StampaPeriodica ,
All
'
ultima
pagina
della
nuova
vita
di
Crispi
,
di
Gualtiero
Castellini
(
Barbèra
,
Firenze
)
mi
sono
rivolto
questa
domanda
:
È
qui
dunque
posto
nei
suoi
termini
e
risolto
il
problema
di
Crispi
?
È
questo
il
caso
(
il
dramma
,
la
tragedia
,
come
dicono
)
del
grand
'
uomo
misconosciuto
e
negato
,
dello
statista
sfortunato
e
glorioso
?
Ho
risposto
,
senza
esitazione
,
no
.
E
allora
,
ecco
un
libro
che
bisognerà
riscrivere
.
Accingendosi
a
narrare
la
vita
di
Francesco
Crispi
,
il
Castellini
s
'
era
proposto
d
'
essere
equo
.
Egli
avrebbe
voluto
accettare
tutto
l
'
uomo
,
il
suo
bene
e
il
suo
male
,
grandezze
,
debolezze
e
miserie
.
In
Crispi
fervono
le
une
e
le
altre
,
stranamente
commiste
.
Il
giovane
biografo
avrebbe
,
da
un
tale
contrasto
,
cavata
una
figura
viva
e
vibrante
,
tanto
più
attraente
quanto
più
agitata
e
complessa
.
Il
dramma
crispino
si
sarebbe
così
risolto
in
una
franca
narrazione
d
'
arte
e
di
storia
.
La
nuova
generazione
sente
che
questo
tributo
a
Francesco
Crispi
bisogna
renderlo
,
e
Gualtiero
Castellini
si
è
messo
al
lavoro
con
questo
animo
.
Egli
aveva
dinanzi
un
materiale
ormai
copioso
:
le
pubblicazioni
ultime
del
Palamenghi
,
che
di
Crispi
documentano
la
vita
e
l
'
opera
dai
primi
agli
ultimi
anni
.
Non
rinunziare
all
'
esame
critico
di
quelle
pagine
;
semplificarle
e
ridurle
a
più
corrente
unità
;
dalla
loro
mole
trarre
,
con
parsimonia
frequente
di
tratti
,
una
figura
unica
,
dominante
:
questa
la
prima
mossa
del
diligente
lettore
e
scrittore
di
cose
del
nostro
Risorgimento
.
Quanto
poi
all
'
effetto
,
si
capisce
che
il
Castellini
ha
creduto
non
pure
di
essere
stato
imparziale
,
ma
di
averci
dato
un
Crispi
rivissuto
e
senziente
,
che
si
agita
e
agisce
,
tratto
tratto
inquieto
e
volontario
,
umiliato
,
scontento
e
trionfante
,
combattente
e
combattuto
;
cospiratore
ed
esule
,
errabondo
e
povero
,
con
la
Sicilia
per
la
rivoluzione
,
con
Mazzini
per
la
repubblica
,
con
Garibaldi
per
la
monarchia
,
con
la
monarchia
per
l
'
unità
e
per
l
'
Italia
;
con
la
sinistra
parlamentare
contro
la
destra
e
con
la
destra
contro
la
sinistra
;
in
realtà
sempre
coi
pochi
contro
le
maggioranze
,
cogli
audaci
contro
gli
incerti
,
per
le
idee
contro
tutti
i
pericoli
;
per
la
giustizia
,
la
libertà
,
la
grandezza
,
l
'
avvenire
contro
il
passato
,
contro
la
meschinità
,
l
'
asservimento
comune
.
E
così
,
passo
passo
,
il
rivoluzionario
si
muta
nel
conservatore
e
il
democratico
cede
all
'
imperialista
.
Non
sono
pel
Castellini
mutamenti
leggeri
e
tradimenti
;
è
una
evoluzione
naturale
e
profonda
.
L
'
Italia
non
l
'
accetta
e
non
la
comprende
.
Ed
ecco
il
grande
uomo
impigliato
in
una
lotta
spossante
contro
il
suo
tempo
;
irretito
in
un
equivoco
immane
;
preso
in
un
dramma
straziante
.
Ma
la
sua
forza
si
esprime
dalla
bassura
degli
anni
,
sormonta
la
viltà
degli
animi
e
domina
sventure
e
miserie
.
Soli
i
grandi
spiriti
-
Carducci
e
Oriani
-
lo
comprendono
e
lo
esaltano
.
Egli
è
un
precursore
:
tornando
a
lui
possiamo
salutarlo
padre
e
maestro
.
Tale
è
il
Crispi
che
il
Castellini
ha
veduto
:
questa
la
moralità
o
lezione
che
si
dovrebbe
cavare
dal
suo
libro
.
Francamente
,
una
tale
lezione
non
ci
appaga
.
E
diciamo
pure
che
siamo
noiati
di
questo
ingenuo
semplicismo
dei
nuovi
crispini
,
che
seguitano
imperturbati
a
porre
il
dramma
dell
'
uomo
fuori
dell
'
uomo
,
facendo
ricadere
sul
tempo
la
colpa
della
catastrofe
,
il
danno
e
la
vergogna
.
Crispi
,
in
sostanza
dicono
costoro
,
sarebbe
stato
un
grande
ministro
,
se
l
'
Italia
fosse
stata
un
'
altra
nazione
,
meno
pavida
e
meno
meschina
.
-
Nossignori
,
diciamo
noi
;
Crispi
fu
indubbiamente
un
grand
'
uomo
,
ma
non
fu
e
non
poteva
essere
un
grande
uomo
di
stato
;
poiché
il
concetto
di
uomo
di
stato
,
cioè
di
uomo
che
governa
,
non
può
essere
posto
all
'
infuori
della
vita
attuale
della
nazione
.
Non
si
può
essere
grandi
statisti
in
astratto
:
lo
si
è
sempre
e
unicamente
in
concreto
,
non
per
quei
tali
disegni
aerei
che
si
fanno
,
ma
per
quelle
tali
azioni
che
si
promovono
e
si
conducono
al
fine
.
Si
è
grandi
politici
non
in
quanto
si
hanno
alte
e
nobili
idee
,
ma
in
quanto
praticamente
si
fa
la
grande
politica
di
un
popolo
,
in
quanto
si
opera
non
soli
ma
nella
nazione
e
con
la
nazione
,
in
quanto
ci
si
trasfonde
in
essa
e
nelle
sue
sorti
,
in
quanto
si
realizza
il
realizzabile
nelle
forme
solide
dello
spazio
e
del
tempo
.
Nessuno
statista
ha
mai
vissuto
fuori
della
sua
età
.
Il
politico
vero
non
è
se
non
colui
che
riesce
a
fare
i
conti
con
gli
uomini
della
sua
generazione
.
In
politica
si
deve
antivedere
e
precorrere
,
ma
bisogna
anzi
tutto
coesistere
;
avere
il
senso
profondo
e
preciso
del
presente
,
la
facoltà
di
sentire
quello
che
è
,
quello
che
accade
.
Non
si
governa
una
nazione
e
non
la
si
lancia
ai
suoi
lontani
destini
,
se
non
si
governano
gli
uomini
stessi
che
vivono
intorno
a
voi
e
con
voi
,
se
non
si
persuadono
,
non
si
vincono
e
non
si
rendono
tranquilli
e
sicuri
.
Diceva
il
Machiavelli
che
gli
uomini
si
fanno
governare
facilmente
quando
sentono
di
essere
governati
bene
.
E
quel
che
accade
dei
popoli
accade
dei
parlamenti
.
Chi
naviga
vuole
aver
fiducia
nel
proprio
pilota
;
chi
combatte
vuol
credere
nel
proprio
duce
.
Tutte
le
maggioranze
servono
a
qualche
minoranza
;
ogni
minoranza
fa
capo
ad
un
uomo
o
a
pochi
uomini
.
Per
tal
modo
Cavour
è
il
parlamento
,
Cavour
è
il
Piemonte
.
Parlamento
e
paese
sono
due
realtà
ch
'
egli
accetta
e
delle
quali
si
serve
,
come
di
due
forze
reali
e
concrete
.
Lo
statista
ha
bisogna
di
realizzare
;
gli
ci
vogliono
degli
uomini
intorno
,
dei
suoi
simili
e
eguali
,
degli
amici
e
anche
dei
nemici
,
delle
passioni
e
delle
volontà
,
delle
altre
idee
e
delle
altre
anime
;
gli
ci
vuole
la
collaborazione
e
il
contrasto
,
il
consenso
e
la
lotta
,
la
lode
e
l
'
insulto
insomma
tutto
il
possibile
,
tutto
l
'
attuale
;
la
materia
informe
ma
viva
da
plasmare
,
l
'
elemento
della
sua
opera
,
la
realtà
diversa
,
avversa
e
nemica
.
Chi
riesce
a
vincere
questa
opposizione
naturale
e
continua
;
chi
riesce
a
persuadere
e
ad
attrarre
,
chi
impone
la
volontà
propria
alle
altrui
dominando
le
passioni
e
servendosene
,
quello
è
il
politico
vero
,
l
'
uomo
di
stato
inconcusso
.
Chi
si
perde
per
via
,
chi
combatte
fino
a
un
certo
punto
e
poi
cede
,
chi
si
stanca
e
si
lamenta
,
chi
concepisce
l
'
avversario
come
un
negatore
,
la
lotta
come
una
diminuzione
,
la
battaglia
come
un
insulto
e
un
'
offesa
,
costui
non
trionfa
,
non
è
uomo
di
stato
,
ha
del
politico
l
'
ambizione
,
l
'
orgoglio
e
qualche
altra
parte
più
nobile
,
ma
la
nazione
non
si
fida
in
lui
,
non
gli
si
concede
intera
,
lo
cerca
e
lo
sfugge
,
lo
esalta
per
poi
condannarlo
,
lo
mette
alla
prova
e
lo
liquida
,
salvo
poi
a
riconoscere
più
tardi
,
lui
morto
,
i
meriti
che
aveva
e
l
'
intenzioni
.
Ma
questo
ultimo
è
Crispi
:
il
primo
è
Cavour
.
L
'
uno
e
l
'
altro
ebbero
il
loro
dramma
,
i
loro
drammi
,
le
angosce
,
i
dolori
,
le
grandi
speranze
e
i
timori
,
le
audacie
e
le
sconfitte
;
ma
la
diversità
delle
due
razze
si
sente
definitivamente
e
sull
'
ultimo
,
quando
l
'
uno
ha
concluso
e
l
'
altro
non
ha
che
tentato
.
L
'
errore
,
dunque
,
del
Castellini
,
è
nell
'
avere
voluto
creare
il
dramma
di
Crispi
,
in
una
troppo
comoda
antitesi
fra
l
'
uomo
e
il
suo
tempo
.
Non
si
è
avveduto
che
così
facendo
egli
distruggeva
senz
'
altro
il
concetto
di
uomo
politico
,
e
ci
dava
un
Crispi
inferiore
al
reale
,
e
dal
reale
molto
diverso
.
Sempre
le
ragioni
della
fortuna
o
sfortuna
del
politico
sono
da
cercare
nel
politico
stesso
.
E
mai
forse
come
per
certi
uomini
il
biografo
deve
rifuggire
dalle
astrattezze
.
Considerate
bene
Francesco
Crispi
;
studiate
la
sua
psicologia
,
scomponete
in
lucida
analisi
le
parti
del
suo
ingegno
e
dell
'
animo
:
troverete
in
quelle
,
senza
andare
più
oltre
,
le
ragioni
profonde
della
sua
sorte
e
della
sua
tempestosa
carriera
.
Uomo
d
'
intuito
e
di
audacia
Crispi
è
grande
nel
60
,
quando
riesce
a
persuadere
e
trarsi
dietro
Garibaldi
.
Allora
s
'
incorpora
con
qualcuno
,
allora
anima
e
collabora
,
si
getta
in
una
grande
impresa
comune
,
si
fonde
in
uno
sforzo
collettivo
,
suscita
un
gran
fatto
,
crea
e
conclude
.
Il
suo
vero
anno
è
quello
.
Con
ammirazione
invidiosa
l
'
aveva
capito
anche
il
Palamenghi
,
il
quale
tuttavia
gonfiò
di
vanità
la
sua
glorificazione
,
opponendo
a
Crispi
Cavour
stesso
,
in
pagine
così
scarse
d
'
intelligenza
storica
.
Quasi
che
ci
fosse
bisogno
di
dimostrare
,
che
,
voluta
o
no
da
Cavour
,
l
'
impresa
dei
Mille
è
tutta
rivoluzionaria
e
garibaldina
,
siciliana
ed
eroica
.
Lo
sbarco
.
di
Marsala
è
un
episodio
che
non
rientra
nell
'
orbita
liberale
,
diplomatica
e
parlamentare
cavouriana
.
Ne
è
fuori
,
come
lo
sbarco
dei
fratelli
Bandiera
,
come
la
difesa
di
Roma
,
come
la
ritirata
di
Garibaldi
.
Fu
la
più
grande
avventura
della
rivoluzione
;
e
il
Risorgimento
non
fu
soltanto
liberale
,
fu
anche
rivoluzionario
;
non
fu
solo
preparazione
,
ma
anche
avventura
,
non
fu
tutto
diplomazia
,
ma
anche
negazione
della
diplomazia
,
e
se
anche
fu
nei
principii
ultimi
unitario
,
ebbe
forza
dalle
regioni
,
da
Napoli
,
dalle
Romagne
,
dal
Veneto
,
da
Milano
,
da
Palermo
.
Crispi
siciliano
disegna
e
impone
l
'
impresa
di
Sicilia
;
fa
realmente
,
fortunatamente
quello
che
Cavour
non
fece
.
E
in
quell
'
ora
della
Storia
d
'
Italia
,
egli
conta
anche
più
di
Cavour
,
è
più
necessario
di
lui
,
è
più
attivo
e
conclusivo
,
sollevato
dalla
sorte
più
in
alto
.
Egli
allora
,
e
non
Cavour
,
crea
la
nuova
situazione
,
compie
il
gran
fatto
,
e
con
altri
uomini
scrive
un
capitolo
,
di
cui
poi
Cavour
dovrà
prendere
visione
.
Ma
in
troppi
altri
momenti
della
sua
vita
,
Crispi
,
che
pure
ha
lo
stesso
fuoco
nell
'
anima
,
non
riesce
a
chiudersi
in
un
simile
cerchio
di
collaborazione
energica
e
fattiva
.
Pare
che
lotti
contro
tutto
e
contro
tutti
,
non
sa
egli
medesimo
dove
siano
e
quanti
siano
gli
amici
e
i
nemici
.
È
un
uomo
d
'
energia
,
indubbiamente
,
ma
di
una
energia
in
potenza
,
elementare
e
confusa
,
che
quasi
si
identifica
con
la
irrequietudine
naturale
della
fibra
,
e
sfoca
dell
'
orgoglio
,
nel
sentimento
della
sua
persona
,
quasi
nell
'
eco
del
suo
grande
nome
.
"
Io
sono
Crispi
"
.
Il
sentimento
dell
'
io
è
in
lui
così
forte
e
prepotente
,
che
gli
impedisce
di
pensare
con
calma
e
avvedutezza
alle
necessità
pratiche
della
sua
vita
politica
,
a
farsi
degli
amici
fedeli
,
a
costituirsi
un
gruppo
d
'
uomini
sui
quali
contare
al
momento
buono
,
per
farsi
strada
al
potere
,
per
organizzare
una
qualunque
parte
che
gli
creda
,
che
lo
porti
e
lo
difenda
.
Ha
una
bella
parola
nel
64
,
quando
dice
:
"
la
Monarchia
ci
ha
uniti
;
la
Repubblica
ci
dividerebbe
"
.
È
uno
di
quei
motti
realistici
e
realizzatori
che
fanno
onore
all
'
ingegno
non
meno
che
al
carattere
di
un
uomo
.
Non
è
uno
scatto
,
ma
una
confessione
franca
,
un
riconoscimento
esplicito
,
e
insieme
,
un
proposito
.
Ci
si
sente
del
coraggio
,
della
lealtà
,
una
sincerità
e
serietà
schietta
,
quasi
un
rinnovamento
e
ringiovanimento
dell
'
uomo
.
È
l
'
anno
nel
quale
Crispi
scrivendo
agli
amici
di
Sicilia
,
li
ammonisce
:
"
Il
tempo
delle
rivoluzioni
è
finito
"
.
Lui
,
l
'
uomo
della
più
grande
-
e
così
recente
-
rivoluzione
italiana
-
è
ormai
per
un
'
altra
opera
,
per
un
'
altra
necessità
.
Supera
contemporaneamente
Aspromonte
e
Mentana
.
Entra
nella
tradizione
e
pratica
cavouriana
della
libertà
e
del
governo
.
Eppure
,
spogliato
anche
di
queste
che
ormai
erano
ideologie
,
il
fondo
di
ideologo
permane
in
lui
.
Fino
al
76
non
va
al
potere
perché
non
vuol
servire
agli
uomini
di
destra
.
L
'
esempio
di
Cavour
,
che
comincia
con
Balbo
e
con
d
'
Azeglio
,
cioè
comincia
come
può
,
per
giungere
a
Rattazzi
,
cioè
dove
vuole
,
non
gli
dice
nulla
,
non
gli
insegna
nulla
Egli
aveva
l
'
ambizione
dell
'
uomo
di
stato
,
non
aveva
l
'
animo
né
il
metodo
.
Si
direbbe
che
destra
e
sinistra
siano
per
lui
due
realtà
che
si
escludono
a
vicenda
,
quasi
due
antitesi
che
non
ammettono
sintesi
.
O
da
una
parte
o
dall
'
altra
.
Proprio
allora
che
i
partiti
stavano
per
fondersi
e
confondersi
e
si
preparava
l
'
equivoco
della
sinistra
,
Crispi
crede
ancora
alla
profonda
diversità
delle
due
fazioni
,
che
un
genio
come
Cavour
avrebbe
entrambe
dissolte
in
un
'
unità
e
potenza
nuova
e
sovrana
.
E
che
vuol
dire
che
nel
76
,
quando
la
destra
cade
e
va
su
la
sinistra
,
neanche
allora
Crispi
riesce
a
essere
capo
della
sua
parte
;
ma
Depretis
gli
prende
la
mano
,
e
gli
passa
innanzi
e
il
vecchio
combattente
di
sinistra
dovrà
poi
combattere
la
sinistra
,
mentre
avrebbe
potuto
vincere
finalmente
e
sinistra
e
destra
superandole
nell
'
armonia
di
una
situazione
politica
tutta
sua
?
Per
esser
e
detti
grandi
bisogna
anche
in
politica
,
come
in
arte
,
creare
.
In
politica
si
creano
delle
situazioni
.
Quando
Crispi
le
ha
create
?
Egli
si
è
sempre
lamentato
che
le
situazioni
non
esistessero
per
lui
e
prima
di
lui
.
Appunto
,
la
differenza
di
temperamento
,
che
è
poi
differenza
di
classe
,
fra
un
Cavour
e
un
Crispi
noi
possiamo
vederla
nel
diverso
loro
sentimento
parlamentare
.
Cavour
accetta
il
parlamento
e
vuol
governare
con
esso
:
si
capisce
che
sforza
la
situazione
dei
partiti
e
solidifica
la
propria
maggioranza
;
ma
riesce
a
tanto
perché
obbliga
il
parlamento
a
una
grande
creazione
storica
,
e
la
storia
è
mutamento
insieme
e
coerenza
.
Tutto
varia
e
la
variazione
assume
un
significato
e
valore
unico
,
continuo
.
Ma
Crispi
disprezza
il
parlamento
,
ed
è
un
parlamentare
inferiore
a
Depretis
.
Non
domina
neanche
da
vicino
,
non
riesce
a
organizzare
;
non
è
la
mano
abile
che
mette
a
posto
le
cose
dal
di
dentro
a
una
a
una
,
giorno
per
giorno
;
non
è
lo
spirito
animatore
che
soffia
la
nuova
vita
e
impone
la
nuova
legge
dal
di
fuori
,
con
alito
potente
e
fecondo
.
C
'
è
in
Crispi
una
attitudine
scontinua
,
e
sempre
eccessiva
;
una
volontà
imperiosa
e
rilassata
,
un
non
so
che
che
non
dura
,
non
s
'
impone
,
non
scava
;
non
lega
,
non
germina
.
C
'
è
del
meccanico
e
dell
'
inconsulto
nel
suo
modo
di
fare
e
di
agire
.
Lo
si
direbbe
una
ruota
vertiginosa
e
potente
,
che
frulla
troppo
spesso
a
vuoto
,
che
non
ingrana
.
La
gran
macchina
non
riceve
da
lui
che
delle
scosse
brusche
,
mentre
vorrebbe
la
sicurezza
del
moto
lento
e
continuo
.
Di
qui
la
sua
presa
di
potere
tarda
,
la
sua
posizione
instabile
sempre
,
l
'
impossibilità
di
governare
a
lungo
,
di
crearsi
egli
stesso
le
condizioni
favorevoli
,
di
attuare
i
propri
disegni
o
di
politica
esterna
o
di
interna
:
una
rottura
perpetua
di
continuità
,
responsabilità
assunte
da
altri
,
eredità
lasciate
a
mezzo
,
occasioni
di
non
capire
.
e
non
essere
capito
,
il
non
potere
dar
corpo
a
una
creazione
intera
,
solida
,
una
,
i
la
fama
equivoca
sempre
al
paro
della
potenza
,
l
'
alterno
dibattersi
fra
la
lode
e
l
'
insulto
,
fra
la
gloria
e
l
'
infamia
.
Il
suo
destino
,
insomma
.
Ora
,
tutta
la
fortuna
politica
di
Crispi
pende
dalla
sua
psicologia
.
Il
Castellini
ha
avuto
torto
nel
non
dare
ad
essa
il
valore
che
ha
,
nel
non
accettare
l
'
uomo
in
tutta
la
sua
realtà
precisa
.
E
il
compito
non
era
difficile
.
Ci
sono
troppi
fatti
che
si
impongono
da
soli
,
anche
nel
Crispi
eroico
,
nella
mente
dei
mille
,
che
urta
sempre
qualcuno
,
che
si
allontana
e
allontana
,
che
non
diffonde
quella
simpatia
naturale
,
umana
che
facevano
sentire
un
Cavour
un
Mazzini
un
Garibaldi
.
Francesco
Crispi
è
sempre
agitato
,
affaticato
,
e
scorato
più
spesso
che
non
si
vorrebbe
.
Egli
avrà
più
tardi
della
politica
disgusti
così
lunghi
e
pesanti
che
impressionano
.
Lo
stesso
biografo
deve
dire
a
un
punto
ch
'
egli
giungerà
al
potere
"
già
stanco
e
completamente
deluso
"
.
Ma
lo
dice
,
passando
,
senza
pure
accorgersi
della
enormità
di
questa
constatazione
.
Pensate
un
poco
a
dire
una
cosa
simile
di
Cavour
!
Ma
gli
è
che
Crispi
ha
la
carne
più
debole
,
la
fibra
meno
schietta
;
non
era
quell
'
uomo
forte
che
si
vorrebbe
far
credere
.
In
troppe
delle
sue
azione
c
'
è
l
'
angolosità
del
vecchio
,
l
'
acidità
del
deluso
,
la
prepotenza
egoistica
di
chi
ha
del
rancore
contro
la
fortuna
,
e
sente
il
fallimento
di
gran
parte
della
propria
vita
.
Ecco
perché
alla
camera
non
rispetteranno
neanche
la
sua
canizie
.
La
sua
vita
privata
sarà
per
lui
una
cagione
di
affanno
e
di
lotte
;
lo
si
può
assalire
da
tutte
le
parti
,
lo
si
combatte
con
l
'
urlo
,
con
la
contumelia
,
col
disprezzo
.
Egli
non
riesce
a
vincere
,
non
domina
.
Anche
quando
cerca
di
superare
l
'
età
eroica
con
un
giudizio
,
quando
dice
che
l
'
Italia
fu
fatta
troppo
presto
,
per
rendersi
conto
dei
difetti
di
improvvisazione
che
sono
negli
uomini
e
nelle
circostanze
,
egli
stesse
poi
non
sfugge
alla
condanna
,
egli
stesso
è
un
improvvisatore
,
un
uomo
del
passato
,
un
audace
,
un
iniziatore
,
un
ribelle
;
ma
i
suoi
principi
conservatori
,
le
sue
idealità
imperialistiche
sono
altrettante
improvvisazioni
,
sono
atti
d
'
audacia
e
di
ribellione
,
sono
sforzi
di
generosità
e
di
eroismo
;
l
'
Italia
non
li
sente
,
l
'
Italia
non
era
pronta
ad
accettare
quella
nuova
politica
per
la
stessa
ragione
per
la
quale
Crispi
non
era
capace
di
imporla
.
E
non
poteva
imporla
per
una
ragione
semplicissima
:
perché
non
l
'
aveva
.
È
l
'
ora
di
dire
tutta
la
verità
:
Crispi
non
era
un
politico
.
E
non
è
la
nostra
ammirazione
per
Cavour
che
ci
accechi
.
Non
ci
serviamo
del
parallelo
Crispi
-
Cavour
per
esaltare
l
'
uno
e
negare
l
'
altro
.
Ma
è
che
quando
si
è
capito
Cavour
ci
si
è
impadroniti
del
concetto
stesso
dell
'
uomo
di
stato
,
si
possiede
nella
mente
una
forma
,
la
sua
forma
;
e
quando
si
è
capito
Crispi
si
vede
che
questa
forma
esemplare
non
rientra
in
lui
,
non
vale
per
lui
.
Cavour
è
grande
perché
ha
il
genio
,
ma
è
un
politico
perché
ha
il
metodo
.
Crispi
fu
grande
perché
ebbe
ingegno
;
non
fu
politico
perché
non
ebbe
nessun
metodo
.
Noi
non
siamo
francofili
-
e
del
resto
questo
non
conta
-
;
ma
l
'
odio
che
nutrì
Crispi
per
la
Francia
fu
essenzialmente
impolitico
,
non
apparteneva
a
nessuna
concezione
originale
e
stabile
e
completa
della
nostra
politica
.
Era
una
rancura
generosa
,
ma
sterile
in
uno
statista
.
Cavour
odia
l
'
Austria
,
ma
non
l
'
odia
così
.
Starei
quasi
per
dire
che
il
suo
odio
non
conta
.
L
'
Austria
per
lui
diventa
un
problema
:
egli
ne
accetta
tutti
i
termini
per
risolverlo
a
proprio
favore
.
L
'
Austria
gli
serve
,
egli
se
ne
serve
.
Crispi
è
troppo
personale
;
è
troppo
pieno
di
passione
comune
,
troppo
soggettivo
..
Manca
di
una
qualità
suprema
dello
statista
:
l
'
oggettività
.
-
Tunisi
?
Sta
bene
;
ma
Tunisi
è
del
pari
una
offesa
della
Francia
e
una
vergogna
dell
'
Italia
.
È
una
umiliazione
della
Francia
e
un
errore
nostro
da
noi
voluto
.
Bisognava
essere
al
potere
per
non
volere
quell
'
errore
,
per
impedirlo
.
Bisognava
,
una
volta
avvenuto
,
cavare
da
esso
l
'
occasione
per
rovesciare
la
parte
di
coloro
che
l
'
avevano
permesso
;
bisognava
,
appunto
sentirlo
non
a
parole
ma
di
fatto
come
una
negazione
di
italianità
:
e
di
fronte
a
quella
negazione
bisognava
afferrare
e
creare
la
nuova
realtà
e
necessità
nazionale
.
Cavour
avrebbe
fatto
così
.
Cavour
non
era
al
potere
al
tempo
di
Novara
;
disse
poi
che
se
fosse
stato
al
potere
non
si
sarebbe
giunti
a
Novara
;
il
fatto
è
che
giunto
al
potere
si
servì
di
quella
esperienza
,
si
fece
un
programma
sulla
base
del
risorgimento
da
quella
caduta
.
E
ci
dava
la
spedizione
di
Crimea
,
la
partecipazione
al
Congresso
di
Parigi
,
l
'
alleanza
con
la
Francia
,
la
guerra
del
59
.
-
-
Che
cosa
ci
dà
Crispi
?
Dopo
Tunisi
,
vergogna
di
altri
,
Crispi
ci
dà
il
fenomeno
Baratieri
,
questo
generale
che
sotto
il
suo
governo
viene
a
Roma
e
si
enebria
di
acclamazioni
e
di
champagne
;
e
volere
o
non
,
sotto
Crispi
si
giunge
ad
Adua
.
-
Fortuna
?
disgrazia
?
Parole
vane
.
Baratieri
e
Adua
sotto
il
governo
di
Crispi
sono
due
realtà
.
Sono
la
politica
.
Sono
,
purtroppo
,
qualche
cosa
di
più
:
la
storia
.
Di
fronte
alla
quale
,
così
terribile
,
il
Castellini
sente
il
bisogno
di
ripararsi
dietro
le
trincee
di
una
distinzione
che
regge
quanto
uno
schermo
di
carta
.
E
dice
:
ma
il
dramma
di
Crispi
è
proprio
questo
:
ch
'
egli
non
fu
capito
dai
suoi
contemporanei
e
non
fu
appoggiato
da
loro
.
Se
lo
avessero
capito
lo
avrebbero
aiutato
,
non
l
'
avrebbero
maledetto
.
Sofisma
.
Ma
quando
Cavour
fece
la
spedizione
di
Crimea
,
la
nazione
,
il
popolo
,
allora
non
lo
capirono
.
E
Cavour
la
fece
lo
stesso
;
perché
capiva
lui
,
perché
prevedeva
lui
.
E
il
popolo
capì
molto
dopo
,
ma
capì
,
finalmente
.
Ora
l
'
Italia
non
capì
Crispi
perché
Crispi
non
aveva
in
antecedenza
capito
l
'
Italia
:
Crispi
era
generoso
,
ma
era
anche
megalomane
;
non
conosceva
il
paese
;
non
sentiva
come
si
vorrebbe
far
credere
,
i
tempi
nuovi
.
Per
esempio
non
capì
nulla
del
socialismo
.
E
pure
il
socialismo
era
il
principio
di
una
realtà
con
la
quale
occorreva
assolutamente
fare
i
conti
,
alla
quale
bisognava
far
fronte
,
che
si
doveva
accettare
politicamente
,
che
non
si
poteva
né
sopprimere
né
soffocare
,
perché
era
una
evoluzione
,
una
novità
della
vita
sociale
,
un
segno
dei
tempi
,
una
nuova
anima
dei
tempi
.
Quando
Crispi
vi
dice
:
è
finito
il
tempo
delle
rivoluzioni
,
ha
ragione
se
intende
la
rivoluzione
borghese
,
la
rivoluzione
per
i
principî
,
la
rivoluzione
ideologica
;
ma
questo
è
il
massimo
sforzo
ch
'
egli
fa
,
non
giunge
,
non
può
giungere
ad
ammettere
che
si
prepari
un
'
altra
rivoluzione
d
'
ordine
sociale
,
economico
,
che
non
viene
dal
Risorgimento
,
ma
nasce
dopo
il
Risorgimento
,
e
avrà
altre
parole
,
altra
fede
.
Quale
è
l
'
opera
sociale
di
Crispi
?
Perché
il
Castellini
non
ce
la
illustra
?
Ma
perché
è
povera
,
perché
non
è
l
'
opera
di
un
grande
,
di
un
precursore
.
Vedete
anche
una
volta
come
il
paragone
di
Crispi
con
Cavour
non
regga
:
Cavour
ha
un
'
opera
sociale
mirabile
,
miracolosa
,
che
ha
un
'
unità
,
una
complessità
,
un
seguito
storico
di
prim
'
ordine
.
Crispi
non
regge
al
rapporto
più
approssimativo
e
benevolo
.
La
sua
politica
sociale
fu
ben
poca
cosa
,
quando
non
fu
errore
e
fallimento
.
E
torniamo
così
al
punto
dal
quale
siamo
mossi
,
cioè
al
difetto
in
Crispi
di
una
visione
armonica
e
piena
della
realtà
italiana
,
della
vita
nazionale
,
politica
e
economica
e
sociale
;
al
suo
fare
spezzato
e
scontinuo
,
saltuario
e
smodato
,
senza
unità
,
senza
organicità
,
senza
metodo
,
opportunità
e
misura
.
Questa
è
la
verità
vera
di
Crispi
;
la
sua
essenza
;
un
vuoto
arido
nel
centro
di
un
terreno
duro
e
a
tratti
rifiorente
di
vegetazione
magnifica
e
lussuosa
:
un
pezzo
della
sua
Sicilia
vulcanica
e
inghirlandata
,
affocata
e
fiorita
,
devastata
e
ridente
,
saporosa
e
fruttuosa
;
mentre
Cavour
ridesta
l
'
immagine
della
fertile
vallata
padana
,
dell
'
humus
secolare
dolce
e
profondo
,
ricco
,
inesausto
,
e
del
placido
e
enorme
fluire
del
gran
fiume
,
che
cammina
queto
tra
le
fertili
sponde
e
dilaga
a
tratti
impetuoso
,
mareggiante
nelle
molte
vicissitudini
del
cammino
e
del
tempo
;
ma
cammina
e
giunge
.
Sono
due
umanità
profondamente
diverse
.
L
'
esempio
del
politico
vero
,
per
noi
è
in
uno
soltanto
.
Tutto
il
resto
è
biografia
,
è
riconoscimento
di
meriti
;
è
ricordo
delle
mestizie
e
miserie
dei
tempi
,
è
dolore
risentito
e
vissuto
;
è
sempre
-
intendiamoci
-
storia
e
vita
del
nostro
paese
e
però
sacra
;
ma
,
insomma
,
quell
'
ideale
di
grandezza
,
quell
'
ammonimento
quasi
di
gloria
,
quella
intenzione
,
pur
nobile
,
di
revisione
di
giudizi
,
io
,
in
Crispi
e
nei
crispini
novissimi
,
non
la
sento
e
non
la
giustifico
.
E
confermato
dall
'
esperienza
di
queste
pagine
,
séguito
a
credere
che
,
in
genere
,
le
fame
politiche
non
si
riabilitano
,
come
le
fame
poetiche
,
a
distanza
di
un
lustro
.