Saggistica ,
Parte
prima
I.LA
PAROLA
UMORISMO
Alessandro
D
'
Ancona
,
in
quel
suo
notissimo
studio
su
Cecco
Angiolieri
da
Siena
(
in
Studi
di
Critica
e
Storia
Letteraria
,
Bologna
,
Zanichelli
ed
.
,
1880
)
,
dopo
aver
notato
quanto
vi
sia
di
burlesco
in
questo
nostro
poeta
del
sec
.
XIII
,
osserva
:
Ma
per
noi
l
'
Angiolieri
non
è
soltanto
un
burlesco
:
bensì
anche
,
e
più
propriamente
,
un
umorista
.
E
qui
i
camarlinghi
della
favella
ci
faccian
pure
il
viso
dell
'
arme
,
ma
non
pretendano
di
dire
che
in
italiano
bisogna
rassegnarsi
a
non
dir
la
cosa
,
perché
non
abbiam
la
parola
.
E
,
accortamente
,
in
una
nota
a
piè
di
pagina
(
pag
.
179
)
,
soggiunge
:
È
curioso
però
che
il
traduttore
francese
di
una
dissertazione
tedesca
sull
'
Humour
,
inserita
nel
Recueil
de
pièces
intéressantes
,
concernant
les
antiquités
,
les
beaux
-
arts
,
les
belles
-
lettres
et
la
philosophie
,
traduites
de
différentes
langues
,
citando
il
Riedel
,
Theor
.
d
.
Schönen
Künste
,
I
.
artic
.
Laune
,
sostenga
che
sebbene
gli
Inglesi
,
ed
il
Congreve
in
particolare
,
rivendichino
per
sé
i
vocaboli
humour
e
humourist
,
il
est
néanmoins
certain
qu
'
ils
viennent
de
l
'
italien
.
E
quindi
il
D
'
Ancona
riprende
:
Del
resto
,
poi
,
la
nostra
lingua
ha
umore
per
fantasia
,
capriccio
,
e
umorista
per
fantastico
:
e
gli
umori
dell
'
animo
e
del
cervello
ognun
sa
che
stanno
in
stretta
relazione
con
la
poesia
umorista
.
E
l
'
Italia
ebbe
ai
suoi
tempi
le
accademie
degli
Umorosi
a
Bologna
ed
a
Cortona
e
degli
Umoristi
in
Roma
,
e
speriamo
che
i
mali
umori
della
politica
non
le
facciano
mai
venir
meno
i
begli
umori
nel
regno
dell
'arte».(E
anche
a
Napoli
(
Arch
.
stor
.
p
.
le
prov
.
nap
.
V
.
608
)
.
E
perché
non
citare
anche
quella
degli
Umidi
di
Firenze
di
cui
il
Lasca
disse
(
Lett
.
a
Mes
.
Lorenzo
Scala
,
premessa
al
primo
libro
delle
opere
burlesche
,
ed
.
Bern
.
Giunta
1548
)
:
la
quale
(
Accademia
degli
Umidi
)
principalmente
fa
professione
,
essendovi
tutte
persone
dentro
allegre
e
spensierate
,
dello
stil
burlesco
,
giocondo
,
lieto
,
amorevole
e
,
per
dir
così
,
buon
compagno
»
?
Si
vedano
,
per
altro
,
a
proposito
delle
parole
umore
e
umorismo
,
il
Baldensperger
,
Les
definitions
de
l
'
humour
in
Eluder
d
'
bistoire
littéraire
,
Paris
,
Hachette
,
1907
e
lo
Spingarn
nell
'
introduzione
del
primo
volume
della
sua
raccolta
Critical
Essays
of
the
Seventeenth
Century
,
Oxford
,
Clarendon
Press
,
1908;
nonché
ciò
che
ne
dice
il
Croce
in
Critica
,
vol
.
VII
,
pagine
219-20
)
.
La
parola
umore
derivò
a
noi
naturalmente
dal
latino
e
col
senso
materiale
che
essa
aveva
di
corpo
fluido
,
liquore
,
umidità
o
vapore
,
e
col
senso
anche
di
fantasia
,
capriccio
o
vigore
.
Aliquantum
habeo
humoris
in
corpore
,
neque
dum
exarui
ex
amoenis
rebus
et
voluptariis
(
Plauto
)
.
Qui
humor
non
ha
evidentemente
senso
materiale
,
perché
sappiamo
che
,
fin
dai
tempi
più
antichi
,
ogni
umore
nel
corpo
era
ritenuto
segno
o
cagione
di
malattia
.
Li
uomini
,
si
legge
in
un
vecchio
libro
di
mascalcia
,
hanno
quattro
umori
:
cioè
lo
sangue
,
la
collera
,
la
flemma
e
la
malinconia
:
e
questi
umori
sono
cagione
delle
infermità
degli
uomini
.
E
in
Brunetto
Latini
:
Malinconia
è
un
umore
,
che
molti
chiamano
collera
nera
,
ed
è
fredda
,
e
secca
,
ed
ha
il
suo
sedio
nello
spino
com
'
è
in
somma
nel
latino
di
Cicerone
e
di
Plinio
.
Sant
'
Agostino
poi
in
un
suo
sermone
ci
fa
sapere
che
i
porri
accendono
la
collera
,
i
cavoli
generano
malinconia
(
Cecco
Angiolieri
in
uno
dei
suoi
sonetti
,
parlando
della
madre
che
gli
vuol
male
,
dopo
avere
enumerato
alcuni
cibi
dannosi
ch
'
ella
gli
consiglia
,
dice
:
E
se
di
questo
non
avessi
voglia
E
stessi
quasimente
su
la
colla
Molto
mi
loda
porri
con
la
foglia
)
.
Sarà
bene
,
trattando
dell
'
umorismo
,
tener
presente
anche
quest
'
altro
significato
di
malattia
della
parola
umore
,
e
che
malinconia
,
prima
di
significare
quella
delicata
affezione
o
passion
d
'
animo
che
intendiamo
noi
,
abbia
avuto
in
origine
il
senso
di
bile
o
fiele
e
sia
stata
per
gli
antichi
un
umore
nel
significato
materiale
della
parola
.
Vedremo
appresso
la
relazione
che
le
due
parole
umore
e
malinconia
avranno
tra
loro
assumendo
un
senso
spirituale
.
Diciamo
intanto
che
tal
relazione
,
se
non
mancò
affatto
nello
spirito
della
nostra
lingua
,
certo
non
vi
apparve
chiaramente
.
Da
noi
,
in
fatti
,
la
parola
umore
o
serba
il
significato
materiale
,
tanto
che
un
proverbio
toscano
può
dire
:
Chi
ha
umore
non
ha
sapore
(
alludendo
alle
frutta
acquose
)
;
o
,
se
assume
un
significato
spirituale
,
esprime
sì
inclinazione
,
natura
,
disposizione
o
stato
passeggero
d
'
animo
o
anche
fantasia
,
pensiero
,
capriccio
,
ma
senza
una
qualità
determinata
;
tanto
vero
che
dobbiamo
dire
umor
tristo
o
gajo
,
o
tetro
,
buono
o
cattivo
o
bell
'
umore
,
ecc
.
In
somma
,
la
parola
italiana
umore
non
è
la
inglese
humour
.
Questa
,
come
dice
il
Tommaseo
,
racchiude
.
e
contempera
le
nostre
espressioni
bell
'
umore
,
buonumore
,
e
malumore
.
C
'
entrano
un
po
'
,
dunque
,
i
cavoli
di
Sant
'
Agostino
.
Discutiamo
adesso
su
la
parola
,
non
su
la
cosa
:
è
bene
avvertirlo
,
perché
non
vorremmo
si
credesse
che
a
noi
manchi
veramente
la
cosa
per
il
solo
fatto
che
la
parola
nostra
non
riuscì
idealmente
a
serbare
e
a
contemperare
in
sé
ciò
che
già
materialmente
includeva
.
Vedremo
che
tutto
,
in
fondo
,
si
riduce
a
un
bisogno
di
più
chiara
distinzione
che
sentiamo
noi
,
perché
,
o
bello
o
buono
o
tetro
o
gajo
,
umore
è
sempre
,
e
non
è
diverso
dall
'
inglese
nell
'
essenza
,
ma
nelle
modificazioni
che
naturalmente
vi
imprimono
la
lingua
diversa
e
la
varia
natura
degli
scrittori
.
Del
resto
,
non
si
creda
che
la
parola
inglese
humour
e
il
suo
derivato
umorismo
siano
di
così
facile
comprensione
.
Il
D
'
Ancona
stesso
,
in
quel
suo
saggio
su
l
'
Angiolieri
,
su
cui
più
tardi
dovremo
ritornare
,
confessa
:
S
'
io
dovessi
dare
una
definizione
dell
'
umorismo
sarei
davvero
molto
impacciato
.
Ed
ha
ragione
.
Tutti
dicono
così
.
Piuttosto
no
'
l
comprendo
,
che
te
'
l
dica
.
Di
tutte
quelle
tentate
nei
secoli
XVIII
e
XIX
parla
in
un
suo
studio
già
citato
,
il
Baldensperger
,
per
concludere
,
a
modo
del
Croce
,
che
:
il
n
y
a
pas
d
'
humour
,
il
n
'
y
a
que
des
humouristes
,
come
se
per
poter
dire
o
riconoscere
che
questo
o
quello
scrittore
è
un
umorista
,
non
si
dovesse
avere
un
qualche
concetto
dell
'
umorismo
,
e
bastasse
sostenere
,
come
fa
il
Cazamian
,
citato
dallo
stesso
Baldensperger
,
che
l
'
umorismo
sfugge
alla
scienza
,
perché
gli
elementi
caratteristici
e
costanti
di
esso
sono
in
piccolo
numero
e
sopra
tutto
negativi
,
laddove
gli
elementi
variabili
sono
in
numero
indeterminato
.
Sì
.
Anche
l
'
Addison
stimava
più
facile
dire
ciò
che
l
'
humour
non
è
,
che
dire
ciò
che
è
.
E
tutte
le
fatiche
che
si
son
fatte
per
definirlo
ricordano
veramente
quelle
speciosissime
che
si
fecero
nel
secolo
XVII
per
definir
l
'
ingegno
(
oh
,
il
Cannocchiale
aristotelico
di
Emmanuele
Tesauro
!
)
e
il
gusto
o
buon
gusto
e
quell
'
ineffabile
non
so
che
,
per
cui
il
Bouhours
scriveva
:
Les
Italiens
,
qui
font
mystère
de
tout
,
emploient
en
toutes
rencontres
leur
non
so
che
:
on
ne
voit
rien
de
plus
commun
dans
leurs
poëtes
.
Gl
'
Italiani
qui
font
mystère
de
tout
.
Ma
andate
a
domandare
ai
Francesi
che
cosa
intendono
per
esprit
.
Quanto
all
'
umorismo
,
certo
è
seguita
il
D
'
Ancona
che
la
definizione
non
è
facile
,
perché
l
'
umorismo
ha
infinite
varietà
,
secondo
le
nazioni
,
i
tempi
,
gl
'
ingegni
,
e
quel
di
Rabelais
e
di
Merlin
Coccajo
non
è
una
cosa
coll
'
umorismo
dello
Sterne
,
dello
Swift
o
di
Gian
Paolo
,
e
la
vena
umoristica
dell
'
Heine
e
del
Musset
non
è
di
egual
sapore
.
Non
vi
ha
poi
forse
alcun
altro
genere
nel
quale
sia
,
o
dovrebbe
esser
più
sottil
differenza
dalla
forma
prosaica
alla
poetica
,
per
quanto
ciò
non
venga
sempre
avvertito
dai
lettori
,
e
neanche
dagli
scrittori
.
Ma
di
ciò
,
e
delle
ragioni
di
queste
differenze
,
e
delle
varietà
fra
l
'
umore
e
la
satira
e
l
'
epigramma
e
la
facezia
e
la
parodia
e
il
comico
d
'
ogni
foggia
e
qualità
,
e
se
,
come
vuole
il
Richter
,
alcuni
umoristi
sieno
semplicemente
lunatici
,
non
è
qui
il
luogo
di
discutere
.
Certo
è
questo
,
che
un
fondo
comune
vi
è
in
tutti
coloro
che
la
voce
pubblica
raccoglie
sotto
la
stessa
denominazione
di
umoristi
.
L
'
osservazione
in
fondo
è
giusta
;
ma
piano
con
la
voce
pubblica
!
-
vorremmo
dire
al
D
'
Ancona
.
Dopo
la
parola
romanticismo
,
la
parola
più
abusata
e
sbagliata
in
Italia
(
in
Italia
soltanto
?
)
è
quella
di
umorismo
.
Se
fossero
realmente
umoristi
gli
scrittori
,
i
libri
,
i
giornali
battezzati
con
questo
nome
,
noi
non
avremmo
nulla
da
invidiare
alla
patria
di
Sterne
e
di
Thackeray
o
a
quella
di
Gian
Paolo
e
di
Heine
.
Non
si
potrebbe
uscir
di
casa
senza
incontrar
per
la
strada
due
o
tre
Cervantes
e
una
mezza
dozzina
di
Dickens
...
Vogliamo
solo
notare
fin
da
principio
che
vi
è
una
babilonica
confusione
nell
'
interpretazione
della
voce
umorismo
.
Per
il
gran
numero
,
scrittore
umoristico
è
lo
scrittore
che
fa
ridere
:
il
comico
,
il
burlesco
,
il
satirico
;
il
grottesco
,
il
triviale
:
la
caricatura
,
la
farsa
,
l
'
epigramma
,
il
calembour
si
battezzano
per
umorismo
:
come
da
un
pezzo
si
costuma
di
chiamare
romantico
tutto
ciò
che
vi
è
di
più
arcadico
e
sentimentale
,
di
più
falso
e
barocco
.
Si
confonde
Paul
de
Kock
con
Dickens
,
e
il
visconte
d
'
Arlincourt
con
Victor
Hugo
.
Questo
notava
Enrico
Nencioni
,
già
fin
dal
1884
,
in
un
articolo
su
la
Nuova
Antologia
intitolato
appunto
L
'
Umorismo
e
gli
Umoristi
,
che
fece
molto
rumore
.
Non
si
può
dir
veramente
che
la
voce
pubblica
in
tutto
questo
lasso
di
tempo
,
si
sia
ricreduta
.
Anche
oggi
,
per
il
gran
numero
,
scrittore
umoristico
è
lo
scrittore
che
fa
ridere
.
Ma
,
ripeto
,
perché
in
Italia
soltanto
?
Da
per
tutto
!
Il
volgo
non
può
intendere
i
segreti
contrasti
,
le
sottili
finezze
del
vero
umorismo
.
Si
confondono
anche
altrove
la
caricatura
,
la
farsa
bislacca
,
il
grottesco
con
l
'
umorismo
;
si
confondono
anche
là
dove
al
Nencioni
sembrava
(
e
non
a
lui
soltanto
)
che
l
'
umorismo
stesse
di
casa
:
non
ha
forse
nome
d
'
umorista
Mark
Twain
,
i
cui
racconti
sono
,
secondo
la
sua
stessa
definizione
,
una
collezione
di
eccellenti
cose
,
prodigiosamente
divertenti
,
che
strappano
il
riso
anche
dai
volti
più
ingrugniti
?
Il
giornalismo
,
un
certo
giornalismo
si
è
impadronito
della
parola
,
l
'
ha
adottata
e
,
sforzandosi
di
far
ridere
più
o
meno
sguajatamente
a
ogni
costo
,
l
'
ha
divulgata
in
questo
falso
senso
.
Cosicché
ogni
vero
umorista
prova
oggi
ritegno
,
anzi
sdegno
a
qualificarsi
per
tale
.
Umorista
,
sì
,
ma
...
non
confondiamo
,
si
sente
il
bisogno
d
'
avvertire
:
umorista
nel
vero
senso
della
parola
.
Come
dire
:
Badate
ch
'
io
non
mi
propongo
di
farvi
ridere
facendo
sgambettar
le
parole
.
E
più
d
'
uno
,
per
non
passar
da
buffone
,
per
non
esser
confuso
coi
centomila
umoristi
da
strapazzo
,
ha
voluto
buttar
via
la
parola
sciupata
,
abbandonarla
al
volgo
,
e
adottarne
un
'
altra
:
ironismo
,
ironista
.
Come
da
umore
,
umorismo
;
da
ironia
,
ironismo
.
Ma
ironia
,
in
che
senso
?
Bisognerà
distinguere
,
anche
qui
.
Perché
c
'
è
un
modo
retorico
e
un
altro
filosofico
d
'
intendere
l
'
ironia
.
L
'
ironia
,
come
figura
retorica
,
racchiude
in
sé
un
infingimento
che
è
assolutamente
contrario
alla
natura
dello
schietto
umorismo
.
Implica
sì
,
questa
figura
retorica
,
una
contradizione
,
ma
fittizia
,
tra
quel
che
si
dice
e
quel
che
si
vuole
sia
inteso
.
La
contradizione
dell
'
umorismo
non
è
mai
,
invece
,
fittizia
ma
essenziale
,
come
vedremo
,
e
di
ben
altra
natura
.
Quando
Dante
aggrava
la
riprensione
eccettuando
dal
numero
dei
ripresi
chi
è
più
riprensibile
,
come
per
la
brigata
dei
prodighi
matti
,
allor
che
esclama
:
...
Or
fu
giammai
-
Gente
si
vana
?
e
un
dannato
risponde
:
Tranne
lo
Stricca
...
E
tranne
la
brigata
;
oppure
là
dove
dice
:
Ogni
uom
v
'
è
barattier
fuor
che
Bonturo
;
o
quando
rammenta
il
bene
per
esacerbare
il
sentimento
del
male
,
come
fanno
i
diavoli
al
barattier
lucchese
:
...
Qui
non
ha
luogo
il
Santo
Volto
:
Qui
si
nuota
altrimenti
che
nel
Serchio
;
o
quando
a
chi
parla
fa
rammentare
i
proprii
vantaggi
nell
'
usarli
aspramente
,
come
fa
quell
'
altro
diavolo
che
toglie
a
S
.
Francesco
l
'
anima
d
'
un
reo
,
argomentando
teologicamente
su
la
penitenza
,
per
modo
che
quell
'
anima
presa
da
lui
si
sente
dire
:
Forse
Tu
non
pensavi
,
ch
'
io
loico
fossi
;
o
quando
esclama
:
Godi
,
Firenze
,
poiché
se
'
sì
grande
;
oppure
:
Fiorenza
mia
,
ben
puoi
esser
contenta
Di
questa
digression
che
non
ti
tocca
Or
ti
fa
lieta
,
ché
tu
hai
ben
onde
;
Tu
ricca
,
tu
con
pace
,
e
tu
con
senno
...
dà
mirabili
esempii
di
ironia
nel
senso
retorico
della
parola
:
ma
né
qui
,
né
in
altro
punto
,
del
resto
,
della
Comedia
,
non
è
traccia
d
'
umorismo
.
Un
altro
senso
,
dicevamo
,
e
questo
filosofico
,
fu
dato
alla
parola
ironia
in
Germania
.
Lo
dedussero
Federico
Schlegel
e
Ludovico
Tieck
direttamente
dall
'
idealismo
soggettivo
del
Fichte
;
ma
deriva
in
fondo
da
tutto
il
movimento
idealistico
e
romantico
tedesco
post
-
kantiano
.
L
'
Io
,
sola
realtà
vera
,
spiegava
Hegel
,
può
sorridere
della
vana
parvenza
dell
'
universo
:
come
la
pone
,
può
anche
annullarla
;
può
non
prender
sul
serio
le
proprie
creazioni
.
Onde
l
'
ironia
:
cioè
quella
forza
secondo
il
Tieck
che
permette
al
poeta
di
dominar
la
materia
che
tratta
;
materia
che
si
riduce
per
essa
secondo
Federico
Schlegel
a
una
perpetua
parodia
,
a
una
farsa
trascendentale
.
Trascendentale
più
d
'
un
po
'
,
osserveremo
noi
,
questa
concezione
dell
'
ironia
:
né
,
del
resto
,
se
consideriamo
per
poco
donde
ci
viene
,
poteva
essere
altrimenti
.
Tuttavia
essa
ha
,
o
può
avere
,
almeno
in
un
certo
senso
,
qualche
parentela
col
vero
umorismo
,
più
stretta
certamente
che
non
l
'
ironia
retorica
,
da
cui
,
in
fondo
,
tira
tira
,
si
potrebbe
veder
derivare
.
Qui
,
nell
'
ironia
retorica
,
non
bisogna
prender
sul
serio
quel
che
si
dice
;
lì
,
nella
romantica
,
si
può
non
prender
sul
serio
quel
che
si
fa
.
L
'
ironia
retorica
sarebbe
,
rispetto
alla
romantica
,
come
quella
famosa
rana
della
favola
,
la
quale
,
trasportata
nel
macchinoso
mondo
dell
'
idealismo
metafisico
tedesco
e
abbottandosi
qua
più
di
vento
che
d
'
acqua
,
fosse
riuscita
ad
assumere
le
invidiate
proporzioni
del
bue
.
L
'
infingimento
,
quella
tal
contradizione
fittizia
,
di
cui
parla
la
retorica
,
è
diventata
qua
,
a
furia
di
gonfiarsi
,
la
vana
parvenza
dell
'
universo
.
Ora
ecco
:
se
l
'
umorismo
consistesse
tutto
nella
puntura
di
spillo
che
svescia
quella
rana
abbottata
,
ironia
e
umorismo
sarebbero
press
'
a
poco
la
stessa
cosa
.
Ma
l
'
umorismo
,
come
vedremo
,
non
è
tutto
in
questa
puntura
di
spillo
.
Al
solito
,
Federico
Schlegel
non
fece
altro
qui
che
esagerare
idee
e
teorie
altrui
:
oltre
all
'
idealismo
soggettivo
del
Fichte
,
la
famosa
teoria
del
giuoco
esposta
dallo
Schiller
nelle
27
lettere
Ueber
die
aesthetische
Erziehung
des
Menschen
.
Il
Fichte
aveva
voluto
,
in
fondo
,
compire
la
dottrina
kantiana
del
dovere
:
dicendo
che
l
'
universo
è
creato
dallo
spirito
,
dall
'
Io
,
che
è
anche
divinità
,
l
'
anima
dell
'
essenza
del
mondo
,
che
genera
tutto
ed
è
impersonale
,
che
è
volontà
infaticabile
,
la
quale
racchiude
in
sé
ragione
,
libertà
,
moralità
;
aveva
voluto
dimostrare
il
dovere
dei
singoli
uomini
di
sottomettersi
al
volere
della
totalità
e
di
tendere
al
culmine
dell
'
armonia
morale
.
Ora
,
quest
'
Io
del
Fichte
diventò
l
'
io
individuale
,
il
piccolo
io
strambo
del
signor
Federico
Schlegel
,
che
con
un
cannellino
e
un
po
'
d
'
acqua
saponata
si
mise
allegramente
a
gonfiar
bolle
di
sapone
:
vane
parvenze
d
'
universo
,
mondi
;
e
a
soffiarci
su
.
E
questo
era
il
giuoco
.
Povero
Schiller
!
Non
poteva
esser
falsato
in
modo
più
indegno
il
suo
Spieltrieb
.
Ma
il
signor
Federico
Schlegel
prese
alla
lettera
le
parole
:
der
Mensch
soll
mit
der
Schönheit
nur
spielen
,
und
er
soll
nur
mit
der
Schönheit
spielen
.
Denn
,
um
es
endlich
auf
einmal
herauszusagen
,
der
Mensch
spielt
nur
,
wo
er
in
voller
Bedeutung
des
Worts
Mensch
ist
,
und
er
ist
nur
da
ganz
Mensch
,
wo
er
spielt
(
Lettera
XV
)
,
e
disse
che
per
il
poeta
l
'
ironia
consiste
nel
non
fondersi
mai
del
tutto
con
l
'
opera
propria
,
nel
non
perdere
,
neppure
nel
momento
del
patetico
,
la
coscienza
della
irrealtà
delle
sue
creazioni
,
nel
non
essere
lo
zimbello
dei
fantasmi
da
lui
stesso
evocati
,
nel
sorridere
del
lettore
che
si
lascerà
prendere
al
giuoco
e
anche
di
sé
stesso
che
la
propria
vita
consacra
a
giocare
(
Vedi
Victor
Basch
,
La
poëtique
de
F
.
Schiller
,
Paris
,
Alcan
,
1902
)
.
Intesa
in
questo
senso
l
'
ironia
,
ognun
vede
come
a
torto
essa
venga
attribuita
a
certi
scrittori
,
come
ad
esempio
,
al
nostro
Manzoni
,
che
della
realtà
oggettiva
,
della
verità
storica
si
fece
una
vera
e
propria
fissazione
,
fino
a
condannare
il
suo
stesso
capolavoro
.
Né
d
'
altra
parte
si
può
attribuire
al
Manzoni
quell
'
altra
ironia
,
la
retorica
,
giacché
nessuna
contradizione
fittizia
si
trova
mai
in
lui
tra
quel
che
dice
e
quel
che
vuole
sia
inteso
,
contradizione
frutto
di
sdegno
.
Il
Manzoni
non
si
sdegna
mai
della
realtà
in
contrasto
col
suo
ideale
:
per
compassione
transige
qua
e
là
e
spesso
indulge
,
rappresentando
ogni
volta
minutamente
,
in
forma
viva
,
le
ragioni
del
suo
transigere
e
del
suo
indulgere
:
il
che
,
come
vedremo
,
è
proprio
dell
'
umorismo
.
La
sostituzione
di
ironismo
,
ironista
a
umorismo
,
umorista
non
sarebbe
quindi
legittima
.
Dall
'
ironia
,
anche
quando
sia
usata
a
fin
di
bene
,
non
si
sa
disgiungere
l
'
idea
di
un
che
di
beffardo
e
di
mordace
.
Ora
,
beffardi
e
mordaci
possono
essere
anche
scrittori
indubbiamente
umoristici
,
ma
il
loro
umorismo
non
consisterà
già
in
questa
beffa
mordace
.
È
pur
vero
però
che
a
una
parola
si
può
per
comune
accordo
alterare
il
significato
.
Tante
parole
che
noi
adoperiamo
adesso
in
un
senso
,
ne
avevano
un
altro
in
antico
.
E
se
alla
parola
umorismo
,
come
abbiamo
veduto
,
s
'
è
già
veramente
alterato
il
senso
,
non
ci
sarebbe
in
fondo
nulla
di
male
se
per
determinare
,
per
significare
senza
equivoco
la
cosa
venisse
adoperata
un
'
altra
parola
.
II
.
QUESTIONI
PRELIMINARI
Prima
di
entrare
a
parlar
dell
'
essenza
,
dei
caratteri
e
della
materia
dell
'
umorismo
,
dobbiamo
sgomberarci
il
terreno
di
tre
altre
questioni
preliminari
:
1
)
se
l
'
umorismo
sia
fenomeno
letterario
esclusivamente
moderno
;
2
)
se
esotico
per
noi
;
3
)
se
specialmente
nordico
.
Queste
tre
questioni
si
ricollegano
strettamente
con
quella
più
vasta
e
complessa
della
differenza
dell
'
arte
moderna
dall
'
arte
antica
,
lungamente
agitata
durante
la
lotta
tra
classicismo
e
romanticismo
,
per
un
verso
;
e
,
per
l
'
altro
,
del
romanticismo
considerato
dalle
genti
anglo
-
germaniche
come
una
rivalsa
contro
il
classicismo
delle
genti
latine
.
Vedremo
in
fatti
ripresi
nelle
varie
dispute
su
l
'
umorismo
tutti
gli
argomenti
della
critica
romantica
,
a
cominciare
da
quelli
dello
Schiller
,
il
quale
,
col
saggio
famoso
Ueber
naive
und
sentimentalische
Dichtung
,
fu
,
a
dire
del
Goethe
il
fondatore
di
tutta
l
'
estetica
moderna
(
Zur
Naturwissenschaft
im
Allgemeinen
.
Tomo
XXXIV
delle
Opere
,
ed
.
Hempel
,
pag
.
96-97;
ma
il
Goethe
non
tenne
conto
che
prima
dello
Schiller
lo
Herder
aveva
distinto
Natur
-
poesie
da
Kunst
-
poesie
.
Vedi
anche
V
.
Basch
,
op
.
cit
.
)
.
Questi
argomenti
sono
ben
noti
:
il
subiettivismo
del
poeta
speculativo
-
sentimentale
,
rappresentante
dell
'
arte
moderna
,
in
contrapposto
con
l
'
obiettivismo
del
poeta
istintivo
o
ingenuo
,
rappresentante
dell
'
arte
antica
;
il
contrasto
tra
l
'
ideale
e
il
reale
;
la
serenità
marmorea
,
l
'
equilibrio
dignitoso
,
la
bellezza
esteriore
dell
'
arte
antica
contro
l
'
esaltazione
dei
sentimenti
,
il
vago
,
l
'
infinito
,
l
'
indeterminato
delle
aspirazioni
,
le
melanconie
,
la
nostalgia
,
la
bellezza
interiore
dell
'
arte
moderna
;
e
da
un
canto
le
bassure
del
verismo
della
poesia
ingenua
,
e
dall
'
altro
le
nebbie
dell
'
astrazione
e
il
capogiro
intellettuale
della
poesia
sentimentale
(
Vedi
G
.
Muoni
,
Note
per
una
poetica
storica
del
romanticismo
,
Milano
,
Società
Ed
.
Libr
.
,
1906
)
;
l
'
azione
del
cristianesimo
;
l
'
elemento
filosofico
;
l
'
incoerenza
dell
'
arte
moderna
opposta
all
'
armonia
della
poesia
greca
;
le
particolarità
singole
di
fronte
alle
tipificazioni
classiche
;
la
ragione
che
s
'
interessa
del
valore
filosofico
del
contenuto
più
che
della
vaghezza
della
forma
esteriore
;
il
sentimento
profondo
di
un
'
interna
disunione
,
di
una
doppia
natura
dell
'
uomo
moderno
,
ecc
.
ecc
.
Per
darne
qualche
prova
,
citeremo
ciò
che
scriveva
il
Nencioni
in
quel
suo
studio
su
L
'
Umorismo
e
gli
Umoristi
,
di
cui
abbiamo
già
fatto
parola
:
L
'
antichità
,
nel
suo
felice
equilibrio
dei
sensi
e
dei
sentimenti
,
guardò
con
calma
statuaria
anche
nelle
tragiche
profondità
del
destino
.
L
'
anima
umana
era
sana
e
giovine
allora
,
né
il
cuore
e
la
intelligenza
erano
stati
tormentati
da
trenta
secoli
di
precetti
e
di
sistemi
,
di
dolori
e
di
dubbi
.
Nessuna
penosa
dottrina
,
nessuna
crisi
interiore
aveva
alterato
la
serena
armonia
della
vita
e
del
temperamento
umano
.
Ma
il
tempo
e
il
cristianesimo
hanno
insegnato
all
'
uomo
moderno
a
contemplare
l
'
infinito
,
a
paragonarlo
con
l
'
effimero
e
doloroso
soffio
della
vita
presente
.
Il
nostro
organismo
e
continuamente
eccitato
e
sovreccitato
;
e
secolari
dolori
hanno
umanizzato
il
nostro
cuore
.
Noi
guardiamo
nell
'
anima
umana
,
e
nella
natura
con
una
simpatia
più
penetrante
,
e
vi
troviamo
delle
arcane
relazioni
e
un
'
intima
poesia
ignote
all
'
antichità
...
Il
riso
d
'
artista
e
la
comica
fantasia
di
Aristofane
,
alcuni
dialoghi
di
Luciano
,
sono
eccezioni
.
L
'
antichità
non
ebbe
,
né
poteva
avere
,
letteratura
umoristica
...
Si
direbbe
che
questa
sia
la
caratteristica
delle
letterature
anglo
-
germaniche
.
Il
cielo
crepuscolare
e
l
'
umido
suolo
del
Nord
sembrano
esser
più
acconci
a
nutrire
la
delicata
e
strana
pianta
dell
'
umorismo
»
.
Concedeva
però
il
Nencioni
che
anche
sotto
il
cielo
azzurro
e
nella
vita
facile
delle
razze
latine
l
'
umorismo
ha
talora
fiorito
e
due
o
tre
volte
in
modo
unico
,
meraviglioso
.
E
parlava
in
fatti
del
Rabelais
e
del
Cervantes
,
e
anche
dell
'
umorismo
realista
e
vivente
di
Carlo
Porta
e
di
quello
delicato
e
desolato
di
Carlo
Bini
,
e
diceva
il
don
Abbondio
del
Manzoni
una
creazione
umoristica
di
prim
'
ordine
.
Più
reciso
nella
negazione
fu
Giorgio
Arcoleo
(
L
'
Umorismo
nell
'
arte
moderna
.
Due
conferenze
al
Circolo
filologico
di
Napoli
,
Napoli
,
Detken
ed
.
,
1885
)
,
il
quale
,
pur
ammettendo
che
la
nota
dell
'
umorismo
,
speciale
della
letteratura
moderna
,
non
manchi
di
legami
col
mondo
antico
,
e
pur
citando
quell
'
insegnamento
di
Socrate
che
dice
:
Una
è
l
'
origine
dell
'
allegria
e
della
tristezza
:
nei
contrapposti
un
'
idea
non
si
conosce
che
per
la
sua
contraria
:
della
stessa
materia
si
forma
il
socco
e
il
coturno
,
soggiungeva
:
Questo
lo
intelletto
greco
pensava
:
ma
l
'
Arte
non
potea
esprimerlo
:
la
percezione
dei
contrasti
rimaneva
nel
campo
astratto
,
perché
diversa
era
la
vita
.
La
Teogonia
avvolgeva
l
'
anima
nel
mito
;
l
'
Epopea
i
fatti
umani
nella
leggenda
;
la
Politica
le
forze
individuali
nella
suprema
legge
dello
Stato
.
L
'
Antichità
costrinse
serenamente
le
forme
nell
'
armonia
del
finito
:
vide
il
Ciclope
o
lo
Gnomo
,
le
Grazie
o
le
Parche
.
Come
la
vita
avea
liberi
o
servi
,
onnipotenti
o
impotenti
,
così
la
scienza
ebbe
sorrisi
o
pianto
:
Eraclito
o
Democrito
;
e
la
letteratura
ebbe
tragedie
o
commedie
.
Tutt
'
al
più
il
contrasto
dalla
sfera
dell
'
intelletto
passò
nell
'
altra
dell
'
immaginazione
,
si
tramutò
in
fantasma
,
e
allora
Aristofane
fece
la
satira
dei
sofisti
,
Luciano
degli
Dei
.
Ma
se
il
Paganesimo
si
era
obliato
nella
magnificenza
delle
forme
e
della
natura
,
il
Medio
Evo
si
tormentò
nei
dubbii
e
nelle
angosce
dello
spirito
.
Fu
triste
,
ebbe
sogni
agitati
da
spettri
:
la
potenza
baronale
finiva
spesso
nei
conventi
,
la
bellezza
nei
chiostri
.
La
corruttela
romana
non
seduceva
neppure
come
ricordo
:
la
dissoluzione
del
grande
Impero
aveva
inoculato
negli
animi
l
'
idea
dell
'
impotenza
.
A
rovescio
del
mondo
antico
:
questo
rimpiccolì
nelle
forme
plastiche
le
energie
soprannaturali
;
il
Medio
Evo
le
allargò
nell
'
infinito
:
e
,
compreso
dallo
spazio
e
dal
tempo
,
lo
spirito
umano
si
annullò
con
braminica
rassegnazione
.
Tale
depressione
soffocò
ogni
spirito
d
'
iniziativa
e
di
ricerca
.
Nelle
credenze
sovraneggiò
il
dogma
,
nella
scienza
l
'
erudizione
,
nell
'
arte
la
copia
,
nel
costume
la
disciplina
.
L
'
umanità
nel
suo
periodo
di
decadenza
romana
avea
sostenuto
i
dolori
della
vita
coll
'
indifferenza
dello
stoico
:
ne
avea
cercato
i
piaceri
con
la
sensualità
dell
'
epicureo
:
nel
Medio
Evo
volle
sottrarsi
alla
vita
con
l
'
estasi
:
donde
una
nuova
mitologia
cristiana
,
popolata
di
rimorsi
,
di
paure
,
di
preghiere
.
Il
pensiero
seguiva
la
fede
:
il
manuale
di
logica
era
un
'
appendice
del
catechismo
.
In
tali
condizioni
dominava
il
terrore
,
si
aspettava
il
finimondo
...
Finalmente
nella
materia
come
nello
spirito
sorge
un
nuovo
mondo
.
È
un
periodo
di
esultanza
e
al
tempo
stesso
di
mestizia
e
di
riflessione
:
ma
si
rivela
con
due
tendenze
spiccate
,
l
'
una
presso
le
razze
germaniche
,
l
'
altra
presso
le
latine
:
lì
il
libero
esame
o
la
Riforma
:
qui
il
culto
della
bellezza
e
della
forza
,
la
Rinascenza
.
I
contrasti
si
moltiplicano
nelle
istituzioni
,
nella
vita
privata
,
nei
costumi
,
nelle
leggi
,
nella
letteratura
...
Non
è
antitesi
percepita
dall
'
intelletto
o
intravista
dalla
fantasia
;
non
è
lotta
contro
la
natura
umana
,
come
nell
'
età
di
mezzo
;
è
dissonanza
che
stride
in
tutte
le
sfere
del
pensiero
e
dell
'
azione
:
è
il
dissidio
tra
lo
spirito
nuovo
e
le
forme
vecchie
.
In
tale
situazione
il
trionfo
dell
'
uno
o
dell
'
altra
ha
influenza
decisiva
sulle
istituzioni
,
sulla
scienza
,
sull
'
arte
.
Qui
appunto
va
notata
la
differenza
dei
risultati
nelle
razze
germaniche
e
nelle
latine
:
differenza
che
spiega
in
gran
parte
,
perché
l
'
umorismo
ebbe
tanto
sviluppo
presso
le
prime
,
e
riuscì
quasi
nullo
presso
le
seconde
.
Ora
,
si
dovrebbe
innanzi
tutto
intendere
che
,
prendendo
in
esame
un
'
eccezionale
e
speciosissima
espressione
d
'
arte
come
l
'
umoristica
,
queste
rapide
sintesi
,
queste
ideali
ricostruzioni
storiche
,
non
sono
ammissibili
.
Come
nella
formazione
d
'
una
leggenda
l
'
immaginazione
collettiva
rigetta
tutti
gli
elementi
,
i
tratti
,
i
caratteri
discordanti
con
la
natura
ideale
d
'
un
dato
fatto
o
d
'
un
dato
personaggio
ed
evoca
invece
e
combina
tutte
le
immagini
convenienti
;
così
,
nel
tracciare
in
breve
la
sintesi
d
'
una
data
epoca
,
inevitabilmente
noi
siamo
indotti
a
non
tener
conto
di
tanti
particolari
in
contradizione
,
delle
singole
espressioni
.
Non
possiamo
prestare
orecchio
alle
voci
che
protestano
in
mezzo
a
un
coro
soverchiante
.
Nella
lontananza
,
si
sa
,
certi
colori
accesi
,
sparsi
qua
e
là
,
si
attenuano
,
si
smorzano
,
si
fondono
nella
tinta
generale
,
azzurra
o
grigia
,
del
paesaggio
.
Perché
questi
colori
risaltino
,
riassumendo
intera
la
loro
individualità
,
bisogna
che
noi
ci
avviciniamo
:
riconosceremo
allora
come
e
quanto
ci
avesse
ingannato
la
lontananza
.
Seguendo
le
teorie
del
Taine
,
considerando
i
fenomeni
morali
come
soggetti
anch
'
essi
al
determinismo
al
pari
dei
fenomeni
fisici
,
la
storia
umana
come
parte
della
naturale
,
l
'
opera
d
'
arte
come
il
prodotto
di
determinati
fattori
e
di
determinate
leggi
,
e
cioè
di
quella
delle
dipendenze
e
di
quella
delle
condizioni
,
con
le
regole
che
ne
derivano
:
del
carattere
essenziale
o
della
facoltà
dominante
,
dalla
prima
;
delle
forze
primordiali
,
razza
,
ambiente
,
momento
,
dalla
seconda
;
e
vedendo
esclusivamente
nelle
espressioni
artistiche
gli
effetti
necessarii
di
forze
naturali
e
sociali
;
non
penetreremo
mai
nell
'
intimità
dell
'
arte
,
ci
rappresenteremo
per
forza
tutte
le
manifestazioni
d
'
un
dato
tempo
come
solidali
tra
loro
e
complementari
,
per
modo
che
ciascuna
necessiti
le
altre
e
tutte
insieme
rispecchino
quelle
qualità
che
,
secondo
il
nostro
concetto
o
la
nostra
idea
sommaria
,
le
ha
raccolte
e
prodotte
;
non
già
la
realtà
infinitamente
varia
e
continuamente
mutabile
,
e
i
singoli
sentimenti
di
essa
,
varii
infinitamente
e
continuamente
mutabili
anch
'
essi
.
Dopo
aver
considerato
il
cielo
,
il
clima
,
il
sole
,
la
società
,
i
costumi
,
i
pregiudizii
,
ecc
.
,
non
dobbiamo
forse
appuntar
lo
sguardo
sui
singoli
individui
e
domandarci
che
cosa
siano
divenuti
in
ciascuno
di
essi
questi
elementi
,
secondo
lo
speciale
organamento
psichico
,
la
combinazione
originaria
,
unica
,
che
costituisce
questo
o
quell
'
individuo
?
Dove
uno
s
'
abbandona
,
l
'
altro
si
rivolta
;
dove
uno
piange
,
l
'
altro
ride
;
e
ci
può
esser
sempre
qualcuno
che
ride
e
piange
a
un
tempo
.
Del
mondo
che
lo
circonda
,
l
'
uomo
,
in
questo
o
in
quel
tempo
,
non
vede
se
non
ciò
che
lo
interessa
:
fin
dall
'
infanzia
,
senza
neppur
sospettarlo
,
egli
fa
una
scelta
d
'
elementi
e
li
accetta
e
accoglie
in
sé
;
e
questi
elementi
,
più
tardi
,
sotto
l
'
azione
del
sentimento
,
s
'
agiteranno
per
combinarsi
nei
modi
più
svariati
.
L
'
Antichità
costrinse
serenamente
le
forme
nell
'
armonia
del
finito
.
Ecco
una
sintesi
.
Tutta
l
'
antichità
?
Nessun
antico
escluso
?
Il
Ciclope
o
lo
Gnomo
,
le
Grazie
o
le
Parche
.
E
non
anche
le
Sirene
,
metà
donne
,
metà
pesce
?
La
vita
non
aveva
che
o
liberi
o
servi
.
E
non
poteva
qualche
libero
sentirsi
servo
e
qualche
servo
sentirsi
libero
entro
di
.
sé
?
Non
cita
lo
stesso
Arcoleo
Diogene
che
chiude
il
mondo
nella
botte
,
e
non
accetta
la
grandezza
d
'
Alessandro
,
se
gli
toglie
la
vista
del
sole
?
E
che
vuol
dire
che
l
'
intelletto
greco
poteva
percepire
il
contrasto
e
l
'
Arte
non
poteva
esprimerlo
perché
la
vita
era
diversa
?
Com
'
era
la
vita
?
O
tutta
pianto
o
tutta
riso
?
E
come
faceva
allora
l
'
intelletto
a
cogliere
il
contrasto
?
Ogni
astrazione
bisogna
che
abbia
per
forza
radice
in
un
fatto
concreto
.
C
'
era
dunque
il
pianto
e
il
riso
,
non
il
pianto
o
il
riso
;
e
se
l
'
intelletto
poteva
cogliere
il
contrasto
,
perché
non
avrebbe
potuto
esprimerlo
l
'
arte
?
Tutt
'
al
più
dice
l
'
Arcoleo
il
contrasto
dalla
sfera
dell
'
intelletto
passò
nell
'
altra
dell
'
immaginazione
,
si
tramutò
in
fantasma
,
e
allora
Aristofane
fece
la
satira
dei
sofisti
,
e
Luciano
degli
Dei
.
Che
vuol
dire
quel
tutt
'
al
più
?
Se
il
contrasto
dalla
sfera
dell
'
intelletto
passò
in
quella
dell
'
immaginazione
e
si
tramutò
in
fantasma
,
vuol
dire
che
divenne
arte
.
E
allora
?
Lasciamo
andare
Aristofane
che
,
come
vedremo
,
non
ha
nulla
da
fare
con
l
'
umorismo
;
ma
Luciano
non
è
soltanto
autore
del
dialogo
degli
Dei
.
E
andiamo
avanti
.
Il
mondo
antico
rimpiccolì
nelle
forme
plastiche
le
energie
soprannaturali
.
Ecco
un
'
altra
sintesi
.
Tutto
il
mondo
antico
e
tutte
le
energie
soprannaturali
?
anche
il
fato
?
E
tutta
l
'
Italia
del
rinascimento
rimase
nei
suoi
gusti
pagana
,
serena
;
non
ebbe
curiosità
,
non
intimità
?
Vedremo
.
Parliamo
d
'
umorismo
e
delle
espressioni
artistiche
di
esso
,
espressioni
eccezionali
e
speciosissime
,
ripeto
:
ci
basterebbe
un
umorista
solo
;
ne
troveremo
parecchi
,
in
ogni
tempo
,
in
ogni
luogo
;
e
diremo
la
ragione
per
cui
i
nostri
segnatamente
ci
debba
parere
che
non
siano
tali
.
Tutte
le
partizioni
sono
arbitrarie
.
Poco
dopo
la
pubblicazione
del
saggio
del
Nencioni
,
che
negava
come
abbiamo
veduto
all
'
antichità
una
letteratura
umoristica
,
non
solo
,
ma
anche
la
possibilità
di
averla
,
sorsero
da
noi
prima
il
Fraccaroli
,
con
uno
studio
intitolato
appunto
Per
gli
Umoristi
dell
'
Antichità
(
Verona
,
1885
)
,
poi
il
Bonghi
(
zLa
coltura
,
15
gennaio
1886
)
,
poi
altri
ancora
a
rilevare
nelle
letterature
classiche
e
specialmente
nella
greca
,
assai
più
umorismo
,
che
non
avesse
saputo
vedere
il
Nencioni
.
Quel
felice
equilibrio
,
quella
calma
statuaria
e
l
'
anima
sana
e
giovine
e
la
serena
armonia
della
vita
e
del
temperamento
degli
antichi
,
come
la
natura
rappresentata
da
questi
con
precisione
e
con
fedeltà
,
senza
melanconia
né
nostalgia
,
sono
vecchi
cavalli
di
battaglia
della
critica
romantica
.
Già
lo
stesso
Schiller
,
autore
primo
della
partizione
,
dovette
riconoscere
che
Euripide
,
Orazio
,
Properzio
,
Virgilio
non
si
erano
fatti
un
concetto
ingenuo
della
natura
e
quindi
concludere
che
vi
erano
anime
sentimentali
presso
gli
antichi
e
anime
greche
presso
i
moderni
,
e
cancellare
così
,
come
impossibile
a
mantenere
,
la
linea
divisoria
tra
ispirazione
antica
e
ispirazione
moderna
.
Su
le
tracce
del
Biese
,
che
scrisse
su
l
'
evoluzione
del
sentimento
della
natura
presso
i
greci
(
Die
Entwickelung
des
Naturgefühls
bei
den
Griechen
,
Kiel
,
1882;
abbiamo
su
l
'
argomento
lavori
più
recenti
)
,
il
Basch
dimostrò
agevolmente
quanto
di
sentimentale
vi
fosse
nella
poesia
e
nel
pensiero
dei
Greci
,
nella
mitologia
primitiva
,
nelle
metamorfosi
spesso
grottesche
delle
divinità
,
nell
'
utopia
nostalgica
dell
'
età
dell
'
oro
,
nella
raffinata
melanconia
dei
lirici
e
degli
elegiaci
in
ispecie
,
che
rappresentarono
la
natura
non
solamente
comme
cadre
des
sentiments
de
l
'
âme
,
mais
encore
comme
ayant
des
profondes
et
mystérieuses
affinités
avec
ses
sentiments
.
Anche
lo
Herder
,
autore
della
partizione
tra
Natur
-
poesie
e
Kunst
poesie
,
non
dava
ad
essa
un
senso
rigorosamente
cronologico
.
E
il
Richter
negava
che
il
cristianesimo
fosse
causa
e
origine
esclusiva
della
nuova
poesia
,
giacché
i
poemi
scandinavi
dell
'
Edda
e
quelli
dell
'
India
eran
nati
fuori
del
misticismo
cristiano
;
e
,
ripetendo
l
'
osservazione
del
Herder
che
nessun
poeta
resta
fedele
ad
un
'
ispirazione
sentimentale
unica
,
chiamava
romantici
non
già
gli
autori
,
ma
quelle
fra
le
opere
ch
'
erano
d
'
ispirazione
sentimentale
.
Arrigo
Heine
diceva
nella
Germania
che
si
era
caduti
in
un
deplorevole
errore
chiamando
plastica
l
'
arte
classica
,
come
se
ogni
arte
,
antica
o
moderna
,
volendo
esser
arte
,
non
dovesse
per
forza
esser
plastica
nella
sua
forma
esteriore
.
Ed
è
inutile
ricordare
qui
a
quali
strette
si
trovò
Victor
Hugo
,
volendo
additare
come
principio
dell
'
arte
moderna
la
famosa
teoria
del
grottesco
,
di
fronte
a
Vulcano
,
a
Polifemo
,
a
Sileno
,
ai
tritoni
,
ai
satiri
,
ai
ciclopi
,
alle
sirene
,
alle
furie
,
alle
Parche
,
alle
arpie
,
al
Tersite
omerico
,
alle
dramatis
persone
delle
commedie
aristofanesche
.
D
'
altra
parte
,
nessuno
più
si
sogna
di
negare
che
anch
'
essi
gli
antichi
avessero
l
'
idea
della
profonda
infelicità
degli
uomini
.
La
espressero
,
del
resto
,
chiaramente
filosofi
e
poeti
.
Ma
,
al
solito
,
anche
tra
il
dolore
antico
e
il
dolore
moderno
si
è
voluto
vedere
da
alcuni
una
differenza
quasi
sostanziale
,
e
si
è
sostenuto
che
vi
è
una
lugubre
progressione
nel
dolore
,
svolgentesi
con
la
storia
stessa
della
civiltà
,
una
progressione
che
ha
fondamento
nella
sensibilità
dell
'
umana
coscienza
,
sempre
più
delicata
,
e
nell
'
irritabilità
e
nella
incontentabilità
di
essa
di
mano
in
mano
sempre
maggiori
.
Ma
questo
lo
aveva
già
detto
,
se
non
c
'
inganniamo
,
fin
dal
tempo
dei
tempi
,
Salomone
.
Accrescimento
di
scienza
,
accrescimento
di
dolore
.
E
aveva
proprio
ragione
,
fin
dal
tempo
dei
tempi
,
Salomone
?
Sta
a
vedere
.
Se
le
passioni
,
quanto
più
si
afforzano
e
si
affinano
,
tanto
più
acquistano
una
specie
d
'
attrazione
e
di
compenetrazione
scambievole
;
se
con
l
'
ajuto
della
fantasia
e
dei
sensi
noi
ci
inoltriamo
,
come
dicono
,
in
un
processo
d
'
universalizzazione
che
si
fa
sempre
più
rapido
e
sempre
più
invadente
,
sicché
in
un
dolore
ci
par
di
sentire
più
dolori
,
tutti
i
dolori
,
soffriamo
noi
per
questo
veramente
di
più
?
No
:
perché
questo
accrescimento
,
se
mai
,
è
a
scapito
dell
'
intensità
.
E
ben
per
questo
il
Leopardi
notava
acutamente
che
il
dolore
antico
era
un
dolor
disperato
,
come
suoi
essere
in
natura
,
com
'
è
ancora
nei
popoli
barbari
e
semi
-
selvaggi
o
nelle
genti
della
campagna
,
senza
il
conforto
cioè
della
sensibilità
,
senza
la
dolce
rassegnazione
alle
sventure
.
Facilmente
oggi
,
agli
occhi
nostri
,
se
crediamo
d
'
essere
infelici
,
il
mondo
si
converte
in
un
teatro
d
'
universale
infelicità
?
Vuol
dire
che
,
invece
di
sprofondarci
nel
nostro
proprio
dolore
,
noi
lo
allarghiamo
,
lo
diffondiamo
nell
'
universo
.
Ci
strappiamo
la
spina
,
e
ci
avvolgiamo
in
una
nuvola
nera
.
Cresce
la
noja
,
ma
si
spunta
e
si
attenua
il
dolore
.
Però
,
ecco
,
e
quel
tal
tedio
della
vita
dei
contemporanei
di
Lucrezio
?
e
quella
tal
tristezza
misantropica
di
Timone
?
Oh
via
!
è
proprio
inutile
sfoggiare
esempii
e
citazioni
.
Sono
questioni
,
disquisizioni
,
argomentazioni
accademiche
.
L
'
umanità
passata
non
c
'
è
bisogno
di
cercarla
lontano
:
è
sempre
in
noi
,
tal
quale
.
Possiamo
tutt
'
al
più
ammettere
che
oggi
,
per
questa
se
vuolsi
cresciuta
sensibilità
e
per
il
progresso
(
ahimè
)
della
civiltà
,
siano
più
comuni
quelle
disposizioni
di
spirito
,
quelle
condizioni
di
vita
più
favorevoli
al
fenomeno
dell
'
umorismo
,
o
meglio
,
di
un
certo
umorismo
;
ma
è
assolutamente
arbitrario
il
negare
che
tali
disposizioni
non
esistessero
o
non
potessero
esistere
in
antico
.
A
buon
conto
,
Diogene
,
con
la
sua
botte
e
la
sua
lanterna
,
non
è
di
jeri
;
e
nulla
di
più
serio
nel
ridicolo
e
di
più
ridicolo
nel
serio
.
Eccezioni
,
come
dice
il
Nencioni
e
ripete
l
'
Arcoleo
,
Aristofane
e
Luciano
?
Ma
eccezioni
,
allora
,
anche
Swift
e
Sterne
.
Tutta
l
'
arte
umoristica
,
ripetiamo
,
è
stata
sempre
ed
è
tuttavia
arte
d
'
eccezione
.
Diverso
il
pianto
,
secondo
questa
critica
,
e
diverso
naturalmente
anche
il
riso
degli
antichi
.
Notissima
,
la
distinzione
di
Gian
Paolo
Richter
tra
comico
classico
e
comico
romantico
:
facezia
grossolana
,
satira
volgare
,
derisione
de
'
vizii
e
dei
difetti
,
senza
alcuna
commiserazione
o
pietà
,
quello
;
umore
,
questo
,
cioè
riso
filosofico
,
misto
di
dolore
,
perché
nato
dalla
comparazione
del
piccolo
mondo
finito
con
la
idea
infinita
,
riso
pieno
di
tolleranza
e
di
simpatia
.
Da
noi
il
Leopardi
,
che
ebbe
sempre
la
nostalgia
del
passato
e
che
nei
Pensieri
di
varia
filosofia
e
di
bella
letteratura
volle
far
notare
che
egli
sentiva
il
dolore
non
a
modo
dei
romantici
,
ma
a
modo
degli
antichi
,
cioè
il
dolore
disperato
,
difese
pure
il
comico
antico
contro
il
moderno
,
il
comico
antico
che
era
veramente
sostanzioso
,
esprimeva
sempre
e
metteva
sotto
gli
occhi
,
per
dir
così
,
un
corpo
di
ridicolo
,
mentre
il
moderno
un
'
ombra
,
uno
spirito
,
un
vento
,
un
soffio
,
un
fumo
.
Quello
empieva
di
riso
,
questo
appena
lo
fa
gustare
;
quello
era
solido
,
questo
fugace
;
quello
consisteva
in
immagini
,
similitudini
,
paragoni
,
racconti
,
insomma
cose
ridicole
;
questo
in
parole
,
generalmente
e
sommariamente
parlando
,
e
nasce
da
quella
tal
composizione
di
voci
,
da
quello
equivoco
,
da
quella
tale
allusione
di
parole
,
da
quel
giocolino
di
parole
,
da
quella
tal
parola
appunto
di
maniera
che
,
togliete
quelle
allusioni
,
scomponete
e
ordinate
diversamente
quelle
parole
,
levate
quell
'
equivoco
,
sostituite
una
parola
in
cambio
d
'
un
'
altra
,
svanisce
il
ridicolo
.
E
cita
l
'
esempio
di
Luciano
che
paragona
gli
Dei
sospesi
al
fuso
della
Parca
ai
pesciolini
sospesi
alla
canna
del
pescatore
.
Poi
avverte
:
Ma
forse
e
senza
forse
,
presentemente
,
e
massime
ai
francesi
,
par
grossolano
quel
che
una
volta
si
chiamava
sale
attico
,
e
piacque
ai
greci
,
popolo
il
più
civile
dell
'
antichità
e
ai
latini
.
E
può
essere
che
anche
Orazio
avesse
una
simile
opinione
,
quando
disse
male
de
'
sali
di
Plauto
;
e
in
fatti
le
Satire
e
le
Epistole
di
Orazio
non
sono
di
così
solido
ridicolo
come
l
'
antico
comico
greco
e
latino
,
ma
né
anche
di
gran
lunga
così
sottile
come
il
moderno
.
Ora
,
a
forza
di
motti
,
si
è
renduto
spirituale
anche
il
ridicolo
,
assottigliato
tanto
che
ormai
non
è
più
né
pur
liquore
,
ma
un
etere
,
un
vapore
;
e
questo
solo
si
stima
ridicolo
degno
delle
persone
di
buon
gusto
e
di
spirito
e
di
vero
buon
tono
,
e
degno
del
bel
mondo
e
della
civile
conversazione
.
Il
ridicolo
delle
antiche
commedie
nasceva
anche
molto
dalle
operazioni
stesse
che
erano
introdotti
a
fare
i
personaggi
sulla
scena
,
e
quivi
ancora
era
non
piccola
sorgente
di
sale
,
ma
pura
azione
;
come
nelle
Cerimonie
del
Maffei
:
commedia
piena
di
vero
e
antico
ridicolo
,
quel
salire
di
Orazio
per
la
finestra
a
fine
di
evitare
i
complimenti
alle
porte
.
Un
'
altra
gran
differenza
tra
il
ridicolo
antico
e
il
moderno
è
che
quello
era
preso
da
cose
popolari
e
domestiche
o
almeno
non
della
più
fina
conversazione
,
la
quale
poi
non
esisteva
ancor
per
lo
meno
così
raffinata
;
ma
il
moderno
,
massime
il
francese
,
versa
principalmente
intorno
al
più
squisito
mondo
,
alle
cose
dei
nobili
più
raffinati
,
alle
vicende
domestiche
delle
famiglie
più
moderne
,
ecc
.
,
ecc
.
(
come
anche
proporzionatamente
era
il
ridicolo
d
'
Orazio
)
:
sicché
quello
era
un
ridicolo
che
avea
corpo
,
e
,
come
il
filo
di
un
'
arma
che
non
sia
troppo
aguzzo
,
durò
lungo
tempo
;
dove
questo
,
come
ha
una
punta
sottilissima
,
più
o
meno
secondo
i
tempi
e
le
nazioni
,
così
anche
in
un
batter
d
'
occhio
si
logora
e
si
consuma
,
e
dal
volgo
poi
non
si
sente
,
come
il
taglio
del
rasojo
a
prima
giunta
.
Il
Leopardi
,
evidentemente
,
parla
qui
dell
'
esprit
francese
in
contrapposizione
del
ridicolo
classico
,
senza
pensare
che
questo
esprit
de
conversation
,
le
talent
de
faire
des
mors
,
le
goût
des
petites
phrases
vives
,
fines
,
imprévues
,
ingénieuses
,
dardées
avec
gaieté
ou
malice
(
Vedi
H
.
Taine
,
Notes
sur
l
'
Angleterre
,
Paris
,
Hachette
et
Cie
,
douzième
édition
,
1903
,
-
ch
.
VIII
.
De
l
'
esprit
anglais
,
pag
.
339
)
,
è
classico
anch
'
esso
e
antichissimo
in
Francia
:
Duas
res
industriosissime
persequitur
gens
Gallorum
,
rem
militarem
et
argute
loqui
.
Questo
esprit
nativo
in
Francia
,
che
si
raffina
anch
'
esso
a
mano
a
mano
e
diviene
un
po
'
convenzionale
,
elegante
,
aristocratico
,
in
certi
periodi
letterarii
,
non
è
certamente
l
'
humour
moderno
,
e
tanto
meno
quello
inglese
che
il
Taine
gli
contrappone
,
come
fatto
appunto
di
case
più
che
di
parole
o
,
sotto
un
certo
aspetto
,
fatto
di
buon
senso
,
se
come
pensava
il
Joubert
esprit
consiste
nell
'
aver
molte
idee
inutili
e
il
buon
senso
nell
'
esser
provvisto
di
nozioni
necessarie
.
Non
confondiamo
dunque
.
Nel
1899
Alberto
Cantoni
,
argutissimo
nostro
umorista
(
vedi
su
lui
il
mio
saggio
Un
critico
fantastico
nel
vol
.
Arte
e
scienza
,
Roma
,
W
.
Modes
ed
.
,
1908
)
,
che
sentiva
profondamente
il
dissidio
interno
tra
la
ragione
e
il
sentimento
e
soffriva
di
non
poter
essere
ingenuo
come
prepotentemente
in
lui
la
natura
avrebbe
voluto
,
riprese
l
'
argomento
in
una
sua
novella
critica
intitolata
Humour
classico
e
moderno
(
il
Cantoni
chiama
propriamente
questo
suo
lavoro
grottesco
,
forse
per
la
contaminazione
dell
'
elemento
fantastico
con
la
critica
)
,
nella
quale
immagina
che
un
bel
vecchio
rubicondo
e
gioviale
,
che
rappresenta
l
'
Humour
classico
,
e
un
ometto
smilzo
e
circospetto
,
con
una
faccia
un
poco
sdolcinata
e
un
poco
motteggiatrice
,
che
rappresenta
l
'
Humour
moderno
,
s
'
incontrino
a
Bergamo
innanzi
al
monumento
a
Gaetano
Donizetti
e
là
,
senz
'
altro
,
si
mettono
a
disputare
tra
loro
e
poi
si
lanciano
una
sfida
,
si
propongono
cioè
d
'
andare
in
campagna
lì
presso
,
a
Clusone
,
dove
si
tiene
una
fiera
,
ognuno
per
conto
proprio
,
come
se
non
si
fossero
mai
visti
,
e
di
ritornare
poi
la
sera
,
daccapo
,
innanzi
al
monumento
di
Donizetti
,
recando
ciascuno
le
fugaci
e
particolari
impressioni
della
gita
per
metterle
a
paragone
.
Invece
di
discorrere
criticamente
della
natura
,
delle
intenzioni
,
del
sapore
dell
'
umorismo
antico
e
del
moderno
,
il
Cantoni
,
in
questa
novella
,
riferisce
vivacemente
,
in
un
dialogo
brioso
,
le
impressioni
del
vecchio
gioviale
e
dell
'
ometto
circospetto
raccolte
alla
fiera
di
Clusone
.
Quelle
del
primo
avrebbero
potuto
essere
argomento
d
'
una
novella
del
Boccaccio
,
del
Firenzuola
,
del
Bandello
;
i
correnti
e
le
variazioni
sentimentali
dell
'
altro
hanno
invece
il
sapore
di
quelle
dello
Sterne
nel
Sentimental
Journey
o
del
Heine
nei
Reisebilder
.
Il
Cantoni
,
prediligendo
la
natura
ingenua
e
schietta
,
terrebbe
nella
disputa
dalla
parte
del
vecchio
rubicondo
,
se
non
fosse
costretto
a
riconoscere
ch
'
esso
ha
voluto
rimanere
tal
quale
assai
più
che
non
lo
comportassero
gli
anni
e
che
è
volgaruccio
e
spesso
vergognosamente
sensuale
;
ma
poi
,
sentendo
anche
In
sé
il
dissidio
che
tiene
scissa
e
sdoppiata
l
'
anima
di
quell
'
altro
,
dell
'
ometto
smilzo
,
lo
fa
mordere
dal
vecchio
con
aspre
parole
:
A
forza
di
ripetere
continuamente
che
tu
sembri
sorriso
e
che
sei
dolore
...
n
'
è
venuto
che
oramai
non
si
sa
più
né
che
cosa
veramente
tu
sembri
,
né
che
cosa
veramente
tu
sia
...
Se
tu
ti
potessi
vedere
,
non
capiresti
,
come
me
,
se
tu
abbia
più
voglia
di
piangere
o
di
sorridere
.
Adesso
è
vero
gli
risponde
l
'
Humour
moderno
.
Perché
adesso
penso
solamente
che
voi
vi
siete
fermato
a
mezza
via
.
Al
vostro
tempo
le
gioje
e
le
angustie
della
vita
avevano
due
forme
o
almeno
due
parvenze
più
semplici
e
molto
dissimili
fra
di
loro
,
e
niente
era
più
facile
che
sceverare
le
une
dalle
altre
per
poi
rialzare
le
prime
a
danno
delle
seconde
,
o
viceversa
;
ma
dopo
,
cioè
al
tempo
mio
,
è
sopravvenuta
la
critica
e
felice
notte
;
s
'
è
brancolato
molto
tempo
a
non
sapere
né
che
cosa
fosse
il
meglio
,
né
che
cosa
fosse
il
peggio
,
finché
principiarono
ad
apparire
,
dopo
essere
stati
così
gran
tempo
assai
nascosti
,
i
lati
dolorosi
della
gioja
e
i
lati
risibili
del
dolore
umano
.
Anche
gli
antichi
solevano
sostenere
che
il
piacere
non
era
altro
che
la
cessazione
del
dolore
e
che
il
dolore
stesso
,
ben
esaminato
,
non
era
punto
il
male
;
ma
le
sostenevano
sul
serio
queste
belle
cose
:
come
dire
che
non
ne
erano
niente
penetrati
;
adesso
invece
è
venuto
pur
troppo
il
tempo
mio
e
si
ripete
,
aimè
,
quasi
ridendo
,
cioè
con
la
più
profonda
persuasione
,
che
i
due
suddetti
elementi
,
attaccati
da
poco
in
qua
alla
gioja
e
al
dolore
,
hanno
assunto
aspetti
così
incerti
e
così
trascolorati
che
non
si
possono
più
,
nonché
separare
,
nemmeno
distinguere
.
Ne
è
venuto
che
i
miei
contemporanei
non
sanno
ora
più
essere
né
ben
contenti
,
né
bene
malcontenti
mai
,
e
che
voi
solo
non
bastate
più
né
a
far
fermentare
il
misurato
sollazzo
dei
primi
e
né
a
divergere
le
sofistiche
tremerelle
dei
secondi
.
Ci
voglio
io
,
che
mescolo
tutto
scientemente
,
per
fare
svanire
da
una
parte
quanto
più
posso
ingannevoli
miraggi
e
per
limare
dall
'
altra
quante
più
trovo
superflue
asperità
.
Vivo
di
espedienti
e
di
cuscinetti
,
io
...
Bella
vita
!
esclama
il
vecchio
.
E
l
'
ometto
smilzo
séguita
:
...
per
arrivare
possibilmente
ad
uno
stato
intermedio
che
rappresenti
come
la
sostanza
grigia
dell
'
umana
sensibilità
.
Si
sente
troppo
adesso
,
come
troppo
s
'
è
riso
a
ufo
ed
a
credenza
in
altri
tempi
:
urge
però
che
il
pensiero
regga
le
briglie
alla
più
incomposta
manifestazione
del
sentimento
...
Rimpiango
sempre
di
non
aver
potuto
ereditare
le
vostre
illusioni
,
e
mi
rallegro
nello
stesso
tempo
di
trovarmi
di
qua
dal
fosso
,
bene
agguerrito
contro
alle
insidie
delle
illusioni
stesse
!
O
che
avete
?
Perché
mi
affisate
a
codesto
modo
?
Penso
,
risponde
il
vecchio
,
che
se
vuoi
proprio
aver
due
anime
in
una
,
fai
molto
bene
a
non
assumere
la
famosa
guardatura
di
quel
vedovo
innamorato
,
che
a
sinistra
piangeva
la
morta
e
a
destra
faceva
l
'
occhietto
alla
viva
.
Tu
invece
vuoi
piangere
e
far
l
'
occhietto
insieme
,
da
tutte
due
le
parti
,
come
dire
che
non
ci
si
capisce
più
nulla
.
Come
nel
dramma
romantico
che
i
due
bravi
borghesi
Dupuis
e
Cotonet
vedevano
:
vêtu
de
blanc
et
de
noir
,
riant
d
'
un
oeil
et
pleurant
de
l
'
autre
.
Ma
abbiamo
confusione
anche
qui
.
In
fondo
,
il
Cantoni
viene
a
dire
sott
'
altra
forma
quello
stesso
che
avevano
detto
il
Richter
e
il
Leopardi
.
Se
non
che
,
egli
chiama
anche
humour
quello
che
gli
altri
due
avevano
chiamato
comico
classico
e
ridicolo
antico
.
Il
Richter
tedesco
tesse
però
l
'
elogio
del
comico
romantico
o
humour
moderno
,
e
vitupera
come
grossolano
e
volgare
il
comico
classico
;
mentre
Cantoni
,
come
il
Leopardi
da
buon
italiano
lo
difende
,
pur
riconoscendo
che
la
taccia
di
vergognosa
sensualità
non
sia
affatto
immeritata
.
Ma
anche
per
lui
l
'
humour
moderno
non
è
altro
che
una
sofisticazione
dell
'antico.Via,
ho
idea
,
gli
dice
infatti
l
'
Humour
classico
,
che
si
sia
fatto
sempre
senza
di
te
,
ovvero
che
tu
non
sia
altro
che
la
parte
peggiore
di
me
medesimo
,
la
quale
abbia
messo
cresta
per
impertinenza
,
come
ora
usa
.
È
un
gran
dire
però
che
non
s
'
abbia
mai
a
conoscersi
bene
da
sé
soli
!
Tu
mi
sei
certo
scivolato
di
sotto
ed
io
non
me
ne
sono
avvisto
.
Ora
,
è
vero
questo
?
Ciò
che
il
Cantoni
chiama
Humour
classico
è
proprio
humour
?
o
non
incorre
il
Cantoni
per
un
verso
nello
stesso
errore
in
cui
incorse
già
per
l
'
altro
il
Leopardi
,
confondendo
cioè
con
l
'
esprit
francese
tutto
il
ridicolo
moderno
?
Più
propriamente
:
ciò
che
il
Cantoni
chiama
humour
classico
,
non
sarebbe
l
'
umorismo
inteso
in
un
senso
molto
più
largo
,
nel
quale
sian
comprese
la
burla
,
la
baja
,
la
facezia
,
tutto
il
comico
in
somma
nelle
sue
varie
espressioni
?
Qui
è
il
nodo
vero
della
questione
.
Non
c
'
entra
la
diversità
dell
'
arte
antica
dalla
moderna
,
come
non
c
'
entrano
le
speciali
prerogative
di
questa
o
di
quella
razza
.
Si
tratta
di
vedere
in
che
senso
si
debba
considerar
l
'
umorismo
,
se
nel
senso
largo
che
comunemente
ed
erroneamente
gli
si
suoi
dare
,
e
ne
troveremo
allora
in
gran
copia
così
presso
le
letterature
antiche
come
presso
le
moderne
,
d
'
ogni
nazione
;
o
se
in
un
senso
più
ristretto
e
più
proprio
,
e
ne
troveremo
allora
parimenti
,
ma
in
molto
minor
copia
,
anzi
in
pochissime
espressioni
eccezionali
,
così
presso
gli
antichi
come
presso
i
moderni
,
d
'
ogni
nazione
.
III
.
DISTINZIONI
SOMMARIE
Nel
Cap
.
VIII
del
libro
Notes
sur
l
'
Angleterre
il
Taine
,
com
'
è
noto
,
si
provò
a
comparare
l
'
esprit
francese
e
quello
inglese
.
Non
deve
dirsi
che
essi
(
gl
'
Inglesi
)
non
abbiano
spirito
,
scrisse
il
Taine
;
ne
hanno
uno
per
conto
loro
,
in
verità
poco
gradevole
,
ma
affatto
originale
,
di
sapor
forte
e
pungente
e
anche
un
po
'
amaro
,
come
le
lor
bevande
nazionali
.
Lo
chiamano
humour
;
e
,
in
generale
,
è
la
facezia
di
chi
,
scherzando
,
serba
un
'
aria
grave
.
Questa
facezia
abbonda
negli
scritti
di
Swift
,
di
Fielding
,
di
Sterne
,
di
Dickens
,
di
Thackeray
,
di
Sidney
Smith
;
sotto
quest
'
aspetto
,
il
Libro
degli
snobs
e
le
Lettere
di
Peter
Plymley
son
capolavori
.
Se
ne
trova
anche
molto
,
della
qualità
più
indigena
e
più
aspra
,
in
Carlyle
.
Essa
confina
ora
con
la
caricatura
buffonesca
,
ora
col
sarcasmo
meditato
;
scuote
rudemente
i
nervi
,
o
s
'
affonda
e
prende
stanza
nella
memoria
.
È
un
'
opera
dell
'
immaginazione
stramba
o
dell
'
indignazione
concentrata
.
Si
piace
nei
contrasti
stridenti
,
nei
travestimenti
impreveduti
.
Para
la
follia
con
gli
abiti
della
ragione
o
la
ragione
con
gli
abiti
della
follia
.
Arrigo
Heine
,
Aristofane
,
Rabelais
e
talvolta
Montesquieu
,
fuori
dell
'
Inghilterra
,
sono
quelli
che
ne
hanno
in
più
larga
dose
.
Ma
pur
si
deve
in
questi
tre
ultimi
sottrarre
un
elemento
straniero
,
la
estrosità
francese
,
la
gioja
,
la
gajezza
,
quella
specie
di
buon
vino
che
non
si
vendemmia
se
non
nei
paesi
del
sole
.
Nello
stato
insulare
e
puro
,
essa
lascia
sempre
,
in
fine
,
un
sapor
di
aceto
.
Chi
scherza
così
è
di
raro
benevolo
e
non
è
mai
lieto
,
sente
e
tradisce
fortemente
le
dissonanze
della
vita
.
E
non
ne
gode
;
in
fondo
anzi
ne
soffre
e
se
ne
irrita
.
Per
studiar
minuziosamente
un
grottesco
,
per
prolungar
freddamente
un
'
ironia
,
bisogna
avere
un
sentimento
continuo
di
tristezza
e
di
collera
.
I
saggi
perfetti
del
genere
si
devono
cercare
nei
grandi
scrittori
,
ma
il
genere
è
talmente
indigeno
che
si
trova
ogni
giorno
nella
conversazione
ordinaria
,
nella
letteratura
,
nelle
discussioni
politiche
,
ed
è
la
moneta
corrente
del
Punch
.
La
citazione
è
un
po
'
troppo
lunga
;
ma
opportuna
per
chiarir
parecchie
cose
.
Il
Taine
riesce
a
coglier
bene
la
differenza
generale
tra
la
plaisanterie
inglese
e
la
francese
,
o
meglio
,
il
diverso
umore
dei
due
popoli
.
Ogni
popolo
ha
il
suo
,
con
caratteri
di
distinzione
sommaria
.
Ma
,
al
solito
,
non
bisogna
andare
tropp
'
oltre
,
non
bisogna
cioè
prender
questa
distinzione
sommaria
come
solido
fondamento
nel
trattare
d
'
un
'
espressione
d
'
arte
specialissima
come
la
nostra
.
Che
diremmo
di
uno
il
quale
dal
sommario
accertamento
che
vi
son
certi
tratti
fisionomici
comuni
per
cui
,
così
all
'
ingrosso
,
distinguiamo
un
Inglese
da
uno
Spagnuolo
,
un
Tedesco
da
un
Italiano
,
ecc
.
,
traesse
la
conseguenza
che
tutti
quanti
gl
'
Inglesi
,
per
esempio
,
hanno
gli
stessi
occhi
,
lo
stesso
naso
,
la
stessa
bocca
?
Per
intender
bene
quanto
sia
sommario
questo
modo
di
distinguere
,
chiudiamoci
per
un
momento
nei
confini
del
nostro
paese
.
Noi
tutti
,
d
'
una
data
nazione
,
possiamo
notar
facilmente
come
e
quanto
la
fisionomia
dell
'
uno
sia
diversa
da
quella
d
'
un
altro
.
Ma
questa
osservazione
,
ovvia
,
facilissima
per
noi
,
riesce
invece
difficilissima
a
uno
straniero
,
per
il
quale
noi
tutti
avremo
uno
stesso
aspetto
generale
.
Pensiamo
a
un
gran
bosco
dove
fossero
parecchie
famiglie
di
piante
:
querci
,
aceri
,
faggi
,
platani
,
pini
,
ecc
.
Sommariamente
,
a
prima
vista
,
noi
distingueremo
le
varie
famiglie
dall
'
altezza
del
fusto
,
dalla
diversa
gradazione
del
verde
,
in
somma
dalla
configurazione
generale
di
ciascuna
.
Ma
dobbiamo
poi
pensare
che
in
ognuna
di
queste
famiglie
non
solo
un
albero
è
diverso
dall
'
altro
,
un
tronco
dall
'
altro
,
un
ramo
dall
'
altro
,
una
fronda
dall
'
altra
,
ma
che
,
fra
tutta
quella
incommensurabile
moltitudine
di
foglie
,
non
ve
ne
sono
due
,
due
sole
,
identiche
tra
loro
.
Ora
,
se
si
trattasse
di
giudicare
di
un
'
opera
d
'
immaginazione
collettiva
,
come
sarebbe
appunto
un
'
epopea
genuina
,
sorta
viva
e
possente
dalle
leggende
tradizionali
primitive
d
'
un
popolo
,
ci
potremmo
in
certa
guisa
contentare
di
quella
sommaria
distinzione
.
Non
possiamo
contentarcene
più
invece
nel
giudicar
di
opere
che
siano
creazioni
individuali
,
segnatamente
poi
se
umoristiche
.
Colto
astrattamente
il
tipo
dell
'
umore
inglese
,
il
Taine
mette
prima
in
un
fascio
Swift
e
Fielding
e
Sterne
e
Dickens
e
Thackeray
e
Sidney
Smith
e
Carlyle
,
e
vi
accozza
poi
Heine
,
Aristofane
,
Rabelais
,
Montesquieu
.
Bel
fascio
!
Dall
'
umorismo
inteso
nel
senso
più
largo
,
come
carattere
comune
,
tipico
modo
di
ridere
di
questo
o
di
quel
popolo
,
saltiamo
a
piè
pari
a
considerar
le
singole
e
specialissime
espressioni
d
'
un
umorismo
,
che
non
è
più
possibile
intendere
in
quel
senso
largo
,
se
non
a
patto
di
rinunziare
assolutamente
alla
critica
:
dico
a
quella
critica
che
indaga
e
scopre
tutte
le
singole
differenze
caratteristiche
per
cui
l
'
espressione
,
e
dunque
l
'
arte
,
il
modo
d
'
essere
,
lo
stile
d
'
uno
scrittore
si
distingue
da
quello
dell
'
altro
:
lo
Swift
dal
Fielding
,
lo
Sterne
dallo
Swift
e
dal
Fielding
,
il
Dickens
dallo
Swift
e
dal
Fielding
e
dallo
Sterne
e
così
via
.
Le
relazioni
che
questi
scrittori
umoristici
inglesi
possono
avere
con
l
'
umore
nazionale
sono
affatto
secondarie
e
superficiali
come
quelle
che
essi
possono
aver
fra
loro
,
e
non
hanno
per
la
valutazione
estetica
alcuna
importanza
.
Quel
che
di
comune
possono
aver
tra
loro
questi
scrittori
non
deriva
dalla
qualità
dell
'
umore
nazionale
inglese
,
ma
dal
solo
fatto
ch
'
essi
sono
umoristi
,
ciascuno
si
a
suo
modo
,
ma
umoristi
tutti
veramente
,
scrittori
cioè
nei
quali
avviene
quello
speciale
processo
intimo
e
caratteristico
da
cui
risulta
l
'
espressione
umoristica
.
E
soltanto
per
questo
,
non
Arrigo
Heine
e
il
Rabelais
e
il
Montesquieu
e
basta
,
ma
tutti
i
veri
scrittori
umoristici
d
'
ogni
tempo
e
d
'
ogni
nazione
possono
andare
a
schiera
con
quelli
.
Non
però
Aristofane
,
nel
quale
quel
processo
non
avviene
affatto
.
In
Aristofane
non
abbiamo
veramente
il
contrasto
,
ma
soltanto
l
'
opposizione
.
Egli
non
è
mai
tenuto
tra
il
sì
e
il
no
;
egli
non
vede
che
le
ragioni
sue
,
ed
è
per
il
no
,
testardamente
,
contro
ogni
novità
,
cioè
contro
la
retorica
,
che
crea
demagoghi
,
contro
la
musica
nuova
,
che
,
cangiando
i
modi
antichi
e
consacrati
,
rimuove
le
basi
dell
'
educazione
e
dello
Stato
,
contro
la
tragedia
d
'
Euripide
,
che
snerva
i
caratteri
e
corrompe
i
costumi
,
contro
la
filosofia
di
Socrate
,
che
non
può
produrre
che
spiriti
indocili
e
atei
,
ecc
.
Alcune
sue
commedie
son
come
le
favole
che
scriverebbe
la
volpe
,
in
risposta
a
quelle
che
hanno
scritto
gli
uomini
calunniando
le
bestie
.
Gli
uomini
in
esse
ragionano
e
agiscono
con
la
logica
delle
bestie
,
mentre
nelle
favole
le
bestie
ragionano
e
agiscono
con
la
logica
degli
uomini
.
Sono
allegorie
in
un
dramma
fantastico
,
nel
quale
la
burla
è
satira
iperbolica
,
spietata
(
Vedi
Jacques
Denis
,
La
comédie
grecque
,
vol
.
I
,
chap
.
VI
,
Paris
,
Hachette
et
Cie
,
1886
,
e
la
bella
e
dotta
prefazione
di
Ettore
Romagnoli
alla
sua
impareggiabile
traduzione
delle
commedie
di
A
.
,
Torino
,
Bocca
,
1908
)
.
Aristofane
ha
uno
scopo
morale
,
e
il
suo
non
è
mai
dunque
il
mondo
della
fantasia
pura
.
Nessuno
studio
della
verosimiglianza
:
egli
non
se
ne
cura
perché
si
riferisce
di
continuo
a
cose
e
a
persone
vere
:
astrae
iperbolicamente
dalla
realtà
contingente
e
non
crea
una
realtà
fantastica
,
come
,
ad
esempio
,
lo
Swift
.
Umorista
non
è
Aristofane
,
ma
Socrate
,
come
acutamente
osserva
Teodoro
Lipps
(
Komik
und
Humor
,
eine
psychologisch
-
ästhetische
Untersuchung
,
Hamburg
u
.
Leipzig
,
Voss
,
1898
)
:
Socrate
che
assiste
alla
rappresentazione
delle
Nuvole
e
ride
con
gli
altri
della
derisione
che
fa
di
lui
il
poeta
,
Socrate
che
versteht
den
Standpunkt
des
Volksbewusstseins
,
zu
dessen
Vertreter
sich
Aristophanes
gemacht
hat
,
und
sieht
darin
etwas
relativ
Gutes
und
Vernünftiges
.
Er
anerkennt
eben
damit
das
relative
Recht
derer
,
die
seinen
Kampf
gegen
das
Volksbewusstsein
verlachen
.
Damit
erst
wird
sein
Lachen
zum
Mitlachen
.
Andererseits
lacht
er
doch
über
die
Lacher
.
Er
thut
es
und
kann
es
thun
,
weil
er
des
höheren
Rechtes
und
notwendigen
Sieges
seiner
Anschauungen
gewiss
ist
.
Eben
dieses
Bewusstsein
leuchtet
durch
sein
Lachen
,
und
lässt
es
in
seiner
Thorheit
logisch
berechtigt
,
in
seiner
Nichtigkeit
sittlich
erhaben
erscheinen
.
Socrate
ha
il
sentimento
del
contrario
;
Aristofane
,
dunque
,
se
mai
,
può
esser
considerato
umorista
soltanto
se
intendiamo
l
'
umorismo
nell
'
altro
senso
molto
più
largo
,
e
per
noi
improprio
,
in
cui
siano
compresi
la
burla
,
la
baja
,
la
facezia
,
la
satira
,
la
caricatura
,
tutto
il
comico
in
somma
nelle
sue
varie
espressioni
.
Ma
in
questo
senso
anche
tanti
e
tant
'
altri
scrittori
faceti
,
burleschi
,
grotteschi
,
satirici
,
comici
d
'
ogni
tempo
e
d
'
ogni
nazione
dovrebbero
esser
considerati
umoristi
.
L
'
errore
è
sempre
quello
:
della
distinzione
sommaria
.
Sono
innegabili
le
diverse
qualità
delle
varie
razze
,
è
innegabile
che
la
plaisanterie
francese
non
è
l
'
inglese
come
non
è
l
'
italiana
,
la
spagnuola
,
la
tedesca
,
la
russa
,
e
via
dicendo
;
innegabile
che
ogni
popolo
ha
un
suo
proprio
umore
;
l
'
errore
comincia
quando
quest
'
umore
,
naturalmente
mutabile
nelle
sue
manifestazioni
secondo
i
momenti
e
gli
ambienti
,
è
considerato
,
come
comunemente
il
volgo
suol
fare
,
quale
umorismo
;
oppure
quando
per
considerazioni
esteriori
e
sommarie
si
afferma
sostanzialmente
diverso
negli
antichi
e
nei
moderni
;
e
quando
in
fine
,
per
il
solo
fatto
che
gl
'
Inglesi
chiamarono
humour
questo
loro
umore
nazionale
,
mentre
gli
altri
popoli
lo
chiamarono
altrimenti
,
si
viene
a
dire
che
soltanto
gl
'
Inglesi
hanno
il
vero
e
proprio
umorismo
.
Abbiamo
già
veduto
che
,
molto
prima
che
quel
gruppo
di
scrittori
inglesi
del
sec
.
XVIII
si
chiamasse
degli
umoristi
(
vedi
su
essi
le
sei
letture
del
Thackeray
,
The
english
Humourists
of
the
eighteenth
Century
,
Leipzig
,
Tauchnitz
,
1853
.
Sono
:
Swift
,
Congreve
,
Addison
,
Steele
,
Prior
,
Gay
,
Pope
,
Hogarth
,
Smollett
,
Fielding
,
Sterne
,
Goldsmith
)
;
in
Italia
avevamo
avuto
e
umidi
e
umorosi
e
umoristi
.
Questo
,
se
si
vuol
discutere
sul
nome
.
Se
si
vuol
poi
discutere
intorno
alla
cosa
,
è
da
osservare
innanzi
tutto
che
,
intendendo
in
questo
senso
largo
l
'
umorismo
,
tanti
e
tanti
scrittori
che
noi
chiamiamo
burleschi
o
ironici
o
satirici
o
comici
ecc
.
,
sarebbero
chiamati
umoristi
dagli
Inglesi
,
i
quali
sentirebbero
in
essi
quel
tal
sapore
che
noi
sentiamo
nei
loro
scrittori
e
non
sentiamo
più
nei
nostri
per
quella
particolarissima
ragione
,
che
con
molto
accorgimento
fu
messa
in
chiaro
dal
Pascoli
.
C
'
è
,
disse
il
Pascoli
in
ogni
lingua
e
letteratura
un
quid
speciale
e
intraducibile
,
che
pochi
sanno
percepire
nella
lingua
e
letteratura
lor
propria
e
avvertono
,
invece
,
senza
difficoltà
nelle
altrui
.
Ogni
lingua
straniera
,
pur
da
noi
non
intesa
,
vi
suona
all
'
orecchio
più
,
dirò
,
mirabilmente
,
che
la
vostra
.
Un
racconto
,
una
poesia
,
esotici
,
vi
sembrano
più
belli
,
anche
se
mediocri
,
di
molte
belle
cose
nostrane
;
e
tanto
più
,
quanto
più
conservano
di
quell
'
essenza
nazionale
.
Ora
non
crediate
che
la
vostra
lingua
e
letteratura
non
abbiano
a
fare
il
medesimo
effetto
negli
altri
che
quelle
altre
in
noi
!
.
Una
prova
di
questo
fatto
si
può
avere
in
ciò
che
W
.
Roscoe
scrisse
nel
cap
.
XVI
,
§
12
,
della
sua
opera
Vita
e
pontificato
di
Leon
X
,
a
proposito
del
Berni
.
Il
Roscoe
,
inglese
,
e
che
perciò
di
quel
che
comunemente
nel
suo
paese
s
'
intende
per
humour
doveva
aver
coscienza
,
scrisse
che
le
facili
composizioni
del
Berni
e
del
Bini
e
del
Mauro
,
ecc
.
non
è
improbabile
che
abbiano
aperta
la
strada
ad
una
simile
eccentricità
di
stile
in
altri
paesi
e
che
in
verità
può
concepirsi
l
'
idea
più
caratteristica
degli
scritti
del
Berni
e
dei
compagni
e
seguaci
di
lui
col
considerare
esser
quelli
in
versi
facili
e
vivaci
la
stessa
cosa
,
che
sono
le
opere
in
prosa
di
Rabelais
,
di
Cervantes
e
di
Sterne
.
E
non
ci
dà
Antonio
Panizzi
,
che
lungamente
visse
in
Inghilterra
e
degli
scrittori
nostri
scrisse
in
inglese
,
una
definizione
dello
stile
del
Berni
,
che
risponde
in
gran
parte
a
quella
che
il
Nencioni
poi
volle
dare
dell
'
umorismo
?
I
precipui
elementi
dello
stile
del
Berni
dice
il
Panizzi
sono
:
l
'
ingegno
che
non
trova
somiglianza
tra
oggetti
distanti
e
la
rapidità
onde
subitamente
connette
le
idee
più
remote
;
il
modo
solenne
onde
allude
ad
avvenimenti
ridicoli
e
profferisce
un
'
assurdità
;
l
'
aria
d
'
innocenza
e
d
'
ingenuità
con
che
fa
osservazioni
piene
d
'
accorgimento
e
conoscenza
del
mondo
,
la
peculiar
bonarietà
con
che
sembra
riguardare
con
indulgenza
...
gli
errori
e
le
malvagità
umane
;
la
sottile
ironia
che
egli
adopera
con
tanta
apparenza
di
semplicità
e
d
'
avversione
all
'
acerbezza
;
la
singolare
schiettezza
con
che
pare
desideroso
di
scusare
uomini
e
opere
nello
stesso
momento
che
è
tutto
inteso
a
farne
strazio
»
.
A
ogni
modo
,
è
certo
che
il
Roscoe
sentiva
nel
Berni
e
negli
altri
nostri
poeti
bajoni
lo
stesso
sapore
che
sentiva
negli
scrittori
suoi
connazionali
dotati
di
humour
(
il
Nencioni
definisce
l
'
umorismo
una
naturale
disposizione
del
cuore
e
della
mente
a
osservare
con
simpatica
indulgenza
le
contradizioni
e
le
assurdità
della
vita
)
.
E
non
lo
sentiva
forse
il
Byron
nel
nostro
Pulci
,
di
cui
tradusse
finanche
il
primo
canto
del
Morgante
?
E
lo
stesso
Sterne
non
lo
sentiva
finanche
nel
nostro
Gian
Carlo
Passeroni
(
Passeroni
dabben
,
come
lo
chiamava
il
Parini
)
,
quel
buon
prete
nizzardo
che
nel
canto
XVII
,
parte
III
del
suo
Cicerone
ci
fa
sapere
(
str
.
I22ª
)
:
E
già
mi
disse
un
chiaro
letterato
Inglese
,
che
da
questa
mia
stampita
Il
disegno
,
il
modello
avea
cavato
Di
scrivere
in
più
torni
la
sua
vita
E
pien
di
gratitudine
e
d
'
amore
Mi
chiamava
suo
duce
e
precettore
.
E
,
d
'
altro
canto
,
non
risente
proprio
per
nulla
degli
scrittori
francesi
del
grand
siècle
e
anche
di
altri
che
non
appartengono
a
questo
,
quel
gruppo
di
umoristi
inglesi
di
cui
abbiamo
or
ora
fatto
parola
?
Il
Voltaire
,
parlando
dello
Swift
nelle
sue
Lettres
sur
les
Anglais
dice
:
Mr
.
Swift
est
Rabelais
dans
son
bon
sens
et
vivant
en
bonne
compagnie
.
Il
n
'
a
pas
,
à
la
verité
,
la
gaité
du
premier
,
mais
il
a
toute
la
finesse
,
la
raison
,
le
choix
,
le
bon
goût
qui
manquent
à
notre
curé
de
Meudon
(
Come
suonano
curiose
queste
lodi
a
uno
scrittore
inglese
raffrontato
con
uno
scrittore
francese
,
dopo
aver
letto
nel
Taine
la
pagina
su
l
'
esprit
francese
e
su
l
'
inglese
!
)
.
Ses
vers
sont
d
'
un
goût
singulier
et
presque
inimitable
;
la
bonne
plaisanterie
est
son
partage
en
vers
et
en
prose
;
mais
pour
le
bien
entendre
,
il
faut
faire
un
petit
voyage
dans
son
pays
»
.
Dans
son
pays
,
va
bene
;
ma
c
'
è
anche
chi
vuol
dire
che
bisognerebbe
far
pure
un
piccolo
viaggio
alla
luna
in
compagnia
di
Cyrano
de
Bergerac
.
E
chi
metterà
in
dubbio
l
'
azione
del
Voltaire
e
del
Boileau
sul
Pope
?
E
ricorderemo
che
il
Lessing
,
accusando
il
Gottsched
nelle
sue
Lettere
su
la
letteratura
moderna
,
dice
che
meglio
sarebbe
convenuta
al
gusto
e
al
costume
tedesco
l
'
imitazione
degli
Inglesi
,
di
Shakespeare
,
di
Jonson
,
di
Beaumont
e
Fletcher
,
anzi
che
quella
dell
'
infranciosato
Addison
.
Ma
una
prova
anche
più
chiara
si
può
cavar
dal
fatto
che
,
mentre
nessuno
di
quelli
che
da
noi
si
sono
occupati
di
umorismo
e
,
per
un
pregiudizio
snobistico
,
lo
hanno
veduto
soltanto
in
Inghilterra
,
si
è
mai
sognato
di
chiamare
umorista
il
Boccaccio
per
quelle
molte
sue
novelle
che
ridono
,
umorista
e
anzi
il
primo
degli
umoristi
è
ritenuto
invece
in
Inghilterra
pe
'
suoi
Canterbury
Tales
il
Chaucer
.
Han
voluto
vedere
nel
poeta
inglese
,
non
com
'
era
giusto
il
quid
speciale
della
diversa
lingua
,
un
altro
stile
;
ma
,
nello
stile
,
una
maggiore
intimità
,
e
dimostrar
questa
maggiore
intimità
innanzi
tutto
nell
'
ingegnoso
pretesto
delle
novelle
(
il
pellegrinaggio
a
Canterbury
)
,
nei
ritratti
dei
pellegrini
novellatori
,
segnatamente
di
quella
indimenticabile
,
graziosissima
Prioressa
,
Suor
Eglantina
,
e
di
sir
Thopas
e
della
donna
di
Bath
,
poi
nella
rispondenza
delle
novelle
ai
caratteri
di
chi
le
racconta
,
o
meglio
,
nel
modo
con
cui
le
varie
novelle
,
che
il
Chaucer
non
inventa
,
prendono
colore
e
qualità
dai
pellegrini
.
Ma
questa
che
vuol
parere
un
'
osservazione
profonda
,
è
,
invece
,
superficialissima
,
perché
si
arresta
soltanto
alla
cornice
del
quadro
.
La
magnifica
opulenza
dello
stile
boccaccesco
,
la
copia
e
l
'
appariscenza
della
forma
si
possono
forse
da
un
canto
considerare
come
esteriori
e
implicano
forse
dall
'
altro
scarsezza
d
'
intimità
psicologica
?
Esaminiamo
,
sotto
questo
aspetto
,
a
una
a
una
le
novelle
,
i
caratteri
dei
singoli
personaggi
,
lo
svolgimento
delle
passioni
,
la
dipintura
minuta
,
spiccata
,
evidente
della
realtà
,
che
sottintende
una
sottilissima
analisi
,
una
conoscenza
profonda
del
cuore
umano
,
e
vedremo
se
il
Boccaccio
,
segnatamente
nell
'
arte
di
render
verosimili
certe
avventure
troppo
strane
,
non
supera
di
gran
lunga
il
Chaucer
.
Si
è
troppo
abusato
d
'
una
osservazione
,
al
solito
sommaria
,
fatta
da
coloro
che
han
studiato
con
soverchio
amore
delle
cose
altrui
le
relazioni
tra
le
letterature
straniere
e
la
nostra
:
la
osservazione
cioè
che
gli
scrittori
nostri
abbiano
dato
sempre
a
tutto
ciò
che
han
tolto
dagli
stranieri
una
così
detta
maggior
bellezza
esteriore
,
una
linea
più
composta
e
più
armoniosa
;
e
che
gli
stranieri
,
invece
,
abbiano
dato
a
tutto
ciò
che
han
tolto
dagli
scrittori
nostri
una
maggior
bellezza
interiore
,
un
carattere
più
intimo
e
profondo
.
Ora
questo
,
se
mai
,
può
valere
per
certi
scrittori
nostri
mediocri
,
da
cui
qualche
sommo
scrittore
straniero
abbia
tolto
questo
o
quell
'
argomento
:
può
valere
ad
esempio
per
certi
novellieri
nostri
,
da
cui
lo
Shakespeare
cavò
la
favola
per
alcuni
suoi
drammi
possenti
.
Non
può
valere
per
il
Boccaccio
e
per
il
Chaucer
.
Bisogna
invece
considerare
,
in
questo
caso
,
che
cosa
uno
scheletrico
fabliau
francese
(
ammesso
che
il
Chaucer
non
abbia
preso
nulla
direttamente
dal
Boccaccio
)
sia
diventato
nelle
novelle
dell
'
uno
e
dell
'
altro
.
IV
.
L
'
UMORISMO
E
LA
RETORICA
Giacomo
Barzellotti
,
nel
suo
volume
Dal
Rinascimento
al
Risorgimento
(
Palermo
,
R
.
Sandron
ed
.
,
1904
)
,
seguendo
i
concetti
e
il
sistema
del
Taine
e
anche
qualche
idea
espressa
dal
Bonghi
nelle
Lettere
critiche
,
e
da
un
saggio
di
etologia
della
nostra
cultura
,
inteso
a
ricercare
la
mutua
dipendenza
tra
le
disposizioni
morali
e
sociali
,
gli
abiti
della
mente
,
gl
'
istinti
di
razza
del
nostro
popolo
e
le
sue
abitudini
a
concepire
e
ad
esprimere
il
bello
,
passando
a
studiare
Il
problema
storico
della
prosa
nella
Letteratura
italiana
,
disse
che
uno
dei
pregiudizii
nostri
è
quello
di
presupporre
che
l
'
arte
dello
scrivere
sia
,
solo
o
prima
di
tutto
,
un
lavoro
esterno
di
forma
e
di
stile
,
mentre
la
forma
stessa
e
lo
stile
,
il
cui
studio
è
bensì
essenziale
allo
scrivere
,
sono
avanti
a
tutto
,
un
'
opera
intima
di
pensiero
,
vale
a
dire
una
cosa
che
si
può
ottener
bene
se
si
prenda
immediatamente
e
come
un
fine
in
sé
,
una
cosa
a
cui
non
si
giunge
se
non
movendo
da
un
'
altra
parte
,
cioè
dal
di
dentro
,
dal
pensiero
,
non
dalla
parola
,
dallo
studio
,
dalla
meditazione
e
dalla
elaborazione
profonda
della
materia
,
del
soggetto
e
dell
'
idea
.
Ora
questo
pregiudizio
,
come
si
sa
,
fu
quello
della
Retorica
,
ch
'
era
appunto
una
poetica
intellettualistica
,
fondata
tutta
cioè
su
astrazioni
,
in
base
a
un
procedimento
logico
(
La
retorica
corrisponde
alla
logica
aveva
già
detto
Aristotele
,
Ret
.
lib
.
I
,
c
.
1
)
.
L
'
arte
per
essa
era
abito
di
operare
secondo
certi
principii
.
E
stabiliva
secondo
quali
principii
l
'
arte
dovesse
operare
:
principii
universali
,
assoluti
,
come
se
l
'
opera
d
'
arte
fosse
una
conclusione
da
costruire
al
pari
d
'
un
ragionamento
.
Diceva
:
Così
si
è
fatto
;
così
si
deve
fare
.
Raccolti
,
come
in
un
museo
,
tanti
modelli
di
bellezza
immutabile
,
ne
imponeva
l
'
imitazione
.
Retorica
e
imitazione
sono
in
fondo
la
stessa
cosa
.
E
i
danni
che
essa
cagionò
in
ogni
tempo
alla
letteratura
sono
senza
dubbio
,
come
ognun
sa
,
incalcolabili
.
Fondata
sul
pregiudizio
della
così
detta
tradizione
,
insegnava
ad
imitare
ciò
che
non
si
imita
:
lo
stile
,
il
carattere
,
la
forma
.
Non
intendeva
che
ogni
forma
dev
'
essere
né
antica
né
moderna
,
ma
unica
,
quella
cioè
che
è
propria
d
'
ogni
singola
opera
d
'
arte
e
non
può
esser
altra
né
di
altre
opere
,
e
,
che
perciò
non
può
né
deve
esistere
tradizione
in
arte
.
Regolata
com
'
era
dalla
ragione
,
vedeva
da
per
tutto
categorie
e
la
letteratura
come
un
casellario
:
per
ogni
casella
,
un
cartellino
.
Tante
categorie
,
tanti
generi
;
e
ogni
genere
aveva
la
sua
forma
prestabilita
:
quella
e
non
altra
.
È
vero
che
tante
volte
,
poi
,
s
'
accomodava
;
ma
darsi
per
vinta
non
voleva
mai
.
Quando
un
poeta
ribelle
appioppava
un
calcio
bene
scolpito
al
casellario
e
creava
a
suo
modo
una
forma
nuova
,
i
retori
gli
abbajavano
dietro
per
un
pezzo
:
ma
poi
,
alla
fine
,
se
quella
forma
riusciva
a
imporsi
,
essi
se
la
prendevano
,
la
smontavano
come
una
macchinetta
,
la
scioglievano
in
un
rapporto
logico
,
la
catalogavano
,
magari
aggiungendo
una
nuova
casella
al
casellario
.
Così
avvenne
,
ad
esempio
,
per
il
dramma
storico
di
quel
gran
barbaro
dello
Shakespeare
.
Si
diede
per
vinta
la
Retorica
?
No
:
dopo
avere
abbajato
per
un
pezzo
,
prescrisse
le
norme
per
il
dramma
storico
,
accolto
nel
casellario
.
Ma
è
anche
vero
che
questi
cani
,
quando
s
'
abbattevano
a
un
povero
poeta
indebolito
di
mente
,
ne
facevano
strazio
e
lo
costringevano
a
tartassar
la
propria
opera
non
condotta
a
puntino
sul
modello
imposto
alla
imitazione
forzata
.
Esempio
:
la
Conquistata
del
Tasso
.
La
coltura
,
per
la
Retorica
,
non
era
la
preparazione
del
terreno
,
la
vanga
,
l
'
aratro
,
il
sarchio
,
il
concime
,
perché
il
germe
fecondo
,
il
polline
vitale
,
che
un
'
aura
propizia
,
in
un
momento
felice
,
doveva
far
cadere
in
quel
terreno
vi
mettesse
salde
radici
e
vi
trovasse
abbondante
nutrimento
e
si
sviluppasse
vigoroso
e
solido
e
sorgesse
senza
stento
,
alto
e
possente
nel
desiderio
del
sole
.
No
:
la
coltura
,
per
la
Retorica
,
consisteva
nel
piantar
pali
e
nel
vestirli
di
frasche
.
Gli
alberi
antichi
,
custoditi
nella
sua
serra
,
perdevano
il
loro
verde
,
appassivano
;
e
con
le
fronde
morte
,
con
le
foglie
ingiallite
,
coi
fiori
secchi
essa
insegnava
a
parar
certi
tronchi
di
idee
senza
radici
nella
vita
.
Per
la
Retorica
prima
nasceva
il
pensiero
,
poi
la
forma
.
Il
pensiero
cioè
non
nasceva
come
Minerva
armata
dal
cervello
di
Giove
:
nudo
nasceva
,
poveretto
;
ed
essa
lo
vestiva
.
Il
vestito
era
la
forma
.
La
Retorica
,
in
somma
,
era
come
un
guardaroba
:
il
guardaroba
dell
'
eloquenza
dove
i
pensieri
nudi
andavano
a
vestirsi
.
E
gli
abiti
,
in
quel
guardaroba
,
eran
già
belli
e
pronti
,
tagliati
tutti
su
i
modelli
antichi
,
o
meno
adorni
,
di
stoffa
umile
o
mezzana
o
magnifica
,
divisi
in
tante
scansie
,
appesi
alle
grucce
e
custoditi
dalla
guardarobiera
che
si
chiamava
Convenienza
.
Questa
assegnava
gli
abiti
acconci
ai
pensieri
che
si
presentavano
ignudi
.
Vuoi
essere
un
Idillio
,
tu
?
un
Idillietto
leggiadro
e
pettinato
?
Su
,
fammi
sentire
come
sospiri
:
Ahi
lasso
!
Oh
,
bravo
.
Hai
letto
Teocrito
?
hai
letto
Mosco
?
hai
letto
Bione
?
e
di
Virgilio
le
Bucoliche
?
Sì
?
Recita
su
,
da
bravo
.
Sei
un
pappagallino
bene
ammaestrato
.
Vieni
qua
.
Apriva
la
scansia
,
su
la
cui
targa
in
cima
si
leggeva
:
Idillii
,
e
ne
traeva
un
grazioso
abituccio
di
pastorello
.
E
tu
una
Tragedia
vorresti
essere
?
Ma
proprio
proprio
una
Tragedia
?
È
cosa
ardua
,
bada
!
Devi
essere
a
un
tempo
grave
e
lesta
,
cara
mia
.
In
ventiquattr
'
ore
,
tutto
finito
.
E
ferma
,
veh
!
Scegliti
un
luogo
,
e
lì
.
Unità
,
unità
,
unità
.
Lo
sai
?
Brava
.
Ma
dimmi
un
po
'
:
ti
scorre
sangue
reale
per
le
vene
?
E
hai
studiato
Eschilo
,
Sofocle
,
Euripide
?
Anche
il
buon
Seneca
?
Brava
.
Vuoi
uccidere
i
figli
come
Medea
?
il
marito
come
Clitennestra
?
la
madre
come
Oreste
?
Tu
vuoi
uccidere
un
tiranno
come
Bruto
;
ho
capito
;
vieni
qua
.
Così
i
pensieri
facevan
da
manichini
alla
forma
-
vestiario
.
Cioè
la
forma
non
era
propriamente
forma
,
ma
formazione
:
non
nasceva
,
si
faceva
.
E
si
faceva
secondo
norme
prestabilite
:
si
componeva
esteriormente
,
come
un
oggetto
.
Era
dunque
artificio
,
non
arte
;
copia
,
non
creazione
.
Ora
si
deve
ad
essa
,
senza
dubbio
,
la
scarsa
intimità
dello
stile
che
si
può
notare
in
genere
in
tante
opere
della
nostra
letteratura
;
si
deve
ad
essa
se
per
restringerci
alla
nostra
indagine
speciale
non
pochi
scrittori
nostri
che
avrebbero
avuto
e
anzi
ebbero
indubbiamente
,
come
per
tante
testimonianze
si
può
arguire
,
una
spiccatissima
disposizione
all
'
umorismo
,
non
riuscirono
a
manifestarla
,
a
darle
espressione
,
per
rispettare
appunto
le
leggi
della
composizione
artistica
.
L
'
umorismo
,
come
vedremo
,
per
il
suo
intimo
,
specioso
,
essenziale
processo
,
inevitabilmente
scompone
,
disordina
,
discorda
;
quando
,
comunemente
,
l
'
arte
in
genere
,
com
'
era
insegnata
dalla
scuola
,
dalla
retorica
,
era
sopra
tutto
composizione
esteriore
,
accordo
logicamente
ordinato
.
E
si
può
veder
difatti
che
tanto
quegli
scrittori
nostri
che
si
sogliono
chiamare
umoristi
,
quanto
quegli
altri
che
sono
veramente
e
propriamente
tali
,
o
son
di
popolo
o
popolareggianti
,
lontani
cioè
dalla
scuola
,
o
son
ribelli
alla
Retorica
,
cioè
alle
leggi
esterne
della
tradizionale
educazione
letteraria
.
Si
può
vedere
,
infine
,
che
quando
questa
tradizionale
educazione
letteraria
fu
spezzata
,
quando
il
giogo
della
poetica
intellettualistica
del
classicismo
fu
infranto
dall
'
irrompere
del
sentimento
e
della
volontà
,
che
caratterizza
il
movimento
romantico
,
quegli
scrittori
che
avevano
una
natural
disposizione
all
'
umorismo
la
espressero
nelle
loro
opere
non
per
imitazione
,
ma
spontaneamente
.
Alessandro
D
'
Ancona
in
quel
suo
studio
su
Cecco
Angiolieri
,
da
cui
abbiamo
preso
le
mosse
,
volle
scorgere
i
caratteri
del
vero
umorismo
nella
poesia
di
questo
nostro
bizzarro
poeta
del
sec
.
XIII
.
Ora
questo
,
no
,
veramente
.
L
'
esempio
dell
'
Angiolieri
può
giovarci
per
chiarire
quanto
abbiamo
detto
or
ora
e
non
per
altro
.
Io
ho
già
dimostrato
altrove
(
vedi
mio
volume
Arte
e
scienza
,
Roma
,
W
.
Modes
ed
.
,
1908
:
I
sonetti
di
Cecco
Angiolieri
)
che
i
caratteri
del
vero
umorismo
mancano
assolutamente
all
'
Angiolieri
,
come
gli
mancano
pur
quelli
ritenuti
tali
dal
D
'
Ancona
.
La
parola
malinconia
in
Cecco
,
ad
esempio
,
se
non
ha
più
il
senso
originario
che
aveva
nel
latino
di
Cicerone
e
di
Plinio
,
è
pur
lontanissima
dal
significare
quella
delicata
affezione
o
passion
d
'
animo
che
intendiamo
noi
:
malinconia
per
Cecco
significa
sempre
non
aver
denari
da
scialacquare
,
non
tener
la
Becchino
.
a
sua
posta
,
aspettare
invano
che
il
padre
vecchissimo
e
ricco
si
muoja
ed
e
'
morrà
quando
il
mar
sarà
sicco
si
ll
à
dio
fatto
per
mio
strazio
sano
!
Un
certo
verso
che
il
D
'
Ancona
chiama
singhiozzante
e
che
cita
per
ultimo
a
concludere
che
ogni
sforzo
che
il
poeta
faccia
per
liberarsi
della
malinconia
gli
riesce
inutile
:
con
gran
malinconia
sempre
istò
,
non
ha
affatto
il
carattere
compendioso
,
né
il
valore
espressivo
che
il
D
'
Ancona
gli
vuole
attribuire
.
Il
contrasto
,
quel
che
par
sorriso
ed
è
dolore
,
in
Cecco
in
somma
non
c
'
è
mai
.
A
provarlo
,
il
D
'
Ancona
cita
anche
qui
due
versi
,
staccandoli
da
tutto
il
resto
e
dando
ad
essi
un
valore
espressivo
che
non
hanno
:
Però
malinconia
non
prenderaggio
anzi
m
'
allegrerò
del
mi
'
tormento
.
Segue
in
fatti
a
questi
due
versi
una
terzina
,
che
non
solo
spiega
l
'
apparente
contrasto
,
ma
lo
distrugge
affatto
.
Cecco
non
prenderà
malinconia
,
anzi
s
'
allegrerà
del
suo
tormento
,
perché
ha
udito
dire
a
un
uomo
saggio
:
che
ven
un
dì
che
val
per
più
di
cento
.
E
il
dì
sarà
quello
della
morte
del
padre
,
che
gli
permetterà
di
far
gavazze
,
come
allude
in
un
altro
sonetto
:
Sed
i
'
credesse
vivar
un
dì
solo
più
di
colui
che
mi
fa
vivar
tristo
,
assa
'
di
volte
ringrazere
'
Cristo
...
Questo
giorno
ha
pur
da
venire
:
bisognerà
aspettarlo
con
pazienza
,
perché
:
l
'
uom
non
può
sua
ventura
prolungare
né
far
più
brieve
c
'
ordinato
sia
;
ond
'
i
'
mi
credo
tener
questa
via
di
lasciar
la
natura
lavorare
e
di
guardarmi
,
s
'
io
'
l
potrò
fare
che
non
m
'
accolga
più
malinconia
,
ch
'
i
'
posso
dir
che
per
la
mia
follia
i
'
ò
perduto
assai
buon
sollazzare
.
Anche
che
troppo
tardi
mi
n
'
avveggio
non
lascerò
ch
'
i
'
non
prenda
conforto
,
c
'
a
far
d
'
un
danno
due
sarebbe
peggio
,
Ond
'
i
'
mi
allegro
e
aspetto
buon
porto
,
ta
'
cose
nascer
ciascun
giorno
veggio
,
che
'
n
dì
di
vita
(
mia
)
non
m
'
isconforto
.
Sul
valore
della
parola
malinconia
,
tante
volte
ripetuta
da
Cecco
,
non
è
possibile
farsi
,
come
il
D
'
Ancona
ha
voluto
farsi
,
alcuna
illusione
.
Cecco
non
s
'
allegra
mai
veramente
del
suo
tormento
,
sì
lo
riveste
d
'
una
forma
arguta
e
vivace
,
la
quale
per
me
,
spesso
,
più
che
per
intenzione
burlesca
o
satirica
,
proviene
dalla
sua
natura
paesana
,
ed
è
affatto
popolare
senese
.
Tutto
il
popolo
toscano
,
che
meritamente
si
vanta
il
più
arguto
d
'
Italia
,
volendo
anche
oggidì
narrare
le
sue
sventure
e
le
sue
afflizioni
,
esprimere
gli
odii
suoi
e
i
suoi
amori
,
manifestar
lo
sdegno
o
il
rimprovero
o
un
desiderio
,
non
usa
una
forma
diversa
.
In
genere
,
colorir
comicamente
la
frase
è
virtù
nel
popolo
spontanea
,
nativa
.
Il
Belli
,
per
esempio
,
non
vuol
tradurre
in
romanesco
per
Luigi
Luciano
Bonaparte
il
vangelo
di
San
Matteo
,
perché
la
lingua
della
plebe
è
buffona
e
appena
riuscirebbe
ad
altro
che
ad
una
irriverenza
verso
i
sacri
volumi
(
vedi
Morandi
,
Prefaz
.
ai
sonetti
romaneschi
del
Belli
,
Città
di
Castello
,
Lapi
,
vol
.
I
,
1889
)
.
Qui
abbiamo
,
in
somma
,
l
'
ironia
,
cioè
quella
tal
contradizione
fittizia
tra
quel
che
si
dice
e
quel
che
si
vuole
sia
inteso
.
Il
contrasto
non
è
nel
sentimento
,
è
solo
verbale
.
Dobbiamo
,
dunque
,
da
un
canto
tener
conto
di
questo
generale
umore
del
popolo
,
di
questa
lingua
buffona
della
plebe
,
e
dall
'
altro
intender
l
'
umorismo
in
quel
senso
largo
e
improprio
,
se
vogliamo
includere
tra
gli
umoristi
Cecco
Angiolieri
,
e
non
Cecco
Angiolieri
soltanto
,
allora
,
ma
tutto
quel
gruppo
di
poeti
toscani
,
non
di
scuola
,
ma
di
popolo
,
pieni
di
naturalezza
nell
'
arte
loro
non
ancora
ben
sicura
,
nel
cui
petto
per
prima
si
ridesta
o
di
dolce
voglia
o
per
casi
reali
,
per
sentimenti
veri
,
un
'
anima
di
canto
umano
,
tra
le
insulse
sconsolanti
scimierie
dei
poeti
per
distrazione
o
per
sollazzo
o
per
moda
o
per
galanteria
,
trai
bisticci
pur
che
siano
della
scuola
provenzaleggiante
:
.
di
quei
poeti
in
fine
,
ne
'
cui
versi
,
per
dirla
col
Bartoli
,
è
l
'
annunzio
del
carattere
realistico
che
assumeranno
le
nostre
lettere
.
Son
toscani
,
questi
poeti
,
e
in
Toscana
segnatamente
troveremo
queste
espressioni
così
dette
umoristiche
in
senso
largo
:
in
Toscana
,
e
nella
non
scarsa
letteratura
nostra
dialettale
.
Perché
?
Perché
l
'
umorismo
ha
sopra
tutto
bisogno
d
'
intimità
di
stile
,
la
quale
fu
sempre
da
noi
ostacolata
dalla
preoccupazione
della
forma
,
da
tutte
quelle
questioni
retoriche
che
si
fecero
sempre
da
noi
intorno
alla
lingua
.
L
'
umorismo
ha
bisogno
del
più
vivace
,
libero
,
spontaneo
e
immediato
movimento
della
lingua
,
movimento
che
si
può
avere
sol
quando
la
forma
a
volta
a
volta
si
crea
.
Ora
la
retorica
insegnava
,
non
a
crear
la
forma
ma
ad
imitarla
,
a
comporla
esteriormente
;
insegnava
a
cercar
la
lingua
fuori
,
come
un
oggetto
,
e
naturalmente
nessuno
riusciva
a
trovarla
se
non
nei
libri
,
in
quei
libri
che
essa
aveva
imposti
come
modelli
,
come
testi
.
Ma
che
movimento
si
poteva
imprimere
a
questa
lingua
esteriore
,
fissata
,
mummificata
,
a
questa
forma
non
creata
a
volta
a
volta
,
ma
imitata
,
studiata
,
composta
?
Il
movimento
è
nella
lingua
viva
e
nella
forma
che
si
crea
.
E
l
'
umorismo
che
non
può
farne
a
meno
(
sia
nel
senso
largo
,
sia
nel
suo
proprio
senso
)
,
lo
troveremo
ripeto
nelle
espressioni
dialettali
,
nella
poesia
macaronica
e
negli
scrittori
ribelli
alla
retorica
.
C
'
è
bisogno
d
'
intendersi
su
questa
creazione
della
forma
,
cioè
su
le
relazioni
tra
la
lingua
e
lo
stile
?
Avvertiva
acutamente
lo
Schleiermacher
nelle
sue
Vorles
.
lib
.
Aesth
.
che
l
'
artista
adopera
strumenti
che
di
lor
natura
non
son
fatti
per
l
'
individuale
,
ma
per
l
'
universale
:
tale
il
linguaggio
.
L
'
artista
,
il
poeta
,
deve
cavar
dalla
lingua
l
'
individuale
,
cioè
appunto
lo
stile
.
La
lingua
è
conoscenza
,
è
oggettivazione
;
lo
stile
è
il
subiettivarsi
di
questa
oggettivazione
.
In
questo
senso
è
creazione
di
forma
:
è
,
cioè
,
la
larva
della
parola
in
noi
investita
e
animata
dal
nostro
particolar
sentimento
e
mossa
da
una
nostra
particolar
volontà
.
Non
dunque
creazione
ex
nihilo
.
La
fantasia
non
crea
nel
senso
rigoroso
della
parola
,
non
produce
cioè
forme
genuinamente
nuove
.
Se
,
in
fatti
,
esaminiamo
anche
i
rabeschi
più
capricciosi
,
i
grotteschi
più
strani
,
i
centauri
,
le
sfingi
,
i
mostri
alati
,
vi
troveremo
sempre
,
più
o
meno
alterate
per
le
loro
combinazioni
,
immagini
rispondenti
a
sensazioni
reali
.
Ebbene
,
una
forma
,
press
'
a
poco
,
o
meglio
,
in
un
certo
senso
corrispondente
al
grottesco
nelle
arti
figurative
troviamo
nell
'
arte
della
parola
,
ed
è
appunto
lo
stil
macaronico
:
creazione
arbitraria
,
contaminazione
mostruosa
di
diversi
elementi
del
materiale
conoscitivo
.
E
avvertiamo
che
esso
sorse
appunto
come
ribellione
e
come
derisione
,
e
che
non
fu
solo
,
che
ebbe
cioè
a
compagni
altri
linguaggi
burleschi
,
fittizii
.
Il
dialetto
sprezzato
notava
Giovanni
Zannoni
,
illustrando
I
precursori
di
Merlin
Cocai
(
Città
di
Castello
,
Lapi
ed
.
,
1888
)
volle
insinuarsi
malignamente
nel
latino
per
sfregiare
la
togata
lingua
dei
dotti
e
quello
che
era
stato
un
elemento
parziale
della
satira
popolare
e
goliardica
divenne
elemento
massimo
;
volle
mostrare
la
propria
flessibilità
,
quando
il
volgare
ancora
accademico
,
grave
,
impacciato
non
poteva
piegarsi
a
tutte
le
esigenze
dell
'
umorismo
,
e
ad
un
tratto
formò
una
nuova
maniera
di
sogghigno
.
In
tal
modo
,
da
due
cause
contrarie
ebbe
origine
il
linguaggio
macaronico
che
fu
la
più
grossa
e
fragorosa
risata
del
risorgimento
,
la
beffa
più
atroce
al
classicismo
e
che
,
pure
involontariamente
,
giovò
tanto
al
definitivo
trionfo
del
volgare
.
Ma
quanti
furono
questi
scrittori
ribelli
?
pochi
o
molti
?
pochi
ahimè
,
perché
il
maggior
numero
è
sempre
dei
mediocri
:
servum
pecus
.
Il
Barzellotti
riconosce
che
un
primo
moto
di
originalità
e
di
feconda
spontaneità
creatrice
si
era
fatto
nella
mente
e
nella
vita
degli
Italiani
durante
i
secoli
decimoterzo
e
decimoquarto
;
ma
poi
dice
tutti
o
quasi
tutti
gli
umanisti
avere
interrotto
con
l
'
imitazione
e
la
ripetizione
degli
antichi
quel
primo
moto
d
'
originalità
.
Ora
questa
a
noi
sembra
un
'
altra
di
quelle
considerazioni
molto
sommarie
,
che
abbiamo
deplorato
più
su
,
considerazione
che
s
'
accorda
con
altre
simili
su
la
scettica
indifferenza
,
ad
esempio
,
su
la
pagana
serenità
,
su
la
mortificazione
delle
energie
individuali
,
su
la
mancanza
d
'
aspirazioni
,
sul
riposo
nelle
forme
e
nel
senso
,
ecc
.
,
ecc
.
,
del
nostro
grande
rinascimento
,
come
se
il
culto
dell
'
antichità
non
fosse
stato
già
di
per
sé
un
'
idealità
grande
,
tanto
grande
che
illuminò
tutto
il
mondo
,
il
riacquisto
d
'
un
patrimonio
che
si
fece
fruttare
sapientemente
e
produsse
opere
immortali
,
e
come
se
esso
non
fosse
venuto
anzi
a
tempo
a
riempire
il
vuoto
d
'
idealità
cadute
o
cadenti
;
come
se
insieme
con
quattro
o
cinque
dotti
aridi
e
vacui
non
ce
ne
fossero
stati
tant
'
altri
pieni
di
vita
e
d
'
ardire
,
nel
cui
latino
palpitano
e
vibrano
le
energie
tutte
della
lingua
italiana
;
come
se
per
entro
al
Facetiarum
libellus
unicus
di
Poggio
,
per
esempio
,
non
spirassero
aure
nuove
(
Quanti
spunti
di
vero
e
proprio
umorismo
in
Poggio
!
Basterà
ricordare
il
patto
di
quel
buon
'
uomo
col
cantastorie
di
piazza
per
differir
la
morte
di
Ettore
,
che
tanto
lo
addolorava
;
la
risposta
di
quel
cardinal
di
Spagna
ai
soldati
della
Santa
Sede
:
Ancora
non
ho
fame
;
la
disperazione
di
quel
bandito
per
la
goccia
di
latte
venutagli
in
gola
durante
la
quaresima
,
ecc
.
ecc
.
)
;
come
se
il
Valla
fosse
soltanto
autore
del
trattato
Elegantiarum
latinae
linguae
;
come
se
nel
Pontano
e
nel
Poliziano
e
in
tanti
altri
non
fosse
così
intero
e
fresco
il
sentimento
della
realtà
,
che
il
Poliziano
poi
,
componendo
in
volgare
,
poté
aver
tutte
le
grazie
ingenue
d
'
un
poeta
popolare
.
E
sotto
questo
mondo
dei
dotti
,
così
sommariamente
considerato
,
non
c
'
era
forse
il
popolo
?
E
si
può
dire
,
d
'
altro
canto
,
che
i
nostri
poeti
cavallereschi
,
ad
esempio
,
diedero
solamente
una
maggior
bellezza
esteriore
,
una
linea
più
composta
,
più
armoniosa
alla
materia
romanzesca
,
se
da
capo
a
fondo
la
ricrearono
con
la
fantasia
?
Altro
che
bellezza
esteriore
!
Si
è
troppo
ripetuto
,
e
con
troppa
leggerezza
,
che
nell
'
indole
della
nostra
gente
predomini
l
'
intelletto
più
che
il
sentimento
e
la
volontà
,
cioè
la
parte
obiettiva
più
che
la
subiettiva
dello
spirito
,
donde
il
carattere
dell
'
arte
nostra
più
intellettualistica
che
sentimentale
,
più
esteriore
che
interiore
.
L
'
equivoco
qui
è
fondato
nell
'
ignoranza
del
procedimento
di
quell
'
attività
creatrice
dello
spirito
,
che
si
chiama
fantasia
:
ignoranza
che
era
fondamentale
nella
Retorica
.
L
'
artista
deve
sentire
la
propria
opera
com
'
essa
si
sente
e
volerla
com
'
essa
si
vuole
.
Avere
un
fine
e
una
volontà
esteriori
,
vuol
dire
uscire
dall
'
arte
.
E
ne
escono
difatti
quanti
s
'
ostinano
a
ripetere
che
l
'
arte
nostra
del
rinascimento
fu
splendida
di
fuori
e
vuota
di
dentro
.
Vuota
in
che
senso
?
Nel
senso
che
non
ebbe
volontà
e
fini
oltre
a
sé
stessa
?
Ma
questo
fu
un
pregio
e
non
un
difetto
.
O
se
no
,
bisognerebbe
dimostrare
che
fu
arte
falsa
,
cioè
artificio
.
Si
può
dimostrar
questo
?
Sì
,
certamente
,
se
prendiamo
i
mediocri
,
gli
schiavi
della
retorica
,
la
quale
insegnava
appunto
l
'
artificio
,
la
copia
!
Ma
perché
dobbiamo
prendere
i
mediocri
?
perché
dobbiam
guardare
così
taineamente
all
'
ingrosso
,
senza
distinguere
?
Arte
falsa
,
quella
dell
'
Ariosto
?
Buttando
via
in
un
fascio
i
mediocri
,
e
affrontando
i
veri
poeti
,
ci
accorgeremo
subito
di
fare
una
questione
di
contenuto
e
non
di
forma
,
una
questione
dunque
estranea
all
'
arte
.
Ma
questo
stesso
contenuto
,
che
fa
tanto
dispetto
,
come
fu
assunto
dai
poeti
veri
,
da
coloro
che
ebbero
innegabilmente
uno
stile
,
e
dunque
originalità
e
intimità
?
Non
c
'
è
proprio
nulla
che
riempia
il
vuoto
che
ci
si
vuol
sentire
?
Non
c
'
è
l
'
ironia
di
questi
poeti
?
E
perché
non
si
vuol
riconoscere
il
valore
positivo
,
sottinteso
,
di
questa
ironia
?
Itali
rident
,
sì
,
ma
con
questo
riso
si
cacciò
il
Medio
-
evo
;
e
quanto
fiele
sotto
a
questo
riso
!
E
che
ha
di
diverso
questo
riso
in
Erasmo
di
Rotterdam
,
in
Ulrico
di
Hutten
?
Perché
si
disconosce
soltanto
nei
nostri
questo
valore
positivo
dell
'
ironia
e
si
riconosce
invece
negli
stranieri
?
si
disconosce
in
Pulci
e
nel
Folengo
per
esempio
,
e
si
riconosce
in
Rabelais
?
Forse
perché
questi
ebbe
l
'
accortezza
d
'
invitare
i
lettori
a
imitare
il
cane
innanzi
all
'
osso
,
e
quegli
altri
no
?
...
Vites
-
vous
oncques
chiens
rencontrans
quelque
os
médullaire
?
C
'
est
,
comme
Platon
dit
(
lib
.
II
De
Rep
.
)
,
la
bête
du
monde
plus
philosophe
.
Si
vû
l
'
avez
,
vous
avez
pû
noter
de
quelle
dévotion
il
le
guette
,
de
quel
soin
il
le
garde
,
de
quelle
ferveur
il
le
tient
,
de
quelle
prudence
il
l
'
entomme
,
de
quelle
affection
il
le
brise
et
de
quelle
diligente
il
le
succe
.
Qui
l
'
induit
à
ce
faire
?
Quel
est
l
'
espoir
de
son
étude
?
Quel
bien
prétend
-
il
?
Rien
plus
sinon
qu
'
un
peu
de
moüelle
.
E
l
'
osso
gettato
dal
Rabelais
ai
critici
è
stato
difatti
spiato
con
devozione
,
preso
con
cura
,
tenuto
con
fervore
,
scalfito
con
prudenza
,
spezzato
con
affetto
e
succhiato
con
diligenza
.
E
perché
non
così
quelli
del
Pulci
e
del
Folengo
?
(
vedi
sul
Pulci
il
libro
di
Attilio
Momigliano
L
'
indole
e
il
riso
di
L
.
P
.
,
Rocca
S
.
Casciano
,
Cappelli
,
1907
,
da
cui
però
in
gran
parte
io
dissento
,
come
dirò
appresso
;
e
quel
che
dicono
del
Folengo
il
De
Sanctis
nella
sua
Storia
d
.
lett
.
ital
.
cap
.
XIV
,
il
Canello
nel
suo
Cinquecento
e
gli
studii
dello
Zumbini
e
dello
Zannoni
)
.
Ma
ogni
qual
volta
si
butta
un
osso
a
un
critico
si
deve
dunque
dire
:
Bada
,
c
'
è
dentro
il
midollo
?
o
far
che
questo
midollo
si
mostri
un
tantino
da
qualche
parte
fuori
dell
'
osso
?
Ma
tanto
più
pregevole
è
un
'
opera
d
'
arte
,
quanto
maggiore
è
l
'
assorbimento
della
volontà
e
del
fine
nella
creazione
artistica
.
Questo
maggiore
assorbimento
rischia
di
parere
indifferenza
verso
gli
ideali
della
vita
a
chi
consideri
le
opere
con
criterii
estranei
all
'
arte
,
e
le
opere
d
'
arte
superficialmente
;
ma
a
prescindere
che
gl
'
ideali
della
vita
,
per
sé
stessi
,
non
hanno
nulla
da
vedere
con
l
'
arte
,
che
dev
'
essere
creazione
spontanea
e
indipendente
pure
quell
'
indifferenza
,
in
fondo
,
non
c
'
è
,
perché
altrimenti
non
ci
sarebbe
neppur
l
'
ironia
.
Se
l
'
ironia
c
'
è
,
ed
è
innegabile
,
non
c
'
è
l
'
indifferenza
,
di
cui
tanto
s
'
è
parlato
.
Piuttosto
deve
dirsi
che
questa
ironia
non
riesce
se
non
di
rado
a
drammatizzarsi
comicamente
,
come
avviene
nei
veri
umoristi
:
resta
quasi
sempre
comica
senza
dramma
,
e
dunque
facezia
,
burla
,
caricatura
più
o
men
grottesca
.
Lo
stesso
però
avviene
in
Rabelais
:
Mieulx
est
de
ris
que
des
larmes
escripre
:
Pour
ce
que
rire
est
le
propre
de
l
'
homme
.
E
Alcofribas
Nasier
è
condamné
en
Sorbonne
pour
les
facéties
de
haute
graisse
qui
caractérisent
son
livre
.
Che
hanno
di
più
o
di
diverso
queste
facéties
de
baule
graisse
di
quelle
del
Pulci
e
del
Folengo
e
del
Berni
?
Rileggiamo
con
questo
intento
il
Morgante
Maggiore
e
il
Baldus
e
poi
La
vie
de
Gargantua
e
Les
faits
et
les
dits
héroïques
du
bon
Pantagruel
roi
des
Dipsodes
,
e
ci
salteranno
agli
occhi
a
ogni
passo
la
parentela
spirituale
innegabile
,
le
innegabili
derivazioni
.
E
rileggiamo
il
Berni
.
Lasciando
anche
da
parte
le
18
stanze
al
principio
del
canto
XX
del
Rifacimento
dell
'
Orlando
Innamorato
e
l
'
opuscolo
del
Vergerio
sul
protestantesimo
del
Berni
e
tutte
le
altre
riflessioni
filosofiche
,
sociali
e
politiche
sparse
qua
e
là
nel
Rifacimento
stesso
;
lasciando
da
parte
il
Dialogo
contro
i
poeti
e
le
parodie
del
Petrarca
in
derisione
dei
petrarchisti
,
e
l
'
invettiva
famosa
:
Nel
tempo
che
fu
fatto
papa
Adriano
VI
e
i
sonetti
contro
Clemente
VII
:
Il
papa
non
fa
altro
che
mangiare
,
Il
papa
non
fa
altro
che
dormire
;
e
tutti
gli
altri
sonetti
contro
a
preti
e
abati
,
e
anche
quel
sonetto
che
comincia
:
Poiché
da
voi
,
signor
,
m
'
é
pur
vietato
Che
dir
le
vere
mie
ragion
non
possa
,
Per
consumarmi
le
midolle
e
l
'
ossa
Con
questo
nuovo
strazio
e
non
usato
;
e
lasciando
anche
da
parte
il
capitolo
in
lode
d
'
Aristotile
(
che
non
affetta
il
favellar
toscano
)
dedicato
a
Messer
Pietro
Buffetto
cuoco
;
spigoliamo
proprio
in
quei
capitoli
che
paiono
i
più
frivoli
e
spigoliamo
nelle
lettere
del
Berni
(
si
legga
a
questo
proposito
quel
che
dice
il
Graf
nel
suo
aureo
libro
Attraverso
il
Cinquecento
su
le
condizioni
del
letterato
nel
sec
.
XVI
)
.
A
Messer
Latino
Juvenale
scrive
:
Ecco
il
Valerio
mi
riprende
,
e
dice
ch
'
io
farei
bene
a
lasciare
andar
queste
baie
e
a
rivolgere
i
miei
pensieri
a
miglior
parte
;
che
maledetto
sia
egli
,
e
chi
sente
talmente
seco
.
Che
penitenza
è
la
mia
,
a
dare
ad
intendere
al
mondo
che
questo
si
debbe
piuttosto
imputare
alla
mia
disgrazia
che
ad
alcuna
elezione
?
Io
non
ho
comprato
a
contanti
questo
tormento
,
né
me
lo
sono
andato
cercando
a
posta
per
far
rider
la
gente
del
fatto
mio
:
che
non
se
ne
ridon
però
se
non
gli
scempi
.
E
a
Monsignor
Cornaro
scrive
:
Ma
che
la
natura
e
la
fortuna
mi
ha
fatto
tale
,
dico
,
asciutto
di
parole
e
poco
cerimonioso
,
e
per
ristoro
intrigato
in
servita
.
In
un
'
altra
lettera
confessa
:
Io
,
spinto
dalla
furia
del
dolore
,
sono
ricorso
al
rimedio
della
poesia
.
Egli
si
governa
,
come
dice
in
una
poesia
,
a
volte
di
cervello
,
e
a
Messer
Agnolo
Divizio
scrive
:
conciossiaché
alla
giornata
io
operi
e
faccia
tutte
le
mie
azioni
.
Che
si
cava
di
questo
mondo
finalmente
altro
che
'
l
contentarsi
o
almeno
cercare
di
contentarsi
:
Ciascun
faccia
secondo
il
suo
cervello
Che
non
siam
tutti
d
'
una
fantasia
.
E
a
Giovan
Francesco
Bini
:
Nondimeno
ancora
io
sono
stoico
come
voi
,
e
lascio
correre
alla
'
righi
l
'
acqua
di
questo
fiume
.
In
mezzo
alla
peste
,
allo
stesso
Divizio
suo
padrone
,
che
andava
fuggendo
di
qua
e
di
là
per
paura
,
scrive
:
Se
ben
son
uomo
,
e
come
uomo
tengo
conto
della
vita
,
ho
anche
tanta
grazia
da
Dio
,
che
a
luogo
e
tempo
so
non
ne
tener
conto
;
ch
'
è
anche
cosa
da
uomo
.
Sicché
non
mi
dite
pauroso
,
ché
io
sono
piuttosto
degno
di
esser
chiamato
temerario
.
E
come
uno
stoico
veramente
fu
in
mezzo
alla
peste
,
ne
vinse
il
terrore
e
riuscì
ad
acquistarne
quel
sentimento
che
vedremo
esser
fondamentale
dell
'
umorismo
,
cioè
il
sentimento
del
contrario
:
l
'
ironia
,
nei
due
capitoli
in
lode
della
peste
riesce
a
drammatizzarsi
comicamente
,
e
però
va
oltre
alla
facezia
,
oltre
alla
burla
,
oltre
al
comico
.
Nel
flagello
vede
,
come
vedrà
poi
don
Abbondio
,
la
scopa
,
ma
con
ben
altre
riflessioni
filosofiche
.
Non
fu
mai
malattia
senza
ricetta
,
La
natura
l
'
ha
fatte
tutt
'
e
due
,
Ella
imbratta
le
cose
,
ella
le
netta
.
E
la
natura
,
dopo
aver
trovato
il
bujo
e
le
candele
e
aver
fatto
gli
orecchi
e
le
campane
,
Trovò
la
peste
perché
bisognava
;
bisognava
,
perché
:
a
questo
corpaccio
del
mondo
Che
per
esser
maggior
più
feccia
mena
,
Bisogna
spesso
risciacquare
il
fondo
.
E
la
natura
che
si
sente
piena
Piglia
una
medicina
di
moria
.
Ma
la
natura
ha
anche
forte
del
buffone
e
il
Berni
sa
bene
avvertirne
tutti
i
contrasti
amari
e
le
aspre
dissonanze
e
riderne
,
rappresentandoli
.
In
una
lettera
in
versi
al
pittore
Sebastiano
del
Piombo
,
parlando
anche
di
Michelangelo
,
comune
amico
,
dice
:
Ad
ogni
modo
è
disonesto
a
cure
,
Che
voi
che
fate
i
legni
e
i
sassi
vivi
,
Abbiate
poi
com
'
asini
a
morire
.
Basta
che
vivon
le
querci
e
gli
olivi
,
I
sorbi
,
le
cornacchie
,
i
cervi
e
i
cani
,
E
mille
animalacci
più
cattivi
.
Ma
questi
son
ragionamenti
vani
,
Però
lasciamli
andar
,
ché
non
si
dica
Che
noi
siam
mammalucchi
o
luterani
.
V
.
L
'
IRONIA
COMICA
NELLA
POESIA
CAVALLERESCA
Quando
il
Brunetière
,
su
la
Revue
des
Deux
Mondes
prima
(
1879
,
III
,
p
.
62o
e
segg
.
)
,
poi
nel
volume
Études
critiques
sur
l
'
histoire
de
la
littérature
francaise
(
Paris
,
1880
)
,
si
scagliò
contro
l
'
erudizione
contemporanea
e
la
letteratura
francese
nel
medio
evo
,
a
difender
questa
e
quello
sorsero
,
fieramente
indignati
,
molti
critici
,
segnatamente
romanisti
,
e
non
soltanto
della
Francia
.
Certo
,
la
difesa
dell
'
erudizione
contemporanea
sarebbe
riuscita
molto
più
efficace
,
se
i
difensori
non
si
fossero
da
un
canto
lasciati
andare
per
ripicco
a
dire
ogni
sorta
di
villanie
contro
la
critica
estetica
,
e
non
si
fossero
,
dall
'
altro
,
provati
a
difendere
con
troppo
zelo
anche
le
bellezze
della
poesia
medievale
,
epica
e
cavalleresca
,
della
Francia
.
Ricordo
,
fra
le
altre
,
la
difesa
di
Cr
.
Nyrop
,
nella
sua
Storia
dell
'
Epopea
francese
nel
M
.
E
.
(
trad
.
del
Gorra
,
Torino
,
Loescher
,
1888
.
Vedi
Lib
.
III
,
cap
.
III
,
Valore
dell
'
Epopea
)
,
per
la
ingenua
speciosità
degli
argomenti
.
Si
è
fatto
un
rimprovero
ai
poemi
dicendo
che
sono
rozzi
e
ruvidi
e
che
i
personaggi
che
vi
agiscono
non
possono
pretendere
al
nome
di
eroe
,
poiché
tutto
il
loro
sforzo
non
tende
ad
altro
che
ad
uccidere
.
Ebbene
,
da
questa
accusa
di
rozzezza
,
di
ruvidità
,
di
crudeltà
,
come
difendeva
egli
i
poemi
?
Non
li
difendeva
affatto
:
Si
concederà
volentieri
,
egli
dice
anzi
,
che
in
molti
poemi
si
cantano
e
celebrano
cose
le
quali
,
osservate
dal
punto
di
vista
del
nostro
tempo
,
non
possono
chiamarsi
altro
che
crudeltà
,
abominevoli
e
bestiali
crudeltà
,
e
che
gli
eroi
spesso
sfogano
la
loro
ira
in
modo
inumano
sopra
coloro
che
per
mala
ventura
sono
venuti
in
loro
potere
.
Cita
alcuni
esempii
e
quindi
,
a
mo
'
di
scusa
,
soggiunge
:
ma
il
Medio
Evo
non
era
osservato
cogli
occhi
del
nostro
tempo
neppure
differente
;
l
'
antico
poema
francese
non
si
è
certamente
reso
colpevole
di
nessuna
esagerazione
,
poiché
la
storia
ha
conservato
memoria
di
molte
simili
crudeltà
.
Bella
scusa
,
la
fedeltà
storica
,
di
fronte
all
'
estimativa
estetica
!
Ma
anche
la
crudeltà
più
atroce
,
come
tutto
,
può
essere
argomento
d
'
arte
;
e
crudelissimo
si
dimostra
Achille
nel
trascinare
attorno
alle
mura
di
Troja
il
cadavere
di
Ettore
:
bisognava
dimostrare
che
la
crudeltà
,
nei
poemi
francesi
,
è
rappresentata
,
non
solo
con
fedeltà
storica
(
il
che
in
fondo
importerebbe
poco
)
,
ma
artisticamente
:
e
questo
il
Nyrop
non
poteva
,
perché
gli
eroi
,
riconosce
egli
stesso
,
considerati
dal
lato
psicologico
sono
figure
poco
complesse
,
i
loro
moti
interiori
,
i
loro
momenti
di
dubbio
,
le
lotte
del
loro
animo
sono
qualche
cosa
di
cui
i
poeti
non
fanno
quasi
mai
parola
...
Analizzare
e
notomizzare
un
'
anima
è
solamente
possibile
e
può
soltanto
interessare
in
un
periodo
di
civiltà
più
avanzato
.
Il
poeta
del
medio
evo
non
conosce
tutti
questi
delicati
gradi
del
sentimento
:
per
lui
esistono
soltanto
i
più
spiccati
segni
esteriori
,
per
lui
gli
uomini
sono
prodi
o
vigliacchi
,
lieti
o
afflitti
,
credenti
o
eretici
,
e
quello
che
essi
sono
,
lo
sono
completamente
ed
egli
non
spende
mai
molte
parole
per
dirlo
a
'
suoi
uditori
o
a
'
suoi
lettori
.
Esaminando
poi
a
uno
a
uno
tutti
i
poemi
,
il
Nyrop
è
costretto
a
riconoscere
che
la
religione
,
la
quale
,
accanto
al
furore
bellico
,
si
presenta
come
uno
dei
principali
motivi
nell
'
epica
francese
,
è
una
concezione
puerile
,
anzi
la
religiosità
,
egli
dice
,
occorre
il
più
delle
volte
nei
poemi
come
qualche
cosa
di
esteriore
,
aggiunto
agli
eroi
,
per
la
qualcosa
sta
in
generale
anche
in
contradizione
con
le
loro
azioni
.
In
altre
parole
:
gli
eroi
non
sembrano
essere
intieramente
convinti
della
verità
di
tutte
le
belle
sentenze
cristiane
che
si
pongono
loro
in
bocca
;
il
loro
carattere
e
il
loro
interiore
mal
s
'
accorda
coi
miti
ed
umani
dommi
del
cristianesimo
,
e
ne
risulta
perciò
spesso
una
contradizione
insolubile
che
apparisce
fortemente
nei
loro
discorsi
e
nelle
loro
azioni
.
Così
,
per
recare
un
esempio
,
non
è
raro
che
l
'
uno
o
l
'
altro
eroe
dimentichi
nelle
sue
preghiere
sé
stesso
al
punto
di
aggiungere
le
peggiori
minacce
se
Dio
non
gli
concede
quello
che
egli
chiede
.
Ed
io
credo
,
soggiunge
il
Nyrop
,
che
il
Gautier
e
il
D
'
Avril
siano
molto
fuor
di
strada
,
quando
considerano
la
religiosità
come
il
più
importante
elemento
dell
'
epopea
.
L
'
entusiasmo
del
Gautier
ogni
volta
che
gli
eroi
nominano
il
nome
di
Dio
è
talora
ridicolo
;
egli
va
in
estasi
per
la
frase
più
bassa
e
triviale
in
cui
si
parli
di
angeli
ed
esclama
tosto
:
sublime
,
incomparable
;
e
quando
s
'
imbatte
in
qualche
verso
così
stereotipo
come
questo
Foi
que
doi
Dieu
,
le
fils
sainte
Marie
"
,
egli
lo
chiama
una
energica
affermazione
di
fede
.
Il
suo
punto
di
veduta
,
preso
nel
suo
insieme
,
è
così
limitato
ed
estremamente
cattolico
,
che
non
vale
la
pena
di
combatterlo
.
Io
concepisco
solo
la
religiosità
degli
eroi
come
qualche
cosa
che
per
una
parte
fu
aggiunta
più
tardi
,
forse
al
tempo
delle
crociate
,
e
diventa
perciò
soltanto
un
fattore
concomitante
ma
subordinato
;
la
mia
opinione
può
ben
anche
essere
appoggiata
da
questo
che
gli
ecclesiastici
,
specialmente
i
monaci
,
sono
di
rado
messi
in
una
luce
di
cui
abbiano
molto
a
lodarsi
;
se
essi
vogliono
poter
pretendere
al
favore
dei
poeti
,
devono
,
come
Turpino
,
presentarsi
con
la
spada
a
fianco
(
i
cavalieri
si
permettono
anche
,
e
questo
accade
negli
stessi
poemi
della
crociata
,
di
farsi
beffe
dei
cerimonieri
.
Così
nell
'
Antioche
accade
una
scena
piacevole
e
caratteristica
,
quando
i
cavalieri
francesi
escono
dalla
città
per
combattere
contro
Kerboga
.
Enguerrant
de
Saint
-
Pol
sta
loro
alla
testa
e
il
suo
lucido
elmo
forbito
e
la
sua
corazza
splendente
scintillano
ai
raggi
del
sole
.
Quando
sono
usciti
dalla
città
,
si
fermano
e
un
arcivescovo
implora
la
benedizione
del
cielo
sopra
di
loro
e
vuole
aspergerli
con
acqua
benedetta
,
ma
Enguerrant
fa
qualche
obiezione
e
lo
prega
di
non
macchiargli
l
'
elmo
:
Anqui
le
vourrai
bel
a
Sarrarins
mostrer
»
,
vedi
Pigeonneau
,
Cycle
de
la
Croisade
,
p
.
90-91
)
.
Ho
voluto
ricordar
questo
,
perché
mi
sembra
che
troppo
se
ne
siano
dimenticati
quanti
,
discorrendo
con
scarsa
cognizione
dell
'
epopea
francese
,
notano
in
essa
serietà
e
profondità
di
sentimento
religioso
e
non
so
quali
e
quanti
fieri
e
nobili
ideali
,
per
venir
poi
a
dire
che
quel
sentimento
e
questi
ideali
non
potevano
trovar
eco
nei
nostri
poeti
cavallereschi
fioriti
in
un
tempo
di
scettica
indifferenza
,
di
pagana
serenità
,
privo
di
aspirazioni
,
ecc
.
ecc
.
Tutte
queste
frasi
fatte
non
c
'
entrano
e
la
ragione
del
riso
dei
nostri
poeti
cavallereschi
va
cercata
altrove
.
Già
l
'
ironia
per
la
materia
,
la
satira
della
vita
cavalleresca
,
la
troviamo
in
Francia
fin
nei
poemi
,
come
ad
esempio
,
nell
'
Aiol
;
l
'
irrisione
per
l
'
Imperatore
,
gli
indizii
della
degradazione
graduale
di
lui
si
trovano
già
in
un
poema
antico
come
l
'
Ogier
le
Danois
,
dove
Carlo
non
ha
più
la
prudenza
tranquilla
e
si
lascia
facilmente
vincer
dall
'
ira
,
e
ingiuria
e
poi
ha
paura
della
vendetta
degli
ingiuriati
.
A
poco
a
poco
,
lo
vediamo
divenire
imbecille
,
assotez
,
bersaglio
delle
beffe
,
e
moralmente
corrotto
.
Nel
Garin
de
Montglane
,
com
'
è
noto
,
arriva
finanche
a
giocarsi
a
scacchi
la
Francia
.
La
ragione
di
questo
degradamento
,
di
questa
irrisione
la
troviamo
facilmente
;
è
in
ispecie
nei
poemi
in
cui
si
vuol
glorificare
qualche
eroe
provinciale
,
poemi
composti
da
troveri
che
servivan
vassalli
,
se
non
al
tutto
ribelli
,
quasi
indipendenti
,
ai
quali
piaceva
di
ridere
alle
spalle
dell
'
autorità
imperiale
.
Come
l
'
irrisione
della
vita
cavalleresca
e
la
degradazione
dei
cavalieri
,
esaltati
prima
alle
spalle
dei
vilan
,
si
troverà
nei
poemi
non
più
cantati
a
corte
o
nei
castelli
.
Se
il
nostro
buon
Tassoni
avesse
potuto
leggere
nel
Siège
de
Neuville
l
'
impresa
di
quei
bravi
tessitori
fiamminghi
capitanati
da
Simone
Banin
,
non
si
sarebbe
forse
vantato
più
inventore
del
poema
eroicomico
.
Troviamo
finanche
questo
in
Francia
,
purus
et
putus
.
E
allora
?
Il
Rajna
avverte
che
la
propagazione
della
materia
dalla
regione
transalpina
alla
cisalpina
par
seguita
sopra
tutto
di
buon
'
ora
ed
essersi
poi
rallentata
;
ché
altrimenti
poco
si
capirebbe
come
l
'
Italia
abbia
conosciuto
meglio
gli
strati
arcaici
delle
chansons
de
geste
che
i
successivi
,
tanto
da
conservare
racconti
e
forme
di
racconto
dimenticati
poi
e
alterati
nella
Francia
,
e
da
ignorare
invece
quasi
affatto
le
creazioni
ibride
che
introdussero
nel
genere
il
meraviglioso
dei
romanzi
d
'
avventura
.
E
traccia
in
brevi
linee
il
tipo
più
comune
del
romanzo
cavalleresco
prevalso
nell
'
età
franco
-
italiana
:
tipo
a
cui
risponde
in
grandissima
parte
il
Morgante
del
Pulci
.
Ma
è
da
notare
altresì
col
Rajna
stesso
che
la
letteratura
romanzesca
toscana
,
senza
distinzione
di
prosa
e
di
rima
,
ha
rapporti
diretti
e
immediati
colle
età
precedenti
...
Non
mancano
testi
in
prosa
fabbricati
sulle
versioni
rimate
oppure
ad
un
tempo
su
queste
e
sulle
forme
anteriori
,
francesi
o
franco
-
italiane
.
Il
fatto
è
che
quando
in
Francia
i
più
antichi
poemi
furon
tradotti
in
forma
di
romanzi
e
scesero
tra
il
popolo
,
l
'
epica
era
morta
;
e
che
all
'
opposto
in
Italia
se
non
l
'
epica
,
che
non
era
possibile
il
poema
cavalleresco
cominciò
a
nascere
quando
,
con
versioni
in
prosa
o
rimate
,
la
produzione
francese
e
franco
-
italiana
o
veneta
entrò
in
Toscana
e
vi
trovò
il
suo
metro
,
l
'
ottava
;
e
che
in
tutto
questo
movimento
la
materia
o
rimase
qual
'
era
,
degradata
,
o
per
ringentilirsi
si
contaminò
(
nel
senso
classico
della
parola
)
e
anche
si
sollevò
fino
a
drammatizzarsi
seriamente
.
Che
ci
han
dunque
da
vedere
lo
scetticismo
del
tempo
,
l
'
indifferenza
,
la
mancanza
d
'
ogni
ideale
,
se
anzi
i
nostri
poeti
cavallereschi
tendono
invece
a
rialzare
a
mano
a
mano
,
a
nobilitar
la
materia
,
a
rivagheggiar
quasi
in
sogno
quegli
ideali
,
lavando
del
troppo
sangue
gli
eroi
e
rendendoli
più
umani
e
più
gentili
?
Che
se
,
anche
così
,
poi
essi
non
riescono
bene
a
prenderli
sul
serio
,
non
è
già
perché
li
vedano
innanzi
a
loro
spogli
di
quegli
ideali
e
non
più
animati
dall
'
antico
sentimento
religioso
,
ma
perché
la
rappresentazione
che
di
essi
aveva
fatto
la
poesia
medievale
(
tranne
qualche
rarissima
eccezione
)
,
ruvida
e
rozza
,
non
li
poteva
in
alcun
modo
né
per
alcun
lato
far
prendere
sul
serio
.
A
poeti
colti
e
maturi
,
che
leggono
e
sanno
ammirare
i
classici
,
quegli
eroi
tutti
d
'
un
pezzo
,
foggiati
tutti
su
lo
stesso
stampo
,
dovevano
apparir
per
forza
fantocci
.
Eppure
il
popolo
ancora
e
anche
i
signori
prendevano
gusto
al
racconto
delle
loro
gesta
inverosimili
.
Il
popolo
si
capisce
:
se
ne
diletta
vivamente
tuttora
,
a
Napoli
,
a
Palermo
;
e
la
materia
si
modifica
,
s
'
accresce
,
prende
nutrimento
e
qualità
dai
sentimenti
,
dai
costumi
,
dalle
aspirazioni
della
gente
innanzi
a
cui
si
rappresenta
,
assumendo
una
rozza
forma
,
di
cui
facilmente
quella
si
contenta
.
Il
popolo
crede
;
in
ispecie
il
popolo
meridionale
,
inculto
,
appassionato
e
ancor
quasi
primitivo
,
serba
anche
oggidì
tutti
quegli
elementi
d
'
ingenua
meraviglia
e
di
credulità
superstiziosa
e
fanatica
,
che
rendon
possibili
la
nascita
e
lo
sviluppo
della
leggenda
:
e
se
Garibaldi
,
vestito
di
fiamma
,
passa
in
mezzo
ad
esso
,
è
investito
senz
'
altro
,
spontaneamente
,
dei
più
antichi
attributi
leggendarii
:
è
creduto
invulnerabile
,
e
che
abbia
nella
spada
un
capello
di
Santa
Rosalia
,
patrona
di
Palermo
,
proprio
come
Orlando
aveva
in
Durendala
un
capello
della
Vergine
.
E
tutti
noi
,
del
resto
,
anche
privi
della
beata
ignoranza
popolare
,
non
abbiamo
forse
di
Garibaldi
,
la
cui
vita
fu
e
volle
essere
una
vera
creazione
in
tutto
,
fin
nel
modo
di
vestirsi
,
fuori
e
sopra
le
conoscenze
d
'
ogni
realtà
contingente
,
noi
tutti
,
dico
,
non
abbiamo
di
Garibaldi
un
sentimento
leggendario
,
epico
,
che
si
offende
se
minimamente
un
tratto
discordante
si
voglia
metter
in
luce
,
un
documento
storico
tenti
in
qualche
punto
di
diminuircelo
?
Noi
tutti
però
non
potremmo
più
affatto
contentarci
oggi
d
'
una
epopea
garibaldina
vera
e
propria
,
sorta
cioè
dal
popolo
con
quegli
ingenui
e
primitivi
attributi
leggendarii
;
come
per
altro
non
ci
contentiamo
dei
componimenti
epico
-
lirici
su
questo
Eroe
,
componimenti
in
cui
il
poeta
tenta
di
sostituire
la
immaginazione
collettiva
del
popolo
con
la
propria
fantasia
individuale
,
e
non
ci
riesce
,
perché
quell
'
Eroe
con
la
volontà
e
col
sentimento
creò
di
per
sé
epicamente
la
propria
vita
,
cosicché
la
sua
storia
è
di
per
sé
epopea
,
e
nulla
potrebbe
aggiungervi
la
fantasia
d
'
un
poeta
,
come
gl
'
ingrandimenti
meravigliosi
e
ingenui
della
immaginazione
collettiva
del
popolo
la
renderebbero
a
noi
diminuita
e
ridicola
:
parodia
d
'
epopea
a
volerla
rappresentare
;
qual
'
è
,
ad
esempio
,
La
scoperta
dell
'
America
di
Cesare
Pascarella
.
Per
il
popolo
la
storia
non
è
scritta
;
o
,
se
è
scritta
,
esso
la
ignora
o
non
se
ne
cura
;
la
sua
storia
esso
se
la
crea
,
e
in
modo
che
risponda
a
'
suoi
sentimenti
e
alle
sue
aspirazioni
.
A
una
sola
storia
,
se
mai
,
popolo
avrebbe
potuto
credere
,
in
materia
cavalleresca
:
alla
famosa
Cronaca
dello
pseudo
-
Turpino
,
la
quale
,
all
'
uopo
,
per
un
esempio
,
avrebbe
potuto
confermargli
che
il
gigante
di
nome
Ferraù
o
Ferracutus
fuit
de
genere
Goliat
,
poiché
la
sua
statura
era
quasi
cubitis
XX
,
facies
erat
longa
quasi
unius
cubiti
et
nasus
illius
unius
palmi
mensurati
et
brachia
et
crura
jus
quatuor
cubitum
erant
et
digiti
jus
tribus
palmis
.
Ma
non
ce
n
'
era
punto
bisogno
!
Perché
anzi
il
bisogno
del
popolo
è
sempre
un
altro
:
quello
di
credere
,
non
di
dubitare
minimamente
di
ciò
che
gli
piace
credere
.
Questo
dubbio
poteva
nascere
nel
tardi
raffazzonatori
pseudo
-
letterati
dell
'
epica
francese
,
quando
,
alterate
a
lor
modo
le
antiche
leggende
,
tiravano
in
ballo
Turpino
o
le
cronache
di
S
.
Dionigi
:
Et
qui
ice
voudrai
a
mançogne
tenir
Se
voist
lire
l
'
estoire
en
France
,
a
Paris
.
Dal
che
si
vede
che
neanche
in
questo
sarebbero
stati
originali
i
nostri
poeti
cavallereschi
,
ogni
qual
volta
a
mo
'
di
scusa
aggiungevano
:
Turpin
lo
dice
.
Quando
questa
materia
cavalleresca
,
dalle
piazze
ove
ormai
è
caduta
,
risale
,
per
capriccio
o
per
curiosità
o
per
vaghezza
che
se
ne
abbia
,
ai
palagi
,
alle
corti
dei
signori
,
che
avviene
?
Ma
bisogna
innanzi
tutto
avvertire
all
'
indole
,
ai
gusti
,
ai
costumi
di
queste
corti
,
a
cui
sale
!
Quale
fosse
la
corte
di
Lorenzo
de
'
Medici
,
quali
le
abitudini
,
i
piaceri
,
gl
'
intendimenti
di
lui
,
è
ben
noto
;
e
basterebbe
,
anche
senza
dare
tutto
quel
peso
che
si
deve
alla
diversa
indole
e
alla
diversa
educazione
dei
poeti
,
a
spiegarci
in
gran
parte
perché
il
Morgante
.
Maggiore
sia
così
diverso
dell
'
Innamorato
del
Bojardo
e
del
Furioso
dell
'
Ariosto
.
Il
Morgante
risponde
perfettamente
alla
corte
di
Lorenzo
,
il
quale
si
piace
della
espressione
popolare
e
per
il
popolo
compone
,
parodiando
,
come
nella
Nencia
da
Barberino
.
Egli
ha
il
gusto
della
parodia
,
e
lo
dimostra
anche
coi
Beoni
,
parodia
dantesca
,
letteraria
,
qui
;
parodia
dell
'
espressione
popolare
,
nella
Nencia
.
Ben
è
vero
che
il
Medici
,
notò
il
Carducci
nella
prefazione
alle
poesie
di
Lorenzo
de
'
Medici
(
Firenze
,
Barbera
,
1859
)
contraffece
e
parodiò
più
presto
che
non
ritraesse
la
espressione
degli
affetti
e
il
modo
di
favellare
de
'
nostri
campagnuoli
:
ché
i
Rispetti
più
volte
stampati
negli
ultimi
anni
mostrano
aperto
avere
il
popolo
di
Toscana
più
gentilezza
d
'
affetto
,
più
squisitezza
di
fantasia
,
più
forbitezza
di
favella
,
che
non
piacesse
prestargliene
a
Lorenzo
dei
Medici
detto
il
Magnifico
e
a
Luigi
Pulci
suo
cortegiano
.
Il
quale
,
com
'
è
de
'
cortegiani
,
volle
dar
a
divedere
ch
'
e
'
facea
conto
del
poeta
potente
imitandolo
nella
Beca
da
Dicomano
;
e
com
'
è
degli
imitatori
,
per
superarlo
l
'
esagerò
,
sfoggiando
lo
strano
e
il
grottesco
dove
il
Medici
pur
nella
parodia
s
'
era
tenuto
al
delicato
.
Ma
è
chiaro
che
l
'
intenzione
parodica
comunica
per
forza
alla
forma
la
caricatura
,
giacché
,
chi
voglia
imitare
un
altro
,
bisogna
che
ne
colga
i
caratteri
più
spiccati
e
su
questi
insista
:
tale
insistenza
genera
inevitabilmente
la
caricatura
.
La
presenza
di
quella
pia
donna
che
fu
Lucrezia
Tornabuoni
potrebbe
poi
anche
spiegarci
,
almeno
in
parte
,
la
mascheratura
religiosa
che
il
Pulci
volle
dare
al
suo
poema
;
parodia
anch
'
essa
,
per
altro
,
a
mio
modo
di
vedere
,
come
tutto
il
resto
.
Basta
trattare
di
religione
con
la
lingua
buffona
della
plebe
,
perché
si
abbia
l
'
irriverenza
.
Ricorderò
qui
,
a
questo
proposito
,
ancora
una
volta
quello
che
il
Belli
faceva
rispondere
a
Luigi
Luciano
Bonaparte
che
gli
proponeva
la
traduzione
in
romanesco
del
vangelo
di
San
Matteo
.
Ma
questa
irriverenza
che
nasce
dalla
lingua
buffona
della
plebe
non
denota
punto
per
sé
stessa
irreligiosità
.
E
ricorderò
anche
l
'
aneddoto
che
si
racconta
in
Sicilia
d
'
un
altro
grande
poeta
dialettale
,
notissimo
nell
'
isola
e
ignoto
affatto
nel
Continente
,
Domenico
Tempio
,
il
quale
chiamato
un
giorno
dal
vescovo
di
Catania
e
paternamente
esortato
a
non
più
cantare
cose
oscene
e
a
dare
invece
al
popolo
durante
la
settimana
santa
un
bell
'
esempio
di
contrizione
sciogliendo
un
cantico
sacro
su
la
passione
e
morte
di
Cristo
,
rispose
a
Monsignore
che
volentieri
lo
avrebbe
soddisfatto
,
essendo
egli
credentissimo
e
divoto
;
e
volle
anzi
dargliene
un
saggio
lì
per
lì
,
scagliandosi
con
due
versi
d
'
estrosa
improvvisazione
contro
Ponzio
Pilato
così
sconci
,
che
fecero
subito
passar
la
voglia
a
Monsignore
del
bell
'
esempio
di
contrizione
da
offrire
al
popolo
catanese
durante
la
settimana
santa
.
Tutte
le
dispute
che
si
son
fatte
intorno
alla
irriverenza
verso
la
religione
,
anzi
all
'
empietà
,
all
'
ateismo
del
Pulci
,
non
possono
veramente
non
apparir
vane
quando
si
intendano
a
dovere
lo
spirito
del
poema
,
la
qualità
e
la
ragione
della
sua
ironia
e
del
suo
riso
.
Non
è
possibile
,
o
è
ingiustissimo
,
giudicare
in
sé
e
per
sé
esclusivamente
il
Morgante
Maggiore
,
come
fece
ad
esempio
una
prima
volta
il
De
Sanctis
,
il
quale
credette
e
volle
dimostrare
che
il
Pulci
,
nel
comporre
il
suo
poema
,
non
avesse
vera
e
profonda
coscienza
del
suo
scopo
;
e
però
condannò
come
insufficienze
del
poeta
la
puerilità
delle
situazioni
,
la
rudimentalità
psicologica
dei
personaggi
,
le
ripetizioni
nell
'
ordito
,
ecc
.
ecc
.
(
vedi
Scritti
varii
inediti
o
rari
,
a
cura
di
B
.
Croce
,
vol
.
I
,
Napoli
,
Morano
e
figlio
,
1898;
il
De
Sanctis
poi
nella
sua
Storia
della
letteratura
it
.
corresse
il
suo
giudizio
sul
Pulci
e
sul
poema
.
Qui
ho
citato
il
suo
primo
giudizio
solo
perché
anche
da
un
errore
,
del
resto
riparato
,
del
sommo
critico
,
si
può
trarre
profitto
,
ponendo
in
giusta
evidenza
,
in
questa
facile
confutazione
,
tra
i
due
casi
di
cui
egli
parla
,
quale
veramente
sia
quello
del
Pulci
)
.
Il
Pulci
,
invece
,
è
coscientissimo
del
suo
scopo
,
e
tra
i
due
casi
che
pone
il
De
Sanctis
di
chi
dice
sciocchezze
con
intenzione
comica
e
fa
ridere
non
di
lui
,
ma
di
quel
che
dice
,
e
di
chi
all
'
incontro
dice
sciocchezze
per
sciocchezza
e
fa
rider
di
lui
e
non
di
quel
che
ha
detto
,
l
'
autore
del
Morgante
sta
certamente
nel
primo
caso
,
non
già
nel
secondo
.
Il
Pulci
dice
sciocchezze
con
intenzione
comica
o
,
più
propriamente
,
parodica
,
e
fa
ridere
,
non
tanto
però
quanto
vorrebbe
far
credere
in
un
,
suo
libro
recente
Attilio
Momigliano
(
vedi
il
vol
.
già
citato
L
'
indole
e
il
riso
di
L
.
P
.
,
Rocca
S
.
Casciano
,
Cappelli
,
1907
)
,
come
vedremo
appresso
.
Ho
ricordato
più
su
La
scoperta
dell
'
America
di
Cesare
Pascarella
.
Ebbene
,
si
può
dire
che
,
esteticamente
,
il
Pulci
si
trovi
,
di
fronte
alla
materia
cavalleresca
,
in
certo
qual
modo
nella
stessa
posizione
del
poeta
romanesco
di
fronte
alla
scoperta
dell
'
America
narrata
da
un
popolano
.
Il
Pascarella
infatti
sorprende
,
o
finge
di
sorprendere
,
in
un
'
osteria
un
popolano
saputo
,
che
racconta
ad
amici
quella
scoperta
,
commovendosi
della
gloria
e
della
sventura
di
Colombo
.
Chi
si
sognerebbe
d
'
attribuire
al
poeta
romanesco
le
sciocchezze
che
dice
quel
popolano
?
la
puerilità
ridicola
di
quei
dialoghi
col
re
di
Spagna
portoghese
?
tutte
le
altre
meraviglie
non
meno
ridicole
e
infantili
del
viaggio
,
dell
'
arrivo
,
del
ritorno
?
E
si
noti
che
codeste
meraviglie
suscitano
anche
,
a
un
certo
punto
,
qualche
reazione
d
'
incredulità
in
chi
ascolta
:
Come
le
sai
tu
codeste
cose
?
Eh
!
c
'
è
la
storia
.
(
Turpin
lo
dice
)
.
E
,
qua
e
là
,
paragoni
che
par
dimostrino
con
la
massima
evidenza
qualche
cosa
e
invece
non
dimostrano
nulla
:
e
certe
tirate
calorose
di
sdegno
o
d
'
ammirazione
;
e
certe
spiegazioni
in
cui
la
logica
rudimentale
del
popolano
si
compiace
quando
vuol
farsi
ragione
di
qualche
caso
o
avvenimento
straordinario
;
e
certi
impeti
di
commozione
che
fanno
ridere
non
per
intenzione
comica
di
chi
racconta
,
ma
o
per
false
deduzioni
o
per
immagini
improprie
e
stonate
o
per
incongrue
frasi
.
Ciaripensa
,
e
te
scopre
er
cannocchiale
.
Chi
si
sognerebbe
di
dire
che
il
Pascarella
voglia
metter
qui
in
dileggio
Galileo
?
Ma
egli
non
può
,
pur
serbando
affatto
oggettiva
la
rappresentazione
di
quel
racconto
d
'
osteria
,
non
ridere
entro
di
sé
e
di
quel
popolano
che
narra
in
tal
modo
la
gloria
di
Colombo
e
d
'
altri
sommi
Italiani
e
anche
della
scoperta
dell
'
America
in
tal
modo
narrata
.
E
questo
suo
riso
segreto
forma
quasi
un
'
aria
ilare
,
un
'
atmosfera
di
comicità
irresistibile
attorno
a
quella
rappresentazione
oggettiva
.
L
'
intenzione
comica
del
poeta
,
nel
riferire
oggettivamente
le
sciocchezze
di
quel
popolano
,
non
si
appalesa
mai
;
il
poeta
non
fa
mai
capolino
.
Questo
,
veramente
,
non
si
può
dire
del
Pulci
.
Mentre
il
Pascarella
ritrae
semplicemente
,
il
Pulci
spesso
contraffà
per
parodia
.
Ma
non
si
debbono
imputare
a
lui
tutte
le
sciocchezze
,
le
volgarità
,
le
puerilità
dei
cantastorie
o
della
letteratura
epica
e
romanzesca
venuta
di
Francia
o
dall
'
Italia
settentrionale
,
poiché
egli
anzi
,
contraffacendo
e
parodiando
,
se
ne
beffa
apertamente
.
Sarebbe
come
prendere
sul
serio
una
cosa
fatta
per
giuoco
;
o
come
incolpare
il
Pascarella
d
'
aver
deriso
la
gloria
di
Colombo
,
ritraendo
il
racconto
che
ne
faceva
quel
popolalo
.
Il
Pulci
non
si
sogna
neppur
lui
di
deridere
la
cavalleria
o
la
religione
;
si
spassa
a
contraffare
i
cantastorie
di
piazza
,
a
cantar
coi
loro
modi
,
con
la
loro
lingua
,
con
la
loro
psicologia
infantile
,
coi
loro
mezzi
inventivi
stereotipati
,
la
materia
epica
e
cavalleresca
;
di
tratto
in
tratto
segue
e
interpreta
il
sentimento
popolare
per
qualche
scena
patetica
,
per
qualche
azione
che
suscita
l
'
ira
o
il
compianto
o
lo
sdegno
,
ecc
.
Naturalmente
,
tutto
questo
,
se
rappresenta
per
lui
uno
spasso
,
un
giuoco
,
per
il
solo
fatto
poi
ch
'
egli
v
'
impiega
l
'
arte
sua
e
studio
e
tempo
,
non
può
non
esser
anche
preso
sul
serio
;
e
non
di
rado
,
dunque
,
egli
si
immedesima
davvero
nel
racconto
,
ma
sempre
col
sentimento
,
con
la
logica
,
con
la
psicologia
del
popolo
,
e
trova
espressioni
efficacissime
.
É
vero
che
poi
,
tutt
'
a
un
tratto
,
rompe
questa
serietà
con
una
risata
.
Ma
non
è
mai
,
secondo
me
,
per
intenzione
satirica
:
l
'
uscita
è
spesso
burlesca
,
popolare
:
segue
e
interpreta
anche
qui
spesso
il
sentimento
del
popolo
.
E
sbaglia
,
dunque
,
secondo
me
,
il
Momigliano
e
contradice
anche
a
sé
stesso
,
quando
afferma
(
pag
.
120-121
del
vol
.
cit
.
)
che
il
sorriso
del
Morgante
è
soggettivo
:
soggettivo
nel
senso
che
è
la
naturale
,
incoercibile
irruzione
dell
'
indole
del
Pulci
nella
materia
epica
.
In
questo
senso
,
anzi
egli
aggiunge
,
il
Morgante
è
uno
dei
poemi
epici
più
soggettivi
,
che
io
conosca
;
potrebbe
esser
definito
:
il
mondo
cavalleresco
veduto
attraverso
un
temperamento
giocondo
.
Anzi
,
dopo
tante
discussioni
sul
suo
protagonista
,
chi
vuole
sia
Morgante
,
chi
Gano
io
credo
che
l
'
unico
personaggio
,
che
domina
tutta
l
'
azione
,
attorno
al
quale
tutta
l
'
azione
si
svolge
,
sia
l
'
autore
stesso
:
all
'
infuori
di
lui
non
c
'
è
protagonista
.
Poche
pagine
innanzi
(
pag
.
113
)
,
egli
aveva
detto
:
In
quell
'
età
di
riso
spensierato
più
che
satirico
,
il
riso
del
Morgante
non
è
che
la
vernice
del
tempo
,
che
si
sovrappone
alla
materia
tradizionale
deformandone
soltanto
la
superficie
.
E
,
indagando
e
studiando
nella
prima
parte
del
volume
l
'
indole
di
Luigi
Pulci
:
Certo
mentre
l
'
uomo
piangeva
,
il
poeta
rideva
.
Non
fu
piccola
forza
d
'
animo
durar
a
scrivere
un
poema
giocondo
come
il
Morgante
,
col
cuore
straziato
da
sempre
nuove
ferite
,
fra
le
minacce
della
fame
e
della
prigione
per
debiti
.
Non
sono
infrequenti
i
casi
di
poeti
,
che
si
ridono
dei
proprii
travagli
,
ma
è
rarissimo
quello
di
un
poeta
sventurato
,
che
impiega
la
sua
attività
artistica
in
un
'
opera
,
nella
quale
il
riso
non
si
vela
mai
di
pianto
.
È
un
miracolo
,
nel
quale
probabilmente
ebbe
qualche
parte
l
'
influsso
della
Rinascenza
»
.
Confesso
di
passata
ch
'
io
non
riesco
a
veder
così
giocondo
lo
spirito
del
nostro
Rinascimento
,
come
il
Momigliano
insieme
con
altri
lo
vede
.
Diffido
degli
inviti
a
godere
,
specialmente
quando
son
così
insistenti
e
vogliono
aver
l
'
aria
d
'
essere
spensierati
;
diffido
di
chi
vuol
esser
gajo
ad
ogni
costo
.
Il
Trionfo
di
Bacco
e
d
'
Arianna
?
Ma
è
carpe
diem
d
'
Orazio
:
Tu
ne
quaesieris
,
scire
nefas
,
quem
rnihi
,
quem
tibi
finem
Di
dederint
...
E
può
dirsi
giocondità
quella
di
chi
si
stordisce
per
non
pensare
?
Potrebbe
esser
,
se
mai
,
filosofia
di
saggi
,
non
giocondità
di
giovani
.
E
quante
cose
tristi
non
dicono
i
famosi
canti
carnascialeschi
a
chi
sappia
leggervi
ben
addentro
!
Ma
lasciamo
star
questo
,
che
per
il
momento
sarebbe
questione
oziosa
,
tanto
più
che
per
me
il
Pulci
ritrae
tutto
dall
'
aspetto
caratteristico
dell
'
indole
fiorentina
e
la
sua
è
la
lingua
buffona
del
popolo
,
e
le
idee
e
il
sentimento
del
popolo
,
rispetto
alla
materia
epica
e
cavalleresca
,
nelle
espressioni
d
'
un
cantastorie
,
egli
vuol
contraffare
e
parodiare
nel
suo
Morgante
,
il
quale
per
me
,
ripeto
,
non
è
poi
tutto
quel
monumento
di
giocondità
che
il
Momigliano
ci
vorrebbe
far
credere
.
Per
spiegarci
il
miracolo
,
di
cui
parla
il
Momigliano
,
basta
pôr
mente
a
questo
,
cioè
più
allo
scopò
che
il
Pulci
s
'
è
proposto
,
che
alla
sua
indole
.
Se
la
vita
del
poeta
è
tristissima
,
se
egli
nel
componimento
Io
vo
'
dire
una
frottola
confessa
:
I
'
ho
mal
quand
'
i
'
rido
e
Io
non
sarò
mai
lieto
,
...non
piacqui
mai
-
A
me
stesso
,
né
piaccio
,
se
egli
è
inclinato
fin
dalla
nascita
alla
mestizia
e
alla
malinconia
,
come
il
Momigliano
stesso
dimostra
per
altre
testimonianze
,
oltre
a
questa
della
Frottola
composta
negli
anni
tardi
,
se
egli
aveva
due
modi
per
mitigare
i
propri
dolori
:
rassegnarcisi
ed
era
il
rimedio
al
quale
ricorreva
più
di
raro
o
riderci
su
al
modo
degli
umoristi
:
vera
consolazione
da
disperato
,
e
quest
'
umorismo
triste
soggettivo
nel
Pulci
,
non
oggettivo
manca
quasi
affatto
nel
Morgante
,
come
diventa
poi
soggettivo
,
invece
,
il
riso
del
Morgante
,
naturale
,
incoercibile
irruzione
dell
'
indole
del
Pulci
nella
materia
epica
?
Come
può
esser
il
Pulci
il
vero
protagonista
del
suo
poema
?
Magari
fosse
stato
!
Ma
il
Pulci
,
se
in
parte
nelle
lettere
e
nella
Frottola
riesce
a
ridere
dei
suoi
dolori
a
modo
degli
umoristi
,
non
riesce
mai
a
oggettivare
nel
suo
poema
la
disposizione
naturale
all
'
umorismo
.
Egli
vive
due
vite
,
ma
non
le
fa
vivere
nel
suo
poema
.
Dualismo
doloroso
,
esclama
qua
il
Momigliano
,
che
condanna
il
Pulci
a
rappresentare
nel
Morgante
la
parte
d
'
una
maschera
allegra
,
mentre
,
quando
s
'
è
raffreddata
la
sua
fantasia
,
onde
i
facili
versi
sono
fluiti
come
una
brigata
perennemente
gaja
dalle
porte
d
'
un
palazzo
fatato
,
il
dolore
della
vita
tormentata
di
ogni
giorno
lo
deve
,
pel
contrasto
,
riassalire
più
acuto
che
mai
!
O
dunque
?
Se
è
una
maschera
,
non
è
l
'
indole
che
naturalmente
e
incoercibilmente
irrompe
nella
materia
epica
!
Ma
non
è
neanche
una
maschera
.
Di
veramente
soggettivo
nel
poema
non
c
'
è
quasi
nulla
:
il
Morgante
è
la
materia
cavalleresca
infusa
d
'
un
'
anima
plebea
come
dice
il
Cesareo
,
il
quale
nel
gigante
armato
di
battaglio
e
in
Margutte
vede
il
popolo
stesso
che
si
mira
allo
specchio
del
suo
rozzo
e
sincero
naturalismo
.
Il
primo
è
ignorante
,
vorace
,
manesco
,
burlone
,
ma
non
ha
perfidia
;
e
compie
le
imprese
più
ardue
a
un
sol
cenno
del
suo
padrone
;
è
la
forza
ignara
e
subitanea
del
popolo
acconciamente
diretta
da
un
sentimento
che
ne
sviluppi
le
qualità
oscure
,
l
'
onestà
,
la
giustizia
,
l
'
indulgenza
,
la
devozione
,
l
'
amorevolezza
.
Margutte
invece
è
il
popolo
senza
fede
e
senza
sentimento
,
la
canaglia
abietta
e
impudente
,
motteggiatrice
ed
obbliqua
,
criminosa
e
spavalda
.
E
il
vero
protagonista
del
poema
è
dunque
Morgante
,
il
buon
popolo
,
che
segue
,
ammirato
,
le
strampalate
avventure
dei
paladini
di
Francia
e
vi
partecipa
a
suo
modo
.
Il
Pulci
non
ha
voluto
rappresentare
altro
,
nella
sua
parodia
.
Non
posso
indugiarmi
a
rilevare
tutte
le
false
conseguenze
che
il
Momigliano
trae
dalla
secondo
me
erronea
convinzione
che
Fil
riso
del
Morgante
sia
soggettivo
.
Egli
è
in
buona
compagnia
:
anche
per
il
Rajna
le
novità
del
Morgante
consistono
in
certi
episodi
,
dove
l
'
Autore
introduce
curiosi
personaggi
di
sua
fattura
e
si
scapriccia
tanto
colla
fantasia
quanto
colla
ragione
;
soprattutto
poi
nella
dimostrazione
del
suo
io
e
nell
'
atteggiamento
che
prende
di
fronte
all
'
opera
sua
(
vedi
Introduzione
alle
Fonti
dell
'
Orl
.
Fur
.
,
seconda
ed
.
pag
.
20
,
Firenze
,
Sansoni
,
1900
)
.
Ora
il
vero
suo
io
il
Pulci
,
se
dobbiamo
stare
all
'
indagine
che
ne
fa
lo
stesso
Momigliano
ripeto
non
lo
dimostra
affatto
nel
Morgante
.
Se
vi
rappresenta
la
parte
d
'
una
maschera
allegra
!
Per
me
è
gravissimo
torto
attribuire
direttamente
al
poeta
ciò
che
va
attribuito
al
sentimento
,
alla
logica
,
alla
psicologia
,
alla
lingua
buffona
della
plebe
,
nella
parodia
ch
'
egli
ne
fa
.
Così
ad
esempio
,
il
Momigliano
a
un
certo
punto
osserva
:
Non
oserei
però
sostenere
la
perfetta
innocenza
del
Pulci
,
quando
Ulivieri
mi
vien
fuori
a
spiegare
il
mistero
della
Trinità
con
quel
certo
esempio
della
candela
,
che
non
spiega
un
bel
nulla
.
Come
se
di
queste
spiegazioni
che
non
spiegano
nulla
non
fosse
piena
tutta
la
letteratura
popolare
!
E
poi
,
se
il
paragone
si
trova
già
nell
'
Orlando
,
che
c
'
entra
la
malizia
del
Pulci
?
Più
sotto
,
a
proposito
della
conversione
di
Fuligatto
,
osserva
:
Già
queste
conversioni
e
questi
battesimi
e
per
la
loro
rapidità
e
per
la
loro
frequenza
e
per
il
troppo
fervore
dei
neofiti
più
o
meno
insospettiscono
sempre
.
Ma
se
questo
è
uno
dei
tratti
caratteristici
,
che
dimostrano
appunto
la
puerilità
della
concezione
religiosa
nella
epopea
francese
!
Appena
conquistata
una
città
,
i
vincitori
impongono
agl
'
infedeli
la
conversione
:
chi
si
rifiuta
,
tagliato
a
fil
di
spada
;
e
i
battezzati
diventano
d
'
un
tratto
cristiani
zelantissimi
.
Che
c
'
entra
il
Pulci
?
A
proposito
dell
'
episodio
d
'
Orlando
motteggiato
nel
c
.
XXI
dai
ragazzacci
della
città
,
che
il
paladino
attraversa
su
Vegliantino
così
mal
ridotto
;
che
non
si
regge
in
piedi
,
il
Momigliano
dice
che
il
Pulci
non
sente
la
maestà
cavalleresca
,
e
poi
nota
:
Pel
nostro
poeta
il
riso
è
una
delle
grandi
leggi
,
a
cui
tutti
devono
pagare
il
proprio
tributo
.
Il
Pulci
,
quindi
,
accenna
ne
'
suoi
personaggi
tanto
i
lati
seri
quanto
i
lati
ridicoli
e
li
riduce
a
quando
a
quando
ai
limiti
dell
'
umano
.
Così
,
in
quest
'
episodio
,
pare
che
egli
prenda
in
giro
Orlando
,
ma
non
è
vero
:
un
paladino
invitto
,
col
palafreno
cascante
anche
Vegliantino
qui
scade
dalla
dignità
solita
nei
cavalli
degli
eroi
non
è
sottoposto
ad
una
deminutio
capitis
,
non
s
'
avvicina
un
po
'
al
Cavaliere
dalla
trista
figura
?
E
questo
non
può
accadere
ad
un
paladino
?
Ma
fate
che
gli
s
'
avvicini
un
petulante
a
beffeggiarlo
e
vedrete
che
egli
non
è
un
Don
Quijote
,
ma
un
paladino
autentico
:
ecco
in
qual
modo
Orlando
,
abbassato
per
un
momento
,
subito
si
rialza
.
Nella
fonte
c
'
è
qualche
cosa
di
molto
simile
(
Orl
.
L
.
30-37
)
.
Siam
già
vicini
alla
beffa
,
ma
non
l
'
abbiamo
raggiunta
ancora
:
la
beffa
si
avrà
solo
,
quando
il
riso
sarà
l
'
esplosione
della
ribellione
meditata
del
raziocinio
.
Anche
qui
è
attribuito
al
Pulci
quel
che
già
,
prima
di
tutto
,
si
trova
nella
fonte
,
e
che
si
trova
poi
in
altri
poemi
,
come
ad
esempio
nell
'
Aiol
e
nel
Florent
et
Octavien
.
Così
,
quella
certa
facilità
di
commozione
che
hanno
i
paladini
,
e
che
al
Momigliano
sembra
non
molto
naturale
in
guerrieri
di
quella
tempra
,
si
trova
già
,
come
è
noto
,
nell
'
epopea
francese
,
dove
centinaja
di
volte
si
leggono
versi
come
questi
(
formule
epiche
stereotipate
)
:
Trois
fois
se
pasme
sor
le
corant
destrier
.
Quando
non
sviene
un
intero
esercito
:
Cent
milie
frane
s
'
en
pasment
cuntre
terre
.
Dato
il
concetto
che
il
Momigliano
s
'
è
formato
dell
'
umorismo
,
che
questo
cioè
sia
il
riso
che
penetra
più
finemente
o
più
profondamente
nel
proprio
oggetto
,
e
,
anche
quando
non
si
eleva
alla
contemplazione
di
un
fatto
generale
,
è
tuttavia
indizio
di
uno
spirito
avvezzo
a
cercare
il
nocciolo
delle
cose
,
s
'
intende
com
'
egli
possa
trovare
con
molta
buona
volontà
anche
l
'
umorismo
nel
Morgante
,
non
ostante
che
prima
egli
stesso
abbia
detto
che
il
genere
di
riso
del
Morgante
non
scaturisce
da
una
psicologia
profonda
e
che
questo
procede
da
due
ragioni
,
dall
'
inettitudine
del
Pulci
e
dalla
materia
,
che
di
solito
si
appaga
di
caratteri
inconsistenti
e
che
il
Pulci
vede
specialmente
il
ridicolo
fisico
,
il
ridicolo
delle
forme
,
degli
atteggiamenti
,
delle
movenze
d
'
un
corpo
e
il
suo
sia
di
solito
un
riso
superficiale
che
nella
sua
quasi
costante
leggerezza
ritrae
dello
spirito
e
della
letteratura
dei
tempi
.
Ma
ora
per
lui
:
il
pianto
,
l
'
indulgenza
,
la
simpatia
,
ecc
.
ecc
.
,
sono
tutti
elementi
accessori
dell
'
umorismo
,
il
quale
,
in
somma
,
è
come
ha
detto
il
Masci
il
senso
generale
della
comicità
,
e
nient
'
altro
.
Inteso
così
,
l
'
umorismo
si
può
trovare
da
per
tutto
.
Ulivieri
è
sbalzato
di
sella
da
Manfredonio
davanti
a
Meridiana
e
dice
:
Alla
mia
vita
non
caddi
ancor
mai
,
Ma
ogni
cosa
vuol
cominciamento
?
Umorismo
!
Meridiana
gli
risponde
:
Usanza
è
in
guerra
cader
dal
destriere
,
Ma
chi
si
fugge
non
suol
mai
cadere
?
Umorismo
!
Rinaldo
,
dimentico
di
Luciana
,
si
innamora
di
Antea
e
raccomanda
a
Ulivieri
di
servirla
con
ogni
cura
,
e
l
'
amico
risponde
:
Così
va
la
fortuna
;
Cércati
d
'
altro
amante
,
Luciana
;
Da
me
sarai
d
'
ogni
cosa
servito
»
?
Risposta
stringata
,
filosofica
,
umoristica
commenta
il
Momigliano
,
e
via
di
questo
passo
.
Ma
no
!
Il
vero
umorismo
non
si
può
trovare
nel
Morgante
.
Si
sarebbe
potuto
trovare
,
se
il
Pulci
fosse
riuscito
a
trasfondere
i
suoi
dolori
,
le
sue
miserie
in
qualcuno
dei
personaggi
o
in
qualche
scena
,
e
ne
avesse
riso
,
come
nella
Frottola
o
in
qualcuna
delle
lettere
;
se
la
sua
ironia
,
la
vana
parvenza
di
quello
sciocco
,
puerile
o
grottesco
mondo
cavalleresco
,
fosse
riuscita
in
qualche
punto
a
drammatizzarsi
,
attraverso
il
suo
sentimento
,
comicamente
.
Ma
egli
non
solo
non
vede
,
né
può
vedere
sé
nel
dramma
,
ma
non
riesce
neanche
a
vedere
il
dramma
nell
'
oggetto
rappresentato
.
E
come
si
può
parlare
dunque
d
'
umorismo
?
Dico
del
vero
umorismo
,
che
non
è
punto
quel
che
crede
il
Momigliano
,
seguendo
il
Masci
.
Dell
'
altro
,
cioè
dell
'
umorismo
inteso
nel
senso
più
largo
e
comune
,
di
cui
ho
già
fatto
parola
,
eh
,
di
quello
sì
,
ce
n
'
è
in
lui
solo
tanta
copia
,
quanta
in
cento
scrittori
inglesi
messi
insieme
,
che
dal
Nencioni
o
dall
'
Arcoleo
sarebbero
tenuti
in
conto
di
veri
umoristi
.
Questo
è
indubitabile
.
*
Mi
sono
intrattenuto
così
a
lungo
sul
Morgante
perché
fra
i
tre
nostri
maggiori
poemi
cavallereschi
è
quello
in
cui
certamente
ha
più
campo
l
'
ironia
:
l
'
ironia
che
secondo
l
'
espressione
dello
Schlegel
riduce
la
materia
a
una
perpetua
parodia
e
consiste
nel
non
perdere
,
neppure
nel
momento
del
patetico
,
la
coscienza
della
irrealità
della
propria
creazione
.
L
'
intendimento
dei
due
altri
poeti
,
il
Bojardo
e
l
'
Ariosto
,
è
più
serio
.
Ma
bisogna
bene
intendersi
,
su
questa
maggior
serietà
...
Il
Pulci
è
poeta
popolare
,
nel
senso
che
non
solleva
per
nulla
dal
popolo
la
materia
che
tratta
,
anzi
ve
la
tiene
per
riderne
parodiandola
,
in
una
corte
borghese
come
quella
di
Lorenzo
che
della
parodia
,
come
ho
detto
,
ha
il
gusto
.
Il
Bojardo
è
poeta
cortegiano
,
nel
senso
che
ha
,
per
usare
le
parole
stesse
del
Rajna
,
una
profonda
simpatia
per
i
costumi
e
i
sentimenti
cavallereschi
,
cioè
per
l
'
amore
,
la
gentilezza
,
il
valore
,
la
cortesia
e
se
non
ha
ritegno
a
scherzare
col
soggetto
,
né
ha
rimorso
di
esporre
alla
derisione
i
suoi
personaggi
,
gli
è
che
egli
intende
a
celebrare
la
prodezza
,
la
cortesia
e
l
'
amore
,
non
già
Orlando
e
Ferraguto
;
cortegiano
,
dunque
,
nel
senso
che
scrive
per
dar
buon
tempo
e
gradito
sollazzo
a
una
corte
che
,
vivendo
in
ozii
agiati
ed
eleganti
,
appassionandosi
ai
casi
di
Ginevra
e
di
Isotta
,
alle
avventure
dei
cavalieri
erranti
,
non
avrebbe
potuto
far
buon
viso
ai
paladini
di
Francia
,
se
questi
le
fossero
venuti
innanzi
senza
amore
e
senza
cortesia
.
L
'
Ariosto
,
se
per
condizioni
di
vita
,
rispetto
alla
casa
d
'
Este
,
è
in
un
altro
senso
poeta
cortegiano
anche
lui
,
rispetto
però
alla
materia
che
prende
a
trattare
,
non
guarda
che
alle
condizioni
serie
dell
'
arte
.
Abbiamo
veduto
che
nella
stessa
Francia
già
da
tempo
il
mondo
epico
e
cavalleresco
aveva
perduto
ogni
serietà
.
Come
avrebbero
potuto
i
poeti
italiani
trattare
seriamente
ciò
che
già
da
tempo
era
cessato
di
esser
serio
?
L
'
ironia
comica
era
inevitabile
.
Ma
chi
fa
un
lavoro
comico
osserva
giustamente
il
De
Sanctis
non
è
esentato
dalle
condizioni
serie
dell
'
arte
.
Ebbene
,
queste
condizioni
serie
dell
'
arte
rispetta
più
di
tutti
l
'
Ariosto
,
meno
di
tutti
il
Pulci
,
ma
non
per
difetto
d
'
arte
,
come
era
parso
prima
al
De
Sanctis
,
bensì
ripetiamo
per
lo
scopo
ch
'
egli
si
prefisse
.
Chi
fa
una
parodia
o
una
caricatura
è
certamente
animato
da
un
intento
o
satirico
o
semplicemente
burlesco
:
la
satira
o
la
burla
consistono
in
un
'
alterazione
ridicola
del
modello
,
e
non
sono
perciò
commisurabili
se
non
in
relazione
con
le
qualità
di
questo
e
segnatamente
con
quelle
che
spiccano
di
più
e
che
già
rappresentano
nel
modello
una
esagerazione
.
Chi
fa
una
parodia
o
una
caricatura
insiste
su
queste
qualità
spiccate
;
dà
loro
maggior
rilievo
;
esagera
un
'
esagerazione
.
Per
far
questo
è
inevitabile
che
si
sforzino
ì
mezzi
espressivi
,
si
àlteri
stranamente
,
goffamente
o
anche
grottescamente
la
linea
,
la
voce
o
,
comunque
,
l
'
espressione
;
si
faccia
in
somma
violenza
all
'
arte
e
alle
condizioni
serie
di
essa
.
Si
lavora
su
un
vizio
o
su
un
difetto
d
'
arte
o
di
natura
,
e
il
lavoro
deve
consistere
nell
'
esagerato
,
perché
se
ne
rida
.
Ne
risulta
inevitabilmente
un
mostro
;
qualcosa
che
,
a
considerarla
in
sé
e
per
sé
,
non
può
avere
alcuna
verità
,
né
,
dunque
,
alcuna
bellezza
;
per
intenderne
la
verità
e
però
la
bellezza
,
bisogna
esaminarla
in
relazione
col
modello
.
Si
esce
così
dal
campo
della
fantasia
pura
.
Per
ridere
di
quel
vizio
o
di
quel
difetto
o
per
deriderli
,
dobbiamo
anche
scherzare
con
lo
strumento
dell
'
arte
;
esser
coscienti
del
nostro
gioco
,
che
può
esser
crudele
,
che
può
anche
non
aver
intenzioni
maligne
o
averne
anche
di
serie
,
come
le
aveva
ad
esempio
Aristofane
nelle
sue
caricature
.
Se
dunque
il
Pulci
nel
suo
lavoro
comico
viene
meno
alle
condizioni
serie
dell
'
arte
,
non
è
per
insufficienza
d
'
arte
,
ripeto
.
Lo
stesso
non
si
può
dire
per
il
Bojardo
.
La
maggior
serietà
di
questo
deve
considerarsi
non
già
nell
'
intenzion
dell
'
arte
,
che
gli
difetta
,
bensì
in
quella
di
piacere
alla
sua
corte
,
seguendo
anche
il
suo
gusto
e
il
piacer
suo
.
Si
arrivò
finanche
a
dire
che
il
Bojardo
tratta
seriamente
,
nel
suo
poema
,
la
cavalleria
.
Il
Rajna
,
che
com
'
è
noto
nel
suo
libro
su
Le
Fonti
dell
'
Orl
.
Fur
.
par
che
si
sia
proposto
di
rialzare
il
Bojardo
a
costo
del
suo
continuatore
,
a
proposito
della
distinzione
da
farsi
tra
l
'
Innamorato
e
il
Furioso
,
domanda
:
La
faremo
noi
consistere
nella
cosiddetta
ironia
ariostesca
?
Certo
starebbe
bene
,
se
fosse
vero
,
come
si
pretende
,
che
l
'
Ariosto
avesse
,
con
un
sorriso
incredulo
,
sciolto
in
fumo
l
'
edificio
del
Bojardo
,
e
trasformato
in
fantasmi
i
personaggi
dell
'
Innamorato
.
Il
male
si
è
che
quell
'
edificio
,
quei
personaggi
,
erano
già
una
fantasmagoria
anche
per
il
Conte
di
Scandiano
.
Se
Lodovico
non
crede
al
mondo
che
canta
e
se
ne
fa
giuoco
,
non
ci
crede
maggiormente
e
all
'
occasione
non
se
ne
fa
meno
giuoco
il
suo
predecessore
e
maestro
;
se
ironia
c
'
è
nel
Furioso
,
non
ne
manca
nemmeno
nell
'
Innamorato
.
E
,
alcune
pagine
innanzi
:
Certo
il
sentir
parlare
di
burlesco
e
umorismo
,
a
proposito
dell
'
Innamorato
,
deve
far
meraviglia
,
e
non
poca
.
Si
è
tanto
avvezzi
a
sentir
ripetere
su
tutti
i
toni
,
e
da
uomini
autorevolissimi
e
giudiziosissimi
,
che
il
Bojardo
canta
le
guerre
d
'
Albraccà
,
e
le
avventure
d
'
Orlando
e
di
Rinaldo
,
con
quella
medesima
serietà
e
convinzione
,
colla
quale
il
Tasso
celebrava
un
secolo
dopo
le
imprese
dei
Cristiani
in
Palestina
e
l
'
acquisto
di
Gerusalemme
!
È
un
errore
,
di
cui
.
mi
par
superflua
la
confutazione
...
Non
ci
vuol
molto
ad
accorgersi
che
tra
il
Bojardo
ed
il
mondo
da
lui
preso
a
rappresentare
,
c
'
è
un
vero
contrasto
,
dissimile
soltanto
per
grado
e
per
tono
da
quello
che
impediva
al
Pulci
d
'
immedesimarsi
colla
sua
materia
.
Ché
agli
occhi
di
ogni
Italiano
colto
del
secolo
XV
erano
ridicoli
quei
terribili
colpi
di
lancia
e
di
spada
,
che
al
paragone
avrebbero
fatto
apparir
fanciulli
gli
eroi
di
Omero
;
ridicolo
quel
frapparsi
(
!
)
le
armature
e
le
carni
per
le
ragioni
più
futili
,
od
anche
senza
un
motivo
al
mondo
;
ridicole
le
profonde
meditazioni
amorose
,
che
assorbivano
tutta
l
'
anima
per
ore
ed
ore
,
e
sopprimevano
ogni
ombra
di
coscienza
;
ridicole
,
insomma
,
tutte
le
esagerazioni
dei
romanzi
cavallereschi
.
O
come
si
vuole
che
un
uomo
imbevuto
fino
al
midollo
di
coltura
classica
,
e
dotato
di
un
buon
senso
a
tutta
prova
,
avesse
a
contemplare
e
rappresentare
questo
mondo
senza
mai
prorompere
in
uno
scoppio
di
riso
?
E
infatti
il
Bojardo
ride
,
e
si
studia
di
far
ridere
;
anche
in
mezzo
alle
narrazioni
più
serie
esce
in
frizzi
e
facezie
;
e
più
d
'
una
volta
egli
crea
scene
,
che
si
potrebbero
credere
trovate
dal
Cervantes
per
beffare
là
cavalleria
ed
i
suoi
eroi
.
Il
Rajna
crede
di
difendere
così
il
Bojardo
da
una
ingiustizia
.
Il
suo
torto
e
gli
è
stato
rilevato
alla
ristampa
del
libro
dal
Cesareo
(
vedi
in
Critica
militante
,
Messina
,
Trimarchi
,
1907
,
lo
studio
La
fantasia
dell
'
Ariosto
,
pubbl
.
prima
su
la
Nuova
Antologia
).)
è
quello
di
trattare
la
questione
dei
rapporti
tra
il
Bojardo
e
l
'
Ariosto
senza
una
adeguata
preparazione
estetica
.
Eppure
,
già
il
De
Sanctis
,
trattando
della
poesia
cavalleresca
in
un
corso
di
lezioni
all
'
Università
di
Zurigo
,
aveva
avvertito
maravigliosamente
:
La
facoltà
poetica
per
eccellenza
è
la
fantasia
:
ma
il
poeta
non
lavora
solo
con
le
facoltà
estetiche
,
tutte
le
facoltà
cooperano
:
il
poeta
non
è
solo
poeta
;
mentre
la
fantasia
forma
il
fantasma
,
l
'
intelletto
e
i
sensi
non
rimangono
inerti
.
Un
poeta
può
avere
potente
virtù
estetica
ed
esser
povero
d
'
immaginazione
,
commettere
errori
nel
disegno
o
spropositi
storici
e
geografici
:
questi
difetti
non
toccano
l
'
essenza
della
poesia
.
Ma
se
un
poeta
che
ha
in
alto
grado
queste
alte
facoltà
,
che
ha
un
bel
disegno
ed
una
perfetta
esecuzione
meccanica
,
ha
debole
fantasia
,
non
saprà
render
vivente
quanto
vede
:
la
mancanza
di
fantasia
è
la
morte
del
poeta
.
Ecco
la
distinzione
da
farsi
.
Fin
qui
non
avete
diritto
di
mettere
in
quistione
l
'
ingegno
poetico
del
Bojardo
;
i
difetti
,
che
abbiamo
enumerato
,
dipendono
da
altre
facoltà
.
Per
venire
ad
esaminarlo
come
poeta
,
bisogna
dunque
vedere
fino
a
qual
punto
abbia
la
potenza
formativa
del
fantasma
.
Ha
una
grande
inventiva
:
è
stato
il
poeta
italiano
che
ha
raccolto
il
più
vasto
e
vario
materiale
di
poesia
;
non
solo
per
quantità
ma
anche
per
qualità
.
L
'
inventiva
è
già
una
prima
condizione
del
poeta
;
e
per
tal
riguardo
il
Bojardo
è
superiore
al
Pulci
.
Ma
,
non
che
basti
,
è
poca
cosa
:
l
'
invenzione
nell
'
arte
è
il
meno
.
Dumas
lascia
ai
suoi
segretarii
l
'
incarico
di
raccogliere
i
materiali
,
ne
'
quali
si
riserba
d
'
infonder
poi
la
vita
.
Raccolto
il
materiale
,
il
Bojardo
lo
sa
lavorare
?
Ecco
la
quistione
.
Non
lo
lascia
nudo
ed
arido
come
il
Pulci
;
ha
la
facoltà
del
concepimento
,
dà
ad
ogni
fatto
e
personaggio
le
determinazioni
necessarie
perché
acquisti
una
fisionomia
propria
.
Non
gli
basta
l
'
abbozzare
un
personaggio
;
e
anzi
,
egli
è
uno
dei
principali
disegnatori
della
poesia
italiana
.
Pochi
sanno
dar
con
più
sicurezza
i
lineamenti
ad
un
carattere
...
Che
resta
da
fare
al
poeta
?
Mostrar
vivo
il
personaggio
.
Chi
ha
dato
tal
forma
e
tal
carattere
,
lo
deve
far
vivere
.
Bisogna
che
la
concezione
diventi
situazione
.
Anche
i
più
appassionati
non
sono
sempre
appassionati
.
Volendo
mettere
in
opera
le
determinazioni
,
bisogna
scegliere
tali
circostanze
che
,
mediante
di
esse
,
possano
manifestarsi
le
forze
interne
d
'
un
personaggio
.
V
'
è
situazione
estetica
quando
il
personaggio
è
posto
nelle
condizioni
più
favorevoli
,
perché
possa
rivelarsi
.
Ma
il
Bojardo
non
sa
mutar
la
concezione
in
situazione
.
Il
Cesareo
,
che
svolge
ampiamente
e
precisa
nel
suo
studio
su
La
fantasia
dell
'
Ariosto
questa
stupenda
intuizione
del
De
Sanctis
,
nota
a
questo
punto
che
,
in
verità
quando
una
creatura
vive
nella
fantasia
d
'
un
poeta
,
ella
si
rivelerà
intera
in
qualunque
circostanza
si
trovi
.
Il
poeta
non
ha
da
sceglier
nulla
,
perché
quella
creatura
è
libera
,
autonoma
,
fuori
del
poeta
medesimo
e
non
si
può
trovare
se
non
in
quelle
situazioni
a
cui
la
sospinge
il
suo
carattere
in
contrasto
coi
caratteri
circostanti
.
Le
situazioni
vengon
da
sé
,
non
le
sceglie
il
poeta
;
il
quale
deve
soltanto
curare
che
in
ciascuna
situazione
,
anche
la
meno
drammatica
,
il
personaggio
apparisca
tutto
,
con
tutte
le
sue
determinazioni
interiori
.
E
allora
una
sola
situazione
basterà
a
farci
conoscere
quella
creatura
;
e
noi
sapremo
a
un
dipresso
ciò
che
ella
farà
in
situazioni
più
favorevoli
"
.
Il
carattere
di
Farinata
è
già
tutto
ne
'
primi
sei
versi
co
'
quali
ei
si
volge
a
Dante
;
quello
d
'
Amleto
è
già
tutto
nella
scena
dell
'
udienza
a
Corte
;
quello
di
don
Abbondio
è
già
tutto
nella
sua
passeggiata
in
vista
de
'
bravi
.
Certo
,
la
successione
delle
situazioni
accresce
intensità
ed
evidenza
al
carattere
;
ma
qualunque
situazione
è
una
situazione
estetica
.
Per
il
Cesareo
,
al
Bojardo
manca
per
l
'
appunto
la
visione
completa
del
carattere
;
ed
io
son
d
'
accordo
con
lui
.
Su
un
altro
punto
io
dissento
dal
De
Sanctis
,
cioè
là
dove
egli
dice
che
il
Bojardo
per
intenzioni
pedantesche
,
ha
voluto
fare
seriamente
quanto
è
sostanzialmente
ridicolo
.
Codeste
intenzioni
pedantesche
nel
Bojardo
veramente
non
so
vederle
,
come
non
so
vedere
ch
'
egli
abbia
voluto
esser
serio
e
che
soltanto
per
la
forza
dei
tempi
sia
riuscito
ridicolo
.
Se
,
come
dice
lo
stesso
De
Sanctis
,
egli
ride
delle
sue
invenzioni
,
non
ha
voluto
esser
serio
.
Secondo
me
,
anzi
,
il
torto
del
Bojardo
è
proprio
là
dove
il
Rajna
crede
di
difenderlo
da
una
ingiustizia
:
che
egli
,
cioè
,
nobile
cavaliere
,
animato
da
una
profonda
simpatia
per
i
costumi
cavallereschi
,
cioè
per
l
'
amore
,
la
gentilezza
,
il
valore
,
la
cortesia
,
non
ha
voluto
esser
serio
,
come
per
il
sentimento
suo
poteva
e
come
per
il
rispetto
alle
condizioni
serie
dell
'
arte
doveva
.
E
,
non
volendo
esser
serio
,
egli
non
ha
saputo
ridere
,
perché
a
quella
materia
solo
un
riso
ormai
conveniva
,
quello
della
forma
,
e
la
forma
sopra
tutto
manca
al
Bojardo
.
Dice
bene
il
Rajna
che
non
ci
vuol
molto
ad
accorgersi
che
tra
il
Bojardo
ed
il
mondo
da
lui
preso
a
rappresentare
,
c
'
è
un
vero
contrasto
,
dissimile
soltanto
per
grado
e
per
tono
da
quello
che
impediva
al
Pulci
d
'
immedesimarsi
colla
sua
materia
.
Ma
l
'
inferiorità
del
Bojardo
rispetto
al
Pulci
e
all
'
Ariosto
è
appunto
qui
,
nel
grado
e
nel
tono
del
suo
riso
.
Egli
volle
badar
soltanto
a
sollazzare
sé
e
gli
altri
,
e
non
intese
che
,
volendo
sollevar
dal
popolo
quella
materia
e
non
volendo
più
farne
deliberatamente
la
parodia
,
come
aveva
fatto
il
Pulci
,
si
dovevano
rispettare
le
condizioni
serie
dell
'
arte
,
come
l
'
Ariosto
le
rispettò
.
Non
è
affatto
vero
che
il
poeta
del
Furioso
con
sorriso
incredulo
sciolga
in
fumo
l
'
edificio
del
Bojardo
e
trasformi
in
fantasmi
i
personaggi
dell
'
Innamorato
.
Al
contrario
!
Egli
dà
anzi
a
quell
'
edificio
e
a
quei
personaggi
ciò
che
loro
mancava
:
consistenza
e
fondamento
di
verità
fantastica
e
coerenza
estetica
.
Bisogna
bene
intendersi
sul
non
credere
del
poeta
al
mondo
che
canta
o
che
,
comunque
,
rappresenta
.
Ma
si
potrebbe
dire
che
non
solo
per
l
'
artista
,
ma
non
esiste
per
nessuno
una
rappresentazione
,
sia
creata
dall
'
arte
o
sia
comunque
quella
che
tutti
ci
facciamo
di
noi
stessi
e
degli
altri
e
della
vita
,
che
si
possa
credere
una
realtà
.
Sono
,
in
fondo
,
una
medesima
illusione
quella
dell
'
arte
e
quella
che
comunemente
a
noi
tutti
viene
dai
nostri
sensi
.
Pur
non
di
meno
,
noi
chiamiamo
vera
quella
dei
nostri
sensi
,
finta
quella
dell
'
arte
.
Tra
l
'
una
e
l
'
altra
illusione
non
è
però
questione
di
realtà
,
bensì
di
volontà
,
e
solo
in
quanto
la
finzione
dell
'
arte
è
voluta
,
voluta
non
nel
senso
che
sia
procacciata
con
la
volontà
per
un
fine
estraneo
a
sé
stessa
;
ma
voluta
per
sé
e
per
sé
amata
,
disinteressatamente
;
mentre
quella
dei
sensi
non
sta
a
noi
volerla
o
non
volerla
:
si
ha
,
come
e
in
quanto
si
hanno
i
sensi
.
E
quella
dunque
è
libera
,
e
questa
no
.
E
l
'
una
finzione
è
dunque
immagine
o
forma
di
sensazioni
,
mentre
l
'
altra
,
quella
dell
'
arte
,
è
creazione
di
forma
.
Il
fatto
estetico
,
effettivamente
,
comincia
solo
quando
una
rappresentazione
acquisti
in
noi
per
sé
stessa
una
volontà
,
cioè
quando
essa
in
sé
e
per
sé
stessa
si
voglia
,
provocando
per
questo
solo
fatto
,
che
si
vuole
,
il
movimento
(
tecnica
)
atto
ad
effettuarla
fuori
di
noi
.
Se
la
rappresentazione
non
ha
in
sé
questa
volontà
,
che
è
il
movimento
stesso
dell
'
immagine
,
essa
è
soltanto
un
fatto
psichico
comune
;
l
'
immagine
non
voluta
per
sé
stessa
;
fatto
spirituale
-
meccanico
,
in
quanto
non
sta
in
noi
volerla
o
non
volerla
;
ma
che
si
ha
in
quanto
risponde
in
noi
a
una
sensazione
.
Abbiamo
tutti
,
più
o
meno
,
una
volontà
che
provoca
in
noi
quei
movimenti
atti
a
creare
la
nostra
propria
vita
.
Questa
creazione
,
che
ciascuno
fa
a
sé
stesso
della
propria
vita
,
ha
bisogno
anch
'
essa
,
in
maggiore
o
minor
grado
,
di
tutte
le
funzioni
e
attività
dello
spirito
,
cioè
d
'
intelletto
e
di
fantasia
,
oltre
che
di
volontà
;
e
chi
più
ne
ha
e
più
ne
mette
in
opera
,
riesce
a
creare
a
sé
stesso
una
più
alta
e
vasta
e
forte
vita
.
La
differenza
tra
questa
creazione
e
quella
dell
'
arte
è
solo
in
questo
(
che
fa
appunto
comunissima
l
'
una
e
non
comune
l
'
altra
)
:
che
quella
è
interessata
e
questa
disinteressata
,
il
che
vuol
dire
che
l
'
una
ha
un
fine
di
pratica
utilità
,
l
'
altra
non
ha
alcun
fine
che
in
sé
stessa
;
l
'
una
è
voluta
per
qualche
cosa
;
l
'
altra
si
vuole
per
sé
stessa
.
E
una
prova
di
questo
si
può
avere
nella
frase
che
ciascuno
di
noi
suoi
ripetere
ogni
qual
volta
,
per
disgrazia
,
contro
ogni
nostra
aspettativa
,
il
proprio
fine
pratico
,
i
proprii
interessi
siano
stati
frustrati
:
Ho
lavorato
per
amore
dell
'
arte
.
E
il
tono
con
cui
si
ripete
questa
frase
ci
spiega
la
ragione
per
cui
la
maggioranza
degli
uomini
,
che
lavorano
per
fini
di
pratica
utilità
e
che
non
intendono
la
volontà
disinteressata
,
suoi
chiamare
matti
i
poeti
veri
,
quelli
cioè
in
cui
la
rappresentazione
si
vuole
per
sé
stessa
senz
'
altro
fine
che
in
sé
medesima
,
e
tale
essi
la
vogliono
,
quale
essa
si
vuole
.
Non
ricorderò
qui
la
domanda
del
cardinale
Ippolito
a
Messer
Lodovico
.
Il
quale
però
,
per
tutta
risposta
,
avrebbe
potuto
rileggergli
quell
'
ottava
del
canto
ove
si
narra
del
viaggio
di
Astolfo
alla
Luna
:
Non
sì
pietoso
Enea
,
né
forte
Achille
Fu
,
com
'
è
fama
,
né
sì
fiero
Ettorre
;
E
ne
son
stati
e
mille
e
mille
e
mille
Che
lor
si
puon
con
verità
anteporre
:
Ma
i
donati
palazzi
e
le
gran
ville
Dai
discendenti
lor
,
gli
ha
fatto
porre
In
questi
senza
fin
sublimi
onori
Dall
'
onorate
man
degli
scrittori
...
Dal
che
si
può
vedere
come
anche
in
un
grandissimo
poeta
un
sentimento
almeno
in
parte
non
disinteressato
poté
macchiar
l
'
opera
e
mortificarla
.
Fortunatamente
questo
avvenne
per
una
parte
soltanto
del
poema
.
In
qualche
altro
punto
si
può
notare
che
la
riflessione
più
che
il
sentimento
,
muova
la
rappresentazione
;
la
quale
allora
perde
l
'
azione
spontanea
,
d
'
essere
organico
e
vivente
,
e
acquista
un
movimento
rigido
e
quasi
meccanico
.
È
là
dove
il
poeta
dimostra
d
'
essersi
proposto
a
freddo
il
rispetto
delle
condizioni
serie
dell
'
arte
,
là
cioè
dove
non
le
rispetta
più
istintivamente
,
ma
per
intenzione
preconcetta
.
Citerò
per
esempio
le
personificazioni
di
Melissa
e
di
Logistilla
.
Ma
là
dove
il
poeta
rispetta
istintivamente
le
condizioni
serie
dell
'
arte
,
cessa
l
'
ironia
?
riesce
il
poeta
a
perder
la
coscienza
della
irrealità
della
sua
creazione
?
e
come
s
'
immedesima
egli
con
la
sua
materia
?
Questo
è
il
punto
da
chiarire
e
che
richiede
l
'
analisi
più
sottile
.
È
qui
il
segreto
dello
stile
dell
'
Ariosto
.
Nella
lontananza
del
tempo
e
dello
spazio
,
il
poeta
vede
innanzi
a
sé
un
mondo
meraviglioso
che
in
parte
la
leggenda
,
in
parte
le
capricciose
invenzioni
dei
cantori
han
costruito
attorno
a
Carlo
Magno
.
Egli
vede
l
'
Imperatore
non
già
come
quella
cosa
oscura
del
Pulci
,
che
passeggia
per
la
mastra
sala
impaurito
dei
formidabili
eserciti
dei
Saracini
o
,
più
spesso
,
delle
minacciate
vendette
dei
Paladini
per
i
tradimenti
di
Gano
,
che
lo
mena
per
il
naso
a
sua
posta
:
né
lo
vede
come
il
Bojardo
,
Carlone
rimbambito
,
che
s
'
indugia
a
parlar
con
Angelica
,
affocato
in
volto
e
con
gli
occhi
lustri
,
poiché
si
sente
toccar
l
'
ugola
anche
lui
.
Egli
comprende
che
è
da
farsa
o
da
teatrino
di
marionette
un
imperatore
così
fatto
.
Rida
il
volgo
,
ridano
i
fanciulli
dei
fantocci
.
Il
riso
è
facile
quando
con
burlesca
grossolanità
si
sconci
una
figura
o
si
faccia
comunque
ridicola
violenza
alla
realtà
.
Questo
non
può
voler
l
'
Ariosto
;
e
questo
lo
pone
già
di
gran
lunga
sopra
ai
suoi
predecessori
,
non
solo
,
ma
tanto
alto
forse
,
che
quantunque
egli
poi
si
sforzi
o
di
dissennarsi
o
di
tirar
su
fino
alla
sua
altezza
quella
materia
essa
,
per
ciò
che
ha
in
sé
di
irriducibile
ormai
,
gli
resta
in
parte
di
troppo
inferiore
.
Egli
la
domina
da
assoluto
padrone
e
secondo
l
'
imprevedibile
capriccio
della
sua
meravigliosa
fantasia
creatrice
combina
e
separa
,
associa
e
dissocia
tutti
gli
elementi
ch
'
essa
gli
fornisce
.
Con
questo
giuoco
,
che
maraviglia
e
incanta
per
la
sua
prodigiosa
agilità
,
egli
riesce
a
salvar
sé
e
la
materia
.
Dov
'
egli
può
,
cioè
in
quel
che
han
di
eterno
i
sentimenti
umani
e
le
umane
illusioni
,
egli
s
'
immedesima
tutto
,
fino
a
dar
la
stessa
consistenza
della
realtà
alla
sua
rappresentazione
;
dove
non
può
,
dove
agli
occhi
suoi
stessi
si
scopre
la
irrealità
irreparabile
di
quel
mondo
,
egli
dà
invece
alla
rappresentazione
una
leggerezza
,
quasi
di
sogno
,
che
si
ilara
tutta
d
'
una
sottilissima
ironia
diffusa
,
che
non
rompe
quasi
mai
l
'
incanto
né
di
questa
o
di
quell
'
opera
di
magia
rappresentata
,
né
quello
assai
più
meraviglioso
che
opera
la
magia
del
suo
stile
.
Ecco
,
ho
detto
la
parola
:
la
magia
dello
stile
.
Il
poeta
ha
compreso
che
a
un
solo
patto
si
poteva
dar
coerenza
estetica
e
verità
fantastica
a
quel
mondo
,
ove
appunto
la
magia
ha
tanta
parte
:
a
patto
che
il
poeta
diventasse
un
mago
a
sua
volta
,
e
il
suo
stile
dalla
magia
prendesse
qualità
e
virtù
.
E
c
'
è
l
'
illusione
che
il
poeta
crea
a
noi
,
e
talvolta
anche
a
sé
stesso
,
immedesimandosi
nel
giuoco
fino
ad
abbandonarvisi
tutto
.
Ah
,
quel
giuoco
tanto
gli
par
bello
,
che
bramerebbe
crederlo
realtà
:
non
è
,
pur
troppo
!
Tanto
che
,
di
tratto
in
tratto
,
il
velo
sottilissimo
si
squarcia
;
attraverso
lo
squarcio
la
realtà
vera
,
del
presente
,
si
scopre
,
e
allora
l
'
ironia
diffusa
si
raccoglie
d
'
un
subito
e
con
improvviso
scoppio
s
'
appalesa
.
Questo
scoppio
però
non
stride
,
non
urta
mai
troppo
:
si
presente
sempre
.
E
oltre
alle
illusioni
che
il
poeta
crea
a
noi
e
a
sé
stesso
,
ci
son
quelle
che
i
personaggi
si
creano
e
quelle
che
a
loro
creano
i
maghi
e
le
fate
.
E
tutto
un
giuoco
d
'
illusioni
,
fantasmagorico
.
Ma
la
fantasmagoria
non
è
tanto
nel
mondo
rappresentato
,
che
ha
sovente
,
ripeto
,
la
consistenza
stessa
della
realtà
;
quanto
nello
stile
e
nella
rappresentazione
del
poeta
,
il
quale
con
meraviglioso
accorgimento
ha
compreso
,
che
così
soltanto
,
rivaleggiando
cioè
con
la
stessa
magia
,
poteva
salvar
gli
elementi
irriducibili
della
materia
e
renderli
con
tutto
il
resto
coerenti
.
Ne
vogliamo
una
prova
?
Il
poeta
rivaleggia
con
la
magia
d
'
Atlante
,
nel
canto
XII
:
il
mago
ha
innalzato
un
castello
,
ove
i
cavalieri
si
travagliano
invano
a
cercar
le
loro
donne
ch
'
essi
vi
credono
rapite
;
tre
,
Orlando
,
Ferraù
e
Sacripante
,
vi
cercano
la
finta
immagine
d
'
Angelica
,
che
essi
credon
vera
.
Ebbene
,
il
poeta
,
più
mago
d
'
Atlante
,
fa
che
Angelica
viva
e
vera
entri
in
quel
castello
.
Angelica
che
può
rendersi
vana
come
quella
vana
immagine
creata
da
Atlante
per
magia
.
Quivi
entra
,
che
veder
non
la
può
il
Mago
;
E
cerca
il
tutto
,
ascosa
dal
suo
anello
;
E
trova
Orlando
e
Sacripante
vago
Di
lei
cercar
invan
per
quello
ostello
.
Vede
come
fingendo
la
sua
imago
Atlante
usa
gran
fraude
a
questo
e
a
quello
.
Chi
tor
debba
di
lor
molto
rivolve
Nel
suo
pensier
,
né
ben
se
ne
risolve
.
L
'
anel
trasse
di
bocca
,
e
di
sua
faccia
Levò
dagli
occhi
a
Sacripante
il
velo
.
Credette
a
lui
sol
dimostrarsi
,
e
avvenne
Ch
'
Orlando
e
Ferraù
le
sopravvenne
.
Corser
di
par
tutti
alla
donna
,
quando
Nessun
incantamento
gl
'
impediva
;
Perché
l
'
anel
ch
'
ella
si
pose
in
mano
Fece
d
'
Atlante
ogni
disegno
vano
.
È
una
magia
che
entra
in
un
'
altra
.
Il
poeta
si
avvale
di
quest
'
elemento
,
lo
fa
anzi
siffattamente
suo
,
che
in
un
momento
innanzi
agli
occhi
nostri
illusi
la
realtà
diventa
magia
e
la
magia
realtà
:
appena
Angelica
si
scopre
,
la
realtà
d
'
un
subito
avventa
e
crolla
l
'
incanto
;
sparisce
mercé
l
'
anello
,
ed
ecco
il
castello
d
'
Atlante
assumer
quasi
consistenza
reale
innanzi
a
noi
.
Che
stupenda
finezza
in
questo
giuoco
!
E
giuoco
di
magia
;
ma
la
magia
vera
è
quella
dello
stile
ariostesco
.
Che
ne
volete
più
di
quei
poveri
cavalieri
?
Volgon
pel
bosco
or
quinci
or
quindi
in
fretta
Quelli
scherniti
la
stupida
faccia
.
Chi
li
fa
andare
incontro
a
questi
scherni
e
a
guai
anche
peggiori
?
Ma
l
'
amore
,
signori
miei
,
che
se
non
è
proprio
proprio
una
pazzia
,
tante
pur
ne
fa
fare
,
jeri
come
oggi
,
e
tante
ne
farà
fare
domani
e
sempre
!
Chi
mette
il
piè
su
l
'
amorosa
pania
,
Cerchi
ritrarlo
,
e
non
v
'
inveschi
l
'
ale
;
Ché
non
è
in
somma
Amor
se
non
insania
A
giudizio
de
'
savi
universale
:
E
sebben
come
Orlando
ognun
non
smania
,
Suo
furor
mostra
a
qualch
'
altro
segnale
.
E
quale
è
di
pazzia
segno
più
espresso
,
Che
,
per
altri
voler
,
perder
sé
stesso
?
Vari
gli
effetti
son
;
ma
la
pazzia
E
tutt
'
una
però
,
che
li
fa
uscire
.
Gli
è
come
una
gran
selva
,
ove
la
via
Conviene
a
forza
,
a
chi
vi
va
,
fallire
.
In
questi
due
ultimi
versi
il
poeta
dà
una
perfetta
immagine
del
suo
poema
,
che
poggia
per
tanta
parte
su
quest
'
amore
che
dissenna
.
Fontane
,
giardini
,
castelli
incantati
?
Ma
si
!
Se
sono
oggi
per
noi
larve
inconsistenti
,
furono
come
realtà
per
le
pazzie
che
l
'
Amore
fece
far
jeri
,
là
in
quel
mondo
lontano
;
ridetene
,
se
vi
piace
;
ma
pensate
che
altre
fallaci
immagini
crea
oggi
e
creerà
domani
con
l
'
eterna
magia
delle
sue
illusioni
l
'
Amore
,
a
scherno
e
a
tormento
degli
uomini
.
Se
voi
ridete
di
quelli
,
potreste
ugualmente
ridere
di
voi
.
Frate
,
tu
vai
L
'
altrui
mostrando
,
e
non
vedi
il
tuo
fallo
.
Sotto
la
favola
è
la
verità
.
Vedete
:
il
poeta
non
ha
che
a
gravare
un
tantino
la
mano
,
perché
la
favola
gli
si
muti
in
allegoria
.
E
la
tentazione
è
forte
,
e
qua
e
là
egli
difatti
vi
casca
;
la
,
fantasia
però
subito
lo
risolleva
,
per
fortuna
,
e
lo
richiama
al
giusto
grado
e
al
giusto
tono
,
in
cui
fin
da
principio
s
'
era
messo
:
Dirò
d
'
Orlando
,
Che
per
amor
venne
in
furore
e
matto
D
'
uom
che
sì
saggio
era
stimato
prima
;
Se
da
colei
che
tal
quasi
m
'
ha
fatto
,
Che
'
l
poco
ingegno
ad
ora
ad
or
mi
lima
,
Me
ne
sarà
però
tanto
concesso
Che
mi
basti
a
finir
quanto
ho
promesso
.
E
fin
da
principio
lo
stile
ha
virtù
magica
.
Tutto
il
primo
canto
è
,
nella
rappresentazione
,
fantasmagorico
,
corso
da
lampi
,
d
'
apparizioni
fugaci
.
E
questi
lampi
non
spiazzano
per
abbagliar
soltanto
i
lettori
,
ma
anche
gli
attori
della
scena
.
Ecco
:
ad
Angelica
balza
innanzi
Rinaldo
;
a
Ferraù
,
che
cerca
l
'
elmo
,
l
'
Argalia
;
a
Rinaldo
,
Bajardo
;
a
Sacripante
,
Angelica
;
a
tutt
'
e
due
,
Bradamante
,
e
poi
il
messaggero
,
e
poi
Bajardo
di
nuovo
e
poi
di
nuovo
Rinaldo
.
E
questi
lampi
,
dopo
il
rapidissimo
guizzo
,
si
estinguono
comicamente
,
con
la
frode
dell
'
illusione
improvvisa
.
Il
poeta
esercita
,
cosciente
,
questa
sua
magia
;
non
dà
mai
tempo
;
lascia
questo
e
prende
quello
;
sbalordisce
e
sorride
dello
sbalordimento
altrui
e
de
'
suoi
stessi
personaggi
.
Non
va
molto
Rinaldo
che
si
vede
Saltare
innanzi
il
suo
destrier
feroce
:
Ferma
,
Bajardo
mio
,
deh
ferma
il
piede
!
Ché
l
'
esser
senza
te
troppo
mi
nuoce
.
Per
questo
il
destrier
sordo
a
lui
non
riede
,
Anzi
più
se
ne
va
sempre
veloce
.
Segue
Rinaldo
,
e
d
'
ira
si
distrugge
,
Ma
seguitiamo
Angelica
che
fugge
.
Figurarsi
se
Bajardo
voleva
fermarsi
!
Il
suo
padrone
è
innamorato
,
dunque
è
matto
.
E
Quel
destrier
,
ch
'
avea
ingegno
a
meraviglia
,
capisce
quel
che
il
suo
padrone
nón
può
capire
.
Ecco
:
il
senno
che
l
'
Amore
toglie
agli
uomini
è
dato
dal
poeta
a
una
bestia
.
Nel
c
.
II
(
s
.
20
)
dice
,
a
mo
'
d
'
aggiunta
,
il
destrier
ch
'
avea
intelletto
umano
.
Umano
,
sì
,
ma
intendiamoci
non
d
'
uomo
innamorato
!
Non
giurerei
proprio
che
qui
non
ci
sia
una
punta
di
.
satira
.
L
'
ironia
del
poeta
è
una
sottilissima
sega
,
che
ha
tanti
denti
,
e
anche
quello
della
satira
,
che
morde
un
po
'
tutti
,
fino
fino
,
sotto
sotto
,
a
cominciar
dal
cardinale
Ippolito
,
suo
padrone
.
Oh
gran
bontà
dei
cavalieri
antiqui
!
Vi
par
che
qui
l
'
ironia
consista
soltanto
nel
fatto
che
Ferraù
e
Rinaldo
,
dopo
essersi
picchiati
a
quel
modo
che
sapete
,
cavalchino
insieme
,
come
se
nulla
fosse
stato
?
Il
Rajna
dice
che
i
romanzi
francesi
recano
in
buona
fede
molti
esempii
di
siffatte
magnanime
cortesie
,
e
tre
ne
reca
dal
Tristan
per
concludere
:
Questa
è
la
cortesia
e
la
lealtà
dei
cavalieri
di
Brettagna
.
Benissimo
!
Ma
non
già
dei
due
cavalieri
dell
'
Ariosto
,
che
non
dimostrano
ombra
di
cavalleria
.
Per
intenderlo
,
bisogna
pensare
a
che
cosa
avrebbe
potuto
rispondere
Ferraù
alla
proposta
di
Rinaldo
di
smettere
il
duello
:
io
non
combatto
per
una
preda
,
io
combatto
per
difendere
una
donna
che
m
'
invoca
ajuto
;
e
se
io
son
riuscito
a
difenderla
,
non
ho
combattuto
invano
.
Un
buon
cavaliere
antico
,
veramente
nobile
,
avrebbe
risposto
cosa
.
Ma
tanto
Rinaldo
quanto
Ferraù
non
vedono
in
Angelica
che
una
preda
da
appropriarsi
,
e
poiché
questa
è
uscita
lor
di
mano
,
s
'
ajutano
entrambi
a
rintracciarla
con
un
criterio
molto
positivo
e
pochissimo
cavalleresco
.
Quella
esclamazione
dunque
oh
gran
bontà
dei
cavalieri
antiqui
!
è
veramente
ironica
e
suona
irrisione
.
Tanto
è
vero
,
che
poco
dopo
,
nel
c
.
II
,
ripetendosi
la
medesima
situazione
del
duello
interrotto
per
la
stessa
ragione
,
Rinaldo
lascia
Sacripante
a
piedi
:
E
dove
aspetta
il
suo
Bajardo
,
passa
,
E
sopra
vi
si
lancia
,
e
via
galoppa
;
Né
al
cavalier
,
ch
'
a
piè
nel
bosco
lassa
,
Pur
dice
addio
,
non
che
lo
'
nviti
in
groppa
.
Ripetete
sul
serio
,
se
vi
riesce
,
dopo
questo
:
Oh
gran
bontà
dei
cavalieri
antiqui
!
Il
poeta
scherza
,
e
con
quel
povero
re
di
Circassia
,
quel
d
'
amor
travagliato
Sacripante
,
lo
scherzo
del
poeta
è
veramente
crudele
e
passa
la
parte
.
Già
,
come
lo
dipinge
:
Un
ruscello
?
Parean
le
guance
,
e
'
l
petto
un
Mongibello
!
Gli
pone
accanto
,
benigna
,
colei
per
cui
si
duole
(
è
curioso
veramente
il
notare
a
quali
aberrazioni
poté
essere
condotto
il
Rajna
dalla
smania
di
sorprendere
a
ogni
costo
il
poeta
del
Furioso
con
le
mani
nel
sacco
altrui
.
A
proposito
di
questo
episodio
di
Sacripante
e
Angelica
,
cita
nientemeno
che
12
esemplari
,
che
l
'
Ariosto
avrebbe
dovuto
aver
presenti
.
E
non
si
accorge
ch
'
è
stupido
senz
'
altro
il
ravvicinamento
di
queste
pretese
fonti
,
poiché
nell
'
Ariosto
,
invece
del
solito
cavaliere
che
ascolta
furtivo
i
lamenti
,
abbiamo
Angelica
,
proprio
lei
in
persona
.
Ma
questo
ha
il
coraggio
di
notare
il
Rajna
è
una
differenza
di
sommo
momento
per
Sacripante
,
ma
secondaria
per
noi
.
Già
!
come
dire
che
,
se
veramente
il
Tasso
ebbe
presente
il
battesimo
di
Sorgalis
nei
Chétifs
a
proposito
del
battesimo
di
Clorinda
,
è
differenza
secondaria
che
Tancredi
battezzi
Clorinda
in
luogo
di
un
altro
cavaliere
qualsiasi
!
Sapete
quali
sono
invece
le
parti
sostanziali
?
Erba
,
alberi
,
acqua
,
se
è
giorno
o
notte
,
e
simili
altre
amenità
.
Come
se
Angelica
non
fosse
nel
bosco
fin
dal
principio
del
canto
!
Avrebbe
potuto
risparmiarsi
il
Rajna
tanto
sfoggio
di
erudizione
e
venir
senz
'
altro
all
'
episodio
di
Prasildo
nel
Bojardo
.
La
differenza
però
rimane
sempre
sostanziale
.
L
'
Ariosto
prende
un
verso
al
Bojardo
:
Che
avria
spezzato
un
sasso
di
pietade
;
ma
glielo
corregge
così
:
Che
avrebbe
di
pietà
spezzato
un
sasso
.
Ecco
tutto
)
.
Poi
,
sotto
gli
occhi
di
Angelica
,
lo
fa
buttare
in
terra
miseramente
da
un
cavaliere
che
passa
di
corsa
;
e
Angelica
non
ha
ancor
finito
di
confortarlo
con
fine
ironia
,
attribuendo
cioè
,
al
solito
,
la
colpa
della
caduta
al
cavallo
,
che
gli
fa
dare
il
calcio
dell
'
asino
da
quel
messaggero
che
sopravviene
afflitto
e
stanco
su
un
ronzino
:
Tu
déi
saper
che
ti
levò
di
sella
L
'
alto
valor
d
'
una
gentil
donzella
.
C
'
è
da
morirne
!
Ma
non
basta
:
ecco
Rinaldo
;
Angelica
fugge
;
e
il
povero
Sacripante
,
re
di
Circassia
,
resta
scornato
,
bastonato
e
a
piedi
.
Ma
alla
fin
fine
può
consolarsi
,
che
non
avvengono
soltanto
a
lui
simili
disgrazie
.
Ad
altri
ne
occorrono
anche
di
peggiori
.
Ce
n
'
è
per
tutti
!
Il
poeta
si
spassa
a
rappresentar
la
frode
delle
varie
illusioni
e
a
frodar
anche
i
maghi
che
le
frodi
ordiscono
.
È
un
mondo
in
balia
dell
'
amore
,
della
magia
,
della
fortuna
;
che
ne
volete
?
E
come
dell
'
amore
le
pazzie
e
della
magia
gl
'
inganni
,
egli
rappresenta
della
fortuna
la
mutabilità
.
Ferraù
,
staccatosi
al
bivio
da
Rinaldo
,
gira
gira
,
si
ritrova
onde
si
tolse
,
e
poiché
non
spera
di
ritrovar
la
donna
,
si
scorda
le
botte
date
e
ricevute
,
la
tenzone
differita
,
e
si
rimette
a
cercar
l
'
elmo
che
gli
era
caduto
nell
'
acqua
.
Or
se
fortuna
(
quel
che
non
volesti
Far
tu
)
pone
ad
effetto
il
voler
mio
,
Non
ti
turbar
,
gli
grida
l
'
Argalia
emerso
dalle
onde
con
l
'
elmo
in
mano
,
l
'
elmo
caduto
a
Ferraù
giusto
dove
il
cadavere
dell
'
Argalia
era
stato
gittato
.
Un
tratto
che
a
noi
non
suona
comicamente
,
ma
che
forse
poteva
sonar
comico
a
coloro
che
avevan
dimestichezza
col
poema
e
i
personaggi
del
Bojardo
,
è
nei
versi
che
dipingono
l
'
orrore
di
Ferraù
all
'
apparir
dell
'
ombra
d
'
Argalia
:
Ogni
pelo
arricciosse
E
scolorosse
al
Saracino
il
viso
.
Ora
Ferraguto
era
stato
raffigurato
dal
Bojardo
,
Tutto
ricciuto
e
ner
come
carbone
.
Gli
si
poteva
arricciare
il
pelo
e
scolorir
il
viso
?
Non
giuoca
forse
anche
qui
,
dunque
,
il
poeta
?
L
'
altro
contendente
,
Rinaldo
,
spedito
da
Carlo
in
Bretagna
per
ajuti
e
distolto
così
d
'
andar
cercando
Angelica
Che
gli
avea
il
cor
di
mezzo
il
petto
tolto
,
arrivato
a
Calesse
,
lo
stesso
giorno
,
Contro
la
volontà
d
'
ogni
nocchiero
,
Pel
gran
desir
che
di
tornare
avea
,
Entrò
nel
mar
ch
'
era
turbato
e
fiero
;
ma
,
sissignori
,
spinto
dal
vento
nella
Scozia
,
si
scorda
di
Angelica
,
si
scorda
di
Carlo
e
della
gran
fretta
che
avea
di
ritornare
,
e
s
'
affonda
solo
nella
gran
Selva
Caledonia
,
facendo
ora
una
,
ora
un
'
altra
via
Dove
più
aver
strane
avventure
pensa
.
E
capitato
a
una
badia
,
prima
mangia
,
poi
domanda
all
'
abbate
come
si
possano
ritrovare
queste
avventure
per
dimostrarsi
valente
.
E
i
monachi
e
l
'
Abbate
:
Risposongli
,
ch
'
errando
in
quelli
boschi
,
Trovar
potria
strane
avventure
e
molte
:
Ma
come
i
luoghi
,
i
fati
ancor
son
foschi
;
Ché
non
se
n
'
ha
notizia
le
più
volte
.
Cerca
,
diceano
,
andar
dove
conoschi
Che
l
'
opre
tue
non
restino
sepolte
,
Acciò
dietro
al
periglio
e
alla
fatica
Segua
la
fama
,
e
il
debito
ne
dica
.
Il
Rajna
qua
si
compiace
nel
notare
che
mai
un
barone
del
ciclo
di
Carlo
Magno
fu
convertito
così
espressamente
in
Cavaliere
Errante
come
in
questo
caso
,
ma
non
può
non
avvertire
che
le
parole
degli
ospiti
dànno
tuttavia
a
conoscere
come
lo
spirito
della
cavalleria
romanzesca
sia
ormai
svanito
poiché
sempre
per
i
principali
tra
gli
Erranti
la
modestia
è
uno
dei
primissimi
doveri
,
tal
che
nulla
è
tanto
difficile
,
quanto
indurli
a
confessarsi
autori
di
qualche
opera
gloriosa
,
e
anche
quando
essi
si
trovano
dinanzi
a
migliaja
di
spettatori
,
procurano
di
celarsi
con
ignote
divise
;
cavalcano
quasi
sempre
sconosciuti
,
mutando
spesso
di
insegne
,
e
nascondendosi
molte
volte
anche
agli
amici
più
cari
e
più
fidi
.
E
allora
?
Non
dobbiamo
arguire
che
qui
ci
sia
un
'
intenzione
satirica
,
e
che
anzi
questa
intenzione
sia
stata
così
forte
nel
poeta
,
da
farlo
venir
meno
una
volta
tanto
alle
condizioni
serie
dell
'
arte
,
che
pure
egli
più
di
tutti
suoi
rispettare
?
L
'
incoerenza
estetica
,
difatti
,
nella
condotta
di
Rinaldo
è
lampantissima
e
inescusabile
,
il
personaggio
non
apparisce
libero
,
ma
soggetto
all
'
intenzione
dell
'
autore
.
Ho
voluto
notar
questo
perché
mi
sembra
che
troppo
si
tenda
,
da
qualche
tempo
in
qua
,
a
sforzare
i
termini
dell
'
immedesimazione
del
poeta
con
la
sua
materia
.
Certo
è
difficilissimo
vederli
netti
e
precisi
,
questi
termini
.
Ma
non
li
vede
affatto
,
secondo
me
,
o
ha
ben
poco
chiaro
il
lume
del
discorso
,
chi
,
riconoscendo
com
'
è
giusto
l
'
immedesimazione
del
poeta
col
suo
mondo
,
nega
l
'
ironia
o
in
gran
parte
la
esclude
o
gli
dà
poca
importanza
.
Bisogna
riconoscere
l
'
una
cosa
e
l
'
altra
l
'
immedesimazione
e
l
'
ironia
poiché
nell
'
accordo
,
se
non
sempre
perfetto
quasi
sempre
però
raggiunto
,
d
'
entrambe
queste
cose
a
prima
vista
contrarie
,
sta
,
ripeto
,
il
segreto
dello
stile
ariostesco
.
L
'
immedesimazione
del
poeta
col
suo
mondo
consiste
in
questo
,
che
egli
con
la
fantasia
potente
vede
,
digrossato
,
finito
anzi
in
ogni
contorno
,
preciso
,
limpido
,
ordinato
e
vivo
,
quel
mondo
che
altri
aveva
messo
insieme
grossolanamente
e
aveva
popolato
di
esseri
,
che
,
o
per
la
loro
goffaggine
o
per
la
loro
sciocchezza
o
per
la
puerile
loro
incoerenza
,
ecc
.
non
potevano
in
alcun
modo
esser
presi
sul
serio
neppure
dai
loro
stessi
autori
;
e
poi
di
maghi
e
di
fate
e
di
mostri
che
,
naturalmente
,
ne
accrescevano
la
irrealità
e
la
inverosimiglianza
.
Il
poeta
toglie
questi
esseri
dal
loro
stato
di
fantocci
o
di
fantasmi
,
dà
loro
consistenza
e
coerenza
,
vita
e
carattere
.
Obbedisce
fin
qui
alla
propria
fantasia
,
istintivamente
.
Poi
subentra
la
speculazione
.
C
'
è
,
ho
detto
,
un
elemento
irriducibile
in
quel
mondo
,
un
elemento
cioè
che
il
poeta
non
riesce
a
oggettivar
seriamente
,
senza
mostrar
coscienza
della
irrealità
di
esso
.
Con
quel
meraviglioso
accorgimento
,
di
cui
ho
fatto
parola
più
su
,
egli
però
s
'
industria
di
renderlo
coerente
con
tutto
il
resto
.
Ma
non
sempre
in
questo
giuoco
la
fantasia
lo
assiste
.
E
allora
egli
s
'
ajuta
con
la
speculazione
:
la
vita
perde
il
movimento
spontaneo
,
diventa
macchina
,
allegoria
.
E
uno
sforzo
.
Il
poeta
intende
di
dare
una
certa
consistenza
a
quelle
costruzioni
fantastiche
,
di
cui
sente
la
irrealità
irriducibile
,
per
mezzo
di
una
dirò
così
impalcatura
morale
.
Sforzo
vano
e
malinteso
,
perché
il
solo
fatto
di
dar
senso
allegorico
a
una
rappresentazione
dà
a
veder
chiaramente
che
già
si
tien
questa
in
conto
di
favola
che
non
ha
alcuna
verità
né
fantastica
né
effettiva
,
ed
è
fatta
per
la
dimostrazione
di
una
verità
morale
.
C
'
è
da
giurare
che
al
poeta
non
prema
affatto
la
dimostrazione
d
'
alcuna
verità
morale
,
e
che
quelle
allegorie
siano
nel
poema
suggerite
dalla
riflessione
,
per
rimedio
.
Quello
era
il
mondo
;
quelli
,
gli
elementi
,
ch
'
esso
offriva
.
L
'
elemento
della
magia
,
del
meraviglioso
cavalleresco
non
si
poteva
in
alcun
modo
eliminare
senza
snaturare
al
tutto
quel
mondo
.
E
allora
il
poeta
o
cerca
di
ridurlo
a
simbolo
,
o
senz
'
altro
lo
accoglie
,
ma
naturalmente
con
un
sentimento
ironico
.
Un
poeta
può
,
non
credendo
alla
realtà
della
propria
creazione
,
rappresentarla
come
se
ci
credesse
,
cioè
non
mostrare
affatto
coscienza
della
irrealità
di
essa
;
può
rappresentar
come
vero
un
suo
mondo
affatto
fantastico
,
di
sogno
,
regolato
da
leggi
sue
proprie
,
e
,
secondo
queste
leggi
,
perfettamente
logico
o
coerente
.
Quando
un
poeta
si
mette
in
codeste
condizioni
,
il
critico
non
deve
più
vedere
se
quel
che
il
poeta
gli
ha
posto
innanzi
è
vero
o
è
sogno
,
ma
se
come
sogno
è
vero
;
poiché
il
poeta
non
ha
voluto
rappresentare
una
realtà
effettiva
,
ma
un
sogno
che
avesse
apparenza
di
realtà
,
s
'
intende
di
sogno
,
fantastica
,
non
effettiva
.
Ora
questo
non
è
il
caso
dell
'
Ariosto
.
In
più
d
'
un
punto
,
come
abbiamo
già
notato
,
egli
mostra
apertamente
coscienza
della
irrealità
della
sua
creazione
,
la
mostra
anche
dove
all
'
elemento
meraviglioso
di
quel
mondo
dà
valore
morale
e
consistenza
logica
,
non
fantastica
.
Il
poeta
non
vuol
creare
e
rappresentare
come
vero
un
sogno
;
non
è
preoccupato
soltanto
della
verità
fantastica
del
suo
mondo
,
è
preoccupato
anche
della
realtà
effettiva
;
non
vuole
che
quel
suo
mondo
sia
popolato
di
larve
o
di
fantocci
,
ma
di
uomini
vivi
e
veri
,
mossi
e
agitati
dalle
nostre
stesse
passioni
;
il
poeta
in
somma
vede
,
non
le
condizioni
di
quel
passato
leggendario
divenute
realtà
fantastica
nella
sua
visione
,
ma
le
ragioni
del
presente
,
trasportate
e
investite
in
quel
mondo
lontano
.
Ora
naturalmente
,
allorché
esse
vi
trovano
elementi
capaci
di
accoglierle
,
la
realtà
fantastica
si
salva
;
ma
allorché
non
li
trovano
,
per
la
irriducibilità
stessa
di
quegli
elementi
,
l
'
ironia
scoppia
,
inevitabile
,
e
quella
realtà
si
frange
.
Quali
sono
queste
ragioni
del
presente
?
Sono
le
ragioni
del
buon
senso
,
di
cui
il
poeta
è
dotato
;
sono
le
ragioni
della
vita
entro
i
limiti
della
possibilità
naturale
:
limiti
che
in
parte
la
leggenda
,
in
gran
parte
il
capriccioso
arbitrio
di
rozzi
e
volgari
cantatori
aveva
balordamente
,
goffamente
o
grottescamente
violati
;
sono
le
ragioni
del
tempo
,
in
fine
,
in
cui
il
poeta
vive
.
Abbiamo
veduto
Ferraù
e
Rinaldo
a
cavallo
insieme
,
guidati
com
'
ho
detto
da
un
criterio
molto
positivo
e
pochissimo
cavalleresco
;
abbiamo
ascoltato
il
consiglio
dell
'
abbate
a
Rinaldo
in
cerca
d
'
avventure
;
tant
'
altri
esempii
potremmo
recare
;
ma
basterà
senz
'
altro
quello
della
volata
di
Ruggiero
su
l
'
ippogrifo
.
Anche
quando
il
poeta
con
la
magia
dello
stile
riesce
a
dar
consistenza
di
realtà
a
quell
'
elemento
meraviglioso
,
levandosi
poi
a
un
volo
troppo
alto
in
questa
realtà
fantastica
,
tutt
'
a
un
tratto
,
quasi
temesse
d
'
averne
lui
stesso
o
chi
l
'
ascolta
il
capogiro
,
precipita
a
posarsi
su
la
realtà
effettiva
,
rompendo
così
l
'
incanto
della
fantastica
.
Ruggiero
vola
sublime
su
l
'
ippogrifo
;
ma
anche
dalla
sublimità
di
quel
volo
il
poeta
avvista
in
terra
le
ragioni
del
presente
,
che
gli
gridano
:
Cala
!
cala
!
Non
crediate
,
Signor
,
che
però
stia
Per
sì
lungo
cammin
sempre
su
l
ale
:
Ogni
sera
all
'
albergo
se
ne
gìa
Schivando
a
suo
poter
d
'
alloggiar
male
.
E
quest
'
ippogrifo
è
vero
?
proprio
vero
?
Lo
rappresenta
cioè
il
poeta
senza
mostrare
affatto
coscienza
dell
'
irrealità
di
esso
?
Lo
vede
la
prima
volta
calar
dal
castello
d
'
Atlante
sui
Pirenei
,
con
in
groppa
il
mago
,
e
dice
che
si
il
castello
,
come
castello
,
non
era
vero
,
era
finto
,
opera
di
magia
;
ma
l
'
ippogrifo
no
,
l
'
ippogrifo
era
vero
e
naturale
.
Proprio
vero
?
proprio
naturale
?
Ma
sì
,
generato
da
un
grifo
e
da
una
giumenta
.
Sono
animali
che
vengono
nei
monti
Rifei
.
Ah
sì
?
proprio
proprio
?
e
come
va
che
non
se
ne
vedono
mai
?
Oh
Dio
;
ne
vengono
,
ma
rari
...
Quest
'
attenuazione
,
prettamente
ironica
,
mi
fa
pensare
a
quella
farsa
napoletana
,
ove
un
impostore
si
lagna
delle
sue
sciagure
,
e
tra
le
altre
,
di
quella
del
padre
,
che
,
prima
di
morire
,
penò
tanto
,
ridotto
a
vivere
,
poveretto
,
non
so
per
quanti
mesi
senza
fegato
:
all
'
osservazione
,
che
senza
fegato
non
si
può
vivere
,
concede
che
sì
,
ne
aveva
,
ma
poco
,
ecco
!
Così
gl
'
ippogrifi
;
ne
vengono
;
ma
rari
!
Proprio
da
impostore
,
il
poeta
non
vuol
passare
.
Ha
l
'
aria
di
dirvi
:
Signori
miei
,
di
codeste
fole
io
non
posso
farne
a
meno
,
bisogna
pure
che
c
'
entrino
,
nel
mio
poema
;
e
bisogna
che
io
,
fin
dove
posso
,
mostri
di
crederci
.
Ecco
qua
la
gran
muraglia
che
cinge
la
città
d
'
Alcina
:
Par
che
la
sua
altezza
a
ciel
s
'
aggiunga
E
d
'
oro
sia
dall
'
alta
cima
a
terra
.
Ma
come
?
Una
muraglia
di
tal
fatta
,
tutta
d
'
oro
?
Alcun
dal
mio
parer
qui
si
dilunga
E
dice
ch
'
ella
è
alchimia
;
e
forse
ch
'
erra
,
Ed
anco
forse
meglio
di
me
intende
:
A
me
par
oro
,
poiché
sì
risplende
.
Come
ve
lo
deve
dir
meglio
il
poeta
?
Sa
come
voi
che
non
è
tutt
'.pro,
quel
che
luce
;
ma
a
lui
oro
deve
parere
,
poiché
si
risplende
...
.
Per
intonarsi
quanto
più
può
con
quel
mondo
,
fin
da
principio
s
'
è
dichiarato
matto
come
il
suo
eroe
.
È
tutto
un
giuoco
di
continui
accomodamenti
per
stabilir
l
'
accordo
tra
sé
e
la
materia
,
tra
le
condizioni
inverosimili
di
quel
passato
leggendario
e
le
ragioni
del
presente
.
Dice
:
Chi
va
lontan
dalla
sua
patria
,
vede
Cose
da
quel
che
già
credea
,
lontane
;
Che
narrandole
poi
,
non
se
gli
crede
,
E
stimato
bugiardo
ne
rimane
;
Ché
'
l
sciocco
vulgo
non
gli
vuol
dar
fede
,
Se
non
le
vede
e
tocca
chiare
e
piane
.
Per
questo
io
so
che
l
'
inesperienza
Farà
al
mio
canto
dar
poca
credenza
.
Poca
o
molta
ch
'
io
ci
abbia
non
bisogna
Ch
'
io
ponga
mente
al
vulgo
sciocco
e
ignaro
.
A
voi
so
ben
che
non
parrà
menzogna
Che
'
l
lume
del
discorso
avete
chiaro
.
Qui
aver
chiaro
il
lume
del
discorso
significa
saper
leggere
sotto
il
velame
dei
versi
.
Siamo
nel
canto
d
'
Alcina
:
e
il
poeta
ci
suggerisce
:
S
'
io
dico
Alcina
,
s
'
io
dico
Melissa
,
s
'
io
dico
Erifilla
,
s
'
io
dico
l
'
iniqua
frotta
,
o
Logistilla
,
Andronica
o
Fronesia
o
Dicilla
o
Sofrosina
,
voi
intendete
bene
a
che
cosa
io
voglia
alludere
.
È
un
altro
espediente
(
non
felice
)
per
stabilir
l
'
accordo
,
ma
che
pure
,
come
tutti
gli
altri
,
scopre
l
'
ironia
del
poeta
,
cioè
la
coscienza
della
irrealità
della
sua
creazione
.
Dove
l
'
accordo
non
si
può
stabilire
,
questa
ironia
però
non
scoppia
mai
stridula
o
stonata
,
appunto
perché
l
'
accordo
è
sempre
nell
'
intenzione
del
poeta
,
e
quest
'
intenzione
d
'
accordo
è
per
sé
stessa
ironica
.
L
'
ironia
è
nella
visione
che
il
poeta
ha
,
non
solo
di
quel
mondo
fantastico
,
ma
della
vita
stessa
e
degli
uomini
.
Tutto
è
favola
e
tutto
è
vero
,
poiché
è
fatale
che
noi
crediamo
vere
le
vane
parvenze
che
spirano
dalle
nostre
illusioni
e
dalle
passioni
nostre
;
illudersi
può
esser
bello
,
ma
del
troppo
immaginare
si
piange
poi
sempre
la
frode
:
e
questa
frode
ci
appare
comica
o
tragica
secondo
il
grado
della
partecipazione
nostra
ai
casi
di
chi
la
subisce
,
secondo
l
'
interesse
o
la
simpatia
che
quella
passione
o
quell
'
illusione
ci
suscitano
,
secondo
gli
effetti
che
quella
frode
produce
.
Così
avviene
che
noi
vediamo
il
sentimento
ironico
del
poeta
mostrarsi
anche
sotto
un
altro
aspetto
nel
poema
,
non
più
spiccato
ed
evidente
,
ma
attraverso
la
rappresentazione
stessa
,
in
cui
è
riuscito
a
trasfondersi
per
modo
che
essa
così
si
senta
e
così
si
voglia
.
Il
sentimento
ironico
,
in
somma
,
oggettivato
,
spira
dalla
rappresentazione
stessa
anche
là
dove
il
poeta
non
mostra
apertamente
coscienza
della
irrealità
di
essa
.
Ecco
qua
Bradamante
in
cerca
del
suo
Ruggiero
:
per
salvarlo
,
ha
corso
rischio
di
perire
per
mano
del
maganzese
Pinabello
;
il
poeta
le
fa
soffrire
insieme
coi
lettori
il
supplizio
di
sentirsi
predire
e
di
vedersi
mostrare
a
dito
dalla
maga
Melissa
tutti
gl
'
illustri
suoi
discendenti
;
e
poi
va
,
va
per
monti
inaccessibili
,
sale
balze
,
traversa
torrenti
,
arriva
al
mare
,
trova
l
'
albergo
ov
'
è
Brunello
(
e
qui
non
dice
se
ella
vi
mangia
)
;
riprende
la
via
Di
monte
in
monte
e
d
'
uno
in
altro
bosco
,
e
si
riduce
fin
sui
Pirenei
;
s
'
impadronisce
dell
'
anello
;
lotta
con
Atlante
;
riesce
a
romper
l
'
incanto
;
scioglie
in
fumo
il
castello
del
mago
;
e
,
sissignori
,
dopo
aver
corso
tanto
,
dopo
essersi
tanto
affannata
e
travagliata
,
si
vede
portar
via
dall
'
ippogrifo
il
suo
Ruggiero
liberato
.
Non
le
resta
che
ricevere
le
congratulazioni
di
coloro
ch
'
ella
non
s
'
era
curata
di
liberare
!
Ma
neanche
queste
,
perché
:
Le
donne
e
i
cavalier
si
trovar
fuora
Delle
superbe
stanze
alla
campagna
E
furon
di
lor
molte
a
cui
ne
dolse
;
Che
tal
franchezza
un
gran
piacer
lor
tolse
.
L
'
Ariosto
non
aggiunge
altro
.
Un
vero
umorista
non
si
sarebbe
lasciata
sfuggire
la
stupenda
occasione
di
descrivere
gli
effetti
nelle
donne
e
nei
cavalieri
dell
'
improvviso
sciogliersi
dell
'
incanto
,
del
ritrovarsi
alla
campagna
,
e
il
dolore
del
perduto
bene
della
schiavitù
per
una
libertà
che
dal
bel
sogno
li
faceva
piombare
nella
realtà
nuda
e
cruda
.
La
descrizione
manca
affatto
.
Il
poeta
si
compiace
in
un
'
altra
descrizione
,
invece
,
come
già
Atlante
si
compiaceva
di
scherzare
coi
cavalieri
che
venivano
a
sfidarlo
;
voglio
dire
nella
descrizione
comica
di
tutti
quei
liberati
,
che
vorrebbero
impadronirsi
dell
'
ippogrifo
,
il
quale
li
mena
per
la
campagna
:
Come
fa
la
cornacchia
in
secca
arena
Che
seco
il
cane
or
qua
or
là
si
mena
.
Perché
manca
quell
'
altra
descrizione
?
Ma
perché
il
poeta
si
è
posto
fin
da
principio
,
rispetto
alla
sua
materia
,
in
condizioni
del
tutto
opposte
a
quelle
in
cui
si
sarebbe
messo
un
umorista
.
Egli
schiva
il
contrasto
e
cerca
l
'
accordo
tra
le
ragioni
del
presente
e
le
condizioni
favolose
di
quel
mondo
passato
:
lo
ottiene
sì
,
ironicamente
,
perché
,
com
'
ho
detto
,
è
per
sé
stessa
ironica
quell
'
intenzione
d
'
accordo
;
ma
l
'
effetto
è
che
quelle
condizioni
non
si
affermano
come
realtà
nella
rappresentazione
,
si
sciolgono
,
per
dirla
col
De
Sanctis
,
nell
'
ironia
,
la
quale
,
distruggendo
il
contrasto
,
non
può
più
drammatizzarsi
comicamente
,
ma
resta
comica
,
senza
dramma
.
Si
affermano
invece
le
ragioni
del
presente
trasportate
e
investite
negli
elementi
di
quel
mondo
lontano
capaci
d
'
accogliere
,
e
allora
possiamo
anche
avere
il
dramma
,
ma
seriamente
e
finanche
tragicamente
rappresentato
:
Ginevra
,
Olimpia
,
la
pazzia
d
'
Orlando
.
I
due
elementi
comico
e
tragico
non
si
fondono
mai
.
Si
fonderanno
in
un
'
opera
,
nella
quale
il
poeta
,
ben
lungi
dal
mostrar
coscienza
della
irrealità
di
quel
mondo
fantastico
;
ben
lungi
dal
cercar
con
esso
l
'
accordo
,
che
di
necessità
non
è
possibile
se
non
ironicamente
,
palesata
in
tanti
modi
la
coscienza
di
quella
irrealità
;
ben
lungi
dal
trasportare
in
quel
mondo
fantastico
le
ragioni
del
presente
per
investirne
gli
elementi
capaci
d
'
accoglierle
;
darà
a
questo
mondo
fantastico
del
passato
consistenza
di
persona
viva
,
corpo
,
e
lo
chiamerà
Don
Quijote
,
e
gli
porrà
in
mente
e
gli
darà
per
anima
tutte
quelle
fole
e
lo
porrà
in
contrasto
,
in
urto
continuo
e
doloroso
col
presente
.
Doloroso
,
perché
il
poeta
sentirà
viva
e
vera
entro
di
sé
questa
sua
creatura
e
soffrirà
con
essa
dei
contrasti
e
degli
urti
.
A
chi
cerca
contatti
e
somiglianze
tra
l
'
Ariosto
e
il
Cervantes
,
basterà
semplicemente
por
bene
in
chiaro
in
due
parole
le
condizioni
in
cui
fin
da
principio
il
Cervantes
ha
messo
il
suo
eroe
e
quelle
in
cui
s
'
è
messo
l
'
Ariosto
.
Don
Quijote
non
finge
di
credere
,
come
l
'
Ariosto
,
a
quel
mondo
meraviglioso
delle
leggende
cavalleresche
:
ci
crede
sul
serio
;
lo
porta
,
lo
ha
in
sé
quel
mondo
,
che
è
la
sua
realtà
,
la
sua
ragion
d
'
essere
.
La
realtà
che
porta
e
sente
in
sé
l
'
Ariosto
è
ben
altra
;
e
con
questa
realtà
in
sé
,
egli
è
come
sperduto
nella
leggenda
.
Don
Quijote
,
invece
,
che
ha
in
sé
la
leggenda
,
è
come
sperduto
nella
realtà
.
Tanto
è
vero
che
,
per
non
vaneggiar
del
tutto
,
per
ritrovarsi
in
qualche
modo
,
così
sperduti
come
sono
,
l
'
uno
si
mette
a
cercar
la
realtà
nella
leggenda
;
l
'
altro
,
la
leggenda
nella
realtà
.
Come
si
vede
,
son
due
condizioni
al
tutto
opposte
.
Sì
:
vi
dice
Don
Quijote
,
i
molini
a
vento
son
molini
a
vento
,
ma
sono
anche
giganti
:
non
io
,
Don
Quijote
,
ho
scambiato
per
giganti
i
molini
a
vento
;
ma
il
mago
Freston
ha
cangiato
in
molini
a
vento
i
giganti
.
Ecco
la
leggenda
nella
realtà
evidente
.
Sì
:
vi
dice
l
'
Ariosto
,
Ruggiero
vola
su
l
'
ippogrifo
:
il
mago
Freston
,
cioè
la
stramba
immaginazione
dei
miei
antecessori
,
ha
cacciato
dentro
a
questo
mondo
anche
bestie
siffatte
,
e
bisogna
ch
'
io
ci
faccia
volar
su
il
mio
Ruggiero
:
però
vi
dico
che
ogni
sera
egli
se
ne
va
all
'
albergo
e
schiva
a
suo
potere
d
'
alloggiar
male
.
Ecco
nella
leggenda
evidente
la
realtà
.
Ma
intanto
,
altro
è
fingere
di
credere
,
altro
è
credere
sul
serio
.
Quella
finzione
,
per
sé
stessa
ironica
,
può
condurre
a
un
accordo
con
la
leggenda
,
la
quale
,
o
si
scioglie
facilmente
nell
'
ironia
,
come
abbiamo
veduto
,
o
con
un
procedimento
inverso
a
quello
fantastico
,
cioè
con
una
impalcatura
logica
,
si
lascia
ridurre
a
parvenza
di
realtà
.
La
realtà
vera
,
invece
,
se
per
un
momento
si
lascia
alterare
in
forme
inverosimili
dalla
contemplazione
fantastica
d
'
un
maniaco
,
resiste
e
rompe
il
naso
,
se
questo
maniaco
non
si
contenta
più
di
contemplarla
a
suo
modo
da
lontano
,
ma
viene
a
darvi
di
cozzo
.
Altro
è
abbattersi
a
un
castello
finto
,
che
si
lascia
a
un
tratto
sciogliere
in
fumo
,
altro
a
un
molino
a
vento
vero
,
che
non
si
lascia
atterrare
come
un
gigante
immaginario
.
Mire
vuestra
merced
,
grida
Sancho
al
suo
padrone
,
que
aquellos
que
allí
se
parecen
,
no
son
gigantes
,
sino
molinos
de
viento
,
y
lo
que
en
ellos
parecen
brazos
son
las
aspas
,
que
volteadas
del
viento
hacen
andar
la
piedra
del
molino
.
Ma
Don
Quijote
volge
uno
sguardo
compassionevole
al
suo
panciuto
scudiero
,
e
grida
ai
molini
:
-
Pues
aunque
moveis
mas
bragos
que
los
del
gigante
Briareo
,
me
lo
habeis
de
pagar
.
La
paga
lui
,
ohimè
.
E
noi
ridiamo
.
Ma
il
riso
che
qua
scoppia
per
quest
'
urto
con
la
realtà
è
ben
diverso
di
quello
che
nasce
là
per
l
'
accordo
che
il
poeta
cerca
con
quel
mondo
fantastico
per
mezzo
dell
'
ironia
,
che
nega
appunto
la
realtà
di
quel
mondo
.
L
'
uno
è
il
riso
dell
'
ironia
,
l
'
altro
il
riso
dell
'
umorismo
.
Allorché
Orlando
urta
anche
lui
contro
la
realtà
e
smarrisce
del
tutto
il
senno
,
getta
via
le
armi
,
si
smaschera
,
si
spoglia
d
'
ogni
apparato
leggendario
,
e
precipita
,
uomo
nudo
,
nella
realtà
.
Scoppia
la
tragedia
.
Nessuno
può
ridere
del
suo
aspetto
e
de
'
suoi
atti
;
quanto
vi
può
esser
di
comico
in
essi
è
superato
dal
tragico
del
suo
furore
.
Don
Quijote
è
matto
anche
lui
;
ma
è
un
matto
che
non
si
spoglia
;
è
un
matto
anzi
che
si
veste
,
si
maschera
di
quell
'
apparato
leggendario
e
,
così
mascherato
,
muove
con
la
massima
serietà
verso
le
sue
ridicole
avventure
.
Quella
nudità
e
questa
mascheratura
sono
i
segni
più
manifesti
della
loro
follia
.
Quella
,
nella
sua
tragicità
,
ha
del
comico
;
questa
ha
del
tragico
nella
sua
comicità
.
Noi
però
non
ridiamo
dei
furori
di
quel
nudo
;
ridiamo
delle
prodezze
di
questo
mascherato
,
ma
pur
sentiamo
che
quanto
vi
è
di
tragico
in
lui
non
è
del
tutto
annientato
dal
comico
della
sua
mascheratura
,
così
come
il
comico
di
quella
nudità
è
annientato
dal
tragico
della
furibonda
passione
.
Sentiamo
in
somma
che
qui
il
comico
è
anche
superato
,
non
però
dal
tragico
,
ma
attraverso
il
comico
stesso
(
applico
qui
la
formula
del
Lipps
che
definisce
appunto
l
'
umorismo
:
Erhabenheit
in
der
Komik
und
durch
dieselbe
,
vedi
op
.
cit
.
,
pag
.
243
.
Ma
come
si
spiega
questo
superamento
del
comico
attraverso
il
comico
stesso
?
La
spiegazione
che
dà
il
Lipps
non
mi
sembra
accettabile
per
quelle
stesse
ragioni
che
infirmano
tutta
la
sua
teoria
estetica
.
Vedi
su
questa
la
critica
del
Croce
nella
seconda
parte
della
sua
Estetica
,
pag
.
434
)
.
Noi
commiseriamo
ridendo
,
o
ridiamo
commiserando
.
Come
è
riuscito
il
poeta
a
ottenere
questo
effetto
?
Per
conto
mio
,
non
so
proprio
capacitarmi
che
l
'
ingegnoso
gentiluomo
Don
Quijote
sia
nato
en
un
lugar
de
la
Mancha
,
e
non
piuttosto
in
Alcalá
de
Henares
nell
'
anno
1547
.
Non
so
capacitarmi
che
la
famosa
battaglia
di
Lepanto
,
che
doveva
,
come
tante
magnanime
imprese
della
cavalleria
,
strepitosamente
apparecchiate
,
cader
nel
vuoto
,
così
che
l
'
arguto
Gran
Visir
di
Selim
poté
dire
ai
cristiani
:
Noi
vi
abbiamo
tagliato
un
braccio
prendendovi
l
'
isola
di
Cipro
;
ma
voi
che
ci
avete
fatto
,
distruggendoci
tante
navi
subito
ricostruite
?
La
barba
,
che
ci
è
rinata
il
giorno
dopo
!
non
so
capacitarmi
,
dicevo
,
che
la
famosa
battaglia
di
Lepanto
,
di
cui
i
confederati
cristiani
non
seppero
trarre
alcun
profitto
,
non
sia
qualcosa
come
la
espantable
y
jamds
imaginada
aventura
de
los
molinos
de
viento
.
Questa
è
dice
Don
Quijote
al
suo
fido
scudiero
questa
è
,
Sancho
,
buona
guerra
,
e
gran
servizio
a
Dio
toglier
tanto
mal
seme
dalla
faccia
della
terra
!
Non
vedeva
dunque
il
turbante
turco
Don
Quijote
in
capo
a
quei
giganti
,
che
al
buon
Sancho
parevano
molini
a
vento
?
Forse
erano
,
per
la
Spagna
.
L
'
isola
di
Cipro
poteva
premere
ai
signori
veneziani
,
una
guerra
contro
i
Turchi
poteva
premere
a
Pio
V
,
fiero
papa
domenicano
,
nelle
cui
vecchie
vene
fremeva
ancor
caldo
il
sangue
della
giovinezza
.
Ma
a
que
'
bei
dì
di
primavera
,
quando
il
Torres
giunse
in
Ispagna
,
inviato
dal
Papa
a
patrocinar
la
causa
de
'
Veneziani
,
Filippo
II
moveva
verso
i
festeggiamenti
sontuosi
di
Cordova
e
di
Siviglia
:
molini
a
vento
,
le
navi
del
Gran
Visir
!
Non
per
Don
Quijote
,
però
:
dico
per
il
Don
Quijote
,
non
della
Mancha
,
ma
di
Alcali
.
Eran
giganti
veri
per
lui
,
e
con
che
cuore
di
gigante
mosse
incontro
a
loro
.
Gli
avvenne
male
,
ahimè
!
Ma
all
'
evidenza
,
come
ad
alcun
nemico
,
come
alla
sorte
ingrata
,
egli
non
volle
arrendersi
mai
!
E
disse
allora
che
le
cose
della
guerra
van
soggette
più
delle
altre
a
continui
mutamenti
:
pensò
,
e
gli
parve
la
verità
,
che
il
tristo
incantatore
suo
nemico
,
il
mago
Freston
,
colui
che
gli
aveva
tolto
i
libri
e
la
casa
,
aveva
cangiato
i
giganti
in
molini
per
togliergli
anche
il
vanto
della
vittoria
.
Questo
soltanto
?
Anche
una
mano
gli
tolse
,
il
tristo
mago
.
Una
mano
,
e
poi
la
libertà
.
Molti
han
voluto
cercar
la
ragione
per
cui
Miguel
Cervantes
de
Saavedra
,
prode
soldato
,
reduce
di
Lepanto
e
di
Terceira
,
piuttosto
che
cantare
epicamente
,
come
alla
sua
natura
eroica
sarebbe
meglio
convenuto
,
le
gesta
del
Cid
o
i
trionfi
di
Carlo
V
,
o
la
stessa
giornata
di
Lepanto
o
la
spedizione
delle
Azzorre
,
poté
concepire
un
tipo
come
il
Cavaliere
dalla
Trista
Figura
e
comporre
un
libro
come
il
Don
Quote
.
E
si
è
voluto
finanche
supporre
che
il
Cervantes
creasse
il
suo
eroe
per
la
stessa
ragione
per
cui
più
tardi
il
nostro
buon
Tassoni
il
suo
Conte
di
Culagna
.
Qualcuno
,
è
vero
,
si
è
spinto
fino
a
dire
che
la
vera
ragione
del
lavoro
sta
nel
contrasto
,
costante
in
noi
,
fra
le
tendenze
poetiche
e
quelle
prosaiche
della
nostra
natura
,
fra
le
illusioni
della
generosità
e
dell
'
eroismo
e
le
dure
esperienze
della
realtà
.
Ma
questa
che
,
se
mai
,
vorrebbe
estere
una
spiegazione
astratta
del
libro
,
non
ci
dà
la
ragione
per
cui
fu
composto
.
Scartate
come
inammissibili
le
vedute
del
Sismondi
e
del
Bouterwek
,
tutti
,
o
più
o
meno
,
si
sono
attenuti
a
ciò
che
lo
stesso
Cervantes
dichiara
nel
prologo
della
prima
parte
del
suo
capolavoro
e
nella
chiusa
del
secondo
volume
:
che
il
libro
cioè
non
ha
altro
fine
che
quello
d
'
arrestare
e
di
distruggere
l
'
importanza
che
hanno
nel
mondo
e
presso
il
volgo
i
libri
di
cavalleria
,
e
che
il
desiderio
dell
'
autore
altro
non
è
stato
che
quello
di
abbandonare
all
'
esecrazione
degli
uomini
le
false
stravaganti
storie
della
cavalleria
,
le
quali
,
colpite
a
morte
da
quella
del
suo
vero
Don
Quijote
,
non
camminano
più
se
non
traballando
e
hanno
indubbiamente
a
cadere
del
tutto
.
Ora
noi
ci
guarderemo
bene
dal
contradire
allo
stesso
autore
;
tanto
più
che
è
noto
a
tutti
qual
potere
avessero
a
quei
dì
in
Ispagna
i
libri
di
cavalleria
e
come
il
gusto
per
siffatta
letteratura
avesse
assunto
il
grado
della
follia
.
Ci
avvarremo
anzi
anche
noi
di
queste
parole
e
ci
serviremo
dell
'
autore
stesso
e
della
stessa
storia
della
sua
vita
per
dimostrare
la
vera
ragione
del
libro
e
quella
,
più
profonda
,
dell
'
umorismo
di
esso
.
Come
nasce
al
Cervantes
l
'
idea
di
coglier
vivo
e
vero
nel
suo
paese
e
nel
tempo
suo
,
anziché
lontano
,
in
Francia
,
al
tempo
di
Carlomagno
,
l
'
eroe
da
celebrare
con
quell
'
intento
espresso
nelle
parole
del
prologo
?
Quando
e
dove
gli
nasce
quest
'
idea
e
perché
?
Non
è
senza
ragione
il
favore
straordinario
per
la
letteratura
epica
e
cavalleresca
in
quel
tempo
:
è
l
'
incubo
del
secolo
del
poeta
la
lotta
fra
Cristianità
e
Islamismo
.
E
il
poeta
,
fin
dall
'
infanzia
anche
lui
sotto
il
fascino
dello
spirito
cavalleresco
,
povero
,
ma
altero
discendente
d
'
una
nobile
famiglia
da
più
secoli
devota
alla
monarchia
e
alle
armi
,
fu
per
tutta
la
vita
uno
strenuo
difensore
della
sua
fede
.
Non
aveva
dunque
bisogno
d
'
andarlo
a
cercar
lontano
,
nella
leggenda
,
l
'
eroe
,
cavaliere
della
fede
e
della
giustizia
:
lo
aveva
presente
in
sé
.
E
quest
'
eroe
combatte
a
Lepanto
;
quest
'
eroe
tien
testa
per
cinque
anni
,
schiavo
in
Algeri
,
ad
Hassan
,
il
feroce
re
berbero
;
quest
'
eroe
combatte
in
tre
altre
campagne
per
il
suo
re
contro
a
Francesi
e
Inglesi
.
Come
mai
,
tutt
'
a
un
tratto
,
gli
si
mutano
in
molini
a
vento
queste
campagne
,
e
l
'
elmo
che
ha
in
testa
in
un
vil
piatto
da
barbiere
?
Ha
avuto
molta
fortuna
una
considerazione
del
Sainte
-
Beuve
,
che
cioè
nei
capolavori
del
genio
umano
viva
nascosta
una
plusvalenza
futura
,
la
quale
si
svolge
di
per
sé
sola
,
indipendentemente
dagli
autori
medesimi
,
come
dal
germe
si
svolgono
il
fiore
ed
il
frutto
senza
che
il
giardiniere
abbia
fatto
altro
se
non
avere
zappato
bene
,
rastrellato
,
innaffiato
il
terreno
,
e
dato
ad
esso
tutte
quelle
cure
e
conferito
quegli
elementi
che
meglio
valessero
a
fecondarlo
.
Di
questa
considerazione
avrebbero
potuto
farsi
forti
tutti
coloro
che
nel
medio
evo
scoprivano
non
so
che
allegorie
nei
poeti
greci
e
latini
.
Era
anche
questo
un
modo
di
sciogliere
in
rapporti
logici
le
creazioni
della
fantasia
.
Certo
,
quando
un
poeta
riesce
veramente
a
dar
vita
a
una
sua
creatura
,
questa
vive
indipendentemente
dal
suo
autore
,
tanto
che
noi
possiamo
immaginarla
in
altre
situazioni
in
cui
l
'
autore
non
pensò
di
collocarla
,
e
vederla
agire
secondo
le
intime
leggi
della
sua
propria
vita
,
leggi
che
neanche
l
'
autore
avrebbe
potuto
violare
;
certo
,
questa
creatura
,
in
cui
il
poeta
riuscì
a
raccogliere
istintivamente
,
ad
assommare
e
a
far
vivere
tanti
particolari
caratteristici
e
tanti
elementi
sparsi
qua
e
là
,
può
divenir
poi
quel
che
suoi
dirsi
un
tipo
,
ciò
che
non
era
nell
'
intenzione
dell
'
autore
nell
'
atto
della
creazione
.
Ma
si
può
dir
questo
veramente
del
Don
Quote
del
Cervantes
?
Si
può
dire
e
sostenere
sul
serio
che
l
'
intenzione
del
poeta
nel
comporre
il
suo
libro
era
solamente
quella
di
toglier
con
l
'
arma
del
ridicolo
ogni
autorità
e
prestigio
che
avevan
nel
mondo
e
presso
il
volgo
i
libri
di
cavalleria
,
a
fine
di
distruggerne
i
mali
effetti
,
e
che
il
poeta
non
si
sognò
mai
di
porre
in
quel
suo
capolavoro
tutto
quello
che
ci
vediamo
noi
?
Chi
è
Don
Quijote
,
e
perché
è
ritenuto
pazzo
?
Egli
in
fondo
non
ha
e
tutti
lo
riconoscono
che
una
sola
e
santa
aspirazione
:
la
giustizia
.
Vuol
proteggere
i
deboli
e
atterrare
i
prepotenti
,
recar
rimedio
agli
oltraggi
della
sorte
,
far
vendetta
delle
violenze
della
malvagità
.
Quanto
più
bella
e
più
nobile
sarebbe
la
vita
,
più
giusto
il
mondo
,
se
i
propositi
dell
'
ingegnoso
gentiluomo
potessero
sortire
il
loro
effetto
!
Don
Quijote
è
mite
,
di
squisiti
sentimenti
,
prodigo
e
non
curante
di
sé
,
tutto
per
gli
altri
.
E
come
parla
bene
!
Quanta
franchezza
e
quanta
generosità
in
tutto
ciò
che
dice
!
Egli
considera
il
sacrificio
come
un
dovere
,
e
tutti
i
suoi
atti
,
almeno
nelle
intenzioni
,
son
meritevoli
d
'
encomio
e
di
gratitudine
.
E
allora
la
satira
dov
'
è
?
Noi
tutti
amiamo
questo
virtuoso
cavaliere
;
e
le
sue
disgrazie
se
da
un
canto
ci
fanno
ridere
,
dall
'
altro
ci
commuovono
profondamente
.
Se
il
Cervantes
voleva
far
dunque
strazio
dei
libri
di
cavalleria
,
per
i
mali
effetti
che
essi
producevano
negli
animi
de
'
suoi
contemporanei
,
l
'
esempio
ch
'
egli
reca
con
Don
Quijote
non
è
calzante
.
L
'
effetto
che
quei
libri
producono
in
Don
Quijote
non
è
disastroso
se
non
per
lui
,
per
il
povero
Hidalgo
.
Ed
è
così
disastroso
,
solo
perché
l
'
idealità
cavalleresca
non
poteva
più
accordarsi
con
la
realtà
dei
nuovi
tempi
.
Orbene
,
questo
appunto
,
a
sue
spese
,
aveva
imparato
don
Miguel
Cervantes
de
Saavedra
.
Com
'
era
stato
egli
rimeritato
del
suo
eroismo
,
delle
due
archibugiate
e
della
perdita
della
mano
nella
battaglia
di
Lepanto
,
della
schiavitù
sofferta
per
cinque
anni
in
Algeri
,
del
valore
dimostrato
nell
'
assalto
di
Terceira
,
della
nobiltà
dell
'
animo
,
della
grandezza
dell
'
ingegno
,
della
modestia
paziente
?
che
sorte
avevano
avuto
i
sogni
generosi
,
che
lo
avevan
tratto
a
combattere
sui
campi
di
battaglia
e
a
scrivere
pane
immortali
?
che
sorte
le
illusioni
luminose
?
S
'
era
armato
cavaliere
come
il
suo
Don
Quijote
,
aveva
combattuto
,
affrontando
nemici
e
rischi
d
'
ogni
sorta
per
cause
giuste
e
sante
,
s
'
era
nutrito
sempre
delle
più
alte
e
nobili
idealità
,
e
qual
compenso
ne
aveva
avuto
?
Dopo
aver
miseramente
stentato
la
vita
in
impieghi
indegni
di
lui
;
prima
scomunicato
,
da
commissario
di
proviande
militari
in
Andalusia
;
poi
,
da
esattore
,
truffato
,
non
va
forse
a
finire
in
prigione
?
E
dov
'
è
questa
prigione
?
Ma
lì
,
proprio
lì
nella
Mancha
!
In
un
'
oscura
e
rovinosa
carcere
della
Mancha
,
nasce
il
Don
Quijote
.
Ma
era
già
nato
prima
il
vero
Don
Quijote
:
era
nato
in
Alcalá
de
Henares
nel
1547
.
Non
s
'
era
ancora
riconosciuto
,
non
s
'
era
veduto
ancor
bene
:
aveva
creduto
di
combattere
contro
i
giganti
e
di
avere
in
capo
l
'
elmo
di
Mambrino
.
Lì
,
nell
'
oscura
carcere
della
Mancha
,
egli
si
riconosce
,
egli
si
vede
finalmente
;
si
accorge
che
i
giganti
eran
molini
a
vento
e
l
'
elmo
di
Mambrino
un
vil
piatto
da
barbiere
.
Si
vede
,
e
ride
di
sé
stesso
.
Ridono
tutti
i
suoi
dolori
.
Ah
,
folle
!
folle
!
folle
!
Via
,
al
rogo
,
tutti
i
libri
di
cavalleria
!
Altro
che
plusvalenza
futura
!
Leggete
nello
stesso
prologo
alla
prima
parte
ciò
che
il
Cervantes
dice
all
'
ozioso
lettore
:
Io
non
ho
potuto
contravvenire
all
'
ordine
naturale
che
vuole
che
ogni
cosa
generi
ciò
che
le
somiglia
.
E
così
,
che
cosa
poteva
mai
generare
lo
sterile
e
mal
coltivato
ingegno
mio
,
se
non
la
storia
d
'
un
figlio
rinsecchito
,
ingiallito
e
capriccioso
,
pieno
di
pensieri
varii
non
mai
finora
da
alcun
altro
immaginati
;
generato
com
'
ei
fu
in
una
carcere
,
dove
ogni
angustia
siede
ed
ha
stanza
ogni
tristo
umore
?
Ma
come
si
spiegherebbe
altrimenti
la
profonda
amarezza
che
è
come
l
'
ombra
seguace
d
'
ogni
passo
,
d
'
ogni
atto
ridicolo
,
d
'
ogni
folle
impresa
di
quel
povero
gentiluomo
della
Mancha
?
E
il
sentimento
di
pena
che
ispira
l
'
immagine
stessa
nell
'
autore
,
quando
,
materiata
com
'
è
del
dolore
di
lui
,
si
vuole
ridicola
.
E
si
vuole
così
,
perché
la
riflessione
,
frutto
d
'
amarissima
esperienza
,
ha
suggerito
all
'
autore
il
sentimento
del
contrario
,
per
cui
riconosce
il
suo
torto
e
vuol
punirsi
con
la
derisione
che
gli
altri
faranno
di
lui
.
Perché
Cervantes
non
cantò
il
Cid
Campeador
?
Ma
chi
sa
se
nell
'
oscura
e
rovinosa
carcere
l
'
immagine
di
quest
'
eroe
non
gli
s
'
affacciò
veramente
,
a
destargli
un
'
angosciosa
invidia
!
Tra
Don
Quijote
,
che
nel
suo
tempo
volle
vivere
come
,
non
già
nel
loro
,
ma
fuori
del
tempo
e
fuori
del
mondo
,
nella
leggenda
o
nel
sogno
dei
poeti
avevano
vissuto
i
cavalieri
erranti
,
e
il
Cid
Campeador
che
,
ajutando
il
tempo
,
poté
facilmente
far
leggenda
della
sua
storia
,
non
avvenne
in
quella
carcere
,
alla
presenza
del
poeta
,
un
dialogo
?
Presso
le
altre
genti
il
romanzo
cavalleresco
aveva
creato
a
sé
stesso
personaggi
fittizii
,
o
meglio
,
il
romanzo
cavalleresco
era
sorto
dalla
leggenda
che
si
era
formata
intorno
ai
cavalieri
.
Ora
la
leggenda
che
fa
?
Accresce
,
trasforma
,
idealizza
,
astrae
dalla
realtà
comune
,
dalla
materialità
della
vita
,
da
tutte
quelle
vicende
ordinarie
,
che
creano
appunto
le
maggiori
difficoltà
nell
'
esistenza
.
Perché
un
personaggio
non
più
fittizio
,
ma
un
uomo
che
prenda
a
modello
le
smisurate
immagini
ideali
messe
su
dall
'
immaginazione
collettiva
o
dalla
fantasia
d
'
un
poeta
,
riesca
a
riempir
di
sé
queste
grandiose
maschere
leggendarie
,
ci
vuole
non
solo
una
grandezza
d
'
animo
straordinaria
,
ma
anche
il
tempo
che
ajuti
.
Questo
avvenne
al
Cid
Campeador
.
Ma
Don
Quijote
?
Coraggio
a
tutta
prova
,
animo
nobilissimo
,
fiamma
di
fede
;
ma
quel
coraggio
non
gli
frutta
che
volgari
bastonate
;
quella
nobiltà
d
'
animo
è
una
follia
;
quella
fiamma
di
fede
è
un
misero
stoppaccio
ch
'
egli
si
ostina
a
tenere
acceso
,
povero
pallone
mal
fatto
e
rappezzato
,
che
non
riesce
a
pigliar
vento
,
che
sogna
di
lanciarsi
a
combattere
con
le
nuvole
,
nelle
quali
vede
giganti
e
mostri
,
e
va
intanto
terra
terra
,
incespicando
in
tutti
gli
sterpi
e
gli
stecchi
e
gli
spuntoni
,
che
ne
fanno
strazio
,
miseramente
.
VI
.
UMORISTI
ITALIANI
Non
è
mia
intenzione
tracciare
,
neppure
per
sommi
capi
,
pi
,
la
storia
dell
'
umorismo
presso
le
genti
latine
e
segnatamente
in
Italia
.
Ho
voluto
soltanto
,
in
questa
prima
parte
del
mio
lavoro
,
oppormi
a
quanti
han
voluto
sostenere
che
esso
sia
un
fenomeno
esclusivamente
moderno
e
quasi
una
prerogativa
delle
genti
anglo
-
germaniche
,
in
base
a
certi
preconcetti
,
a
certe
divisioni
e
considerazioni
,
arbitrarie
le
une
,
sommarie
le
altre
,
come
mi
sembra
di
aver
dimostrato
.
La
discussione
intorno
a
queste
divisioni
arbitrarie
e
considerazioni
sommarie
,
se
forse
mi
ha
fatto
ritardare
alquanto
il
cammino
,
che
mi
ero
proposto
più
spedito
,
trattenendomi
a
osservar
da
presso
certi
particolari
aspetti
,
certe
particolari
condizioni
nella
storia
della
nostra
letteratura
;
tuttavia
non
mi
ha
disviato
mai
dall
'
argomento
principale
,
che
del
resto
vuol
essere
trattato
con
sottile
penetrazione
e
minuta
analisi
.
Vi
ho
girato
attorno
,
ma
per
circuirlo
sempre
più
e
penetrarlo
meglio
da
ogni
parte
.
A
qualcuno
che
forse
avrà
creduto
di
trovare
una
contradizione
tra
il
mio
assunto
e
gli
esempii
finora
recati
di
scrittori
italiani
,
nei
quali
non
ho
riconosciuto
la
nota
del
vero
umorismo
,
ricorderò
che
io
ho
parlato
in
principio
di
due
maniere
d
'
intenderlo
,
e
ho
detto
che
il
vero
nodo
della
questione
è
appunto
qui
:
cioè
,
se
l
'
umorismo
debba
essere
inteso
nel
senso
largo
con
cui
comunemente
si
suole
intendere
,
e
non
in
Italia
soltanto
;
o
in
un
senso
più
stretto
e
particolare
,
con
peculiari
caratteri
ben
definiti
,
che
è
per
me
il
giusto
modo
d
'
intenderlo
.
Inteso
in
quel
senso
largo
ho
detto
se
ne
può
trovare
in
gran
copia
nella
letteratura
così
antica
come
moderna
d
'
ogni
paese
;
inteso
in
questo
senso
stretto
e
per
me
proprio
,
se
ne
troverà
parimenti
,
ma
in
molto
minor
copia
,
anzi
in
pochissime
espressioni
eccezionali
,
così
presso
gli
antichi
come
presso
i
moderni
d
'
ogni
paese
,
non
essendo
prerogativa
di
questa
o
di
quella
razza
,
di
questo
o
di
quel
tempo
,
ma
frutto
di
una
specialissima
disposizione
naturale
,
d
'
un
intimo
processo
psicologico
che
può
avvenire
tanto
in
un
savio
dell
'
antica
Grecia
,
come
Socrate
,
quanto
in
un
poeta
dell
'
Italia
moderna
,
come
Alessandro
Manzoni
.
Non
è
lecito
però
assumere
a
capriccio
questo
o
quel
modo
d
'
intendere
e
applicar
l
'
uno
a
una
letteratura
,
per
concludere
che
essa
non
ha
umorismo
,
e
applicar
l
'
altro
a
un
'
altra
per
dimostrare
che
l
'
umorismo
vi
sta
di
casa
.
Non
è
lecito
sentir
soltanto
negli
stranieri
,
a
causa
della
lingua
diversa
,
quel
particolar
sapore
,
che
per
la
familiarità
dello
stesso
strumento
espressivo
non
si
avverte
più
nei
nostri
,
ma
nei
quali
intanto
gli
stranieri
a
lor
volta
lo
avvertono
.
Così
facendo
,
noi
saremo
i
soli
a
non
riconoscer
traccia
d
'
umorismo
nella
nostra
letteratura
,
mentre
vedremo
gl
'
Inglesi
,
ad
esempio
,
porre
a
capo
della
loro
un
umorista
,
il
Chaucer
,
il
quale
,
se
mai
,
può
esser
considerato
per
tale
,
ove
si
assuma
l
'
umorismo
nel
senso
più
largo
,
in
quel
senso
cioè
per
cui
può
esser
considerato
quale
umorista
anche
il
Boccaccio
e
tanti
altri
scrittori
nostri
con
lui
.
Nessuna
contradizione
,
dunque
,
da
parte
nostra
.
La
contradizione
invece
è
in
coloro
che
,
dopo
aver
affermato
che
l
'
umorismo
è
un
fenomeno
nordico
e
una
prerogativa
delle
genti
anglo
-
germaniche
,
quando
poi
vogliono
recare
due
esempii
mirabili
del
più
schietto
e
compiuto
umorismo
,
citano
Rabelais
e
Cervantes
,
un
francese
e
uno
spagnuolo
;
oppure
il
Rabelais
e
il
Montaigne
;
e
citando
il
Rabelais
non
hanno
occhi
per
vedere
in
casa
loro
il
Pulci
,
il
Folengo
,
il
Berni
;
e
,
citando
il
Montaigne
,
che
è
il
tipo
dello
scettico
sereno
,
non
avido
di
lotte
,
sorridente
,
senza
impeti
,
senza
ideali
da
difendere
,
senza
virtù
da
seguire
,
lo
scettico
che
tollera
tutto
senza
aver
fede
in
nulla
,
che
non
ha
né
entusiasmi
né
aspirazioni
,
che
si
serve
del
dubbio
per
giustificare
l
'
inerzia
con
la
tolleranza
,
che
dimostra
una
percezione
della
vita
serena
,
ma
sterile
,
indice
di
egoismo
e
di
decadenza
di
razza
,
giacché
il
libero
esame
che
non
spinge
all
'
azione
può
meglio
che
salvare
dalla
schiavitù
,
accettare
,
o
rendersi
complice
del
dispotismo
,
non
s
'
accorgono
,
dico
,
che
le
ragioni
per
cui
han
negato
a
tanti
scrittori
italiani
non
solo
la
nota
umoristica
,
ma
anche
la
possibilità
d
'
averla
,
sono
appunto
queste
che
dicono
d
'
aver
prodotto
l
'
umorismo
del
Montaigne
.
Un
peso
,
come
si
vede
,
e
due
misure
.
Noi
vedremo
che
,
in
realtà
,
l
'
avere
una
fede
profonda
,
un
ideale
innanzi
a
sé
,
l
'
aspirare
a
qualche
cosa
e
il
lottare
per
raggiungerla
,
lungi
dall
'
essere
condizioni
necessarie
all
'
umorismo
,
sono
anzi
opposte
;
e
che
tuttavia
può
benissimo
essere
umorista
anche
chi
abbia
una
fede
,
un
ideale
innanzi
a
sé
,
un
'
aspirazione
,
e
lotti
a
suo
modo
per
raggiungerla
.
Un
ideale
qualsiasi
,
in
somma
,
per
sé
stesso
,
non
dispone
affatto
all
'
umorismo
,
anzi
ostacola
questa
disposizione
.
Ma
l
'
ideale
può
ben
esserci
;
e
se
c
'
è
,
l
'
umorismo
,
che
deriva
da
altre
cause
,
certamente
prenderà
qualità
da
esso
,
come
del
resto
da
tutti
gli
altri
elementi
costitutivi
dello
spirito
di
questo
o
di
quell
'
umorista
.
In
altre
parole
:
l
'
umorismo
non
ha
affatto
bisogno
d
'
un
fondo
etico
,
può
averlo
o
non
averlo
:
questo
dipende
dalla
personalità
,
dall
'
indole
dello
scrittore
;
ma
,
naturalmente
,
dall
'
esserci
o
dal
non
esserci
,
l
'
umorismo
prende
qualità
e
muta
d
'
effetto
,
riesce
cioè
più
o
meno
amaro
,
più
o
meno
aspro
,
pende
più
o
meno
o
verso
il
tragico
o
verso
il
comico
,
o
verso
la
satira
,
o
verso
la
burla
,
ecc
.
Chi
crede
che
sia
tutto
un
giuoco
di
contrasto
tra
l
'
ideale
del
poeta
e
la
realtà
,
e
dice
che
si
ha
l
'
invettiva
,
l
'
ironia
,
la
satira
,
se
l
'
ideale
del
poeta
resta
offeso
acerbamente
e
sdegnato
dalla
realtà
;
la
commedia
,
la
farsa
,
la
beffa
,
la
caricatura
,
il
grottesco
,
se
poco
se
ne
sdegna
e
delle
apparenze
della
realtà
in
contrasto
con
sé
è
piuttosto
indotto
a
ridere
più
o
meno
fortemente
;
e
che
infine
si
ha
l
'
umorismo
,
se
l
'
ideale
del
poeta
non
resta
offeso
e
non
si
sdegna
,
ma
transige
bonariamente
,
con
indulgenza
un
po
'
dolente
,
mostra
d
'
avere
dell
'
umorismo
una
veduta
troppo
unilaterale
e
anche
un
po
'
superficiale
.
Certo
molto
dipende
dalla
disposizione
d
'
animo
del
poeta
;
certo
l
'
ideale
di
questo
in
contrasto
con
la
realtà
può
o
sdegnarsi
o
ridere
o
transigere
;
ma
un
ideale
che
transige
non
dimostra
in
verità
d
'
esser
molto
sicuro
di
sé
e
profondamente
radicato
.
E
consisterà
l
'
umorismo
in
questa
limitazione
dell
'
ideale
?
No
.
La
limitazione
dell
'
ideale
sarà
,
se
mai
,
non
causa
,
ma
conseguenza
di
quel
particolar
processo
psicologico
che
si
chiama
umorismo
.
Lasciamo
star
dunque
una
buona
volta
gl
'
ideali
,
la
fede
,
le
aspirazioni
e
via
dicendo
:
lo
scetticismo
,
la
tolleranza
,
il
carattere
realistico
,
che
le
nostre
lettere
assunsero
fin
quasi
dal
loro
inizio
,
furon
bene
disposizioni
e
condizioni
favorevoli
all
'
umorismo
;
l
'
ostacolo
maggiore
fu
la
retorica
imperante
,
che
impose
leggi
e
norme
astratte
di
composizione
,
una
letteratura
di
testa
,
quasi
meccanicamente
costruita
,
in
cui
gli
elementi
soggettivi
dello
spirito
eran
soffocati
.
Infranto
il
giogo
,
abbiamo
detto
,
di
questa
poetica
intellettualistica
dalla
ribellione
appunto
degli
elementi
soggettivi
dello
spirito
,
che
caratterizza
il
movimento
romantico
,
l
'
umorismo
si
affermò
liberamente
,
massime
in
Lombardia
che
del
romanticismo
italiano
fu
il
campo
.
Ma
questo
così
detto
romanticismo
fu
l
'
ultima
e
clamorosa
levata
di
scudi
della
volontà
e
del
sentimento
ribelli
all
'
intelletto
;
in
tanti
altri
periodi
,
in
tanti
altri
momenti
della
storia
letteraria
d
'
ogni
nazione
avvennero
di
tali
ribellioni
,
e
ci
furon
sempre
solitarie
anime
ribelli
,
e
ci
fu
sempre
il
popolo
che
si
espresse
nei
varii
dialetti
senza
imparare
a
scuola
regole
e
leggi
.
Fra
questi
scrittori
solitarii
ribelli
alla
retorica
,
fra
i
dialettali
bisogna
cercar
gli
umoristi
e
,
in
senso
largo
,
ne
troveremo
in
gran
copia
,
fin
dagli
inizii
della
nostra
letteratura
,
segnatamente
in
Toscana
;
nel
senso
vero
e
proprio
pochi
ne
troveremo
,
ma
non
se
ne
trovano
di
più
certo
nelle
letterature
degli
altri
paesi
,
né
questi
pochi
nostri
son
da
meno
dei
pochi
stranieri
,
che
a
confusione
nostra
ci
son
messi
innanzi
di
continuo
,
e
son
sempre
quelli
,
se
ben
s
'
avverte
,
da
contarli
su
le
dita
d
'
una
mano
.
Solo
che
il
valore
e
il
sapor
dei
nostri
,
noi
non
lo
abbiamo
saputo
mai
né
metter
bene
in
rilievo
,
e
pregiare
,
né
avvertire
e
distinguere
a
dovere
,
perché
alle
loro
singole
e
specialissime
individualità
la
critica
,
guidata
nella
maggior
parte
delle
nostre
storie
letterarie
da
pregiudizii
che
non
hanno
nulla
che
vedere
con
l
'
estetica
o
,
comunque
,
da
criterii
generali
,
non
ha
saputo
a
volta
a
volta
adattarsi
e
piegarsi
,
e
ha
giudicato
come
errori
,
eccessi
o
difetti
quelli
che
eran
caratteri
peculiari
.
Dico
questo
soltanto
:
chi
sa
che
giudizio
troveremmo
nelle
nostre
storie
letterarie
d
'
un
libro
come
la
Vita
e
opinioni
di
Tristram
ShandY
,
se
scritto
in
italiano
,
da
uno
scrittore
italiano
,
chi
sa
che
capolavoro
d
'
umorismo
sarebbero
,
ad
esempio
,
la
Circe
o
I
capricci
di
Giusto
Bottajo
,
se
scritti
in
inglese
,
da
uno
scrittore
inglese
,
o
magari
la
stessa
Vita
di
Cicerone
di
Gian
Carlo
Passeroni
!
Discorrevo
,
qualche
anno
fa
,
appunto
di
questo
,
con
un
cultissimo
signore
inglese
,
conoscitore
profondo
della
letteratura
italiana
.
Neanche
nel
Machiavelli
?
mi
domandava
egli
con
meraviglia
quasi
incredula
.
I
vostri
critici
non
riconoscono
umorismo
neanche
nel
Machiavelli
?
neanche
nella
novella
di
Belfagor
?
Ed
io
pensavo
alla
grandezza
nuda
di
questo
Sommo
nostro
,
che
non
andò
mai
a
vestirsi
nel
guardaroba
della
retorica
;
che
come
pochi
comprese
la
forza
delle
cose
;
a
cui
la
logica
venne
sempre
dai
fatti
;
.
che
contro
ogni
sintesi
confusa
reagì
con
l
'
analisi
più
arguta
e
più
sottile
;
che
ogni
macchina
ideale
smontò
coi
due
strumenti
dell
'
esperienza
e
del
discorso
;
che
ogni
esagerazione
di
forma
distrusse
col
riso
;
pensavo
che
nessuno
ebbe
maggiore
intimità
di
stile
di
lui
e
più
acuto
spirito
d
'
osservazione
;
che
poche
anime
furono
come
la
sua
disposte
all
'
apprensione
dei
contrasti
,
a
ricevere
più
profondamente
l
'
impressione
delle
incongruenze
della
vita
;
pensavo
che
,
parendo
a
molti
un
carattere
dell
'
umorismo
quella
certa
cura
delle
minuzie
e
una
-
come
dice
il
D
'
Ancona
a
giudicarla
astrattamente
e
a
prima
vista
,
trivialità
e
volgarità
,
anch
'
egli
,
il
Machiavelli
,
alla
moltitudine
talvolta
si
mescolò
fino
alla
volgarità
,
tanto
che
scrisse
:
Così
involto
tra
questi
pidocchi
,
traggo
il
cervello
di
muffa
,
e
sfogo
questa
malignità
di
questa
mia
sorte
,
sendo
contento
mi
calpesti
per
questa
via
per
vedere
se
la
se
ne
vergognassi
;
ma
anche
:
Però
se
alcuna
volta
io
rido
o
canto
Facciol
perché
non
ho
se
non
quest
'
una
Via
da
sfogare
il
mi
'
angoscioso
pianto
;
pensavo
anche
a
un
'
acuta
osservazione
del
De
Sanctis
,
che
cioè
:
il
Machiavelli
adopera
la
tolleranza
che
comprende
e
assolve
:
non
già
la
tolleranza
indifferente
dello
scettico
,
dell
'
ebete
,
dello
sciocco
;
ma
la
tolleranza
dello
scienziato
,
che
non
sente
odio
contro
la
materia
ch
'
egli
analizza
e
studia
,
e
la
tratta
coll
'
ironia
dell
'
uomo
superiore
alle
passioni
e
dice
:
ti
tollero
,
non
perché
ti
approvi
,
ma
perché
ti
comprendo
pensavo
a
tutti
questi
elementi
che
,
a
farlo
apposta
,
se
li
mettiamo
in
fila
,
son
proprio
quelli
che
gl
'
intenditori
delle
letterature
straniere
riconoscono
proprii
dei
veri
e
più
celebrati
umoristi
(
s
'
intende
,
inglesi
o
tedeschi
)
,
e
Dio
me
lo
perdoni
non
sapevo
più
se
piangere
o
ridere
di
tutte
le
meraviglie
che
questi
intenditori
han
sempre
detto
...
che
so
?
delle
Lettere
d
'
un
drappiere
e
degli
altri
scritti
politici
del
decano
Gionata
Swift
!
A
questi
intenditori
,
che
delle
letterature
straniere
ci
pongono
innanzi
i
soliti
cinque
o
sei
scrittori
umoristi
,
basta
dare
della
letteratura
nostra
un
giudizio
così
fatto
:
L
'
opera
d
'
arte
è
scherzo
geniale
di
fantasia
,
è
riso
fugace
d
'
impressione
destato
dalle
immagini
,
non
dalle
cose
,
gajezza
accademica
di
ricordi
,
erudita
ilarità
;
manca
il
sentimento
profondo
della
famiglia
(
e
ne
aveva
tanto
lo
Swift
,
difatti
!
)
,
della
natura
,
della
patria
;
o
meglio
manca
in
quella
forma
gaja
e
ne
assume
un
'
altra
,
acre
e
violenta
(
e
che
miele
,
difatti
,
nello
Swift
!
)
,
che
ricorda
Persio
e
Giovenale
.
Non
fo
nomi
;
basti
accennare
che
le
tradizioni
classiche
,
lo
spirito
d
'
imitazione
,
la
lingua
ristretta
nel
vocabolario
,
schiva
del
popolo
,
impedirono
nell
'
arte
la
libertà
di
atteggiamenti
,
di
forma
,
di
stile
indispensabile
all
'
humour
:
come
altri
ostacoli
,
il
Papato
,
la
dominazione
straniera
,
le
discordie
intestine
,
la
boria
regionale
e
le
accademie
e
le
scuole
impedirono
la
libertà
politica
,
religiosa
,
scientifica
.
Ne
affligge
antico
male
;
in
scienza
pedanti
,
in
arte
retori
,
nella
vita
attori
,
solenni
sempre
o
gravi
,
insofferenti
di
analisi
,
corrivi
alle
grandi
idee
,
sdegnosi
delle
modeste
e
lente
esperienze
,
cercatori
di
tesi
e
di
antitesi
,
vaporosi
o
empirici
,
atei
o
mistici
,
manierati
o
barbari
.
La
nostra
coltura
é
a
strati
,
e
non
sempre
nazionale
;
lo
straniero
persiste
dentro
a
noi
;
le
forme
letterarie
hanno
tipi
fissi
;
una
generazione
fa
il
testo
,
altre
parecchie
fanno
le
note
;
così
si
pensa
e
sente
per
riflesso
,
per
reminiscenza
o
per
fantasia
;
così
ne
sfugge
il
senso
reale
della
vita
,
si
ottunde
quella
libertà
di
percezione
e
di
attitudini
che
crea
l
'
umorismo
;
e
si
riproduce
il
circolo
vizioso
;
gli
scrittori
umoristi
non
sorgono
perché
mancano
le
condizioni
adatte
,
e
queste
non
mutano
perché
mancano
gli
scrittori
.
Il
difetto
é
alla
radice
;
poco
sviluppato
lo
spirito
di
curiosità
;
fioca
la
nota
intima
.
L
'
humour
vuole
l
'
uno
e
l
'
altra
;
vuole
il
pensatore
e
l
'
artista
;
ma
l
'
arte
e
la
scienza
presso
noi
son
divise
tra
loro
e
divise
dalla
vita
(
vedi
Arcoleo
,
op
.
cit
.
,
pag
.
94-95
)
.
Ho
citato
il
Machiavelli
.
Citerò
,
a
questo
proposito
,
un
altro
piccolo
nostro
che
non
ebbe
quella
libertà
di
atteggiamenti
,
di
forma
,
di
stile
indispensabile
all
'
humour
,
a
cui
il
Papato
...
le
accademie
e
le
scuole
impedirono
la
libertà
politica
,
religiosa
e
scientifica
,
un
insofferente
d
'
analisi
,
pedante
in
iscienza
e
retore
in
arte
,
uno
che
ebbe
poco
sviluppato
lo
spirito
di
curiosità
,
ecc
.
:
Giordano
Bruno
,
se
permettete
,
academico
di
nulla
academia
,
autore
,
tra
l
'
altro
,
dello
Spaccio
de
la
Bestia
trionfante
,
della
Cabala
del
Cavallo
Pegaseo
,
dell
'
Asino
Cillenico
e
del
Candelajo
;
colui
che
ebbe
per
motto
,
come
tutti
sanno
:
In
tristitia
hilaris
,
in
hilaritate
tristis
,
che
pare
il
motto
dello
stesso
umorismo
.
E
la
candela
di
quel
suo
candelajo
potrà
chiarir
alquanto
certe
ombre
dell
'
idee
,
le
quali
invero
spaventano
le
bestie
,
dice
egli
stesso
;
e
dice
anche
:
Considerate
chi
va
,
chi
viene
,
che
si
fa
,
che
si
dice
,
come
s
'
intende
,
come
si
può
intendere
;
ché
certo
,
contemplando
quest
'
azioni
e
discorsi
umani
col
senso
d
'
Eraclito
,
o
di
Democrito
,
avrete
occasion
di
molto
o
ridere
o
piangere
.
Per
conto
suo
,
l
'
autore
le
ha
contemplate
col
senso
di
Erarlito
e
di
Democrito
a
un
tempo
.
Qua
Giordano
parla
per
volgare
,
nomina
liberamente
,
dona
il
proprio
nome
a
chi
la
natura
dona
il
proprio
essere
;
non
dice
vergognoso
quel
che
fa
degno
la
natura
;
non
copre
quel
ch
'
ella
mostra
aperto
,
chiama
il
pane
pane
,
il
vino
vino
,
il
piede
piede
,
et
altre
parti
di
proprio
nome
;
dice
il
mangiare
mangiare
,
il
dormire
dormire
,
il
bere
bere
,
e
così
gli
altri
atti
naturali
significa
con
proprio
titolo
.
Questo
,
nella
Epistola
esplicatoria
che
precede
lo
Spaccio
de
la
Bestia
trionfante
.
Apriamo
un
po
'
questo
Spaccio
e
sentiamo
che
cosa
Mercurio
dice
di
Giove
.
Ecco
qua
:
Ha
ordinato
che
oggi
a
mezzogiorno
doi
meloni
tra
gli
altri
,
nel
melonajo
di
Fronzino
,
sieno
perfettamente
maturi
:
ma
che
non
sieno
colti
se
non
tre
giorni
a
presso
,
quando
non
saran
giudicati
buoni
a
mangiare
.
Vuole
che
al
medesimo
tempo
de
la
iviuma
che
sta
a
le
radici
del
monte
di
Cicala
,
in
casa
di
Gioan
Bruno
,
trenta
iviomi
sieno
perfetti
colti
,
e
diecesette
cadano
scalmati
in
terra
,
quindici
siano
rosi
da
'
vermi
;
che
Nasta
,
moglie
d
'
Albenzio
,
mentre
si
vuole
increspar
li
capegli
de
le
tempie
,
vegna
,
per
aver
troppo
scaldato
il
ferro
,
a
bruciarsene
cinquantasette
,
ma
che
non
si
scotte
la
testa
,
e
per
questa
volta
non
biastemi
quando
sentirà
il
puzzo
,
ma
con
pazienza
la
passe
;
che
dal
sterco
del
suo
bove
nascano
dugento
cinquanta
doi
scarafoni
,
de
'
quali
quattordici
sieno
calpestati
e
uccisi
per
il
pie
'
di
Albenzio
,
vinti
sei
muojano
di
rinversato
,
vinti
doi
vivano
in
caverna
,
ottanta
vadano
in
peregrinaggio
per
il
cortile
,
quaranta
doi
si
retirino
a
vivere
sotto
quel
ceppo
vicino
a
la
porta
,
sedici
vadano
isvoltando
le
pallotte
per
dove
meglio
li
vien
comodo
,
il
resto
corra
a
la
fortuna
...
Che
Ambrogio
ne
la
centesima
e
duodecima
spinta
abbia
spaccio
et
ispedito
il
negozio
con
la
mogliera
,
e
che
non
la
ingravide
per
questa
volta
,
ma
ne
l
'
altra
volta
,
con
quel
seme
in
cui
si
convertisce
quel
porro
cotto
che
mangia
al
presente
con
sapa
e
pane
miglio
.
E
questo
per
dimostrare
a
Sofia
che
s
'
inganna
se
pensa
che
ai
celesti
non
sieno
a
cura
così
le
cose
minime
,
come
le
più
grandi
.
Come
si
chiama
questo
?
Dice
di
sé
Giordano
nell
'
Antiprologo
del
Candelajo
:
L
'
autore
,
se
voi
lo
conoscete
,
direste
ch
'
have
una
fisionomia
smarrita
;
par
che
sempre
sia
in
contemplazione
de
le
pene
de
l
'
inferno
;
par
sia
stato
a
la
pressa
,
come
le
barrette
;
un
che
ride
,
sol
per
far
come
fan
gli
altri
.
Per
il
più
lo
vedrete
fastidito
,
restio
e
bizzarro
:
non
si
contenta
di
nulla
,
ritroso
come
un
vecchio
d
'
ottant
'
anni
,
fantastico
come
un
cane
.
E
Dedalo
si
chiama
circa
gli
abiti
dell
'
intelletto
nella
proemiale
epistola
al
De
l
'
infinito
Universo
et
Mondi
,
e
come
Momo
,
dio
del
riso
,
s
'
introduce
nello
Spaccio
.
Lo
stile
del
Bruno
,
osserva
nel
suo
studio
mirabile
su
Tre
commedie
italiane
nel
Cinquecento
il
Graf
(
vedi
in
Studii
drammatici
,
Torino
,
Loescher
,
1878;
le
tre
commedie
sono
La
Calandria
,
La
Mandragola
,
Il
Candelajo
)
lo
stile
del
Bruno
è
l
'
immagine
viva
della
mente
onde
muove
.
Ad
un
'
amplissima
varietà
di
forme
,
di
figurazioni
e
di
processi
,
s
'
accoppia
in
esso
un
'
efficacia
impareggiabile
.
Pien
di
vitale
fervore
esso
non
si
adagia
ne
'
simmetrici
spartimenti
retorici
,
ma
si
devolve
per
effluente
,
organica
funzione
.
Di
natura
proteiforme
,
con
pari
agevolezza
s
'
adegua
al
più
arduo
pensiero
della
mente
disquisitiva
,
e
al
più
volgar
sentimento
di
un
'
anima
abjetta
.
Le
parole
vi
si
affrontano
in
riscontri
impensati
,
e
dal
cozzar
loro
erompe
sfavillando
nuova
luce
d
'
idee
.
Esso
è
un
vivo
fermento
di
peregrini
concetti
,
d
'
immagini
epifaniche
,
di
clausole
feconde
.
La
lingua
copiosa
,
proporzionata
alla
varietà
e
al
numero
delle
cose
che
per
essa
si
debbono
significare
,
non
conosce
,
o
disprezza
,
i
ritegni
e
le
leggi
dell
'
accademica
purità
,
e
s
'
impingua
di
elementi
tratti
così
da
'
ripositorii
più
augusti
dell
'
eloquenza
classica
,
come
dagli
ultimi
fondi
della
parlata
vernacola
.
Un
istrumento
sì
fatto
era
necessario
ad
un
ingegno
che
,
senza
smarrire
mai
l
'
equilibrio
,
trascorre
tutti
i
gradi
dell
'
essere
,
dagli
imi
termini
del
reale
ai
supremi
dell
'
ideale
.
Sia
che
raffronti
,
e
associi
o
sceveri
i
termini
del
pensiero
,
sia
che
narri
o
descriva
,
la
virtù
sua
rimane
sempre
uguale
a
sé
stessa
(
Certe
tropologie
del
Bruno
sono
di
un
'
efficacia
senza
pari
;
così
,
quando
di
un
inetto
ragionatore
dice
che
è
venuto
armato
di
parole
e
scommi
che
si
muojono
di
fame
e
di
freddo
.
Certe
comparazioni
scolpiscono
,
come
là
dove
di
due
presuntuosi
sapienti
dice
che
l
'
uno
parea
il
conestabile
de
la
gigantessa
dell
'
orco
,
l
'
altro
l
'
amostante
de
la
dea
reputazione
.
Nella
Cabala
del
Cavallo
Pegaseo
così
è
descritto
Don
Cocchiarone
,
mistiriarca
filosofo
:
Don
Cocchiarone
pien
d
'
infinita
e
nobil
meraviglia
sen
va
per
il
largo
de
la
sua
sala
,
dove
rimosso
dal
rude
ed
ignobil
volgo
,
se
la
spasseggia
,
e
rimenando
or
quinci
or
quindi
de
la
litteraria
sua
toga
le
fimbrie
,
rimenando
or
questo
or
quell
'
altro
piede
,
rigettando
or
verso
il
destro
or
verso
il
sinistro
fianco
il
petto
,
con
il
testo
commento
sotto
l
'
ascella
,
e
con
gesto
di
voler
buttar
quel
pulce
ch
'
ha
tra
le
due
prime
dita
,
in
terra
,
con
la
rugata
fronte
cogitabondo
,
con
erte
ciglia
et
occhi
arrotondati
,
in
gesto
d
'
un
uomo
fortemente
maravigliato
,
conchiudendola
con
un
grave
et
enfatico
sospiro
,
farà
pervenire
a
l
'
orecchio
de
'
circostanti
questa
sentenza
:
Hucusque
alii
Philosophi
non
pervenerunt
)
.
Le
contradizioni
innegabili
che
il
Graf
in
questo
suo
studio
scopre
nella
mente
del
filosofo
panteista
,
per
cui
confessa
di
non
intendere
come
si
generi
in
essa
il
momento
del
riso
si
spiegano
,
secondo
me
,
perfettamente
con
quell
'
intimo
e
particolar
processo
psicologico
in
cui
consiste
appunto
l
'
umorismo
e
che
implica
per
sé
stesso
queste
e
tant
'
altre
contradizioni
.
Del
resto
,
il
Graf
stesso
soggiunge
:
Può
darsi
che
la
contradizione
tragga
la
origine
da
una
certa
disformità
preesistente
fra
l
'
intelletto
e
l
'
indole
da
una
parte
,
e
fra
la
virtù
apprensiva
e
la
raziocinativa
da
un
'
altra
.
Ma
io
non
posso
indugiarmi
a
discorrere
su
ogni
scrittore
che
mi
avvenga
di
nominare
in
questa
rapida
corsa
.
Debbo
limitarmi
a
fuggevoli
accenni
,
rimandando
a
miglior
tempo
uno
studio
compiuto
e
un
'
antologia
degli
umoristi
italiani
,
che
qui
,
dato
il
mio
compito
,
sarebbe
fuor
di
luogo
.
Basterà
porre
in
vista
alcuni
pochi
nomi
;
e
due
ne
abbiamo
già
citati
di
sommi
,
e
un
terzo
di
più
modesto
scrittore
,
che
fu
di
popolo
e
artigiano
,
uso
,
come
disse
egli
stesso
tutto
il
giorno
a
combattere
con
la
forbice
e
con
l
'
ago
:
cose
che
se
bene
sono
strumenti
da
donne
,
e
le
muse
son
donne
,
non
si
legge
però
ch
'
elle
fussino
mai
adoperate
da
loro
:
Giambattista
Gelli
,
voglio
dire
,
che
nei
giardini
del
Rucellai
si
pascolò
di
filosofia
e
diede
fuori
quella
Circe
e
quei
Capricci
di
Giusto
Bottajo
,
che
ripeto
chi
sa
che
capolavori
d
'
umorismo
sembrerebbero
,
se
scritti
in
inglese
,
da
scrittore
inglese
.
Ma
sul
serio
,
se
son
considerati
umoristi
in
Inghilterra
il
Congreve
,
lo
Steele
,
il
Prior
,
il
Gay
,
non
troveremo
noi
nella
letteratura
nostra
da
contrapporre
altri
nomi
di
scrittori
,
che
noi
,
per
conto
nostro
,
non
ci
siamo
mai
sognati
di
chiamare
umoristi
,
anche
del
Settecento
,
e
anche
di
due
e
di
tre
secoli
innanzi
?
Ma
quanti
bizzarri
e
gaj
ingegni
tra
quei
bajoni
nostri
del
Cinquecento
!
E
il
Cellini
?
Sul
serio
,
se
ci
vediamo
porre
innanzi
The
Dunciad
del
Pope
,
non
abbiamo
da
prendere
a
piene
mani
,
per
seppellirla
,
tutta
una
letteratura
,
di
cui
sogliamo
vergognarci
,
a
cominciar
dai
Mattaccini
del
Caro
?
Mancassero
guerre
d
'
inchiostro
tra
i
letterati
nostri
d
'
ogni
tempo
,
giù
giù
dai
sonetti
di
Cecco
Angiolieri
contro
Dante
,
all
'
Atlantide
di
Mario
Rapisardi
!
Riso
anche
questo
,
sicuro
,
gajezza
mala
,
umore
,
cioè
fiele
,
collera
fredda
e
secca
,
come
la
chiama
Brunetto
Latini
,
o
malinconia
nel
senso
originario
della
parola
:
la
malinconia
appunto
dello
Swift
libellista
.
Penso
al
Franco
,
all
'
Aretino
e
,
più
qua
,
a
quel
terribile
monsignor
Lodovico
Sergardi
.
A
questi
soltanto
?
Ma
a
ben
più
d
'
uno
è
forza
ch
'
io
riguardi
,
Il
qual
mi
grida
e
di
lontano
accenna
E
priega
ch
'
io
noi
lasci
nella
penna
,
vedendo
con
quanta
larghezza
gli
altri
imbarchino
scrittori
su
questo
Narrenschiff
dell
'
umorismo
!
Ma
sì
,
perché
no
?
anche
tu
,
Ortensio
Lando
,
se
pur
volontariamente
non
pazzeggi
come
Bruto
per
aver
diritto
di
vivere
e
di
parlare
con
libertà
,
come
disse
Carlo
Tenca
;
monta
anche
tu
,
autore
dei
Paradossi
e
del
Commentario
delle
cose
mostruose
d
'
Italia
e
d
'
altri
luoghi
,
tu
che
,
non
foss
'
altro
,
avesti
il
coraggio
di
dare
ai
tuoi
dì
dell
'
animalaccio
ad
Aristotile
.
Io
,
per
me
,
ti
lascerei
a
terra
con
tutti
gli
altri
,
a
terra
col
Doni
,
a
terra
col
Boccalini
,
Tacito
proconsolo
nell
'
isola
di
Lesbo
,
a
terra
col
Dotti
,
a
terra
con
tanti
prima
e
dopo
di
te
,
il
Caporali
e
il
Lippi
e
il
Passeroni
;
ma
non
vorrei
essere
io
solo
così
rigoroso
,
massime
quando
vedo
dalla
barca
uno
che
ha
il
diritto
di
starvi
,
incontestabile
,
Lorenzo
Sterne
,
far
cenni
e
invitar
quell
'
ultimo
dei
nostri
che
ho
nominati
,
a
montarvi
.
E
Alessandro
Tassoni
?
si
deve
lasciare
a
terra
anche
lui
?
Nelle
recenti
feste
in
suo
onore
,
parecchi
han
voluto
veder
stoffa
d
'
umorista
vero
in
questo
acuto
e
acerbo
derisore
,
anzi
disprezzatone
del
suo
tempo
.
Se
fosse
inglese
o
tedesco
,
sarebbe
già
da
un
pezzo
nella
barca
anche
lui
e
degno
di
starvi
a
giudizio
de
'
savi
universale
.
Siamo
sempre
lì
:
in
che
senso
si
deve
intendere
l
'
umorismo
?
L
'
Arcoleo
,
su
la
fine
della
sua
seconda
conferenza
,
dichiara
dì
non
essere
incline
a
quella
critica
che
,
rispetto
a
forme
letterarie
,
dispensa
facilmente
scomuniche
e
ostracismi
;
e
dice
che
non
sono
molto
complesse
le
ragioni
per
le
quali
in
Italia
ebbe
poca
vita
la
forma
umoristica
,
e
che
egli
non
vuol
profanare
quest
'
argomento
che
merita
studio
speciale
.
Quali
sieno
queste
ragioni
molto
complesse
,
che
al
lume
degli
stessi
esempii
recati
dall
'
Arcoleo
appajono
qua
e
là
contradittorie
,
abbiamo
già
veduto
:
da
noi
non
c
'
è
spirito
d
'
osservazione
né
intimità
di
stile
,
siamo
pedanti
e
accademici
,
siamo
scettici
e
indifferenti
,
non
aspiriamo
a
nulla
.
Contro
queste
accuse
,
noi
abbiamo
citato
parecchi
nomi
,
che
mai
,
neppure
in
un
lampo
,
sono
sorti
in
mente
all
'
Arcoleo
.
Una
sola
volta
,
parlando
del
Heine
in
fin
di
vita
,
che
ride
del
suo
dolore
,
pensa
,
per
combinazione
,
al
Leopardi
che
si
sentiva
anche
lui
un
tronco
che
pena
e
vive
e
al
Brighenti
scriveva
:
Io
sto
qui
deriso
,
sputacchiato
,
preso
a
calci
da
tutti
,
di
maniera
che
se
vi
penso
mi
fa
raccapricciare
.
Tuttavia
mi
avvezzo
a
ridere
e
ci
riesco
.
Sì
,
ma
restò
lirico
,
osserva
,
l
'
educazione
classica
non
gli
permise
di
essere
umorista
!
Ma
scrisse
anche
certi
dialoghi
,
se
non
c
'
inganniamo
,
e
certe
altre
prosette
...
Restò
lirico
anche
lì
?
L
'
educazione
classica
...
Ma
almeno
la
tendenza
romantica
avrà
permesso
al
Manzoni
di
essere
umorista
?
Che
!
Il
suo
don
Abbondio
non
aspira
a
nulla
,
litiga
tra
il
dovere
e
la
paura
;
è
ridicolo
senz
'
altro
.
Non
è
questo
un
modo
abbastanza
spiccio
di
giudicare
e
mandare
?
Ma
questo
modo
,
veramente
,
tiene
l
'
Arcoleo
dal
principio
alla
fine
delle
due
conferenze
:
l
'
argomento
è
trattato
così
,
a
sprazzi
,
per
sentenze
inappellabili
.
Umorismo
:
fuoco
d
'
artifizio
di
scoppiettanti
definizioni
;
poi
,
prima
fase
:
dubbio
e
scetticismo
ridere
del
proprio
pensiero
Amleto
;
seconda
fase
,
lotta
e
adattamento
ridere
del
proprio
dolore
Don
Giovanni
.
E
tra
gli
umoristi
della
prima
fase
son
citati
due
francesi
,
Rabelais
e
Montaigne
,
e
due
inglesi
,
Swift
e
Sterne
;
tra
gli
umoristi
della
seconda
,
due
tedeschi
,
Richter
e
Heine
,
tre
inglesi
,
Carlyle
,
Dickens
,
Thackeray
e
poi
...
Marco
Twain
.
Come
si
vede
,
nessun
italiano
.
E
dire
che
arriviamo
fino
a
Marco
Twain
!
L
'
Arcoleo
conclude
così
:
Lo
spirito
comico
rimase
avviluppato
nell
'
embrione
della
commedia
dell
'
arte
o
nella
poesia
dialettale
;
e
molto
e
ricco
sviluppo
ebbero
invece
e
in
poesia
e
in
prosa
,
in
poemi
,
novelle
,
romanzi
e
saggi
,
l
'
ironia
e
la
satira
.
Basta
confondere
con
queste
forme
l
'
humour
,
perché
n
'
esca
giudizio
opposto
al
mio
,
o
perché
io
sembri
esagerato
e
ingiusto
.
Non
intendo
parlare
di
tentativi
o
abbozzi
;
si
trovano
facilmente
in
ogni
storia
artistica
e
di
ogni
forma
:
ma
io
non
so
vedere
fra
noi
una
letteratura
umoristica
e
all
'
uopo
non
avrei
che
a
fare
un
paragone
tra
l
'
Ariosto
e
Cervantes
.
Questo
paragone
l
'
abbiamo
fatto
noi
,
e
con
un
giudizio
non
opposto
a
quello
ch
'
egli
avrebbe
dato
,
se
avesse
fatto
il
paragone
.
Tra
parentesi
però
,
Cervantes
-
come
Rabelais
,
come
Montaigne
è
un
latino
;
e
non
crediamo
che
la
Riforma
propriamente
in
Spagna
...
Lasciamo
andare
!
Veniamo
in
Italia
.
Noi
non
vogliamo
affatto
confondere
lo
spirito
comico
,
l
'
ironia
,
la
satira
con
l
'
umorismo
:
tutt
'
altro
!
Ma
non
si
deve
neanche
confondere
l
'
umorismo
vero
e
proprio
con
l
'
humour
inglese
,
cioè
con
quel
tipico
modo
di
ridere
o
umore
che
,
come
tutti
gli
altri
popoli
,
hanno
anche
gl
'
Inglesi
.
Non
si
pretenderà
,
che
gl
'
Italiani
o
i
Francesi
abbiano
l
'
humour
inglese
;
come
non
si
può
pretendere
che
gl
'
Inglesi
ridano
a
modo
nostro
o
facciano
dello
spirito
come
i
Francesi
.
L
'
avranno
magari
fatto
,
qualche
volta
;
ma
ciò
non
vuol
dire
.
L
'
umorismo
vero
e
proprio
è
un
'
altra
cosa
,
ed
è
anche
per
gl
'
Inglesi
un
'
eccentricità
di
stile
.
Basta
confondere
l
'
una
cosa
e
l
'
altra
-
diciamo
anche
noi
a
nostra
volta
perché
si
venga
a
riconoscere
una
letteratura
umoristica
a
un
popolo
e
a
negarla
a
un
altro
.
Ma
una
letteratura
umoristica
si
può
avere
a
questo
solo
patto
,
cioè
di
far
questa
confusione
;
e
allora
ogni
popolo
avrà
la
sua
,
assommando
tutte
le
opere
in
cui
questo
tipico
umore
si
esprime
nei
più
bizzarri
modi
;
e
noi
potremmo
cominciar
la
nostra
,
ad
esempio
,
con
Cecco
Angiolieri
,
come
gl
'
Inglesi
la
cominciano
col
Chaucer
,
e
non
direi
che
la
comincino
bene
,
non
per
il
valore
del
poeta
,
ma
perché
egli
mostra
di
aver
mescolato
alla
bevanda
nazionale
un
po
'
del
vino
che
si
vendemmia
nel
paese
del
sole
.
Altrimenti
,
una
letteratura
umoristica
vera
e
propria
non
è
possibile
,
presso
nessun
popolo
:
si
possono
avere
umoristi
,
cioè
pochi
e
rari
scrittori
in
cui
per
natural
disposizione
avviene
quel
complicato
e
speciosissimo
processo
psicologico
che
si
chiama
umorismo
.
Quanti
ne
cita
l
'
Arcoleo
?
Certamente
,
l
'
umorismo
nasce
da
uno
speciale
stato
d
'
animo
,
che
può
,
più
o
meno
,
diffondersi
.
Quando
un
'
espressione
d
'
arte
riesce
a
conquistare
l
'
attenzione
del
pubblico
,
questo
si
dà
subito
a
pensare
e
a
parlare
e
a
scrivere
secondo
le
impressioni
che
ne
ha
ricevuto
;
di
modo
che
quella
espressione
,
sorta
dapprima
dalla
particolare
intuizione
d
'
uno
scrittore
,
penetrata
rapidamente
nel
pubblico
,
è
poi
da
questo
variamente
trasformata
e
diretta
.
Così
avvenne
per
il
romanticismo
,
così
per
il
naturalismo
:
diventarono
le
idee
del
tempo
,
quasi
un
'
atmosfera
ideale
;
e
molti
fecero
per
moda
i
romantici
o
i
naturalisti
,
come
molti
per
moda
fecero
gli
umoristi
in
Inghilterra
nel
sec
.
'
XVIII
,
e
molti
furon
degli
umidi
nel
Cinquecento
in
Italia
,
e
degli
arcadi
nel
Settecento
.
Uno
stato
d
'
animo
si
può
creare
in
noi
e
divenir
coerente
o
rimaner
fittizio
,
secondo
che
risponda
o
no
alla
speciale
fisionomia
dell
'
organismo
psichico
.
Ma
poi
le
idee
del
tempo
mutano
,
cangia
la
moda
,
i
pòmpili
seguaci
si
mettono
appresso
ad
altre
navi
.
Chi
resta
?
Restano
quei
pochi
,
da
contar
su
le
dita
,
quei
pochi
che
ebbero
,
primi
,
l
'
intuizione
straordinaria
,
o
in
cui
quello
speciale
stato
d
'
animo
divenne
così
coerente
,
che
poteron
creare
un
'
opera
organica
,
resistente
al
tempo
e
alla
moda
.
Sul
serio
poi
l
'
Arcoleo
crede
che
nella
nostra
letteratura
dialettale
non
ci
sia
altro
che
spirito
comico
?
Egli
è
siciliano
,
e
certamente
ha
letto
il
Meli
,
e
sa
quanto
sia
ingiusto
il
giudizio
di
arcadia
superiore
dato
della
poesia
di
lui
,
che
non
fu
sonata
soltanto
su
la
zampogna
pastorale
,
ma
ebbe
anche
tutte
le
corde
della
lira
e
si
espresse
in
tutte
le
forme
.
Non
c
'
è
vero
e
proprio
umorismo
in
tanta
parte
della
poesia
del
Meli
?
Ma
basterebbe
citar
soltanto
La
cutuliata
per
dimostrarlo
!
Tic
tic
...
chi
fu
?
Cutuliata
.
E
non
c
'
è
umorismo
,
vero
e
proprio
umorismo
,
in
tanti
e
tanti
sonetti
del
Belli
?
E
senza
parlare
delle
figure
del
Maggi
,
il
Giovannin
Bongee
,
il
Marchionn
di
gamb
avert
di
Carlo
Porta
non
son
due
capolavori
d
'
umorismo
?
E
,
poiché
si
parla
di
tipi
rimasti
imperituri
,
il
Monsù
Travet
del
Bersezio
,
Il
Nobilomo
Vidal
del
Gallina
?
E
un
altro
scrittore
dialettale
abbiamo
,
finora
quasi
del
tutto
ignoto
,
grandissimo
:
umorista
vero
,
se
mai
ce
ne
fu
,
e
a
farlo
apposta
meridionalissimo
,
di
Reggio
Calabria
:
Giovanni
Merlino
,
rivelato
or
son
parecchi
anni
,
in
una
conferenza
da
Giuseppe
Mantica
(
vedi
Giovanni
Merlino
,
umorista
,
Napoli
,
Pierro
,
1898
)
,
suo
conterraneo
,
che
sarebbe
stato
anche
lui
un
forte
scrittore
umorista
se
,
nel
breve
corso
della
sua
esistenza
,
la
politica
non
lo
avesse
troppo
presto
distratto
dalle
lettere
.
Scrisse
il
Merlino
i
suoi
libri
per
55
lettori
,
che
nomina
uno
per
uno
e
divide
in
quattro
categorie
,
imponendo
a
ciascuna
di
esse
alcuni
speciali
obblighi
in
ricompensa
del
piacere
loro
procurato
.
Uno
de
'
suoi
volumi
,
ancora
tutti
inediti
,
è
detto
:
Miscellanea
di
varie
cose
sconnesse
e
piacevoli
,
fatta
per
coloro
che
,
avendo
poco
cervello
,
vogliono
istruirsi
sul
modo
più
acconcio
per
perderlo
interamente
;
gli
altri
sono
Memorie
utili
ed
inutili
ai
posteri
,
ossia
la
vita
di
Giovanni
Merlino
del
quondam
Antonino
di
Reggio
,
principiata
a
27
decembre
1789
e
proseguita
fino
al
1850
,
composta
di
sette
volumi
.
Vorrei
poter
citare
per
disteso
il
lungo
Dialogo
alla
calabrese
tra
Domine
Dio
e
Giovanni
Merlino
o
il
Conto
con
Domine
Dio
per
dimostrare
che
umorista
fosse
il
Merlino
.
Nell
'
attesa
che
gli
eredi
lo
rendano
a
tutti
noto
pubblicando
i
volumi
,
rimando
alla
pubblicazione
che
il
Mantica
fece
di
questi
due
impareggiabili
Dialoghi
,
con
la
traduzione
a
fronte
.
Questo
,
per
la
letteratura
dialettale
.
Non
scopre
poi
sul
serio
altro
che
ironia
e
satira
l
'
Arcoleo
negli
scrittori
italiani
?
Io
penso
a
un
certo
Socrate
immaginario
d
'
un
certo
abbate
del
Settecento
;
penso
al
Didimo
chierico
del
Foscolo
;
ad
alcune
volate
in
prosa
del
Baretti
;
penso
ai
Promessi
Sposi
del
Manzoni
,
tutto
infuso
di
genuino
umorismo
(
vedi
nella
seconda
parte
la
dimostrazione
dell
'
umorismo
di
don
Abfiondio
,
che
all
'
Arcoleo
sembra
una
figura
ridicola
o
comica
senz
'
altro
)
;
penso
al
Sant
'
Ambrogio
del
Giusti
,
vera
poesia
umoristica
,
unica
forse
tra
le
tante
satiriche
o
sentimentali
;
penso
a
quei
certi
dialoghi
e
a
quelle
certe
prosette
del
Leopardi
;
penso
all
'
Asino
e
al
Buco
nel
muro
del
Guerrazzi
;
penso
al
Fanfulla
del
D
'
Azeglio
;
penso
a
Carlo
Bini
;
penso
a
quella
tal
cucina
nel
castello
di
Fratta
delle
Confessioni
d
'
un
ottuagenario
del
Nievo
;
penso
a
Camillo
De
Meis
,
al
Revere
;
e
,
poiché
l
'
Arcoleo
arriva
fino
a
Marco
Twain
,
penso
al
Re
umorista
,
al
Demonio
dello
stile
,
all
'
Altalena
delle
antipatie
,
al
Pietro
e
Paola
,
a
Scaricalasino
,
all
'
Illustrissimo
del
Cantoni
;
al
Demetrio
Pianelli
del
De
Marchi
;
penso
ai
poeti
della
scapigliatura
lombarda
e
a
tante
note
di
schietto
e
profondo
umorismo
nelle
liriche
del
Carducci
e
del
Graf
;
penso
ai
tanti
personaggi
umoristici
che
popolano
i
romanzi
e
le
novelle
del
Fogazzaro
,
del
Farina
,
del
Capuana
,
del
Fucini
,
e
anche
ad
alcune
opere
di
più
giovani
scrittori
,
da
Luigi
Antonio
Villari
all
'
Albertazzi
,
al
Panzini
...
ed
ecco
,
la
Lanterna
di
Diogene
di
quest
'
ultimo
vorrei
porre
in
una
mano
all
'
Arcoleo
e
nell
'
altra
la
candela
del
Candelajo
del
Bruno
:
son
sicuro
che
parecchi
scrittori
umoristi
scoprirebbe
nella
letteratura
italiana
antica
e
nuova
.
Parte
seconda
.
ESSENZA
,
CARATTERI
E
MATERIA
DELL
'
UMORISMO
I
.
Che
cosa
è
l
'
umorismo
?
Se
volessimo
tener
conto
di
tutte
le
risposte
che
si
son
date
a
questa
domanda
,
di
tutte
le
definizioni
che
autori
e
critici
han
tentato
,
potremmo
riempire
parecchie
e
parecchie
pagine
,
e
probabilmente
alla
fine
,
confusi
tra
tanti
pareri
e
dispareri
,
non
riusciremmo
ad
altro
che
a
ripetere
la
domanda
:
-
Ma
,
in
somma
,
che
cos
'
è
l
'
umorismo
?
Abbiamo
già
detto
che
tutti
coloro
,
i
quali
,
o
di
proposito
o
per
incidenza
,
ne
han
parlato
,
in
una
cosa
sola
si
accordano
,
nel
dichiarare
che
è
difficilissimo
dire
che
cosa
sia
veramente
,
perché
esso
ha
infinite
varietà
e
tante
caratteristiche
che
,
a
volerlo
descrivere
in
generale
,
si
rischia
sempre
di
dimenticarne
qualcuna
.
Questo
è
vero
;
ma
è
vero
altresì
che
da
un
pezzo
ormai
avrebbe
dovuto
capirsi
che
partire
da
queste
caratteristiche
non
è
la
via
migliore
per
arrivare
a
intendere
la
vera
essenza
dell
'
umorismo
,
poiché
sempre
avviene
che
una
se
ne
assuma
per
fondamentale
,
quella
che
si
è
riscontrata
comune
a
parecchie
opere
o
a
parecchi
scrittori
studiati
con
predilezione
;
di
modo
che
tante
definizioni
si
vengono
infine
ad
avere
dell
'
umorismo
,
quante
sono
le
caratteristiche
riscontrate
,
e
tutte
naturalmente
hanno
una
parte
di
vero
,
e
nessuna
è
la
vera
.
Certamente
,
dalla
somma
di
tutte
queste
varie
caratteristiche
e
delle
conseguenti
definizioni
si
può
arrivare
a
comprendere
,
così
,
in
generale
,
che
cosa
sia
l
'
umorismo
;
ma
se
ne
avrà
sempre
una
conoscenza
sommaria
ed
esteriore
,
appunto
perché
fondata
su
queste
sommarie
ed
esteriori
determinazioni
.
La
caratteristica
,
ad
esempio
,
di
quella
tale
peculiar
bonarietà
o
benevola
indulgenza
che
scoprono
alcuni
nell
'
umorismo
,
già
definito
dal
Richter
malinconia
d
'
un
animo
superiore
che
giunge
a
divertirsi
finanche
di
ciò
che
lo
rattrista
,
quel
tranquillo
,
giocondo
e
riflesso
sguardo
su
le
cose
,
quel
modo
d
'
accogliere
gli
spettacoli
divertenti
,
che
sembra
,
nella
sua
moderazione
,
soddisfare
il
senso
del
ridicolo
e
domandar
perdono
di
ciò
che
v
'
è
di
poco
delicato
in
tal
compiacimento
,
quella
tale
espansione
degli
spiriti
dall
'
interno
all
'
esterno
incontrata
e
ritardata
dalla
corrente
contraria
d
'
una
specie
di
benevolenza
pensosa
,
di
cui
parla
il
Sully
nel
suo
Essai
sur
le
rire
(
Paris
,
Alcan
,
1904
,
pag
.
276
)
,
non
si
trovano
in
tutti
gli
umoristi
.
Alcuni
di
questi
tratti
,
che
al
critico
francese
,
e
non
a
lui
soltanto
,
pajono
principali
dell
'
umorismo
,
si
troveranno
in
alcuni
,
in
altri
no
;
e
in
certuni
anzi
si
troverà
il
contrario
,
come
ad
esempio
nello
Swift
,
che
è
malinconico
nel
senso
originario
della
parola
,
cioè
pieno
di
fiele
;
e
del
resto
noi
vedremo
un
po
'
più
innanzi
,
parlando
del
don
Abbondio
del
Manzoni
,
a
che
cosa
in
fondo
si
riduca
quella
peculiar
bonarietà
o
simpatica
indulgenza
.
Al
contrario
,
quella
acre
disposizione
a
scoprire
ed
esprimere
il
ridicolo
del
serio
e
il
serio
del
ridicolo
umano
,
di
cui
parla
il
Bonghi
,
calzerà
allo
Swift
e
a
umoristi
al
pari
di
lui
beffardi
e
mordaci
;
non
calzerà
ad
altri
;
né
del
resto
,
come
osserva
il
Lipps
,
opponendosi
alla
teoria
del
Lazzarus
,
che
considera
anch
'
esso
l
'
umorismo
soltanto
come
una
disposizione
d
'
animo
,
questo
modo
di
considerarlo
è
compiuto
.
Né
compiuto
sarà
quello
del
Hegel
che
lo
dice
attitudine
speciale
d
'
intelletto
e
di
animo
onde
l
'
artista
si
pone
lui
stesso
al
posto
delle
cose
,
definizione
che
,
a
non
porsi
bene
a
guardare
da
quel
solo
lato
da
cui
lo
Hegel
lo
guarda
,
ha
tutta
l
'
aria
d
'
un
rebus
.
Caratteristiche
più
comuni
,
e
però
più
generalmente
osservate
,
sono
la
contradizione
fondamentale
,
a
cui
si
suol
dare
per
causa
principale
il
disaccordo
che
il
sentimento
e
la
meditazione
scoprono
o
fra
la
vita
reale
e
l
'
ideale
umano
o
fra
le
nostre
aspirazioni
e
le
nostre
debolezze
e
miserie
,
e
per
principale
effetto
quella
tal
perplessità
tra
il
pianto
e
il
riso
;
poi
lo
scetticismo
,
di
cui
si
colora
ogni
osservazione
,
ogni
pittura
umoristica
,
e
in
fine
il
suo
procedere
minuziosamente
e
anche
maliziosamente
analitico
.
Dalla
somma
,
ripeto
,
di
tutte
queste
caratteristiche
e
conseguenti
definizioni
si
può
arrivare
a
comprendere
,
così
,
in
generale
,
che
cosa
sia
l
'
umorismo
,
ma
nessuno
negherà
che
non
ne
risulti
una
conoscenza
troppo
sommaria
.
Che
se
accanto
ad
alcune
determinazioni
affatto
incompiute
,
come
abbiamo
veduto
,
altre
ve
ne
sono
indubbiamente
più
comuni
,
l
'
intima
ragione
di
esse
non
è
poi
veduta
affatto
con
precisione
né
spiegata
.
Rinunzieremo
noi
a
vederla
con
precisione
e
a
spiegarla
,
accettando
l
'
opinione
di
Benedetto
Croce
che
nel
Jouurnal
of
comparative
Literature
(
fasc
.
III
,
1903
)
dichiarò
indefinibile
l
'
umorismo
come
tutti
gli
stati
psicologici
,
e
nel
libro
dell
'
Estetica
lo
annoverò
tra
i
tanti
concetti
dell
'
estetica
del
simpatico
?
.
L
'
indagine
dei
filosofi
egli
dice
si
è
a
lungo
travagliata
intorno
a
questi
fatti
,
e
specialmente
intorno
ad
alcuni
di
essi
,
come
,
in
prima
linea
,
il
comico
,
e
poi
il
sublime
,
il
tragico
,
l
'
umoristico
e
il
grazioso
.
Ma
bisogna
evitar
l
'
errore
di
considerarli
come
sentimenti
speciali
,
note
del
sentimento
,
ammettendo
così
delle
distinzioni
e
classi
di
sentimenti
,
laddove
il
sentimento
organico
per
sé
stesso
non
può
dar
luogo
a
classi
;
e
bisogna
chiarire
in
che
senso
possano
dirsi
fatti
misti
.
Essi
dan
luogo
a
concetti
complessi
,
ossia
di
complessi
di
fatti
,
nei
quali
entrano
sentimenti
organici
di
piacere
e
dispiacere
(
o
anche
sentimenti
spirituali
-
organici
)
,
e
date
circostanze
esterne
che
forniscono
a
quei
sentimenti
meramente
organici
o
spirituali
-
organici
un
determinato
contenuto
.
Il
modo
di
definizione
di
questi
concetti
è
il
genetico
:
Posto
l
'
organismo
nella
situazione
a
,
sopravvenendo
la
circostanza
b
,
si
ha
il
fatto
c
.
Questo
e
simili
processi
non
hanno
col
fatto
estetico
nessun
contatto
:
salvo
quello
generale
che
tutti
essi
,
in
quanto
costituiscono
la
materia
o
la
realtà
,
possono
essere
rappresentati
dall
'
arte
;
e
l
'
altro
,
accidentale
,
che
in
questi
processi
entrino
talvolta
dei
fatti
estetici
,
come
nel
caso
dell
'
impressione
di
sublime
che
può
produrre
l
'
opera
di
un
artista
titano
,
di
un
Dante
o
di
uno
Shakespeare
,
o
di
quella
comica
del
conato
di
un
imbrattatele
o
di
un
imbrattacarte
.
Anche
in
questi
casi
il
processo
è
estrinseco
al
fatto
estetico
:
al
quale
non
si
lega
se
non
il
sentimento
del
piacere
e
dispiacere
,
del
valore
e
disvalore
estetico
,
del
bello
e
del
brutto
.
Innanzi
tutto
,
perché
sono
indefinibili
gli
stati
psicologici
?
Saranno
forse
indefinibili
per
un
filosofo
,
ma
l
'
artista
,
in
fondo
,
non
fa
altro
che
definire
e
rappresentare
stati
psicologici
.
E
poi
se
l
'
umorismo
è
un
processo
o
un
fatto
che
dà
luogo
a
concetti
complessi
,
ossia
complessi
di
fatti
,
come
diventa
poi
esso
un
concetto
?
Concetto
sarà
quello
a
cui
l
'
umorismo
dà
luogo
,
non
l
'
umorismo
.
Certamente
se
per
fatto
estetico
deve
intendersi
quel
che
intende
il
Croce
,
tutto
diviene
estrinseco
ad
esso
,
non
che
questo
processo
.
Ma
noi
abbiamo
dimostrato
altrove
e
anche
nel
corso
di
questo
lavoro
,
che
il
fatto
estetico
non
è
né
può
essere
quel
che
il
Croce
intende
.
E
,
del
resto
,
che
significa
la
concessione
che
questo
e
simili
processi
non
hanno
col
fatto
estetico
nessun
contatto
,
salvo
quello
generale
che
tutti
essi
,
in
quanto
costituiscono
la
materia
o
la
realtà
,
possono
essere
rappresentati
dall
'
arte
?
L
'
arte
può
rappresentare
questo
processo
che
dà
luogo
al
concetto
di
umorismo
.
Ora
,
come
potrò
io
,
critico
,
rendermi
conto
di
questa
rappresentazione
artistica
,
se
non
mi
rendo
conto
del
processo
da
cui
risulta
?
E
in
che
consisterebbe
allora
la
critica
estetica
?
Se
un
'
opera
d
'
arte
,
osserva
il
Cesareo
nel
suo
saggio
su
La
critica
estetica
appunto
,
ha
da
provocare
uno
stato
d
'
animo
,
appar
manifesto
che
tanto
più
pieno
sarà
l
'
effetto
finale
,
quanto
più
intense
e
concordi
vi
coopereranno
tutte
le
singole
determinazioni
.
Anche
in
estetica
la
somma
è
in
ragion
delle
poste
.
L
'
esame
di
tutte
a
una
a
una
le
particolari
espressioni
ci
darà
la
misura
dell
'
espressione
totale
.
Or
come
la
perfetta
riproduzione
d
'
uno
stato
d
'
animo
,
in
cui
per
l
'
appunto
consiste
la
bellezza
estetica
,
è
un
fatto
emozionale
che
può
risultare
soltanto
dalla
somma
d
'
alcune
rappresentazioni
sentimentali
,
così
l
'
analisi
psicologica
d
'
un
'
opera
di
poesia
è
il
necessario
fondamento
di
qualsiasi
valutazione
estetica
.
Parlando
di
questo
mio
saggio
su
la
sua
rivista
La
Critica
(
vol
.
VII
,
a
.
1909
,
pagg
.
219-23
)
,
il
Croce
,
a
proposito
dello
studio
del
Baldensperger
Les
definitions
de
l
'
humour
(
in
Études
d
'
histoire
littéraire
,
Paris
,
Hachette
,
1907
)
,
Si
compiace
di
dire
che
il
Baldensperger
ricorda
anche
le
ricerche
del
Cazamian
,
edite
nella
Revue
germanique
del
1906
:
Pourquoi
nous
ne
pouvons
definir
l
'
humour
,
in
cui
l
'
autore
,
seguace
del
Bergson
,
sostiene
che
l
'
umorismo
sfugge
alla
scienza
,
perché
gli
elementi
caratteristici
e
costanti
di
esso
sono
in
piccolo
numero
e
sopra
tutto
negativi
,
laddove
gli
elementi
variabili
sono
in
numero
indeterminato
.
Per
cui
,
il
compito
della
critica
è
di
studiare
il
contenuto
e
il
tono
di
ogni
umore
,
e
cioè
,
la
personalità
di
ciascun
umorista
.
Il
ny
a
pas
d
'
humour
,
il
ny
a
que
des
humouristes
,
dice
il
signor
Baldensperger
.
E
il
Croce
s
'
affretta
a
concludere
:
La
questione
è
così
esaurita
.
Esaurita
?
Torniamo
e
torneremo
sempre
a
domandare
come
mai
,
se
l
'
umorismo
non
c
'
è
,
né
si
sa
,
né
si
può
dire
che
cosa
sia
,
ci
sieno
poi
scrittori
,
di
cui
si
possa
sapere
e
dire
che
sono
umoristi
.
In
base
a
che
cosa
si
saprà
e
si
potrà
dire
?
L
'
umorismo
non
c
'
è
;
ci
sono
scrittori
umoristi
.
Il
comico
non
c
'
è
;
ci
sono
scrittori
comici
.
Benissimo
!
E
se
un
tale
,
sbagliando
,
afferma
che
un
tale
scrittore
umorista
è
un
comico
,
come
farò
io
a
chiarirgli
lo
sbaglio
,
a
dimostrargli
che
è
un
umorista
e
non
un
comico
?
Il
Croce
pone
innanzi
la
pregiudiziale
metodica
circa
la
possibilità
di
definire
un
concetto
.
Io
gli
pongo
innanzi
questo
caso
,
e
gli
domando
come
potrebbe
egli
dimostrare
,
per
esempio
,
all
'
Arcoleo
,
il
quale
afferma
che
il
personaggio
di
don
Abbondio
è
comico
,
che
invece
no
,
quel
personaggio
è
umoristico
,
se
non
avesse
ben
chiaro
in
mente
che
cosa
sia
e
che
debba
intendersi
per
umorismo
.
Ma
egli
dice
,
in
fondo
,
di
non
muover
guerra
alle
definizioni
,
e
che
anzi
il
suo
modo
di
rifiutarle
tutte
,
filosoficamente
,
è
l
'
accettarle
tutte
,
empiricamente
.
Anche
la
mia
;
che
del
resto
non
è
,
né
vuol
essere
una
definizione
,
ma
piuttosto
la
spiegazione
di
quell
'
intimo
processo
che
avviene
,
e
che
non
può
non
avvenire
,
in
tutti
quegli
scrittori
che
si
dicono
umoristi
.
L
'
Estetica
del
Croce
è
così
astratta
e
negativa
,
che
applicarla
alla
critica
non
è
assolutamente
possibile
,
se
non
a
patto
di
negarla
di
continuo
,
com
'
egli
stesso
fa
,
accettando
questi
così
detti
concetti
empirici
che
,
cacciati
dalla
porta
,
gli
rientrano
dalla
finestra
.
Ah
,
una
bella
soddisfazione
,
la
filosofia
!
II
Vediamo
dunque
,
senz
'
altro
,
qual
è
il
processo
da
cui
risulta
quella
particolar
rappresentazione
che
si
suoi
chiamare
umoristica
;
se
questa
ha
peculiari
caratteri
che
la
distinguono
,
e
da
che
derivano
:
se
vi
è
un
particolar
modo
di
considerare
il
mondo
,
che
costituisce
appunto
la
materia
e
la
ragione
dell
'
umorismo
.
Ordinariamente
,
ho
già
detto
altrove
(
vedi
nel
mio
volume
già
citato
Arte
e
scienza
il
saggio
Un
critico
fantastico
)
,
e
qui
m
'
è
forza
ripetere
l
'
opera
d
'
arte
è
creata
dal
libero
movimento
della
vita
interiore
che
organa
le
idee
e
le
immagini
in
una
forma
armoniosa
,
di
cui
tutti
gli
elementi
han
corrispondenza
tra
loro
e
con
l
'
idea
-
madre
che
le
coordina
.
La
riflessione
,
durante
la
concezione
,
come
durante
l
'
esecuzione
dell
'
opera
d
'
arte
,
non
resta
certamente
inattiva
:
assiste
al
nascere
e
al
crescere
dell
'
opera
,
ne
segue
le
fasi
progressive
e
ne
gode
,
raccosta
i
varii
elementi
,
li
coordina
,
li
compara
.
La
coscienza
non
rischiara
tutto
lo
spirito
;
segnatamente
per
l
'
artista
essa
non
è
un
lume
distinto
dal
pensiero
,
che
permetta
alla
volontà
di
attingere
in
lei
come
in
un
tesoro
d
'
immagini
e
d
'
idee
.
La
coscienza
,
in
somma
,
non
è
una
potenza
creatrice
,
ma
lo
specchio
interiore
in
cui
il
pensiero
si
rimira
;
si
può
dire
anzi
ch
'
essa
sia
il
pensiero
che
vede
sé
stesso
,
assistendo
a
quello
che
esso
fa
spontaneamente
.
E
,
d
'
ordinario
,
nell
'
artista
,
nel
momento
della
concezione
,
la
riflessione
si
nasconde
,
resta
,
per
casi
dire
,
invisibile
:
è
,
quasi
,
per
l
'
artista
una
forma
del
sentimento
.
Man
mano
che
l
'
opera
si
fa
,
essa
la
critica
,
non
freddamente
,
come
farebbe
un
giudice
spassionato
,
analizzandola
;
ma
d
'
un
tratto
,
mercé
l
'
impressione
che
ne
riceve
.
Questo
,
ordinariamente
.
Vediamo
adesso
se
,
per
la
natural
disposizione
d
'
animo
di
quegli
scrittori
che
si
chiamano
umoristi
e
per
il
particolar
modo
che
essi
hanno
di
intuire
e
di
considerar
gli
uomini
e
la
vita
,
questo
stesso
procedimento
avviene
nella
concezione
delle
loro
opere
;
se
cioè
la
riflessione
vi
tenga
la
parte
che
abbiamo
or
ora
descritto
,
o
non
vi
assuma
piuttosto
una
speciale
attività
.
Ebbene
,
noi
vedremo
che
nella
concezione
di
ogni
opera
umoristica
,
la
riflessione
non
si
nasconde
,
non
resta
invisibile
,
non
resta
cioè
quasi
una
forma
del
sentimento
,
quasi
uno
specchio
in
cui
il
sentimento
si
rimira
;
ma
gli
si
pone
innanzi
,
da
giudice
;
lo
analizza
,
spassionandosene
;
ne
scompone
l
'
immagine
;
da
questa
analisi
però
,
da
questa
scomposizione
,
un
altro
sentimento
sorge
o
spira
:
quello
che
potrebbe
chiamarsi
,
e
che
io
difatti
chiamo
il
sentimento
del
contrario
.
Vedo
una
vecchia
signora
,
coi
capelli
ritinti
,
tutti
unti
non
si
sa
di
quale
orribile
manteca
,
e
poi
tutta
goffamente
imbellettata
e
parata
d
'
abiti
giovanili
.
Mi
metto
a
ridere
.
Avverto
che
quella
vecchia
signora
è
il
contrario
di
ciò
che
una
vecchia
rispettabile
signora
dovrebbe
essere
.
Posso
così
,
a
prima
giunta
e
superficialmente
,
arrestarmi
a
questa
impressione
comica
.
Il
comico
è
appunto
un
avvertimento
del
contrario
.
Ma
se
ora
interviene
in
me
la
riflessione
,
e
mi
suggerisce
che
quella
vecchia
signora
non
prova
forse
nessun
piacere
a
pararsi
così
come
un
pappagallo
,
ma
che
forse
ne
soffre
e
lo
fa
soltanto
perché
pietosamente
s
'
inganna
che
,
parata
così
,
nascondendo
così
le
rughe
e
la
canizie
,
riesca
a
trattenere
a
sé
l
'
amore
del
marito
molto
più
giovane
di
lei
,
ecco
che
io
non
posso
più
riderne
come
prima
,
perché
appunto
la
riflessione
,
lavorando
in
me
,
mi
ha
fatto
andar
oltre
a
quel
primo
avvertimento
,
o
piuttosto
,
più
addentro
:
da
quel
primo
avvertimento
del
contrario
mi
ha
fatto
passare
a
questo
sentimento
del
contrario
.
Ed
è
tutta
qui
la
differenza
tra
il
comico
e
l
'
umoristico
.
Signore
,
signore
!
oh
!
signore
,
forse
,
come
gli
altri
,
voi
stimate
ridicolo
tutto
questo
;
forse
vi
annojo
raccontandovi
questi
stupidi
e
miserabili
particolari
della
mia
vita
domestica
:
ma
per
me
non
è
ridicolo
,
perché
io
sento
tutto
ciò
...
Così
grida
Marmeladoff
nell
'
osteria
,
in
Delitto
e
Castigo
del
Dostojevski
,
a
Raskolnikoff
tra
le
risate
degli
avventori
ubriachi
.
E
questo
grido
è
appunto
la
protesta
dolorosa
ed
esasperata
d
'
un
personaggio
umoristico
contro
chi
,
di
fronte
a
lui
,
si
ferma
a
un
primo
avvertimento
superficiale
e
non
riesce
a
vederne
altro
che
la
comicità
.
Ed
ecco
qua
un
terzo
esempio
,
che
per
la
sua
lampante
chiarezza
,
si
potrebbe
dir
tipico
.
Un
poeta
,
il
Giusti
,
entra
un
giorno
nella
chiesa
di
Sant
'
Ambrogio
a
Milano
,
e
vi
trova
un
pieno
di
soldati
,
Di
que
'
soldati
settentrionali
,
Come
sarebbe
boemi
e
croati
,
Messi
qui
nella
vigna
a
far
da
pali
...
Il
suo
primo
sentimento
è
d
'
odio
:
quei
soldatacci
ispidi
e
duri
son
lì
a
ricordargli
la
patria
schiava
.
Ma
ecco
levarsi
nel
tempio
il
suono
dell
'
organo
:
poi
quel
cantico
tedesco
lento
lento
,
D
'
un
suono
grave
,
flebile
,
solenne
che
è
preghiera
e
pare
lamento
.
Ebbene
,
questo
suono
determina
a
un
tratto
una
disposizione
insolita
nel
poeta
,
avvezzo
a
usare
il
flagello
della
satira
politica
e
civile
:
determina
in
lui
la
disposizione
propriamente
umoristica
:
cioè
,
lo
dispone
a
quella
particolar
riflessione
che
,
spassionandosi
del
primo
sentimento
,
dell
'
odio
suscitato
dalla
vista
di
quei
soldati
;
genera
appunto
il
sentimento
del
contrario
.
Il
poeta
ha
sentito
nell
'
inno
la
dolcezza
amara
Dei
canti
uditi
da
fanciullo
:
il
core
,
Che
da
voce
domestica
gl
'
impara
,
Ce
li
ripete
i
giorni
del
dolore
.
Un
pensier
mesto
della
madre
cara
,
Un
desiderio
di
pace
e
d
'
amore
,
Uno
sgomento
di
lontano
esilio
...
E
riflette
che
quei
soldati
,
strappati
ai
loro
tetti
da
un
re
pauroso
,
A
dura
vita
,
a
dura
disciplina
,
Muti
,
derisi
,
solitari
stanno
,
Strumenti
ciechi
d
'
occhiuta
rapina
,
Che
lor
non
tocca
e
che
forse
non
sanno
.
Ed
ecco
il
contrario
dell
'
odio
di
prima
:
Povera
gente
!
lontana
da
'
suoi
,
In
un
paese
qui
che
le
vuol
male
...
Il
poeta
è
costretto
a
fuggir
dalla
chiesa
perché
Qui
,
se
non
fuggo
,
abbraccio
un
caporale
,
Colla
su
'
brava
mazza
di
nocciuolo
Duro
e
piantato
li
come
un
piuolo
.
Notando
questo
,
avvertendo
cioè
questo
sentimento
del
contrario
che
nasce
da
una
speciale
attività
della
riflessione
,
io
non
esco
affatto
dal
campo
della
critica
estetica
e
psicologica
.
L
'
analisi
psicologica
di
questa
poesia
è
il
necessario
fondamento
della
valutazione
estetica
di
essa
.
Io
non
posso
intenderne
la
bellezza
,
se
non
intendo
il
processo
psicologico
da
cui
risulta
la
perfetta
riproduzione
di
quello
stato
d
'
animo
che
il
poeta
voleva
suscitare
,
nella
quale
consiste
appunto
la
bellezza
estetica
.
Vediamo
ora
un
esempio
più
complesso
,
nel
quale
la
speciale
attività
della
riflessione
non
si
scopre
casi
a
prima
giunta
;
prendiamo
un
libro
di
cui
abbiamo
già
discorso
:
il
Don
Quijote
del
Cervantes
.
Vogliamo
giudicarne
il
valore
estetico
.
Che
faremo
?
Dopo
la
prima
lettura
e
la
prima
impressione
che
ne
avremo
ricevuto
,
terremo
conto
anche
qui
dello
stato
d
'
animo
che
l
'
autore
ha
voluto
suscitare
.
Qual
è
questo
stato
d
'
animo
?
Noi
vorremmo
ridere
di
tutto
quanto
c
'
è
di
comico
nella
rappresentazione
di
questo
povero
alienato
che
maschera
della
sua
follia
sé
stesso
e
gli
altri
e
tutte
le
cose
;
vorremmo
ridere
,
ma
il
riso
non
ci
viene
alle
labbra
schietto
e
facile
;
sentiamo
che
qualcosa
ce
lo
turba
e
ce
l
'
ostacola
;
è
un
senso
di
commiserazione
,
di
pena
e
anche
d
'
ammirazione
,
si
,
perché
se
le
eroiche
avventure
di
questo
povero
hidalgo
sono
ridicolissime
,
pur
non
v
'
ha
dubbio
che
egli
nella
sua
ridicolaggine
è
veramente
eroico
.
Noi
abbiamo
una
rappresentazione
comica
,
ma
spira
da
questa
un
sentimento
che
ci
impedisce
di
ridere
o
ci
turba
il
riso
della
comicità
rappresentata
;
ce
lo
rende
amaro
.
Attraverso
il
comico
stesso
,
abbiamo
anche
qui
il
sentimento
del
contrario
.
L
'
autore
l
'
ha
destato
in
noi
perché
s
'
è
destato
in
lui
,
e
noi
ne
abbiamo
già
veduto
le
ragioni
.
Ebbene
,
perché
non
si
scopre
qui
la
speciale
attività
della
riflessione
?
Ma
perché
essa
frutto
della
tristissima
esperienza
della
vita
,
esperienza
che
ha
determinato
la
disposizione
umoristica
nel
poeta
s
i
era
già
esercitata
sul
sentimento
di
lui
,
su
quel
sentimento
che
lo
aveva
armato
cavaliere
della
fede
a
Lepanto
.
Spassionandosi
di
questo
sentimento
e
ponendovisi
contro
,
da
giudice
,
nella
oscura
carcere
della
Mancha
,
ed
analizzandolo
con
amara
freddezza
,
la
riflessione
aveva
già
destato
nel
poeta
il
sentimento
del
contrario
,
e
frutto
di
esso
è
appunto
il
Don
Quijote
:
è
questo
,
sentimento
del
contrario
oggettivato
.
Il
poeta
non
ha
rappresentato
la
causa
del
processo
come
il
Giusti
nella
sua
poesia
ne
ha
rappresentato
soltanto
l
'
effetto
,
e
però
il
sentimento
del
contrario
spira
attraverso
la
comicità
della
rappresentazione
;
questa
comicità
è
frutto
del
sentimento
del
contrario
generato
nel
poeta
dalla
speciale
attività
della
riflessione
sul
primo
sentimento
tenuto
nascosto
.
Ora
,
che
bisogno
ho
io
d
'
assegnare
un
qualsiasi
valore
etico
a
questo
sentimento
del
contrario
,
come
fa
Theodor
Lipps
nel
suo
libro
Komik
und
Humor
?
Cioè
intendiamoci
bene
al
Lipps
veramente
non
si
affaccia
mai
questo
sentimento
del
contrario
.
Egli
,
da
un
canto
,
non
vede
che
una
specie
di
meccanismo
così
del
comico
come
dell
'
umore
:
quello
stesso
che
il
Croce
nella
sua
Estetica
cita
come
un
esempio
di
spiegazione
accettabile
di
siffatti
concetti
:
Posto
l
'
organismo
nella
situazione
a
,
sopravvenendo
la
circostanza
b
,
si
ha
il
fatto
c
.
E
,
dall
'
altro
canto
,
s
'
impaccia
di
continuo
di
valori
etici
,
poiché
per
lui
ogni
godimento
artistico
ed
estetico
in
genere
è
godimento
di
qualcosa
che
ha
valore
etico
:
non
già
come
elemento
di
un
complesso
,
ma
come
oggetto
dell
'
intuizione
estetica
.
E
tira
continuamente
in
ballo
il
valore
etico
della
personalità
umana
,
e
parla
di
positivo
umano
e
di
negazione
di
esso
.
Egli
dice
:
Dass
durch
die
Negation
,
,
die
am
positiv
Menschlichen
geschieht
,
dies
positiv
Menschliche
uns
näher
gebracht
,
in
seinem
Wert
offenbarer
und
fühlbarer
gemacht
wird
,
darin
besteht
,
wie
wir
sahen
,
das
allgemeinste
Wesen
der
Tragik
.
Ebendarin
besteht
auch
das
allgemeinste
Wesen
des
Humors
.
Nur
dass
hier
die
Negation
anderer
Art
ist
als
dort
,
nämlich
komische
Negation
.
Ich
sagte
vom
Naivkomischen
,
dass
es
auf
dem
Wege
liege
von
der
Komik
zum
Humor
.
Dies
heisst
nicht
:
die
naive
Komik
ist
Humor
.
Vielmehr
ist
auchhier
die
Komik
als
solche
das
Gegenteil
des
Humors
.
Die
naive
Komik
entsteht
,
indem
das
vom
Standpunkte
der
naiven
Persönlichkeit
aus
Berechtigte
,
Gute
,
Kluge
von
unserem
Standpunkte
aus
im
gegenteiligen
Lichte
erscheint
.
Der
Humor
entsteht
umgekehrt
,
indem
jenes
relativ
Berechtigte
,
Gute
,
Kluge
aus
dem
Prozess
der
komischen
Vernichtung
wiederum
emportaucht
,
und
nun
erst
recht
in
seinem
Werte
einleuchtet
und
genossen
wird
.
E
poco
più
oltre
:
Der
eigentliche
Grund
und
Kern
des
Humors
ist
überall
und
jederzeit
das
relativ
Gute
,
Schöne
,
Vernünftige
,
das
auch
da
sich
findet
,
wo
es
nach
unseren
gewöhnlichen
Begriffen
nicht
vorhanden
,
ja
geflissentlich
negiert
erscheint
.
Dice
anche
:
in
der
Komik
nicht
nur
das
Komische
in
nichts
zergeht
,
sondern
auch
wir
in
gewisser
Weise
,
mit
unserer
Erwartung
,
unserem
Glauben
an
eine
Erhabenheit
oder
Grösse
,
den
Regeln
oder
Gewohnheiten
unserer
Denkens
u
.
s
.
w
.
"
zu
nichte
"
werden
.
Über
dieses
eigene
Zunichtewerden
erhebt
sich
der
Humor
.
Dieser
Humor
,
der
Humor
,
den
wir
angesichts
des
Komischen
haben
,
besteht
schliesslich
ebenso
wie
derjenige
,
den
der
Träger
des
bewusst
humoristischen
Geschehens
hat
,
in
der
Geistesfreiheit
,
der
Gewissheit
des
eigenen
Selbst
und
des
Vernünftigen
,
Guten
und
Erhabenen
in
der
Welt
,
die
bei
aller
objektiven
und
eigenen
Nichtigkeit
bestehen
bleibt
,
oder
eben
darin
zur
Geltung
kommt
.
Ma
è
poi
costretto
a
riconoscere
egli
stesso
che
nicht
jeder
Humor
diese
höchste
Stufe
erreicht
e
che
vi
ha
neben
dem
versöhnten
,
einen
entzweiten
Humor
.
Ma
che
bisogno
ho
io
,
ripeto
,
di
dare
un
qualsiasi
valore
etico
a
quello
che
ho
chiamato
il
sentimento
del
contrario
,
o
di
determinarlo
a
priori
in
alcun
modo
?
Esso
si
determinerà
da
sé
,
volta
per
volta
,
secondo
la
personalità
del
poeta
o
l
'
oggetto
della
rappresentazione
.
Che
importa
a
me
,
critico
estetico
,
di
sapere
in
chi
o
dove
stia
la
ragion
relativa
e
il
giusto
e
il
bene
?
Io
non
voglio
né
debbo
uscire
dal
campo
della
fantasia
pura
:
Io
mi
pongo
dinanzi
qualunque
rappresentazione
artistica
,
e
mi
propongo
soltanto
di
giudicarne
il
valore
estetico
.
Per
questo
giudizio
,
ho
bisogno
innanzi
tutto
di
sapere
lo
stato
d
'
animo
che
quella
rappresentazione
artistica
vuol
suscitare
:
lo
saprò
dall
'
impressione
che
ne
ho
ricevuto
.
Questo
stato
d
'
animo
,
ogni
qual
volta
mi
trovo
innanzi
a
una
rappresentazione
veramente
umoristica
,
è
di
perplessità
:
io
mi
sento
come
tenuto
tra
due
:
vorrei
ridere
,
rido
,
ma
il
riso
mi
è
turbato
e
ostacolato
da
qualcosa
che
spira
dalla
rappresentazione
stessa
.
Ne
cerco
la
ragione
.
Per
trovarla
,
non
ho
affatto
bisogno
di
sciogliere
l
'
espressione
fantastica
in
un
rapporto
etico
,
di
tirare
in
ballo
il
valore
etico
della
personalità
umana
e
via
dicendo
.
Trovo
questo
sentimento
del
contrario
,
qualunque
esso
sia
,
che
spira
in
tanti
modi
dalla
rappresentazione
stessa
,
costantemente
in
tutte
le
rappresentazioni
che
soglio
chiamare
umoristiche
.
Perché
limitarne
eticamente
la
causa
,
oppure
astrattamente
,
attribuendola
,
ad
esempio
,
al
disaccordo
che
il
sentimento
e
la
meditazione
scoprono
fra
la
vita
reale
e
l
'
ideale
umano
o
fra
le
nostre
aspirazioni
e
le
nostre
debolezze
e
miserie
?
Nascerà
anche
da
questo
,
come
da
tantissime
altre
cause
indeterminabili
a
priori
.
A
noi
preme
soltanto
accertare
che
questo
sentimento
del
contrario
nasce
,
e
che
nasce
da
una
speciale
attività
che
assume
nella
concezione
di
siffatte
opere
d
'
arte
la
riflessione
.
III
Teniamoci
a
questo
;
seguiamo
questa
attività
speciale
della
riflessione
,
e
vediamo
se
essa
non
ci
spiega
a
una
a
una
le
varie
caratteristiche
,
che
si
possono
riscontrare
in
ogni
opera
umoristica
.
Abbiamo
detto
che
,
ordinariamente
,
nella
concezione
d
'
un
'
opera
d
'
arte
,
la
riflessione
è
quasi
una
forma
del
sentimento
,
quasi
uno
specchio
in
cui
il
sentimento
si
rimira
.
Volendo
seguitar
quest
'
immagine
,
si
potrebbe
dire
che
,
nella
concezione
umoristica
,
la
riflessione
è
,
sì
,
come
uno
specchio
,
ma
d
'
acqua
diaccia
,
in
cui
la
fiamma
del
sentimento
non
si
rimira
soltanto
,
ma
si
tuffa
e
si
smorza
:
il
friggere
dell
'
acqua
è
il
riso
che
suscita
l
'
umorista
;
il
vapore
che
n
'
esala
è
la
fantasia
spesso
un
po
'
fumosa
dell
'
opera
umoristica
.
A
questo
mondo
c
'
è
giustizia
finalmente
!
grida
Renzo
,
il
promesso
sposo
,
appassionato
e
rivoltato
.
Tant
'
è
vero
che
un
uomo
sopraffatto
dal
dolore
non
sa
più
quel
che
si
dica
,
commenta
il
Manzoni
.
Ecco
la
fiamma
là
del
sentimento
,
che
si
tuffa
qua
e
si
smorza
nell
'
acqua
diaccia
della
riflessione
.
La
riflessione
,
assumendo
quella
sua
speciale
attività
,
viene
a
turbare
,
a
interrompere
il
movimento
spontaneo
che
organa
le
idee
e
le
immagini
in
una
forma
armoniosa
.
E
stato
tante
volte
notato
che
le
opere
umoristiche
sono
scomposte
,
interrotte
,
intramezzate
di
continue
digressioni
.
Anche
in
un
'
opera
così
armonica
nel
suo
complesso
come
I
Promessi
Sposi
,
è
stato
notato
qualche
difetto
di
composizione
,
una
soverchia
minuzia
qua
e
là
e
il
frequente
interrompersi
della
rappresentazione
o
per
richiami
al
famoso
Anonimo
o
per
l
'
arguta
intrusione
dell
'
autore
stesso
.
Questo
,
che
ai
critici
nostri
è
sembrato
un
eccesso
per
un
verso
,
un
difetto
per
l
'
altro
,
è
poi
la
caratteristica
più
evidente
di
tutti
i
libri
umoristici
.
Basta
citare
il
Tristram
Shandy
dello
Sterne
,
che
è
tutto
quanto
un
viluppo
di
variazioni
e
digressioni
,
non
ostante
che
l
'
autobiografo
si
proponga
di
narrar
tutto
ab
ovo
,
punto
per
punto
,
e
cominci
dall
'
alvo
di
sua
madre
e
dalla
pendola
che
il
signor
Shandy
padre
soleva
puntualmente
caricare
.
Ma
se
questa
caratteristica
è
stata
notata
,
non
se
ne
son
vedute
chiaramente
le
ragioni
.
Questa
scompostezza
,
queste
digressioni
,
queste
variazioni
non
derivano
già
dal
bizzarro
arbitrio
o
dal
capriccio
degli
scrittori
,
ma
sono
appunto
necessaria
e
inovviabile
conseguenza
del
turbamento
e
delle
interruzioni
del
movimento
organatore
delle
immagini
per
opera
della
riflessione
attiva
,
la
quale
suscita
un
'
associazione
per
contrarci
:
le
immagini
cioè
,
anziché
associate
per
similazione
o
per
contiguità
,
si
presentano
in
contrasto
:
ogni
immagine
,
ogni
gruppo
d
'
immagini
desta
e
richiama
le
contrarie
,
che
naturalmente
dividono
lo
spirito
,
il
quale
,
irrequieto
,
s
'
ostina
a
trovare
o
a
stabilir
tra
loro
le
relazioni
più
impensate
.
Ogni
vero
umorista
non
è
soltanto
poeta
,
è
anche
critico
,
ma
si
badi
-
un
critico
sui
generis
,
un
critico
fantastico
:
e
dico
fantastico
non
solamente
nel
senso
di
bizzarro
o
di
capriccioso
,
ma
anche
nel
senso
estetico
della
parola
,
quantunque
possa
sembrare
a
prima
giunta
una
contradizione
in
termini
.
Ma
è
proprio
così
;
e
però
ho
sempre
parlato
di
una
speciale
attività
della
riflessione
.
Questo
apparirà
chiaro
quando
si
pensi
che
se
,
indubbiamente
,
una
innata
o
ereditata
malinconia
,
le
tristi
vicende
,
un
'
amara
esperienza
della
vita
,
o
anche
un
pessimismo
o
uno
scetticismo
acquisito
con
lo
studio
e
con
la
considerazione
su
le
sorti
dell
'
umana
esistenza
,
sul
destino
degli
uomini
,
ecc
.
possono
determinare
quella
particolar
disposizione
d
'
animo
che
si
suol
chiamare
umoristica
,
questa
disposizione
poi
,
da
sola
,
non
basta
a
creare
un
'
opera
d
'
arte
.
Essa
non
è
altro
che
il
terreno
preparato
:
l
'
opera
d
'
arte
è
il
germe
che
cadrà
in
questo
terreno
,
e
sorgerà
,
e
si
svilupperà
nutrendosi
dell
'
umore
di
esso
,
togliendo
cioè
da
esso
condizione
e
qualità
.
Ma
la
nascita
e
lo
sviluppo
di
questa
pianta
debbono
essere
spontanei
.
Apposta
il
germe
non
cade
se
non
nel
terreno
preparato
a
riceverlo
,
ove
meglio
cioè
può
germogliare
.
La
creazione
dell
'
arte
è
spontanea
:
non
è
composizione
esteriore
,
per
addizione
d
'
elementi
di
cui
si
siano
studiati
i
rapporti
:
di
membra
sparse
non
si
compone
un
corpo
vivo
,
innestando
,
combinando
.
Un
'
opera
d
'
arte
,
in
somma
,
è
,
in
quanto
è
ingenua
;
non
può
essere
il
risultato
della
riflessione
cosciente
.
La
riflessione
,
dunque
,
di
cui
io
parlo
,
non
è
un
'
opposizione
del
cosciente
verso
lo
spontaneo
;
è
una
specie
di
projezione
della
stessa
attività
fantastica
:
nasce
dal
fantasma
,
come
l
'
ombra
dal
corpo
;
ha
tutti
i
caratteri
della
ingenuità
o
natività
spontanea
;
è
nel
germe
stesso
della
creazione
,
e
spira
in
fatti
da
essa
ciò
che
ho
chiamato
il
sentimento
del
contrario
.
Ben
per
questo
ho
soggiunto
che
l
'
umorismo
potrebbe
dirsi
un
fenomeno
di
sdoppiamento
nell
'
atto
della
concezione
.
La
concezione
dell
'
opera
d
'
arte
non
è
altro
,
in
fondo
,
che
una
forma
dell
'
organamento
delle
immagini
.
L
'
idea
dell
'
artista
non
è
un
'
idea
astratta
;
è
un
sentimento
,
che
divien
centro
della
vita
interiore
,
si
impadronisce
dello
spirito
,
l
'
agita
e
,
agitandolo
,
tende
a
crearsi
un
corpo
d
'
immagini
.
Quando
un
sentimento
scuote
violentemente
lo
spirito
,
d
'
ordinario
,
si
svegliano
tutte
le
idee
,
tutte
le
immagini
che
son
con
esso
in
accordo
:
qui
,
invece
,
per
la
riflessione
inserta
nel
germe
del
sentimento
,
come
un
vischio
maligno
,
si
sveglian
le
idee
e
le
immagini
in
contrasto
.
E
la
condizione
,
è
la
qualità
che
prende
il
germe
,
cadendo
nel
terreno
che
abbiamo
più
su
descritto
:
gli
s
'
inserisce
il
vischio
della
riflessione
;
e
la
pianta
sorge
e
si
veste
d
'
un
verde
estraneo
e
pur
con
essa
connaturato
.
A
questo
punto
si
fa
avanti
il
Croce
con
tutta
la
forza
della
sua
logica
raccolta
in
un
cosicché
,
per
inferire
da
quanto
ho
detto
più
su
,
ch
'
io
contrappongo
arte
e
umorismo
.
E
si
domanda
:
Vuol
egli
dire
che
l
'
umorismo
non
è
arte
,
o
che
esso
è
più
che
arte
?
E
,
in
questo
caso
,
che
cosa
è
mai
?
Riflessione
sull
'
arte
,
e
cioè
critica
d
'
arte
?
Riflessione
sulla
vita
,
e
cioè
filosofia
della
vita
?
O
una
forma
sui
generis
dello
spirito
,
che
i
filosofi
,
finora
,
non
hanno
conosciuta
?
Il
P
.
,
se
l
'
ha
scoperta
lui
,
avrebbe
dovuto
,
a
ogni
modo
,
dimostrarla
,
assegnarle
un
posto
,
dedurla
e
farne
intendere
la
connessione
con
le
altre
forme
dello
spirito
.
Il
che
non
ha
fatto
,
limitandosi
ad
affermare
che
l
'
umorismo
è
l
'
opposto
dell
'
arte
.
Io
mi
guardo
attorno
sbalordito
.
Ma
dove
,
ma
quando
mai
ho
affermato
questo
?
Qui
sta
tra
due
:
o
io
non
so
scrivere
,
o
il
Croce
non
sa
leggere
.
Come
c
'
entra
la
riflessione
sull
'
arte
che
è
critica
d
'
arte
,
e
la
riflessione
sulla
vita
che
è
filosofia
della
vita
?
Io
ho
detto
che
ordinariamente
,
in
generale
,
nella
concezione
d
'
un
'
opera
d
'
arte
,
cioè
mentre
uno
scrittore
la
concepisce
,
la
riflessione
ha
un
ufficio
che
ho
cercato
di
determinare
,
per
poi
venire
a
determinare
quale
speciale
attività
essa
assuma
,
non
già
sull
'
opera
d
'
arte
,
ma
in
quella
speciale
opera
d
'
arte
che
si
chiama
umoristica
.
Ebbene
,
perciò
l
'
umorismo
non
è
arte
,
o
è
più
che
arte
?
Chi
lo
dice
?
Lo
dice
lui
,
il
Croce
,
perché
vuol
dirlo
,
non
perché
io
non
mi
sia
espresso
chiaramente
,
dimostrando
.
che
è
arte
con
questo
particolar
carattere
,
e
chiarendo
da
che
cosa
le
provenga
,
cioè
da
questa
speciale
attività
della
riflessione
,
la
quale
scompone
l
'
immagine
creata
da
un
primo
sentimento
per
far
sorgere
da
questa
scomposizione
e
presentarne
un
altro
contrario
,
come
appunto
s
'
è
veduto
dagli
esempii
recati
e
da
tutti
gli
altri
che
avrei
potuto
recare
,
esaminando
a
una
a
una
le
più
celebrate
opere
umoristiche
.
Non
vorrei
ammettere
un
'
ipotesi
quanto
mai
ingiuriosa
per
il
Croce
,
che
cioè
egli
creda
che
un
'
opera
d
'
arte
si
componga
come
un
qualunque
pasticcio
con
tanto
d
'
uova
,
tanto
di
farina
,
tanto
di
questo
o
di
quell
'
altro
ingrediente
,
che
si
potrebbe
anche
mettere
o
lasciar
fuori
.
Ma
pur
troppo
mi
vedo
costretto
da
lui
stesso
ad
ammettere
una
siffatta
ipotesi
,
quand
'
egli
per
farmi
toccare
con
mano
che
l
'
umorismo
come
arte
non
si
può
distinguere
dalla
restante
arte
pone
questi
due
casi
circa
alla
riflessione
,
di
cui
io
secondo
lui
vorrei
fare
carattere
distintivo
dell
'
arte
umoristica
,
quasi
che
fosse
lo
stesso
dire
così
,
in
generale
,
la
riflessione
e
parlare
com
'
io
faccio
,
d
'
una
speciale
attività
della
riflessione
,
più
come
processo
intimo
,
immancabile
nell
'
atto
della
concezione
e
della
creazione
di
tali
opere
,
che
come
carattere
distintivo
che
per
forza
debba
mostrarsi
.
Ma
lasciamo
andare
.
Pone
,
dicevo
,
questi
due
casi
:
che
cioè
,
la
riflessione
o
entra
come
componente
nella
materia
dell
'
opera
dell
'
arte
e
,
in
questo
caso
,
tra
l
'
umorismo
e
la
commedia
(
o
la
tragedia
o
la
lirica
,
e
via
dicendo
)
,
non
vi
ha
differenza
alcuna
,
giacché
in
tutte
le
opere
d
'
arte
entra
,
o
può
entrare
,
il
pensiero
e
la
riflessione
;
ovvero
rimane
estrinseca
all
'
opera
d
'
arte
,
e
allora
si
avrà
critica
e
non
mai
arte
,
e
neppure
arte
umoristica
.
È
chiaro
.
Il
pasticcio
!
Recipe
:
tanto
di
fantasia
,
tanto
di
sentimento
,
tanto
di
riflessione
;
impasta
e
avrai
una
qualunque
opera
d
'
arte
,
perché
nella
composizione
di
una
qualunque
opera
d
'
arte
possono
entrare
tutti
quegli
ingredienti
,
e
anche
altri
.
Ma
domando
io
:
come
c
'
entra
questo
pasticcio
,
questa
composizione
d
'
elementi
come
materia
dell
'
opera
d
'
arte
,
qualunque
e
comunque
sia
,
con
quello
che
io
ho
detto
più
su
e
che
ho
fatto
vedere
,
punto
per
punto
,
parlando
per
esempio
del
Sant
'
Ambrogio
del
Giusti
,
quando
ho
mostrato
come
la
riflessione
,
inserendosi
come
un
vischio
nel
primo
sentimento
del
poeta
,
che
è
d
'
odio
verso
quei
soldatacci
stranieri
,
generò
a
poco
a
poco
il
contrario
del
sentimento
di
prima
?
E
forse
perché
questa
riflessione
,
sempre
vigile
e
specchiante
in
ogni
artista
durante
la
creazione
,
non
segue
qua
il
primo
sentimento
,
ma
a
un
certo
punto
gli
s
'
oppone
,
diventa
perciò
estrinseca
all
'
opera
d
'
arte
,
diventa
perciò
critica
?
Io
parlo
d
'
una
attività
intrinseca
della
riflessione
,
e
non
della
riflessione
come
materia
componente
dell
'
opera
d
'
arte
.
È
chiaro
!
E
non
è
credibile
che
il
Croce
non
l
'
intenda
.
Non
vuole
intenderlo
.
E
ne
è
prova
quel
suo
voler
far
credere
che
siano
imprecise
le
mie
distinzioni
e
che
io
le
ripeta
e
le
modifichi
e
le
temperi
di
continuo
e
che
,
quando
altro
non
sappia
,
ricorra
alle
immagini
;
mentre
invece
negli
esempii
ch
'
egli
cita
di
queste
mie
pretese
ripetizioni
e
modificazioni
e
soccorrevoli
immagini
,
sfido
chiunque
a
scoprire
il
minimo
disaccordo
,
la
minima
modificazione
,
il
minimo
temperamento
della
prima
asserzione
,
e
non
piuttosto
una
più
chiara
spiegazione
,
una
più
precisa
immagine
;
sfido
chiunque
a
riconoscere
con
lui
il
mio
imbarazzo
,
poiché
i
concetti
,
a
suo
dire
,
mi
si
sformano
tra
mano
quando
li
prendo
per
porgerli
altrui
.
Tutto
questo
è
veramente
pietoso
.
Ma
tanto
può
sul
Croce
ciò
che
una
volta
egli
s
'
è
lasciato
dire
:
che
cioè
dell
'
umorismo
non
si
debba
,
né
si
possa
parlare
.
Andiamo
avanti
.
IV
Per
spiegarci
la
ragione
del
contrasto
tra
la
riflessione
e
il
sentimento
,
dobbiamo
penetrar
nel
terreno
in
cui
il
germe
cade
,
voglio
dire
nello
spirito
dello
scrittore
umorista
.
Che
se
la
disposizione
umoristica
per
sé
sola
non
basta
,
perché
ci
vuole
il
germe
della
creazione
,
questo
germe
poi
si
nutre
dell
'
umore
che
trova
.
Lo
stesso
Lipps
che
vede
tre
modi
d
'
essere
dell
'
umore
,
cioè
:
a
)
l
'
umore
,
come
disposizione
,
o
modo
di
considerar
le
cose
;
b
)
l
'
umore
,
come
rappresentazione
;
c
)
l
'
umore
obiettivo
;
conclude
poi
che
in
verità
l
'
umore
è
soltanto
in
chi
lo
ha
:
soggettivismo
e
oggettivismo
non
sono
altro
che
un
diverso
atteggiamento
dello
spirito
nell
'
atto
della
rappresentazione
.
La
rappresentazione
cioè
dell
'
umore
,
che
è
sempre
in
chi
lo
ha
,
può
essere
atteggiata
in
due
modi
:
subiettivamente
od
obiettivamente
.
Quei
tre
modi
d
'
essere
si
presentano
al
Lipps
perché
egli
limita
e
determina
eticamente
la
ragione
dell
'
umorismo
,
il
quale
è
per
lui
,
come
abbiamo
già
veduto
,
superamento
del
comico
attraverso
il
comico
stesso
.
Sappiamo
che
cosa
egli
intenda
per
superamento
.
Io
,
secondo
lui
,
ho
umore
,
quando
:
ich
selbst
bin
der
Erhabene
,
der
sich
Behauptende
,
der
Träger
des
Vernünftigen
oder
Sittlichen
.
Als
dieser
Erhabene
,
oder
im
Lichte
dieses
Erhabenen
betrachte
ich
die
Welt
.
Ich
finde
in
ihr
Komisches
und
gehe
betrachtend
in
die
Komik
ein
.
Ich
gewinne
aber
schliesslich
mich
selbst
,
oder
das
Erhabene
in
mir
,
erhöht
,
befestigt
,
gesteigert
wieder
.
Ora
questa
per
noi
è
una
considerazione
assolutamente
estranea
,
prima
di
tutto
,
e
poi
anche
unilaterale
.
Togliendo
alla
formula
il
valore
etico
,
l
'
umorismo
poi
con
essa
riman
considerato
,
se
mai
,
nel
suo
effetto
,
non
nella
causa
.
Per
noi
tanto
il
comico
quanto
il
suo
contrario
,
sono
nella
disposizione
d
'
animo
stessa
ed
insiti
nel
processo
che
ne
risulta
.
Nella
sua
anormalità
,
non
può
esser
che
amaramente
comica
la
condizione
d
'
un
uomo
che
si
trova
ad
esser
sempre
quasi
fuori
di
chiave
,
ad
essere
a
un
tempo
violino
e
contrabbasso
;
d
'
un
uomo
a
cui
un
pensiero
non
può
nascere
,
che
subito
non
gliene
nasca
un
altro
opposto
,
contrario
;
a
cui
per
una
ragione
ch
'
egli
abbia
di
dir
sì
,
subito
un
'
altra
e
due
e
tre
non
ne
sorgano
che
lo
costringono
a
dir
no
;
e
tra
il
sì
e
il
no
lo
tengan
sospeso
,
perplesso
,
per
tutta
la
vita
;
d
'
un
uomo
che
non
può
abbandonarsi
a
un
sentimento
,
senza
avvertir
subito
qualcosa
dentro
che
gli
fa
una
smorfia
e
lo
turba
e
lo
sconcerta
e
lo
indispettisce
.
Questo
stesso
contrasto
,
che
è
nella
disposizione
dell
'
animo
,
si
scorge
nelle
cose
e
passa
nella
rappresentazione
.
È
una
speciale
fisionomia
psichica
,
a
cui
è
assolutamente
arbitrario
attribuire
una
causa
determinante
;
può
esser
frutto
d
'
una
esperienza
amara
della
vita
e
degli
uomini
,
d
'
una
esperienza
che
se
,
da
un
canto
,
non
permette
più
al
sentimento
ingenuo
di
metter
le
ali
e
di
levarsi
come
un
'
allodola
perché
lanci
un
trillo
nel
sole
,
senza
ch
'
essa
la
trattenga
per
la
coda
nell
'
atto
di
spiccare
il
volo
,
dall
'
altro
induce
a
riflettere
che
la
tristizia
degli
uomini
si
deve
spesso
alla
tristezza
della
vita
,
ai
mali
di
cui
essa
è
piena
e
che
non
tutti
sanno
o
possono
sopportare
;
induce
a
riflettere
che
la
vita
,
non
avendo
fatalmente
per
la
ragione
umana
un
fine
chiaro
e
determinato
,
bisogna
che
,
per
non
brancolar
nel
vuoto
,
ne
abbia
uno
particolare
,
fittizio
,
illusorio
,
per
ciascun
uomo
,
o
basso
o
alto
;
poco
importa
,
giacché
non
è
,
né
può
essere
il
fine
vero
,
che
tutti
cercano
affannosamente
e
nessuno
trova
,
forse
perché
non
esiste
.
Quel
che
importa
è
che
si
dia
importanza
a
qualche
cosa
,
e
sia
pur
vana
:
varrà
quanto
un
'
altra
stimata
seria
,
perché
in
fondo
né
l
'
una
né
l
'
altra
daranno
soddisfazione
:
tanto
è
vero
che
durerà
sempre
ardentissima
la
sete
di
sapere
,
non
si
estinguerà
mai
la
facoltà
di
desiderare
,
e
non
è
detto
pur
troppo
che
nel
progresso
consista
la
felicità
degli
uomini
.
Tutte
le
finzioni
dell
'
anima
,
tutte
le
creazioni
del
sentimento
vedremo
esser
materia
dell
'
umorismo
,
vedremo
cioè
la
riflessione
diventar
come
un
demonietto
che
smonta
il
congegno
d
'
ogni
immagine
,
d
'
ogni
fantasma
messo
su
dal
sentimento
;
smontarlo
per
veder
com
'
è
fatto
;
scaricarne
la
molla
,
e
tutto
il
congegno
striderne
,
convulso
.
Può
darsi
che
questo
faccia
talvolta
con
quella
simpatica
indulgenza
di
cui
parlan
coloro
che
vedono
soltanto
un
umorismo
bonario
.
Ma
non
c
'
è
da
fidarsene
,
perché
se
la
disposizione
umoristica
ha
talvolta
questo
di
particolare
,
cioè
questa
indulgenza
,
questo
compatimento
o
anche
questa
pietà
,
bisogna
pensare
che
esse
son
frutto
della
riflessione
che
si
è
esercitata
sul
sentimento
opposto
;
sono
un
sentimento
del
contrario
nato
dalla
riflessione
su
quei
casi
,
su
quei
sentimenti
,
su
quegli
uomini
,
che
provocano
nello
stesso
tempo
lo
sdegno
,
il
dispetto
,
l
'
irrisione
dell
'
umorista
,
il
quale
è
tanto
sincero
in
questo
dispetto
,
in
questa
irrisione
,
in
questo
sdegno
,
quanto
in
quell
'
indulgenza
,
in
quel
compatimento
,
in
quella
pietà
.
Se
così
non
fosse
,
si
avrebbe
non
più
l
'
umorismo
vero
e
proprio
,
ma
l
'
ironia
,
che
deriva
come
abbiamo
veduto
da
una
contradizione
soltanto
verbale
,
da
un
infingimento
retorico
,
affatto
contrario
alla
natura
dello
schietto
umorismo
.
Ogni
sentimento
,
ogni
pensiero
,
ogni
moto
che
sorga
nell
'
umorista
si
sdoppia
subito
nel
suo
contrario
:
ogni
sì
in
un
no
,
che
viene
in
fine
ad
assumere
lo
stesso
valore
del
sì
.
Magari
può
fingere
talvolta
l
'
umorista
di
tenere
soltanto
da
una
parte
:
dentro
intanto
gli
parla
l
'
altro
sentimento
che
pare
non
abbia
il
coraggio
di
rivelarsi
in
prima
;
gli
parla
e
comincia
a
muovere
ora
una
timida
scusa
,
ora
un
'
attenuante
,
che
smorzano
il
calore
del
primo
sentimento
,
ora
un
'
arguta
riflessione
che
ne
smonta
la
serietà
e
induce
a
ridere
.
Così
avviene
che
noi
dovremmo
tutti
provar
disprezzo
e
indignazione
per
don
Abbondio
,
per
esempio
,
e
stimar
ridicolissimo
e
spesso
un
matto
da
legare
Don
Quijote
;
eppure
siamo
indotti
al
compatimento
,
finanche
alla
simpatia
per
quello
,
e
ad
ammirare
con
infinita
tenerezza
le
ridicolaggini
di
questo
,
nobilitate
da
un
ideale
così
alto
e
puro
.
Dove
sta
il
sentimento
del
poeta
?
Nel
disprezzo
o
nel
compatimento
per
don
Abbondio
?
Il
Manzoni
ha
un
ideale
astratto
,
nobilissimo
della
missione
del
sacerdote
su
la
terra
,
e
incarna
questo
ideale
in
Federigo
Borromeo
.
Ma
ecco
la
riflessione
,
frutto
della
disposizione
umoristica
,
suggerire
al
poeta
che
questo
ideale
astratto
soltanto
per
una
rarissima
eccezione
può
incarnarsi
e
che
le
debolezze
umane
sono
pur
tante
.
Se
il
Manzoni
avesse
ascoltato
solamente
la
voce
di
quell
'
ideale
astratto
,
avrebbe
rappresentato
don
Abbondio
in
modo
che
tutti
avrebbero
dovuto
provar
per
lui
odio
e
disprezzo
,
ma
egli
ascolta
entro
di
sé
anche
la
voce
delle
debolezze
umane
.
Per
la
naturale
disposizione
dello
spirito
,
per
l
'
esperienza
della
vita
,
che
gliel
'
ha
determinata
,
il
Manzoni
non
può
non
sdoppiare
in
germe
la
concezione
di
quell
'
idealità
religiosa
,
sacerdotale
:
e
tra
le
due
fiamme
accese
di
Fra
Cristoforo
e
del
Cardinal
Federigo
vede
,
terra
terra
,
guardinga
e
mogia
,
allungarsi
l
'
ombra
di
don
Abbondio
.
E
si
compiace
a
un
certo
punto
di
porre
a
fronte
,
in
contrasto
,
il
sentimento
attivo
,
positivo
,
e
la
riflessione
negativa
;
la
fiaccola
accesa
del
sentimento
e
l
'
acqua
diaccia
della
riflessione
;
la
predicazione
alata
,
astratta
,
dell
'
altruismo
,
per
veder
come
sì
smorzi
nelle
ragioni
pedestri
e
concrete
dell
'
egoismo
.
Federigo
Borromeo
domanda
a
don
Abbondio
:
E
quando
vi
siete
presentato
alla
Chiesa
per
addossarvi
codesto
ministero
,
v
'
ha
essa
fatto
sicurtà
della
vita
?
V
'
ha
detto
che
i
doveri
annessi
al
ministero
fossero
liberi
da
ogni
ostacolo
,
immuni
da
ogni
pericolo
?
O
v
'
ha
detto
forse
che
dove
cominciasse
il
pericolo
,
ivi
cesserebbe
il
dovere
?
O
non
v
'
ha
espressamente
detto
il
contrario
?
Non
v
'
ha
avvertito
che
vi
mandava
come
un
agnello
tra
i
lupi
?
Non
sapevate
voi
che
c
'
eran
de
'
violenti
,
a
cui
potrebbe
dispiacere
ciò
che
a
voi
sarebbe
comandato
?
Quello
da
Cui
abbiam
la
dottrina
e
l
'
esempio
,
ad
imitazione
di
Cui
ci
lasciam
nominare
e
ci
nominiamo
pastori
,
venendo
in
terra
a
esercitarne
l
'
uffizio
,
mise
forse
per
condizione
d
'
aver
salva
la
vita
?
E
per
salvarla
,
per
conservarla
,
dico
,
qualche
giorno
di
più
sulla
terra
,
a
spese
della
carità
e
del
dovere
,
c
'
era
bisogno
dell
'
unzione
santa
,
della
imposizion
delle
mani
,
della
grazia
del
sacerdozio
?
Basta
il
mondo
a
dar
questa
virtù
,
a
insegnar
questa
dottrina
.
Che
dico
?
oh
vergogna
!
il
mondo
stesso
la
rifiuta
:
il
mondo
fa
anch
'
esso
le
sue
leggi
,
che
prescrivono
il
male
come
il
bene
;
ha
il
suo
vangelo
anch
'
esso
,
un
vangelo
di
superbia
e
d
'
odio
;
e
non
vuol
che
si
dica
che
l
'
amore
della
vita
sia
una
ragione
per
trasgredire
i
comandamenti
.
Non
lo
vuole
ed
è
ubbidito
!
E
noi
!
noi
figli
e
annunziatori
della
promessa
!
Che
sarebbe
la
Chiesa
se
codesto
vostro
linguaggio
fosse
quello
di
tuttii
vostri
confratelli
?
Dove
sarebbe
,
se
fosse
comparsa
nel
mondo
con
codeste
dottrine
?
.
Don
Abbondio
ascolta
questa
lunga
e
animosa
predica
a
capo
basso
.
Il
Manzoni
dice
che
lo
spirito
di
lui
si
trovava
tra
quegli
argomenti
,
come
un
pulcino
negli
artigli
del
falco
,
che
lo
tengono
sollevato
in
una
regione
sconosciuta
,
in
un
'
aria
che
non
ha
mai
respirata
.
Il
paragone
è
bello
,
quantunque
a
qualcuno
l
'
idea
di
rapacità
e
di
fierezza
che
è
nel
falco
sia
sembrata
poco
conveniente
al
Cardinal
Federigo
.
L
'
errore
,
secondo
me
,
non
è
tanto
nella
maggiore
o
minor
convenienza
del
paragone
,
quanto
nel
paragone
stesso
,
per
amore
del
quale
il
Manzoni
,
volendo
rifar
la
tavoletta
d
'
Esiodo
,
s
'
è
forse
lasciato
andare
a
dir
quello
che
non
doveva
.
Si
trovava
don
Abbondio
veramente
sollevato
in
una
regione
sconosciuta
tra
quegli
argomenti
del
Cardinal
Borromeo
?
Ma
il
paragone
dell
'
agnello
tra
i
lupi
si
legge
nel
Vangelo
di
Luca
,
dove
Cristo
dice
appunto
agli
apostoli
:
Ecco
,
io
mando
voi
come
agnelli
tra
i
lupi
.
E
chi
sa
quante
volte
dunque
don
Abbondio
lo
aveva
letto
;
come
in
altri
libri
chi
sa
quante
volte
aveva
letto
quegli
ammonimenti
austeri
;
quelle
considerazioni
elevate
.
E
diciamo
di
più
:
forse
lo
stesso
don
Abbondio
,
in
astratto
,
parlando
,
predicando
della
missione
del
sacerdote
,
avrebbe
detto
su
per
giù
le
stesse
cose
.
Tanto
vero
che
,
in
astratto
,
egli
le
intende
benissimo
:
Monsignore
illustrissimo
,
avrò
torto
,
risponde
infatti
;
ma
s
'
affretta
a
soggiungere
:
Quando
la
vita
non
si
deve
contare
,
non
so
cosa
mi
dire
.
E
allorché
il
Cardinale
insiste
:
E
non
sapete
voi
che
il
soffrire
per
la
giustizia
è
il
nostro
vincere
?
E
se
non
sapete
questo
,
che
cosa
predicate
?
di
che
siete
maestro
?
qual
è
la
buona
nuova
che
annunziate
ai
poveri
?
Chi
pretende
da
voi
che
vinciate
la
forza
con
la
forza
?
Certo
non
vi
sarà
domandato
,
un
giorno
,
se
abbiate
saputo
fare
stare
a
dovere
i
potenti
;
ché
a
questo
non
vi
fu
dato
né
missione
,
né
modo
.
Ma
vi
sarà
ben
domandato
se
avrete
adoprati
i
mezzi
ch
'
erano
in
vostra
mano
per
far
ciò
che
v
'
era
prescritto
,
anche
quando
avessero
la
temerità
di
proibirvelo
.
Anche
questi
santi
son
curiosi
,
pensa
don
Abbondio
:
in
sostanza
,
a
spremerne
il
sugo
,
gli
stanno
più
a
cuore
gli
amori
di
due
giovani
,
che
la
vita
d
'
un
povero
sacerdote
.
E
poiché
il
cardinale
è
rimasto
in
atto
di
chi
aspetti
una
risposta
,
risponde
:
Torno
a
dire
,
monsignore
,
che
avrò
torto
io
...
Il
coraggio
,
uno
non
se
lo
può
dare
.
Il
che
significa
appunto
:
Sissignore
,
ragionando
astrattamente
,
la
ragione
è
dalla
parte
di
Vossignoria
Illustrissima
;
il
torto
sarà
mio
.
Però
Vossignoria
Illustrissima
parla
bene
,
ma
quelle
facce
le
ho
viste
io
,
le
ho
sentite
io
quelle
parole
.
E
perché
dunque
,
gli
domanda
in
fine
il
Cardinale
,
vi
siete
voi
impegnato
in
un
ministero
che
v
'
impone
di
stare
in
guerra
con
le
passioni
del
secolo
?
Oh
,
il
perché
noi
lo
sappiamo
bene
:
il
Manzoni
stesso
ce
l
'
ha
detto
fin
da
principio
;
ce
l
'
ha
voluto
dire
e
poteva
anche
farne
a
meno
:
don
Abbondio
,
non
nobile
,
non
ricco
,
coraggioso
ancor
meno
,
s
'
era
accorto
,
prima
quasi
di
toccare
gli
anni
della
discrezione
,
d
'
essere
,
in
quella
società
,
come
un
vaso
di
terra
cotta
costretto
a
viaggiare
in
compagnia
di
molti
vasi
di
ferro
.
Aveva
quindi
,
assai
di
buon
grado
,
ubbidito
ai
parenti
,
che
lo
vollero
prete
.
Per
dir
la
verità
,
non
aveva
gran
fatto
pensato
agli
obblighi
e
ai
nobili
fini
del
ministero
al
quale
si
dedicava
:
procacciarsi
di
che
vivere
con
qualche
agio
e
mettersi
in
una
classe
privilegiata
e
forte
,
gli
eran
sembrate
due
ragioni
più
che
sufficienti
per
una
tale
scelta
.
In
lotta
dunque
con
le
passioni
del
secolo
?
Ma
se
egli
s
'
è
fatto
prete
per
guardarsi
appunto
dagli
urti
di
quelle
passioni
e
col
suo
sistema
particolare
di
scansar
tutti
i
contrasti
!
Bisogna
pure
ascoltare
,
signori
miei
,
le
ragioni
del
coniglio
!
Io
immaginai
una
volta
che
alla
tana
della
volpe
,
o
di
Messer
Renardo
,
com
'
essa
si
suol
chiamare
nel
mondo
delle
favole
,
accorressero
a
una
a
una
tutte
le
bestie
per
la
notizia
che
tra
loro
s
'
era
sparsa
di
certe
controfavole
che
la
volpe
avesse
in
animo
di
comporre
in
risposta
a
tutte
quelle
che
da
tempo
immemorabile
gli
uomini
compongono
,
e
da
cui
esse
bestie
han
forse
motivo
di
sentirsi
calunniate
.
E
tra
le
altre
alla
tana
di
Messer
Renardo
veniva
il
coniglio
a
protestare
contro
gli
uomini
che
lo
chiamano
pauroso
,
e
diceva
:
Ma
ben
vi
so
dire
per
conto
mio
,
Messer
Renardo
,
che
topi
e
lucertole
e
uccelli
e
grilli
e
tant
'
altre
bestiole
ho
sempre
messo
in
fuga
,
le
quali
,
se
voi
domandaste
loro
che
concetto
abbiano
di
me
,
chi
sa
che
cosa
vi
risponderebbero
,
non
certo
che
io
sia
una
bestia
paurosa
.
a
che
forse
pretenderebbero
gli
uomini
che
al
loro
cospetto
io
mi
rizzassi
su
due
piedi
e
movessi
loro
incontro
per
farmi
prendere
e
uccidere
?
Io
credo
veramente
,
Messer
Renardo
,
che
per
gli
uomini
non
debba
correre
alcuna
differenza
tra
eroismo
e
imbecillità
!
Ora
,
io
non
nego
,
don
Abbondio
è
un
coniglio
.
Ma
noi
sappiamo
che
Don
Rodrigo
,
se
minacciava
,
non
minacciava
invano
,
sappiamo
che
pur
di
spuntare
l
'
impegno
egli
era
veramente
capace
di
tutto
;
sappiamo
che
tempi
eran
quelli
,
e
possiamo
benissimo
immaginare
che
a
don
Abbondio
,
se
avesse
sposato
Renzo
e
Lucia
,
una
schioppettata
non
gliel
'
avrebbe
di
certo
levata
nessuno
,
e
che
forse
Lucia
,
sposa
soltanto
di
nome
,
sarebbe
stata
rapita
,
uscendo
dalla
chiesa
,
e
Renzo
anch
'
egli
ucciso
.
A
che
giovano
l
'
intervento
,
il
suggerimento
di
Fra
Cristoforo
?
Non
è
rapita
Lucia
dal
monastero
di
Monza
?
C
'
è
la
lega
dei
birboni
,
come
dice
Renzo
.
Per
scioglier
quella
matassa
ci
vuol
la
mano
di
Dio
;
non
per
modo
di
dire
,
la
mano
di
Dio
propriamente
.
Che
poteva
fare
un
povero
prete
?
Pauroso
,
sissignori
,
don
Abbondio
;
e
il
De
Sanctis
ha
dettato
alcune
pagine
meravigliose
esaminando
il
sentimento
della
paura
nel
povero
curato
;
ma
non
ha
tenuto
conto
di
questo
,
perbacco
:
che
il
pauroso
è
ridicolo
,
è
comico
,
quando
si
crea
rischi
e
pericoli
immaginarci
:
ma
quando
un
pauroso
ha
veramente
ragione
d
'
aver
paura
,
quando
vediamo
preso
,
impigliato
in
un
contrasto
terribile
,
uno
che
per
natura
e
per
sistema
vuole
scansar
tutti
i
contrasti
,
anche
i
più
lievi
,
e
che
in
quel
contrasto
terribile
per
suo
dovere
sacrosanto
dovrebbe
starci
,
questo
pauroso
non
è
più
comico
soltanto
.
Per
quella
situazione
non
basta
neanche
un
eroe
come
Fra
Cristoforo
,
che
va
ad
affrontare
il
nemico
nel
suo
stesso
palazzotto
!
Don
Abbondio
non
ha
il
coraggio
del
proprio
dovere
;
ma
questo
dovere
,
dalla
nequizia
altrui
,
è
reso
difficilissimo
,
e
però
quel
coraggio
è
tutt
'
altro
che
facile
;
per
compierlo
ci
vorrebbe
un
eroe
.
Al
posto
d
'
un
eroe
troviamo
don
Abbondio
.
Noi
non
possiamo
,
se
non
astrattamente
,
sdegnarci
di
lui
,
cioè
se
in
astratto
consideriamo
il
ministero
del
sacerdote
.
Avremmo
certamente
ammirato
un
sacerdote
eroe
che
,
al
posto
di
don
Abbondio
,
non
avesse
tenuto
conto
della
minaccia
e
del
pericolo
e
avesse
adempiuto
il
dovere
del
suo
ministero
.
Ma
non
possiamo
non
compatire
don
Abbondio
,
che
non
è
l
'
eroe
che
ci
sarebbe
voluto
al
suo
posto
,
che
non
solo
non
ha
il
grandissimo
coraggio
che
ci
voleva
;
ma
non
ne
ha
né
punto
né
poco
;
e
il
coraggio
,
uno
non
se
lo
può
dare
!
Un
osservatore
superficiale
terrà
conto
del
riso
che
nasce
dalla
comicità
esteriore
degli
atti
,
dei
gesti
,
delle
frasi
reticenti
ecc
.
di
don
Abbondio
,
e
lo
chiamerà
ridicolo
senz
'
altro
,
o
una
figura
semplicemente
comica
.
Ma
chi
non
si
contenta
di
queste
superficialità
e
sa
veder
più
a
fondo
,
sente
che
il
riso
qui
scaturisce
da
ben
altro
,
e
non
è
soltanto
quello
della
comicità
.
Don
Abbondio
è
quel
che
si
trova
in
luogo
di
quello
che
ci
sarebbe
voluto
.
Ma
il
poeta
non
si
sdegna
di
questa
realtà
che
trova
,
perché
,
pur
avendo
,
come
abbiamo
detto
,
un
ideale
altissimo
della
missione
del
sacerdote
su
la
terra
,
ha
pure
in
sé
la
riflessione
che
gli
suggerisce
che
quest
'
ideale
non
si
incarna
se
non
per
rarissima
eccezione
,
e
però
lo
obbliga
a
limitare
quell
'
ideale
,
come
osserva
il
De
Sanctis
.
Ma
questa
limitazione
dell
'
ideale
che
cos
'
è
?
è
l
'
effetto
appunto
della
riflessione
che
,
esercitandosi
su
quest
'
ideale
,
ha
suggerito
al
poeta
il
sentimento
del
contrario
.
E
don
Abbondio
è
appunto
questo
sentimento
del
contrario
oggettivato
e
vivente
;
e
però
non
è
comico
soltanto
,
ma
schiettamente
e
profondamente
umoristico
.
Bonarietà
?
Simpatica
indulgenza
?
Andiamo
adagio
:
lasciamo
star
codeste
considerazioni
,
che
sono
in
fondo
estranee
e
superficiali
,
e
che
,
a
volerle
approfondire
,
c
'
è
il
rischio
che
ci
facciano
anche
qui
scoprire
il
contrario
.
Vogliamo
vederlo
?
Sì
,
ha
compatimento
il
Manzoni
per
questo
pover
'
uomo
di
don
Abbondio
;
ma
è
un
compatimento
,
signori
miei
,
che
nello
stesso
tempo
ne
fa
strazio
,
necessariamente
.
In
fatti
,
solo
a
patto
di
riderne
e
di
far
rider
di
lui
,
egli
può
compatirlo
e
farlo
compatire
,
commiserarlo
e
farlo
commiserare
.
Ma
,
ridendo
di
lui
e
compatendolo
nello
stesso
tempo
,
il
poeta
viene
anche
a
ridere
amaramente
di
questa
povera
natura
umana
inferma
di
tante
debolezze
;
e
quanto
più
le
considerazioni
pietose
si
stringono
a
proteggere
il
povero
curato
,
tanto
più
attorno
a
lui
s
'
allarga
il
discredito
del
valore
umano
.
Il
poeta
,
in
somma
,
ci
induce
ad
aver
compatimento
del
povero
curato
,
facendoci
riconoscere
che
è
pur
umano
,
di
tutti
noi
,
quel
che
costui
sente
e
prova
,
a
passarci
bene
la
mano
su
la
coscienza
.
E
che
ne
segue
?
Ne
segue
che
se
,
per
sua
stessa
virtù
,
questo
particolare
divien
generale
,
se
questo
sentimento
misto
di
riso
o
di
pianto
,
quanto
più
si
stringe
e
determina
in
don
Abbondio
,
tanto
più
si
allarga
e
quasi
vapora
in
una
tristezza
infinita
,
.
ne
segue
,
dicevamo
,
che
a
voler
considerare
da
questo
lato
la
rappresentazione
del
curato
manzoniano
,
noi
non
sappiamo
più
riderne
.
Quella
pietà
,
in
fondo
,
è
spietata
:
la
simpatica
indulgenza
non
è
così
bonaria
come
sembra
a
tutta
prima
.
Gran
cosa
come
si
vede
,
avere
un
ideale
religioso
,
come
il
Manzoni
;
cavalleresco
,
come
il
Cervantes
per
vederselo
poi
ridurre
dalla
riflessione
in
don
Abbondio
e
in
Don
Quijote
!
Il
Manzoni
se
ne
consola
,
creando
accanto
al
curato
di
villaggio
Fra
Cristoforo
e
il
Cardinal
Borromeo
;
ma
è
pur
vero
che
,
essendo
egli
sopra
tutto
umorista
,
la
creatura
sua
più
viva
è
quell
'
altra
,
quella
cioè
in
cui
il
sentimento
del
contrario
s
'
è
incarnato
.
Il
Cervantes
non
può
consolarsi
in
alcun
modo
perché
,
nella
carcere
della
Mancha
,
con
Don
Quijote
come
egli
stesso
dice
genera
qualcuno
che
gli
somiglia
.
V
È
un
considerar
superficialmente
,
abbiamo
detto
,
e
da
un
lato
solo
l
'
umorismo
,
il
vedere
in
esso
un
particolar
contrasto
tra
l
'
ideale
e
la
realtà
.
Un
ideale
può
esserci
,
ripetiamo
;
questo
dipende
dalla
personalità
del
poeta
;
ma
se
c
'
è
,
ecco
,
è
per
vedersi
decomposto
,
limitato
,
rappresentato
a
questo
modo
.
Certamente
,
come
tutti
gli
altri
elementi
costitutivi
dello
spirito
d
'
un
poeta
,
esso
entra
e
si
fa
sentire
nell
'
opera
umoristica
,
le
dà
un
particolar
carattere
,
un
particolar
sapore
;
ma
non
è
condizione
imprescindibile
:
tutt
'
altro
!
ché
anzi
è
proprio
dell
'
umorista
,
per
la
speciale
attività
che
assume
in
lui
la
riflessione
,
generando
il
sentimento
del
contrario
,
il
non
saper
più
da
qual
parte
tenere
,
la
perplessità
,
lo
stato
irresoluto
della
coscienza
.
E
quest
'
appunto
distingue
nettamente
l
'
umorista
dal
comico
,
dall
'
ironico
,
dal
satirico
.
Non
nasce
in
questi
altri
il
sentimento
del
contrario
;
se
nascesse
,
sarebbe
reso
amaro
,
cioè
non
più
comico
,
il
riso
provocato
nel
primo
dall
'
avvertimento
di
una
qualsiasi
anormalità
;
la
contradizione
che
nel
secondo
è
soltanto
verbale
,
tra
quel
che
si
dice
e
quel
che
si
vuole
sia
inteso
,
diventerebbe
effettiva
,
sostanziale
,
e
dunque
non
più
ironica
;
e
cesserebbe
lo
sdegno
o
,
comunque
,
l
'
avversione
della
realtà
che
è
ragione
d
'
ogni
satira
.
Non
che
all
'
umorista
però
piaccia
la
realtà
!
Basterebbe
questo
soltanto
,
che
per
poco
gli
piacesse
,
perché
,
esercitandosi
la
riflessione
su
questo
suo
piacere
,
glielo
guastasse
.
Questa
riflessione
s
'
insinua
acuta
e
sottile
da
per
tutto
e
tutto
scompone
:
ogni
immagine
del
sentimento
,
ogni
finzione
ideale
,
ogni
apparenza
della
realtà
,
ogni
illusione
.
Il
pensiero
dell
'
uomo
,
diceva
Guy
de
Maupassant
tourne
comme
une
mouche
dans
une
bouteille
.
Tutti
i
fenomeni
,
o
sono
illusorii
,
o
la
ragione
di
essi
ci
sfugge
,
inesplicabile
.
Manca
affatto
alla
nostra
conoscenza
del
mondo
e
di
noi
stessi
quel
valore
obiettivo
che
comunemente
presumiamo
di
attribuirle
.
È
una
costruzione
illusoria
continua
.
Vogliamo
assistere
alla
lotta
tra
l
'
illusione
,
che
s
'
insinua
anch
'
essa
da
per
tutto
e
costruisce
a
suo
modo
;
e
la
riflessione
umoristica
che
scompone
a
una
a
una
quelle
costruzioni
?
Cominciamo
da
quella
che
l
'
illusione
fa
a
ciascuno
di
noi
,
dalla
costruzione
cioè
che
ciascuno
per
opera
dell
'
illusione
si
fa
di
sé
stesso
.
Ci
vediamo
noi
nella
nostra
vera
e
schietta
realtà
,
quali
siamo
,
o
non
piuttosto
quali
vorremmo
essere
?
Per
uno
spontaneo
artificio
interiore
,
frutto
di
segrete
tendenze
o
d
'
incosciente
imitazione
,
non
ci
crediamo
noi
in
buona
fede
diversi
da
quel
che
sostanzialmente
siamo
?
E
pensiamo
,
operiamo
,
viviamo
secondo
questa
interpretazione
fittizia
e
pur
sincera
di
noi
stessi
.
Ora
la
riflessione
,
si
,
può
scoprire
tanto
al
comico
e
al
satirico
quanto
all
'
umorista
questa
costruzione
illusoria
.
Ma
il
comico
ne
riderà
solamente
,
contentandosi
di
sgonfiar
questa
metafora
di
noi
stessi
messa
su
dall
'
illusione
spontanea
;
il
satirico
se
ne
sdegnerà
;
l
'
umorista
,
no
:
attraverso
il
ridicolo
di
questa
scoperta
vedrà
il
lato
serio
e
doloroso
;
smonterà
questa
costruzione
,
ma
non
per
riderne
solamente
;
e
in
luogo
di
sdegnarsene
,
magari
,
ridendo
,
compatirà
.
Il
comico
e
il
satirico
sanno
dalla
riflessione
quanta
bava
tragga
dalla
vita
sociale
il
ragno
dell
'
esperienza
per
comporre
la
ragna
della
mentalità
in
questo
e
in
quell
'
individuo
,
e
come
in
questa
ragna
resti
spesso
avviluppato
ciò
che
si
chiama
il
senso
morale
.
Che
cosa
sono
,
in
fondo
,
i
rapporti
sociali
della
così
detta
convenienza
?
Considerazioni
di
calcolo
,
nelle
quali
la
moralità
è
quasi
sempre
sacrificata
.
L
'
umorista
va
più
addentro
,
e
ride
senza
sdegnarsi
scoprendo
come
,
anche
ingenuamente
,
con
la
massima
buona
fede
,
per
opera
d
'
una
finzione
spontanea
,
noi
siamo
indotti
a
interpretar
come
vero
riguardo
,
come
vero
sentimento
morale
,
in
sé
,
ciò
che
non
è
altro
,
in
realtà
,
se
non
riguardo
o
sentimento
di
convenienza
,
cioè
di
calcolo
.
E
va
anche
più
in
là
,
e
scopre
che
può
diventar
convenzionale
finanche
il
bisogno
d
'
apparir
peggiori
di
quello
che
si
è
realmente
,
se
l
'
essere
aggregati
a
un
qualsiasi
gruppo
sociale
importi
che
si
manifestino
idealità
e
sentimenti
che
sono
proprii
a
quel
gruppo
,
e
che
tuttavia
a
chi
vi
partecipa
appariscono
contrarii
e
inferiori
al
proprio
intimo
sentimento
(
mi
avvalgo
qui
di
alcune
acute
considerazioni
contenute
nel
libro
di
Giovanni
Marchesini
,
Le
finzioni
dell
'
anima
,
Bari
,
Gius
.
Laterza
e
figli
,
1905
)
.
La
conciliazione
delle
tendenze
stridenti
,
dei
sentimenti
ripugnanti
,
delle
opinioni
contrarie
,
sembra
più
attuabile
su
le
basi
d
'
una
comune
menzogna
,
che
non
su
la
esplicita
e
dichiarata
tolleranza
del
dissenso
e
del
contrasto
;
sembra
,
in
somma
,
che
la
menzogna
debba
ritenersi
più
vantaggiosa
della
veracità
,
in
quanto
quella
può
unire
,
laddove
questa
divide
;
il
che
non
impedisce
che
,
mentre
la
menzogna
è
tacitamente
scoperta
e
riconosciuta
,
si
assuma
poi
a
garanzia
della
sua
efficacia
associatrice
la
veracità
stessa
,
facendosi
apparire
come
sincerità
l
'
ipocrisia
.
La
ritenutezza
,
il
riserbo
,
il
lasciar
credere
più
di
quanto
si
dica
o
si
faccia
,
il
silenzio
stesso
non
scompagnato
dalla
sapienza
dei
segni
che
lo
giustifichi
oh
,
indimenticabile
Conte
Zio
del
Consiglio
segreto
,
sono
arti
che
si
usano
di
frequente
nella
pratica
della
vita
;
e
cosa
pure
il
non
dare
occasione
che
si
osservi
ciò
che
si
pensa
,
il
lasciar
credere
che
si
pensi
meno
di
quanto
si
pensa
effettivamente
,
il
pretendere
di
essere
creduti
differenti
da
ciò
che
in
fondo
si
è
:
Un
parlare
ambiguo
,
un
tacere
significativo
,
un
restare
a
mezzo
,
uno
stringere
d
'
occhi
che
esprimeva
:
non
posso
parlare
;
un
lusingare
senza
promettere
,
un
minacciar
in
cerimonia
;
tutto
era
diretto
a
quel
fine
;
e
tutto
,
o
più
o
meno
,
tornava
in
prò
.
A
segno
che
fino
un
:
io
non
posso
niente
in
questo
affare
,
detto
talvolta
per
la
pura
verità
,
ma
detto
in
modo
che
non
gli
era
creduto
,
serviva
ad
accrescere
il
concetto
,
e
quindi
la
realtà
,
del
suo
potere
:
come
quelle
scatole
che
si
vedono
ancora
in
qualche
bottega
di
speziale
,
con
su
certe
parole
arabe
,
e
dentro
non
c
'
è
nulla
:
ma
servono
per
mantenere
il
credito
alla
bottega
.
Notava
il
Rousseau
nell
'
Émile
:
Si
può
fare
ciò
che
si
è
fatto
e
non
si
doveva
fare
.
Poiché
un
interesse
maggiore
può
far
sì
che
si
violi
una
promessa
che
si
era
fatta
per
un
interesse
minore
,
ciò
che
importa
è
che
la
violazione
avvenga
impunemente
.
Il
mezzo
a
questo
fine
è
la
menzogna
,
che
può
essere
di
due
specie
,
potendo
riguardare
il
passato
,
onde
ci
si
dichiara
autori
di
ciò
che
in
realtà
non
facemmo
,
o
essendone
autori
dichiariamo
di
non
essere
;
e
potendo
riguardare
il
futuro
,
come
avviene
quando
ci
facciamo
promesse
che
si
ha
in
animo
di
non
mantenere
.
E
evidente
che
la
menzogna
,
nell
'
uno
e
nell
'
altro
caso
,
sorge
dai
rapporti
della
convenienza
,
come
mezzo
a
conservar
l
'
altrui
benevolenza
e
ad
accaparrarsi
l
'
altrui
soccorso
.
Quanto
più
difficile
è
la
lotta
per
la
vita
,
e
più
è
sentita
in
questa
lotta
la
propria
debolezza
,
tanto
maggiore
si
fa
poi
il
bisogno
del
reciproco
inganno
.
La
simulazione
della
forza
,
dell
'
onestà
,
della
simpatia
,
della
prudenza
,
in
somma
,
d
'
ogni
virtù
massima
della
veracità
,
è
una
forma
d
'
adattamento
,
un
abile
strumento
di
lotta
.
L
'
umorista
coglie
subito
queste
varie
simulazioni
per
la
lotta
della
vita
;
si
diverte
a
smascherarle
;
non
se
n
'
indigna
:
è
così
!
E
mentre
il
sociologo
descrive
la
vita
sociale
qual
'
essa
risulta
dalle
osservazioni
esterne
,
l
'
umorista
armato
del
suo
arguto
intuito
dimostra
,
rivela
come
le
apparenze
siano
profondamente
diverse
dall
'
essere
intimo
della
coscienza
degli
associati
.
Eppure
si
mentisce
psicologicamente
come
si
mentisce
socialmente
.
E
il
mentire
a
noi
stessi
,
vivendo
coscientemente
solo
la
superficie
del
nostro
essere
psichico
,
è
un
effetto
del
mentire
sociale
.
L
'
anima
che
riflette
sé
stessa
è
un
'
anima
solitaria
;
ma
non
è
mai
tanta
la
solitudine
interiore
che
non
penetrino
nella
coscienza
le
suggestioni
della
vita
comune
,
con
gl
'
infingimenti
e
le
arti
trasfigurative
che
la
caratterizzano
.
Vive
nell
'
anima
nostra
l
'
anima
della
razza
o
della
collettività
di
cui
siamo
parte
;
e
la
pressione
dell
'
altrui
modo
di
giudicare
,
dell
'
altrui
modo
di
sentire
e
di
operare
,
è
risentita
da
noi
inconsciamente
:
e
come
dominano
nel
mondo
sociale
la
simulazione
e
la
dissimulazione
,
tanto
meno
avvertite
quanto
più
sono
divenute
abituali
,
così
simuliamo
e
dissimuliamo
con
noi
medesimi
,
sdoppiandoci
e
spesso
anche
moltiplicandoci
.
Risentiamo
noi
stessi
quella
vanità
di
parer
diversi
da
ciò
che
si
è
,
che
è
forma
consustanziata
nella
vita
sociale
;
e
rifuggiamo
da
quell
'
analisi
che
,
svelando
la
vanità
,
ecciterebbe
il
morso
della
coscienza
e
ci
umilierebbe
di
fronte
a
noi
stessi
.
Ma
quest
'
analisi
la
fa
per
noi
l
'
umorista
,
che
si
può
dar
pure
l
'
ufficio
di
smascherare
tutte
le
vanità
,
e
di
rappresentar
la
società
,
come
fa
appunto
il
Thackeray
,
quale
una
Vanity
Fair
(
lo
stesso
ufficio
si
dà
il
Thackeray
anche
nel
Libro
degli
Snobs
e
in
quella
Novella
senza
eroi
,
o
vanità
illuminate
con
le
candele
stesse
dell
'
autore
)
.
E
l
'
umorista
sa
bene
che
anche
la
pretesa
della
logicità
supera
spesso
di
gran
lunga
in
noi
la
reale
coerenza
logica
,
e
che
se
ci
fingiamo
logici
teoreticamente
,
la
logica
dell
'
azione
può
smentire
quella
del
pensiero
,
dimostrando
che
è
una
finzione
il
credere
alla
sua
sincerità
assoluta
.
L
'
abitudine
,
l
'
imitazione
incosciente
,
la
pigrizia
mentale
concorrono
a
crear
l
'
equivoco
.
E
quand
'
anche
poi
alla
ragione
rigorosamente
logica
si
aderisca
,
poniamo
,
col
rispetto
e
l
'
amore
verso
determinati
ideali
,
è
sempre
sincero
il
riferimento
che
facciamo
di
essi
alla
ragione
?
E
sempre
nella
ragione
pura
,
disinteressata
,
la
sorgente
vera
e
unica
della
scelta
degli
ideali
e
della
perseveranza
nel
coltivarli
?
O
invece
non
è
più
conforme
alla
realtà
il
sospettare
che
essi
siano
talora
giudicati
non
già
con
un
criterio
obiettivo
e
razionale
,
ma
piuttosto
a
seconda
di
speciali
impulsi
affettivi
e
di
oscure
tendenze
?
Le
barriere
,
i
limiti
che
noi
poniamo
alla
nostra
coscienza
,
sono
anch
'
essi
illusioni
,
sono
le
condizioni
dell
'
apparir
della
nostra
individualità
relativa
;
ma
,
nella
realtà
,
quei
limiti
non
esistono
punto
.
Non
soltanto
noi
,
quali
ora
siamo
,
viviamo
in
noi
stessi
,
ma
anche
noi
,
quali
fummo
in
altro
tempo
,
viviamo
tuttora
e
sentiamo
e
ragioniamo
con
pensieri
e
affetti
già
da
un
lungo
oblio
oscurati
,
cancellati
,
spenti
nella
nostra
coscienza
presente
,
ma
che
a
un
urto
,
a
un
tumulto
improvviso
dello
spirito
,
possono
ancora
dar
prova
di
vita
,
mostrando
vivo
in
noi
un
altro
essere
insospettato
.
I
limiti
della
nostra
memoria
personale
e
cosciente
non
sono
limiti
assoluti
.
Di
là
da
quella
linea
vi
sono
memorie
,
vi
sono
percezioni
e
ragionamenti
.
Ciò
che
noi
conosciamo
di
noi
stessi
,
non
è
che
una
parte
,
forse
una
piccolissima
parte
di
quello
che
noi
siamo
(
vedi
nel
libro
di
Alfredo
Binet
Les
altérations
de
la
personnalité
quella
rassegna
di
meravigliosi
esperimenti
psico
-
fisiologici
,
da
cui
queste
e
tant
'
altre
considerazioni
si
possono
trarre
,
come
notava
già
G
.
Negri
nel
libro
Segni
dei
tempi
)
.
E
tante
e
tante
cose
,
in
certi
momenti
eccezionali
,
noi
sorprendiamo
in
noi
stessi
,
percezioni
,
ragionamenti
,
stati
di
coscienza
,
che
son
veramente
oltre
i
limiti
relativi
della
nostra
esistenza
normale
e
cosciente
.
Certi
ideali
che
crediamo
ormai
tramontati
in
noi
e
non
più
capaci
d
'
alcuna
azione
nel
nostro
pensiero
,
su
i
nostri
affetti
,
sui
nostri
atti
,
forse
persistono
tuttavia
,
se
non
più
nella
forma
intellettuale
,
pura
,
nel
rostrato
loro
,
costituito
dalle
tendenze
affettive
e
pratiche
.
E
possono
essere
motivi
reali
di
azione
certe
tendenze
da
cui
ci
crediamo
liberati
,
e
non
aver
per
l
'
opposto
efficacia
pratica
in
noi
,
se
non
illusoria
,
credenze
nuove
che
riteniamo
di
possedere
veramente
,
intimamente
.
E
appunto
le
varie
tendenze
che
contrassegnano
la
personalità
fanno
pensare
sul
serio
che
non
sia
una
l
'
anima
individuale
.
Come
affermarla
una
,
difatti
,
se
passione
e
ragione
,
istinto
e
volontà
,
tendenze
e
idealità
,
costituiscono
in
certo
modo
altrettanti
sistemi
distinti
e
mobili
,
che
fanno
si
che
l
'
individuo
,
vivendo
ora
l
'
uno
ora
l
'
altro
di
essi
,
ora
qualche
compromesso
fra
due
o
più
orientamenti
psichici
,
apparisca
come
se
veramente
in
lui
fossero
più
anime
diverse
e
perfino
opposte
,
più
e
opposte
personalità
?
Non
c
'
è
uomo
,
osservò
il
Pascal
,
che
differisca
più
da
un
altro
che
da
sé
stesso
nella
successione
del
tempo
.
La
semplicità
dell
'
anima
contradice
al
concetto
storico
dell
'
anima
umana
.
La
sua
vita
è
equilibrio
mobile
;
è
un
risorgere
e
un
assopirsi
continuo
di
affetti
,
di
tendenze
,
di
idee
;
un
fluttuare
incessante
fra
termini
contradittorii
,
e
un
oscillare
fra
poli
opposti
,
come
la
speranza
e
la
paura
,
il
vero
e
il
falso
,
il
bello
e
il
brutto
,
il
giusto
e
l
'
ingiusto
e
via
dicendo
.
Se
d
'
un
tratto
si
disegna
nell
'
immagine
oscura
dell
'
avvenire
un
luminoso
disegno
d
'
azione
,
o
vagamente
brilla
il
fiore
del
godimento
,
non
tarda
ad
apparire
,
vindice
dei
diritti
dell
'
esperienza
,
il
pensiero
del
passato
,
non
di
rado
cupo
e
triste
;
o
interviene
a
infrenare
la
briosa
fantasia
il
senso
riottoso
del
presente
.
Questa
lotta
di
ricordi
,
di
speranze
,
di
presentimenti
,
di
percezioni
,
d
'
idealità
,
può
raffigurarsi
come
una
lotta
d
'
anime
fra
loro
,
che
si
contrastino
il
dominio
definitivo
e
pieno
della
personalità
.
Ecco
un
alto
funzionario
,
che
si
crede
,
ed
è
,
poveretto
,
in
verità
,
un
galantuomo
.
Domina
in
lui
l
'
anima
morale
.
Ma
un
bel
giorno
,
l
'
anima
istintiva
,
che
è
come
la
bestia
originaria
acquattata
in
fondo
a
ciascuno
di
noi
,
spara
un
calcio
all
'
anima
morale
,
e
quel
galantuomo
ruba
.
Oh
,
egli
stesso
,
poveretto
,
egli
per
il
primo
,
poco
dopo
,
ne
prova
stupore
,
piange
,
domanda
a
sé
stesso
,
disperato
:
Come
,
come
mai
ho
potuto
far
questo
?
Ma
,
sissignori
,
ha
rubato
.
E
quell
'
altro
là
?
Uomo
dabbene
,
anzi
dabbenissimo
:
sissignori
,
ha
ucciso
.
L
'
idealità
morale
costituiva
nella
personalità
di
lui
un
'
anima
che
contrastava
con
l
'
anima
istintiva
e
pure
in
parte
con
quella
affettiva
o
passionale
;
costituiva
un
'
anima
acquisita
che
lottava
con
l
'
anima
ereditaria
,
la
quale
,
lasciata
per
un
po
'
libera
a
sé
stessa
,
è
riuscita
'
d
'
improvviso
al
furto
,
al
delitto
.
La
vita
è
un
flusso
continuo
che
noi
cerchiamo
d
'
arrestare
,
di
fissare
in
forme
stabili
e
determinate
,
dentro
e
fuori
di
noi
,
perché
noi
già
siamo
forme
fissate
,
forme
che
si
muovono
in
mezzo
ad
altre
immobili
,
e
che
però
possono
seguire
il
flusso
della
vita
,
fino
a
tanto
che
,
irrigidendosi
man
mano
,
il
movimento
,
già
a
poco
a
poco
rallentato
,
non
cessi
.
Le
forme
,
in
cui
cerchiamo
d
'
arrestare
,
di
fissare
in
noi
questo
flusso
continuo
,
sono
i
concetti
,
sono
gli
ideali
a
cui
vorremmo
serbarci
coerenti
,
tutte
le
finzioni
che
ci
creiamo
,
le
condizioni
,
lo
stato
in
cui
tendiamo
a
stabilirci
.
Ma
dentro
di
noi
stessi
,
in
ciò
che
noi
chiamiamo
anima
,
e
che
è
la
vita
in
noi
,
il
flusso
continua
,
indistinto
,
sotto
gli
argini
,
oltre
i
limiti
che
noi
imponiamo
,
componendoci
una
coscienza
,
costruendoci
una
personalità
.
In
certi
momenti
tempestosi
,
investite
dal
flusso
,
tutte
quelle
nostre
forme
fittizie
crollano
miseramente
;
e
anche
quello
che
non
scorre
sotto
gli
argini
e
oltre
i
limiti
,
ma
che
si
scopre
a
noi
distinto
e
che
noi
abbiamo
con
cura
incanalato
nei
nostri
affetti
,
nei
doveri
che
ci
siamo
imposti
,
nelle
abitudini
che
ci
siamo
tracciate
,
in
certi
momenti
di
piena
straripa
e
sconvolge
tutto
.
Vi
sono
anime
irrequiete
,
quasi
in
uno
stato
di
fusione
continua
,
che
sdegnano
di
rapprendersi
,
d
'
irrigidirsi
in
questa
o
in
quella
forma
di
personalità
.
Ma
anche
per
quelle
più
quiete
,
che
si
sono
adagiate
in
una
o
in
un
'
altra
forma
,
la
fusione
è
sempre
possibile
:
il
flusso
della
vita
è
in
tutti
.
E
per
tutti
però
può
rappresentare
talvolta
una
tortura
,
rispetto
all
'
anima
che
si
muove
e
si
fonde
,
il
nostro
stesso
corpo
fissato
per
sempre
in
fattezze
immutabili
.
Oh
perché
proprio
dobbiamo
essere
così
,
noi
?
ci
domandiamo
talvolta
allo
specchio
,
con
questa
faccia
,
con
questo
corpo
?
Alziamo
una
mano
,
nell
'
incoscienza
;
e
il
gesto
ci
resta
sospeso
.
Ci
pare
strano
che
l
'
abbiamo
fatto
noi
.
Ci
vediamo
vivere
.
Con
quel
gesto
sospeso
possiamo
assomigliarci
a
una
statua
;
a
quella
statua
d
'
antico
oratore
,
per
esempio
,
che
si
vede
in
una
nicchia
,
salendo
per
la
scalinata
del
Quirinale
.
Con
un
rotolo
di
carta
in
mano
,
e
l
'
altra
mano
protesa
a
un
sobrio
gesto
,
come
pare
afflitto
e
meravigliato
quell
'
oratore
antico
d
'
esser
rimasto
lì
,
di
pietra
,
per
tutti
i
secoli
,
sospeso
in
quell
'
atteggiamento
,
dinanzi
a
tanta
gente
che
è
salita
,
che
sale
e
salirà
per
quella
scalinata
!
In
certi
momenti
di
silenzio
interiore
,
in
cui
l
'
anima
nostra
si
spoglia
di
tutte
le
finzioni
abituali
,
e
gli
occhi
nostri
diventano
più
acuti
e
più
penetranti
,
noi
vediamo
noi
stessi
nella
vita
,
e
in
sé
stessa
la
vita
,
quasi
in
una
nudità
arida
,
inquietante
;
ci
sentiamo
assaltare
da
una
strana
impressione
,
come
se
,
in
un
baleno
,
ci
si
chiarisse
una
realtà
diversa
da
quella
che
normalmente
percepiamo
,
una
realtà
vivente
oltre
la
vista
umana
,
fuori
delle
forme
dell
'
umana
ragione
.
Lucidissimamente
allora
la
compagine
dell
'
esistenza
quotidiana
,
quasi
sospesa
nel
vuoto
di
quel
nostro
silenzio
interiore
,
ci
appare
priva
di
senso
,
priva
di
scopo
;
e
quella
realtà
diversa
ci
appare
orrida
nella
sua
crudezza
impassibile
e
misteriosa
,
poiché
tutte
le
nostre
fittizie
relazioni
consuete
di
sentimenti
e
d
'
immagini
si
sono
scisse
e
disgregate
in
essa
.
Il
vuoto
interno
si
allarga
,
varca
i
limiti
del
nostro
corpo
,
diventa
vuoto
intorno
a
noi
,
un
vuoto
strano
,
come
un
arresto
del
tempo
e
della
vita
,
come
se
il
nostro
silenzio
interiore
si
sprofondasse
negli
abissi
del
mistero
.
Con
uno
sforzo
supremo
cerchiamo
allora
di
riacquistar
la
coscienza
normale
delle
cose
,
di
riallacciar
con
esse
le
consuete
relazioni
,
di
riconnetter
le
idee
,
di
risentirci
vivi
come
per
l
'
innanzi
,
al
modo
solito
.
Ma
a
questa
coscienza
normale
,
a
queste
idee
riconnesse
,
a
questo
sentimento
solito
della
vita
non
possiamo
più
prestar
fede
,
perché
sappiamo
ormai
che
sono
un
nostro
inganno
per
vivere
e
che
sotto
c
'
è
qualcos
'
altro
,
a
cui
l
'
uomo
non
può
affacciarsi
,
se
non
a
costo
di
morire
o
d
'
impazzire
.
È
stato
un
attimo
;
ma
dura
a
lungo
in
noi
l
'
impressione
di
esso
,
come
di
vertigine
,
con
la
quale
contrasta
la
stabilità
,
pur
così
vana
,
delle
cose
:
ambiziose
o
misere
apparenze
.
La
vita
,
allora
,
che
s
'
aggira
piccola
,
solita
,
fra
queste
apparenze
ci
sembra
quasi
che
non
sia
più
per
davvero
,
che
sia
come
una
fantasmagoria
meccanica
.
E
come
darle
importanza
?
come
portarle
rispetto
?
Oggi
siamo
,
domani
no
.
Che
faccia
ci
hanno
dato
per
rappresentar
la
parte
del
vivo
?
Un
brutto
naso
?
Che
pena
doversi
portare
a
spasso
un
brutto
naso
per
tutta
la
vita
...
Fortuna
che
,
a
lungo
andare
,
non
ce
n
'
accorgiamo
più
.
Se
ne
accorgono
gli
altri
,
è
vero
,
quando
noi
siamo
finanche
arrivati
a
credere
d
'
avere
un
bel
naso
;
e
allora
non
sappiamo
più
spiegarci
perché
gli
altri
ridano
,
guardandoci
.
Sono
tanti
sciocchi
!
Consoliamoci
guardando
che
orecchi
ha
quello
e
che
labbra
quell
'
altro
;
i
quali
non
se
n
'
accorgono
nemmeno
e
hanno
il
coraggio
di
ridere
di
noi
.
Maschere
,
maschere
...
Un
soffio
e
passano
,
per
dar
posto
ad
altre
.
Quel
povero
zoppetto
là
...
Chi
è
?
Correre
alla
morte
con
la
stampella
...
La
vita
,
qua
,
schiaccia
il
piede
a
uno
;
cava
là
un
occhio
a
un
altro
...
Gamba
di
legno
,
occhio
di
vetro
,
e
avanti
!
Ciascuno
si
racconcia
la
maschera
come
può
la
maschera
esteriore
.
Perché
dentro
poi
c
'
è
l
'
altra
,
che
spesso
non
s
'
accorda
con
quella
di
fuori
.
E
niente
è
vero
!
Vero
il
mare
,
sì
,
vera
la
montagna
;
vero
il
sasso
;
vero
un
filo
d
'
erba
;
ma
l
'
uomo
?
Sempre
mascherato
,
senza
volerlo
,
senza
saperlo
,
di
quella
tal
cosa
ch
'
egli
in
buona
fede
si
figura
d
'
essere
:
bello
,
buono
,
grazioso
,
generoso
,
infelice
,
ecc
.
ecc
.
E
questo
fa
tanto
ridere
,
a
pensarci
.
Sì
,
perché
un
cane
,
poniamo
,
quando
gli
sia
passata
la
prima
febbre
della
vita
,
che
fa
?
mangia
e
dorme
:
vive
come
può
vivere
,
come
deve
vivere
;
chiude
gli
occhi
,
paziente
,
e
lascia
che
il
tempo
passi
,
freddo
se
freddo
,
caldo
se
caldo
;
e
se
gli
dànno
un
calcio
se
lo
prende
,
perché
è
segno
che
gli
tocca
anche
questo
.
Ma
l
'
uomo
?
Anche
da
vecchio
,
sempre
con
la
febbre
:
delira
e
non
se
n
'
avvede
;
non
può
fare
a
meno
d
'
atteggiarsi
,
anche
davanti
a
sé
stesso
,
in
qualche
modo
,
e
si
figura
tante
cose
che
ha
bisogno
di
creder
vere
e
di
prendere
sul
serio
.
L
'
ajuta
in
questo
una
certa
macchinetta
infernale
che
la
natura
volle
regalargli
,
aggiustandogliela
dentro
,
per
dargli
una
prova
segnalata
della
sua
benevolenza
.
Gli
uomini
,
per
la
loro
salute
,
avrebbero
dovuto
tutti
lasciarla
irrugginire
,
non
muoverla
,
non
toccarla
mai
.
Ma
sì
!
Certuni
si
sono
mostrati
così
orgogliosi
e
stimati
così
felici
di
possederla
,
che
si
son
messi
subito
a
perfezionarla
,
con
zelo
accanito
.
E
Aristotile
ci
scrisse
sopra
finanche
un
libro
,
un
leggiadro
trattatello
che
si
adotta
ancora
nelle
scuole
,
perché
i
fanciulli
imparino
presto
e
bene
a
baloccarcisi
.
E
una
specie
di
pompa
a
filtro
che
mette
in
comunicazione
il
cervello
col
cuore
.
La
chiamano
LOGICA
i
signori
filosofi
.
Il
cervello
pompa
con
essa
i
sentimenti
dal
cuore
,
e
ne
cava
idee
.
Attraverso
il
filtro
,
il
sentimento
lascia
quanto
ha
in
sé
di
caldo
,
di
torbido
:
si
refrigera
,
si
purifica
,
si
i
-
de
-
a
-
liz
-
za
.
Un
povero
sentimento
,
così
,
destato
da
un
caso
particolare
,
da
una
contingenza
qualsiasi
,
spesso
dolorosa
,
pompato
e
filtrato
dal
cervello
per
mezzo
di
quella
macchinetta
,
diviene
idea
astratta
generale
;
e
che
ne
segue
?
Ne
segue
che
noi
non
dobbiamo
affliggerci
soltanto
di
quel
caso
particolare
,
di
quella
contingenza
passeggera
;
ma
dobbiamo
anche
attossicarci
la
vita
con
l
'
estratto
concentrato
,
col
sublimato
corrosivo
della
deduzione
logica
.
E
molti
disgraziati
credono
di
guarire
così
di
tutti
i
mali
di
cui
il
mondo
è
pieno
,
e
pompano
e
filtrano
,
pompano
e
filtrano
,
finché
il
loro
cuore
non
resti
arido
come
un
pezzo
di
sughero
e
il
loro
cervello
non
sia
come
uno
stipetto
di
farmacia
pieno
di
quei
barattolini
che
portano
su
l
'
etichetta
nera
un
teschio
fra
due
stinchi
in
croce
e
la
leggenda
:
VELENO
.
L
'
uomo
non
ha
della
vita
un
'
idea
,
una
nozione
assoluta
,
bensì
un
sentimento
mutabile
e
vario
,
secondo
i
tempi
,
i
casi
,
la
fortuna
.
Ora
la
logica
,
astraendo
dai
sentimenti
le
idee
,
tende
appunto
a
fissare
quel
che
è
mobile
,
mutabile
,
fluida
;
tende
a
dare
un
valore
assoluto
a
ciò
che
è
relativo
.
E
aggrava
un
male
già
grave
per
sé
stesso
.
Perché
la
prima
radice
del
nostro
male
è
appunto
in
questo
sentimento
che
noi
abbiamo
della
vita
.
L
'
albero
vive
e
non
si
sente
:
per
lui
la
terra
,
il
sole
,
l
'
aria
,
la
luce
,
il
vento
,
la
pioggia
,
non
sono
cose
che
esso
non
sia
.
All
'
uomo
,
invece
,
nascendo
è
toccato
questo
triste
privilegio
di
,
sentirsi
vivere
,
con
la
bella
illusione
che
ne
risulta
:
di
prendere
cioè
come
una
realtà
fuori
di
sé
questo
suo
interno
sentimento
della
vita
,
mutabile
e
vario
.
Gli
antichi
favoleggiarono
che
Prometeo
rapi
una
favilla
al
sole
per
farne
dono
agli
uomini
.
Orbene
,
il
sentimento
che
noi
abbiamo
della
vita
è
appunto
questa
favilla
prometèa
favoleggiata
.
Essa
ci
fa
vedere
sperduti
su
la
terra
;
essa
projetta
tutt
'
intorno
a
noi
un
cerchio
più
o
meno
ampio
di
luce
,
di
là
dal
quale
è
l
'
ombra
nera
,
l
'
ombra
paurosa
che
non
esisterebbe
,
se
la
favilla
non
fosse
accesa
in
noi
;
ombra
che
noi
però
dobbiamo
purtroppo
creder
vera
,
fintanto
che
quella
ci
si
mantiene
viva
in
petto
.
Spenta
alla
fine
dal
soffio
della
morte
,
ci
accoglierà
davvero
quell
'
ombra
fittizia
,
ci
accoglierà
la
notte
perpetua
dopo
il
giorno
fumoso
della
nostra
illusione
,
o
non
rimarremo
noi
piuttosto
alla
mercé
dell
'
Essere
,
che
avrà
rotto
soltanto
le
vane
forme
della
ragione
umana
?
Tutta
quell
'
ombra
,
l
'
enorme
mistero
,
che
tanti
e
tanti
filosofi
hanno
invano
speculato
e
che
ora
la
scienza
,
pur
rinunziando
all
'
indagine
di
esso
,
non
esclude
,
non
sarà
forse
in
fondo
un
inganno
come
un
altro
,
un
inganno
della
nostra
mente
,
una
fantasia
che
non
si
colora
?
Se
tutto
questo
mistero
,
in
somma
,
non
esistesse
fuori
di
noi
,
ma
soltanto
in
noi
,
e
necessariamente
,
per
il
famoso
privilegio
del
sentimento
che
noi
abbiamo
della
vita
?
Se
la
morte
fosse
soltanto
il
soffio
che
spegne
in
noi
questo
sentimento
penoso
,
pauroso
,
perché
limitato
,
definito
da
questo
cerchio
d
'
ombra
fittizia
oltre
il
breve
àmbito
dello
scarso
lume
che
ci
projettiamo
attorno
,
e
in
cui
la
vita
nostra
rimane
come
imprigionata
,
come
esclusa
per
alcun
tempo
dalla
vita
universale
,
eterna
,
nella
quale
ci
sembra
che
dovremo
un
giorno
rientrare
,
mentre
già
ci
siamo
e
sempre
vi
rimarremo
,
ma
senza
più
questo
sentimento
di
esilio
che
ci
angoscia
?
Non
è
anche
qui
illusorio
il
limite
,
e
relativo
al
poco
lume
nostro
,
della
nostra
individualità
?
Forse
abbiamo
sempre
vissuto
,
sempre
vivremo
con
l
'
universo
;
anche
ora
,
in
questa
forma
nostra
,
partecipiamo
a
tutte
le
manifestazioni
dell
'
universo
;
non
lo
sappiamo
,
non
lo
vediamo
,
perché
purtroppo
quella
favilla
che
Prometeo
ci
volle
donare
ci
fa
vedere
soltanto
quel
poco
a
cui
essa
arriva
.
E
domani
un
umorista
potrebbe
raffigurar
Prometeo
sul
Caucaso
in
atto
di
considerare
malinconicamente
la
sua
fiaccola
accesa
e
di
scorgere
in
essa
alla
fine
la
causa
fatale
del
suo
supplizio
infinito
.
Egli
s
'
è
finalmente
accorto
che
Giove
non
è
altro
che
un
suo
vano
fantasma
,
un
miserevole
inganno
,
l
'
ombra
del
suo
stesso
corpo
che
si
projetta
gigantesca
nel
cielo
,
a
causa
appunto
della
fiaccola
ch
'
egli
tiene
accesa
in
mano
.
A
un
solo
patto
Giove
potrebbe
sparire
,
a
patto
che
Prometeo
spegnesse
la
candela
,
cioè
la
sua
fiaccola
.
Ma
egli
non
sa
,
non
vuole
,
non
può
;
e
quell
'
ombra
rimane
,
paurosa
e
tiranna
,
per
tutti
gli
uomini
che
non
riescono
a
rendersi
conto
del
fatale
inganno
.
Così
il
contrasto
ci
si
dimostra
inovviabile
,
inscindibile
,
come
l
'
ombra
dal
corpo
.
Noi
l
'
abbiamo
veduto
,
in
questa
rapida
visione
umoristica
,
allargarsi
man
mano
,
varcare
i
limiti
del
nostro
essere
individuale
,
ov
'
ha
radice
,
ed
estendersi
intorno
.
Lo
ha
scoperto
la
riflessione
,
che
vede
in
tutto
una
costruzione
o
illusoria
o
finta
o
fittizia
del
sentimento
e
con
arguta
,
sottile
e
minuta
analisi
la
smonta
e
la
scompone
.
Uno
dei
più
grandi
umoristi
,
senza
saperlo
,
fu
Copernico
,
che
smontò
non
propriamente
la
macchina
dell
'
universo
,
ma
l
'
orgogliosa
immagine
che
ce
n
'
eravamo
fatta
.
Si
legga
quel
dialogo
del
Leopardi
che
s
'
intitola
appunto
dal
canonico
polacco
.
Ci
diede
il
colpo
di
grazia
la
scoperta
del
telescopio
:
altra
macchinetta
infernale
,
che
può
fare
il
pajo
con
quella
che
volle
regalarci
la
natura
.
Ma
questa
l
'
abbiamo
inventata
noi
,
per
non
esser
da
meno
.
Mentre
l
'
occhio
guarda
di
sotto
,
dalla
lente
più
piccola
,
e
vede
grande
ciò
che
la
natura
provvidenzialmente
aveva
voluto
farci
veder
piccolo
,
l
'
anima
nostra
,
che
fa
?
salta
a
guardar
di
sopra
,
dalla
lente
più
grande
,
e
il
telescopio
allora
diventa
un
terribile
strumento
,
che
subissa
la
terra
e
l
'
uomo
e
tutte
le
nostre
glorie
e
grandezze
.
Fortuna
che
è
proprio
della
riflessione
umoristica
il
provocare
il
sentimento
del
contrario
;
il
quale
,
in
questo
caso
,
dice
:
Ma
è
poi
veramente
così
piccolo
l
'
uomo
,
come
il
telescopio
rivoltato
ce
lo
fa
vedere
?
Se
egli
può
intendere
e
concepire
l
'
infinita
sua
piccolezza
,
vuol
dire
ch
'
egli
intende
e
concepisce
l
'
infinita
grandezza
dell
'
universo
.
E
come
si
può
dir
piccolo
dunque
l
'
uomo
?
Ma
è
anche
vero
che
se
poi
egli
si
sente
grande
e
un
umorista
viene
a
saperlo
,
gli
può
capitare
come
a
Gulliver
,
gigante
a
Lilliput
e
balocco
tra
le
mani
dei
giganti
di
Brobdingnag
.
VI
Da
quanto
abbiamo
detto
finora
intorno
alla
speciale
attività
della
riflessione
nell
'
umorista
,
appare
chiaramente
quale
dell
'
arte
umoristica
necessariamente
sia
l
'
intimo
processo
.
Anch
'
essa
l
'
arte
,
come
tutte
le
costruzioni
ideali
o
illusorie
,
tende
a
fissar
la
vita
:
la
fissa
in
un
momento
o
in
varii
momenti
determinati
:
la
statua
in
un
gesto
,
il
paesaggio
in
un
aspetto
temporaneo
,
immutabile
.
Ma
,
e
la
perpetua
mobilità
degli
aspetti
successivi
?
e
la
fusione
continua
in
cui
le
anime
si
trovano
?
L
'
arte
in
genere
astrae
e
concentra
,
coglie
cioè
e
rappresenta
così
degli
individui
come
delle
cose
,
l
'
idealità
essenziale
e
caratteristica
.
Ora
pare
all
'
umorista
che
tutto
ciò
semplifichi
troppo
la
natura
e
tenda
a
rendere
troppo
ragionevole
o
almeno
troppo
coerente
la
vita
.
Gli
pare
che
delle
cause
,
delle
cause
vere
che
muovono
spesso
questa
povera
anima
umana
agli
atti
più
inconsulti
,
assolutamente
imprevedibili
,
l
'
arte
in
genere
non
tenga
quel
conto
che
secondo
lui
dovrebbe
.
Per
l
'
umorista
le
cause
,
nella
vita
,
non
sono
mai
così
logiche
,
così
ordinate
,
come
nelle
nostre
comuni
opere
d
'
arte
,
in
cui
tutto
è
,
in
fondo
,
combinato
,
congegnato
,
ordinato
ai
fini
che
lo
scrittore
s
'
è
proposto
.
L
'
ordine
?
la
coerenza
?
Ma
se
noi
abbiamo
dentro
quattro
,
cinque
anime
in
lotta
fra
loro
:
l
'
anima
istintiva
,
l
'
anima
morale
,
l
'
anima
affettiva
,
l
'
anima
sociale
?
E
secondo
che
domina
questa
o
quella
,
s
'
atteggia
la
nostra
coscienza
;
e
noi
riteniamo
valida
e
sincera
quella
interpretazione
fittizia
di
noi
medesimi
,
del
nostro
essere
interiore
che
ignoriamo
,
perché
non
si
manifesta
mai
tutt
'
intero
,
ma
ora
in
un
modo
,
ora
in
un
altro
,
come
volgano
i
casi
della
vita
.
Sì
,
un
poeta
epico
o
drammatico
può
rappresentare
un
suo
eroe
,
in
cui
si
mostrino
in
lotta
elementi
opposti
e
repugnanti
;
ma
egli
di
questi
elementi
comporrà
un
carattere
,
e
vorrà
coglierlo
coerente
in
ogni
suo
atto
.
Ebbene
,
l
'
umorista
fa
proprio
l
'
inverso
:
egli
scompone
il
carattere
nei
suoi
elementi
;
e
mentre
quegli
cura
di
coglierlo
coerente
in
ogni
atto
,
questi
si
diverte
a
rappresentarlo
nelle
sue
incongruenze
.
L
'
umorista
non
riconosce
eroi
;
o
meglio
,
lascia
che
li
rappresentino
gli
altri
,
gli
eroi
;
egli
,
per
conto
suo
,
sa
che
cosa
è
la
leggenda
e
come
si
forma
,
che
cosa
è
la
storia
e
come
si
forma
:
composizioni
tutte
,
più
o
meno
ideali
,
e
tanto
più
ideali
forse
,
quanto
pio
mostrare
pretesa
di
realtà
:
composizioni
ch
'
egli
si
diverte
a
scomporre
;
né
si
può
dir
che
sia
un
divertimento
piacevole
.
Il
mondo
,
lui
,
se
non
propriamente
nudo
,
lo
vede
,
per
così
dire
,
in
camicia
:
in
camicia
il
re
,
che
vi
fa
così
bella
impressione
a
vederlo
composto
nella
maestà
d
'
un
trono
con
lo
scettro
e
la
corona
e
il
manto
di
porpora
e
d
'
ermellino
;
e
non
componete
con
troppa
pompa
nelle
camere
ardenti
su
catafalchi
i
morti
,
perché
egli
è
capace
di
non
rispettar
neppure
questa
composizione
,
tutto
questo
apparato
;
è
capace
di
sorprendere
,
per
esempio
,
in
mezzo
alla
compunzione
degli
astanti
,
in
quel
morto
lì
,
freddo
e
duro
,
ma
decorato
e
in
marsina
,
un
qualche
borboglio
lugubre
nel
ventre
,
e
d
'
esclamare
(
poiché
certe
cose
si
dicono
meglio
in
latino
)
:
-
Digestio
post
mortem
.
Anche
quei
soldatacci
austriaci
della
poesia
del
Giusti
,
di
cui
ci
siamo
occupati
in
principio
,
son
veduti
in
fine
dal
poeta
come
tanti
poveri
uomini
in
camicia
:
sono
spogliati
cioè
di
quelle
loro
uniformi
odiose
,
nelle
quali
il
poeta
vede
un
simbolo
della
schiavitù
della
patria
.
Quelle
uniformi
compongono
nell
'
animo
del
poeta
una
rappresentazione
ideale
,
della
patria
schiava
;
la
riflessione
scompone
questa
rappresentazione
,
spoglia
quei
soldati
e
vede
in
essi
una
torma
di
poveretti
addogliati
e
derisi
.
L
'
uomo
è
un
animale
vestito
dice
il
Carlyle
nel
suo
Sartor
Resartus
la
società
ha
per
base
il
vestiario
.
E
il
vestiario
compone
anch
'
esso
,
compone
e
nasconde
:
due
cose
che
l
'
umorismo
non
può
soffrire
.
La
vita
nuda
,
la
natura
senz
'
ordine
almeno
apparente
,
irta
di
contradizioni
,
pare
all
'
umorista
lontanissima
dal
congegno
ideale
delle
comuni
concezioni
artistiche
,
in
cui
tutti
gli
elementi
,
visibilmente
,
si
tengono
a
vicenda
e
a
vicenda
cooperano
.
Nella
realtà
vera
le
azioni
che
mettono
in
rilievo
un
carattere
si
stagliano
su
un
fondo
di
vicende
ordinarie
,
di
particolari
comuni
.
Ebbene
,
gli
scrittori
,
in
genere
,
non
se
n
'
avvalgono
,
o
poco
se
ne
curano
,
come
se
queste
vicende
,
questi
particolari
non
abbiano
alcun
valore
e
siano
inutili
e
trascurabili
.
Ne
fa
tesoro
invece
l
'
umorista
.
L
'
oro
,
in
natura
,
non
si
trova
frammisto
alla
terra
?
Ebbene
,
gli
scrittori
ordinariamente
buttano
via
la
terra
e
presentano
l
'
oro
in
zecchini
nuovi
,
ben
colato
,
ben
fuso
,
ben
pesato
e
con
la
loro
marca
e
il
loro
stemma
bene
impressi
.
Ma
l
'
umorista
sa
che
le
vicende
ordinarie
,
i
particolari
comuni
,
la
materialità
della
vita
in
somma
,
così
varia
e
complessa
,
contradicono
poi
aspramente
quelle
semplificazioni
ideali
,
costringono
ad
azioni
,
ispirano
pensieri
e
sentimenti
contrarii
a
tutta
quella
logica
armoniosa
dei
fatti
e
dei
caratteri
concepiti
dagli
scrittori
ordinarii
.
E
l
'
impreveduto
che
è
nella
vita
?
E
l
'
abisso
che
è
nelle
anime
?
Non
ci
sentiamo
guizzar
dentro
,
spesso
,
pensieri
strani
,
quasi
lampi
di
follia
,
pensieri
inconseguenti
,
inconfessabili
finanche
a
noi
stessi
,
come
sorti
davvero
da
un
'
anima
diversa
da
quella
che
normalmente
ci
riconosciamo
?
Di
qui
,
nell
'
umorismo
,
tutta
quella
ricerca
dei
particolari
più
intimi
e
minuti
,
che
possono
anche
parer
volgari
e
triviali
se
si
raffrontano
con
le
sintesi
idealizzatrici
dell
'
arte
in
genere
,
e
quella
ricerca
dei
contrasti
e
delle
contradizioni
,
su
cui
l
'
opera
sua
si
fonda
,
in
opposizione
alla
coerenza
cercata
dagli
altri
;
di
qui
quel
che
di
scomposto
,
di
slegato
,
di
capriccioso
,
tutte
quelle
digressioni
che
si
notano
nell
'
opera
umoristica
,
in
opposizione
al
congegno
ordinato
,
alla
composizione
dell
'
opera
d
'
arte
in
genere
.
Sono
il
frutto
della
riflessione
che
scompone
.
Se
il
naso
di
Cleopatra
fosse
stato
più
lungo
,
chi
sa
quali
altre
vicende
avrebbe
avuto
il
mondo
.
E
questo
se
,
questa
minuscola
particella
che
si
può
appuntare
,
inserire
come
un
cuneo
in
tutte
le
vicende
,
quante
e
quali
disgregazioni
può
produrre
,
di
quanta
scomposizione
può
esser
causa
,
in
mano
d
'
un
umorista
come
,
ad
esempio
,
lo
Sterne
,
che
dall
'
infinitamente
piccolo
vede
regolato
tutto
il
mondo
!
Riassumendo
:
l
'
umorismo
consiste
nel
sentimento
del
contrario
,
provocato
dalla
speciale
attività
della
riflessione
che
non
si
cela
,
che
non
diventa
,
come
ordinariamente
nell
'
arte
,
una
forma
del
sentimento
,
ma
il
suo
contrario
,
pur
seguendo
passo
passo
il
sentimento
come
l
'
ombra
segue
il
corpo
.
L
'
artista
ordinario
bada
al
corpo
solamente
:
l
'
umorista
bada
al
corpo
e
all
'
ombra
,
e
talvolta
più
all
'
ombra
che
al
corpo
;
nota
tutti
gli
scherzi
di
quest
'
ombra
,
com
'
esca
ora
s
'
allunghi
ed
ora
s
'
intozzi
,
quasi
a
far
le
smorfie
al
corpo
,
che
intanto
non
la
calcola
e
non
se
ne
cura
.
Nelle
rappresentazioni
comiche
medievali
del
diavolo
,
troviamo
uno
scolare
che
per
farsi
beffe
di
lui
gli
dà
ad
acchiappare
la
propria
ombra
sul
muro
.
Chi
rappresentò
questo
diavolo
non
era
certamente
un
umorista
.
Quanto
valga
un
'
ombra
l
'
umorista
sa
bene
:
il
Peter
Schlemihl
di
Chamisso
informi
.
Saggistica ,
I
.
Roma
,
20
aprile
'97
Caro
signor
Sorel
,
da
un
pezzo
vo
pensando
d
'
intrattenermi
con
voi
in
una
specie
di
conversazione
per
iscritto
.
Sarà
questo
il
modo
migliore
,
e
il
più
acconcio
,
onde
io
v
'
attesti
la
mia
gratitudine
per
la
Prefazione
,
della
quale
mi
avete
onorato
.
Va
da
sé
,
che
,
così
dicendo
,
io
non
mi
fermo
con
la
mente
a
ricordare
soltanto
le
parole
cortesi
,
delle
quali
mi
siete
stato
prodigo
con
tanta
profusione
.
A
quelle
parole
io
non
potevo
non
risponder
subito
,
e
sdebitarmene
nella
forma
della
lettera
privata
.
Né
ora
sarebbe
più
il
caso
,
che
io
mi
andassi
diffondendo
con
voi
in
complimenti
;
proprio
in
lettere
,
le
quali
,
o
a
voi
,
o
a
me
,
potrà
parere
più
in
là
opportuno
di
pubblicare
.
Che
varrebbe
,
del
resto
,
che
io
venissi
ora
a
far
proteste
di
modestia
,
schermendomi
dalle
vostre
lodi
?
Voi
mi
avete
oramai
costretto
a
rinunciare
a
tali
sforzi
.
Che
i
miei
due
saggi
,
appena
rudimentali
,
di
materialismo
storico
corrano
in
Francia
nella
forma
di
un
quasi
libro
,
ciò
è
tutto
merito
vostro
;
per
averli
voi
rnessi
e
prcsentati
al
pubblico
in
tale
assisa
.
Non
fu
mai
nelle
inclinazioni
mie
di
faire
le
livre
,
secondo
il
senso
che
voi
francesi
,
ammiratori
e
seguaci
sempre
della
classicità
letteraria
,
date
a
cotesta
espressione
.
Sono
io
,
anzi
,
di
quelli
i
quali
vedono
in
cotesto
continuarsi
del
culto
per
la
forma
classica
una
specie
d
'
impaccio
-
come
sarebbe
di
un
abito
che
mal
s
'
attagli
alla
persona
-
alla
espressione
propria
,
adeguata
e
conveniente
dei
resultati
del
pensiero
rigorosamente
scientifico
.
Passando
,
dunque
,
sopra
a
tutti
i
complimenti
,
intendo
di
rifarmi
su
le
cose
che
voi
dite
in
quella
Prefazione
;
e
di
tornarci
su
per
discuterne
liberamente
,
senza
star
proprio
ad
aver
lì
innanzi
alla
mente
il
disegno
o
il
prospetto
di
una
meditata
monografia
.
Scelgo
la
forma
delle
lettere
,
perché
solo
in
queste
un
procedere
interrotto
,
spezzato
e
a
volte
saltuario
,
che
ritragga
quasi
quasi
la
conversazione
,
non
par
cosa
impropria
ed
incongrua
.
Non
me
la
sentirei
,
in
verità
,
di
scrivere
tante
dissertazioni
,
memorie
od
articoli
,
quanti
ne
occorrerebbe
per
rispondere
alle
molte
domande
che
voi
movete
,
alle
molte
questioni
che
voi
ponete
a
voi
stesso
,
in
così
breve
giro
di
pagine
,
come
chi
dubitando
e
dubbiosamente
pensi
.
Scrivendo
,
direi
quasi
,
come
vien
viene
,
non
intendo
però
di
sottrarmi
alle
responsabilità
di
ciò
che
mi
verrà
di
dire
,
e
andrò
dicendo
;
ma
voglio
come
prosciogliermi
dai
doveri
di
prosa
serrata
e
legata
,
che
son
proprii
del
discorrere
e
del
dissertare
a
tesi
.
Oramai
non
c
'
è
dottorucolo
al
mondo
,
il
quale
,
per
minuscolo
che
ei
si
sia
,
non
creda
di
monumentarsi
innanzi
ai
presenti
e
innanzi
ai
posteri
,
ove
riesca
a
consacrare
in
pesante
opuscolo
,
o
in
dotta
ed
involuta
disquisizione
,
uno
di
quei
tanti
pensieri
o
di
quelle
tante
osservazioni
,
che
nella
viva
conversazione
,
o
nell
'
insegnamento
che
sia
retto
da
indubbia
virtuosità
didattica
,
tornan
sempre
di
più
intuitiva
efficacia
,
per
la
naturale
dialettica
,
che
è
propria
di
chi
sia
in
atto
di
cercare
da
sé
,
o
d
'
insinuare
per
la
prima
volta
negli
altri
,
la
verità
.
Ma
già
,
si
sa
:
-
in
questa
fin
di
secolo
,
tutta
business
,
tutta
faccende
,
tutta
affari
e
tutta
merci
,
il
pensiero
non
si
presta
a
circolar
per
il
mondo
,
se
non
fissato
e
fermato
anch
'
esso
nella
riverita
forma
di
merce
,
cui
faccia
compagnia
la
fattura
del
libraio
,
e
giri
attorno
,
da
agile
messaggera
di
sincerissime
lodi
,
la
onesta
réclame
editoriale
.
Forse
nella
società
dell
'
avvenire
,
in
quella
nella
quale
noi
c
'
infuturiamo
con
le
nostre
speranze
,
e
assai
più
con
certe
illusioni
,
che
non
sempre
son
frutto
di
una
ben
plasmata
fantasia
,
cresceranno
a
dismisura
,
da
parer
legione
,
gli
uomini
atti
a
discorrere
con
la
divina
gioia
della
ricerca
e
con
l
'
eroico
coraggio
della
verità
,
che
ora
ammiriamo
in
Platone
,
in
Bruno
,
in
Galilei
,
e
si
moltiplicheranno
in
infiniti
esemplari
i
Diderot
capaci
di
scrivere
le
profonde
capestrerie
di
Jacques
le
fataliste
,
che
per
ora
abbiamo
la
debolezza
di
credere
insuperate
.
Nella
società
dell
'
avvenire
,
nella
quale
l
'
ozio
,
ragionevolmente
cresciuto
per
tutti
,
darà
a
tutti
,
con
le
condizioni
della
libertà
,
i
mezzi
per
civilizzarsi
,
le
droit
à
la
paresse
-
la
felicissima
trovata
del
nostro
Lafargue
-
farà
spuntare
ad
ogni
angolo
di
strada
dei
perditempo
di
genio
,
che
,
come
il
nostro
maestro
Socrate
,
saranno
operosissimi
di
operosità
non
messa
a
mercede
.
Ma
ora
...
in
questo
mondo
,
nel
quale
solo
i
matti
da
manicomio
hanno
le
traveggole
del
prossimo
millennio
,
molti
sfaccendati
sfruttano
,
come
per
proprio
diritto
e
professione
,
la
pubblica
stima
coi
loro
ozii
letterarii
...
e
lo
stesso
socialismo
non
può
a
meno
di
accogliere
nel
suo
seno
una
discreta
frotta
,
non
che
di
sfaccendati
,
di
faccendoni
e
di
faccendieri
.
E
così
,
quasi
celiando
,
mi
avvicino
all
'
argomento
.
Voi
lamentate
la
poca
diffusione
che
ha
avuto
fino
ad
ora
in
Francia
la
dottrina
del
materialismo
storico
.
Anzi
lamentate
,
che
a
tale
diffusione
mettano
ostacolo
e
oppongano
resistenza
i
pregiudizii
derivanti
dalla
boria
nazionale
,
le
pretese
letterarie
di
alcuni
,
l
'
albagia
filosofica
di
altri
,
la
maledetta
voglia
del
parere
senza
essere
,
e
da
ultimo
,
poi
,
lo
scarso
avviamento
intellettuale
,
e
i
molti
difetti
che
si
riscontrano
anche
in
certi
socialisti
.
Ma
tutte
coteste
cose
non
sono
da
considerare
come
dei
meri
accidenti
!
Vanità
,
orgoglio
,
desiderio
di
parere
senz
'
essere
,
iomania
,
megalomania
,
voglia
e
smania
di
prevalere
,
tutte
queste
ed
altre
passioni
e
virtù
dell
uomo
civile
non
son
certo
le
bagattelle
della
vita
,
anzi
assai
più
spesso
possono
parere
come
la
sostanza
e
il
nerbo
di
questa
.
Si
sa
che
la
chiesa
non
è
riuscita
,
il
più
delle
volte
,
a
suggestionare
gli
animi
cristiani
ad
umiltà
,
se
non
facendo
di
questa
nuovo
titolo
a
novello
e
rincalzato
orgoglio
.
E
via
...
cotesto
materialismo
storico
esige
,
da
chi
voglia
consapevolmente
e
schiettamente
professarlo
,
una
certa
curiosa
maniera
di
umiltà
:
che
,
cioè
dire
,
nell
'
atto
che
ci
sentiamo
legati
al
corso
delle
cose
umane
,
e
di
questo
studiamo
le
complicate
linee
e
le
tortuose
pieghe
,
ci
tocchi
pur
di
essere
insiememente
e
medesimamente
,
non
già
rassegnati
ed
acquiescenti
,
ma
anzi
operosi
di
conscia
e
ragionevole
opera
.
Ma
...
venire
al
punto
da
confessare
a
noi
stessi
,
che
il
nostro
proprio
io
individuo
,
al
quale
ci
sentiamo
così
strettamente
legati
da
un
ovvia
e
casalinga
consuetudine
,
senza
esser
proprio
una
mera
evanescenza
,
un
nonnulla
,
come
parve
agl
'
invasati
teosofi
,
per
grande
che
esso
si
sia
,
o
ci
paia
,
è
assai
piccola
cosa
nel
complicato
ingranaggio
dei
meccanismi
sociali
:
-
ma
doversi
adattare
alla
persuasione
,
che
i
propositi
o
i
conati
subiettivi
di
ciascun
di
noi
dànno
quasi
sempre
di
cozzo
nelle
resistenze
dell
'
intricato
intreccio
della
vita
,
cosicché
,
o
non
lascian
traccia
di
sé
,
o
ne
lasciano
una
affatto
difforme
dal
primitivo
intento
,
perché
alterata
e
trasformata
dalle
condizioni
concomitanti
:
-
ma
dover
convenire
di
questo
enunciato
,
che
noi
siamo
come
vissuti
dalla
storia
,
e
che
il
nostro
contributo
personale
a
questa
,
per
quanto
indispensabile
,
è
sempre
un
dato
minuscolo
nell
'
incrocio
delle
forze
,
che
si
combinano
,
completano
ed
elidono
a
vicenda
:
-
ma
tutte
queste
vedute
sono
una
vera
e
propria
seccatura
,
per
tutti
quelli
che
han
bisogno
di
confinare
l
'
universo
intero
nei
termini
della
loro
individua
visuale
!
Dunque
si
serbi
alla
storia
il
privilegio
degli
eroi
,
perché
ai
nani
non
sia
tolta
la
fiducia
di
potersi
mettere
a
cavallo
delle
proprie
spalle
per
farsi
vedere
;
anche
quando
essi
,
secondo
il
detto
di
Jean
Paul
,
non
sian
degni
di
arrivare
all
'
altezza
delle
proprie
ginocchia
!
E
,
di
fatti
,
non
si
va
a
scuola
da
secoli
,
per
sentirsi
a
dire
,
che
Giulio
Cesare
fondò
l
'
impero
,
e
Carlo
Magno
lo
rifece
;
che
Socrate
quasi
quasi
inventò
la
logica
;
e
Dante
,
cosi
a
un
di
presso
,
creò
la
letteratura
italiana
?
Gli
è
da
assai
poco
tempo
,
che
alla
immaginazione
mitologica
degli
autori
della
storia
s
'
è
andata
sostituendo
,
e
fino
ad
ora
in
modi
non
sempre
precisi
,
la
nozione
prosaica
del
processo
storico
-
sociale
.
La
Rivoluzione
Francese
non
l
'
han
voluta
e
fatta
,
secondo
le
varie
versioni
della
inventiva
letteraria
,
i
varii
santi
della
leggenda
liberalesca
;
e
santi
di
destra
,
e
santi
di
sinistra
,
santi
girondini
e
santi
giacobini
?
Tanto
è
,
che
il
signor
Taine
-
del
quale
non
ho
mai
capito
come
,
con
la
poca
rassegnazione
che
mostra
alla
cruda
necessità
dei
fatti
,
si
dica
che
ei
fosse
un
positivista
-
ha
potuto
spendere
una
parte
non
piccola
del
suo
poderoso
ingegno
a
dimostrate
,
come
chi
scrivesse
l
'
errata
-
corrige
della
storia
,
che
tutta
quella
bagarre
potea
anche
non
accadere
.
Per
buona
fortuna
loro
,
la
più
parte
di
cotesti
vostri
santi
paesani
si
onorarono
e
si
coronarono
a
vicenda
,
e
a
tempo
debito
,
del
dovuto
martirio
;
ond
'
è
che
le
regole
della
classicità
tragica
rimasero
per
essi
gloriosamente
intatte
:
-
se
no
,
chi
sa
quanti
imitatori
di
Saint
-
Just
(
uomo
sommo
per
davvero
)
non
sarebbero
finiti
fra
i
manutengoli
del
turpe
Fouché
,
e
quanti
complici
di
Danton
(
un
grande
uomo
di
stato
mancato
)
non
avrebbero
contesa
al
Cambacérès
la
cancelleresca
livrea
,
quando
altri
molti
non
si
fossero
contentati
di
disputare
all
'
avventuroso
Drouet
,
e
a
quel
bieco
commediante
del
Tallien
,
i
modesti
galloni
del
sottoprefetto
.
Insomma
,
affannarsi
ad
occupare
i
primi
posti
è
cosa
di
rito
e
di
prammatica
per
tutti
quelli
,
che
,
avendo
imparato
la
storia
di
vecchio
stile
,
s
'
accordano
ancora
con
quel
retore
di
Cicerone
nel
proclamarla
maestra
della
vita
.
E
a
ciò
fare
bisogna
moraliser
le
socialisme
.
La
morale
non
ha
forse
insegnato
per
secoli
,
che
bisogna
rendere
a
ciascuno
secondo
il
merito
suo
?
Un
tantino
di
paradiso
non
volete
serbarcelo
?
-
mi
pare
di
sentire
a
dire
;
-
e
se
anche
s
'
ha
da
rinunciare
al
paradiso
dei
credenti
e
dei
teologi
,
non
ci
si
ha
da
serbare
un
po
'
di
pagana
apoteosi
in
questo
mondo
?
Non
barattiamo
,
dunque
,
tutta
la
morale
degli
onesti
compensi
:
-
almeno
una
buona
poltrona
,
od
un
palco
di
prima
fila
,
nel
teatro
delle
vanità
!
Ed
ecco
perché
le
rivoluzioni
,
per
tante
altre
ragioni
necessarie
ed
inevitabili
,
anche
per
questo
rispetto
sono
utili
e
desiderabili
:
perché
,
a
guisa
di
grossa
scopa
,
spazzano
dal
terreno
i
primi
occupanti
,
o
per
lo
meno
rendono
l
'
aere
più
respirabile
,
come
accade
dei
temporali
per
cresciuto
ozono
.
Non
dite
voi
forse
,
e
assai
giustamente
,
che
tutta
la
questione
pratica
del
socialismo
(
e
per
pratica
intendete
,
senza
alcun
dubbio
,
quella
che
piglia
lume
dai
dati
intellettuali
di
una
coscienza
rischiarata
dal
sapere
teoretico
)
si
riduce
e
compendia
in
questi
tre
punti
:
a
)
il
proletariato
ha
esso
di
già
raggiunta
la
coscienza
chiara
della
sua
esistenza
come
classe
indivisibile
?
b
)
ha
esso
tanta
forza
da
poter
entrare
in
lotta
con
le
altre
classi
?
c
)
è
esso
in
grado
di
rovesciare
,
insieme
con
la
organizzazione
capitalistica
,
tutto
il
sistema
della
ideologia
tradizionale
?
E
sta
benissimo
!
Ora
il
proletariato
che
arrivi
a
conoscere
perspicuamente
ciò
che
esso
può
,
ossia
che
s
'
avvii
a
saper
volere
ciò
che
può
:
-
quel
proletariato
,
insomma
,
che
si
metta
in
carreggiata
per
riuscire
a
risolvere
(
qui
uso
il
gergo
un
po
'
sciatto
dei
pubblicisti
)
la
così
detta
questione
sociale
,
quel
proletariato
dovrà
proporsi
di
eliminare
,
fra
le
altre
forme
di
sfruttamento
del
prossimo
,
eziandio
questa
della
vanagloria
e
della
presunzione
,
e
della
singolare
concorrenza
che
c
'
è
tra
coloro
,
che
s
'
inscrivono
da
sé
sul
libro
d
'
oro
dei
benemeriti
della
umanità
.
Anche
quel
libro
va
messo
in
falò
,
con
tanti
altri
che
han
titolo
di
libri
del
debito
pubblico
.
Ma
per
ora
sarebbe
opera
vana
il
provarsi
a
fare
intendere
,
a
tanti
e
tanti
di
costoro
,
questo
principio
schietto
di
etica
comunistica
:
che
,
cioè
,
la
gratitudine
e
l
'
ammirazione
conviene
aspettarsele
come
doni
spontanei
dal
prossimo
nostro
;
-
né
molti
di
costoro
si
tratterrebbero
dal
mettere
le
mani
avanti
,
per
sentirsi
a
ripetere
,
in
nome
di
Baruch
Spinoza
,
che
la
virtù
è
premio
a
se
stessa
.
En
attendant
,
dunque
,
che
in
una
società
migliore
della
nostra
non
rimangano
altri
oggetti
all
'
ammirazione
degli
uomini
,
se
non
quelli
degnissimi
-
che
so
dire
?
-
,
per
es
.
,
le
linee
del
Partenone
,
i
quadri
di
Raffaello
,
i
versi
di
Dante
e
di
Goethe
,
e
quanto
di
utile
,
di
certo
,
di
definitivamente
acquisito
presenti
la
scienza
,
non
ci
è
dato
per
ora
d
'
impedire
a
quanti
abbiano
fiato
da
spendere
,
e
carta
stampata
da
mettere
in
circolazione
,
di
pavoneggiarsi
in
nome
di
tante
e
tante
belle
cose
-
umanità
,
giustizia
sociale
e
simili
-
e
anche
in
nome
del
socialismo
,
come
accade
specie
a
quelli
che
s
'
inscrivono
da
concorrenti
a
l
'
ordre
pour
le
mérite
e
alla
legion
d
onore
,
della
futura
,
ma
non
molto
prossima
,
rivoluzione
proletaria
.
Figurarsi
se
costoro
non
dovessero
subodorare
nel
materialismo
storico
la
satira
di
tutte
le
loro
vuote
arroganze
e
futili
ambizioni
,
e
non
avessero
da
avere
in
uggia
questa
nuova
specie
di
panteismo
,
dal
quale
,
con
licenza
parlando
,
è
sparito
-
appunto
perché
esso
è
ultraprosaico
-
perfino
il
riverito
nome
di
dio
.
Una
grave
circostanza
è
qui
da
aggiungere
.
In
tutte
le
parti
dell
'
Europa
civile
gl
'
ingegni
-
veri
o
falsi
che
si
siano
-
han
molti
e
molti
modi
di
occuparsi
nei
servizii
dello
stato
,
e
in
tutto
ciò
che
di
proficuo
e
di
onorifico
può
loro
offrire
la
borghesia
;
la
quale
,
per
dir
vero
,
non
è
tanto
prossima
a
tirar
le
cuoia
,
come
si
dànno
ad
intendere
alcuni
allegri
facitori
di
strampalate
profezie
.
Non
è
dunque
da
meravigliare
che
Engels
(
pag
.
IV
della
prefazione
al
III
vol
.
del
Capitale
-
notate
bene
-
in
data
del
4
ottobre
1894
)
scrivesse
così
:
Come
nel
secolo
XVI
,
così
nel
nostro
tempo
tanto
agitato
,
non
vi
ha
nel
campo
degl
'
interessi
pubblici
dei
puri
teorici
se
non
dal
lato
della
reazione
.
Queste
parole
,
per
quanto
chiare
altrettanto
gravi
,
basterebbero
da
sole
a
turar
la
bocca
a
quelli
che
vanno
sbraitando
,
esser
già
tutta
l
'
intelligenza
passata
dalla
parte
nostra
,
e
che
la
borghesia
abbassi
oramai
le
armi
.
Il
vero
è
precisamente
il
contrario
:
nelle
nostre
file
c
'
è
da
per
tutto
scarsezza
di
forze
intellettuali
,
per
quanto
gli
operai
genuini
,
per
ispiegabile
sospetto
,
spesso
strepitino
qua
e
là
contro
i
parleurs
e
lettrés
del
partito
.
Non
c
'
è
dunque
da
inarcar
le
ciglia
,
se
il
materialismo
storico
sia
così
poco
progredito
dalle
prime
e
generali
enunciazioni
.
E
volendo
pur
passar
sopra
a
quelli
che
ne
han
fatto
argomento
di
semplici
ripetizioni
o
di
travestimenti
,
che
qualche
volta
rasentano
il
burlesco
,
ci
tocca
di
confessare
,
che
nella
somma
di
tutto
ciò
che
se
n
'
è
scritto
di
serio
,
di
congruo
e
di
corretto
,
non
c
è
ancora
l
'
insieme
di
una
dottrina
uscita
già
dallo
stadio
della
prima
formazione
.
Non
è
chi
oserebbe
fra
noi
di
far
confronti
col
darwinismo
,
che
in
poco
men
di
quarant
'
anni
ha
avuto
tale
e
tanto
sviluppo
intensivo
ed
estensivo
,
che
oramai
,
per
la
copia
dei
materiali
,
per
la
molteplicità
dei
riattacchi
ad
altri
studii
,
per
le
varie
correzioni
metodiche
e
per
la
interminabile
critica
sortavi
dentro
e
dattorno
,
quella
dottrina
ha
giù
una
storia
gigantesca
.
Tutti
quelli
che
son
fuori
del
socialismo
ebbero
ed
hanno
interesse
a
combattere
,
a
svisare
o
per
lo
meno
ad
ignorare
questa
nuova
dottrina
;
e
ai
socialisti
,
e
per
le
ragioni
dette
e
per
altre
molte
,
non
è
stato
dato
di
spenderci
attorno
il
tempo
,
le
cure
e
gli
studii
che
occorrono
,
perché
un
indirizzo
mentale
acquisti
ampiezza
di
sviluppi
e
maturità
di
scuola
,
come
accade
delle
discipline
,
che
protette
,
o
per
lo
meno
non
combattute
dal
mondo
ufficiale
,
crescono
e
prosperano
per
la
cooperazione
assidua
di
molti
collaboratori
.
La
diagnosi
del
male
non
è
una
mezza
consolazione
?
Non
usano
forse
così
ora
con
gli
ammalati
i
medici
,
dacché
divennero
,
come
sono
difatti
al
presente
,
più
ispirati
nella
pratica
terapeutica
al
sentimento
scientifico
dei
problemi
della
vita
?
Al
postutto
,
dei
varii
effetti
che
il
materialismo
storico
può
produrre
,
alcuni
soltanto
si
prestano
a
raggiungere
un
grado
notevole
di
popolarità
.
Di
certo
,
con
l
'
aiuto
di
tale
nuova
orientazione
dottrinale
,
si
riuscirà
a
scrivere
dei
libri
di
storia
meno
inconcludenti
di
quelli
che
di
solito
scrivono
i
letterati
addestrati
a
cotesta
arte
coi
soli
mezzi
della
filologia
e
della
erudizione
.
E
,
passando
sopra
alla
consapevolezza
che
i
socialisti
d
'
azione
possono
ritrarre
dall
'
analisi
accurata
del
terreno
su
cui
lavorano
,
non
c
'
è
dubbio
che
il
materialismo
storico
,
o
per
diretto
o
per
indiretto
,
ha
già
esercitato
su
molte
menti
un
grande
influsso
,
e
ne
eserciterà
col
tempo
uno
ancor
maggiore
,
per
quanto
si
attiene
agli
studii
veri
e
proprii
di
storia
economica
,
e
a
quelli
di
interpretazione
prammatica
dei
moventi
e
delle
ragioni
intime
,
e
per
ciò
più
remote
,
di
una
determinata
politica
.
Ma
tutta
la
dottrina
nel
suo
intimo
,
o
nel
suo
insieme
,
tutta
la
dottrina
,
intendo
dire
,
insomma
,
come
filosofia
-
e
adopero
questa
parola
con
molta
apprensione
di
poter
esser
frainteso
,
ma
non
ne
saprei
trovare
di
altra
,
e
,
se
scrivessi
in
tedesco
,
direi
più
volentieri
Lebens
-
und
Weltanschauung
,
ossia
concezione
generale
della
vita
e
del
mondo
-
non
mi
pare
che
possa
entrare
tra
gli
articoli
della
coltura
popolare
.
Oltre
che
ad
apprendere
cotesta
filosofia
occorre
un
discreto
sforzo
di
menti
già
addestrate
alle
difficoltà
e
alla
combinatoria
del
pensiero
;
il
maneggiarla
,
poi
,
può
esporre
gl
'
ingegni
troppo
facili
e
troppo
correnti
alle
comode
conclusioni
a
spropositare
di
santa
ragione
;
e
noi
non
vorremmo
renderci
,
né
promotori
,
né
complici
di
tal
nuova
ciarlataneria
letteraria
.
II
.
Roma
,
24
aprile
97
Ed
ora
permettetemi
di
passare
alla
considerazione
di
certe
cose
prosaicamente
piccole
,
ma
che
,
come
assai
spesso
accade
delle
cose
piccole
nelle
faccende
grosse
del
mondo
,
hanno
assai
peso
nel
fatto
nostro
.
Gli
scritti
di
Marx
e
di
Engels
-
tanto
per
tornare
a
loro
,
che
sono
principalmente
in
causa
-
furon
essi
mai
letti
per
intero
da
nessuno
,
il
quale
si
trovasse
fuori
della
schiera
dei
prossimi
amici
ed
adepti
,
e
quindi
,
dei
seguaci
e
degl
'
interpreti
diretti
degli
autori
stessi
?
Furono
mai
quegli
scritti
fatti
tutti
oggetto
di
commento
e
di
illustrazione
,
da
gente
che
si
trovasse
fuori
del
campo
,
che
s
'
è
formato
intorno
alla
tradizione
della
deutsche
Socialdemokratie
;
nella
quale
impresa
di
lavoro
applicativo
ed
esplicativo
ha
per
anni
primeggiato
soprattutto
la
Neue
Zeit
,
magazzino
indispensabile
delle
dottrine
del
partito
?
Intorno
a
quegli
scritti
,
in
brevi
parole
,
non
si
è
formato
,
fuori
che
in
Germania
,
ed
anche
ivi
assai
parzialmente
,
e
qualche
volta
con
modi
non
pienamente
critici
,
ciò
che
i
neologisti
chiamano
ambiente
letterario
.
E
poi
la
rarità
di
molti
di
quegli
scritti
,
e
anzi
la
irreperibilità
di
alcuni
di
essi
!
C
'
è
molta
gente
al
mondo
,
che
abbia
la
pazienza
di
mettersi
per
degli
anni
,
come
toccò
a
me
,
alla
ricerca
di
un
esemplare
della
Misère
de
la
philosophie
,
che
fu
solo
assai
di
recente
ristampata
a
Parigi
,
o
di
quel
singolare
libro
che
è
la
Heilige
Familie
;
e
che
sia
disposta
a
durar
più
fatica
per
avere
a
disposizione
un
esemplare
della
Neue
Rheinische
Zeitung
,
di
quella
non
tocchi
,
in
condizioni
ordinarie
,
a
qualunque
filologo
o
storico
presentemente
per
leggere
e
studiare
tutti
i
documenti
dell
'
antico
Egitto
?
A
me
che
pure
ho
una
certa
pratica
alquanto
notevole
dei
libri
e
del
modo
di
ricercarli
,
non
è
toccata
mai
briga
più
fastidiosa
di
cotesta
.
Il
leggere
tutti
gli
scritti
dei
fondatori
del
socialismo
scientifico
è
parso
fino
ad
ora
come
un
privilegio
da
iniziati
!
(
)
.
Che
maraviglia
,
dunque
,
se
fuori
della
Germania
,
e
quindi
anche
in
Francia
,
e
anzi
in
Francia
segnatamente
,
molti
e
molti
scrittori
,
e
specie
fra
i
pubblicisti
,
abbiano
avuto
la
tentazione
di
ritrarre
,
o
da
critiche
di
avversarii
,
o
da
citazioni
incidentali
,
o
da
frettolose
illazioni
ricavate
da
brani
speciali
,
o
da
vaghi
ricordi
,
gli
elementi
per
foggiarsi
un
marxismo
di
loro
invenzione
e
maniera
?
Tanto
più
,
poi
,
che
,
col
sorgere
in
Francia
ed
in
Italia
di
partiti
socialistici
,
che
dal
più
al
meno
sono
in
voce
di
rappresentare
una
esplicazione
del
marxismo
,
il
che
pare
a
me
invero
designazione
inesatta
,
ai
letterati
d
'
ogni
maniera
si
offerse
la
comoda
opportunità
di
credere
o
di
far
credere
,
che
in
ogni
discorso
di
propagandista
o
di
deputato
,
in
ogni
enunciato
di
programma
,
in
ogni
articolo
di
giornale
,
in
ogni
atto
di
partito
,
ci
fosse
come
l
'
autentica
e
ortodossa
rivelazione
della
nuova
dottrina
,
esplicantesi
nella
nuova
chiesa
.
Alla
Camera
Francese
non
si
fu
due
anni
fa
quasi
quasi
sul
punto
di
discutere
della
dottrina
del
valore
di
Marx
...
come
se
fossimo
a
Bisanzio
?
E
che
dirvi
di
tanti
professori
italiani
,
che
han
citato
e
discusso
per
anni
libri
ed
opuscoli
,
che
notoriamente
non
eran
mai
giunti
in
questi
nostri
paraggi
;
e
specie
dappoi
che
il
signor
Giorgio
Adler
(
)
scrisse
quei
suoi
due
libri
alquanto
superficiali
quanto
inconcludenti
,
nei
quali
però
egli
offerse
ai
ricercatori
di
comoda
erudizione
e
ai
facitori
di
plagio
i
facili
tesori
della
bibliografia
e
delle
copiose
citazioni
:
perché
,
a
dir
vero
,
quel
signor
Adler
ha
molto
letto
come
ha
molto
peccato
.
Il
materialismo
storico
,
che
poi
in
un
certo
senso
è
tutto
il
marxismo
,
prima
che
entrasse
nell
'
ambiente
critico
letterario
degli
atti
a
svolgerlo
e
continuarlo
,
è
passato
qui
,
fra
noi
popoli
di
lingue
neolatine
,
attraverso
ad
una
infinità
di
equivoci
,
di
malintesi
,
di
alterazioni
grottesche
,
di
strani
travestimenti
e
di
gratuite
invenzioni
:
tutte
cose
coteste
,
che
nessuno
vorrà
mettere
a
carico
della
storia
del
socialismo
,
ma
che
,
in
tutti
i
modi
non
poteano
non
tornare
d
'
impaccio
ai
volenterosi
di
farsi
una
coltura
socialistica
,
specie
se
son
persone
che
escano
dalle
file
degli
studiosi
di
professione
.
Voi
sapete
la
fantastica
storiella
del
biondo
Marx
inauguratore
della
Internazionale
a
Napoli
nel
1867
,
che
fu
raccontata
dal
Croce
nel
Devenir
Social
.
Io
di
quelle
storielle
potrei
narrarvene
parecchie
.
Che
dirvi
dello
studente
corso
anni
fa
a
casa
mia
a
vedere
,
una
volta
almeno
de
visu
,
la
famigerata
Misère
de
la
philosophie
!
Rimase
sbalordito
:
dunque
-
diceva
-
è
un
libro
serio
di
economia
politica
?
E
oltre
che
serio
-
soggiunsi
io
-
di
dicitura
difficile
,
e
in
molti
punti
oscuro
.
Non
si
poteva
capacitare
.
Vi
aspettavate
-
gli
dissi
-
un
poema
su
gli
eroi
della
soffitta
,
o
un
romanzo
come
quello
del
giovane
povero
?
Per
fino
quel
bisbetico
titolo
di
Heilige
Familie
(
Sacra
Famiglia
)
ha
dato
ad
alcuni
occasione
di
stranamente
almanaccare
.
Singolare
ventura
di
quella
coterie
di
posthegeliani
-
tra
i
quali
,
del
resto
,
era
un
uomo
notevole
e
di
valore
,
Bruno
Bauer
-
che
le
sia
toccato
di
passare
ai
posteri
nel
curioso
persiflage
che
ne
fecero
i
due
giovani
scrittori
!
E
dire
che
quel
libro
-
che
alla
più
parte
dei
lettori
francesi
apparirebbe
duro
,
intricato
ed
incondito
-
non
è
veramente
notevole
,
se
non
perché
ci
mostra
come
Marx
ed
Engels
,
liberi
già
dallo
scolasticismo
hegeliano
,
si
andassero
districando
dall
'
umanitarismo
del
Feuerbach
,
e
,
mentre
s
'
avviavano
a
quella
che
fu
poi
la
dottrina
loro
,
fossero
ancora
in
certo
tal
quale
modo
intinti
di
quel
socialismo
vero
,
che
più
tardi
essi
stessi
volsero
in
satira
nel
Manifesto
.
Ma
a
canto
a
queste
storielle
,
tutte
da
ridere
,
qui
in
Italia
se
n
'
è
svolta
una
,
che
veramente
non
fa
ridere
:
e
intendo
dire
del
caso
Loria
.
Proprio
in
questi
ultimi
anni
,
nei
quali
,
tra
difficoltà
grandissime
,
s
'
è
andato
formando
da
noi
un
partito
socialistico
,
che
nei
programmi
e
negl
'
intenti
,
e
,
per
quanto
la
condizione
del
paese
lo
consente
,
alla
men
trista
anche
nelle
opere
,
risponde
alle
tendenze
del
socialismo
internazionale
,
proprio
in
questi
ultimi
anni
venne
in
capo
a
parecchi
,
o
studenti
,
o
quasi
ex
-
studenti
,
di
fare
del
signor
Loria
,
ora
l
'
autentico
autore
delle
dottrine
del
socialismo
scientifico
,
ora
l
'
inventore
della
interpretazione
economica
della
storia
,
ora
tante
e
tante
altre
cose
diverse
,
contrarie
e
contraddittorie
:
di
modo
che
il
Loria
,
a
sua
insaputa
e
senza
merito
o
colpa
sua
,
è
passato
a
un
tempo
stesso
ora
per
Marx
,
ora
per
anti
-
Marx
,
ora
per
vice
-
,
per
sopra
-
,
o
per
sotto
-
Marx
.
Anche
cotesto
equivoco
è
oramai
trapassato
:
e
sia
pace
alla
memoria
sua
.
Da
che
i
Problemi
Sociali
del
signor
Loria
furono
tradotti
in
francese
,
parrà
strano
a
molti
dei
vostri
compaesani
,
che
quello
scrittore
sia
potuto
passare
,
non
che
per
socialista
in
genere
,
la
quale
opinione
può
parere
in
fin
delle
fini
atto
o
segno
d
'
ingenuità
,
ma
anzi
per
un
continuatore
e
correttore
di
Marx
;
il
che
è
veramente
sproposito
da
far
rizzare
i
capelli
.
Dunque
,
per
tali
aneddoti
d
'
intuitiva
esemplarità
,
consolatevi
per
ciò
che
riguarda
la
Francia
;
perché
,
non
solo
è
vero
,
che
intra
Iliacos
muros
peccatur
et
extra
,
ma
perché
,
in
fin
delle
fini
,
nessuno
che
non
appartenga
alla
categoria
di
quei
folli
,
che
sono
i
genii
incompresi
,
può
non
convenire
di
questo
principio
:
che
non
si
arriva
mai
tardi
al
mondo
per
fare
il
dover
suo
.
E
anzi
qui
,
in
questo
caso
,
si
arriva
tanto
poco
tardi
,
che
,
come
Engels
mi
scriveva
poche
settimane
prima
di
morire
:
noi
siamo
al
primo
cominciamento
ancora
!
E
tanto
,
perché
in
questo
primo
cominciamento
sia
dato
agli
studiosi
di
occuparsi
della
dottrina
in
questione
con
piena
cognizion
di
causa
,
col
minimo
d
'
incomodo
e
col
preciso
possesso
delle
prime
fonti
,
pare
a
me
,
che
sarebbe
dovere
del
partito
tedesco
di
procurare
una
edizione
completa
e
critica
di
tutti
gli
scritti
di
Marx
e
di
Engels
;
una
edizione
,
voglio
dire
,
che
sia
corredata
,
caso
per
caso
,
di
prefazioni
dichiarative
,
di
indici
di
riferimento
,
di
note
e
di
rimandi
.
Sarebbe
già
un
'
opera
meritoria
il
togliere
agli
antiquarii
di
libri
il
modo
di
esercitare
una
indecente
speculazione
-
ne
so
io
qualcosa
-
su
le
rarissime
copie
degli
scritti
più
antichi
.
Agli
scritti
già
apparsi
in
forma
di
libri
o
di
opuscoli
converrebbe
aggiungere
gli
articoli
di
giornali
,
i
manifesti
,
le
circolari
,
i
programmi
,
e
tutte
quelle
lettere
,
che
,
per
essere
di
pubblico
e
di
generale
interesse
,
per
quanto
dirette
a
privati
,
hanno
importanza
politica
o
scientifica
(
)
.
A
tale
impresa
non
possono
mettersi
se
non
i
socialisti
di
lingua
tedesca
.
Non
già
che
Marx
ed
Engels
appartengano
alla
Germania
soltanto
,
nel
senso
patriottico
e
sciovinistico
,
che
ha
per
molti
la
parola
di
nazionalità
.
La
forma
dei
loro
cervelli
,
l
'
andamento
delle
loro
produzioni
,
l
'
assetto
logico
dei
loro
modi
di
vedere
,
il
loro
senso
scientifico
e
la
loro
filosofia
,
furono
il
portato
ed
il
resultato
della
coltura
tedesca
:
ma
la
sostanza
di
ciò
che
essi
han
pensato
ed
esposto
è
tutta
nelle
condizioni
sociali
,
che
s
'
eran
svolte
fino
agli
anni
più
che
maturi
di
loro
vita
per
la
massima
parte
fuori
della
Germania
e
segnatamente
in
quelle
della
grande
rivoluzione
economico
-
politica
,
che
dalla
seconda
metà
del
secolo
XVIII
ebbe
base
e
svolgimento
soprattutto
in
Inghilterra
ed
in
Francia
.
Essi
furono
,
per
ogni
rispetto
,
spiriti
internazionali
.
Ma
,
nulladimeno
,
solo
fra
i
socialisti
di
lingua
tedesca
si
trova
,
a
cominciare
dalla
Lega
dei
Comunisti
fino
al
programma
di
Erfurt
e
fino
agli
ultimi
articoli
del
cauto
,
e
ponderato
Kautsky
,
quella
continuità
e
persistenza
di
tradizione
,
e
quel
sussidio
di
costante
esperienza
che
occorrono
,
perché
l
'
edizione
critica
trovi
nelle
cose
stesse
e
nella
memoria
degli
uomini
i
dati
occorrenti
a
farla
piena
e
viva
.
Né
si
tratta
di
scegliere
.
Tutta
la
operosità
scientifica
e
politica
,
tutta
la
produzione
letteraria
,
sia
pur
essa
occasionale
,
dei
due
fondatori
del
socialismo
critico
,
deve
esser
messa
alla
portata
dei
lettori
.
Non
si
tratta
già
di
compilare
un
Corpus
juris
,
né
di
redigere
un
Testamentum
juxta
canonem
receptum
;
ma
di
mettere
insieme
una
elaborata
raccolta
di
scritti
,
perché
essi
parlino
direttamente
a
chiunque
abbia
voglia
di
leggerli
.
Solo
così
gli
studiosi
di
altri
paesi
potranno
avere
a
loro
disposizione
tutte
le
fonti
,
che
altrimenti
apprese
,
per
via
di
incerte
riproduzioni
o
di
vaghi
ricordi
,
han
dato
luogo
a
questo
strano
fenomeno
,
che
non
c
'
era
fino
a
poco
tempo
fa
quasi
scritto
alcun
di
lingua
non
tedesca
sul
marxismo
,
che
procedesse
da
una
critica
documentata
;
specie
se
tali
scritti
uscivano
dalla
penna
degli
scrittori
di
altri
partiti
rivoluzionarii
,
o
di
altre
scuole
socialistiche
.
Il
caso
tipico
è
quello
degli
scrittori
anarchisti
,
pei
quali
,
specie
in
Francia
ed
in
Italia
,
l
'
autore
del
marxismo
pare
il
più
delle
volte
non
sia
esistito
se
non
per
essere
lo
staffilatore
di
Proudhon
e
l
'
avversario
di
Bakunin
,
quando
non
divenga
il
semplice
caposcuola
di
quella
che
agli
occhi
loro
è
la
massima
delle
reità
,
ossia
il
rappresentante
tipico
del
socialismo
politico
,
e
quindi
-
o
infamia
!
-
anche
parlamentare
.
Tutti
cotesti
scritti
hanno
un
fondo
comune
;
e
questo
è
il
materialismo
storico
,
inteso
nel
triplice
aspetto
,
di
tendenza
filosofica
nella
veduta
generale
della
vita
e
del
mondo
,
di
critica
dell
'
economia
,
che
ha
modi
di
procedimento
riducibili
in
leggi
solo
perché
rappresenta
una
determinata
fase
storica
,
e
di
interpretazione
della
politica
,
e
soprattutto
di
quella
che
occorre
e
giova
alla
direzione
del
momento
operaio
verso
il
socialismo
.
Questi
tre
aspetti
,
che
qui
enumero
astrattamente
,
come
accade
sempre
per
comodo
di
analisi
,
faceano
uno
nella
mente
degli
autori
stessi
.
Perciò
quegli
scritti
,
che
,
tranne
il
caso
dell
'
Antidühring
di
Engels
e
del
primo
volume
del
Capitale
,
non
parranno
mai
ai
letterati
di
tradizione
classica
come
condotti
secondo
i
canoni
dell
'
arte
di
faire
le
livre
,
sono
in
verità
delle
monografie
,
e
nella
più
parte
dei
casi
dei
lavori
d
'
occasione
.
Ossia
,
sono
i
frammenti
di
una
scienza
e
di
una
politica
che
è
in
continuo
divenire
;
e
che
altri
-
e
non
dico
che
ciò
sia
l
'
affare
del
primo
venuto
-
deve
e
può
continuare
.
Per
intenderli
,
dunque
,
a
pieno
,
bisogna
ricollegarli
biograficamente
;
e
in
tale
biografia
è
come
la
traccia
e
l
'
orma
,
e
a
volte
l
'
indice
e
il
riflesso
della
genesi
del
socialismo
moderno
.
Chi
cotesta
genesi
non
è
in
grado
di
seguire
,
cercherà
in
quei
frammenti
ciò
che
non
c
'
è
,
e
non
ci
ha
da
essere
:
per
es
.
,
delle
risposte
a
tutti
i
quesiti
che
la
scienza
storica
e
la
scienza
sociale
possano
mai
offrire
nella
loro
vastità
e
varietà
empirica
,
o
una
soluzione
sommaria
dei
problemi
pratici
d
'
ogni
tempo
e
d
'
ogni
luogo
.
A
proposito
ora
,
per
es
.
,
della
questione
d
'
Oriente
,
nel
discutere
la
quale
alcuni
socialisti
offrono
lo
spettacolo
singolare
di
una
lotta
fra
l
'
idiotismo
e
l
'
avventataggine
,
si
sente
d
'
ogni
parte
fare
appello
al
marxismo
!
(
)
.
Difatti
i
dottrinarii
e
i
presuntuosi
d
'
ogni
genere
,
che
han
bisogno
degl
'
idoli
della
mente
,
i
facitori
di
sistemi
classici
buoni
per
l
'
eternità
,
i
compilatori
di
manuali
e
di
enciclopedie
,
cercheranno
per
torto
e
per
rovescio
nel
marxismo
ciò
che
esso
non
ha
mai
inteso
di
offrire
a
nessuno
.
Costoro
intendono
il
pensato
ed
il
saputo
come
cose
che
esistano
materiatamente
;
ma
non
intendono
il
pensare
ed
il
sapere
come
operosità
che
siano
in
fieri
.
Costoro
son
metafisici
,
secondo
il
senso
che
Engels
attribuisce
a
cotesta
parola
,
e
che
,
veramente
,
non
è
il
solo
che
quella
parola
abbia
o
possa
avere
:
secondo
il
senso
,
in
somma
,
che
Engels
le
attribuisce
per
via
d
'
una
insistente
amplificazione
della
caratteristica
che
Hegel
applicava
agli
ontologisti
come
Wolf
e
simiglianti
.
Ma
che
forse
Marx
,
nello
scrivere
da
pubblicista
insuperato
,
nel
periodo
di
tempo
dal
1848-60
,
i
suoi
saggi
di
storia
contemporanea
e
i
suoi
memorabili
articoli
di
giornale
,
ebbe
mai
la
pretesa
di
atteggiarsi
a
compiuto
istoriografo
;
la
qual
cosa
non
gli
sarebbe
forse
riuscito
d
'
esser
mai
,
non
essendo
questa
la
vocazione
e
l
'
attitudine
sua
?
O
che
forse
Engels
,
nello
scrivere
l
'
Antidüring
,
che
fino
all
'
ora
presente
è
il
più
compiuto
libro
di
socialismo
critico
,
il
quale
reca
a
un
di
presso
tutta
quella
filosofia
che
occorre
alla
intelligenza
del
socialismo
stesso
,
s
'
è
mai
sognato
di
descriver
fondo
,
nel
giro
di
così
breve
e
squisitissimo
lavoro
,
all
'
universo
scibile
,
e
di
segnare
in
perpetuo
i
termini
della
metafisica
,
della
psicologia
,
dell
'
etica
,
della
logica
e
come
altro
si
chiamino
,
o
per
ragioni
intrinseche
di
obiettiva
partizione
,
o
per
ripiego
e
comodo
e
vanità
dei
professanti
l
'
insegnamento
,
le
sezioni
dell
'
enciclopedia
?
O
che
è
forse
il
Capitale
una
di
quelle
tante
enciclopedie
di
tutto
lo
scibile
economico
,
delle
quali
ora
precisamente
i
professori
,
specie
se
tedeschi
,
van
riempiendo
il
mercato
?
Quell
'
opera
,
per
quanto
vasta
di
tre
volumi
in
quattro
non
piccoli
tomi
,
può
parere
,
a
confronto
di
tali
enciclopediche
compilazioni
,
come
rassomigliante
ad
una
colossale
monografia
.
Il
suo
soggetto
principalissimo
è
la
origine
ed
il
processo
del
sopravvalore
(
nell
'
orbita
,
s
'
intende
,
della
produzione
capitalistica
)
,
poi
,
dopo
combinata
la
produzione
con
la
circolazione
del
capitale
,
la
spartizione
del
sopravvalore
stesso
.
Sta
come
presupposto
del
tutto
la
teoria
del
valore
,
portata
a
compimento
su
la
elaborazione
che
ne
avea
fatta
la
scienza
economica
per
un
secolo
e
mezzo
:
teoria
che
non
rappresenta
mai
un
factum
empirico
tratto
dalla
volgare
induzione
,
né
esprime
una
semplice
posizione
logica
,
come
qualcuno
ha
almanaccato
,
ma
è
la
premessa
tipica
,
senza
della
quale
tutto
il
resto
non
è
pensabile
.
Le
premesse
di
fatto
,
ossia
il
capitale
preindustriale
e
la
genesi
sociale
del
salariato
,
sono
i
capisaldi
della
spiegazione
storica
dell
'
iniziarsi
del
capitalismo
attuale
:
-
il
meccanismo
della
circolazione
,
con
le
sue
leggi
secondarie
e
laterali
,
e
da
ultimo
i
fenomeni
della
distribuzione
,
guardati
nei
loro
aspetti
antitetici
e
di
relativa
indipendenza
,
formano
il
tramite
e
le
illazioni
,
attraverso
il
quale
e
per
le
quali
,
si
arriva
ai
fatti
di
configurazione
concreta
,
come
ce
li
porge
il
movimento
apparente
della
vita
di
tutti
i
giorni
.
Il
modo
di
rappresentazione
dei
fatti
e
dei
processi
è
generalmente
tipico
,
perché
si
suppongon
sempre
come
già
tutte
esistenti
in
atto
le
condizioni
della
produzione
capitalistica
:
ond
'
è
,
che
le
altre
forme
di
produzione
vengono
illustrate
,
o
solo
in
quanto
furono
superate
di
già
,
e
per
il
modo
come
furono
superate
,
o
in
quanto
,
come
residuo
,
tornan
di
limite
e
d
'
impedimento
alla
forma
capitalistica
.
Di
qui
il
frequente
passare
attraverso
alle
illustrazioni
di
mera
storia
descrittiva
per
poi
tornare
,
dalla
dichiarazione
delle
premesse
di
fatto
,
alla
esplicazione
genetica
del
modo
come
quelle
premesse
,
data
la
loro
concorrenza
e
concomitanza
,
debbano
funzionare
tipicamente
,
formando
esse
la
struttura
morfologica
della
società
capitalistica
.
Da
ciò
dipende
,
che
quel
libro
,
che
non
è
mai
dommatico
,
appunto
perché
critico
,
ed
è
critico
,
non
nel
senso
subiettivo
della
parola
,
ma
perché
ritrae
la
critica
dal
moto
antitetico
e
quindi
contraddittorio
delle
cose
stesse
,
anche
nei
punti
nei
quali
arriva
alla
descrittiva
storica
non
si
perde
nello
storicismo
volgare
,
il
cui
segreto
è
questo
:
rinunziare
alla
ricerca
delle
leggi
del
variare
,
e
alle
varietà
semplicemente
enumerate
e
descritte
appiccicare
l
'
etichetta
di
processo
storico
,
di
sviluppo
o
di
evoluzione
.
Il
filo
conduttore
di
questa
genesi
è
il
procedimento
dialettico
;
ed
è
questo
il
punto
scabroso
,
che
mette
in
tristissima
condizione
tutti
i
lettori
del
Capitale
,
che
nel
leggerlo
vi
portino
dentro
gli
abiti
intellettuali
degli
empiristi
,
dei
metafisici
,
e
dei
padri
definitori
di
entità
concepite
in
aeternum
.
La
fastidiosa
questione
che
si
è
fatta
da
molti
sulle
contraddizioni
,
che
,
secondo
loro
(
)
,
correrebbero
fra
il
III
e
il
I
volume
del
Capitale
(
qui
intendo
di
parlare
dello
spirito
della
disputa
e
non
delle
particolari
osservazioni
perché
,
di
fatti
,
il
III
volume
è
tutt
'
altro
che
un
lavoro
compiuto
,
e
può
offrire
materia
di
critica
anche
a
chi
professi
in
genere
gli
stessi
principii
)
,
si
vede
come
alla
più
parte
di
questi
critici
manchi
la
nozione
esatta
del
procedimento
dialettico
.
Le
contraddizioni
che
essi
notano
non
sono
le
contraddizioni
del
libro
col
libro
stesso
,
non
sono
le
infedeltà
dell
'
autore
alle
sue
premesse
e
promesse
:
ma
sono
le
stesse
condizioni
antitetiche
della
produzione
capitalistica
,
che
,
enunciate
in
formule
,
si
presentano
allo
spirito
pensante
come
contraddizioni
.
Rata
media
di
profitto
in
ragione
della
quantità
assoluta
del
capitale
impiegato
,
e
,
cioè
,
indipendentemente
dalla
varia
composizione
sua
,
ossia
dalla
proporzione
fra
capitale
costante
e
capitale
variabile
;
-
prezzi
che
si
costituiscono
sul
mercato
per
via
di
medie
,
che
oscillano
con
assai
difforme
oscillazione
intorno
al
valore
,
e
da
questo
si
dilungano
;
-
interesse
puro
e
semplice
del
danaro
posseduto
come
tale
,
e
abbandonato
a
prestito
all
'
industria
degli
altri
;
-
rendita
della
terra
,
cioè
di
ciò
che
non
fu
mai
prodotto
di
alcun
lavoro
;
-
queste
ed
altre
smentite
alla
così
detta
legge
del
valore
(
-
gli
è
proprio
quel
termine
di
legge
che
imbroglia
i
cervelli
di
molti
!
-
)
son
le
antitesi
stesse
del
sistema
capitalistico
.
Queste
antitesi
,
ossia
l
'
irrazionale
,
che
,
malgrado
che
paia
irrazionale
,
esiste
-
a
cominciare
dal
primissimo
irrazionale
,
che
cioè
il
lavoro
del
lavoratore
salariato
renda
a
chi
lo
piglia
a
mercede
un
prodotto
superiore
al
costo
(
salario
)
-
questo
vasto
sistema
delle
contraddizioni
economiche
(
per
tale
espressione
sia
reso
onore
a
Proudhon
!
)
è
ciò
che
ai
socialisti
sentimentali
,
ai
socialisti
semplicemente
ragionatori
,
e
poi
via
via
ai
declamatori
radicali
,
apparisce
come
l
'
insieme
delle
ingiustizie
sociali
:
-
di
quelle
ingiustizie
,
che
la
onesta
gente
fra
i
riformatori
vorrebbe
eliminare
con
degli
onesti
ragionamenti
di
legge
!
Chi
confronti
ora
,
alla
distanza
di
cinquanta
anni
,
la
trattazione
di
coteste
antinomie
concrete
nel
III
volume
del
Capitale
con
la
Misère
de
la
philosophie
,
è
bene
in
grado
di
riconoscere
in
che
consista
il
filo
dialettico
della
trattazione
.
Le
antinomie
,
che
Proudhon
volea
astrattamente
risolvere
(
e
per
tale
errore
egli
ha
un
posto
nella
storia
)
come
ciò
che
la
ragion
ragionante
condanna
in
nome
della
giustizia
,
sono
in
fatti
le
condizioni
della
struttura
stessa
,
in
guisa
che
la
contraddizione
è
nella
stessa
ragion
d
'
essere
del
processo
.
L
'
irrazionale
considerato
come
un
momento
del
processo
stesso
,
mentre
ci
libera
dal
semplicismo
della
ragione
astratta
,
ci
mostra
,
al
tempo
medesimo
,
la
presenza
della
negatività
rivoluzionaria
nello
stesso
grembo
della
forma
storica
relativamente
necessaria
.
Comunque
sia
di
cotesta
assai
grave
ed
intricatissima
questione
di
concezione
processuale
,
che
io
non
oserei
di
trattare
a
fondo
come
l
'
incidente
di
una
lettera
,
sta
il
fatto
,
che
non
è
dato
ad
alcuno
di
distrarre
le
premesse
,
gli
andamenti
metodici
,
le
illazioni
e
le
conclusioni
di
quell
'
opera
,
dalla
materia
in
cui
si
svolge
e
dalle
condizioni
di
fatto
cui
si
riferisce
,
per
ridurne
la
dottrina
in
una
specie
di
volgata
o
di
precettistica
per
la
interpretazione
della
storia
di
qualunque
tempo
e
luogo
.
Né
si
può
dar
frase
più
scipita
e
ridicola
di
quella
che
proclama
il
Capitale
la
Bibbia
del
socialismo
.
Già
,
la
Bibbia
,
che
è
un
insieme
di
libri
religiosi
e
di
trattazioni
teologiche
,
l
'
hanno
fatta
i
secoli
!
E
ci
fosse
pure
la
Bibbia
,
col
solo
socialismo
i
socialisti
non
diverrebbero
onniscienti
!
Il
marxismo
-
giacché
questo
nome
è
oramai
adottabile
come
simbolo
e
compendio
di
un
molteplice
indirizzo
e
di
una
complessa
dottrina
-
non
è
e
non
rimarrà
tutto
rinchiuso
negli
scritti
di
Marx
e
di
Engels
.
Ci
vorrà
,
anzi
,
molto
,
prima
che
esso
divenga
la
dottrina
piena
e
completa
di
tutte
le
fasi
storiche
già
ridotte
alle
rispettive
forme
della
produzione
economica
,
e
regola
al
tempo
istesso
della
politica
.
A
ciò
fare
occorre
,
o
studio
accuratamente
nuovo
di
fonti
,
per
chi
voglia
ingegnarsi
a
studiare
il
passato
secondo
l
'
angolo
visuale
della
nuova
veduta
storico
-
genetica
,
o
speciali
attitudini
di
orientazione
politica
in
chi
voglia
praticamente
operare
al
presente
.
Come
quella
dottrina
è
in
sé
la
critica
,
così
non
può
essere
continuata
,
applicata
e
corretta
,
se
non
criticamente
.
Come
si
tratta
di
appurare
e
di
approfondire
determinati
processi
,
così
non
c
'
è
catechismi
che
tenga
,
non
c
'
è
generalizzazioni
schematiche
che
valgano
.
Ne
ho
fatto
la
prova
io
quest
'
anno
.
Mi
proposi
di
trattare
all
'
Università
della
condizione
economica
dell
'
Italia
superiore
e
media
in
su
la
fine
del
XIII
,
e
in
sul
cominciamento
del
XIV
secolo
,
col
principale
intento
di
spiegare
l
'
origine
del
proletariato
di
campagna
e
di
città
,
per
trovar
poscia
una
qualche
prammatica
spiegazione
al
sorgere
di
certe
agitazioni
comunistiche
,
e
per
dichiarare
da
ultimo
le
vicende
assai
oscure
della
eroica
vita
di
Fra
Dolcino
.
Fu
certo
intento
mio
d
'
essere
e
rimanere
marxista
;
ma
non
posso
non
prendere
sotto
la
mia
responsabilità
personale
le
cose
che
dissi
a
mio
rischio
e
pericolo
,
perché
le
fonti
su
le
quali
mi
toccava
di
lavorare
son
quelle
che
maneggiano
tutti
gli
altri
storici
,
d
'
ogni
altra
scuola
o
indirizzo
,
e
a
Marx
non
aveva
niente
da
chiedere
,
poiché
lui
non
aveva
niente
da
offrirmi
nella
fattispecie
.
Mi
par
quasi
di
aver
risposto
sufficientemente
-
sebbene
per
altri
rispetti
mi
tocchi
di
continuare
-
alla
domanda
principale
che
ricorre
non
solo
nella
vostra
Prefazione
,
alla
quale
io
specialmente
mi
riferisco
,
ma
in
parecchi
dei
vostri
scritti
inseriti
nel
Devenir
Social
.
La
vostra
domanda
s
'
aggira
sempre
su
questo
punto
:
per
quali
ragioni
il
materialismo
storico
ebbe
fino
ad
ora
così
poca
diffusione
e
così
scarso
sviluppo
?
Con
riserva
delle
cose
che
dirò
in
seguito
-
guardate
che
bella
minaccia
di
ulteriore
seccatura
io
vi
faccio
-
voi
non
dovreste
trovar
fatica
a
rispondere
ad
un
'
altra
domanda
,
che
vi
siete
fatta
,
specie
nello
scrivere
ceste
recensioni
,
e
che
suona
a
un
di
presso
così
-
almeno
in
tali
termini
la
tradurrei
io
-
:
come
va
che
in
tale
imperfetta
cognizione
ed
elaborazione
del
marxismo
,
tanti
si
sono
affannati
a
completarlo
,
ora
con
Spencer
,
ora
col
positivismo
in
genere
,
ora
con
Darwin
,
ora
con
ogni
altro
ben
di
dio
,
dando
segno
di
volere
,
chi
sa
mai
,
o
italianizzare
,
o
infranciosare
,
o
russificare
il
materialismo
storico
;
mostrando
,
vale
a
dire
,
di
dimenticare
due
cose
,
che
questa
dottrina
reca
in
se
stessa
le
condizioni
e
i
modi
della
sua
propria
filosofia
,
ed
è
,
cosi
nella
origine
come
nella
sostanza
,
intimamente
internazionale
?
Ma
anche
per
questo
riguardo
mi
tocca
di
continuare
.
III
.
Roma
,
10
maggio
'97
Se
i
due
autori
del
socialismo
scientifico
(
-
adopero
cotesta
espressione
non
senza
tema
,
che
il
mal
uso
che
se
ne
va
facendo
possa
averla
resa
in
certo
qual
modo
presso
che
risibile
specie
quando
è
usata
a
significare
un
certo
che
di
scienza
universale
-
)
fossero
stati
,
non
dirò
santi
di
vecchia
leggenda
,
ma
per
lo
meno
facitori
di
progetti
e
di
sistemi
,
che
per
la
forma
classica
dai
precisi
contorni
si
prestassero
alla
facile
ammirazione
!
Nossignore
:
essi
furono
critici
e
polemisti
,
non
solo
nello
scrivere
,
ma
perfino
nell
'
atto
d
'
operare
,
e
non
esibirono
mai
le
proprie
persone
loro
e
le
proprie
idee
ad
esemplare
od
a
modello
:
dichiararon
sì
le
cose
stesse
,
ossia
i
procedimenti
storico
-
sociali
,
in
senso
rivoluzionario
,
ma
con
animo
di
chi
non
misuri
i
grandi
rivolgimenti
storici
alla
stregua
della
personale
e
fantastica
impulsività
.
Inde
le
irae
di
molti
!
Fossero
stati
per
lo
meno
di
quei
professori
umanissimi
,
che
scendono
di
tanto
in
tanto
dal
piedistallo
,
per
onorare
di
loro
consigli
il
misero
e
meschino
popolo
,
atteggiati
,
or
d
'
un
modo
or
d
'
un
altro
,
a
protettori
e
mecenati
della
question
sociale
!
Tutt
'
all
'
incontrario
:
-
identificando
se
stessi
con
la
causa
del
proletariato
,
essi
furono
tutt
'
una
cosa
sola
con
la
coscienza
e
con
la
scienza
della
rivoluzione
proletaria
.
Rivoluzionarii
per
ogni
rispetto
compiuti
(
ma
non
passionati
e
passionali
)
,
pur
nondimeno
non
suggerirono
mai
,
né
piani
combinatorii
,
né
artificii
politici
,
mentre
del
resto
spiegavano
teoreticamente
e
aiutavano
praticamente
la
nuova
politica
,
che
il
nuovo
movimento
operaio
indica
e
precisa
come
una
necessità
attuale
della
storia
.
In
altre
parole
,
e
può
sembrare
quasi
incredibile
,
furon
qualcosa
di
diverso
e
di
più
che
dei
semplici
socialisti
:
e
di
fatti
,
molti
non
più
che
semplici
socialisti
,
o
rivoluzionarii
ancor
più
semplici
,
li
ebbero
spesso
,
non
dirò
in
sospetto
,
ma
di
certo
in
uggia
e
in
avversione
.
Non
ci
sarebbe
da
finirla
a
volerle
enumerar
tutte
le
cagioni
,
che
per
lunghi
anni
ritardarono
la
discussione
obiettiva
del
marxismo
.
Voi
sapete
bene
che
in
Francia
il
materialismo
storico
è
tutt
'
ora
trattato
da
parecchi
scrittori
,
che
pur
sono
nell
'
ala
sinistra
dei
partiti
rivoluzionarii
,
non
come
usa
di
un
portato
dello
spirito
scientifico
,
sul
quale
la
critica
che
attinga
alla
scienza
abbia
,
come
ha
di
fatto
,
l
'
indubitabile
diritto
di
esercitarsi
,
ma
come
tesi
personale
di
due
scrittori
,
che
,
per
notevoli
o
grandi
che
si
fossero
,
rimangon
sempre
due
fra
gli
altri
capiscuola
del
socialismo
,
per
es
.
,
due
fra
i
tanti
X
(
)
dell
'
universo
!
Per
spiegarmi
meglio
,
dirò
,
che
contro
di
questa
dottrina
non
si
levarono
soltanto
tutte
quelle
buone
o
cattive
ragioni
,
le
quali
di
solito
tornan
di
ostacolo
e
d
'
indugio
alle
innovazioni
del
pensiero
,
proprio
fra
i
dotti
di
mestiere
;
perché
assai
spesso
,
anzi
,
le
obiezioni
nacquero
da
uno
speciosissimo
motivo
,
che
cioè
le
teorie
di
Marx
e
di
Engels
fossero
considerate
come
opinioni
di
compagni
,
e
misurate
quindi
al
sentimento
di
simpatia
o
di
antipatia
pratica
che
quei
compagni
destavano
.
Ecco
le
bizzarre
conseguenze
della
democrazia
prematura
,
che
non
ci
sia
dato
di
sottrarre
proprio
nulla
al
controllo
degl
'
incompetenti
,
nemmeno
la
logica
!
Ma
c
'
è
dell
'
altro
.
All
'
apparizione
del
primo
volume
del
Capitale
nel
1867
,
i
professori
e
gli
accademici
,
specie
quei
di
Germania
,
n
ebbero
come
un
grave
colpo
sul
capo
.
Era
quello
un
tempo
di
languore
per
la
scienza
economica
.
La
scuola
storica
non
avea
ancora
prodotto
in
Germania
i
ponderosi
e
spesso
utili
lavori
venuti
in
luce
più
tardi
.
In
Francia
,
in
Italia
,
nella
Germania
stessa
,
menavano
vita
rachitica
i
derivati
volgarissimi
di
quella
economia
vulgaris
,
che
fra
il
'40
e
il
'6o
avea
già
obliterata
la
coscienza
critica
dei
grandi
economisti
classici
.
L
'
Inghilterra
s
'
era
acquetata
in
Stuart
Mill
;
il
quale
,
sebbene
fosse
un
loico
di
professione
,
come
accade
d
'
un
noto
tipo
della
nostra
commedia
,
fra
il
sì
e
il
no
rimase
sempre
,
nei
punti
decisivi
,
del
parer
contrario
.
Nessuno
avrebbe
pensato
a
quel
tempo
a
questa
neo
-
economica
degli
edonisti
,
sorta
ora
assai
di
recente
.
In
Germania
,
dove
,
per
ragioni
evidenti
,
prima
che
altrove
Marx
dovea
esser
letto
,
e
dove
Rodbertus
rimaneva
quasi
ignorato
,
spadroneggiavano
i
genii
della
mediocrità
,
e
sopra
tutti
gli
altri
quel
famoso
emarginatore
di
note
erudite
e
minute
,
via
via
apposte
a
paragrafi
pieni
zeppi
di
definizioni
nominali
e
spesso
insensate
,
che
fu
il
signor
Roscher
.
Il
primo
volume
del
Capitale
parea
proprio
fatto
a
posta
per
preparare
ai
cervelli
dei
professori
e
degli
accademici
una
triste
delusione
:
essi
,
i
dotti
en
titre
,
proprio
nel
privilegiato
paese
dei
pensatori
,
dovean
tornare
a
scuola
!
O
smarriti
nei
minuti
particolari
della
erudizione
,
o
vogliosi
di
convertire
l
'
economia
in
una
scuola
di
apologetica
,
o
imbarazzati
a
trovare
le
plausibili
applicazioni
di
una
scienza
venuta
d
'
oltre
mare
alla
vita
assai
difforme
del
proprio
paese
,
tutti
cotesti
professori
della
terra
dei
dotti
per
eccellenza
aveano
dimenticata
l
'
arte
dell
'
analisi
e
della
critica
.
Il
Capitale
li
costringeva
a
studiar
daccapo
;
cioè
a
rifarsi
su
gli
elementi
primi
.
Perché
quel
libro
,
quantunque
uscito
dalla
penna
di
un
comunista
estremo
e
risoluto
,
non
recava
tracce
in
sé
di
proteste
o
di
progetti
subiettivi
,
ma
era
l
'
analisi
spietatamente
rigorosa
e
crudelmente
obiettiva
del
processo
della
produzione
capitalistica
.
Nel
giornalista
rivoluzionario
del
1848
,
nell
'
espatriato
del
1849
c
'
era
,
dunque
,
qualcosa
di
assai
più
terribile
che
non
la
continuazione
o
il
complemento
di
quel
socialismo
,
che
la
letteratura
borghese
di
tutto
il
mondo
avea
definito
sogno
da
trapassati
,
e
vicenda
politica
esaurita
del
tutto
,
dopo
la
caduta
del
Cartismo
,
e
dacché
trionfava
in
Francia
il
sinistro
uomo
del
Colpo
di
stato
.
Bisognava
,
dunque
,
ristudiare
l
'
economia
:
cioè
,
questa
rientrava
in
un
periodo
critico
.
A
onor
del
vero
,
i
professori
di
Germania
,
più
tardi
,
e
cioè
dal
'70
in
poi
,
e
con
crescendo
dall'80
in
qua
,
alla
revisione
critica
dell
'
economia
ci
hanno
atteso
con
la
diligenza
,
con
la
persistenza
,
con
la
buona
volontà
,
con
la
laboriosità
,
che
i
dotti
di
quel
paese
rivelan
sempre
in
ogni
ramo
di
studii
.
Sebbene
quello
che
scrivono
non
possa
esser
quasi
mai
accettato
senz
'
altro
da
noi
,
gli
è
nondimeno
indubitato
,
che
per
opera
loro
fu
rimosso
nuovamente
il
terreno
dell
'
economia
,
fra
quelli
che
la
coltivano
da
professori
e
da
accademici
,
e
che
questa
disciplina
non
può
esser
più
ora
mandata
a
mente
come
una
ovvia
pigrorum
doctrina
.
Da
ultimo
,
il
nome
di
Marx
è
diventato
tanto
fashionable
,
da
risuonare
nelle
aule
accademiche
qual
tema
prediletto
di
critica
,
di
polemica
e
di
rimando
,
e
non
più
di
semplice
rimpianto
e
di
volgare
invettiva
.
Del
ricordo
di
Marx
è
tutta
inficiata
al
presente
la
letteratura
sociale
della
Germania
.
Ma
ciò
non
potea
accadere
nel
1867
.
Il
Capitale
venne
alla
luce
proprio
in
quel
tempo
,
nel
quale
la
Internazionale
cominciava
a
far
parlar
di
sé
,
e
a
breve
andare
apparve
terribile
,
non
solo
per
quello
che
intrinsecamente
essa
fu
,
e
per
ciò
che
sarebbe
di
fatti
diventata
,
senza
il
grave
colpo
che
le
venne
dalla
guerra
franco
-
prussiana
e
dal
tragico
incidente
della
Comune
,
ma
anche
per
le
focose
amplificazioni
di
alcuni
dei
suoi
componenti
,
e
per
le
mene
stupidamente
rivoluzionarie
di
parecchi
che
v
'
entrarono
da
intrusi
.
Non
era
forse
notorio
che
l
Indirizzo
inaugurale
dell
Associazione
dei
Lavoratori
(
del
quale
Indirizzo
non
è
socialista
che
non
abbia
tuttora
qualcosa
da
imparare
)
era
uscito
dalla
penna
di
Marx
;
e
non
s
avea
forse
ragione
di
attribuire
a
lui
gli
atti
e
le
deliberazioni
più
praticamente
e
politicamente
risolute
della
Internazionale
stessa
?
Ora
,
mentre
un
rivoluzionario
di
indubitata
lealtà
e
di
singolare
acume
,
quale
fu
Mazzini
,
potea
permettersi
di
confondere
la
Internazionale
,
cui
Marx
rivolgeva
l
'
opera
sua
,
con
l
'
Alleanza
Bakuniniana
,
che
maraviglia
c
è
,
se
i
professori
tedeschi
s
'
indugiassero
tanto
ad
entrare
nelle
vie
di
una
critica
dottrinale
con
l
'
autore
del
Capitale
?
Com
'
era
possibile
di
venire
così
presto
a
patti
di
discussione
,
a
tu
per
tu
,
con
un
uomo
,
che
,
mentre
era
,
per
così
dire
,
impiccato
in
effigie
in
tutte
le
leggi
d
'
eccezione
a
uso
Favre
e
consorti
,
ed
era
tenuto
qual
complice
morale
di
tutti
gli
atti
dei
rivoluzionarii
,
compresi
gli
errori
e
le
stravaganze
di
costoro
,
proprio
nel
medesimo
tempo
dava
alla
luce
un
libro
magistrale
,
qual
novello
Ricardo
,
che
studii
impassibile
i
procedimenti
economici
,
more
geometrico
?
Di
qui
un
curioso
metodo
di
polemica
,
cioè
una
specie
di
processo
alle
intenzioni
dell
'
autore
;
cioè
il
tentativo
di
dare
a
credere
,
che
quella
scienza
fosse
stata
,
come
a
dire
,
escogitata
per
colorire
delle
tendenze
:
insomma
,
per
molti
anni
,
la
polemica
tendenziosa
sostituita
all
'
analisi
obiettiva
(
)
.
Ma
il
peggio
gli
è
,
che
gli
effetti
di
cotesta
critica
grossolanamente
errata
si
fecero
sentire
proprio
nelle
menti
dei
socialisti
,
e
specie
in
quelle
della
gioventù
intellettuale
,
che
fra
il
'70
e
l'80
si
volse
alla
causa
del
proletariato
.
Molti
dei
focosi
rinnovatori
del
mondo
di
quel
tempo
lì
,
-
e
in
Germania
la
cosa
è
più
chiara
,
perché
ha
lasciato
tracce
di
sé
nelle
polemiche
del
partito
,
e
nella
minuta
letteratura
-
si
misero
su
la
via
di
proclamarsi
seguaci
delle
teorie
marxiste
,
pigliando
proprio
per
moneta
contante
il
marxismo
più
o
meno
inventato
dagli
avversarii
.
Il
caso
più
paradossale
di
tutta
la
equivocazione
sta
in
questo
:
che
i
correnti
alle
facili
illazioni
,
come
capita
anche
ora
ai
novellini
,
mescolando
allora
cose
vecchie
a
cose
nuove
,
credessero
,
che
la
teoria
del
valore
e
del
sopravvalore
,
come
si
presenta
di
solito
semplicizzata
in
facili
esposizioni
,
contenga
hic
et
nunc
il
canone
pratico
,
la
forza
impulsiva
,
anzi
la
morale
e
la
giuridica
legittimità
di
tutte
le
rivendicazioni
proletarie
.
Non
è
forse
una
grande
ingiustizia
,
che
milioni
e
milioni
di
uomini
sian
privati
del
frutto
del
loro
lavoro
?
L
'
enunciato
è
tanto
semplice
e
tanto
pietoso
,
che
tutte
le
nuove
bastiglie
dovranno
cadere
d
'
un
tratto
innanzi
alle
nuove
trombe
di
Gerico
,
scientificamente
intonate
!
Concorrevano
in
cotesta
così
spiccia
semplificazione
molti
degli
errori
teorici
di
Lassalle
;
così
quelli
che
gli
furon
proprii
per
relativa
inscienza
(
-
la
legge
ferrea
del
salario
!
ossia
una
mezza
verità
relativa
che
diventa
un
totale
errore
,
per
manco
di
circostanziata
specificazione
-
)
,
come
quelli
che
possono
dirsi
,
nel
caso
suo
,
espedienti
da
agitatore
(
-
le
famose
cooperative
sussidiate
dallo
stato
-
)
.
Del
resto
,
per
chi
si
metta
su
la
via
di
confinare
tutta
la
profession
di
fede
del
socialismo
nella
semplicissima
illazione
,
dallo
sfruttamento
riconosciuto
,
alla
rivendicazione
,
sicura
solo
perché
legittima
,
degli
sfruttati
,
non
ha
che
a
fare
un
passo
sul
terreno
assai
liscio
della
logichetta
,
per
ridurre
tutta
la
storia
del
genere
umano
ad
un
caro
di
coscienza
,
e
lo
svolgersi
successivo
di
tante
forme
di
vita
sociale
come
a
tante
variazioni
di
un
continuato
errore
di
contabilità
.
Fra
il
'70
e
l'80
,
e
poco
dopo
,
insomma
,
si
andò
formando
intorno
al
vago
concetto
di
un
certo
che
,
ossia
del
socialismo
scientifico
,
una
specie
di
neoutopismo
,
che
,
come
i
frutti
fuor
di
stagione
,
fu
veramente
insipido
.
E
che
altro
è
l
'
utopismo
,
cui
manchi
il
genio
di
Fourier
e
l
'
eloquenza
di
Considérant
,
se
non
cosa
da
ridere
?
Di
questo
neoutopismo
,
che
rifiorisce
di
tanto
in
tanto
anche
al
presente
,
se
ne
sa
non
poco
in
Francia
:
se
non
altro
per
le
lotte
sostenute
con
altre
sette
e
scuole
da
quei
valorosi
dei
nostri
amici
,
che
nel
programma
del
partito
operaio
rivoluzionario
intesero
e
seppero
pei
primi
condurre
il
socialismo
su
la
linea
della
cosciente
lotta
di
classe
,
e
della
progressiva
conquista
del
potere
politico
da
parte
del
proletariato
.
Solo
nell
'
esperienza
di
tale
giostra
pratica
,
solo
nello
studio
cotidiano
della
lotta
di
classe
,
solo
nella
prova
e
riprova
delle
forze
proletarie
raccolte
già
in
fascio
e
concentrate
,
ci
è
dato
di
verificare
,
les
chances
del
socialismo
:
se
no
,
si
è
e
si
rimane
utopisti
,
anche
nel
riverito
nome
di
Marx
.
Contro
di
cotesti
neoutopisti
,
non
altrimenti
che
contro
i
sopravvissuti
delle
vecchie
scuole
,
e
contro
le
varie
deviazioni
del
socialismo
contemporaneo
,
i
due
nostri
autori
aguzzaron
sempre
e
di
continuo
gli
strali
della
critica
.
Come
nella
loro
lunga
carriera
fecero
della
loro
scienza
la
guida
della
loro
pratica
,
e
dalla
loro
pratica
trassero
materia
e
indicazione
ad
una
più
approfondita
scienza
,
come
non
trattaron
mai
la
storia
qual
cavallo
da
inforcare
e
da
mettere
al
trotto
,
né
si
dettero
alla
ricerca
di
formule
atte
a
destare
le
momentanee
illusioni
;
così
furono
,
per
la
necessità
delle
cose
,
portati
a
misurarsi
in
critica
aspra
,
violenta
,
risoluta
,
con
tutti
quelli
,
che
agli
occhi
loro
apparivano
capaci
di
nuocere
al
movimento
proletario
.
Chi
non
ricorda
?
-
i
proudhonisti
per
esempio
,
di
qua
,
con
la
pretesa
di
distruggere
lo
stato
astraendone
ad
arte
,
come
chi
chiuda
gli
occhi
e
finga
di
non
vedere
;
-
di
là
quei
blanquisti
d
'
un
tempo
,
che
lo
stato
voleano
togliersi
in
mano
per
forza
,
per
poi
fare
la
rivoluzione
;
-
e
Bakunin
che
si
caccia
surrettiziamente
nell
'
Internazionale
,
e
costringe
gli
altri
a
scacciarnelo
;
-
e
poi
di
qua
e
di
là
la
pretesa
delle
tante
scuole
del
socialismo
,
e
la
concorrenza
di
tanti
capitani
!
Da
che
Marx
stritolò
in
una
verbale
polemica
l
'
ingenuo
Weitling
(
)
,
fino
alla
sua
terribile
critica
del
programma
di
Gotha
(
1875
)
,
apparsa
poi
invero
assai
tardivamente
(
1890
)
,
la
sua
vita
fu
una
continua
lotta
,
non
solamente
con
la
borghesia
e
con
la
politica
che
questa
rappresenta
,
ma
ancora
con
le
varie
correnti
,
o
rivoluzionarie
o
reazionarie
,
che
a
torto
o
per
rovescio
sono
andate
pigliando
il
nome
di
socialismo
.
Queste
lotte
si
acuirono
nella
Internazionale
,
e
dico
di
quella
di
gloriosa
memoria
,
che
lascia
fino
ad
oggi
traccia
così
grande
di
sé
in
tutta
l
'
azione
odierna
del
proletariato
,
e
non
della
caricatura
che
se
ne
fece
dappoi
.
Lo
strascico
maggiore
di
polemiche
contro
il
marxismo
,
ridotto
,
nella
fantasia
di
certi
critici
,
ad
una
semplice
varietà
di
scuola
politica
,
è
dovuto
alla
tradizione
di
quei
rivoluzionarii
,
che
,
specie
nei
paesi
latini
,
riconobbero
in
Bakunin
il
loro
duce
e
maestro
.
Gli
anarchisti
di
oggi
,
che
altro
ripetono
se
non
le
querimonie
e
gli
errori
di
quei
tempi
andati
?
Forse
venti
anni
addietro
,
fatta
eccezione
di
quei
dotti
,
che
rimasticano
a
casa
le
cose
lette
nei
libri
,
dei
due
fondatori
del
socialismo
scientifico
la
generalità
del
pubblico
italiano
non
risapea
,
se
non
quel
tanto
che
s
'
era
serbato
,
per
memoria
,
delle
invettive
di
Mazzini
e
delle
malignazioni
di
Bakunin
.
Ed
ecco
come
il
comunismo
critico
,
che
cosi
tardi
è
stato
ammesso
agli
onori
della
discussione
nella
cerchia
della
scienza
ufficiale
,
ha
avuto
contro
di
sé
,
nel
campo
del
socialismo
stesso
,
la
più
grave
delle
avversità
:
la
inimicizia
degli
amici
.
Tutte
coteste
difficoltà
,
o
furono
già
superate
,
o
sono
in
buona
parte
prossime
a
sparire
.
Non
per
la
virtù
intrinseca
delle
idee
,
che
non
ebbero
mai
né
piedi
per
andare
,
né
mani
per
afferrare
,
ma
per
il
solo
fatto
,
che
,
da
per
tutto
dove
son
nati
dei
partiti
socialistici
,
i
programmi
di
questi
partiti
sono
andati
assumendo
un
comune
indirizzo
,
è
da
ultimo
accaduto
,
che
i
socialisti
di
tutti
i
paesi
sian
venuti
a
collocarsi
,
per
la
imperiosa
suggestione
delle
cose
,
nell
'
angolo
visuale
del
Manifesto
dei
Comunisti
.
Non
vi
pare
che
io
sia
giunto
in
tempo
opportuno
a
scrivere
la
commemorazione
di
questo
?
Le
classi
degli
sfruttatori
van
facendo
alla
massa
degli
sfruttati
in
ogni
parte
del
mondo
condizioni
quasi
da
per
ogni
dove
identiche
:
ond
'
è
,
che
da
per
tutto
i
rappresentanti
attivi
di
questi
sfruttati
entrano
nelle
medesime
vie
di
agitazione
,
e
seguono
gli
stessi
criterii
di
propaganda
e
di
organizzazione
.
Ciò
molti
chiamano
marxismo
pratico
e
sia
!
Che
giova
di
litigar
su
le
parole
?
Quando
anche
il
marxismo
per
molti
si
riduca
alla
semplice
parola
,
anzi
alla
riverenza
per
il
ritratto
di
Marx
,
per
il
suo
busto
in
gesso
,
o
per
la
sua
effigie
sul
ciondolo
(
-
su
cotesti
innocenti
simboli
la
polizia
italiana
esercita
così
spesso
il
suo
buon
umore
-
)
,
il
fatto
è
che
cotesta
unità
simbolica
sta
a
significare
,
che
l
'
unirà
reale
è
per
lo
meno
avviata
,
e
che
il
proletariato
di
tutto
il
mondo
è
in
atto
di
avvicinarsi
,
poco
per
volta
,
ad
una
certa
similarità
di
tendenze
;
ossia
che
in
esso
la
internazionalità
si
elabora
di
lunga
mano
per
ragioni
obiettive
.
Coloro
che
usano
il
linguaggio
dei
decadenti
della
borghesia
,
scambiando
,
com
'
è
loro
uso
,
la
cosa
col
simbolo
,
vanno
ora
dicendo
,
che
questo
è
il
trionfo
del
signor
Marx
;
tal
quale
come
se
altri
dicesse
,
che
il
cristianesimo
è
il
trionfo
(
e
perché
non
dire
a
dirittura
il
successo
?
)
del
signor
Gesù
di
Nazaret
;
di
un
signor
Gesù
,
che
,
deposto
e
destituito
dalla
qualità
di
figlio
di
dio
fattosi
uomo
,
divenga
,
come
nello
stile
tra
il
molle
e
lo
sdilinquito
del
vostro
Renan
un
uomo
così
fanciullescamente
divino
da
parere
un
iddio
.
Innanzi
a
questo
esperimento
intuitivo
della
politica
del
socialismo
,
il
che
è
quanto
dire
della
politica
del
proletariato
,
son
cadute
le
vecchie
divergenze
delle
scuole
,
alcune
delle
quali
erano
in
fatto
divarii
e
screziature
di
vanità
letteraria
,
per
cedere
il
posto
alle
utili
divergenze
,
che
nascono
spontanee
dal
vario
modo
di
trattare
i
problemi
pratici
.
Nel
fatto
,
in
concreto
,
ossia
nello
svolgimento
positivo
e
prosaico
del
socialismo
,
poco
importa
se
tutti
i
suoi
capi
,
condottieri
,
oratori
e
rappresentanti
si
conformino
o
non
si
conformino
ad
una
dottrina
,
e
ne
facciano
o
non
ne
facciano
professione
palese
.
Il
socialismo
non
è
una
chiesa
,
né
una
setta
,
cui
occorra
il
dogma
o
la
formula
fissa
.
Se
oggi
da
molti
si
parla
del
trionfo
del
marxismo
,
cotesta
enfatica
espressione
,
quando
sia
ridotta
ad
una
forma
crudamente
prosaica
,
viene
a
dire
che
nessuno
può
essere
d
'
ora
innanzi
socialista
,
se
non
a
patto
di
domandarsi
ogni
istante
:
in
questa
data
situazione
,
che
cosa
conviene
di
pensare
,
di
dire
o
di
fare
nell
'
interesse
del
proletariato
?
Non
saran
più
possibili
i
dialettici
,
che
siano
in
verità
dei
sofisti
,
come
fu
Proudhon
,
né
gl
inventori
di
sistemi
sociali
subiettivi
,
né
i
facitori
di
rivoluzioni
private
(
)
.
La
indicazione
pratica
del
fattibile
è
data
dalla
condizione
del
proletariato
,
e
questa
è
apprezzabile
e
misurabile
appunto
perché
c
'
è
la
stregua
del
marxismo
(
intendo
qui
la
cosa
effettuale
e
non
il
simbolo
)
come
dottrina
progressiva
.
Le
due
cose
,
ossia
il
misurabile
e
la
misura
,
fanno
uno
dal
punto
di
vista
generale
del
processo
storico
,
specie
quando
siano
considerate
a
conveniente
distanza
.
E
vedete
di
fatti
,
che
,
mentre
i
contorni
del
socialismo
come
azione
pratica
si
vanno
precisando
,
tutte
le
antiche
poesie
e
ideologie
si
disperdono
,
lasciando
dietro
di
sé
la
semplice
traccia
fraseologica
.
Al
tempo
stesso
è
cresciuto
nel
campo
della
scienza
accademica
,
per
tutti
i
versi
e
in
tutti
i
sensi
,
il
criticismo
della
dottrina
economica
.
L
'
esule
Marx
è
tornato
,
dopo
morto
,
nell
'
ambito
della
scienza
ufficiale
;
per
lo
meno
come
avversario
col
quale
non
sia
lecito
di
scherzare
.
E
come
per
tante
vie
i
socialisti
sono
arrivati
alla
coscienza
prosaica
di
una
rivoluzione
,
che
non
può
esser
macchinata
,
ma
che
si
fa
perché
diventa
,
così
s
'
è
andato
lentamente
preparando
il
pubblico
,
per
il
quale
il
materialismo
storico
risponde
a
un
vero
e
proprio
bisogno
intellettuale
.
Negli
ultimissimi
anni
,
come
vedete
,
furon
molti
quelli
che
in
questa
dottrina
han
messo
bocca
;
sia
pur
male
,
od
a
sproposito
.
Dunque
,
se
guardate
bene
,
non
si
arriva
in
ritardo
.
Da
giovane
io
sentii
più
volte
ripetere
questa
storiella
,
che
,
cioè
,
Hegel
dicesse
:
un
solo
dei
miei
scolari
mi
ha
capito
.
La
storiella
non
si
presta
a
verifiche
,
perché
quel
tale
scolaro
verissimo
non
fu
fino
ad
ora
identificato
.
Questa
storiella
può
ripetersi
all
'
infinito
,
da
sistema
a
sistema
,
e
da
scuola
a
scuola
.
Come
in
fatto
di
attività
intellettuale
non
c
'
è
luogo
alla
suggestione
,
e
come
il
pensiero
non
si
trasfonde
meccanicamente
da
cervello
a
cervello
,
così
i
grandi
sistemi
non
si
diffondono
,
se
non
per
la
similarità
delle
condizioni
sociali
,
che
vi
dispongano
e
v
'
inclinino
molte
menti
in
uno
e
medesimo
tempo
.
Il
materialismo
storico
si
allargherà
,
si
diffonderà
,
si
specificherà
,
avrà
esso
stesso
una
storia
.
Forse
da
paese
a
paese
avrà
modalità
e
colorito
diverso
.
E
ciò
non
sarà
gran
male
;
purché
rimanga
in
fondo
il
nocciolo
,
che
n
'
è
,
come
a
dire
,
tutta
la
filosofia
.
Per
es
.
,
dei
postulati
come
questi
:
-
nel
processo
della
praxis
è
la
natura
,
ossia
l
'
evoluzione
storica
dell
'
uomo
:
-
e
dicendo
praxis
,
sotto
questo
aspetto
di
totalità
,
s
'
intende
di
eliminare
la
volgare
opposizione
tra
pratica
e
teoria
:
-
perché
,
in
altri
termini
,
la
storia
è
la
storia
del
lavoro
,
e
come
,
da
una
parte
,
nel
lavoro
così
integralmente
inteso
è
implicito
lo
sviluppo
rispettivamente
proporzionato
e
proporzionale
delle
attitudini
mentali
e
delle
attitudini
operative
,
così
,
da
un
'
altra
parte
,
nel
concetto
della
storia
del
lavoro
è
implicita
la
forma
sempre
sociale
del
lavoro
stesso
,
e
il
variare
di
tale
forma
:
-
l
'
uomo
storico
è
sempre
l
'
uomo
sociale
,
e
il
presunto
uomo
presociale
,
o
supersociale
,
è
un
parto
della
fantasia
:
-
e
così
via
.
E
...
qui
faccio
punto
,
principalmente
per
non
ripetermi
,
e
per
non
ripetere
a
voi
buona
parte
delle
cose
che
ho
messo
nei
due
saggi
:
-
del
che
voi
non
sentite
,
mi
pare
,
il
bisogno
,
e
io
,
veramente
,
nemmeno
.
IV
.
Roma
,
14
maggio
'97
Mi
pare
-
tanto
per
tornare
al
primitivo
argomento
-
che
a
voi
stia
in
cima
dei
pensieri
questa
domanda
:
per
quali
vie
,
e
in
quali
modi
,
sarebbe
dato
di
avviare
in
Francia
una
scuola
del
materialismo
storico
?
Non
so
se
sia
lecito
a
me
di
rispondere
al
quesito
,
senza
aver
l
'
aria
di
gareggiare
con
quei
giornalisti
di
vecchio
stampo
,
i
quali
davano
,
tanto
sicuri
di
sé
,
consigli
all
'
Europa
,
col
grave
rischio
di
rimanere
,
e
difatti
rimanevano
,
quasi
sempre
inascoltati
.
Mi
ci
proverò
modestamente
.
Innanzi
tutto
mi
sembra
non
debba
esser
cosa
difficile
si
trovino
in
Francia
editori
e
librai
,
i
quali
stampino
e
diffondano
delle
accurate
traduzioni
degli
scritti
di
Marx
,
di
Engels
,
e
di
quanti
altri
occorra
.
Sarebbe
,
per
cominciare
,
il
cominciamento
migliore
.
Capisco
che
nell
'
arte
del
tradurre
si
va
incontro
a
delle
curiose
difficoltà
.
Sono
oramai
trentasette
anni
dacché
leggo
in
tedesco
,
e
m
'
è
parso
sempre
di
osservare
,
che
a
noi
popoli
di
lingue
latine
capiti
addosso
uno
strano
smarrimento
delle
attitudini
linguistiche
e
letterarie
,
quante
volte
traduciamo
da
quell
'
idioma
.
Ciò
che
in
tedesco
è
vivo
,
trasparente
,
efficace
,
diventa
assai
spesso
,
per
es
.
,
in
italiano
,
frigido
,
senza
rilievo
,
e
qualche
volta
a
dirittura
come
di
gergo
.
In
coteste
traduzioni
,
parlo
s
'
intende
delle
comuni
e
correnti
,
va
perduto
,
con
gli
effetti
della
insinuazione
,
l
'
affiato
della
persuasiva
.
In
un
vasto
lavoro
di
popolarizzazione
,
com
'
è
quello
cui
accenno
,
occorrerebbe
,
salva
sempre
la
integrità
testuale
degli
scritti
da
tradurre
,
che
le
prefazioni
,
le
note
,
i
commenti
offrissero
i
surrogati
a
quel
facile
processo
di
assimilazione
,
che
è
implicito
e
pronto
già
nelle
scritture
,
le
quali
sian
native
del
paese
stesso
.
Le
lingue
non
sono
,
in
verità
,
le
accidentali
varianti
dell
universale
volapük
;
e
,
anzi
,
sono
assai
più
che
dei
semplici
mezzi
estrinseci
di
comunicazione
e
di
significazione
del
pensiero
e
dell
'
animo
.
Son
condizioni
e
limiti
dell
'
attività
nostra
interiore
,
la
quale
ha
per
ciò
,
come
per
tante
altre
ragioni
,
modi
e
forme
nazionali
non
di
mero
accidente
.
Se
ci
sono
internazionalisti
che
ciò
ignorino
,
costoro
han
da
chiamarsi
a
dirittura
confusionisti
ed
amorfisti
;
come
quelli
che
ritraggono
i
loro
insegnamenti
,
non
dai
vecchi
apocalittici
,
ma
da
quello
speciosissimo
Bakunin
,
che
invocava
per
fino
la
egalizzazione
dei
sessi
.
Dunque
,
nella
assimilazione
delle
idee
,
dei
pensieri
,
delle
tendenze
,
dei
propositi
,
che
sian
venuti
a
maturità
di
espressione
letteraria
in
terreno
di
lingue
straniere
,
c
'
è
come
un
caso
alquanto
scabroso
di
pedagogica
sociale
.
E
,
giacché
cotesta
espressione
m
è
uscita
dalla
penna
,
permettetemi
io
vi
contessi
,
che
quando
io
esamino
dappresso
la
storia
precedente
e
le
presenti
condizioni
della
Socialdemokratie
tedesca
,
non
è
l
'
incremento
continuo
dei
successi
elettorali
che
mi
riempia
proprio
principalmente
l
'
animo
di
ammirazione
e
di
viva
speranza
.
Più
che
almanaccare
su
quei
voti
come
arra
dell
'
avvenire
,
secondo
i
calcoli
qualche
volta
fallaci
della
illazione
e
della
combinatoria
statistica
,
mi
sento
ripieno
di
viva
ammirazione
per
questo
caso
veramente
nuovo
ed
imponente
di
pedagogica
sociale
:
e
,
cioè
,
che
in
così
stragrande
numero
di
uomini
,
e
segnatamente
di
operai
e
di
piccoli
borghesi
,
si
formi
una
coscienza
nuova
,
nella
quale
concorrono
,
in
egual
misura
,
il
sentimento
diretto
della
situazione
economica
,
che
induce
alla
lotta
,
e
la
propaganda
del
socialismo
,
inteso
come
meta
o
punto
d
'
approdo
.
Questa
divagazione
mi
fa
nascere
un
ricordo
.
Io
fui
qui
in
Italia
,
o
il
primo
,
o
certo
fra
i
primi
,
a
richiamare
,
con
lo
scritto
e
con
la
parola
,
più
volte
e
insistentemente
,
l
'
attenzione
di
quella
parte
degli
operai
nostri
,
che
erano
e
son
capaci
di
muoversi
su
la
linea
della
moderna
lotta
proletaria
,
verso
l
'
esempio
della
Germania
.
Ma
...
non
mi
passò
mai
per
il
capo
di
credere
,
che
l
'
imitazione
dispensi
alcuno
dalla
spontaneità
:
non
mi
son
mai
sognato
si
dovesse
seguire
l
'
esempio
di
quei
frati
e
preti
,
che
furon
per
secoli
i
quasi
esclusivi
educatori
dell
'
Italia
già
decaduta
,
e
allegramente
fabbricavano
i
poeti
,
dando
ad
imparare
a
mente
l
'
Arte
poetica
di
Orazio
.
Sarebbe
curioso
,
che
tu
,
benemerito
,
operosissimo
e
sagacissimo
Bebel
,
apparissi
qui
fra
noi
in
veste
di
novello
Orazio
!
-
ne
strabilierebbe
perfino
il
mio
amico
Lombroso
,
che
odia
il
latino
più
della
pellagra
.
C
'
è
delle
altre
difficoltà
più
intime
,
in
breve
,
e
di
maggior
portata
e
di
maggior
peso
.
Dato
pure
il
caso
che
editori
e
librai
,
abili
e
solerti
,
si
dessero
la
briga
di
diffondere
,
non
che
nella
sola
Francia
,
negli
altri
paesi
civili
ancora
,
le
traduzioni
di
tutti
gli
scritti
del
materialismo
storico
,
ciò
varrebbe
solo
a
stimolare
,
ma
non
già
a
formare
e
fermare
nelle
rispettive
nazioni
le
energie
fattive
,
che
producono
e
tengono
in
rigoglio
un
indirizzo
del
pensiero
.
Pensare
è
produrre
.
Imparare
è
produrre
riproducendo
.
Noi
non
sappiamo
bene
e
davvero
,
se
non
ciò
che
noi
stessi
siam
capaci
di
produrre
,
pensando
,
lavorando
,
provando
e
riprovando
;
e
sempre
per
virtù
delle
forze
che
ci
son
proprie
,
nel
campo
sociale
e
dall
'
angolo
visuale
in
cui
ci
troviamo
.
E
poi
la
Francia
,
con
la
sua
grande
storia
,
con
la
sua
letteratura
,
che
fu
così
dominante
per
secoli
,
con
la
sua
ambizione
patriottica
,
e
con
quella
sua
così
propria
differenziazione
etnico
-
psicologica
,
che
si
riflette
per
fino
nei
prodotti
più
astratti
del
pensiero
!
Non
starò
proprio
,
io
italiano
,
ad
assumermi
le
parti
di
difensore
di
quei
vostri
sciovinisti
,
ai
quali
voi
infliggete
così
meritato
biasimo
.
Ma
ricordiamo
pure
ciò
che
accadde
nel
secolo
passato
.
Il
pensiero
rivoluzionario
derivò
da
più
parti
del
mondo
civile
,
dall
'
Italia
,
dall
'
Inghilterra
,
dalla
Germania
,
ma
non
fu
europeo
,
se
non
a
patto
di
plasmarsi
in
ispirito
francese
;
e
la
rivoluzione
europea
fu
la
rivoluzione
francese
.
Questa
gloria
imperitura
della
vostra
nazione
pesa
,
come
tutte
le
glorie
su
la
nazione
stessa
,
quale
incubo
di
radicato
pregiudizio
.
Ma
i
pregiudizii
non
sono
anch
'
essi
delle
forze
,
se
non
altro
in
quanto
sono
degl
'
impedimenti
?
Parigi
non
sarà
più
il
cervello
del
mondo
;
anche
perché
il
mondo
non
ha
cervello
,
se
non
nella
fantasia
di
certi
speciosi
sociologisti
(
)
.
Né
Parigi
è
tuttora
,
né
sarà
più
in
avvenire
,
la
santa
Gerusalemme
dei
rivoluzionarii
d
'
ogni
parte
del
mondo
-
come
parve
un
tempo
che
fosse
.
Già
la
futura
rivoluzione
proletaria
non
avrà
niente
che
la
riavvicini
ad
apocalittico
millennio
:
e
poi
,
oggi
,
i
privilegi
son
finiti
non
meno
per
le
nazioni
che
per
gl
'
individui
.
Così
giustamente
osservava
l
'
Engels
;
e
del
resto
varrebbe
la
pena
che
i
francesi
leggessero
ciò
che
egli
scriveva
nel
1874
a
proposito
dei
blanquisti
,
aizzanti
all
'
immediata
riscossa
proprio
a
poco
andare
dalla
catastrofe
della
Comune
(
)
.
Ma
tutto
sommato
...
e
fatto
calcolo
delle
condizioni
proprie
dell
'
agricoltura
e
dell
'
industria
francese
,
le
quali
han
ritardato
per
tanto
tempo
la
concentrazione
del
movimento
operaio
,
e
data
pure
la
sua
buona
parte
di
torto
ai
varii
capisetta
e
capiscuola
,
che
tennero
per
così
gran
tempo
scisso
e
spartito
il
socialismo
francese
,
sta
sempre
il
fatto
,
che
il
materialismo
storico
non
potrà
farsi
strada
fra
voi
,
finché
avrà
l
'
aria
d
'
essere
il
semplice
elaborato
mentale
dei
due
tedeschi
di
grande
ingegno
.
Con
questa
espressione
Mazzini
appunto
acuiva
i
risentimenti
nazionali
contro
i
due
autori
;
i
quali
,
da
comunisti
e
materialisti
com
'
erano
,
parean
fatti
a
posta
per
iscombussolare
l
'
idealistica
formula
di
patria
e
dio
.
Fu
per
questo
rispetto
quasi
tragica
la
sorte
dei
due
fondatori
del
socialismo
scientifico
.
Passarono
più
volte
pei
due
tedeschi
agli
occhi
di
tanti
,
che
furon
sciovinisti
per
fino
fra
i
rivoluzionarii
,
anzi
passarono
per
organi
del
pangermanismo
nelle
invettive
di
quel
Bakunin
,
che
ebbe
l
'
animo
così
disposto
ad
inventare
...
per
non
dir
altro
:
essi
,
i
due
tedeschi
,
che
nella
patria
,
dalla
quale
usciron
da
esuli
fin
dagli
anni
della
prima
gioventù
,
incontrarono
lo
studiato
silenzio
di
quei
professori
,
ai
quali
è
atto
di
patriottismo
l
'
esercizio
del
servilismo
!
Quei
professori
,
in
fondo
,
si
vendicavano
.
Difatti
nel
Capitale
,
nel
quale
tutta
la
trattazione
s
'
inradica
nelle
tradizioni
della
economia
classica
,
non
esclusi
gli
scrittori
ingegnosi
e
spesso
geniali
che
ebbe
l
'
Italia
nel
secolo
XVIII
,
non
si
parla
se
non
con
sovrano
disprezzo
dei
signori
Roscher
e
compagni
.
Engels
,
che
con
tanta
cura
e
con
tanta
abilità
di
ampliamenti
espositivi
si
sforzò
di
rendere
popolari
i
resultati
delle
ricerche
dell
'
americano
Morgan
,
chiuso
com
'
era
nella
persuasione
,
che
ciò
che
egli
giustamente
chiamava
filosofia
classica
fosse
giunta
alla
sua
dissoluzione
in
Feuerbach
,
scrivendo
l
'
Antidühring
mostrò
noncuranza
,
dirò
francamente
eccessiva
,
per
la
filosofia
contemporanea
(
-
noncuranza
spiegabile
in
lui
,
ma
non
scusabile
,
anzi
ridicola
,
negli
altri
socialisti
,
che
per
imitazione
l
'
affettano
-
)
,
ossia
per
la
neocritica
dei
suoi
connazionali
.
Cotesta
sorte
tragica
fu
come
insita
alla
missione
loro
.
Essi
furon
con
l
'
animo
e
con
la
mente
rivolti
del
tutto
alla
causa
del
proletariato
d
'
ogni
nazione
:
e
perciò
i
prodotti
della
scienza
loro
hanno
in
ogni
nazione
quel
pubblico
soltanto
,
che
vi
si
vada
reclutando
tra
quelli
che
sian
capaci
di
una
consona
rivoluzione
intellettuale
.
In
Germania
,
ove
per
condizioni
storiche
speciali
,
e
soprattutto
perché
la
borghesia
non
v
'
è
mai
riuscita
a
spezzare
per
intero
la
compagine
dell
'
Ancien
Régime
(
vedete
che
quell
'
imperatore
può
tenervi
impunemente
il
linguaggio
d
'
un
vice
-
nume
,
e
non
è
poi
in
verità
che
un
Federico
Barbarossa
fattosi
commesso
viaggiatore
dell
'
in
German
made
)
,
la
democrazia
sociale
s
'
è
ridotta
e
fermata
in
serrata
falange
,
era
ben
naturale
che
le
idee
del
socialismo
scientifico
trovassero
favorevole
il
terreno
alla
normale
e
progressiva
diffusione
loro
.
Ma
nessuno
dei
socialisti
tedeschi
-
spero
almeno
-
si
sognerà
mai
di
considerare
le
idee
di
Marx
e
di
Engels
al
semplice
ragguaglio
dei
diritti
e
dei
doveri
,
dei
meriti
e
dei
demeriti
,
dei
Camarades
de
Parti
.
Ecco
per
es
.
che
cosa
Engels
scriveva
,
e
non
è
gran
tempo
(
)
:
Si
noterà
come
in
tutti
questi
articoli
io
mi
chiami
,
non
democratico
-
sociale
,
ma
comunista
.
E
ciò
perché
a
quel
tempo
si
davano
il
nome
di
democratici
sociali
,
in
molti
paesi
,
di
quelli
che
non
aveano
scritto
su
la
loro
bandiera
l
'
appropriazione
di
tutti
i
mezzi
di
produzione
da
parte
della
società
.
Per
democratico
-
sociale
s
'
intendeva
in
Francia
un
repubblicano
democratico
,
che
avesse
delle
simpatie
più
o
meno
genuine
,
ma
che
rimanevano
pur
sempre
indeterminate
,
per
la
classe
operaia
;
gente
,
insomma
,
come
Ledru
-
Rollin
del
1848
,
e
come
i
radicali
socialisti
del
1874
,
che
erano
intinti
di
proudhonismo
.
In
Germania
chiamavansi
democratici
-
sociali
i
lassalliani
:
ma
,
sebbene
la
gran
massa
di
essi
andasse
a
grado
a
grado
riconoscendo
la
necessità
della
socializzazione
dei
mezzi
di
produzione
,
pur
nondimeno
le
cooperative
di
produzione
,
sussidiate
dallo
stato
rimanevano
il
punto
essenziale
del
programma
del
partito
nella
sua
azione
pubblica
.
Era
dunque
per
me
e
per
Marx
assolutamente
impossibile
di
scegliere
un
termine
di
tale
elasticità
a
designazione
dei
nostro
specifico
punto
di
vista
.
Oggi
è
tutt
'
altro
,
e
la
parola
può
passare
;
sebbene
sia
pur
sempre
disadatta
a
significare
un
partito
il
cui
programma
è
,
non
genericamente
socialistico
,
ma
direttamente
comunistico
,
e
la
cui
finale
meta
politica
è
di
superare
ogni
forma
di
stato
,
e
quindi
anche
la
democrazia
.
I
patrioti
-
e
non
uso
punto
a
dileggio
cotesta
parola
-
hanno
,
mi
pare
,
di
che
consolarsi
e
confortarsi
.
Non
è
detto
in
conclusione
che
il
materialismo
storico
sia
il
patrimonio
intellettuale
di
una
sola
nazione
,
o
che
debba
rimanere
in
privilegio
d
'
una
clique
,
d
'
una
consorteria
o
d
'
una
setta
.
Esso
,
innanzi
tutto
,
appartiene
nella
sua
origine
obiettiva
alla
Francia
,
all
'
Inghilterra
e
alla
Germania
,
in
eguale
misura
.
Non
starò
qui
a
ripetere
ciò
che
dissi
in
altra
lettera
,
della
forma
di
pensiero
che
derivossi
nella
mente
dei
nostri
due
autori
per
lo
stadio
a
cui
era
giunta
,
nella
loro
giovinezza
,
la
coltura
intellettuale
dei
tedeschi
,
e
la
filosofia
in
ispecie
,
mentre
l
'
hegelismo
appunto
,
o
si
perdeva
nei
rigagnoli
di
una
nuova
scolastica
,
o
dava
luogo
ad
un
nuovo
e
più
poderoso
criticismo
.
Ma
era
pur
lì
la
grande
industria
inglese
con
tutte
le
miserie
che
l
'
accompagnavano
,
e
col
contraccolpo
ideologico
di
Owen
,
e
con
quello
pratico
dell
'
agitazione
cartista
.
Ma
eran
pur
lì
le
scuole
del
socialismo
francese
,
e
la
tradizione
rivoluzionaria
dell
'
Occidente
,
che
si
derivava
già
nelle
forme
del
comunismo
d
'
indole
modernamente
proletaria
.
Che
cos
'
è
il
Capitale
,
se
non
la
critica
di
quella
economia
,
che
,
come
rivoluzione
pratica
e
come
rappresentazione
teorica
di
questa
stessa
rivoluzione
,
era
venuta
a
piena
maturità
nella
sola
Inghilterra
,
fin
verso
il
'60
,
e
in
Germania
cominciava
appena
?
Che
cosa
è
il
Manifesto
dei
Comunisti
,
se
non
la
chiusa
e
la
esplicazione
del
socialismo
,
o
latente
,
o
palese
nei
movimenti
operai
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
?
Ma
tutte
queste
cose
furono
continuate
e
portate
a
compimento
di
critica
,
la
filosofia
di
Hegel
non
esclusa
,
con
quella
critica
immanente
,
che
è
la
dialettica
con
le
sue
inversioni
;
ossia
,
per
via
di
quel
negare
,
che
non
è
contenziosa
e
avvocatesca
contrapposizione
di
concetto
a
concetto
,
di
opinione
ad
opinione
,
ma
che
invece
invera
ciò
che
nega
,
perché
in
ciò
che
nega
e
supera
,
trova
o
la
condizione
(
di
fatto
)
,
o
la
premessa
(
concettuale
)
del
procedere
stesso
(
)
.
Francia
e
Inghilterra
possono
ripigliare
,
senza
parere
che
compiano
un
atto
di
mera
imitazione
,
la
loro
parte
nella
elaborazione
del
materialismo
storico
.
Perché
i
francesi
non
avrebbero
oramai
da
scrivere
dei
libri
veramente
critici
su
Fourier
e
Saint
-
Simon
,
in
quanto
furono
,
e
nella
misura
in
cui
furono
,
veri
precursori
del
socialismo
contemporaneo
?
Non
c
è
occasione
a
lavorare
letterariamente
sui
moti
rivoluzionarii
dal
1830
al
1848
,
in
modo
si
veda
,
che
la
dottrina
del
Manifesto
non
fu
la
negazione
di
quelli
,
ma
il
loro
aboutissant
è
risolvente
?
A
riscontro
di
quel
18
Brumaio
di
Marx
,
che
,
pur
essendo
uno
scritto
genialissimo
,
e
nell
'
intento
suo
insuperabile
,
riman
sempre
un
opuscolo
di
occasione
e
di
tinta
pubblicistica
,
non
sarebbe
il
caso
di
comporre
una
meditata
storia
del
Colpo
di
stato
?
Ma
la
Comune
non
aspetta
ancora
la
sua
definitiva
trattazione
critica
?
Ma
la
Grande
Rivoluzione
,
intorno
alla
quale
esiste
una
letteratura
colossale
,
quanto
all
'
insieme
,
e
singolarmente
minutissima
quanto
ai
particolari
,
fu
mai
fino
ad
ora
trattata
a
fondo
in
tutto
l
'
intrinseco
del
sommovimento
delle
classi
che
vi
presero
parte
,
e
come
caso
esemplare
di
sociologia
economica
?
A
farla
breve
,
tutta
la
storia
moderna
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
non
offre
essa
forse
agli
studiosi
un
più
largo
e
sicuro
capitolo
d
'
illustrazioni
al
materialismo
storico
,
di
quello
che
non
potessero
fino
a
poco
tempo
fa
offrirlo
le
condizioni
della
Germania
?
Queste
furono
,
nel
fatto
,
dalla
guerra
dei
trent
anni
in
poi
,
grandemente
intricate
pei
sopraggiunti
impedimenti
allo
sviluppo
,
e
nelle
teste
di
quelli
,
che
sopra
luogo
le
osservarono
,
rimasero
quasi
sempre
come
involute
in
varie
specie
di
nebulosità
ideologica
-
nebulosità
che
muoverebbe
a
riso
i
cronisti
fiorentini
del
secolo
XIV
.
Mi
son
fermato
su
questi
particolari
,
non
per
darmi
l
'
aria
di
consigliere
della
Francia
,
ma
per
aver
modo
di
osservare
da
ultimo
,
che
,
data
la
forma
dei
cervelli
di
lingue
latine
,
non
è
cosa
agevole
il
fare
entrare
in
essi
le
nuove
idee
,
se
altri
s
'
indugi
a
rappresentarle
esclusivamente
come
forme
astratte
del
pensiero
;
mentre
riescono
a
penetrarvi
,
con
pronto
e
suggestivo
effetto
,
quando
vengano
plasmate
in
racconti
e
in
esposizioni
,
che
in
qualche
modo
rassomiglino
ai
prodotti
dell
'
arte
.
Torno
per
un
momento
su
la
questione
del
tradurre
.
L
'
Antidühring
è
il
libro
che
prima
di
ogni
altro
conviene
che
entri
nella
circolazione
internazionale
.
Pochi
libri
io
conosco
,
che
possano
stargli
a
paro
,
per
densità
di
pensiero
,
per
molteplicità
di
punti
di
vista
,
per
duttilità
di
penetrazione
suggestiva
.
Può
essere
una
medicina
mentis
per
la
gioventù
intellettuale
,
che
di
solito
si
volge
,
incerta
di
sé
e
con
criterii
assai
vaghi
,
a
ciò
che
genericamente
ha
nome
di
socialismo
:
e
così
fu
nel
tempo
in
cui
apparve
,
come
ne
andò
scrivendo
un
tre
anni
fa
il
Bernstein
,
in
una
specie
di
commemorazione
pubblicata
nella
Neue
Zeit
.
Nella
letteratura
socialistica
rimane
quello
il
libro
insuperato
.
Ma
quel
libro
non
è
tetico
,
anzi
è
antitetico
.
Salvo
i
brani
isolabili
,
come
son
quelli
i
quali
presero
corpo
di
opuscolo
per
sé
stante
,
che
fa
da
un
pezzo
il
giro
del
mondo
(
Del
passaggio
del
socialismo
dall
'
utopia
alla
scienza
)
,
quel
libro
ha
a
suo
filo
conduttore
la
critica
del
signor
Dühring
,
in
quanto
ei
fu
inventore
di
una
filosofia
e
d
'
un
socialismo
a
modo
suo
.
Or
qual
persona
,
che
non
viva
nella
cerchia
dei
professanti
scienza
,
e
quanti
non
tedeschi
hanno
proprio
il
dovere
d
interessarsi
del
signor
Dühring
?
Ogni
nazione
ha
,
pur
troppo
,
i
suoi
Dühring
.
Un
Engels
di
altra
nazione
,
chi
sa
quali
altri
anti
-
chi
sa
che
cosa
avrebbe
scritto
o
scriverebbe
.
L
'
effetto
vero
di
quel
libro
mi
pare
debba
esser
questo
su
i
socialisti
di
altri
paesi
e
lingue
,
che
li
abiliti
a
fornirsi
di
quelle
attitudini
critiche
,
che
giovano
per
iscrivere
tutti
gli
altri
anti
-
x
occorrenti
a
combattere
ogni
altra
qualche
cosa
,
che
imbarazzi
od
inficii
il
socialismo
,
in
nome
di
tante
sociologie
pullulanti
d
'
ogni
parte
.
Le
armi
e
i
modi
della
critica
devono
,
da
paese
a
paese
,
subire
la
legge
della
variabilità
e
dell
'
adattamento
.
Curare
il
malato
e
non
la
malattia
;
-
in
ciò
consiste
la
modernità
della
medicina
.
A
fare
altrimenti
di
così
,
si
rischia
d
'
incorrere
nella
sorte
toccata
agli
hegeliani
,
che
vennero
su
in
Italia
dal
1840
al
1880
,
e
specie
nel
Mezzogiorno
,
anzi
a
Napoli
.
Furono
in
parte
dei
semplici
epigoni
,
ma
alcuni
furono
pensatori
di
polso
.
Nel
tutt
'
insieme
rappresentavano
una
corrente
rivoluzionaria
di
gran
conto
,
a
petto
del
tradizionale
scolasticismo
,
dello
spiritualismo
alla
francese
e
della
filosofia
del
così
detto
buon
senso
.
Di
tal
movimento
pur
qualcosa
s
'
è
risaputo
in
Francia
;
perché
fu
uno
di
questi
hegeliani
,
e
non
il
più
profondo
e
forte
di
tutti
,
il
Vera
(
)
,
che
dette
alla
Francia
appunto
le
più
leggibili
traduzioni
,
con
copiosissimi
commenti
,
di
alcune
delle
opere
fondamentali
di
Hegel
.
Di
tutto
quel
movimento
s
'
è
perduta
ora
da
noi
la
traccia
e
la
memoria
,
nel
giro
di
così
pochi
anni
.
Gli
scritti
di
quei
pensatori
non
si
trovano
che
dai
rivenditori
di
anticaglie
e
di
bagattelle
librarie
.
Cotesta
dispersione
nel
nulla
di
tutta
una
attività
scientifica
,
non
certo
irrilevante
,
non
è
solo
dovuta
alle
vicende
non
sempre
belle
e
laudabili
della
vita
universitaria
,
né
al
solo
dilagare
epidemico
del
positivismo
che
manda
qua
e
là
frutti
che
paiono
scienza
da
demi
-
monde
,
ma
a
ragioni
più
intrinseche
.
Quegli
hegeliani
scrissero
,
e
insegnarono
,
e
disputarono
come
se
stessero
,
non
a
Napoli
,
ma
a
Berlino
,
o
non
so
dove
.
Conversavano
mentalmente
coi
loro
Camarades
d
Allemagne
(
)
.
Rispondevano
dalla
cattedra
o
negli
scritti
alle
obiezioni
di
critici
noti
a
loro
soltanto
;
facendo
così
un
dialogo
,
che
a
lettori
e
uditori
parea
monologo
.
Non
riuscirono
a
plasmare
le
loro
trattazioni
e
la
loro
dialettica
in
libri
,
che
apparissero
qual
nuovo
acquisto
intellettuale
della
nazione
.
Cotesto
non
piacevole
e
non
lusinghiero
ricordo
mi
stava
innanzi
alla
mente
,
quando
,
quasi
repugnante
,
mi
misi
a
scrivere
il
primo
dei
due
miei
saggi
di
materialismo
storico
,
ai
quali
ora
non
c
'
è
ragione
io
non
ne
faccia
succedere
degli
altri
.
Mi
domandava
più
volte
:
ma
da
che
parte
devo
rifarmi
,
per
dir
cose
,
che
ai
lettori
italiani
non
tornino
ostiche
,
straniere
e
strane
?
Mi
dire
che
io
son
riuscito
:
e
così
sia
.
Non
sarebbe
un
caso
singolare
di
scortesia
,
che
io
volessi
ribattere
,
ragionando
,
da
arbitro
,
di
me
e
delle
lodi
che
voi
mi
fate
?
Nel
leggere
-
così
scrivevo
a
un
di
presso
cinque
anni
fa
ad
Engels
la
Heilige
Familie
,
mi
son
ricordato
degli
hegeliani
di
Napoli
,
in
mezzo
ai
quali
io
vissi
da
giovanissimo
,
e
mi
pare
di
avere
inteso
e
assaporato
quel
libro
,
più
che
non
possa
riuscire
a
molti
,
cui
mancano
al
presente
i
dati
proprii
e
intuitivi
di
quel
curioso
umorismo
.
Mi
parea
di
averla
vista
io
stesso
da
vicino
quella
curiosa
coterie
di
Charlottenburg
,
da
Marx
e
da
voi
così
singolarmente
persiflée
.
Mi
si
ripresentava
allo
spirito
,
più
che
tutti
gli
altri
,
un
professore
di
estetica
,
originalissimo
e
genialissimo
uomo
,
che
deduceva
i
romanzi
di
Balzac
,
costruiva
la
cupola
di
S
.
Pietro
e
disponeva
in
serie
genetica
gl
'
istrumenti
musicali
;
e
pian
piano
,
di
negazione
in
negazione
,
e
con
la
negazione
della
negazione
,
giunse
da
ultimo
alla
metafisica
dell
'
inconoscibile
,
che
,
ignaro
come
ei
fu
sempre
dello
Spencer
,
e
anzi
a
guisa
di
uno
Spencer
non
glorificato
,
chiamò
l
'
innominabile
.
Anch
'
io
da
giovane
vissi
in
quella
specie
di
palestra
,
e
non
me
ne
rincresce
;
vissi
per
anni
con
l
'
animo
diviso
fra
Hegel
e
Spinoza
:
di
quello
difesi
,
con
giovanile
ingenuità
,
la
dialettica
contro
lo
Zeller
che
iniziava
il
neokantismo
;
di
questo
sapevo
a
memoria
gli
scritti
,
e
ne
esposi
,
con
intendimento
di
innamorato
,
la
teoria
degli
affetti
e
delle
passioni
.
Ora
tutte
coteste
cose
mi
tornano
nella
memoria
come
lontanissima
preistoria
.
Avrò
subita
anch
'
io
la
mia
negazione
della
negazione
?
Voi
mi
spronate
a
scrivere
di
comunismo
:
ma
io
temo
sempre
di
far
di
cosa
di
nessun
valore
quanto
alle
forze
mie
,
e
di
poco
effetto
quanto
all
'
Italia
.
E
lui
a
rispondermi
...
;
ma
qui
faccio
punto
.
Mi
pare
sia
cosa
presso
che
incivile
il
riprodurre
senza
urgente
ragione
di
pubblico
interesse
,
le
lettere
private
,
specie
a
breve
tempo
dalla
morte
di
chi
le
scrisse
.
In
tutti
i
casi
,
anche
stralciando
da
tali
lettere
private
ciò
che
può
esservi
di
puramente
occasionale
,
e
serbandone
solo
ciò
che
è
di
dottrina
e
di
scienza
,
esse
fan
sempre
poca
fede
e
son
di
poco
peso
,
a
fronte
degli
scritti
meditatamente
destinati
alla
pubblicità
.
Col
crescere
dell
'
interesse
per
il
materialismo
storico
,
e
nel
difetto
di
una
letteratura
,
che
estesamente
e
partitamente
lo
illustri
,
s
'
è
dato
il
caso
che
Engels
,
negli
ultimi
anni
di
sua
vita
,
qual
professore
che
non
sieda
in
cattedra
,
fosse
interrogato
,
e
anzi
tormentato
di
continuo
con
infinite
domande
da
parte
di
molti
,
che
si
iscrivevano
spontanei
da
studenti
liberi
nella
vagante
ed
eslege
Università
del
socialismo
.
Di
qui
le
lettere
che
furon
pubblicate
,
e
quelle
altre
molte
,
che
son
rimaste
inedite
.
In
quelle
tre
lettere
,
che
il
Devenir
Social
riprodusse
recentemente
da
una
rivista
di
Berlino
e
da
un
giornale
di
Lipsia
,
apparisce
chiaro
come
fosse
in
lui
una
certa
temenza
,
che
il
marxismo
diventasse
troppo
presto
una
dottrina
a
buon
mercato
.
A
molti
dei
professanti
la
scienza
,
non
nella
vagante
Università
del
popolo
di
là
da
venire
,
ma
in
questa
che
realmente
esiste
nella
presente
società
ufficiale
,
capita
d
'
esser
messi
fra
l
'
uscio
e
il
muro
dagli
studenti
e
dagli
studiosi
,
perché
,
uno
pede
stantes
,
rispondano
ad
ogni
quesito
,
come
chi
avesse
stampata
nel
cervello
la
ragione
universale
delle
cose
.
I
più
vanitosi
fra
i
professori
,
per
non
ismentire
la
ieratica
sacramentalità
della
scienza
,
e
come
se
questa
consistesse
del
tutto
nella
materialità
del
conosciuto
,
e
non
principalmente
nella
virtuosità
e
correttezza
formale
dell
'
atto
del
sapere
,
rispondono
difilato
,
riuscendo
a
fare
assai
di
sovente
la
satira
di
se
stessi
,
da
imitatori
del
saporitissimo
Mefistofele
in
maschera
di
maestro
in
tutte
e
quattro
le
facoltà
.
Pochi
hanno
la
socratica
rassegnazione
di
rispondere
:
non
so
,
ma
so
di
non
sapere
,
e
so
che
si
potrà
sapere
,
ed
io
stesso
potrò
sapere
,
se
avrò
compiuti
gli
atti
di
sforzo
,
ossia
di
lavoro
,
che
occorre
per
sapere
,
-
e
se
mi
date
degli
anni
indefiniti
,
con
l
'
indefinita
attitudine
dell
'
applicazione
metodica
del
lavoro
,
io
potrò
indefinitamente
saper
quasi
tutto
.
Ed
ecco
in
che
cosa
consiste
quel
capovolgimento
pratico
della
teorica
della
conoscenza
,
che
è
insito
al
materialismo
storico
.
Ogni
atto
di
pensiero
è
uno
sforzo
;
cioè
un
lavoro
nuovo
.
A
compierlo
occorrono
innanzi
tutto
i
materiali
dell
'
esperienza
depurata
,
e
gl
'
istrumenti
metodici
,
resi
familiari
e
maneggevoli
dal
lungo
uso
.
Non
c
'
è
dubbio
,
che
il
lavoro
compiuto
,
ossia
il
pensiero
prodotto
,
agevoli
i
nuovi
sforzi
diretti
alla
produzione
di
novello
pensiero
;
in
prima
,
perché
i
prodotti
precedenti
rimangono
obiettivati
nei
mezzi
intuitivi
dello
scritto
e
delle
altre
arti
rappresentative
,
e
,
in
secondo
luogo
,
perché
l
'
energia
in
noi
internamente
accumulata
penetra
e
investe
il
nuovo
lavoro
,
qual
ritmo
del
procedimento
,
nella
qual
cosa
(
ossia
nel
ritmo
)
consiste
appunto
il
metodo
della
memoria
,
del
ragionamento
,
dell
'
espressione
,
della
comunicativa
,
e
così
via
.
Ma
macchine
pensanti
non
si
diventa
mai
!
Tutte
le
volte
che
ci
mettiamo
nuovamente
a
pensare
,
oltre
che
ci
necessitano
sempre
i
mezzi
e
gl
'
incentivi
esterni
ed
obiettivi
della
materia
empirica
,
ci
occorre
ancora
uno
sforzo
adeguato
per
passare
dagli
stati
più
elementari
della
vita
psichica
a
quello
stadio
superiore
derivato
e
complesso
,
che
è
il
pensiero
,
nel
quale
non
possiamo
mantenerci
,
se
non
per
atto
di
attenzione
volontaria
,
che
ha
intensità
e
durata
di
speciale
e
non
sorpassabile
misura
.
Cotesto
lavoro
,
che
a
noi
si
rivela
nella
nostra
diretta
ed
immediata
coscienza
,
qual
fatto
,
che
ci
concerna
solo
in
quanto
siamo
persone
singole
e
circoscritte
dalla
nostra
naturale
individuazione
,
non
si
avvera
in
ciascun
di
noi
,
se
non
in
quanto
noi
siamo
appunto
,
nell
'
ambiente
della
convivenza
,
esseri
socialmente
e
quindi
anche
storicamente
condizionati
.
I
mezzi
della
convivenza
sociale
,
che
sono
,
da
un
lato
le
condizioni
e
gl
'
istrumenti
,
e
dall
'
altro
i
prodotti
della
collaborazione
variamente
specificata
,
costituiscono
,
al
di
là
di
ciò
che
offre
a
noi
la
natura
propriamente
detta
,
la
materia
e
gl
'
incentivi
della
nostra
formazione
interiore
.
Di
qui
nascono
gli
abiti
secondarii
,
derivati
e
complessi
,
pei
quali
,
di
là
dai
termini
della
nostra
corporea
configurazione
,
sentiamo
il
nostro
proprio
io
come
la
parte
di
un
noi
,
il
che
vuol
dire
,
in
concreto
,
di
un
modo
di
vivere
,
di
un
costume
,
di
una
istituzione
,
di
uno
stato
,
di
una
chiesa
,
di
una
patria
,
di
una
tradizione
storica
,
e
così
via
.
In
coteste
correlazioni
di
consociazione
pratica
,
che
corrono
da
individuo
a
individuo
,
han
la
loro
radice
e
hanno
il
loro
fondamento
obiettivo
e
prosaico
tutte
quelle
varie
rappresentazioni
ideologiche
di
spirito
pubblico
,
di
psiche
sociale
,
di
coscienza
etnica
,
e
così
via
,
intorno
alle
quali
,
come
gente
che
pigli
per
enti
e
sostanze
i
rapporti
e
le
relazioni
,
speculano
,
da
metafisici
di
pessima
scuola
,
i
sociologisti
e
psicologisti
,
che
io
chiamerei
simbolisti
e
simboleggianti
.
In
questi
medesimi
rapporti
pratici
nascono
le
comuni
correnti
,
per
le
quali
il
pensiero
individuo
,
e
la
scienza
che
ne
deriva
,
son
vere
e
proprie
funzioni
sociali
.
E
così
siamo
daccapo
nella
filosofia
della
praxis
,
che
è
il
midollo
del
materialismo
storico
.
Questa
è
la
filosofia
immanente
alle
cose
su
cui
filosofeggia
.
Dalla
vita
al
pensiero
,
e
non
già
dal
pensiero
alla
vita
;
ecco
il
processo
realistico
.
Dal
lavoro
,
che
è
un
conoscere
operando
,
al
conoscere
come
astratta
teoria
:
e
non
da
questo
a
quello
.
Dai
bisogni
,
e
quindi
dai
varii
stati
interni
di
benessere
e
di
malessere
,
nascenti
dalla
soddisfazione
o
insoddisfazione
dei
bisogni
,
alla
creazione
mitico
-
poetica
delle
ascoste
forze
della
natura
:
e
non
viceversa
.
In
questi
pensieri
è
il
segreto
di
una
asserzione
di
Marx
,
che
è
stata
per
molti
un
rompicapo
,
che
egli
avesse
,
cioè
,
arrovesciata
(
)
la
dialettica
di
Hegel
:
il
che
vuol
dire
,
in
prosa
corrente
,
che
alla
semovenza
ritmica
d
'
un
pensiero
per
sé
stante
(
-
la
generatio
aequivoca
delle
idee
!
-
)
rimane
sostituita
la
semovenza
delle
cose
,
delle
quali
il
pensiero
è
da
ultimo
un
prodotto
.
In
fine
,
il
materialismo
storico
?
ossia
la
filosofia
della
praxis
,
in
quanto
investe
tutto
l
uomo
storico
e
sociale
,
come
mette
termine
ad
ogni
forma
d
'
idealismo
,
che
consideri
le
cose
empiricamente
esistenti
qual
riflesso
,
riproduzione
,
imitazione
,
esempio
,
conseguenza
o
come
altro
dicasi
,
d
'
un
pensiero
,
come
che
siasi
,
presupposto
,
così
è
la
fine
anche
del
materialismo
naturalistico
,
nel
senso
fino
a
pochi
anni
fa
tradizionale
della
parola
.
La
rivoluzione
intellettuale
,
che
ha
condotto
a
considerare
come
assolutamente
obiettivi
i
processi
della
storia
umana
,
è
coeva
e
rispondente
a
quell
'
altra
rivoluzione
intellettuale
,
che
è
riuscita
a
storicizzare
la
natura
fisica
.
Questa
non
è
più
,
per
alcun
uomo
pensante
,
un
fatto
,
che
non
fu
mai
in
fieri
,
un
avvenuto
che
non
è
mai
divenuto
,
un
eterno
stante
che
non
proceda
,
e
molto
meno
il
creato
d
'
una
volta
sola
,
che
non
sia
la
creazione
di
continuo
in
atto
.
V
.
Roma
,
24
maggio
'97
Ripigliando
al
punto
dov
'
ero
rimasto
l
'
altra
volta
,
mi
pare
voi
abbiate
pienamente
ragione
di
rimettere
in
campo
il
problema
della
filosofia
in
generale
.
Mi
riferisco
,
così
dicendo
,
non
solo
alla
vostra
Prefazione
,
che
io
vado
quasi
moltiplicando
di
effetto
in
questo
mio
prolungato
conversar
per
iscritto
,
ma
anche
ad
alcuni
vostri
articoli
nel
Devenir
Social
,
e
,
inoltre
,
a
parecchie
delle
lettere
private
,
che
avete
avuto
la
cortesia
d
indirizzarmi
.
Vi
dà
pensiero
,
in
fondo
,
che
il
materialismo
storico
possa
apparire
come
campato
in
aria
,
fino
a
che
abbia
di
contro
a
sé
delle
altre
filosofie
,
con
le
quali
non
armonizzi
,
e
fino
a
quando
non
si
trovi
modo
di
sviluppare
la
filosofia
,
che
gli
è
propria
,
come
quella
che
è
insita
ed
immanente
ai
suoi
assunti
e
alle
sue
premesse
.
Ho
capito
bene
?
Voi
accennate
esplicitamente
alla
psicologia
,
all
'
etica
,
e
alla
metafisica
.
Con
quest
'
ultimo
termine
intendete
di
significare
ciò
che
io
,
per
effetto
di
altri
abiti
dello
spirito
e
di
altre
maniere
di
trattazione
didattica
,
chiamerei
per
es
.
:
Dottrina
generale
,
o
della
Conoscenza
,
o
delle
Forme
fondamentali
del
pensiero
,
e
cosi
via
,
a
un
di
presso
,
o
per
eccesso
di
cautela
,
o
per
tema
di
non
incorrere
in
equivocazione
,
ed
anche
per
non
urtare
in
certi
pregiudizii
.
Passo
,
però
,
sopra
a
cotesti
accessorii
terminologici
;
tanto
perché
noi
,
in
fatto
di
scienza
,
non
siam
tenuti
a
starcene
al
significato
che
i
termini
hanno
nella
comune
esperienza
e
nella
comune
intuizione
(
quando
,
come
nella
vita
ordinaria
,
non
c
'
è
dato
di
chiamare
altrimenti
che
pane
il
pane
)
;
ma
quei
significati
fissiamo
noi
stessi
,
ponendo
e
sviluppando
i
concetti
,
che
vogliamo
compendiariamente
formulare
con
una
parola
di
convenzione
.
Si
starebbe
freschi
a
voler
dedurre
il
significato
ed
il
contenuto
per
es
.
della
chimica
dall
'
etimo
di
tal
parola
:
ci
troveremmo
di
faccia
all
'
Egitto
antichissimo
,
anzi
al
nome
che
significa
la
terra
gialliccia
dai
due
lati
delle
sponde
del
Nilo
e
fino
ai
monti
!
Vi
lascio
in
pace
in
compagnia
della
parola
metafisica
,
se
in
questa
v
'
accomoda
d
'
acquietarvi
.
Frivolezze
!
Se
un
estensore
di
catalogo
cacciasse
domani
nella
rubrica
dei
metà
physiká
i
Primi
principii
dell
'
oramai
indispensabile
Spencer
,
non
farebbe
nulla
di
più
e
nulla
di
meno
di
quel
che
fece
il
bibliotecario
ai
Pergamo
nell
'
appiccicare
cotale
etichetta
a
quei
vani
trattati
di
prima
filosofia
(
Aristotele
non
usa
altro
termine
a
denotarli
)
,
che
nessuna
cura
di
vecchi
commentatori
,
né
di
critici
moderni
,
è
riuscita
a
ridurre
mai
alla
trasparenza
e
conseguenza
di
libro
giunto
a
perfezione
.
Chi
sa
quanti
sarebbero
lieti
ora
di
scovrire
,
che
in
fin
delle
fini
il
vecchio
Stagirita
,
che
ha
ingombrato
di
sé
le
menti
degli
uomini
per
tanti
secoli
,
ed
è
stato
insegna
a
tante
battaglie
dello
spirito
,
non
fu
se
non
un
altro
Spencer
d
'
altri
tempi
,
che
,
magari
per
sola
colpa
dei
tempi
,
scrisse
in
greco
,
e
anche
maluccio
.
La
tradizione
non
dee
pesare
sopra
di
noi
come
un
incubo
,
come
un
impedimento
,
come
un
impaccio
,
come
oggetto
di
culto
e
di
stupida
reverenza
;
e
siamo
bene
intesi
di
ciò
:
-
ma
,
d
'
altra
parte
,
la
tradizione
è
ciò
che
ci
tiene
nella
storia
,
il
che
è
quanto
dire
,
che
è
ciò
che
ci
ricollega
alle
condizioni
faticosamente
acquisite
,
le
quali
agevolano
il
lavoro
nuovo
e
rendono
possibile
il
progresso
.
A
fare
altrimenti
si
è
bestie
;
perché
il
solo
lavorio
secolare
della
storia
differenzia
noi
dagli
animali
.
E
poi
,
inoltre
,
nessun
che
si
metta
a
studiare
,
sia
pur
nel
modo
più
concreto
,
empirico
,
particolare
,
minuto
e
circostanziato
,
un
qualunque
lato
della
realtà
,
può
rifiutarsi
mai
di
ammettere
,
che
a
un
certo
punto
si
è
come
assaliti
dal
bisogno
di
ripensare
alle
forme
generali
(
ossia
alle
categorie
)
,
che
son
ricorrenti
negli
atti
particolari
del
pensiero
(
unità
,
pluralità
,
totalità
,
condizione
,
fine
,
ragion
d
'
essere
,
causa
,
effetto
,
progressione
,
finito
,
infinito
e
così
via
)
.
Ora
,
per
poco
che
in
questa
nuova
curiosità
ci
soffermiamo
,
i
problemi
universali
della
conoscenza
ci
s
'
impongono
;
ossia
,
ci
appariscono
come
necessariamente
dati
:
-
e
in
questa
inevitabile
suggestione
ha
origine
e
sede
anche
ciò
che
voi
chiamate
metafisica
,
e
che
può
chiamarsi
altrimenti
.
Tutto
sta
a
sapere
come
cotesti
dati
vengano
poi
da
noi
maneggiati
.
La
nota
caratteristica
,
parlando
,
s
'
intende
,
molto
genericamente
,
del
pensiero
classico
(
dico
dei
greci
)
,
è
una
certa
ingenuità
nell
'
uso
e
nella
trattazione
di
tali
concetti
.
La
nota
caratteristica
della
filosofia
moderna
,
e
qui
di
nuovo
molto
per
le
generali
,
è
il
dubbio
metodico
,
e
quindi
il
criticismo
,
che
accompagna
,
a
guisa
di
sospettosa
cautela
,
l
'
uso
di
tali
forme
,
così
nell
'
intrinseco
,
come
nella
portata
estensiva
.
Ciò
che
decide
di
tale
passaggio
dalla
ingenuità
alla
critica
è
la
osservazione
metodica
(
scarsa
per
estensione
e
per
sussidii
negli
antichi
)
,
e
,
più
che
l
'
osservazione
,
l
'
esperimento
volontariamente
e
tecnicamente
condotto
(
che
mancò
quasi
del
tutto
agli
antichi
)
.
Sperimentando
,
noi
diventiamo
collaboratori
della
natura
;
-
noi
produciamo
ad
arte
ciò
che
la
natura
da
per
sé
produce
.
Esperimentando
ad
arte
,
le
cose
cessan
dall
'
esser
per
noi
dei
meri
obietti
rigidi
della
visione
perché
si
vanno
,
anzi
,
generando
sotto
la
nostra
guida
;
e
il
pensiero
cessa
dall
'
essere
un
presupposto
,
o
un
'
anticipazione
paradigmatica
delle
cose
,
anzi
diventa
concreto
,
perché
cresce
con
le
cose
,
a
intelligenza
delle
quali
viene
progressivamente
concrescendo
.
L
'
esperimento
ad
arte
e
metodico
finisce
da
ultimo
per
indurci
nella
persuasione
di
questa
verità
semplicissima
:
che
anche
prima
che
nascesse
la
scienza
,
e
in
tutti
gli
uomini
che
alla
scienza
non
arrivano
,
le
attività
interiori
,
compreso
l
'
uso
della
ovvia
riflessione
,
sono
come
un
venir
crescendo
,
per
la
sollecitazione
dei
bisogni
,
di
noi
in
noi
stessi
,
e
cioè
un
generarsi
di
nuove
condizioni
,
successivamente
elaborate
(
)
.
Anche
per
questo
rispetto
il
materialismo
storico
è
la
chiusa
di
un
lungo
sviluppo
.
Esso
giustifica
perfino
il
processo
storico
del
sapere
scientifico
facendo
questo
sapere
qualitativamente
consono
e
quantitativamente
proporzionale
alla
capacità
del
lavoro
;
cioè
facendolo
rispettivo
ai
bisogni
.
Torno
a
voi
,
e
vi
do
ragione
per
la
staffilata
che
aggiustate
all
'
agnosticismo
.
Esso
è
il
pendant
inglese
del
neokantismo
tedesco
:
con
un
notevole
divario
però
.
Questo
,
il
neokantismo
,
non
rappresenta
,
in
conclusione
,
se
non
una
corrente
accademica
,
che
ci
ha
dato
,
con
una
più
chiara
conoscenza
di
Kant
,
una
utile
letteratura
da
eruditi
;
mentre
quello
,
l
'
agnosticismo
,
per
la
sua
diffusione
popolare
,
è
un
fatto
sintomatico
della
presente
condizione
di
certe
classi
sociali
.
I
socialisti
avrebbero
tutte
le
ragioni
di
credere
,
che
quel
fatto
sintomatico
sia
uno
degli
indizi
della
decadenza
della
borghesia
.
Fa
,
certo
,
un
malinconico
contrasto
con
la
eroica
securtà
del
vero
,
che
assiste
il
pensiero
nei
prodromi
della
storia
moderna
(
Bruno
e
Spinoza
!
)
,
con
l
'
asseveranza
da
Convenzionali
,
che
fu
propria
dei
pensatori
del
secolo
passato
fino
a
venir
poi
giù
giù
alla
filosofia
classica
di
Germania
,
ed
anche
con
la
precisione
dei
metodi
esplorativi
,
i
quali
hanno
ai
tempi
nostri
allargato
di
tanto
il
dominio
del
pensiero
su
la
natura
.
Ha
l
'
aria
della
paurosa
rassegnazione
.
Manca
del
carattere
essenziale
ad
ogni
filosofia
,
secondo
Hegel
,
ossia
del
coraggio
della
verità
.
Un
qualcuno
di
quei
marxisti
,
che
inducono
così
senz
'
altro
,
a
bruciapelo
,
dalle
condizioni
economiche
ai
riflessi
ideologici
,
come
chi
issofatto
traducesse
i
segni
stenografici
,
potrebbe
quasi
dire
,
che
cotesto
Inconoscibile
,
tanto
celebrato
da
una
vasta
setta
di
quietisti
della
ragione
,
è
segno
già
che
lo
spirito
dell
'
epoca
borghese
non
è
più
atto
a
guardare
perspicuamente
nell
'
ordinamento
del
mondo
,
perché
il
capitalismo
,
dal
quale
esso
toglie
l
'
orientazione
,
è
già
in
se
fradicio
;
e
,
per
ciò
,
molti
,
nell
'
istintiva
coscienza
della
prossima
rovina
,
si
dànno
ad
una
specie
di
religione
dell
'
imbecillità
.
Simile
asserto
potrebbe
sembrare
per
fino
ingegnosamente
bello
,
pur
rimanendo
non
dimostrabile
:
sebbene
poi
rassomigli
a
molte
delle
sciocchezze
,
che
furon
dette
da
tanti
in
nome
dell
'
interpretazione
economica
della
storia
(
)
.
E
invece
,
io
dico
,
che
cotesto
agnosticismo
ci
rende
un
grande
servigio
.
Fermandosi
gli
agnosticisti
a
dire
e
a
ripetere
,
che
non
è
dato
di
conoscere
la
cosa
in
sé
,
l
'
intimissimo
della
natura
,
la
causa
ultima
e
il
fondo
dei
fenomeni
,
essi
per
un
'
altra
via
,
ossia
a
modo
loro
,
come
gente
,
cioè
,
che
rimpianga
l
'
impossibile
,
vengono
a
quello
stesso
resultato
al
quale
arriviamo
noi
,
non
con
rimpianto
ma
da
realisti
che
non
cercano
l
aiuto
della
immaginazione
,
e
cioè
:
che
non
si
può
pensare
se
non
su
quello
che
noi
possiamo
sperimentare
,
in
lato
senso
,
noi
stessi
.
Guardiamo
a
ciò
che
è
accaduto
nel
campo
della
psicologia
;
fu
fugata
,
da
un
canto
,
la
illusione
ideologica
,
che
i
fatti
psichici
si
spieghino
assumendone
a
sostanziale
subietto
un
ente
iperfisico
;
-
fu
bandita
,
dall
'
altro
canto
,
la
volgarità
,
più
materiale
che
materialistica
,
essere
il
pensiero
una
secrezione
del
cervello
;
-
fu
fissata
l
'
inerenza
dei
fatti
psichici
nello
specificato
organismo
,
in
quanto
l
'
organismo
stesso
è
un
processo
di
formazione
,
e
in
quanto
i
fatti
psichici
sono
la
interiorità
dell
'
attività
dei
nervi
,
ossia
questa
attività
in
quanto
è
coscienza
;
-
fu
respinta
la
grossolana
ipotesi
del
materialismo
semplicistico
,
che
cotesta
interiorità
,
la
quale
si
conserva
e
si
complica
,
per
il
solo
fatto
che
noi
ne
scovriamo
giorno
per
giorno
le
rispettive
condizioni
nei
centri
nervosi
,
in
quanto
è
interiorità
,
ossia
funzione
di
coscienza
,
possa
essere
estensivamente
osservata
;
-
ed
eccoci
arrivati
alla
scienza
psichica
,
che
è
impreciso
,
per
non
dire
erroneo
,
di
chiamare
psicologia
senza
l
'
anima
,
ma
bisogna
denominare
scienza
dei
prodotti
psichici
senza
il
mito
della
sostanza
spirituale
.
Quando
Engels
nell
'
Antidühring
usava
della
parola
metafisica
in
senso
peggiorativo
,
intendeva
appunto
di
riferirsi
a
quelle
maniere
di
pensare
,
ossia
di
concepire
,
di
inferire
,
di
esporre
,
che
son
l
'
opposto
della
considerazione
genetica
,
e
quindi
(
subordinatamente
)
dialettica
delle
cose
.
Tali
maniere
son
contrassegnate
da
questi
due
caratteri
:
in
prima
dal
fissare
,
come
per
sé
stanti
,
e
del
tutto
indipendenti
l
'
uno
dall
'
altro
,
quei
termini
del
pensiero
,
i
quali
in
verità
son
termini
solo
in
quanto
rappresentano
i
punti
di
correlazione
e
di
transizione
ai
un
processo
;
e
,
in
secondo
luogo
,
nel
considerare
quei
termini
stessi
del
pensiero
come
un
presupposto
,
un
'
anticipazione
,
o
anzi
un
tipo
od
un
prototipo
della
povera
e
parvente
realtà
empirica
.
Nel
primo
rispetto
,
per
es
.
,
causa
ed
effetto
,
mezzo
e
fine
,
ragion
d
'
essere
e
realtà
,
e
così
via
,
si
presentano
allo
spirito
soltanto
come
termini
distinti
,
e
quindi
diversi
,
e
alcune
volte
opposti
;
quasiché
si
desser
cose
,
che
siano
per
sé
esclusivamente
cause
ed
altre
che
siano
per
sé
esclusivamente
effetti
,
e
così
di
seguito
.
Nel
secondo
caso
pare
come
se
il
mondo
dell
'
esperienza
ci
si
andasse
disintegrando
e
scindendo
innanzi
agli
occhi
in
sostanza
ed
accidenti
,
in
cosa
in
sé
e
fenomeno
,
in
possibilità
e
in
ovvia
esistenza
.
Tutta
cotesta
critica
si
risolve
nell
'
esigenza
realistica
di
considerare
i
termini
del
pensiero
,
non
come
cose
ed
entità
fisse
,
ma
come
funzioni
;
perché
quei
termini
hanno
valore
,
solo
in
quanto
noi
abbiamo
qualcosa
da
pensare
attivamente
,
e
siamo
in
effettivo
atto
di
pensare
,
procedendo
.
Cotesta
critica
dcll
'
Engels
,
che
per
molti
rispetti
è
specificabile
e
precisabile
ancora
,
e
soprattutto
per
ciò
che
riguarda
la
origine
di
cotesto
pensare
metafisicamente
,
ripete
a
modo
suo
la
opposizione
hegeliana
fra
l
'
intendimento
,
che
fissa
gli
opposti
come
tali
,
e
la
ragione
,
che
gli
opposti
rimette
in
serie
di
processo
ascendente
-
(
la
divina
arte
di
conciliare
gli
opposti
,
direbbe
Bruno
-
omnis
determinatio
est
negatio
,
diceva
Spinoza
)
.
Cotesta
metafisica
,
sensu
deteriori
,
ha
alla
lontana
una
qualche
analogia
con
la
origine
dei
miti
.
S
'
inradica
nella
teologia
,
in
quanto
questa
è
diretta
a
rendere
plausibili
al
ragionamento
formale
i
dati
(
subiettivi
sì
,
ma
che
l
'
autoillusione
fa
parere
obiettivi
)
del
credere
.
Quanti
miracoli
non
ha
fatto
il
quasi
-
mito
dell
'
eterno
logos
?
Tale
metafisica
,
in
senso
diremo
oramai
dispregiativo
,
come
stadio
e
come
intoppo
di
un
pensiero
ancora
in
formazione
,
ricorre
in
ogni
ramo
del
sapere
.
Quanto
sforzo
non
è
costato
alla
riflessione
dottrinale
,
nel
campo
della
linguistica
,
l
'
andar
sostituendo
alla
illusione
paradigmatica
delle
forme
grammaticali
la
genesi
di
queste
:
genesi
che
va
psicologicamente
cercata
ed
accertata
nel
vario
atteggiarsi
del
parlare
,
che
è
un
fare
ed
un
produrre
,
e
non
un
semplice
factum
?
Così
fatta
metafisica
,
in
senso
d
'
ironia
,
esiste
ed
esisterà
forse
sempre
nei
derivati
verbali
e
fraseologici
dell
'
espressione
del
pensiero
;
perché
la
lingua
,
senza
della
quale
noi
non
potremmo
,
né
addivenire
alla
precisione
ai
quello
,
né
formularne
la
manifestazione
,
al
tempo
stesso
che
dice
,
altera
ciò
che
esprime
,
ed
ha
perciò
sempre
in
sé
il
germe
del
mito
.
Sprofondiamoci
pur
quanto
si
voglia
nella
teoria
più
generale
delle
vibrazioni
,
noi
diremo
sempre
:
la
luce
produce
questo
effetto
:
il
calore
opera
così
.
Si
ha
sempre
la
tentazione
,
o
per
lo
meno
si
corre
il
pericolo
,
di
sostantivare
un
processo
,
o
i
termini
di
esso
.
Le
relazioni
,
per
via
di
una
illusionale
proiezione
,
divengono
cose
,
e
queste
cose
escogitate
divengono
,
alla
volta
loro
,
soggetti
operanti
.
Se
facciamo
attenzione
,
a
questa
così
frequente
ricaduta
del
nostro
spirito
nell
'
esercizio
prescientifico
dei
mezzi
verbali
,
noi
ritroviamo
in
noi
stessi
i
dati
psicologici
del
modo
come
si
originarono
,
in
altre
circostanze
e
tempi
,
le
obiettivazioni
delle
forme
del
pensiero
stesso
in
enti
e
in
entità
,
come
è
il
caso
tipico
delle
idee
platoniche
:
e
lo
dico
tipico
perché
è
il
più
plastico
fra
tutti
.
Di
tale
metafisica
,
in
quanto
essa
è
la
immaturità
di
una
mente
non
ancora
scaltrita
dall
'
autocritica
,
e
non
rafforzata
dall
'
esperimento
,
è
piena
tutta
la
storia
;
che
appunto
per
ciò
,
come
per
tanti
altri
motivi
,
è
anche
superstizione
,
mitologia
,
religione
,
poesia
,
fanatismo
delle
parole
,
e
culto
delle
vuote
forme
.
Lascia
,
cotale
metafisica
,
le
sue
tracce
anche
in
ciò
che
ai
tempi
nostri
chiamiamo
orgogliosamente
scienza
.
Non
aduggia
essa
forse
il
campo
della
economia
politica
?
Quel
danaro
,
che
,
da
semplice
mezzo
di
scambio
qual
è
in
prima
,
si
fa
capitale
,
solo
in
quanto
è
in
funzione
col
lavoro
produttivo
,
non
diventa
forse
,
nella
fantasia
degli
economisti
,
capitale
ab
origine
,
che
per
un
diritto
innato
getti
interesse
?
Ecco
il
gran
significato
di
quel
capitolo
di
Marx
,
dove
si
parla
del
capitale
come
di
feticcio
(
)
Di
questi
feticci
è
piena
la
scienza
economica
.
La
qualità
di
merce
,
che
è
propria
del
prodotto
del
lavoro
umano
,
solo
in
un
certo
rispetto
storico
,
-
e
,
ossia
,
in
quanto
gli
uomini
vivono
in
un
certo
dato
sistema
di
correlazione
sociale
,
-
diventa
una
qualità
intrinseca
ab
aeterno
al
prodotto
stesso
.
Il
salario
,
che
non
è
concepibile
,
se
a
determinati
uomini
non
è
imposta
la
necessità
di
darsi
a
mercede
ad
altri
uomini
,
diventa
una
categoria
assoluta
,
cioè
un
elemento
d
'
ogni
guadagno
;
e
perfino
l
'
intraprenditore
capitalista
si
adorna
del
titolo
di
un
che
ritragga
da
se
stesso
un
più
alto
salario
!
E
poi
la
rendita
della
terra
:
-
della
terra
,
dico
!
Non
ci
sarebbe
da
venirne
mai
alla
fine
,
se
si
volesse
enumerarle
tutte
coteste
trasformazioni
metaforiche
dei
rapporti
relativi
in
eterni
attributi
degli
uomini
o
delle
cose
.
Ma
che
non
è
diventata
la
lotta
per
l
'
esistenza
nel
volgare
darwinismo
?
-
un
imperativo
,
un
comando
,
un
fato
,
un
tiranno
;
e
addio
le
empiriche
circostanze
del
topo
e
della
gatta
,
della
nottola
e
dell
'
insetto
,
della
erbaccia
e
del
trifoglio
.
L
'
evoluzione
,
ossia
l
'
espressione
compendiaria
d
'
infiniti
processi
,
che
dan
luogo
a
tanti
problemi
circostanziati
e
non
ad
un
singolo
teorema
,
non
si
trasforma
spesso
,
fantasticamente
,
nella
Evoluzione
?
Per
fino
nelle
volgarizzazioni
della
sociologia
marxista
,
le
condizioni
,
i
rapporti
,
le
correlatività
di
coesistenza
economica
acquistano
-
forse
il
più
delle
volte
per
insufficienza
stilistica
degli
espositori
-
un
certo
che
di
fantasticamente
soprastante
a
noi
;
come
se
nel
problema
ci
fossero
altri
dati
da
questi
in
fuori
:
persone
e
persone
,
cioè
inquilini
e
padroni
di
casa
,
proprietarii
e
fittaioli
,
capitalisti
e
salariati
,
signori
e
servitori
,
sfruttati
e
sfruttatori
,
cioè
,
in
una
parola
,
uomini
ed
uomini
,
che
,
in
precise
condizioni
di
tempo
e
di
luogo
,
trovansi
in
varia
dipendenza
fra
loro
,
per
l
'
uso
così
e
così
distribuito
e
collegato
dei
mezzi
necessarii
all
'
esistenza
.
La
indubbia
ricorrenza
del
vizio
metafisico
,
che
alcune
volte
a
dirittura
confina
con
la
mitologia
,
ci
dee
rendere
indulgenti
verso
le
cause
e
condizioni
,
o
direttamente
psichiche
o
più
generalmente
sociali
,
che
per
tanto
tempo
ritardarono
in
passato
l
'
apparizione
del
pensiero
critico
,
coscientemente
sperimentale
e
cautamente
antiverbalistico
.
Né
vale
di
ricorrere
alle
tre
epoche
del
Comte
.
È
questione
,
sì
,
di
quantitativo
predominio
della
forma
teologica
o
metafisica
nelle
diverse
epoche
della
storia
,
ma
non
di
esclusività
qualitativa
,
a
fronte
della
così
detta
epoca
scientifica
.
Gli
uomini
non
furon
mai
esclusivamente
teologisti
o
metafisici
,
come
non
saranno
mai
esclusivamente
scientifici
.
Il
più
umile
selvaggio
che
paventa
i
feticci
,
sa
che
il
fiume
in
discesa
gli
costa
minor
fatica
,
che
non
il
fiume
su
cui
nuoti
contro
corrente
,
e
nel
suo
elementarissimo
esercizio
del
lavoro
ha
in
sé
un
embrione
di
esperienza
e
di
scienza
.
Ai
giorni
nostri
ci
sono
,
viceversa
,
degli
scienziati
con
la
mente
ingombra
di
mitologia
.
La
metafisica
,
nel
senso
di
ciò
che
sarebbe
il
contrario
della
correttezza
scientifica
,
non
è
già
un
fatto
precisamente
così
preistorico
,
da
stare
alla
pari
col
tatuaggio
e
con
l
'
antropofagia
!
Non
è
,
spero
,
chi
voglia
mettere
esclusivamente
sul
conto
attivo
del
materialismo
storico
la
vittoria
definitiva
su
la
metafisica
,
nella
significazione
usata
qui
innanzi
,
secondo
Engels
.
Esso
è
,
anzi
,
un
caso
particolare
,
per
rispetto
allo
sviluppo
del
pensiero
antimetafisico
.
Non
sarebbe
stato
veramente
possibile
,
se
l
'
intelletto
critico
non
si
fosse
formato
già
per
l
innanzi
.
Qui
c
'
è
da
fare
i
conti
con
tutta
la
storia
della
scienza
moderna
.
Quando
il
Don
Ferrante
dei
Promessi
Sposi
(
siamo
,
s
'
intende
bene
,
al
secolo
XVII
)
che
fu
,
se
Leone
XIII
non
vorrà
per
invidia
di
mestiere
aversene
a
male
,
l
ultimo
scolastico
veramente
convinto
,
moriva
di
peste
,
negando
la
peste
,
attesoché
quella
non
rientrasse
nelle
dieci
categorie
di
Aristotele
,
lo
scolasticismo
avea
ricevuto
già
i
primi
,
e
fieri
,
e
decisivi
colpi
.
E
da
allora
in
qua
è
tutta
una
storia
di
conquiste
positive
del
pensiero
,
che
hanno
,
o
assorbita
,
o
eliminata
,
o
altrimenti
ridotta
e
combinata
quella
materia
del
conoscere
,
che
innanzi
formava
la
filosofia
per
sé
stante
,
e
quindi
soprastante
alla
scienza
.
In
cotesto
cammino
del
pensiero
scientifico
,
noi
c
'
incontriamo
,
per
es
.
,
nella
psicologia
empirica
,
nella
linguistica
,
nel
Darwinismo
,
nella
storia
delle
istituzioni
e
nel
criticismo
propriamente
detto
.
Direi
anche
nel
positivismo
,
se
non
temessi
d
'
ingenerare
equivoco
.
Difatti
il
positivismo
,
guardato
così
in
genere
e
per
sommi
capi
,
è
una
delle
tante
forme
in
cui
lo
spirito
s
'
è
andato
avvicinando
al
concetto
di
una
filosofia
,
che
non
anticipi
su
le
cose
,
ma
sia
a
queste
immanente
.
Non
è
quindi
da
maravigliare
,
se
,
per
la
generica
similarità
che
riavvicina
il
materialismo
storico
a
tanti
altri
prodotti
dello
spirito
e
del
sapere
contemporaneo
,
molti
di
quelli
che
trattano
la
scienza
alla
maniera
dei
letterati
e
dei
leggitori
di
riviste
,
ingannati
dalle
impressioni
,
e
seguendo
gl
'
impulsi
della
erudita
curiosità
,
han
creduto
di
poter
completare
Marx
,
o
con
questa
,
o
con
quell
'
altra
cosa
.
Di
coteste
storpiature
ne
avremo
per
un
pezzo
.
Induce
soprattutto
in
cotesto
errore
l
'
abito
,
comune
a
quasi
tutta
la
scienza
del
nostro
tempo
,
della
considerazione
evolutiva
o
genetica
:
cosicché
agli
inesperti
e
superficiali
pare
che
da
chiunque
si
parli
di
evoluzione
si
dica
lo
stesso
.
Voi
molto
giustamente
portate
la
vostra
attenzione
su
i
caratteri
differenziali
e
differenziati
del
materialismo
storico
-
i
quali
,
aggiungo
io
,
son
proprii
di
una
scienza
da
comunisti
dialetticamente
rivoluzionarii
-
e
non
vi
proponete
il
quesito
se
il
signor
Marx
possa
andare
a
braccetto
del
tale
o
tale
altro
filosofo
,
ma
vi
chiedete
,
invece
,
quale
filosofia
sia
a
questa
dottrina
necessariamente
e
obiettivamente
implicita
.
Gli
è
per
questa
ragione
che
io
vi
ho
lasciato
e
vi
lascio
anche
l
'
uso
della
parola
metafisica
,
nel
senso
non
dispregiativo
.
In
fondo
al
marxismo
ci
son
dei
problemi
generali
;
e
questi
si
aggirano
,
per
un
verso
su
i
limiti
e
su
le
forme
del
conoscere
,
e
,
per
un
'
altra
parte
,
su
le
attinenze
del
mondo
umano
col
resto
del
conoscibile
e
del
conosciuto
.
Non
è
ciò
che
intendete
voi
di
dire
?
Tanto
è
,
che
io
appunto
alle
questioni
più
generali
rivolsi
l
'
attenzione
mia
nel
secondo
dei
miei
saggi
;
ma
con
un
modo
di
trattazione
che
dissimula
l
'
intento
.
Chi
consideri
il
materialismo
storico
nel
suo
insieme
,
può
trovarvi
argomento
a
tre
ordini
di
studii
.
Il
primo
risponde
al
bisogno
pratico
proprio
ai
partiti
socialistici
,
di
andare
acquistando
una
adeguata
conoscenza
della
specificata
condizione
del
proletariato
in
ogni
paese
,
e
di
commisurare
,
congruamente
alle
cause
,
alle
promesse
ed
ai
pericoli
della
complicazione
politica
,
l
'
azione
del
socialismo
.
Il
secondo
può
menare
,
e
menerà
di
certo
,
a
rinnovare
gl
'
indirizzi
della
storiografia
,
in
quanto
abiliti
a
ricondurne
l
'
arte
sul
terreno
delle
lotte
di
classe
e
della
combinatoria
sociale
,
che
da
quelle
risulta
,
data
la
relativa
struttura
economica
,
che
ogni
storico
deve
d
'
ora
innanzi
conoscere
ed
intendere
.
Il
terzo
consiste
nella
trattazione
dei
principii
direttivi
,
a
comprendere
e
svolgere
i
quali
occorre
di
necessità
la
generale
orientazione
da
voi
invocata
.
Ora
,
pare
a
me
-
e
ho
dato
di
ciò
la
prova
,
scrivendo
-
che
quando
non
si
cada
nell
'
antiquato
errore
di
credere
,
che
le
idee
stiano
come
degli
esemplari
al
di
sopra
delle
cose
,
ammessa
la
inevitabile
division
del
lavoro
,
il
darsi
alla
considerazione
dei
principii
generali
,
presi
per
sé
,
non
implichi
per
forza
,
lo
scolasticismo
formale
,
ossia
la
ignoranza
delle
cose
dalle
quali
quei
principii
vengono
astratti
.
Certo
che
quei
tre
ordini
di
studii
e
di
considerazioni
faceano
uno
nella
mente
di
Marx
,
e
,
oltre
che
nella
mente
,
fecero
uno
nell
'
opera
sua
.
La
sua
politica
fu
come
la
pratica
del
suo
materialismo
storico
,
e
la
sua
filosofia
fu
come
inerente
a
quella
sua
critica
dell
'
economia
,
la
quale
fu
il
suo
modo
di
trattare
la
storia
.
Ma
,
lasciando
stare
che
cotesta
universalità
di
comprensione
è
la
nota
specifica
del
genio
che
inizii
un
nuovo
indirizzo
mentale
,
il
fatto
è
che
Marx
stesso
in
un
solo
caso
portò
a
compimento
la
integrazione
della
sua
dottrina
,
ed
è
nel
Capitale
.
La
perfetta
immedesimazione
della
filosofia
,
ossia
del
pensiero
criticamente
consapevole
,
con
la
materia
del
saputo
,
ossia
la
completa
eliminazione
del
divario
tradizionale
tra
scienza
e
filosofia
,
è
una
tendenza
del
nostro
tempo
:
tendenza
,
che
il
più
delle
volte
rimane
però
un
semplice
desideratum
.
Cotesta
tendenza
vorrebbero
alcuni
significare
,
appunto
quando
dicono
superata
la
metafisica
(
in
ogni
senso
)
;
mentre
altri
,
che
son
più
esatti
,
suppongono
che
la
scienza
giunta
a
perfezione
sia
già
la
filosofia
riassorbita
.
La
medesima
tendenza
giustifica
quella
dicitura
di
filosofia
scientifica
,
che
altrimenti
sarebbe
d
'
un
risibile
barocchismo
.
Se
cotesta
espressione
può
mai
aver
un
riscontro
pratico
di
evidenza
probativa
,
gli
è
proprio
nel
materialismo
storico
,
come
fu
nella
mente
e
negli
scritti
di
Marx
.
Ivi
la
filosofia
è
tanto
nella
cosa
stessa
,
e
in
essa
e
con
essa
rifusa
,
che
il
lettore
di
quegli
scritti
ne
prova
l
'
effetto
,
come
se
il
filosofare
non
sia
se
non
la
funzione
stessa
del
procedere
scientificamente
.
Devo
io
qui
stare
a
fare
delle
confessioni
;
o
mi
tocca
solo
di
limitarmi
a
discorrer
con
voi
obiettivamente
,
su
quei
punti
che
possono
riavvicinarci
negli
intenti
?
Se
io
dovessi
fermarmi
alle
espressioni
aforistiche
,
che
son
proprie
della
confessione
,
io
direi
così
:
-
a
)
l
'
ideale
del
sapere
deve
esser
questo
,
che
in
esso
cessi
la
opposizione
fra
scienza
e
filosofia
;
-
b
)
ma
,
come
la
scienza
(
empirica
)
è
in
continuo
divenire
,
e
si
moltiplica
così
nella
materia
come
nei
gradi
,
differenziando
in
pari
tempo
gl
'
ingegni
che
i
singoli
rami
ne
coltivano
,
e
d
'
altra
parte
s
'
è
accumulata
e
s
'
accumula
di
continuo
sotto
al
nome
di
filosofia
la
somma
delle
cognizioni
metodiche
e
formali
;
-
c
)
così
la
opposizione
tra
scienza
e
filosofia
si
mantiene
e
si
manterrà
,
come
termine
e
momento
sempre
provvisorio
,
per
indicare
appunto
,
che
la
scienza
è
di
continuo
in
sul
divenire
,
e
che
in
cotesto
divenire
entra
per
non
poca
parte
l
'
autocritica
.
Basta
guardare
a
Darwin
per
intendere
quanto
occorra
di
proceder
cauti
nell
'
affermare
,
che
la
scienza
dell
'
ora
presente
sia
per
se
stessa
la
fine
della
filosofia
.
Darwin
ha
di
certo
rivoluzionato
il
campo
delle
scienze
dell
'
organismo
,
e
con
esse
l
'
intera
concezione
della
natura
.
Ma
in
Darwin
stesso
non
fu
la
coscienza
completa
della
portata
delle
sue
scoverte
:
egli
non
fu
il
filosofo
della
sua
scienza
.
Il
darwinismo
,
come
nuova
visione
della
vita
,
e
quindi
della
natura
,
e
di
qua
dalla
persona
e
dagl
'
intenti
dello
stesso
Darwin
.
Viceversa
alcuni
volgarizzatori
del
marxismo
hanno
spogliato
questa
dottrina
della
filosofia
che
le
è
immanente
,
per
ridurla
ad
un
semplice
aperçu
del
variare
delle
condizioni
storiche
per
il
variare
delle
condizioni
economiche
.
Osservazioni
così
semplici
bastano
per
persuaderci
,
che
se
noi
possiamo
affermare
,
che
la
scienza
arrivata
a
perfezione
è
già
la
filosofia
,
ossia
che
questa
non
significhi
se
non
l
'
ultimo
grado
della
elaborazione
dei
concetti
(
Herbart
)
,
noi
non
dobbiamo
,
con
l
'
enunciazione
di
tale
postulato
,
autorizzar
nessuno
a
parlare
con
dispregio
di
ciò
che
in
senso
differenziato
chiamasi
la
filosofia
,
come
non
dobbiamo
dare
a
credere
a
tutti
gli
scienziati
,
che
,
a
qualunque
grado
dello
sviluppo
mentale
si
arrestino
,
essi
sian
di
già
i
trionfatori
o
gli
eredi
di
quella
bagattella
che
fu
la
filosofia
.
E
voi
,
perciò
,
non
avete
posta
una
questione
che
possa
dirsi
oziosa
,
mentre
chiedete
,
a
un
di
presso
:
-
con
quale
animo
il
cultore
del
materialismo
storico
guarderà
la
rimanente
filosofia
?
VI
.
Roma
,
28
maggio
'97
Nella
biografia
scientifica
dei
due
nostri
grandi
autori
c
è
una
lacuna
.
Nel
1847
una
loro
opera
viaggiava
per
la
stamperia
;
ma
rimase
poi
inedita
per
ragioni
accidentali
(
)
.
In
quel
libro
,
che
è
rimasto
un
semplice
manoscritto
,
e
che
,
per
quanto
io
sappia
,
non
fu
visto
dappoi
da
nessun
altro
dagli
autori
in
fuori
(
)
,
essi
,
come
se
facessero
un
esame
di
coscienza
,
fissarono
la
loro
veduta
nel
campo
filosofico
,
a
raffronto
delle
altre
correnti
contemporanee
.
Che
cotesto
esame
fosse
fatto
in
relazione
principalmente
ai
derivati
dell
'
hegelismo
,
e
al
contraccolpo
materialistico
di
esso
nella
dottrina
di
Feuerbach
,
non
v
'
è
dubbio
alcuno
.
Oltre
alle
ragioni
generali
del
movimento
filosofico
del
tempo
,
stanno
in
favore
di
questa
opinione
i
brani
di
articoli
di
giornali
e
di
riviste
,
che
,
come
reliquie
del
Marx
polemista
d
'
allora
,
furon
di
recente
pubblicati
dallo
Struve
nella
Nene
Zeit
.
Ma
quale
era
la
complessiva
posizione
mentale
dei
due
scrittori
?
quale
era
il
loro
orizzonte
bibliografico
?
quale
atteggiamento
assumevano
verso
gli
altri
fermenti
della
scienza
,
che
son
poi
fioriti
in
tante
rivoluzioni
,
così
nel
campo
della
filosofia
naturale
,
come
in
quello
della
filosofia
storica
,
e
quale
notizia
vi
aveano
essi
?
A
tutte
coteste
domande
non
è
dato
di
rispondere
adeguatamente
.
Si
capisce
,
del
resto
,
che
,
se
a
nessuno
può
rincrescere
d
'
aver
pubblicato
da
giovane
degli
scritti
,
che
da
vecchio
non
scriverebbe
a
quel
modo
,
il
non
averli
pubblicati
a
suo
tempo
è
grave
impedimento
agli
autori
stessi
per
tornarci
su
;
cosicché
Engels
diceva
,
che
quell
'
opera
avesse
in
fondo
prodotto
tutto
l
'
effetto
suo
:
fissare
,
cioè
,
l
'
orientazione
di
quelli
che
la
scrissero
.
E
poi
dopo
di
quel
tempo
,
presa
che
ebbero
la
loro
via
,
i
due
autori
non
scrissero
più
di
filosofia
nel
senso
differenziato
della
parola
(
)
.
Non
solo
le
loro
occupazioni
di
agitatori
pratici
,
di
pubblicisti
,
e
d
'
intesi
a
seguire
il
movimento
proletario
,
influendo
sopra
di
esso
,
ma
la
stessa
vocazione
mentale
loro
li
distoglieva
dal
mestiere
di
filosofi
en
titre
.
Sarebbe
per
ciò
cosa
vana
l
'
andar
passo
passo
ricercando
che
opinione
si
facessero
essi
,
nei
loro
studii
e
letture
,
dei
nuovi
portati
della
scienza
,
in
quanto
questi
venivano
o
non
venivano
a
recar
sussidio
al
nuovo
indirizzo
di
filosofia
storica
da
loro
escogitato
.
Certo
che
nella
psicologia
,
come
s
'
è
da
ultimo
svolta
,
nell
'
acuito
criticismo
nel
campo
della
filosofia
professionale
,
nella
scuola
dell
'
economia
storica
,
nel
darwinismo
,
così
nel
senso
specifico
come
nel
senso
lato
,
nella
cresciuta
tendenza
alla
storicità
nel
considerare
i
fenomeni
naturali
,
nelle
scoverte
della
preistoria
delle
istituzioni
,
e
nella
inclinazione
sempre
più
forte
verso
la
filosofia
della
scienza
,
ci
è
dato
di
riconoscere
come
dei
sussidii
e
come
dei
casi
analogici
al
prodursi
del
materialismo
storico
.
Ma
sarebbe
cosa
ridicola
il
voler
misurare
alla
stregua
di
ciò
che
è
debito
d
'
un
redattore
d
'
una
Rivista
critica
"
,
che
è
la
bibliografia
all
'
opera
,
o
del
professore
che
sciorina
agli
scolari
le
impressioni
successive
delle
sue
lettere
,
il
lavoro
di
assimilazione
della
scienza
contemporanea
,
che
potean
fare
,
o
effettivamente
fecero
,
quei
due
pensatori
,
i
quali
disponevano
d
'
un
così
specifico
e
specificato
angolo
visuale
,
e
aveano
nel
materialismo
storico
un
individuato
istrumento
di
ricerca
e
di
riduzione
.
E
in
ciò
consiste
,
del
resto
,
ciò
che
chiamiamo
la
originalità
;
e
fuori
di
tali
confini
questa
parola
significherebbe
l
'
assurdo
.
Non
scrivendo
più
di
filosofia
,
nel
senso
professionalmente
differenziato
e
differenziale
,
finiron
per
essere
i
più
perfetti
esemplari
di
quella
filosofia
scientifica
,
che
per
molti
è
un
semplice
pio
desiderio
,
per
altri
è
un
mezzo
di
spiattellare
in
nuova
dicitura
fraseologica
le
ovvie
cognizioni
della
scienza
empirica
,
alcune
volte
è
una
forma
generica
di
razionalismo
,
e
al
postutto
non
è
possibile
,
se
non
a
chi
entri
nei
particolari
della
realtà
con
la
penetrazione
che
è
propria
di
un
metodo
genetico
inerente
alle
cose
.
Engels
da
ultimo
scriveva
:
Dal
momento
che
per
ogni
scienza
diventa
una
necessità
il
venire
in
chiaro
su
la
sua
propria
posizione
nell
'
insieme
delle
cose
e
della
conoscenza
delle
cose
,
la
scienza
speciale
dell
'
insieme
diventa
superflua
.
Ciò
che
della
filosofia
,
svoltasi
fino
ad
ora
,
rimane
tuttora
come
per
sé
stante
,
gli
è
la
dottrina
del
pensiero
e
delle
sue
leggi
-
la
logica
formale
e
la
dialettica
.
Tutto
il
resto
si
risolve
nella
scienza
positiva
della
natura
e
della
storia
(
)
.
Agli
eruditi
,
ai
ricercatori
di
tèmi
per
dissertazione
,
ai
dottori
novellini
,
tutto
è
possibile
.
Come
han
messo
assieme
l
'
etica
di
Erodoto
,
la
psicologia
di
Pindaro
,
la
geologia
di
Dante
,
l
'
entomologia
di
Shakespeare
e
la
pedagogica
di
Schopenhauer
,
così
a
fortiori
,
e
a
più
giusto
titolo
,
potrebbero
scrivere
della
logica
del
Capitale
,
anzi
costruire
un
insieme
della
filosofia
di
Marx
,
tutta
specificata
e
spartita
secondo
le
sacramentali
rubriche
della
scienza
professionale
.
Question
di
gusti
!
-
io
che
,
per
esempio
,
preferisco
l
'
ingenuità
di
Erodoto
e
la
poderosità
di
Pindaro
alla
erudizione
che
ne
stemperi
gli
unitarii
prodotti
in
amminicoli
di
postuma
analisi
,
lascio
volentieri
al
Capitale
la
integralità
sua
,
a
produrre
la
quale
concorrono
organicamente
tutte
le
nozioni
e
conoscenze
,
che
allo
stato
differenziato
han
nome
di
logica
,
di
psicologia
,
di
sociologia
,
di
diritto
e
di
storia
nel
senso
ovvio
;
-
e
ci
concorre
anche
quella
singolare
flessibilità
e
flessuosità
del
pensiero
,
che
è
la
estetica
della
dialettica
.
Rimane
per
ciò
quel
libro
,
e
rimarrà
sempre
,
analizzabile
sì
nei
particolari
,
ma
inafferrabile
nell
'
insieme
,
per
gli
empiristi
puri
,
per
gli
scolasticisti
dalle
definizioni
nette
e
non
convertibili
nel
flusso
del
pensiero
,
per
gli
utopisti
d
'
ogni
maniera
,
e
soprattutto
per
gli
utopisti
del
liberismo
e
pei
libertarii
,
che
sono
,
dal
più
al
meno
,
anarchisti
senza
saperlo
.
Immergersi
nel
concreto
delle
correlatività
sociali
e
storiche
gli
è
cosa
per
molti
intelletti
di
una
difficoltà
quasi
insuperabile
.
Invece
di
pigliare
l
insieme
sociale
,
come
un
dato
in
cui
geneticamente
si
svolgono
delle
leggi
,
le
quali
sono
relazioni
di
movimento
,
molti
han
bisogno
di
rappresentarsi
delle
cose
fisse
,
per
es
.
,
l
'
egoismo
di
qua
,
l
'
altruismo
di
là
,
e
così
via
.
Il
caso
caratteristico
è
quello
dei
moderni
edonisti
.
Non
si
arrestano
alla
compagine
sociale
,
come
al
dato
specifico
della
dottrina
economica
,
ma
risalgono
ai
giudizi
di
valutazione
,
come
alla
premessa
(
logico
-
psicologica
)
della
Economica
.
In
questi
giudizii
trovano
una
scala
,
e
studiano
(
per
la
più
parte
in
forma
tipica
ed
ipotetica
)
i
gradi
di
essa
;
come
chi
studiasse
nell
'
estetica
formale
i
soli
gradi
del
compiacimento
.
Di
fronte
a
tali
valutazioni
(
o
gradi
dell
'
apprezzamento
del
bisogno
)
stanno
le
cose
,
che
sono
i
beni
;
e
queste
cose
vengono
esaminate
nella
loro
relazione
con
gli
apprezzamenti
,
tenuto
conto
della
loro
quantità
disponibile
ed
acquisibile
,
il
che
determina
per
esse
la
qualità
di
valori
,
il
limite
dei
valori
ed
il
valore
-
limite
.
Costituita
così
la
posizione
astratta
e
generica
della
economicità
,
indifferentemente
,
così
per
le
cose
di
cui
la
natura
ci
è
prodiga
,
come
per
quelle
che
costano
agli
uomini
il
sudore
della
fronte
(
e
l
'
ingrato
lavoro
della
storia
)
,
la
povera
economia
ovvia
e
comune
,
ossia
la
economia
della
convivenza
che
ci
è
familiare
,
e
su
la
quale
si
sono
travagliati
i
teoretici
di
scuola
classica
,
e
i
critici
del
socialismo
,
diventa
come
un
caso
particolare
di
un
'
algebra
universalissima
.
Il
lavoro
,
che
per
noi
è
il
nerbo
stesso
del
vivere
umano
,
ossia
l
'
uomo
stesso
che
si
svolge
,
diventa
in
cotesta
veduta
,
o
lo
sforzo
per
evitare
una
pena
,
o
la
minor
pena
.
In
cotesta
astratta
atomistica
delle
conazioni
,
degli
apprezzamenti
e
delle
quantità
di
beni
,
non
si
sa
più
che
cosa
sia
la
storia
,
e
il
progresso
si
risolve
in
una
mera
parvenza
.
Se
mai
occorresse
di
formulare
,
non
sarebbe
fuori
di
luogo
il
dire
,
che
la
filosofia
implicita
al
materialismo
storico
è
la
tendenza
al
monismo
;
-
e
uso
la
parola
tendenza
,
accentuandola
.
Dico
tendenza
,
e
aggiungo
tendenza
critico
-
formale
.
Non
si
tratta
già
,
insomma
,
di
tornare
alla
intuizione
teosofica
o
metafisica
della
totalità
del
mondo
,
come
se
noi
,
per
atto
di
cognizione
trascendente
,
giungessimo
issofatto
alla
visione
della
sostanza
a
tutti
i
fenomeni
e
processi
sottostante
.
La
parola
tendenza
esprime
precisamente
l
'
adagiarsi
della
mente
nella
persuasione
,
che
tutto
è
pensabile
come
genesi
,
che
il
pensabile
,
anzi
,
non
è
che
genesi
,
e
che
la
genesi
ha
i
caratteri
approssimativi
della
continuità
.
Ciò
che
differenzia
cotesto
senso
della
genesi
dalle
vaghe
intuizioni
trascendentali
(
per
es
.
,
Schelling
)
è
il
discernimento
critico
,
e
quindi
il
bisogno
di
specificare
la
ricerca
:
ossia
il
riavvicinamento
all
'
empirismo
per
ciò
che
concerne
il
contenuto
del
processo
,
e
la
rinuncia
alla
pretesa
di
recarsi
in
mano
lo
schema
universale
di
tutte
le
cose
.
I
volgari
evoluzionisti
fanno
così
:
afferrata
la
nozione
astratta
del
divenire
(
evoluzione
)
,
ci
caccian
dentro
ogni
cosa
,
dal
concretarsi
della
nebulosa
alla
fatuità
loro
.
Così
facevano
i
ripetitori
di
Hegel
,
col
ritmo
soprastante
e
perpetuo
,
della
tesi
,
antitesi
e
sintesi
.
Ragione
precipua
dell
'
accorgimento
critico
,
col
quale
il
materialismo
storico
corregge
il
monismo
,
è
questa
:
che
esso
parte
dalla
praxis
,
cioè
dallo
sviluppo
della
operosità
,
e
come
è
la
teoria
dell
'
uomo
che
lavora
,
così
considera
la
scienza
stessa
come
un
lavoro
.
Porta
infine
a
compimento
il
senso
implicito
alle
scienze
empiriche
;
che
noi
,
cioè
,
con
l
'
esperimento
ci
riavviciniamo
al
fare
delle
cose
,
e
raggiungiamo
la
persuasione
,
che
le
cose
stesse
sono
un
fare
,
ossia
un
prodursi
.
Il
brano
dell
'
Engels
citato
più
innanzi
potrebbe
,
però
,
dar
luogo
a
delle
curiose
illazioni
;
come
chi
si
pigliasse
tutta
la
mano
,
quando
altri
gli
ha
offerto
il
dito
.
Dato
ed
ammesso
,
che
la
logica
e
la
dialettica
continuino
a
sussistere
come
per
sé
stanti
,
non
può
esser
questa
,
si
direbbe
,
occasione
propizia
a
rimettere
a
novo
tutta
la
enciclopedia
filosofica
?
Rifacendo
,
a
parte
a
parte
,
e
per
ogni
singolo
ramo
di
scienza
,
il
lavoro
di
astrazione
degli
elementi
formali
che
vi
sono
impliciti
,
si
riesce
a
scrivere
dei
vasti
e
comprensivi
sistemi
di
logica
,
come
son
quelli
esemplari
del
Sigwart
e
del
Wundt
;
le
quali
,
in
verità
,
son
delle
vere
enciclopedie
della
dottrina
dei
principii
del
sapere
.
Ora
se
è
questo
il
desiderio
dei
filosofi
professionali
,
stiano
pur
tranquilli
,
che
le
loro
cattedre
non
saranno
abolite
.
La
division
del
lavoro
nel
campo
intellettuale
si
presta
praticamente
a
molte
combinazioni
.
Se
c
'
è
chi
voglia
compendiare
in
forma
schematica
i
principii
,
coi
quali
noi
ci
rendiamo
conto
di
un
determinato
gruppo
di
fatti
,
per
es
.
,
di
un
determinato
ordinamento
giuridico
,
nulla
osta
che
egli
cotesta
disciplina
(
)
chiami
scienza
generale
del
diritto
o
anche
,
se
gli
piace
,
filosofia
del
diritto
,
purché
si
rammenti
che
riduce
a
sistema
(
empirico
)
un
ordine
di
fatti
storici
;
ossia
che
coglie
una
categoria
storica
come
il
divenuto
del
divenire
.
Tendenza
(
formale
e
critica
)
al
monismo
,
da
una
parte
,
virtuosità
a
tenersi
equilibratamente
in
un
campo
di
specializzata
ricerca
,
dall
'
altra
parte
:
-
ecco
il
resultato
.
Per
poco
che
s
'
esca
da
questa
linea
,
o
si
ricade
nel
semplice
empirismo
(
la
nonfilosofia
)
,
o
si
trascende
alla
iperfilosofia
,
ossia
alla
pretesa
di
rappresentarsi
in
atto
l
'
Universo
,
come
chi
ne
possedesse
la
intuizione
intellettuale
.
Leggete
,
di
grazia
,
se
non
l
'
avete
già
letta
,
la
conferenza
di
Haeckel
sul
monismo
,
che
fu
volgarizzata
in
Francia
da
un
appassionato
darwinista
della
sociologia
(
)
.
In
quell
'
insigne
scienziato
si
confondono
tre
attitudini
diverse
:
una
maravigliosa
capacità
alla
ricerca
e
dichiarazione
dei
particolari
,
una
profonda
elaborazione
sistematica
dei
particolari
appurati
,
e
una
poetica
intuizione
dell
'
Universo
,
che
pur
essendo
della
immaginazione
,
alcune
volte
pare
della
filosofia
.
Ma
mettere
voi
,
illustre
Haeckel
,
tutto
l
'
Universo
,
dalle
vibrazioni
dell
'
etere
alla
formazione
del
cervello
;
ma
che
dico
del
cervello
,
anzi
giù
giù
,
dopo
questo
,
dalle
origini
dei
popoli
e
degli
stati
e
dell
'
etica
fino
ai
tempi
nostri
,
compresi
i
principotti
protettori
della
vostra
Università
di
Iena
,
ai
quali
fate
le
riverenze
,
in
sole
47
pagine
in-8°
,
è
cosa
superiore
per
fino
all
'
eccellenza
dell
'
ingegno
vostro
!
Non
vi
sovviene
forse
di
quei
tanti
buchi
,
che
l
'
Universo
presenta
anche
alla
provetta
scienza
nostra
:
o
avete
a
casa
un
grande
armadio
pieno
di
quei
berretti
da
notte
,
che
Heine
dicea
usassero
gli
hegeliani
a
covrire
quei
buchi
?
O
non
vi
ricordate
di
cosa
che
dovrebbe
più
direttamente
scottarvi
:
quel
tale
batibio
,
che
prese
nome
da
voi
in
una
scoverta
dell
'
Huxley
,
che
era
poi
,
viceversa
,
un
solenne
qui
-
pro
-
quo
?
Dunque
,
tendenza
al
monismo
,
ma
al
tempo
stesso
coscienza
precisa
della
specialità
della
ricerca
.
Tendenza
a
fondere
scienza
e
filosofia
,
ma
,
medesimamente
,
continuata
riflessione
su
la
portata
e
sul
valore
di
quelle
forme
del
pensiero
,
che
usiamo
in
concreto
,
e
che
pur
possiamo
distaccar
dal
concreto
,
come
accade
nella
logica
stricto
jure
,
e
nella
teoria
generale
della
conoscenza
(
che
voi
chiamate
metafisica
)
.
Pensare
in
concreto
,
e
pur
poter
riflettete
in
astratto
su
i
dati
e
su
le
condizioni
della
pensabilità
.
La
filosofia
c
'
è
e
non
c
'
è
(
)
.
Per
chi
non
c
è
ancora
arrivato
,
essa
è
come
il
di
là
dalla
scienza
.
E
per
chi
c
è
arrivato
,
essa
è
la
scienza
condotta
a
perfezione
.
Oggi
,
come
in
passato
,
noi
possiamo
scrivere
,
su
i
dati
astratti
da
una
determinata
esperienza
,
dei
trattati
per
es
.
,
di
etica
o
di
politica
,
e
possiamo
dare
alla
trattazione
tutta
la
perspicuità
del
sistema
:
purché
ci
ricordiamo
di
questo
,
che
le
premesse
cioè
si
ricollegano
geneticamente
ad
altro
;
purché
non
cadiamo
nella
illusione
(
metafisica
)
di
considerare
i
principii
come
degli
schemi
ab
aeterno
,
ossia
come
le
sopraccose
delle
cose
dell
'
esperienza
.
A
questo
punto
nulla
c
'
impedisce
di
enunciare
una
formula
come
la
seguente
:
tutto
il
conoscibile
può
essere
conosciuto
;
e
tutto
il
conoscibile
sarà
,
all
'
infinito
,
realmente
conosciuto
;
e
di
là
dal
conoscibile
,
a
noi
,
nel
campo
della
conoscenza
,
non
importa
nulla
di
null
'
altro
.
Questo
generico
enunciato
,
nel
suo
aspetto
pratico
,
si
riduce
a
dire
:
che
la
conoscenza
tanto
importa
per
quanto
ci
è
dato
di
realmente
conoscere
,
e
che
è
una
mera
fantasticheria
l
'
ammettere
,
che
la
mente
riconosca
,
come
esistente
in
atto
un
'
assoluta
differenza
tra
il
limitato
conoscibile
e
ciò
che
è
per
sé
inconoscibile
:
-
un
inconoscibile
,
che
io
dichiaro
di
conoscere
come
inconoscibile
!
Come
fate
voi
,
von
Hartmann
,
a
bazzicare
da
tanti
anni
con
l
'
Inconsapevole
,
che
voi
così
consaputamente
vedete
operare
;
e
voi
,
signor
Spencer
,
a
manovrate
di
continuo
col
riconoscimento
dell
'
Inconoscibile
,
che
in
fondo
voi
in
qualche
modo
sapete
,
se
ne
fate
il
limite
del
conoscibile
?
In
fondo
a
cotesta
fraseologia
dello
Spencer
si
cela
il
dio
del
catechismo
;
-
c
è
,
insomma
,
il
residuo
di
una
iperfilosofia
,
che
rassomiglia
,
come
la
religione
,
al
culto
di
quell
'
ignoto
,
che
,
in
uno
e
medesimo
tempo
si
dichiara
ignoto
,
e
pur
si
afferma
di
conoscere
in
certa
guisa
facendone
oggetto
di
riverenza
.
In
tale
stato
d
'
animo
la
filosofia
è
ridotta
allo
studio
dei
fenomeni
(
parvenze
)
,
e
il
concetto
di
evoluzione
non
implica
punto
che
la
realtà
stessa
divenga
.
Per
il
materialismo
storico
il
divenire
,
ossia
l
'
evoluzione
,
e
invece
reale
,
anzi
è
la
realtà
stessa
;
come
è
reale
il
lavoro
,
che
è
il
prodursi
dell
'
uomo
,
che
ascende
dalla
immediatezza
del
vivere
(
animale
)
alla
libertà
perfetta
(
che
è
il
comunismo
)
.
In
questa
inversione
pratica
del
problema
della
conoscibilità
,
noi
ci
rechiamo
interamente
in
mano
la
scienza
,
in
quanto
essa
è
il
fatto
nostro
.
Una
nuova
vittoria
sul
feticcio
!
Il
sapere
è
per
noi
un
bisogno
,
che
empiricamente
si
produce
,
si
raffina
,
si
perfeziona
,
si
corrobora
di
mezzi
e
di
tecnica
,
come
ogni
altro
bisogno
.
Noi
via
via
conosciamo
ciò
che
ci
occorre
di
conoscere
.
L
'
esperimentare
è
un
crescere
;
e
ciò
che
chiamiamo
il
progresso
dello
spirito
,
non
è
se
non
un
accumularsi
di
energie
di
lavoro
.
In
cotesto
prosaico
assunto
si
risolve
quell
'
assolutezza
della
conoscenza
,
che
era
per
gli
idealisti
un
postulato
di
ragione
,
o
una
argomentazione
ontologica
(
)
.
Quella
tal
cosa
(
così
detta
in
sé
)
,
che
non
si
conosce
,
né
oggi
,
né
domani
,
che
non
si
conoscerà
mai
,
e
che
pur
si
sa
di
non
poter
conoscere
,
non
può
appartenere
al
campo
della
conoscenza
,
perché
non
si
dà
conoscenza
dell
inconoscibile
.
Se
un
simile
assunto
entra
nella
cerchia
della
filosofia
,
gli
è
perché
la
coscienza
del
filosofo
non
è
tutta
fatta
di
scienza
,
ma
consta
ancora
di
tanti
altri
elementi
sentimentali
ed
affettivi
,
da
cui
,
sotto
l
impulso
della
paura
,
e
per
tramite
della
fantasia
e
del
mito
,
si
generano
combinazioni
psichiche
,
le
quali
,
come
in
passato
impedirono
lo
sviluppo
della
cognizione
razionale
,
così
ora
adombrano
il
campo
del
sapere
meditato
e
prosaico
.
Pensiamo
alla
morte
.
Essa
è
teoricamente
insita
alla
vita
.
La
morte
,
che
pare
così
tragica
negli
individui
complessi
,
che
alla
comune
intuizione
appariscono
come
i
veri
e
proprii
organismi
,
è
immanente
agli
elementi
primissimi
della
sostanza
organica
,
per
la
estrema
labilità
e
per
la
circoscritta
plasticità
del
protoplasma
.
Ma
tutt
'
altro
è
la
paura
della
morte
-
ossia
l
'
egoismo
del
vivere
!
E
così
è
di
tutte
le
altre
affettività
e
tendenze
passionali
,
che
,
nelle
loro
derivazioni
mitiche
,
poetiche
e
religiose
,
gettarono
,
gettano
e
getteranno
in
varia
proporzione
le
ombre
loro
sul
campo
della
coscienza
.
La
filosofia
dell
'
uomo
puramente
teoretico
che
tutte
le
cose
contempli
sotto
l
'
aspetto
del
proprio
esser
loro
,
gli
è
come
il
tentativo
di
far
passare
il
pensiero
astratto
su
tutto
il
campo
della
coscienza
,
senza
che
v
'
incontri
,
né
deviazioni
,
né
attriti
.
Ecco
Baruch
Spinoza
,
il
vero
eroe
del
pensiero
,
che
se
stesso
contempla
in
quanto
gli
affetti
e
le
passioni
,
a
guisa
di
forze
della
interiore
meccanica
,
gli
si
trasmutano
in
obietti
di
considerazione
geometrica
!
En
attendant
che
in
una
futura
umanità
di
uomini
quasi
trasumanati
,
l
'
eroismo
di
Baruch
Spinoza
divenga
la
virtù
minuscola
di
tutti
i
giorni
,
e
che
i
miti
,
la
poesia
,
la
metafisica
e
la
religione
non
ingombrino
più
il
campo
della
coscienza
,
contentiamoci
che
fino
ad
ora
,
e
per
ora
,
la
filosofia
,
così
nel
senso
differenziato
,
come
nell
'
altro
,
sia
servita
quale
istrumento
critico
e
serva
,
per
rispetto
alla
scienza
,
a
mantenere
la
chiaroveggenza
dei
metodi
formali
e
dei
procedimenti
logici
,
e
per
rispetto
alla
vita
a
diminuire
gl
'
impedimenti
che
all
'
esercizio
del
libero
pensiero
frappongono
le
fantastiche
proiezioni
degli
affetti
,
delle
passioni
,
dei
timori
e
delle
speranze
;
ossia
giovi
e
serva
,
come
direbbe
precisamente
Spinoza
,
a
vincere
l
'
imaginatio
e
l
'
ignorantia
.
VII
.
Roma
,
16
giugno
'97
Mi
capita
un
bel
caso
.
Mentre
pareami
di
non
esser
venuto
al
termine
ancora
di
queste
mie
epistole
,
m
'
è
toccato
di
dover
discorrere
delle
stesse
precise
cose
,
delle
quali
mi
vado
intrattenendo
con
voi
,
in
altro
luogo
,
in
altra
forma
,
e
d
'
animo
men
lieto
.
In
uno
degli
ultimi
numeri
della
Critica
Sociale
apparve
una
specie
di
messaggio
,
che
il
signor
Antonio
De
Bella
,
sociologo
calabrese
,
dirigeva
contro
quei
socialisti
esclusivi
,
che
per
ogni
cosa
ed
in
ogni
questione
,
a
quel
che
dice
lui
,
se
ne
stanno
al
verbo
di
Marx
.
Il
De
Bella
ha
mancato
di
farci
sapere
,
se
il
Marx
,
cui
quelli
che
tartassa
s
'
appellano
,
sia
il
genuino
,
o
un
altro
così
per
dire
alterato
,
o
a
dirittura
inventato
,
un
Marx
biondo
,
o
che
so
io
altro
.
Il
fatto
è
che
m
'
ha
concesso
l
'
onore
di
metterci
anche
me
nel
branco
di
cotesti
ostinati
,
cui
rivolge
i
suoi
moniti
e
i
suoi
consigli
,
perché
si
completino
d
'
altra
più
vasta
coltura
sociologica
e
naturalistica
.
Cita
invero
il
solo
mio
nome
,
senza
dire
a
quale
mio
scritto
,
detto
o
fatto
intenda
di
richiamarsi
:
e
poi
giù
un
pochino
del
solito
catechismo
della
sociologia
intinta
di
darwinismo
,
con
la
inevitabile
filastrocca
di
tanti
nomi
di
autori
.
Credetti
opportuno
di
rispondere
;
un
po
'
per
dire
sommariamente
,
come
il
socialismo
scientifico
non
si
trovi
poi
tanto
a
mal
partito
,
da
aver
proprio
bisogno
di
certi
consigli
;
per
mostrare
,
che
i
complementi
suggeriti
dal
De
Bella
,
o
sono
i
sottintesi
,
o
sono
il
contrario
del
marxismo
;
e
soprattutto
perché
,
trovandomi
da
un
pezzo
in
qua
in
vena
di
conversare
con
voi
di
socialismo
e
di
filosofia
,
m
'
è
parso
opportuno
di
fissare
con
note
ad
hominem
parecchie
delle
considerazioni
critiche
,
che
vado
svolgendo
tête
-
à
-
tête
con
voi
,
con
una
certa
tal
quale
bizzarria
di
forma
.
Vi
mando
la
mia
risposta
,
come
è
apparsa
nella
Critica
Sociale
di
ieri
.
E
anche
questa
è
una
lettera
;
e
,
sebbene
non
sia
diretta
a
voi
,
potete
metterla
nella
collezione
,
come
se
facesse
seguito
.
Completa
e
riassume
le
altre
,
con
qualche
leggera
e
scusabile
ripetizione
.
Questa
lettera
extra
,
che
indirizzavo
al
direttore
della
Critica
Sociale
,
non
è
dolce
di
sale
.
Non
la
scrissi
proprio
con
l
'
intenzione
di
far
cosa
grata
al
signor
De
Bella
.
C
'
è
del
cattivo
umore
.
Forse
questo
umor
di
critica
rivelante
amarezza
m
è
venuto
dal
fatto
,
che
,
standomene
io
con
la
mente
rivolta
allo
studio
di
questo
grave
problema
dei
rapporti
del
materialismo
sociale
col
rimanente
della
intuizione
scientifica
contemporanea
,
m
'
è
parso
che
i
consigli
del
signor
De
Bella
,
-
che
del
resto
non
stava
a
spiare
quel
che
io
vado
scrivendo
a
voi
,
-
fossero
,
per
lo
meno
quanto
a
me
,
inopportuni
;
se
non
altro
perché
non
avrei
la
fantasia
di
chiedergliene
.
Roma
,
5
giugno
'97
Caro
Turati
,
Non
mi
è
ben
chiaro
se
il
De
Bella
,
nominandomi
,
parli
proprio
di
me
.
Sarei
anzi
inclinato
a
credere
,
che
egli
rivolga
la
sua
tirata
a
un
mannequin
di
sua
fattura
,
al
quale
abbia
,
commoditatis
causa
,
appiccicato
il
nome
mio
.
Comunque
sia
,
dal
momento
che
mescola
il
mio
nome
alle
sue
meditazioni
,
io
non
posso
a
meno
di
aggiungere
alla
vostra
una
nuova
postilla
.
Com
'
è
risaputo
,
io
entrai
esplicitamente
e
pubblicamente
nelle
vie
del
socialismo
solo
dieci
anni
fa
(
)
.
Dieci
anni
sono
un
tratto
di
tempo
non
veramente
lungo
nella
mia
esistenza
fisica
,
giacché
ne
conto
ormai
quattro
oltre
il
mezzo
secolo
;
ma
sono
un
tratto
a
dirittura
breve
nella
mia
vita
intellettuale
.
Prima
,
insomma
,
di
diventar
socialista
,
io
avevo
avuto
inclinazione
,
agio
e
tempo
,
opportunità
ed
obbligo
d
'
aggiustar
le
mie
partite
ed
i
miei
conti
col
darwinismo
,
col
positivismo
,
col
neokantismo
,
e
con
quanto
altro
di
scientifico
si
è
svolto
intorno
a
me
,
e
ha
dato
a
me
occasione
di
svolgermi
tra
i
miei
contemporanei
,
poiché
tengo
cattedra
di
filosofia
all
'
Università
dal
1871
,
e
per
l
'
innanzi
ero
stato
studioso
di
ciò
che
occorre
per
filosofare
.
Volgendomi
al
socialismo
,
non
ho
chiesto
a
Marx
l
'
abicì
del
sapere
.
Al
marxismo
non
ho
chiesto
,
se
non
ciò
ch
'
esso
effettivamente
contiene
:
ossia
quella
determinata
critica
dell
'
economia
che
esso
è
,
quei
lineamenti
del
materialismo
storico
che
reca
in
sé
,
quella
politica
del
proletariato
che
enuncia
o
preannuncia
.
Non
chiesi
al
marxismo
nemmeno
la
conoscenza
di
quella
filosofia
,
che
esso
suppone
,
e
,
in
un
certo
senso
,
continua
,
superandola
per
inversione
dialettica
;
ed
è
l
'
hegelismo
,
che
rifioriva
appunto
in
Italia
nella
mia
gioventù
,
e
nel
quale
io
m
ero
come
allevato
.
Manco
a
farlo
a
posta
,
la
mia
prima
composizione
filosofica
,
in
data
del
maggio
1862
,
è
una
:
Difesa
della
dialettica
di
Hegel
contro
il
ritorno
a
Kant
iniziato
da
Ed
.
Zeller
!
Per
intendere
il
socialismo
scientifico
non
mi
occorreva
,
dunque
,
di
avviarmi
per
la
prima
volta
alla
concezione
dialettica
,
evolutiva
o
genetica
,
che
dir
si
voglia
,
essendo
io
vissuto
sempre
in
cotesto
giro
di
idee
,
da
che
pensatamente
penso
.
Aggiungo
anzi
,
che
,
mentre
il
marxismo
non
mi
tornava
punto
difficile
nei
suoi
lineamenti
intrinseci
e
formali
,
in
quanto
metodo
di
concezione
,
mi
tornava
invece
di
faticosa
acquisizione
nel
suo
proprio
contenuto
economico
.
E
mentre
io
andavo
facendo
,
nel
miglior
modo
che
mi
fu
possibile
,
cotesta
acquisizione
,
non
era
né
dato
né
permesso
a
me
di
confondere
la
linea
di
sviluppo
che
è
propria
del
materialismo
storico
,
ossia
il
senso
che
ha
qui
in
questo
caso
concreto
l
'
evoluzione
,
con
quella
,
direi
quasi
,
malattia
cerebrale
,
che
da
anni
già
ha
invaso
i
cervelli
di
quei
molti
italiani
,
che
parlano
ora
di
una
Madonna
Evoluzione
,
e
l
'
adorano
.
Che
mi
chiede
,
dunque
,
il
De
Bella
?
Che
io
,
a
guisa
di
giovane
seminarista
,
pur
mo
svestito
,
ritorni
a
scuola
!
O
vuole
ch
'
io
mi
faccia
ribattezzare
da
Darwin
,
riconfermare
da
Spencer
,
reciti
poi
la
confessione
generale
innanzi
ai
compagni
,
e
mi
prepari
a
ricevere
da
lui
l
'
estrema
unzione
?
Per
quieto
vivere
lascerei
correre
tutto
il
resto
;
ma
contro
all
'
appello
alla
coscienza
dei
compagni
protesto
recisamente
.
I
compagni
rigidi
e
perfino
tirannici
per
ciò
che
si
attiene
alla
condotta
politica
del
partito
in
una
certa
misura
e
in
date
condizioni
,
li
ammetto
.
Ma
i
compagni
che
abbiano
autorità
di
pronunziare
da
arbitri
in
fatto
di
scienza
..
-
solo
perché
compagni
...
via
,
la
scienza
non
sarà
messa
ai
voti
mai
,
nemmeno
nella
cosiddetta
società
futura
!
O
vuole
una
più
modesta
cosa
,
che
io
,
cioè
,
affermi
e
giuri
che
il
marxismo
non
è
la
scienza
universale
,
e
che
gli
oggetti
che
contempla
non
sono
l
'
Universo
?
Concedo
subito
.
E
sfido
che
io
possa
non
concedere
.
Mi
basta
di
ricordarmi
dell
'
orario
della
Università
,
e
dei
moltissimi
corsi
che
enumera
.
Anzi
concedo
ancora
di
più
.
Ecco
qua
:
Questa
dottrina
non
è
se
non
agl
inizii
suoi
,
ed
ha
bisogno
ancora
di
molto
sviluppo
(
Del
materialismo
storico
,
cap
.
I
)
(
)
.
Difatti
,
ciò
che
tormenta
il
De
Bella
e
tanti
altri
,
gli
è
appunto
la
caccia
alla
universale
filosofia
,
nella
quale
il
socialismo
possa
poi
essere
bene
allogato
,
come
la
parte
nella
visione
del
tutto
.
S
'
accomodino
!
La
carta
è
paziente
:
così
dicono
gli
editori
tedeschi
agli
autori
novellini
.
Ma
non
posso
risparmiarmi
due
avvertenze
.
La
prima
è
,
che
nessun
sofo
di
questo
mondo
riuscirebbe
mai
a
darci
l
'
idea
dell
'
universa
filosofia
in
due
colonne
della
Critica
Sociale
"
.
La
seconda
è
affatto
personale
.
Sono
venti
anni
ormai
che
io
ho
in
uggia
la
filosofia
sistematica
,
e
come
cotesta
disposizione
d
'
animo
mi
ha
reso
più
accessibile
al
marxismo
che
è
uno
dei
modi
nei
quali
lo
spirito
scientifico
si
è
liberato
dalla
filosofia
come
per
sé
stante
,
cosi
è
causa
della
mia
inveterata
diffidenza
per
lo
Spencer
filosofo
,
che
nei
Primi
Principii
ci
ha
ridata
una
schematica
del
cosmo
.
E
qui
occorre
che
citi
me
stesso
:
Io
non
ero
venuto
in
questa
università
,
ventitré
anni
fa
,
qual
rappresentante
di
una
ortodossia
filosofica
,
né
da
escogitatore
di
novello
sistema
.
Per
le
fortunate
contingenze
della
mia
vita
,
io
avevo
fatta
la
mia
educazione
sotto
l
'
influsso
diretto
e
genuino
dei
due
grandi
sistemi
,
nei
quali
era
venuta
al
termine
suo
la
filosofia
,
che
oramai
possiamo
chiamare
classica
;
e
ossia
dei
sistemi
di
Herbart
e
di
Hegel
,
nei
quali
era
arrivata
all
'
estremo
delle
conseguenze
l
'
antitesi
tra
realismo
e
idealismo
,
tra
pluralismo
e
monismo
,
tra
psicologia
scientifica
e
fenomenologia
dello
spirito
,
tra
specificazione
dei
metodi
ed
anticipazione
di
ogni
metodo
nella
onnisciente
dialettica
.
Già
la
filosofia
di
Hegel
avea
messo
capo
nel
materialismo
storico
di
Carlo
Marx
,
e
quella
di
Herbart
nella
psicologia
empirica
,
che
,
a
date
condizioni
,
e
dentro
certi
limiti
,
è
anche
sperimentale
,
comparata
,
storica
e
sociale
.
Eran
quelli
gli
anni
,
nei
quali
,
per
la
intensiva
ed
estensiva
applicazione
del
principio
dell
'
energia
,
della
teoria
atomica
e
del
darwinismo
,
e
col
ritrovamento
delle
accertate
forme
e
condizioni
della
fisiologia
generale
,
si
rivoluzionava
a
vista
d
'
occhi
tutta
la
concezione
della
natura
.
E
in
pari
tempo
,
l
'
analisi
comparativa
delle
istituzioni
,
in
concorrenza
con
la
linguistica
e
con
la
mitologia
comparata
,
e
poi
la
preistoria
tutta
,
e
,
da
ultimo
,
la
economia
storica
,
rovesciavano
la
più
parte
delle
posizioni
di
fatto
e
delle
ipotesi
formali
,
su
le
quali
,
e
per
le
quali
,
si
era
per
l
'
innanzi
filosofato
sul
diritto
,
su
la
morale
e
su
la
società
.
I
fermenti
del
pensiero
,
quei
fermenti
che
sono
impliciti
nelle
nuove
o
nelle
rinnovate
scienze
,
non
accennavano
,
come
non
accennano
ancora
,
allo
sviluppo
di
una
novella
sistematica
filosofica
,
che
tutto
il
campo
della
esperienza
contenga
e
domini
.
Passo
sopra
alle
filosofie
di
privato
uso
ed
invenzione
,
com
è
il
caso
dei
Nietzsche
e
dei
von
Hartmann
,
e
mi
risparmio
ogni
critica
di
questi
pretesi
ritorni
ai
filosofi
di
altri
tempi
(
)
,
che
dànno
per
resultato
una
filologia
in
cambio
della
filosofia
,
com
'
è
accaduto
dei
neokantiani
.
Mi
soffermo
a
notare
il
quasi
inverosimile
equivoco
verbale
,
per
il
quale
molti
ingenuamente
,
e
specie
in
Italia
,
confondono
senz
'
altro
quella
specificata
filosofia
,
che
è
il
positivismo
,
col
positivo
,
ossia
col
positivamente
acquisito
nella
interminabile
nuova
esperienza
naturale
e
sociale
.
A
costoro
capita
,
per
es
.
,
di
non
saper
distinguere
nello
Spencer
,
ciò
che
è
merito
incontrastabile
in
lui
,
d
'
aver
cioè
concorso
a
formare
la
fisiologia
generale
,
da
ciò
che
è
impotenza
in
lui
a
spiegare
un
solo
fatto
storico
concreto
per
mezzo
della
sua
sociologia
del
tutto
schematica
.
A
costoro
accade
di
non
distinguere
,
nello
stesso
Spencer
,
ciò
che
è
dello
scienziato
da
ciò
che
è
del
filosofo
;
il
quale
,
giuocando
di
scherma
con
le
categorie
dell
'
omogeneo
,
dell
eterogeneo
,
dell
'
indistinto
,
e
del
differenziato
,
del
conosciuto
e
dell
'
inconoscibile
,
è
anche
lui
un
trapassato
:
è
,
cioè
,
a
volte
un
kantiano
inconsapevole
e
a
volte
un
Hegel
in
caricatura
.
L
'
ordinamento
della
Università
deve
anch
'
esso
spiccatamente
riflettere
lo
stato
attuale
della
filosofia
,
che
ormai
consiste
nella
immanenza
del
pensiero
nel
realmente
saputo
;
e
,
cioè
,
consiste
nell
'
opposto
di
ogni
anticipazione
del
pensiero
sul
saputo
,
per
via
della
teologica
o
metafisica
escogitazione
(
L
'
Università
e
la
libertà
della
scienza
,
Roma
1897
,
pp
.
15
,
16
e
17
)
(
)
.
Al
postutto
poi
cotesta
filosofia
,
dirò
così
,
vagheggiata
dal
De
Bella
,
non
sarebbe
,
in
fondo
,
se
non
una
riedizione
della
triunità
Darwin
-
Spencer
-
Marx
,
messa
in
giro
con
tanta
suggestione
di
eloquenza
,
ma
con
tanto
poca
fortuna
(
)
,
or
son
tre
anni
già
,
da
Enrico
Ferri
.
Ebbene
,
caro
Turati
,
io
voglio
fare
onestamente
la
parte
dell
'
avvocato
del
diavolo
,
e
riconosco
,
che
in
coteste
incerte
aspirazioni
alla
filosofia
del
socialismo
,
(
e
poco
manca
,
alcuni
non
credano
che
debba
essere
una
specie
di
filosofia
a
privato
uso
dei
soli
socialisti
)
e
perfino
nei
molti
spropositi
che
qua
e
là
si
vanno
dicendo
,
c
'
è
un
nocciolo
di
sentimento
giusto
,
che
risponde
ad
un
reale
bisogno
.
Molti
di
quelli
che
in
Italia
si
dànno
al
socialismo
,
e
non
da
semplici
agitatori
,
conferenzieri
e
candidati
,
sentono
che
è
impossibile
di
farsene
una
persuasione
scientifica
,
se
non
riallacciandolo
per
qualche
via
o
tramite
alla
rimanente
concezione
genetica
delle
cose
,
che
sta
più
o
meno
in
fondo
a
tutte
le
altre
scienze
.
Di
qui
la
mania
che
è
in
molti
,
di
cacciar
dentro
al
socialismo
tutta
quella
rimanente
scienza
di
cui
più
o
meno
essi
dispongono
.
Di
qui
i
molti
spropositi
e
le
molte
ingenuità
,
in
fondo
sempre
spiegabili
.
Ma
di
qui
anche
un
grave
pericolo
;
che
,
cioè
,
molti
di
cotesti
intellettuali
dimentichino
che
il
socialismo
ha
il
suo
fondamento
reale
soltanto
nella
presente
condizione
della
società
capitalistica
,
e
in
ciò
che
il
proletario
e
il
rimanente
popolo
minuto
possono
volere
e
fare
;
-
che
per
opera
degli
intellettuali
Marx
divenga
un
mito
;
-
e
che
,
mentre
essi
discorrono
,
dall
'
alto
al
basso
e
dal
basso
all
'
alto
,
tutta
la
scala
dell
'
evoluzione
,
da
ultimo
in
un
non
lontano
congresso
di
compagni
si
metta
ai
voti
questo
filosofema
:
il
primo
fondamento
del
socialismo
è
nelle
vibrazioni
dell
'
etere
(
)
.
Per
ciò
mi
spiego
le
ingenuità
del
De
Bella
.
Se
Marx
fosse
ancora
vissuto
!
Già
si
capisce
:
essendo
nato
il
5
maggio
1818
,
ed
essendo
morto
il
14
marzo
1883
,
poteva
umanamente
vivere
ancora
;
e
,
vivendo
-
direi
io
avrebbe
portato
a
compimento
il
III
volume
del
Capitale
,
che
c
è
rimasto
così
sgangherato
e
così
oscuro
.
Nossignore
,
dice
De
Bella
,
sarebbe
diventato
materialista
.
Ma
santi
numi
;
se
era
tale
dal
1845
,
e
per
ciò
venne
in
uggia
agli
ideologi
radicali
di
sua
conoscenza
!
E
oltre
che
materialista
sarebbe
diventato
anche
positivista
.
Il
positivismo
!
Nella
volgare
cronologia
cotesto
nome
designa
la
filosofia
di
Comte
e
suoi
seguaci
.
Ora
questa
avea
idealmente
tirate
le
cuoia
,
già
prima
che
Marx
fisicamente
morisse
.
Che
bel
vedere
:
il
materialismo
-
il
positivismo
-
e
la
dialettica
in
santissima
trinità
!
E
poi
,
che
altro
bel
vedere
;
il
papato
scientifico
del
Comte
riconciliato
con
la
indefinita
progressività
del
materialismo
storico
,
che
risolve
il
problema
della
conoscenza
in
opposizione
ad
ogni
altra
filosofia
,
ed
enuncia
:
-
non
esserci
limitazione
fissa
,
né
a
priori
né
a
posteriori
,
alla
conoscibilità
,
perché
nell
'
indefinito
processo
del
lavoro
,
che
è
esperienza
,
e
dell
'
esperienza
,
che
è
lavoro
,
gli
uomini
conoscono
tutto
ciò
che
fa
bisogno
ed
è
utile
di
conoscere
(
)
.
Quel
Comte
,
che
proclamava
chiuso
per
sempre
il
ciclo
della
fisica
e
dell
'
astronomia
,
proprio
nel
momento
in
cui
si
ritrovava
l
'
equivalente
meccanico
del
calore
,
e
pochi
anni
innanzi
alla
strepitosa
scoverta
dell
'
analisi
spettrale
;
quel
Comte
,
che
nel
1845
dichiarava
assurda
la
ricerca
circa
l
'
origine
della
specie
!
Ma
il
materialismo
storico
,
continua
De
Bella
,
ha
da
contemplarsi
con
la
preistoria
!
E
qui
il
diavolo
ci
mette
proprio
la
coda
.
L
'
Ancient
Society
del
Morgan
,
pubblicata
in
America
e
giunta
in
Europa
in
pochi
esemplari
con
la
ditta
Mac
-
Millan
di
Londra
(
1877
)
,
fu
messa
come
sotto
sequestro
dalla
spietata
lega
del
silenzio
fattavi
attorno
dagli
etnografi
inglesi
,
o
invidi
,
o
paurosi
.
I
resultati
delle
ricerche
del
Morgan
circolarono
però
per
il
mondo
precisamente
per
mezzo
del
libro
dell
'
Engels
,
che
s
'
intitola
:
Della
origine
della
famiglia
,
della
proprietà
privata
e
dello
stato
(
I
°
ediz
.
1884
,
4°
ediz
.
1891
)
,
che
è
al
tempo
stesso
recensione
,
esposizione
e
complemento
del
testo
,
e
reca
in
sé
la
tentata
ricongiunzione
di
Morgan
e
di
Marx
.
E
che
dice
Engels
di
Morgan
?
aver
questi
novellamente
scoverto
il
materialismo
storico
,
nella
assoluta
ignoranza
di
quanto
Marx
ne
avesse
scritto
;
e
quale
fu
l
occasione
del
libro
?
-
il
desiderio
di
mettere
a
profitto
le
note
e
le
glosse
lasciate
da
Marx
!
Via
,
la
volgare
cronologia
è
qualcosa
di
assai
importante
...
anche
pei
socialisti
.
E
torniamo
pure
all
'
inevitabile
Spencer
.
Chi
è
mai
,
che
,
fuori
d
'
Italia
,
si
sia
permesso
di
aggiudicarlo
al
socialismo
?
È
forse
lo
Spencer
un
filosofo
dell
altro
mondo
?
Di
lui
e
sopra
di
lui
si
può
leggere
ora
in
tutte
le
lingue
,
non
esclusa
quella
dell
'
ammodernato
Giappone
.
Né
pecca
di
oscurità
:
anzi
agli
occhi
miei
,
che
amo
la
succosa
brevità
,
pecca
di
prolissa
e
di
minuziosa
popolarità
.
Il
primo
scritto
di
lui
che
si
conosca
reca
la
data
del
1843
.
Eravamo
,
si
noti
bene
,
nel
più
forte
dell
'
agitazione
cartista
.
Quello
scritto
s
'
intitola
:
Della
sfera
propria
dello
stato
.
Spencer
fu
alle
viste
di
tutto
il
mondo
come
ammirato
collaboratore
dell
'
Economist
,
della
Westminster
e
della
Edinburg
Review
;
e
notiamo
nuovamente
le
date
,
precisamente
negli
anni
significativi
dal
1848
al
'59
.
Chi
mai
si
è
fatto
illusioni
in
Inghilterra
sul
senso
e
sul
valore
delle
sue
vedute
sociali
e
politiche
?
La
Statica
sociale
apparve
nel
'51
,
la
Psicologia
(
l
°
ediz
.
)
nel
'55
,
il
Trattato
sulla
educazione
nel
'61
,
la
l
°
edizione
dei
Primi
principii
nel
'62
,
la
Classificazione
delle
scienze
nel
'64
,
la
Biologia
dal
'64
al
'67
,
per
non
dire
dei
minori
Saggi
,
e
tra
questi
notevolissimi
l
'
Ipotesi
dello
sviluppo
(
1852
)
,
la
Genesi
della
scienza
(
1854
)
,
e
il
Progresso
e
la
sua
legge
(
1857
)
.
E
qui
chiudo
la
filastrocca
per
arrestarmi
alle
pubblicazioni
che
precedono
il
I
°
volume
del
Capitale
(
25
luglio
1867
)
.
Non
occorreva
invero
il
genio
di
Marx
per
scorgere
in
tali
scritti
ciò
che
ero
in
grado
di
scorgervi
io
,
da
semplice
studioso
della
filosofia
,
già
30
anni
fa
:
che
,
cioè
,
la
dottrina
dell
'
evoluzione
che
vi
si
enuncia
è
schematica
e
non
empirica
,
che
quella
evoluzione
lì
è
fenomenale
e
non
reale
,
e
che
essa
ha
di
dietro
lo
spettro
della
cosa
in
sé
di
Kant
,
dapprima
onorata
in
tutte
lettere
col
nome
di
Dio
o
della
Divinità
(
Statica
,
ediz
.
del
1851
)
,
più
tardi
circonlocuita
nel
riverito
nome
dell
'
Inconoscibile
.
Metterei
pegno
,
che
,
se
mai
Marx
fra
il
'60
e
il
'70
avesse
recensito
le
opere
dello
Spencer
,
avrebbe
usato
del
seguente
stile
:
ecco
l
'
ultimo
avanzo
ombratile
del
deismo
inglese
del
secolo
XVII
;
-
ecco
l
'
ultimo
sforzo
della
ipocrisia
inglese
nel
combattere
la
filosofia
di
Hobbes
e
di
Spinoza
;
-
ecco
l
'
ultima
proiezione
del
trascendente
sul
campo
della
scienza
positiva
;
-
ecco
l
'
ultima
transizione
fra
il
cretinismo
egoistico
del
signor
Bentham
e
il
cretinismo
altruistico
del
Rabbi
di
Nazareth
;
-
ecco
l
'
ultimo
tentativo
dell
'
intelletto
borghese
per
salvare
,
con
la
libera
ricerca
e
la
libera
concorrenza
nell
'
al
di
qua
,
un
enigmatico
brandello
di
fede
per
l
'
al
di
là
;
-
solo
il
trionfo
del
proletariato
può
assicurare
allo
spirito
scientifico
le
condizioni
piene
e
perfette
di
sua
propria
esistenza
,
perché
solo
nella
trasparenza
dell
'
opera
può
essere
congruamente
trasparente
l
'
intelletto
.
Così
Marx
scrivea
-
cioè
,
volevo
dire
,
così
avrebbe
potuto
scrivere
:
-
ma
lui
avea
da
pensare
allora
all
'
Internazionale
,
e
di
questa
lo
Spencer
non
ebbe
tempo
di
avvedersi
.
Il
17
marzo
del
1883
Federico
Engels
,
parlando
al
cimitero
di
Highate
in
memoria
dell
'
amico
Marx
,
morto
tre
giorni
innanzi
,
cominciava
proprio
così
:
Come
Darwin
scovrì
la
legge
dello
sviluppo
della
natura
organica
,
così
Marx
scovrì
la
legge
dello
sviluppo
della
storia
umana
(
)
.
Non
c
'
è
da
rimanerne
proprio
mortificati
?
Né
basta
.
Nell
'
Antidühring
(
I
°
ediz
.
del
1878
-
la
terza
è
del
'94
)
il
medesimo
Engels
avea
già
acquisito
tutte
le
nozioni
fondamentali
del
darwinismo
,
che
occorrono
alla
generale
orientazione
del
socialismo
scientifico
.
A
ciò
fare
erasi
preparato
con
dieci
anni
di
novella
educazione
nelle
scienze
naturali
,
e
candidamente
confessava
:
esser
lui
in
queste
più
addentro
di
Marx
,
che
alla
sua
volta
era
forte
in
matematica
.
E
nemmeno
ciò
basta
.
Nella
prima
edizione
del
Capitale
si
trova
una
nota
caratteristica
e
originalissima
sul
nuovo
mondo
scoperto
da
Darwin
.
S
'
intende
già
che
quei
due
modesti
mortali
,
che
non
fecero
mai
le
parti
di
sopracciò
dell
'
Universo
,
inteso
sempre
di
riferirsi
a
quel
prosaico
darwinismo
della
Origine
della
specie
(
1859
)
,
che
è
un
gruppo
di
teorie
tratte
da
un
gruppo
di
osservazioni
e
di
esperienze
sopra
un
campo
circoscritto
della
realtà
,
che
rimane
più
in
qua
dalle
origini
della
vita
e
precede
d
'
un
buon
tratto
la
storia
umana
.
In
quelle
teorie
non
poteano
non
iscorgere
un
caso
analogico
con
la
concezione
epigenetica
della
storia
,
che
essi
aveano
in
parte
definita
,
in
parte
adombrata
appena
(
)
.
Non
seppero
però
mai
di
quel
darwinismo
,
il
quale
ha
scoperto
le
leggi
della
intera
umanità
(
De
Bella
)
;
di
quel
darwinismo
,
insomma
,
buono
per
tutto
,
che
è
una
gratuita
invenzione
dei
pubblicisti
a
corto
di
scienza
,
e
dei
decadenti
della
filosofia
.
L
'
amico
loro
Heine
non
avea
forse
detto
:
l
'
Universo
è
pieno
di
buchi
,
e
il
professore
tedesco
hegeliano
covre
quei
buchi
col
suo
berretto
da
notte
?
E
lasciando
stare
l
'
Universo
e
i
suoi
buchi
,
procuriamo
,
caro
Turati
,
di
fare
ciascuno
il
dover
nostro
.
Mi
ricorre
sempre
per
la
mente
questa
grave
invettiva
che
30
anni
fa
pronunziava
l
'
hegeliano
B
.
Spaventa
:
Qui
da
noi
si
studia
la
storia
della
filosofia
nella
geografia
dell
'
Ariosto
,
e
si
citano
alla
pari
,
Platone
e
l
'
abate
Fornari
,
Torquato
Tasso
e
Totonno
Tasso
(
)
.
Credetemi
sempre
,
etc
.
VIII
.
Roma
,
20
giugno
'97
Mi
occorre
come
un
post
-
scriptum
,
che
rechi
delle
postille
alla
penultima
lettera
,
tanto
grave
di
non
facile
filosofia
.
Metto
com
è
naturale
-
fra
i
prodotti
delle
affettività
nostre
,
dei
quali
dissi
che
adombrano
l
'
intelletto
volgente
alla
scienza
,
anche
quei
complessi
di
inclinazioni
,
di
tendenze
,
di
valutazione
e
di
pregiudizii
,
che
di
solito
designiamo
con
le
denominazioni
antitetiche
di
ottimismo
e
di
pessimismo
.
In
tali
modi
di
apprezzamento
,
che
oscillano
dal
passionale
al
poetico
,
e
rivelan
sempre
la
nota
incerta
di
ciò
che
non
può
ridursi
in
formula
precisa
,
non
è
chi
sappia
scorgere
,
né
l
'
indirizzo
,
né
la
promessa
di
una
razionale
interpretazione
delle
cose
.
Sono
,
nel
tutt
'
insieme
,
la
estrinsecazione
riassuntiva
di
infiniti
particolari
sentimenti
,
i
quali
possono
aver
sede
,
come
la
cosa
è
più
patente
nel
caso
del
pessimismo
,
così
nello
specifico
temperamento
di
un
singolo
individuo
(
per
es
.
,
Leopardi
)
,
come
in
una
situazione
comune
ad
una
intera
moltitudine
(
alle
origini
per
es
.
del
Buddhismo
)
.
Ottimismo
e
pessimismo
nella
somma
,
consistono
nel
generalizzare
le
attività
resultanti
da
una
determinata
esperienza
o
situazione
sociale
,
e
nel
prolungarle
tanto
fuori
dell
'
ambito
della
nostra
vita
immediata
da
farne
come
l
'
asse
,
il
fulcro
,
o
la
finalità
dell
'
Universo
.
In
guisa
che
poi
,
in
fine
,
le
categorie
del
bene
e
del
male
,
che
han
realmente
un
senso
così
modestamente
relativo
alle
nostre
contingenze
pratiche
,
divengono
come
il
criterio
per
giudicare
di
tutto
il
mondo
,
ridotto
in
così
piccola
immagine
,
da
parer
fatto
qual
semplice
supposto
e
qual
semplice
condizione
della
felicità
o
della
infelicità
nostra
.
Così
dall
'
uno
come
dall
'
altro
dei
due
angoli
visuali
,
par
che
il
mondo
non
possa
intendersi
se
non
come
fatto
,
o
a
fin
di
bene
,
o
a
fin
di
male
,
e
costituito
per
la
prevalenza
o
per
il
trionfo
,
o
dell
'
uno
o
dell
'
altro
.
Nel
fondo
di
cotesti
modi
di
concepire
c
'
è
sempre
la
originaria
poesia
,
che
non
si
scompagna
mai
dal
mito
;
-
e
tali
modi
di
concepire
forman
sempre
,
dal
crasso
ottimismo
maomettano
al
raffinato
pessimismo
buddhistico
,
il
midollo
pratico
e
la
forza
suggestiva
dei
sistemi
religiosi
.
E
ciò
è
naturalissimo
.
La
religione
,
che
appunto
per
ciò
e
,
per
ciò
solo
,
è
un
bisogno
,
consta
i
tante
trasfigurazioni
dei
timori
,
delle
speranze
,
dei
dolori
,
delle
amarezze
della
vita
cotidiana
,
in
creduti
e
paventati
preordinamenti
;
in
guisa
che
le
lotte
del
così
detto
quaggiù
vengon
tramutate
in
contrasti
dell
'
Universo
:
-
dio
e
satana
-
la
caduta
e
la
redenzione
-
la
creazione
e
la
palingenesi
-
la
scala
delle
espiazioni
ed
il
Nirvana
.
Quell
'
ottimismo
e
quel
pessimismo
,
che
si
presentano
nella
veste
,
o
meglio
nelle
apparenze
di
cosa
pensata
,
nell
'
ambito
di
certe
filosofie
,
non
son
che
residui
più
o
meno
consaputi
della
religione
come
che
sia
trasformata
,
o
di
quella
antireligione
,
che
nell
'
impeto
passionato
del
non
credere
rassomiglia
alla
fede
.
L
'
ottimismo
di
Leibnitz
per
es
.
non
è
certo
la
funzione
filosofica
della
sua
ricerca
del
calcolo
superiore
,
né
della
sua
critica
dell
azione
a
distanza
,
e
nemmeno
del
suo
monadismo
metafisico
,
né
della
sua
scoverta
del
determinismo
interno
.
Il
suo
ottimismo
è
la
sua
religione
-
ossia
quella
religione
che
parve
a
lui
come
la
perpetua
e
perenne
-
quel
cristianesimo
,
in
cui
tutte
le
chiese
cristiane
si
conciliano
-
quella
provvidenza
giustificata
nella
rappresentazione
di
un
mondo
,
che
è
l
'
ottimo
che
potesse
mai
essere
e
sussistere
.
Quella
poesia
teologica
ha
il
suo
pendant
,
dialettico
perché
umoristico
,
nel
Candide
di
Voltaire
!
E
così
il
pessimismo
di
Schopenhauer
non
è
la
resultante
necessaria
della
sua
critica
della
critica
kantiana
,
né
la
funzione
diretta
delle
sue
squisitissime
ricerche
logiche
;
ma
è
la
estrinsecazione
della
sua
anima
di
piccolo
borghese
,
meschino
e
dispettoso
,
anzi
ringhioso
,
che
si
completa
con
la
contemplazione
(
metafisica
)
delle
cieche
forze
dell
'
Inconsapevole
(
ossia
del
cieco
conato
all
'
esistere
)
;
si
completa
,
cioè
,
di
una
forma
religiosa
poco
avvertita
in
generale
,
la
religione
dell
ateismo
(
)
.
Se
,
dalle
configurazioni
e
dalle
complicazioni
secondarie
e
derivate
della
religione
o
della
filosofia
teologizzante
,
noi
risaliamo
all
'
origine
prima
ed
immediata
di
quelle
creazioni
ideologiche
,
che
son
l
'
ottimismo
e
il
pessimismo
,
noi
ci
troviamo
in
presenza
di
un
fatto
,
tanto
ovvio
,
per
quanto
semplice
:
che
ogni
uomo
,
cioè
,
per
la
sua
struttura
fisica
,
e
per
la
sua
posizione
sociale
,
è
portato
ad
una
specie
di
calcolo
edonistico
,
ossia
a
misurare
i
suoi
bisogni
,
e
quindi
i
mezzi
per
soddisfarli
;
e
,
in
fine
,
per
necessaria
conseguenza
,
viene
ad
apprezzare
,
in
un
modo
,
o
in
un
altro
,
le
condizioni
della
vita
e
il
pregio
della
vita
stessa
nel
suo
complesso
.
Ora
,
quando
la
intelligenza
è
tanto
progredita
,
da
aver
vinto
gl
'
incantesimi
della
imaginatio
e
della
ignorantia
,
i
quali
legano
le
sorti
così
poveramente
prosaiche
dell
'
ovvia
vita
cotidiana
alle
(
fantasticate
)
forze
trascendenti
,
non
è
più
alla
suggestione
generica
dell
'
ottimismo
o
del
pessimismo
che
si
tenga
dietro
.
L
'
animo
si
volge
al
(
prosaico
)
studio
dei
mezzi
occorrenti
a
raggiungere
,
non
quell
'
ente
favoloso
che
dicesi
la
felicità
,
ma
lo
sviluppo
normale
delle
attitudini
;
le
quali
,
date
le
favorevoli
condizioni
sociali
e
naturali
,
fanno
sì
che
la
vita
trovi
se
stessa
la
ragione
dell
'
esser
suo
e
della
esplicazione
sua
.
È
qui
il
cominciamento
di
quella
saggezza
,
che
sola
può
giustificare
la
etichetta
dell
'
homo
sapiens
.
Il
materialismo
storico
,
come
è
la
filosofia
della
vita
,
e
non
delle
parvenze
ideologiche
di
questa
,
sorpassa
l
'
antitesi
dell
'
ottimismo
e
del
pessimismo
;
perché
ne
supera
i
termini
,
comprendendoli
.
La
storia
è
si
una
serie
dolorosamente
interminabile
di
miserie
;
-
il
lavoro
,
che
è
la
nota
distintiva
del
vivere
umano
,
è
diventato
il
tormento
e
la
maledizione
della
maggioranza
degli
uomini
;
-
il
lavoro
,
che
è
la
premessa
di
ogni
umana
esistenza
,
è
diventato
il
titolo
alla
soggezione
del
più
gran
numero
degli
uomini
;
-
il
lavoro
,
che
è
la
condizione
di
ogni
progresso
,
ha
messo
le
sofferenze
,
le
privazioni
,
i
travagli
e
i
patimenti
del
maggior
numero
degli
uomini
in
servizio
della
comodità
di
pochi
.
Dunque
la
storia
è
un
inferno
:
-
anzi
potrebb
'
esser
rappresentata
,
in
un
lugubre
dramma
,
come
la
tragedia
del
lavoro
!
Ma
questa
stessa
storia
lugubre
ha
tratto
da
cotesta
stessa
condizione
di
cose
,
quasi
sempre
all
'
insaputa
degli
uomini
stessi
,
e
non
certo
per
la
provvidenziale
preordinazione
di
alcuno
,
i
mezzi
occorrenti
al
relativo
perfezionamento
,
prima
di
pochissimi
,
poi
di
pochi
,
poi
di
più
che
pochi
;
-
e
ora
pare
ne
prepari
per
tutti
.
La
gran
tragedia
non
era
evitabile
.
Non
deriva
da
una
colpa
o
da
un
peccato
,
non
da
una
aberrazione
o
degenerazione
,
non
dal
capriccioso
e
peccaminoso
abbandono
della
retta
via
;
ma
da
una
necessità
intrinseca
al
meccanismo
stesso
del
vivete
sociale
,
e
al
ritmo
processuale
di
questo
.
Questo
meccanismo
poggia
su
i
mezzi
di
sussistenza
,
che
sono
il
prodotto
del
lavoro
stesso
degli
uomini
,
combinato
con
le
più
o
meno
favorevoli
condizioni
naturali
.
Ora
che
si
apre
innanzi
ai
nostri
occhi
questa
prospettiva
che
la
società
,
cioè
,
possa
essere
organizzata
in
modo
,
da
dare
a
tutti
i
mezzi
di
perfezionarsi
,
noi
vediamo
chiaro
,
che
tale
aspettativa
diventa
plausibile
,
precisamente
perché
,
col
crescere
della
produttività
del
lavoro
,
si
stabiliscono
le
condizioni
materiali
occorrenti
a
comunicare
a
tutti
gli
uomini
la
civiltà
.
In
ciò
sta
la
ragion
d
'
essere
del
comunismo
scientifico
,
che
non
confida
nel
trionfo
di
una
bontà
,
la
quale
,
chi
sa
in
quali
pieghe
latenti
di
tutti
i
cuori
di
tutti
i
trapassati
gl
'
ideologi
del
socialismo
sono
andati
a
scovare
,
per
proclamarla
l
'
eterna
giustizia
.
Ma
confida
nel
crescere
di
quei
mezzi
materiali
,
che
permetteranno
crescan
per
tutti
gli
uomini
le
condizioni
dell
'
ozio
indispensabili
alla
libertà
:
-
la
qual
cosa
vuol
dire
,
che
le
ragioni
dell
'
ingiusto
saranno
eliminate
,
ossia
la
signoria
,
la
padronanza
,
il
dominio
dell
'
uomo
su
l
'
uomo
;
le
quali
ingiustizie
(
ad
usare
il
linguaggio
degli
ideologi
)
suppongono
come
conditio
sine
qua
non
proprio
quella
miserabile
cosa
materiale
,
che
è
lo
sfruttamento
economico
!
Solo
in
una
società
comunistica
,
il
lavoro
,
oltre
che
non
sfruttabile
,
può
essere
razionalmente
misurato
.
Solo
nella
società
comunistica
,
il
calcolo
edonistico
,
non
intralciato
dallo
sfruttamento
privato
delle
forze
sociali
,
può
aver
carattere
di
cosa
precisabile
.
Rimossi
gl
'
impedimenti
al
libero
sviluppo
di
ciascuno
,
quegli
impedimenti
,
cioè
,
che
differenziano
ora
le
classi
e
gl
'
individui
fino
al
non
riconoscibile
,
ciascuno
potrà
trovare
,
nella
misura
di
ciò
che
occorre
alla
società
,
il
criterio
di
ciò
che
per
lui
è
il
fattibile
e
il
necessario
a
fare
.
Adattarsi
al
fattibile
,
e
non
per
esterna
costrizione
,
in
ciò
sta
la
norma
della
libertà
,
che
è
una
cosa
sola
con
la
saviezza
;
perché
non
ci
può
esser
morale
vera
là
dove
non
è
la
coscienza
del
determinismo
.
In
una
società
comunistica
cadono
da
per
sé
le
antitetiche
parvenze
dell
'
ottimo
e
del
pessimo
,
perché
la
necessità
del
lavorare
in
servizio
della
collettività
e
l
'
esercizio
della
piena
autonomia
personale
non
formano
più
antitesi
,
anzi
appariscono
come
una
e
medesima
cosa
;
-
l
'
etica
di
cotesta
società
annulla
la
opposizione
fra
diritti
e
doveri
,
che
non
è
,
in
sostanza
,
se
non
l
'
amplificazione
dottrinale
della
condizione
di
questa
antitetica
società
presente
,
nella
quale
alcuni
han
facoltà
d
'
imporre
ed
altri
hanno
obbligo
di
prestare
;
-
in
cotesta
società
,
in
cui
la
benevolenza
non
è
carità
,
non
parrebbe
utopistico
il
chiedere
,
che
ciascuno
presti
secondo
le
sue
forze
,
e
ciascuno
riceva
secondo
i
suoi
bisogni
;
-
in
simile
società
la
pedagogica
preventiva
eliminerebbe
,
in
buona
parte
,
la
materia
della
penalità
,
e
la
pedagogica
obiettiva
della
convivenza
e
della
collaborazione
razionale
ridurrebbe
al
minimo
il
bisogno
della
repressione
;
-
ossia
,
in
una
parola
,
la
pena
apparirebbe
come
la
semplice
garanzia
di
un
determinato
ordinamento
,
e
spoglia
perciò
del
tutto
d
'
ogni
parvenza
metaforica
di
superna
giustizia
da
vendicare
o
da
ristabilire
.
In
cotesta
società
non
allignerebbe
più
il
bisogno
di
cercare
alla
sorte
pratica
dell
'
uomo
una
spiegazione
trascendente
.
Per
questo
criticismo
delle
cause
della
storia
,
delle
ragioni
della
società
presente
,
e
dell
'
aspettativa
razionalmente
misurata
e
misurabile
di
una
società
futura
,
si
vede
perché
l
'
ottimismo
e
il
pessimismo
,
come
tante
altre
ideologie
,
dovessero
e
debbano
servire
di
sfogo
e
di
estrinsecazione
alle
affettività
delle
coscienze
travagliate
dalle
lotte
della
esistenza
sociale
.
Se
è
questo
che
intendono
di
dire
gli
ideologisti
,
cui
voi
alludete
;
e
,
se
parlando
di
eterna
giustizia
,
essi
pensano
di
farsi
raccoglitori
postumi
dei
sospiri
e
delle
lagrime
dell
'
umanità
attraverso
i
secoli
,
tal
sia
di
loro
;
-
le
licenze
poetiche
non
son
vietate
nemmeno
ai
socialisti
.
Soltanto
non
si
provino
poi
a
metter
su
le
gambe
al
mito
dell
'
eterna
giustizia
,
per
ispedirlo
in
marcia
contro
il
regno
delle
tenebre
.
Quella
gran
benefica
signora
non
ismuoverà
una
sola
delle
pietre
dell
'
edificio
capitalistico
.
Ciò
che
gl
'
ideologi
del
socialismo
chiamano
il
male
,
contro
di
cui
il
bene
combatte
,
non
è
una
astratta
negazione
,
ma
è
un
duro
e
forte
sistema
di
cose
effettuali
:
è
la
miseria
organizzata
per
produrre
la
ricchezza
.
Ora
i
materialisti
della
storia
son
così
poco
teneri
di
cuore
,
da
affermare
,
che
essi
in
questo
male
trovano
precisamente
le
molle
dell
'
avvenire
;
ossia
,
nella
ribellione
degli
oppressi
,
e
non
nella
bontà
degli
oppressori
.
Del
facile
ricadere
nella
metafisica
,
in
senso
non
laudabile
,
fanno
fede
assai
spesso
anche
quegli
studii
,
che
,
a
detta
degli
autori
loro
,
rappresentano
la
quintessenza
del
procedere
scientificamente
positivo
.
Questo
è
il
caso
,
per
es
.
,
di
molti
dei
divulgatori
della
disputata
e
disputabile
antropologia
criminale
.
Come
intento
e
come
tendenza
essa
rappresenta
una
parte
notevole
di
quella
salutare
critica
del
diritto
punitivo
,
che
pian
piano
è
riuscita
a
scuotere
dai
fondamenti
tutta
la
costruzione
filosofica
,
e
soprattutto
etica
,
di
un
fatto
così
semplice
e
così
empirico
,
qual
è
quello
della
inevitabilità
del
punire
,
data
la
esistenza
di
una
società
.
Nel
metodo
,
però
,
di
rado
essa
esce
dai
confini
della
combinatoria
statistica
,
e
da
quell
'
a
un
di
presso
di
verosimile
,
che
è
proprio
del
variopinto
complesso
di
studii
,
che
chiamasi
in
genere
antropologia
.
Quasi
mai
si
avvicina
,
per
es
.
,
alla
precisione
di
indagine
,
per
la
quale
la
psichiatria
,
che
parrebbe
secondo
alcuni
affine
,
grazie
ai
progressi
maravigliosi
dell
'
anatomia
dei
centri
nervosi
,
e
di
tutte
le
parti
della
medicina
,
ha
contribuito
allo
sviluppo
della
psicologia
,
nel
giro
di
pochi
anni
,
assai
più
non
facessero
in
venti
secoli
le
discussioni
sul
testo
di
Aristotele
,
e
le
ipotesi
dello
spiritualismo
e
del
materialismo
puramente
razionalisti
.
Ma
non
è
ciò
che
mi
prema
di
notare
.
In
quella
dottrina
campeggia
la
tendenza
a
fissare
,
come
predisposizioni
(
innatistiche
)
le
ricorrenze
del
delinquere
in
quegli
individui
i
quali
presentino
certi
caratteri
indiziali
,
caratteri
,
che
nell
'
aspetto
obiettivo
,
del
resto
,
non
son
sempre
,
né
ben
raccolti
,
né
ben
fissati
.
E
qui
nulla
di
male
.
La
teoria
,
che
sta
in
fondo
al
diritto
penale
dei
paesi
su
i
quali
la
rivoluzione
borghese
abbia
esteso
l
'
azione
sua
,
ha
di
comune
con
tutto
ciò
che
chiamiamo
liberalismo
i
pregi
e
i
difetti
di
quel
principio
egalitario
,
il
quale
,
date
le
differenze
naturali
e
sociali
degli
uomini
,
non
può
non
essere
puramente
formale
ed
astratto
.
Questa
teoria
è
stata
di
certo
un
progresso
su
la
giustizia
di
corpo
,
e
su
i
privilegi
del
clero
e
dell
'
aristocrazia
;
e
per
questo
rispetto
è
una
vittoria
storica
l
'
enunciato
:
la
legge
è
eguale
per
tutti
.
Inoltre
,
cotesta
teoria
,
riducendo
il
punire
alla
sola
garenzia
giuridica
dell
'
ordine
legalmente
costituito
,
si
contenta
di
colpire
ciò
che
è
un
danno
o
una
lesione
all
'
ordine
stesso
,
e
non
s
'
addentra
più
nella
coscienza
.
Spoglia
com
'
è
di
ogni
carattere
religioso
,
non
colpisce
il
pensiero
e
l
'
animo
.
Non
è
più
l
'
istrumento
di
una
chiesa
,
di
una
credenza
,
di
una
superstizione
.
È
prosaico
cotesto
diritto
penale
,
come
è
prosaica
tutta
la
società
capitalistica
.
E
questo
è
un
altro
trionfo
-
salvo
alcune
lievi
inconseguenze
-
del
libero
pensiero
.
In
una
parola
,
si
punisce
l
'
atto
,
non
l
'
uomo
;
si
punisce
il
turbatore
di
quell
'
ordine
che
si
vuol
difendere
,
non
la
coscienza
,
sia
irreligiosa
,
miscredente
,
atea
e
così
via
.
Per
giungere
a
cotesto
resultato
,
cotesta
teoria
ha
dovuto
costruire
,
su
la
base
media
della
volontarietà
,
ed
esclusi
gli
estremi
della
mancanza
di
consapevolezza
e
di
direzione
nell
'
operare
,
una
tipica
responsabilità
eguale
per
tutti
gli
uomini
(
)
.
Ed
è
qui
,
che
,
come
per
ironia
alla
vantata
e
celebrata
giustizia
,
il
principio
della
legge
eguale
per
tutti
si
tramuta
dialetticamente
nella
massima
ingiustizia
:
perché
gli
uomini
sono
in
realtà
socialmente
e
naturalmente
disuguali
innanzi
alla
legge
.
Su
questa
dialettica
si
sono
esercitati
da
un
pezzo
sociologisti
,
e
socialisti
,
e
critici
d
'
ogni
maniera
.
C
'
è
come
una
lunga
scala
di
opinioni
,
in
contrapposto
al
diritto
esistente
:
dal
paradosso
intinto
di
misticismo
,
che
la
società
punisca
i
delitti
che
essa
cova
,
alla
esigenza
umanitaria
,
che
la
educazione
eguale
per
tutti
giustifichi
,
col
porne
le
condizioni
di
attuabilità
,
il
principio
della
legge
eguale
per
tutti
.
La
punta
acuta
di
tutta
la
critica
è
quella
dei
socialisti
conseguenti
:
i
quali
,
partendo
dal
concetto
delle
differenze
di
classe
,
come
essenziali
al
presente
vivere
sociale
,
non
cercano
nel
diritto
del
punire
,
come
non
cercano
in
nessun
'
altra
parte
del
diritto
esistente
,
la
giustizia
eguale
per
tutti
;
perché
ciò
sarebbe
come
cercare
l
'
inverosimile
,
data
questa
forma
di
società
,
in
cui
le
differenziazioni
sono
le
cause
e
il
contenuto
della
compagine
stessa
.
Questo
diritto
di
mezzana
giustizia
,
che
contraddice
il
più
delle
volte
a
se
stesso
,
è
insito
ad
una
società
,
in
cui
il
postulato
della
eguaglianza
deve
smentire
di
continuo
se
stesso
.
La
menzogna
è
assai
più
palese
in
quella
bella
trovata
degli
apologisti
della
forma
capitalistica
,
quando
dicono
,
che
alla
fin
fine
i
salariati
son
dei
liberi
cittadini
,
che
liberamente
si
dànno
a
mercede
pattuendo
alla
pari
con
quei
loro
eguali
,
che
sono
i
capitalisti
!
-
Ma
noi
socialisti
cotesto
principio
in
sé
contraddittorio
non
vogliamo
abbandonarlo
,
per
andar
poi
a
braccetto
dei
reazionarii
,
che
per
altre
ragioni
lo
combattono
,
e
per
altre
vie
vorrebbero
eliminarlo
:
anzi
noi
l
'
accettiamo
come
la
negatività
immanente
alla
società
borghese
,
ossia
,
come
il
suo
storico
corrosivo
.
L
'
antropologia
criminale
è
venuta
in
buon
punto
a
sussidiare
dei
suoi
studii
speciali
la
tesi
critica
,
che
mette
in
evidenza
l
inverosimile
della
legge
eguale
per
tutti
.
In
questo
senso
essa
è
una
dottrina
progressiva
.
Alle
differenze
sociali
,
che
rendono
assurdo
il
postulato
della
responsabilità
eguale
per
tutti
,
secondo
la
tipica
forma
della
volontarietà
della
mente
sana
,
ha
aggiunto
lo
studio
delle
differenze
presociali
,
che
sono
i
limiti
che
la
bestialità
contrappone
,
come
forze
invincibili
,
a
qualunque
azione
di
adattamento
educativo
.
Non
occorre
qui
di
vedere
,
se
essa
abbia
esagerata
la
estensione
di
cotesta
bestialità
,
interpretando
male
i
casi
che
intendeva
di
studiare
,
e
amplificando
alcune
volte
fantasticamente
i
resultati
di
parziali
e
poco
precise
osservazioni
.
Ciò
che
importa
qui
è
di
dire
,
che
essa
,
per
un
certo
rispetto
metodico
,
ricade
,
inconsapevolmente
,
nella
detestata
metafisica
.
Nella
foga
legittima
di
combattere
l
'
ente
giustizia
e
l
'
ente
responsabilità
,
fissa
poi
dei
fatti
naturali
,
delle
disposizioni
,
cioè
,
a
delinquere
,
la
cui
denominazione
e
definizione
va
togliendo
da
quelle
categorie
della
tutela
sociale
,
che
rispondono
soltanto
alle
condizioni
di
vita
alle
quali
gli
uomini
,
in
verità
solo
dopo
che
son
nati
,
si
vanno
assuefacendo
.
In
natura
,
per
ispiegarmi
,
ci
sarà
la
eccessiva
e
sfrenata
libidine
,
ma
non
certo
l
'
adulterio
(
questa
è
una
categoria
arcirelativamente
sociale
!
)
;
la
rapacità
,
ma
non
il
furto
in
tutte
le
sue
economiche
specificazioni
fino
alla
firma
falsa
su
la
cambiale
;
il
temperamento
sanguinano
,
ma
non
il
regicidio
,
e
così
via
.
Né
si
dica
che
queste
sian
questioni
meramente
verbali
.
Ciò
tocca
all
'
essenza
della
cosa
.
Ciò
riguarda
la
coscienza
dei
limiti
metodici
.
Ciò
importa
a
ricordare
,
che
la
metafisica
è
un
male
atavistico
,
al
quale
non
isfuggono
nemmeno
quelli
che
di
continuo
gridano
:
abbasso
la
metafisica
!
In
altro
campo
di
studii
,
cioè
nella
psicologia
in
genere
e
nella
psichiatria
in
ispecie
,
è
accaduto
per
molto
tempo
lo
stesso
.
Molti
che
volean
localizzare
nel
cervello
i
fenomeni
psichici
,
invece
di
tenersi
ai
fatti
elementarissimi
,
che
,
in
verità
,
solo
da
poco
tempo
furono
distintamente
sceverati
,
localizzavano
(
come
accadde
perfino
all
'
insigne
fisiologista
Ludwig
)
le
facoltà
dell
'
anima
ed
altre
simili
escogitazioni
del
razionalismo
filosofico
;
ossia
davano
un
posto
materiale
al
non
esistente
.
L
'
antropologia
criminale
deve
ancora
sceverar
bene
e
fissare
criticamente
le
sue
categorie
,
causando
l
'
equivoco
di
accettare
come
naturali
ed
innate
quelle
categorie
,
che
il
diritto
punitivo
,
avuto
riguardo
alle
condizioni
di
mera
esperienza
sociale
,
ha
,
per
ragioni
di
pratica
,
fissate
ed
accettate
.
IX
.
Roma
,
2
luglio
'97
Voi
accennate
a
quei
critici
,
di
varia
indole
e
natura
,
i
quali
,
per
varie
ragioni
di
molto
difformi
fra
loro
,
ritengono
,
che
il
cristianesimo
sfugga
all
'
intendimento
materialistico
della
storia
,
e
stimano
che
in
tale
obiezione
sia
come
una
difficoltà
insormontabile
.
Devo
io
addentrarmi
in
cotesta
selva
,
non
dirò
aspra
e
selvaggia
,
ma
di
certo
molto
oscura
per
me
?
Voi
sapete
come
io
respinga
gli
schematismi
d
'
ogni
sorta
.
Non
mi
pare
-
e
pensare
il
contrario
sarebbe
mera
fatuità
,
-
ci
sia
mai
alcuna
teoria
storica
tanto
buona
ed
eccellentissima
per
sé
,
che
ne
abiliti
alla
sommaria
cognizione
di
ogni
storia
particolare
,
quando
anche
alla
ricerca
specializzata
di
questa
non
ci
siamo
per
l
'
innanzi
addestrati
con
proprii
e
diretti
studii
nostri
.
Ora
io
su
la
storia
della
chiesa
cristiana
non
ho
fatto
fino
ad
ora
studii
ex
-
professo
,
che
mi
conferiscano
il
facile
maneggio
della
cosa
stessa
;
su
la
quale
gli
obiettatori
di
solito
discettano
e
discorrono
come
chi
giudichi
per
generiche
impressioni
.
Da
giovane
,
come
accadeva
allora
di
tutti
quelli
che
si
aggirassero
nella
cerchia
della
filosofia
classica
di
Germania
,
lessi
lo
Strauss
e
i
principali
scritti
della
scuola
di
Tubinga
;
ed
ora
,
con
tanti
altri
,
potrei
,
con
piccola
variante
,
ripetere
la
esclamazione
di
Faust
:
ich
habe
,
leider
,
auch
Theologie
studiert
!
Ma
poi
dopo
...
io
di
coteste
materie
non
mi
son
più
occupato
.
Ho
serbata
però
in
me
viva
la
persuasione
,
che
,
come
con
la
scuola
tubingese
cominciò
,
in
definitivo
e
per
davvero
,
quella
considerazione
del
cristianesimo
,
che
sola
può
dirsi
storica
,
così
gli
ulteriori
progressi
consistano
principalmente
nelle
correzioni
e
nei
complementi
,
che
furon
già
portati
,
o
si
vanno
portando
,
ai
resultati
di
quella
stessa
scuola
.
La
principale
delle
correzioni
è
,
e
deve
,
a
mio
avviso
,
esser
tuttora
questa
:
che
,
mentre
i
tubingesi
mirarono
,
in
modo
prevalente
sì
,
ma
non
esclusivo
,
a
studiare
la
genesi
ed
il
processo
delle
credenze
e
dei
dogmi
,
sia
poi
occorso
,
e
occorra
al
presente
,
di
mettersi
allo
studio
obiettivo
della
formazione
e
dello
sviluppo
dell
'
associazione
cristiana
.
Per
cotesto
riavvicinarsi
a
quel
modo
di
considerazione
,
che
,
brevitatis
causa
,
chiamerò
sociologico
,
si
fa
un
passo
innanzi
nella
obiettività
della
ricerca
:
in
guisa
,
che
l
'
intendimento
del
come
e
del
perché
l
'
associazione
è
nata
e
si
è
svolta
,
ci
dà
il
modo
di
vedere
per
quali
ragioni
e
per
quali
vie
gli
animi
,
le
fantasie
,
le
menti
,
i
desiderii
,
i
timori
,
le
speranze
,
le
aspirazioni
degli
associati
dovessero
completarsi
di
certe
credenze
,
ricercare
certi
simboli
,
giungere
alla
escogitazione
di
certi
dogmi
;
-
o
come
gli
associati
potessero
mettere
,
in
somma
,
assieme
tutto
un
mondo
dottrinale
ed
ideologico
.
Fatta
una
tale
inversione
,
si
è
già
su
la
via
,
che
mena
diritto
al
materialismo
storico
;
ossia
siam
prossimi
al
postulato
generale
,
che
si
debba
considerare
le
idee
come
il
prodotto
e
non
come
la
causa
di
una
determinata
struttura
sociale
.
Se
non
erro
,
-
perché
,
come
dicevo
,
di
tali
argomenti
me
ne
intendo
relativamente
poco
-
in
questo
indirizzo
realistico
concorrono
soprattutto
gli
studii
recenti
delle
antichità
cristiane
;
nei
quali
,
mi
pare
,
primeggiano
gli
scrittori
del
genere
di
Harnack
e
simiglianti
.
Cito
incidentalmente
,
giacché
questo
libro
qui
io
l
'
ho
studiato
,
quelle
notevolissime
letture
dell
'
inglese
Hatch
;
nelle
quali
,
con
la
massima
lucidezza
di
analisi
documentaria
,
si
va
dimostrando
,
come
l
'
associazione
cristiana
,
da
un
punto
in
qua
dalle
sue
primissime
origini
,
si
sviluppasse
e
si
consolidasse
per
via
dell
'
adattamento
alle
varie
forme
di
quel
diritto
corporativo
,
che
fioriva
nelle
varie
regioni
dell
'
impero
,
o
nelle
condizioni
peculiarmente
proprie
al
giure
pubblico
romano
,
o
in
quelle
altre
degli
altri
usi
locali
e
nazionali
,
e
segnatamente
delle
istituzioni
greche
ed
ellenistiche
.
I
nostri
vescovi
non
se
ne
abbiano
a
male
.
Lo
spirito
santo
ci
sarà
entrato
per
qualche
cosa
nel
metterli
al
di
sopra
del
rimanente
dei
fedeli
,
da
quando
nella
associazione
originariamente
democratica
si
creò
la
differenziazione
gerarchica
di
clero
e
di
laici
(
ossia
popolani
)
;
ma
il
loro
nome
stesso
ricorda
,
che
la
organizzazione
fu
fatta
sul
preciso
modello
di
quei
corpi
di
navicellai
,
pescivendoli
,
fornai
e
simili
,
che
aveano
i
loro
episcopi
(
sopravveglianti
)
et
reliqua
.
A
questo
punto
bisogna
fare
ancora
un
passo
innanzi
.
Bisogna
,
cioè
,
abbandonare
il
concetto
astratto
e
generico
di
una
storia
unica
ed
unitaria
di
tutto
il
cristianesimo
,
e
venire
alla
storia
particolare
,
per
tempi
e
luoghi
,
dell
'
associazione
cristiana
:
-
la
quale
associazione
ora
è
una
parte
soltanto
di
quella
più
larga
società
civile
,
semicivile
,
o
a
dirittura
barbara
,
in
cui
essa
s
'
andò
svolgendo
nei
primi
tre
secoli
;
-
ora
par
che
covra
ed
assorba
tutti
i
rapporti
della
complessiva
società
semicivile
o
semibarbara
,
come
fu
nell
'
occidente
latino
del
così
detto
Medioevo
;
-
e
da
ultimo
,
dopo
quella
dilacerazione
dell
'
unità
cattolica
,
che
è
il
protestantesimo
,
e
riconosciuta
la
libertà
di
coscienza
,
e
assai
più
spiccatamente
in
seguito
alla
Grande
Rivoluzione
,
torna
ad
essere
una
parte
del
tutto
nella
convivenza
politico
-
sociale
,
una
parte
,
o
prevalente
,
o
piccola
,
o
minima
,
e
così
via
dicendo
.
Su
cotesta
traccia
stessa
va
trattato
il
problema
dei
rapporti
fra
chiesa
e
stato
;
che
è
questione
di
relatività
storica
,
e
non
di
teoretica
elocubrazione
formalistica
.
Per
questo
modo
d
'
intendere
si
è
in
fine
in
grado
di
ricercare
e
di
dichiarare
quelle
condizioni
materiali
,
le
quali
,
come
è
accaduto
di
ogni
altra
convivenza
umana
,
produssero
dapprima
l
'
associazione
cristiana
,
e
poi
la
mantennero
,
la
perpetuarono
,
o
la
portarono
alla
parziale
o
locale
dissoluzione
,
con
tutte
le
varie
vicende
,
che
nelle
cause
e
ragioni
loro
divengon
poi
senza
difficoltà
patenti
.
E
si
capisce
che
credenze
,
e
dogmi
,
e
simboli
,
e
leggende
,
e
liturgie
,
e
altre
simili
cose
debbano
venire
in
seconda
linea
,
come
è
proprio
di
ogni
altra
soprastruzione
ideologica
.
Continuare
a
scrivere
la
storia
dell
'
ente
Cristianesimo
(
ne
faccio
qui
un
solo
sostantivo
con
la
lettera
maiuscola
)
,
gli
è
come
moltiplicare
l
'
errore
di
concezione
metodica
,
nel
quale
incorrono
i
letterati
e
gli
eruditi
,
quando
compongono
,
in
senso
affatto
unitario
,
come
se
si
trattasse
di
cose
per
sé
stanti
,
le
storie
della
letteratura
o
della
filosofia
.
In
coteste
manipolazioni
della
dotta
fabbrica
,
pare
come
se
i
poeti
,
gli
oratori
,
i
filosofi
di
diversi
tempi
,
isolati
quasi
dal
resto
del
mondo
in
cui
realmente
vissero
,
si
porgano
la
mano
attraverso
o
al
di
sopra
dei
secoli
,
per
comporre
una
illustre
catena
;
-
o
come
se
,
non
avendo
essi
tolta
la
materia
e
l
'
occasione
al
poetare
o
al
filosofare
dalle
condizioni
della
società
in
cui
si
svolsero
,
e
dal
grado
evolutivo
di
questa
,
si
sforzassero
di
entrare
nella
serie
indipendente
,
che
è
lo
studiato
indice
della
dotta
compilazione
.
Si
capisce
quanto
sia
cosa
comoda
l
'
avere
a
mano
,
nel
manuale
,
la
somma
delle
notizie
su
ciò
che
chiamiamo
letteratura
francese
,
per
es
.
dalla
Chanson
de
Roland
ai
romanzi
del
signor
Zola
:
ma
dall
'
una
cosa
all
'
altra
non
corre
soltanto
il
cronologico
millennio
,
né
da
una
cosa
all
'
altra
intercede
soltanto
il
semplice
variare
della
facoltà
poetica
;
perché
,
anzi
,
c
'
è
di
mezzo
tutto
il
tramutarsi
di
tutti
i
rapporti
della
convivenza
in
tutti
i
suoi
principali
aspetti
,
e
in
rispetto
a
cotesti
sociali
tramutamenti
le
manifestazioni
letterarie
non
son
che
relativi
indici
,
sedimenti
specifici
,
e
casi
particolari
.
Sarà
comodo
,
specie
per
l
'
allevamento
artificiale
al
sapere
,
che
è
tanta
parte
delle
nostre
Università
,
il
ridurre
in
compendio
la
somma
di
ciò
che
nella
storia
chiamiamo
genericamente
filosofia
;
ma
chi
è
che
riesca
a
capir
poi
per
davvero
,
per
cotesta
via
,
come
i
singoli
filosofi
siano
arrivati
a
pensare
in
modi
cosi
difformi
,
e
spesso
contraddittorii
?
Come
si
fa
a
mettere
in
una
sola
linea
di
processo
continuativo
,
indipendente
ed
unitario
,
la
filosofia
dell
'
antichità
,
che
fu
fino
a
Platone
quasi
tutta
la
scienza
,
-
e
poi
quel
minimo
di
scienza
che
fu
la
Scolastica
sopraffatta
dalla
teologia
,
-
e
più
in
qua
quella
filosofia
del
secolo
XVII
,
che
è
una
forma
di
esplorazione
concettuale
parallela
alla
nuova
scienza
contemporanea
della
osservazione
e
dell
'
esperimento
-
in
fine
questa
neocritica
,
che
tende
ora
a
far
della
filosofia
una
semplice
revisione
formale
del
saputo
nelle
singole
scienze
,
già
di
tanto
differenziate
fra
loro
?
A
potiori
è
assurdo
l
andar
scrivendo
-
salvo
che
per
ragioni
di
comodità
accademica
-
delle
storie
universali
del
cristianesimo
.
Non
parlo
di
quelli
che
pensano
con
animo
da
credenti
;
e
,
ossia
,
opinano
che
il
filo
conduttore
di
tali
storie
unitarie
consista
nella
missione
provvidenziale
della
chiesa
stessa
attraverso
i
secoli
.
A
coloro
,
che
così
pensano
,
e
in
vario
modo
intendono
cotesta
storia
ideale
eterna
,
che
sarebbe
come
una
immanente
o
processuale
rivelazione
,
noi
non
abbiamo
nulla
da
dire
o
da
suggerire
.
Son
fuori
del
campo
nostro
.
Ma
quei
critici
,
i
quali
scrivono
le
storie
unitarie
di
tutto
il
cristianesimo
,
pur
sapendo
e
confessando
di
aver
per
le
mani
una
materia
che
fa
parte
delle
variabili
e
più
o
meno
necessarie
condizioni
successive
della
vita
umana
,
come
non
vedono
,
che
la
loro
rappresentazione
continuativa
si
tien
sopra
di
un
assai
debole
filo
di
tradizione
,
e
riflette
uno
schema
assai
vago
di
cose
appena
appena
riavvicinabili
?
Il
nascere
,
l
'
ampliarsi
,
il
diffondersi
,
l
'
organizzarsi
e
lo
sparire
(
in
alcune
parti
,
dico
,
del
mondo
,
per
es
.
l
'
Asia
anteriore
e
l
'
Africa
settentrionale
)
dell
'
associazione
cristiana
,
e
il
vario
atteggiarsi
di
essa
verso
il
rimanente
dell
'
attività
pratica
,
e
i
multiformi
legami
che
ebbe
con
le
altre
aggregazioni
e
potestà
politico
-
sociali
:
-
tutte
coteste
cose
,
che
son
la
storia
vera
e
effettuale
,
non
s
'
intendono
,
se
non
si
parte
dalle
condizioni
complessive
di
ciascun
singolo
paese
,
nel
quale
,
o
pochi
,
o
molti
,
o
tutti
gl
'
incoli
,
abitanti
e
cittadini
,
o
da
membri
di
modesta
setta
,
o
nelle
forme
d
'
imperiosa
cattolicità
,
o
perseguitati
,
o
tollerati
,
o
intolleranti
e
perseguitanti
,
si
professarono
e
professano
cristiani
.
E
di
cui
solo
si
comincia
a
metter
piede
sul
terreno
solido
,
di
ciò
che
è
degno
obietto
dell
'
intendimento
storico
;
e
di
qui
alla
interpretazione
materialistica
non
occorre
sforzo
maggiore
di
quello
che
occorra
in
ogni
altro
ramo
delle
nostre
conoscenze
della
vita
del
passato
.
In
una
parola
,
la
storia
effettiva
è
quella
della
chiesa
,
anzi
delle
chiese
;
ossia
di
una
società
,
che
ha
la
sua
oikonomia
,
così
nel
senso
generico
di
ordinamento
,
come
in
quello
specificato
del
modo
di
acquisizione
,
di
produzione
,
di
distribuzione
e
di
consumo
dei
beni
(
ahimè
,
terreni
!
)
Se
altri
intende
per
cristianesimo
,
in
un
senso
esclusivo
,
il
solo
complesso
delle
credenze
e
delle
aspettazioni
circa
il
destino
umano
-
credenze
,
che
in
verità
varian
tanto
,
quanto
è
il
divario
,
per
dirne
una
sola
,
tra
il
libero
arbitrio
del
cattolicesimo
postridentino
e
il
determinismo
assoluto
di
Calvino
!
-
bisogna
si
rassegni
a
capire
e
ad
ammettere
,
che
cotesto
complesso
di
vedute
e
di
tendenze
è
nato
e
si
è
svolto
sempre
per
entro
la
cerchia
di
una
associazione
,
che
ha
variato
di
continuo
in
vario
senso
,
ed
è
stata
sempre
,
dal
più
al
meno
,
contenuta
da
un
più
vasto
e
complicato
ambiente
storico
-
sociale
,
tanto
per
dirla
con
la
prediletta
espressione
dei
neologisti
.
Conviene
aggiungere
un
'
altra
considerazione
.
In
questo
quarto
d
'
ora
di
prosa
scientifica
,
in
cui
noi
ci
troviamo
al
presente
,
non
si
dà
a
credere
più
a
nessuno
,
che
la
massa
dei
raccolti
nell
'
associazione
cristiana
sapessero
e
capissero
mai
nulla
di
preciso
del
variare
dei
dogmi
,
e
delle
sottili
discussioni
dei
sapienti
e
dei
dottori
.
Delle
plebi
di
Antiochia
,
di
Alessandria
,
di
Costantinopoli
,
e
così
via
,
agitantisi
intorno
alle
bandiere
di
Ano
e
di
Atanasio
,
noi
non
conosciamo
precisamente
le
passioni
,
gl
'
interessi
,
il
modo
cotidiano
del
vivere
,
e
l
'
ingenito
e
abituale
idiotismo
;
-
non
possiamo
descriverle
proprio
come
faremmo
ora
di
Napoli
o
di
Londra
:
-
ma
non
saremo
mai
così
ingenui
da
credere
,
che
capissero
un
iota
della
lotta
circa
la
sostanza
,
o
semplicemente
simile
,
o
affatto
identica
,
del
figlio
per
rispetto
al
padre
.
Né
misureremo
la
differenza
reale
degli
artigiani
di
Ginevra
da
quei
d
'
Italia
nel
secolo
XVI
,
dal
divario
dottrinale
fra
Calvino
e
Bellarmino
.
Per
ciò
appunto
la
storia
del
cristianesimo
riesce
in
gran
parte
oscura
,
perché
essa
ci
fu
quasi
sempre
tramandata
attraverso
agl
'
involucri
e
alle
diciture
ideologiche
di
quelli
che
furono
il
riflesso
dogmatico
-
letterario
dello
svolgersi
dell
'
associazione
;
in
guisa
che
della
vita
pratica
si
sa
relativamente
poco
,
e
questo
poco
si
assottiglia
fino
al
minimo
quanto
più
si
risale
ai
primi
secoli
.
Inoltre
,
la
massa
dei
consociati
ha
sempre
serbato
in
cuor
suo
,
e
ha
trasferito
nelle
minute
credenze
e
nelle
leggende
,
molte
delle
superstizioni
e
moltissimi
dei
miti
che
recava
in
sé
prima
di
convertirsi
,
e
tutte
quelle
altre
superstizioni
e
tutti
quei
miti
,
che
le
fu
necessità
di
creare
,
per
rendersi
in
qualche
modo
plausibile
le
dottrine
astratte
e
metafisiche
del
cristianesimo
dogmatico
.
Accadde
ciò
assai
visibilmente
fin
dalla
seconda
metà
del
secondo
secolo
,
quando
l
'
associazione
avea
cessato
da
un
pezzo
dall
'
essere
una
democratica
setta
di
aspettanti
il
regno
di
dio
,
compenetrati
tutti
dello
spirito
santo
,
e
volgeva
alla
formazione
di
una
organizzata
cattolicità
,
così
nel
senso
della
ortodossia
,
come
in
quello
di
una
semipolitica
coordinazione
gerarchica
di
moltissimi
non
più
santi
,
ma
semplicemente
uomini
.
Cresce
cotesto
trasferimento
di
tutte
le
superstizioni
locali
,
regionali
ed
etniche
nel
seno
del
cristianesimo
,
dacché
,
diventando
la
chiesa
in
definitivo
ortodossamente
ufficiale
e
territoriale
,
era
tolto
il
modo
a
qual
si
fosse
più
zelante
di
andar
sceverando
,
con
scrupolosa
epurazione
,
i
capaci
di
una
persuasione
,
frutto
di
pedagogico
addestramento
,
dagli
obbligati
a
credere
,
e
a
stare
ai
riti
e
alle
forme
come
che
si
fosse
.
Rovinando
poi
l
'
Impero
di
Occidente
,
per
le
sommarie
o
forzate
conversioni
dei
barbari
della
Germania
e
della
Slavia
,
s
'
accrebbe
il
capitale
delle
credenze
popolari
da
formare
il
pascolo
cotidiano
delle
masse
,
che
eran
tenute
in
obbligo
di
professare
simboli
e
credenze
tanto
superiori
o
estranee
all
'
ambito
di
loro
menti
,
come
quelle
che
rappresentavano
un
precipitato
di
molte
semi
-
filosofie
.
Tutte
coteste
popolazioni
cristiane
vissero
e
continuarono
a
vivere
delle
loro
variopinte
credenze
;
per
la
qual
ragione
,
poi
,
esse
effettivamente
trasformarono
i
dati
comunissimi
del
cristianesimo
in
moventi
ed
in
occasioni
a
nuove
e
speciose
mitologie
.
A
riscontro
di
tal
vita
barbaramente
ingenua
,
le
definizioni
dei
dottori
e
le
decisioni
dei
concilii
rimasero
come
librate
in
aria
,
quale
ideologia
inattingibile
alle
moltitudini
,
e
a
guisa
di
dottrinale
utopia
.
Da
quali
ragioni
e
cause
,
da
quali
moventi
e
mezzi
i
membri
della
consociazione
furon
tenuti
,
dunque
,
assieme
nei
tempi
dei
quali
si
dice
che
la
religione
fosse
l
'
anima
e
il
fulcro
di
tutta
la
vita
?
Prescindo
dalle
prepotenze
e
dalle
violenze
,
per
non
entrare
in
un
capitolo
assai
spinoso
,
che
è
quello
cui
s
'
appellano
di
solito
i
passionati
avversarii
del
cristianesimo
;
capitolo
che
mette
sotto
gli
occhi
la
storia
delle
più
odiose
tirannie
,
delle
più
feroci
ed
inumane
persecuzioni
,
e
della
più
raffinata
ipocrisia
.
Tantum
religio
potuit
suadere
malorum
!
Ciò
che
mi
preme
gli
è
di
notare
,
che
la
forza
principale
della
coesione
fosse
appunto
in
quei
disprezzati
mezzi
materiali
,
l
'
uso
il
maneggio
e
il
governo
dei
quali
ha
fatto
crescere
l
'
associazione
in
una
potente
organizzazione
economica
,
coi
suoi
ufficii
,
con
la
sua
gerarchia
,
col
suo
diritto
,
e
coi
suoi
servi
,
e
schiavi
,
e
dipendenti
,
e
coloni
,
e
ministri
,
e
protetti
e
beneficati
.
La
proprietà
ecclesiastica
rappresenta
tutta
una
serie
di
variazioni
,
dall
'
obolo
del
semicomunismo
alla
legale
corporazione
,
e
da
questa
alla
raccolta
dei
legati
,
alla
costituzione
dei
complessi
terrieri
del
latifondo
,
e
poi
del
feudo
coi
corollarii
delle
decime
e
della
finanza
delle
anime
,
e
fino
ai
tentativi
più
moderni
della
industria
coloniale
(
i
Gesuiti
)
,
e
così
via
ad
altre
ed
altre
cose
.
Ciò
che
mantenne
la
coesione
degli
umili
furon
principalmente
,
come
sono
in
parte
tuttora
,
i
beneficii
dell
'
elemosina
,
dell
'
assistenza
dei
malati
,
dei
derelitti
,
degli
orfani
,
delle
vedove
e
così
via
,
della
ordinata
e
metodica
gestione
dei
campi
,
del
dissodamento
delle
terre
di
nuovo
acquisto
alla
coltura
.
Questi
i
mezzi
,
che
,
come
è
accaduto
di
ogni
altro
ente
morale
collettivo
,
fecero
dell
'
associazione
cristiana
una
cosa
vitale
,
e
nel
Medioevo
soprattutto
permisero
ad
un
piccolissimo
ceto
di
addottrinati
di
far
servire
una
vasta
compagine
economica
a
fini
relativamente
più
elevati
,
più
nobili
,
più
altruistici
e
più
progressivi
,
di
quel
che
non
accadesse
nell
'
ambito
dei
possedimenti
strettamente
feudali
,
e
per
opera
di
sovrani
taglieggiatori
,
razziatori
,
e
pirati
.
La
borghesia
,
nelle
sue
diverse
fasi
,
con
modi
più
o
meno
rapidi
,
e
in
forme
più
o
meno
rivoluzionarie
,
ha
fatto
dappoi
man
bassa
di
cotesta
economia
della
proprietà
del
popolo
cristiano
,
e
l
'
ha
in
diversi
modi
incorporata
alla
proprietà
di
pieno
diritto
privato
,
e
l
'
ha
resa
fluida
nel
sistema
capitalistico
.
Dove
cotesta
proprietà
di
ecclesiastica
economia
ha
resistito
parzialmente
,
e
dove
parzialmente
resiste
ancora
ai
colpi
dell
'
evo
progressivo
,
gli
è
perché
essa
adempie
tuttavia
alcuni
ufficii
,
che
le
altre
organizzazioni
pubbliche
,
e
lo
stato
che
le
rappresenta
,
o
non
assumono
sopra
di
sé
,
o
tollerano
sussistano
tuttora
nella
chiesa
,
come
in
forma
di
concorrenza
.
La
storia
di
cotesta
economia
è
il
midollo
di
quella
interpretazione
del
variare
del
cristianesimo
,
che
la
critica
ulteriore
dovrà
elaborare
.
Quel
Gregorio
Magno
,
che
par
già
così
persuaso
,
che
il
vescovo
di
Roma
fosse
destinato
a
tener
le
parti
del
tramontato
Impero
dell
'
Occidente
,
quel
Gregorio
,
noto
al
comune
delle
persone
colte
per
le
sue
visioni
,
per
il
suo
amore
della
musica
e
per
l
'
apostolato
nell
'
Anglia
,
da
economo
dettò
le
leggi
della
condotta
del
latifondo
ecclesiastico
.
A
parecchi
secoli
di
distanza
,
per
tutte
le
traversie
dei
semistati
e
delle
varie
comunità
semi
-
politiche
,
che
si
andaron
sviluppando
entro
l
'
ambito
dal
sempre
mal
fermo
e
mal
restaurato
Impero
d
'
Occidente
,
la
estesissima
proprietà
ecclesiastica
,
da
per
tutto
diffusa
e
da
per
ogni
dove
incuneata
,
dette
luogo
a
tentare
quella
politica
,
che
,
da
Gregorio
VII
a
Bonifacio
VIII
,
mirò
a
fare
del
successore
di
Pietro
l
'
erede
di
Augusto
.
Questa
politica
non
fu
tale
qual
fu
,
perché
i
frati
clunacensi
ne
avessero
escogitata
la
dottrina
,
o
perché
com
'
è
di
fatti
,
Gregorio
VII
ed
Innocenzo
III
fossero
uomini
sommi
,
ma
perché
solo
in
quel
vasto
sistema
economico
c
erano
i
dati
per
tentare
un
gran
disegno
di
organizzazione
;
al
quale
,
come
è
noto
,
si
ribellarono
in
diversi
modi
,
non
solo
gli
altri
semipotentati
politici
d
'
allora
,
ma
in
alcuni
punti
di
più
progredita
operosità
industriale
e
commerciale
(
Fiandra
,
Provenza
,
Italia
del
nord
)
con
diversi
intendimenti
,
o
di
cenobitica
ascesi
o
di
civile
libertà
cristiana
,
anche
una
parte
delle
plebi
e
delle
recenti
borghesie
.
E
difatti
l
'
umiliazione
inflitta
a
Bonifacio
VIII
in
Anagni
,
non
è
se
non
il
punto
acuto
di
quella
politica
di
Filippo
il
Bello
,
che
,
da
precursore
molto
alla
lontana
del
principato
rivoluzionario
del
secolo
XVI
,
mette
per
il
primo
arditamente
la
mano
su
la
sostanza
del
popolo
cristiano
.
E
qui
vorrei
far
punto
a
questa
digressione
;
perché
cotesta
storia
economica
non
è
stata
ancora
per
davvero
scritta
,
e
non
sarò
io
ad
avviarla
con
queste
incidentali
osservazioni
.
Mi
pare
,
però
,
che
i
soliti
obiettatori
dicano
:
ma
fatta
questa
storia
economica
,
tutto
il
resto
sarà
chiaro
chiarissimo
?
E
qui
saremmo
al
solito
caso
di
quelli
che
si
fanno
dei
castelli
di
carta
,
per
aver
poi
il
gusto
di
distruggerli
con
un
bel
soffio
.
Spiegare
un
processo
consiste
,
in
generale
,
nel
risolverlo
nelle
condizioni
sue
più
elementari
,
fino
al
punto
che
ci
sia
dato
di
scorgere
e
seguire
(
dal
minimo
del
discernibile
in
su
)
le
fasi
successive
,
come
chi
vada
da
premesse
a
conseguenze
.
Nessuno
si
sognerà
di
affermare
per
es
.
,
che
quando
si
conosca
a
fondo
la
struttura
economica
della
città
di
Atene
tra
la
fine
del
V
e
il
principio
del
IV
secolo
a
.
C
.
,
si
possa
poi
difilato
passare
ad
intendere
,
così
senz
'
altro
,
cioè
senza
il
sussidio
critico
degli
elementi
intellettuali
raccolti
nella
tradizione
,
tutto
il
contenuto
ideologico
di
tutti
e
singoli
i
dialoghi
di
Platone
.
Ciò
che
occorre
in
verità
di
spiegare
innanzi
tutto
è
l
'
uomo
Platone
;
ossia
le
sue
disposizioni
estetiche
e
mentali
,
il
suo
pessimismo
,
la
sua
fuga
dal
mondo
,
il
suo
idealismo
e
il
suo
utopismo
.
Tutto
ciò
è
il
prodotto
di
quelle
condizioni
,
che
come
si
svolsero
ideologicamente
nell
individuo
Platone
,
si
svolsero
del
pari
in
tanti
e
tanti
altri
contemporanei
suoi
,
che
altrimenti
non
l
'
avrebbero
inteso
,
ammirato
e
seguito
al
punto
da
creare
intorno
a
lui
una
setta
,
vissuta
poi
per
secoli
con
tante
modificazioni
.
Se
altri
si
provi
a
distrarre
quella
formazione
ideologica
dall
'
ambiente
,
in
cui
per
l
'
appunto
nacque
come
primo
prodromo
del
cristianesimo
,
essa
diventa
l
'
incomprensibile
,
ossia
presso
a
poco
l
assurdo
.
A
potiori
ciò
vale
di
quelle
disposizioni
e
inclinazioni
,
o
fantastiche
,
o
mentali
,
che
in
una
così
grande
convivenza
,
qual
è
stata
l
'
associazione
cristiana
coi
suoi
molteplici
ufficii
e
con
le
sue
svariate
attinenze
,
ingenerarono
il
bisogno
di
tante
credenze
,
di
tanti
simboli
,
di
tanti
dogmi
,
di
tante
leggende
.
Ci
torna
di
certo
più
facile
di
intendere
i
rapporti
,
che
in
genere
legano
tutte
coteste
ideazioni
a
certe
determinate
condizioni
materiali
della
convivenza
,
che
non
di
spiegare
poi
partitamente
tutte
e
singole
quelle
ideazioni
nel
loro
particolare
contenuto
.
Cotesta
difficoltà
di
adeguata
spiegazione
è
cresciuta
dal
fatto
,
che
si
tratta
di
tempi
di
terribili
catastrofi
,
di
inauditi
rimescolamenti
,
di
decadenza
delle
attitudini
alla
scienza
corretta
;
di
tempi
,
in
breve
,
nei
quali
manca
quasi
sempre
la
testimonianza
spregiudicata
,
la
critica
,
l
'
opinione
pubblica
,
e
le
menti
più
forti
,
sequestrate
dalla
vita
,
inclinano
all
'
astruso
,
al
sottile
e
al
verbalistico
.
Gli
è
difatti
il
difficile
intendimento
,
del
come
le
ideologie
nascano
dal
terreno
materiale
della
vita
,
che
dà
forza
all
'
argomentare
di
coloro
i
quali
negano
la
possibilità
di
una
piena
spiegazione
genetica
del
cristianesimo
.
In
generale
gli
è
vero
,
che
la
fenomenologia
o
psicologia
religiosa
che
dir
si
voglia
,
presenta
delle
grandi
difficoltà
,
e
reca
in
sé
dei
punti
assai
oscuri
.
Come
i
dati
empirici
della
natura
e
del
vivere
sociale
si
tramutino
,
in
certi
determinati
tempi
e
in
certe
determinate
disposizioni
etniche
,
passando
per
il
crogiuolo
di
una
specificata
fantasia
,
in
persone
,
in
iddii
,
in
angeli
,
in
demoni
,
e
poi
in
attributi
,
emanazioni
,
e
ornamenti
di
queste
stesse
personificazioni
,
e
da
ultimo
in
entità
astratte
e
metafisiche
come
il
logos
,
l
'
infinita
bontà
,
la
gomma
giustizia
e
così
via
-
non
è
cosa
sempre
facile
d
'
intendere
a
pieno
.
In
cotesto
campo
di
derivata
e
complicata
produzione
psichica
,
siam
molto
lontani
da
quelle
condizioni
elementarissime
,
nelle
quali
,
con
l
'
osservazione
e
con
l
'
esperimento
c
'
è
per
es
.
,
lecito
di
seguire
il
sorgere
e
lo
svolgersi
delle
prime
sensazioni
da
un
estremo
all
'
altro
,
ossia
dagli
apparati
periferici
fino
ai
centri
cerebrali
,
nei
quali
l
'
eccitazione
e
le
vibrazioni
si
tramutano
in
noto
alla
coscienza
,
cioè
dire
in
coscienza
.
Ma
è
forse
cotesta
difficoltà
psicologica
un
privilegio
delle
credenze
cristiane
?
Non
è
essa
propria
del
generarsi
di
tutte
le
credenze
,
e
ideazioni
mitiche
e
religiose
?
Ci
son
forse
più
chiare
le
creazioni
tanto
originali
del
primissimo
buddhismo
,
e
quelle
più
di
seconda
mano
,
e
quasi
sincretiche
del
maomettanismo
?
E
risalendo
poi
in
là
da
questi
sistemi
delle
grandi
religioni
,
ci
sono
forse
chiari
e
trasparenti
a
prima
vista
i
procedimenti
della
fantasia
nella
creazione
dei
miti
elementarissimi
dei
nostri
protopadri
ariani
?
Ci
è
proprio
facile
di
renderci
conto
per
filo
e
per
segno
di
tutte
le
transizioni
occorse
alla
fantasia
di
tante
generazioni
,
attraverso
tanti
secoli
,
perché
il
pramantha
,
ossia
il
bastone
da
suscitare
il
fuoco
fregandolo
ed
agitandolo
in
altro
legno
,
si
svolgesse
poco
per
volta
nell
'
eroe
Prometeo
?
E
pure
questo
è
il
mito
più
noto
della
mitologia
indo
-
europea
;
quello
per
il
quale
esistono
più
dati
per
seguirne
le
successive
fasi
embriogenetiche
,
dagli
antichissimi
inni
vedici
in
onore
del
dio
Agni
(
il
fuoco
)
,
fino
alla
creazione
etico
-
religiosa
della
tragedia
eschilea
.
Gli
è
che
coteste
produzioni
psichiche
degli
uomini
dei
secoli
trapassati
presentano
all
'
intendimento
nostro
delle
difficoltà
tutte
speciali
.
Noi
non
possiamo
facilmente
riprodurre
in
noi
le
condizioni
che
occorrono
,
per
approssimarci
allo
stato
interiore
d
'
animo
,
che
fu
rispettivo
a
quei
prodotti
.
Occorre
una
lunga
assuefazione
perché
si
acquisti
quella
attitudine
interpretativa
,
la
quale
è
propria
del
glottologo
,
del
filologo
,
del
critico
,
del
preistorista
;
ossia
di
chi
,
col
lungo
esercizio
e
coi
reiterati
tentativi
,
si
fa
come
una
coscienza
artificiale
,
congrua
e
consona
all
'
obietto
da
spiegare
.
Se
non
che
il
cristianesimo
(
e
qui
intendo
dire
della
credenza
,
della
dottrina
,
del
mito
,
del
simbolo
,
della
leggenda
,
e
non
della
semplice
associazione
nella
sua
oikonomika
)
,
ci
riesce
relativamente
più
facile
,
in
quanto
è
a
noi
più
prossimo
.
Ci
viviamo
in
mezzo
,
e
ne
abbiamo
di
continuo
a
considerare
le
conseguenze
e
le
derivazioni
nelle
letterature
e
nelle
varie
filosofie
a
noi
familiari
.
Noi
possiamo
tuttodì
osservare
come
le
moltitudini
combinino
,
all
'
ingrosso
,
tanto
le
atavistiche
come
le
recenti
superstizioni
con
una
mezzana
o
appena
approssimativa
accettazione
del
principio
più
generale
,
che
unifica
tutte
le
confessioni
:
-
il
principio
cioè
della
caduta
e
della
redenzione
.
Noi
l
'
associazione
cristiana
la
vediamo
all
'
opera
,
così
per
ciò
che
essa
fa
,
come
per
le
lotte
che
sostiene
;
e
siamo
in
grado
di
rifarci
sul
passato
per
combinazioni
analogiche
,
che
di
rado
ci
riesce
di
adoperare
nella
interpretazione
delle
credenze
da
noi
remote
.
Assistiamo
ancora
alla
creazione
di
nuovi
dogmi
,
di
nuovi
santi
,
di
nuovi
miracoli
,
di
nuovi
pellegrinaggi
;
e
,
ripensando
al
passato
,
possiamo
in
buona
parte
dire
:
tout
comme
chez
nous
!
Disponiamo
,
voglio
dire
,
di
un
capitale
di
osservazione
e
di
esperienza
psicologica
,
che
ci
permette
di
rivivere
nel
passato
,
con
isforzo
assai
minore
di
quello
ci
tocchi
di
fare
,
quando
siam
costretti
a
starcene
alla
sola
analisi
documentaria
delle
condizioni
più
antiche
.
Da
quando
si
è
cominciato
a
capir
qualcosa
di
netto
della
origine
della
lingua
,
se
non
dal
momento
che
fu
inteso
,
non
aver
noi
altro
terreno
di
esperienza
in
proposito
,
se
non
nel
modo
come
i
fanciulli
imparano
tuttodì
a
parlare
?
Per
molti
il
problema
della
origine
del
cristianesimo
rimane
poi
oscurato
da
un
altro
pregiudizio
;
che
qui
,
cioè
,
si
tratti
di
una
formazione
primissima
,
e
quasi
di
una
creazione
ex
nihilo
.
Costoro
non
pensano
,
che
quelli
che
divennero
cristiani
giunsero
a
quel
punto
partendo
da
altre
religioni
;
e
che
il
problema
della
origine
si
riduce
prosaicamente
innanzi
tutto
a
rintracciare
,
come
gli
elementi
preesistenti
siansi
derivati
in
nuova
forma
,
per
entro
all
'
ambito
dell
'
associazione
,
e
in
che
stia
il
vero
e
proprio
nocciolo
nuovo
della
neoformazione
.
Siamo
in
tempi
storici
.
Di
quelle
religioni
precedenti
ci
è
nota
principalmente
la
forma
del
giudaesimo
posteriore
,
che
era
in
una
parte
della
massa
popolare
di
messianismo
esaltato
,
e
nella
classe
degli
addottrinati
di
affilata
casistica
.
Ci
sono
a
un
di
presso
noti
i
culti
,
le
superstizioni
,
le
credenze
dei
varii
paganesimi
dell
'
impero
e
ci
è
nota
la
disposizione
religiosa
di
una
buona
parte
dei
filosofanti
di
quel
tempo
,
che
eran
quasi
tutti
decadenti
,
come
ci
son
note
le
inclinazioni
delle
moltitudini
di
allora
,
più
che
mai
propense
ad
accettare
nuove
fedi
,
nuove
promesse
,
e
la
buona
novella
.
Dunque
si
tratta
non
di
creazione
,
ma
di
trasformazione
e
siamo
allora
sul
terreno
di
ogni
altra
storia
.
Per
es
.
(
-
perché
parlo
sommariamente
e
come
per
incidente
-
)
:
come
Gesù
è
diventato
il
Messia
degli
Ebrei
(
forma
primitiva
ebionitica
)
,
come
il
Messia
degli
Ebrei
è
diventato
il
redentore
di
tutti
gli
uomini
dal
peccato
(
Paolo
)
,
e
da
ultimo
come
s
'
è
combinato
col
logo
del
neoplatonismo
di
Filone
(
quarto
evangelo
)
?
Questo
lo
schema
del
processo
ideologico
.
E
poi
dall
'
altra
parte
:
come
la
primitiva
associazione
comunistica
(
del
comunismo
,
s
'
intende
,
del
consumo
)
,
degli
aspettanti
la
prossima
fine
del
reo
mondo
e
l
'
universale
catastrofe
(
l
'
Apocalissi
)
,
è
diventata
una
consociazione
(
chiesa
)
,
che
,
rimandata
in
indefinito
l
'
aspettativa
del
millennio
(
seconda
epistola
di
Pietro
)
,
cresce
in
una
organizzazione
,
che
svolge
una
economia
,
e
progressivamente
si
complica
di
attribuzioni
e
di
ufficii
?
In
questo
processo
dalla
setta
alla
chiesa
,
dalla
ingenua
aspettazione
alla
complicata
formula
dottrinale
,
sta
tutto
il
problema
delle
origini
.
Con
l
'
allargarsi
dell
'
associazione
veniva
in
buon
punto
l
'
adattamento
di
essa
alle
varie
forme
di
diritti
vigenti
,
e
col
bisogno
della
dottrina
collimava
la
diffusione
del
platonismo
decadente
.
Certamente
tutte
coteste
produzioni
non
possiamo
riavvicinarcele
agli
occhi
e
all
'
osservazione
nostra
,
in
una
intuitiva
cronistoria
.
Non
assisteremo
al
conversare
di
Filippo
,
di
Matteo
,
di
Pietro
,
di
Giacomo
,
e
loro
prossimi
successori
,
e
così
via
,
come
se
stessimo
ad
ascoltare
Camillo
Desmoulins
,
a
ore
3
p
.
m
.
la
domenica
del
12
luglio
1789
,
in
un
caffè
del
Palais
Royal
.
Non
seguiremo
l
'
originarsi
e
il
fissarsi
dei
dogmi
,
come
se
si
trattasse
della
messa
insieme
degli
articoli
della
Enciclopedia
.
Siamo
in
tempi
di
impressioni
confuse
,
e
di
non
mai
più
viste
fermentazioni
.
Delle
grandi
epidemie
morali
invadono
gli
spiriti
.
I
rapporti
più
elementari
della
vita
entrano
in
un
periodo
di
acuta
crisi
.
Al
di
sotto
di
quella
civiltà
della
cerchia
mediterranea
che
unificava
il
potere
politico
-
amministrativo
dell
'
impero
e
ciò
che
v
'
era
di
più
utile
e
raffinato
nell
'
Ellenismo
,
vegetavano
mille
forme
di
barbarie
locali
e
di
decadenze
putride
e
verminose
.
Pensare
che
il
cristianesimo
si
formò
,
di
fatto
e
di
nome
,
come
cosa
per
sé
stante
,
proprio
nella
molle
Antiochia
,
sentina
di
tutti
i
vizii
;
e
pensare
che
Paolo
dirigeva
ai
Galati
,
ossia
a
Giudei
dispersi
in
un
paese
di
veri
e
proprii
barbari
,
le
sue
sottili
meditazioni
,
che
ce
lo
rivelano
non
molto
difforme
da
quegli
Ebrei
,
che
più
tardi
misero
assieme
il
Talmud
!
Il
cristianesimo
si
è
diffuso
fra
gli
umili
,
fra
i
reietti
,
fra
le
plebi
,
fra
gli
schiavi
,
fra
i
disperati
di
quelle
grandi
città
,
la
cui
tenebrosa
vita
c
'
è
appena
appena
in
qualche
piccola
parte
dichiarata
dalla
satira
di
Petronio
e
di
Giovenale
,
dai
volterriani
racconti
di
Luciano
e
da
quei
macabrici
di
Apuleio
.
Che
cosa
sappiamo
noi
di
preciso
su
la
condizione
di
quegli
Ebrei
della
città
di
Roma
,
in
mezzo
ai
quali
si
diffuse
dapprima
nell
'
Occidente
la
nuova
trista
superstizione
,
come
ebbe
a
dir
Tacito
;
quella
superstizione
,
che
nel
volger
dei
secoli
crebbe
nel
più
potente
organismo
sociale
che
conosca
la
storia
?
Quelle
prime
origini
non
ci
è
lecito
di
ridurle
in
intuitivo
racconto
,
e
noi
siam
costretti
a
rifarle
per
congettura
e
per
combinatoria
.
Questa
è
la
ragion
principale
della
interminabile
letteratura
in
proposito
;
specie
per
opera
dei
dotti
di
Germania
,
che
,
anche
quando
non
sian
per
nulla
credenti
,
usano
di
chiamar
teologia
cotesta
letteratura
critica
ed
erudita
.
La
relativa
oscurità
delle
prime
origini
fa
nascere
nelle
menti
di
molti
la
curiosa
credenza
in
un
cristianesimo
vero
che
sarebbe
stato
assolutamente
difforme
da
quanto
altro
ha
preso
poi
nome
di
cristiano
in
seguito
.
Quel
cristianesimo
vero
,
anzi
originario
,
che
poi
viceversa
è
tanto
oscuro
,
che
ognuno
può
intenderlo
a
modo
suo
,
fa
soventi
le
spese
della
polemica
di
quei
razionalisti
,
i
quali
,
dopo
d
'
aver
coverto
d
'
invettive
cotesta
empirica
chiesa
,
a
noi
nota
per
la
storia
o
per
l
'
esperienza
nostra
,
per
rinforzo
di
argomentazione
retorica
si
appellano
alla
chiesa
ideale
,
che
sarebbe
stata
la
primitiva
comunione
dei
santi
.
Questo
è
un
mito
storico
,
come
la
Sparta
dei
retori
ateniesi
,
come
la
Roma
antica
dei
ghibellini
decadenti
del
XVI
secolo
,
come
tutte
le
creazioni
fantasmagoriche
di
un
passato
paradisiaco
,
o
d
'
un
futuro
non
raggiungibile
ancora
.
Questo
mito
storico
ha
assunto
forme
diverse
.
I
settarii
che
si
ribellarono
alla
cattolicità
,
o
appena
avviata
o
già
trionfante
da
un
pezzo
,
quei
settarii
,
dico
,
che
con
ispirito
di
vera
eguaglianza
democratica
,
in
determinate
circostanze
storiche
,
dai
montanisti
agli
anabatisti
,
si
sollevarono
contro
la
chiesa
profanamente
terrena
,
e
ortodossamente
gerarchica
,
ebbero
bisogno
di
rifarsi
nella
fantasia
il
cristianesimo
vero
,
ossia
la
semplice
vita
protoevangelica
,
mentre
proclamavano
decadenza
,
aberrazione
,
opera
di
satana
,
tutto
l
'
accaduto
dappoi
.
A
questo
cristianesimo
vero
verissimo
si
appellarono
assai
spesso
i
comunisti
ingenui
,
cui
giovava
,
in
difetto
di
ogni
altra
adeguata
idea
sul
modo
d
'
essere
di
questo
ingiusto
mondo
delle
misere
disuguaglianze
,
di
farsi
delle
proprie
aspirazioni
come
un
quadro
,
e
questo
potea
trovare
,
come
in
tanti
altri
ricordi
veri
o
fantastici
,
i
motivi
e
il
colorito
nella
poesia
evangelica
.
Così
accade
fino
a
Weitling
,
che
anche
lui
compose
un
:
Evangelo
del
povero
peccatore
.
E
perché
dovrei
non
ricordare
quei
Saint
-
Simoniani
,
che
favoleggiando
di
un
cristianesimo
più
vero
,
di
là
da
venire
,
in
quello
proiettarono
tutte
le
aspirazioni
della
loro
riscaldata
fantasia
?
Per
tutte
queste
,
e
per
tante
altre
cause
,
sta
come
campata
in
aria
,
nella
mente
di
molti
,
l
'
immagine
fantasiosa
di
un
cristianesimo
ultraperfettissimo
,
che
sarebbe
difforme
,
anzi
per
alcuni
è
assolutamente
difforme
-
da
tutto
ciò
che
la
volgare
storia
conosce
e
dà
per
cristiano
;
da
che
Stefano
fu
lapidato
,
fino
alla
Santa
Inquisizione
,
che
spedì
all
'
altro
mondo
tante
caterve
d
'
infedeli
;
da
che
lo
scalzo
pescatore
Pietro
nei
suoi
paurosi
dinieghi
fece
la
parte
dell
'
accorto
Sancio
Panza
,
fino
a
che
papa
Pio
s
'
è
compensato
,
con
la
infallibilità
,
del
potere
terreno
che
andava
perdendo
;
dall
'
agape
ebionitica
dei
poveri
visitati
dal
Paracleto
,
ai
gesuiti
che
armano
delle
flotte
e
fanno
imprese
commerciali
,
da
precursori
arditi
della
politica
coloniale
dell
'
evo
borghese
;
dal
Rabbi
di
Nazareth
,
che
dice
non
esser
di
questo
mondo
il
regno
suo
,
ai
vescovi
ed
altri
prelati
occupanti
in
nome
suo
per
secoli
,
come
proprietarii
e
come
sovrani
,
dal
quinto
al
terzo
delle
terre
secondo
i
paesi
,
compresovi
in
alcuni
luoghi
il
ius
primae
noctis
,
Chi
per
una
ragione
o
per
l
'
altra
,
e
sia
pure
per
semplice
ipocrisia
letteraria
,
crede
a
quel
cristianesimo
verissimo
,
è
naturale
sia
imbrogliato
a
spiegare
donde
sia
poscia
nato
questo
men
vero
,
o
assolutamente
aberrato
,
che
noi
tutti
conosciamo
.
E
si
capisce
,
inoltre
,
come
quel
vero
verissimo
diventi
un
miracolo
,
se
non
proprio
della
rivelazione
,
della
ideologia
umana
per
lo
meno
;
-
e
noi
dal
canto
nostro
non
siamo
obbligati
a
date
la
spiegazione
di
tale
miracolo
,
né
in
nome
del
materialismo
né
in
nome
di
qualunque
altra
dottrina
,
per
la
stessa
ragione
,
per
la
quale
la
meccanica
razionale
non
ha
il
dovere
di
spiegare
,
né
il
volo
di
Icaro
,
né
quello
dell
'
ippogrifo
dell
'
Ariosto
.
Conviene
,
nondimeno
,
non
dimenticare
,
che
quel
cristianesimo
vero
,
così
idealmente
contrapposto
da
tanti
a
questo
assai
positivo
e
realisticamente
umano
,
che
s
'
è
svolto
in
condizioni
accessibili
al
nostro
ordinario
intendimento
,
ha
esercitato
anch
'
esso
la
sua
funzione
storica
,
e
giova
ora
a
noi
come
di
chiave
per
entrare
più
addentro
nello
stato
d
'
animo
e
nei
rapporti
di
vita
dei
cristiani
primitivi
.
Fu
quel
cristianesimo
vero
come
il
simbolo
delle
varie
ribellioni
dei
proletarii
,
delle
plebi
,
della
umile
gente
,
dei
manomessi
,
dei
servi
,
degli
sfruttati
,
fino
al
secolo
XVI
.
Ebbi
occasione
,
come
dissi
già
in
altra
lettera
,
di
occuparmi
quest
'
anno
in
modo
circostanziato
,
nel
mio
corso
accademico
,
precisamente
di
Fra
Dolcino
,
nel
quale
culmina
,
e
nel
cui
insuccesso
declina
il
movimento
della
setta
degli
Apostolici
.
Poi
che
ebbi
dichiarate
le
condizioni
generali
dello
sviluppo
economico
e
politico
dell
'
Italia
settentrionale
e
media
,
e
quelle
più
particolari
dell
'
ambito
(
ossia
delle
classi
sociali
)
nel
quale
gli
Apostolici
sorsero
e
si
diffusero
,
a
un
certo
punto
mi
convenne
di
spiegare
la
dottrina
,
per
la
quale
e
con
la
quale
Dolcino
tenne
ferma
la
compagine
dei
suoi
seguaci
,
tenacissimi
ed
impavidi
nel
combattere
fino
all
'
ultimo
da
eroi
,
da
martiri
e
da
precursori
di
un
nuovo
ordine
di
cose
nella
vita
dell
'
umanità
.
Quella
dottrina
è
anch
'
essa
uno
dei
tanti
ritorni
apocalittici
al
cristianesimo
puramente
evangelico
;
-
è
,
ossia
,
la
negazione
di
tutto
ciò
che
la
gerarchia
abbia
stabilito
e
fatto
da
papa
Silvestro
(
da
quello
almeno
della
leggenda
)
,
in
poi
,
negazione
rinforzata
dall
'
ardore
apostolico
,
che
il
sentimento
della
lotta
trasmuta
in
dovere
di
combattimento
.
Gli
è
naturale
,
che
la
spiegazione
prima
di
quelle
idee
,
come
direbbero
i
letterati
,
vada
cercata
nei
movimenti
affini
delle
ribellioni
antigerarchiche
più
prossime
.
Per
un
verso
si
risale
agli
Albigesi
,
e
per
un
altro
verso
a
quei
confusi
e
variopinti
moti
di
plebe
,
che
hanno
il
comune
nome
di
patarìa
;
e
poi
per
un
altro
lato
bisogna
rifarsi
su
tutta
quella
agitazione
mistica
ed
ascetica
,
che
più
volte
accenna
a
dilacerare
l
'
imperio
papale
,
dal
comunismo
ideologico
di
Gioacchino
di
Fiore
alle
resistenze
attive
dei
Fraticelli
.
Facendo
un
passo
più
addentro
in
cotesta
ricerca
,
non
è
difficile
di
ritrovare
,
di
dietro
ai
mistici
veli
dell
'
ascetismo
,
e
all
'
esaltata
passione
per
il
cristianesimo
vero
,
le
materiali
condizioni
e
i
materiali
moventi
,
per
cui
convengono
intorno
ad
alcuni
simboli
di
rivolta
gl
'
infimi
del
cenobitismo
,
i
contadini
di
quei
paesi
dove
la
feudalità
è
ancor
viva
,
i
contadini
di
quelle
altre
terre
,
che
,
francate
dal
feudo
,
per
la
rapida
formazione
dei
liberi
comuni
furon
violentemente
proletarizzati
,
e
poi
la
minutissima
gente
dei
comuni
stessi
così
spietatamente
corporativi
,
e
da
ultimo
,
come
sempre
,
gl
'
idealisti
,
che
trasmutano
in
causa
propria
la
causa
dei
derelitti
:
-
gli
elementi
tutti
di
una
rivoluzione
sociale
.
Da
questa
spiegazione
prossima
si
risale
ad
una
spiegazione
più
generale
,
e
direi
tipica
.
Il
moto
dolciniano
è
uno
dei
momenti
della
gran
catena
delle
sollevazioni
delle
plebi
cristiane
,
che
,
con
varia
fortuna
e
con
varia
complicazione
,
si
ribellarono
alla
gerarchia
,
e
nei
momenti
più
acuti
furon
portate
alla
inevitabile
conseguenza
dell
'
aspettazione
del
comunismo
.
Il
caso
classico
,
la
forma
strepitosa
,
per
le
circostanze
di
tempo
e
per
la
estensione
e
per
la
durata
del
moto
,
è
di
certo
la
sollevazione
degli
Anabatisti
.
Ma
non
fu
cosa
di
poco
conto
la
rivolta
dolciniana
;
specie
per
le
condizioni
di
precoce
modernità
economica
in
cui
trovavasi
la
valle
del
Po
,
in
principio
del
secolo
XIV
.
Ora
,
l
'
istinto
dell
'
affinità
portava
le
menti
dei
rappresentanti
e
dei
condottieri
delle
plebi
in
rivolta
a
tornare
verso
l
'
immagine
,
o
verso
il
confuso
ricordo
,
o
verso
l
'
approssimativa
riproduzione
fantastica
di
quel
cristianesimo
primitivo
,
che
fu
tutto
di
minuto
popolo
,
di
gente
afflitta
e
sofferente
,
aspettante
la
redenzione
dalle
miserie
di
questo
reo
mondo
.
Il
cristianesimo
vero
,
verso
del
quale
,
per
simpatia
procedente
da
similarità
di
condizioni
,
quei
ribelli
esaltati
tornavano
con
tanto
ardore
di
fede
e
di
fantasia
,
fu
una
realtà
:
non
nel
senso
dell
'
ideale
e
del
tipico
,
da
cui
l
'
umana
debolezza
abbia
deviato
per
aberrazione
o
per
malizia
,
ma
nel
senso
del
fatto
poveramente
empirico
.
Il
cristianesimo
primitivo
,
mutatis
mutandis
,
fu
nel
tipo
,
nell
'
insieme
,
nella
fisonomia
e
nei
moventi
,
più
affine
a
ciò
che
Montano
,
o
Dolcino
,
o
Tommaso
Münzer
vollero
,
in
tempi
a
ciò
non
adatti
,
ristabilire
,
che
non
a
tutti
i
dogmi
,
liturgie
,
gradi
gerarchici
,
dominii
e
demanii
,
lotte
politiche
,
supremazie
,
inquisizioni
ed
altre
simili
miserie
,
in
cui
s
'
aggira
la
storia
umanamente
terrena
della
chiesa
.
Nei
tentativi
di
cotesti
ribelli
,
si
rivede
,
come
se
essi
avessero
voluto
dare
in
ispettacolo
un
esperimento
del
passato
,
quale
debba
essere
stata
,
a
un
di
presso
,
la
figura
originaria
del
cristianesimo
come
setta
di
perfetti
santi
,
ossia
di
assolutamente
eguali
,
senza
differenze
di
clero
e
di
laici
,
tutti
parimenti
capaci
dello
spirito
divino
,
sanculotti
e
devoti
al
tempo
stesso
,
tutti
ad
un
modo
.
Il
problema
più
grave
e
più
scabroso
in
tutta
la
storia
del
cristianesimo
è
appunto
questo
:
d
'
intendere
,
cioè
,
come
dalla
setta
degli
assolutamente
eguali
sia
nata
,
nel
termine
di
men
che
due
secoli
,
una
associazione
di
differenziati
per
gerarchia
,
in
guisa
,
che
da
una
parte
sta
il
popolo
dei
credenti
e
dall
'
altra
stanno
gl
'
investiti
di
potestà
sacra
.
Questa
differenziazione
gerarchica
si
completa
col
dogma
,
il
che
vuoi
dire
con
un
dettame
,
che
sopprime
la
immediatezza
del
credere
nei
singoli
fedeli
qual
fatto
di
personale
vocazione
.
La
gerarchia
vuol
dire
sacerdozio
,
amministrazione
di
cose
,
e
governo
delle
persone
.
Di
qui
nasce
la
possibilità
di
una
politica
;
e
su
la
ricerca
di
questa
politica
s
'
aggira
la
storia
della
chiesa
del
III
secolo
.
L
'
incontro
della
chiesa
e
dell
'
impero
nel
IV
secolo
non
è
se
non
il
resultato
del
compenetrarsi
di
due
politiche
,
per
cui
poi
la
religione
e
il
maneggio
degli
affari
da
ultimo
si
confondono
.
In
questo
passaggio
dalla
libera
associazione
all
'
organamento
semistatale
,
il
quale
fa
che
la
chiesa
abbia
sempre
da
allora
in
poi
esercitata
una
azione
politica
,
o
d
'
accordo
con
lo
stato
,
o
contro
lo
stato
,
o
diventando
essa
stessa
lo
stato
,
si
avvera
il
caso
comune
ad
ogni
associazione
,
la
quale
,
dal
momento
che
ha
cose
da
amministrare
ed
ufficii
da
adempiere
,
diventa
di
necessità
un
governo
.
La
chiesa
ha
riprodotto
dentro
di
se
stessa
i
contrasti
proprii
ad
ogni
stato
,
cioè
le
opposizioni
di
ricchi
e
di
poveri
,
di
protettori
e
di
protetti
,
di
patroni
e
di
clienti
,
di
proprietarii
e
di
sfruttati
,
di
principi
e
di
soggetti
,
di
sovrano
e
di
sudditi
.
Quindi
essa
ha
avuto
nel
suo
proprio
seno
particolari
lotte
di
classe
-
per
es
.
di
patriziato
gerarchico
e
di
plebe
cenobitica
,
di
alto
e
basso
clero
,
di
cattolicità
e
setta
.
Le
sètte
furono
in
gran
parte
ispirate
,
fino
al
secolo
XVI
,
dal
pensiero
del
ritorno
al
cristianesimo
primitivo
,
e
per
ciò
spesso
colorirono
i
disegni
attinti
alle
condizioni
del
presente
di
una
ispirazione
ideologica
che
rasenta
l
'
utopia
.
La
chiesa
che
è
riuscita
,
è
invece
solo
quella
la
quale
,
seguendo
i
modi
di
procedere
che
son
proprii
dello
stato
laico
,
anziché
una
società
di
eguali
nello
spirito
santo
,
è
divenuta
una
gerarchica
consociazione
di
disuguali
,
con
esercizio
di
formali
diritti
,
con
mezzi
d
'
imposizione
e
di
violenza
,
con
perfetto
imperio
,
o
con
parte
d
'
imperio
ceduto
da
altri
imperanti
,
e
col
governo
delle
anime
,
che
,
come
ogni
altro
governo
spirituale
,
si
svolge
innanzi
tutto
col
dominio
su
le
cose
senza
delle
quali
le
anime
non
han
modo
di
esistere
.
Questi
attributi
umani
,
i
quali
,
data
la
condizione
di
disuguaglianza
economica
degli
uomini
,
riavvicinano
la
consociazione
religiosa
ad
ogni
altra
maniera
di
governo
delle
cose
di
questo
mondo
,
mostrano
per
un
verso
come
l
'
associazione
dei
santi
non
potesse
avere
in
alcun
tempo
una
forma
di
esistenza
che
non
fosse
utopia
,
e
per
un
altro
verso
ci
spiegano
la
costante
tendenza
alla
intolleranza
ed
alla
cattolicità
nelle
varie
sue
forme
,
in
quanto
essa
associazione
,
smentendo
l
'
ingenuo
martire
di
Nazareth
,
lasciato
malinconicamente
in
croce
su
gli
altari
,
ha
fatto
di
questa
terra
il
regno
suo
.
Per
rimaner
nell
'
esempio
,
che
mi
è
più
familiare
pei
miei
recenti
studii
,
il
papato
superimperiale
precipitò
sì
nella
persona
di
Bonifacio
VIII
,
secondo
la
profezia
di
Dolcino
,
che
di
tre
anni
gli
sopravvisse
;
ma
non
precipitò
per
dar
luogo
all
'
Apocalisse
.
Fu
inflitta
al
papato
sì
l
'
umiliazione
dell
'
esilio
avignonese
,
ma
non
per
dar
luogo
a
un
nuovo
impero
di
Cesari
,
secondo
l
'
utopia
dell
'
Alighieri
.
C
'
erano
allora
già
i
prodromi
dell
'
evo
moderno
,
cioè
i
preannunzii
del
regno
della
borghesia
.
Filippo
il
Bello
,
che
di
lontano
arieggia
al
principato
civile
,
nel
quale
due
secoli
dopo
la
borghesia
percorse
la
prima
tappa
del
suo
dominio
politico
su
la
società
,
mandava
all
'
estremo
supplizio
i
Templari
,
come
per
dire
che
l
'
epopea
delle
crociate
finisse
per
opera
dei
cristiani
stessi
.
E
perché
il
motto
della
situazione
ci
fosse
perfino
nell
'
aneddoto
,
che
sempre
denuncia
e
smaschera
gli
stridenti
passaggi
dell
'
ironia
della
storia
,
il
commissario
del
sire
di
Francia
a
preparare
l
'
umiliazione
di
Anagni
non
fu
un
capitano
di
banda
feudale
,
ma
un
legista
,
che
negoziò
il
danaro
occorrente
alla
bisogna
in
una
cambiale
rilasciata
a
un
banchiere
di
Firenze
.
Furono
questi
legisti
,
e
principi
usurpatori
di
diritti
storici
,
e
banchieri
accumulatori
del
danaro
,
che
poi
divenne
più
tardi
il
capitale
,
quelli
i
quali
iniziarono
la
moderna
società
così
trasparente
nella
prosaica
struttura
degli
intenti
e
dei
mezzi
suoi
.
Come
su
le
altre
rovine
della
società
corporativa
e
feudale
,
così
anche
su
le
rovine
del
patrimonio
ecclesiastico
s
è
assisa
questa
crudele
borghesia
,
che
,
sfidatrice
delle
potenze
misteriose
,
ha
inaugurata
l
'
èra
del
pensiero
e
della
libera
ricerca
.
E
aspetta
che
altri
la
tolga
di
seggio
:
ma
non
sarà
di
certo
,
né
il
cristianesimo
vero
,
né
quello
verissimo
.
Se
poi
quegli
uomini
dell
'
avvenire
,
dei
quali
noi
socialisti
ci
diamo
assai
spesso
soverchio
pensiero
,
produrranno
o
non
produrranno
ancora
della
religione
,
io
,
né
so
,
né
non
so
:
e
lascio
ad
essi
soli
la
briga
della
vita
loro
,
che
sarà
,
spero
,
non
lieve
,
perché
non
divengano
degl
imbecilli
nella
paradisiaca
beatitudine
.
Ciò
che
io
vedo
chiaro
è
solo
questo
:
che
il
cristianesimo
,
che
nel
suo
complesso
è
la
religione
dei
popoli
fino
ad
ora
più
civili
,
non
lascerà
luogo
dopo
di
sé
ad
alcun
altra
religione
nuova
.
Chi
d
ora
innanzi
non
sarà
cristiano
,
sarà
irreligioso
.
E
poi
,
in
secondo
luogo
,
noto
,
che
i
socialisti
han
fatto
assai
bene
a
scrivere
nei
loro
programmi
,
che
la
religione
è
cosa
privata
.
Spero
che
nessuno
vorrà
intendere
coteste
parole
nel
senso
di
una
veduta
teoretica
,
su
la
quale
si
possa
poi
ricamare
una
filosofia
della
religione
.
Quel
comma
del
tutto
pratico
vuol
semplicemente
dire
,
che
al
presente
i
socialisti
han
troppe
cose
da
fare
di
più
utili
e
serie
,
da
non
doversi
confondere
con
quegli
hebertisti
,
blanquisti
,
e
bakuninisti
,
e
simili
,
che
decretavano
l
'
abolizione
del
divino
,
e
Dio
decapitavano
in
effigie
.
I
materialisti
della
storia
pensano
però
,
dal
canto
loro
,
e
fuori
d
'
ogni
apprezzamento
subiettivo
,
che
gli
uomini
dell
'
avvenire
rinunzieranno
molto
probabilmente
ad
ogni
spiegazione
trascendente
dei
problemi
pratici
della
vita
di
tutti
i
giorni
,
perché
:
Primus
in
orbe
deos
fecit
timor
!
Antica
la
sentenza
:
di
valore
perpetuo
l
'
enunciato
!
X
.
Resina
(
Napoli
)
,
15
settembre
97
Caro
Sorel
,
Nel
rileggere
,
nel
rivedere
,
nel
ritoccare
-
giacché
ho
fatto
disegno
di
darle
alle
stampe
-
le
lettere
,
che
io
v
andai
scrivendo
dall
'
aprile
al
luglio
ultimi
,
m
'
è
parso
formino
come
una
certa
tal
quale
serie
,
e
nel
tutt
'
insieme
dicano
qualcosa
.
Di
certo
i
pensieri
di
semplice
accenno
,
gli
enunciati
appena
appena
sviluppati
,
le
osservazioni
il
più
delle
volte
incidentali
,
e
le
bizzarre
critiche
disseminate
qua
e
là
,
-
.
tutte
le
cose
,
insomma
,
che
mi
venne
di
dire
,
nel
modo
che
è
proprio
di
chi
scriva
currenti
calamo
,
assumerebbero
ben
altra
forma
,
entrerebbero
in
tutt
'
altra
disposizione
,
passerebbero
per
una
nuova
e
meditata
elaborazione
,
se
io
avessi
in
animo
di
comporre
un
libro
degno
d
'
un
titolo
altisonante
come
,
per
es
.
:
Il
socialismo
e
la
scienza
;
o
Il
materialismo
storico
e
l
intuizione
del
mondo
,
e
così
via
.
Ma
,
come
io
,
nel
conversar
con
voi
a
distanza
,
ho
usato
in
larga
misura
delle
libertà
che
son
proprie
della
facoltà
discorsiva
,
così
,
ora
che
mi
son
risoluto
a
raccogliere
quelle
fugaci
lettere
nella
forma
d
'
un
libercolo
,
imporrò
a
questo
un
modesto
ed
appropriato
titolo
di
:
Discorrendo
di
socialismo
e
di
filosofia
,
Lettere
a
G
.
Sorel
.
Devo
agl
'
insistenti
consigli
del
mio
amico
Benedetto
Croce
,
di
commettere
cotesto
nuovo
peccato
di
letteratura
minuscola
.
Questo
mio
benedettissimo
amico
è
diventato
il
mio
tormento
e
la
mia
croce
.
Dacché
lesse
quelle
lettere
,
non
m
'
ha
dato
più
pace
;
e
ha
voluto
gli
promettessi
di
renderle
pubbliche
,
nella
forma
di
un
opuscolo
.
Se
io
stessi
a
sentir
lui
,
ai
miei
anni
non
verdi
,
diverrei
un
continuo
e
perpetuo
produttore
di
carta
stampata
:
mentre
a
me
è
piaciuto
sempre
,
in
passato
,
di
lasciar
dormire
nei
cassetti
i
non
pochi
catafasci
di
carta
scritta
,
che
m
'
è
toccato
di
accumulare
,
per
anni
ed
anni
,
nella
qualità
di
insegnante
e
di
appassionato
estensor
di
lettere
.
In
questo
caso
speciale
il
Croce
poi
mi
andava
dicendo
,
esser
dover
mio
,
ora
che
il
socialismo
s
'
allarga
in
Italia
,
di
concorrere
alla
vita
del
partito
,
che
cresce
e
si
fortifica
,
coi
mezzi
e
nei
modi
che
son
più
rispondenti
alle
attitudini
mie
.
E
sia
pur
così
;
-
ma
poi
tutto
sta
a
vedere
,
se
i
socialisti
di
tale
aiuto
e
di
tale
sussidio
sentano
proprio
il
bisogno
e
il
desiderio
.
A
dir
le
cose
come
sono
,
io
non
ebbi
mai
una
troppo
grande
inclinazione
allo
scrivere
per
il
pubblico
,
e
all
'
arte
e
a
prosa
non
ci
attesi
mai
;
tanto
è
,
che
ho
scritto
di
solito
come
vien
viene
.
Fui
sempre
e
sono
,
invece
,
appassionatissimo
dell
'
arte
dell
'
insegnamento
orale
,
in
tutte
le
sue
forme
;
e
l
'
attendere
a
cotesta
opera
,
con
molta
intensità
,
mi
ha
distolto
per
lunghi
anni
,
in
passato
,
dal
ridire
per
iscritto
(
-
e
chi
potrebbe
veramente
ridirlo
dal
vivo
?
-
)
ciò
che
,
insegnando
,
vien
detto
spontaneo
di
forma
,
duttile
,
pronto
,
adattato
al
caso
,
ricco
di
attinenze
e
pieno
di
riferimenti
.
Abbracciando
poi
,
più
in
qua
,
il
socialismo
,
in
corale
rinascenza
dello
spirito
io
divenni
più
desideroso
di
comunicar
col
pubblico
,
per
mezzo
di
opuscoli
,
di
lettere
d
'
occasione
,
d
'
indirizzi
e
di
conferenze
,
che
mi
si
moltiplicarono
per
anni
quasi
a
mia
insaputa
.
Non
son
forse
questi
i
doveri
e
gli
oneri
del
mestiere
?
Ed
è
qui
che
due
anni
fa
venne
precisamente
in
buon
punto
il
mio
benedetto
signor
Croce
,
col
consiglio
che
mi
dette
,
che
io
pubblicassi
dei
saggi
di
socialismo
scientifico
,
come
per
porre
alla
mia
attività
di
socialista
un
obiettivo
più
solido
.
E
,
come
da
cosa
vien
cosa
,
anche
queste
lettere
d
'
occasione
possono
passare
per
un
saggio
sussidiario
e
complementare
di
materialismo
storico
.
Come
è
chiaro
,
caro
Sorel
,
questo
discorso
non
riguarda
punto
voi
,
ma
me
soltanto
;
perché
cerco
quasi
quasi
delle
scuse
alla
pubblicazione
di
un
nuovo
libercolo
,
e
in
quanto
io
da
italiano
vivo
in
Italia
.
Probabilmente
se
queste
mie
lettere
,
oltre
che
da
voi
,
saranno
lette
da
altri
in
Francia
,
costoro
diranno
,
che
io
non
li
ho
persuasi
lo
stesso
del
materialismo
storico
,
e
forse
ripeteranno
ragionevolmente
le
osservazioni
di
alcuni
critici
dei
miei
saggi
,
che
,
con
le
traduzioni
,
cioè
,
da
una
lingua
straniera
,
non
si
riesce
a
cambiare
gli
umori
intellettuali
di
una
nazione
(
)
.
Pur
così
scrivendo
,
come
per
metter
la
chiusa
a
questa
faccenda
epistolare
,
temo
ancora
non
mi
venga
la
voglia
di
continuare
.
Non
son
forse
le
lettere
moltiplicabili
all
'
indefinito
,
come
le
favole
e
i
racconti
?
Per
fortuna
,
però
,
io
m
'
ero
proposto
fin
dal
principio
di
rispondere
,
così
all
'
ingrosso
,
ai
quesiti
che
voi
,
sfiorando
dei
tèmi
della
massima
difficoltà
,
ponete
nella
vostra
Prefazione
;
cosicché
una
ragione
di
finire
m
'
è
pur
data
dai
termini
stessi
del
vostro
scritto
,
al
quale
mi
sono
andato
via
via
riferendo
.
Se
m
'
abbandonassi
poi
all
'
estro
della
conversazione
,
chi
sa
dove
andrei
a
finire
!
-
le
lettere
diverrebbero
una
letteratura
.
Di
ciò
voi
non
mi
sapreste
grado
;
per
quanto
potesse
allietarsene
il
signor
Croce
,
il
quale
vorrebbe
mettere
in
tutti
il
suo
istinto
di
prolificazione
letteraria
.
Lui
fa
un
curioso
contrasto
con
le
dolci
abitudini
di
questa
dolce
Napoli
,
nella
quale
gli
uomini
-
come
i
Lotofagi
che
ogni
altro
cibo
aveano
in
dispregio
-
vivono
immersi
nel
solo
presente
,
e
par
che
,
proprio
in
cospetto
della
statua
di
G
.
B
.
Vico
,
allegramente
faccian
le
fiche
alla
filosofia
della
storia
.
Ma
,
pur
volendo
una
buona
volta
finire
,
mi
conviene
di
mettere
in
carta
alcune
altre
brevi
note
ancora
.
Mi
pare
,
innanzi
tutto
,
che
voi
,
non
per
curiosità
vostra
,
ma
quasi
mettendovi
ad
arte
nei
panni
del
comune
dei
lettori
,
domandiate
:
c
è
mai
modo
di
fare
intendere
,
per
via
facile
e
piana
,
in
che
consista
quella
dialettica
,
che
così
spesso
s
invoca
a
dilucidazione
dell
'
intrinseco
del
materialismo
storico
?
E
potreste
,
credo
,
aggiungere
,
che
il
concetto
della
dialettica
riesce
ostico
,
ai
puri
empiristi
,
ai
metafisici
sopravvissuti
,
e
a
quei
popolari
evoluzionisti
,
i
quali
così
volentieri
s
'
abbandonano
alla
generica
impressione
di
ciò
che
è
e
trapassa
,
apparisce
e
sparisce
,
nasce
e
muore
,
e
nella
parola
evoluzione
non
esprimono
,
da
ultimo
,
l
'
atto
del
comprendere
,
ma
l
'
incomprensibile
:
mentre
,
all
'
incontro
,
nella
concezione
dialettica
s
'
intende
di
formulare
un
ritmo
del
pensiero
,
che
riproduca
il
ritmo
più
generale
della
realtà
che
diviene
.
Ma
io
-
se
l
'
ora
stanca
di
queste
lettere
non
me
ne
facesse
divieto
-
ove
mai
volessi
ricominciare
,
prima
di
rispondere
a
così
grave
quesito
,
ricorrerei
con
la
mente
al
ricordo
del
poeta
greco
,
che
,
alla
domanda
del
tiranno
di
Siracusa
:
che
cosa
fossero
gli
dèi
?
-
chiese
prima
uno
,
poi
un
altro
,
e
poi
un
altro
giorno
di
tempo
,
e
così
senza
fine
.
E
dire
,
in
verità
,
che
,
ai
poeti
,
che
li
creano
,
li
inventano
,
li
lodano
e
li
celebrano
,
gli
dèi
devono
essere
assai
più
familiari
,
che
non
possa
esser
la
dialettica
a
me
,
se
altri
mi
mettesse
fra
l
'
uscio
e
il
muro
,
con
l
'
obbligo
di
rispondere
a
un
imperioso
quesito
!
E
piglierei
tempo
-
il
che
non
è
alieno
dal
pensare
dialetticamente
-
dicendo
(
il
che
è
una
implicita
risposta
)
:
-
noi
non
possiamo
renderci
conto
adeguatamente
del
pensiero
,
se
non
pensando
in
atto
;
-
alle
maniere
di
procedimento
del
pensiero
bisogna
adusarcesi
con
successivi
sforzi
;
-
ed
è
sempre
assai
pericoloso
il
saltare
a
pie
'
pari
,
dall
'
uso
concreto
di
una
maniera
di
concezione
alla
generica
definizione
formale
di
essa
.
Messo
ancora
alle
strette
,
per
non
gravare
l
'
interrogatore
di
studii
troppo
lunghi
,
ardui
e
complicati
,
lo
rimanderei
all
'
Antidühring
,
e
segnatamente
al
capitolo
intitolato
:
Negazione
della
negazione
.
Ivi
,
e
in
tutto
quel
libro
,
si
vede
come
Engels
fosse
,
non
solo
inteso
con
l
'
animo
a
spiegare
ciò
che
espone
,
ma
preoccupato
ancor
più
del
mal
uso
che
può
farsi
dei
procedimenti
mentali
,
quando
,
chi
vi
rivolge
l
'
attenzione
,
più
che
essere
portato
a
pensare
qualcosa
di
concreto
in
cui
la
forma
del
pensiero
si
riveli
viva
e
vivente
,
sia
disposto
a
cadere
negli
schematismi
a
priori
,
ossia
nello
scolasticismo
,
che
non
fu
-
sia
detto
con
buona
pace
degl
'
ignoranti
-
la
nota
esclusiva
dei
dottori
del
Medioevo
,
come
se
fosse
soltanto
roba
da
preti
.
Dello
scolasticismo
se
ne
può
fare
sopra
ogni
dottrina
.
Il
primo
scolastico
fu
Aristotele
in
persona
;
che
fu
,
inoltre
,
tante
altre
cose
in
più
,
e
fu
soprattutto
un
genio
della
scienza
.
Dello
scolasticismo
se
ne
fa
già
in
nome
di
Marx
.
Di
fatti
la
maggior
difficoltà
d
'
intendere
e
di
continuare
il
materialismo
storico
non
istà
nella
intelligenza
degli
aspetti
formali
del
marxismo
,
ma
nel
possesso
delle
cose
in
cui
quelle
forme
sono
immanenti
;
delle
cose
,
che
Marx
per
conto
suo
seppe
ed
elaborò
,
e
di
quelle
altre
moltissime
,
che
tocchi
a
noi
di
conoscere
e
di
elaborare
direttamente
.
Nei
molti
anni
che
ho
speso
nell
'
insegnare
,
io
fui
sempre
persuaso
del
gran
danno
che
si
fa
alle
menti
giovanili
,
quando
,
invece
d
immergerle
,
con
opportuna
e
pieghevole
arte
,
in
una
determinata
provincia
della
realtà
,
perché
osservando
,
comparando
e
sperimentando
,
poco
per
volta
arrivino
alte
formule
,
agli
scherni
,
alle
definizioni
,
si
comincia
dall
'
usar
subito
di
queste
ultime
,
come
se
fossero
i
prototipi
delle
cose
esistenti
.
Insomma
,
la
definizione
da
cui
s
incomincia
è
vuota
,
mentre
è
solo
piena
quella
cui
si
arrivi
,
geneticamente
.
Nell
'
insegnare
si
vede
quanto
il
definire
sia
cosa
pericolosa
;
secondo
il
senso
plebeo
che
molti
dànno
ad
una
sentenza
del
diritto
romano
,
la
quale
dice
,
in
verità
,
tutt
'
altro
.
La
didattica
non
è
quella
attività
,
che
produca
un
nudo
effetto
di
cosa
fissa
(
come
nudo
prodotto
)
;
ma
è
quella
attività
,
che
generi
altra
attività
.
Insegnando
noi
riconosciamo
,
come
il
nocciolo
primo
di
ogni
filosofare
è
sempre
il
Socratismo
;
ossia
la
virtuosità
generativa
dei
concetti
(
)
.
Rimandando
all
'
Antidühring
,
e
a
quel
capitolo
segnatamente
,
non
intenderei
,
per
ciò
,
di
rinviare
ad
un
catechismo
,
ma
solo
ad
un
esempio
di
abilità
didattica
.
Le
armi
e
gl
'
istrumenti
son
tali
solo
all
'
opera
;
e
non
quando
sian
visti
in
armadio
da
museo
.
Inoltre
,
se
non
dovessi
pur
finire
una
buona
volta
,
vorrei
fermarmi
ad
illustrare
le
parole
dove
dite
,
che
l
'
Italia
meriti
,
come
culla
comune
della
civiltà
,
l
'
omaggio
di
tutti
.
Può
parere
che
queste
parole
siano
una
stonatura
,
mentre
discorrete
proprio
del
socialismo
,
che
all
'
Italia
veramente
non
deve
molto
.
Ma
,
se
è
vero
che
il
socialismo
è
il
frutto
della
civiltà
adulta
,
i
maturi
e
provetti
degli
altri
paesi
non
faran
male
a
rivolgere
,
di
tanto
tanto
,
gli
occhi
loro
a
questa
culla
.
Ripensando
all
'
Italia
,
che
ha
fatto
per
secoli
la
più
gran
parte
della
storia
universale
,
tutti
avranno
sempre
qualcosa
da
impararci
;
e
poi
dopo
s
'
avvedono
,
che
l
'
avean
già
a
casa
loro
quest
'
Italia
,
come
il
presupposto
di
ciò
che
essi
presentemente
sono
.
Ad
altri
francesi
è
parso
in
passato
,
che
questo
paese
fosse
,
da
culla
,
diventato
tomba
della
civiltà
;
e
per
tal
tomba
devon
tenerla
la
più
parte
dei
forestieri
,
che
la
visitano
qual
museo
,
ignari
sempre
del
nostro
presente
.
E
in
ciò
hanno
torto
;
e
,
per
dotti
che
siano
,
cotesti
visitatori
di
musei
rimangon
sempre
ignoranti
-
dico
ignari
della
vita
attuale
di
questo
paese
,
che
par
la
vita
del
morto
risorto
,
il
che
è
almeno
un
caso
degno
di
nota
.
In
che
veramente
consiste
questo
rinascimento
d
'
Italia
,
e
che
aspettativa
può
dar
di
sé
,
a
quelli
che
guardino
la
generalità
del
progresso
umano
,
senza
pregiudizii
e
senza
preconcetti
?
(
)
Per
tacere
delle
grandi
difficoltà
che
c
'
è
a
trattare
,
con
intenti
obiettivi
,
e
con
criterii
non
desunti
dai
soli
impulsi
della
personale
opinione
,
la
storia
attuale
di
qualunque
paese
;
nel
caso
speciale
d
'
Italia
bisognerebbe
risalire
fino
al
secolo
XVI
,
quando
l
'
iniziale
sviluppo
dell
'
epoca
capitalistica
-
che
qui
avea
sede
principale
-
fu
spostato
dal
Mediterraneo
.
Bisognerebbe
arrivare
,
attraverso
alla
storia
della
successiva
decadenza
,
alle
premesse
positive
e
negative
,
interne
ed
esterne
,
delle
presenti
condizioni
d
'
Italia
.
Non
occorre
io
dica
che
le
mie
forze
sarebbero
impari
all
'
impresa
;
perché
non
avrei
la
più
lontana
tentazione
di
misurarmici
,
a
proposito
e
nella
occasione
di
un
discorso
familiare
,
come
è
questo
.
Chi
un
simile
studio
sapesse
concretare
in
un
libro
,
potrebbe
dire
d
'
aver
concorso
ad
esprimere
,
in
forma
riflessa
,
la
presente
situazione
,
e
l
'
attuale
coscienza
degl
'
italiani
(
)
.
Qui
da
noi
si
è
spesso
assai
ciecamente
ottimisti
o
ciecamente
pessimisti
,
nel
senso
che
si
dà
dai
non
-
filosofi
a
coteste
parole
;
specie
perché
in
Italia
c
'
è
una
grande
ignoranza
del
vero
stato
degli
altri
paesi
,
cosicché
molti
le
condizioni
indigene
valutano
,
non
alla
stregua
comparativa
e
pratica
dell
'
ora
presente
,
ma
ad
una
tutta
ideale
,
ipotetica
,
e
spesso
utopistica
.
Ed
è
singolare
il
caso
,
che
qui
da
noi
,
in
tanto
risorgere
delle
scienze
della
osservazione
nel
campo
della
natura
-
le
quali
scienze
vengono
veramente
coltivate
con
intenti
particolaristici
e
dirò
antifilosofici
-
sia
così
scarso
l
'
intelletto
positivo
delle
cose
sociali
attuali
,
mentre
è
così
stragrande
in
questo
paese
stesso
il
numero
dei
sociologisti
,
che
somministrano
definizioni
ai
sitibondi
di
verità
.
Ma
si
sa
,
i
sociologisti
hanno
in
tutto
il
mondo
una
certa
curiosa
antipatia
per
gli
studii
della
storia
;
che
poi
sarebbe
,
secondo
il
senso
dei
profani
,
quella
tal
cosa
nella
quale
la
società
s
'
è
svolta
.
Pochi
,
in
conclusione
,
vedon
chiaro
in
questa
circostanza
di
fatto
;
che
,
cioè
,
la
borghesia
italiana
,
la
quale
è
già
oggetto
,
come
in
ogni
altro
paese
,
alle
ire
,
e
agli
odii
degli
umili
,
dei
manomessi
,
degli
sfruttati
,
e
per
un
altro
verso
è
stretta
e
premuta
dal
popolo
minuto
,
è
essa
stessa
in
se
stessa
instabile
,
inquieta
,
incerta
,
perché
l
'
è
impedito
di
mettersi
alla
pari
con
quella
degli
altri
paesi
,
nel
campo
della
concorrenza
.
Per
questa
ragione
,
come
per
l
'
altra
,
che
dall
'
altro
lato
essa
ha
il
papa
(
)
,
con
quel
suo
non
indifferente
bagaglio
di
cose
,
che
solo
i
teorici
dell
'
utopismo
liberalesco
proclamano
trapassate
per
sempre
,
questa
borghesia
,
che
deve
ancora
ascendere
,
è
intimamente
rivoluzionaria
,
come
direbbe
il
Manifesto
.
E
come
non
ha
potuto
esser
giacobina
,
quanto
sarebbe
stato
il
naturale
istinto
suo
,
s
'
è
acquetata
nella
formula
del
re
per
la
grazia
di
Dio
e
della
nazione
ad
un
tempo
.
Non
potendo
questa
borghesia
fare
assegnamento
sul
rapido
sviluppo
di
una
grande
industria
,
che
tarda
difatti
a
venire
,
e
nella
conseguente
rapida
conquista
di
un
grande
mercato
esterno
,
dato
il
progresso
lento
ed
incerto
della
economia
nazionale
,
per
la
massima
parte
agraria
,
fa
la
politica
mezzana
degli
espedienti
,
e
consuma
nell
'
abilità
l
'
ingegno
.
Ecco
la
parte
che
fa
la
flotta
italiana
da
più
mesi
in
Oriente
:
par
la
volpe
,
che
,
secondo
la
favola
,
dichiari
immatura
l
'
uva
che
non
può
afferrare
;
ma
questa
volpe
qui
,
con
divario
da
quella
della
favola
,
si
trova
tra
altre
volpi
,
che
l
'
uva
afferrata
custodiscono
,
o
dell
'
uva
stanno
per
afferrare
!
Ed
ecco
che
la
volpe
si
fa
idealista
,
per
manco
di
positivo
.
Questa
borghesia
italiana
,
di
fronte
all
'
astensionismo
,
o
reazionario
o
demagogico
dei
clericali
,
e
per
il
lentissimo
sviluppo
dell
'
opposizione
proletaria
,
si
è
sentita
e
si
sente
come
se
fosse
tutta
la
nazione
,
e
nel
difetto
di
partiti
che
dividano
la
società
,
dà
il
nome
di
partiti
alle
fazioni
che
si
raccolgono
intorno
a
capitani
e
proconsoli
,
o
ad
intraprenditori
ed
avventurieri
di
varie
sorti
.
Al
primo
apparire
del
socialismo
essa
rimase
attonita
.
D
'
altra
parte
,
s
'
ingannano
quelli
i
quali
credono
,
che
l
'
agitarsi
delle
moltitudini
sia
sempre
indizio
o
prodromo
da
noi
,
com
'
è
di
fatto
alcune
volte
e
in
alcuni
punti
d
'
Italia
,
di
quel
moto
proletario
che
,
come
lotta
economica
su
base
concreta
,
o
come
aspirazione
politica
,
volge
più
o
meno
esplicitamente
al
socialismo
in
altri
paesi
.
Qui
il
più
delle
volte
questo
agitarsi
è
come
la
ribellione
delle
forze
elementari
contro
di
uno
stato
di
cose
in
cui
esse
forze
non
trovano
la
necessaria
coercizione
,
quella
coercizione
,
dico
,
che
è
propria
di
un
sistema
borghese
atto
ad
irreggimentare
i
proletarii
.
Si
guardi
,
per
es
.
,
all
'
acuita
forma
di
emigrazione
,
che
è
,
salvo
poche
eccezioni
,
di
uomini
atti
ad
offrire
le
braccia
,
l
'
incomparabile
sedulità
,
e
lo
stomaco
capace
d
'
ogni
privazione
,
allo
sfruttamento
del
capitale
straniero
in
terra
straniera
:
-
sono
,
in
una
parola
,
lavoratori
uscenti
dai
campi
,
dove
son
di
soverchio
,
o
dall
'
artigianato
in
decadenza
,
che
la
ferula
educativa
del
capitale
ridurrebbe
in
isquadre
di
addetti
alle
fabbriche
,
se
la
grande
industria
si
affrettasse
a
svolgersi
,
o
che
il
patrio
capitale
menerebbe
nelle
patrie
colonie
,
se
ce
ne
fosse
,
e
se
non
fosse
venuta
la
pazzia
di
crearne
là
dove
pare
presso
che
impossibile
il
farne
(
)
.
L
'
Italia
è
diventata
-
ed
è
ben
naturale
,
-
negli
ultimi
anni
,
la
terra
promessa
dei
decadenti
,
dei
megalomani
,
dei
critici
a
vuoto
,
degli
scettici
per
fastidio
e
per
posa
.
Alla
parte
sana
e
verace
del
movimento
socialistico
(
al
quale
non
è
dato
per
ora
dalle
circostanze
altro
ufficio
da
quello
in
fuori
di
preparare
la
educazione
democratica
del
popolo
minuto
)
si
mescolano
,
di
conseguenza
,
parecchi
,
i
quali
,
se
volessero
mettersi
la
mano
su
la
coscienza
,
avrebbero
da
confessare
,
che
essi
son
decadenti
,
e
che
li
sospinge
a
dimenarsi
,
non
la
fattiva
volontà
del
vivere
,
ma
l
'
indistinto
fastidio
del
presente
:
-
essi
,
leopardiani
annoiati
!
Devo
finalmente
finire
;
ma
mi
pare
mi
arrivi
all
'
orecchio
come
una
leggiera
voce
di
protesta
da
parte
di
quei
compagni
,
che
son
così
pronti
ad
obiettare
;
e
che
quella
voce
dica
:
coteste
son
sofisticherie
da
dottrinarii
,
e
noi
abbiam
bisogno
di
pratica
.
Sicuro
,
d
'
accordo
,
avete
ragione
.
Il
socialismo
è
stato
per
così
lungo
tempo
utopistico
,
progettistico
,
estemporaneo
e
visionario
,
che
è
bene
ora
di
dire
e
di
ripetere
ogni
momento
,
che
ci
occorre
la
pratica
;
perché
gli
animi
di
quelli
che
lo
professano
sian
rivolti
di
continuo
a
misurare
le
resistenze
del
mondo
effettuale
,
e
a
studiar
di
continuo
il
terreno
,
sul
quale
ci
è
imposto
di
aprirci
la
non
facile
né
morbida
via
.
Badi
però
il
mio
ipotetico
critico
di
non
far
proprio
lui
la
parte
del
dottrinario
;
la
qual
parola
,
per
chi
se
ne
intenda
,
designa
una
certa
disposizione
delle
menti
,
viziate
dall
'
astrazione
,
a
ritenere
,
che
le
idee
proclamate
per
sé
eccellenti
,
e
i
frutti
delle
esperienze
raccolte
in
determinati
tempi
e
luoghi
,
sian
cose
da
applicare
difilato
al
concreto
,
e
inoltre
buone
per
ogni
tempo
e
luogo
.
La
pratica
dei
partiti
socialistici
,
a
confronto
d
'
ogni
altra
politica
fino
ad
ora
esercitata
,
è
ciò
che
più
risponde
,
non
dirò
alla
scienza
,
ma
ad
un
procedimento
razionale
.
È
la
dura
prova
di
una
costante
osservazione
,
e
di
un
adattamento
da
tentar
di
continuo
;
-
è
la
dura
prova
d
'
indirizzare
sopra
una
linea
di
moto
unitario
le
tendenze
,
spesso
difformi
e
spesso
antagonistiche
,
del
proletariato
;
-
è
lo
sforzo
di
condurre
ad
esecuzione
dei
disegni
pratici
col
sussidio
della
chiara
visione
di
tutti
i
rapporti
che
legano
,
con
complicatissimo
intreccio
,
le
varie
parti
del
mondo
in
cui
viviamo
.
E
se
cosi
non
fosse
,
per
che
ragione
e
a
che
titolo
si
parlerebbe
del
vantato
marxismo
?
Se
il
materialismo
storico
non
regge
,
vuol
dire
che
l
'
aspettativa
del
socialismo
è
caduca
,
e
che
il
nostro
pensiero
della
società
futura
è
creazione
da
utopisti
!
Pur
troppo
gli
è
vero
,
in
fatto
,
che
in
tutto
il
socialismo
contemporaneo
c
'
è
sempre
latente
un
certo
che
di
neoutopismo
(
)
;
come
è
il
caso
di
coloro
,
che
,
ripetendo
di
continuo
il
dogma
della
necessaria
evoluzione
,
questa
poi
confondon
quasi
con
un
certo
diritto
ad
uno
stato
migliore
,
e
la
futura
società
del
collettivismo
della
produzione
economica
,
con
tutte
le
conseguenze
tecniche
e
pedagogiche
che
dal
collettivismo
risulterebbero
,
dicono
che
sarà
perché
deve
essere
,
-
e
quasi
dimenticano
,
che
cotesto
futuro
devono
pur
produrlo
gli
uomini
stessi
,
e
per
la
sollecitazione
dello
stato
in
cui
sono
,
e
per
lo
sviluppo
delle
attitudini
loro
.
Beati
costoro
,
che
il
futuro
della
storia
e
il
diritto
al
progresso
misurano
quasi
alla
stregua
di
un
certificato
di
assicurazione
su
la
vita
!
Cotesti
dogmatici
delle
idee
a
buon
mercato
dimenticano
diverse
cose
.
In
prima
,
che
il
futuro
,
appunto
perché
è
il
futuro
,
che
sarà
il
presente
quando
noi
saremo
il
passato
,
non
può
costituire
il
criterio
pratico
di
ciò
che
noi
dobbiam
fare
al
presente
.
Sarà
ciò
cui
si
arriverà
,
-
ma
non
è
la
via
per
arrivarci
.
In
secondo
luogo
,
l
'
esperienza
di
questi
ultimi
cinquant
'
anni
deve
indurre
gli
atti
al
pensiero
ed
alla
pratica
in
questa
persuasione
:
che
,
cioè
,
a
misura
che
cresce
nei
proletarii
e
nel
minuto
popolo
la
capacità
ad
organizzarsi
in
partiti
di
classe
,
la
prova
stessa
di
questo
complicato
movimento
ci
porta
a
intendere
lo
sviluppo
dell
'
èra
nuova
secondo
una
misura
di
tempo
,
che
è
assai
lenta
a
confronto
del
rapido
ritmo
che
concepivano
una
volta
i
socialisti
intinti
di
giacobinismo
rivissuto
.
Or
sopra
a
una
distesa
così
grande
di
tempo
la
nostra
previsione
non
può
non
correre
incerta
;
tenuto
conto
della
enorme
complicazione
del
mondo
attuale
,
e
in
tanto
allargarsi
del
capitalismo
,
ossia
della
forma
borghese1
.
Chi
non
vede
,
che
oramai
il
Pacifico
soppianta
l
'
Atlantico
,
come
questo
a
suo
tempo
fece
passare
in
seconda
linea
il
Mediterraneo
?
Cosicché
,
in
terzo
luogo
,
la
scienza
pratica
del
socialismo
consiste
nella
chiara
notizia
di
tutti
cotesti
complicati
processi
dell
'
orbe
economico
,
e
,
parallelamente
,
nello
studio
delle
condizioni
del
proletariato
,
in
quanto
esso
via
via
diventa
atto
a
concentrarsi
in
partito
di
classe
,
e
porta
in
questa
successiva
concentrazione
l
'
animo
che
gli
è
proprio
,
data
la
lotta
economica
in
cui
s
'
inradica
quella
politica
,
che
gli
è
mestieri
di
fare
.
Su
cotesti
dati
più
prossimi
la
nostra
previsione
può
correre
con
sufficiente
chiarezza
di
calcoli
,
e
può
raggiungere
il
punto
nel
quale
il
proletariato
divenga
prevalente
,
e
poscia
predominante
politicamente
nello
stato
.
E
da
quel
punto
,
che
deve
coincidere
con
la
impotenza
del
capitalismo
a
reggersi
,
da
quel
punto
,
dico
,
che
nessuno
può
immaginarsi
come
un
rumoroso
patatrac
,
sarebbe
il
cominciamento
di
ciò
che
molti
,
non
si
sa
perché
,
come
se
tutta
la
storia
non
fosse
la
serie
delle
rivoluzioni
della
società
,
chiamano
enfaticamente
la
rivoluzione
sociale
par
excellence
.
Spingersi
oltre
di
quel
punto
,
coi
ragionamenti
,
gli
è
come
voler
confonder
questi
con
gli
artifizii
della
immaginazione
.
Il
tempo
dei
profeti
è
trapassato
.
Beato
te
,
Fra
Dolcino
,
che
nelle
tue
tre
lettere
(
)
potesti
trasfigurare
gli
accidenti
politici
del
momento
(
papa
Celestino
e
papa
Bonifacio
VIII
,
Angioini
ed
Aragonesi
,
Guelfi
e
Ghibellini
,
misere
plebi
e
patriziati
dei
comuni
,
e
così
via
)
in
tipi
già
simboleggiati
dai
profeti
e
dall
'
Apocalisse
,
misurando
ad
anni
,
a
mesi
ed
a
giorni
,
con
successive
correzioni
,
i
tempi
della
provvidenza
.
Ma
fosti
un
eroe
;
la
qual
cosa
dimostra
,
che
quelle
fantasie
non
furon
la
causa
del
tuo
operare
,
ma
l
'
involucro
ideale
,
nel
quale
tu
rendevi
conto
a
te
stesso
,
come
fecer
tanti
altri
,
per
tutto
un
secolo
innanzi
a
te
,
e
Francesco
d
'
Assisi
compreso
,
del
disperato
moto
delle
plebi
contro
la
gerarchia
papale
,
contro
la
borghesia
già
forte
nei
comuni
e
contro
il
nascente
monarcato
.
Ora
tutti
quegli
involucri
furon
lacerati
,
compresa
la
religione
delle
idee
,
come
dicon
quelli
che
usano
un
gergo
da
ipocriti
,
per
mostrare
una
certa
superstiziosa
reverenza
per
la
religione
degli
altri
.
Ora
,
presentemente
,
non
è
lecito
di
essere
utopisti
,
se
non
ai
soli
imbecilli
.
L
'
utopia
degli
imbelli
,
o
è
cosa
ridicola
,
o
è
dilettanza
da
letterati
che
vadano
visitando
quel
falansterio
di
ninnoli
di
cui
è
architettore
il
Bellamy
.
Quell
'
umile
Marx
,
tutto
prosa
di
scienza
,
andò
raccogliendo
modestamente
nella
società
presente
i
primi
indizii
delle
transizioni
a
quella
che
diverrà
,
come
per
es
.
,
il
sorgere
delle
cooperative
(
vere
!
)
in
Inghilterra
e
cose
simili
,
e
fu
rassegnato
(
specie
nell
'
opera
spesa
nella
Internazionale
)
alla
parte
di
ostetrico
,
che
non
è
proprio
quella
di
un
artefice
del
futuro
.
Lui
ed
Engels
dissero
della
società
dell
'
avvenire
-
data
la
ipotesi
della
dittatura
politica
del
proletariato
-
non
sotto
l
'
aspetto
intuitivo
,
del
come
essa
parrebbe
a
chi
la
vedesse
,
ma
sotto
l
'
aspetto
del
principio
direttivo
della
forma
,
ossia
della
struttura
economica
,
e
segnatamente
in
antitesi
a
questa
società
presente
(
)
.
Del
resto
,
se
c
'
è
chi
abbia
il
bisogno
di
vivere
fin
da
ragazzo
nel
futuro
,
come
da
sentirlo
e
da
provarlo
su
la
propria
pelle
;
e
,
papeggiando
in
nome
delle
idee
,
voglia
investire
dei
loro
diritti
e
doveri
i
componenti
la
società
dell
'
avvenire
-
s
'
accomodi
pure
.
Permetta
quindi
a
me
,
che
pure
ho
un
qualche
diritto
d
'
inviare
la
mia
carta
di
visita
ai
posteri
,
di
esprimere
la
speranza
,
che
quei
del
futuro
,
non
trasumanati
tanto
da
non
esser
più
comparabili
a
noi
del
presente
,
serbino
tanto
della
gaia
dialettica
del
ridere
,
da
farsi
beffe
umoristicamente
dei
profeti
dell
'
oggi
.
Finisco
per
davvero
;
e
toccherebbe
ora
a
voi
,
se
mai
vi
piace
,
di
ricominciare
.
Appendici
.
I
.
Postscriptum
all
'
edizione
francese
.
Frascati
(
Roma
)
,
10
settembre
98
Sebbene
fino
ad
ora
il
Sorel
non
abbia
dato
segno
di
ricominciare
,
può
sempre
darsi
ci
si
provi
in
seguito
.
Ho
però
ragione
di
temere
,
che
,
ricominciando
,
s
'
incamminerebbe
per
una
via
per
me
inaspettata
,
dal
momento
che
mette
in
iscena
:
La
crisi
del
socialismo
scientifico
(
cfr
.
suo
articolo
nella
Critica
Sociale
,
del
I
°
maggio
1898
,
pp
.
134-38
)
,
proprio
a
proposito
di
quelle
stesse
pubblicazioni
del
Merlino
,
che
egli
avea
l
'
anno
innanzi
così
aspramente
criticato
nel
Devenir
Social
(
ottobre
1897
,
pp
.
854-888
)
.
Ma
che
egli
ricominci
,
o
che
non
ricominci
ad
occuparsi
di
questi
problemi
generali
avendo
riguardo
a
ciò
che
io
ho
scritto
in
queste
lettere
a
lui
indirizzate
,
mi
preme
di
dire
qui
,
a
scanso
di
fraintesi
,
e
perché
i
lettori
non
cadano
in
equivoco
,
che
io
non
lo
seguirei
nelle
sue
immature
e
premature
elucubrazioni
su
la
teoria
del
valore
(
Journal
des
Economistes
,
Paris
,
I
°
maggio
1897;
Socialistische
Monatshefte
,
Berlin
,
agosto
1897;
Giornale
degli
Economisti
"
,
Roma
,
luglio
1898
)
.
Senza
entrare
nel
merito
di
tali
elucubrazioni
,
la
qual
cosa
non
si
può
fare
per
incidente
o
per
passatempo
,
io
non
vorrei
,
per
la
compagnia
non
ben
definita
del
Sorel
,
vedermi
poi
citato
fra
gli
esempii
della
crisi
del
marxismo
(
cfr
.
Th
.
Masaryk
:
Die
Krise
des
Marxismus
,
Vienna
,
1898;
trad
.
franc
.
nella
Revue
de
sociologie
,
luglio
1898;
dove
è
citato
il
sig
.
Sorel
in
appoggio
di
tale
preziosa
scoverta
letteraria
)
.
A
mio
credere
in
cotesta
pretesa
crisi
entrarono
molte
dramatis
personae
,
che
,
o
non
hanno
ancora
bene
appresa
la
parte
,
o
hanno
paura
di
apprenderla
,
o
la
recitano
maledettamente
male
.
Coteste
medesime
riserve
io
devo
estendere
,
ma
con
una
certa
insistenza
,
anche
al
Croce
,
per
quanto
riguarda
la
sua
memoria
:
Per
la
interpretazione
e
la
critica
di
alcuni
concetti
del
marxismo
,
Napoli
1897
(
riprodotta
nel
Devenir
Social
,
anno
IV
,
fascicoli
del
febbraio
e
marzo
1898
)
.
Sebbene
quello
scritto
paia
concepito
(
e
così
appunto
dice
l
'
autore
stesso
a
p
.
3
)
qual
libera
recensione
del
mio
Discorrendo
;
il
fatto
è
che
esso
,
oltre
a
parecchie
utili
osservazioni
di
metodologia
storica
,
e
ad
alcune
sagaci
note
di
tattica
politica
,
contiene
enunciati
teoretici
,
che
nulla
han
da
vedere
con
le
pubblicazioni
e
con
le
opinioni
mie
,
anzi
a
queste
son
diametralmente
opposte
.
Dovrei
io
forse
mettermi
per
le
vie
di
una
esplicita
polemica
ex
-
professo
contro
tutto
l
'
insieme
di
quella
dissertazione
,
che
per
tanti
altri
rispetti
è
degna
d
'
esser
letta
?
Ma
perché
mai
;
e
a
che
pro
?
Lascio
volentieri
al
libero
recensente
la
libertà
delle
opinioni
sue
;
purché
queste
non
passino
agli
occhi
dei
lettori
per
un
complemento
delle
mie
,
e
per
un
complemento
da
me
accettato
.
Non
posso
,
però
,
fermarmi
alla
generica
riserva
,
che
basta
per
il
Sorel
;
e
,
anzi
,
devo
indugiarmi
in
alcuni
appunti
sommarii
di
critica
.
Passerei
senz
'
altro
sopra
alle
sottili
distinzioni
scolastiche
,
in
cui
il
Croce
s
'
impiglia
insistendovi
tra
la
scienza
pura
e
la
scienza
applicata
,
tra
l
'
uomo
oeconomicus
e
l
'
uomo
morale
,
tra
l
'
egoismo
e
il
tornaconto
,
tra
l
'
essere
e
il
doveressere
,
e
così
via
,
perché
tanto
appartiene
al
mio
mestiere
di
professore
la
tolleranza
dello
scolasticismo
tradizionale
,
che
può
in
certi
casi
servire
al
primo
addestramento
degli
ingegni
giovanili
,
ma
non
è
mai
la
scienza
piena
e
concreta
.
Come
potrebbe
mai
l
'
astronomo
impedire
che
la
gente
parli
del
sole
,
che
sorge
,
e
tramonta
?
Caso
mai
potrei
rimandare
,
in
via
analogica
e
in
linea
approssimativa
,
ai
capp
.
VI
e
VIII
del
mio
Materialismo
storico
:
ove
pian
piano
si
dimostra
come
i
fattori
,
indispensabili
alla
cognizione
empirica
ed
immediata
,
a
un
certo
punto
si
trasformino
,
o
in
aspetti
o
in
momenti
(
secondo
i
casi
)
di
un
complesso
conoscitivo
unitario
.
Ma
,
domando
io
per
la
più
spiccia
,
come
mai
colui
che
abbia
il
cervello
ancor
chiuso
in
tali
strettoie
della
logica
dell
'
immediato
intendimento
empirico
,
fa
poi
ad
abbordare
proprio
il
problema
del
marxismo
,
che
è
,
o
almeno
(
per
usar
cortesia
agli
avversarii
)
pretende
di
essere
al
di
sopra
di
tali
volgari
distinzioni
?
Non
è
questo
un
combattere
ad
armi
troppo
disuguali
?
Inviterei
quasi
quasi
il
Croce
a
rifar
la
prova
della
sua
arte
critica
in
altro
campo
di
studii
,
a
leggere
sbrigativamente
un
trattato
di
Energhetica
-
quello
per
es
.
recente
dell
'
Helm
-
di
mandare
al
diavolo
tutti
gli
Helmoltz
e
i
R
.
Mayer
di
questo
mondo
,
per
rimettere
in
onore
,
secondo
il
senso
comune
,
la
luce
che
è
sempre
luminosa
,
ed
il
calore
che
è
sempre
caldo
.
Ma
donde
il
Croce
-
e
proprio
nell
'
atto
che
s
'
occupa
di
Marx
!
-
trae
la
persuasione
,
che
oltre
alle
varie
economie
succedutesi
nella
storia
,
rispetto
alle
quali
l
'
economia
capitalistico
-
industriale
è
,
per
così
dire
,
un
caso
particolare
(
ma
è
quel
caso
,
si
noti
,
che
solo
fino
ad
ora
ha
la
sua
teoria
,
e
questa
esiste
in
molte
varianti
di
scuole
e
sottoscuole
)
,
ci
sia
poi
una
economia
pura
,
che
da
sola
dà
luce
e
indirizzo
generale
d
'
interpretazione
a
tutti
questi
casi
,
o
,
diciamo
meglio
,
a
tutte
queste
forme
di
prosaica
esperienza
?
Un
animale
in
sé
,
oltre
a
tutti
gli
animali
visibili
ed
ostensibili
?
E
che
cosa
dovrebbe
mai
contenere
codesta
economia
dell
'
uomo
superistorico
e
supersociale
,
che
finisce
per
essere
più
noioso
dei
superuomini
della
letteratura
e
della
filosofia
?
Forse
la
nuda
dottrina
dei
bisogni
e
degli
appetiti
,
data
la
sola
natura
ambiente
,
ma
senza
esperienza
di
lavoro
,
senza
istrumenti
,
e
senza
correlazioni
precise
,
o
di
comunanza
,
o
di
società
?
Tanto
per
la
psicologia
congetturale
della
preistoria
la
tesi
potrebbe
andare
.
Ma
no
:
-
questa
economia
dell
'
uomo
in
sé
è
perpetua
ed
attuale
;
-
e
qui
proprio
mi
ci
perdo
.
Ecco
qua
(
p
.
19
)
:
Io
tengo
fermo
alla
costruzione
economica
dell
'
indirizzo
edonistico
,
all
'
utilità
-
ofelimità
,
al
grado
terminale
di
utilità
,
e
finalmente
alla
spiegazione
(
economica
)
del
profitto
del
capitale
come
nascente
dal
grado
diverso
di
utilità
dei
beni
presenti
e
dei
beni
futuri
!
Ma
ciò
non
appaga
il
desiderio
di
una
spiegazione
sociologica
del
profitto
del
capitale
;
e
questa
spiegazione
,
con
le
altre
della
medesima
natura
,
non
si
può
trovarla
se
non
su
la
via
per
la
quale
la
cercò
il
Marx
.
Il
mio
amico
Croce
è
un
uomo
a
dirittura
incontentabile
;
e
la
sua
incontentabilità
potrebbe
farlo
apparire
,
a
chi
altrimenti
non
lo
conosca
,
quale
uomo
alquanto
capriccioso
.
Accetta
d
emblée
tutto
un
sistema
d
economia
,
un
sistema
che
pretende
di
abbracciare
tutto
il
conoscibile
economico
.
È
questo
un
sistema
,
inoltre
,
assai
noto
in
Italia
,
dove
ha
rappresentanti
notevoli
,
e
anzi
continuatori
e
perfezionatori
,
come
dicono
sia
il
caso
del
Barone
per
la
dottrina
della
distribuzione
.
A
conferma
della
sua
profession
di
fede
,
che
non
può
non
essere
di
gran
letizia
essendo
edonistica
,
mette
un
tanto
di
punto
ammirativo
ove
dice
che
accetta
la
spiegazione
economica
(
o
che
avrebbe
a
essere
non
-
economica
?
)
del
profitto
del
capitale
come
nascente
dal
grado
diverso
di
utilità
dei
beni
presenti
e
dei
beni
futuri
!
.
E
che
gli
mancherebbe
dunque
per
dare
dell
'
imbecille
e
del
perditempo
a
Marx
,
che
per
vie
del
tutto
diverse
s
'
è
affannato
a
ricercare
l
'
origine
,
il
processo
e
la
spartizione
del
sopravvalore
;
alla
qual
cosa
,
alla
fin
fine
,
si
riduce
nell
'
essenziale
l
'
attività
sua
specifica
di
critico
e
d
'
innovatore
dell
'
economia
?
La
benedetta
formola
del
D
D
'
,
ossia
del
danaro
che
si
ritrova
in
danaro
con
tanto
di
più
,
fu
come
il
chiodo
fisso
nella
testa
di
Marx
ricercatore
,
come
il
pernio
della
sua
ricerca
.
Ora
il
Croce
,
fatta
la
sua
profession
di
fede
di
edonista
convinto
,
quasi
come
chi
avendo
già
bevuto
e
mangiato
a
sazietà
,
voglia
ribere
e
rimangiare
,
si
volge
a
Marx
a
chiedergli
una
teoria
sociologica
,
che
sia
complementare
a
quella
economica
,
nella
quale
lui
Croce
è
tanto
fermo
e
deciso
;
-
e
che
altro
può
dirgli
Marx
se
non
questo
:
mandate
al
diavolo
quella
vostra
filastrocca
edonistica
,
se
no
è
inutile
interroghiate
me
su
tali
quisquilie
,
ché
io
non
posso
offrirvi
che
l
'
assolutamente
opposto
.
Di
fatti
il
Croce
è
costretto
a
farsi
un
Marx
diverso
-
non
dirò
se
molto
o
poco
-
dal
vero
,
perché
sia
quello
i
cui
principii
possano
apparire
conciliabili
con
gl
'
indiscutibili
dati
dell
'
edonismo
.
Discorrendo
del
come
Marx
poté
giungere
a
scovrire
e
definire
l
'
origine
sociale
del
profitto
,
ossia
del
sopravvalore
,
esce
in
questa
sentenza
(
p
12
)
:
Sopravvalore
,
in
pura
economia
,
è
una
parola
priva
di
senso
,
come
è
mostrato
dalla
denominazione
stessa
,
giacché
un
sopravvalore
è
un
extravalore
,
ed
esce
fuori
dal
campo
della
pura
economia
.
Ma
ha
bene
un
senso
e
non
è
un
assurdo
,
come
concetto
di
differenza
,
nel
paragone
che
si
fa
tra
una
società
economica
con
un
'
altra
,
un
fatto
con
un
altro
,
o
due
ipotesi
tra
di
loro
.
E
poi
aggiunge
in
nota
:
Faccio
ammenda
di
un
errore
nel
quale
incorsi
in
una
mia
precedente
memoria
,
nella
quale
,
pur
dicendo
rettamente
che
il
sopravvalore
non
è
un
concetto
puramente
economico
,
lo
definivo
inesattamente
un
concetto
morale
;
e
dovevo
dire
,
come
dico
ora
,
un
concetto
di
differenza
di
sociologia
economica
e
di
economia
applicata
,
e
non
di
economia
pura
.
La
morale
qui
non
ha
parte
,
come
non
ha
nessuna
parte
in
tutta
l
'
indagine
del
Marx
.
Auguro
al
Croce
,
che
giungendo
alla
sua
terza
memoria
in
argomento
confessi
poi
,
che
del
primo
errore
egli
poté
fare
ammenda
,
perché
quello
almeno
era
la
generalizzazione
di
una
opinione
ovvia
nel
socialismo
volgare
,
che
il
sopravvalore
sia
cioè
il
compendio
delle
proteste
degli
sfruttati
;
ma
che
del
secondo
errore
non
può
scusarsi
,
perché
lui
stesso
non
è
più
in
grado
di
decifrare
plausibilmente
il
pensiero
suo
.
Né
solo
per
la
continua
equivocazione
di
profitto
,
interesse
e
sopravvalore
;
ma
perché
in
più
luoghi
assume
il
concetto
di
una
società
lavoratrice
come
di
una
forma
a
sé
(
ma
,
dico
io
,
in
contrapposto
a
quale
altra
,
forse
a
quella
dei
santi
in
paradiso
?
)
e
dice
:
Marx
faceva
il
paragone
della
società
capitalistica
con
una
parte
di
se
stessa
isolata
ed
elevata
ad
esistenza
indipendente
;
ossia
il
paragone
tra
la
società
capitalistica
con
la
società
economica
in
se
stessa
(
ma
solo
in
quanto
società
lavoratrice
)
e
poi
:
Dunque
l
'
economia
marxista
è
quella
che
studia
l
'
astratta
società
lavoratrice
(
pp
.
12
e
13
)
.
Se
c
'
è
chi
senta
il
bisogno
di
liberarsi
dal
malefico
bacillo
metafisico
,
che
induce
a
tali
ragionamenti
,
io
gli
consiglierei
come
rimedio
la
lettura
,
non
già
delle
polemiche
degli
economisti
,
e
di
quelle
segnatamente
che
in
Germania
ebbero
occasione
dalle
pubblicazioni
del
Dietzel
,
che
possono
parer
sospette
,
ma
della
Logica
del
Wundt
(
vol
.
II
,
parte
II
,
pp
.
499-533
)
,
nella
qual
Logica
,
a
dirlo
per
incidente
,
più
in
là
delle
pagine
testè
citate
si
adduce
come
esempio
tipico
di
legge
sociale
(
pare
incredibile
!
e
il
Wundt
non
è
dolce
di
sale
,
né
coi
sociologisti
,
né
con
le
così
dette
leggi
sociali
)
proprio
il
sopravvalore
secondo
Marx
(
ibidem
,
pp
.
620-22
)
.
Al
postutto
cotesta
economia
pura
-
come
è
in
uso
di
chiamarla
in
Italia
,
che
è
sempre
il
paese
dell
'
enfasi
e
della
esagerazione
-
ossia
cotesto
indirizzo
di
ricerca
e
di
sistema
,
che
su
gl
'
inizii
,
o
insufficienti
,
o
ignorati
,
o
dimenticati
del
Gossen
,
del
Walrass
e
del
Jevons
.
s
'
è
venuto
sviluppando
in
ciò
che
ora
ha
(
vulgo
)
il
nome
di
scuola
austriaca
,
non
è
,
così
nelle
premesse
come
negli
andamenti
,
se
non
una
variante
teoretica
nella
interpretazione
di
quegli
stessi
dati
empirici
della
vita
economica
moderna
,
che
han
sempre
formato
l
'
obietto
degli
studii
delle
altre
scuole
.
Si
distingue
dalla
scuola
classica
(
che
non
fu
tanto
antistorica
,
come
è
parso
a
molti
,
e
come
ha
dimostrato
R
.
SCHÜLLER
:
Die
klassische
Nationalökonomie
,
Berlin
1895
)
,
per
la
tendenza
a
un
più
alto
grado
di
astrazione
e
di
generalizzazione
.
Si
prova
a
mettere
in
maggiore
evidenza
gli
stati
psichici
,
che
precedono
ed
accompagnano
gli
atti
ed
i
rapporti
economici
.
Usa
ed
abusa
degli
espedienti
matematici
.
Non
è
la
superistoria
,
sebbene
metta
assai
spesso
in
iscena
le
robinsonate
,
che
dissimula
però
sotto
la
veste
di
una
sottile
psicologia
individualistica
:
anzi
è
tanto
poco
la
superistoria
,
che
da
questa
storia
attuale
assume
due
dati
,
facendone
dei
presupposti
estremi
,
ossia
la
libertà
del
lavoro
e
la
libertà
di
concorrenza
spinte
per
ipotesi
al
massimo
.
Per
ciò
essa
è
,
in
ciò
che
reca
,
afferrabile
,
comprensibile
e
discutibile
;
perché
è
confrontabile
con
l
'
esperienza
della
quale
è
spesso
una
forzata
ed
unilaterale
interpretazione
.
(
Alla
generalità
del
pubblico
francese
ora
è
dato
di
leggere
in
forma
chiara
e
piana
la
esposizione
sommaria
della
teoria
del
valore
di
cotesta
scuola
nel
libro
di
E
.
PETIT
:
Etude
critique
der
différentes
théories
de
la
valeur
,
Paris
1897
)
.
Tornando
al
Croce
non
saprei
nascondere
la
mia
maraviglia
,
che
egli
(
note
I
e
2
a
p
.
14
)
trovi
a
ridire
contro
l
'
Engels
,
perché
questi
una
volta
chiami
storica
la
scienza
dell
'
economia
,
e
un
'
altra
volta
poi
parli
di
economia
teoretica
.
Per
chi
si
fermasse
alle
parole
sole
basterebbe
di
dire
,
come
storico
in
quel
caso
li
è
l
'
opposto
del
naturale
nel
senso
del
fisso
e
dell
'
immutabile
(
le
famose
leggi
naturali
della
economia
volgare
)
,
e
il
teoretico
è
detto
in
opposizione
al
conoscere
grossolanamente
descrittivo
ed
empirico
.
Ma
c
'
è
dell
'
altro
.
Ogni
teoria
non
è
se
non
la
rappresentazione
,
per
quanto
più
si
può
perfetta
,
dei
rapporti
di
reciproca
condizionalità
di
quei
fatti
,
che
in
un
determinato
campo
dell
esperienza
appariscano
omogenei
,
riavvicinabili
e
connessi
.
Ma
tutti
questi
varii
gruppi
di
fatti
sono
momenti
di
un
divenire
.
Or
se
un
fisiologista
,
dopo
d
'
avervi
esposta
la
teoria
fisico
-
meccanica
della
respirazione
polmonare
,
esca
a
dirvi
,
che
la
respirazione
non
è
legata
all
'
esistenza
del
polmone
,
e
che
il
polmone
stesso
è
un
fatto
particolare
di
genesi
nella
storia
generale
degli
organismi
,
vorreste
voi
forse
cotesto
fisiologista
tradurlo
,
nel
-
la
qualità
d
'
imputato
,
innanzi
al
fòro
di
un
'
altra
economia
pura
,
cioè
volevo
dire
,
innanzi
a
quello
di
una
fisiologia
purissima
,
che
studii
l
'
ente
vita
,
anziché
i
viventi
?
Di
fatti
il
Croce
muove
querela
(
passim
)
a
Marx
,
per
non
aver
questi
stabiliti
i
rapporti
fra
la
sua
indagine
e
i
concetti
di
economia
pura
,
per
mostrare
(
p
.
3
)
con
metodica
esposizione
come
i
fatti
apparentemente
più
diversi
del
mondo
economico
siano
retti
in
ultimo
da
una
medesima
legge
,
o
,
ch
'
è
lo
stesso
,
come
questa
legge
si
rifranga
variamente
passando
attraverso
organizzazioni
varie
,
senza
mutar
se
stessa
,
che
altrimenti
mancherebbe
il
modo
ed
il
criterio
stesso
della
spiegazione
.
Qui
Marx
,
se
avesse
pur
voglia
di
rispondere
,
non
saprebbe
che
cosa
rispondere
.
Qui
Marx
non
c
'
entra
più
.
E
non
si
tratta
nemmen
più
delle
generalizzazioni
,
per
dir
vero
troppo
astratte
della
scuola
edonistica
,
che
pur
sempre
rientrano
nei
processi
leciti
di
astrazione
e
d
'
isolazione
proprii
ad
ogni
scienza
,
che
partendo
dalla
base
empirica
tenti
la
via
dei
principii
.
Qui
ci
troviamo
in
presenza
di
una
legge
economica
,
che
a
guisa
di
un
quasi
-
ente
attraversa
misteriosamente
le
varie
fasi
della
storia
,
perché
non
s
'
abbiano
a
scucire
.
Questo
è
il
puro
possibile
,
che
è
poi
,
in
realtà
,
l
'
impossibile
.
Il
signor
Dühring
-
che
qua
e
là
è
in
un
certo
modo
direttamente
difeso
-
è
oltrepassato
.
Qui
si
tratta
di
riaffacciare
delle
difficoltà
nella
concezione
preliminare
di
ogni
problema
scientifico
,
per
le
quali
rimangon
fuori
della
comprensibilità
,
non
solo
Marx
,
ma
tre
quarte
parti
del
pensiero
contemporaneo
.
La
logichetta
formale
,
di
felice
memoria
,
diventa
l
'
arbitra
del
sapere
.
Teniamoci
pure
al
testo
,
che
in
passato
ebbe
tanta
diffusione
in
Francia
,
il
Port
-
Royal
.
Si
parta
da
un
concetto
della
massima
estensione
e
del
minimo
contenuto
,
e
per
incremento
di
meccanica
notazione
si
arrivi
ad
un
concetto
di
minima
estensione
e
di
massimo
contenuto
.
E
se
ci
capita
poi
fra
mani
un
processo
reale
,
il
passaggio
per
es
.
,
dall
'
invertebrato
al
vertebrato
,
o
dal
comunismo
primitivo
alla
proprietà
privata
del
suolo
,
o
dalla
indifferenza
delle
radici
alla
differenziazione
tematica
di
verbo
e
nome
nel
gruppo
ario
-
semitico
,
invece
di
fermarsi
in
tali
fatti
,
come
in
casi
di
epigenesi
faticosamente
e
realiter
accaduta
,
scriveremo
in
un
concetto
già
bello
e
preconcepito
,
per
via
di
un
facile
metodo
di
notazione
,
prima
un
A
,
poi
un
a
,
poi
un
a
¹
,
poi
un
a2
,
poi
un
a
³
,
e
così
via
:
-
e
tutto
sarà
bello
e
fatto
.
E
mi
pare
che
basti
di
ciò
.
Eccoci
,
per
conseguenza
,
ad
alcuni
enunciati
alquanto
curiosi
(
p
.
2
)
:
È
una
società
(
s
'
intende
quella
studiata
da
Marx
nel
Capitale
)
ideale
e
schematica
,
dedotta
da
alcune
ipotesi
,
che
potrebbero
anche
non
essersi
presentate
mai
corso
della
storia
.
Qui
Marx
diventa
l
'
illustratore
teorico
di
una
quasi
-
utopia
.
E
poi
(
p
.
4
)
:
Marx
assunse
,
fuori
del
campo
della
pura
teorica
economica
,
una
proposizione
,
che
è
la
famigerata
eguaglianza
di
valore
e
lavoro
.
E
di
dove
dunque
l
'
ha
presa
?
forse
(
secondo
alcuni
)
c
'
è
arrivato
spingendo
alle
estreme
conseguenze
un
concetto
poco
felice
di
Ricardo
.
Il
quale
Ricardo
bisognerebbe
espellerlo
a
dirittura
dalla
storia
della
scienza
,
perché
qualcos
'
altro
di
più
felice
non
l
'
ha
veramente
fatto
.
In
un
certo
punto
il
Croce
(
p
.
20
,
in
nota
)
se
la
piglia
col
Pantaleoni
,
perché
questi
combatte
il
Böhm
Bawerk
,
domandandosi
donde
il
mutuatario
del
capitale
riesca
a
prendere
di
che
pagare
l
'
interesse
.
Di
fatti
il
Pantaleoni
(
Principii
di
economia
politica
,
p
.
301
)
dice
:
la
causa
generativa
dell
'
interesse
sta
nella
produttività
del
capitale
come
bene
complementare
in
un
processo
tecnico
vantaggioso
,
richiedente
un
certo
tempo
,
e
non
nella
virtù
del
tempo
,
che
lascerebbe
le
cose
come
le
ha
trovate
.
Qui
,
e
per
tutto
un
capitolo
,
il
Pantaleoni
,
con
l
'
andamento
del
ragionare
che
è
proprio
al
suo
indirizzo
,
ripiglia
a
modo
suo
quella
spiegazione
dell
'
interesse
per
via
della
produttività
del
(
danaro
-
)
capitale
,
che
,
uscita
vittoriosa
già
nel
secolo
XVII
dalle
polemiche
coi
moralisti
e
coi
canonisti
,
apparisce
nella
sua
formola
elementarmente
economica
per
la
prima
volta
in
Barbon
e
Massey
.
Quella
spiegazione
è
la
sola
che
l
'
economista
possa
enunciare
,
fino
a
che
la
produttività
del
capitale
,
che
prima
facie
pare
evidente
,
non
è
fatta
essa
stessa
oggetto
di
una
critica
;
la
qual
cosa
ha
menato
poi
Marx
alla
formola
più
generale
e
al
principio
genetico
del
sopravvalore
.
In
quello
stesso
capitolo
Pantaleoni
abilmente
polemizza
contro
il
Böhm
,
che
,
come
direbbe
il
Croce
dà
la
spiegazione
(
economica
)
del
profitto
del
capitale
,
come
nascente
dal
grado
diverso
di
utilità
dei
beni
presenti
e
dei
beni
futuri
(
)
.
Ma
volete
forse
per
vostro
passatempo
mettere
in
iscena
una
farsetta
ideologica
concepita
così
:
-
si
assume
da
una
parte
la
legittima
aspettazione
del
creditore
,
e
dall
'
altra
parte
la
onesta
promessa
del
debitore
;
-
questi
due
attributi
psicologici
,
che
tanto
fanno
onore
alla
eccellenza
dell
'
animo
loro
,
vengon
messi
nella
dovuta
evidenza
;
poi
si
suppone
,
che
debitore
o
creditore
siano
homines
oeconomici
tanto
perfetti
,
quanto
è
necessario
di
tener
per
fermo
che
siano
,
dal
momento
che
nacquero
coi
diagrammi
del
Gossen
stampati
nel
cervello
(
)
;
-
poi
si
aggiunge
la
nozione
del
tempo
astratto
;
-
e
,
costituita
la
santa
trinità
di
aspettazione
,
promessa
e
tempo
,
si
attribuisce
a
questa
trinità
la
virtù
di
trasmutarsi
in
quel
più
di
valore
,
che
deve
essere
poniamo
,
per
es
.
,
nelle
scarpe
prodotte
col
denaro
mutuato
,
perché
il
mutuante
,
in
ultimo
,
e
guadagnando
pur
lui
qualcosa
,
se
nel
frattempo
non
vuol
morir
di
fame
,
solvat
debitum
cum
usura
.
Ma
questa
è
proprio
la
scienza
messa
alla
gogna
.
In
verità
il
tempo
non
è
nella
economia
,
come
non
è
nella
natura
,
se
non
la
misura
di
un
processo
:
ed
è
nell
'
economia
la
misura
del
processo
della
produzione
e
della
circolazione
(
ossia
,
in
ultima
analisi
,
e
data
la
debita
analisi
,
del
lavoro
)
.
E
solo
in
quanto
esso
entra
nell
'
economia
per
questo
rispetto
,
il
tempo
è
anche
misura
dell
'
interesse
.
Un
tempo
che
in
quanto
tempo
operi
come
causa
reale
è
un
mitologhema
.
(
Su
gli
avanzi
mitici
nella
rappresentazione
del
tempo
leggere
:
Zeit
und
Weile
nelle
Ideale
Fragen
di
M
.
Lazarus
,
Berlin
1878
,
pp
.
161-232
)
.
Se
fino
alla
mitologia
dobbiamo
risalire
,
rimettiamo
a
dirittura
lassù
nel
cielo
,
più
in
su
dell
'
Olimpo
,
quell
'
antichissimo
Kronos
,
che
il
volgo
greco
confondeva
con
chronos
(
tempo
)
:
e
se
speranze
,
aspettazioni
e
promesse
son
per
sé
cause
reali
di
fatti
economici
,
diamoci
a
dirittura
alla
magia
.
Parrebbe
quasi
che
perfino
in
questa
,
o
per
inavvertenza
,
o
per
una
certa
tal
quale
bizzarria
di
forma
letteraria
,
il
Croce
rischi
di
dare
una
capata
,
quando
scrive
(
p
.
16
)
:
E
se
nell
'
ipotesi
del
Marx
,
le
merci
appaiono
come
gelatine
di
lavoro
,
o
lavoro
cristallizzato
,
perché
in
altra
ipotesi
non
potrebbero
apparire
come
gelatine
di
bisogni
,
o
quantità
di
bisogni
cristallizzate
?
Santi
numi
!
Marx
non
fu
veramente
un
modello
di
ciò
che
chiamasi
dizione
classica
,
specie
nella
plasticità
,
nella
trasparenza
e
nella
continuità
delle
immagini
.
Marx
fu
un
seicentista
.
Ma
le
sue
immagini
,
spesso
bizzarre
,
ma
che
non
son
mai
né
ghiribizzi
né
facezie
,
dicon
sempre
qualcosa
di
profondamente
realistico
.
Se
quella
immagine
della
gelatina
,
che
del
resto
non
ha
niente
di
sacramentale
né
di
obbligatorio
per
nessuno
,
l
'
andate
a
ripetere
al
primo
calzolaio
che
vi
capiti
innanzi
,
egli
,
accennando
forse
alle
mani
incallite
,
alla
schiena
ricurva
,
e
al
sudore
della
fronte
,
vi
dirà
che
a
un
dipresso
ha
capito
,
perché
nelle
scarpe
che
produce
ci
mette
via
via
una
parte
di
se
stesso
,
le
sue
energie
meccaniche
,
dirette
dalla
volontà
,
ossia
dirette
dall
'
attenzione
volontaria
,
secondo
la
forma
preconcetta
,
nella
quale
si
assomma
,
come
in
intento
ed
in
proposito
,
la
sua
attività
cerebrale
in
quanto
egli
è
in
atto
di
lavorare
.
Ma
finora
fu
dato
solo
ai
fattucchieri
di
credere
o
di
dare
a
credere
,
che
coi
soli
desideri
si
riesca
a
conglutinare
una
parte
di
noi
stessi
con
alcun
bene
in
genere
,
prodotto
o
non
prodotto
che
esso
si
sia
.
Con
la
psicologia
non
è
lecito
di
scherzare
.
Non
saprei
dire
in
poche
parole
quanta
parte
di
essa
debba
entrare
nei
presupposti
della
economia
.
So
di
certo
però
,
che
la
più
parte
dei
concetti
psicologici
,
che
edonisti
e
non
-
edonisti
vanno
cacciando
dentro
all
'
economia
,
ha
un
certo
che
di
messoci
a
posta
ad
usum
delphini
,
un
certo
che
di
escogitato
e
non
di
trovato
,
un
certo
che
di
accidentalmente
tratto
dalla
volgare
terminologia
e
non
di
criticamente
vagliato
;
onde
è
il
caso
di
ripetere
tractent
fabrilia
fabri
.
E
so
anche
questo
,
che
dal
bisogno
al
lavoro
ci
corre
tutta
la
formazione
psicologica
dell
'
uomo
;
ci
corre
quanto
ci
corre
dal
sentimento
privativo
della
sete
,
che
è
il
bisogno
del
bere
,
che
il
bambino
non
associa
ancora
,
non
dirò
ai
movimenti
che
gli
occorrono
,
per
procurarsi
da
bere
,
ma
nemmeno
alla
rappresentazione
dell
'
acqua
,
sino
all
'
atto
del
lavoratore
provetto
,
il
quale
per
matura
volontà
d
'
intelletto
,
per
volontà
nella
quale
esperienza
ed
immaginazione
,
imitazione
ed
inventiva
fanno
uno
,
scava
un
pozzo
,
o
apre
una
fontana
.
Ridurre
e
scheletrizzare
cotesta
viva
formazione
in
un
'
arida
nomenclatura
,
questo
fu
il
difetto
della
psicologia
vulgaris
,
e
questa
il
più
delle
volte
gli
economisti
,
anche
ai
giorni
nostri
,
prendono
a
premessa
delle
loro
speciali
elucubrazioni
.
La
psicologia
del
lavoro
,
che
sarebbe
il
coronamento
della
dottrina
del
determinismo
,
è
ancora
da
scrivere
.
A
quoi
bon
questo
post
-
scriptum
?
dirà
forse
il
lettore
.
Ecco
qua
:
io
non
sono
il
paladino
di
Marx
,
ammetto
tutte
le
critiche
,
sono
io
stesso
in
tutto
ciò
che
dico
un
critico
,
non
smentisco
la
sentenza
:
comprendere
è
superare
;
ma
mi
conviene
pur
d
'
aggiungere
,
che
superare
è
aver
compreso
.
II
.
Prefazione
all
'
edizione
francese
.
Roma
,
31
decembre
1898
Questo
mio
piccolo
libriccino
-
come
è
chiaro
anche
dal
post
-
scriptum
illustrativo
-
dovea
venir
fuori
a
Parigi
nel
settembre
ultimo
.
La
stampa
ne
è
stata
ritardata
per
cause
accidentali
.
Nel
frattempo
il
Sorel
s
'
è
dato
anima
e
corpo
alla
Crisi
del
marxismo
e
la
tratta
,
la
espone
,
la
commenta
,
con
amore
,
un
po
'
da
per
tutto
,
per
es
.
,
nella
Revue
parlementaire
"
del
10
decembre
,
pp
.
597-612
(
dove
anzi
la
crisi
diventa
a
dirittura
quella
del
socialismo
)
e
nella
Rivista
critica
del
socialismo
,
Roma
,
fasc
.
I
,
pp
.
9-21;
e
per
di
più
la
fissa
e
la
canonizza
nella
Préface
da
lui
messa
al
libro
del
Merlino
:
Formes
et
essence
du
socialismo
.
Ci
si
minaccia
per
fino
un
congresso
di
secessionisti
ben
pensanti
.
Siamo
decisamente
alla
guerra
della
Fronda
!
Che
dovrei
io
fare
?
Ricominciare
da
capo
?
Scrivere
l
'
anti
-
Sorel
dopo
d
'
aver
scritto
l
'
avec
-
Sorel
.
Non
cado
punto
in
tale
tentazione
.
Gli
è
vero
che
questa
mia
composizione
d
'
insolita
fattura
s
'
intitola
:
Discorrendo
;
-
ma
si
discorre
quando
ci
piace
,
e
non
a
comando
.
Desidero
solo
che
il
lettore
guardi
alle
date
di
queste
lettere
,
ossia
di
queste
piccole
monografie
di
stile
sciolto
,
intitolate
al
signor
Sorel
:
-
e
le
date
corrono
dal
20
aprile
al
15
settembre
1897
.
Io
mi
rivolgevo
a
quel
Sorel
-
non
a
quest
'
altro
;
-
a
quello
insomma
che
avevo
conosciuto
su
le
pagine
del
Devenir
Social
,
che
avea
presentato
me
ai
lettori
francesi
nell
'
assisa
di
marxista
,
che
mi
scriveva
lettere
piene
di
fine
osservazioni
,
e
di
considerazioni
critiche
apprezzabili
.
Era
dubitoso
,
sì
,
e
mi
parve
qualche
volta
intinto
d
'
esprit
frondeur
,
ma
nello
scrivere
rivolgendomi
a
lui
,
io
non
pensavo
nel
1897
,
ch
'
ei
diverrebbe
in
così
breve
tempo
l
'
araldo
di
una
guerra
di
secessione
.
O
come
di
questo
saranno
lieti
i
déclassés
dell
'
intelligenza
,
e
coloro
che
hanno
bisogno
dell
'
alibi
della
vigliaccheria
.
Se
non
che
il
Sorel
ci
lascia
qualche
barlume
di
speranza
quando
scrive
:
"
Io
e
qualche
amico
ci
sforzeremo
dì
utilizzare
i
tesori
di
riflessioni
e
d
'
ipotesi
che
Marx
ha
raccolto
nei
suoi
libri
.
Questo
è
il
miglior
modo
di
trarre
partito
da
un
'
opera
geniale
rimasta
incompiuta
"
(
"
Revue
parlementaire
"
,
ibid
.
,
p
.
612
)
.
Dunque
tanti
auguri
per
l
'
anno
nuovo
-
comincia
domani
-
in
tale
opera
benigna
e
pietosa
di
salvataggio
...
della
quale
del
resto
io
e
molti
altri
come
me
non
sentivamo
il
bisogno
.
Senza
rancore
:
-
ma
non
certo
senza
mortificazione
per
me
.
Nel
licenziare
al
pubblico
francese
queste
pagine
di
composizione
alquanto
insolita
io
temo
che
dei
lettori
di
spirito
-
la
Francia
ne
abbonda
più
di
ogni
altro
paese
-
abbiano
a
dire
di
me
:
ecco
lì
un
tollerabile
conversatore
,
ma
che
pedagogista
pessimo
;
apre
da
erudito
un
dialogo
didattico
con
un
amico
ed
ecco
che
questi
passa
difilato
dall
'
altra
parte
!
Non
è
vero
,
signor
Sorel
?
Ebbene
,
accomodiamo
le
partite
:
-
questo
dialogo
era
un
monologo
;
e
alla
buon
'
ora
di
dio
!