in tutto una costruzione o illusoria o finta o fittizia del sentimento e con arguta , sottile e minuta analisi la smonta e la scompone . Uno dei più grandi umoristi , senza saperlo , fu Copernico , che smontò non propriamente la macchina dell ' universo , ma l ' orgogliosa immagine che ce n ' eravamo fatta . Si legga quel dialogo del Leopardi che s ' intitola appunto dal canonico polacco . Ci diede il colpo di grazia la scoperta del telescopio : altra macchinetta infernale , che può fare il pajo con quella che volle regalarci la natura . Ma questa l ' abbiamo inventata noi , per non esser da meno . Mentre l ' occhio guarda di sotto , dalla lente più piccola , e vede grande ciò che la natura provvidenzialmente aveva voluto farci veder piccolo , l ' anima nostra , che fa ? salta a guardar di sopra , dalla lente più grande , e il telescopio allora diventa un terribile strumento , che subissa la terra e l ' uomo e tutte le nostre glorie e grandezze . Fortuna che è proprio della riflessione umoristica il provocare il sentimento del contrario ; il quale , in questo caso , dice : Ma è poi veramente così piccolo l ' uomo , come il telescopio rivoltato ce lo fa vedere ? Se egli può intendere e concepire l ' infinita sua piccolezza , vuol dire ch ' egli intende e concepisce l ' infinita grandezza dell ' universo . E come si può dir piccolo dunque l ' uomo ? Ma è anche vero che se poi egli si sente grande e un umorista viene a saperlo , gli può capitare come a Gulliver , gigante a Lilliput e balocco tra le mani dei giganti di Brobdingnag . VI Da quanto abbiamo detto finora intorno alla speciale attività della riflessione nell ' umorista , appare chiaramente quale dell ' arte umoristica necessariamente sia l ' intimo processo . Anch ' essa l ' arte , come tutte le costruzioni ideali o illusorie , tende a fissar la vita : la fissa in un momento o in varii momenti determinati : la statua in un gesto , il paesaggio in un aspetto temporaneo , immutabile . Ma , e la perpetua mobilità degli aspetti successivi ? e la fusione continua in cui le anime si trovano ? L ' arte in genere astrae e concentra , coglie cioè e rappresenta così degli individui come delle cose , l ' idealità essenziale e caratteristica . Ora pare all ' umorista che tutto ciò semplifichi troppo la natura e tenda a rendere troppo ragionevole o almeno troppo coerente la vita . Gli pare che delle cause , delle cause vere che muovono spesso questa povera anima umana agli atti più inconsulti , assolutamente imprevedibili , l ' arte in genere non tenga quel conto che secondo lui dovrebbe . Per l ' umorista le cause , nella vita , non sono mai così logiche , così ordinate , come nelle nostre comuni opere d ' arte , in cui tutto è , in fondo , combinato , congegnato , ordinato ai fini che lo scrittore s ' è proposto . L ' ordine ? la coerenza ? Ma se noi abbiamo dentro quattro , cinque anime in lotta fra loro : l ' anima istintiva , l ' anima morale , l ' anima affettiva , l ' anima sociale ? E secondo che domina questa o quella , s ' atteggia la nostra coscienza ; e noi riteniamo valida e sincera quella interpretazione fittizia di noi medesimi , del nostro essere interiore che ignoriamo , perché non si manifesta mai tutt ' intero , ma ora in un modo , ora in un altro , come volgano i casi della vita . Sì , un poeta epico o drammatico può rappresentare un suo eroe , in cui si mostrino in lotta elementi opposti e repugnanti ; ma egli di questi elementi comporrà un carattere , e vorrà coglierlo coerente in ogni suo atto . Ebbene , l ' umorista fa proprio l ' inverso : egli scompone il carattere nei suoi elementi ; e mentre quegli cura di coglierlo coerente in ogni atto , questi si diverte a rappresentarlo nelle sue incongruenze . L ' umorista non riconosce eroi ; o meglio , lascia che li rappresentino gli altri , gli eroi ; egli , per conto suo , sa che cosa è la leggenda e come si forma , che cosa è la storia e come si forma : composizioni tutte , più o meno ideali , e tanto più ideali forse , quanto pio mostrare pretesa di realtà : composizioni ch ' egli si diverte a scomporre ; né si può dir che sia un divertimento piacevole . Il mondo , lui , se non propriamente nudo , lo vede , per così dire , in camicia : in camicia il re , che vi fa così bella impressione a vederlo composto nella maestà d ' un trono con lo scettro e la corona e il manto di porpora e d ' ermellino ; e non componete con troppa pompa nelle camere ardenti su catafalchi i morti , perché egli è capace di non rispettar neppure questa composizione , tutto questo apparato ; è capace di sorprendere , per esempio , in mezzo alla compunzione degli astanti , in quel morto lì , freddo e duro , ma decorato e in marsina , un qualche borboglio lugubre nel ventre , e d ' esclamare ( poiché certe cose si dicono meglio in latino ) : - Digestio post mortem . Anche quei soldatacci austriaci della poesia del Giusti , di cui ci siamo occupati in principio , son veduti in fine dal poeta come tanti poveri uomini in camicia : sono spogliati cioè di quelle loro uniformi odiose , nelle quali il poeta vede un simbolo della schiavitù della patria . Quelle uniformi compongono nell ' animo del poeta una rappresentazione ideale , della patria schiava ; la riflessione scompone questa rappresentazione , spoglia quei soldati e vede in essi una torma di poveretti addogliati e derisi . “ L ' uomo è un animale vestito dice il Carlyle nel suo Sartor Resartus la società ha per base il vestiario ” . E il vestiario compone anch ' esso , compone e nasconde : due cose che l ' umorismo non può soffrire . La vita nuda , la natura senz ' ordine almeno apparente , irta di contradizioni , pare all ' umorista lontanissima dal congegno ideale delle comuni concezioni artistiche , in cui tutti gli elementi , visibilmente , si tengono a vicenda e a vicenda cooperano . Nella realtà vera le azioni che mettono in rilievo un carattere si stagliano su un fondo di vicende ordinarie , di particolari comuni . Ebbene , gli scrittori , in genere , non se n ' avvalgono , o poco se ne curano , come se queste vicende , questi particolari non abbiano alcun valore e siano inutili e trascurabili . Ne fa tesoro invece l ' umorista . L ' oro , in natura , non si trova frammisto alla terra ? Ebbene , gli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presentano l ' oro in zecchini nuovi , ben colato , ben fuso , ben pesato e con la loro marca e il loro stemma bene impressi . Ma l ' umorista sa che le vicende ordinarie , i particolari comuni , la materialità della vita in somma , così varia e complessa , contradicono poi aspramente quelle semplificazioni ideali , costringono ad azioni , ispirano pensieri e sentimenti contrarii a tutta quella logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori ordinarii . E l ' impreveduto che è nella vita ? E l ' abisso che è nelle anime ? Non ci sentiamo guizzar dentro , spesso , pensieri strani , quasi lampi di follia , pensieri inconseguenti , inconfessabili finanche a noi stessi , come sorti davvero da un ' anima diversa da quella che normalmente ci riconosciamo ? Di qui , nell ' umorismo , tutta quella ricerca dei particolari più intimi e minuti , che possono anche parer volgari e triviali se si raffrontano con le sintesi idealizzatrici dell ' arte in genere , e quella ricerca dei contrasti e delle contradizioni , su cui l ' opera sua si fonda , in opposizione alla coerenza cercata dagli altri ; di qui quel che di scomposto , di slegato , di capriccioso , tutte quelle digressioni che si notano nell ' opera umoristica , in opposizione al congegno ordinato , alla composizione dell ' opera d ' arte in genere . Sono il frutto della riflessione che scompone . ” Se il naso di Cleopatra fosse stato più lungo , chi sa quali altre vicende avrebbe avuto il mondo ” . E questo se , questa minuscola particella che si può appuntare , inserire come un cuneo in tutte le vicende , quante e quali disgregazioni può produrre , di quanta scomposizione può esser causa , in mano d ' un umorista come , ad esempio , lo Sterne , che dall ' infinitamente piccolo vede regolato tutto il mondo ! Riassumendo : l ' umorismo consiste nel sentimento del contrario , provocato dalla speciale attività della riflessione che non si cela , che non diventa , come ordinariamente nell ' arte , una forma del sentimento , ma il suo contrario , pur seguendo passo passo il sentimento come l ' ombra segue il corpo . L ' artista ordinario bada al corpo solamente : l ' umorista bada al corpo e all ' ombra , e talvolta più all ' ombra che al corpo ; nota tutti gli scherzi di quest ' ombra , com ' esca ora s ' allunghi ed ora s ' intozzi , quasi a far le smorfie al corpo , che intanto non la calcola e non se ne cura . Nelle rappresentazioni comiche medievali del diavolo , troviamo uno scolare che per farsi beffe di lui gli dà ad acchiappare la propria ombra sul muro . Chi rappresentò questo diavolo non era certamente un umorista . Quanto valga un ' ombra l ' umorista sa bene : il Peter Schlemihl di Chamisso informi .
ProsaGiuridica ,
. A TALE EFFETTO L ' UFFICIALE SANITARIO E I MEDICI ANZIDETTI , VALENDOSI DI TUTTI I MEZZI DI INDAGINE
ABRAKADABRA. STORIA DELL'AVVENIRE ( GHISLANZONI ANTONIO , 1884 )
Narrativa ,
effetto di rifiammare gli ardori politici e di ammorbidire le gole . Il curato , il sindaco e il
Saggistica ,
intellettive . Nel risultato , nell ' effetto diverso a cui ciascuna mira e che determina e asservisce tutte le
DISCORRENDO DI SOCIALISMO E DI FILOSOFIA ( LABRIOLA ANTONIO , 1898 )
Saggistica ,
I . Roma , 20 aprile '97 Caro signor Sorel , da un pezzo vo pensando d ' intrattenermi con voi in una specie di conversazione per iscritto . Sarà questo il modo migliore , e il più acconcio , onde io v ' attesti la mia gratitudine per la Prefazione , della quale mi avete onorato . Va da sé , che , così dicendo , io non mi fermo con la mente a ricordare soltanto le parole cortesi , delle quali mi siete stato prodigo con tanta profusione . A quelle parole io non potevo non risponder subito , e sdebitarmene nella forma della lettera privata . Né ora sarebbe più il caso , che io mi andassi diffondendo con voi in complimenti ; proprio in lettere , le quali , o a voi , o a me , potrà parere più in là opportuno di pubblicare . Che varrebbe , del resto , che io venissi ora a far proteste di modestia , schermendomi dalle vostre lodi ? Voi mi avete oramai costretto a rinunciare a tali sforzi . Che i miei due saggi , appena rudimentali , di materialismo storico corrano in Francia nella forma di un quasi libro , ciò è tutto merito vostro ; per averli voi rnessi e prcsentati al pubblico in tale assisa . Non fu mai nelle inclinazioni mie di faire le livre , secondo il senso che voi francesi , ammiratori e seguaci sempre della classicità letteraria , date a cotesta espressione . Sono io , anzi , di quelli i quali vedono in cotesto continuarsi del culto per la forma classica una specie d ' impaccio - come sarebbe di un abito che mal s ' attagli alla persona - alla espressione propria , adeguata e conveniente dei resultati del pensiero rigorosamente scientifico . Passando , dunque , sopra a tutti i complimenti , intendo di rifarmi su le cose che voi dite in quella Prefazione ; e di tornarci su per discuterne liberamente , senza star proprio ad aver lì innanzi alla mente il disegno o il prospetto di una meditata monografia . Scelgo la forma delle lettere , perché solo in queste un procedere interrotto , spezzato e a volte saltuario , che ritragga quasi quasi la conversazione , non par cosa impropria ed incongrua . Non me la sentirei , in verità , di scrivere tante dissertazioni , memorie od articoli , quanti ne occorrerebbe per rispondere alle molte domande che voi movete , alle molte questioni che voi ponete a voi stesso , in così breve giro di pagine , come chi dubitando e dubbiosamente pensi . Scrivendo , direi quasi , come vien viene , non intendo però di sottrarmi alle responsabilità di ciò che mi verrà di dire , e andrò dicendo ; ma voglio come prosciogliermi dai doveri di prosa serrata e legata , che son proprii del discorrere e del dissertare a tesi . Oramai non c ' è dottorucolo al mondo , il quale , per minuscolo che ei si sia , non creda di monumentarsi innanzi ai presenti e innanzi ai posteri , ove riesca a consacrare in pesante opuscolo , o in dotta ed involuta disquisizione , uno di quei tanti pensieri o di quelle tante osservazioni , che nella viva conversazione , o nell ' insegnamento che sia retto da indubbia virtuosità didattica , tornan sempre di più intuitiva efficacia , per la naturale dialettica , che è propria di chi sia in atto di cercare da sé , o d ' insinuare per la prima volta negli altri , la verità . Ma già , si sa : - in questa fin di secolo , tutta business , tutta faccende , tutta affari e tutta merci , il pensiero non si presta a circolar per il mondo , se non fissato e fermato anch ' esso nella riverita forma di merce , cui faccia compagnia la fattura del libraio , e giri attorno , da agile messaggera di sincerissime lodi , la onesta réclame editoriale . Forse nella società dell ' avvenire , in quella nella quale noi c ' infuturiamo con le nostre speranze , e assai più con certe illusioni , che non sempre son frutto di una ben plasmata fantasia , cresceranno a dismisura , da parer legione , gli uomini atti a discorrere con la divina gioia della ricerca e con l ' eroico coraggio della verità , che ora ammiriamo in Platone , in Bruno , in Galilei , e si moltiplicheranno in infiniti esemplari i Diderot capaci di scrivere le profonde capestrerie di Jacques le fataliste , che per ora abbiamo la debolezza di credere insuperate . Nella società dell ' avvenire , nella quale l ' ozio , ragionevolmente cresciuto per tutti , darà a tutti , con le condizioni della libertà , i mezzi per civilizzarsi , le droit à la paresse - la felicissima trovata del nostro Lafargue - farà spuntare ad ogni angolo di strada dei perditempo di genio , che , come il nostro maestro Socrate , saranno operosissimi di operosità non messa a mercede . Ma ora ... in questo mondo , nel quale solo i matti da manicomio hanno le traveggole del prossimo millennio , molti sfaccendati sfruttano , come per proprio diritto e professione , la pubblica stima coi loro ozii letterarii ... e lo stesso socialismo non può a meno di accogliere nel suo seno una discreta frotta , non che di sfaccendati , di faccendoni e di faccendieri . E così , quasi celiando , mi avvicino all ' argomento . Voi lamentate la poca diffusione che ha avuto fino ad ora in Francia la dottrina del materialismo storico . Anzi lamentate , che a tale diffusione mettano ostacolo e oppongano resistenza i pregiudizii derivanti dalla boria nazionale , le pretese letterarie di alcuni , l ' albagia filosofica di altri , la maledetta voglia del parere senza essere , e da ultimo , poi , lo scarso avviamento intellettuale , e i molti difetti che si riscontrano anche in certi socialisti . Ma tutte coteste cose non sono da considerare come dei meri accidenti ! Vanità , orgoglio , desiderio di parere senz ' essere , iomania , megalomania , voglia e smania di prevalere , tutte queste ed altre passioni e virtù dell ’ uomo civile non son certo le bagattelle della vita , anzi assai più spesso possono parere come la sostanza e il nerbo di questa . Si sa che la chiesa non è riuscita , il più delle volte , a suggestionare gli animi cristiani ad umiltà , se non facendo di questa nuovo titolo a novello e rincalzato orgoglio . E via ... cotesto materialismo storico esige , da chi voglia consapevolmente e schiettamente professarlo , una certa curiosa maniera di umiltà : che , cioè dire , nell ' atto che ci sentiamo legati al corso delle cose umane , e di questo studiamo le complicate linee e le tortuose pieghe , ci tocchi pur di essere insiememente e medesimamente , non già rassegnati ed acquiescenti , ma anzi operosi di conscia e ragionevole opera . Ma ... venire al punto da confessare a noi stessi , che il nostro proprio io individuo , al quale ci sentiamo così strettamente legati da un ovvia e casalinga consuetudine , senza esser proprio una mera evanescenza , un nonnulla , come parve agl ' invasati teosofi , per grande che esso si sia , o ci paia , è assai piccola cosa nel complicato ingranaggio dei meccanismi sociali : - ma doversi adattare alla persuasione , che i propositi o i conati subiettivi di ciascun di noi dànno quasi sempre di cozzo nelle resistenze dell ' intricato intreccio della vita , cosicché , o non lascian traccia di sé , o ne lasciano una affatto difforme dal primitivo intento , perché alterata e trasformata dalle condizioni concomitanti : - ma dover convenire di questo enunciato , che noi siamo come vissuti dalla storia , e che il nostro contributo personale a questa , per quanto indispensabile , è sempre un dato minuscolo nell ' incrocio delle forze , che si combinano , completano ed elidono a vicenda : - ma tutte queste vedute sono una vera e propria seccatura , per tutti quelli che han bisogno di confinare l ' universo intero nei termini della loro individua visuale ! Dunque si serbi alla storia il privilegio degli eroi , perché ai nani non sia tolta la fiducia di potersi mettere a cavallo delle proprie spalle per farsi vedere ; anche quando essi , secondo il detto di Jean Paul , non sian degni di arrivare all ' altezza delle proprie ginocchia ! E , di fatti , non si va a scuola da secoli , per sentirsi a dire , che Giulio Cesare fondò l ' impero , e Carlo Magno lo rifece ; che Socrate quasi quasi inventò la logica ; e Dante , cosi a un di presso , creò la letteratura italiana ? Gli è da assai poco tempo , che alla immaginazione mitologica degli autori della storia s ' è andata sostituendo , e fino ad ora in modi non sempre precisi , la nozione prosaica del processo storico - sociale . La Rivoluzione Francese non l ' han voluta e fatta , secondo le varie versioni della inventiva letteraria , i varii santi della leggenda liberalesca ; e santi di destra , e santi di sinistra , santi girondini e santi giacobini ? Tanto è , che il signor Taine - del quale non ho mai capito come , con la poca rassegnazione che mostra alla cruda necessità dei fatti , si dica che ei fosse un positivista - ha potuto spendere una parte non piccola del suo poderoso ingegno a dimostrate , come chi scrivesse l ' errata - corrige della storia , che tutta quella bagarre potea anche non accadere . Per buona fortuna loro , la più parte di cotesti vostri santi paesani si onorarono e si coronarono a vicenda , e a tempo debito , del dovuto martirio ; ond ' è che le regole della classicità tragica rimasero per essi gloriosamente intatte : - se no , chi sa quanti imitatori di Saint - Just ( uomo sommo per davvero ) non sarebbero finiti fra i manutengoli del turpe Fouché , e quanti complici di Danton ( un grande uomo di stato mancato ) non avrebbero contesa al Cambacérès la cancelleresca livrea , quando altri molti non si fossero contentati di disputare all ' avventuroso Drouet , e a quel bieco commediante del Tallien , i modesti galloni del sottoprefetto . Insomma , affannarsi ad occupare i primi posti è cosa di rito e di prammatica per tutti quelli , che , avendo imparato la storia di vecchio stile , s ' accordano ancora con quel retore di Cicerone nel proclamarla maestra della vita . E a ciò fare bisogna moraliser le socialisme . La morale non ha forse insegnato per secoli , che bisogna rendere a ciascuno secondo il merito suo ? Un tantino di paradiso non volete serbarcelo ? - mi pare di sentire a dire ; - e se anche s ' ha da rinunciare al paradiso dei credenti e dei teologi , non ci si ha da serbare un po ' di pagana apoteosi in questo mondo ? Non barattiamo , dunque , tutta la morale degli onesti compensi : - almeno una buona poltrona , od un palco di prima fila , nel teatro delle vanità ! Ed ecco perché le rivoluzioni , per tante altre ragioni necessarie ed inevitabili , anche per questo rispetto sono utili e desiderabili : perché , a guisa di grossa scopa , spazzano dal terreno i primi occupanti , o per lo meno rendono l ' aere più respirabile , come accade dei temporali per cresciuto ozono . Non dite voi forse , e assai giustamente , che tutta la questione pratica del socialismo ( e per pratica intendete , senza alcun dubbio , quella che piglia lume dai dati intellettuali di una coscienza rischiarata dal sapere teoretico ) si riduce e compendia in questi tre punti : a ) il proletariato ha esso di già raggiunta la coscienza chiara della sua esistenza come classe indivisibile ? b ) ha esso tanta forza da poter entrare in lotta con le altre classi ? c ) è esso in grado di rovesciare , insieme con la organizzazione capitalistica , tutto il sistema della ideologia tradizionale ? E sta benissimo ! Ora il proletariato che arrivi a conoscere perspicuamente ciò che esso può , ossia che s ' avvii a saper volere ciò che può : - quel proletariato , insomma , che si metta in carreggiata per riuscire a risolvere ( qui uso il gergo un po ' sciatto dei pubblicisti ) la così detta questione sociale , quel proletariato dovrà proporsi di eliminare , fra le altre forme di sfruttamento del prossimo , eziandio questa della vanagloria e della presunzione , e della singolare concorrenza che c ' è tra coloro , che s ' inscrivono da sé sul libro d ' oro dei benemeriti della umanità . Anche quel libro va messo in falò , con tanti altri che han titolo di libri del debito pubblico . Ma per ora sarebbe opera vana il provarsi a fare intendere , a tanti e tanti di costoro , questo principio schietto di etica comunistica : che , cioè , la gratitudine e l ' ammirazione conviene aspettarsele come doni spontanei dal prossimo nostro ; - né molti di costoro si tratterrebbero dal mettere le mani avanti , per sentirsi a ripetere , in nome di Baruch Spinoza , che la virtù è premio a se stessa . En attendant , dunque , che in una società migliore della nostra non rimangano altri oggetti all ' ammirazione degli uomini , se non quelli degnissimi - che so dire ? - , per es . , le linee del Partenone , i quadri di Raffaello , i versi di Dante e di Goethe , e quanto di utile , di certo , di definitivamente acquisito presenti la scienza , non ci è dato per ora d ' impedire a quanti abbiano fiato da spendere , e carta stampata da mettere in circolazione , di pavoneggiarsi in nome di tante e tante belle cose - umanità , giustizia sociale e simili - e anche in nome del socialismo , come accade specie a quelli che s ' inscrivono da concorrenti a l ' ordre pour le mérite e alla legion d ’ onore , della futura , ma non molto prossima , rivoluzione proletaria . Figurarsi se costoro non dovessero subodorare nel materialismo storico la satira di tutte le loro vuote arroganze e futili ambizioni , e non avessero da avere in uggia questa nuova specie di panteismo , dal quale , con licenza parlando , è sparito - appunto perché esso è ultraprosaico - perfino il riverito nome di dio . Una grave circostanza è qui da aggiungere . In tutte le parti dell ' Europa civile gl ' ingegni - veri o falsi che si siano - han molti e molti modi di occuparsi nei servizii dello stato , e in tutto ciò che di proficuo e di onorifico può loro offrire la borghesia ; la quale , per dir vero , non è tanto prossima a tirar le cuoia , come si dànno ad intendere alcuni allegri facitori di strampalate profezie . Non è dunque da meravigliare che Engels ( pag . IV della prefazione al III vol . del Capitale - notate bene - in data del 4 ottobre 1894 ) scrivesse così : “ Come nel secolo XVI , così nel nostro tempo tanto agitato , non vi ha nel campo degl ' interessi pubblici dei puri teorici se non dal lato della reazione ” . Queste parole , per quanto chiare altrettanto gravi , basterebbero da sole a turar la bocca a quelli che vanno sbraitando , esser già tutta l ' intelligenza passata dalla parte nostra , e che la borghesia abbassi oramai le armi . Il vero è precisamente il contrario : nelle nostre file c ' è da per tutto scarsezza di forze intellettuali , per quanto gli operai genuini , per ispiegabile sospetto , spesso strepitino qua e là contro i parleurs e lettrés del partito . Non c ' è dunque da inarcar le ciglia , se il materialismo storico sia così poco progredito dalle prime e generali enunciazioni . E volendo pur passar sopra a quelli che ne han fatto argomento di semplici ripetizioni o di travestimenti , che qualche volta rasentano il burlesco , ci tocca di confessare , che nella somma di tutto ciò che se n ' è scritto di serio , di congruo e di corretto , non c ’ è ancora l ' insieme di una dottrina uscita già dallo stadio della prima formazione . Non è chi oserebbe fra noi di far confronti col darwinismo , che in poco men di quarant ' anni ha avuto tale e tanto sviluppo intensivo ed estensivo , che oramai , per la copia dei materiali , per la molteplicità dei riattacchi ad altri studii , per le varie correzioni metodiche e per la interminabile critica sortavi dentro e dattorno , quella dottrina ha giù una storia gigantesca . Tutti quelli che son fuori del socialismo ebbero ed hanno interesse a combattere , a svisare o per lo meno ad ignorare questa nuova dottrina ; e ai socialisti , e per le ragioni dette e per altre molte , non è stato dato di spenderci attorno il tempo , le cure e gli studii che occorrono , perché un indirizzo mentale acquisti ampiezza di sviluppi e maturità di scuola , come accade delle discipline , che protette , o per lo meno non combattute dal mondo ufficiale , crescono e prosperano per la cooperazione assidua di molti collaboratori . La diagnosi del male non è una mezza consolazione ? Non usano forse così ora con gli ammalati i medici , dacché divennero , come sono difatti al presente , più ispirati nella pratica terapeutica al sentimento scientifico dei problemi della vita ? Al postutto , dei varii effetti che il materialismo storico può produrre , alcuni soltanto si prestano a raggiungere un grado notevole di popolarità . Di certo , con l ' aiuto di tale nuova orientazione dottrinale , si riuscirà a scrivere dei libri di storia meno inconcludenti di quelli che di solito scrivono i letterati addestrati a cotesta arte coi soli mezzi della filologia e della erudizione . E , passando sopra alla consapevolezza che i socialisti d ' azione possono ritrarre dall ' analisi accurata del terreno su cui lavorano , non c ' è dubbio che il materialismo storico , o per diretto o per indiretto , ha già esercitato su molte menti un grande influsso , e ne eserciterà col tempo uno ancor maggiore , per quanto si attiene agli studii veri e proprii di storia economica , e a quelli di interpretazione prammatica dei moventi e delle ragioni intime , e per ciò più remote , di una determinata politica . Ma tutta la dottrina nel suo intimo , o nel suo insieme , tutta la dottrina , intendo dire , insomma , come filosofia - e adopero questa parola con molta apprensione di poter esser frainteso , ma non ne saprei trovare di altra , e , se scrivessi in tedesco , direi più volentieri Lebens - und Weltanschauung , ossia concezione generale della vita e del mondo - non mi pare che possa entrare tra gli articoli della coltura popolare . Oltre che ad apprendere cotesta filosofia occorre un discreto sforzo di menti già addestrate alle difficoltà e alla combinatoria del pensiero ; il maneggiarla , poi , può esporre gl ' ingegni troppo facili e troppo correnti alle comode conclusioni a spropositare di santa ragione ; e noi non vorremmo renderci , né promotori , né complici di tal nuova ciarlataneria letteraria . II . Roma , 24 aprile ‘97 Ed ora permettetemi di passare alla considerazione di certe cose prosaicamente piccole , ma che , come assai spesso accade delle cose piccole nelle faccende grosse del mondo , hanno assai peso nel fatto nostro . Gli scritti di Marx e di Engels - tanto per tornare a loro , che sono principalmente in causa - furon essi mai letti per intero da nessuno , il quale si trovasse fuori della schiera dei prossimi amici ed adepti , e quindi , dei seguaci e degl ' interpreti diretti degli autori stessi ? Furono mai quegli scritti fatti tutti oggetto di commento e di illustrazione , da gente che si trovasse fuori del campo , che s ' è formato intorno alla tradizione della deutsche Socialdemokratie ; nella quale impresa di lavoro applicativo ed esplicativo ha per anni primeggiato soprattutto la “ Neue Zeit ” , magazzino indispensabile delle dottrine del partito ? Intorno a quegli scritti , in brevi parole , non si è formato , fuori che in Germania , ed anche ivi assai parzialmente , e qualche volta con modi non pienamente critici , ciò che i neologisti chiamano ambiente letterario . E poi la rarità di molti di quegli scritti , e anzi la irreperibilità di alcuni di essi ! C ' è molta gente al mondo , che abbia la pazienza di mettersi per degli anni , come toccò a me , alla ricerca di un esemplare della Misère de la philosophie , che fu solo assai di recente ristampata a Parigi , o di quel singolare libro che è la Heilige Familie ; e che sia disposta a durar più fatica per avere a disposizione un esemplare della “ Neue Rheinische Zeitung ” , di quella non tocchi , in condizioni ordinarie , a qualunque filologo o storico presentemente per leggere e studiare tutti i documenti dell ' antico Egitto ? A me che pure ho una certa pratica alquanto notevole dei libri e del modo di ricercarli , non è toccata mai briga più fastidiosa di cotesta . Il leggere tutti gli scritti dei fondatori del socialismo scientifico è parso fino ad ora come un privilegio da iniziati ! ( ) . Che maraviglia , dunque , se fuori della Germania , e quindi anche in Francia , e anzi in Francia segnatamente , molti e molti scrittori , e specie fra i pubblicisti , abbiano avuto la tentazione di ritrarre , o da critiche di avversarii , o da citazioni incidentali , o da frettolose illazioni ricavate da brani speciali , o da vaghi ricordi , gli elementi per foggiarsi un marxismo di loro invenzione e maniera ? Tanto più , poi , che , col sorgere in Francia ed in Italia di partiti socialistici , che dal più al meno sono in voce di rappresentare una esplicazione del marxismo , il che pare a me invero designazione inesatta , ai letterati d ' ogni maniera si offerse la comoda opportunità di credere o di far credere , che in ogni discorso di propagandista o di deputato , in ogni enunciato di programma , in ogni articolo di giornale , in ogni atto di partito , ci fosse come l ' autentica e ortodossa rivelazione della nuova dottrina , esplicantesi nella nuova chiesa . Alla Camera Francese non si fu due anni fa quasi quasi sul punto di discutere della dottrina del valore di Marx ... come se fossimo a Bisanzio ? E che dirvi di tanti professori italiani , che han citato e discusso per anni libri ed opuscoli , che notoriamente non eran mai giunti in questi nostri paraggi ; e specie dappoi che il signor Giorgio Adler ( ) scrisse quei suoi due libri alquanto superficiali quanto inconcludenti , nei quali però egli offerse ai ricercatori di comoda erudizione e ai facitori di plagio i facili tesori della bibliografia e delle copiose citazioni : perché , a dir vero , quel signor Adler ha molto letto come ha molto peccato . Il materialismo storico , che poi in un certo senso è tutto il marxismo , prima che entrasse nell ' ambiente critico letterario degli atti a svolgerlo e continuarlo , è passato qui , fra noi popoli di lingue neolatine , attraverso ad una infinità di equivoci , di malintesi , di alterazioni grottesche , di strani travestimenti e di gratuite invenzioni : tutte cose coteste , che nessuno vorrà mettere a carico della storia del socialismo , ma che , in tutti i modi non poteano non tornare d ' impaccio ai volenterosi di farsi una coltura socialistica , specie se son persone che escano dalle file degli studiosi di professione . Voi sapete la fantastica storiella del biondo Marx inauguratore della Internazionale a Napoli nel 1867 , che fu raccontata dal Croce nel “ Devenir Social ” . Io di quelle storielle potrei narrarvene parecchie . Che dirvi dello studente corso anni fa a casa mia a vedere , una volta almeno de visu , la famigerata Misère de la philosophie ! Rimase sbalordito : “ dunque - diceva - è un libro serio di economia politica ? ” – “ E oltre che serio - soggiunsi io - di dicitura difficile , e in molti punti oscuro ” . Non si poteva capacitare . “ Vi aspettavate - gli dissi - un poema su gli eroi della soffitta , o un romanzo come quello del giovane povero ? ” Per fino quel bisbetico titolo di Heilige Familie ( Sacra Famiglia ) ha dato ad alcuni occasione di stranamente almanaccare . Singolare ventura di quella coterie di posthegeliani - tra i quali , del resto , era un uomo notevole e di valore , Bruno Bauer - che le sia toccato di passare ai posteri nel curioso persiflage che ne fecero i due giovani scrittori ! E dire che quel libro - che alla più parte dei lettori francesi apparirebbe duro , intricato ed incondito - non è veramente notevole , se non perché ci mostra come Marx ed Engels , liberi già dallo scolasticismo hegeliano , si andassero districando dall ' umanitarismo del Feuerbach , e , mentre s ' avviavano a quella che fu poi la dottrina loro , fossero ancora in certo tal quale modo intinti di quel socialismo vero , che più tardi essi stessi volsero in satira nel Manifesto . Ma a canto a queste storielle , tutte da ridere , qui in Italia se n ' è svolta una , che veramente non fa ridere : e intendo dire del caso Loria . Proprio in questi ultimi anni , nei quali , tra difficoltà grandissime , s ' è andato formando da noi un partito socialistico , che nei programmi e negl ' intenti , e , per quanto la condizione del paese lo consente , alla men trista anche nelle opere , risponde alle tendenze del socialismo internazionale , proprio in questi ultimi anni venne in capo a parecchi , o studenti , o quasi ex - studenti , di fare del signor Loria , ora l ' autentico autore delle dottrine del socialismo scientifico , ora l ' inventore della interpretazione economica della storia , ora tante e tante altre cose diverse , contrarie e contraddittorie : di modo che il Loria , a sua insaputa e senza merito o colpa sua , è passato a un tempo stesso ora per Marx , ora per anti - Marx , ora per vice - , per sopra - , o per sotto - Marx . Anche cotesto equivoco è oramai trapassato : e sia pace alla memoria sua . Da che i Problemi Sociali del signor Loria furono tradotti in francese , parrà strano a molti dei vostri compaesani , che quello scrittore sia potuto passare , non che per socialista in genere , la quale opinione può parere in fin delle fini atto o segno d ' ingenuità , ma anzi per un continuatore e correttore di Marx ; il che è veramente sproposito da far rizzare i capelli . Dunque , per tali aneddoti d ' intuitiva esemplarità , consolatevi per ciò che riguarda la Francia ; perché , non solo è vero , che intra Iliacos muros peccatur et extra , ma perché , in fin delle fini , nessuno che non appartenga alla categoria di quei folli , che sono i genii incompresi , può non convenire di questo principio : che non si arriva mai tardi al mondo per fare il dover suo . E anzi qui , in questo caso , si arriva tanto poco tardi , che , come Engels mi scriveva poche settimane prima di morire : noi siamo al primo cominciamento ancora ! E tanto , perché in questo primo cominciamento sia dato agli studiosi di occuparsi della dottrina in questione con piena cognizion di causa , col minimo d ' incomodo e col preciso possesso delle prime fonti , pare a me , che sarebbe dovere del partito tedesco di procurare una edizione completa e critica di tutti gli scritti di Marx e di Engels ; una edizione , voglio dire , che sia corredata , caso per caso , di prefazioni dichiarative , di indici di riferimento , di note e di rimandi . Sarebbe già un ' opera meritoria il togliere agli antiquarii di libri il modo di esercitare una indecente speculazione - ne so io qualcosa - su le rarissime copie degli scritti più antichi . Agli scritti già apparsi in forma di libri o di opuscoli converrebbe aggiungere gli articoli di giornali , i manifesti , le circolari , i programmi , e tutte quelle lettere , che , per essere di pubblico e di generale interesse , per quanto dirette a privati , hanno importanza politica o scientifica ( ) . A tale impresa non possono mettersi se non i socialisti di lingua tedesca . Non già che Marx ed Engels appartengano alla Germania soltanto , nel senso patriottico e sciovinistico , che ha per molti la parola di nazionalità . La forma dei loro cervelli , l ' andamento delle loro produzioni , l ' assetto logico dei loro modi di vedere , il loro senso scientifico e la loro filosofia , furono il portato ed il resultato della coltura tedesca : ma la sostanza di ciò che essi han pensato ed esposto è tutta nelle condizioni sociali , che s ' eran svolte fino agli anni più che maturi di loro vita per la massima parte fuori della Germania e segnatamente in quelle della grande rivoluzione economico - politica , che dalla seconda metà del secolo XVIII ebbe base e svolgimento soprattutto in Inghilterra ed in Francia . Essi furono , per ogni rispetto , spiriti internazionali . Ma , nulladimeno , solo fra i socialisti di lingua tedesca si trova , a cominciare dalla Lega dei Comunisti fino al programma di Erfurt e fino agli ultimi articoli del cauto , e ponderato Kautsky , quella continuità e persistenza di tradizione , e quel sussidio di costante esperienza che occorrono , perché l ' edizione critica trovi nelle cose stesse e nella memoria degli uomini i dati occorrenti a farla piena e viva . Né si tratta di scegliere . Tutta la operosità scientifica e politica , tutta la produzione letteraria , sia pur essa occasionale , dei due fondatori del socialismo critico , deve esser messa alla portata dei lettori . Non si tratta già di compilare un Corpus juris , né di redigere un Testamentum juxta canonem receptum ; ma di mettere insieme una elaborata raccolta di scritti , perché essi parlino direttamente a chiunque abbia voglia di leggerli . Solo così gli studiosi di altri paesi potranno avere a loro disposizione tutte le fonti , che altrimenti apprese , per via di incerte riproduzioni o di vaghi ricordi , han dato luogo a questo strano fenomeno , che non c ' era fino a poco tempo fa quasi scritto alcun di lingua non tedesca sul marxismo , che procedesse da una critica documentata ; specie se tali scritti uscivano dalla penna degli scrittori di altri partiti rivoluzionarii , o di altre scuole socialistiche . Il caso tipico è quello degli scrittori anarchisti , pei quali , specie in Francia ed in Italia , l ' autore del marxismo pare il più delle volte non sia esistito se non per essere lo staffilatore di Proudhon e l ' avversario di Bakunin , quando non divenga il semplice caposcuola di quella che agli occhi loro è la massima delle reità , ossia il rappresentante tipico del socialismo politico , e quindi - o infamia ! - anche parlamentare . Tutti cotesti scritti hanno un fondo comune ; e questo è il materialismo storico , inteso nel triplice aspetto , di tendenza filosofica nella veduta generale della vita e del mondo , di critica dell ' economia , che ha modi di procedimento riducibili in leggi solo perché rappresenta una determinata fase storica , e di interpretazione della politica , e soprattutto di quella che occorre e giova alla direzione del momento operaio verso il socialismo . Questi tre aspetti , che qui enumero astrattamente , come accade sempre per comodo di analisi , faceano uno nella mente degli autori stessi . Perciò quegli scritti , che , tranne il caso dell ' Antidühring di Engels e del primo volume del Capitale , non parranno mai ai letterati di tradizione classica come condotti secondo i canoni dell ' arte di faire le livre , sono in verità delle monografie , e nella più parte dei casi dei lavori d ' occasione . Ossia , sono i frammenti di una scienza e di una politica che è in continuo divenire ; e che altri - e non dico che ciò sia l ' affare del primo venuto - deve e può continuare . Per intenderli , dunque , a pieno , bisogna ricollegarli biograficamente ; e in tale biografia è come la traccia e l ' orma , e a volte l ' indice e il riflesso della genesi del socialismo moderno . Chi cotesta genesi non è in grado di seguire , cercherà in quei frammenti ciò che non c ' è , e non ci ha da essere : per es . , delle risposte a tutti i quesiti che la scienza storica e la scienza sociale possano mai offrire nella loro vastità e varietà empirica , o una soluzione sommaria dei problemi pratici d ' ogni tempo e d ' ogni luogo . A proposito ora , per es . , della questione d ' Oriente , nel discutere la quale alcuni socialisti offrono lo spettacolo singolare di una lotta fra l ' idiotismo e l ' avventataggine , si sente d ' ogni parte fare appello al marxismo ! ( ) . Difatti i dottrinarii e i presuntuosi d ' ogni genere , che han bisogno degl ' idoli della mente , i facitori di sistemi classici buoni per l ' eternità , i compilatori di manuali e di enciclopedie , cercheranno per torto e per rovescio nel marxismo ciò che esso non ha mai inteso di offrire a nessuno . Costoro intendono il pensato ed il saputo come cose che esistano materiatamente ; ma non intendono il pensare ed il sapere come operosità che siano in fieri . Costoro son metafisici , secondo il senso che Engels attribuisce a cotesta parola , e che , veramente , non è il solo che quella parola abbia o possa avere : secondo il senso , in somma , che Engels le attribuisce per via d ' una insistente amplificazione della caratteristica che Hegel applicava agli ontologisti come Wolf e simiglianti . Ma che forse Marx , nello scrivere da pubblicista insuperato , nel periodo di tempo dal 1848-60 , i suoi saggi di storia contemporanea e i suoi memorabili articoli di giornale , ebbe mai la pretesa di atteggiarsi a compiuto istoriografo ; la qual cosa non gli sarebbe forse riuscito d ' esser mai , non essendo questa la vocazione e l ' attitudine sua ? O che forse Engels , nello scrivere l ' Antidüring , che fino all ' ora presente è il più compiuto libro di socialismo critico , il quale reca a un di presso tutta quella filosofia che occorre alla intelligenza del socialismo stesso , s ' è mai sognato di descriver fondo , nel giro di così breve e squisitissimo lavoro , all ' universo scibile , e di segnare in perpetuo i termini della metafisica , della psicologia , dell ' etica , della logica e come altro si chiamino , o per ragioni intrinseche di obiettiva partizione , o per ripiego e comodo e vanità dei professanti l ' insegnamento , le sezioni dell ' enciclopedia ? O che è forse il Capitale una di quelle tante enciclopedie di tutto lo scibile economico , delle quali ora precisamente i professori , specie se tedeschi , van riempiendo il mercato ? Quell ' opera , per quanto vasta di tre volumi in quattro non piccoli tomi , può parere , a confronto di tali enciclopediche compilazioni , come rassomigliante ad una colossale monografia . Il suo soggetto principalissimo è la origine ed il processo del sopravvalore ( nell ' orbita , s ' intende , della produzione capitalistica ) , poi , dopo combinata la produzione con la circolazione del capitale , la spartizione del sopravvalore stesso . Sta come presupposto del tutto la teoria del valore , portata a compimento su la elaborazione che ne avea fatta la scienza economica per un secolo e mezzo : teoria che non rappresenta mai un factum empirico tratto dalla volgare induzione , né esprime una semplice posizione logica , come qualcuno ha almanaccato , ma è la premessa tipica , senza della quale tutto il resto non è pensabile . Le premesse di fatto , ossia il capitale preindustriale e la genesi sociale del salariato , sono i capisaldi della spiegazione storica dell ' iniziarsi del capitalismo attuale : - il meccanismo della circolazione , con le sue leggi secondarie e laterali , e da ultimo i fenomeni della distribuzione , guardati nei loro aspetti antitetici e di relativa indipendenza , formano il tramite e le illazioni , attraverso il quale e per le quali , si arriva ai fatti di configurazione concreta , come ce li porge il movimento apparente della vita di tutti i giorni . Il modo di rappresentazione dei fatti e dei processi è generalmente tipico , perché si suppongon sempre come già tutte esistenti in atto le condizioni della produzione capitalistica : ond ' è , che le altre forme di produzione vengono illustrate , o solo in quanto furono superate di già , e per il modo come furono superate , o in quanto , come residuo , tornan di limite e d ' impedimento alla forma capitalistica . Di qui il frequente passare attraverso alle illustrazioni di mera storia descrittiva per poi tornare , dalla dichiarazione delle premesse di fatto , alla esplicazione genetica del modo come quelle premesse , data la loro concorrenza e concomitanza , debbano funzionare tipicamente , formando esse la struttura morfologica della società capitalistica . Da ciò dipende , che quel libro , che non è mai dommatico , appunto perché critico , ed è critico , non nel senso subiettivo della parola , ma perché ritrae la critica dal moto antitetico e quindi contraddittorio delle cose stesse , anche nei punti nei quali arriva alla descrittiva storica non si perde nello storicismo volgare , il cui segreto è questo : rinunziare alla ricerca delle leggi del variare , e alle varietà semplicemente enumerate e descritte appiccicare l ' etichetta di processo storico , di sviluppo o di evoluzione . Il filo conduttore di questa genesi è il procedimento dialettico ; ed è questo il punto scabroso , che mette in tristissima condizione tutti i lettori del Capitale , che nel leggerlo vi portino dentro gli abiti intellettuali degli empiristi , dei metafisici , e dei padri definitori di entità concepite in aeternum . La fastidiosa questione che si è fatta da molti sulle contraddizioni , che , secondo loro ( ) , correrebbero fra il III e il I volume del Capitale ( qui intendo di parlare dello spirito della disputa e non delle particolari osservazioni perché , di fatti , il III volume è tutt ' altro che un lavoro compiuto , e può offrire materia di critica anche a chi professi in genere gli stessi principii ) , si vede come alla più parte di questi critici manchi la nozione esatta del procedimento dialettico . Le contraddizioni che essi notano non sono le contraddizioni del libro col libro stesso , non sono le infedeltà dell ' autore alle sue premesse e promesse : ma sono le stesse condizioni antitetiche della produzione capitalistica , che , enunciate in formule , si presentano allo spirito pensante come contraddizioni . Rata media di profitto in ragione della quantità assoluta del capitale impiegato , e , cioè , indipendentemente dalla varia composizione sua , ossia dalla proporzione fra capitale costante e capitale variabile ; - prezzi che si costituiscono sul mercato per via di medie , che oscillano con assai difforme oscillazione intorno al valore , e da questo si dilungano ; - interesse puro e semplice del danaro posseduto come tale , e abbandonato a prestito all ' industria degli altri ; - rendita della terra , cioè di ciò che non fu mai prodotto di alcun lavoro ; - queste ed altre smentite alla così detta legge del valore ( - gli è proprio quel termine di legge che imbroglia i cervelli di molti ! - ) son le antitesi stesse del sistema capitalistico . Queste antitesi , ossia l ' irrazionale , che , malgrado che paia irrazionale , esiste - a cominciare dal primissimo irrazionale , che cioè il lavoro del lavoratore salariato renda a chi lo piglia a mercede un prodotto superiore al costo ( salario ) - questo vasto sistema delle contraddizioni economiche ( per tale espressione sia reso onore a Proudhon ! ) è ciò che ai socialisti sentimentali , ai socialisti semplicemente ragionatori , e poi via via ai declamatori radicali , apparisce come l ' insieme delle ingiustizie sociali : - di quelle ingiustizie , che la onesta gente fra i riformatori vorrebbe eliminare con degli onesti ragionamenti di legge ! Chi confronti ora , alla distanza di cinquanta anni , la trattazione di coteste antinomie concrete nel III volume del Capitale con la Misère de la philosophie , è bene in grado di riconoscere in che consista il filo dialettico della trattazione . Le antinomie , che Proudhon volea astrattamente risolvere ( e per tale errore egli ha un posto nella storia ) come ciò che la ragion ragionante condanna in nome della giustizia , sono in fatti le condizioni della struttura stessa , in guisa che la contraddizione è nella stessa ragion d ' essere del processo . L ' irrazionale considerato come un momento del processo stesso , mentre ci libera dal semplicismo della ragione astratta , ci mostra , al tempo medesimo , la presenza della negatività rivoluzionaria nello stesso grembo della forma storica relativamente necessaria . Comunque sia di cotesta assai grave ed intricatissima questione di concezione processuale , che io non oserei di trattare a fondo come l ' incidente di una lettera , sta il fatto , che non è dato ad alcuno di distrarre le premesse , gli andamenti metodici , le illazioni e le conclusioni di quell ' opera , dalla materia in cui si svolge e dalle condizioni di fatto cui si riferisce , per ridurne la dottrina in una specie di volgata o di precettistica per la interpretazione della storia di qualunque tempo e luogo . Né si può dar frase più scipita e ridicola di quella che proclama il Capitale la Bibbia del socialismo . Già , la Bibbia , che è un insieme di libri religiosi e di trattazioni teologiche , l ' hanno fatta i secoli ! E ci fosse pure la Bibbia , col solo socialismo i socialisti non diverrebbero onniscienti ! Il marxismo - giacché questo nome è oramai adottabile come simbolo e compendio di un molteplice indirizzo e di una complessa dottrina - non è e non rimarrà tutto rinchiuso negli scritti di Marx e di Engels . Ci vorrà , anzi , molto , prima che esso divenga la dottrina piena e completa di tutte le fasi storiche già ridotte alle rispettive forme della produzione economica , e regola al tempo istesso della politica . A ciò fare occorre , o studio accuratamente nuovo di fonti , per chi voglia ingegnarsi a studiare il passato secondo l ' angolo visuale della nuova veduta storico - genetica , o speciali attitudini di orientazione politica in chi voglia praticamente operare al presente . Come quella dottrina è in sé la critica , così non può essere continuata , applicata e corretta , se non criticamente . Come si tratta di appurare e di approfondire determinati processi , così non c ' è catechismi che tenga , non c ' è generalizzazioni schematiche che valgano . Ne ho fatto la prova io quest ' anno . Mi proposi di trattare all ' Università della condizione economica dell ' Italia superiore e media in su la fine del XIII , e in sul cominciamento del XIV secolo , col principale intento di spiegare l ' origine del proletariato di campagna e di città , per trovar poscia una qualche prammatica spiegazione al sorgere di certe agitazioni comunistiche , e per dichiarare da ultimo le vicende assai oscure della eroica vita di Fra Dolcino . Fu certo intento mio d ' essere e rimanere marxista ; ma non posso non prendere sotto la mia responsabilità personale le cose che dissi a mio rischio e pericolo , perché le fonti su le quali mi toccava di lavorare son quelle che maneggiano tutti gli altri storici , d ' ogni altra scuola o indirizzo , e a Marx non aveva niente da chiedere , poiché lui non aveva niente da offrirmi nella fattispecie . Mi par quasi di aver risposto sufficientemente - sebbene per altri rispetti mi tocchi di continuare - alla domanda principale che ricorre non solo nella vostra Prefazione , alla quale io specialmente mi riferisco , ma in parecchi dei vostri scritti inseriti nel “ Devenir Social ” . La vostra domanda s ' aggira sempre su questo punto : per quali ragioni il materialismo storico ebbe fino ad ora così poca diffusione e così scarso sviluppo ? Con riserva delle cose che dirò in seguito - guardate che bella minaccia di ulteriore seccatura io vi faccio - voi non dovreste trovar fatica a rispondere ad un ' altra domanda , che vi siete fatta , specie nello scrivere ceste recensioni , e che suona a un di presso così - almeno in tali termini la tradurrei io - : come va che in tale imperfetta cognizione ed elaborazione del marxismo , tanti si sono affannati a completarlo , ora con Spencer , ora col positivismo in genere , ora con Darwin , ora con ogni altro ben di dio , dando segno di volere , chi sa mai , o italianizzare , o infranciosare , o russificare il materialismo storico ; mostrando , vale a dire , di dimenticare due cose , che questa dottrina reca in se stessa le condizioni e i modi della sua propria filosofia , ed è , cosi nella origine come nella sostanza , intimamente internazionale ? Ma anche per questo riguardo mi tocca di continuare . III . Roma , 10 maggio '97 Se i due autori del socialismo scientifico ( - adopero cotesta espressione non senza tema , che il mal uso che se ne va facendo possa averla resa in certo qual modo presso che risibile specie quando è usata a significare un certo che di scienza universale - ) fossero stati , non dirò santi di vecchia leggenda , ma per lo meno facitori di progetti e di sistemi , che per la forma classica dai precisi contorni si prestassero alla facile ammirazione ! Nossignore : essi furono critici e polemisti , non solo nello scrivere , ma perfino nell ' atto d ' operare , e non esibirono mai le proprie persone loro e le proprie idee ad esemplare od a modello : dichiararon sì le cose stesse , ossia i procedimenti storico - sociali , in senso rivoluzionario , ma con animo di chi non misuri i grandi rivolgimenti storici alla stregua della personale e fantastica impulsività . Inde le irae di molti ! Fossero stati per lo meno di quei professori umanissimi , che scendono di tanto in tanto dal piedistallo , per onorare di loro consigli il misero e meschino popolo , atteggiati , or d ' un modo or d ' un altro , a protettori e mecenati della question sociale ! Tutt ' all ' incontrario : - identificando se stessi con la causa del proletariato , essi furono tutt ' una cosa sola con la coscienza e con la scienza della rivoluzione proletaria . Rivoluzionarii per ogni rispetto compiuti ( ma non passionati e passionali ) , pur nondimeno non suggerirono mai , né piani combinatorii , né artificii politici , mentre del resto spiegavano teoreticamente e aiutavano praticamente la nuova politica , che il nuovo movimento operaio indica e precisa come una necessità attuale della storia . In altre parole , e può sembrare quasi incredibile , furon qualcosa di diverso e di più che dei semplici socialisti : e di fatti , molti non più che semplici socialisti , o rivoluzionarii ancor più semplici , li ebbero spesso , non dirò in sospetto , ma di certo in uggia e in avversione . Non ci sarebbe da finirla a volerle enumerar tutte le cagioni , che per lunghi anni ritardarono la discussione obiettiva del marxismo . Voi sapete bene che in Francia il materialismo storico è tutt ' ora trattato da parecchi scrittori , che pur sono nell ' ala sinistra dei partiti rivoluzionarii , non come usa di un portato dello spirito scientifico , sul quale la critica che attinga alla scienza abbia , come ha di fatto , l ' indubitabile diritto di esercitarsi , ma come tesi personale di due scrittori , che , per notevoli o grandi che si fossero , rimangon sempre due fra gli altri capiscuola del socialismo , per es . , due fra i tanti X … ( ) dell ' universo ! Per spiegarmi meglio , dirò , che contro di questa dottrina non si levarono soltanto tutte quelle buone o cattive ragioni , le quali di solito tornan di ostacolo e d ' indugio alle innovazioni del pensiero , proprio fra i dotti di mestiere ; perché assai spesso , anzi , le obiezioni nacquero da uno speciosissimo motivo , che cioè le teorie di Marx e di Engels fossero considerate come opinioni di compagni , e misurate quindi al sentimento di simpatia o di antipatia pratica che quei compagni destavano . Ecco le bizzarre conseguenze della democrazia prematura , che non ci sia dato di sottrarre proprio nulla al controllo degl ' incompetenti , nemmeno la logica ! Ma c ' è dell ' altro . All ' apparizione del primo volume del Capitale nel 1867 , i professori e gli accademici , specie quei di Germania , n ’ ebbero come un grave colpo sul capo . Era quello un tempo di languore per la scienza economica . La scuola storica non avea ancora prodotto in Germania i ponderosi e spesso utili lavori venuti in luce più tardi . In Francia , in Italia , nella Germania stessa , menavano vita rachitica i derivati volgarissimi di quella economia vulgaris , che fra il '40 e il '6o avea già obliterata la coscienza critica dei grandi economisti classici . L ' Inghilterra s ' era acquetata in Stuart Mill ; il quale , sebbene fosse un loico di professione , come accade d ' un noto tipo della nostra commedia , fra il sì e il no rimase sempre , nei punti decisivi , del parer contrario . Nessuno avrebbe pensato a quel tempo a questa neo - economica degli edonisti , sorta ora assai di recente . In Germania , dove , per ragioni evidenti , prima che altrove Marx dovea esser letto , e dove Rodbertus rimaneva quasi ignorato , spadroneggiavano i genii della mediocrità , e sopra tutti gli altri quel famoso emarginatore di note erudite e minute , via via apposte a paragrafi pieni zeppi di definizioni nominali e spesso insensate , che fu il signor Roscher . Il primo volume del Capitale parea proprio fatto a posta per preparare ai cervelli dei professori e degli accademici una triste delusione : essi , i dotti en titre , proprio nel privilegiato paese dei pensatori , dovean tornare a scuola ! O smarriti nei minuti particolari della erudizione , o vogliosi di convertire l ' economia in una scuola di apologetica , o imbarazzati a trovare le plausibili applicazioni di una scienza venuta d ' oltre mare alla vita assai difforme del proprio paese , tutti cotesti professori della terra dei dotti per eccellenza aveano dimenticata l ' arte dell ' analisi e della critica . Il Capitale li costringeva a studiar daccapo ; cioè a rifarsi su gli elementi primi . Perché quel libro , quantunque uscito dalla penna di un comunista estremo e risoluto , non recava tracce in sé di proteste o di progetti subiettivi , ma era l ' analisi spietatamente rigorosa e crudelmente obiettiva del processo della produzione capitalistica . Nel giornalista rivoluzionario del 1848 , nell ' espatriato del 1849 c ' era , dunque , qualcosa di assai più terribile che non la continuazione o il complemento di quel socialismo , che la letteratura borghese di tutto il mondo avea definito sogno da trapassati , e vicenda politica esaurita del tutto , dopo la caduta del Cartismo , e dacché trionfava in Francia il sinistro uomo del Colpo di stato . Bisognava , dunque , ristudiare l ' economia : cioè , questa rientrava in un periodo critico . A onor del vero , i professori di Germania , più tardi , e cioè dal '70 in poi , e con crescendo dall'80 in qua , alla revisione critica dell ' economia ci hanno atteso con la diligenza , con la persistenza , con la buona volontà , con la laboriosità , che i dotti di quel paese rivelan sempre in ogni ramo di studii . Sebbene quello che scrivono non possa esser quasi mai accettato senz ' altro da noi , gli è nondimeno indubitato , che per opera loro fu rimosso nuovamente il terreno dell ' economia , fra quelli che la coltivano da professori e da accademici , e che questa disciplina non può esser più ora mandata a mente come una ovvia pigrorum doctrina . Da ultimo , il nome di Marx è diventato tanto fashionable , da risuonare nelle aule accademiche qual tema prediletto di critica , di polemica e di rimando , e non più di semplice rimpianto e di volgare invettiva . Del ricordo di Marx è tutta inficiata al presente la letteratura sociale della Germania . Ma ciò non potea accadere nel 1867 . Il Capitale venne alla luce proprio in quel tempo , nel quale la Internazionale cominciava a far parlar di sé , e a breve andare apparve terribile , non solo per quello che intrinsecamente essa fu , e per ciò che sarebbe di fatti diventata , senza il grave colpo che le venne dalla guerra franco - prussiana e dal tragico incidente della Comune , ma anche per le focose amplificazioni di alcuni dei suoi componenti , e per le mene stupidamente rivoluzionarie di parecchi che v ' entrarono da intrusi . Non era forse notorio che l ’ Indirizzo inaugurale dell ’ Associazione dei Lavoratori ( del quale Indirizzo non è socialista che non abbia tuttora qualcosa da imparare ) era uscito dalla penna di Marx ; e non s ’ avea forse ragione di attribuire a lui gli atti e le deliberazioni più praticamente e politicamente risolute della Internazionale stessa ? Ora , mentre un rivoluzionario di indubitata lealtà e di singolare acume , quale fu Mazzini , potea permettersi di confondere la Internazionale , cui Marx rivolgeva l ' opera sua , con l ' Alleanza Bakuniniana , che maraviglia c ’ è , se i professori tedeschi s ' indugiassero tanto ad entrare nelle vie di una critica dottrinale con l ' autore del Capitale ? Com ' era possibile di venire così presto a patti di discussione , a tu per tu , con un uomo , che , mentre era , per così dire , impiccato in effigie in tutte le leggi d ' eccezione a uso Favre e consorti , ed era tenuto qual complice morale di tutti gli atti dei rivoluzionarii , compresi gli errori e le stravaganze di costoro , proprio nel medesimo tempo dava alla luce un libro magistrale , qual novello Ricardo , che studii impassibile i procedimenti economici , more geometrico ? Di qui un curioso metodo di polemica , cioè una specie di processo alle intenzioni dell ' autore ; cioè il tentativo di dare a credere , che quella scienza fosse stata , come a dire , escogitata per colorire delle tendenze : insomma , per molti anni , la polemica tendenziosa sostituita all ' analisi obiettiva ( ) . Ma il peggio gli è , che gli effetti di cotesta critica grossolanamente errata si fecero sentire proprio nelle menti dei socialisti , e specie in quelle della gioventù intellettuale , che fra il '70 e l'80 si volse alla causa del proletariato . Molti dei focosi rinnovatori del mondo di quel tempo lì , - e in Germania la cosa è più chiara , perché ha lasciato tracce di sé nelle polemiche del partito , e nella minuta letteratura - si misero su la via di proclamarsi seguaci delle teorie marxiste , pigliando proprio per moneta contante il marxismo più o meno inventato dagli avversarii . Il caso più paradossale di tutta la equivocazione sta in questo : che i correnti alle facili illazioni , come capita anche ora ai novellini , mescolando allora cose vecchie a cose nuove , credessero , che la teoria del valore e del sopravvalore , come si presenta di solito semplicizzata in facili esposizioni , contenga hic et nunc il canone pratico , la forza impulsiva , anzi la morale e la giuridica legittimità di tutte le rivendicazioni proletarie . Non è forse una grande ingiustizia , che milioni e milioni di uomini sian privati del frutto del loro lavoro ? L ' enunciato è tanto semplice e tanto pietoso , che tutte le nuove bastiglie dovranno cadere d ' un tratto innanzi alle nuove trombe di Gerico , scientificamente intonate ! Concorrevano in cotesta così spiccia semplificazione molti degli errori teorici di Lassalle ; così quelli che gli furon proprii per relativa inscienza ( - la legge ferrea del salario ! ossia una mezza verità relativa che diventa un totale errore , per manco di circostanziata specificazione - ) , come quelli che possono dirsi , nel caso suo , espedienti da agitatore ( - le famose cooperative sussidiate dallo stato - ) . Del resto , per chi si metta su la via di confinare tutta la profession di fede del socialismo nella semplicissima illazione , dallo sfruttamento riconosciuto , alla rivendicazione , sicura solo perché legittima , degli sfruttati , non ha che a fare un passo sul terreno assai liscio della logichetta , per ridurre tutta la storia del genere umano ad un caro di coscienza , e lo svolgersi successivo di tante forme di vita sociale come a tante variazioni di un continuato errore di contabilità . Fra il '70 e l'80 , e poco dopo , insomma , si andò formando intorno al vago concetto di un certo che , ossia del socialismo scientifico , una specie di neoutopismo , che , come i frutti fuor di stagione , fu veramente insipido . E che altro è l ' utopismo , cui manchi il genio di Fourier e l ' eloquenza di Considérant , se non cosa da ridere ? Di questo neoutopismo , che rifiorisce di tanto in tanto anche al presente , se ne sa non poco in Francia : se non altro per le lotte sostenute con altre sette e scuole da quei valorosi dei nostri amici , che nel programma del partito operaio rivoluzionario intesero e seppero pei primi condurre il socialismo su la linea della cosciente lotta di classe , e della progressiva conquista del potere politico da parte del proletariato . Solo nell ' esperienza di tale giostra pratica , solo nello studio cotidiano della lotta di classe , solo nella prova e riprova delle forze proletarie raccolte già in fascio e concentrate , ci è dato di verificare , les chances del socialismo : se no , si è e si rimane utopisti , anche nel riverito nome di Marx . Contro di cotesti neoutopisti , non altrimenti che contro i sopravvissuti delle vecchie scuole , e contro le varie deviazioni del socialismo contemporaneo , i due nostri autori aguzzaron sempre e di continuo gli strali della critica . Come nella loro lunga carriera fecero della loro scienza la guida della loro pratica , e dalla loro pratica trassero materia e indicazione ad una più approfondita scienza , come non trattaron mai la storia qual cavallo da inforcare e da mettere al trotto , né si dettero alla ricerca di formule atte a destare le momentanee illusioni ; così furono , per la necessità delle cose , portati a misurarsi in critica aspra , violenta , risoluta , con tutti quelli , che agli occhi loro apparivano capaci di nuocere al movimento proletario . Chi non ricorda ? - i proudhonisti per esempio , di qua , con la pretesa di distruggere lo stato astraendone ad arte , come chi chiuda gli occhi e finga di non vedere ; - di là quei blanquisti d ' un tempo , che lo stato voleano togliersi in mano per forza , per poi fare la rivoluzione ; - e Bakunin che si caccia surrettiziamente nell ' Internazionale , e costringe gli altri a scacciarnelo ; - e poi di qua e di là la pretesa delle tante scuole del socialismo , e la concorrenza di tanti capitani ! Da che Marx stritolò in una verbale polemica l ' ingenuo Weitling ( ) , fino alla sua terribile critica del programma di Gotha ( 1875 ) , apparsa poi invero assai tardivamente ( 1890 ) , la sua vita fu una continua lotta , non solamente con la borghesia e con la politica che questa rappresenta , ma ancora con le varie correnti , o rivoluzionarie o reazionarie , che a torto o per rovescio sono andate pigliando il nome di socialismo . Queste lotte si acuirono nella Internazionale , e dico di quella di gloriosa memoria , che lascia fino ad oggi traccia così grande di sé in tutta l ' azione odierna del proletariato , e non della caricatura che se ne fece dappoi . Lo strascico maggiore di polemiche contro il marxismo , ridotto , nella fantasia di certi critici , ad una semplice varietà di scuola politica , è dovuto alla tradizione di quei rivoluzionarii , che , specie nei paesi latini , riconobbero in Bakunin il loro duce e maestro . Gli anarchisti di oggi , che altro ripetono se non le querimonie e gli errori di quei tempi andati ? Forse venti anni addietro , fatta eccezione di quei dotti , che rimasticano a casa le cose lette nei libri , dei due fondatori del socialismo scientifico la generalità del pubblico italiano non risapea , se non quel tanto che s ' era serbato , per memoria , delle invettive di Mazzini e delle malignazioni di Bakunin . Ed ecco come il comunismo critico , che cosi tardi è stato ammesso agli onori della discussione nella cerchia della scienza ufficiale , ha avuto contro di sé , nel campo del socialismo stesso , la più grave delle avversità : la inimicizia degli amici . Tutte coteste difficoltà , o furono già superate , o sono in buona parte prossime a sparire . Non per la virtù intrinseca delle idee , che non ebbero mai né piedi per andare , né mani per afferrare , ma per il solo fatto , che , da per tutto dove son nati dei partiti socialistici , i programmi di questi partiti sono andati assumendo un comune indirizzo , è da ultimo accaduto , che i socialisti di tutti i paesi sian venuti a collocarsi , per la imperiosa suggestione delle cose , nell ' angolo visuale del Manifesto dei Comunisti . Non vi pare che io sia giunto in tempo opportuno a scrivere la commemorazione di questo ? Le classi degli sfruttatori van facendo alla massa degli sfruttati in ogni parte del mondo condizioni quasi da per ogni dove identiche : ond ' è , che da per tutto i rappresentanti attivi di questi sfruttati entrano nelle medesime vie di agitazione , e seguono gli stessi criterii di propaganda e di organizzazione . Ciò molti chiamano marxismo pratico e sia ! Che giova di litigar su le parole ? Quando anche il marxismo per molti si riduca alla semplice parola , anzi alla riverenza per il ritratto di Marx , per il suo busto in gesso , o per la sua effigie sul ciondolo ( - su cotesti innocenti simboli la polizia italiana esercita così spesso il suo buon umore - ) , il fatto è che cotesta unità simbolica sta a significare , che l ' unirà reale è per lo meno avviata , e che il proletariato di tutto il mondo è in atto di avvicinarsi , poco per volta , ad una certa similarità di tendenze ; ossia che in esso la internazionalità si elabora di lunga mano per ragioni obiettive . Coloro che usano il linguaggio dei decadenti della borghesia , scambiando , com ' è loro uso , la cosa col simbolo , vanno ora dicendo , che questo è il trionfo del signor Marx ; tal quale come se altri dicesse , che il cristianesimo è il trionfo ( e perché non dire a dirittura il successo ? ) del signor Gesù di Nazaret ; di un signor Gesù , che , deposto e destituito dalla qualità di figlio di dio fattosi uomo , divenga , come nello stile tra il molle e lo sdilinquito del vostro Renan un uomo così fanciullescamente divino da parere un iddio . Innanzi a questo esperimento intuitivo della politica del socialismo , il che è quanto dire della politica del proletariato , son cadute le vecchie divergenze delle scuole , alcune delle quali erano in fatto divarii e screziature di vanità letteraria , per cedere il posto alle utili divergenze , che nascono spontanee dal vario modo di trattare i problemi pratici . Nel fatto , in concreto , ossia nello svolgimento positivo e prosaico del socialismo , poco importa se tutti i suoi capi , condottieri , oratori e rappresentanti si conformino o non si conformino ad una dottrina , e ne facciano o non ne facciano professione palese . Il socialismo non è una chiesa , né una setta , cui occorra il dogma o la formula fissa . Se oggi da molti si parla del trionfo del marxismo , cotesta enfatica espressione , quando sia ridotta ad una forma crudamente prosaica , viene a dire che nessuno può essere d ' ora innanzi socialista , se non a patto di domandarsi ogni istante : in questa data situazione , che cosa conviene di pensare , di dire o di fare nell ' interesse del proletariato ? Non saran più possibili i dialettici , che siano in verità dei sofisti , come fu Proudhon , né gl ’ inventori di sistemi sociali subiettivi , né i facitori di rivoluzioni private ( ) . La indicazione pratica del fattibile è data dalla condizione del proletariato , e questa è apprezzabile e misurabile appunto perché c ' è la stregua del marxismo ( intendo qui la cosa effettuale e non il simbolo ) come dottrina progressiva . Le due cose , ossia il misurabile e la misura , fanno uno dal punto di vista generale del processo storico , specie quando siano considerate a conveniente distanza . E vedete di fatti , che , mentre i contorni del socialismo come azione pratica si vanno precisando , tutte le antiche poesie e ideologie si disperdono , lasciando dietro di sé la semplice traccia fraseologica . Al tempo stesso è cresciuto nel campo della scienza accademica , per tutti i versi e in tutti i sensi , il criticismo della dottrina economica . L ' esule Marx è tornato , dopo morto , nell ' ambito della scienza ufficiale ; per lo meno come avversario col quale non sia lecito di scherzare . E come per tante vie i socialisti sono arrivati alla coscienza prosaica di una rivoluzione , che non può esser macchinata , ma che si fa perché diventa , così s ' è andato lentamente preparando il pubblico , per il quale il materialismo storico risponde a un vero e proprio bisogno intellettuale . Negli ultimissimi anni , come vedete , furon molti quelli che in questa dottrina han messo bocca ; sia pur male , od a sproposito . Dunque , se guardate bene , non si arriva in ritardo . Da giovane io sentii più volte ripetere questa storiella , che , cioè , Hegel dicesse : un solo dei miei scolari mi ha capito . La storiella non si presta a verifiche , perché quel tale scolaro verissimo non fu fino ad ora identificato . Questa storiella può ripetersi all ' infinito , da sistema a sistema , e da scuola a scuola . Come in fatto di attività intellettuale non c ' è luogo alla suggestione , e come il pensiero non si trasfonde meccanicamente da cervello a cervello , così i grandi sistemi non si diffondono , se non per la similarità delle condizioni sociali , che vi dispongano e v ' inclinino molte menti in uno e medesimo tempo . Il materialismo storico si allargherà , si diffonderà , si specificherà , avrà esso stesso una storia . Forse da paese a paese avrà modalità e colorito diverso . E ciò non sarà gran male ; purché rimanga in fondo il nocciolo , che n ' è , come a dire , tutta la filosofia . Per es . , dei postulati come questi : - nel processo della praxis è la natura , ossia l ' evoluzione storica dell ' uomo : - e dicendo praxis , sotto questo aspetto di totalità , s ' intende di eliminare la volgare opposizione tra pratica e teoria : - perché , in altri termini , la storia è la storia del lavoro , e come , da una parte , nel lavoro così integralmente inteso è implicito lo sviluppo rispettivamente proporzionato e proporzionale delle attitudini mentali e delle attitudini operative , così , da un ' altra parte , nel concetto della storia del lavoro è implicita la forma sempre sociale del lavoro stesso , e il variare di tale forma : - l ' uomo storico è sempre l ' uomo sociale , e il presunto uomo presociale , o supersociale , è un parto della fantasia : - e così via . E ... qui faccio punto , principalmente per non ripetermi , e per non ripetere a voi buona parte delle cose che ho messo nei due saggi : - del che voi non sentite , mi pare , il bisogno , e io , veramente , nemmeno . IV . Roma , 14 maggio '97 Mi pare - tanto per tornare al primitivo argomento - che a voi stia in cima dei pensieri questa domanda : per quali vie , e in quali modi , sarebbe dato di avviare in Francia una scuola del materialismo storico ? Non so se sia lecito a me di rispondere al quesito , senza aver l ' aria di gareggiare con quei giornalisti di vecchio stampo , i quali davano , tanto sicuri di sé , consigli all ' Europa , col grave rischio di rimanere , e difatti rimanevano , quasi sempre inascoltati . Mi ci proverò modestamente . Innanzi tutto mi sembra non debba esser cosa difficile si trovino in Francia editori e librai , i quali stampino e diffondano delle accurate traduzioni degli scritti di Marx , di Engels , e di quanti altri occorra . Sarebbe , per cominciare , il cominciamento migliore . Capisco che nell ' arte del tradurre si va incontro a delle curiose difficoltà . Sono oramai trentasette anni dacché leggo in tedesco , e m ' è parso sempre di osservare , che a noi popoli di lingue latine capiti addosso uno strano smarrimento delle attitudini linguistiche e letterarie , quante volte traduciamo da quell ' idioma . Ciò che in tedesco è vivo , trasparente , efficace , diventa assai spesso , per es . , in italiano , frigido , senza rilievo , e qualche volta a dirittura come di gergo . In coteste traduzioni , parlo s ' intende delle comuni e correnti , va perduto , con gli effetti della insinuazione , l ' affiato della persuasiva . In un vasto lavoro di popolarizzazione , com ' è quello cui accenno , occorrerebbe , salva sempre la integrità testuale degli scritti da tradurre , che le prefazioni , le note , i commenti offrissero i surrogati a quel facile processo di assimilazione , che è implicito e pronto già nelle scritture , le quali sian native del paese stesso . Le lingue non sono , in verità , le accidentali varianti dell ’ universale volapük ; e , anzi , sono assai più che dei semplici mezzi estrinseci di comunicazione e di significazione del pensiero e dell ' animo . Son condizioni e limiti dell ' attività nostra interiore , la quale ha per ciò , come per tante altre ragioni , modi e forme nazionali non di mero accidente . Se ci sono internazionalisti che ciò ignorino , costoro han da chiamarsi a dirittura confusionisti ed amorfisti ; come quelli che ritraggono i loro insegnamenti , non dai vecchi apocalittici , ma da quello speciosissimo Bakunin , che invocava per fino la egalizzazione dei sessi . Dunque , nella assimilazione delle idee , dei pensieri , delle tendenze , dei propositi , che sian venuti a maturità di espressione letteraria in terreno di lingue straniere , c ' è come un caso alquanto scabroso di pedagogica sociale . E , giacché cotesta espressione m ’ è uscita dalla penna , permettetemi io vi contessi , che quando io esamino dappresso la storia precedente e le presenti condizioni della Socialdemokratie tedesca , non è l ' incremento continuo dei successi elettorali che mi riempia proprio principalmente l ' animo di ammirazione e di viva speranza . Più che almanaccare su quei voti come arra dell ' avvenire , secondo i calcoli qualche volta fallaci della illazione e della combinatoria statistica , mi sento ripieno di viva ammirazione per questo caso veramente nuovo ed imponente di pedagogica sociale : e , cioè , che in così stragrande numero di uomini , e segnatamente di operai e di piccoli borghesi , si formi una coscienza nuova , nella quale concorrono , in egual misura , il sentimento diretto della situazione economica , che induce alla lotta , e la propaganda del socialismo , inteso come meta o punto d ' approdo . Questa divagazione mi fa nascere un ricordo . Io fui qui in Italia , o il primo , o certo fra i primi , a richiamare , con lo scritto e con la parola , più volte e insistentemente , l ' attenzione di quella parte degli operai nostri , che erano e son capaci di muoversi su la linea della moderna lotta proletaria , verso l ' esempio della Germania . Ma ... non mi passò mai per il capo di credere , che l ' imitazione dispensi alcuno dalla spontaneità : non mi son mai sognato si dovesse seguire l ' esempio di quei frati e preti , che furon per secoli i quasi esclusivi educatori dell ' Italia già decaduta , e allegramente fabbricavano i poeti , dando ad imparare a mente l ' Arte poetica di Orazio . Sarebbe curioso , che tu , benemerito , operosissimo e sagacissimo Bebel , apparissi qui fra noi in veste di novello Orazio ! - ne strabilierebbe perfino il mio amico Lombroso , che odia il latino più della pellagra . C ' è delle altre difficoltà più intime , in breve , e di maggior portata e di maggior peso . Dato pure il caso che editori e librai , abili e solerti , si dessero la briga di diffondere , non che nella sola Francia , negli altri paesi civili ancora , le traduzioni di tutti gli scritti del materialismo storico , ciò varrebbe solo a stimolare , ma non già a formare e fermare nelle rispettive nazioni le energie fattive , che producono e tengono in rigoglio un indirizzo del pensiero . Pensare è produrre . Imparare è produrre riproducendo . Noi non sappiamo bene e davvero , se non ciò che noi stessi siam capaci di produrre , pensando , lavorando , provando e riprovando ; e sempre per virtù delle forze che ci son proprie , nel campo sociale e dall ' angolo visuale in cui ci troviamo . E poi la Francia , con la sua grande storia , con la sua letteratura , che fu così dominante per secoli , con la sua ambizione patriottica , e con quella sua così propria differenziazione etnico - psicologica , che si riflette per fino nei prodotti più astratti del pensiero ! Non starò proprio , io italiano , ad assumermi le parti di difensore di quei vostri sciovinisti , ai quali voi infliggete così meritato biasimo . Ma ricordiamo pure ciò che accadde nel secolo passato . Il pensiero rivoluzionario derivò da più parti del mondo civile , dall ' Italia , dall ' Inghilterra , dalla Germania , ma non fu europeo , se non a patto di plasmarsi in ispirito francese ; e la rivoluzione europea fu la rivoluzione francese . Questa gloria imperitura della vostra nazione pesa , come tutte le glorie su la nazione stessa , quale incubo di radicato pregiudizio . Ma i pregiudizii non sono anch ' essi delle forze , se non altro in quanto sono degl ' impedimenti ? Parigi non sarà più il cervello del mondo ; anche perché il mondo non ha cervello , se non nella fantasia di certi speciosi sociologisti ( ) . Né Parigi è tuttora , né sarà più in avvenire , la santa Gerusalemme dei rivoluzionarii d ' ogni parte del mondo - come parve un tempo che fosse . Già la futura rivoluzione proletaria non avrà niente che la riavvicini ad apocalittico millennio : e poi , oggi , i privilegi son finiti non meno per le nazioni che per gl ' individui . Così giustamente osservava l ' Engels ; e del resto varrebbe la pena che i francesi leggessero ciò che egli scriveva nel 1874 a proposito dei blanquisti , aizzanti all ' immediata riscossa proprio a poco andare dalla catastrofe della Comune ( ) . Ma tutto sommato ... e fatto calcolo delle condizioni proprie dell ' agricoltura e dell ' industria francese , le quali han ritardato per tanto tempo la concentrazione del movimento operaio , e data pure la sua buona parte di torto ai varii capisetta e capiscuola , che tennero per così gran tempo scisso e spartito il socialismo francese , sta sempre il fatto , che il materialismo storico non potrà farsi strada fra voi , finché avrà l ' aria d ' essere il semplice elaborato mentale dei due tedeschi di grande ingegno . Con questa espressione Mazzini appunto acuiva i risentimenti nazionali contro i due autori ; i quali , da comunisti e materialisti com ' erano , parean fatti a posta per iscombussolare l ' idealistica formula di patria e dio . Fu per questo rispetto quasi tragica la sorte dei due fondatori del socialismo scientifico . Passarono più volte pei due tedeschi agli occhi di tanti , che furon sciovinisti per fino fra i rivoluzionarii , anzi passarono per organi del pangermanismo nelle invettive di quel Bakunin , che ebbe l ' animo così disposto ad inventare ... per non dir altro : essi , i due tedeschi , che nella patria , dalla quale usciron da esuli fin dagli anni della prima gioventù , incontrarono lo studiato silenzio di quei professori , ai quali è atto di patriottismo l ' esercizio del servilismo ! Quei professori , in fondo , si vendicavano . Difatti nel Capitale , nel quale tutta la trattazione s ' inradica nelle tradizioni della economia classica , non esclusi gli scrittori ingegnosi e spesso geniali che ebbe l ' Italia nel secolo XVIII , non si parla se non con sovrano disprezzo dei signori Roscher e compagni . Engels , che con tanta cura e con tanta abilità di ampliamenti espositivi si sforzò di rendere popolari i resultati delle ricerche dell ' americano Morgan , chiuso com ' era nella persuasione , che ciò che egli giustamente chiamava filosofia classica fosse giunta alla sua dissoluzione in Feuerbach , scrivendo l ' Antidühring mostrò noncuranza , dirò francamente eccessiva , per la filosofia contemporanea ( - noncuranza spiegabile in lui , ma non scusabile , anzi ridicola , negli altri socialisti , che per imitazione l ' affettano - ) , ossia per la neocritica dei suoi connazionali . Cotesta sorte tragica fu come insita alla missione loro . Essi furon con l ' animo e con la mente rivolti del tutto alla causa del proletariato d ' ogni nazione : e perciò i prodotti della scienza loro hanno in ogni nazione quel pubblico soltanto , che vi si vada reclutando tra quelli che sian capaci di una consona rivoluzione intellettuale . In Germania , ove per condizioni storiche speciali , e soprattutto perché la borghesia non v ' è mai riuscita a spezzare per intero la compagine dell ' Ancien Régime ( vedete che quell ' imperatore può tenervi impunemente il linguaggio d ' un vice - nume , e non è poi in verità che un Federico Barbarossa fattosi commesso viaggiatore dell ' in German made ) , la democrazia sociale s ' è ridotta e fermata in serrata falange , era ben naturale che le idee del socialismo scientifico trovassero favorevole il terreno alla normale e progressiva diffusione loro . Ma nessuno dei socialisti tedeschi - spero almeno - si sognerà mai di considerare le idee di Marx e di Engels al semplice ragguaglio dei diritti e dei doveri , dei meriti e dei demeriti , dei Camarades de Parti . Ecco per es . che cosa Engels scriveva , e non è gran tempo ( ) : Si noterà come in tutti questi articoli io mi chiami , non democratico - sociale , ma comunista . E ciò perché a quel tempo si davano il nome di democratici sociali , in molti paesi , di quelli che non aveano scritto su la loro bandiera l ' appropriazione di tutti i mezzi di produzione da parte della società . Per democratico - sociale s ' intendeva in Francia un repubblicano democratico , che avesse delle simpatie più o meno genuine , ma che rimanevano pur sempre indeterminate , per la classe operaia ; gente , insomma , come Ledru - Rollin del 1848 , e come i radicali socialisti del 1874 , che erano intinti di proudhonismo . In Germania chiamavansi democratici - sociali i lassalliani : ma , sebbene la gran massa di essi andasse a grado a grado riconoscendo la necessità della socializzazione dei mezzi di produzione , pur nondimeno le cooperative di produzione , sussidiate dallo stato rimanevano il punto essenziale del programma del partito nella sua azione pubblica . Era dunque per me e per Marx assolutamente impossibile di scegliere un termine di tale elasticità a designazione dei nostro specifico punto di vista . Oggi è tutt ' altro , e la parola può passare ; sebbene sia pur sempre disadatta a significare un partito il cui programma è , non genericamente socialistico , ma direttamente comunistico , e la cui finale meta politica è di superare ogni forma di stato , e quindi anche la democrazia . I patrioti - e non uso punto a dileggio cotesta parola - hanno , mi pare , di che consolarsi e confortarsi . Non è detto in conclusione che il materialismo storico sia il patrimonio intellettuale di una sola nazione , o che debba rimanere in privilegio d ' una clique , d ' una consorteria o d ' una setta . Esso , innanzi tutto , appartiene nella sua origine obiettiva alla Francia , all ' Inghilterra e alla Germania , in eguale misura . Non starò qui a ripetere ciò che dissi in altra lettera , della forma di pensiero che derivossi nella mente dei nostri due autori per lo stadio a cui era giunta , nella loro giovinezza , la coltura intellettuale dei tedeschi , e la filosofia in ispecie , mentre l ' hegelismo appunto , o si perdeva nei rigagnoli di una nuova scolastica , o dava luogo ad un nuovo e più poderoso criticismo . Ma era pur lì la grande industria inglese con tutte le miserie che l ' accompagnavano , e col contraccolpo ideologico di Owen , e con quello pratico dell ' agitazione cartista . Ma eran pur lì le scuole del socialismo francese , e la tradizione rivoluzionaria dell ' Occidente , che si derivava già nelle forme del comunismo d ' indole modernamente proletaria . Che cos ' è il Capitale , se non la critica di quella economia , che , come rivoluzione pratica e come rappresentazione teorica di questa stessa rivoluzione , era venuta a piena maturità nella sola Inghilterra , fin verso il '60 , e in Germania cominciava appena ? Che cosa è il Manifesto dei Comunisti , se non la chiusa e la esplicazione del socialismo , o latente , o palese nei movimenti operai di Francia e d ' Inghilterra ? Ma tutte queste cose furono continuate e portate a compimento di critica , la filosofia di Hegel non esclusa , con quella critica immanente , che è la dialettica con le sue inversioni ; ossia , per via di quel negare , che non è contenziosa e avvocatesca contrapposizione di concetto a concetto , di opinione ad opinione , ma che invece invera ciò che nega , perché in ciò che nega e supera , trova o la condizione ( di fatto ) , o la premessa ( concettuale ) del procedere stesso ( ) . Francia e Inghilterra possono ripigliare , senza parere che compiano un atto di mera imitazione , la loro parte nella elaborazione del materialismo storico . Perché i francesi non avrebbero oramai da scrivere dei libri veramente critici su Fourier e Saint - Simon , in quanto furono , e nella misura in cui furono , veri precursori del socialismo contemporaneo ? Non c ’ è occasione a lavorare letterariamente sui moti rivoluzionarii dal 1830 al 1848 , in modo si veda , che la dottrina del Manifesto non fu la negazione di quelli , ma il loro aboutissant è risolvente ? A riscontro di quel 18 Brumaio di Marx , che , pur essendo uno scritto genialissimo , e nell ' intento suo insuperabile , riman sempre un opuscolo di occasione e di tinta pubblicistica , non sarebbe il caso di comporre una meditata storia del Colpo di stato ? Ma la Comune non aspetta ancora la sua definitiva trattazione critica ? Ma la Grande Rivoluzione , intorno alla quale esiste una letteratura colossale , quanto all ' insieme , e singolarmente minutissima quanto ai particolari , fu mai fino ad ora trattata a fondo in tutto l ' intrinseco del sommovimento delle classi che vi presero parte , e come caso esemplare di sociologia economica ? A farla breve , tutta la storia moderna di Francia e d ' Inghilterra non offre essa forse agli studiosi un più largo e sicuro capitolo d ' illustrazioni al materialismo storico , di quello che non potessero fino a poco tempo fa offrirlo le condizioni della Germania ? Queste furono , nel fatto , dalla guerra dei trent ’ anni in poi , grandemente intricate pei sopraggiunti impedimenti allo sviluppo , e nelle teste di quelli , che sopra luogo le osservarono , rimasero quasi sempre come involute in varie specie di nebulosità ideologica - nebulosità che muoverebbe a riso i cronisti fiorentini del secolo XIV . Mi son fermato su questi particolari , non per darmi l ' aria di consigliere della Francia , ma per aver modo di osservare da ultimo , che , data la forma dei cervelli di lingue latine , non è cosa agevole il fare entrare in essi le nuove idee , se altri s ' indugi a rappresentarle esclusivamente come forme astratte del pensiero ; mentre riescono a penetrarvi , con pronto e suggestivo effetto , quando vengano plasmate in racconti e in esposizioni , che in qualche modo rassomiglino ai prodotti dell ' arte . Torno per un momento su la questione del tradurre . L ' Antidühring è il libro che prima di ogni altro conviene che entri nella circolazione internazionale . Pochi libri io conosco , che possano stargli a paro , per densità di pensiero , per molteplicità di punti di vista , per duttilità di penetrazione suggestiva . Può essere una medicina mentis per la gioventù intellettuale , che di solito si volge , incerta di sé e con criterii assai vaghi , a ciò che genericamente ha nome di socialismo : e così fu nel tempo in cui apparve , come ne andò scrivendo un tre anni fa il Bernstein , in una specie di commemorazione pubblicata nella “ Neue Zeit ” . Nella letteratura socialistica rimane quello il libro insuperato . Ma quel libro non è tetico , anzi è antitetico . Salvo i brani isolabili , come son quelli i quali presero corpo di opuscolo per sé stante , che fa da un pezzo il giro del mondo ( Del passaggio del socialismo dall ' utopia alla scienza ) , quel libro ha a suo filo conduttore la critica del signor Dühring , in quanto ei fu inventore di una filosofia e d ' un socialismo a modo suo . Or qual persona , che non viva nella cerchia dei professanti scienza , e quanti non tedeschi hanno proprio il dovere d ’ interessarsi del signor Dühring ? Ogni nazione ha , pur troppo , i suoi Dühring . Un Engels di altra nazione , chi sa quali altri anti - chi sa che cosa avrebbe scritto o scriverebbe . L ' effetto vero di quel libro mi pare debba esser questo su i socialisti di altri paesi e lingue , che li abiliti a fornirsi di quelle attitudini critiche , che giovano per iscrivere tutti gli altri anti - x occorrenti a combattere ogni altra qualche cosa , che imbarazzi od inficii il socialismo , in nome di tante sociologie pullulanti d ' ogni parte . Le armi e i modi della critica devono , da paese a paese , subire la legge della variabilità e dell ' adattamento . Curare il malato e non la malattia ; - in ciò consiste la modernità della medicina . A fare altrimenti di così , si rischia d ' incorrere nella sorte toccata agli hegeliani , che vennero su in Italia dal 1840 al 1880 , e specie nel Mezzogiorno , anzi a Napoli . Furono in parte dei semplici epigoni , ma alcuni furono pensatori di polso . Nel tutt ' insieme rappresentavano una corrente rivoluzionaria di gran conto , a petto del tradizionale scolasticismo , dello spiritualismo alla francese e della filosofia del così detto buon senso . Di tal movimento pur qualcosa s ' è risaputo in Francia ; perché fu uno di questi hegeliani , e non il più profondo e forte di tutti , il Vera ( ) , che dette alla Francia appunto le più leggibili traduzioni , con copiosissimi commenti , di alcune delle opere fondamentali di Hegel . Di tutto quel movimento s ' è perduta ora da noi la traccia e la memoria , nel giro di così pochi anni . Gli scritti di quei pensatori non si trovano che dai rivenditori di anticaglie e di bagattelle librarie . Cotesta dispersione nel nulla di tutta una attività scientifica , non certo irrilevante , non è solo dovuta alle vicende non sempre belle e laudabili della vita universitaria , né al solo dilagare epidemico del positivismo che manda qua e là frutti che paiono scienza da demi - monde , ma a ragioni più intrinseche . Quegli hegeliani scrissero , e insegnarono , e disputarono come se stessero , non a Napoli , ma a Berlino , o non so dove . Conversavano mentalmente coi loro Camarades d ’ Allemagne ( ) . Rispondevano dalla cattedra o negli scritti alle obiezioni di critici noti a loro soltanto ; facendo così un dialogo , che a lettori e uditori parea monologo . Non riuscirono a plasmare le loro trattazioni e la loro dialettica in libri , che apparissero qual nuovo acquisto intellettuale della nazione . Cotesto non piacevole e non lusinghiero ricordo mi stava innanzi alla mente , quando , quasi repugnante , mi misi a scrivere il primo dei due miei saggi di materialismo storico , ai quali ora non c ' è ragione io non ne faccia succedere degli altri . Mi domandava più volte : ma da che parte devo rifarmi , per dir cose , che ai lettori italiani non tornino ostiche , straniere e strane ? Mi dire che io son riuscito : e così sia . Non sarebbe un caso singolare di scortesia , che io volessi ribattere , ragionando , da arbitro , di me e delle lodi che voi mi fate ? Nel leggere - così scrivevo a un di presso cinque anni fa ad Engels la Heilige Familie , mi son ricordato degli hegeliani di Napoli , in mezzo ai quali io vissi da giovanissimo , e mi pare di avere inteso e assaporato quel libro , più che non possa riuscire a molti , cui mancano al presente i dati proprii e intuitivi di quel curioso umorismo . Mi parea di averla vista io stesso da vicino quella curiosa coterie di Charlottenburg , da Marx e da voi così singolarmente persiflée . Mi si ripresentava allo spirito , più che tutti gli altri , un professore di estetica , originalissimo e genialissimo uomo , che deduceva i romanzi di Balzac , costruiva la cupola di S . Pietro e disponeva in serie genetica gl ' istrumenti musicali ; e pian piano , di negazione in negazione , e con la negazione della negazione , giunse da ultimo alla metafisica dell ' inconoscibile , che , ignaro come ei fu sempre dello Spencer , e anzi a guisa di uno Spencer non glorificato , chiamò l ' innominabile . Anch ' io da giovane vissi in quella specie di palestra , e non me ne rincresce ; vissi per anni con l ' animo diviso fra Hegel e Spinoza : di quello difesi , con giovanile ingenuità , la dialettica contro lo Zeller che iniziava il neokantismo ; di questo sapevo a memoria gli scritti , e ne esposi , con intendimento di innamorato , la teoria degli affetti e delle passioni . Ora tutte coteste cose mi tornano nella memoria come lontanissima preistoria . Avrò subita anch ' io la mia negazione della negazione ? Voi mi spronate a scrivere di comunismo : ma io temo sempre di far di cosa di nessun valore quanto alle forze mie , e di poco effetto quanto all ' Italia . E lui a rispondermi ... ; ma qui faccio punto . Mi pare sia cosa presso che incivile il riprodurre senza urgente ragione di pubblico interesse , le lettere private , specie a breve tempo dalla morte di chi le scrisse . In tutti i casi , anche stralciando da tali lettere private ciò che può esservi di puramente occasionale , e serbandone solo ciò che è di dottrina e di scienza , esse fan sempre poca fede e son di poco peso , a fronte degli scritti meditatamente destinati alla pubblicità . Col crescere dell ' interesse per il materialismo storico , e nel difetto di una letteratura , che estesamente e partitamente lo illustri , s ' è dato il caso che Engels , negli ultimi anni di sua vita , qual professore che non sieda in cattedra , fosse interrogato , e anzi tormentato di continuo con infinite domande da parte di molti , che si iscrivevano spontanei da studenti liberi nella vagante ed eslege Università del socialismo . Di qui le lettere che furon pubblicate , e quelle altre molte , che son rimaste inedite . In quelle tre lettere , che il “ Devenir Social ” riprodusse recentemente da una rivista di Berlino e da un giornale di Lipsia , apparisce chiaro come fosse in lui una certa temenza , che il marxismo diventasse troppo presto una dottrina a buon mercato . A molti dei professanti la scienza , non nella vagante Università del popolo di là da venire , ma in questa che realmente esiste nella presente società ufficiale , capita d ' esser messi fra l ' uscio e il muro dagli studenti e dagli studiosi , perché , uno pede stantes , rispondano ad ogni quesito , come chi avesse stampata nel cervello la ragione universale delle cose . I più vanitosi fra i professori , per non ismentire la ieratica sacramentalità della scienza , e come se questa consistesse del tutto nella materialità del conosciuto , e non principalmente nella virtuosità e correttezza formale dell ' atto del sapere , rispondono difilato , riuscendo a fare assai di sovente la satira di se stessi , da imitatori del saporitissimo Mefistofele in maschera di maestro in tutte e quattro le facoltà . Pochi hanno la socratica rassegnazione di rispondere : non so , ma so di non sapere , e so che si potrà sapere , ed io stesso potrò sapere , se avrò compiuti gli atti di sforzo , ossia di lavoro , che occorre per sapere , - e se mi date degli anni indefiniti , con l ' indefinita attitudine dell ' applicazione metodica del lavoro , io potrò indefinitamente saper quasi tutto . Ed ecco in che cosa consiste quel capovolgimento pratico della teorica della conoscenza , che è insito al materialismo storico . Ogni atto di pensiero è uno sforzo ; cioè un lavoro nuovo . A compierlo occorrono innanzi tutto i materiali dell ' esperienza depurata , e gl ' istrumenti metodici , resi familiari e maneggevoli dal lungo uso . Non c ' è dubbio , che il lavoro compiuto , ossia il pensiero prodotto , agevoli i nuovi sforzi diretti alla produzione di novello pensiero ; in prima , perché i prodotti precedenti rimangono obiettivati nei mezzi intuitivi dello scritto e delle altre arti rappresentative , e , in secondo luogo , perché l ' energia in noi internamente accumulata penetra e investe il nuovo lavoro , qual ritmo del procedimento , nella qual cosa ( ossia nel ritmo ) consiste appunto il metodo della memoria , del ragionamento , dell ' espressione , della comunicativa , e così via . Ma macchine pensanti non si diventa mai ! Tutte le volte che ci mettiamo nuovamente a pensare , oltre che ci necessitano sempre i mezzi e gl ' incentivi esterni ed obiettivi della materia empirica , ci occorre ancora uno sforzo adeguato per passare dagli stati più elementari della vita psichica a quello stadio superiore derivato e complesso , che è il pensiero , nel quale non possiamo mantenerci , se non per atto di attenzione volontaria , che ha intensità e durata di speciale e non sorpassabile misura . Cotesto lavoro , che a noi si rivela nella nostra diretta ed immediata coscienza , qual fatto , che ci concerna solo in quanto siamo persone singole e circoscritte dalla nostra naturale individuazione , non si avvera in ciascun di noi , se non in quanto noi siamo appunto , nell ' ambiente della convivenza , esseri socialmente e quindi anche storicamente condizionati . I mezzi della convivenza sociale , che sono , da un lato le condizioni e gl ' istrumenti , e dall ' altro i prodotti della collaborazione variamente specificata , costituiscono , al di là di ciò che offre a noi la natura propriamente detta , la materia e gl ' incentivi della nostra formazione interiore . Di qui nascono gli abiti secondarii , derivati e complessi , pei quali , di là dai termini della nostra corporea configurazione , sentiamo il nostro proprio io come la parte di un noi , il che vuol dire , in concreto , di un modo di vivere , di un costume , di una istituzione , di uno stato , di una chiesa , di una patria , di una tradizione storica , e così via . In coteste correlazioni di consociazione pratica , che corrono da individuo a individuo , han la loro radice e hanno il loro fondamento obiettivo e prosaico tutte quelle varie rappresentazioni ideologiche di spirito pubblico , di psiche sociale , di coscienza etnica , e così via , intorno alle quali , come gente che pigli per enti e sostanze i rapporti e le relazioni , speculano , da metafisici di pessima scuola , i sociologisti e psicologisti , che io chiamerei simbolisti e simboleggianti . In questi medesimi rapporti pratici nascono le comuni correnti , per le quali il pensiero individuo , e la scienza che ne deriva , son vere e proprie funzioni sociali . E così siamo daccapo nella filosofia della praxis , che è il midollo del materialismo storico . Questa è la filosofia immanente alle cose su cui filosofeggia . Dalla vita al pensiero , e non già dal pensiero alla vita ; ecco il processo realistico . Dal lavoro , che è un conoscere operando , al conoscere come astratta teoria : e non da questo a quello . Dai bisogni , e quindi dai varii stati interni di benessere e di malessere , nascenti dalla soddisfazione o insoddisfazione dei bisogni , alla creazione mitico - poetica delle ascoste forze della natura : e non viceversa . In questi pensieri è il segreto di una asserzione di Marx , che è stata per molti un rompicapo , che egli avesse , cioè , arrovesciata ( ) la dialettica di Hegel : il che vuol dire , in prosa corrente , che alla semovenza ritmica d ' un pensiero per sé stante ( - la generatio aequivoca delle idee ! - ) rimane sostituita la semovenza delle cose , delle quali il pensiero è da ultimo un prodotto . In fine , il materialismo storico ? ossia la filosofia della praxis , in quanto investe tutto l ’ uomo storico e sociale , come mette termine ad ogni forma d ' idealismo , che consideri le cose empiricamente esistenti qual riflesso , riproduzione , imitazione , esempio , conseguenza o come altro dicasi , d ' un pensiero , come che siasi , presupposto , così è la fine anche del materialismo naturalistico , nel senso fino a pochi anni fa tradizionale della parola . La rivoluzione intellettuale , che ha condotto a considerare come assolutamente obiettivi i processi della storia umana , è coeva e rispondente a quell ' altra rivoluzione intellettuale , che è riuscita a storicizzare la natura fisica . Questa non è più , per alcun uomo pensante , un fatto , che non fu mai in fieri , un avvenuto che non è mai divenuto , un eterno stante che non proceda , e molto meno il creato d ' una volta sola , che non sia la creazione di continuo in atto . V . Roma , 24 maggio '97 Ripigliando al punto dov ' ero rimasto l ' altra volta , mi pare voi abbiate pienamente ragione di rimettere in campo il problema della filosofia in generale . Mi riferisco , così dicendo , non solo alla vostra Prefazione , che io vado quasi moltiplicando di effetto in questo mio prolungato conversar per iscritto , ma anche ad alcuni vostri articoli nel “ Devenir Social ” , e , inoltre , a parecchie delle lettere private , che avete avuto la cortesia d ’ indirizzarmi . Vi dà pensiero , in fondo , che il materialismo storico possa apparire come campato in aria , fino a che abbia di contro a sé delle altre filosofie , con le quali non armonizzi , e fino a quando non si trovi modo di sviluppare la filosofia , che gli è propria , come quella che è insita ed immanente ai suoi assunti e alle sue premesse . Ho capito bene ? Voi accennate esplicitamente alla psicologia , all ' etica , e alla metafisica . Con quest ' ultimo termine intendete di significare ciò che io , per effetto di altri abiti dello spirito e di altre maniere di trattazione didattica , chiamerei per es . : Dottrina generale , o della Conoscenza , o delle Forme fondamentali del pensiero , e cosi via , a un di presso , o per eccesso di cautela , o per tema di non incorrere in equivocazione , ed anche per non urtare in certi pregiudizii . Passo , però , sopra a cotesti accessorii terminologici ; tanto perché noi , in fatto di scienza , non siam tenuti a starcene al significato che i termini hanno nella comune esperienza e nella comune intuizione ( quando , come nella vita ordinaria , non c ' è dato di chiamare altrimenti che pane il pane ) ; ma quei significati fissiamo noi stessi , ponendo e sviluppando i concetti , che vogliamo compendiariamente formulare con una parola di convenzione . Si starebbe freschi a voler dedurre il significato ed il contenuto per es . della chimica dall ' etimo di tal parola : ci troveremmo di faccia all ' Egitto antichissimo , anzi al nome che significa la terra gialliccia dai due lati delle sponde del Nilo e fino ai monti ! Vi lascio in pace in compagnia della parola metafisica , se in questa v ' accomoda d ' acquietarvi . Frivolezze ! Se un estensore di catalogo cacciasse domani nella rubrica dei metà physiká i Primi principii dell ' oramai indispensabile Spencer , non farebbe nulla di più e nulla di meno di quel che fece il bibliotecario ai Pergamo nell ' appiccicare cotale etichetta a quei vani trattati di prima filosofia ( Aristotele non usa altro termine a denotarli ) , che nessuna cura di vecchi commentatori , né di critici moderni , è riuscita a ridurre mai alla trasparenza e conseguenza di libro giunto a perfezione . Chi sa quanti sarebbero lieti ora di scovrire , che in fin delle fini il vecchio Stagirita , che ha ingombrato di sé le menti degli uomini per tanti secoli , ed è stato insegna a tante battaglie dello spirito , non fu se non un altro Spencer d ' altri tempi , che , magari per sola colpa dei tempi , scrisse in greco , e anche maluccio . La tradizione non dee pesare sopra di noi come un incubo , come un impedimento , come un impaccio , come oggetto di culto e di stupida reverenza ; e siamo bene intesi di ciò : - ma , d ' altra parte , la tradizione è ciò che ci tiene nella storia , il che è quanto dire , che è ciò che ci ricollega alle condizioni faticosamente acquisite , le quali agevolano il lavoro nuovo e rendono possibile il progresso . A fare altrimenti si è bestie ; perché il solo lavorio secolare della storia differenzia noi dagli animali . E poi , inoltre , nessun che si metta a studiare , sia pur nel modo più concreto , empirico , particolare , minuto e circostanziato , un qualunque lato della realtà , può rifiutarsi mai di ammettere , che a un certo punto si è come assaliti dal bisogno di ripensare alle forme generali ( ossia alle categorie ) , che son ricorrenti negli atti particolari del pensiero ( unità , pluralità , totalità , condizione , fine , ragion d ' essere , causa , effetto , progressione , finito , infinito e così via ) . Ora , per poco che in questa nuova curiosità ci soffermiamo , i problemi universali della conoscenza ci s ' impongono ; ossia , ci appariscono come necessariamente dati : - e in questa inevitabile suggestione ha origine e sede anche ciò che voi chiamate metafisica , e che può chiamarsi altrimenti . Tutto sta a sapere come cotesti dati vengano poi da noi maneggiati . La nota caratteristica , parlando , s ' intende , molto genericamente , del pensiero classico ( dico dei greci ) , è una certa ingenuità nell ' uso e nella trattazione di tali concetti . La nota caratteristica della filosofia moderna , e qui di nuovo molto per le generali , è il dubbio metodico , e quindi il criticismo , che accompagna , a guisa di sospettosa cautela , l ' uso di tali forme , così nell ' intrinseco , come nella portata estensiva . Ciò che decide di tale passaggio dalla ingenuità alla critica è la osservazione metodica ( scarsa per estensione e per sussidii negli antichi ) , e , più che l ' osservazione , l ' esperimento volontariamente e tecnicamente condotto ( che mancò quasi del tutto agli antichi ) . Sperimentando , noi diventiamo collaboratori della natura ; - noi produciamo ad arte ciò che la natura da per sé produce . Esperimentando ad arte , le cose cessan dall ' esser per noi dei meri obietti rigidi della visione perché si vanno , anzi , generando sotto la nostra guida ; e il pensiero cessa dall ' essere un presupposto , o un ' anticipazione paradigmatica delle cose , anzi diventa concreto , perché cresce con le cose , a intelligenza delle quali viene progressivamente concrescendo . L ' esperimento ad arte e metodico finisce da ultimo per indurci nella persuasione di questa verità semplicissima : che anche prima che nascesse la scienza , e in tutti gli uomini che alla scienza non arrivano , le attività interiori , compreso l ' uso della ovvia riflessione , sono come un venir crescendo , per la sollecitazione dei bisogni , di noi in noi stessi , e cioè un generarsi di nuove condizioni , successivamente elaborate ( ) . Anche per questo rispetto il materialismo storico è la chiusa di un lungo sviluppo . Esso giustifica perfino il processo storico del sapere scientifico facendo questo sapere qualitativamente consono e quantitativamente proporzionale alla capacità del lavoro ; cioè facendolo rispettivo ai bisogni . Torno a voi , e vi do ragione per la staffilata che aggiustate all ' agnosticismo . Esso è il pendant inglese del neokantismo tedesco : con un notevole divario però . Questo , il neokantismo , non rappresenta , in conclusione , se non una corrente accademica , che ci ha dato , con una più chiara conoscenza di Kant , una utile letteratura da eruditi ; mentre quello , l ' agnosticismo , per la sua diffusione popolare , è un fatto sintomatico della presente condizione di certe classi sociali . I socialisti avrebbero tutte le ragioni di credere , che quel fatto sintomatico sia uno degli indizi della decadenza della borghesia . Fa , certo , un malinconico contrasto con la eroica securtà del vero , che assiste il pensiero nei prodromi della storia moderna ( Bruno e Spinoza ! ) , con l ' asseveranza da Convenzionali , che fu propria dei pensatori del secolo passato fino a venir poi giù giù alla filosofia classica di Germania , ed anche con la precisione dei metodi esplorativi , i quali hanno ai tempi nostri allargato di tanto il dominio del pensiero su la natura . Ha l ' aria della paurosa rassegnazione . Manca del carattere essenziale ad ogni filosofia , secondo Hegel , ossia del coraggio della verità . Un qualcuno di quei marxisti , che inducono così senz ' altro , a bruciapelo , dalle condizioni economiche ai riflessi ideologici , come chi issofatto traducesse i segni stenografici , potrebbe quasi dire , che cotesto Inconoscibile , tanto celebrato da una vasta setta di quietisti della ragione , è segno già che lo spirito dell ' epoca borghese non è più atto a guardare perspicuamente nell ' ordinamento del mondo , perché il capitalismo , dal quale esso toglie l ' orientazione , è già in se fradicio ; e , per ciò , molti , nell ' istintiva coscienza della prossima rovina , si dànno ad una specie di religione dell ' imbecillità . Simile asserto potrebbe sembrare per fino ingegnosamente bello , pur rimanendo non dimostrabile : sebbene poi rassomigli a molte delle sciocchezze , che furon dette da tanti in nome dell ' interpretazione economica della storia ( ) . E invece , io dico , che cotesto agnosticismo ci rende un grande servigio . Fermandosi gli agnosticisti a dire e a ripetere , che non è dato di conoscere la cosa in sé , l ' intimissimo della natura , la causa ultima e il fondo dei fenomeni , essi per un ' altra via , ossia a modo loro , come gente , cioè , che rimpianga l ' impossibile , vengono a quello stesso resultato al quale arriviamo noi , non con rimpianto ma da realisti che non cercano l ’ aiuto della immaginazione , e cioè : che non si può pensare se non su quello che noi possiamo sperimentare , in lato senso , noi stessi . Guardiamo a ciò che è accaduto nel campo della psicologia ; fu fugata , da un canto , la illusione ideologica , che i fatti psichici si spieghino assumendone a sostanziale subietto un ente iperfisico ; - fu bandita , dall ' altro canto , la volgarità , più materiale che materialistica , essere il pensiero una secrezione del cervello ; - fu fissata l ' inerenza dei fatti psichici nello specificato organismo , in quanto l ' organismo stesso è un processo di formazione , e in quanto i fatti psichici sono la interiorità dell ' attività dei nervi , ossia questa attività in quanto è coscienza ; - fu respinta la grossolana ipotesi del materialismo semplicistico , che cotesta interiorità , la quale si conserva e si complica , per il solo fatto che noi ne scovriamo giorno per giorno le rispettive condizioni nei centri nervosi , in quanto è interiorità , ossia funzione di coscienza , possa essere estensivamente osservata ; - ed eccoci arrivati alla scienza psichica , che è impreciso , per non dire erroneo , di chiamare psicologia senza l ' anima , ma bisogna denominare scienza dei prodotti psichici senza il mito della sostanza spirituale . Quando Engels nell ' Antidühring usava della parola metafisica in senso peggiorativo , intendeva appunto di riferirsi a quelle maniere di pensare , ossia di concepire , di inferire , di esporre , che son l ' opposto della considerazione genetica , e quindi ( subordinatamente ) dialettica delle cose . Tali maniere son contrassegnate da questi due caratteri : in prima dal fissare , come per sé stanti , e del tutto indipendenti l ' uno dall ' altro , quei termini del pensiero , i quali in verità son termini solo in quanto rappresentano i punti di correlazione e di transizione ai un processo ; e , in secondo luogo , nel considerare quei termini stessi del pensiero come un presupposto , un ' anticipazione , o anzi un tipo od un prototipo della povera e parvente realtà empirica . Nel primo rispetto , per es . , causa ed effetto , mezzo e fine , ragion d ' essere e realtà , e così via , si presentano allo spirito soltanto come termini distinti , e quindi diversi , e alcune volte opposti ; quasiché si desser cose , che siano per sé esclusivamente cause ed altre che siano per sé esclusivamente effetti , e così di seguito . Nel secondo caso pare come se il mondo dell ' esperienza ci si andasse disintegrando e scindendo innanzi agli occhi in sostanza ed accidenti , in cosa in sé e fenomeno , in possibilità e in ovvia esistenza . Tutta cotesta critica si risolve nell ' esigenza realistica di considerare i termini del pensiero , non come cose ed entità fisse , ma come funzioni ; perché quei termini hanno valore , solo in quanto noi abbiamo qualcosa da pensare attivamente , e siamo in effettivo atto di pensare , procedendo . Cotesta critica dcll ' Engels , che per molti rispetti è specificabile e precisabile ancora , e soprattutto per ciò che riguarda la origine di cotesto pensare metafisicamente , ripete a modo suo la opposizione hegeliana fra l ' intendimento , che fissa gli opposti come tali , e la ragione , che gli opposti rimette in serie di processo ascendente - ( la divina arte di conciliare gli opposti , direbbe Bruno - omnis determinatio est negatio , diceva Spinoza ) . Cotesta metafisica , sensu deteriori , ha alla lontana una qualche analogia con la origine dei miti . S ' inradica nella teologia , in quanto questa è diretta a rendere plausibili al ragionamento formale i dati ( subiettivi sì , ma che l ' autoillusione fa parere obiettivi ) del credere . Quanti miracoli non ha fatto il quasi - mito dell ' eterno logos ? Tale metafisica , in senso diremo oramai dispregiativo , come stadio e come intoppo di un pensiero ancora in formazione , ricorre in ogni ramo del sapere . Quanto sforzo non è costato alla riflessione dottrinale , nel campo della linguistica , l ' andar sostituendo alla illusione paradigmatica delle forme grammaticali la genesi di queste : genesi che va psicologicamente cercata ed accertata nel vario atteggiarsi del parlare , che è un fare ed un produrre , e non un semplice factum ? Così fatta metafisica , in senso d ' ironia , esiste ed esisterà forse sempre nei derivati verbali e fraseologici dell ' espressione del pensiero ; perché la lingua , senza della quale noi non potremmo , né addivenire alla precisione ai quello , né formularne la manifestazione , al tempo stesso che dice , altera ciò che esprime , ed ha perciò sempre in sé il germe del mito . Sprofondiamoci pur quanto si voglia nella teoria più generale delle vibrazioni , noi diremo sempre : la luce produce questo effetto : il calore opera così . Si ha sempre la tentazione , o per lo meno si corre il pericolo , di sostantivare un processo , o i termini di esso . Le relazioni , per via di una illusionale proiezione , divengono cose , e queste cose escogitate divengono , alla volta loro , soggetti operanti . Se facciamo attenzione , a questa così frequente ricaduta del nostro spirito nell ' esercizio prescientifico dei mezzi verbali , noi ritroviamo in noi stessi i dati psicologici del modo come si originarono , in altre circostanze e tempi , le obiettivazioni delle forme del pensiero stesso in enti e in entità , come è il caso tipico delle idee platoniche : e lo dico tipico perché è il più plastico fra tutti . Di tale metafisica , in quanto essa è la immaturità di una mente non ancora scaltrita dall ' autocritica , e non rafforzata dall ' esperimento , è piena tutta la storia ; che appunto per ciò , come per tanti altri motivi , è anche superstizione , mitologia , religione , poesia , fanatismo delle parole , e culto delle vuote forme . Lascia , cotale metafisica , le sue tracce anche in ciò che ai tempi nostri chiamiamo orgogliosamente scienza . Non aduggia essa forse il campo della economia politica ? Quel danaro , che , da semplice mezzo di scambio qual è in prima , si fa capitale , solo in quanto è in funzione col lavoro produttivo , non diventa forse , nella fantasia degli economisti , capitale ab origine , che per un diritto innato getti interesse ? Ecco il gran significato di quel capitolo di Marx , dove si parla del capitale come di feticcio ( ) Di questi feticci è piena la scienza economica . La qualità di merce , che è propria del prodotto del lavoro umano , solo in un certo rispetto storico , - e , ossia , in quanto gli uomini vivono in un certo dato sistema di correlazione sociale , - diventa una qualità intrinseca ab aeterno al prodotto stesso . Il salario , che non è concepibile , se a determinati uomini non è imposta la necessità di darsi a mercede ad altri uomini , diventa una categoria assoluta , cioè un elemento d ' ogni guadagno ; e perfino l ' intraprenditore capitalista si adorna del titolo di un che ritragga da se stesso un più alto salario ! E poi la rendita della terra : - della terra , dico ! Non ci sarebbe da venirne mai alla fine , se si volesse enumerarle tutte coteste trasformazioni metaforiche dei rapporti relativi in eterni attributi degli uomini o delle cose . Ma che non è diventata la lotta per l ' esistenza nel volgare darwinismo ? - un imperativo , un comando , un fato , un tiranno ; e addio le empiriche circostanze del topo e della gatta , della nottola e dell ' insetto , della erbaccia e del trifoglio . L ' evoluzione , ossia l ' espressione compendiaria d ' infiniti processi , che dan luogo a tanti problemi circostanziati e non ad un singolo teorema , non si trasforma spesso , fantasticamente , nella Evoluzione ? Per fino nelle volgarizzazioni della sociologia marxista , le condizioni , i rapporti , le correlatività di coesistenza economica acquistano - forse il più delle volte per insufficienza stilistica degli espositori - un certo che di fantasticamente soprastante a noi ; come se nel problema ci fossero altri dati da questi in fuori : persone e persone , cioè inquilini e padroni di casa , proprietarii e fittaioli , capitalisti e salariati , signori e servitori , sfruttati e sfruttatori , cioè , in una parola , uomini ed uomini , che , in precise condizioni di tempo e di luogo , trovansi in varia dipendenza fra loro , per l ' uso così e così distribuito e collegato dei mezzi necessarii all ' esistenza . La indubbia ricorrenza del vizio metafisico , che alcune volte a dirittura confina con la mitologia , ci dee rendere indulgenti verso le cause e condizioni , o direttamente psichiche o più generalmente sociali , che per tanto tempo ritardarono in passato l ' apparizione del pensiero critico , coscientemente sperimentale e cautamente antiverbalistico . Né vale di ricorrere alle tre epoche del Comte . È questione , sì , di quantitativo predominio della forma teologica o metafisica nelle diverse epoche della storia , ma non di esclusività qualitativa , a fronte della così detta epoca scientifica . Gli uomini non furon mai esclusivamente teologisti o metafisici , come non saranno mai esclusivamente scientifici . Il più umile selvaggio che paventa i feticci , sa che il fiume in discesa gli costa minor fatica , che non il fiume su cui nuoti contro corrente , e nel suo elementarissimo esercizio del lavoro ha in sé un embrione di esperienza e di scienza . Ai giorni nostri ci sono , viceversa , degli scienziati con la mente ingombra di mitologia . La metafisica , nel senso di ciò che sarebbe il contrario della correttezza scientifica , non è già un fatto precisamente così preistorico , da stare alla pari col tatuaggio e con l ' antropofagia ! Non è , spero , chi voglia mettere esclusivamente sul conto attivo del materialismo storico la vittoria definitiva su la metafisica , nella significazione usata qui innanzi , secondo Engels . Esso è , anzi , un caso particolare , per rispetto allo sviluppo del pensiero antimetafisico . Non sarebbe stato veramente possibile , se l ' intelletto critico non si fosse formato già per l ’ innanzi . Qui c ' è da fare i conti con tutta la storia della scienza moderna . Quando il Don Ferrante dei Promessi Sposi ( siamo , s ' intende bene , al secolo XVII ) che fu , se Leone XIII non vorrà per invidia di mestiere aversene a male , l ’ ultimo scolastico veramente convinto , moriva di peste , negando la peste , attesoché quella non rientrasse nelle dieci categorie di Aristotele , lo scolasticismo avea ricevuto già i primi , e fieri , e decisivi colpi . E da allora in qua è tutta una storia di conquiste positive del pensiero , che hanno , o assorbita , o eliminata , o altrimenti ridotta e combinata quella materia del conoscere , che innanzi formava la filosofia per sé stante , e quindi soprastante alla scienza . In cotesto cammino del pensiero scientifico , noi c ' incontriamo , per es . , nella psicologia empirica , nella linguistica , nel Darwinismo , nella storia delle istituzioni e nel criticismo propriamente detto . Direi anche nel positivismo , se non temessi d ' ingenerare equivoco . Difatti il positivismo , guardato così in genere e per sommi capi , è una delle tante forme in cui lo spirito s ' è andato avvicinando al concetto di una filosofia , che non anticipi su le cose , ma sia a queste immanente . Non è quindi da maravigliare , se , per la generica similarità che riavvicina il materialismo storico a tanti altri prodotti dello spirito e del sapere contemporaneo , molti di quelli che trattano la scienza alla maniera dei letterati e dei leggitori di riviste , ingannati dalle impressioni , e seguendo gl ' impulsi della erudita curiosità , han creduto di poter completare Marx , o con questa , o con quell ' altra cosa . Di coteste storpiature ne avremo per un pezzo . Induce soprattutto in cotesto errore l ' abito , comune a quasi tutta la scienza del nostro tempo , della considerazione evolutiva o genetica : cosicché agli inesperti e superficiali pare che da chiunque si parli di evoluzione si dica lo stesso . Voi molto giustamente portate la vostra attenzione su i caratteri differenziali e differenziati del materialismo storico - i quali , aggiungo io , son proprii di una scienza da comunisti dialetticamente rivoluzionarii - e non vi proponete il quesito se il signor Marx possa andare a braccetto del tale o tale altro filosofo , ma vi chiedete , invece , quale filosofia sia a questa dottrina necessariamente e obiettivamente implicita . Gli è per questa ragione che io vi ho lasciato e vi lascio anche l ' uso della parola metafisica , nel senso non dispregiativo . In fondo al marxismo ci son dei problemi generali ; e questi si aggirano , per un verso su i limiti e su le forme del conoscere , e , per un ' altra parte , su le attinenze del mondo umano col resto del conoscibile e del conosciuto . Non è ciò che intendete voi di dire ? Tanto è , che io appunto alle questioni più generali rivolsi l ' attenzione mia nel secondo dei miei saggi ; ma con un modo di trattazione che dissimula l ' intento . Chi consideri il materialismo storico nel suo insieme , può trovarvi argomento a tre ordini di studii . Il primo risponde al bisogno pratico proprio ai partiti socialistici , di andare acquistando una adeguata conoscenza della specificata condizione del proletariato in ogni paese , e di commisurare , congruamente alle cause , alle promesse ed ai pericoli della complicazione politica , l ' azione del socialismo . Il secondo può menare , e menerà di certo , a rinnovare gl ' indirizzi della storiografia , in quanto abiliti a ricondurne l ' arte sul terreno delle lotte di classe e della combinatoria sociale , che da quelle risulta , data la relativa struttura economica , che ogni storico deve d ' ora innanzi conoscere ed intendere . Il terzo consiste nella trattazione dei principii direttivi , a comprendere e svolgere i quali occorre di necessità la generale orientazione da voi invocata . Ora , pare a me - e ho dato di ciò la prova , scrivendo - che quando non si cada nell ' antiquato errore di credere , che le idee stiano come degli esemplari al di sopra delle cose , ammessa la inevitabile division del lavoro , il darsi alla considerazione dei principii generali , presi per sé , non implichi per forza , lo scolasticismo formale , ossia la ignoranza delle cose dalle quali quei principii vengono astratti . Certo che quei tre ordini di studii e di considerazioni faceano uno nella mente di Marx , e , oltre che nella mente , fecero uno nell ' opera sua . La sua politica fu come la pratica del suo materialismo storico , e la sua filosofia fu come inerente a quella sua critica dell ' economia , la quale fu il suo modo di trattare la storia . Ma , lasciando stare che cotesta universalità di comprensione è la nota specifica del genio che inizii un nuovo indirizzo mentale , il fatto è che Marx stesso in un solo caso portò a compimento la integrazione della sua dottrina , ed è nel Capitale . La perfetta immedesimazione della filosofia , ossia del pensiero criticamente consapevole , con la materia del saputo , ossia la completa eliminazione del divario tradizionale tra scienza e filosofia , è una tendenza del nostro tempo : tendenza , che il più delle volte rimane però un semplice desideratum . Cotesta tendenza vorrebbero alcuni significare , appunto quando dicono superata la metafisica ( in ogni senso ) ; mentre altri , che son più esatti , suppongono che la scienza giunta a perfezione sia già la filosofia riassorbita . La medesima tendenza giustifica quella dicitura di filosofia scientifica , che altrimenti sarebbe d ' un risibile barocchismo . Se cotesta espressione può mai aver un riscontro pratico di evidenza probativa , gli è proprio nel materialismo storico , come fu nella mente e negli scritti di Marx . Ivi la filosofia è tanto nella cosa stessa , e in essa e con essa rifusa , che il lettore di quegli scritti ne prova l ' effetto , come se il filosofare non sia se non la funzione stessa del procedere scientificamente . Devo io qui stare a fare delle confessioni ; o mi tocca solo di limitarmi a discorrer con voi obiettivamente , su quei punti che possono riavvicinarci negli intenti ? Se io dovessi fermarmi alle espressioni aforistiche , che son proprie della confessione , io direi così : - a ) l ' ideale del sapere deve esser questo , che in esso cessi la opposizione fra scienza e filosofia ; - b ) ma , come la scienza ( empirica ) è in continuo divenire , e si moltiplica così nella materia come nei gradi , differenziando in pari tempo gl ' ingegni che i singoli rami ne coltivano , e d ' altra parte s ' è accumulata e s ' accumula di continuo sotto al nome di filosofia la somma delle cognizioni metodiche e formali ; - c ) così la opposizione tra scienza e filosofia si mantiene e si manterrà , come termine e momento sempre provvisorio , per indicare appunto , che la scienza è di continuo in sul divenire , e che in cotesto divenire entra per non poca parte l ' autocritica . Basta guardare a Darwin per intendere quanto occorra di proceder cauti nell ' affermare , che la scienza dell ' ora presente sia per se stessa la fine della filosofia . Darwin ha di certo rivoluzionato il campo delle scienze dell ' organismo , e con esse l ' intera concezione della natura . Ma in Darwin stesso non fu la coscienza completa della portata delle sue scoverte : egli non fu il filosofo della sua scienza . Il darwinismo , come nuova visione della vita , e quindi della natura , e di qua dalla persona e dagl ' intenti dello stesso Darwin . Viceversa alcuni volgarizzatori del marxismo hanno spogliato questa dottrina della filosofia che le è immanente , per ridurla ad un semplice aperçu del variare delle condizioni storiche per il variare delle condizioni economiche . Osservazioni così semplici bastano per persuaderci , che se noi possiamo affermare , che la scienza arrivata a perfezione è già la filosofia , ossia che questa non significhi se non l ' ultimo grado della elaborazione dei concetti ( Herbart ) , noi non dobbiamo , con l ' enunciazione di tale postulato , autorizzar nessuno a parlare con dispregio di ciò che in senso differenziato chiamasi la filosofia , come non dobbiamo dare a credere a tutti gli scienziati , che , a qualunque grado dello sviluppo mentale si arrestino , essi sian di già i trionfatori o gli eredi di quella bagattella che fu la filosofia . E voi , perciò , non avete posta una questione che possa dirsi oziosa , mentre chiedete , a un di presso : - con quale animo il cultore del materialismo storico guarderà la rimanente filosofia ? VI . Roma , 28 maggio '97 Nella biografia scientifica dei due nostri grandi autori c ’ è una lacuna . Nel 1847 una loro opera viaggiava per la stamperia ; ma rimase poi inedita per ragioni accidentali ( ) . In quel libro , che è rimasto un semplice manoscritto , e che , per quanto io sappia , non fu visto dappoi da nessun altro dagli autori in fuori ( ) , essi , come se facessero un esame di coscienza , fissarono la loro veduta nel campo filosofico , a raffronto delle altre correnti contemporanee . Che cotesto esame fosse fatto in relazione principalmente ai derivati dell ' hegelismo , e al contraccolpo materialistico di esso nella dottrina di Feuerbach , non v ' è dubbio alcuno . Oltre alle ragioni generali del movimento filosofico del tempo , stanno in favore di questa opinione i brani di articoli di giornali e di riviste , che , come reliquie del Marx polemista d ' allora , furon di recente pubblicati dallo Struve nella “ Nene Zeit ” . Ma quale era la complessiva posizione mentale dei due scrittori ? quale era il loro orizzonte bibliografico ? quale atteggiamento assumevano verso gli altri fermenti della scienza , che son poi fioriti in tante rivoluzioni , così nel campo della filosofia naturale , come in quello della filosofia storica , e quale notizia vi aveano essi ? A tutte coteste domande non è dato di rispondere adeguatamente . Si capisce , del resto , che , se a nessuno può rincrescere d ' aver pubblicato da giovane degli scritti , che da vecchio non scriverebbe a quel modo , il non averli pubblicati a suo tempo è grave impedimento agli autori stessi per tornarci su ; cosicché Engels diceva , che quell ' opera avesse in fondo prodotto tutto l ' effetto suo : fissare , cioè , l ' orientazione di quelli che la scrissero . E poi dopo di quel tempo , presa che ebbero la loro via , i due autori non scrissero più di filosofia nel senso differenziato della parola ( ) . Non solo le loro occupazioni di agitatori pratici , di pubblicisti , e d ' intesi a seguire il movimento proletario , influendo sopra di esso , ma la stessa vocazione mentale loro li distoglieva dal mestiere di filosofi en titre . Sarebbe per ciò cosa vana l ' andar passo passo ricercando che opinione si facessero essi , nei loro studii e letture , dei nuovi portati della scienza , in quanto questi venivano o non venivano a recar sussidio al nuovo indirizzo di filosofia storica da loro escogitato . Certo che nella psicologia , come s ' è da ultimo svolta , nell ' acuito criticismo nel campo della filosofia professionale , nella scuola dell ' economia storica , nel darwinismo , così nel senso specifico come nel senso lato , nella cresciuta tendenza alla storicità nel considerare i fenomeni naturali , nelle scoverte della preistoria delle istituzioni , e nella inclinazione sempre più forte verso la filosofia della scienza , ci è dato di riconoscere come dei sussidii e come dei casi analogici al prodursi del materialismo storico . Ma sarebbe cosa ridicola il voler misurare alla stregua di ciò che è debito d ' un redattore d ' una “ Rivista critica " , che è la bibliografia all ' opera , o del professore che sciorina agli scolari le impressioni successive delle sue lettere , il lavoro di assimilazione della scienza contemporanea , che potean fare , o effettivamente fecero , quei due pensatori , i quali disponevano d ' un così specifico e specificato angolo visuale , e aveano nel materialismo storico un individuato istrumento di ricerca e di riduzione . E in ciò consiste , del resto , ciò che chiamiamo la originalità ; e fuori di tali confini questa parola significherebbe l ' assurdo . Non scrivendo più di filosofia , nel senso professionalmente differenziato e differenziale , finiron per essere i più perfetti esemplari di quella filosofia scientifica , che per molti è un semplice pio desiderio , per altri è un mezzo di spiattellare in nuova dicitura fraseologica le ovvie cognizioni della scienza empirica , alcune volte è una forma generica di razionalismo , e al postutto non è possibile , se non a chi entri nei particolari della realtà con la penetrazione che è propria di un metodo genetico inerente alle cose . Engels da ultimo scriveva : “ Dal momento che per ogni scienza diventa una necessità il venire in chiaro su la sua propria posizione nell ' insieme delle cose e della conoscenza delle cose , la scienza speciale dell ' insieme diventa superflua . Ciò che della filosofia , svoltasi fino ad ora , rimane tuttora come per sé stante , gli è la dottrina del pensiero e delle sue leggi - la logica formale e la dialettica . Tutto il resto si risolve nella scienza positiva della natura e della storia ” ( ) . Agli eruditi , ai ricercatori di tèmi per dissertazione , ai dottori novellini , tutto è possibile . Come han messo assieme l ' etica di Erodoto , la psicologia di Pindaro , la geologia di Dante , l ' entomologia di Shakespeare e la pedagogica di Schopenhauer , così a fortiori , e a più giusto titolo , potrebbero scrivere della logica del Capitale , anzi costruire un insieme della filosofia di Marx , tutta specificata e spartita secondo le sacramentali rubriche della scienza professionale . Question di gusti ! - io che , per esempio , preferisco l ' ingenuità di Erodoto e la poderosità di Pindaro alla erudizione che ne stemperi gli unitarii prodotti in amminicoli di postuma analisi , lascio volentieri al Capitale la integralità sua , a produrre la quale concorrono organicamente tutte le nozioni e conoscenze , che allo stato differenziato han nome di logica , di psicologia , di sociologia , di diritto e di storia nel senso ovvio ; - e ci concorre anche quella singolare flessibilità e flessuosità del pensiero , che è la estetica della dialettica . Rimane per ciò quel libro , e rimarrà sempre , analizzabile sì nei particolari , ma inafferrabile nell ' insieme , per gli empiristi puri , per gli scolasticisti dalle definizioni nette e non convertibili nel flusso del pensiero , per gli utopisti d ' ogni maniera , e soprattutto per gli utopisti del liberismo e pei libertarii , che sono , dal più al meno , anarchisti senza saperlo . Immergersi nel concreto delle correlatività sociali e storiche gli è cosa per molti intelletti di una difficoltà quasi insuperabile . Invece di pigliare l ’ insieme sociale , come un dato in cui geneticamente si svolgono delle leggi , le quali sono relazioni di movimento , molti han bisogno di rappresentarsi delle cose fisse , per es . , l ' egoismo di qua , l ' altruismo di là , e così via . Il caso caratteristico è quello dei moderni edonisti . Non si arrestano alla compagine sociale , come al dato specifico della dottrina economica , ma risalgono ai giudizi di valutazione , come alla premessa ( logico - psicologica ) della Economica . In questi giudizii trovano una scala , e studiano ( per la più parte in forma tipica ed ipotetica ) i gradi di essa ; come chi studiasse nell ' estetica formale i soli gradi del compiacimento . Di fronte a tali valutazioni ( o gradi dell ' apprezzamento del bisogno ) stanno le cose , che sono i beni ; e queste cose vengono esaminate nella loro relazione con gli apprezzamenti , tenuto conto della loro quantità disponibile ed acquisibile , il che determina per esse la qualità di valori , il limite dei valori ed il valore - limite . Costituita così la posizione astratta e generica della economicità , indifferentemente , così per le cose di cui la natura ci è prodiga , come per quelle che costano agli uomini il sudore della fronte ( e l ' ingrato lavoro della storia ) , la povera economia ovvia e comune , ossia la economia della convivenza che ci è familiare , e su la quale si sono travagliati i teoretici di scuola classica , e i critici del socialismo , diventa come un caso particolare di un ' algebra universalissima . Il lavoro , che per noi è il nerbo stesso del vivere umano , ossia l ' uomo stesso che si svolge , diventa in cotesta veduta , o lo sforzo per evitare una pena , o la minor pena . In cotesta astratta atomistica delle conazioni , degli apprezzamenti e delle quantità di beni , non si sa più che cosa sia la storia , e il progresso si risolve in una mera parvenza . Se mai occorresse di formulare , non sarebbe fuori di luogo il dire , che la filosofia implicita al materialismo storico è la tendenza al monismo ; - e uso la parola tendenza , accentuandola . Dico tendenza , e aggiungo tendenza critico - formale . Non si tratta già , insomma , di tornare alla intuizione teosofica o metafisica della totalità del mondo , come se noi , per atto di cognizione trascendente , giungessimo issofatto alla visione della sostanza a tutti i fenomeni e processi sottostante . La parola tendenza esprime precisamente l ' adagiarsi della mente nella persuasione , che tutto è pensabile come genesi , che il pensabile , anzi , non è che genesi , e che la genesi ha i caratteri approssimativi della continuità . Ciò che differenzia cotesto senso della genesi dalle vaghe intuizioni trascendentali ( per es . , Schelling ) è il discernimento critico , e quindi il bisogno di specificare la ricerca : ossia il riavvicinamento all ' empirismo per ciò che concerne il contenuto del processo , e la rinuncia alla pretesa di recarsi in mano lo schema universale di tutte le cose . I volgari evoluzionisti fanno così : afferrata la nozione astratta del divenire ( evoluzione ) , ci caccian dentro ogni cosa , dal concretarsi della nebulosa alla fatuità loro . Così facevano i ripetitori di Hegel , col ritmo soprastante e perpetuo , della tesi , antitesi e sintesi . Ragione precipua dell ' accorgimento critico , col quale il materialismo storico corregge il monismo , è questa : che esso parte dalla praxis , cioè dallo sviluppo della operosità , e come è la teoria dell ' uomo che lavora , così considera la scienza stessa come un lavoro . Porta infine a compimento il senso implicito alle scienze empiriche ; che noi , cioè , con l ' esperimento ci riavviciniamo al fare delle cose , e raggiungiamo la persuasione , che le cose stesse sono un fare , ossia un prodursi . Il brano dell ' Engels citato più innanzi potrebbe , però , dar luogo a delle curiose illazioni ; come chi si pigliasse tutta la mano , quando altri gli ha offerto il dito . Dato ed ammesso , che la logica e la dialettica continuino a sussistere come per sé stanti , non può esser questa , si direbbe , occasione propizia a rimettere a novo tutta la enciclopedia filosofica ? Rifacendo , a parte a parte , e per ogni singolo ramo di scienza , il lavoro di astrazione degli elementi formali che vi sono impliciti , si riesce a scrivere dei vasti e comprensivi sistemi di logica , come son quelli esemplari del Sigwart e del Wundt ; le quali , in verità , son delle vere enciclopedie della dottrina dei principii del sapere . Ora se è questo il desiderio dei filosofi professionali , stiano pur tranquilli , che le loro cattedre non saranno abolite . La division del lavoro nel campo intellettuale si presta praticamente a molte combinazioni . Se c ' è chi voglia compendiare in forma schematica i principii , coi quali noi ci rendiamo conto di un determinato gruppo di fatti , per es . , di un determinato ordinamento giuridico , nulla osta che egli cotesta disciplina ( ) chiami scienza generale del diritto o anche , se gli piace , filosofia del diritto , purché si rammenti che riduce a sistema ( empirico ) un ordine di fatti storici ; ossia che coglie una categoria storica come il divenuto del divenire . Tendenza ( formale e critica ) al monismo , da una parte , virtuosità a tenersi equilibratamente in un campo di specializzata ricerca , dall ' altra parte : - ecco il resultato . Per poco che s ' esca da questa linea , o si ricade nel semplice empirismo ( la nonfilosofia ) , o si trascende alla iperfilosofia , ossia alla pretesa di rappresentarsi in atto l ' Universo , come chi ne possedesse la intuizione intellettuale . Leggete , di grazia , se non l ' avete già letta , la conferenza di Haeckel sul monismo , che fu volgarizzata in Francia da un appassionato darwinista della sociologia ( ) . In quell ' insigne scienziato si confondono tre attitudini diverse : una maravigliosa capacità alla ricerca e dichiarazione dei particolari , una profonda elaborazione sistematica dei particolari appurati , e una poetica intuizione dell ' Universo , che pur essendo della immaginazione , alcune volte pare della filosofia . Ma mettere voi , illustre Haeckel , tutto l ' Universo , dalle vibrazioni dell ' etere alla formazione del cervello ; ma che dico del cervello , anzi giù giù , dopo questo , dalle origini dei popoli e degli stati e dell ' etica fino ai tempi nostri , compresi i principotti protettori della vostra Università di Iena , ai quali fate le riverenze , in sole 47 pagine in-8° , è cosa superiore per fino all ' eccellenza dell ' ingegno vostro ! Non vi sovviene forse di quei tanti buchi , che l ' Universo presenta anche alla provetta scienza nostra : o avete a casa un grande armadio pieno di quei berretti da notte , che Heine dicea usassero gli hegeliani a covrire quei buchi ? O non vi ricordate di cosa che dovrebbe più direttamente scottarvi : quel tale batibio , che prese nome da voi in una scoverta dell ' Huxley , che era poi , viceversa , un solenne qui - pro - quo ? Dunque , tendenza al monismo , ma al tempo stesso coscienza precisa della specialità della ricerca . Tendenza a fondere scienza e filosofia , ma , medesimamente , continuata riflessione su la portata e sul valore di quelle forme del pensiero , che usiamo in concreto , e che pur possiamo distaccar dal concreto , come accade nella logica stricto jure , e nella teoria generale della conoscenza ( che voi chiamate metafisica ) . Pensare in concreto , e pur poter riflettete in astratto su i dati e su le condizioni della pensabilità . La filosofia c ' è e non c ' è ( ) . Per chi non c ’ è ancora arrivato , essa è come il di là dalla scienza . E per chi c ’ è arrivato , essa è la scienza condotta a perfezione . Oggi , come in passato , noi possiamo scrivere , su i dati astratti da una determinata esperienza , dei trattati per es . , di etica o di politica , e possiamo dare alla trattazione tutta la perspicuità del sistema : purché ci ricordiamo di questo , che le premesse cioè si ricollegano geneticamente ad altro ; purché non cadiamo nella illusione ( metafisica ) di considerare i principii come degli schemi ab aeterno , ossia come le sopraccose delle cose dell ' esperienza . A questo punto nulla c ' impedisce di enunciare una formula come la seguente : tutto il conoscibile può essere conosciuto ; e tutto il conoscibile sarà , all ' infinito , realmente conosciuto ; e di là dal conoscibile , a noi , nel campo della conoscenza , non importa nulla di null ' altro . Questo generico enunciato , nel suo aspetto pratico , si riduce a dire : che la conoscenza tanto importa per quanto ci è dato di realmente conoscere , e che è una mera fantasticheria l ' ammettere , che la mente riconosca , come esistente in atto un ' assoluta differenza tra il limitato conoscibile e ciò che è per sé inconoscibile : - un inconoscibile , che io dichiaro di conoscere come inconoscibile ! Come fate voi , von Hartmann , a bazzicare da tanti anni con l ' Inconsapevole , che voi così consaputamente vedete operare ; e voi , signor Spencer , a manovrate di continuo col riconoscimento dell ' Inconoscibile , che in fondo voi in qualche modo sapete , se ne fate il limite del conoscibile ? In fondo a cotesta fraseologia dello Spencer si cela il dio del catechismo ; - c ’ è , insomma , il residuo di una iperfilosofia , che rassomiglia , come la religione , al culto di quell ' ignoto , che , in uno e medesimo tempo si dichiara ignoto , e pur si afferma di conoscere in certa guisa facendone oggetto di riverenza . In tale stato d ' animo la filosofia è ridotta allo studio dei fenomeni ( parvenze ) , e il concetto di evoluzione non implica punto che la realtà stessa divenga . Per il materialismo storico il divenire , ossia l ' evoluzione , e invece reale , anzi è la realtà stessa ; come è reale il lavoro , che è il prodursi dell ' uomo , che ascende dalla immediatezza del vivere ( animale ) alla libertà perfetta ( che è il comunismo ) . In questa inversione pratica del problema della conoscibilità , noi ci rechiamo interamente in mano la scienza , in quanto essa è il fatto nostro . Una nuova vittoria sul feticcio ! Il sapere è per noi un bisogno , che empiricamente si produce , si raffina , si perfeziona , si corrobora di mezzi e di tecnica , come ogni altro bisogno . Noi via via conosciamo ciò che ci occorre di conoscere . L ' esperimentare è un crescere ; e ciò che chiamiamo il progresso dello spirito , non è se non un accumularsi di energie di lavoro . In cotesto prosaico assunto si risolve quell ' assolutezza della conoscenza , che era per gli idealisti un postulato di ragione , o una argomentazione ontologica ( ) . Quella tal cosa ( così detta in sé ) , che non si conosce , né oggi , né domani , che non si conoscerà mai , e che pur si sa di non poter conoscere , non può appartenere al campo della conoscenza , perché non si dà conoscenza dell ’ inconoscibile . Se un simile assunto entra nella cerchia della filosofia , gli è perché la coscienza del filosofo non è tutta fatta di scienza , ma consta ancora di tanti altri elementi sentimentali ed affettivi , da cui , sotto l ’ impulso della paura , e per tramite della fantasia e del mito , si generano combinazioni psichiche , le quali , come in passato impedirono lo sviluppo della cognizione razionale , così ora adombrano il campo del sapere meditato e prosaico . Pensiamo alla morte . Essa è teoricamente insita alla vita . La morte , che pare così tragica negli individui complessi , che alla comune intuizione appariscono come i veri e proprii organismi , è immanente agli elementi primissimi della sostanza organica , per la estrema labilità e per la circoscritta plasticità del protoplasma . Ma tutt ' altro è la paura della morte - ossia l ' egoismo del vivere ! E così è di tutte le altre affettività e tendenze passionali , che , nelle loro derivazioni mitiche , poetiche e religiose , gettarono , gettano e getteranno in varia proporzione le ombre loro sul campo della coscienza . La filosofia dell ' uomo puramente teoretico che tutte le cose contempli sotto l ' aspetto del proprio esser loro , gli è come il tentativo di far passare il pensiero astratto su tutto il campo della coscienza , senza che v ' incontri , né deviazioni , né attriti . Ecco Baruch Spinoza , il vero eroe del pensiero , che se stesso contempla in quanto gli affetti e le passioni , a guisa di forze della interiore meccanica , gli si trasmutano in obietti di considerazione geometrica ! En attendant che in una futura umanità di uomini quasi trasumanati , l ' eroismo di Baruch Spinoza divenga la virtù minuscola di tutti i giorni , e che i miti , la poesia , la metafisica e la religione non ingombrino più il campo della coscienza , contentiamoci che fino ad ora , e per ora , la filosofia , così nel senso differenziato , come nell ' altro , sia servita quale istrumento critico e serva , per rispetto alla scienza , a mantenere la chiaroveggenza dei metodi formali e dei procedimenti logici , e per rispetto alla vita a diminuire gl ' impedimenti che all ' esercizio del libero pensiero frappongono le fantastiche proiezioni degli affetti , delle passioni , dei timori e delle speranze ; ossia giovi e serva , come direbbe precisamente Spinoza , a vincere l ' imaginatio e l ' ignorantia . VII . Roma , 16 giugno '97 Mi capita un bel caso . Mentre pareami di non esser venuto al termine ancora di queste mie epistole , m ' è toccato di dover discorrere delle stesse precise cose , delle quali mi vado intrattenendo con voi , in altro luogo , in altra forma , e d ' animo men lieto . In uno degli ultimi numeri della “ Critica Sociale ” apparve una specie di messaggio , che il signor Antonio De Bella , sociologo calabrese , dirigeva contro quei socialisti esclusivi , che per ogni cosa ed in ogni questione , a quel che dice lui , se ne stanno al verbo di Marx . Il De Bella ha mancato di farci sapere , se il Marx , cui quelli che tartassa s ' appellano , sia il genuino , o un altro così per dire alterato , o a dirittura inventato , un Marx biondo , o che so io altro . Il fatto è che m ' ha concesso l ' onore di metterci anche me nel branco di cotesti ostinati , cui rivolge i suoi moniti e i suoi consigli , perché si completino d ' altra più vasta coltura sociologica e naturalistica . Cita invero il solo mio nome , senza dire a quale mio scritto , detto o fatto intenda di richiamarsi : e poi giù un pochino del solito catechismo della sociologia intinta di darwinismo , con la inevitabile filastrocca di tanti nomi di autori . Credetti opportuno di rispondere ; un po ' per dire sommariamente , come il socialismo scientifico non si trovi poi tanto a mal partito , da aver proprio bisogno di certi consigli ; per mostrare , che i complementi suggeriti dal De Bella , o sono i sottintesi , o sono il contrario del marxismo ; e soprattutto perché , trovandomi da un pezzo in qua in vena di conversare con voi di socialismo e di filosofia , m ' è parso opportuno di fissare con note ad hominem parecchie delle considerazioni critiche , che vado svolgendo tête - à - tête con voi , con una certa tal quale bizzarria di forma . Vi mando la mia risposta , come è apparsa nella “ Critica Sociale ” di ieri . E anche questa è una lettera ; e , sebbene non sia diretta a voi , potete metterla nella collezione , come se facesse seguito . Completa e riassume le altre , con qualche leggera e scusabile ripetizione . Questa lettera extra , che indirizzavo al direttore della “ Critica Sociale ” , non è dolce di sale . Non la scrissi proprio con l ' intenzione di far cosa grata al signor De Bella . C ' è del cattivo umore . Forse questo umor di critica rivelante amarezza m ’ è venuto dal fatto , che , standomene io con la mente rivolta allo studio di questo grave problema dei rapporti del materialismo sociale col rimanente della intuizione scientifica contemporanea , m ' è parso che i consigli del signor De Bella , - che del resto non stava a spiare quel che io vado scrivendo a voi , - fossero , per lo meno quanto a me , inopportuni ; se non altro perché non avrei la fantasia di chiedergliene . Roma , 5 giugno '97 Caro Turati , Non mi è ben chiaro se il De Bella , nominandomi , parli proprio di me . Sarei anzi inclinato a credere , che egli rivolga la sua tirata a un mannequin di sua fattura , al quale abbia , commoditatis causa , appiccicato il nome mio . Comunque sia , dal momento che mescola il mio nome alle sue meditazioni , io non posso a meno di aggiungere alla vostra una nuova postilla . Com ' è risaputo , io entrai esplicitamente e pubblicamente nelle vie del socialismo solo dieci anni fa ( ) . Dieci anni sono un tratto di tempo non veramente lungo nella mia esistenza fisica , giacché ne conto ormai quattro oltre il mezzo secolo ; ma sono un tratto a dirittura breve nella mia vita intellettuale . Prima , insomma , di diventar socialista , io avevo avuto inclinazione , agio e tempo , opportunità ed obbligo d ' aggiustar le mie partite ed i miei conti col darwinismo , col positivismo , col neokantismo , e con quanto altro di scientifico si è svolto intorno a me , e ha dato a me occasione di svolgermi tra i miei contemporanei , poiché tengo cattedra di filosofia all ' Università dal 1871 , e per l ' innanzi ero stato studioso di ciò che occorre per filosofare . Volgendomi al socialismo , non ho chiesto a Marx l ' abicì del sapere . Al marxismo non ho chiesto , se non ciò ch ' esso effettivamente contiene : ossia quella determinata critica dell ' economia che esso è , quei lineamenti del materialismo storico che reca in sé , quella politica del proletariato che enuncia o preannuncia . Non chiesi al marxismo nemmeno la conoscenza di quella filosofia , che esso suppone , e , in un certo senso , continua , superandola per inversione dialettica ; ed è l ' hegelismo , che rifioriva appunto in Italia nella mia gioventù , e nel quale io m ’ ero come allevato . Manco a farlo a posta , la mia prima composizione filosofica , in data del maggio 1862 , è una : Difesa della dialettica di Hegel contro il ritorno a Kant iniziato da Ed . Zeller ! Per intendere il socialismo scientifico non mi occorreva , dunque , di avviarmi per la prima volta alla concezione dialettica , evolutiva o genetica , che dir si voglia , essendo io vissuto sempre in cotesto giro di idee , da che pensatamente penso . Aggiungo anzi , che , mentre il marxismo non mi tornava punto difficile nei suoi lineamenti intrinseci e formali , in quanto metodo di concezione , mi tornava invece di faticosa acquisizione nel suo proprio contenuto economico . E mentre io andavo facendo , nel miglior modo che mi fu possibile , cotesta acquisizione , non era né dato né permesso a me di confondere la linea di sviluppo che è propria del materialismo storico , ossia il senso che ha qui in questo caso concreto l ' evoluzione , con quella , direi quasi , malattia cerebrale , che da anni già ha invaso i cervelli di quei molti italiani , che parlano ora di una Madonna Evoluzione , e l ' adorano . Che mi chiede , dunque , il De Bella ? Che io , a guisa di giovane seminarista , pur mo svestito , ritorni a scuola ! O vuole ch ' io mi faccia ribattezzare da Darwin , riconfermare da Spencer , reciti poi la confessione generale innanzi ai compagni , e mi prepari a ricevere da lui l ' estrema unzione ? Per quieto vivere lascerei correre tutto il resto ; ma contro all ' appello alla coscienza dei compagni protesto recisamente . I compagni rigidi e perfino tirannici per ciò che si attiene alla condotta politica del partito in una certa misura e in date condizioni , li ammetto . Ma i compagni che abbiano autorità di pronunziare da arbitri in fatto di scienza .. - solo perché compagni ... via , la scienza non sarà messa ai voti mai , nemmeno nella cosiddetta società futura ! O vuole una più modesta cosa , che io , cioè , affermi e giuri che il marxismo non è la scienza universale , e che gli oggetti che contempla non sono l ' Universo ? Concedo subito . E sfido che io possa non concedere . Mi basta di ricordarmi dell ' orario della Università , e dei moltissimi corsi che enumera . Anzi concedo ancora di più . Ecco qua : “ Questa dottrina non è se non agl ’ inizii suoi , ed ha bisogno ancora di molto sviluppo ” ( Del materialismo storico , cap . I ) ( ) . Difatti , ciò che tormenta il De Bella e tanti altri , gli è appunto la caccia alla universale filosofia , nella quale il socialismo possa poi essere bene allogato , come la parte nella visione del tutto . S ' accomodino ! La carta è paziente : così dicono gli editori tedeschi agli autori novellini . Ma non posso risparmiarmi due avvertenze . La prima è , che nessun sofo di questo mondo riuscirebbe mai a darci l ' idea dell ' universa filosofia in due colonne della “ Critica Sociale " . La seconda è affatto personale . Sono venti anni ormai che io ho in uggia la filosofia sistematica , e come cotesta disposizione d ' animo mi ha reso più accessibile al marxismo che è uno dei modi nei quali lo spirito scientifico si è liberato dalla filosofia come per sé stante , cosi è causa della mia inveterata diffidenza per lo Spencer filosofo , che nei Primi Principii ci ha ridata una schematica del cosmo . E qui occorre che citi me stesso : “ Io non ero venuto in questa università , ventitré anni fa , qual rappresentante di una ortodossia filosofica , né da escogitatore di novello sistema . Per le fortunate contingenze della mia vita , io avevo fatta la mia educazione sotto l ' influsso diretto e genuino dei due grandi sistemi , nei quali era venuta al termine suo la filosofia , che oramai possiamo chiamare classica ; e ossia dei sistemi di Herbart e di Hegel , nei quali era arrivata all ' estremo delle conseguenze l ' antitesi tra realismo e idealismo , tra pluralismo e monismo , tra psicologia scientifica e fenomenologia dello spirito , tra specificazione dei metodi ed anticipazione di ogni metodo nella onnisciente dialettica . Già la filosofia di Hegel avea messo capo nel materialismo storico di Carlo Marx , e quella di Herbart nella psicologia empirica , che , a date condizioni , e dentro certi limiti , è anche sperimentale , comparata , storica e sociale . Eran quelli gli anni , nei quali , per la intensiva ed estensiva applicazione del principio dell ' energia , della teoria atomica e del darwinismo , e col ritrovamento delle accertate forme e condizioni della fisiologia generale , si rivoluzionava a vista d ' occhi tutta la concezione della natura . E in pari tempo , l ' analisi comparativa delle istituzioni , in concorrenza con la linguistica e con la mitologia comparata , e poi la preistoria tutta , e , da ultimo , la economia storica , rovesciavano la più parte delle posizioni di fatto e delle ipotesi formali , su le quali , e per le quali , si era per l ' innanzi filosofato sul diritto , su la morale e su la società . I fermenti del pensiero , quei fermenti che sono impliciti nelle nuove o nelle rinnovate scienze , non accennavano , come non accennano ancora , allo sviluppo di una novella sistematica filosofica , che tutto il campo della esperienza contenga e domini . Passo sopra alle filosofie di privato uso ed invenzione , com ’ è il caso dei Nietzsche e dei von Hartmann , e mi risparmio ogni critica di questi pretesi ritorni ai filosofi di altri tempi ( ) , che dànno per resultato una filologia in cambio della filosofia , com ' è accaduto dei neokantiani . Mi soffermo a notare il quasi inverosimile equivoco verbale , per il quale molti ingenuamente , e specie in Italia , confondono senz ' altro quella specificata filosofia , che è il positivismo , col positivo , ossia col positivamente acquisito nella interminabile nuova esperienza naturale e sociale . A costoro capita , per es . , di non saper distinguere nello Spencer , ciò che è merito incontrastabile in lui , d ' aver cioè concorso a formare la fisiologia generale , da ciò che è impotenza in lui a spiegare un solo fatto storico concreto per mezzo della sua sociologia del tutto schematica . A costoro accade di non distinguere , nello stesso Spencer , ciò che è dello scienziato da ciò che è del filosofo ; il quale , giuocando di scherma con le categorie dell ' omogeneo , dell ’ eterogeneo , dell ' indistinto , e del differenziato , del conosciuto e dell ' inconoscibile , è anche lui un trapassato : è , cioè , a volte un kantiano inconsapevole e a volte un Hegel in caricatura . L ' ordinamento della Università deve anch ' esso spiccatamente riflettere lo stato attuale della filosofia , che ormai consiste nella immanenza del pensiero nel realmente saputo ; e , cioè , consiste nell ' opposto di ogni anticipazione del pensiero sul saputo , per via della teologica o metafisica escogitazione ” ( L ' Università e la libertà della scienza , Roma 1897 , pp . 15 , 16 e 17 ) ( ) . Al postutto poi cotesta filosofia , dirò così , vagheggiata dal De Bella , non sarebbe , in fondo , se non una riedizione della triunità Darwin - Spencer - Marx , messa in giro con tanta suggestione di eloquenza , ma con tanto poca fortuna ( ) , or son tre anni già , da Enrico Ferri . Ebbene , caro Turati , io voglio fare onestamente la parte dell ' avvocato del diavolo , e riconosco , che in coteste incerte aspirazioni alla filosofia del socialismo , ( e poco manca , alcuni non credano che debba essere una specie di filosofia a privato uso dei soli socialisti ) e perfino nei molti spropositi che qua e là si vanno dicendo , c ' è un nocciolo di sentimento giusto , che risponde ad un reale bisogno . Molti di quelli che in Italia si dànno al socialismo , e non da semplici agitatori , conferenzieri e candidati , sentono che è impossibile di farsene una persuasione scientifica , se non riallacciandolo per qualche via o tramite alla rimanente concezione genetica delle cose , che sta più o meno in fondo a tutte le altre scienze . Di qui la mania che è in molti , di cacciar dentro al socialismo tutta quella rimanente scienza di cui più o meno essi dispongono . Di qui i molti spropositi e le molte ingenuità , in fondo sempre spiegabili . Ma di qui anche un grave pericolo ; che , cioè , molti di cotesti intellettuali dimentichino che il socialismo ha il suo fondamento reale soltanto nella presente condizione della società capitalistica , e in ciò che il proletario e il rimanente popolo minuto possono volere e fare ; - che per opera degli intellettuali Marx divenga un mito ; - e che , mentre essi discorrono , dall ' alto al basso e dal basso all ' alto , tutta la scala dell ' evoluzione , da ultimo in un non lontano congresso di compagni si metta ai voti questo filosofema : il primo fondamento del socialismo è nelle vibrazioni dell ' etere ( ) . Per ciò mi spiego le ingenuità del De Bella . Se Marx fosse ancora vissuto ! Già si capisce : essendo nato il 5 maggio 1818 , ed essendo morto il 14 marzo 1883 , poteva umanamente vivere ancora ; e , vivendo - direi io – avrebbe portato a compimento il III volume del Capitale , che c ’ è rimasto così sgangherato e così oscuro . Nossignore , dice De Bella , sarebbe diventato materialista . Ma santi numi ; se era tale dal 1845 , e per ciò venne in uggia agli ideologi radicali di sua conoscenza ! E oltre che materialista sarebbe diventato anche positivista . Il positivismo ! Nella volgare cronologia cotesto nome designa la filosofia di Comte e suoi seguaci . Ora questa avea idealmente tirate le cuoia , già prima che Marx fisicamente morisse . Che bel vedere : il materialismo - il positivismo - e la dialettica in santissima trinità ! E poi , che altro bel vedere ; il papato scientifico del Comte riconciliato con la indefinita progressività del materialismo storico , che risolve il problema della conoscenza in opposizione ad ogni altra filosofia , ed enuncia : - non esserci limitazione fissa , né a priori né a posteriori , alla conoscibilità , perché nell ' indefinito processo del lavoro , che è esperienza , e dell ' esperienza , che è lavoro , gli uomini conoscono tutto ciò che fa bisogno ed è utile di conoscere ( ) . Quel Comte , che proclamava chiuso per sempre il ciclo della fisica e dell ' astronomia , proprio nel momento in cui si ritrovava l ' equivalente meccanico del calore , e pochi anni innanzi alla strepitosa scoverta dell ' analisi spettrale ; quel Comte , che nel 1845 dichiarava assurda la ricerca circa l ' origine della specie ! Ma il materialismo storico , continua De Bella , ha da contemplarsi con la preistoria ! E qui il diavolo ci mette proprio la coda . L ' Ancient Society del Morgan , pubblicata in America e giunta in Europa in pochi esemplari con la ditta Mac - Millan di Londra ( 1877 ) , fu messa come sotto sequestro dalla spietata lega del silenzio fattavi attorno dagli etnografi inglesi , o invidi , o paurosi . I resultati delle ricerche del Morgan circolarono però per il mondo precisamente per mezzo del libro dell ' Engels , che s ' intitola : Della origine della famiglia , della proprietà privata e dello stato ( I ° ediz . 1884 , 4° ediz . 1891 ) , che è al tempo stesso recensione , esposizione e complemento del testo , e reca in sé la tentata ricongiunzione di Morgan e di Marx . E che dice Engels di Morgan ? – “ aver questi novellamente scoverto il materialismo storico , nella assoluta ignoranza di quanto Marx ne avesse scritto ” ; e quale fu l ’ occasione del libro ? - il desiderio di mettere a profitto le note e le glosse lasciate da Marx ! Via , la volgare cronologia è qualcosa di assai importante ... anche pei socialisti . E torniamo pure all ' inevitabile Spencer . Chi è mai , che , fuori d ' Italia , si sia permesso di aggiudicarlo al socialismo ? È forse lo Spencer un filosofo dell ’ altro mondo ? Di lui e sopra di lui si può leggere ora in tutte le lingue , non esclusa quella dell ' ammodernato Giappone . Né pecca di oscurità : anzi agli occhi miei , che amo la succosa brevità , pecca di prolissa e di minuziosa popolarità . Il primo scritto di lui che si conosca reca la data del 1843 . Eravamo , si noti bene , nel più forte dell ' agitazione cartista . Quello scritto s ' intitola : Della sfera propria dello stato . Spencer fu alle viste di tutto il mondo come ammirato collaboratore dell ' ” Economist ” , della “ Westminster ” e della “ Edinburg Review ” ; e notiamo nuovamente le date , precisamente negli anni significativi dal 1848 al '59 . Chi mai si è fatto illusioni in Inghilterra sul senso e sul valore delle sue vedute sociali e politiche ? La Statica sociale apparve nel '51 , la Psicologia ( l ° ediz . ) nel '55 , il Trattato sulla educazione nel '61 , la l ° edizione dei Primi principii nel '62 , la Classificazione delle scienze nel '64 , la Biologia dal '64 al '67 , per non dire dei minori Saggi , e tra questi notevolissimi l ' Ipotesi dello sviluppo ( 1852 ) , la Genesi della scienza ( 1854 ) , e il Progresso e la sua legge ( 1857 ) . E qui chiudo la filastrocca per arrestarmi alle pubblicazioni che precedono il I ° volume del Capitale ( 25 luglio 1867 ) . Non occorreva invero il genio di Marx per scorgere in tali scritti ciò che ero in grado di scorgervi io , da semplice studioso della filosofia , già 30 anni fa : che , cioè , la dottrina dell ' evoluzione che vi si enuncia è schematica e non empirica , che quella evoluzione lì è fenomenale e non reale , e che essa ha di dietro lo spettro della cosa in sé di Kant , dapprima onorata in tutte lettere col nome di Dio o della Divinità ( Statica , ediz . del 1851 ) , più tardi circonlocuita nel riverito nome dell ' Inconoscibile . Metterei pegno , che , se mai Marx fra il '60 e il '70 avesse recensito le opere dello Spencer , avrebbe usato del seguente stile : “ ecco l ' ultimo avanzo ombratile del deismo inglese del secolo XVII ; - ecco l ' ultimo sforzo della ipocrisia inglese nel combattere la filosofia di Hobbes e di Spinoza ; - ecco l ' ultima proiezione del trascendente sul campo della scienza positiva ; - ecco l ' ultima transizione fra il cretinismo egoistico del signor Bentham e il cretinismo altruistico del Rabbi di Nazareth ; - ecco l ' ultimo tentativo dell ' intelletto borghese per salvare , con la libera ricerca e la libera concorrenza nell ' al di qua , un enigmatico brandello di fede per l ' al di là ; - solo il trionfo del proletariato può assicurare allo spirito scientifico le condizioni piene e perfette di sua propria esistenza , perché solo nella trasparenza dell ' opera può essere congruamente trasparente l ' intelletto ” . Così Marx scrivea - cioè , volevo dire , così avrebbe potuto scrivere : - ma lui avea da pensare allora all ' Internazionale , e di questa lo Spencer non ebbe tempo di avvedersi . Il 17 marzo del 1883 Federico Engels , parlando al cimitero di Highate in memoria dell ' amico Marx , morto tre giorni innanzi , cominciava proprio così : “ Come Darwin scovrì la legge dello sviluppo della natura organica , così Marx scovrì la legge dello sviluppo della storia umana ” ( ) . Non c ' è da rimanerne proprio mortificati ? Né basta . Nell ' Antidühring ( I ° ediz . del 1878 - la terza è del '94 ) il medesimo Engels avea già acquisito tutte le nozioni fondamentali del darwinismo , che occorrono alla generale orientazione del socialismo scientifico . A ciò fare erasi preparato con dieci anni di novella educazione nelle scienze naturali , e candidamente confessava : esser lui in queste più addentro di Marx , che alla sua volta era forte in matematica . E nemmeno ciò basta . Nella prima edizione del Capitale si trova una nota caratteristica e originalissima sul nuovo mondo scoperto da Darwin . S ' intende già che quei due modesti mortali , che non fecero mai le parti di sopracciò dell ' Universo , inteso sempre di riferirsi a quel prosaico darwinismo della Origine della specie ( 1859 ) , che è un gruppo di teorie tratte da un gruppo di osservazioni e di esperienze sopra un campo circoscritto della realtà , che rimane più in qua dalle origini della vita e precede d ' un buon tratto la storia umana . In quelle teorie non poteano non iscorgere un caso analogico con la concezione epigenetica della storia , che essi aveano in parte definita , in parte adombrata appena ( ) . Non seppero però mai di quel darwinismo , il quale ha scoperto le leggi della intera umanità ( De Bella ) ; di quel darwinismo , insomma , buono per tutto , che è una gratuita invenzione dei pubblicisti a corto di scienza , e dei decadenti della filosofia . L ' amico loro Heine non avea forse detto : l ' Universo è pieno di buchi , e il professore tedesco hegeliano covre quei buchi col suo berretto da notte ? E lasciando stare l ' Universo e i suoi buchi , procuriamo , caro Turati , di fare ciascuno il dover nostro . Mi ricorre sempre per la mente questa grave invettiva che 30 anni fa pronunziava l ' hegeliano B . Spaventa : “ Qui da noi si studia la storia della filosofia nella geografia dell ' Ariosto , e si citano alla pari , Platone e l ' abate Fornari , Torquato Tasso e Totonno Tasso ” ( ) . Credetemi sempre , etc . VIII . Roma , 20 giugno '97 Mi occorre come un post - scriptum , che rechi delle postille alla penultima lettera , tanto grave di non facile filosofia . Metto – com ’ è naturale - fra i prodotti delle affettività nostre , dei quali dissi che adombrano l ' intelletto volgente alla scienza , anche quei complessi di inclinazioni , di tendenze , di valutazione e di pregiudizii , che di solito designiamo con le denominazioni antitetiche di ottimismo e di pessimismo . In tali modi di apprezzamento , che oscillano dal passionale al poetico , e rivelan sempre la nota incerta di ciò che non può ridursi in formula precisa , non è chi sappia scorgere , né l ' indirizzo , né la promessa di una razionale interpretazione delle cose . Sono , nel tutt ' insieme , la estrinsecazione riassuntiva di infiniti particolari sentimenti , i quali possono aver sede , come la cosa è più patente nel caso del pessimismo , così nello specifico temperamento di un singolo individuo ( per es . , Leopardi ) , come in una situazione comune ad una intera moltitudine ( alle origini per es . del Buddhismo ) . Ottimismo e pessimismo nella somma , consistono nel generalizzare le attività resultanti da una determinata esperienza o situazione sociale , e nel prolungarle tanto fuori dell ' ambito della nostra vita immediata da farne come l ' asse , il fulcro , o la finalità dell ' Universo . In guisa che poi , in fine , le categorie del bene e del male , che han realmente un senso così modestamente relativo alle nostre contingenze pratiche , divengono come il criterio per giudicare di tutto il mondo , ridotto in così piccola immagine , da parer fatto qual semplice supposto e qual semplice condizione della felicità o della infelicità nostra . Così dall ' uno come dall ' altro dei due angoli visuali , par che il mondo non possa intendersi se non come fatto , o a fin di bene , o a fin di male , e costituito per la prevalenza o per il trionfo , o dell ' uno o dell ' altro . Nel fondo di cotesti modi di concepire c ' è sempre la originaria poesia , che non si scompagna mai dal mito ; - e tali modi di concepire forman sempre , dal crasso ottimismo maomettano al raffinato pessimismo buddhistico , il midollo pratico e la forza suggestiva dei sistemi religiosi . E ciò è naturalissimo . La religione , che appunto per ciò e , per ciò solo , è un bisogno , consta i tante trasfigurazioni dei timori , delle speranze , dei dolori , delle amarezze della vita cotidiana , in creduti e paventati preordinamenti ; in guisa che le lotte del così detto quaggiù vengon tramutate in contrasti dell ' Universo : - dio e satana - la caduta e la redenzione - la creazione e la palingenesi - la scala delle espiazioni ed il Nirvana . Quell ' ottimismo e quel pessimismo , che si presentano nella veste , o meglio nelle apparenze di cosa pensata , nell ' ambito di certe filosofie , non son che residui più o meno consaputi della religione come che sia trasformata , o di quella antireligione , che nell ' impeto passionato del non credere rassomiglia alla fede . L ' ottimismo di Leibnitz per es . non è certo la funzione filosofica della sua ricerca del calcolo superiore , né della sua critica dell ’ azione a distanza , e nemmeno del suo monadismo metafisico , né della sua scoverta del determinismo interno . Il suo ottimismo è la sua religione - ossia quella religione che parve a lui come la perpetua e perenne - quel cristianesimo , in cui tutte le chiese cristiane si conciliano - quella provvidenza giustificata nella rappresentazione di un mondo , che è l ' ottimo che potesse mai essere e sussistere . Quella poesia teologica ha il suo pendant , dialettico perché umoristico , nel Candide di Voltaire ! E così il pessimismo di Schopenhauer non è la resultante necessaria della sua critica della critica kantiana , né la funzione diretta delle sue squisitissime ricerche logiche ; ma è la estrinsecazione della sua anima di piccolo borghese , meschino e dispettoso , anzi ringhioso , che si completa con la contemplazione ( metafisica ) delle cieche forze dell ' Inconsapevole ( ossia del cieco conato all ' esistere ) ; si completa , cioè , di una forma religiosa poco avvertita in generale , la religione dell ’ ateismo ( ) . Se , dalle configurazioni e dalle complicazioni secondarie e derivate della religione o della filosofia teologizzante , noi risaliamo all ' origine prima ed immediata di quelle creazioni ideologiche , che son l ' ottimismo e il pessimismo , noi ci troviamo in presenza di un fatto , tanto ovvio , per quanto semplice : che ogni uomo , cioè , per la sua struttura fisica , e per la sua posizione sociale , è portato ad una specie di calcolo edonistico , ossia a misurare i suoi bisogni , e quindi i mezzi per soddisfarli ; e , in fine , per necessaria conseguenza , viene ad apprezzare , in un modo , o in un altro , le condizioni della vita e il pregio della vita stessa nel suo complesso . Ora , quando la intelligenza è tanto progredita , da aver vinto gl ' incantesimi della imaginatio e della ignorantia , i quali legano le sorti così poveramente prosaiche dell ' ovvia vita cotidiana alle ( fantasticate ) forze trascendenti , non è più alla suggestione generica dell ' ottimismo o del pessimismo che si tenga dietro . L ' animo si volge al ( prosaico ) studio dei mezzi occorrenti a raggiungere , non quell ' ente favoloso che dicesi la felicità , ma lo sviluppo normale delle attitudini ; le quali , date le favorevoli condizioni sociali e naturali , fanno sì che la vita trovi se stessa la ragione dell ' esser suo e della esplicazione sua . È qui il cominciamento di quella saggezza , che sola può giustificare la etichetta dell ' homo sapiens . Il materialismo storico , come è la filosofia della vita , e non delle parvenze ideologiche di questa , sorpassa l ' antitesi dell ' ottimismo e del pessimismo ; perché ne supera i termini , comprendendoli . La storia è si una serie dolorosamente interminabile di miserie ; - il lavoro , che è la nota distintiva del vivere umano , è diventato il tormento e la maledizione della maggioranza degli uomini ; - il lavoro , che è la premessa di ogni umana esistenza , è diventato il titolo alla soggezione del più gran numero degli uomini ; - il lavoro , che è la condizione di ogni progresso , ha messo le sofferenze , le privazioni , i travagli e i patimenti del maggior numero degli uomini in servizio della comodità di pochi . Dunque la storia è un inferno : - anzi potrebb ' esser rappresentata , in un lugubre dramma , come la tragedia del lavoro ! Ma questa stessa storia lugubre ha tratto da cotesta stessa condizione di cose , quasi sempre all ' insaputa degli uomini stessi , e non certo per la provvidenziale preordinazione di alcuno , i mezzi occorrenti al relativo perfezionamento , prima di pochissimi , poi di pochi , poi di più che pochi ; - e ora pare ne prepari per tutti . La gran tragedia non era evitabile . Non deriva da una colpa o da un peccato , non da una aberrazione o degenerazione , non dal capriccioso e peccaminoso abbandono della retta via ; ma da una necessità intrinseca al meccanismo stesso del vivete sociale , e al ritmo processuale di questo . Questo meccanismo poggia su i mezzi di sussistenza , che sono il prodotto del lavoro stesso degli uomini , combinato con le più o meno favorevoli condizioni naturali . Ora che si apre innanzi ai nostri occhi questa prospettiva che la società , cioè , possa essere organizzata in modo , da dare a tutti i mezzi di perfezionarsi , noi vediamo chiaro , che tale aspettativa diventa plausibile , precisamente perché , col crescere della produttività del lavoro , si stabiliscono le condizioni materiali occorrenti a comunicare a tutti gli uomini la civiltà . In ciò sta la ragion d ' essere del comunismo scientifico , che non confida nel trionfo di una bontà , la quale , chi sa in quali pieghe latenti di tutti i cuori di tutti i trapassati gl ' ideologi del socialismo sono andati a scovare , per proclamarla l ' eterna giustizia . Ma confida nel crescere di quei mezzi materiali , che permetteranno crescan per tutti gli uomini le condizioni dell ' ozio indispensabili alla libertà : - la qual cosa vuol dire , che le ragioni dell ' ingiusto saranno eliminate , ossia la signoria , la padronanza , il dominio dell ' uomo su l ' uomo ; le quali ingiustizie ( ad usare il linguaggio degli ideologi ) suppongono come conditio sine qua non proprio quella miserabile cosa materiale , che è lo sfruttamento economico ! Solo in una società comunistica , il lavoro , oltre che non sfruttabile , può essere razionalmente misurato . Solo nella società comunistica , il calcolo edonistico , non intralciato dallo sfruttamento privato delle forze sociali , può aver carattere di cosa precisabile . Rimossi gl ' impedimenti al libero sviluppo di ciascuno , quegli impedimenti , cioè , che differenziano ora le classi e gl ' individui fino al non riconoscibile , ciascuno potrà trovare , nella misura di ciò che occorre alla società , il criterio di ciò che per lui è il fattibile e il necessario a fare . Adattarsi al fattibile , e non per esterna costrizione , in ciò sta la norma della libertà , che è una cosa sola con la saviezza ; perché non ci può esser morale vera là dove non è la coscienza del determinismo . In una società comunistica cadono da per sé le antitetiche parvenze dell ' ottimo e del pessimo , perché la necessità del lavorare in servizio della collettività e l ' esercizio della piena autonomia personale non formano più antitesi , anzi appariscono come una e medesima cosa ; - l ' etica di cotesta società annulla la opposizione fra diritti e doveri , che non è , in sostanza , se non l ' amplificazione dottrinale della condizione di questa antitetica società presente , nella quale alcuni han facoltà d ' imporre ed altri hanno obbligo di prestare ; - in cotesta società , in cui la benevolenza non è carità , non parrebbe utopistico il chiedere , che ciascuno presti secondo le sue forze , e ciascuno riceva secondo i suoi bisogni ; - in simile società la pedagogica preventiva eliminerebbe , in buona parte , la materia della penalità , e la pedagogica obiettiva della convivenza e della collaborazione razionale ridurrebbe al minimo il bisogno della repressione ; - ossia , in una parola , la pena apparirebbe come la semplice garanzia di un determinato ordinamento , e spoglia perciò del tutto d ' ogni parvenza metaforica di superna giustizia da vendicare o da ristabilire . In cotesta società non allignerebbe più il bisogno di cercare alla sorte pratica dell ' uomo una spiegazione trascendente . Per questo criticismo delle cause della storia , delle ragioni della società presente , e dell ' aspettativa razionalmente misurata e misurabile di una società futura , si vede perché l ' ottimismo e il pessimismo , come tante altre ideologie , dovessero e debbano servire di sfogo e di estrinsecazione alle affettività delle coscienze travagliate dalle lotte della esistenza sociale . Se è questo che intendono di dire gli ideologisti , cui voi alludete ; e , se parlando di eterna giustizia , essi pensano di farsi raccoglitori postumi dei sospiri e delle lagrime dell ' umanità attraverso i secoli , tal sia di loro ; - le licenze poetiche non son vietate nemmeno ai socialisti . Soltanto non si provino poi a metter su le gambe al mito dell ' eterna giustizia , per ispedirlo in marcia contro il regno delle tenebre . Quella gran benefica signora non ismuoverà una sola delle pietre dell ' edificio capitalistico . Ciò che gl ' ideologi del socialismo chiamano il male , contro di cui il bene combatte , non è una astratta negazione , ma è un duro e forte sistema di cose effettuali : è la miseria organizzata per produrre la ricchezza . Ora i materialisti della storia son così poco teneri di cuore , da affermare , che essi in questo male trovano precisamente le molle dell ' avvenire ; ossia , nella ribellione degli oppressi , e non nella bontà degli oppressori . Del facile ricadere nella metafisica , in senso non laudabile , fanno fede assai spesso anche quegli studii , che , a detta degli autori loro , rappresentano la quintessenza del procedere scientificamente positivo . Questo è il caso , per es . , di molti dei divulgatori della disputata e disputabile antropologia criminale . Come intento e come tendenza essa rappresenta una parte notevole di quella salutare critica del diritto punitivo , che pian piano è riuscita a scuotere dai fondamenti tutta la costruzione filosofica , e soprattutto etica , di un fatto così semplice e così empirico , qual è quello della inevitabilità del punire , data la esistenza di una società . Nel metodo , però , di rado essa esce dai confini della combinatoria statistica , e da quell ' a un di presso di verosimile , che è proprio del variopinto complesso di studii , che chiamasi in genere antropologia . Quasi mai si avvicina , per es . , alla precisione di indagine , per la quale la psichiatria , che parrebbe secondo alcuni affine , grazie ai progressi maravigliosi dell ' anatomia dei centri nervosi , e di tutte le parti della medicina , ha contribuito allo sviluppo della psicologia , nel giro di pochi anni , assai più non facessero in venti secoli le discussioni sul testo di Aristotele , e le ipotesi dello spiritualismo e del materialismo puramente razionalisti . Ma non è ciò che mi prema di notare . In quella dottrina campeggia la tendenza a fissare , come predisposizioni ( innatistiche ) le ricorrenze del delinquere in quegli individui i quali presentino certi caratteri indiziali , caratteri , che nell ' aspetto obiettivo , del resto , non son sempre , né ben raccolti , né ben fissati . E qui nulla di male . La teoria , che sta in fondo al diritto penale dei paesi su i quali la rivoluzione borghese abbia esteso l ' azione sua , ha di comune con tutto ciò che chiamiamo liberalismo i pregi e i difetti di quel principio egalitario , il quale , date le differenze naturali e sociali degli uomini , non può non essere puramente formale ed astratto . Questa teoria è stata di certo un progresso su la giustizia di corpo , e su i privilegi del clero e dell ' aristocrazia ; e per questo rispetto è una vittoria storica l ' enunciato : la legge è eguale per tutti . Inoltre , cotesta teoria , riducendo il punire alla sola garenzia giuridica dell ' ordine legalmente costituito , si contenta di colpire ciò che è un danno o una lesione all ' ordine stesso , e non s ' addentra più nella coscienza . Spoglia com ' è di ogni carattere religioso , non colpisce il pensiero e l ' animo . Non è più l ' istrumento di una chiesa , di una credenza , di una superstizione . È prosaico cotesto diritto penale , come è prosaica tutta la società capitalistica . E questo è un altro trionfo - salvo alcune lievi inconseguenze - del libero pensiero . In una parola , si punisce l ' atto , non l ' uomo ; si punisce il turbatore di quell ' ordine che si vuol difendere , non la coscienza , sia irreligiosa , miscredente , atea e così via . Per giungere a cotesto resultato , cotesta teoria ha dovuto costruire , su la base media della volontarietà , ed esclusi gli estremi della mancanza di consapevolezza e di direzione nell ' operare , una tipica responsabilità eguale per tutti gli uomini ( ) . Ed è qui , che , come per ironia alla vantata e celebrata giustizia , il principio della legge eguale per tutti si tramuta dialetticamente nella massima ingiustizia : perché gli uomini sono in realtà socialmente e naturalmente disuguali innanzi alla legge . Su questa dialettica si sono esercitati da un pezzo sociologisti , e socialisti , e critici d ' ogni maniera . C ' è come una lunga scala di opinioni , in contrapposto al diritto esistente : dal paradosso intinto di misticismo , che la società punisca i delitti che essa cova , alla esigenza umanitaria , che la educazione eguale per tutti giustifichi , col porne le condizioni di attuabilità , il principio della legge eguale per tutti . La punta acuta di tutta la critica è quella dei socialisti conseguenti : i quali , partendo dal concetto delle differenze di classe , come essenziali al presente vivere sociale , non cercano nel diritto del punire , come non cercano in nessun ' altra parte del diritto esistente , la giustizia eguale per tutti ; perché ciò sarebbe come cercare l ' inverosimile , data questa forma di società , in cui le differenziazioni sono le cause e il contenuto della compagine stessa . Questo diritto di mezzana giustizia , che contraddice il più delle volte a se stesso , è insito ad una società , in cui il postulato della eguaglianza deve smentire di continuo se stesso . La menzogna è assai più palese in quella bella trovata degli apologisti della forma capitalistica , quando dicono , che alla fin fine i salariati son dei liberi cittadini , che liberamente si dànno a mercede pattuendo alla pari con quei loro eguali , che sono i capitalisti ! - Ma noi socialisti cotesto principio in sé contraddittorio non vogliamo abbandonarlo , per andar poi a braccetto dei reazionarii , che per altre ragioni lo combattono , e per altre vie vorrebbero eliminarlo : anzi noi l ' accettiamo come la negatività immanente alla società borghese , ossia , come il suo storico corrosivo . L ' antropologia criminale è venuta in buon punto a sussidiare dei suoi studii speciali la tesi critica , che mette in evidenza l ’ inverosimile della legge eguale per tutti . In questo senso essa è una dottrina progressiva . Alle differenze sociali , che rendono assurdo il postulato della responsabilità eguale per tutti , secondo la tipica forma della volontarietà della mente sana , ha aggiunto lo studio delle differenze presociali , che sono i limiti che la bestialità contrappone , come forze invincibili , a qualunque azione di adattamento educativo . Non occorre qui di vedere , se essa abbia esagerata la estensione di cotesta bestialità , interpretando male i casi che intendeva di studiare , e amplificando alcune volte fantasticamente i resultati di parziali e poco precise osservazioni . Ciò che importa qui è di dire , che essa , per un certo rispetto metodico , ricade , inconsapevolmente , nella detestata metafisica . Nella foga legittima di combattere l ' ente giustizia e l ' ente responsabilità , fissa poi dei fatti naturali , delle disposizioni , cioè , a delinquere , la cui denominazione e definizione va togliendo da quelle categorie della tutela sociale , che rispondono soltanto alle condizioni di vita alle quali gli uomini , in verità solo dopo che son nati , si vanno assuefacendo . In natura , per ispiegarmi , ci sarà la eccessiva e sfrenata libidine , ma non certo l ' adulterio ( questa è una categoria arcirelativamente sociale ! ) ; la rapacità , ma non il furto in tutte le sue economiche specificazioni fino alla firma falsa su la cambiale ; il temperamento sanguinano , ma non il regicidio , e così via . Né si dica che queste sian questioni meramente verbali . Ciò tocca all ' essenza della cosa . Ciò riguarda la coscienza dei limiti metodici . Ciò importa a ricordare , che la metafisica è un male atavistico , al quale non isfuggono nemmeno quelli che di continuo gridano : abbasso la metafisica ! In altro campo di studii , cioè nella psicologia in genere e nella psichiatria in ispecie , è accaduto per molto tempo lo stesso . Molti che volean localizzare nel cervello i fenomeni psichici , invece di tenersi ai fatti elementarissimi , che , in verità , solo da poco tempo furono distintamente sceverati , localizzavano ( come accadde perfino all ' insigne fisiologista Ludwig ) le facoltà dell ' anima ed altre simili escogitazioni del razionalismo filosofico ; ossia davano un posto materiale al non esistente . L ' antropologia criminale deve ancora sceverar bene e fissare criticamente le sue categorie , causando l ' equivoco di accettare come naturali ed innate quelle categorie , che il diritto punitivo , avuto riguardo alle condizioni di mera esperienza sociale , ha , per ragioni di pratica , fissate ed accettate . IX . Roma , 2 luglio '97 Voi accennate a quei critici , di varia indole e natura , i quali , per varie ragioni di molto difformi fra loro , ritengono , che il cristianesimo sfugga all ' intendimento materialistico della storia , e stimano che in tale obiezione sia come una difficoltà insormontabile . Devo io addentrarmi in cotesta selva , non dirò aspra e selvaggia , ma di certo molto oscura per me ? Voi sapete come io respinga gli schematismi d ' ogni sorta . Non mi pare - e pensare il contrario sarebbe mera fatuità , - ci sia mai alcuna teoria storica tanto buona ed eccellentissima per sé , che ne abiliti alla sommaria cognizione di ogni storia particolare , quando anche alla ricerca specializzata di questa non ci siamo per l ' innanzi addestrati con proprii e diretti studii nostri . Ora io su la storia della chiesa cristiana non ho fatto fino ad ora studii ex - professo , che mi conferiscano il facile maneggio della cosa stessa ; su la quale gli obiettatori di solito discettano e discorrono come chi giudichi per generiche impressioni . Da giovane , come accadeva allora di tutti quelli che si aggirassero nella cerchia della filosofia classica di Germania , lessi lo Strauss e i principali scritti della scuola di Tubinga ; ed ora , con tanti altri , potrei , con piccola variante , ripetere la esclamazione di Faust : ich habe , leider , auch Theologie studiert ! Ma poi dopo ... io di coteste materie non mi son più occupato . Ho serbata però in me viva la persuasione , che , come con la scuola tubingese cominciò , in definitivo e per davvero , quella considerazione del cristianesimo , che sola può dirsi storica , così gli ulteriori progressi consistano principalmente nelle correzioni e nei complementi , che furon già portati , o si vanno portando , ai resultati di quella stessa scuola . La principale delle correzioni è , e deve , a mio avviso , esser tuttora questa : che , mentre i tubingesi mirarono , in modo prevalente sì , ma non esclusivo , a studiare la genesi ed il processo delle credenze e dei dogmi , sia poi occorso , e occorra al presente , di mettersi allo studio obiettivo della formazione e dello sviluppo dell ' associazione cristiana . Per cotesto riavvicinarsi a quel modo di considerazione , che , brevitatis causa , chiamerò sociologico , si fa un passo innanzi nella obiettività della ricerca : in guisa , che l ' intendimento del come e del perché l ' associazione è nata e si è svolta , ci dà il modo di vedere per quali ragioni e per quali vie gli animi , le fantasie , le menti , i desiderii , i timori , le speranze , le aspirazioni degli associati dovessero completarsi di certe credenze , ricercare certi simboli , giungere alla escogitazione di certi dogmi ; - o come gli associati potessero mettere , in somma , assieme tutto un mondo dottrinale ed ideologico . Fatta una tale inversione , si è già su la via , che mena diritto al materialismo storico ; ossia siam prossimi al postulato generale , che si debba considerare le idee come il prodotto e non come la causa di una determinata struttura sociale . Se non erro , - perché , come dicevo , di tali argomenti me ne intendo relativamente poco - in questo indirizzo realistico concorrono soprattutto gli studii recenti delle antichità cristiane ; nei quali , mi pare , primeggiano gli scrittori del genere di Harnack e simiglianti . Cito incidentalmente , giacché questo libro qui io l ' ho studiato , quelle notevolissime letture dell ' inglese Hatch ; nelle quali , con la massima lucidezza di analisi documentaria , si va dimostrando , come l ' associazione cristiana , da un punto in qua dalle sue primissime origini , si sviluppasse e si consolidasse per via dell ' adattamento alle varie forme di quel diritto corporativo , che fioriva nelle varie regioni dell ' impero , o nelle condizioni peculiarmente proprie al giure pubblico romano , o in quelle altre degli altri usi locali e nazionali , e segnatamente delle istituzioni greche ed ellenistiche . I nostri vescovi non se ne abbiano a male . Lo spirito santo ci sarà entrato per qualche cosa nel metterli al di sopra del rimanente dei fedeli , da quando nella associazione originariamente democratica si creò la differenziazione gerarchica di clero e di laici ( ossia popolani ) ; ma il loro nome stesso ricorda , che la organizzazione fu fatta sul preciso modello di quei corpi di navicellai , pescivendoli , fornai e simili , che aveano i loro episcopi ( sopravveglianti ) et reliqua . A questo punto bisogna fare ancora un passo innanzi . Bisogna , cioè , abbandonare il concetto astratto e generico di una storia unica ed unitaria di tutto il cristianesimo , e venire alla storia particolare , per tempi e luoghi , dell ' associazione cristiana : - la quale associazione ora è una parte soltanto di quella più larga società civile , semicivile , o a dirittura barbara , in cui essa s ' andò svolgendo nei primi tre secoli ; - ora par che covra ed assorba tutti i rapporti della complessiva società semicivile o semibarbara , come fu nell ' occidente latino del così detto Medioevo ; - e da ultimo , dopo quella dilacerazione dell ' unità cattolica , che è il protestantesimo , e riconosciuta la libertà di coscienza , e assai più spiccatamente in seguito alla Grande Rivoluzione , torna ad essere una parte del tutto nella convivenza politico - sociale , una parte , o prevalente , o piccola , o minima , e così via dicendo . Su cotesta traccia stessa va trattato il problema dei rapporti fra chiesa e stato ; che è questione di relatività storica , e non di teoretica elocubrazione formalistica . Per questo modo d ' intendere si è in fine in grado di ricercare e di dichiarare quelle condizioni materiali , le quali , come è accaduto di ogni altra convivenza umana , produssero dapprima l ' associazione cristiana , e poi la mantennero , la perpetuarono , o la portarono alla parziale o locale dissoluzione , con tutte le varie vicende , che nelle cause e ragioni loro divengon poi senza difficoltà patenti . E si capisce che credenze , e dogmi , e simboli , e leggende , e liturgie , e altre simili cose debbano venire in seconda linea , come è proprio di ogni altra soprastruzione ideologica . Continuare a scrivere la storia dell ' ente Cristianesimo ( ne faccio qui un solo sostantivo con la lettera maiuscola ) , gli è come moltiplicare l ' errore di concezione metodica , nel quale incorrono i letterati e gli eruditi , quando compongono , in senso affatto unitario , come se si trattasse di cose per sé stanti , le storie della letteratura o della filosofia . In coteste manipolazioni della dotta fabbrica , pare come se i poeti , gli oratori , i filosofi di diversi tempi , isolati quasi dal resto del mondo in cui realmente vissero , si porgano la mano attraverso o al di sopra dei secoli , per comporre una illustre catena ; - o come se , non avendo essi tolta la materia e l ' occasione al poetare o al filosofare dalle condizioni della società in cui si svolsero , e dal grado evolutivo di questa , si sforzassero di entrare nella serie indipendente , che è lo studiato indice della dotta compilazione . Si capisce quanto sia cosa comoda l ' avere a mano , nel manuale , la somma delle notizie su ciò che chiamiamo letteratura francese , per es . dalla Chanson de Roland ai romanzi del signor Zola : ma dall ' una cosa all ' altra non corre soltanto il cronologico millennio , né da una cosa all ' altra intercede soltanto il semplice variare della facoltà poetica ; perché , anzi , c ' è di mezzo tutto il tramutarsi di tutti i rapporti della convivenza in tutti i suoi principali aspetti , e in rispetto a cotesti sociali tramutamenti le manifestazioni letterarie non son che relativi indici , sedimenti specifici , e casi particolari . Sarà comodo , specie per l ' allevamento artificiale al sapere , che è tanta parte delle nostre Università , il ridurre in compendio la somma di ciò che nella storia chiamiamo genericamente filosofia ; ma chi è che riesca a capir poi per davvero , per cotesta via , come i singoli filosofi siano arrivati a pensare in modi cosi difformi , e spesso contraddittorii ? Come si fa a mettere in una sola linea di processo continuativo , indipendente ed unitario , la filosofia dell ' antichità , che fu fino a Platone quasi tutta la scienza , - e poi quel minimo di scienza che fu la Scolastica sopraffatta dalla teologia , - e più in qua quella filosofia del secolo XVII , che è una forma di esplorazione concettuale parallela alla nuova scienza contemporanea della osservazione e dell ' esperimento - in fine questa neocritica , che tende ora a far della filosofia una semplice revisione formale del saputo nelle singole scienze , già di tanto differenziate fra loro ? A potiori è assurdo l ’ andar scrivendo - salvo che per ragioni di comodità accademica - delle storie universali del cristianesimo . Non parlo di quelli che pensano con animo da credenti ; e , ossia , opinano che il filo conduttore di tali storie unitarie consista nella missione provvidenziale della chiesa stessa attraverso i secoli . A coloro , che così pensano , e in vario modo intendono cotesta storia ideale eterna , che sarebbe come una immanente o processuale rivelazione , noi non abbiamo nulla da dire o da suggerire . Son fuori del campo nostro . Ma quei critici , i quali scrivono le storie unitarie di tutto il cristianesimo , pur sapendo e confessando di aver per le mani una materia che fa parte delle variabili e più o meno necessarie condizioni successive della vita umana , come non vedono , che la loro rappresentazione continuativa si tien sopra di un assai debole filo di tradizione , e riflette uno schema assai vago di cose appena appena riavvicinabili ? Il nascere , l ' ampliarsi , il diffondersi , l ' organizzarsi e lo sparire ( in alcune parti , dico , del mondo , per es . l ' Asia anteriore e l ' Africa settentrionale ) dell ' associazione cristiana , e il vario atteggiarsi di essa verso il rimanente dell ' attività pratica , e i multiformi legami che ebbe con le altre aggregazioni e potestà politico - sociali : - tutte coteste cose , che son la storia vera e effettuale , non s ' intendono , se non si parte dalle condizioni complessive di ciascun singolo paese , nel quale , o pochi , o molti , o tutti gl ' incoli , abitanti e cittadini , o da membri di modesta setta , o nelle forme d ' imperiosa cattolicità , o perseguitati , o tollerati , o intolleranti e perseguitanti , si professarono e professano cristiani . E di cui solo si comincia a metter piede sul terreno solido , di ciò che è degno obietto dell ' intendimento storico ; e di qui alla interpretazione materialistica non occorre sforzo maggiore di quello che occorra in ogni altro ramo delle nostre conoscenze della vita del passato . In una parola , la storia effettiva è quella della chiesa , anzi delle chiese ; ossia di una società , che ha la sua oikonomia , così nel senso generico di ordinamento , come in quello specificato del modo di acquisizione , di produzione , di distribuzione e di consumo dei beni ( ahimè , terreni ! ) Se altri intende per cristianesimo , in un senso esclusivo , il solo complesso delle credenze e delle aspettazioni circa il destino umano - credenze , che in verità varian tanto , quanto è il divario , per dirne una sola , tra il libero arbitrio del cattolicesimo postridentino e il determinismo assoluto di Calvino ! - bisogna si rassegni a capire e ad ammettere , che cotesto complesso di vedute e di tendenze è nato e si è svolto sempre per entro la cerchia di una associazione , che ha variato di continuo in vario senso , ed è stata sempre , dal più al meno , contenuta da un più vasto e complicato ambiente storico - sociale , tanto per dirla con la prediletta espressione dei neologisti . Conviene aggiungere un ' altra considerazione . In questo quarto d ' ora di prosa scientifica , in cui noi ci troviamo al presente , non si dà a credere più a nessuno , che la massa dei raccolti nell ' associazione cristiana sapessero e capissero mai nulla di preciso del variare dei dogmi , e delle sottili discussioni dei sapienti e dei dottori . Delle plebi di Antiochia , di Alessandria , di Costantinopoli , e così via , agitantisi intorno alle bandiere di Ano e di Atanasio , noi non conosciamo precisamente le passioni , gl ' interessi , il modo cotidiano del vivere , e l ' ingenito e abituale idiotismo ; - non possiamo descriverle proprio come faremmo ora di Napoli o di Londra : - ma non saremo mai così ingenui da credere , che capissero un iota della lotta circa la sostanza , o semplicemente simile , o affatto identica , del figlio per rispetto al padre . Né misureremo la differenza reale degli artigiani di Ginevra da quei d ' Italia nel secolo XVI , dal divario dottrinale fra Calvino e Bellarmino . Per ciò appunto la storia del cristianesimo riesce in gran parte oscura , perché essa ci fu quasi sempre tramandata attraverso agl ' involucri e alle diciture ideologiche di quelli che furono il riflesso dogmatico - letterario dello svolgersi dell ' associazione ; in guisa che della vita pratica si sa relativamente poco , e questo poco si assottiglia fino al minimo quanto più si risale ai primi secoli . Inoltre , la massa dei consociati ha sempre serbato in cuor suo , e ha trasferito nelle minute credenze e nelle leggende , molte delle superstizioni e moltissimi dei miti che recava in sé prima di convertirsi , e tutte quelle altre superstizioni e tutti quei miti , che le fu necessità di creare , per rendersi in qualche modo plausibile le dottrine astratte e metafisiche del cristianesimo dogmatico . Accadde ciò assai visibilmente fin dalla seconda metà del secondo secolo , quando l ' associazione avea cessato da un pezzo dall ' essere una democratica setta di aspettanti il regno di dio , compenetrati tutti dello spirito santo , e volgeva alla formazione di una organizzata cattolicità , così nel senso della ortodossia , come in quello di una semipolitica coordinazione gerarchica di moltissimi non più santi , ma semplicemente uomini . Cresce cotesto trasferimento di tutte le superstizioni locali , regionali ed etniche nel seno del cristianesimo , dacché , diventando la chiesa in definitivo ortodossamente ufficiale e territoriale , era tolto il modo a qual si fosse più zelante di andar sceverando , con scrupolosa epurazione , i capaci di una persuasione , frutto di pedagogico addestramento , dagli obbligati a credere , e a stare ai riti e alle forme come che si fosse . Rovinando poi l ' Impero di Occidente , per le sommarie o forzate conversioni dei barbari della Germania e della Slavia , s ' accrebbe il capitale delle credenze popolari da formare il pascolo cotidiano delle masse , che eran tenute in obbligo di professare simboli e credenze tanto superiori o estranee all ' ambito di loro menti , come quelle che rappresentavano un precipitato di molte semi - filosofie . Tutte coteste popolazioni cristiane vissero e continuarono a vivere delle loro variopinte credenze ; per la qual ragione , poi , esse effettivamente trasformarono i dati comunissimi del cristianesimo in moventi ed in occasioni a nuove e speciose mitologie . A riscontro di tal vita barbaramente ingenua , le definizioni dei dottori e le decisioni dei concilii rimasero come librate in aria , quale ideologia inattingibile alle moltitudini , e a guisa di dottrinale utopia . Da quali ragioni e cause , da quali moventi e mezzi i membri della consociazione furon tenuti , dunque , assieme nei tempi dei quali si dice che la religione fosse l ' anima e il fulcro di tutta la vita ? Prescindo dalle prepotenze e dalle violenze , per non entrare in un capitolo assai spinoso , che è quello cui s ' appellano di solito i passionati avversarii del cristianesimo ; capitolo che mette sotto gli occhi la storia delle più odiose tirannie , delle più feroci ed inumane persecuzioni , e della più raffinata ipocrisia . Tantum religio potuit suadere malorum ! Ciò che mi preme gli è di notare , che la forza principale della coesione fosse appunto in quei disprezzati mezzi materiali , l ' uso il maneggio e il governo dei quali ha fatto crescere l ' associazione in una potente organizzazione economica , coi suoi ufficii , con la sua gerarchia , col suo diritto , e coi suoi servi , e schiavi , e dipendenti , e coloni , e ministri , e protetti e beneficati . La proprietà ecclesiastica rappresenta tutta una serie di variazioni , dall ' obolo del semicomunismo alla legale corporazione , e da questa alla raccolta dei legati , alla costituzione dei complessi terrieri del latifondo , e poi del feudo coi corollarii delle decime e della finanza delle anime , e fino ai tentativi più moderni della industria coloniale ( i Gesuiti ) , e così via ad altre ed altre cose . Ciò che mantenne la coesione degli umili furon principalmente , come sono in parte tuttora , i beneficii dell ' elemosina , dell ' assistenza dei malati , dei derelitti , degli orfani , delle vedove e così via , della ordinata e metodica gestione dei campi , del dissodamento delle terre di nuovo acquisto alla coltura . Questi i mezzi , che , come è accaduto di ogni altro ente morale collettivo , fecero dell ' associazione cristiana una cosa vitale , e nel Medioevo soprattutto permisero ad un piccolissimo ceto di addottrinati di far servire una vasta compagine economica a fini relativamente più elevati , più nobili , più altruistici e più progressivi , di quel che non accadesse nell ' ambito dei possedimenti strettamente feudali , e per opera di sovrani taglieggiatori , razziatori , e pirati . La borghesia , nelle sue diverse fasi , con modi più o meno rapidi , e in forme più o meno rivoluzionarie , ha fatto dappoi man bassa di cotesta economia della proprietà del popolo cristiano , e l ' ha in diversi modi incorporata alla proprietà di pieno diritto privato , e l ' ha resa fluida nel sistema capitalistico . Dove cotesta proprietà di ecclesiastica economia ha resistito parzialmente , e dove parzialmente resiste ancora ai colpi dell ' evo progressivo , gli è perché essa adempie tuttavia alcuni ufficii , che le altre organizzazioni pubbliche , e lo stato che le rappresenta , o non assumono sopra di sé , o tollerano sussistano tuttora nella chiesa , come in forma di concorrenza . La storia di cotesta economia è il midollo di quella interpretazione del variare del cristianesimo , che la critica ulteriore dovrà elaborare . Quel Gregorio Magno , che par già così persuaso , che il vescovo di Roma fosse destinato a tener le parti del tramontato Impero dell ' Occidente , quel Gregorio , noto al comune delle persone colte per le sue visioni , per il suo amore della musica e per l ' apostolato nell ' Anglia , da economo dettò le leggi della condotta del latifondo ecclesiastico . A parecchi secoli di distanza , per tutte le traversie dei semistati e delle varie comunità semi - politiche , che si andaron sviluppando entro l ' ambito dal sempre mal fermo e mal restaurato Impero d ' Occidente , la estesissima proprietà ecclesiastica , da per tutto diffusa e da per ogni dove incuneata , dette luogo a tentare quella politica , che , da Gregorio VII a Bonifacio VIII , mirò a fare del successore di Pietro l ' erede di Augusto . Questa politica non fu tale qual fu , perché i frati clunacensi ne avessero escogitata la dottrina , o perché com ' è di fatti , Gregorio VII ed Innocenzo III fossero uomini sommi , ma perché solo in quel vasto sistema economico c ’ erano i dati per tentare un gran disegno di organizzazione ; al quale , come è noto , si ribellarono in diversi modi , non solo gli altri semipotentati politici d ' allora , ma in alcuni punti di più progredita operosità industriale e commerciale ( Fiandra , Provenza , Italia del nord ) con diversi intendimenti , o di cenobitica ascesi o di civile libertà cristiana , anche una parte delle plebi e delle recenti borghesie . E difatti l ' umiliazione inflitta a Bonifacio VIII in Anagni , non è se non il punto acuto di quella politica di Filippo il Bello , che , da precursore molto alla lontana del principato rivoluzionario del secolo XVI , mette per il primo arditamente la mano su la sostanza del popolo cristiano . E qui vorrei far punto a questa digressione ; perché cotesta storia economica non è stata ancora per davvero scritta , e non sarò io ad avviarla con queste incidentali osservazioni . Mi pare , però , che i soliti obiettatori dicano : ma fatta questa storia economica , tutto il resto sarà chiaro chiarissimo ? E qui saremmo al solito caso di quelli che si fanno dei castelli di carta , per aver poi il gusto di distruggerli con un bel soffio . Spiegare un processo consiste , in generale , nel risolverlo nelle condizioni sue più elementari , fino al punto che ci sia dato di scorgere e seguire ( dal minimo del discernibile in su ) le fasi successive , come chi vada da premesse a conseguenze . Nessuno si sognerà di affermare per es . , che quando si conosca a fondo la struttura economica della città di Atene tra la fine del V e il principio del IV secolo a . C . , si possa poi difilato passare ad intendere , così senz ' altro , cioè senza il sussidio critico degli elementi intellettuali raccolti nella tradizione , tutto il contenuto ideologico di tutti e singoli i dialoghi di Platone . Ciò che occorre in verità di spiegare innanzi tutto è l ' uomo Platone ; ossia le sue disposizioni estetiche e mentali , il suo pessimismo , la sua fuga dal mondo , il suo idealismo e il suo utopismo . Tutto ciò è il prodotto di quelle condizioni , che come si svolsero ideologicamente nell ’ individuo Platone , si svolsero del pari in tanti e tanti altri contemporanei suoi , che altrimenti non l ' avrebbero inteso , ammirato e seguito al punto da creare intorno a lui una setta , vissuta poi per secoli con tante modificazioni . Se altri si provi a distrarre quella formazione ideologica dall ' ambiente , in cui per l ' appunto nacque come primo prodromo del cristianesimo , essa diventa l ' incomprensibile , ossia presso a poco l ’ assurdo . A potiori ciò vale di quelle disposizioni e inclinazioni , o fantastiche , o mentali , che in una così grande convivenza , qual è stata l ' associazione cristiana coi suoi molteplici ufficii e con le sue svariate attinenze , ingenerarono il bisogno di tante credenze , di tanti simboli , di tanti dogmi , di tante leggende . Ci torna di certo più facile di intendere i rapporti , che in genere legano tutte coteste ideazioni a certe determinate condizioni materiali della convivenza , che non di spiegare poi partitamente tutte e singole quelle ideazioni nel loro particolare contenuto . Cotesta difficoltà di adeguata spiegazione è cresciuta dal fatto , che si tratta di tempi di terribili catastrofi , di inauditi rimescolamenti , di decadenza delle attitudini alla scienza corretta ; di tempi , in breve , nei quali manca quasi sempre la testimonianza spregiudicata , la critica , l ' opinione pubblica , e le menti più forti , sequestrate dalla vita , inclinano all ' astruso , al sottile e al verbalistico . Gli è difatti il difficile intendimento , del come le ideologie nascano dal terreno materiale della vita , che dà forza all ' argomentare di coloro i quali negano la possibilità di una piena spiegazione genetica del cristianesimo . In generale gli è vero , che la fenomenologia o psicologia religiosa che dir si voglia , presenta delle grandi difficoltà , e reca in sé dei punti assai oscuri . Come i dati empirici della natura e del vivere sociale si tramutino , in certi determinati tempi e in certe determinate disposizioni etniche , passando per il crogiuolo di una specificata fantasia , in persone , in iddii , in angeli , in demoni , e poi in attributi , emanazioni , e ornamenti di queste stesse personificazioni , e da ultimo in entità astratte e metafisiche come il logos , l ' infinita bontà , la gomma giustizia e così via - non è cosa sempre facile d ' intendere a pieno . In cotesto campo di derivata e complicata produzione psichica , siam molto lontani da quelle condizioni elementarissime , nelle quali , con l ' osservazione e con l ' esperimento c ' è per es . , lecito di seguire il sorgere e lo svolgersi delle prime sensazioni da un estremo all ' altro , ossia dagli apparati periferici fino ai centri cerebrali , nei quali l ' eccitazione e le vibrazioni si tramutano in noto alla coscienza , cioè dire in coscienza . Ma è forse cotesta difficoltà psicologica un privilegio delle credenze cristiane ? Non è essa propria del generarsi di tutte le credenze , e ideazioni mitiche e religiose ? Ci son forse più chiare le creazioni tanto originali del primissimo buddhismo , e quelle più di seconda mano , e quasi sincretiche del maomettanismo ? E risalendo poi in là da questi sistemi delle grandi religioni , ci sono forse chiari e trasparenti a prima vista i procedimenti della fantasia nella creazione dei miti elementarissimi dei nostri protopadri ariani ? Ci è proprio facile di renderci conto per filo e per segno di tutte le transizioni occorse alla fantasia di tante generazioni , attraverso tanti secoli , perché il pramantha , ossia il bastone da suscitare il fuoco fregandolo ed agitandolo in altro legno , si svolgesse poco per volta nell ' eroe Prometeo ? E pure questo è il mito più noto della mitologia indo - europea ; quello per il quale esistono più dati per seguirne le successive fasi embriogenetiche , dagli antichissimi inni vedici in onore del dio Agni ( il fuoco ) , fino alla creazione etico - religiosa della tragedia eschilea . Gli è che coteste produzioni psichiche degli uomini dei secoli trapassati presentano all ' intendimento nostro delle difficoltà tutte speciali . Noi non possiamo facilmente riprodurre in noi le condizioni che occorrono , per approssimarci allo stato interiore d ' animo , che fu rispettivo a quei prodotti . Occorre una lunga assuefazione perché si acquisti quella attitudine interpretativa , la quale è propria del glottologo , del filologo , del critico , del preistorista ; ossia di chi , col lungo esercizio e coi reiterati tentativi , si fa come una coscienza artificiale , congrua e consona all ' obietto da spiegare . Se non che il cristianesimo ( e qui intendo dire della credenza , della dottrina , del mito , del simbolo , della leggenda , e non della semplice associazione nella sua oikonomika ) , ci riesce relativamente più facile , in quanto è a noi più prossimo . Ci viviamo in mezzo , e ne abbiamo di continuo a considerare le conseguenze e le derivazioni nelle letterature e nelle varie filosofie a noi familiari . Noi possiamo tuttodì osservare come le moltitudini combinino , all ' ingrosso , tanto le atavistiche come le recenti superstizioni con una mezzana o appena approssimativa accettazione del principio più generale , che unifica tutte le confessioni : - il principio cioè della caduta e della redenzione . Noi l ' associazione cristiana la vediamo all ' opera , così per ciò che essa fa , come per le lotte che sostiene ; e siamo in grado di rifarci sul passato per combinazioni analogiche , che di rado ci riesce di adoperare nella interpretazione delle credenze da noi remote . Assistiamo ancora alla creazione di nuovi dogmi , di nuovi santi , di nuovi miracoli , di nuovi pellegrinaggi ; e , ripensando al passato , possiamo in buona parte dire : tout comme chez nous ! Disponiamo , voglio dire , di un capitale di osservazione e di esperienza psicologica , che ci permette di rivivere nel passato , con isforzo assai minore di quello ci tocchi di fare , quando siam costretti a starcene alla sola analisi documentaria delle condizioni più antiche . Da quando si è cominciato a capir qualcosa di netto della origine della lingua , se non dal momento che fu inteso , non aver noi altro terreno di esperienza in proposito , se non nel modo come i fanciulli imparano tuttodì a parlare ? Per molti il problema della origine del cristianesimo rimane poi oscurato da un altro pregiudizio ; che qui , cioè , si tratti di una formazione primissima , e quasi di una creazione ex nihilo . Costoro non pensano , che quelli che divennero cristiani giunsero a quel punto partendo da altre religioni ; e che il problema della origine si riduce prosaicamente innanzi tutto a rintracciare , come gli elementi preesistenti siansi derivati in nuova forma , per entro all ' ambito dell ' associazione , e in che stia il vero e proprio nocciolo nuovo della neoformazione . Siamo in tempi storici . Di quelle religioni precedenti ci è nota principalmente la forma del giudaesimo posteriore , che era in una parte della massa popolare di messianismo esaltato , e nella classe degli addottrinati di affilata casistica . Ci sono a un di presso noti i culti , le superstizioni , le credenze dei varii paganesimi dell ' impero e ci è nota la disposizione religiosa di una buona parte dei filosofanti di quel tempo , che eran quasi tutti decadenti , come ci son note le inclinazioni delle moltitudini di allora , più che mai propense ad accettare nuove fedi , nuove promesse , e la buona novella . Dunque si tratta non di creazione , ma di trasformazione e siamo allora sul terreno di ogni altra storia . Per es . ( - perché parlo sommariamente e come per incidente - ) : come Gesù è diventato il Messia degli Ebrei ( forma primitiva ebionitica ) , come il Messia degli Ebrei è diventato il redentore di tutti gli uomini dal peccato ( Paolo ) , e da ultimo come s ' è combinato col logo del neoplatonismo di Filone ( quarto evangelo ) ? Questo lo schema del processo ideologico . E poi dall ' altra parte : come la primitiva associazione comunistica ( del comunismo , s ' intende , del consumo ) , degli aspettanti la prossima fine del reo mondo e l ' universale catastrofe ( l ' Apocalissi ) , è diventata una consociazione ( chiesa ) , che , rimandata in indefinito l ' aspettativa del millennio ( seconda epistola di Pietro ) , cresce in una organizzazione , che svolge una economia , e progressivamente si complica di attribuzioni e di ufficii ? In questo processo dalla setta alla chiesa , dalla ingenua aspettazione alla complicata formula dottrinale , sta tutto il problema delle origini . Con l ' allargarsi dell ' associazione veniva in buon punto l ' adattamento di essa alle varie forme di diritti vigenti , e col bisogno della dottrina collimava la diffusione del platonismo decadente . Certamente tutte coteste produzioni non possiamo riavvicinarcele agli occhi e all ' osservazione nostra , in una intuitiva cronistoria . Non assisteremo al conversare di Filippo , di Matteo , di Pietro , di Giacomo , e loro prossimi successori , e così via , come se stessimo ad ascoltare Camillo Desmoulins , a ore 3 p . m . la domenica del 12 luglio 1789 , in un caffè del Palais Royal . Non seguiremo l ' originarsi e il fissarsi dei dogmi , come se si trattasse della messa insieme degli articoli della Enciclopedia . Siamo in tempi di impressioni confuse , e di non mai più viste fermentazioni . Delle grandi epidemie morali invadono gli spiriti . I rapporti più elementari della vita entrano in un periodo di acuta crisi . Al di sotto di quella civiltà della cerchia mediterranea che unificava il potere politico - amministrativo dell ' impero e ciò che v ' era di più utile e raffinato nell ' Ellenismo , vegetavano mille forme di barbarie locali e di decadenze putride e verminose . Pensare che il cristianesimo si formò , di fatto e di nome , come cosa per sé stante , proprio nella molle Antiochia , sentina di tutti i vizii ; e pensare che Paolo dirigeva ai Galati , ossia a Giudei dispersi in un paese di veri e proprii barbari , le sue sottili meditazioni , che ce lo rivelano non molto difforme da quegli Ebrei , che più tardi misero assieme il Talmud ! Il cristianesimo si è diffuso fra gli umili , fra i reietti , fra le plebi , fra gli schiavi , fra i disperati di quelle grandi città , la cui tenebrosa vita c ' è appena appena in qualche piccola parte dichiarata dalla satira di Petronio e di Giovenale , dai volterriani racconti di Luciano e da quei macabrici di Apuleio . Che cosa sappiamo noi di preciso su la condizione di quegli Ebrei della città di Roma , in mezzo ai quali si diffuse dapprima nell ' Occidente la nuova trista superstizione , come ebbe a dir Tacito ; quella superstizione , che nel volger dei secoli crebbe nel più potente organismo sociale che conosca la storia ? Quelle prime origini non ci è lecito di ridurle in intuitivo racconto , e noi siam costretti a rifarle per congettura e per combinatoria . Questa è la ragion principale della interminabile letteratura in proposito ; specie per opera dei dotti di Germania , che , anche quando non sian per nulla credenti , usano di chiamar teologia cotesta letteratura critica ed erudita . La relativa oscurità delle prime origini fa nascere nelle menti di molti la curiosa credenza in un cristianesimo vero che sarebbe stato assolutamente difforme da quanto altro ha preso poi nome di cristiano in seguito . Quel cristianesimo vero , anzi originario , che poi viceversa è tanto oscuro , che ognuno può intenderlo a modo suo , fa soventi le spese della polemica di quei razionalisti , i quali , dopo d ' aver coverto d ' invettive cotesta empirica chiesa , a noi nota per la storia o per l ' esperienza nostra , per rinforzo di argomentazione retorica si appellano alla chiesa ideale , che sarebbe stata la primitiva comunione dei santi . Questo è un mito storico , come la Sparta dei retori ateniesi , come la Roma antica dei ghibellini decadenti del XVI secolo , come tutte le creazioni fantasmagoriche di un passato paradisiaco , o d ' un futuro non raggiungibile ancora . Questo mito storico ha assunto forme diverse . I settarii che si ribellarono alla cattolicità , o appena avviata o già trionfante da un pezzo , quei settarii , dico , che con ispirito di vera eguaglianza democratica , in determinate circostanze storiche , dai montanisti agli anabatisti , si sollevarono contro la chiesa profanamente terrena , e ortodossamente gerarchica , ebbero bisogno di rifarsi nella fantasia il cristianesimo vero , ossia la semplice vita protoevangelica , mentre proclamavano decadenza , aberrazione , opera di satana , tutto l ' accaduto dappoi . A questo cristianesimo vero verissimo si appellarono assai spesso i comunisti ingenui , cui giovava , in difetto di ogni altra adeguata idea sul modo d ' essere di questo ingiusto mondo delle misere disuguaglianze , di farsi delle proprie aspirazioni come un quadro , e questo potea trovare , come in tanti altri ricordi veri o fantastici , i motivi e il colorito nella poesia evangelica . Così accade fino a Weitling , che anche lui compose un : Evangelo del povero peccatore . E perché dovrei non ricordare quei Saint - Simoniani , che favoleggiando di un cristianesimo più vero , di là da venire , in quello proiettarono tutte le aspirazioni della loro riscaldata fantasia ? Per tutte queste , e per tante altre cause , sta come campata in aria , nella mente di molti , l ' immagine fantasiosa di un cristianesimo ultraperfettissimo , che sarebbe difforme , anzi per alcuni è assolutamente difforme - da tutto ciò che la volgare storia conosce e dà per cristiano ; da che Stefano fu lapidato , fino alla Santa Inquisizione , che spedì all ' altro mondo tante caterve d ' infedeli ; da che lo scalzo pescatore Pietro nei suoi paurosi dinieghi fece la parte dell ' accorto Sancio Panza , fino a che papa Pio s ' è compensato , con la infallibilità , del potere terreno che andava perdendo ; dall ' agape ebionitica dei poveri visitati dal Paracleto , ai gesuiti che armano delle flotte e fanno imprese commerciali , da precursori arditi della politica coloniale dell ' evo borghese ; dal Rabbi di Nazareth , che dice non esser di questo mondo il regno suo , ai vescovi ed altri prelati occupanti in nome suo per secoli , come proprietarii e come sovrani , dal quinto al terzo delle terre secondo i paesi , compresovi in alcuni luoghi il ius primae noctis , Chi per una ragione o per l ' altra , e sia pure per semplice ipocrisia letteraria , crede a quel cristianesimo verissimo , è naturale sia imbrogliato a spiegare donde sia poscia nato questo men vero , o assolutamente aberrato , che noi tutti conosciamo . E si capisce , inoltre , come quel vero verissimo diventi un miracolo , se non proprio della rivelazione , della ideologia umana per lo meno ; - e noi dal canto nostro non siamo obbligati a date la spiegazione di tale miracolo , né in nome del materialismo né in nome di qualunque altra dottrina , per la stessa ragione , per la quale la meccanica razionale non ha il dovere di spiegare , né il volo di Icaro , né quello dell ' ippogrifo dell ' Ariosto . Conviene , nondimeno , non dimenticare , che quel cristianesimo vero , così idealmente contrapposto da tanti a questo assai positivo e realisticamente umano , che s ' è svolto in condizioni accessibili al nostro ordinario intendimento , ha esercitato anch ' esso la sua funzione storica , e giova ora a noi come di chiave per entrare più addentro nello stato d ' animo e nei rapporti di vita dei cristiani primitivi . Fu quel cristianesimo vero come il simbolo delle varie ribellioni dei proletarii , delle plebi , della umile gente , dei manomessi , dei servi , degli sfruttati , fino al secolo XVI . Ebbi occasione , come dissi già in altra lettera , di occuparmi quest ' anno in modo circostanziato , nel mio corso accademico , precisamente di Fra Dolcino , nel quale culmina , e nel cui insuccesso declina il movimento della setta degli Apostolici . Poi che ebbi dichiarate le condizioni generali dello sviluppo economico e politico dell ' Italia settentrionale e media , e quelle più particolari dell ' ambito ( ossia delle classi sociali ) nel quale gli Apostolici sorsero e si diffusero , a un certo punto mi convenne di spiegare la dottrina , per la quale e con la quale Dolcino tenne ferma la compagine dei suoi seguaci , tenacissimi ed impavidi nel combattere fino all ' ultimo da eroi , da martiri e da precursori di un nuovo ordine di cose nella vita dell ' umanità . Quella dottrina è anch ' essa uno dei tanti ritorni apocalittici al cristianesimo puramente evangelico ; - è , ossia , la negazione di tutto ciò che la gerarchia abbia stabilito e fatto da papa Silvestro ( da quello almeno della leggenda ) , in poi , negazione rinforzata dall ' ardore apostolico , che il sentimento della lotta trasmuta in dovere di combattimento . Gli è naturale , che la spiegazione prima di quelle idee , come direbbero i letterati , vada cercata nei movimenti affini delle ribellioni antigerarchiche più prossime . Per un verso si risale agli Albigesi , e per un altro verso a quei confusi e variopinti moti di plebe , che hanno il comune nome di patarìa ; e poi per un altro lato bisogna rifarsi su tutta quella agitazione mistica ed ascetica , che più volte accenna a dilacerare l ' imperio papale , dal comunismo ideologico di Gioacchino di Fiore alle resistenze attive dei Fraticelli . Facendo un passo più addentro in cotesta ricerca , non è difficile di ritrovare , di dietro ai mistici veli dell ' ascetismo , e all ' esaltata passione per il cristianesimo vero , le materiali condizioni e i materiali moventi , per cui convengono intorno ad alcuni simboli di rivolta gl ' infimi del cenobitismo , i contadini di quei paesi dove la feudalità è ancor viva , i contadini di quelle altre terre , che , francate dal feudo , per la rapida formazione dei liberi comuni furon violentemente proletarizzati , e poi la minutissima gente dei comuni stessi così spietatamente corporativi , e da ultimo , come sempre , gl ' idealisti , che trasmutano in causa propria la causa dei derelitti : - gli elementi tutti di una rivoluzione sociale . Da questa spiegazione prossima si risale ad una spiegazione più generale , e direi tipica . Il moto dolciniano è uno dei momenti della gran catena delle sollevazioni delle plebi cristiane , che , con varia fortuna e con varia complicazione , si ribellarono alla gerarchia , e nei momenti più acuti furon portate alla inevitabile conseguenza dell ' aspettazione del comunismo . Il caso classico , la forma strepitosa , per le circostanze di tempo e per la estensione e per la durata del moto , è di certo la sollevazione degli Anabatisti . Ma non fu cosa di poco conto la rivolta dolciniana ; specie per le condizioni di precoce modernità economica in cui trovavasi la valle del Po , in principio del secolo XIV . Ora , l ' istinto dell ' affinità portava le menti dei rappresentanti e dei condottieri delle plebi in rivolta a tornare verso l ' immagine , o verso il confuso ricordo , o verso l ' approssimativa riproduzione fantastica di quel cristianesimo primitivo , che fu tutto di minuto popolo , di gente afflitta e sofferente , aspettante la redenzione dalle miserie di questo reo mondo . Il cristianesimo vero , verso del quale , per simpatia procedente da similarità di condizioni , quei ribelli esaltati tornavano con tanto ardore di fede e di fantasia , fu una realtà : non nel senso dell ' ideale e del tipico , da cui l ' umana debolezza abbia deviato per aberrazione o per malizia , ma nel senso del fatto poveramente empirico . Il cristianesimo primitivo , mutatis mutandis , fu nel tipo , nell ' insieme , nella fisonomia e nei moventi , più affine a ciò che Montano , o Dolcino , o Tommaso Münzer vollero , in tempi a ciò non adatti , ristabilire , che non a tutti i dogmi , liturgie , gradi gerarchici , dominii e demanii , lotte politiche , supremazie , inquisizioni ed altre simili miserie , in cui s ' aggira la storia umanamente terrena della chiesa . Nei tentativi di cotesti ribelli , si rivede , come se essi avessero voluto dare in ispettacolo un esperimento del passato , quale debba essere stata , a un di presso , la figura originaria del cristianesimo come setta di perfetti santi , ossia di assolutamente eguali , senza differenze di clero e di laici , tutti parimenti capaci dello spirito divino , sanculotti e devoti al tempo stesso , tutti ad un modo . Il problema più grave e più scabroso in tutta la storia del cristianesimo è appunto questo : d ' intendere , cioè , come dalla setta degli assolutamente eguali sia nata , nel termine di men che due secoli , una associazione di differenziati per gerarchia , in guisa , che da una parte sta il popolo dei credenti e dall ' altra stanno gl ' investiti di potestà sacra . Questa differenziazione gerarchica si completa col dogma , il che vuoi dire con un dettame , che sopprime la immediatezza del credere nei singoli fedeli qual fatto di personale vocazione . La gerarchia vuol dire sacerdozio , amministrazione di cose , e governo delle persone . Di qui nasce la possibilità di una politica ; e su la ricerca di questa politica s ' aggira la storia della chiesa del III secolo . L ' incontro della chiesa e dell ' impero nel IV secolo non è se non il resultato del compenetrarsi di due politiche , per cui poi la religione e il maneggio degli affari da ultimo si confondono . In questo passaggio dalla libera associazione all ' organamento semistatale , il quale fa che la chiesa abbia sempre da allora in poi esercitata una azione politica , o d ' accordo con lo stato , o contro lo stato , o diventando essa stessa lo stato , si avvera il caso comune ad ogni associazione , la quale , dal momento che ha cose da amministrare ed ufficii da adempiere , diventa di necessità un governo . La chiesa ha riprodotto dentro di se stessa i contrasti proprii ad ogni stato , cioè le opposizioni di ricchi e di poveri , di protettori e di protetti , di patroni e di clienti , di proprietarii e di sfruttati , di principi e di soggetti , di sovrano e di sudditi . Quindi essa ha avuto nel suo proprio seno particolari lotte di classe - per es . di patriziato gerarchico e di plebe cenobitica , di alto e basso clero , di cattolicità e setta . Le sètte furono in gran parte ispirate , fino al secolo XVI , dal pensiero del ritorno al cristianesimo primitivo , e per ciò spesso colorirono i disegni attinti alle condizioni del presente di una ispirazione ideologica che rasenta l ' utopia . La chiesa che è riuscita , è invece solo quella la quale , seguendo i modi di procedere che son proprii dello stato laico , anziché una società di eguali nello spirito santo , è divenuta una gerarchica consociazione di disuguali , con esercizio di formali diritti , con mezzi d ' imposizione e di violenza , con perfetto imperio , o con parte d ' imperio ceduto da altri imperanti , e col governo delle anime , che , come ogni altro governo spirituale , si svolge innanzi tutto col dominio su le cose senza delle quali le anime non han modo di esistere . Questi attributi umani , i quali , data la condizione di disuguaglianza economica degli uomini , riavvicinano la consociazione religiosa ad ogni altra maniera di governo delle cose di questo mondo , mostrano per un verso come l ' associazione dei santi non potesse avere in alcun tempo una forma di esistenza che non fosse utopia , e per un altro verso ci spiegano la costante tendenza alla intolleranza ed alla cattolicità nelle varie sue forme , in quanto essa associazione , smentendo l ' ingenuo martire di Nazareth , lasciato malinconicamente in croce su gli altari , ha fatto di questa terra il regno suo . Per rimaner nell ' esempio , che mi è più familiare pei miei recenti studii , il papato superimperiale precipitò sì nella persona di Bonifacio VIII , secondo la profezia di Dolcino , che di tre anni gli sopravvisse ; ma non precipitò per dar luogo all ' Apocalisse . Fu inflitta al papato sì l ' umiliazione dell ' esilio avignonese , ma non per dar luogo a un nuovo impero di Cesari , secondo l ' utopia dell ' Alighieri . C ' erano allora già i prodromi dell ' evo moderno , cioè i preannunzii del regno della borghesia . Filippo il Bello , che di lontano arieggia al principato civile , nel quale due secoli dopo la borghesia percorse la prima tappa del suo dominio politico su la società , mandava all ' estremo supplizio i Templari , come per dire che l ' epopea delle crociate finisse per opera dei cristiani stessi . E perché il motto della situazione ci fosse perfino nell ' aneddoto , che sempre denuncia e smaschera gli stridenti passaggi dell ' ironia della storia , il commissario del sire di Francia a preparare l ' umiliazione di Anagni non fu un capitano di banda feudale , ma un legista , che negoziò il danaro occorrente alla bisogna in una cambiale rilasciata a un banchiere di Firenze . Furono questi legisti , e principi usurpatori di diritti storici , e banchieri accumulatori del danaro , che poi divenne più tardi il capitale , quelli i quali iniziarono la moderna società così trasparente nella prosaica struttura degli intenti e dei mezzi suoi . Come su le altre rovine della società corporativa e feudale , così anche su le rovine del patrimonio ecclesiastico s ’ è assisa questa crudele borghesia , che , sfidatrice delle potenze misteriose , ha inaugurata l ' èra del pensiero e della libera ricerca . E aspetta che altri la tolga di seggio : ma non sarà di certo , né il cristianesimo vero , né quello verissimo . Se poi quegli uomini dell ' avvenire , dei quali noi socialisti ci diamo assai spesso soverchio pensiero , produrranno o non produrranno ancora della religione , io , né so , né non so : e lascio ad essi soli la briga della vita loro , che sarà , spero , non lieve , perché non divengano degl ’ imbecilli nella paradisiaca beatitudine . Ciò che io vedo chiaro è solo questo : che il cristianesimo , che nel suo complesso è la religione dei popoli fino ad ora più civili , non lascerà luogo dopo di sé ad alcun ’ altra religione nuova . Chi d ’ ora innanzi non sarà cristiano , sarà irreligioso . E poi , in secondo luogo , noto , che i socialisti han fatto assai bene a scrivere nei loro programmi , che la religione è cosa privata . Spero che nessuno vorrà intendere coteste parole nel senso di una veduta teoretica , su la quale si possa poi ricamare una filosofia della religione . Quel comma del tutto pratico vuol semplicemente dire , che al presente i socialisti han troppe cose da fare di più utili e serie , da non doversi confondere con quegli hebertisti , blanquisti , e bakuninisti , e simili , che decretavano l ' abolizione del divino , e Dio decapitavano in effigie . I materialisti della storia pensano però , dal canto loro , e fuori d ' ogni apprezzamento subiettivo , che gli uomini dell ' avvenire rinunzieranno molto probabilmente ad ogni spiegazione trascendente dei problemi pratici della vita di tutti i giorni , perché : Primus in orbe deos fecit timor ! Antica la sentenza : di valore perpetuo l ' enunciato ! X . Resina ( Napoli ) , 15 settembre ‘97 Caro Sorel , Nel rileggere , nel rivedere , nel ritoccare - giacché ho fatto disegno di darle alle stampe - le lettere , che io v ’ andai scrivendo dall ' aprile al luglio ultimi , m ' è parso formino come una certa tal quale serie , e nel tutt ' insieme dicano qualcosa . Di certo i pensieri di semplice accenno , gli enunciati appena appena sviluppati , le osservazioni il più delle volte incidentali , e le bizzarre critiche disseminate qua e là , - . tutte le cose , insomma , che mi venne di dire , nel modo che è proprio di chi scriva currenti calamo , assumerebbero ben altra forma , entrerebbero in tutt ' altra disposizione , passerebbero per una nuova e meditata elaborazione , se io avessi in animo di comporre un libro degno d ' un titolo altisonante come , per es . : Il socialismo e la scienza ; o Il materialismo storico e l ’ intuizione del mondo , e così via . Ma , come io , nel conversar con voi a distanza , ho usato in larga misura delle libertà che son proprie della facoltà discorsiva , così , ora che mi son risoluto a raccogliere quelle fugaci lettere nella forma d ' un libercolo , imporrò a questo un modesto ed appropriato titolo di : Discorrendo di socialismo e di filosofia , Lettere a G . Sorel . Devo agl ' insistenti consigli del mio amico Benedetto Croce , di commettere cotesto nuovo peccato di letteratura minuscola . Questo mio benedettissimo amico è diventato il mio tormento e la mia croce . Dacché lesse quelle lettere , non m ' ha dato più pace ; e ha voluto gli promettessi di renderle pubbliche , nella forma di un opuscolo . Se io stessi a sentir lui , ai miei anni non verdi , diverrei un continuo e perpetuo produttore di carta stampata : mentre a me è piaciuto sempre , in passato , di lasciar dormire nei cassetti i non pochi catafasci di carta scritta , che m ' è toccato di accumulare , per anni ed anni , nella qualità di insegnante e di appassionato estensor di lettere . In questo caso speciale il Croce poi mi andava dicendo , esser dover mio , ora che il socialismo s ' allarga in Italia , di concorrere alla vita del partito , che cresce e si fortifica , coi mezzi e nei modi che son più rispondenti alle attitudini mie . E sia pur così ; - ma poi tutto sta a vedere , se i socialisti di tale aiuto e di tale sussidio sentano proprio il bisogno e il desiderio . A dir le cose come sono , io non ebbi mai una troppo grande inclinazione allo scrivere per il pubblico , e all ' arte e a prosa non ci attesi mai ; tanto è , che ho scritto di solito come vien viene . Fui sempre e sono , invece , appassionatissimo dell ' arte dell ' insegnamento orale , in tutte le sue forme ; e l ' attendere a cotesta opera , con molta intensità , mi ha distolto per lunghi anni , in passato , dal ridire per iscritto ( - e chi potrebbe veramente ridirlo dal vivo ? - ) ciò che , insegnando , vien detto spontaneo di forma , duttile , pronto , adattato al caso , ricco di attinenze e pieno di riferimenti . Abbracciando poi , più in qua , il socialismo , in corale rinascenza dello spirito io divenni più desideroso di comunicar col pubblico , per mezzo di opuscoli , di lettere d ' occasione , d ' indirizzi e di conferenze , che mi si moltiplicarono per anni quasi a mia insaputa . Non son forse questi i doveri e gli oneri del mestiere ? Ed è qui che due anni fa venne precisamente in buon punto il mio benedetto signor Croce , col consiglio che mi dette , che io pubblicassi dei saggi di socialismo scientifico , come per porre alla mia attività di socialista un obiettivo più solido . E , come da cosa vien cosa , anche queste lettere d ' occasione possono passare per un saggio sussidiario e complementare di materialismo storico . Come è chiaro , caro Sorel , questo discorso non riguarda punto voi , ma me soltanto ; perché cerco quasi quasi delle scuse alla pubblicazione di un nuovo libercolo , e in quanto io da italiano vivo in Italia . Probabilmente se queste mie lettere , oltre che da voi , saranno lette da altri in Francia , costoro diranno , che io non li ho persuasi lo stesso del materialismo storico , e forse ripeteranno ragionevolmente le osservazioni di alcuni critici dei miei saggi , che , con le traduzioni , cioè , da una lingua straniera , non si riesce a cambiare gli umori intellettuali di una nazione ( ) . Pur così scrivendo , come per metter la chiusa a questa faccenda epistolare , temo ancora non mi venga la voglia di continuare . Non son forse le lettere moltiplicabili all ' indefinito , come le favole e i racconti ? Per fortuna , però , io m ' ero proposto fin dal principio di rispondere , così all ' ingrosso , ai quesiti che voi , sfiorando dei tèmi della massima difficoltà , ponete nella vostra Prefazione ; cosicché una ragione di finire m ' è pur data dai termini stessi del vostro scritto , al quale mi sono andato via via riferendo . Se m ' abbandonassi poi all ' estro della conversazione , chi sa dove andrei a finire ! - le lettere diverrebbero una letteratura . Di ciò voi non mi sapreste grado ; per quanto potesse allietarsene il signor Croce , il quale vorrebbe mettere in tutti il suo istinto di prolificazione letteraria . Lui fa un curioso contrasto con le dolci abitudini di questa dolce Napoli , nella quale gli uomini - come i Lotofagi che ogni altro cibo aveano in dispregio - vivono immersi nel solo presente , e par che , proprio in cospetto della statua di G . B . Vico , allegramente faccian le fiche alla filosofia della storia . Ma , pur volendo una buona volta finire , mi conviene di mettere in carta alcune altre brevi note ancora . Mi pare , innanzi tutto , che voi , non per curiosità vostra , ma quasi mettendovi ad arte nei panni del comune dei lettori , domandiate : c ’ è mai modo di fare intendere , per via facile e piana , in che consista quella dialettica , che così spesso s ’ invoca a dilucidazione dell ' intrinseco del materialismo storico ? E potreste , credo , aggiungere , che il concetto della dialettica riesce ostico , ai puri empiristi , ai metafisici sopravvissuti , e a quei popolari evoluzionisti , i quali così volentieri s ' abbandonano alla generica impressione di ciò che è e trapassa , apparisce e sparisce , nasce e muore , e nella parola evoluzione non esprimono , da ultimo , l ' atto del comprendere , ma l ' incomprensibile : mentre , all ' incontro , nella concezione dialettica s ' intende di formulare un ritmo del pensiero , che riproduca il ritmo più generale della realtà che diviene . Ma io - se l ' ora stanca di queste lettere non me ne facesse divieto - ove mai volessi ricominciare , prima di rispondere a così grave quesito , ricorrerei con la mente al ricordo del poeta greco , che , alla domanda del tiranno di Siracusa : che cosa fossero gli dèi ? - chiese prima uno , poi un altro , e poi un altro giorno di tempo , e così senza fine . E dire , in verità , che , ai poeti , che li creano , li inventano , li lodano e li celebrano , gli dèi devono essere assai più familiari , che non possa esser la dialettica a me , se altri mi mettesse fra l ' uscio e il muro , con l ' obbligo di rispondere a un imperioso quesito ! E piglierei tempo - il che non è alieno dal pensare dialetticamente - dicendo ( il che è una implicita risposta ) : - noi non possiamo renderci conto adeguatamente del pensiero , se non pensando in atto ; - alle maniere di procedimento del pensiero bisogna adusarcesi con successivi sforzi ; - ed è sempre assai pericoloso il saltare a pie ' pari , dall ' uso concreto di una maniera di concezione alla generica definizione formale di essa . Messo ancora alle strette , per non gravare l ' interrogatore di studii troppo lunghi , ardui e complicati , lo rimanderei all ' Antidühring , e segnatamente al capitolo intitolato : Negazione della negazione . Ivi , e in tutto quel libro , si vede come Engels fosse , non solo inteso con l ' animo a spiegare ciò che espone , ma preoccupato ancor più del mal uso che può farsi dei procedimenti mentali , quando , chi vi rivolge l ' attenzione , più che essere portato a pensare qualcosa di concreto in cui la forma del pensiero si riveli viva e vivente , sia disposto a cadere negli schematismi a priori , ossia nello scolasticismo , che non fu - sia detto con buona pace degl ' ignoranti - la nota esclusiva dei dottori del Medioevo , come se fosse soltanto roba da preti . Dello scolasticismo se ne può fare sopra ogni dottrina . Il primo scolastico fu Aristotele in persona ; che fu , inoltre , tante altre cose in più , e fu soprattutto un genio della scienza . Dello scolasticismo se ne fa già in nome di Marx . Di fatti la maggior difficoltà d ' intendere e di continuare il materialismo storico non istà nella intelligenza degli aspetti formali del marxismo , ma nel possesso delle cose in cui quelle forme sono immanenti ; delle cose , che Marx per conto suo seppe ed elaborò , e di quelle altre moltissime , che tocchi a noi di conoscere e di elaborare direttamente . Nei molti anni che ho speso nell ' insegnare , io fui sempre persuaso del gran danno che si fa alle menti giovanili , quando , invece d ’ immergerle , con opportuna e pieghevole arte , in una determinata provincia della realtà , perché osservando , comparando e sperimentando , poco per volta arrivino alte formule , agli scherni , alle definizioni , si comincia dall ' usar subito di queste ultime , come se fossero i prototipi delle cose esistenti . Insomma , la definizione da cui s ’ incomincia è vuota , mentre è solo piena quella cui si arrivi , geneticamente . Nell ' insegnare si vede quanto il definire sia cosa pericolosa ; secondo il senso plebeo che molti dànno ad una sentenza del diritto romano , la quale dice , in verità , tutt ' altro . La didattica non è quella attività , che produca un nudo effetto di cosa fissa ( come nudo prodotto ) ; ma è quella attività , che generi altra attività . Insegnando noi riconosciamo , come il nocciolo primo di ogni filosofare è sempre il Socratismo ; ossia la virtuosità generativa dei concetti ( ) . Rimandando all ' Antidühring , e a quel capitolo segnatamente , non intenderei , per ciò , di rinviare ad un catechismo , ma solo ad un esempio di abilità didattica . Le armi e gl ' istrumenti son tali solo all ' opera ; e non quando sian visti in armadio da museo . Inoltre , se non dovessi pur finire una buona volta , vorrei fermarmi ad illustrare le parole dove dite , che l ' Italia meriti , come culla comune della civiltà , l ' omaggio di tutti . Può parere che queste parole siano una stonatura , mentre discorrete proprio del socialismo , che all ' Italia veramente non deve molto . Ma , se è vero che il socialismo è il frutto della civiltà adulta , i maturi e provetti degli altri paesi non faran male a rivolgere , di tanto tanto , gli occhi loro a questa culla . Ripensando all ' Italia , che ha fatto per secoli la più gran parte della storia universale , tutti avranno sempre qualcosa da impararci ; e poi dopo s ' avvedono , che l ' avean già a casa loro quest ' Italia , come il presupposto di ciò che essi presentemente sono . Ad altri francesi è parso in passato , che questo paese fosse , da culla , diventato tomba della civiltà ; e per tal tomba devon tenerla la più parte dei forestieri , che la visitano qual museo , ignari sempre del nostro presente . E in ciò hanno torto ; e , per dotti che siano , cotesti visitatori di musei rimangon sempre ignoranti - dico ignari della vita attuale di questo paese , che par la vita del morto risorto , il che è almeno un caso degno di nota . In che veramente consiste questo rinascimento d ' Italia , e che aspettativa può dar di sé , a quelli che guardino la generalità del progresso umano , senza pregiudizii e senza preconcetti ? ( ) Per tacere delle grandi difficoltà che c ' è a trattare , con intenti obiettivi , e con criterii non desunti dai soli impulsi della personale opinione , la storia attuale di qualunque paese ; nel caso speciale d ' Italia bisognerebbe risalire fino al secolo XVI , quando l ' iniziale sviluppo dell ' epoca capitalistica - che qui avea sede principale - fu spostato dal Mediterraneo . Bisognerebbe arrivare , attraverso alla storia della successiva decadenza , alle premesse positive e negative , interne ed esterne , delle presenti condizioni d ' Italia . Non occorre io dica che le mie forze sarebbero impari all ' impresa ; perché non avrei la più lontana tentazione di misurarmici , a proposito e nella occasione di un discorso familiare , come è questo . Chi un simile studio sapesse concretare in un libro , potrebbe dire d ' aver concorso ad esprimere , in forma riflessa , la presente situazione , e l ' attuale coscienza degl ' italiani ( ) . Qui da noi si è spesso assai ciecamente ottimisti o ciecamente pessimisti , nel senso che si dà dai non - filosofi a coteste parole ; specie perché in Italia c ' è una grande ignoranza del vero stato degli altri paesi , cosicché molti le condizioni indigene valutano , non alla stregua comparativa e pratica dell ' ora presente , ma ad una tutta ideale , ipotetica , e spesso utopistica . Ed è singolare il caso , che qui da noi , in tanto risorgere delle scienze della osservazione nel campo della natura - le quali scienze vengono veramente coltivate con intenti particolaristici e dirò antifilosofici - sia così scarso l ' intelletto positivo delle cose sociali attuali , mentre è così stragrande in questo paese stesso il numero dei sociologisti , che somministrano definizioni ai sitibondi di verità . Ma si sa , i sociologisti hanno in tutto il mondo una certa curiosa antipatia per gli studii della storia ; che poi sarebbe , secondo il senso dei profani , quella tal cosa nella quale la società s ' è svolta . Pochi , in conclusione , vedon chiaro in questa circostanza di fatto ; che , cioè , la borghesia italiana , la quale è già oggetto , come in ogni altro paese , alle ire , e agli odii degli umili , dei manomessi , degli sfruttati , e per un altro verso è stretta e premuta dal popolo minuto , è essa stessa in se stessa instabile , inquieta , incerta , perché l ' è impedito di mettersi alla pari con quella degli altri paesi , nel campo della concorrenza . Per questa ragione , come per l ' altra , che dall ' altro lato essa ha il papa ( ) , con quel suo non indifferente bagaglio di cose , che solo i teorici dell ' utopismo liberalesco proclamano trapassate per sempre , questa borghesia , che deve ancora ascendere , è intimamente rivoluzionaria , come direbbe il Manifesto . E come non ha potuto esser giacobina , quanto sarebbe stato il naturale istinto suo , s ' è acquetata nella formula del re per la grazia di Dio e della nazione ad un tempo . Non potendo questa borghesia fare assegnamento sul rapido sviluppo di una grande industria , che tarda difatti a venire , e nella conseguente rapida conquista di un grande mercato esterno , dato il progresso lento ed incerto della economia nazionale , per la massima parte agraria , fa la politica mezzana degli espedienti , e consuma nell ' abilità l ' ingegno . Ecco la parte che fa la flotta italiana da più mesi in Oriente : par la volpe , che , secondo la favola , dichiari immatura l ' uva che non può afferrare ; ma questa volpe qui , con divario da quella della favola , si trova tra altre volpi , che l ' uva afferrata custodiscono , o dell ' uva stanno per afferrare ! Ed ecco che la volpe si fa idealista , per manco di positivo . Questa borghesia italiana , di fronte all ' astensionismo , o reazionario o demagogico dei clericali , e per il lentissimo sviluppo dell ' opposizione proletaria , si è sentita e si sente come se fosse tutta la nazione , e nel difetto di partiti che dividano la società , dà il nome di partiti alle fazioni che si raccolgono intorno a capitani e proconsoli , o ad intraprenditori ed avventurieri di varie sorti . Al primo apparire del socialismo essa rimase attonita . D ' altra parte , s ' ingannano quelli i quali credono , che l ' agitarsi delle moltitudini sia sempre indizio o prodromo da noi , com ' è di fatto alcune volte e in alcuni punti d ' Italia , di quel moto proletario che , come lotta economica su base concreta , o come aspirazione politica , volge più o meno esplicitamente al socialismo in altri paesi . Qui il più delle volte questo agitarsi è come la ribellione delle forze elementari contro di uno stato di cose in cui esse forze non trovano la necessaria coercizione , quella coercizione , dico , che è propria di un sistema borghese atto ad irreggimentare i proletarii . Si guardi , per es . , all ' acuita forma di emigrazione , che è , salvo poche eccezioni , di uomini atti ad offrire le braccia , l ' incomparabile sedulità , e lo stomaco capace d ' ogni privazione , allo sfruttamento del capitale straniero in terra straniera : - sono , in una parola , lavoratori uscenti dai campi , dove son di soverchio , o dall ' artigianato in decadenza , che la ferula educativa del capitale ridurrebbe in isquadre di addetti alle fabbriche , se la grande industria si affrettasse a svolgersi , o che il patrio capitale menerebbe nelle patrie colonie , se ce ne fosse , e se non fosse venuta la pazzia di crearne là dove pare presso che impossibile il farne ( ) . L ' Italia è diventata - ed è ben naturale , - negli ultimi anni , la terra promessa dei decadenti , dei megalomani , dei critici a vuoto , degli scettici per fastidio e per posa . Alla parte sana e verace del movimento socialistico ( al quale non è dato per ora dalle circostanze altro ufficio da quello in fuori di preparare la educazione democratica del popolo minuto ) si mescolano , di conseguenza , parecchi , i quali , se volessero mettersi la mano su la coscienza , avrebbero da confessare , che essi son decadenti , e che li sospinge a dimenarsi , non la fattiva volontà del vivere , ma l ' indistinto fastidio del presente : - essi , leopardiani annoiati ! Devo finalmente finire ; ma mi pare mi arrivi all ' orecchio come una leggiera voce di protesta da parte di quei compagni , che son così pronti ad obiettare ; e che quella voce dica : coteste son sofisticherie da dottrinarii , e noi abbiam bisogno di pratica . Sicuro , d ' accordo , avete ragione . Il socialismo è stato per così lungo tempo utopistico , progettistico , estemporaneo e visionario , che è bene ora di dire e di ripetere ogni momento , che ci occorre la pratica ; perché gli animi di quelli che lo professano sian rivolti di continuo a misurare le resistenze del mondo effettuale , e a studiar di continuo il terreno , sul quale ci è imposto di aprirci la non facile né morbida via . Badi però il mio ipotetico critico di non far proprio lui la parte del dottrinario ; la qual parola , per chi se ne intenda , designa una certa disposizione delle menti , viziate dall ' astrazione , a ritenere , che le idee proclamate per sé eccellenti , e i frutti delle esperienze raccolte in determinati tempi e luoghi , sian cose da applicare difilato al concreto , e inoltre buone per ogni tempo e luogo . La pratica dei partiti socialistici , a confronto d ' ogni altra politica fino ad ora esercitata , è ciò che più risponde , non dirò alla scienza , ma ad un procedimento razionale . È la dura prova di una costante osservazione , e di un adattamento da tentar di continuo ; - è la dura prova d ' indirizzare sopra una linea di moto unitario le tendenze , spesso difformi e spesso antagonistiche , del proletariato ; - è lo sforzo di condurre ad esecuzione dei disegni pratici col sussidio della chiara visione di tutti i rapporti che legano , con complicatissimo intreccio , le varie parti del mondo in cui viviamo . E se cosi non fosse , per che ragione e a che titolo si parlerebbe del vantato marxismo ? Se il materialismo storico non regge , vuol dire che l ' aspettativa del socialismo è caduca , e che il nostro pensiero della società futura è creazione da utopisti ! Pur troppo gli è vero , in fatto , che in tutto il socialismo contemporaneo c ' è sempre latente un certo che di neoutopismo ( ) ; come è il caso di coloro , che , ripetendo di continuo il dogma della necessaria evoluzione , questa poi confondon quasi con un certo diritto ad uno stato migliore , e la futura società del collettivismo della produzione economica , con tutte le conseguenze tecniche e pedagogiche che dal collettivismo risulterebbero , dicono che sarà perché deve essere , - e quasi dimenticano , che cotesto futuro devono pur produrlo gli uomini stessi , e per la sollecitazione dello stato in cui sono , e per lo sviluppo delle attitudini loro . Beati costoro , che il futuro della storia e il diritto al progresso misurano quasi alla stregua di un certificato di assicurazione su la vita ! Cotesti dogmatici delle idee a buon mercato dimenticano diverse cose . In prima , che il futuro , appunto perché è il futuro , che sarà il presente quando noi saremo il passato , non può costituire il criterio pratico di ciò che noi dobbiam fare al presente . Sarà ciò cui si arriverà , - ma non è la via per arrivarci . In secondo luogo , l ' esperienza di questi ultimi cinquant ' anni deve indurre gli atti al pensiero ed alla pratica in questa persuasione : che , cioè , a misura che cresce nei proletarii e nel minuto popolo la capacità ad organizzarsi in partiti di classe , la prova stessa di questo complicato movimento ci porta a intendere lo sviluppo dell ' èra nuova secondo una misura di tempo , che è assai lenta a confronto del rapido ritmo che concepivano una volta i socialisti intinti di giacobinismo rivissuto . Or sopra a una distesa così grande di tempo la nostra previsione non può non correre incerta ; tenuto conto della enorme complicazione del mondo attuale , e in tanto allargarsi del capitalismo , ossia della forma borghese1 . Chi non vede , che oramai il Pacifico soppianta l ' Atlantico , come questo a suo tempo fece passare in seconda linea il Mediterraneo ? Cosicché , in terzo luogo , la scienza pratica del socialismo consiste nella chiara notizia di tutti cotesti complicati processi dell ' orbe economico , e , parallelamente , nello studio delle condizioni del proletariato , in quanto esso via via diventa atto a concentrarsi in partito di classe , e porta in questa successiva concentrazione l ' animo che gli è proprio , data la lotta economica in cui s ' inradica quella politica , che gli è mestieri di fare . Su cotesti dati più prossimi la nostra previsione può correre con sufficiente chiarezza di calcoli , e può raggiungere il punto nel quale il proletariato divenga prevalente , e poscia predominante politicamente nello stato . E da quel punto , che deve coincidere con la impotenza del capitalismo a reggersi , da quel punto , dico , che nessuno può immaginarsi come un rumoroso patatrac , sarebbe il cominciamento di ciò che molti , non si sa perché , come se tutta la storia non fosse la serie delle rivoluzioni della società , chiamano enfaticamente la rivoluzione sociale par excellence . Spingersi oltre di quel punto , coi ragionamenti , gli è come voler confonder questi con gli artifizii della immaginazione . Il tempo dei profeti è trapassato . Beato te , Fra Dolcino , che nelle tue tre lettere ( ) potesti trasfigurare gli accidenti politici del momento ( papa Celestino e papa Bonifacio VIII , Angioini ed Aragonesi , Guelfi e Ghibellini , misere plebi e patriziati dei comuni , e così via ) in tipi già simboleggiati dai profeti e dall ' Apocalisse , misurando ad anni , a mesi ed a giorni , con successive correzioni , i tempi della provvidenza . Ma fosti un eroe ; la qual cosa dimostra , che quelle fantasie non furon la causa del tuo operare , ma l ' involucro ideale , nel quale tu rendevi conto a te stesso , come fecer tanti altri , per tutto un secolo innanzi a te , e Francesco d ' Assisi compreso , del disperato moto delle plebi contro la gerarchia papale , contro la borghesia già forte nei comuni e contro il nascente monarcato . Ora tutti quegli involucri furon lacerati , compresa la religione delle idee , come dicon quelli che usano un gergo da ipocriti , per mostrare una certa superstiziosa reverenza per la religione degli altri . Ora , presentemente , non è lecito di essere utopisti , se non ai soli imbecilli . L ' utopia degli imbelli , o è cosa ridicola , o è dilettanza da letterati che vadano visitando quel falansterio di ninnoli di cui è architettore il Bellamy . Quell ' umile Marx , tutto prosa di scienza , andò raccogliendo modestamente nella società presente i primi indizii delle transizioni a quella che diverrà , come per es . , il sorgere delle cooperative ( vere ! ) in Inghilterra e cose simili , e fu rassegnato ( specie nell ' opera spesa nella Internazionale ) alla parte di ostetrico , che non è proprio quella di un artefice del futuro . Lui ed Engels dissero della società dell ' avvenire - data la ipotesi della dittatura politica del proletariato - non sotto l ' aspetto intuitivo , del come essa parrebbe a chi la vedesse , ma sotto l ' aspetto del principio direttivo della forma , ossia della struttura economica , e segnatamente in antitesi a questa società presente ( ) . Del resto , se c ' è chi abbia il bisogno di vivere fin da ragazzo nel futuro , come da sentirlo e da provarlo su la propria pelle ; e , papeggiando in nome delle idee , voglia investire dei loro diritti e doveri i componenti la società dell ' avvenire - s ' accomodi pure . Permetta quindi a me , che pure ho un qualche diritto d ' inviare la mia carta di visita ai posteri , di esprimere la speranza , che quei del futuro , non trasumanati tanto da non esser più comparabili a noi del presente , serbino tanto della gaia dialettica del ridere , da farsi beffe umoristicamente dei profeti dell ' oggi . Finisco per davvero ; e toccherebbe ora a voi , se mai vi piace , di ricominciare . Appendici . I . Postscriptum all ' edizione francese . Frascati ( Roma ) , 10 settembre ‘98 Sebbene fino ad ora il Sorel non abbia dato segno di ricominciare , può sempre darsi ci si provi in seguito . Ho però ragione di temere , che , ricominciando , s ' incamminerebbe per una via per me inaspettata , dal momento che mette in iscena : La crisi del socialismo scientifico ( cfr . suo articolo nella “ Critica Sociale ” , del I ° maggio 1898 , pp . 134-38 ) , proprio a proposito di quelle stesse pubblicazioni del Merlino , che egli avea l ' anno innanzi così aspramente criticato nel “ Devenir Social ” ( ottobre 1897 , pp . 854-888 ) . Ma che egli ricominci , o che non ricominci ad occuparsi di questi problemi generali avendo riguardo a ciò che io ho scritto in queste lettere a lui indirizzate , mi preme di dire qui , a scanso di fraintesi , e perché i lettori non cadano in equivoco , che io non lo seguirei nelle sue immature e premature elucubrazioni su la teoria del valore ( “ Journal des Economistes ” , Paris , I ° maggio 1897; “ Socialistische Monatshefte ” , Berlin , agosto 1897; “ Giornale degli Economisti " , Roma , luglio 1898 ) . Senza entrare nel merito di tali elucubrazioni , la qual cosa non si può fare per incidente o per passatempo , io non vorrei , per la compagnia non ben definita del Sorel , vedermi poi citato fra gli esempii della crisi del marxismo ( cfr . Th . Masaryk : Die Krise des Marxismus , Vienna , 1898; trad . franc . nella “ Revue de sociologie ” , luglio 1898; dove è citato il sig . Sorel in appoggio di tale preziosa scoverta letteraria ) . A mio credere in cotesta pretesa crisi entrarono molte dramatis personae , che , o non hanno ancora bene appresa la parte , o hanno paura di apprenderla , o la recitano maledettamente male . Coteste medesime riserve io devo estendere , ma con una certa insistenza , anche al Croce , per quanto riguarda la sua memoria : Per la interpretazione e la critica di alcuni concetti del marxismo , Napoli 1897 ( riprodotta nel “ Devenir Social ” , anno IV , fascicoli del febbraio e marzo 1898 ) . Sebbene quello scritto paia concepito ( e così appunto dice l ' autore stesso a p . 3 ) qual libera recensione del mio Discorrendo ; il fatto è che esso , oltre a parecchie utili osservazioni di metodologia storica , e ad alcune sagaci note di tattica politica , contiene enunciati teoretici , che nulla han da vedere con le pubblicazioni e con le opinioni mie , anzi a queste son diametralmente opposte . Dovrei io forse mettermi per le vie di una esplicita polemica ex - professo contro tutto l ' insieme di quella dissertazione , che per tanti altri rispetti è degna d ' esser letta ? Ma perché mai ; e a che pro ? Lascio volentieri al libero recensente la libertà delle opinioni sue ; purché queste non passino agli occhi dei lettori per un complemento delle mie , e per un complemento da me accettato . Non posso , però , fermarmi alla generica riserva , che basta per il Sorel ; e , anzi , devo indugiarmi in alcuni appunti sommarii di critica . Passerei senz ' altro sopra alle sottili distinzioni scolastiche , in cui il Croce s ' impiglia insistendovi tra la scienza pura e la scienza applicata , tra l ' uomo oeconomicus e l ' uomo morale , tra l ' egoismo e il tornaconto , tra l ' essere e il doveressere , e così via , perché tanto appartiene al mio mestiere di professore la tolleranza dello scolasticismo tradizionale , che può in certi casi servire al primo addestramento degli ingegni giovanili , ma non è mai la scienza piena e concreta . Come potrebbe mai l ' astronomo impedire che la gente parli del sole , che sorge , e tramonta ? Caso mai potrei rimandare , in via analogica e in linea approssimativa , ai capp . VI e VIII del mio Materialismo storico : ove pian piano si dimostra come i fattori , indispensabili alla cognizione empirica ed immediata , a un certo punto si trasformino , o in aspetti o in momenti ( secondo i casi ) di un complesso conoscitivo unitario . Ma , domando io per la più spiccia , come mai colui che abbia il cervello ancor chiuso in tali strettoie della logica dell ' immediato intendimento empirico , fa poi ad abbordare proprio il problema del marxismo , che è , o almeno ( per usar cortesia agli avversarii ) pretende di essere al di sopra di tali volgari distinzioni ? Non è questo un combattere ad armi troppo disuguali ? Inviterei quasi quasi il Croce a rifar la prova della sua arte critica in altro campo di studii , a leggere sbrigativamente un trattato di Energhetica - quello per es . recente dell ' Helm - di mandare al diavolo tutti gli Helmoltz e i R . Mayer di questo mondo , per rimettere in onore , secondo il senso comune , la luce che è sempre luminosa , ed il calore che è sempre caldo . Ma donde il Croce - e proprio nell ' atto che s ' occupa di Marx ! - trae la persuasione , che oltre alle varie economie succedutesi nella storia , rispetto alle quali l ' economia capitalistico - industriale è , per così dire , un caso particolare ( ma è quel caso , si noti , che solo fino ad ora ha la sua teoria , e questa esiste in molte varianti di scuole e sottoscuole ) , ci sia poi una economia pura , che da sola dà luce e indirizzo generale d ' interpretazione a tutti questi casi , o , diciamo meglio , a tutte queste forme di prosaica esperienza ? Un animale in sé , oltre a tutti gli animali visibili ed ostensibili ? E che cosa dovrebbe mai contenere codesta economia dell ' uomo superistorico e supersociale , che finisce per essere più noioso dei superuomini della letteratura e della filosofia ? Forse la nuda dottrina dei bisogni e degli appetiti , data la sola natura ambiente , ma senza esperienza di lavoro , senza istrumenti , e senza correlazioni precise , o di comunanza , o di società ? Tanto per la psicologia congetturale della preistoria la tesi potrebbe andare . Ma no : - questa economia dell ' uomo in sé è perpetua ed attuale ; - e qui proprio mi ci perdo . Ecco qua ( p . 19 ) : “ Io tengo fermo alla costruzione economica dell ' indirizzo edonistico , all ' utilità - ofelimità , al grado terminale di utilità , e finalmente alla spiegazione ( economica ) del profitto del capitale come nascente dal grado diverso di utilità dei beni presenti e dei beni futuri ! Ma ciò non appaga il desiderio di una spiegazione sociologica del profitto del capitale ; e questa spiegazione , con le altre della medesima natura , non si può trovarla se non su la via per la quale la cercò il Marx ” . Il mio amico Croce è un uomo a dirittura incontentabile ; e la sua incontentabilità potrebbe farlo apparire , a chi altrimenti non lo conosca , quale uomo alquanto capriccioso . Accetta d ’ emblée tutto un sistema d ’ economia , un sistema che pretende di abbracciare tutto il conoscibile economico . È questo un sistema , inoltre , assai noto in Italia , dove ha rappresentanti notevoli , e anzi continuatori e perfezionatori , come dicono sia il caso del Barone per la dottrina della distribuzione . A conferma della sua profession di fede , che non può non essere di gran letizia essendo edonistica , mette un tanto di punto ammirativo ove dice che accetta la spiegazione economica ( o che avrebbe a essere non - economica ? ) del “ profitto del capitale come nascente dal grado diverso di utilità dei beni presenti e dei beni futuri ! ” . E che gli mancherebbe dunque per dare dell ' imbecille e del perditempo a Marx , che per vie del tutto diverse s ' è affannato a ricercare l ' origine , il processo e la spartizione del sopravvalore ; alla qual cosa , alla fin fine , si riduce nell ' essenziale l ' attività sua specifica di critico e d ' innovatore dell ' economia ? La benedetta formola del D D ' , ossia del danaro che si ritrova in danaro con tanto di più , fu come il chiodo fisso nella testa di Marx ricercatore , come il pernio della sua ricerca . Ora il Croce , fatta la sua profession di fede di edonista convinto , quasi come chi avendo già bevuto e mangiato a sazietà , voglia ribere e rimangiare , si volge a Marx a chiedergli una teoria sociologica , che sia complementare a quella economica , nella quale lui Croce è tanto fermo e deciso ; - e che altro può dirgli Marx se non questo : mandate al diavolo quella vostra filastrocca edonistica , se no è inutile interroghiate me su tali quisquilie , ché io non posso offrirvi che l ' assolutamente opposto . Di fatti il Croce è costretto a farsi un Marx diverso - non dirò se molto o poco - dal vero , perché sia quello i cui principii possano apparire conciliabili con gl ' indiscutibili dati dell ' edonismo . Discorrendo del come Marx “ poté giungere a scovrire e definire l ' origine sociale del profitto , ossia del sopravvalore ” , esce in questa sentenza ( p 12 ) : “ Sopravvalore , in pura economia , è una parola priva di senso , come è mostrato dalla denominazione stessa , giacché un sopravvalore è un extravalore , ed esce fuori dal campo della pura economia . Ma ha bene un senso e non è un assurdo , come concetto di differenza , nel paragone che si fa tra una società economica con un ' altra , un fatto con un altro , o due ipotesi tra di loro ” . E poi aggiunge in nota : “ Faccio ammenda di un errore nel quale incorsi in una mia precedente memoria , nella quale , pur dicendo rettamente che il sopravvalore non è un concetto puramente economico , lo definivo inesattamente un concetto morale ; e dovevo dire , come dico ora , un concetto di differenza di sociologia economica e di economia applicata , e non di economia pura . La morale qui non ha parte , come non ha nessuna parte in tutta l ' indagine del Marx ” . Auguro al Croce , che giungendo alla sua terza memoria in argomento confessi poi , che del primo errore egli poté fare ammenda , perché quello almeno era la generalizzazione di una opinione ovvia nel socialismo volgare , che il sopravvalore sia cioè il compendio delle proteste degli sfruttati ; ma che del secondo errore non può scusarsi , perché lui stesso non è più in grado di decifrare plausibilmente il pensiero suo . Né solo per la continua equivocazione di profitto , interesse e sopravvalore ; ma perché in più luoghi assume il concetto di una società lavoratrice come di una forma a sé ( ma , dico io , in contrapposto a quale altra , forse a quella dei santi in paradiso ? ) e dice : “ Marx faceva il paragone della società capitalistica con una parte di se stessa isolata ed elevata ad esistenza indipendente ; ossia il paragone tra la società capitalistica con la società economica in se stessa ( ma solo in quanto società lavoratrice ) ” e poi : “ Dunque l ' economia marxista è quella che studia l ' astratta società lavoratrice ” ( pp . 12 e 13 ) . Se c ' è chi senta il bisogno di liberarsi dal malefico bacillo metafisico , che induce a tali ragionamenti , io gli consiglierei come rimedio la lettura , non già delle polemiche degli economisti , e di quelle segnatamente che in Germania ebbero occasione dalle pubblicazioni del Dietzel , che possono parer sospette , ma della Logica del Wundt ( vol . II , parte II , pp . 499-533 ) , nella qual Logica , a dirlo per incidente , più in là delle pagine testè citate si adduce come esempio tipico di legge sociale ( pare incredibile ! e il Wundt non è dolce di sale , né coi sociologisti , né con le così dette leggi sociali ) proprio il sopravvalore secondo Marx ( ibidem , pp . 620-22 ) . Al postutto cotesta economia pura - come è in uso di chiamarla in Italia , che è sempre il paese dell ' enfasi e della esagerazione - ossia cotesto indirizzo di ricerca e di sistema , che su gl ' inizii , o insufficienti , o ignorati , o dimenticati del Gossen , del Walrass e del Jevons . s ' è venuto sviluppando in ciò che ora ha ( vulgo ) il nome di scuola austriaca , non è , così nelle premesse come negli andamenti , se non una variante teoretica nella interpretazione di quegli stessi dati empirici della vita economica moderna , che han sempre formato l ' obietto degli studii delle altre scuole . Si distingue dalla scuola classica ( che non fu tanto antistorica , come è parso a molti , e come ha dimostrato R . SCHÜLLER : Die klassische Nationalökonomie , Berlin 1895 ) , per la tendenza a un più alto grado di astrazione e di generalizzazione . Si prova a mettere in maggiore evidenza gli stati psichici , che precedono ed accompagnano gli atti ed i rapporti economici . Usa ed abusa degli espedienti matematici . Non è la superistoria , sebbene metta assai spesso in iscena le robinsonate , che dissimula però sotto la veste di una sottile psicologia individualistica : anzi è tanto poco la superistoria , che da questa storia attuale assume due dati , facendone dei presupposti estremi , ossia la libertà del lavoro e la libertà di concorrenza spinte per ipotesi al massimo . Per ciò essa è , in ciò che reca , afferrabile , comprensibile e discutibile ; perché è confrontabile con l ' esperienza della quale è spesso una forzata ed unilaterale interpretazione . ( Alla generalità del pubblico francese ora è dato di leggere in forma chiara e piana la esposizione sommaria della teoria del valore di cotesta scuola nel libro di E . PETIT : Etude critique der différentes théories de la valeur , Paris 1897 ) . Tornando al Croce non saprei nascondere la mia maraviglia , che egli ( note I e 2 a p . 14 ) trovi a ridire contro l ' Engels , perché questi una volta chiami storica la scienza dell ' economia , e un ' altra volta poi parli di economia teoretica . Per chi si fermasse alle parole sole basterebbe di dire , come storico in quel caso li è l ' opposto del naturale nel senso del fisso e dell ' immutabile ( le famose leggi naturali della economia volgare ) , e il teoretico è detto in opposizione al conoscere grossolanamente descrittivo ed empirico . Ma c ' è dell ' altro . Ogni teoria non è se non la rappresentazione , per quanto più si può perfetta , dei rapporti di reciproca condizionalità di quei fatti , che in un determinato campo dell ’ esperienza appariscano omogenei , riavvicinabili e connessi . Ma tutti questi varii gruppi di fatti sono momenti di un divenire . Or se un fisiologista , dopo d ' avervi esposta la teoria fisico - meccanica della respirazione polmonare , esca a dirvi , che la respirazione non è legata all ' esistenza del polmone , e che il polmone stesso è un fatto particolare di genesi nella storia generale degli organismi , vorreste voi forse cotesto fisiologista tradurlo , nel - la qualità d ' imputato , innanzi al fòro di un ' altra economia pura , cioè volevo dire , innanzi a quello di una fisiologia purissima , che studii l ' ente vita , anziché i viventi ? Di fatti il Croce muove querela ( passim ) a Marx , per non aver questi stabiliti i rapporti fra la sua indagine e i concetti di economia pura , per mostrare ( p . 3 ) “ con metodica esposizione come i fatti apparentemente più diversi del mondo economico siano retti in ultimo da una medesima legge , o , ch ' è lo stesso , come questa legge si rifranga variamente passando attraverso organizzazioni varie , senza mutar se stessa , che altrimenti mancherebbe il modo ed il criterio stesso della spiegazione ” . Qui Marx , se avesse pur voglia di rispondere , non saprebbe che cosa rispondere . Qui Marx non c ' entra più . E non si tratta nemmen più delle generalizzazioni , per dir vero troppo astratte della scuola edonistica , che pur sempre rientrano nei processi leciti di astrazione e d ' isolazione proprii ad ogni scienza , che partendo dalla base empirica tenti la via dei principii . Qui ci troviamo in presenza di una legge economica , che a guisa di un quasi - ente attraversa misteriosamente le varie fasi della storia , perché non s ' abbiano a scucire . Questo è il puro possibile , che è poi , in realtà , l ' impossibile . Il signor Dühring - che qua e là è in un certo modo direttamente difeso - è oltrepassato . Qui si tratta di riaffacciare delle difficoltà nella concezione preliminare di ogni problema scientifico , per le quali rimangon fuori della comprensibilità , non solo Marx , ma tre quarte parti del pensiero contemporaneo . La logichetta formale , di felice memoria , diventa l ' arbitra del sapere . Teniamoci pure al testo , che in passato ebbe tanta diffusione in Francia , il Port - Royal . Si parta da un concetto della massima estensione e del minimo contenuto , e per incremento di meccanica notazione si arrivi ad un concetto di minima estensione e di massimo contenuto . E se ci capita poi fra mani un processo reale , il passaggio per es . , dall ' invertebrato al vertebrato , o dal comunismo primitivo alla proprietà privata del suolo , o dalla indifferenza delle radici alla differenziazione tematica di verbo e nome nel gruppo ario - semitico , invece di fermarsi in tali fatti , come in casi di epigenesi faticosamente e realiter accaduta , scriveremo in un concetto già bello e preconcepito , per via di un facile metodo di notazione , prima un A , poi un a , poi un a ¹ , poi un a2 , poi un a ³ , e così via : - e tutto sarà bello e fatto . E mi pare che basti di ciò . Eccoci , per conseguenza , ad alcuni enunciati alquanto curiosi ( p . 2 ) : “ È una società ( s ' intende quella studiata da Marx nel Capitale ) ideale e schematica , dedotta da alcune ipotesi , che potrebbero anche non essersi presentate mai corso della storia ” . Qui Marx diventa l ' illustratore teorico di una quasi - utopia . E poi ( p . 4 ) : “ Marx assunse , fuori del campo della pura teorica economica , una proposizione , che è la famigerata eguaglianza di valore e lavoro ” . E di dove dunque l ' ha presa ? forse ( secondo alcuni ) c ' è arrivato “ spingendo alle estreme conseguenze un concetto poco felice di Ricardo ” . Il quale Ricardo bisognerebbe espellerlo a dirittura dalla storia della scienza , perché qualcos ' altro di più felice non l ' ha veramente fatto . In un certo punto il Croce ( p . 20 , in nota ) se la piglia col Pantaleoni , perché questi “ combatte il Böhm Bawerk , domandandosi donde il mutuatario del capitale riesca a prendere di che pagare l ' interesse ” . Di fatti il Pantaleoni ( Principii di economia politica , p . 301 ) dice : “ la causa generativa dell ' interesse sta nella produttività del capitale come bene complementare in un processo tecnico vantaggioso , richiedente un certo tempo , e non nella virtù del tempo , che lascerebbe le cose come le ha trovate ” . Qui , e per tutto un capitolo , il Pantaleoni , con l ' andamento del ragionare che è proprio al suo indirizzo , ripiglia a modo suo quella spiegazione dell ' interesse per via della produttività del ( danaro - ) capitale , che , uscita vittoriosa già nel secolo XVII dalle polemiche coi moralisti e coi canonisti , apparisce nella sua formola elementarmente economica per la prima volta in Barbon e Massey . Quella spiegazione è la sola che l ' economista possa enunciare , fino a che la produttività del capitale , che prima facie pare evidente , non è fatta essa stessa oggetto di una critica ; la qual cosa ha menato poi Marx alla formola più generale e al principio genetico del sopravvalore . In quello stesso capitolo Pantaleoni abilmente polemizza contro il Böhm , che , come direbbe il Croce “ dà la spiegazione ( economica ) del profitto del capitale , come nascente dal grado diverso di utilità dei beni presenti e dei beni futuri ” ( ) . Ma volete forse per vostro passatempo mettere in iscena una farsetta ideologica concepita così : - si assume da una parte la legittima aspettazione del creditore , e dall ' altra parte la onesta promessa del debitore ; - questi due attributi psicologici , che tanto fanno onore alla eccellenza dell ' animo loro , vengon messi nella dovuta evidenza ; poi si suppone , che debitore o creditore siano homines oeconomici tanto perfetti , quanto è necessario di tener per fermo che siano , dal momento che nacquero coi diagrammi del Gossen stampati nel cervello ( ) ; - poi si aggiunge la nozione del tempo astratto ; - e , costituita la santa trinità di aspettazione , promessa e tempo , si attribuisce a questa trinità la virtù di trasmutarsi in quel più di valore , che deve essere poniamo , per es . , nelle scarpe prodotte col denaro mutuato , perché il mutuante , in ultimo , e guadagnando pur lui qualcosa , se nel frattempo non vuol morir di fame , solvat debitum cum usura . Ma questa è proprio la scienza messa alla gogna . In verità il tempo non è nella economia , come non è nella natura , se non la misura di un processo : ed è nell ' economia la misura del processo della produzione e della circolazione ( ossia , in ultima analisi , e data la debita analisi , del lavoro ) . E solo in quanto esso entra nell ' economia per questo rispetto , il tempo è anche misura dell ' interesse . Un tempo che in quanto tempo operi come causa reale è un mitologhema . ( Su gli avanzi mitici nella rappresentazione del tempo leggere : Zeit und Weile nelle Ideale Fragen di M . Lazarus , Berlin 1878 , pp . 161-232 ) . Se fino alla mitologia dobbiamo risalire , rimettiamo a dirittura lassù nel cielo , più in su dell ' Olimpo , quell ' antichissimo Kronos , che il volgo greco confondeva con chronos ( tempo ) : e se speranze , aspettazioni e promesse son per sé cause reali di fatti economici , diamoci a dirittura alla magia . Parrebbe quasi che perfino in questa , o per inavvertenza , o per una certa tal quale bizzarria di forma letteraria , il Croce rischi di dare una capata , quando scrive ( p . 16 ) : “ E se nell ' ipotesi del Marx , le merci appaiono come gelatine di lavoro , o lavoro cristallizzato , perché in altra ipotesi non potrebbero apparire come gelatine di bisogni , o quantità di bisogni cristallizzate ? ” Santi numi ! Marx non fu veramente un modello di ciò che chiamasi dizione classica , specie nella plasticità , nella trasparenza e nella continuità delle immagini . Marx fu un seicentista . Ma le sue immagini , spesso bizzarre , ma che non son mai né ghiribizzi né facezie , dicon sempre qualcosa di profondamente realistico . Se quella immagine della gelatina , che del resto non ha niente di sacramentale né di obbligatorio per nessuno , l ' andate a ripetere al primo calzolaio che vi capiti innanzi , egli , accennando forse alle mani incallite , alla schiena ricurva , e al sudore della fronte , vi dirà che a un dipresso ha capito , perché nelle scarpe che produce ci mette via via una parte di se stesso , le sue energie meccaniche , dirette dalla volontà , ossia dirette dall ' attenzione volontaria , secondo la forma preconcetta , nella quale si assomma , come in intento ed in proposito , la sua attività cerebrale in quanto egli è in atto di lavorare . Ma finora fu dato solo ai fattucchieri di credere o di dare a credere , che coi soli desideri si riesca a conglutinare una parte di noi stessi con alcun bene in genere , prodotto o non prodotto che esso si sia . Con la psicologia non è lecito di scherzare . Non saprei dire in poche parole quanta parte di essa debba entrare nei presupposti della economia . So di certo però , che la più parte dei concetti psicologici , che edonisti e non - edonisti vanno cacciando dentro all ' economia , ha un certo che di messoci a posta ad usum delphini , un certo che di escogitato e non di trovato , un certo che di accidentalmente tratto dalla volgare terminologia e non di criticamente vagliato ; onde è il caso di ripetere tractent fabrilia fabri . E so anche questo , che dal bisogno al lavoro ci corre tutta la formazione psicologica dell ' uomo ; ci corre quanto ci corre dal sentimento privativo della sete , che è il bisogno del bere , che il bambino non associa ancora , non dirò ai movimenti che gli occorrono , per procurarsi da bere , ma nemmeno alla rappresentazione dell ' acqua , sino all ' atto del lavoratore provetto , il quale per matura volontà d ' intelletto , per volontà nella quale esperienza ed immaginazione , imitazione ed inventiva fanno uno , scava un pozzo , o apre una fontana . Ridurre e scheletrizzare cotesta viva formazione in un ' arida nomenclatura , questo fu il difetto della psicologia vulgaris , e questa il più delle volte gli economisti , anche ai giorni nostri , prendono a premessa delle loro speciali elucubrazioni . La psicologia del lavoro , che sarebbe il coronamento della dottrina del determinismo , è ancora da scrivere . A quoi bon questo post - scriptum ? dirà forse il lettore . Ecco qua : io non sono il paladino di Marx , ammetto tutte le critiche , sono io stesso in tutto ciò che dico un critico , non smentisco la sentenza : comprendere è superare ; ma mi conviene pur d ' aggiungere , che superare è aver compreso . II . Prefazione all ' edizione francese . Roma , 31 decembre 1898 Questo mio piccolo libriccino - come è chiaro anche dal post - scriptum illustrativo - dovea venir fuori a Parigi nel settembre ultimo . La stampa ne è stata ritardata per cause accidentali . Nel frattempo il Sorel s ' è dato anima e corpo alla Crisi del marxismo e la tratta , la espone , la commenta , con amore , un po ' da per tutto , per es . , nella “ Revue parlementaire " del 10 decembre , pp . 597-612 ( dove anzi la crisi diventa a dirittura quella del socialismo ) e nella “ Rivista critica del socialismo ” , Roma , fasc . I , pp . 9-21; e per di più la fissa e la canonizza nella Préface da lui messa al libro del Merlino : Formes et essence du socialismo . Ci si minaccia per fino un congresso di secessionisti ben pensanti . Siamo decisamente alla guerra della Fronda ! Che dovrei io fare ? Ricominciare da capo ? Scrivere l ' anti - Sorel dopo d ' aver scritto l ' avec - Sorel . Non cado punto in tale tentazione . Gli è vero che questa mia composizione d ' insolita fattura s ' intitola : Discorrendo ; - ma si discorre quando ci piace , e non a comando . Desidero solo che il lettore guardi alle date di queste lettere , ossia di queste piccole monografie di stile sciolto , intitolate al signor Sorel : - e le date corrono dal 20 aprile al 15 settembre 1897 . Io mi rivolgevo a quel Sorel - non a quest ' altro ; - a quello insomma che avevo conosciuto su le pagine del “ Devenir Social ” , che avea presentato me ai lettori francesi nell ' assisa di marxista , che mi scriveva lettere piene di fine osservazioni , e di considerazioni critiche apprezzabili . Era dubitoso , sì , e mi parve qualche volta intinto d ' esprit frondeur , ma nello scrivere rivolgendomi a lui , io non pensavo nel 1897 , ch ' ei diverrebbe in così breve tempo l ' araldo di una guerra di secessione . O come di questo saranno lieti i déclassés dell ' intelligenza , e coloro che hanno bisogno dell ' alibi della vigliaccheria . Se non che il Sorel ci lascia qualche barlume di speranza quando scrive : " Io e qualche amico ci sforzeremo dì utilizzare i tesori di riflessioni e d ' ipotesi che Marx ha raccolto nei suoi libri . Questo è il miglior modo di trarre partito da un ' opera geniale rimasta incompiuta " ( " Revue parlementaire " , ibid . , p . 612 ) . Dunque tanti auguri per l ' anno nuovo - comincia domani - in tale opera benigna e pietosa di salvataggio ... della quale del resto io e molti altri come me non sentivamo il bisogno . Senza rancore : - ma non certo senza mortificazione per me . Nel licenziare al pubblico francese queste pagine di composizione alquanto insolita io temo che dei lettori di spirito - la Francia ne abbonda più di ogni altro paese - abbiano a dire di me : ecco lì un tollerabile conversatore , ma che pedagogista pessimo ; apre da erudito un dialogo didattico con un amico ed ecco che questi passa difilato dall ' altra parte ! Non è vero , signor Sorel ? Ebbene , accomodiamo le partite : - questo dialogo era un monologo ; e alla buon ' ora di dio !
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GARIBALDI NELLE SUE « MEMORIE » ( FERRI ENRICO , 1889 )
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dell ' effetto che intende produrre e del giudizio dei suoi lettori , perché egli si lasci andare alla
IL FANCIULLINO ( PASCOLI GIOVANNI , 1899 )
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buono e del mal augurio : cantò , per cantare . E io non so misurare qual fosse l ' effetto del suo