Saggistica ,
A
MIA
SORELLA
EMMA
CASTELLINI
SIGHELE
.
Questa
,
ch
'
io
ti
offro
,
è
la
frammentaria
relazione
di
un
vagabondaggio
intellettuale
attraverso
un
territorio
psicologico
molto
studiato
e
sempre
poco
conosciuto
.
Tu
sai
che
la
parte
migliore
di
me
è
in
quei
libri
coi
quali
ho
voluto
servire
la
scienza
in
cui
credo
,
è
in
quella
propaganda
patriottica
con
la
quale
ho
voluto
difendere
la
mia
terra
irredenta
che
amo
.
Al
di
fuori
di
questa
fede
e
di
questo
amore
,
io
guardo
il
mondo
con
la
tranquilla
serenità
di
un
modesto
studioso
che
non
ambisce
dir
cose
nuove
,
ma
desidera
soltanto
osservare
.
Queste
mie
pagine
sono
il
frutto
di
un
'
osservazione
obbiettiva
:
raccolgono
,
commentano
,
criticano
quello
che
gli
altri
hanno
detto
:
sono
ricami
intessuti
coll
'
ago
dell
'
improvvisazione
su
un
tema
che
oggi
interessa
:
sono
brevi
fuochi
d
'
artificio
con
cui
ho
tentato
illuminare
fugacemente
una
questione
molto
complessa
e
molto
confusa
.
Pure
,
in
queste
pagine
è
un
sentimento
che
le
rende
forse
non
indegne
di
essere
dedicate
a
te
.
Il
libro
è
in
alcune
parti
ardito
,
ma
il
suo
scopo
è
profondamente
morale
.
Tu
vi
troverai
,
a
volte
,
un
'
eccessiva
semplicità
,
a
volte
un
po
'
d
'
ironia
.
L
'
una
e
l
'
altra
non
sono
che
la
paura
di
dar
troppa
importanza
al
mio
pensiero
.
Ma
tu
vi
troverai
,
anche
,
la
convinzione
sincera
che
il
maggiore
e
migliore
ideale
della
donna
si
realizza
nella
sua
missione
di
madre
.
Per
me
è
vangelo
la
parola
di
Nietzsche
:
la
donna
è
un
enigma
la
cui
soluzione
si
chiama
maternità
.
E
per
questo
a
te
-
che
della
missione
di
madre
hai
inteso
modernamente
tutti
i
doveri
e
godi
oggi
meritamente
tutti
gli
orgogli
-
per
questo
a
te
ho
voluto
dedicare
il
mio
libro
,
come
un
atto
di
riconoscenza
d
'
affetto
e
d
'
ammirazione
.
S
.
S
.
Firenze
,
marzo
1910
.
Una
sola
morale
per
i
due
sessi
.
-
"
On
peut
prédire
à
coup
sûr
que
la
morale
de
demain
sera
ce
que
seront
les
convictions
de
demain
relativement
à
l
'
importance
,
à
la
nature
,
à
la
signification
des
rapports
sexuels
.
"
-
GABRIEL
TARDE
.
Un
destino
ironico
vuole
che
i
grandi
uomini
creino
dei
discepoli
piuttosto
per
esagerare
e
deformare
le
loro
idee
paradossali
anziché
per
seguire
e
diffondere
ciò
che
vi
è
di
umanamente
bello
e
nobile
nelle
loro
teorie
.
Tolstoi
che
è
insuperabile
artista
e
mediocre
filosofo
,
ha
visto
sorgere
troppi
seguaci
della
sua
filosofia
e
troppo
pochi
imitatori
della
sua
arte
.
E
delle
sue
dottrine
filosofiche
,
che
risentono
tutte
l
'
assolutismo
del
solitario
e
peccano
tutte
per
l
'
inapplicabilità
d
'
una
psicologia
d
'
eccezione
,
quella
che
ha
avuto
,
anni
or
sono
,
più
largo
onore
di
discussione
e
anche
il
successo
di
un
assentimento
verbale
,
è
stata
la
teoria
dell
'
amore
.
Una
teoria
negativa
,
che
si
è
diffusa
nel
mondo
per
mezzo
di
quel
delizioso
racconto
inverosimile
che
è
la
Sonata
a
Kreutzer
.
Per
Tolstoi
l
'
amore
nella
sua
significazione
fisiologica
di
atto
che
obbedisce
all
'
istinto
è
vizio
e
lussuria
;
e
da
perfetto
asceta
egli
sacrifica
volentieri
la
perpetuità
della
specie
a
questa
perpetuità
del
male
.
L
'
intelligenza
ottusa
degli
uomini
normali
credeva
ingenuamente
che
il
consiglio
di
Tolstoi
non
sarebbe
stato
accolto
.
A
rigore
di
logica
,
non
si
poteva
ammettere
che
l
'
ideale
dell
'
umanità
consistesse
nella
negazione
dell
'
amore
e
quindi
nella
soppressione
dell
'
umanità
.
Ma
la
logica
non
è
forse
che
un
'
opinione
....
come
l
'
aritmetica
,
e
a
combattere
contro
di
essa
pullularono
i
discepoli
tolstoiani
.
L
'
inno
alla
castità
fu
cantato
su
tutti
i
toni
da
un
coro
di
imitatori
;
e
non
soltanto
l
'
inno
alla
castità
relativa
come
vuole
la
morale
cristiana
,
ma
l
'
inno
alla
castità
assoluta
come
pretende
il
gran
sacerdote
di
Jasnaja
Poljana
.
Nell
'
ultimo
capitolo
della
Femme
inquiète
di
Jules
Bois
si
legge
questa
pagina
ove
è
simbolizzata
la
"
coppia
futura
"
la
coppia
platonica
che
rispecchia
il
divino
ma
inutile
amore
secondo
lo
sterile
vangelo
di
Tolstoi
:
-
"
...
Il
secolo
stava
per
finire
.
Noi
eravamo
diventati
i
discepoli
di
Isaja
che
era
il
Messia
della
religione
suprema
.
Un
giorno
il
maestro
mi
disse
:
-
Io
ho
molto
amato
,
ma
i
miei
amori
mi
avevano
lasciato
un
senso
di
disgusto
....
Finalmente
incontrai
colei
che
doveva
decidere
del
mio
destino
e
mutare
la
mia
esistenza
.
Ella
era
vergine
.
Io
ero
sorpreso
del
rispetto
che
mi
ispirava
.
Una
sera
tuttavia
ho
creduto
che
la
mia
passione
sarebbe
stata
più
forte
del
mio
rispetto
.
Ed
ella
che
mi
vedeva
pallido
e
tremante
e
mi
comprendeva
,
appoggiandomi
la
testa
sulla
spalla
mi
disse
:
-
Voi
me
lo
avete
confessato
:
le
coppe
ove
avete
bevuto
non
vi
hanno
mai
soddisfatto
:
perché
ricominciare
un
'
esperienza
vana
?
fra
qualche
istante
voi
non
avrete
più
ideali
ma
soltanto
un
'
amante
di
più
.
Noi
abbiamo
un
gesto
più
splendido
a
compiere
sulla
terra
.
-
Ed
io
la
ho
ascoltata
,
soggiunse
Isaja
,
ed
ora
dopo
molti
anni
sento
che
essa
mi
guidò
sulla
via
perfetta
.
Le
parole
del
maestro
,
malgrado
la
rivolta
della
carne
,
mi
parvero
la
verità
,
ed
io
compresi
che
non
valeva
la
pena
di
vivere
se
non
si
sorpassava
la
vita
"
.
Il
gesto
splendido
che
Isaja
e
la
vergine
avevano
da
compiere
sulla
terra
e
che
hanno
compiuto
,
era
di
rimanere
amici
anziché
diventare
amanti
:
e
a
questo
gesto
splendido
Jules
Bois
concede
la
sua
incondizionata
ammirazione
.
Ma
crede
veramente
Jules
Bois
a
quello
che
scrive
,
o
la
sua
non
è
che
un
'
ammirazione
....
letteraria
,
subito
sconfessata
appena
egli
è
costretto
a
rispondere
alla
facile
obbiezione
che
la
sua
teoria
,
anziché
elevare
l
'
amore
,
lo
annulla
e
sopprime
l
'
umanità
?
Un
giorno
egli
mi
scriveva
:
-
"
Voi
vi
siete
un
poco
sorpreso
di
vedermi
celebrare
la
castità
assoluta
.
Io
credo
veramente
che
vi
sia
una
castità
superiore
,
completa
,
tanto
per
l
'
uomo
che
per
la
donna
,
ma
mi
guarderei
bene
dall
'
indicarla
come
esempio
alle
moltitudini
.
È
un
'
idea
personale
che
io
non
mi
permetterei
di
imporre
a
nessuno
.
Io
predico
soltanto
la
castità
relativa
.
Ma
il
profeta
,
colui
che
,
sacerdote
d
'
una
religione
,
trova
le
verità
geniali
per
mezzo
delle
quali
il
mondo
di
secolo
in
secolo
è
esaltato
e
trasfigurato
,
colui
deve
secondo
me
essere
sempre
casto
.
Gesù
e
Buddha
vissero
nella
purità
assoluta
.
Giovanna
d
'
Arco
non
ebbe
le
sue
visioni
che
perché
il
suo
cuore
e
il
suo
corpo
restarono
intatti
.
Sono
delle
eccezioni
così
rare
e
così
venerabili
che
la
loro
imitazione
non
mi
sembra
pericolosa
,
sopratutto
presso
di
noi
che
dobbiamo
temere
l
'
eccesso
opposto
.
Amiamo
e
riveriamo
questi
genii
incomparabili
.
I
fanali
delle
strade
non
ci
bastano
:
noi
abbiamo
bisogno
anche
di
guardare
le
stelle
"
.
Interpretata
e
modificata
così
,
la
dottrina
della
castità
comincia
ad
apparir
meno
assurda
:
dalle
nebbie
del
misticismo
si
scende
sul
terreno
pratico
della
realtà
,
e
si
confessa
che
il
precetto
assoluto
è
messo
innanzi
soltanto
perché
abbia
delle
applicazioni
relative
.
Non
altrimenti
la
nostra
psicologia
dell
'
educazione
crede
di
dover
porre
innanzi
ai
giovani
gli
esempii
di
virtù
rare
ed
eroiche
perché
essi
,
imitandole
da
lontano
,
sappiano
diventare
,
se
non
degli
eroi
,
almeno
dei
galantuomini
.
Si
domanda
mille
per
esser
certi
di
ottener
cento
.
È
la
tattica
di
tutti
i
propagandisti
.
E
si
ritorna
così
,
senza
saperlo
o
senza
volerlo
confessare
,
alla
dottrina
cristiana
,
la
quale
pur
riconoscendo
la
verginità
come
lo
stato
perfetto
,
riconosce
tuttavia
e
benedice
anche
il
matrimonio
.
La
castità
assoluta
rimane
cioè
l
'
ideale
cui
tutti
dovrebbero
tendere
,
ma
che
a
pochi
è
dato
raggiungere
.
Vi
è
però
fra
questi
moderni
predicatori
di
castità
e
l
'
antico
precetto
della
religione
cattolica
,
una
differenza
di
metodo
e
di
scopo
.
La
castità
religiosa
,
cioè
monacale
,
era
incompleta
e
socialmente
dannosa
perché
la
castità
obbligatoria
è
una
diminuzione
di
energia
e
un
avvilimento
.
Invece
,
la
castità
quale
è
voluta
dai
riformatori
moderni
alla
Jules
Bois
,
la
castità
volontaria
e
"
dosata
"
può
essere
socialmente
utile
perché
è
innegabilmente
un
aumento
di
forza
per
l
'
individuo
e
una
prova
ch
'
egli
sa
comandare
all
'
istinto
.
La
religione
aveva
posto
in
contrasto
quasi
fossero
due
termini
irreducibili
la
castità
e
l
'
amore
:
la
verginità
da
una
parte
,
il
peccato
dall
'
altra
.
Oggi
si
corregge
questo
assolutismo
e
non
si
vogliono
mantener
distinte
le
due
categorie
di
vergini
e
di
peccatori
:
oggi
Jules
Bois
dice
:
bisogna
unire
la
castità
e
l
'
amore
,
bisogna
cioè
realizzare
l
'
amore
casto
,
l
'
amore
psichico
,
nel
quale
l
'
unione
non
sia
la
conseguenza
d
'
un
desiderio
o
d
'
un
interesse
,
ma
lo
svolgersi
d
'
un
sentimento
delicato
e
puro
.
Come
realizzarlo
?
*
Prima
di
rispondere
a
questa
domanda
,
constatiamo
che
i
seguaci
di
Tolstoi
,
partiti
dall
'
aberrazione
del
maestro
,
sono
arrivati
all
'
affermazione
di
una
regola
morale
ed
igienica
molto
semplice
alla
quale
tutti
potrebbero
sottoscrivere
.
Per
attirar
l
'
attenzione
intorno
a
sé
hanno
spiegata
al
sole
la
bandiera
della
castità
assoluta
,
confidando
di
radunar
la
folla
curiosa
intorno
a
questa
insegna
mattoide
,
e
poi
,
ripiegando
a
poco
a
poco
sotto
la
grandine
del
ridicolo
,
hanno
finito
collo
sventolare
soltanto
il
pallido
labaro
della
castità
relativa
.
Per
far
questo
,
non
occorreva
atteggiarsi
a
discepoli
di
Tolstoi
,
e
nemmeno
pretendere
di
essere
dei
novatori
.
Bastava
ascoltare
quello
che
consigliano
i
medici
o
,
ancor
più
modestamente
,
quello
che
insegnano
il
senso
comune
e
il
senso
morale
.
La
castità
relativa
è
per
un
popolo
come
per
un
individuo
una
condizione
di
superiorità
.
Per
l
'
individuo
è
l
'
indice
di
un
self
control
,
di
una
padronanza
su
sé
stesso
che
gli
permetterà
di
esercitare
in
tanti
campi
più
utili
quell
'
energia
che
altri
spreca
unicamente
nel
piacere
.
Per
un
popolo
è
la
ragione
della
sua
forza
conquistatrice
e
civilizzatrice
nel
mondo
.
La
superiorità
di
espansione
d
'
una
razza
è
dovuta
in
gran
parte
alla
sua
salute
fisica
:
un
popolo
fiacco
per
eccessi
sensuali
può
avere
soltanto
una
civiltà
che
non
dura
.
Queste
sono
,
ormai
,
verità
che
corron
le
strade
;
e
si
capisce
e
si
perdona
che
le
ripetano
i
francesi
i
quali
,
vedendo
che
il
loro
paese
muore
per
la
continua
diminuzione
di
nascite
,
e
attribuendo
giustamente
questo
pauroso
fenomeno
all
'
immoralità
dei
loro
costumi
sessuali
,
cercano
di
ricondurre
la
linfa
nell
'
albero
inaridito
della
loro
razza
predicando
dai
libri
e
dai
giornali
una
castità
relativa
che
nessuno
sa
o
può
mettere
in
pratica
.
Sono
dei
moribondi
che
chiedono
ossigeno
.
Di
fronte
a
una
generazione
di
nevrastenici
e
di
degenerati
che
non
sanno
più
la
via
dell
'
amore
fecondo
e
si
perdono
nei
viottoli
della
lussuria
o
prudentemente
adoperano
le
pratiche
malthusiane
,
è
legittima
nei
francesi
la
reazione
che
consiglia
e
invoca
quella
castità
relativa
che
darà
all
'
unione
fra
uomo
e
donna
non
solo
un
valore
psicologicamente
più
alto
,
ma
anche
una
conseguenza
socialmente
più
utile
,
e
creerà
delle
famiglie
ove
il
figlio
non
è
l
'
accidente
imprevisto
e
rimpianto
,
ma
il
simbolo
vivo
,
il
fiore
umano
,
lo
scopo
ultimo
cui
tende
e
in
cui
si
nobilita
la
passione
d
'
amore
.
A
realizzare
praticamente
questo
ideale
,
Jules
Bois
non
vede
che
un
mezzo
.
Poiché
,
secondo
lui
,
in
questa
crisi
di
immoralità
la
colpa
è
tutta
o
quasi
tutta
dell
'
uomo
al
quale
la
società
permette
e
perdona
una
troppo
libera
condotta
sessuale
che
non
permette
e
non
perdona
alla
donna
,
noi
dobbiamo
esigere
dal
maschio
quella
stessa
castità
relativa
che
noi
esigiamo
dalla
femmina
,
e
,
modificando
i
nostri
costumi
,
inaugurare
una
sola
morale
per
i
due
sessi
.
Al
giovane
non
deve
essere
lecito
ciò
che
non
è
lecito
alla
fanciulla
:
l
'
uomo
deve
arrivare
al
matrimonio
nello
stesso
stato
di
purezza
nel
quale
vi
arriva
,
normalmente
,
una
ragazza
.
Lasciando
da
parte
-
per
ora
-
l
'
ingenuità
di
questa
tesi
,
riconosciamo
che
essa
porta
all
'
ultimo
limite
quel
desiderio
assurdo
di
perfetta
eguaglianza
fra
i
due
sessi
che
è
nel
programma
del
feminismo
.
Jules
Bois
osa
attaccare
il
monopolio
dell
'
uomo
,
come
lo
chiamava
Anna
Kuliscioff
,
in
ciò
che
ha
o
crede
d
'
avere
di
più
sicuro
e
di
più
legittimo
:
un
diritto
di
moralità
sessuale
diverso
dalla
donna
.
Jules
Bois
vuole
che
la
morale
per
i
due
sessi
sia
unica
.
Vuole
che
non
solo
le
leggi
scritte
ma
anche
le
leggi
morali
parifichino
dinnanzi
al
tribunale
della
pubblica
opinione
l
'
uomo
e
la
donna
.
Ed
egli
fa
questa
non
nuova
,
ma
lucida
osservazione
:
oggi
le
colpe
amorose
sono
per
la
donna
quasi
un
marchio
d
'
infamia
,
per
l
'
uomo
quasi
un
titolo
di
gloria
.
Se
una
donna
ha
un
amante
,
essa
è
punita
col
disprezzo
gesuiticamente
verbale
di
tutti
coloro
che
la
conoscono
:
se
un
uomo
ha
un
'
amante
,
egli
non
è
punito
che
dalla
tacita
invidia
degli
altri
uomini
.
Se
una
fanciulla
diventa
madre
e
si
consacra
nobilmente
e
coraggiosamente
al
suo
bambino
,
la
sua
azione
sembra
una
sfida
e
un
insulto
alla
moralità
:
se
un
uomo
tiene
con
sé
un
figlio
naturale
,
tutti
esclamano
in
coro
:
quale
generosità
!
che
nobiltà
d
'
animo
!
Questi
diversi
giudizii
sono
per
il
Bois
un
'
ingiustizia
e
un
'
illogicità
.
Ogni
adulterio
per
compiersi
,
ogni
bambino
per
nascere
hanno
bisogno
non
soltanto
d
'
una
donna
ma
anche
d
'
un
uomo
(
il
signor
de
la
Palisse
ne
converrebbe
anche
lui
!
)
:
quindi
si
dia
la
stessa
pena
o
lo
stesso
elogio
a
entrambi
i
complici
necessarii
di
quel
delitto
o
di
....
quella
buona
azione
.
C
'
è
molta
onestà
in
questi
principii
,
ma
c
'
è
anche
troppo
semplicismo
.
V
'
è
l
'
illusione
di
ridurre
il
tumulto
della
vita
all
'
aridità
semplice
di
un
'
equazione
.
V
'
è
l
'
ingenuità
di
poter
tagliare
coll
'
arma
rigida
della
logica
i
nodi
gordiani
della
sociologia
che
solo
un
duttile
bisturi
psicologico
può
sciogliere
.
La
vita
non
è
un
'
aritmetica
dove
due
e
due
fanno
sempre
quattro
:
è
piuttosto
una
chimica
dove
la
riunione
di
diversi
elementi
può
condurre
a
quei
risultati
imprevisti
che
si
chiamano
combinazioni
e
precipitati
.
La
morale
,
e
sopratutto
la
morale
dell
'
amore
,
vive
di
contraddizioni
.
E
non
si
possono
,
non
si
debbono
applicare
ai
rapporti
sessuali
le
stesse
leggi
che
si
applicano
ad
altri
rapporti
sociali
.
Vedete
,
per
esempio
:
l
'
uomo
che
riconosce
suo
preciso
dovere
avvertire
un
altro
che
un
biglietto
di
banca
cade
dal
suo
portafoglio
,
giudicherà
una
bassezza
avvertirlo
che
qualcuno
gli
ruba
la
moglie
.
Così
,
noi
possiamo
essere
d
'
accordo
con
Jules
Bois
(
e
come
del
resto
non
esserlo
?
)
che
per
ottenere
una
colpa
sessuale
(
come
egli
la
chiama
)
occorre
un
uomo
e
una
donna
:
ma
noi
sorrideremo
della
sua
logica
ingenua
che
vuole
identica
la
responsabilità
dell
'
uno
e
dell
'
altra
.
Sono
forse
sempre
identiche
le
conseguenze
della
colpa
dell
'
uno
e
quelle
della
colpa
dell
'
altra
?
E
si
può
seriamente
pretendere
che
un
giovanotto
si
mantenga
così
platonico
nei
suoi
amori
come
si
mantiene
,
o
si
dovrebbe
mantenere
,
una
signorina
?
O
si
dimentica
,
o
si
vuole
appositamente
dimenticare
che
l
'
istinto
sessuale
è
nell
'
uomo
assai
più
forte
che
nella
donna
?
Uno
psicologo
arguto
ha
detto
che
come
non
v
'
è
equivalenza
fra
l
'
adulterio
della
moglie
e
quello
del
marito
,
così
non
v
'
è
equivalenza
fra
il
peccato
d
'
amore
d
'
una
fanciulla
e
quello
d
'
un
giovane
.
Se
ad
ogni
costo
si
volesse
stabilir
questa
equivalenza
,
essa
non
potrebbe
stabilirsi
che
fra
la
completa
infedeltà
,
il
peccato
consumato
dall
'
uomo
,
e
la
semplice
coquetteriedella
donna
.
L
'
istinto
che
nell
'
uomo
si
manifesta
in
modo
attivo
,
si
traduce
nella
donna
in
una
coquetteriepassiva
.
Un
uomo
che
prova
,
e
soddisfa
,
un
vivo
e
breve
desiderio
per
una
donna
che
egli
ha
incontrato
in
una
via
o
in
un
salotto
,
non
commette
un
'
infrazione
più
grave
della
donna
che
accoglie
o
incoraggia
presso
un
adoratore
l
'
espressione
del
suo
amore
.
Ma
Jules
Bois
non
tien
conto
né
di
quelle
mie
domande
né
di
questa
osservazione
:
egli
astrae
dalla
vita
e
da
ogni
dato
della
fisiologia
e
della
psicologia
:
egli
si
limita
ad
enunciare
degli
aforismi
:
la
colpa
non
conosce
sesso
,
non
vi
è
un
peccato
esclusivamente
femminile
,
e
lancia
i
fulmini
della
sua
eloquenza
predicatoria
contro
l
'
egoismo
maschile
che
,
per
soddisfare
le
sue
passioni
o
i
suoi
capricci
,
deprava
le
mogli
e
perverte
la
sua
anima
al
contatto
delle
cortigiane
.
Per
lui
,
il
tipo
ideale
dell
'
uomo
è
rappresentato
da
quel
suo
amico
di
cui
cita
la
franca
confessione
:
-
Je
me
suis
marié
jeune
avec
une
femme
qui
fut
pour
moi
la
première
révélation
de
l
'
amour
:
et
je
vous
avoue
que
je
ne
m
'
en
repens
pas
.
-
Io
non
dirò
,
come
molti
direbbero
,
che
questo
tipo
ideale
è
molto
ridicolo
:
io
dico
soltanto
che
è
molto
raro
e
che
le
teorie
non
si
possono
costruire
sulle
eccezioni
.
Per
il
Bois
,
come
per
la
Chiesa
cattolica
,
l
'
unione
tra
uomo
e
donna
non
dovrebbe
dunque
avvenire
altro
che
....
dopo
la
celebrazione
del
matrimonio
.
E
gli
scapoli
?
Dovrebbero
far
voto
di
castità
e
mantenerlo
?
Che
la
religione
professi
di
queste
dottrine
,
non
è
più
il
caso
di
meravigliarsi
:
ma
che
seriamente
le
professi
un
letterato
geniale
è
inverosimile
.
Noi
credevamo
che
tale
propaganda
fosse
riserbata
a
quei
giovinetti
pallidi
e
solitarii
che
,
nei
congressi
per
la
moralità
,
s
'
illudono
di
riformare
un
mondo
che
non
conoscono
.
Sarà
bene
ripeterci
per
non
essere
fraintesi
:
è
fuori
di
dubbio
che
la
vita
viziosa
di
molti
giovani
merita
il
disprezzo
di
tutti
.
Ma
dovremmo
concludere
per
questo
,
come
conclude
il
Bois
,
che
l
'
uomo
debba
rimaner
sempre
puro
?
Le
esagerazioni
uccidono
la
teoria
che
vorrebbero
sostenere
.
Carpenter
ha
detto
:
l
'
ascetismo
non
è
uno
scopo
ma
un
esercizio
.
Spieghiamo
meglio
la
frase
e
diciamo
apertamente
:
la
castità
non
è
uno
scopo
ma
un
esercizio
.
Noi
dobbiamo
praticarla
come
un
'
igiene
del
corpo
e
dell
'
anima
,
senza
assolutismi
che
comprimendo
l
'
istinto
danneggierebbero
la
salute
:
in
altre
parole
,
noi
dovremmo
fare
dell
'
amore
,
non
il
vermut
o
l
'
assenzio
che
gli
alcoolisti
prendono
troppo
spesso
,
ma
il
vino
generoso
che
gli
uomini
sani
bevono
regolarmente
.
Jules
Bois
pretende
addirittura
che
gli
uomini
siano
astemii
;
e
la
sua
domanda
che
sorpassa
ogni
limite
ragionevole
non
può
che
ottenere
un
effetto
contrario
a
quello
voluto
.
*
A
dir
vero
,
la
dottrina
del
Bois
fu
ripresa
ed
esagerata
or
non
è
molto
in
Germania
da
Otto
Weininger
ma
in
Francia
ha
suscitato
,
tra
i
feministi
,
anziché
discepoli
,
un
forte
movimento
di
reazione
.
Il
principio
che
Jules
Bois
ha
posto
a
base
della
sua
teoria
-
una
sola
morale
per
i
due
sessi
-
rimane
identico
.
Soltanto
,
se
ne
capovolgono
le
applicazioni
.
E
invece
di
pretendere
dal
maschio
quella
castità
relativa
e
temporanea
che
i
nostri
costumi
esigono
dalle
fanciulle
,
si
propone
di
estendere
a
queste
la
libertà
sessuale
che
oggi
i
costumi
accordano
al
maschio
.
L
'
araldo
di
tale
dottrina
audace
,
il
feminista
che
scende
in
campo
per
offrire
e
consigliare
alle
vergini
quelle
numerose
ma
brevi
avventure
d
'
amore
che
oggi
,
prima
del
matrimonio
,
sono
un
privilegio
dei
giovani
,
è
Leone
Blum
il
quale
ha
dedicato
un
grosso
libro
e
innegabilmente
un
bel
libro
alla
dimostrazione
della
sua
tesi
.
Leone
Blum
non
ha
,
si
capisce
,
né
gli
scrupoli
sentimentali
di
Jules
Bois
,
né
le
pretensioni
moralizzatrici
di
Tolstoi
.
Egli
non
si
chiede
ciò
che
sia
bene
e
ciò
che
sia
male
da
un
punto
di
vista
assoluto
.
Egli
non
è
un
idealista
ma
semplicemente
un
osservatore
.
E
osservando
la
nostra
vita
sessuale
-
la
quale
legalmente
si
impernia
sul
matrimonio
-
s
'
è
accorto
(
cosa
non
difficile
)
che
la
felicità
vi
è
rara
e
fortuita
,
e
per
renderla
meno
rara
e
meno
fortuita
ha
proposto
un
suo
sistema
che
ora
discuteremo
.
In
lui
non
è
alcun
pessimismo
alla
Schopenhauer
che
par
maledica
ai
bassi
istinti
che
perpetuano
il
mondo
:
in
lui
non
è
che
il
desiderio
di
coordinare
e
per
così
dire
incanalar
questi
istinti
in
modo
che
ne
risulti
una
maggior
somma
di
felicità
per
l
'
uomo
e
per
la
donna
.
Egli
dice
:
"
né
la
monogamia
(
matrimonio
)
né
la
poligamia
(
unione
libera
)
sciolgono
in
modo
soddisfacente
e
completo
il
problema
della
relazione
fra
i
sessi
.
Non
si
può
affermare
né
per
il
maschio
né
per
la
femmina
che
la
monogamia
o
la
poligamia
costituiscano
la
legge
naturale
e
unica
dei
loro
rapporti
.
L
'
uomo
e
la
donna
sono
,
prima
,
poligami
e
poi
,
nella
gran
maggioranza
dei
casi
,
arrivati
a
una
certa
età
e
a
un
certo
grado
del
loro
sviluppo
,
tendono
verso
la
monogamia
.
Le
unioni
precarie
corrispondono
al
primo
stadio
:
il
matrimonio
è
la
forma
naturale
del
secondo
.
Io
propongo
che
l
'
uomo
e
la
donna
si
sposino
solo
quando
si
sentono
disposti
al
matrimonio
,
quando
cioè
il
desiderio
dei
mutamenti
e
dell
'
avventura
si
è
affievolito
per
lasciar
sorgere
il
desiderio
della
fedeltà
,
dell
'
unione
placida
,
del
riposo
sentimentale
"
.
Era
già
stato
osservato
che
uno
dei
difetti
del
matrimonio
,
forse
il
difetto
massimo
,
è
quello
di
unire
un
uomo
che
ha
vissuto
,
un
uomo
cioè
già
arrivato
a
quello
che
il
Blum
chiama
lo
stadio
monogamico
,
con
una
donna
ancora
nuova
fisiologicamente
e
psicologicamente
.
I
moralisti
si
illudevano
di
rimediare
a
questo
difetto
pretendendo
come
Jules
Bois
che
anche
l
'
uomo
fosse
nuovo
al
momento
del
matrimonio
.
Leone
Blum
,
meno
ingenuo
,
non
crede
possibile
realizzare
l
'
unione
di
queste
due
verginità
,
e
per
evitare
lo
squilibrio
fisico
che
secondo
lui
fatalmente
deriva
dall
'
unire
un
uomo
a
una
vergine
,
propone
che
anche
la
donna
entri
nel
matrimonio
dopo
aver
vissuto
anch
'
essa
la
vita
,
dopo
avere
speso
tutto
ciò
che
vi
era
di
troppo
ardente
nel
suo
istinto
....
Con
questo
sistema
egli
spera
e
crede
di
rendere
il
contratto
matrimoniale
più
sicuro
dai
colpi
di
temperino
,
perché
l
'
uomo
e
la
donna
che
hanno
liberamente
dato
sfogo
ai
loro
capricci
sensuali
non
troveranno
più
alcun
sapore
nell
'
adulterio
.
Il
Blum
segue
,
senza
citarlo
,
il
pensiero
che
Rousseau
aveva
espresso
con
questa
frase
:
-
il
faut
toujours
un
temps
de
libertinage
,
ou
dans
un
état
ou
dans
l
'
autre
;
c
'
est
un
mauvais
levain
qui
fermente
tôt
ou
tard
.
-
E
per
evitare
che
questo
cattivo
lievito
fermenti
tardi
,
cioè
dopo
il
matrimonio
,
il
Blum
vuole
che
lo
si
lasci
fermentar
prima
.
Egli
ha
insomma
,
di
fronte
agli
appetiti
sensuali
,
la
stessa
linea
di
condotta
,
la
stessa
prevenzione
che
,
di
fronte
all
'
appetito
dello
stomaco
,
avrebbe
colui
il
quale
,
ad
evitare
durante
il
pranzo
i
peccati
di
gola
dei
convitati
,
li
obbligasse
a
sfamarsi
prima
.
È
innegabilmente
una
tattica
molto
semplice
.
Ma
appunto
perché
troppo
semplice
,
non
so
quanto
sia
vera
ed
efficace
.
Anzitutto
,
facciamo
una
ovvia
constatazione
.
Gli
uomini
,
normalmente
,
si
sposano
nelle
condizioni
volute
dal
Blum
.
Egli
stesso
lo
riconosce
.
E
i
mariti
sono
forse
,
per
ciò
,
più
fedeli
delle
mogli
?
Se
l
'
infedeltà
e
quindi
l
'
infelicità
matrimoniale
dipendono
esclusivamente
,
secondo
il
Blum
,
dal
non
aver
fatto
precedere
,
una
vita
d
'
avventure
alla
vita
calma
del
matrimonio
,
o
come
va
che
proprio
quel
coniuge
(
il
marito
)
che
ha
esperimentato
questa
vita
di
avventure
è
il
più
infedele
o
,
per
lo
meno
,
è
infedele
quanto
l
'
altro
coniuge
(
la
moglie
)
che
è
arrivato
al
matrimonio
senza
esperienza
?
Affinché
la
tesi
del
Blum
fosse
riconosciuta
vera
,
bisognerebbe
ch
'
egli
dimostrasse
che
gli
adulterii
dei
mariti
sono
molto
meno
numerosi
di
quelli
delle
mogli
.
E
la
prova
,
io
credo
,
sarebbe
un
poco
difficile
.
Ma
un
'
altra
obbiezione
sorge
spontanea
contro
la
tesi
del
Blum
.
E
questa
,
per
dire
la
verità
,
egli
stesso
l
'
ha
preveduta
.
Secondo
il
suo
sistema
,
il
matrimonio
non
sarebbe
che
l
'
ospizio
dei
rassegnati
,
l
'
ospedale
ove
si
rifugiano
gli
invalidi
dell
'
amore
,
il
porto
ove
riparano
,
stanchi
e
annoiati
,
coloro
che
attraversarono
un
mare
assai
burrascoso
.
Il
matrimonio
sarebbe
cioè
in
amore
quello
che
è
il
Senato
in
politica
.
Vi
arriverebbero
,
a
una
rispettabile
età
,
coloro
che
hanno
molto
combattuto
,
molto
goduto
,
molto
sofferto
.
Ed
è
assai
dubbio
che
sotto
questa
forma
(
la
quale
farebbe
dei
coniugi
una
specie
di
pensionati
dell
'
amore
)
il
matrimonio
continuerebbe
ad
essere
,
come
è
oggi
,
la
forma
normale
e
legale
dell
'
unione
fra
i
sessi
.
Può
darsi
che
sia
un
pregiudizio
del
maschio
il
credersi
in
diritto
di
essere
il
primo
a
svegliare
l
'
amore
nella
sua
sposa
:
ma
mi
par
certo
che
egli
non
si
rassegnerebbe
ad
essere
l
'
ultimo
a
coronare
la
vita
d
'
avventure
della
sua
svelta
ed
esperimentata
compagna
.
Anziché
l
'
orgoglio
di
svegliare
l
'
amore
nella
psicologia
e
nella
fisiologia
d
'
una
vergine
,
egli
non
avrebbe
che
il
malinconico
ufficio
di
addormentare
,
di
spegnere
gli
ultimi
guizzi
dell
'
istinto
nell
'
ormai
stanco
organismo
di
una
donna
che
ha
troppo
vissuto
.
Su
che
cosa
potrebbero
costruire
la
loro
felicità
questi
coniugi
che
arriverebbero
al
matrimonio
come
due
viaggiatori
arrivano
per
caso
insieme
a
un
albergo
da
paesi
lontani
,
dopo
lunghe
peregrinazioni
durante
le
quali
ognuno
ha
lasciato
il
meglio
della
propria
energia
,
i
fiori
più
belli
della
propria
giovinezza
,
gli
entusiasmi
più
sinceri
della
propria
passione
?
Quale
ombra
stenderebbe
sull
'
avvenire
questo
passato
?
E
veniamo
all
'
obbiezione
più
forte
.
Che
accadrebbe
dei
figli
?
Forse
che
il
marito
dovrebbe
,
oltre
che
sposare
una
donna
la
quale
ha
messo
in
pratica
il
motto
dell
'
Accademia
del
Cimento
provando
e
riprovando
,
provvedere
anche
ai
figli
di
questa
donna
,
figli
che
sarebbero
naturalmente
di
molti
letti
,
data
la
teoria
delle
molte
avventure
?
Qui
,
se
non
mi
sbaglio
,
si
cade
dalla
commedia
nella
farsa
.
Ma
il
Blum
ha
un
suo
modo
spiccio
per
liberarsi
da
questa
paurosa
obbiezione
.
Nella
Denise
di
Dumas
figlio
,
un
seduttore
di
professione
descrive
a
un
moralista
le
sensazioni
deliziose
e
sempre
nuove
del
suo
mestiere
,
e
alla
domanda
del
moralista
:
E
i
figli
?
risponde
:
I
figli
sono
gli
inconvenienti
del
piacere
.
Si
vede
-
commenta
il
Blum
-
che
la
commedia
è
vecchia
:
oggi
il
seduttore
risponderebbe
:
-
Des
enfants
?
On
n
'
en
a
plus
!
-
La
risposta
è
breve
ma
eloquente
.
E
faccio
grazia
al
lettore
delle
lunghe
pagine
esplicative
nelle
quali
il
Blum
con
un
cinismo
veramente
parigino
illustra
l
'
utilità
della
teoria
malthusiana
.
Dunque
,
secondo
lui
,
non
solo
il
capriccio
dovrebbe
esser
legge
nei
rapporti
d
'
amore
,
non
solo
le
fanciulle
dovrebbero
oggi
risuscitare
con
poche
modificazioni
il
costume
antico
della
prostituzione
sacra
,
e
concedersi
al
dio
istinto
quante
volte
questo
lo
chieda
,
ed
essere
certe
che
quante
più
avventure
potranno
contare
come
fanciulle
,
tanto
più
saranno
apprezzate
e
richieste
come
mogli
,
ma
esse
dovrebbero
anche
con
moderna
sapienza
mescolare
le
precauzioni
malthusiane
a
quell
'
atto
di
gioia
e
di
abbandono
che
è
l
'
amore
,
esse
dovrebbero
diventare
prudenti
e
calcolatrici
,
non
concedersi
che
a
metà
,
prendere
tutto
ciò
che
è
piacere
,
rifiutare
tutto
ciò
che
è
responsabilità
,
e
frodando
la
legge
di
natura
,
rinnegare
ogni
poesia
,
rinnegare
la
più
alta
poesia
dell
'
amore
che
è
la
maternità
.
Se
ci
piacesse
insistere
su
un
argomento
tanto
scabroso
,
noi
osserveremmo
che
non
sempre
queste
abilissime
fanciulle
e
i
loro
amanti
d
'
un
giorno
o
d
'
un
mese
potrebbero
essere
sicuri
di
evitare
il
pericolo
e
il
danno
della
fecondità
.
Malgrado
le
precauzioni
,
vi
sono
sempre
delle
sorprese
.
E
malgrado
il
vangelo
predicato
da
Leone
Blum
vi
potranno
sempre
essere
(
lo
crediamo
e
lo
speriamo
!
)
dei
giovani
cui
ripugna
intorbidare
la
limpidità
della
loro
passione
sia
pure
effimera
,
col
veleno
d
'
un
calcolo
utilitario
,
e
che
non
osano
,
non
sanno
,
non
vogliono
offendersi
reciprocamente
insegnando
o
proponendo
l
'
uno
all
'
altro
delle
pratiche
che
ripugnano
-
almeno
in
principio
!
-
a
due
amanti
sinceri
.
E
allora
,
i
figli
nascerebbero
malgrado
la
volontà
dei
genitori
,
e
allora
molte
fanciulle
porterebbero
al
marito
,
anziché
una
corona
di
fiori
d
'
arancio
,
una
collana
di
bambini
formata
colla
cooperazione
di
molti
padri
!
Non
sarebbe
questo
un
ostacolo
al
matrimonio
tardivo
,
al
matrimonio
di
rassegnazione
e
di
consolazione
quale
lo
sogna
Leone
Blum
?
A
me
pare
di
sì
.
Al
Blum
pare
di
no
.
Egli
anzi
sostiene
che
i
mariti
accetteranno
con
gioia
quei
figli
di
varia
e
incerta
provenienza
,
e
scrive
con
una
filosofia
che
somiglia
molto
all
'
ingenuità
:
"
L
'
agrément
des
enfants
pourra
même
les
determiner
(
i
mariti
)
au
même
titre
que
les
qualités
de
la
mère
.
Et
j
'
en
sais
qui
,
redoutant
de
vieillir
sans
famille
,
n
'
auraient
pas
été
fachés
de
trouver
des
enfants
tous
faits
"
.
Così
,
il
quadro
della
famiglia
futura
è
completo
.
Non
solo
il
marito
stende
un
velo
sul
passato
di
sua
moglie
,
ma
il
suo
ideale
matrimoniale
è
di
trovare
dei
figli
già
fatti
....
evidentemente
per
evitarsi
il
disturbo
di
farli
.
*
Se
nella
tesi
di
Jules
Bois
ci
ha
sorpreso
la
troppo
poca
considerazione
degli
invincibili
bisogni
del
senso
,
e
l
'
illusione
di
ridur
quasi
tutto
l
'
amore
all
'
amore
platonico
,
nella
tesi
di
Leone
Blum
ci
ha
sorpreso
e
,
diciamolo
francamente
,
ci
ha
scandalizzato
il
veder
ridotto
a
un
problema
puramente
fisiologico
quello
che
è
anche
e
sopratutto
un
problema
psicologico
.
Per
il
Blum
,
sembra
che
tutte
le
fanciulle
non
siano
altro
che
delle
attrici
le
quali
,
per
poter
recitar
bene
la
loro
parte
alla
prima
rappresentazione
davanti
al
sindaco
,
debbono
averla
prima
ripetuta
assai
volte
in
molte
prove
con
varii
attori
.
Egli
non
crede
che
una
donna
possa
amare
per
sempre
un
uomo
solo
.
Egli
crede
che
la
fedeltà
sia
uno
stato
secondo
,
un
fenomeno
raro
che
appare
soltanto
come
una
conseguenza
fatale
della
stanchezza
quando
si
è
abusato
dell
'
infedeltà
.
Io
credo
invece
che
la
virtù
delle
donne
sia
una
questione
di
temperamento
.
E
non
mi
illuderei
sulla
fedeltà
di
una
moglie
solo
perché
questa
,
da
fanciulla
,
ha
potuto
esaurire
in
dieci
o
venti
avventure
il
bisogno
del
suo
istinto
poligamo
.
Chi
ha
bevuto
,
berrà
.
Il
matrimonio
sognato
da
Leone
Blum
non
sopprimerà
l
'
adulterio
:
sopprimerà
forse
la
gelosia
,
questa
malattia
dell
'
immaginazione
sessuale
.
I
mariti
che
arrivano
....
ultimi
,
mostrerebbero
infatti
poca
psicologia
ad
esser
gelosi
dell
'
avvenire
.
Il
pericolo
del
tradimento
esisterà
come
esiste
oggi
,
con
la
sola
differenza
che
potrà
essere
un
poco
diminuito
....
per
l
'
età
dei
coniugi
.
Se
infatti
il
Blum
vuole
che
gli
uomini
e
le
donne
si
sposino
tardi
,
è
evidente
che
per
ragioni
aritmetiche
il
numero
degli
adulterii
sarà
diminuito
.
Ma
ciò
non
prova
nulla
a
vantaggio
del
suo
sistema
:
prova
soltanto
questa
verità
banale
:
che
quando
la
maggioranza
degli
uomini
e
delle
donne
si
sposano
fra
i
35
e
i
50
anni
,
anziché
fra
i
20
e
i
40
,
le
probabilità
degli
adulterii
sono
diminuite
per
una
ragione
fisiologica
.
Del
resto
,
io
vorrei
sapere
perché
il
Blum
si
preoccupa
tanto
della
fedeltà
post
-
matrimoniale
,
una
volta
che
egli
dà
così
poco
peso
a
quello
che
noi
siamo
abituati
a
chiamare
l
'
onore
d
'
una
fanciulla
.
Se
egli
trova
legittimo
che
la
donna
possa
mutare
come
e
quanto
vuole
i
suoi
amanti
fin
che
non
è
maritata
,
per
quale
ragione
troverà
necessario
e
doveroso
che
tutto
ad
un
tratto
questa
donna
si
irrigidisca
nella
più
assoluta
onestà
?
Non
ricordo
più
chi
ha
scritto
che
il
tramonto
dura
dieci
minuti
all
'
orizzonte
e
dieci
anni
nel
cuore
d
'
una
donna
.
E
quali
bagliori
di
fuoco
hanno
talvolta
certi
tramonti
femminili
!
È
dunque
possibile
,
se
non
probabile
,
che
anche
una
donna
maritata
secondo
i
consigli
del
Blum
,
cioè
a
un
'
età
non
più
giovanissima
,
senta
in
sé
rifiorire
quell
'
istinto
della
mutabilità
che
il
nostro
autore
,
con
un
criterio
troppo
matematico
,
vuole
restringere
entro
il
primo
periodo
della
vita
pubere
.
E
allora
?
Allora
,
se
questa
donna
ama
,
perché
deve
essere
vietato
a
lei
l
'
abbandonarsi
al
suo
amore
,
se
proprio
voi
,
signor
Blum
,
avete
sostenuto
che
bisogna
seguire
e
non
frenare
l
'
istinto
?
Tutto
l
'
errore
della
tesi
del
Blum
consiste
nel
termine
cronologico
ch
'
egli
le
ha
voluto
assegnare
.
Egli
ha
diviso
in
due
,
con
una
linea
ipotetica
,
la
vita
sessuale
.
Libertà
assoluta
prima
del
matrimonio
,
fedeltà
rigida
dopo
.
Egli
non
ha
mai
fatto
questione
di
sentimento
:
egli
ha
fatto
soltanto
questione
d
'
istinto
.
Egli
ha
considerato
l
'
uomo
e
la
donna
come
uno
zoologo
:
ha
assegnato
a
questi
animali
la
loro
stagione
degli
amori
.
Miopìa
grande
,
perché
l
'
uomo
,
contrariamente
ad
ogni
altro
animale
,
ama
in
tutte
le
stagioni
e
,
si
può
dire
,
a
tutte
le
età
.
Miopìa
ancora
più
imperdonabile
perché
l
'
uomo
ha
trasformato
l
'
amore
da
un
semplice
gesto
fisiologico
in
un
poema
di
sentimento
.
Ora
,
secondo
il
mio
modesto
parere
,
ciò
che
va
difeso
è
la
libertà
incondizionata
di
questo
sentimento
,
non
già
la
licenza
di
quell
'
istinto
.
Ciò
che
dobbiamo
chiedere
e
pretendere
è
che
le
fanciulle
possano
unirsi
a
coloro
che
veramente
amano
,
non
già
che
esse
possano
divertirsi
col
primo
maschio
che
sveglia
il
loro
istinto
.
Il
Blum
si
è
preoccupato
troppo
dell
'
amore
fisiologico
e
troppo
poco
dell
'
amore
psicologico
.
Ha
rivendicato
i
diritti
del
senso
,
non
i
diritti
della
passione
.
Ha
visto
nella
donna
più
una
lussuriosa
che
un
'
amante
.
E
le
ha
detto
:
sfògati
con
un
periodo
di
carnevale
in
cui
sotto
la
maschera
della
libertà
tutto
ti
sarà
lecito
:
poi
,
verrà
la
quaresima
del
matrimonio
e
allora
dovrai
far
la
beghina
.
Più
limpido
,
più
logico
,
più
onesto
sarebbe
stato
rivendicare
arditamente
il
diritto
all
'
amore
libero
,
senza
barriere
matrimoniali
e
senza
la
volgarità
di
preoccupazioni
malthusiane
.
Rivendicarlo
in
nome
del
sentimento
,
anziché
in
nome
del
senso
.
Io
credo
vi
sia
un
'
esagerazione
e
un
equivoco
in
tutti
quei
moralisti
o
feministi
che
danno
oggi
un
'
eccessiva
importanza
alla
questione
sessuale
e
par
la
considerino
quasi
come
la
chiave
di
volta
dell
'
edificio
di
tutta
la
nostra
moralità
.
Noi
siamo
colpiti
da
una
specie
di
ossessione
del
problema
sessuale
e
lo
discutiamo
sotto
tutte
le
forme
e
ad
ogni
momento
.
Vogliamo
insegnare
ai
ragazzi
nelle
scuole
i
fenomeni
della
riproduzione
,
vogliamo
che
ne
siano
edotte
con
esaurienti
spiegazioni
anche
le
fanciulle
,
quasi
che
l
'
amante
non
sia
preferibile
a
un
professore
di
fisiologia
per
svelare
dei
segreti
così
belli
!
Vogliamo
,
infine
,
che
anche
la
donna
pregusti
con
libere
e
varie
avventure
ciò
che
una
volta
le
era
negato
dalla
morale
fino
al
giorno
del
matrimonio
.
E
anche
coloro
che
sono
agli
antipodi
di
queste
audaci
dottrine
rivoluzionarie
,
anche
i
feministi
alla
Jules
Bois
non
nascondono
il
loro
desiderio
,
direi
quasi
la
loro
voluttà
di
parlare
dell
'
atto
fisiologico
che
costituisce
l
'
amore
,
sia
pure
per
bestemmiarlo
,
e
rinnovano
in
letteratura
la
psicologia
lubrica
del
confessore
che
gode
di
poter
almeno
parlare
di
quegli
argomenti
che
la
sua
religione
gli
vieta
di
conoscere
in
un
modo
un
po
'
più
positivo
.
È
uno
scatenamento
di
sensualità
verbale
dove
i
più
arditi
nel
vocabolario
e
i
più
precisi
nei
particolari
sono
giovinetti
che
ancora
non
sanno
o
zitellone
che
si
rammaricano
di
non
avere
ancora
saputo
.
Sembra
che
la
nostra
società
attraversi
un
periodo
di
senilità
impotente
,
e
come
i
vecchi
,
goda
nella
descrizione
di
azioni
che
non
le
è
più
dato
di
compiere
.
Per
questo
,
forse
,
anche
scrittori
della
forza
e
dell
'
originalità
di
Leone
Blum
non
vedono
nel
problema
dell
'
amore
che
il
senso
e
nella
donna
che
la
femmina
.
E
non
offrono
a
questa
che
il
mezzo
per
ottenere
soddisfazioni
materiali
e
volgari
.
Vittime
dell
'
ambiente
,
questi
scrittori
non
sentono
che
più
alto
è
l
'
ideale
femminile
,
più
nobile
il
desiderio
di
libertà
nella
donna
.
Essa
vuole
conquistare
i
diritti
dell
'
anima
,
oltre
e
più
che
il
diritto
di
concedere
il
proprio
corpo
.
Ella
non
chiede
pluralità
d
'
amanti
e
non
ha
sete
di
sensualità
:
ella
chiede
semplicemente
amore
nel
significato
più
umano
e
più
poetico
di
questa
parola
.
-
"
Les
femmes
-
diceva
Balzac
-
abandonneront
les
bénéfices
de
toutes
les
nuits
de
Messaline
pour
vivre
avec
un
être
qui
leur
prodiguera
ces
caresses
d
'
âme
dont
elles
sont
si
friandes
,
et
qui
ne
coutent
rien
aux
Lommes
si
ce
n
'
est
un
peu
d
'attention...."
LA
CRIMINALITÀ
ANCILLARE
.
Ricordate
,
lettrici
,
il
Journal
d
'
une
femme
de
chambre
di
Ottavio
Mirbeau
?
Questo
libro
,
che
è
un
'
opera
d
'
arte
e
nello
stesso
tempo
uno
studio
sociale
,
che
è
ardito
fino
all
'
indecenza
e
triste
fino
alle
lagrime
,
narra
la
vita
d
'
una
cameriera
,
e
lascia
comprendere
qual
è
,
in
generale
,
la
vita
di
tutte
le
cameriere
.
Il
tipo
di
Célestine
,
di
questa
bella
fanciulla
venuta
d
'
Audierne
a
Parigi
per
corrompersi
,
come
un
fiore
viene
dai
campi
per
avvizzir
nei
salotti
,
ricorda
la
figura
malinconica
di
Germinie
Lacerteux
;
ma
mentre
i
Goncourt
nel
loro
romanzo
avevano
analizzato
soltanto
la
psicologia
d
'
una
donna
,
il
Mirbeau
seppe
compiere
nel
suo
volume
l
'
analisi
di
tutta
una
classe
sociale
.
È
la
classe
delle
persone
di
servizio
che
nel
Journal
d
'
une
femme
de
chambre
confessa
audacemente
,
cinicamente
le
sue
miserie
e
le
sue
vergogne
,
svelando
quelle
dei
suoi
padroni
.
Classe
sociale
ibrida
,
che
non
ha
più
il
sangue
generoso
del
popolo
donde
esce
,
ma
che
ha
già
acquistato
i
vizi
della
borghesia
ove
vuol
penetrare
;
esercito
di
malcontenti
e
di
invidiosi
che
noi
manteniamo
nelle
nostre
case
per
sua
o
nostra
sventura
,
che
avvelena
la
nostra
vita
corrompendo
la
propria
,
che
imita
ciò
che
abbiamo
di
peggio
e
desidera
ciò
che
abbiamo
di
meglio
,
che
si
mescola
necessariamente
alla
nostra
intimità
,
ed
è
quindi
complice
o
spia
di
quanto
abbiamo
di
più
geloso
e
di
più
segreto
....
*
Forse
molti
leggendo
il
libro
del
Mirbeau
l
'
avranno
creduto
una
descrizione
fantastica
o
esagerata
,
dovuta
allo
spirito
ironico
e
paradossale
dell
'
autore
francese
.
Malauguratamente
la
lettura
in
questo
caso
non
è
stata
che
lo
specchio
della
verità
.
Ho
qui
sul
tavolo
un
volume
di
quasi
500
pagine
in
ottavo
:
La
servante
criminelle
,
étude
de
criminologie
professionnelle
di
Raymond
de
Ryckère
,
un
magistrato
sociologo
,
e
leggendolo
m
'
è
parso
vedermi
svolger
dinanzi
la
prova
documentata
di
quella
diagnosi
dolorosa
che
Ottavio
Mirbeau
aveva
sintetizzata
in
un
'
opera
d
'
arte
.
Colle
cifre
e
coi
fatti
,
con
la
fredda
eloquenza
della
statistica
e
con
la
precisione
inoppugnabile
di
inchieste
rigidamente
condotte
,
il
De
Ryckère
dimostra
che
la
classe
delle
persone
di
servizio
è
,
relativamente
,
una
di
quelle
che
offrono
la
più
alta
percentuale
alla
delinquenza
,
e
ad
ogni
forma
di
degenerazione
:
pazzia
,
suicidio
,
alcoolismo
,
prostituzione
.
E
bisogna
aggiungere
che
la
statistica
non
può
numerare
tutti
i
delitti
,
in
ispecie
i
furti
,
delle
persone
di
servizio
,
perché
dei
domestici
che
rubano
accade
quasi
sempre
ciò
che
accade
dei
giocatori
che
barano
:
quando
vengono
scoperti
si
cacciano
,
per
unica
punizione
.
*
Se
è
vero
che
le
società
hanno
i
delinquenti
che
si
meritano
,
deve
essere
altrettanto
vero
che
i
padroni
hanno
i
servitori
che
si
meritano
.
L
'
atto
di
accusa
contro
questi
include
quindi
un
atto
di
accusa
anche
contro
quelli
.
E
la
crisi
della
domesticità
,
che
preoccupa
le
nostre
famiglie
ed
è
oggi
uno
dei
leit
-
motiv
dei
discorsi
delle
nostre
signore
,
si
eleva
dalla
meschinità
del
pettegolezzo
al
valore
di
problema
sociale
ed
assurge
a
sintomo
non
trascurabile
della
trasformazione
morale
ed
economica
di
tutta
la
nostra
vita
.
Se
le
persone
di
servizio
peggiorano
,
gli
è
infatti
perché
peggiorano
i
padroni
,
perché
l
'
ambiente
della
casa
è
mutato
da
quel
che
era
una
volta
.
Uomo
o
donna
,
il
domestico
non
è
più
,
salvo
rare
eccezioni
,
come
l
'
edera
che
muore
ove
s
'
attacca
.
Nelle
famiglie
moderne
sfilano
figure
sempre
nuove
di
cuoche
,
di
cameriere
,
di
servitori
,
con
la
rapidità
di
un
cinematografo
.
Si
direbbe
che
,
alla
stessa
guisa
che
si
son
rallentati
i
vincoli
famigliari
,
s
'
è
perduto
anche
il
prestigio
di
attrazione
che
le
famiglie
antiche
avevano
sui
loro
domestici
.
Una
volta
,
la
persona
di
servizio
faceva
quasi
parte
della
famiglia
,
vi
rimaneva
a
lungo
,
ne
divideva
le
gioie
e
i
dolori
:
oggi
,
non
è
che
un
salariato
che
passa
.
Colpa
,
in
parte
,
del
modo
come
oggi
da
molti
padroni
sono
trattati
i
domestici
.
La
distanza
che
separa
gli
uni
dagli
altri
è
accentuata
.
Non
più
dolcezza
nei
comandi
:
non
più
confidenza
sincera
nelle
reciproche
relazioni
.
Ordini
brevi
,
o
generosità
del
genere
di
queste
:
"
Voi
potete
mangiare
questa
pera
;
è
marcia
"
.
-
"
Finite
pure
questo
pollo
in
cucina
,
sa
di
cattivo
odore
"
.
Ah
,
eleganti
ed
educate
padrone
di
casa
che
vi
lamentate
tanto
dell
'
insolenza
delle
vostre
persone
di
servizio
,
siete
voi
ben
sicure
di
aver
sempre
rispettata
la
loro
dignità
?
Colpa
,
anche
,
dell
'
aumento
vertiginoso
che
si
è
manifestato
in
questi
ultimi
tempi
nel
numero
delle
persone
di
servizio
.
Nella
sola
città
di
Parigi
i
domestici
in
undici
anni
sono
raddoppiati
.
E
la
qualità
ha
avuto
naturalmente
un
'
evoluzione
inversa
alla
quantità
.
Mentre
una
volta
avere
una
persona
di
servizio
significava
una
discreta
agiatezza
,
e
averne
due
quasi
la
ricchezza
,
adesso
non
c
'
è
modesta
famiglia
che
non
voglia
avere
la
cuoca
e
la
cameriera
....
pagate
e
trattate
dio
sa
come
!
Colpa
,
infine
,
di
quella
corrente
egalitaria
che
ormai
domina
i
sentimenti
e
i
pensieri
di
tutte
le
classi
inferiori
.
E
la
classe
dei
domestici
,
più
di
ogni
altra
,
è
in
caso
di
far
confronti
che
suscitano
legittima
invidia
,
perché
non
solo
essa
è
necessaria
spettatrice
delle
maggiori
ingiustizie
sociali
,
del
danaro
che
si
profonde
spensieratamente
da
alcuni
mentre
troppi
ne
mancano
,
ma
anche
perché
essa
è
giudice
del
valore
morale
dei
suoi
padroni
,
e
conoscendone
i
vizî
trova
doppiamente
ingiusta
la
loro
superiorità
economica
.
Per
tutte
queste
ragioni
,
c
'
è
fra
le
persone
di
servizio
e
chi
le
paga
un
antagonismo
latente
ma
forse
più
acuto
che
fra
le
altre
classi
di
sfruttati
e
di
sfruttatori
;
e
questo
antagonismo
che
non
può
o
non
sa
ancora
manifestarsi
in
forme
violente
ma
almeno
leali
,
si
sfoga
in
modi
subdoli
e
vili
,
quasi
una
lotta
nell
'
ombra
,
che
ha
per
unico
risultato
di
peggiorare
sempre
più
i
rapporti
fra
le
due
classi
,
e
di
far
degenerare
sempre
più
la
classe
delle
persone
di
servizio
che
combattono
la
loro
battaglia
con
armi
immorali
e
delittuose
.
*
Schwift
,
il
celebre
umorista
inglese
,
ha
scritto
un
piccolo
libro
interessantissimo
:
L
'
arte
di
rubare
ai
padroni
.
-
Consigli
ai
domestici
dei
due
sessi
.
Certamente
nessuna
persona
di
servizio
lo
ha
letto
,
eppure
moltissime
ne
appliccano
ogni
giorno
gli
insegnamenti
.
Io
non
so
se
sia
vero
,
come
pretende
Mercier
,
che
su
dieci
domestiche
quattro
son
ladre
:
so
che
il
40
per
cento
delle
donne
condannate
per
furto
in
Francia
appartengono
alla
classe
delle
persone
di
servizio
,
e
che
in
Italia
la
proporzione
è
presso
a
poco
la
stessa
.
Aggiungete
a
queste
constatazioni
statistiche
i
mille
modi
in
cui
una
cameriera
e
sopratutto
una
cuoca
può
rubare
ai
padroni
senza
che
questi
se
ne
accorgano
,
e
forse
si
converrà
che
il
Mercier
non
aveva
tutti
i
torti
.
Diceva
Balzac
:
"
un
cuoco
o
una
cuoca
non
sono
altro
che
dei
ladri
domestici
che
noi
abbiamo
l
'
ingenuità
di
ricompensare
con
un
salario
.
Fra
la
tavola
da
pranzo
e
il
mercato
,
essi
hanno
stabilito
un
'
imposta
;
e
nessun
municipio
di
nessuna
città
è
così
abile
a
far
valere
i
suoi
diritti
di
dazio
,
come
essi
lo
sono
su
tutto
ciò
che
dalle
botteghe
dei
fornitori
entra
nella
casa
del
padrone
"
.
Codesta
è
una
forma
di
criminalità
specifica
cui
non
si
può
negare
che
la
professione
stessa
invita
e
quasi
provoca
,
e
che
,
appunto
per
la
sua
universalità
,
merita
le
attenuanti
.
I
padroni
la
conoscono
,
la
sopportano
e
chiudono
un
occhio
.
Un
'
altra
forma
,
assai
più
grave
e
pericolosa
,
di
criminalità
specifica
ancillare
è
quella
delle
associazioni
di
ladri
che
hanno
per
loro
affigliate
le
cuoche
e
le
cameriere
.
Queste
,
che
potrebbero
definirsi
le
commesse
viaggiatrici
dell
'
associazione
,
hanno
l
'
incarico
di
entrare
a
servizio
nelle
famiglie
per
poter
descrivere
ai
....
colleghi
la
topografia
degli
appartamenti
,
indicare
le
stanze
e
i
mobili
ove
son
racchiusi
i
danari
e
l
'
argenteria
,
facilitare
insomma
il
furto
con
scasso
.
A
Parigi
pochi
anni
or
sono
era
famosa
la
banda
dei
grembiuli
bianchi
diretta
da
Giuseppina
Varille
,
una
deliziosa
soubrette
che
riuscì
per
molto
tempo
a
tenere
in
iscacco
la
polizia
.
Dopo
aver
molto
guadagnato
,
indisturbata
,
fu
finalmente
scoperta
e
arrestata
nel
1905
.
Sul
suo
esempio
si
son
formate
altre
associazioni
,
e
ormai
le
bandes
de
bonnes
danno
molto
filo
da
torcere
a
Lépine
,
l
'
irrequieto
e
astutissimo
prefetto
di
polizia
di
Parigi
.
Prevedo
che
qualche
lettrice
sorriderà
a
questo
racconto
,
pensando
con
tranquilla
sicurezza
che
son
cose
che
accadono
a
Parigi
e
di
cui
non
c
'
è
ancora
pericolo
nelle
nostre
quiete
città
di
provincia
.
Si
disilluda
.
Una
signora
mi
raccontava
or
son
pochi
mesi
a
Firenze
questo
fatto
.
Ella
aveva
preso
al
suo
servizio
una
cameriera
che
si
era
presentata
a
lei
con
ottime
informazioni
.
La
cameriera
il
giorno
dopo
entrata
in
casa
ammalò
,
e
gravemente
.
La
signora
non
ebbe
cuore
di
mandarla
all
'
ospedale
e
la
curò
con
affetto
quasi
materno
per
circa
un
mese
.
Quando
la
ragazza
guarì
disse
alla
padrona
che
voleva
immediatamente
lasciar
la
sua
casa
.
-
Ma
come
-
rispose
la
signora
-
dopo
tutte
le
cure
che
ti
ho
prodigato
,
mi
vuoi
ricompensare
con
un
atto
di
ingratitudine
?
-
La
cameriera
scoppiò
in
pianto
,
le
confessò
che
era
affigliata
a
una
banda
di
ladri
,
e
che
non
volendo
tradire
la
sua
benefattrice
né
correre
il
rischio
delle
rappresaglie
dei
suoi
compagni
se
non
avesse
dato
loro
le
indicazioni
richieste
,
credeva
compiere
il
suo
dovere
allontanandosi
.
*
Scrive
Célestine
nel
suo
Giornale
:
"
Quana
je
pense
qu
'
une
femme
de
chambre
ou
une
cuisinière
tient
chaque
jour
dans
ses
mains
la
vie
des
maîtres
....
une
pincée
d
'
arsenic
à
la
place
du
sel
....
un
petit
filet
de
strychnine
au
lieu
du
vinaigre
....
et
C6a
y
est
!
Eh
bien
,
non
..
tant
-
il
est
vrai
que
nous
avons
tout
de
même
la
servitude
dans
le
sang
!
"
.
Celestina
si
sbaglia
e
regala
alla
classe
cui
appartiene
un
elogio
ironico
ch
'
essa
non
merita
.
Le
persone
di
servizio
non
hanno
tutte
nel
sangue
quell
'
istinto
servile
che
le
fa
rifuggire
dall
'
avvelenamento
.
Se
è
vero
che
questo
reato
è
in
grande
diminuzione
dopo
i
progressi
della
chimica
moderna
la
quale
ne
scopre
facilmente
le
traccie
,
è
anche
vero
che
la
diminuzione
è
dovuta
alla
criminalità
maschile
e
non
alla
criminalità
femminile
.
La
donna
,
più
debole
dell
'
uomo
,
deve
necessariamente
servirsi
nel
delitto
di
mezzi
subdoli
e
vili
.
Come
normalmente
essa
adopera
più
la
furberia
che
l
'
ingegno
,
più
la
finzione
che
la
lealtà
,
così
anormalmente
essa
adopera
piuttosto
il
veleno
che
il
coltello
.
E
fra
le
donne
,
quelle
addette
ai
servizii
domestici
danno
all
'
avvelenamento
una
percentuale
fortissima
perché
la
scarsezza
della
loro
coltura
le
lascia
inconscie
dei
pericoli
d
'
un
delitto
ch
'
esse
s
'
illudono
non
possa
venire
scoperto
,
e
perché
la
facilità
quotidiana
che
hanno
di
commetterlo
,
è
una
suggestione
cui
non
sempre
sanno
resistere
.
Da
Eufrasia
Mercier
che
avvelenò
la
sua
padrona
da
cui
s
'
era
fatta
nominare
erede
,
fino
a
Clementina
Tosetti
che
avvelenò
la
povera
Lardera
De
Medici
per
sposarne
il
marito
,
la
lista
delle
cameriere
avvelenatrici
è
lunghissima
.
Avvelenano
per
interesse
,
avvelenano
per
amore
,
avvelenano
sopratutto
per
vendetta
.
Forse
di
tutte
le
passioni
femminili
la
più
profonda
e
la
più
lunga
è
la
vendetta
.
Bisogna
essere
donna
,
ha
detto
Madame
de
Rieux
,
per
sapere
qual
voluttà
sia
vendicarsi
.
Le
persone
di
servizio
,
che
vivono
in
una
condizione
e
in
un
ambiente
dove
tutto
le
offende
le
irrita
le
inasprisce
,
hanno
più
di
ogni
altro
l
'
occasione
di
dare
sfogo
al
loro
rancore
,
e
si
vendicano
infatti
dei
loro
padroni
nella
maniera
più
crudele
e
più
atroce
.
Si
vendicano
per
il
motivo
più
futile
,
spesso
per
un
semplice
rimprovero
.
Questa
sproporzione
fra
il
movente
e
l
'
atto
,
fra
il
sentimento
e
i
mezzi
adoperati
per
soddisfarlo
,
può
far
credere
in
certi
casi
si
tratti
di
un
'
intelligenza
ammalata
o
degenerata
:
non
è
invece
generalmente
che
l
'
effetto
dell
'
impulsività
femminile
....
Una
cameriera
di
18
anni
,
rimproverata
dalla
padrona
perché
aveva
rotto
un
piatto
,
mette
del
veleno
nella
minestra
.
La
padrona
e
il
marito
muoiono
fra
atroci
spasimi
.
La
cameriera
confessa
piangendo
il
suo
delitto
orribile
e
vorrebbe
uccidersi
per
espiarlo
.
Qual
prova
migliore
che
talvolta
nella
donna
il
delitto
non
è
che
la
conseguenza
della
fulminea
impulsività
con
cui
l
'
idea
si
traduce
in
azione
?
Ma
questi
sono
evidentemente
dei
casi
eccezionali
,
per
quanto
,
ripeto
,
la
statistica
ne
segni
piuttosto
l
'
aumento
che
la
diminuzione
.
Uccidere
i
padroni
è
forse
del
resto
un
atto
di
ingenuità
da
parte
dei
domestici
.
Ucciderli
,
e
perché
?
Forse
che
si
uccide
la
mucca
che
dà
il
latte
o
il
montone
che
dà
la
lana
?
Si
munge
la
mucca
e
si
tosa
il
montone
,
abilmente
,
con
molta
delicatezza
....
Ecco
il
furbo
consiglio
di
Celestina
.
E
spunta
allora
quell
'
altra
forma
specifica
di
criminalità
ancillare
che
ha
la
sua
base
e
la
sua
origine
nell
'
immoralità
sessuale
.
Quando
una
domestica
ha
ceduto
al
padrone
o
al
figlio
del
padrone
,
non
è
soltanto
il
suo
onore
di
vergine
che
si
è
infranto
,
è
tutta
la
sua
moralità
che
ha
subìto
una
diminuzione
.
In
lei
il
rispetto
della
proprietà
altrui
,
dato
che
esistesse
assai
vivo
,
si
fa
assai
debole
,
ed
ella
non
distingue
più
nettamente
la
differenza
fra
il
ricevere
un
dono
dal
suo
amante
e
il
prendere
da
sé
ciò
a
cui
crede
d
'
aver
diritto
.
Dice
molto
bene
il
Joly
:
"
les
femmes
ont
le
vague
sentiment
que
tout
leur
est
permis
dans
leurs
rapports
avec
l
'
homme
,
car
elles
peuvent
en
quelque
sorte
tout
payer
par
leur
complaisance
"
.
E
una
volta
acquistata
questa
sicurezza
d
'
avere
nel
loro
corpo
nella
loro
gioventù
il
facile
e
pronto
mezzo
per
pagare
qualunque
debito
e
per
essere
assolte
da
qualunque
furto
,
chi
può
dire
dove
e
quando
si
arresteranno
sulla
china
dell
'
immoralità
?
La
prostituzione
ancillare
ha
varie
forme
:
la
più
antica
certo
,
la
più
semplice
e
forse
anche
la
più
comune
è
la
prostituzione
domestica
:
quella
che
l
'
occasione
,
più
che
il
vizio
,
determina
quasi
fatalmente
.
È
il
padrone
o
un
servitore
o
un
frequentatore
della
famiglia
che
,
approfittando
di
circostanze
favorevoli
,
prendono
la
fanciulla
....
la
cui
resistenza
non
è
mai
molto
energica
.
V
'
è
la
prostituzione
larvata
dei
caffè
delle
trattorie
degli
alberghi
(
la
cui
forma
più
tipica
è
offerta
dalle
kellerinnentedesche
)
,
ove
l
'
avventore
sa
di
trovare
soddisfazione
per
tutti
i
suoi
appetiti
.
E
v
'
è
infine
la
prostituzione
vera
e
propria
ma
clandestina
esercitata
da
certe
agenzie
che
,
mediante
avvisi
sui
giornali
o
agenti
speciali
,
ingannano
le
fanciulle
e
col
pretesto
di
trovar
loro
un
posto
di
cameriera
o
di
cuoca
le
fanno
invece
servire
come
stromenti
di
un
turpe
guadagno
.
Ove
si
arriva
scendendo
più
o
meno
volontariamente
queste
scale
del
vizio
?
Si
arriva
al
delitto
,
all
'
infanticidio
,
all
'
aborto
,
con
tutto
il
corteo
delle
megere
che
per
professione
favoriscono
questi
reati
;
si
arriva
a
quell
'
ultimo
gradino
della
prostituzione
,
il
caput
mortuum
della
società
,
ove
spuntano
coloro
che
speculano
su
questa
miseria
umana
,
e
la
donna
che
si
vende
è
alla
mercé
dell
'
uomo
che
ruba
ed
uccide
e
ne
diventa
la
complice
.
Che
cosa
fa
la
società
per
impedire
,
o
almeno
per
diminuire
,
questa
demoralizzazione
crescente
della
classe
delle
persone
di
servizio
?
Che
cosa
fanno
i
governi
di
fronte
alle
rivelazioni
statistiche
che
ci
avvertono
ogni
anno
della
aumentata
percentuale
di
aborti
,
di
infanticidii
,
di
furti
,
di
reati
d
'
ogni
genere
,
dovuti
alle
domestiche
?
Si
crede
forse
che
i
Goncourt
abbiano
mentito
quando
nella
prima
pagina
di
Germinie
Lacerteux
scrissero
che
è
una
storia
vera
?
O
si
suppone
che
Ottavio
Mirbeau
abbia
tolto
unicamente
dalla
sua
fantasia
tutti
i
fatti
ch
'
egli
descrive
?
Non
sentiamo
noi
invece
che
è
vicino
a
noi
,
intorno
a
noi
,
nelle
nostre
case
,
una
folla
di
persone
che
sordamente
mina
la
tranquillità
della
nostra
esistenza
,
e
che
questo
lavoro
sotterraneo
esige
da
noi
un
pronto
rimedio
appunto
perché
noi
ne
abbiamo
la
maggior
responsabilità
?
Quali
metodi
profilattici
e
terapeutici
abbiamo
noi
adoperato
per
diminuire
la
paurosa
delinquenza
ancillare
?
*
Bisogna
constatare
anzitutto
,
e
con
dolore
,
che
in
nessun
paese
del
mondo
il
Governo
ha
creduto
di
intervenire
in
favore
della
disgraziatissima
classe
delle
persone
di
servizio
.
Ovunque
,
sotto
la
pressione
delle
idee
moderne
,
è
sorta
una
legislazione
nuova
,
la
legislazione
del
lavoro
.
C
'
è
un
minimo
d
'
età
per
gli
operai
addetti
alle
industrie
,
ci
sono
disposizioni
concernenti
l
'
igiene
dei
locali
ove
essi
lavorano
,
ci
sono
delle
limitazioni
alle
ore
di
lavoro
,
in
una
parola
c
'
è
un
insieme
di
leggi
protettrici
della
salute
dell
'
operaio
,
e
ci
sono
degli
ispettori
incaricati
della
sorveglianza
di
queste
leggi
.
La
classe
ancillare
invece
è
rimasta
estranea
a
questa
protezione
legale
.
Una
fanciulla
,
da
cui
i
parenti
vogliono
trarre
precoci
guadagni
,
può
essere
messa
a
servire
in
età
giovanissima
.
Chi
sorveglia
quanto
ella
lavora
?
Chi
si
preoccupa
se
essa
è
mal
nutrita
e
peggio
alloggiata
?
Come
i
suoi
genitori
senza
scrupoli
,
così
i
suoi
padroni
senza
pietà
,
possono
liberalmente
sfruttarla
,
con
quali
dolorose
conseguenze
per
la
sua
salute
fisica
e
morale
è
facile
immaginare
.
La
burocrazia
dei
Governi
non
ha
saputo
far
altro
che
estendere
alla
classe
delle
persone
di
servizio
il
dono
....
un
po
'
troppo
platonico
delle
decorazioni
.
In
Inghilterra
la
regina
Vittoria
aveva
istituito
fin
dal
1872
una
decorazione
speciale
per
i
domestici
che
fossero
rimasti
venticinque
anni
nella
stessa
famiglia
.
Nel
Granducato
di
Assia
-
Darmstadt
,
l
'
identica
decorazione
(
una
croce
d
'
oro
che
porta
nel
centro
a
smalto
il
monogramma
della
granduchessa
)
fu
istituita
nel
1895
.
E
nel
Belgio
,
un
decreto
del
ministro
dell
'
Industria
e
del
Lavoro
ha
esteso
nel
1906
anche
ai
domestici
che
dimostrino
d
'
aver
servito
lealmente
per
venticinque
anni
uno
stesso
padrone
,
la
medaglia
speciale
del
Lavoro
.
Ora
,
nessuno
nega
che
ciò
sia
ingenuamente
giusto
ed
utile
,
ma
nessuno
vorrà
sostenere
che
ciò
sia
l
'
unico
o
il
miglior
mezzo
per
contribuire
all
'
elevazione
morale
delle
persone
di
servizio
.
*
Più
pratica
è
senza
dubbio
la
via
per
cui
s
'
è
messa
l
'
iniziativa
privata
.
Tutte
le
associazioni
o
le
opere
filantropiche
che
,
sotto
un
titolo
o
sotto
un
altro
,
imitando
l
'
Oeuvre
des
servantes
liberées
di
Parigi
,
o
l
'
Arachne
Club
di
Londra
,
o
la
Borsa
del
lavoro
di
Bruxelles
,
tentano
di
trovar
lavoro
alle
domestiche
disoccupate
o
di
salvarle
dai
pericoli
che
le
circondano
quando
sono
sole
e
senza
risorse
,
fanno
innegabilmente
del
bene
.
Soltanto
lo
fanno
,
per
necessità
,
in
una
sfera
troppo
ristretta
,
e
non
rimediano
che
a
una
parte
del
grave
problema
.
Il
quale
rimarrà
fatalmente
insoluto
finché
rimarrà
nei
nostri
costumi
quella
specie
di
schiavitù
addolcita
e
larvata
che
è
la
condizione
della
persona
di
servizio
che
affitta
a
noi
per
uno
stipendio
meschino
,
non
solo
l
'
opera
sua
,
ma
la
sua
libertà
di
tutti
i
giorni
e
di
tutte
le
ore
.
Non
v
'
è
nessuna
altra
forma
di
lavoro
umano
che
tolga
così
completamente
l
'
indipendenza
.
Il
domestico
o
la
domestica
debbono
fare
sempre
ciò
che
è
loro
comandato
;
la
loro
volontà
è
abolita
:
la
loro
libertà
non
esiste
che
per
eccezione
in
alcune
ore
della
domenica
.
Ed
è
in
questo
stato
di
servilismo
che
risiede
la
causa
maggiore
dell
'
immoralità
e
della
criminalità
ancillare
.
Già
,
a
priori
,
coloro
che
entrano
a
far
parte
della
classe
delle
persone
di
servizio
rivelano
,
per
il
solo
fatto
della
scelta
della
loro
professione
,
uno
scarso
sentimento
di
dignità
personale
.
I
caratteri
forti
,
in
cui
è
sviluppato
il
rispetto
della
propria
personalità
e
in
cui
parla
alto
la
fierezza
umana
,
cercano
in
altro
modo
di
guadagnarsi
la
vita
.
Ciò
che
oggi
noi
domandiamo
e
vogliamo
è
l
'
indipendenza
.
Per
questo
,
molte
ragazze
preferiscono
a
un
posto
di
cameriera
,
il
lavoro
della
fabbrica
,
più
faticoso
e
spesso
meno
rimunerato
,
ma
che
lascia
loro
,
alla
fine
della
giornata
,
tutta
la
loro
libertà
.
Quelle
invece
che
si
rassegnano
a
diventare
persone
di
servizio
dimostrano
-
come
ho
detto
-
una
fiacca
coscienza
della
loro
dignità
,
la
quale
non
solo
le
predispone
ai
compromessi
colla
morale
,
ma
aumenta
nell
'
ambiente
in
cui
sono
costrette
a
vivere
,
e
non
può
che
offrirle
,
facili
vittime
,
a
tutte
le
tentazioni
.
Se
dunque
un
rimedio
è
possibile
alla
cosiddetta
crisi
delle
persone
di
servizio
,
questo
non
si
troverà
altro
che
trasformando
radicalmente
il
servizio
domestico
,
riducendolo
cioè
ai
minimi
termini
,
ed
elevandolo
in
dignità
là
dove
non
potrà
essere
soppresso
.
Ma
non
è
forse
questa
un
'
utopia
?
*
Per
ora
è
senza
dubbio
un
'
utopia
,
e
un
'
utopia
che
si
presta
al
ridicolo
.
Sono
quasi
dieci
anni
che
le
persone
di
servizio
imitano
la
tattica
delle
altre
classi
proletarie
protestando
collettivamente
contro
la
loro
condizione
.
A
Brooklyn
,
a
Chicago
,
a
Filadelfia
,
si
ebbero
nel
1899
i
primi
scioperi
delle
cuoche
e
cameriere
che
chiedevano
maggiori
salarii
e
sopratutto
un
numero
maggiore
di
ore
di
libertà
.
Poi
si
formarono
i
sindacati
che
esigevano
addirittura
dai
padroni
un
mese
di
vacanza
all
'
anno
....
come
le
amministrazioni
pubbliche
lo
accordano
ai
loro
impiegati
.
E
l
'
agitazione
s
'
estese
dal
nuovo
continente
al
vecchio
.
In
Olanda
nel
1902
l
'
associazione
delle
domestiche
aveva
il
suo
giornale
settimanale
che
combatteva
..
per
i
diritti
ancillari
.
E
in
Inghilterra
,
in
Russia
,
in
Ungheria
,
in
Germania
,
pullularono
a
poco
a
poco
sotto
forme
legali
e
illegali
le
dimostrazioni
della
classe
dei
domestici
,
che
con
meetingso
con
memoriali
,
con
scioperi
o
con
Società
,
levavano
alta
la
loro
voce
di
protesta
.
Il
pubblico
però
,
che
guarda
sempre
con
interesse
,
spesso
con
paura
,
alle
agitazioni
operaie
,
non
concedeva
alle
agitazioni
ancillari
che
il
suo
sorriso
e
la
sua
ironia
.
E
a
Berlino
fece
furore
la
frase
di
un
impiegato
di
polizia
,
il
quale
,
a
una
cuoca
che
si
era
andata
a
lagnare
perché
i
suoi
padroni
la
facevano
lavorare
19
ore
su
24
,
aveva
bruscamente
e
causticamente
risposto
:
"
Anche
il
gran
Federico
non
si
concedeva
che
5
ore
di
riposo
al
giorno
"
.
*
Nondimeno
,
malgrado
il
ridicolo
,
l
'
idea
di
una
trasformazione
nel
servizio
domestico
si
fa
strada
,
nei
giornali
e
nei
libri
.
Uno
dei
più
eleganti
chroniqueurs
parigini
scriveva
or
non
è
molto
:
"
Tutto
si
industrializza
oggi
:
e
perché
le
prestazioni
del
servizio
domestico
non
seguiranno
anch
'
esse
la
corrente
generale
?
La
domesticità
,
salvo
quella
di
gran
lusso
,
è
destinata
a
sparire
.
I
diversi
servizî
della
casa
saranno
intrapresi
à
forfaitda
compagnie
industriali
"
.
E
Charles
Gide
preconizzava
anch
'
esso
a
breve
scadenza
l
'
avvento
di
una
êra
di
liberazione
per
i
domestici
.
Non
solo
-
egli
diceva
-
la
maggior
parte
di
questi
scomparirà
,
ma
quelli
che
resteranno
non
daranno
più
in
affitto
la
loro
persona
,
bensì
,
come
ogni
altro
operaio
,
soltanto
alcune
ore
del
loro
tempo
.
Io
non
so
se
queste
previsioni
ottimiste
potranno
realizzarsi
tanto
presto
.
So
che
nel
fondo
della
coscienza
umana
dorme
un
istinto
di
giustizia
che
di
tratto
in
tratto
si
sveglia
e
produce
in
noi
un
vago
indefinibile
malessere
davanti
ai
fatti
in
cui
si
mostra
troppo
brutalmente
l
'
ineguaglianza
sociale
e
lo
spirito
di
casta
.
È
questo
istinto
che
a
poco
a
poco
nella
storia
ha
abolito
tutte
le
differenze
politiche
fra
gli
uomini
.
Perché
non
dovrebbe
esso
col
tempo
arrivare
anche
ad
abolire
,
o
per
lo
meno
ad
attenuare
,
la
differenza
sociale
fra
padroni
e
servitori
?
LA
DONNA
e
le
ingiustizie
della
legislazione
.
Nous
parlerons
contre
les
lois
insensées
jusqu
'
a
ce
qu
'
on
les
reforme
et
,
en
attendant
,
nous
nous
y
sonmettrons
avenglement
.
DIDEROT
.
Per
chi
voglia
discutere
obbiettivamente
questo
tema
,
che
ha
suscitato
e
suscita
intorno
a
sé
così
alto
fragor
di
polemiche
,
vi
è
anzitutto
una
semplice
ma
importante
constatazione
da
fare
,
ed
è
questa
:
"
le
donne
sono
le
sole
persone
cui
ai
nostri
giorni
vengano
dalla
legge
interdette
certe
capacità
,
per
ragione
di
nascita
"
.
Come
anticamente
gli
schiavi
,
come
fino
a
poco
tempo
fa
i
negri
in
America
,
le
donne
escono
alla
vita
col
marchio
indelebile
d
'
una
inferiorità
giuridica
.
Io
non
discuto
,
per
ora
:
io
mi
limito
a
ricercare
le
cause
di
queste
disposizioni
de
'
Codici
.
La
causa
principale
e
più
ovvia
consiste
nell
'
opinione
diffusissima
che
la
donna
sia
inferiore
all
'
uomo
.
Io
non
ripeterò
ciò
che
è
stato
detto
con
tanta
insistenza
noiosa
!
Dai
Padri
della
Chiesa
ai
rappresentanti
più
illustri
della
scienza
positiva
moderna
,
dai
poeti
ai
fisiologi
,
dagli
scrittori
socialisti
ai
conservatori
,
è
un
coro
per
concludere
col
Leopardi
che
la
donna
dell
'
uomo
al
tuttoda
natura
è
minor
.
Ché
se
più
mollie
più
tenui
le
membra
,
essa
la
mentemen
capace
e
men
forte
anco
riceve
.
Ciò
che
è
strano
si
è
che
coi
nemici
della
donna
si
son
trovati
d
'
accordo
,
nelle
conseguenze
,
i
suoi
più
validi
difensori
.
La
seconda
causa
infatti
per
cui
si
è
sempre
considerata
la
donna
una
minorenne
perpetua
consiste
nell
'
opinione
di
coloro
i
quali
giudicano
la
donna
un
essere
così
nobile
e
puro
da
doverlo
tener
lontano
dalla
realtà
della
vita
perché
non
sia
profanato
.
Gli
uni
dunque
hanno
detto
:
la
donna
è
un
essere
moralmente
malefico
,
e
intellettualmente
inferiore
,
non
bisogna
accordarle
tutti
i
diritti
che
ha
l
'
uomo
.
Gli
altri
hanno
detto
:
la
donna
è
un
essere
quasi
divino
,
il
fiore
della
nostra
esistenza
,
la
luce
della
nostra
via
,
ma
appunto
per
questo
bisogna
proteggerla
come
si
protegge
un
fiore
od
un
bimbo
.
E
gli
uni
per
disprezzo
,
gli
altri
per
ammirazione
hanno
concluso
col
tenerla
giuridicamente
soggetta
.
Come
ha
saputo
la
donna
portare
le
sue
catene
?
Ella
ha
imitato
gli
angeli
che
nell
'
affresco
di
Raffaello
vengono
a
liberare
San
Pietro
:
ella
non
ha
cercato
di
spezzare
colle
sue
fragili
e
bianche
mani
le
solide
sbarre
di
ferro
:
ella
ha
semplicemente
addormentato
e
ipnotizzato
i
guardiani
...
Che
le
importava
,
in
fondo
,
di
essere
esclusa
dalla
fabbricazione
delle
leggi
,
se
ella
dirigeva
coloro
che
le
fabbricano
?
Che
le
importava
di
essere
considerata
da
meno
dell
'
uomo
se
questo
maschio
orgoglioso
e
prepotente
che
le
negava
certi
diritti
,
era
viceversa
,
di
fronte
a
lei
,
umile
come
un
servo
ed
obbediente
come
un
automa
?
Dicono
sia
una
legge
storica
che
i
popoli
vinti
si
vendichino
dei
popoli
conquistatori
corrompendoli
.
La
donna
si
è
storicamente
vendicata
dell
'
oppressione
maschile
,
non
tanto
corrompendo
l
'
uomo
,
quanto
facendolo
agire
secondo
la
sua
volontà
e
lasciandogli
soltanto
l
'
illusione
dell
'
indipendenza
.
Se
mi
si
chiedesse
qual
forza
ha
più
contribuito
al
progresso
del
mondo
,
dopo
la
spada
dei
grandi
capitani
e
le
scoperte
dei
genii
,
direi
che
fu
la
seduzione
e
il
fascino
delle
donne
.
Una
forza
,
codesta
,
oscura
e
latente
che
non
ebbe
i
clangori
della
fama
come
ogni
cosa
bella
o
perfida
compiuta
dall
'
uomo
,
ma
una
forza
che
ha
invaso
e
pervaso
nei
secoli
tutti
i
meandri
della
vita
sociale
,
come
quelle
acque
sotterranee
che
diffondendosi
quetamente
pei
campi
sono
la
ragione
nascosta
e
perenne
della
fecondità
di
certi
terreni
.
Io
non
so
se
tutte
le
opere
dell
'
uomo
siano
dovute
all
'
ispirazione
femminile
:
certo
so
che
l
'
uomo
solo
,
l
'
uomo
senza
la
donna
non
è
che
la
metà
di
sé
stesso
:
per
esser
completo
egli
deve
aver
sentito
vibrare
vicino
a
sé
il
cuore
di
una
madre
,
d
'
una
sorella
,
d
'
una
amante
,
e
di
tutte
queste
grazie
,
di
tutte
queste
tenerezze
,
di
tutti
questi
fiori
dell
'
anima
fusi
tra
loro
in
un
solo
profumo
come
i
grappoli
della
vite
,
egli
deve
aver
saputo
crearsi
un
'
anima
forte
e
buona
,
l
'
anima
ardita
di
chi
tenta
qualunque
impresa
per
l
'
amor
d
'
una
donna
,
l
'
anima
generosa
di
chi
sente
di
dovere
il
meglio
dell
'
esser
suo
a
colei
che
gli
sta
a
fianco
e
che
le
leggi
pongono
tanto
al
di
sotto
di
lui
!
Ma
,
pur
troppo
,
gli
uomini
che
hanno
questa
coscienza
del
loro
relativo
valore
son
rari
,
e
ad
ogni
modo
non
basta
,
non
può
bastare
alla
donna
la
parte
silenziosa
di
ispiratrice
nascosta
.
Senza
dubbio
è
una
grande
soddisfazione
morale
per
lei
il
poter
dire
,
vedendo
l
'
agitarsi
e
l
'
affannarsi
degli
uomini
sul
palcoscenico
della
vita
:
son
io
che
dietro
alle
quinte
dirigo
i
loro
movimenti
;
ma
,
oltre
alle
soddisfazioni
dell
'
amor
proprio
,
occorrono
le
soddisfazioni
effettive
,
e
la
donna
vuol
uscire
dall
'
ombra
giuridica
e
politica
in
cui
è
stata
relegata
finora
,
vuol
conquistare
il
suo
posto
al
sole
,
vuole
agire
non
soltanto
con
l
'
arma
indiretta
del
suo
fascino
,
ma
per
mezzo
dei
diritti
che
le
leggi
le
devono
riconoscere
.
Ed
ecco
-
allora
-
il
feminismo
.
*
Il
punto
di
partenza
del
feminismo
è
questo
:
l
'
uomo
e
la
donna
sono
eguali
nella
nascita
e
nella
morte
:
le
differenze
fisiologiche
esistono
nel
loro
corpo
,
ma
non
ne
esiste
alcuna
nella
loro
costituzione
morale
:
il
cuore
ed
il
cervello
non
hanno
sesso
.
Per
conseguenza
fra
l
'
uomo
e
la
donna
tutto
dev
'
essere
uguale
.
Mi
permetto
di
credere
scientificamente
sbagliata
la
premessa
di
questa
teoria
.
Nella
questione
femminile
,
come
in
ogni
altra
,
il
punto
di
partenza
non
dev
'
essere
l
'
eguaglianza
,
questa
gloria
politica
,
ma
questo
errore
scientifico
dei
nostri
tempi
.
La
legge
che
regola
il
mondo
non
è
l
'
uguaglianza
,
ma
la
disuguaglianza
,
il
che
non
significa
inferiorità
e
oppressione
,
ma
differenza
e
gerarchia
.
La
donna
non
è
uguale
all
'
uomo
,
non
per
lo
stolto
pregiudizio
del
diritto
canonico
che
diceva
"
mulier
non
est
facta
ad
imaginem
Dei
"
,
non
per
la
più
stolta
ragione
addotta
da
Proudhon
-
un
socialista
!
-
che
affermava
non
potervi
essere
società
fra
uomo
e
donna
più
che
fra
animali
di
specie
diversa
,
ma
perché
,
dice
Spencer
,
il
supporre
che
l
'
animo
e
l
'
intelletto
dell
'
uomo
e
della
donna
possano
essere
identici
mentre
il
corpo
offre
tante
differenze
tra
l
'
uno
e
l
'
altro
e
mentre
è
così
diverso
nella
vita
l
'
ufficio
paterno
dal
materno
,
gli
è
un
supporre
che
a
funzioni
speciali
non
debbano
corrispondere
facoltà
speciali
,
il
che
,
a
dir
vero
,
sarebbe
un
esempio
unico
nella
natura
.
Lasciamo
dunque
ai
semplicisti
della
psicologia
il
sognare
fra
i
due
sessi
delle
identità
che
l
'
osservazione
quotidiana
facilmente
smentisce
,
e
constatiamo
che
non
occorre
partire
da
una
premessa
così
sbagliata
per
arrivare
alla
giustissima
conseguenza
dell
'
uguaglianza
giuridica
fra
uomo
e
donna
.
Se
infatti
la
donna
è
diversa
dall
'
uomo
,
non
per
questo
gli
è
inferiore
:
è
diversa
da
lui
,
ma
a
lui
equivalente
,
e
di
lui
egualmente
necessaria
.
Quindi
non
deve
soffrire
alcuna
diminuzione
di
diritti
.
Del
resto
,
a
mantenere
,
ad
aumentare
anzi
la
profonda
diversità
congenita
fra
le
doti
psichiche
dei
due
sessi
,
hanno
certamente
contribuito
i
lunghi
secoli
di
barbarie
e
di
oscurantismo
durante
i
quali
la
donna
era
considerata
poco
più
che
una
schiava
,
tenuta
lontana
non
pure
dalla
vita
pubblica
ma
da
ogni
luce
di
coltura
e
di
intellettualità
.
Chi
può
dire
che
cosa
sarebbe
diventata
la
donna
se
sistemi
orientali
di
educazione
non
avessero
atrofizzate
in
lei
tante
energie
?
Chi
può
dire
qual
senso
di
misura
e
di
relatività
avrebbe
acquistato
la
sua
mente
,
ancor
oggi
impulsiva
e
assoluta
,
se
gli
uomini
non
avessero
irrigidito
il
suo
cervello
nella
cieca
obbedienza
al
despotismo
del
marito
,
o
inacidito
il
suo
cuore
nelle
solitudini
dei
conventi
?
Chi
può
dire
qual
dignità
e
qual
fiera
difesa
di
sé
stessa
avrebbe
ella
imparato
dall
'
esperienza
,
se
i
Codici
non
l
'
avessero
considerata
-
e
non
la
considerassero
ancora
-
come
una
minorenne
od
una
interdetta
?
Io
non
credo
vi
sieno
maledizioni
bibliche
che
dannino
in
eterno
all
'
inferiorità
una
razza
,
e
tanto
meno
un
sesso
.
Noi
,
popoli
di
razza
bianca
,
stiamo
accorgendoci
ora
di
ciò
che
sa
fare
e
dove
ha
saputo
arrivare
in
pochi
anni
la
razza
gialla
,
che
certi
pseudo
-
scienziati
avevano
già
bollata
come
refrattaria
ad
ogni
progresso
!
Noi
vedremo
-
se
lo
sapremo
educare
e
se
lo
lascieremo
liberamente
espandersi
al
sole
della
civiltà
-
che
cosa
sa
fare
e
dove
può
arrivare
il
sesso
femminile
!
Tutto
si
muove
ed
evolve
nel
mondo
,
e
non
ci
sono
,
o
per
lo
meno
non
ci
saranno
più
un
giorno
,
cosiddette
fatalità
che
la
storia
non
abbia
smentite
.
La
donna
che
finora
era
rimasta
stazionaria
o
aveva
progredito
assai
lentamente
,
entra
adesso
in
un
periodo
di
evoluzione
più
rapida
,
e
-
migliorando
sé
stessa
-
conquista
in
pochi
anni
ciò
che
prima
impiegava
secoli
a
conquistare
.
I
filosofi
della
storia
affermano
che
l
'
evolversi
della
donna
e
il
suo
ascendere
verso
condizioni
giuridiche
migliori
abbia
sempre
accompagnato
ogni
progresso
dei
popoli
e
sia
il
segno
infallibile
del
passaggio
dalla
barbarie
alla
civiltà
.
Io
credo
che
questo
principio
generale
soffra
qualche
eccezione
,
giacché
le
leggi
barbariche
punivano
,
per
esempio
,
con
maggior
mitezza
alcuni
delitti
delle
donne
,
e
viceversa
con
maggior
severità
le
offese
recate
dagli
uomini
alle
donne
,
mostrando
con
ciò
di
applicare
forse
con
più
giustizia
,
certo
con
più
cortesia
quella
differenza
dei
sessi
che
le
leggi
romane
e
in
genere
le
leggi
dei
popoli
civili
,
applicavano
-
ed
applicano
-
in
ben
altro
modo
.
Ma
,
senza
insistere
in
particolari
e
limitandomi
a
segnare
le
tappe
principali
del
cammino
fatto
dalla
condizione
giuridica
della
donna
nel
mondo
,
dirò
che
se
nelle
leggi
romane
come
,
del
resto
,
in
tutte
le
leggi
d
'
allora
la
donna
sul
principio
contava
poco
o
nulla
perché
non
poteva
disporre
né
di
sé
né
dei
suoi
beni
,
ed
era
assorbita
completamente
dall
'
autorità
paterna
o
maritale
,
a
poco
a
poco
in
Roma
stessa
,
ella
uscì
da
questa
servitù
assoluta
.
Al
tempo
di
Cicerone
la
donna
era
proprietaria
:
alla
fine
dell
'
Impero
il
diritto
consuetudinario
s
'
era
sovrapposto
alle
leggi
e
la
donna
,
libera
da
ogni
tutela
per
ciò
che
concerne
i
suoi
beni
,
poteva
comprare
,
vendere
,
disporre
insomma
della
sua
proprietà
a
suo
talento
.
Tutto
il
lavoro
dei
giureconsulti
romani
ha
consistito
dunque
nello
staccare
Eva
dalla
costa
di
Adamo
,
per
darle
un
'
esistenza
autonoma
.
E
si
può
dire
che
l
'
idea
dell
'
ugual
dignità
dei
due
sessi
è
un
'
idea
romana
,
confermata
più
tardi
dal
cristianesimo
.
Un
'
idea
però
,
più
teorica
che
pratica
,
poiché
solo
parzialmente
applicata
,
e
che
,
per
tradursi
efficacemente
in
realtà
,
dovette
attendere
che
passassero
le
epoche
buie
del
medioevo
e
del
feudalismo
,
e
che
scoppiasse
la
rivoluzione
francese
.
Fu
infatti
la
rivoluzione
francese
a
rivoluzionare
anche
il
diritto
privato
.
Il
nuovo
giure
femminile
,
le
cui
basi
furono
poste
dall
'
Assemblea
legislativa
e
di
cui
l
'
intero
sistema
apparve
nel
Codice
Civile
Napoleonico
riposa
veramente
,
ben
più
che
il
diritto
romano
,
sull
'
eguaglianza
dei
due
sessi
.
In
omaggio
a
questo
principio
,
le
leggi
per
la
prima
volta
sancirono
:
l
'
uguaglianza
fra
la
donna
e
l
'
uomo
nella
capacità
di
acquistare
e
di
disporre
;
l
'
abolizione
del
Senato
Consulto
vellejano
,
ossia
della
incapacità
per
la
donna
di
obbligarsi
per
altri
;
la
pari
libertà
di
concludere
e
di
sciogliere
il
matrimonio
;
il
diritto
di
successione
intestata
per
le
figlie
,
a
pari
condizioni
coi
fratelli
.
Non
era
tutto
,
ma
era
molto
.
Non
era
,
nemmeno
,
una
vera
conquista
femminile
,
giacché
quelle
riforme
,
pur
essendo
favorevoli
alle
donne
,
non
erano
state
determinate
da
teorie
feministe
.
Erano
la
conseguenza
logica
e
necessaria
dell
'
abolizione
dei
maggioraschi
e
di
altri
privilegi
di
origine
feudale
ed
aristocratica
.
Se
la
donna
ne
veniva
favorita
,
ciò
era
un
corollario
,
non
lo
scopo
.
La
Rivoluzione
francese
-
e
intendo
tanto
coloro
che
intellettualmente
la
determinarono
,
quanto
coloro
che
la
eseguirono
-
non
ebbe
tempo
di
occuparsi
della
donna
e
dei
suoi
diritti
.
Rousseau
,
nel
Contratto
Sociale
,
non
ne
parla
:
Montesquieu
,
nello
Spirito
delle
leggi
,
vi
è
contrario
:
Robespierre
,
questo
tiranno
mistico
e
sanguinario
,
teneva
la
donna
a
vile
e
voleva
che
l
'
uomo
fosse
un
dittatore
nel
seno
della
famiglia
.
Ed
è
perciò
che
se
il
Codice
francese
sancì
e
portò
pel
mondo
-
coi
diritti
dell
'
uomo
-
l
'
uguaglianza
giuridica
della
donna
,
non
spense
interamente
quel
residuo
di
feodalità
mascolina
,
che
nel
Codice
stesso
si
rivela
coll
'
assoggettare
la
moglie
alla
ferrea
volontà
del
marito
.
Secondo
il
Codice
infatti
,
la
donna
,
se
rimane
nubile
o
se
,
dopo
essersi
sposata
,
diviene
vedova
,
è
giuridicamente
capace
e
libera
di
possedere
,
di
comperare
,
di
vendere
,
di
contrattare
,
di
commerciare
,
ma
la
moglie
,
oh
la
moglie
è
incapace
,
nel
senso
che
nulla
può
senza
l
'
autorizzazione
del
marito
.
Lo
spirito
dominatore
del
maschio
,
lo
spirito
giacobino
del
politicante
è
tutto
in
questa
differenza
tra
la
donna
che
ha
marito
e
la
donna
che
non
lo
ha
.
Napoleone
,
commentando
appunto
le
disposizioni
del
suo
Codice
,
diceva
:
"
il
est
une
chose
qui
n
'
est
pas
franC6aise
:
c
'
est
qu
'
une
femme
mariée
puisse
faire
ce
qui
lui
plaît
"
.
Ebbene
noi
possiamo
parafrasare
questa
brutale
asserzione
dell
'
imperatore
,
e
dire
:
"
c
'
è
una
cosa
che
non
è
logica
,
ed
è
che
una
donna
capace
giuridicamente
alla
vigilia
del
matrimonio
,
diventi
incapace
la
mattina
dopo
"
.
Se
mai
,
la
dignità
di
sposa
,
la
gloria
di
madre
,
dovrebbe
aumentare
i
suoi
diritti
,
non
diminuirli
!
Lo
so
che
,
se
si
è
colpita
la
sposa
d
'
una
incapacità
che
comincia
dal
matrimonio
e
finisce
con
esso
,
non
è
stato
in
odio
alla
donna
o
unicamente
pel
pregiudizio
feudale
che
l
'
uomo
è
il
padrone
assoluto
in
casa
sua
,
ma
è
stato
anche
per
una
ragione
più
alta
e
innegabilmente
rispettabile
:
per
impedire
che
la
disciplina
domestica
s
'
indebolisca
,
per
tenere
intatta
l
'
unità
della
famiglia
.
Dicono
i
giureconsulti
,
e
ripete
,
del
resto
,
il
buon
senso
di
tutti
:
una
direzione
ci
vuole
:
non
si
concepisce
una
nave
senza
pilota
,
uno
Stato
senza
sovrano
,
un
esercito
senza
generale
,
una
società
senza
direttore
,
un
'
assemblea
senza
presidente
,
e
quindi
non
si
può
concepire
una
società
coniugale
senza
un
capo
.
Siamo
d
'
accordo
.
Ma
non
si
concepisce
nemmeno
che
oggi
,
quando
le
condizioni
economiche
di
tutti
e
specialmente
della
donna
sono
mutate
,
ella
sia
poco
o
nulla
padrona
del
suo
danaro
,
del
danaro
ch
'
ella
guadagna
!
Non
si
concepisce
che
oggi
,
quando
la
donna
,
pel
fatto
ch
'
ella
lavora
non
solo
fra
le
pareti
domestiche
,
ma
al
di
fuori
,
nelle
fabbriche
,
nelle
officine
,
ed
ha
acquistato
un
valore
commerciale
e
industriale
che
prima
non
aveva
,
ed
è
non
più
l
'
oggetto
di
lusso
cui
si
chiede
qualche
ora
di
piacere
,
ma
il
valido
aiuto
del
maschio
nel
sopportare
i
pesi
materiali
e
morali
della
famiglia
,
non
si
concepisce
-
ripeto
-
che
il
legislatore
voglia
ancora
lasciare
nei
Codici
questa
tutela
economica
della
moglie
,
tutela
che
è
spesso
la
prima
origine
delle
discordie
coniugali
,
ed
è
talvolta
anche
l
'
origine
della
rovina
delle
famiglie
!
Non
è
qui
il
caso
di
precisar
meglio
ciò
che
vado
dicendo
,
citare
articoli
di
Codice
e
commentarli
,
ma
voglio
dire
,
a
onor
nostro
,
che
il
Codice
Civile
italiano
è
,
per
ciò
che
riguarda
la
condizione
economica
della
moglie
,
migliore
del
Codice
Napoleonico
,
contro
cui
insorge
oggi
in
Francia
una
lega
di
intellettuali
,
migliore
anche
di
altri
Codici
Civili
d
'
Europa
,
ma
non
tale
da
soddisfare
le
esigenze
,
ch
'
io
credo
legittime
,
dei
feministi
.
Il
matrimonio
,
anche
in
Italia
,
è
per
la
donna
,
quanto
ai
beni
,
un
profondo
sonno
:
un
sonno
da
cui
spesso
è
svegliata
di
soprassalto
per
il
romore
d
'
un
disastro
.
Il
marito
,
abituato
a
non
dipendere
da
nessuno
,
chiede
raramente
in
affari
il
consiglio
della
moglie
....
anche
quando
si
tratta
dei
danari
di
lei
.
La
moglie
,
in
parte
obbligata
dalla
legge
,
e
ancor
più
abituata
dal
costume
,
si
tiene
estranea
a
ciò
che
non
è
la
quotidiana
azienda
domestica
.
E
questo
letargo
dell
'
attività
femminile
è
,
oltre
che
un
'
ingiustizia
,
un
errore
,
perché
la
donna
ha
più
prudenza
dell
'
uomo
,
ed
essendo
per
indole
più
conservatrice
,
non
sarebbe
mai
favorevole
a
quelle
incoscienti
larghezze
che
a
poco
a
poco
corrodono
i
patrimonii
,
né
a
quelle
speculazioni
arrischiate
che
d
'
un
tratto
li
inghiottono
.
*
Senonché
,
non
è
soltanto
come
moglie
e
come
proprietaria
che
la
donna
potrebbe
lagnarsi
del
Codice
Civile
.
È
sopratutto
come
fanciulla
e
come
madre
ch
'
ella
potrebbe
protestare
contro
le
ingiustizie
della
legislazione
.
Strana
e
triste
ironia
!
Il
legislatore
,
per
giustificare
la
tutela
giuridica
cui
assoggettava
la
donna
,
ha
fatto
ricorso
alla
debolezza
di
lei
e
al
suo
bisogno
di
protezione
:
ma
si
è
dimenticato
totalmente
di
questa
debolezza
femminile
e
di
questo
bisogno
di
protezione
quando
si
trattava
di
protegger
la
donna
dalle
seduzioni
del
maschio
....
Il
legislatore
,
cioè
,
ha
avuto
tutte
le
precauzioni
per
salvaguardare
il
patrimonio
economico
della
donna
e
ha
voluto
che
,
non
lei
sola
,
ma
anche
il
marito
ne
fosse
responsabile
:
non
ha
avuto
nessuna
preoccupazione
per
salvaguardare
il
patrimonio
morale
,
l
'
onore
della
fanciulla
,
e
all
'
uomo
che
l
'
ha
compromessa
ha
detto
sorridendo
:
"
stai
pure
tranquillo
!
tu
non
sei
responsabile
!
la
ricerca
della
paternità
è
interdetta
!
"
.
È
logico
questo
?
è
giusto
?
è
umano
?
Io
leggo
nel
nostro
Codice
Civile
l
'
articolo
1151
che
dice
:
"
qualunque
fatto
dell
'
uomo
che
arreca
danno
ad
altri
,
obbliga
quello
per
colpa
del
quale
è
avvenuto
a
risarcire
il
danno
"
.
Questo
articolo
protegge
le
nostre
finestre
,
le
nostre
porte
,
i
nostri
mobili
,
i
cancelli
dei
nostri
giardini
,
le
derrate
delle
nostre
campagne
,
il
nostro
cane
e
il
nostro
cavallo
....
ma
non
protegge
la
donna
!
Davanti
al
Codice
,
la
donna
è
meno
delle
nostre
bestie
!
Eppure
non
è
forse
arrecar
danno
alla
donna
il
sedurla
,
farla
soffrire
,
distruggere
,
forse
per
sempre
,
la
sua
bellezza
e
la
sua
salute
,
e
lasciarle
la
doppia
croce
del
disonore
e
dell
'
obbligo
materiale
di
nutrire
il
bambino
e
allevarlo
?
Oh
,
io
sento
le
voci
degli
uomini
prudenti
e
severi
,
che
hanno
tanto
rispetto
per
la
famiglia
legale
e
così
poco
per
le
famiglie
illegali
che
l
'
amore
crea
e
danna
all
'
infelicità
,
io
sento
le
voci
dure
e
fredde
che
dicono
:
"
la
donna
fu
debole
,
ella
doveva
riflettere
prima
di
cedere
,
che
colpa
ha
l
'
uomo
s
'
ella
non
gli
ha
saputo
resistere
?
"
ed
io
sento
anche
le
voci
maligne
che
susurrano
:
"
è
un
'
ingenuità
il
credere
che
chi
seduce
sia
l
'
uomo
!
è
la
donna
che
nella
maggior
parte
dei
casi
seduce
!
"
.
Ebbene
?
e
se
anche
ciò
fosse
vero
?
In
qual
trattato
di
logica
o
di
morale
si
può
trovare
il
principio
che
dei
due
complici
di
un
'
azione
,
uno
solo
deve
pagarne
la
pena
e
sopportarne
le
conseguenze
?
E
mi
si
concederà
per
lo
meno
,
che
se
l
'
uomo
non
è
il
primo
autore
del
male
,
è
innegabilmente
il
complice
necessario
.
E
perché
mai
questo
complice
necessario
,
compiuto
ciò
che
ha
creduto
di
compiere
,
succhiato
il
miele
del
fiore
,
se
ne
può
partire
indisturbato
,
libero
come
l
'
ape
vagabonda
,
con
un
pensiero
di
meno
ed
un
trionfo
di
più
,
lasciando
nell
'
abbandono
,
nel
dolore
,
nella
vergogna
colei
che
gli
ha
dato
il
meglio
dell
'
esser
suo
?
Ma
-
ripetono
ancora
quelle
voci
severe
e
prudenti
-
:
"
il
Codice
non
può
preoccuparsi
di
tutti
questi
infiniti
piccoli
drammi
d
'
amore
ove
l
'
uomo
compie
la
sua
esperienza
di
maschio
saggiando
la
virtù
femminile
;
questi
casi
non
dipendono
che
dalla
coscienza
!
"
.
Ebbene
:
io
credevo
appunto
che
la
legge
dovesse
essere
la
coscienza
di
quelli
che
non
ne
hanno
!
Credevo
che
la
legge
dovesse
ristabilire
l
'
equilibrio
fra
la
responsabilità
dell
'
uomo
,
che
ora
è
nulla
,
e
la
responsabilità
della
donna
,
che
ora
è
troppa
,
non
solo
per
ubbidire
a
un
criterio
di
giustizia
e
per
diminuire
quel
tributo
di
anime
e
di
corpi
femminili
che
l
'
umanità
paga
al
minotauro
dell
'
egoismo
maschile
,
ma
anche
per
ragioni
di
previdenza
sociale
.
Sapete
voi
che
accade
di
tutte
le
fanciulle
abbandonate
e
di
tutti
i
figli
illegittimi
?
Che
cosa
accada
delle
fanciulle
tradite
è
facile
immaginare
.
Tolte
le
pochissime
eroine
che
hanno
la
sapiente
dolcezza
della
rassegnazione
e
che
col
lavoro
onesto
sanno
ricostruirsi
la
vita
che
l
'
inganno
d
'
un
uomo
minacciava
di
spezzare
per
sempre
,
tolte
le
poche
energiche
che
nell
'
impeto
del
dolore
pel
vigliacco
abbandono
trovano
il
coraggio
criminoso
di
vendicarsi
dell
'
amante
col
coltello
,
col
revolver
,
col
vetriolo
,
tutte
le
altre
scendono
più
o
meno
lentamente
la
scala
del
vizio
,
povere
candide
foglie
di
magnolia
che
il
primo
contatto
ha
ingiallito
per
sempre
!
E
che
accade
dei
figli
?
di
quell
'
esercito
di
illegittimi
che
sorgono
ogni
anno
a
minacciare
la
società
,
di
cui
dicono
i
vizii
nascendo
,
e
di
cui
rappresentano
,
vivendo
,
i
vizii
e
i
delitti
?
Un
piccolo
numero
di
illegittimi
paga
subito
,
colla
morte
violenta
,
la
colpa
e
la
vergogna
della
nascita
.
L
'
infanticidio
è
l
'
estrema
aberrazione
della
fanciulla
tradita
,
che
non
seppe
uccider
sé
stessa
né
vendicarsi
contro
l
'
amante
,
e
che
sopprime
l
'
innocente
,
la
prova
viva
e
strillante
del
suo
disonore
.
E
i
giurati
assolvono
il
delitto
orrendo
-
33
assoluzioni
ogni
100
infanticidii
-
non
solo
perché
essi
sentono
che
il
delitto
in
questo
caso
non
è
la
conseguenza
di
passioni
malvagie
,
bensì
la
testimonianza
sanguinosa
d
'
una
rivolta
legittima
,
ma
assolvono
anche
perché
essi
si
trovano
di
fronte
solo
la
fanciulla
-
madre
,
non
vedono
l
'
uomo
,
il
complice
necessario
che
è
lontano
,
e
questa
ingiustizia
li
disarma
e
li
rende
indulgenti
....
E
quando
l
'
infanticidio
non
lo
compie
la
madre
,
pensa
la
società
matrigna
a
commetterlo
sui
figli
illegittimi
.
Usciti
alla
luce
dopo
mesi
di
ansie
e
di
dolori
,
privi
d
'
ogni
cura
igienica
come
d
'
ogni
cura
morale
,
essi
sono
sacrati
dalla
morte
;
e
ne
muore
infatti
l'11
per
cento
nel
primo
mese
e
il
24
per
cento
nel
primo
anno
.
Poi
....
poi
....
gli
altri
che
restano
-
senza
un
nome
,
senza
una
posizione
,
incapaci
d
'
orgoglio
-
traversano
la
vita
con
l
'
odio
latente
contro
l
'
ingiustizia
di
cui
son
vittime
,
e
popolano
i
nostri
ospedali
e
le
nostre
prigioni
!
E
allora
,
in
presenza
di
questi
bimbi
che
,
se
non
sono
uccisi
o
non
muoion
di
stenti
,
divengono
la
zavorra
sociale
,
in
presenza
di
tante
donne
che
cadon
nel
fango
,
se
non
entrano
in
prigione
per
essersi
vendicate
dell
'
amante
,
io
vorrei
ripetere
la
domanda
che
il
Senatore
Rivet
rivolgeva
ai
legislatori
del
suo
paese
:
io
vorrei
chiedere
ai
gravi
uomini
politici
che
nelle
questioni
di
commercio
e
di
dogana
sono
così
spesso
protezionisti
arrabbiati
,
io
vorrei
chiedere
se
troveranno
ancora
che
è
inutile
protegger
la
donna
dalle
seduzioni
del
maschio
,
e
se
si
pronuncieranno
ancora
per
il
libero
scambio
degli
abbandoni
e
degli
infanticidii
,
dicendo
con
una
beata
indifferenza
:
lasciate
fare
,
lasciate
passare
!
*
Forse
-
poiché
l
'
egoismo
maschile
è
tanto
grande
-
non
si
riuscirà
ad
ottenere
che
l
'
uomo
provveda
,
almeno
economicamente
,
alle
prime
necessità
dei
figli
illegittimi
,
finché
le
donne
non
avranno
pari
agli
uomini
il
diritto
di
voto
e
quindi
il
diritto
di
fare
le
leggi
.
Lo
constatava
col
suo
sorriso
arguto
di
filosofo
canzonatore
anche
Beaumarchais
quando
nel
Mariage
de
Figaro
,
alludendo
appunto
al
modo
con
cui
il
Codice
tratta
la
donna
che
ha
peccato
d
'
amore
,
scriveva
:
de
cette
absurde
injusticefaut
-
il
dire
le
pourquoi
?
Les
plus
forts
ont
fait
la
loi
!
Questa
questione
del
voto
alle
donne
-
in
cui
s
'
appunta
lo
sforzo
maggiore
del
feminismo
-
parmi
appartenga
al
numero
di
quei
problemi
politici
,
e
son
molti
,
pur
troppo
,
che
spaventano
più
per
l
'
ignoranza
che
si
ha
delle
loro
conseguenze
,
che
per
la
conoscenza
delle
ragioni
che
li
sostengono
.
Noi
abbiamo
,
spesso
,
la
paura
delle
parole
:
noi
abbiamo
,
talvolta
,
l
'
avversione
istintiva
per
certe
riforme
che
immaginiamo
gravide
di
chi
sa
quanti
e
quali
pericoli
.
Anche
gli
uomini
adulti
,
come
i
bambini
,
hanno
i
loro
cauchemars
.
Ma
quando
spunta
il
sole
i
fantasmi
scompaiono
,
e
quando
certi
problemi
si
studiano
da
vicino
al
lume
tranquillo
dell
'
osservazione
scientifica
,
ci
si
accorge
che
essi
non
erano
così
rivoluzionarii
come
la
nostra
timidità
e
il
nostro
misoneismo
temevano
.
Il
voto
alle
donne
!
Per
essere
sincero
comincio
col
dichiarare
che
io
non
credo
che
le
nostre
leggi
attuali
lo
riconoscano
:
chi
lo
crede
non
può
essere
che
un
partigiano
il
quale
scambia
il
suo
desiderio
per
la
realtà
,
o
un
avvocato
,
il
quale
-
secondo
il
solito
-
sostiene
che
la
legge
sancisce
l
'
opinione
del
suo
cliente
!
No
:
le
nostre
leggi
non
riconoscono
nella
donna
il
diritto
di
voto
politico
....
ma
lo
potrebbero
,
lo
dovrebbero
riconoscere
.
Ho
letto
molte
pagine
pro
e
contro
il
voto
femminile
,
e
naturalmente
anche
i
discorsi
pronunziati
recentemente
alla
Camera
,
dove
,
per
miracolo
!
l
'
estrema
destra
di
Luigi
Luzzatti
si
è
trovata
d
'
accordo
coll
'
estrema
sinistra
dell
'
on
.
Mirabelli
in
un
atto
di
cavalleresca
cortesia
verso
le
signore
:
ma
confesso
di
non
aver
trovato
nulla
di
meglio
,
né
per
logica
né
per
chiarezza
,
degli
argomenti
che
sviluppava
Condorcet
,
nientemeno
che
120
anni
fa
,
nel
Journal
de
la
Sociéte
de
1789
.
Il
diritto
di
eleggere
ed
essere
eletto
è
fondato
per
gli
uomini
sul
loro
carattere
di
creature
intelligenti
e
libere
.
Non
sono
creature
tali
anche
le
donne
?
I
soli
limiti
a
quel
diritto
sono
la
condanna
a
una
pena
afflittiva
o
infamante
,
e
la
minorità
.
Ebbene
:
forse
che
tutte
le
donne
ebbero
conti
a
regolare
colla
giustizia
,
o
non
è
scritto
all
'
articolo
240
del
Codice
Civile
che
ogni
individuo
dei
due
sessi
all
'
età
di
21
anno
è
maggiore
?
Si
argomenterà
forse
dalla
pretesa
inferiorità
mentale
della
donna
?
È
assurdo
,
perché
-
dato
che
tale
inferiorità
esista
-
forse
che
gli
uomini
poco
intelligenti
non
hanno
diritto
di
voto
?
Ma
l
'
infimo
impiegato
d
'
ordine
dell
'
infima
amministrazione
ha
gli
identici
diritti
politici
di
Guglielmo
Marconi
!
Si
argomenterà
dalla
debolezza
fisica
delle
donne
?
Se
questa
obbiezione
valesse
,
bisognerebbe
sottoporre
gli
elettori
a
un
giurì
di
medici
,
e
poiché
non
si
è
ancora
istituita
la
visita
medica
elettorale
e
votano
nevrastenici
,
epilettici
ed
alcoolisti
,
mi
sembra
che
-
per
ciò
che
riguarda
la
salute
-
potrebbero
votare
anche
le
donne
.
L
'
obbiezione
capitale
-
tutti
lo
sanno
e
lo
sentono
-
consiste
nell
'
osservare
che
,
aprendo
alle
donne
la
vita
politica
,
si
distolgono
dalla
famiglia
.
Ma
non
le
distolgono
dalla
famiglia
anche
oggi
,
più
assai
dell
'
ipotetica
partecipazione
alla
vita
politica
,
le
professioni
manuali
e
il
commercio
?
Non
è
la
nostra
vita
affrettata
e
febbrile
che
lancia
nelle
officine
,
nei
magazzini
,
nelle
amministrazioni
,
le
fanciulle
,
le
spose
,
le
madri
?
Non
è
questo
terribile
aculeo
della
lotta
economica
,
non
è
l
'
ansia
del
guadagno
,
non
è
la
fatalità
della
grande
industria
che
toglie
l
'
operaia
al
suo
focolare
,
al
suo
bambino
,
ai
suoi
doveri
di
madre
e
di
moglie
,
per
sequestrarla
tutto
il
giorno
là
dove
il
mostro
della
civiltà
ha
bisogno
del
suo
lavoro
?
Protestiamo
pure
contro
questa
immane
e
dura
necessità
,
ma
non
accusiamo
il
voto
politico
di
produrre
un
danno
che
già
il
capitalismo
,
la
macchina
,
la
creazione
dei
grandi
opifici
hanno
prodotto
.
Non
è
la
piccola
scheda
bianca
che
toglierebbe
la
donna
alla
casa
e
alla
famiglia
,
di
dove
l
'
ha
già
distolta
la
grande
industria
e
la
nera
officina
.
Forse
che
per
votare
-
o
per
apprendere
quel
tanto
che
occorre
per
votare
con
coscienza
e
con
libertà
-
la
donna
dovrebbe
impiegare
quelle
otto
o
dieci
ore
di
lavoro
al
giorno
,
che
oggi
ella
ruba
alla
sua
famiglia
....
senza
che
gli
antifeministi
protestino
?
O
forse
che
gli
antifeministi
non
si
preoccupano
della
donna
che
deve
guadagnarsi
la
vita
col
suo
lavoro
-
e
che
è
pure
la
gran
maggioranza
-
e
pensano
soltanto
alla
donna
ricca
e
agiata
,
facendo
una
comoda
sociologia
da
salotto
,
come
Paul
Bourget
fa
della
psicologia
da
milionari
studiando
soltanto
anime
umane
che
abbiano
almeno
cento
mila
lire
di
rendita
?
Io
non
vedo
,
dunque
,
lo
confesso
,
un
solo
argomento
che
possa
validamente
contrastare
in
teoria
il
diritto
di
voto
alle
donne
.
Quanto
alla
pratica
-
cioè
all
'
immediata
attuazione
-
prescindendo
da
coloro
che
temono
dal
voto
femminile
una
riscossa
reazionaria
-
sono
le
donne
stesse
che
dimostrano
di
non
sentirne
l
'
imperiosa
necessità
.
In
Austria
dove
,
da
oltre
trent
'
anni
,
le
donne
del
grande
possesso
nobile
hanno
diritto
di
voto
,
poco
e
raramente
lo
esercitano
.
In
Francia
e
in
Belgio
,
paesi
più
evoluti
del
nostro
,
non
si
è
ancora
tentata
l
'
ardita
riforma
.
In
Italia
,
basterebbe
constatare
l
'
indifferenza
con
cui
la
maggior
parte
del
pubblico
femminile
ha
seguìto
la
recente
discussione
parlamentare
-
che
fu
del
resto
più
un
'
esercitazione
rettorica
che
l
'
espressione
eloquente
d
'
un
sentimento
sincero
-
per
convincersi
che
all
'
entusiasmo
di
poche
non
segue
il
consenso
pieno
e
caldo
di
tutte
.
Basterebbe
,
sopratutto
,
gettare
uno
sguardo
sulla
statistica
spaventosa
delle
donne
analfabete
-
il
50
per
cento
delle
spose
italiane
non
sanno
nemmeno
firmare
col
proprio
nome
l
'
atto
di
matrimonio
!
!
-
per
comprendere
che
troppe
altre
cose
più
urgono
fra
noi
per
la
vera
emancipazione
della
donna
!
*
Proclamare
,
dunque
,
tutti
i
diritti
,
non
far
dedizione
d
'
alcuno
anche
lontano
ed
altissimo
,
ma
perseguire
con
tenacia
conquiste
immediatamente
più
utili
e
necessarie
,
ecco
la
tattica
di
un
feminismo
fecondo
.
Volere
la
donna
pari
all
'
uomo
,
ma
cercar
di
elevarla
,
con
l
'
educazione
e
con
l
'
istruzione
a
quella
dignità
cui
ella
agogna
.
Giacché
,
più
che
la
donna
elettrice
,
più
che
la
donna
politicante
,
urge
oggi
rivendicare
la
donna
nella
semplicità
della
sua
sacra
funzione
,
cioè
la
donna
che
ama
.
Io
non
credo
al
feminismo
spurio
che
sotto
il
nome
di
lotta
di
sesso
vuol
far
guerra
all
'
uomo
,
vuol
mascolinazzare
la
donna
,
vuol
dare
ad
intendere
ch
'
essa
possa
fare
a
meno
dell
'
uomo
.
Ciò
è
contro
la
natura
,
contro
la
bellezza
,
contro
l
'
amore
!
Io
credo
al
feminismo
che
innalza
la
donna
,
che
le
apre
tutte
le
vie
,
in
modo
che
la
sua
mente
possa
spaziare
fin
là
dove
una
volta
non
arrivava
nemmeno
il
suo
sguardo
,
ma
le
lascia
però
intatte
tutte
le
sue
femminili
attrattive
.
Gli
è
appunto
quando
la
donna
è
veramente
donna
,
e
non
un
ibrido
campione
del
terzo
sesso
,
che
ella
può
creare
capolavori
.
Le
donne
che
hanno
scritto
dei
libri
che
resteranno
non
sono
le
donne
che
hanno
ucciso
in
sé
stesse
il
sesso
per
meglio
misurarsi
nella
concorrenza
brutale
col
maschio
,
ma
sono
le
donne
che
hanno
amato
.
Se
c
'
è
una
poesia
femminile
che
commuova
,
è
quando
esprime
la
passione
:
se
c
'
è
un
'
opera
d
'
arte
di
donna
che
s
'
imponga
è
quando
l
'
ha
infiammata
l
'
amore
.
Diceva
il
Guizot
che
ricercando
un
giorno
con
Macaulay
quale
fosse
,
nella
letteratura
,
l
'
opera
femminile
che
più
si
avvicinava
alla
perfezione
,
s
'
eran
trovati
d
'
accordo
nel
pensare
che
erano
le
lettere
di
M.me
de
Sevigné
,
e
che
entrambi
avevano
attribuito
la
superiorità
di
quel
capolavoro
al
fatto
che
era
l
'
opera
d
'
una
madre
.
Non
dunque
un
feminismo
che
spenga
ciò
che
vi
è
di
più
puro
e
di
più
sacro
nella
donna
:
non
un
feminismo
che
divida
ed
odii
,
ma
un
feminismo
che
eguagli
e
rinsaldi
i
legami
spirituali
fra
l
'
uomo
e
la
donna
.
Diamo
alla
donna
tutti
i
diritti
che
le
spettano
-
ella
vedrà
se
è
il
caso
di
esercitarli
-
ma
diamole
sopratutto
quell
'
educazione
libera
e
fiera
di
cui
manca
,
e
che
le
è
necessaria
per
comprendere
che
ella
deve
essere
,
non
la
nostra
concorrente
,
ma
la
nostra
alleata
,
e
che
il
suo
miglioramento
significa
raddoppiare
le
forze
intellettuali
del
genere
umano
e
quindi
le
probabilità
di
una
vita
felice
.
Come
l
'
uomo
e
la
donna
sono
fisiologicamente
necessari
per
creare
la
vita
,
così
l
'
accordo
fra
loro
-
pari
ormai
di
coltura
di
dignità
di
diritti
-
è
necessario
per
creare
il
progresso
.
Questa
è
la
verità
,
e
questa
,
io
credo
,
è
anche
la
poesia
!
Una
delle
più
illustri
feministe
italiane
,
Anna
Maria
Mozzoni
,
confessava
:
"
povere
ribelli
siamo
noi
,
che
amiamo
i
nostri
nemici
!
"
.
E
in
queste
parole
sta
la
conclusione
migliore
del
nostro
problema
,
giacché
se
è
vero
che
l
'
uomo
non
è
mosso
ad
agire
altro
che
dal
desiderio
di
far
omaggio
di
tutto
ciò
che
egli
conquista
-
fama
onori
ricchezze
-
alla
donna
che
ama
,
anche
il
feminismo
non
può
e
non
deve
essere
che
la
rivendicazione
della
personalità
della
donna
perché
questa
possa
più
nobilmente
offrirla
a
colui
che
essa
liberamente
si
è
scelto
.
L
'
ISTRUZIONE
DELLA
DONNA
.
Il
faut
élever
la
jeune
fille
avec
la
pensée
constante
qu
'
elle
sera
un
jour
la
compagne
de
l
'
homme
.
M.me
DE
STAËL
.
Si
racconta
che
essendosi
chiesto
una
volta
a
Legouvé
in
quale
periodo
della
vita
dei
suoi
figli
egli
cominciasse
la
sua
azione
di
educatore
:
Prima
che
nascano
,
rispose
.
Pur
troppo
,
pochissimi
padri
saprebbero
e
potrebbero
rispondere
con
la
profondità
filosofica
e
con
la
previdente
affettuosità
di
Ernesto
Legouvé
;
e
certo
nessun
governo
ha
mai
voluto
spingere
così
indietro
e
così
lontano
le
sue
cure
per
l
'
educazione
de
'
cittadini
.
I
governi
,
in
genere
,
non
pensano
all
'
educazione
ma
soltanto
all
'
istruzione
,
e
non
sempre
felicemente
e
compiutamente
nemmeno
a
questa
.
Se
la
statistica
fu
definita
una
specie
di
bromuro
scientifico
poiché
calma
,
colla
doccia
fredda
delle
cifre
,
i
nervi
eccitati
della
nostra
curiosità
,
c
'
è
una
statistica
che
dovrebbe
,
anziché
calmare
i
nostri
nervi
,
irritarli
,
e
farci
salire
al
viso
le
fiamme
della
vergogna
per
la
nostra
inferiorità
di
fronte
agli
altri
popoli
civili
.
Intendo
la
statistica
dell
'
analfabetismo
.
Mentre
in
Germania
si
contano
appena
2.45
analfabeti
su
100
abitanti
,
e
in
Inghilterra
3.45
,
e
in
Francia
3.50
,
noi
italiani
vinciamo
il
triste
record
della
barbarie
anche
in
confronto
alla
Russia
,
giacché
questa
ha
36
analfabeti
su
100
abitanti
,
e
noi
ne
abbiamo
52.93
.
E
pur
troppo
questa
statistica
complessiva
-
se
si
volesse
distinguere
per
sesso
-
riuscirebbe
assai
più
grave
per
la
donna
che
per
l
'
uomo
!
Infatti
,
prendendo
come
termine
di
paragone
i
dati
demografici
che
riguardano
i
matrimonii
innanzi
agli
ufficiali
dello
Stato
Civile
(
se
si
consultassero
anche
i
matrimonii
religiosi
sarebbe
ancor
peggio
!
)
noi
troviamo
che
su
100
sposi
,
soltanto
35.50
non
seppero
firmare
l
'
atto
nuziale
,
mentre
su
100
spose
non
lo
seppero
firmare
47.95
.
Quindi
-
ed
è
veramente
doloroso
a
dirsi
-
quindi
la
metà
delle
mogli
e
delle
madri
italiane
non
sanno
nemmeno
scrivere
il
proprio
nome
!
Immaginiamoci
la
coltura
della
maggior
parte
dell
'
altra
metà
!
E
sorvolo
,
per
carità
di
patria
,
sul
fatto
che
in
Germania
,
in
Francia
e
in
Inghilterra
le
spose
che
non
sanno
sottoscrivere
l
'
atto
di
matrimonio
raggiungono
appena
la
cifra
del
2
,
del
3
,
al
massimo
del
4
per
cento
.
Di
fronte
a
queste
constatazioni
-
che
sono
vergognose
e
socialmente
pericolose
,
ma
che
i
nostri
uomini
politici
pare
siano
abituati
a
considerare
con
olimpica
indifferenza
,
come
un
male
necessario
che
la
terza
Italia
ha
ereditato
dall
'
Italia
dei
Papi
-
di
fronte
a
queste
constatazioni
verrebbe
fatto
a
un
ingenuo
di
domandare
:
"
Ma
c
'
è
o
non
c
'
è
,
in
Italia
,
una
legge
sull
'
istruzione
obbligatoria
?
"
.
La
legge
c
'
è
,
e
da
più
di
trent
'
anni
,
perché
appunto
dal
1877
fa
parte
della
raccolta
delle
innumerevoli
Leggi
e
Decreti
del
Regno
,
ma
....
chi
pon
mano
ad
essa
?
Questa
nostra
legge
-
che
ebbe
l
'
unico
merito
di
precedere
quelle
analoghe
di
Francia
e
di
Inghilterra
-
ebbe
,
fra
gli
altri
,
il
torto
gravissimo
,
dovuto
a
ragioni
finanziarie
,
di
limitare
dai
6
ai
9
anni
l
'
età
in
cui
l
'
istruzione
è
obbligatoria
.
Questo
periodo
di
tre
anni
era
troppo
breve
,
non
solo
per
lo
scopo
diretto
dell
'
istruzione
,
ma
anche
per
lo
scopo
indiretto
di
prevenzione
sociale
che
la
scuola
dovrebbe
prefiggersi
.
Tutti
i
paesi
civili
avevano
stabilito
un
periodo
più
lungo
per
lo
meno
del
doppio
:
in
Francia
l
'
istruzione
è
obbligatoria
dai
6
ai
13
anni
,
in
Austria
,
in
Ungheria
,
in
Germania
dai
6
ai
14
,
in
Inghilterra
dai
5
ai
14
,
in
Isvizzera
dai
6
ai
16
anni
.
E
sorgeva
spontanea
la
domanda
:
il
bambino
e
la
bambina
italiani
che
a
9
anni
compiuti
non
hanno
più
l
'
obbligo
di
frequentare
la
scuola
,
che
cosa
faranno
?
(
Parlo
,
si
capisce
,
dei
bimbi
di
quelle
infime
classi
sociali
che
non
potendo
darsi
il
lusso
di
continuare
l
'
istruzione
per
conto
proprio
,
mandano
i
loro
figli
a
scuola
-
se
li
mandano
!
-
solo
nel
periodo
fissato
dalla
legge
)
.
A
questi
bambini
sarà
evidentemente
scuola
la
strada
,
poiché
il
padre
e
la
madre
,
contadini
o
operai
,
occupati
nei
lavori
dei
campi
o
delle
officine
,
li
lascieranno
vagabondare
,
lieti
d
'
avere
per
qualche
ora
un
pensiero
e
una
noia
di
meno
....
Il
ministro
Orlando
si
rese
conto
di
questa
inferiorità
del
nostro
paese
,
che
equivaleva
a
un
pericolo
sociale
,
e
colla
legge
.
luglio
1904
estese
l
'
obbligo
dell
'
istruzione
fino
al
dodicesimo
anno
di
età
e
fornì
ai
Comuni
i
mezzi
per
istituire
corsi
d
'
istruzione
elementare
superiore
.
L
'
intenzione
era
nobilissima
,
ma
rimase
semplicemente
....
intenzione
.
Si
può
dire
infatti
senza
peccare
di
soverchio
pessimismo
,
che
la
legge
del
1904
non
è
osservata
in
pratica
.
E
non
è
osservata
perché
le
pene
ai
genitori
che
vi
contravvengono
sono
più
miti
che
altrove
(
un
'
ammenda
di
50
centesimi
!
)
e
perché
oltre
ad
essere
miti
,
sono
rarissimamente
applicate
.
Così
non
solo
la
legge
sull
'
istruzione
obbligatoria
non
è
osservata
,
ma
è
del
tutto
inutile
,
giacché
in
Italia
la
scuola
è
frequentata
soltanto
....
da
chi
vi
si
reca
spontaneamente
.
Mentre
,
infatti
,
in
Inghilterra
e
agli
Stati
Uniti
,
sia
per
la
maggiore
educazione
del
popolo
,
sia
per
l
'
inflessibile
rigore
anglosassone
con
cui
sono
puniti
i
contravventori
alla
legge
,
non
esiste
una
differenza
apprezzabile
fra
il
numero
degli
alunni
che
dovrebbero
frequentare
la
scuola
e
il
numero
di
coloro
che
effettivamente
la
frequentano
,
da
noi
invece
pur
troppo
,
un
terzo
degli
alunni
che
vi
sarebbero
obbligati
disertano
la
scuola
.
Si
tratta
cioè
di
un
milione
,
badate
,
di
un
milione
di
bambini
e
bambine
che
dovrebbero
frequentare
la
scuola
e
non
la
frequentano
.
Ed
è
così
apatica
la
nostra
indole
,
che
nessuno
chiede
spiegazione
di
questa
trascuratezza
che
costituisce
un
delitto
;
nessuno
domanda
di
chi
è
la
colpa
se
la
legge
sull
'
istruzione
obbligatoria
non
viene
osservata
;
nessuno
pensa
che
un
milione
di
bimbi
fra
i
6
e
i
12
anni
sul
lastrico
della
via
significa
un
futuro
pericolo
sociale
gravissimo
,
significa
l
'
analfabetismo
colle
sue
conseguenze
fatali
,
il
vagabondaggio
e
la
delinquenza
!
E
mentre
è
facile
trovare
,
nel
Parlamento
e
fuori
,
chi
alzi
fiere
proteste
contro
ogni
irregolarità
e
contro
ogni
abuso
-
purché
siano
,
s
'
intende
,
commessi
dagli
avversarii
politici
,
perché
quando
sono
commessi
dai
correligionarii
anche
i
delitti
si
scusano
,
-
è
difficilissimo
il
trovare
chi
senta
il
bisogno
e
il
dovere
di
salire
su
dalla
morta
gora
del
pettegolezzo
politico
e
del
piccolo
scandalo
parlamentare
,
per
guardare
in
faccia
i
veri
problemi
che
interessano
la
vita
della
nazione
,
e
per
chiedere
che
non
sia
abbandonata
all
'
ignoranza
dei
più
e
all
'
indolenza
del
governo
la
funzione
della
scuola
,
in
cui
riposa
la
migliore
energia
del
popolo
e
la
salute
dell
'
avvenire
!
Mi
si
perdoni
se
,
per
chiudere
questo
argomento
,
insisto
ancora
con
delle
cifre
:
saranno
le
ultime
.
Il
numero
degli
alunni
d
'
ambo
i
sessi
raggiunge
circa
il
20
per
cento
sul
totale
della
popolazione
in
tutti
i
paesi
civili
:
è
il
20.70
nella
Svizzera
,
il
20.38
agli
Stati
Uniti
,
il
20.00
in
Baviera
e
Sassonia
:
da
noi
è
soltanto
il
7.89
per
cento
.
E
non
occorre
fare
dell
'
alta
sociologia
per
riconoscere
questa
verità
assiomatica
:
che
la
percentuale
massima
nel
numero
degli
alunni
è
l
'
indice
tangibile
della
massima
civiltà
,
ossia
dei
paesi
dove
è
maggiore
il
benessere
materiale
,
più
diffusa
l
'
industria
,
e
minore
il
numero
de
'
reati
.
*
Sono
molte
le
scuse
o
le
giustificazioni
che
si
adducono
per
spiegare
questa
nostra
inferiorità
.
Ma
,
sorvolando
sulle
secondarie
,
le
cause
principali
del
doloroso
fenomeno
si
possono
ridurre
a
due
,
una
sociale
,
l
'
altra
strettamente
economica
.
La
causa
sociale
e
,
in
parte
,
di
razza
,
-
che
potrà
,
speriamo
,
affievolirsi
col
tempo
ma
che
oggi
è
ancora
fortissima
specie
nell
'
Italia
meridionale
,
-
consiste
nel
fatto
che
i
genitori
italiani
non
intendono
l
'
utilità
della
scuola
pei
loro
bambini
,
preferiscono
sfruttarli
col
lavoro
e
colla
mendicità
in
età
ancor
tenera
,
o
lasciarli
in
ozio
in
mezzo
alla
via
....
Il
vizio
è
nel
sangue
,
e
le
leggi
possono
fare
ben
poco
!
Nel
Belgio
,
per
esempio
,
non
esiste
istruzione
obbligatoria
;
eppure
colà
le
scuole
sono
frequentatissime
.
Altra
razza
,
e
,
diciamolo
pure
,
altro
grado
di
civiltà
!
E
poiché
in
Italia
le
autorità
-
come
ho
detto
-
non
si
prendon
la
pena
di
infligger
multe
a
quei
genitori
che
non
inviano
i
loro
figli
alla
scuola
,
il
cattivo
esempio
s
'
estende
,
e
la
piaga
si
fa
cancrena
.
Dunque
:
in
basso
,
incredulità
nei
vantaggi
dell
'
istruzione
:
in
alto
,
indolenza
nel
reprimere
le
contravvenzioni
,
-
ecco
gli
ostacoli
contro
cui
si
dibatte
fra
noi
il
problema
della
scuola
.
Ma
l
'
ostacolo
maggiore
è
l
'
ostacolo
economico
,
la
difficoltà
finanziaria
.
È
noto
che
in
molti
Comuni
le
scuole
sono
in
uno
stato
così
deplorevole
,
da
giustificare
quasi
coloro
che
non
le
frequentano
.
Si
è
sempre
detto
,
e
si
continua
a
dire
,
che
non
ci
sono
denari
per
il
Ministero
dell
'
Istruzione
Pubblica
,
il
cui
bilancio
è
notoriamente
la
cenerentola
dei
bilanci
italiani
.
Io
credo
che
,
come
i
giornali
ricorrono
alla
scusa
della
tirannia
dello
spazio
per
giustificare
la
non
pubblicazione
di
ciò
che
non
vogliono
pubblicare
,
così
i
governi
riparano
dietro
la
scusa
della
tirannia
finanziaria
per
non
spendere
mai
danari
dove
non
li
vogliono
spendere
.
Noi
siamo
ancor
vittime
del
pregiudizio
che
per
la
grandezza
della
patria
occorra
crear
fucili
e
cannoni
anziché
teste
ed
uomini
,
e
noi
dimentichiamo
che
le
vittorie
dell
'
esercito
tedesco
sono
dovute
alla
coltura
dei
suoi
soldati
.
Per
questo
la
Germania
,
che
sa
preparare
da
lontano
le
sue
vittorie
,
non
lesina
danaro
all
'
istruzione
pubblica
:
per
questo
il
solo
regno
di
Prussia
spende
356
milioni
all
'
anno
per
la
sola
istruzione
popolare
,
e
la
stampa
tedesca
anche
la
più
conservatrice
trova
che
è
poco
,
e
noi
invece
ci
accontentiamo
di
un
bilancio
totale
dell
'
istruzione
pubblica
che
s
'
aggira
intorno
ai
100
milioni
,
di
cui
lo
Stato
ne
paga
meno
della
metà
e
il
resto
lo
pagano
i
Comuni
!
Io
non
voglio
-
né
saprei
-
discutere
se
oggi
in
Italia
uomini
politici
che
veramente
e
fermamente
volessero
,
potrebbero
ottenere
che
per
l
'
istruzione
pubblica
si
facesse
più
di
quanto
oggi
si
faccia
:
certo
so
che
la
grande
riforma
che
la
patria
aspetta
è
l
'
aumento
delle
risorse
materiali
della
scuola
.
Aumento
tanto
più
necessario
in
quanto
che
ora
s
'
avanza
-
oltre
e
insieme
ai
maschi
-
l
'
esercito
femminile
,
che
una
volta
era
non
solo
assolutamente
escluso
dalle
scuole
secondarie
e
,
Dio
liberi
,
dalle
Università
,
ma
era
anche
escluso
,
se
non
in
via
assoluta
,
almeno
in
forza
del
costume
e
dell
'
abitudine
,
dalla
scuola
primaria
.
Una
volta
non
si
riconosceva
alcun
diritto
di
istruzione
nelle
donne
.
Sottomesse
giuridicamente
,
lo
erano
anche
intellettualmente
,
e
gli
uomini
le
lasciavano
,
le
volevano
lasciare
nella
più
beata
ignoranza
.
Une
femme
en
sait
toujours
assez
diceva
Molière
quand
la
capacité
de
son
esprit
so
hausseà
connaître
un
pourpoint
d
'
avec
un
haut
de
cnausse
.
E
Goethe
in
una
lettera
ad
un
amico
sosteneva
che
l
'
istruzione
della
donna
doveva
limitarsi
alle
nozioni
più
elementari
e
consigliava
di
affidare
alle
ragazze
le
cure
della
cucina
e
del
giardino
e
di
far
lavorare
coll
'
ago
quelle
che
preferissero
star
sedute
.
La
citazione
è
forse
un
po
'
troppo
antica
?
Elisabetta
d
'
Austria
confessava
al
suo
fedele
e
forse
unico
amico
il
dottor
Christomanos
:
"
meno
le
donne
imparano
e
più
esse
hanno
pregio
,
poiché
esse
estraggono
dal
loro
io
tutta
la
loro
scienza
.
Il
resto
non
fa
che
snaturarle
:
esse
disimparano
una
parte
di
loro
stesse
per
appropriarsi
imperfettamente
un
po
'
di
grammatica
o
un
po
'
di
logica
"
.
Questa
avversione
alla
coltura
può
sorprendere
nella
bocca
di
un
'
imperatrice
coltissima
,
la
quale
forse
pronunciò
quelle
parole
in
un
giorno
di
tristezza
e
di
ironia
;
ma
era
lo
stato
d
'
animo
di
quasi
tutti
fino
a
trent
'
anni
or
sono
.
Fino
a
quell
'
epoca
infatti
soltanto
una
piccola
minoranza
di
fanciulle
frequentava
le
scuole
primarie
.
E
del
resto
,
non
abbiamo
,
ognuno
di
noi
,
dei
documenti
dolorosi
di
ciò
che
fosse
l
'
educazione
femminile
della
generazione
che
ci
ha
preceduto
?
Non
troviamo
oggi
noi
stessi
nelle
donne
attempate
delle
classi
inferiori
una
gran
maggioranza
di
analfabete
,
e
non
troviamo
anche
nelle
donne
delle
classi
ricche
,
specialmente
di
certe
provincie
,
una
coltura
così
bassa
da
lasciar
germogliare
ogni
sorta
di
superstizione
?
Il
concetto
di
educare
la
donna
-
non
per
semplice
abbellimento
come
in
certi
conventi
e
in
certi
collegi
di
cui
parleremo
fra
poco
-
ma
per
renderla
intellettualmente
e
moralmente
migliore
è
dunque
un
concetto
relativamente
nuovo
.
Come
è
recente
il
fatto
che
la
donna
osi
uscire
,
per
istruirsi
,
dalla
famiglia
,
e
mescolarsi
nelle
scuole
pubbliche
coi
fanciulli
.
Ancora
pochi
anni
fa
il
numero
degli
alunni
maschi
nelle
scuole
primarie
era
dovunque
assai
maggiore
di
quello
delle
fanciulle
:
ora
tendono
ad
equilibrarsi
,
e
in
alcuni
Stati
,
in
Francia
per
esempio
e
in
Baviera
,
il
numero
delle
femmine
supera
quello
dei
maschi
.
Da
noi
-
ed
il
fenomeno
è
confortante
-
il
numero
delle
fanciulle
che
frequentano
le
scuole
elementari
va
gradatamente
e
regolarmente
crescendo
,
e
poiché
le
ultime
statistiche
di
qualche
anno
fa
davano
una
minima
differenza
fra
i
due
sessi
,
è
probabile
che
ora
l
'
esercito
delle
piccole
alunne
abbia
raggiunto
numericamente
l
'
esercito
maschile
.
C
'
è
un
'
altra
constatazione
a
farsi
,
per
noi
italiani
(
dopo
aver
rilevato
il
male
,
è
bene
poter
constatare
anche
il
bene
del
nostro
paese
)
ed
è
che
l
'
Italia
può
dirsi
fra
i
paesi
latini
il
più
progredito
riguardo
a
quel
sistema
di
coeducazione
dei
sessi
o
scuola
mista
,
universalmente
adottato
agli
Stati
Uniti
,
ma
viceversa
ancora
respinto
in
tutto
o
in
parte
dai
paesi
d
'
Europa
.
Io
credo
all
'
efficacia
intellettuale
e
morale
della
scuola
mista
,
giacché
essa
dà
maggior
vita
e
colorito
,
maggior
emulazione
al
lavoro
,
e
come
diceva
un
esperto
educatore
"
elimina
l
'
isterismo
e
ridona
l
'
ozono
della
vita
naturale
ad
una
atmosfera
resa
deleteria
dagli
antichi
costumi
monastici
"
.
È
una
triste
abitudine
quella
invalsa
finora
-
e
che
stranamente
prevale
ancor
oggi
nella
arditissima
Francia
-
di
voler
tenere
distinti
e
ben
divisi
ragazze
e
ragazzi
nei
primi
anni
della
vita
,
quando
il
sesso
ancora
non
parla
,
per
lasciarli
poi
insieme
nella
vita
di
società
proprio
quando
il
sentimento
dominante
da
una
parte
e
dall
'
altra
è
l
'
amore
!
Abituati
a
stare
insieme
fin
da
bambini
,
i
maschi
e
le
femmine
acquistano
quella
franca
e
libera
e
fraterna
camaraderie
senza
secondi
fini
,
che
,
se
spaventa
forse
le
anime
timorate
,
è
certo
più
leale
e
più
sana
di
quelle
sapienti
ritrosie
gesuitiche
in
cui
si
riassume
talvolta
tutto
il
pudore
di
certe
fanciulle
.
La
scuola
mista
non
fu
in
Italia
un
atto
di
volontà
:
fu
una
conquista
inconscia
del
pubblico
sul
governo
.
Essa
sorse
quasi
di
sorpresa
,
inavvertitamente
.
Si
cominciò
-
in
qualche
città
dove
non
esistevano
istituti
femminili
-
ad
accordar
per
favore
a
un
padre
l
'
ammissione
in
un
ginnasio
o
in
una
scuola
tecnica
della
sua
figliuola
;
e
l
'
iniziativa
ardita
,
prima
criticata
e
combattuta
come
tutte
le
iniziative
,
fu
a
poco
a
poco
imitata
.
Gli
uomini
,
sul
principio
,
sono
ribelli
,
ma
poi
,
e
in
questo
caso
per
fortuna
,
ritornano
pecore
.
Oggi
,
e
intendo
per
oggi
la
data
delle
più
recenti
statistiche
,
oltre
le
20
mila
alunne
delle
scuole
normali
,
abbiamo
più
di
9000
alunne
nelle
Scuole
tecniche
e
più
di
500
negli
Istituti
tecnici
,
più
di
2000
nei
Ginnasii
e
oltre
400
nei
Licei
.
E
ogni
anno
segna
un
aumento
costante
Ecco
le
cifre
precise
:
Debbo
questa
statistica
alla
cortesia
del
comm
.
De
Negri
,
Direttore
Generale
della
Statistica
,
che
volle
compilarla
per
me
sui
Bollettini
Ufficiali
del
Ministero
della
Pubblica
Istruzione
.
Nelle
Università
il
progresso
fu
più
lento
.
Nessuna
donna
s
'
era
laureata
in
Italia
prima
del
1877
.
In
quell
'
anno
e
nei
tre
successivi
si
ebbe
una
laureata
all
'
anno
.
Il
numero
rimase
scarsissimo
fino
al
1893
,
in
cui
furono
15
,
e
poi
salirono
fino
alla
cifra
di
52
nel
1900
Anche
questa
statistica
è
dovuta
al
Comm
.
C
.
De
Negri
=
.
Dato
l
'
abbrivo
,
è
facile
prevedere
che
l
'
aumento
continuerà
in
proporzioni
sempre
maggiori
.
Non
arriveremo
,
e
non
ci
avvicineremo
nemmeno
agli
Stati
Uniti
,
dove
le
alunne
che
frequentano
i
corsi
secondarii
(
ossia
i
nostri
ginnasii
e
licei
)
sono
più
numerose
dei
maschi
,
dove
nel
1900
si
contavano
di
fronte
a
130
mila
ragazzi
che
dicevano
di
studiare
il
latino
,
190
mila
ragazze
che
lo
studiavano
,
e
dove
oltre
alle
Università
miste
esistono
13
Collegi
universitarii
unicamente
destinati
alle
donne
con
5100
studentesse
,
-
ma
ci
metteremo
senza
dubbio
anche
noi
per
la
grande
strada
maestra
che
consente
alla
donna
quell
'
alto
grado
di
istruzione
che
la
rende
non
solo
eguale
all
'
uomo
ma
,
ciò
che
più
importa
,
indipendente
da
lui
.
Il
Tocqueville
,
il
quale
scriveva
quando
le
condizioni
della
donna
americana
non
avevano
ancor
raggiunto
il
livello
che
toccano
ai
nostri
giorni
,
era
stato
fin
da
allora
colpito
dai
progressi
del
movimento
femminile
in
America
,
e
confessava
:
"
Se
voi
mi
domandate
a
che
cosa
io
penso
doversi
attribuire
la
prosperità
singolare
e
la
forza
ognor
crescente
del
popolo
americano
,
io
risponderò
doversi
attribuire
alla
superiorità
intellettuale
delle
sue
donne
"
.
Potremo
anche
noi
meritare
,
in
un
tempo
più
o
meno
lontano
,
un
simile
elogio
da
un
altro
grande
storico
dell
'
avvenire
?
*
Prima
di
rispondere
a
questa
domanda
,
bisogna
porne
un
'
altra
:
bisogna
domandarci
:
perché
studiano
queste
studentesse
?
perché
vengono
,
sorelle
intellettuali
,
a
combattere
con
noi
la
grande
battaglia
della
scienza
contro
l
'
ignoto
,
o
dell
'
arte
per
la
bellezza
?
perché
le
troviamo
sui
nostri
passi
,
concorrenti
gentili
e
temute
,
a
darci
il
sorriso
della
loro
compagnia
,
ma
a
rubarci
,
spesso
,
la
palma
del
trionfo
?
Esse
vengon
fra
noi
perché
le
sospinge
forse
l
'
amore
allo
studio
,
perché
le
trascina
senza
forse
la
necessità
economica
.
Anche
la
donna
sente
oggi
al
pari
dell
'
uomo
il
desiderio
di
una
sua
propria
espressione
individuale
:
sente
il
bisogno
di
affermarsi
da
sola
,
col
proprio
lavoro
,
col
proprio
cervello
,
per
rendersi
indipendente
.
Direi
che
agogna
ad
una
vita
umana
nell
'
ampio
senso
latino
della
parola
,
e
non
vuol
più
rimaner
chiusa
nella
semplice
vita
sessuale
,
dove
la
storia
l
'
aveva
confinata
finora
.
Vuole
il
mondo
per
sé
,
e
non
la
famiglia
soltanto
.
È
un
bene
?
è
un
male
?
Non
importa
qui
dire
:
è
la
fatalità
!
La
donna
era
sempre
vissuta
in
una
specie
di
parassitismo
economico
.
L
'
unica
sua
speranza
e
l
'
unica
sua
carriera
era
il
matrimonio
.
Lo
stato
psicologico
della
fanciulla
era
l
'
attesa
;
e
questa
sua
condizione
di
dover
aspettare
il
marito
non
era
che
una
forma
di
muta
mendicità
.
Perciò
,
se
non
si
maritava
,
e
se
il
chiostro
non
accoglieva
le
sue
verginali
speranze
deluse
,
essa
restava
nell
'
ambiente
sociale
come
un
ramo
secco
tra
la
gloria
della
foresta
verde
e
fiorita
,
come
un
organo
che
abbia
fallito
alla
sua
funzione
,
come
un
peso
inutile
e
gravoso
alla
propria
famiglia
.
E
già
molti
anni
or
sono
l
'
Holtzendorff
aveva
presentito
la
gravità
sociale
di
questa
ingiusta
condizione
di
cose
,
e
con
la
fredda
calma
del
giurista
tedesco
aveva
posto
brutalmente
il
problema
così
:
o
la
poligamia
,
oppure
procacciare
alle
donne
escluse
dal
matrimonio
altri
modi
di
onesto
e
lucroso
collocamento
.
Allora
,
quando
l
'
Holtzendorff
scriveva
,
si
contavano
in
Germania
più
di
due
milioni
di
ragazze
di
età
superiore
ai
25
anni
non
maritate
,
capo
d
'
accusa
vivente
-
egli
diceva
-
contro
lo
spensierato
egoismo
degli
uomini
.
Quante
saranno
oggi
,
e
non
in
Germania
soltanto
,
le
oneste
ragazze
che
,
non
volendo
e
non
potendo
sposarsi
,
hanno
pur
diritto
a
un
'
esistenza
che
non
sia
l
'
avvilente
inutile
e
parassitaria
vita
della
vecchia
zitella
?
Saranno
certamente
di
più
,
poiché
in
questa
nostra
epoca
ove
tutto
è
ridotto
al
comun
denominatore
danaro
,
e
dove
le
esigenze
di
tutte
le
classi
sono
smisuratamente
cresciute
,
l
'
uomo
non
può
contrarre
matrimonio
con
la
facilità
con
cui
lo
contraeva
una
volta
.
C
'
è
-
minore
fra
noi
che
altrove
,
ma
non
trascurabile
-
una
crisi
del
matrimonio
,
prodotta
dal
fatto
che
oggi
il
mantenere
una
famiglia
è
un
problema
economico
che
non
a
tutti
è
dato
risolvere
.
Chi
muove
l
'
attività
maschile
è
ancora
e
sempre
,
come
fu
e
come
sarà
in
eterno
,
la
donna
,
e
Rudyard
Kipling
può
cantare
:
"
finché
le
nostre
donne
debbano
andare
per
le
vie
bene
abbigliate
e
il
danaro
occorra
a
comperare
i
loro
monili
,
le
baleniere
correranno
d
'
anno
in
anno
,
pe
'
mari
,
alla
ventura
"
,
-
ma
è
l
'
amante
d
'
un
mese
o
d
'
un
'
ora
che
fa
fare
all
'
uomo
questi
sacrifizii
e
questi
eroismi
:
per
la
moglie
egli
non
ha
,
generalmente
,
né
questi
pensieri
né
queste
energie
!
E
poiché
la
fanciulla
sente
questa
verità
psicologica
,
poiché
ella
s
'
accorge
che
la
dura
necessità
economica
rende
i
matrimonii
meno
frequenti
,
poiché
,
nel
rinascere
dignitoso
della
sua
personalità
,
ella
sdegna
di
attendere
come
una
schiava
che
l
'
uomo
le
getti
,
quasi
fosse
un
sultano
,
il
suo
fazzoletto
,
ecco
che
ella
ha
voluto
,
e
in
parte
ha
saputo
,
rendersi
indipendente
,
ecco
che
ella
ha
detto
:
io
studierò
,
io
lavorerò
,
io
basterò
a
me
stessa
come
un
uomo
.
Ed
è
sorto
così
un
tipo
di
donna
che
non
ha
ancora
trovato
,
forse
,
la
sua
espressione
precisa
,
ma
che
senza
dubbio
esce
dalle
tre
grandi
categorie
in
cui
Alessandro
Dumas
s
'
illudeva
di
chiudere
tutti
i
tipi
di
donna
.
Diceva
il
Dumas
che
le
donne
sono
o
vestali
o
matrone
o
cortigiane
,
cioè
donne
o
del
tempio
o
del
focolare
o
della
strada
.
Ebbene
:
per
coloro
che
si
vergognerebbero
d
'
essere
cortigiane
,
per
coloro
che
non
vogliono
essere
vestali
,
per
coloro
che
non
possono
diventare
matrone
,
deve
pur
esistere
un
'
altra
categoria
:
la
categoria
severa
ed
altera
della
donna
che
non
chiede
al
suo
sesso
e
alle
sue
attrattive
la
ragione
di
piacere
,
ma
chiede
al
suo
cervello
e
al
suo
lavoro
la
ragione
di
vivere
rispettata
e
indipendente
nel
mondo
.
*
Senonché
-
per
quanto
il
fenomeno
di
cui
ora
ho
parlato
sia
grave
ed
interessante
e
rappresenti
uno
dei
casi
più
acuti
del
nostro
malessere
sociale
-
bisogna
riconoscere
che
esso
è
in
un
certo
senso
un
fenomeno
eccezionale
nel
grande
problema
dell
'
educazione
della
donna
.
Dopo
aver
constatato
,
con
le
parole
argute
di
Anatole
France
,
che
"
la
science
peut
bien
avoir
,
comme
la
religion
,
ses
vierges
et
ses
diaconesses
"
,
dopo
aver
confessato
che
è
giusto
che
la
fanciulla
possa
trovare
le
sue
condizioni
d
'
esistenza
al
di
fuori
del
matrimonio
,
occorre
anche
dire
che
se
è
doveroso
che
la
società
gliele
faciliti
in
tutti
i
modi
,
è
altrettanto
giusto
e
direi
quasi
più
doveroso
che
la
società
si
preoccupi
di
formare
nella
fanciulla
la
sposa
e
la
madre
futura
.
Compie
quest
'
alto
ufficio
l
'
educazione
che
noi
impartiamo
oggi
alle
fanciulle
nelle
nostre
scuole
?
Ha
lo
Stato
coscienza
di
questo
suo
grande
dovere
?
Pur
troppo
noi
dobbiamo
confessare
che
oltre
la
misera
scuola
obbligatoria
,
l
'
insegnamento
femminile
assume
nel
nostro
paese
,
come
del
resto
anche
in
altre
nazioni
civili
,
un
carattere
di
privilegio
del
quale
,
sia
per
la
spesa
,
sia
per
altre
cento
difficoltà
,
ben
poche
possono
godere
.
La
scuola
secondaria
è
infatti
frequentata
in
Italia
solo
da
1/10
del
numero
totale
delle
fanciulle
.
E
vi
è
un
'
altra
e
più
dolorosa
confessione
da
fare
.
Lo
Stato
-
amo
credere
ancora
e
sempre
per
la
terribile
tirannia
finanziaria
-
non
ha
potuto
,
non
ha
saputo
attirare
a
sé
la
fiducia
delle
famiglie
,
le
quali
in
gran
maggioranza
disertano
le
scuole
e
gli
istituti
governativi
,
inviando
le
loro
figlie
ad
istituti
privati
.
Nel
1898
le
fanciulle
che
frequentavano
le
scuole
dello
Stato
erano
in
tutta
Italia
24.335
,
e
le
fanciulle
che
compivano
la
loro
educazione
nei
monasteri
erano
invece
95.404
!
!
!
Vale
a
dire
:
più
dei
3/4
delle
fanciulle
italiane
sono
educate
dalle
monache
!
Lontana
da
me
l
'
idea
di
entrare
,
a
proposito
di
queste
cifre
,
in
una
discussione
di
principii
:
io
rispetto
tutte
le
fedi
e
tutte
le
opinioni
,
e
appunto
perché
sono
incrollabilmente
ma
serenamente
fermo
nella
mia
,
non
ho
verso
le
opinioni
degli
altri
,
né
quelle
furie
verbali
,
né
quei
despotismi
giacobini
che
credono
di
essere
manifestazioni
d
'
energia
,
e
non
sono
talvolta
che
convulsioni
di
anime
incerte
le
quali
sperano
di
affogare
nella
violenza
il
dubbio
che
le
tormenta
.
Ma
mi
sarà
permesso
di
deplorare
che
lo
Stato
abbandoni
con
tanta
indifferenza
l
'
educazione
della
donna
a
chi
,
anche
se
non
guasta
per
sempre
le
idee
,
certo
non
può
dare
quel
sentimento
di
italianità
e
di
modernità
che
pure
noi
vogliamo
insegnare
ai
maschi
nelle
scuole
governative
.
Forse
è
qui
il
germe
di
quella
dissonanza
di
convinzioni
e
di
tendenze
fra
i
due
sessi
che
impedisce
a
questi
di
aver
idee
comuni
e
concordi
;
e
forse
l
'
opera
educativa
più
utile
sarebbe
appunto
di
togliere
questa
dissonanza
,
ristabilire
l
'
unissono
fra
l
'
uomo
e
la
donna
che
ora
,
pur
troppo
,
sentono
pensano
e
quindi
agiscono
in
modo
contradditorio
!
Lasciando
tuttavia
questo
problema
di
tanto
lontana
e
difficile
soluzione
,
e
limitandomi
a
parlare
dell
'
educazione
femminile
,
quale
essa
è
attualmente
,
io
credo
che
le
si
possano
rivolgere
due
critiche
,
due
critiche
opposte
ma
che
,
secondo
i
casi
,
saranno
riconosciute
per
vere
.
Negli
istituti
femminili
,
o
si
studia
troppo
,
o
si
studia
troppo
poco
.
O
v
'
è
cioè
,
l
'
eccesso
dello
studio
serio
che
uccide
l
'
allegria
e
l
'
igiene
,
o
v
'
è
la
frivolezza
di
certi
studii
fatti
più
che
altro
per
abbellimento
e
per
....
attirare
il
marito
,
frivolezza
che
corrompe
nella
fanciulla
il
carattere
e
ne
diminuisce
il
senso
di
dignità
.
In
alcuni
istituti
s
'
insegna
sopratutto
ciò
che
serve
per
far
figura
,
per
illudere
,
per
conquistare
;
si
dà
,
direi
quasi
,
una
polverizzazione
di
coltura
superficiale
perché
il
profumo
passeggiero
di
questa
coltura
inganni
chi
si
avvicina
:
non
si
insegna
nulla
di
ciò
che
nutre
veramente
il
cervello
,
di
ciò
che
rinsalda
la
coscienza
,
di
ciò
che
prepara
alla
vita
.
Da
questi
istituti
escono
quelle
bambole
che
suonano
e
cantano
,
che
civettano
e
flirtano
in
tre
o
quattro
lingue
,
e
che
la
società
accoglie
sorridendo
come
i
tipi
della
perfetta
educazione
,
senza
chiedersi
mai
se
la
fabbricazione
non
potrebbe
essere
più
accurata
o
almeno
più
solida
!
Bambole
che
attraversano
la
vita
facendo
più
male
che
bene
,
facendo
spesso
molto
male
con
la
più
tranquilla
incoscienza
,
perché
non
amano
che
sé
stesse
e
credono
che
il
mondo
sia
stato
creato
unicamente
perché
esse
possano
divertirsi
....
"
Deliziose
e
terribili
piccole
belve
-
così
le
definisce
De
Ryons
nell
'
Ami
des
femmes
-
per
le
quali
ci
si
disonora
,
ci
si
rovina
,
ci
si
uccide
,
e
di
cui
l
'
unica
preoccupazione
-
in
mezzo
a
questa
carneficina
-
è
di
vestirsi
secondo
la
moda
,
alle
volte
come
un
ombrello
,
alle
volte
come
una
campana
!
"
.
Quale
contrasto
fra
la
figura
ambigua
di
queste
donne
perfidamente
leggere
,
e
il
profilo
della
fanciulla
seria
che
dà
tutto
il
suo
giovanile
e
sincero
entusiasmo
agli
studî
,
e
vuole
ottenere
da
questi
non
una
batteria
di
seduzioni
per
accalappiare
un
marito
,
ma
un
patrimonio
intellettuale
che
serva
a
lei
sola
!
Eppure
,
come
c
'
è
l
'
esagerazione
nel
male
,
c
'
è
anche
l
'
esagerazione
nel
bene
!
Non
solo
in
molte
ragazze
,
ma
in
molti
padri
di
famiglia
,
nelle
madri
stesse
si
è
infiltrata
oggi
ed
ha
messo
radice
la
convinzione
che
più
si
studia
,
più
si
ingobbisce
sui
banchi
della
scuola
col
naso
nei
libri
e
nei
vocabolarii
,
e
meglio
è
.
L
'
abuso
e
l
'
eccesso
della
scuola
-
non
sono
io
che
lo
dico
,
ma
è
il
senatore
Angelo
Mosso
-
è
come
un
'
edera
fatale
che
ora
si
è
avvinghiata
anche
all
'
organismo
della
donna
,
e
ne
rattrista
l
'
esistenza
inaridendone
le
sorgenti
della
vita
.
Alle
fanciulle
noi
facciamo
imparare
l
'
estrazione
della
radice
cubica
,
e
neghiamo
loro
un
cortile
dove
possano
correre
a
prendere
una
boccata
d
'
aria
,
a
sgranchirsi
le
gambe
,
a
non
sentire
più
i
gomiti
delle
compagne
nei
proprii
fianchi
!
È
il
pregiudizio
dell
'
intellettualità
pedante
ed
anti
-
igienica
che
viola
le
leggi
della
salute
!
È
la
ribellione
,
in
origine
giustissima
,
contro
l
'
ignoranza
,
che
arriva
a
conseguenze
esagerate
ed
illogiche
!
Bisogna
ristabilir
l
'
equilibrio
fra
lo
sviluppo
del
cervello
e
lo
sviluppo
delle
altre
facoltà
umane
.
Bisogna
avere
per
l
'
educazione
morale
quel
concetto
armonico
che
i
greci
avevano
per
la
bellezza
fisica
.
L
'
arte
antica
non
si
preoccupava
,
come
la
nostra
,
soltanto
dell
'
ampiezza
della
fronte
pensosa
,
della
piega
del
labbro
ironica
,
della
contrazione
della
sopracciglia
irritata
.
L
'
espressione
della
bellezza
scaturiva
allora
da
tutte
le
membra
,
non
come
oggi
dalla
testa
sola
,
e
tutta
la
persona
umana
parlava
alla
fantasia
dell
'
artista
e
del
popolo
.
Ebbene
:
bisogna
applicare
questo
criterio
artistico
anche
alla
vita
sociale
.
Bisogna
sviluppare
tutte
le
membra
e
tutte
le
facoltà
dell
'
individuo
,
non
solo
il
cervello
,
perché
il
progresso
non
è
il
frutto
unico
e
mostruoso
di
quella
pianta
rara
che
è
l
'
ingegno
,
ma
è
la
messe
benefica
che
si
raccoglie
dall
'
umanità
quando
alla
vigoria
intellettuale
s
'
uniscono
la
salute
fisica
e
la
salute
morale
.
Questo
pensiero
,
questa
preoccupazione
della
salute
fisica
dovrebbe
essere
dominante
nel
problema
dell
'
educazione
della
donna
.
Anzitutto
perché
l
'
igiene
fisica
è
anche
igiene
morale
.
Là
dove
,
come
in
Inghilterra
,
nei
grandi
parchi
attigui
alle
scuole
,
le
fanciulle
alternano
le
ore
di
studio
con
le
ore
di
gioco
,
esse
sentono
aleggiare
anche
intorno
alla
loro
anima
quell
'
atmosfera
ossigenata
che
è
intorno
al
loro
corpo
,
e
come
tutto
il
loro
organismo
diventa
più
forte
,
così
i
loro
discorsi
diventan
più
puri
e
più
sani
:
non
alligna
il
pettegolezzo
sciocco
o
l
'
allusione
lubrica
che
fiorisce
invece
come
muschio
all
'
ombra
umida
delle
scuole
ove
le
fanciulle
siedono
immobili
per
lunghe
ore
del
giorno
.
Ed
è
per
questo
che
si
accentua
,
specie
all
'
estero
,
un
movimento
che
vorrebbe
trasportare
,
fuori
delle
fumose
e
assordanti
città
,
nell
'
ambiente
verde
e
tranquillo
della
campagna
le
scuole
e
gli
istituti
d
'
educazione
.
È
per
questo
che
,
oltre
alle
scuole
normali
ed
ai
ginnasii
e
ai
licei
femminili
,
dovrebbero
sorgere
anche
fra
noi
quelle
scuole
agrarie
femminili
,
di
cui
or
son
tre
anni
si
faceva
apostolo
la
più
geniale
poetessa
italiana
.
Vedendo
che
malgrado
le
rigurgitanti
scuole
normali
-
dalle
quali
fra
breve
uscirà
un
numero
di
maestre
superiore
alle
scolare
-
il
problema
della
disoccupazione
femminile
restava
immutato
,
Ada
Negri
si
chiedeva
:
"
Perché
non
tentar
d
'
aprire
,
per
la
donna
,
anche
in
Italia
,
una
via
di
attività
più
sana
e
più
serena
,
all
'
aria
aperta
,
fra
le
cose
semplici
e
pure
della
terra
,
secondando
il
suo
istinto
naturale
e
il
suo
sviluppo
fisiologico
?
Perché
non
indirizzare
verso
le
scuole
agrarie
tutte
quelle
anemiche
fanciulle
moderne
,
che
ora
impoveriscono
il
loro
sangue
sui
banchi
delle
scuole
cittadine
?
"
.
E
la
poetessa
aveva
ragione
non
solo
perché
,
anche
per
la
donna
come
per
l
'
uomo
,
val
più
oggi
un
'
istruzione
tecnica
e
pratica
di
quelle
sapienti
inutilità
di
puro
abbellimento
che
si
insegnano
in
certi
collegi
,
ma
aveva
ragione
sopratutto
perché
il
problema
dell
'
educazione
della
donna
,
a
chi
guardi
lontano
,
coincide
oggi
col
problema
della
razza
.
Se
vogliamo
che
le
generazioni
future
siano
fisicamente
più
sane
e
quindi
moralmente
più
equilibrate
di
questa
nostra
generazione
ove
i
nervi
sono
i
terribili
despoti
del
nostro
organismo
,
e
la
nevrastenia
è
,
più
che
un
'
eccezione
morbosa
,
la
triste
regola
generale
,
bisognerà
pure
che
noi
pensiamo
ad
educare
la
donna
in
modo
ch
'
essa
possa
trasmettere
ai
suoi
figli
un
sangue
purificato
dall
'
ossigeno
dell
'
aria
libera
e
dal
fresco
e
sano
odor
della
terra
.
Pur
troppo
se
la
nostra
iniziativa
latina
è
feconda
in
opere
di
beneficenza
,
è
quasi
sterile
nelle
opere
di
prevenzione
.
Noi
abbiamo
lagrime
e
danari
per
tutte
le
malattie
e
per
tutte
le
colpe
umane
.
Vecchi
,
ammalati
,
pazzi
,
ciechi
,
sordomuti
,
deficienti
,
rachitici
,
scrofolosi
,
tubercolosi
,
delinquenti
,
ogni
piaga
fisica
e
morale
è
classificata
e
curata
in
questo
immenso
ospedale
che
è
il
mondo
.
La
nostra
pietà
postuma
è
grande
quasi
quanto
la
nostra
miseria
!
Ma
noi
non
abbiamo
che
assai
raramente
danari
e
pensieri
per
prevenire
tutti
questi
mali
e
tutti
questi
dolori
!
Noi
non
riflettiamo
che
,
se
si
sapesse
educare
,
molte
di
queste
miserie
scomparirebbero
e
tutte
diminuirebbero
.
Diminuirebbero
,
sopratutto
,
se
alla
donna
,
oltre
a
un
'
educazione
religiosa
,
oltre
a
un
'
educazione
mondana
,
oltre
a
un
'
educazione
scientifica
,
si
desse
un
'
educazione
sociale
.
Aprire
il
suo
cervello
ai
problemi
maggiori
che
agitano
la
mente
dell
'
uomo
,
in
modo
che
essa
possa
essere
non
solo
la
sua
compagna
che
lo
comprende
,
ma
la
sua
coscienza
che
lo
guida
:
aprire
anche
il
suo
sentimento
affinché
ella
impari
-
nell
'
età
in
cui
è
facile
imparare
le
cose
buone
e
generose
-
che
il
suo
destino
e
la
sua
missione
non
si
chiudono
nella
mediocrità
del
benessere
egoista
,
ma
devono
spaziare
più
lontano
e
più
in
alto
.
Senza
dubbio
,
il
primo
dovere
d
'
una
donna
è
di
creare
la
felicità
intorno
a
sé
,
nella
sua
famiglia
:
crearla
coll
'
onestà
,
mantenerla
colla
dolcezza
:
ma
questo
dovere
non
basta
:
la
donna
deve
andare
più
oltre
.
Essa
deve
integrare
coi
fatti
,
coll
'
esempio
,
quanto
v
'
è
di
puro
nel
socialismo
:
essa
deve
compiere
,
non
per
un
impulso
di
pietà
inconscia
come
una
volta
,
non
per
una
moda
o
per
uno
sport
come
oggi
,
ma
per
un
dovere
cosciente
,
quasi
come
un
ufficio
specifico
della
femminilità
,
quell
'
opera
di
aiuto
,
di
conforto
materiale
e
morale
che
,
oltrepassando
l
'
orizzonte
famigliare
,
si
rivolge
ai
dolori
e
alle
ingiustizie
che
non
ci
toccano
da
vicino
.
Di
fianco
all
'
uomo
che
combatte
,
essa
deve
essere
la
fata
che
ingentilisce
ed
attenua
le
fatali
conseguenze
della
lotta
:
essa
deve
socializzare
le
anime
per
avvicinare
gli
uomini
,
-
opera
più
degna
che
socializzare
la
proprietà
per
sopprimere
le
classi
.
LA
DONNA
e
il
problema
dell
'
educazione
.
Le
donne
esercitano
una
così
grande
influenza
sugli
uomini
,
che
sono
esse
che
determinano
il
loro
carattere
.
PLATONE
.
Il
problema
femminile
sul
quale
tanto
e
forse
troppo
si
discute
,
ha
questo
di
particolare
:
che
ha
schierato
,
pro
e
contro
le
rivendicazioni
della
donna
,
gli
uomini
in
una
strana
confusione
,
quasi
essi
avessero
portato
nel
decidersi
,
non
le
ragioni
calme
e
spassionate
dell
'
osservatore
imparziale
,
ma
le
impressioni
fuggevoli
ed
egoiste
della
propria
esperienza
.
La
logica
infatti
vi
dice
che
tutti
i
novatori
dovrebbero
difendere
la
completa
ed
assoluta
emancipazione
della
donna
,
e
che
tutti
i
conservatori
dovrebbero
,
dal
canto
loro
,
avversare
questo
movimento
di
emancipazione
.
Viceversa
,
voi
trovate
-
con
sorpresa
-
dei
novatori
e
dei
socialisti
che
sono
antifeministi
,
e
dei
conservatori
e
dei
reazionarii
che
sono
feministi
.
Vicino
ad
Achille
Loria
,
anima
rigida
di
socialista
scienziato
,
il
quale
proclama
l
'
eguaglianza
della
donna
e
dell
'
uomo
e
vuole
per
la
prima
diritti
identici
a
quelli
del
secondo
,
ecco
Cesare
Lombroso
,
un
altro
scienziato
socialista
,
il
quale
dichiara
la
donna
assolutamente
inferiore
all
'
uomo
e
le
nega
perciò
eguali
diritti
.
Vicino
a
Ferdinando
Brunetière
che
,
anche
nella
questione
femminile
,
volle
farsi
paladino
di
ciò
che
è
vecchio
e
tradizionale
e
sostenne
quindi
che
la
donna
dovesse
rimanere
una
minorenne
perpetua
,
ecco
Edoardo
Rod
,
un
romanziere
cui
certo
non
si
possono
rimproverare
teorie
sovversive
,
il
quale
,
come
un
eterodosso
,
chiede
per
la
donna
diritti
identici
a
quelli
dell
'
uomo
.
Da
che
dipende
questo
vario
,
strano
ed
illogico
aggrupparsi
degli
uomini
intorno
al
problema
del
feminismo
?
Dipende
forse
dal
soggetto
stesso
della
disputa
,
e
dovremmo
noi
riconoscere
che
la
donna
-
come
ci
fa
spesso
nella
vita
dimenticare
le
nostre
idee
più
salde
rendendoci
illogici
verso
noi
stessi
-
abbia
,
anche
nel
campo
della
teoria
,
il
supremo
potere
di
piegare
alla
contraddizione
la
lama
inflessibile
del
pensiero
scientifico
?
Chi
sa
dire
se
nell
'
antifeminismo
degli
uni
non
v
'
è
,
come
lievito
inconscio
,
il
rancore
di
amori
infelici
,
e
nel
feminismo
degli
altri
il
ricordo
indulgente
di
dolcezze
passate
?
Certo
,
se
è
sempre
difficile
in
ogni
questione
l
'
astrarre
dalla
propria
persona
e
dai
casi
della
propria
vita
,
è
difficilissimo
nel
problema
femminile
,
dove
mal
si
scorge
la
linea
sottile
che
separa
il
pensiero
dal
sentimento
,
e
dove
noi
portiamo
-
senza
saperlo
e
senza
volerlo
-
quel
cumulo
di
odî
o
di
amori
,
di
speranze
o
di
gelosie
,
di
generosi
ideali
o
di
ambizioni
egoiste
,
che
la
donna
,
eterna
animatrice
,
suscita
nella
nostra
esistenza
.
Forse
ogni
uomo
,
se
vuol
esser
sincero
,
dovrà
confessare
che
quante
volte
avrà
discusso
di
feminismo
,
sostenendo
per
la
donna
ampia
partecipazione
alla
vita
pubblica
,
libertà
di
adire
tutte
le
professioni
e
godimento
di
tutti
i
diritti
fino
al
diritto
di
voto
politico
,
gli
sarà
passata
dinanzi
agli
occhi
della
mente
-
come
un
dolce
fantasma
contradditore
-
la
figura
della
sua
donna
,
della
donna
che
egli
deve
amare
sopra
tutto
e
sopra
tutti
,
e
l
'
istinto
atavico
dell
'
egoismo
maschile
,
che
vuol
mantener
chiuso
nello
scrigno
della
famiglia
il
gioiello
prezioso
,
sarà
risorto
in
lui
per
lottare
contro
il
libero
convincimento
dell
'
uomo
moderno
che
sente
di
dover
permettere
che
almeno
i
raggi
di
luce
di
quel
gioiello
vadano
ad
illuminare
gli
altri
,
e
che
sa
di
non
poter
rendere
schiava
un
'
anima
che
ha
anch
'
essa
diritto
alla
vita
multipla
e
complessa
del
mondo
moderno
.
Ma
-
al
di
fuori
di
queste
ragioni
sentimentali
-
io
credo
che
la
contraddizione
a
cui
ho
accennato
e
per
la
quale
uomini
di
idee
e
di
partiti
opposti
si
trovan
fra
loro
d
'
accordo
sia
nel
combattere
sia
nel
favorire
il
movimento
feminista
,
dipenda
da
un
motivo
più
generale
,
più
profondo
e
di
importanza
ben
più
sostanziale
.
Dipende
,
secondo
me
,
dal
fatto
che
il
problema
femminile
è
stato
mal
posto
.
Finora
si
è
creduto
che
la
base
,
quasi
direi
la
piattaforma
su
cui
si
doveva
erigere
la
disputa
consistesse
in
questa
domanda
:
è
la
donna
inferiore
o
superiore
all
'
uomo
?
Domanda
che
a
tutta
prima
sembra
afferrare
il
problema
nelle
tanaglie
di
un
dilemma
cui
non
è
dato
sfuggire
,
e
che
viceversa
è
una
domanda
inutile
e
sbagliata
.
In
psicologia
e
in
sociologia
non
valgono
le
leggi
rigide
dell
'
aritmetica
:
e
se
è
vero
che
un
dato
numero
deve
essere
necessariamente
o
inferiore
o
superiore
ad
un
altro
,
non
è
altrettanto
vero
che
un
dato
organismo
deva
anch
'
esso
essere
o
superiore
o
inferiore
ad
un
altro
:
può
essere
semplicemente
diverso
.
Un
medico
cui
si
chiedesse
se
per
vivere
è
più
importante
la
respirazione
o
la
nutrizione
,
risponderebbe
che
entrambe
sono
egualmente
importanti
e
necessarie
.
E
non
potrebbe
istituire
fra
loro
un
paragone
per
decidere
il
più
o
il
meno
dell
'
importanza
reciproca
,
giacché
la
necessità
assoluta
della
vita
non
ammette
queste
distinzioni
materiali
di
grado
.
Così
è
del
nostro
problema
.
La
donna
non
è
né
superiore
né
inferiore
all
'
uomo
:
è
diversa
.
Diversa
e
imparagonabile
ed
ugualmente
necessaria
,
giacché
l
'
uomo
e
la
donna
sono
i
due
atomi
che
formano
la
molecola
della
vita
sociale
,
senza
uno
dei
quali
la
vita
non
è
.
E
da
questa
differenza
-
profonda
psicologicamente
come
fisiologicamente
-
non
nasce
soltanto
quel
delirio
adorabile
che
si
chiama
l
'
amore
,
ma
scaturiscono
altresì
limpide
tutte
le
ragioni
per
cui
la
donna
deve
avere
diritti
non
eguali
all
'
uomo
,
ma
equivalenti
.
Non
eguali
,
perché
è
diversa
;
non
minori
perché
non
è
inferiore
;
ma
equivalenti
perché
il
suo
posto
nel
mondo
è
per
legge
di
natura
all
'
identica
altezza
di
quello
dell
'
uomo
.
Se
il
nostro
problema
fosse
stato
posto
così
-
sulla
base
cioè
di
una
disuguaglianza
tra
i
due
sessi
che
non
implica
né
superiorità
né
inferiorità
-
noi
non
avremmo
avuto
,
riguardo
al
feminismo
,
né
le
esagerazioni
pessimiste
di
certi
scienziati
,
né
le
esagerazioni
ottimiste
di
coloro
che
,
per
natural
reazione
,
vorrebbero
far
credere
che
la
donna
ha
tutte
le
attitudini
sociali
dell
'
uomo
e
in
identico
grado
.
Vedete
,
per
esempio
.
I
fisiologi
hanno
trovato
nei
tessuti
della
donna
,
nei
globuli
del
suo
sangue
,
nel
processo
evolutivo
del
suo
cervello
,
la
prova
ch
'
essa
è
fisicamente
meno
sviluppata
dell
'
uomo
.
E
gli
psicologi
,
analizzandone
l
'
intelligenza
e
la
sensibilità
,
hanno
paragonato
la
donna
ad
un
adulto
con
le
passioni
d
'
un
bambino
,
e
l
'
hanno
definita
,
come
il
bambino
,
una
spugna
educabile
.
Da
queste
constatazioni
-
che
io
per
il
primo
riconosco
vere
in
gran
parte
-
alcuni
scienziati
,
polarizzati
nell
'
idea
di
istituire
un
confronto
aritmetico
fra
i
due
sessi
,
e
sopratutto
il
pubblico
dei
profani
che
ha
la
triste
prerogativa
di
rendere
antipatica
la
scienza
interpretandola
male
-
hanno
tratto
la
conseguenza
che
la
donna
è
inferiore
all
'
uomo
.
Ma
io
vi
domando
:
forse
che
la
missione
della
donna
nel
mondo
è
uguale
a
quella
dell
'
uomo
?
e
poiché
non
lo
è
,
vi
sembra
logico
allora
il
pretendere
-
sotto
pena
di
bollarla
col
marchio
dell
'
inferiorità
-
che
la
donna
la
quale
ha
una
missione
diversa
abbia
identiche
qualità
fisiche
e
morali
dell
'
uomo
?
o
non
è
semplicemente
assurdo
l
'
esigere
che
chi
deve
compiere
funzioni
diverse
abbia
eguali
attitudini
?
Questo
equivoco
che
è
causa
dell
'
opinione
illogica
degli
anti
-
feministi
,
è
causa
altresì
dell
'
opinione
esagerata
dei
feministi
.
Costoro
voglion
la
donna
eguale
all
'
uomo
,
come
quelli
la
vogliono
inferiore
,
perché
nessuno
s
'
adatta
a
riconoscerla
diversa
e
imparagonabile
.
E
l
'
eguaglianza
fanno
consistere
non
solo
nella
conquista
che
io
reputo
legittima
di
diritti
giuridici
e
politici
,
ma
anche
nel
voler
imporre
socialmente
una
sola
morale
per
i
due
sessi
.
Due
feministi
illustri
,
nella
loro
manìa
di
voler
identificare
i
diritti
della
donna
e
dell
'
uomo
anche
di
fronte
all
'
amore
,
sono
giunti
a
due
conseguenze
estreme
ed
opposte
che
potrebbero
esse
sole
dare
la
prova
degli
assurdi
cui
si
arriva
quando
ci
si
lascia
guidare
,
non
dall
'
esame
sereno
della
realtà
,
ma
dalla
passione
e
da
un
preconcetto
.
Jules
Bois
,
il
letterato
francese
che
ama
avvolgere
la
sue
idee
sociali
nelle
nebbie
del
misticismo
e
dello
spiritismo
,
pretende
nientemeno
dai
maschi
quella
castità
pre
-
matrimoniale
che
si
esige
dalle
fanciulle
,
giacché
-
egli
dice
-
l
'
uomo
e
la
donna
devono
arrivare
al
matrimonio
in
identiche
condizioni
;
e
viceversa
Giacomo
Novicow
,
il
sociologo
russo
profondo
ed
ardito
,
vorrebbe
accordare
alle
fanciulle
la
stessa
libertà
che
hanno
gli
uomini
,
e
predica
nel
suo
libro
:
La
redenzione
della
donna
nientemeno
che
l
'
abolizione
del
matrimonio
,
e
il
pieno
assoluto
diritto
per
l
'
uomo
e
per
la
donna
di
unirsi
quando
vogliono
e
appena
che
lo
vogliono
,
senza
alcuna
formalità
,
e
salvo
a
mutar
legame
cogli
anni
o
coi
mesi
,
o
col
periodo
di
tempo
ancora
più
breve
che
il
fato
assegna
ai
capricci
d
'
amore
.
Io
non
discuto
qui
queste
due
opinioni
:
io
mi
limito
a
constatare
,
come
un
fenomeno
abbastanza
significativo
,
che
in
nome
di
uno
stesso
principio
-
il
feminismo
-
si
giunge
da
un
lato
alla
castità
forzata
,
dall
'
altro
lato
all
'
amore
libero
;
e
mi
permetto
di
osservare
che
mentre
la
passione
trascina
ad
idee
estreme
ed
assurde
gli
apostoli
del
feminismo
,
perduti
dietro
il
miraggio
di
un
paragone
matematico
fra
i
due
sessi
che
è
assolutamente
impossibile
,
ben
pochi
hanno
visto
ciò
che
vi
ha
di
veramente
superiore
e
sublime
nella
donna
,
la
madre
;
ben
pochi
hanno
sentito
che
a
questa
sua
funzione
socialmente
sacra
-
che
spiega
anche
tutte
le
diversità
psicologiche
dei
due
sessi
-
bisogna
ricondurre
non
solo
le
cure
e
gli
omaggi
,
di
cui
noi
uomini
siamo
generosi
perché
ci
costano
poco
,
ma
anche
i
diritti
della
donna
,
che
noi
siamo
lenti
ed
avari
nel
riconoscere
perché
costerebbero
molto
al
nostro
egoismo
maschile
.
E
il
primo
diritto
della
donna
,
quello
che
è
sancito
dalla
stessa
legge
di
natura
perché
prolunga
moralmente
la
funzione
fisiologica
della
maternità
,
è
il
diritto
all
'
educazione
dei
figli
.
Come
adempiono
oggi
le
donne
a
questo
diritto
,
che
dovrebbe
nobilitarsi
in
esse
e
diventare
un
sacrosanto
dovere
?
Che
facciamo
noi
uomini
per
lasciar
esercitare
questo
diritto
alle
nostre
mogli
,
per
renderle
sopratutto
coscienti
e
degne
d
'
esercitarlo
?
Non
vi
pare
che
dinanzi
a
questo
pauroso
problema
che
tiene
racchiuso
in
germe
l
'
avvenire
della
società
,
impallidiscano
come
questioni
secondarie
tutte
le
altre
rivendicazioni
giuridiche
o
politiche
che
la
donna
pretende
?
Senza
dubbio
-
ed
io
sono
lieto
di
dichiararlo
altamente
-
per
le
donne
che
non
vogliono
o
non
possono
formarsi
una
famiglia
,
per
le
donne
che
,
pur
avendo
una
famiglia
,
posseggono
cuore
,
ingegno
e
mezzi
materiali
per
diffondere
su
più
vasto
campo
la
loro
attività
,
esistono
oggi
e
devono
essere
libere
ed
aperte
altre
vie
,
feconde
di
bene
,
su
cui
se
splende
meno
intenso
il
raggio
del
sentimento
intimo
,
brilla
forse
più
viva
la
luce
d
'
un
altruismo
cosciente
.
Ma
,
pur
dando
tutta
la
mia
ammirazione
alle
donne
che
si
dedicano
alla
risoluzione
di
problemi
e
alla
cura
di
piaghe
sociali
,
e
che
lottano
coraggiosamente
per
la
loro
indipendenza
morale
ed
economica
,
ancora
così
indegnamente
conculcata
,
io
non
credo
si
possa
negare
che
la
prima
funzione
-
perché
la
più
normale
-
della
donna
sia
quella
che
si
svolge
nel
cerchio
della
famiglia
:
cerchio
ristretto
e
meschino
secondo
alcuni
,
e
che
nondimeno
costituisce
il
nucleo
da
cui
si
irradiano
tutte
le
energie
sociali
,
il
propulsore
spesso
ignorato
e
trascurato
che
,
per
mezzo
dell
'
educazione
,
dà
forza
ed
anima
a
tutte
le
forme
della
vita
civile
.
Alla
mente
degli
uomini
di
governo
il
problema
dell
'
educazione
si
presenta
per
necessità
sotto
la
forma
unica
della
scuola
:
è
debito
riconoscere
che
vi
hanno
provveduto
in
parte
,
ed
è
bene
sperare
vi
provvedano
sempre
più
,
quantunque
la
scuola
sia
ancora
la
cenerentola
delle
istituzioni
sociali
;
ma
bisogna
dir
alto
e
forte
che
la
scuola
,
non
solo
ha
una
missione
più
istruttiva
che
educatrice
,
ma
altresì
ch
'
essa
è
l
'
ambiente
secondario
in
cui
il
fanciullo
si
forma
e
diventa
uomo
.
L
'
ambiente
primo
e
più
importante
è
la
famiglia
:
e
il
maestro
di
scuola
potrà
ben
poco
sul
cervello
e
sul
cuore
dei
fanciulli
se
non
lo
aiuta
e
quasi
direi
non
gli
prepara
il
terreno
la
madre
.
Orbene
,
chiediamoci
qual
è
oggi
l
'
influenza
della
famiglia
,
esaminiamo
che
cosa
dovrebbe
fare
,
e
che
cosa
in
realtà
può
fare
la
madre
per
l
'
educazione
dei
figli
.
*
Uno
dei
fenomeni
più
gravi
e
più
strani
che
si
verifica
specialmente
nelle
classi
colte
,
ma
che
non
manca
neppure
nelle
classi
inferiori
,
è
la
disarmonia
,
lo
squilibrio
intellettuale
fra
il
marito
e
la
moglie
.
Si
direbbe
che
quella
disuguaglianza
fra
i
due
sessi
ch
'
io
ho
constatata
e
che
costituisce
il
segreto
e
il
fascino
della
vita
,
sia
stata
ad
arte
e
patologicamente
esagerata
fino
a
costituire
un
difetto
e
un
pericolo
.
Nelle
nostre
classi
superiori
il
matrimonio
,
se
è
sempre
un
organismo
fisiologico
,
se
è
talvolta
anche
un
organismo
psicologico
(
quando
gli
sposi
si
amano
e
realizzano
l
'
ipotesi
poetica
di
formar
due
corpi
in
un
'
anima
sola
)
non
è
quasi
mai
,
o
ben
raramente
,
un
vero
e
proprio
organismo
intellettuale
,
giacché
le
idee
tanto
religiose
quanto
politiche
quanto
generali
sull
'
educazione
,
sono
spesso
diverse
ed
opposte
fra
il
marito
e
la
moglie
.
Guardiamoci
attorno
,
e
togliendoci
almeno
per
un
minuto
quella
patina
di
gesuitismo
con
cui
ricopriamo
per
amore
del
quieto
vivere
i
nostri
discorsi
,
confessiamo
che
nelle
nostre
famiglie
manca
spesso
l
'
unità
intellettuale
,
l
'
accordo
intimo
assoluto
sincero
di
idealità
e
di
fede
tra
marito
e
moglie
,
confessiamo
che
i
genitori
danno
talvolta
dinanzi
ai
figli
lo
spettacolo
deleterio
di
discussioni
sui
principii
fondamentali
della
morale
e
della
vita
,
o
(
ciò
che
è
forse
peggio
)
si
chiudono
in
un
silenzio
prudente
che
dice
la
paura
di
discutere
quei
problemi
perché
v
'
è
la
certezza
preventiva
di
non
trovarsi
all
'
unissono
,
silenzio
terribile
ed
eloquente
che
il
bambino
intuisce
ed
interpreta
coll
'
inconscia
lucidità
dell
'
anima
vergine
,
restandone
turbato
,
e
divinando
l
'
incertezza
,
il
dubbio
,
la
contraddizione
che
lo
accompagneranno
più
tardi
dalla
famiglia
nella
scuola
e
dalla
scuola
nella
vita
.
Ecco
dunque
il
primo
vizio
dell
'
educazione
:
la
base
mal
sicura
o
contradditoria
delle
credenze
dei
genitori
,
il
dissidio
silenzioso
tra
le
loro
opinioni
.
Come
possono
i
figli
-
in
questa
nebbia
intellettuale
che
li
circonda
e
che
è
squarciata
ogni
tanto
dai
lampi
rivelatori
di
una
disputa
-
formarsi
una
fede
ed
una
coscienza
?
E
come
potremo
noi
lagnarci
che
la
gioventù
cresca
incerta
,
scettica
e
pessimista
,
se
nella
famiglia
ha
trovato
,
invece
che
la
guida
sicura
di
principii
affermati
di
comune
accordo
dal
padre
e
dalla
madre
,
un
dualismo
di
indirizzo
più
o
meno
apparente
?
A
comporre
-
almeno
in
parte
-
questo
dualismo
,
si
segue
in
generale
questo
sistema
:
il
marito
lascia
sulle
prime
alla
moglie
l
'
educazione
dei
figli
,
le
permette
cioè
di
istillar
loro
le
nozioni
e
le
pratiche
della
sua
fede
e
dei
suoi
principii
,
abdica
insomma
,
non
so
se
per
noncuranza
o
per
desiderio
di
pace
,
alla
sua
autorità
,
e
si
consola
e
si
tranquillizza
pensando
con
filosofia
fatalista
che
più
tardi
i
figli
muteranno
d
'
idee
e
diverranno
quel
che
è
divenuto
egli
stesso
.
E
i
figli
mutano
infatti
,
sotto
l
'
influenza
dei
compagni
,
sotto
gli
sprazzi
di
luce
dell
'
istruzione
,
sotto
l
'
aculeo
continuo
della
vita
che
fa
svanire
a
poco
a
poco
le
dolci
primitive
illusioni
,
le
ingenue
credenze
infantili
.
Ma
,
senza
notare
che
è
faticoso
ed
illogico
il
lasciare
che
i
fanciulli
si
nutrano
da
principio
di
idee
che
dovranno
più
tardi
rinnegare
,
io
mi
domando
se
non
v
'
è
in
questo
sistema
un
pericolo
.
Un
pericolo
grave
,
perché
a
torto
si
crede
che
le
prime
idee
istillate
nei
bambini
possano
per
sempre
seppellirsi
come
cose
morte
nel
cervello
e
nel
cuore
dell
'
uomo
.
Esse
hanno
un
potere
di
resurrezione
che
sembra
miracoloso
,
e
che
non
è
se
non
la
conseguenza
d
'
una
legge
fisiologica
.
Noi
possiamo
perdere
la
memoria
di
fatti
recenti
,
o
non
più
sentire
l
'
influenza
di
recenti
suggestioni
intellettuali
,
ma
noi
non
perdiamo
mai
il
ricordo
di
fatti
,
l
'
influenza
di
idee
lontane
.
Falstaff
,
mentre
spira
a
Londra
in
una
taverna
dopo
una
vita
dissoluta
,
parla
dei
verdi
campi
e
rivede
il
paesaggio
dove
visse
bambino
.
E
questo
ritorno
della
mente
d
'
un
moribondo
ai
fatti
più
lontani
dell
'
esistenza
non
è
un
artificio
poetico
,
né
un
'
abile
invenzione
sentimentale
:
è
l
'
intuizione
del
genio
di
Shakespeare
che
,
precorrendo
la
scienza
come
avviene
agli
artisti
grandissimi
,
scolpiva
in
un
episodio
drammatico
la
verità
che
alcuni
secoli
dopo
il
Ribot
doveva
formulare
scientificamente
così
:
le
idee
nate
per
ultime
sono
le
prime
a
degenerare
:
le
sensazioni
invece
che
colpirono
il
nostro
organismo
infantile
non
muoiono
mai
,
ma
sulla
fine
della
vita
ritornano
.
Gli
è
in
forza
di
questa
legge
che
il
sistema
d
'
educazione
generalmente
adottato
diventa
pericoloso
:
gli
è
in
forza
di
questa
legge
che
noi
assistiamo
spesso
a
quelli
che
il
Sergi
chiamava
tramonti
cerebrali
,
alla
riapparizione
cioè
e
alla
tirannia
,
nell
'
uomo
adulto
,
delle
idee
che
hanno
formato
la
base
delle
prime
abitudini
mentali
nell
'
infanzia
e
nella
gioventù
,
e
che
un
'
osservazione
superficiale
credeva
morte
per
sempre
.
Le
mie
parole
non
devono
essere
intese
come
un
'
allusione
larvata
al
disprezzo
di
alcune
idee
o
all
'
elogio
di
altre
:
io
mi
spoglio
per
un
momento
della
mia
qualità
di
modesto
positivista
,
io
cerco
di
elevarmi
al
di
sopra
di
tutte
le
passioni
e
di
tutti
i
partiti
intellettuali
,
e
parlo
non
in
nome
di
una
dottrina
-
che
per
quanto
sinceramente
professata
può
essere
erronea
-
ma
in
nome
dell
'
educazione
del
carattere
,
la
più
degna
di
cure
e
viceversa
pur
troppo
la
più
trascurata
.
Date
ai
vostri
figli
la
fede
e
l
'
ideale
che
più
vi
piace
:
-
qualunque
opinione
ha
diritto
al
rispetto
ed
è
una
forza
attiva
nel
mondo
pur
che
sia
onestamente
sentita
e
non
venduta
ai
dominatori
o
all
'
interesse
di
far
carriera
-
ma
non
date
loro
il
dubbio
,
non
inquinate
l
'
acqua
limpida
e
pura
dell
'
entusiasmo
infantile
coi
furbi
veleni
del
calcolo
,
sperando
,
o
di
ipotecare
per
sempre
il
bambino
alle
suggestioni
della
prima
infanzia
,
o
fidando
ch
'
egli
le
perderà
lungo
la
scettica
via
dell
'
esperienza
.
Entrambe
queste
speranze
-
qualunque
sia
la
realizzata
-
avranno
una
conseguenza
dolorosa
:
esse
impediranno
la
formazione
del
carattere
,
non
solo
per
l
'
esempio
di
mutabilità
e
di
contraddizione
ch
'
esse
danno
,
ma
anche
perché
,
se
è
sempre
difficile
rifare
l
'
educazione
,
quest
'
educazione
rifatta
diventa
anche
inutile
quando
nella
vecchiaia
,
indebolito
il
cervello
,
si
cade
nella
miseria
del
fatale
tramonto
.
*
Un
'
unità
di
indirizzo
,
un
ambiente
fermo
di
principii
,
-
ecco
dunque
ciò
che
sopratutto
occorre
al
bambino
perché
l
'
anima
sua
si
svolga
in
modo
libero
e
degno
.
Non
è
qui
il
caso
di
dire
come
quest
'
unità
dovrebbe
esser
creata
,
con
quali
mezzi
cioè
la
famiglia
-
dallo
stato
incerto
e
contradditorio
che
oggi
ci
presenta
-
potrebbe
elevarsi
alla
dignità
di
un
tutto
organico
,
di
un
ambiente
uniforme
.
Io
mi
contento
di
constatare
che
per
molti
segni
noi
possiamo
legittimamente
sperare
in
una
evoluzione
progressiva
della
donna
,
che
la
avvicini
sempre
più
alla
scienza
e
alla
vita
,
e
la
renda
,
al
pari
dell
'
uomo
,
conscia
e
partecipe
di
quel
moderno
movimento
sociale
che
ormai
d
'
ogni
parte
ci
avvolge
e
ci
si
impone
.
E
augurando
che
quest
'
unissono
famigliare
divenga
presto
una
realtà
,
io
mi
permetto
di
credere
che
a
completarlo
-
a
renderlo
cioè
fecondo
pei
figli
-
gioverebbe
il
ritardare
in
un
certo
senso
e
entro
certi
limiti
l
'
invio
del
bambino
alla
scuola
.
Io
parlo
qui
specialmente
per
quelle
famiglie
che
avendo
un
relativo
benessere
e
almeno
la
sicurezza
della
vita
quotidiana
,
permettono
che
le
madri
dedichino
un
po
'
di
tempo
ai
figli
:
non
oserei
,
pur
troppo
,
parlare
anche
a
quella
folla
di
famiglie
proletarie
,
in
cui
la
donna
è
,
come
l
'
uomo
e
peggio
dell
'
uomo
,
schiava
d
'
un
lavoro
che
la
snerva
,
la
abbrutisce
e
la
costringe
a
trascurare
i
suoi
bambini
,
affidandoli
il
più
presto
possibile
alla
scuola
.
Per
queste
dolci
e
rassegnate
vittime
del
lavoro
,
non
v
'
è
che
la
speranza
lontana
che
una
maggiore
giustizia
nel
mondo
arrivi
a
redimerle
!
Noi
dobbiamo
tendere
più
allo
sviluppo
morale
che
allo
sviluppo
intellettuale
del
fanciullo
:
noi
dobbiamo
cercare
di
formar
in
lui
la
coscienza
prima
che
la
coltura
.
La
pianta
-
uomo
,
come
le
altre
piante
,
ha
bisogno
per
crescere
forte
e
salda
,
di
restare
qualche
tempo
nel
terreno
dove
è
nata
.
Il
trapiantarla
finch
'
essa
è
molto
giovane
,
significa
spesso
intralciare
coscientemente
il
suo
sviluppo
.
E
il
nuovo
ambiente
della
scuola
,
se
viene
a
sovrapporsi
troppo
presto
all
'
ambiente
della
famiglia
,
può
essere
talvolta
una
causa
di
turbamento
,
anziché
,
come
si
crede
,
una
ragione
di
progresso
e
di
elevazione
.
Per
una
madre
che
sta
morendo
il
dolore
più
acuto
è
senza
dubbio
il
pensiero
di
dover
abbandonare
il
suo
bambino
,
di
doverlo
lasciare
alle
cure
di
altri
,
talvolta
di
persone
estranee
ed
ignote
.
Eppure
,
quante
madri
ricche
s
'
affrettano
volontariamente
a
distaccarsi
dal
loro
bambino
inviandolo
troppo
presto
alla
scuola
,
mescolandolo
,
prima
che
ve
ne
sia
bisogno
,
ad
un
ambiente
che
gli
è
sconosciuto
.
È
vero
però
ch
'
esse
sentono
in
fondo
quanto
c
'
è
di
poco
naturale
in
questo
sistema
,
giacché
pur
ripetendosi
che
la
scuola
è
la
strada
necessaria
alla
vita
,
e
pur
sognando
con
la
preveggenza
dell
'
affetto
materno
le
corone
della
gloria
sopra
le
piccole
teste
bionde
,
esse
non
isfuggono
ad
un
vivo
dolore
quando
il
primo
giorno
di
scuola
,
il
giorno
della
separazione
è
venuto
.
Certo
quel
dolore
passa
:
il
piccolo
scolaro
s
'
abitua
alla
scuola
come
il
piccolo
orfano
s
'
abitua
al
nuovo
ambiente
;
ma
quel
dolore
è
il
sintomo
ed
il
trionfo
del
buon
senso
materno
che
intuisce
il
dovere
e
il
potere
della
famiglia
.
Lasciamo
vivere
i
nostri
figli
fra
noi
e
con
noi
!
lasciamoli
formarsi
fisicamente
e
moralmente
prima
di
costringerli
a
imbottirsi
di
cognizioni
!
Questi
primi
anni
di
vita
intima
,
vissuti
in
un
'
atmosfera
calda
d
'
affetto
,
saranno
non
solo
un
vantaggio
per
il
bambino
,
ma
anche
per
la
madre
.
Nessun
maestro
ha
così
lucida
la
visione
del
modo
con
cui
si
debba
educare
un
fanciullo
,
come
la
madre
,
perché
la
donna
intuisce
per
istinto
i
temperamenti
e
può
dosare
-
permetettemi
la
parola
-
i
premii
e
i
castighi
,
le
parole
e
gli
atti
a
seconda
della
necessità
.
Anche
se
un
maestro
avesse
questa
squisita
acuità
femminile
,
anche
s
'
egli
possedesse
la
facoltà
che
è
specifica
nella
donna
,
di
leggere
a
fondo
nell
'
anima
,
di
strappare
da
un
semplice
sguardo
,
da
un
movimento
,
da
una
risposta
,
il
segreto
della
psiche
infantile
,
come
potrebbe
egli
fare
buon
uso
di
queste
sue
facoltà
in
una
scuola
dove
sono
venti
o
quaranta
bambini
,
educando
ognuno
diversamente
?
E
noi
lo
vediamo
qual
sorte
hanno
alla
scuola
i
bambini
più
difficili
da
educarsi
,
i
bambini
tardi
,
timidi
,
chiusi
,
che
paion
negati
alla
gioia
e
alla
vita
.
Essi
sono
generalmente
lasciati
in
disparte
,
odiati
,
maltrattati
forse
dagli
altri
.
Nella
famiglia
invece
,
senza
il
confronto
umiliante
dei
compagni
,
senza
la
severità
fredda
ed
insofferente
del
maestro
,
ma
sotto
le
cure
materne
che
li
avvolgono
al
pari
di
una
carezza
,
essi
potranno
rinascere
come
rifiorisce
un
virgulto
debole
e
isterilito
se
una
mano
pietosa
e
affettuosa
ne
prende
cura
e
lo
espone
al
sole
e
all
'
aria
che
danno
la
vita
!
Ma
-
io
dicevo
-
questa
prima
educazione
materna
gioverà
non
solo
al
figlio
,
ma
anche
alla
madre
.
Per
la
donna
infatti
occuparsi
del
suo
bambino
,
significa
lavorare
al
suo
stesso
miglioramento
.
Oh
per
le
poche
cose
che
noi
insegniamo
ai
bambini
,
quante
essi
ne
possono
insegnare
a
noi
,
se
li
sappiamo
studiare
e
comprendere
!
e
come
è
vero
che
mentre
noi
cerchiamo
di
educarli
,
sono
essi
che
inconsciamente
migliorano
ed
elevano
noi
,
se
le
nostre
cure
sono
materiate
d
'
affetto
!
Nel
mondo
dei
ricchi
e
dei
colti
le
signore
hanno
tante
ore
oziose
,
conducono
una
vita
fittizia
che
le
stanca
e
le
annoia
,
eppure
qualcuna
non
sente
,
non
s
'
accorge
d
'
avere
al
suo
fianco
un
'
occupazione
buona
e
forte
che
la
salverebbe
....
e
non
dalla
noia
soltanto
!
Vede
intorno
a
sé
che
tutto
si
trasforma
e
si
muta
,
e
non
intende
che
bisognerebbe
anche
mutare
qualche
abitudine
;
lascia
che
la
sua
vita
continui
ad
essere
determinata
dalla
routine
del
costume
e
non
ha
il
coraggio
di
ribellarvisi
,
dedicandosi
,
anziché
alle
frivolità
della
vita
mondana
,
a
un
pensiero
profondo
,
a
una
fede
che
si
incarnerebbe
in
un
'
opera
importante
:
l
'
educazione
dei
figli
.
E
scusa
sé
stessa
,
-
poiché
il
rimorso
le
parla
forse
dal
fondo
della
coscienza
,
-
dicendosi
che
è
tanto
occupata
dei
suoi
doveri
mondani
che
non
ha
nemmeno
un
'
ora
di
tempo
libero
.
Quanta
ironica
verità
in
queste
parole
!
Certo
,
solo
le
persone
molto
occupate
e
degnamente
occupate
trovano
il
tempo
per
occuparsi
ancora
di
altre
cose
.
Chi
non
fa
nulla
di
degno
,
non
ha
mai
tempo
per
nulla
!
Ma
poi
che
cosa
occorre
perché
la
madre
compia
veramente
il
suo
dovere
verso
i
suoi
figli
?
Non
certo
il
sacrificio
di
molte
ore
per
insegnamenti
speciali
,
che
non
tutte
le
madri
possono
dare
,
e
ai
quali
,
del
resto
,
può
provvedere
il
maestro
.
Occorre
soltanto
che
nella
madre
sia
sempre
vivo
ed
all
'
erta
il
sentimento
della
sua
missione
,
che
la
sua
cura
sia
rivolta
non
soltanto
a
sorvegliare
i
figli
,
ma
sopratutto
a
sorvegliare
sé
stessa
,
occorre
ch
'
essa
li
guidi
e
li
formi
coll
'
esempio
di
ogni
giorno
,
non
colle
parole
pronunciate
ogni
tanto
.
L
'
educazione
non
è
che
una
catena
ininterrotta
di
suggestioni
;
e
sbaglia
molto
chi
crede
che
basti
o
sopra
ogni
altra
cosa
importi
,
insegnar
delle
massime
di
morale
o
affermar
verbalmente
dei
principii
.
Queste
massime
e
questi
principii
scivoleranno
sullo
specchio
dell
'
anima
infantile
senza
lasciar
traccia
,
se
non
saranno
confortati
dall
'
esempio
quotidiano
,
che
solo
ha
il
potere
di
incidere
impressioni
durevoli
nella
mente
e
nel
cuore
del
bambino
.
Ed
è
perciò
che
non
vale
predicare
il
dovere
d
'
esser
sinceri
e
l
'
odio
contro
la
menzogna
,
se
noi
stessi
,
come
purtroppo
avviene
spesso
,
siamo
poco
franchi
nelle
nostre
azioni
,
ambigui
nei
nostri
discorsi
,
se
la
nostra
occupazione
più
frequente
e
più
gradita
è
la
maldicenza
a
riguardo
di
tutti
e
specialmente
dei
nostri
amici
.
La
sincerità
deve
essere
inoculata
coi
fatti
,
non
colle
parole
:
ed
è
di
sincerità
che
noi
tutti
oggi
abbiamo
bisogno
,
poiché
essa
è
l
'
igiene
dell
'
anima
.
Non
mentire
mai
al
bambino
:
essere
semplici
e
veri
dinanzi
a
lui
:
non
nascondergli
la
nostra
ignoranza
se
una
sua
domanda
ci
imbarazza
:
non
credere
di
dover
mantenere
la
nostra
dignità
insistendo
in
una
nostra
opinione
,
se
per
caso
ci
siamo
sbagliati
o
abbiamo
oltrepassato
la
giusta
misura
.
La
sincerità
è
un
'
arma
sicura
:
il
fanciullo
s
'
abitua
a
veder
limpido
dentro
di
noi
,
e
più
tardi
egli
diventerà
un
uomo
,
a
patto
che
noi
abbiamo
cercato
d
'
essere
degli
uomini
di
fronte
a
lui
.
Se
l
'
abitudine
della
sincerità
è
l
'
igiene
dell
'
anima
,
l
'
abitudine
del
lavoro
-
del
lavoro
manuale
-
costituisce
anche
per
chi
non
vi
è
obbligato
dalla
necessità
,
l
'
igiene
del
corpo
.
In
teoria
noi
stimiamo
molto
il
lavoro
,
ma
in
pratica
noi
stimiamo
ancor
più
le
classi
sociali
che
possono
darsi
il
lusso
di
farne
a
meno
,
e
lo
disprezzano
quindi
implicitamente
.
Come
nelle
classi
elevate
il
sogno
lontano
per
l
'
avvenire
dei
figli
è
ch
'
essi
divengano
dei
laureati
e
degli
intellettuali
,
anziché
degli
uomini
che
nella
vita
dell
'
officina
,
dei
commerci
e
dei
campi
si
siano
formati
a
costo
di
sacrifici
una
coscienza
e
a
costo
di
energia
una
posizione
,
così
la
preoccupazione
vicina
per
l
'
educazione
dei
figli
è
ch
'
essi
imparino
le
lingue
anziché
un
mestiere
,
e
maneggino
la
penna
più
presto
che
la
zappa
o
la
pialla
.
Noi
non
abbiamo
ancora
inteso
,
come
intesero
gli
Anglosassoni
,
tutta
la
feconda
influenza
non
solo
fisica
ma
anche
morale
che
l
'
abitudine
del
lavoro
può
avere
sul
bambino
;
e
mentre
crediamo
nostro
dovere
insegnargli
il
più
presto
possibile
a
leggere
e
a
scrivere
,
ci
sembrerebbe
di
umiliarlo
e
di
umiliarci
l
'
insegnargli
a
compiere
da
sé
stesso
alcuni
uffici
umili
,
ad
adoperare
le
sue
qualità
fisiche
,
oltre
che
le
sue
qualità
morali
,
ad
essere
insomma
pratico
nella
vita
e
non
soltanto
teorico
.
Eppure
,
insegnato
da
principio
,
il
lavoro
è
una
distrazione
:
alternato
collo
studio
è
un
divertimento
;
e
il
fanciullo
intanto
s
'
abitua
a
non
disprezzarlo
ma
ad
amarlo
,
perché
esso
gli
dà
quell
'
allegria
sana
,
quella
soddisfazione
di
sé
che
proviene
dal
sentimento
di
bastare
a
sé
stesso
,
di
non
aver
bisogno
per
la
più
piccola
fatica
o
per
il
più
piccolo
inconveniente
materiale
di
ricorrere
ad
altri
.
Quando
il
fanciullo
avrà
presa
quest
'
abitudine
del
lavoro
,
quando
nella
famiglia
egli
avrà
imparato
ad
esser
franco
,
e
l
'
animo
suo
si
sarà
temprato
alla
verità
,
alla
semplicità
e
alla
praticità
,
che
sono
le
condizioni
prime
d
'
una
vita
utile
e
degna
,
allora
soltanto
l
'
influenza
della
scuola
potrà
essere
salutare
,
sviluppando
e
migliorando
la
psiche
infantile
senza
il
pericolo
che
la
affatichi
o
la
turbi
.
E
dalla
scuola
non
si
dovranno
attendere
soltanto
dei
risultati
che
attestino
i
progressi
intellettuali
,
ma
sopratutto
dei
risultati
che
sian
la
prova
di
progressi
morali
.
È
stata
scolpita
molto
bene
la
differenza
che
intercede
fra
l
'
educazione
latina
e
l
'
educazione
inglese
e
americana
,
dicendo
che
mentre
presso
di
noi
un
maestro
crede
d
'
aver
raggiunto
l
'
apice
della
sua
missione
quando
può
dire
ai
genitori
d
'
uno
scolaro
:
"
vostro
figlio
è
docile
,
ubbidiente
e
impara
tutto
ciò
ch
'
io
gli
insegno
"
,
presso
gli
Anglosassoni
invece
un
maestro
mette
il
suo
orgoglio
nel
poter
dire
ai
genitori
d
'
un
fanciullo
:
"
vostro
figlio
dà
sempre
più
prova
di
formarsi
un
'
individualità
:
ha
le
sue
preferenze
negli
studii
,
dimostra
di
voler
essere
e
di
saper
essere
qualcuno
"
.
Noi
tendiamo
insomma
all
'
uniformità
grigia
,
alla
beata
mediocrità
,
alla
formazione
del
gregge
docile
che
seguirà
senza
ribellioni
il
pastore
:
gli
altri
tendono
all
'
individualità
insofferente
ma
promettitrice
di
feconde
energie
,
alla
formazione
di
un
popolo
libero
e
sciolto
che
non
s
'
acqueterà
negli
stagni
degli
impieghi
,
ma
navigherà
ardito
il
mare
tempestoso
della
lotta
per
l
'
esistenza
.
E
non
v
'
ha
dubbio
che
questo
secondo
sistema
d
'
educazione
sia
il
migliore
,
sopratutto
oggi
,
quando
ciò
che
più
manca
e
più
è
necessario
è
il
carattere
.
La
coltura
e
l
'
ingegno
non
ci
fanno
per
fortuna
difetto
:
è
la
merce
di
cui
siamo
più
ricchi
e
che
esportiamo
con
migliore
successo
.
È
il
carattere
che
ci
manca
per
risollevarci
moralmente
e
politicamente
a
quel
posto
,
cui
il
nostro
passato
ci
dà
il
diritto
di
tendere
,
e
che
conquisteremo
,
malgrado
le
denigrazioni
degli
scettici
e
i
rancori
degli
invidiosi
.
La
malattia
grave
dell
'
epoca
nostra
,
quella
che
ha
caratterizzato
vergognosamente
la
fine
del
secolo
scorso
e
si
prolunga
sull
'
alba
del
nostro
,
non
è
già
che
vi
siano
troppi
uomini
immorali
e
perversi
-
ve
ne
son
sempre
stati
!
-
è
che
vi
siano
troppi
individui
che
non
hanno
una
coscienza
formata
e
che
quindi
sono
in
balìa
delle
suggestioni
dell
'
ambiente
.
La
nostra
società
muore
per
la
debolezza
e
l
'
incertezza
morale
dei
suoi
figli
,
per
l
'
abulìa
della
volontà
.
Noi
non
abbiamo
quasi
più
-
e
la
politica
ne
è
l
'
indice
eloquente
-
di
quegli
uomini
che
Balzac
chiamava
uomini
-
quercia
e
ch
'
eran
la
gloria
d
'
un
tempo
:
noi
abbiamo
troppi
uomini
-
arbusti
che
si
piegano
dalla
parte
d
'
onde
spira
il
vento
.
Certo
è
la
civiltà
che
ci
ha
ridotto
in
questa
deplorevole
condizione
:
la
nostra
vita
troppo
intensamente
vissuta
,
e
le
tentazioni
troppo
numerose
di
questa
stessa
civiltà
esercitano
di
continuo
sulla
nostra
debolezza
nervosa
una
triste
opera
di
degenerazione
.
Ma
il
nostro
dovere
è
di
reagire
;
e
come
i
medici
quando
non
possono
togliere
un
individuo
dall
'
ambiente
malsano
,
cercano
di
neutralizzarne
gli
effetti
fortificando
per
mezzo
dell
'
igiene
l
'
organismo
individuale
,
così
noi
,
pur
riconoscendo
i
pericoli
dell
'
epoca
nostra
,
dobbiamo
cercare
di
neutralizzarne
gli
effetti
fortificando
il
nostro
carattere
coll
'
igiene
morale
ed
intellettuale
.
Quando
nel
bambino
si
è
cercato
di
formare
un
carattere
,
quando
si
è
bene
scolpito
nella
creta
della
natura
umana
il
profilo
d
'
un
uomo
onesto
,
state
pur
sicuri
che
le
tempeste
della
vita
potranno
forse
far
piegare
talvolta
quest
'
uomo
,
ma
egli
rialzerà
subito
la
fronte
,
come
l
'
albero
saldo
che
,
passato
l
'
uragano
,
raddrizza
verso
il
cielo
la
sua
cima
orgogliosa
.
Ora
,
quest
'
opera
necessaria
e
suprema
della
formazione
del
carattere
,
deve
essere
lo
scopo
più
importante
dell
'
educazione
.
La
scuola
e
la
vita
servono
a
dirigere
verso
un
ideale
o
verso
un
altro
le
tendenze
individuali
,
a
canalizzare
,
se
posso
dir
così
,
la
sorgente
viva
dell
'
entusiasmo
giovanile
che
altrimenti
si
sperderebbe
negli
infiniti
rigagnoli
di
desideri
e
di
sogni
infiniti
.
Ma
è
la
famiglia
che
crea
la
potenzialità
di
questo
entusiasmo
:
è
la
famiglia
che
formando
solidamente
il
carattere
nel
fanciullo
,
lo
rende
capace
di
servire
più
tardi
con
sincerità
e
con
fervore
quella
qualsiasi
idea
che
lo
avrà
convinto
ed
appassionato
.
Degli
uomini
che
credano
in
quello
che
dicono
,
che
cerchino
di
realizzare
quello
in
cui
credono
,
degli
uomini
la
cui
vita
sia
una
fede
operata
,
-
ecco
ciò
che
occorre
all
'
epoca
nostra
,
ed
ecco
ciò
che
un
'
educazione
sapiente
potrebbe
darle
.
E
il
compito
altissimo
è
sopratutto
affidato
alle
donne
perché
le
donne
sono
non
solo
il
sorriso
ed
il
premio
della
nostra
esistenza
,
ma
sono
anche
,
e
devono
essere
,
le
nostre
educatrici
e
le
nostre
animatrici
.
Qualunque
cosa
una
nazione
sia
-
ha
detto
un
filosofo
-
essa
è
dovuta
principalmente
alle
madri
di
questa
nazione
.
La
verità
di
tale
sentenza
fu
suggellata
all
'
epoca
del
nostro
risorgimento
,
quando
ogni
martire
ed
ogni
eroe
testimoniava
col
sacrificio
della
sua
vita
della
fede
patriottica
che
il
labbro
materno
gli
aveva
istillato
:
io
mi
auguro
che
la
verità
di
questa
sentenza
sia
novellamente
suggellata
dalla
generazione
futura
,
la
quale
,
per
merito
delle
donne
che
sapranno
educarla
,
porterà
nella
vita
sociale
ciò
che
oggi
vi
è
molto
raro
:
una
coscienza
secura
che
creda
e
non
pieghi
,
un
carattere
che
sdegnando
i
furbi
accomodamenti
che
fanno
arrivar
le
persone
,
lavori
soltanto
al
trionfo
pacifico
delle
idee
.
PER
I
NOSTRI
FIGLI
.
"....on
se
demaude
où
mènent
les
fastidieuses
études
classiques
qu
'
on
impose
à
la
jeune
bourgeoisie
:
elles
mènent
au
café
.
"
MAURICE
BARRÈS
.
Les
Déracinés
.
Vi
sono
-
verso
l
'
infanzia
-
due
grandi
categorie
di
doveri
:
l
'
una
riguarda
tutti
quei
provvedimenti
di
beneficenza
di
assistenza
di
prevenzione
che
noi
ci
studiamo
di
moltiplicare
a
vantaggio
dei
bambini
degli
altri
,
dei
bambini
infelici
,
siano
essi
vittime
del
delitto
o
delinquenti
essi
stessi
,
sieno
miserabili
o
vagabondi
,
ammalati
o
degenerati
:
l
'
altra
categoria
riguarda
tutto
ciò
che
noi
potremmo
e
dovremmo
fare
per
i
nostri
bambini
,
per
i
bambini
felici
,
per
coloro
cioè
cui
non
manca
,
nascendo
,
nessuna
delle
condizioni
necessarie
alla
vita
,
e
che
chiedono
a
noi
soltanto
sapienza
e
pazienza
di
educazione
per
affacciarsi
nel
mondo
sani
fidenti
agguerriti
.
Orbene
,
di
questi
due
lati
opposti
sotto
cui
si
presenta
il
grave
problema
dell
'
infanzia
,
parmi
che
il
primo
sia
più
studiato
oggi
che
non
il
secondo
,
parmi
che
al
primo
si
consacrino
oggi
le
nostre
maggiori
e
migliori
energie
.
Si
direbbe
che
noi
abbiamo
dato
ascolto
ai
lamenti
che
ci
venivano
dalla
strada
,
piuttosto
che
alle
piccole
voci
della
nostra
casa
:
si
direbbe
che
noi
abbiamo
sentito
,
in
un
magnifico
slancio
di
altruismo
,
i
nostri
doveri
verso
la
società
,
oltre
e
forse
più
che
i
nostri
doveri
verso
la
famiglia
.
Era
giusto
,
del
resto
,
ed
era
fatale
che
avvenisse
così
.
Troppo
lungo
era
stato
il
periodo
della
noncuranza
sdegnosa
verso
i
piccoli
sventurati
che
soffrivano
in
silenzio
o
s
'
incamminavano
inconsci
per
la
triste
via
della
degenerazione
,
troppo
timidi
ed
empirici
erano
stati
i
tentativi
dell
'
antica
beneficenza
quasi
tutta
rivolta
ad
ospedali
e
ad
ospizii
,
ai
vecchi
e
ai
malati
,
perché
l
'
epoca
nostra
non
sentisse
il
bisogno
di
rimediare
al
passato
,
rivolgendo
le
sue
cure
feconde
sopratutto
all
'
infanzia
diseredata
.
Troppo
tristi
e
gravi
,
infine
,
erano
le
rivelazioni
statistiche
perché
noi
-
sotto
l
'
impulso
della
pietà
,
e
anche
forse
sotto
l
'
aculeo
della
paura
-
non
cercassimo
di
opporre
all
'
abbandono
,
al
vagabondaggio
,
alla
delinquenza
dei
minorenni
che
spaventosamente
aumentano
,
dighe
più
forti
di
quelle
finora
costrutte
.
Dicono
le
statistiche
che
la
cifra
dei
fanciulli
abbandonati
supera
annualmente
in
Italia
i
30
mila
,
e
che
ogni
anno
vanno
in
carcere
70
mila
minorenni
,
un
decimo
dei
quali
non
ha
raggiunto
i
14
anni
!
E
dice
ogni
giorno
la
cronaca
quali
delitti
si
compiano
,
non
dall
'
infanzia
,
ma
contro
l
'
infanzia
,
quale
strazio
si
faccia
delle
loro
anime
e
dei
loro
corpi
,
non
solo
nei
bassi
fondi
sociali
,
ma
anche
là
dove
nessuno
avrebbe
osato
supporre
,
in
quei
conventi
e
in
quegli
asili
religiosi
dove
qualche
degenerato
si
serve
del
manto
mistico
della
fede
per
coprire
il
contrabbando
osceno
dei
suoi
vizii
contro
natura
.
Era
quindi
naturale
che
sorgessero
ovunque
Società
ed
Istituti
per
provvedere
a
questi
mali
e
per
prevenir
queste
infamie
:
era
legittima
negli
scrittori
la
preoccupazione
di
studiar
sopratutto
nel
problema
infantile
ciò
che
vi
è
di
pericoloso
e
di
guasto
:
era
spontaneo
e
bello
nelle
classi
più
ricche
e
più
colte
il
desiderio
di
esercitare
la
loro
pietà
,
alleviando
dolori
,
curando
miserie
,
proteggendo
ed
educando
i
fanciulli
dei
poveri
.
Nobilissimo
esempio
di
solidarietà
doverosa
,
che
non
è
diminuito
dallo
scetticismo
ironico
con
cui
alcuni
lo
giudicano
.
Una
scrittrice
straniera
ha
osato
dire
che
questa
nostra
filantropia
,
la
quale
non
fu
mai
prima
d
'
ora
così
estesa
ed
invadente
,
è
incenso
bruciato
allo
sbocco
d
'
una
cloaca
:
il
profumo
attenua
momentaneamente
i
miasmi
,
ma
non
li
può
distruggere
.
Giudizio
ingiusto
d
'
un
'
opera
giusta
,
perché
anche
fosse
vero
che
tutta
questa
filantropia
non
dà
risultati
pratici
-
e
ne
dà
viceversa
moltissimi
e
quotidiani
!
-
basterebbe
a
suo
onore
ed
a
prova
della
sua
utilità
l
'
aver
diffuso
quel
senso
di
fratellanza
umana
per
cui
noi
ci
sentiamo
legati
uno
all
'
altro
,
e
non
ci
sembra
d
'
aver
compiuto
il
nostro
dovere
se
,
oltre
all
'
aver
pensato
a
noi
,
non
diamo
anche
un
po
'
del
nostro
tempo
e
del
nostro
danaro
a
chi
è
più
infelice
di
noi
!
Soltanto
-
e
mi
si
permetterà
d
'
esser
sincero
-
soltanto
,
bisogna
non
dimenticare
che
a
fianco
di
questa
attività
sociale
,
grande
e
diffusa
,
v
'
è
anche
un
'
attività
famigliare
,
più
modesta
e
più
intima
,
che
pure
esige
la
nostra
attenzione
:
bisogna
ricordarsi
che
il
merito
di
far
parte
di
comitati
di
beneficenza
per
l
'
una
o
l
'
altra
categoria
di
bambini
infelici
,
non
assolve
dall
'
obbligo
di
occuparsi
dei
proprii
bambini
;
bisogna
insomma
riconoscere
che
l
'
esercizio
della
filantropia
non
è
e
non
deve
essere
,
come
invece
pur
troppo
credono
alcuni
,
una
specie
di
carta
di
scusa
con
cui
si
compra
il
diritto
di
trascurare
altri
doveri
.
Vi
sono
dei
ricchi
i
quali
destinano
ogni
anno
una
data
somma
in
elemosina
,
e
credono
con
quest
'
atto
di
generosità
amministrativa
d
'
aver
tranquillato
la
loro
coscienza
.
Così
vi
sono
persone
che
tutto
l
'
anno
lavorano
con
fervore
in
opere
di
beneficenza
,
e
credono
con
ciò
d
'
aver
esaurito
ogni
loro
obbligo
,
d
'
aver
quasi
acquistato
il
diritto
a
non
preoccuparsi
di
chi
li
circonda
più
da
vicino
,
sopratutto
dei
loro
bambini
i
quali
sentono
la
nostalgia
di
questi
genitori
troppo
affaccendati
e
troppo
lontani
.
Diffidiamo
di
queste
forme
illogiche
di
un
altruismo
che
s
'
estende
troppo
e
non
si
concentra
abbastanza
,
e
affermiamo
ben
alto
e
ben
forte
che
solo
quando
ci
siamo
degnamente
occupati
dei
nostri
figli
,
noi
possiamo
crederci
degni
d
'
elogio
,
occupandoci
anche
dei
figli
degli
altri
.
È
un
errore
scindere
questi
due
doveri
,
staccando
quasi
l
'
umanità
dalla
famiglia
,
perché
soltanto
coloro
che
sanno
amar
molto
i
pochi
,
sanno
veramente
amare
un
poco
i
moltissimi
.
Ecco
la
ragione
per
cui
io
preferisco
restringere
in
modesti
confini
il
mio
tema
,
e
limitarmi
a
ricercare
quali
siano
gli
obblighi
nostri
verso
quell
'
infanzia
che
cresce
da
noi
e
con
noi
.
Ecco
perché
,
lasciando
la
grande
strada
maestra
dei
doveri
sociali
,
ormai
troppo
battuta
,
io
tenterò
di
internarmi
nelle
vie
meno
note
dei
nostri
più
semplici
e
famigliari
doveri
verso
i
bambini
.
*
È
assai
lontano
il
tempo
in
cui
Erberto
Spencer
,
pubblicando
il
suo
libro
sull
'
educazione
,
descriveva
,
con
l
'
umorismo
un
po
'
pesante
ma
profondo
della
sua
razza
,
i
gentiluomini
campagnuoli
e
i
funzionarii
di
provincia
tutti
occupati
a
discorrere
,
dopo
pranzo
,
dell
'
allevamento
dei
polli
,
dell
'
arte
di
render
grasso
e
forte
un
bue
,
di
formar
d
'
un
cavallo
un
buon
trottatore
,
e
soggiungeva
:
"
nessuno
di
loro
pensa
e
parla
dell
'
arte
di
portare
un
fanciullo
al
massimo
del
suo
vigore
e
della
sua
energia
morale
"
.
Da
allora
,
si
pensa
e
si
parla
molto
di
quest
'
arte
dell
'
allevamento
umano
;
anzi
l
'
umanità
pare
abbia
non
solo
ascoltato
il
rimprovero
di
Spencer
,
ma
fatta
propria
,
almeno
a
parole
,
la
sentenza
un
po
'
cruda
e
volgare
di
Emerson
che
,
per
l
'
uomo
,
la
prima
condizione
di
successo
nel
mondo
è
di
essere
un
buon
animale
.
Il
vecchio
pregiudizio
sentimentale
e
poetico
che
ci
faceva
un
tempo
disprezzar
la
salute
e
persuadeva
alle
fanciulle
il
desiderio
d
'
esser
pallide
"
come
una
bella
sera
d
'
autunno
"
,
è
ormai
lontano
e
dimenticato
tra
le
nebbie
del
romanticismo
.
Noi
siamo
oggi
convinti
-
forse
perché
vediamo
sorgere
intorno
a
noi
generazioni
sempre
più
deboli
e
più
nervose
-
che
la
salute
fisica
è
la
base
di
ogni
educazione
.
Ne
siamo
tanto
convinti
che
il
medico
è
diventato
nelle
nostre
famiglie
e
nella
nostra
società
ciò
che
era
il
prete
nelle
famiglie
e
nella
società
d
'
una
volta
:
una
specie
di
direttore
spirituale
che
,
se
non
giudica
i
nostri
pensieri
e
le
nostre
azioni
,
fissa
però
l
'
orario
della
nostra
vita
e
ce
ne
detta
le
norme
igieniche
.
Ora
,
io
non
so
se
in
questa
dittatura
dei
medici
sia
forse
un
po
'
d
'
esagerazione
,
e
se
non
siamo
un
po
'
vittime
tutti
di
quella
manìa
professionale
che
vuol
sostituire
,
come
dice
argutamente
Bourget
,
"
la
boîte
de
pilules
à
la
page
de
l
'
Evangile
"
;
io
non
so
nemmeno
se
la
passione
anglo
-
americana
(
che
ha
invaso
anche
noi
)
per
ogni
forma
di
ginnastica
e
di
sport
vada
assumendo
la
tinta
patologica
della
moda
,
e
se
Nansen
non
abbia
ragione
di
criticarla
osservando
che
"
mentre
lo
scopo
della
vita
semplice
e
sana
è
di
farci
vivere
nella
natura
,
lo
scopo
dello
sport
è
soltanto
quello
,
molto
egoistico
,
di
farci
toccar
la
meta
qualche
secondo
prima
dei
nostri
competitori
"
;
so
che
tutto
questo
ossequio
alla
medicina
dovrebbe
esser
messo
in
pratica
non
solo
e
non
tanto
per
ciò
che
riguarda
il
lato
estetico
,
lo
sviluppo
fisico
dei
fanciulli
,
ma
anche
e
sopratutto
per
ciò
che
riguarda
il
lato
psicologico
,
il
loro
sviluppo
morale
.
Uno
fra
i
più
gravi
difetti
nostri
nell
'
educazione
,
è
di
non
ricordarci
mai
che
il
temperamento
del
bambino
dipende
dalla
sua
salute
,
e
che
,
il
più
delle
volte
,
bambino
cattivo
è
sinonimo
di
bambino
non
sano
.
Noi
sappiamo
tutto
ciò
,
in
teoria
,
perché
non
è
certo
una
cosa
nuova
e
l
'
abbiamo
letta
infinite
volte
:
ma
....
noi
la
dimentichiamo
quasi
sempre
in
pratica
,
e
mentre
ci
affrettiamo
a
chiamare
il
medico
per
il
più
piccolo
mal
di
gola
del
nostro
bimbo
,
non
lo
chiamiamo
mai
,
o
quasi
mai
,
perché
egli
ci
consigli
la
cura
-
ben
più
importante
!
-
per
correggere
i
capricci
,
l
'
insubordinazione
,
la
caparbietà
dei
nostri
figliuoli
.
Eppure
,
bisognerebbe
insistere
fino
alla
noia
su
questa
gran
verità
:
che
il
morale
del
bambino
,
come
dell
'
uomo
,
è
così
strettamente
legato
colla
disposizione
dei
suoi
organi
,
che
solo
curando
o
modificando
questi
,
si
potrà
trovare
il
modo
di
rendere
i
bambini
più
buoni
e
gli
uomini
più
saggi
.
Forse
ad
alcuno
,
a
qualche
mamma
specialmente
,
ripugna
,
perché
sa
troppo
di
materialismo
,
il
riconoscere
questo
stretto
e
fatale
legame
tra
l
'
organismo
e
le
manifestazioni
dell
'
anima
,
e
pare
ad
esse
che
,
riconoscendolo
,
si
abbassi
e
si
profani
quel
concetto
del
bene
e
della
bontà
che
esse
vorrebbero
tenere
molto
elevato
:
ma
queste
mamme
ignorano
che
le
conquiste
della
fisiologia
sono
ormai
universalmente
riconosciute
anche
dagli
spiritualisti
,
e
che
-
se
la
scienza
ha
dimostrato
che
i
nostri
pensieri
e
i
nostri
sentimenti
,
in
una
parola
l
'
anima
nostra
,
si
manifesta
e
,
per
così
dire
,
s
'
incarna
,
nella
materialità
del
nostro
sistema
nervoso
-
la
scienza
lascia
però
libero
a
tutti
di
far
librare
il
bel
volo
della
Psiche
immortale
al
di
sopra
dell
'
apparecchio
umano
che
le
serve
di
intermediario
col
mondo
esteriore
.
Quando
si
fosse
vinto
questo
pregiudizio
di
voler
attribuire
i
difetti
e
le
cattive
tendenze
dei
bambini
a
una
loro
specifica
perversità
dovuta
unicamente
al
libero
arbitrio
,
quando
si
fosse
riconosciuto
che
essi
sono
moralmente
ciò
che
il
loro
organismo
fisico
permette
che
siano
,
il
problema
dell
'
educazione
apparirebbe
più
semplice
,
e
noi
diventeremmo
non
solo
educatori
più
abili
,
ma
sopratutto
giudici
più
sereni
e
più
equi
.
Noi
accoglieremmo
cioè
umilmente
quella
grande
lezione
di
modestia
che
ci
viene
dalla
legge
d
'
eredità
.
Io
ho
sentito
,
per
esempio
,
molte
volte
-
e
ogni
lettore
potrà
controllare
la
verità
di
quanto
sto
per
dire
-
io
ho
sentito
molte
volte
alcuni
genitori
sorprendersi
e
indignarsi
per
il
carattere
indisciplinato
disobbediente
irritabile
del
loro
bambino
,
quasi
che
essi
non
fossero
le
cause
responsabili
di
tutto
ciò
che
pensa
e
fa
questa
piccola
anima
e
questo
piccolo
corpo
.
Non
sanno
essi
forse
che
tutto
ciò
che
è
il
bambino
,
egli
lo
deve
ai
suoi
genitori
e
ai
suoi
ascendenti
?
Non
sanno
essi
che
i
nostri
figli
sono
ciò
che
noi
siamo
?
E
non
intendono
che
contro
il
cattivo
temperamento
,
contro
le
tendenze
,
o
false
o
violente
,
o
colleriche
o
bugiarde
,
il
bambino
non
potrà
lottare
altro
che
col
mezzo
di
quelle
suggestioni
educative
che
noi
stessi
eserciteremo
su
di
lui
,
e
che
quindi
-
anche
per
questa
ragione
-
noi
siamo
i
veri
responsabili
delle
sue
azioni
?
Eppure
,
tale
ragionamento
di
logica
intuitiva
e
di
elementare
giustizia
è
molto
spesso
dimenticato
.
Constatando
i
difetti
dei
nostri
figli
noi
non
pensiamo
mai
che
in
gran
parte
sono
dovuti
a
noi
;
e
nel
correggerli
ci
lasciamo
vincere
spesso
da
una
severità
e
da
una
irritazione
incosciente
che
somiglia
alla
stupida
rabbia
con
cui
un
floricultore
volesse
battere
le
sue
piante
e
i
suoi
fiori
che
crescono
male
!
E
fosse
almeno
questa
severità
la
conseguenza
voluta
di
un
sistema
,
la
risposta
calma
del
nostro
cervello
a
ciò
che
ci
sembra
meritevole
di
castigo
,
l
'
adempimento
di
ciò
che
noi
crediamo
un
dovere
!
Ma
il
più
delle
volte
,
pur
troppo
,
non
è
così
.
Bisogna
aver
la
franchezza
di
confessare
che
spesso
i
nostri
atti
di
severità
verso
i
nostri
bimbi
non
hanno
nulla
né
di
calmo
né
di
saggio
,
né
di
voluto
,
né
di
cosciente
.
Essi
sono
-
semplicemente
-
il
riflesso
di
un
nostro
stato
di
nervosità
passeggiera
.
Forse
è
una
di
quelle
giornate
in
cui
,
per
ragioni
barometriche
o
per
motivi
personali
di
malumore
(
e
la
nostra
vita
ne
offre
tanti
!
)
,
c
'
è
tensione
elettrica
nell
'
aria
e
tensione
nervosa
nei
temperamenti
:
e
allora
accade
che
il
rumore
dei
giuochi
dei
bambini
,
il
frastuono
che
essi
fanno
,
la
loro
innocente
birichinata
-
che
altre
volte
erano
per
noi
ragioni
di
compiacenza
e
di
allegria
-
ci
annoino
e
ci
stanchino
:
-
noi
alziamo
indispettiti
la
voce
in
tono
di
rimprovero
:
i
bimbi
disobbediscono
:
noi
insistiamo
:
essi
si
ribellano
,
e
questa
ribellione
scatena
il
nostro
furore
.
Poiché
le
parole
non
bastano
,
occorrono
argomenti
più
persuasivi
;
e
ben
presto
non
è
più
un
educatore
che
punisce
col
solo
scopo
di
emendare
il
bambino
,
ma
è
un
sistema
nervoso
eccitato
che
si
sfoga
come
può
,
ciecamente
,
con
la
voce
e
con
le
percosse
.
Più
tardi
,
noi
ci
accorgiamo
dell
'
umiliante
spettacolo
che
abbiamo
offerto
ai
nostri
figli
,
e
ne
sentiamo
rimorso
e
vergogna
.
E
allora
,
cerchiamo
di
rimediare
con
un
'
affettuosità
esagerata
,
cerchiamo
di
compensare
con
una
pioggia
di
carezze
e
di
baci
,
i
lampi
e
le
folgori
momentanee
del
nostro
furore
.
Ma
il
rimedio
è
inutile
,
giacché
il
bambino
ci
comprende
e
ci
giudica
con
una
lucida
intuizione
precoce
,
e
sente
questa
tacita
confessione
del
nostro
torto
:
il
rimedio
,
oltre
che
inutile
,
è
erroneo
e
deleterio
nelle
sue
conseguenze
,
perché
sono
appunto
queste
nostre
oscillazioni
d
'
energia
che
fanno
i
bambini
disordinati
di
spirito
,
incoerenti
di
desiderî
,
incapaci
a
comprendere
quando
noi
abbiamo
veramente
ragione
,
proclivi
sempre
a
supporre
che
ogni
nostro
rimprovero
,
anche
il
più
giusto
,
non
sia
che
l
'
effetto
del
nostro
malumore
e
dei
nostri
nervi
.
Avviene
così
che
la
severità
,
la
quale
vorrebbe
essere
il
mezzo
migliore
per
tener
alta
la
nostra
autorità
,
è
viceversa
spesso
un
mezzo
per
esautorarci
....
*
Molti
genitori
hanno
coscienza
di
questo
risultato
negativo
,
e
per
rimediarvi
,
o
forse
semplicemente
ed
egoisticamente
per
sbarazzarsi
di
una
responsabilità
che
pesa
e
che
toglierebbe
troppo
tempo
alle
loro
giornate
....
piene
di
tante
altre
cose
,
decidono
di
chiudere
in
collegio
il
bambino
la
cui
educazione
presenta
qualche
difficoltà
.
Oh
,
io
non
sarò
così
ingiusto
e
così
assoluto
da
formulare
un
giudizio
unico
su
tutti
i
collegi
!
Ve
ne
sono
oggi
di
quelli
che
valgono
la
migliore
delle
famiglie
-
disgraziatamente
i
più
non
sono
in
Italia
!
-
e
che
creano
degli
uomini
sani
e
forti
,
preparati
modernamente
alla
vita
e
alle
sue
lotte
,
e
non
imbottiti
classicamente
di
sola
coltura
....
Ma
prescindendo
dai
meriti
intellettuali
e
didattici
,
il
collegio
quale
era
una
volta
ovunque
e
qual
è
ancora
adesso
,
generalmente
,
in
Italia
,
il
collegio
chiuso
nella
città
,
specie
di
caserma
e
convento
,
fa
moralmente
tristezza
.
Il
fanciullo
sente
come
un
'
impressione
di
freddo
nell
'
immergersi
d
'
un
tratto
in
quella
folla
di
ignoti
,
e
pensa
a
sua
madre
.
Avete
letto
voi
Sous
le
fardeau
dei
Rosny
?
avete
meditato
le
pagine
eloquenti
che
descrivono
ciò
che
una
delicata
anima
infantile
può
soffrir
nei
collegi
?
E
ricordate
i
versi
di
Sully
Prudhomme
in
cui
è
un
così
triste
e
giusto
rimprovero
:
On
voit
dans
les
sombres
écolesdes
petits
qui
pleurent
toujours.Oh
mères
!
coupables
absentes
!
Meglio
-
assai
meglio
-
che
le
madri
non
siano
colpevoli
assenti
,
se
esse
vogliono
veramente
meritare
il
dolce
nome
con
cui
le
chiama
il
loro
bambino
!
Meglio
per
lui
e
per
loro
,
se
esse
cercheranno
di
adempiere
personalmente
il
loro
dovere
di
educatrici
!
Giacché
l
'
abbandonare
ad
estranei
la
prima
educazione
dei
propri
figli
-
salvo
i
casi
di
necessità
che
nessuno
nega
-
è
una
vigliaccheria
famigliare
.
Bisogna
vincere
gli
ostacoli
,
se
vi
sono
,
sopportare
i
pesi
immancabili
dell
'
educazione
,
modificare
il
proprio
temperamento
,
armarsi
di
quella
serenità
materna
che
Sofia
Bisi
Albini
ha
così
suggestivamente
descritta
,
e
comprendere
che
non
la
durezza
e
i
castighi
,
non
sopratutto
l
'
altalena
pericolosa
fra
le
sgridate
e
i
baci
,
ma
la
calma
noi
dobbiamo
ai
nostri
figli
,
la
calma
e
la
fermezza
,
in
modo
che
essi
sentano
in
noi
un
riposo
e
un
sostegno
,
e
abbiano
verso
di
noi
quel
rispetto
che
è
una
paura
amata
.
Generalmente
,
invece
,
ciò
che
manca
nell
'
educazione
è
appunto
l
'
unione
e
direi
la
fusione
tra
queste
due
qualità
:
noi
non
sappiamo
essere
nello
stesso
tempo
calmi
e
sereni
verso
i
bambini
,
e
noi
non
conosciamo
che
i
due
sistemi
opposti
ed
esagerati
della
troppa
severità
o
della
troppa
indulgenza
.
Il
primo
sistema
,
sistema
di
disciplina
rude
che
crea
dei
piccoli
esseri
sempre
tremanti
,
e
li
foggia
meccanicamente
all
'
obbedienza
passiva
,
è
senza
dubbio
molto
comodo
per
noi
,
ma
non
altrettanto
utile
ai
fanciulli
,
giacché
spegne
in
loro
o
atrofizza
l
'
istinto
di
iniziativa
,
la
coscienza
della
propria
personalità
,
quel
sano
individualismo
senza
del
quale
,
più
tardi
,
essi
non
faranno
nulla
di
degno
nel
mondo
:
e
molte
volte
anche
produce
-
all
'
entrata
nella
vita
-
una
reazione
pericolosa
,
perché
il
giovane
,
nell
'
impeto
di
liberazione
da
una
disciplina
troppo
ferrea
,
passa
di
slancio
a
una
vita
di
disordine
.
Il
secondo
sistema
,
d
'
un
'
educazione
troppo
tenera
,
tutta
condiscendenze
e
debolezze
,
che
abitua
il
fanciullo
a
credersi
il
piccolo
despota
della
famiglia
,
ha
in
sé
,
evidente
,
la
sua
condanna
:
per
voler
fare
troppo
felice
il
bambino
non
negandogli
mai
nulla
,
ne
fa
immancabilmente
un
uomo
infelice
,
che
non
potrà
sopportare
le
contraddizioni
e
vincere
gli
ostacoli
che
la
vita
gli
prepara
e
a
cui
nessuno
in
famiglia
lo
ha
abituato
.
E
il
guaio
maggiore
di
entrambi
questi
sistemi
è
che
essi
non
ripetono
sempre
la
loro
giustificazione
-
come
apparentemente
potrebbe
credersi
-
dal
concetto
che
i
genitori
si
formano
del
modo
d
'
educare
i
figli
,
ma
bensì
dal
loro
inconscio
egoismo
.
Non
è
cioè
un
meditato
giudizio
intellettuale
che
ci
fa
seguire
il
sistema
della
severità
o
quello
dell
'
indulgenza
,
ma
semplicemente
il
nostro
tornaconto
.
Se
teniamo
i
nostri
figli
sotto
una
disciplina
rigida
,
è
,
il
più
delle
volte
,
perché
ci
disturberebbe
averli
sempre
nelle
nostre
stanze
,
dove
vogliamo
essere
liberi
e
indipendenti
a
tutte
le
ore
:
se
invece
li
mescoliamo
alla
nostra
vita
,
tenendoli
troppo
con
noi
e
fra
noi
e
accontentandoli
in
tutto
,
è
perché
,
il
più
delle
volte
,
il
nostro
affetto
degenera
in
sentimentalità
morbosa
e
non
sa
compiere
ciò
che
gli
imporrebbe
il
dovere
.
In
una
parola
,
ciò
che
noi
facciamo
per
i
nostri
figli
ha
l
'
apparenza
,
direi
l
'
etichetta
,
di
essere
fatto
per
il
loro
bene
:
in
realtà
,
è
fatto
,
spesso
,
per
la
nostra
comodità
,
per
seguire
automaticamente
gli
impulsi
,
non
sempre
ragionevoli
,
che
il
nostro
istinto
ci
suggerisce
.
E
anche
quando
noi
amiamo
veramente
,
profondamente
i
nostri
figli
,
li
amiamo
-
senza
accorgercene
-
più
per
noi
che
per
loro
.
Il
nostro
modo
infatti
di
comprendere
la
loro
felicità
è
così
fatalmente
egoistico
,
che
non
ci
adattiamo
a
saperli
felici
senza
di
noi
.
Nel
nostro
affetto
verso
di
loro
,
noi
sappiamo
talvolta
toccare
le
più
alte
vette
dell
'
altruismo
,
ma
,
normalmente
,
noi
siamo
incapaci
di
compiere
quei
quotidiani
sacrifici
-
più
umili
e
perciò
più
difficili
-
che
,
cooperando
alla
felicità
del
fanciullo
,
lo
staccherebbero
da
noi
.
La
stessa
madre
che
è
sublime
di
devozione
al
letto
del
figlio
ammalato
,
e
non
calcola
fatiche
e
dimentica
sé
stessa
e
rischia
,
felice
e
inconscia
,
la
vita
per
lui
,
non
saprà
dimenticare
sé
stessa
né
rischiare
il
passeggero
dolore
della
lontananza
,
permettendo
che
questo
figlio
,
più
tardi
,
si
cerchi
una
via
e
si
costruisca
una
felicità
lontana
da
lei
.
Eroica
in
casi
eccezionali
,
essa
non
avrà
,
nei
casi
normali
,
nemmeno
il
piccolo
coraggio
di
saper
dimenticare
sé
stessa
.
Diceva
molto
bene
il
Desmolins
che
uno
degli
ostacoli
più
grandi
alla
riforma
dell
'
educazione
nei
paesi
latini
è
la
tenerezza
troppo
esclusiva
delle
mamme
.
Ed
io
mi
permetterei
di
aggiungere
-
anche
troppo
illogica
.
Alcune
mamme
,
che
lasciano
talvolta
senza
molto
dolore
il
loro
figlio
ancor
piccolo
entrare
in
un
collegio
-
basta
che
sia
un
collegio
vicino
!
-
si
ribellano
poi
a
lasciarlo
allontanare
da
loro
quando
,
fatto
più
grande
,
egli
avrebbe
tanto
bisogno
di
scuotere
d
'
intorno
a
sé
la
polvere
sentimentale
della
sua
casa
e
di
imparare
,
viaggiando
,
come
ci
si
formi
un
carattere
e
come
si
conquisti
una
posizione
.
Noi
abbiamo
invertito
,
se
posso
dir
così
e
salvo
,
s
'
intende
,
numerose
eccezioni
,
la
legge
di
natura
che
vuole
il
bambino
vicino
ai
genitori
nei
primi
anni
,
e
libero
in
seguito
;
e
mentre
non
ci
ripugna
troppo
,
in
certi
casi
,
abbandonare
ad
altri
,
ad
estranei
,
la
prima
educazione
del
nostro
bambino
,
vogliamo
poi
che
questo
,
divenuto
giovane
e
adulto
,
trascorra
la
sua
vita
sempre
vicino
a
noi
.
Inversione
dovuta
al
nostro
egoismo
,
alla
nostra
sentimentalità
latina
,
che
è
ben
lontana
dal
comprendere
e
dall
'
adottare
,
sia
pure
in
piccola
parte
,
la
larga
visione
dell
'
educazione
inglese
,
dove
i
fanciulli
,
a
una
certa
età
,
lasciano
il
nido
della
famiglia
,
quasi
uccelli
in
apparenza
ingrati
che
lo
dimentichino
,
ma
per
ritornarvi
più
tardi
,
coll
'
orgoglio
di
una
giovinezza
degnamente
vissuta
,
colla
soddisfazione
d
'
aver
dato
alla
patria
,
in
paesi
lontani
,
quel
tesoro
di
energie
che
la
fa
grande
nel
mondo
.
*
Ora
,
sarebbe
evidentemente
assurdo
pretendere
che
la
famiglia
latina
fosse
,
come
la
famiglia
anglosassone
,
pronta
a
recidere
i
suoi
nervi
troppo
sensibili
,
e
pensosa
soltanto
che
i
propri
figli
trovino
la
ricchezza
lontani
dal
proprio
nido
:
vi
si
opporrebbe
la
razza
,
la
nostra
stessa
costituzione
sociale
ed
economica
,
e
d
'
altronde
io
per
il
primo
riconosco
che
nel
nostro
modo
di
intender
la
vita
è
un
profumo
di
poesia
e
di
gentilezza
che
compensa
forse
,
in
parte
,
i
vantaggi
materiali
dell
'
insensibilità
inglese
.
Ma
noi
potremmo
dagli
stranieri
,
se
non
imparar
tutto
,
almeno
imparar
qualche
cosa
:
questa
sopratutto
:
imparare
a
lasciar
che
si
manifestino
liberamente
le
tendenze
dei
nostri
figli
,
che
si
svolgano
le
loro
iniziative
,
che
s
'
espanda
la
loro
originalità
;
noi
dovremmo
imparare
a
dirigere
la
loro
natura
,
anziché
,
come
troppo
spesso
facciamo
,
affaticarci
a
correggerla
ed
a
comprimerla
per
seguire
il
concetto
aprioristico
che
noi
ci
siamo
fatti
della
loro
carriera
e
del
loro
avvenire
.
Malauguratamente
non
è
così
.
Se
noi
volgiamo
lo
sguardo
ai
nostri
sistemi
di
educazione
e
di
istruzione
,
ci
accorgiamo
che
la
loro
caratteristica
è
una
desolante
uniformità
.
Si
direbbe
che
tutti
i
fanciulli
sono
gettati
nello
stesso
stampo
perché
ne
esca
un
unico
tipo
intellettuale
:
il
tipo
dell
'
impiegato
,
del
professore
,
del
professionista
,
imbottito
di
una
coltura
più
o
meno
ben
digerita
.
Anni
sono
era
venuta
di
Francia
una
grande
ventata
di
reazione
contro
questo
sistema
d
'
educazione
,
ma
essa
aveva
appena
fatto
stormir
qualche
foglia
del
nostro
quieto
ed
immobile
paesaggio
intellettuale
:
non
ne
aveva
scosso
i
tronchi
robusti
né
turbata
la
saldezza
delle
radici
antiche
.
Pochissimi
avevano
sentito
quanta
sincerità
fosse
in
questa
ventata
di
ribellione
:
i
più
,
credendo
si
volesse
attentare
al
diritto
intangibile
che
ha
nella
nostra
coltura
lo
studio
del
latino
e
del
greco
,
avevano
bollato
come
opinione
di
barbari
o
volgare
preoccupazione
di
bottegai
,
il
desiderio
di
dare
all
'
istruzione
dei
nostri
figli
un
indirizzo
più
pratico
e
socialmente
più
utile
.
Costoro
-
e
mi
duole
il
dirlo
-
non
avevano
capito
nulla
o
avevano
finto
di
non
capir
nulla
.
Costoro
ignoravano
,
anzitutto
,
che
a
capo
della
bestemmiata
crociata
era
,
non
un
barbaro
o
uno
spirito
bottegaio
,
ma
uno
dei
più
illustri
accademici
di
Francia
,
uno
degli
scrittori
didatticamente
e
politicamente
più
ortodossi
,
Jules
Lemaître
.
Costoro
dimenticavano
,
inoltre
,
che
la
crociata
non
combatteva
il
latino
e
il
greco
,
ma
soltanto
il
modo
con
cui
queste
lingue
....
e
tante
altre
cose
!
vengono
insegnate
.
Mettiamoci
una
mano
sulla
coscienza
e
confessiamo
che
noi
sappiamo
ben
poco
di
latino
e
quasi
nulla
di
greco
dopo
otto
o
cinque
anni
di
studio
!
Diceva
il
dottor
Toulouse
,
ed
io
posso
ripetere
testualmente
le
sue
parole
:
"
ho
quarant
'
anni
e
sono
trent
'
anni
che
affatico
il
mio
spirito
sui
libri
e
sull
'
osservazione
dei
fatti
;
e
non
potrei
,
sul
momento
,
trovare
in
alcuna
delle
discipline
che
ho
studiato
quelle
risposte
che
si
esigono
dagli
scolari
e
che
io
stesso
ho
fornito
ai
miei
tempi
in
diverse
riprese
"
.
Ecco
una
constatazione
che
dovrebbe
essere
meditata
da
coloro
che
preparano
i
programmi
per
le
scuole
,
da
coloro
che
istituiscono
gli
esami
e
credono
alla
loro
efficacia
.
L
'
insegnamento
attuale
consiste
nel
trasmettere
delle
cognizioni
,
mentre
il
suo
scopo
dovrebbe
essere
formare
lo
spirito
e
il
carattere
.
Oggi
,
alla
scuola
,
si
impara
tutto
fuor
che
a
pensare
e
ad
agire
:
oggi
si
dimentica
che
lo
sforzo
d
'
ogni
educazione
deve
consistere
non
nell
'
appiccicare
della
coltura
,
ma
nel
formare
delle
attitudini
.
La
superiorità
vera
,
in
ogni
ambiente
,
è
di
creare
,
non
di
sapere
;
e
per
questo
il
commerciante
che
sa
dar
vita
a
un
'
azienda
meglio
adatta
ai
bisogni
della
clientela
fa
opera
di
creazione
eguale
,
e
forse
più
utile
,
di
colui
che
scrive
un
bel
libro
.
È
in
tal
senso
e
seguendo
questi
concetti
che
noi
protestiamo
contro
l
'
uniformità
di
un
'
educazione
che
dà
l
'
illusione
e
non
la
realtà
della
coltura
,
che
crea
più
spostati
che
non
uomini
atti
a
tramutare
in
succo
e
sangue
il
cibo
classico
di
cui
furon
nutriti
.
Eppure
,
sia
vanità
,
abitudine
od
indolenza
,
i
genitori
,
-
e
parlo
,
si
capisce
,
dei
genitori
delle
classi
più
elevate
,
-
continuano
a
mandare
i
loro
figli
a
quelle
scuole
classiche
che
hanno
fama
di
formare
automaticamente
il
cosiddetto
giovane
colto
,
come
se
per
la
soddisfazione
di
creare
qualche
erudito
,
si
avesse
il
diritto
di
lanciar
nel
mondo
una
folla
di
mediocri
inutili
,
o
come
se
noi
non
dovessimo
essere
che
un
popolo
immenso
di
filosofi
di
romanzieri
di
scrittori
,
un
popolo
di
puri
spiriti
,
che
vivessero
....
di
letteratura
,
e
pei
quali
tutte
le
altre
attività
ed
energie
umane
non
contassero
quasi
nulla
.
Quanti
sono
coloro
che
si
preoccupano
di
sviluppare
e
determinare
a
tempo
i
gusti
naturali
del
bambino
....
se
per
caso
non
fossero
proprio
quelli
di
studiare
latino
e
greco
?
Quanti
sono
coloro
che
hanno
l
'
istinto
e
il
tatto
di
comprendere
le
sue
inclinazioni
?
Ai
più
,
non
balena
neppure
l
'
idea
che
vi
sia
nell
'
anima
del
fanciullo
,
come
v
'
è
nel
suo
viso
,
qualche
cosa
che
lo
distingua
dagli
altri
,
e
che
perciò
esigerebbe
,
da
parte
nostra
,
uno
studio
speciale
.
Cioè
,
mi
correggo
.
Noi
avvertiamo
talvolta
alcune
delle
cosiddette
disposizioni
naturali
dei
nostri
figlioli
:
le
avvertiamo
per
gloriarcene
nel
nostro
istintivo
orgoglio
paterno
o
materno
o
per
sventolarle
vanitosamente
presso
i
conoscenti
e
presso
gli
amici
:
ma
noi
non
approfondiamo
l
'
analisi
di
queste
facoltà
che
rompono
l
'
equilibrio
della
psiche
infantile
:
noi
non
ci
chiediamo
se
non
sarebbe
forse
nostro
dovere
di
dare
ad
esse
tutte
le
nostre
cure
,
mutando
,
se
posso
dir
così
,
l
'
orientazione
educativa
del
bambino
:
noi
non
calcoliamo
il
danno
di
lasciar
sperdere
sul
principio
pei
mille
rigagnoli
della
distrazione
una
vena
che
potrebbe
diventare
feconda
,
e
senza
un
rimorso
,
senza
un
dubbio
,
noi
insistiamo
nel
solito
vecchio
sistema
:
inviamo
cioè
il
fanciullo
a
quella
scuola
che
a
noi
pare
per
lui
la
più
utile
,
e
dove
l
'
obbligo
di
studiare
contro
genio
materie
ch
'
egli
non
ama
,
lo
fa
riuscire
spesso
mediocre
od
infimo
.
Forse
è
qui
che
bisogna
cercar
la
ragione
per
cui
certe
scuole
danno
risultati
di
cui
non
possiamo
troppo
vantarci
.
E
quando
Alessandro
Dumas
-
volendo
appunto
lanciare
una
frecciata
ironica
contro
la
scuola
-
si
chiedeva
:
Come
mai
vi
sono
tanti
ragazzi
intelligenti
e
tanti
uomini
imbecilli
?
egli
intravvedeva
che
questa
curiosa
e
dolorosa
trasformazione
è
dovuta
al
fatto
che
la
scuola
,
invece
di
sviluppare
le
qualità
specifiche
del
fanciullo
,
le
atrofizza
,
e
quindi
,
invece
di
formare
l
'
uomo
,
lo
deforma
.
È
questo
il
grande
delitto
pedagogico
dei
nostri
giorni
:
delitto
che
compiono
quotidianamente
non
solo
i
maestri
nella
scuola
,
ma
i
genitori
nella
famiglia
,
e
che
si
estende
non
solo
verso
i
bambini
ma
verso
i
giovani
.
Quando
suona
l
'
ora
della
scelta
della
professione
e
della
carriera
-
che
dovrebb
'
essere
la
più
importante
nella
vita
d
'
un
giovane
perché
da
essa
dipende
la
sua
felicità
-
quanti
sono
i
padri
che
si
preoccupano
di
lasciar
libero
il
corso
a
quelle
disposizioni
innate
dei
loro
figli
,
di
cui
pure
s
'
eran
fatti
un
orgoglio
in
passato
?
Quanti
sono
coloro
i
quali
riflettono
che
-
nella
vita
-
chi
fa
ciò
per
cui
natura
l
'
ha
creato
sopporta
facilmente
ogni
fatica
ed
ogni
contrarietà
,
mentre
invece
chi
è
costretto
a
una
professione
cui
la
sua
natura
ripugna
,
ha
eternamente
in
sé
un
'
intima
tristezza
e
un
'
intima
ribellione
che
gli
renderanno
amaro
il
lavoro
e
difficilissimo
il
raggiungere
una
meta
elevata
?
La
maggioranza
dei
genitori
non
ha
scrupolo
di
opprimere
la
natura
propria
del
loro
figlio
per
sostituirgliene
un
'
altra
.
Vogliono
fabbricare
un
avvocato
o
un
ingegnere
,
un
professore
,
un
magistrato
o
un
impiegato
,
secondo
la
tradizione
della
famiglia
,
il
presunto
vantaggio
economico
,
l
'
opportunità
del
momento
,
senza
preoccuparsi
affatto
che
,
così
facendo
,
essi
soffocano
un
cervello
e
violentano
un
'
anima
.
E
se
osate
avvertirli
dell
'
errore
,
essi
si
armano
di
argomenti
che
paiono
vittoriosi
,
e
vi
dicono
che
è
inutile
preoccuparsi
delle
singole
disposizioni
del
giovane
,
perché
le
vere
vocazioni
si
fanno
strada
quand
même
,
attraverso
tutti
gli
ostacoli
,
e
vi
citano
Voltaire
che
era
commesso
nello
studio
d
'
un
procuratore
,
e
Musset
che
era
impiegato
presso
un
banchiere
....
il
che
,
innegabilmente
,
non
ha
impedito
che
essi
abbiano
fatto
carriera
.
Ma
questi
padri
troppo
logici
dimenticano
che
le
leggi
e
i
metodi
dell
'
educazione
non
sono
fatti
per
gli
individui
eccezionali
,
i
quali
certamente
trovano
sempre
il
modo
di
manifestarsi
,
bensì
per
l
'
infinito
numero
degli
uomini
medii
e
normali
i
quali
non
possiedono
la
forza
di
togliersi
di
dosso
quella
cappa
di
piombo
con
cui
furono
oppressi
e
di
cui
per
la
vita
rimangono
vittime
.
Ecco
il
maggiore
equivoco
che
domina
il
gran
problema
dei
nostri
doveri
verso
la
gioventù
.
Siamo
tutti
persuasi
che
il
primo
dovere
sia
di
dare
ai
figli
la
felicità
,
o
,
poiché
questa
è
irraggiungibile
,
di
avviarli
almeno
sul
cammino
della
felicità
:
ma
generalmente
si
crede
che
la
felicità
consista
nella
sicurezza
placida
d
'
un
impiego
,
e
non
si
intende
invece
che
essa
è
un
premio
che
si
conquista
palmo
a
palmo
col
libero
sviluppo
delle
proprie
energie
.
Noi
vogliamo
fare
dei
giovani
,
dei
vecchi
precoci
e
calcolatori
,
che
si
accontentino
subito
d
'
un
piccolo
posto
sicuro
e
vicino
,
pur
di
non
correre
quell
'
alea
del
rischio
che
è
la
poesia
della
vita
.
Con
una
suggestione
a
ritroso
,
noi
inoculiamo
in
essi
i
germi
di
un
pessimismo
utilitarista
che
addormenta
coscienza
e
ardore
,
e
li
fa
timidi
dinanzi
a
ogni
ostacolo
,
preoccupati
soltanto
di
procacciarsi
una
posizione
mediocre
pur
che
garantisca
il
loro
tranquillo
avvenire
.
E
non
sentiamo
quanto
più
bello
e
più
utile
,
più
dignitoso
e
più
fiero
,
sarebbe
invece
sviluppare
in
essi
il
senso
della
libera
iniziativa
,
e
fecondare
la
dote
migliore
e
maggiore
della
gioventù
che
è
l
'
entusiasmo
.
Lasciarli
liberi
,
perché
essi
possano
seguire
le
loro
naturali
disposizioni
e
interpretar
quella
voce
che
detta
dentro
:
volerli
entusiasti
,
cioè
innamorati
di
quella
qualunque
idea
che
sostengono
,
con
un
cervello
che
calcola
ma
con
un
cuore
che
non
calcola
punto
,
simili
a
un
soldato
che
conta
i
suoi
nemici
,
ma
poi
se
ne
dimentica
il
numero
pensando
alla
bellezza
della
sua
bandiera
....
*
Tale
io
penso
dovrebbe
essere
l
'
ideale
dell
'
educazione
:
e
tale
,
forse
,
nell
'
intimo
dell
'
animo
è
riconosciuto
da
molti
.
Ma
ben
pochi
osano
applicarlo
.
Perché
?
Perché
uno
dei
fenomeni
più
strani
e
contradditorii
della
nostra
psicologia
è
che
mentre
noi
siamo
modernamente
audaci
nel
pensiero
e
approviamo
le
idee
più
ardite
suscitate
da
libri
e
studi
recenti
,
siamo
ancora
pavidi
nell
'
azione
,
perché
mentre
il
nostro
cervello
vede
lucidamente
la
via
nuova
che
dovremmo
percorrere
,
la
nostra
volontà
non
sa
essere
abbastanza
indipendente
per
abbandonare
d
'
un
tratto
la
via
vecchia
,
a
cui
siamo
legati
da
una
fitta
rete
di
tradizioni
e
di
pregiudizi
,
e
si
ripercuote
così
anche
nel
problema
dell
'
educazione
quell
'
eterno
dissidio
fra
teoria
e
pratica
,
che
si
manifesta
dovunque
,
e
che
è
dovuto
al
fatto
che
l
'
uomo
opera
come
sente
e
non
come
pensa
.
Un
giorno
io
assistevo
a
una
conferenza
sull
'
Educazione
nuova
detta
da
una
nostra
illustre
scrittrice
.
Gran
folla
di
signore
nella
sala
e
grandissimi
applausi
.
Uscendo
,
sorpresi
questo
dialogo
fra
due
mamme
:
-
Son
cose
verissime
diceva
l
'
una
-
ma
come
si
fa
a
metterle
in
pratica
?
-
Già
-
rispose
l
'
altra
-
io
non
vorrei
certo
esser
la
prima
!
-
Così
è
.
Noi
abbiamo
un
sacro
orrore
dell
'
azione
isolata
,
e
nessuno
di
noi
vuol
essere
il
primo
ad
applicare
certi
principii
,
a
fare
sui
proprii
figli
l
'
esperienza
di
certi
metodi
e
di
certe
idee
.
Quando
si
tratta
di
un
atto
qualsiasi
della
nostra
vita
,
noi
non
domandiamo
mai
se
è
bene
compierlo
:
noi
domandiamo
sempre
e
soltanto
se
è
generalmente
ammesso
che
lo
si
compia
.
E
per
paura
d
'
essere
i
primi
,
per
il
terrore
d
'
assumere
un
'
iniziativa
che
potrebbe
essere
criticata
,
noi
continuiamo
nella
vecchia
routine
.
Ora
,
bisognerebbe
distruggere
quest
'
antitesi
fra
la
teoria
e
la
pratica
;
bisognerebbe
avere
il
coraggio
di
compiere
questo
sforzo
che
riavvicinasse
le
idee
ai
fatti
e
rendesse
le
nostre
azioni
logicamente
degne
dei
nostri
pensieri
.
Diceva
il
Lemaître
:
"
basta
che
le
classi
privilegiate
comincino
,
le
altre
seguono
fatalmente
"
.
Anch
'
io
lo
credo
,
e
perciò
ho
voluto
ripetere
qui
quello
che
troppi
altri
e
troppo
meglio
di
me
hanno
detto
.
L
'
ANIMA
DEL
FANCIULLO
.
Quando
noi
pronunciamo
il
nome
d
'
infanzia
,
si
sveglia
nella
nostra
memoria
un
cumulo
di
ricordi
che
hanno
il
fascino
d
'
un
romanzo
.
È
la
nostra
giovinezza
che
rivive
,
come
in
un
sogno
,
è
la
nostra
esperienza
che
la
vede
e
la
racconta
,
mescolando
la
poesia
della
realtà
all
'
attrattiva
della
lontananza
,
deformando
alcuni
episodii
che
il
tempo
ingrandisce
dinanzi
alla
nostra
coscienza
,
come
lo
spazio
ingrandisce
dinanzi
ai
nostri
occhi
-
attraverso
i
rami
degli
alberi
-
il
profilo
degli
astri
che
sorgono
....
Ed
è
così
spontanea
,
così
inconscia
questa
alterazione
del
vero
,
che
non
solo
noi
crediamo
a
tutto
quanto
rievoca
la
nostra
fantasia
,
la
quale
tinge
talvolta
troppo
in
roseo
e
talvolta
troppo
in
nero
il
primo
periodo
della
vita
,
ma
noi
osiamo
anche
spiegare
e
giudicare
tutto
il
complicato
meccanismo
della
nostra
piccola
anima
di
fanciulli
con
la
nostra
superba
psicologia
di
uomini
adulti
.
Forse
le
pagine
meno
vere
nelle
autobiografie
di
certi
scrittori
,
sono
quelle
che
riguardano
la
loro
fanciullezza
;
pagine
dalle
quali
s
'
effonde
un
conforto
o
un
rimpianto
,
l
'
eco
lontana
di
gioie
ingenue
o
di
incompresi
dolori
,
ma
nelle
quali
,
se
è
spesso
mirabile
la
descrizione
di
un
'
epoca
o
di
un
ambiente
,
non
è
quasi
mai
esatta
,
precisa
,
sincera
la
figura
morale
del
protagonista
.
Anche
lo
fosse
,
noi
avremmo
la
psicologia
di
un
fanciullo
,
non
già
la
psicologia
del
fanciullo
.
Per
tentar
questa
,
bisogna
dunque
tenersi
lontano
dagli
esseri
superiori
ed
eccezionali
che
spesso
vogliono
presentare
anche
la
loro
infanzia
sul
palcoscenico
della
gloria
,
bisogna
non
dar
troppa
importanza
ai
propri
ricordi
,
che
peccano
di
soggettivismo
,
e
occorre
invece
moltiplicare
le
osservazioni
serene
e
spassionate
intorno
a
noi
,
tra
le
famiglie
che
ci
circondano
,
tra
la
folla
anonima
della
strada
e
della
scuola
....
Solo
così
-
coll
'
analisi
minuta
e
diffusa
-
è
stato
possibile
alla
scienza
moderna
strappare
almeno
qualche
segreto
a
quella
sfinge
eterna
che
è
l
'
anima
del
fanciullo
.
*
Rileggendo
-
come
io
ho
dovuto
e
voluto
fare
-
una
non
piccola
parte
di
ciò
che
si
è
scritto
intorno
all
'
infanzia
,
mi
sono
convinto
che
fino
ad
alcuni
anni
fa
,
la
psicologia
del
bambino
poteva
riassumersi
in
due
opinioni
diametralmente
opposte
ed
egualmente
assolute
.
Da
un
lato
,
erano
i
denigratori
per
partito
preso
,
i
quali
definivano
i
fanciulli
tutti
egoisti
,
ribelli
,
bugiardi
,
crudeli
:
dall
'
altro
lato
erano
i
lodatori
quand
même
,
i
quali
li
definivano
simboli
di
perfezione
,
angeli
di
bontà
e
di
innocenza
.
Fra
i
primi
,
fra
coloro
che
dissero
più
male
dell
'
infanzia
,
emergono
il
La
Bruyère
,
un
celibe
,
e
il
Dupanloup
,
un
vescovo
.
Ed
è
abbastanza
spiegabile
-
lo
dico
senza
malignità
-
che
un
teologo
,
il
quale
aveva
tutto
l
'
interesse
a
mantener
ferma
la
dottrina
della
depravazione
congenita
,
e
un
vecchio
scapolo
,
al
quale
i
bambini
degli
altri
saranno
parsi
dei
diavoletti
noiosi
e
tormentatori
,
li
abbiano
bollati
con
così
severo
giudizio
.
Fra
i
secondi
,
fra
quelli
che
io
chiamerei
i
cortigiani
dell
'
infanzia
,
primeggia
Rousseau
,
sostenendo
che
il
bambino
esce
perfetto
dalle
mani
del
creatore
,
e
che
soltanto
la
nostra
falsa
educazione
lo
deforma
e
lo
guasta
.
Ed
è
altrettanto
spiegabile
il
suo
ottimismo
quanto
il
pessimismo
degli
altri
.
Il
filosofo
-
poeta
,
sedotto
dalla
grazia
infantile
,
e
più
che
altro
forse
dal
suo
preconcetto
antisociale
,
ha
idealizzato
un
'
età
,
che
tutti
i
poeti
,
del
resto
,
prima
e
dopo
di
lui
,
avevano
ravvolto
nell
'
azzurro
della
leggenda
.
Senza
discutere
-
per
ora
-
quanta
esagerazione
vi
sia
nell
'
una
e
nell
'
altra
di
queste
due
opinioni
,
è
necessario
anzitutto
constatare
che
esse
partono
da
un
punto
di
vista
falso
.
Esse
pretendono
di
dare
un
giudizio
morale
sull
'
attività
psicologica
del
bambino
,
ciò
che
è
un
equivoco
e
un
'
illusione
.
Non
si
debbono
prestare
al
bambino
dei
motivi
determinanti
che
egli
non
ha
.
Non
si
possono
interpretare
i
suoi
sentimenti
,
le
sue
impulsioni
,
le
sue
tendenze
,
come
interpretiamo
le
nostre
.
Quello
che
per
noi
ha
un
significato
,
per
lui
non
lo
ha
.
La
sua
coscienza
ignora
ciò
che
è
il
cardine
della
nostra
.
Egli
si
affaccia
alla
vita
,
senza
comprenderla
,
come
una
pianta
che
spunti
dal
suolo
;
e
nel
crepuscolo
mattutino
della
sua
esistenza
egli
afferma
istintivamente
le
sue
naturali
energie
,
ignorando
che
queste
più
tardi
dovranno
essere
giudicate
e
dirette
da
una
luce
morale
,
come
ogni
erba
e
ogni
albero
innalza
e
svolge
all
'
alba
liberamente
il
suo
stelo
e
il
suo
tronco
,
ignorando
che
fra
poco
dardeggierà
su
di
essi
,
per
trasformarli
,
il
raggio
del
sole
.
Lasciamo
dunque
ai
teologi
,
ai
filosofi
ed
ai
poeti
,
la
platonica
soddisfazione
di
giudicare
l
'
animo
del
fanciullo
alla
stregua
dell
'
animo
di
un
adulto
,
e
invece
di
infiorare
l
'
infanzia
di
lodi
illogiche
o
di
coprirla
con
un
disprezzo
ancora
più
illogico
,
cerchiamo
modestamente
e
semplicemente
di
spiegare
il
perché
della
sua
strana
e
contradditoria
psicologia
.
*
Una
delle
leggi
fisiologiche
ormai
meno
discusse
,
e
degna
quindi
di
esser
tenuta
quasi
come
un
assioma
,
è
che
la
ontogenia
riproduce
la
filogenia
.
Le
quali
parole
un
po
'
oscure
,
tradotte
in
lingua
povera
,
significano
che
l
'
individuo
,
dall
'
atto
del
concepimento
a
quello
della
nascita
,
riproduce
le
fasi
per
cui
è
passata
evolutivamente
la
specie
.
Gli
uomini
-
prima
di
giungere
a
quello
stato
di
civiltà
relativa
di
cui
la
storia
più
lontana
ci
conserva
notizie
-
vissero
migliaia
e
migliaia
di
anni
in
condizioni
e
sotto
forme
che
noi
tentiamo
oggi
di
evocare
,
ricostruendo
il
meno
fantasticamente
possibile
,
cogli
sprazzi
di
luce
che
ci
vengono
dalla
scienza
,
la
lunga
via
crucis
attraverso
la
quale
a
poco
a
poco
i
nostri
antenati
svestirono
la
loro
animalità
per
acquistare
aspetto
e
coscienza
umana
.
Ebbene
:
ogni
individuo
nel
suo
sviluppo
fetale
rifà
in
pochi
mesi
questa
strada
faticosamente
percorsa
dalla
specie
in
un
periodo
di
secoli
,
e
la
vita
dell
'
embrione
può
dirsi
il
riassunto
a
grande
velocità
(
mi
si
permetta
questa
espressione
)
del
viaggio
fatto
dalla
specie
nel
mondo
.
Da
questa
legge
fisiologica
che
Haeckel
ha
splendidamente
illustrata
,
parmi
possa
derivare
per
analogia
,
e
quasi
corollario
spontaneo
,
un
'
altra
legge
di
ordine
psicologico
.
Come
nello
sviluppo
fetale
noi
riproduciamo
la
fisiologia
dei
nostri
antenati
,
nelle
forme
e
nelle
anomalie
scheletriche
,
così
nei
primi
anni
di
vita
ne
riproduciamo
la
psicologia
,
nelle
attitudini
della
mente
e
della
volontà
.
Il
bambino
,
cioè
,
sente
e
agisce
come
un
primitivo
e
come
un
selvaggio
,
e
tutta
la
sua
incoerente
impulsiva
psicologia
che
ci
sorprende
e
ci
turba
,
non
è
che
la
resurrezione
,
per
fortuna
transitoria
,
della
psiche
antica
,
quasi
per
ricordare
a
noi
-
umiliandoci
-
donde
siamo
venuti
.
Se
è
dunque
vero
,
come
comunemente
si
afferma
,
che
nel
fanciullo
c
'
è
,
in
potenza
,
lo
scorcio
dell
'
uomo
futuro
,
è
altrettanto
vero
che
c
'
è
,
in
realtà
,
lo
scorcio
dell
'
uomo
primitivo
,
il
riassunto
di
tutta
una
psicologia
atavica
che
noi
abbiamo
ormai
sorpassata
.
Questa
constatazione
scientifica
è
non
soltanto
la
piattaforma
su
cui
devono
basarsi
tutti
gli
studii
relativi
all
'
infanzia
,
ma
è
anche
,
in
un
certo
senso
,
la
spiegazione
implicita
di
ogni
forma
di
attività
del
fanciullo
.
Esaminando
infatti
i
suoi
sentimenti
,
i
suoi
pensieri
,
le
sue
azioni
,
noi
ritroveremo
in
tutti
l
'
eco
e
il
ricordo
,
quasi
direi
la
fotografia
di
un
mondo
morale
lontano
e
scomparso
.
*
La
caratteristica
più
tipica
dell
'
anima
infantile
è
,
senza
dubbio
,
la
potenza
della
sua
immaginazione
.
L
'
infanzia
è
l
'
età
del
sogno
,
nella
quale
questo
mondo
che
noi
non
conosciamo
ancora
si
veste
dei
più
brillanti
colori
;
è
l
'
età
in
cui
il
massimo
godimento
consiste
nell
'
ascoltare
fiabe
e
racconti
straordinari
.
Ebbene
:
non
è
forse
durante
l
'
infanzia
del
mondo
che
si
sono
formati
i
miti
e
le
leggende
,
queste
storie
dell
'
umanità
bambina
,
destinate
a
coprire
sotto
una
fantasia
lussureggiante
la
povertà
delle
conoscenze
umane
?
L
'
immaginazione
-
nel
fanciullo
come
nel
selvaggio
-
è
così
grande
che
trasforma
gli
oggetti
in
esseri
coscienti
e
sensibili
,
dà
il
soffio
della
vita
alle
cose
inanimate
ed
inerti
.
Un
bambino
di
4
anni
attribuiva
alle
pietre
una
specie
di
anima
e
le
compiangeva
perché
esse
dovevano
restare
sempre
immobili
allo
stesso
posto
.
Non
altrimenti
il
selvaggio
crede
che
nell
'
albero
che
stormisce
sia
uno
spirito
e
presta
non
solo
un
corpo
ma
un
'
anima
al
vento
che
urla
durante
la
notte
.
Chi
non
osserva
,
quotidianamente
,
le
adorabili
manifestazioni
di
simpatia
che
una
bimba
prodiga
alla
sua
bambola
,
come
se
questa
fosse
viva
?
Essa
le
parla
,
essa
la
bacia
,
essa
la
veste
e
la
sveste
,
e
la
sera
la
vuol
vicina
al
suo
letto
perché
non
stia
sola
al
buio
e
non
abbia
paura
!
Chi
non
sa
che
i
bambini
,
nei
loro
giuochi
,
acutizzano
questa
potenza
della
loro
immaginazione
,
non
solo
sino
a
prestare
una
personalità
a
cose
che
non
l
'
hanno
,
ma
sino
al
cambiamento
della
loro
stessa
personalità
,
sino
a
una
completa
illusione
di
metamorfosi
?
Un
fanciullo
di
5
anni
,
cui
piaceva
molto
giocare
al
carbonaio
,
viveva
con
così
completa
illusione
il
suo
personaggio
fittizio
che
pretendeva
che
tutti
lo
chiamassero
il
carbonaio
anziché
col
suo
nome
,
e
la
sera
nella
sua
preghiera
ingenua
diceva
a
Dio
:
Fa
,
o
Signore
,
ch
'
io
sia
domani
un
buon
carbonaio
!
Lo
so
,
e
lo
prevedo
:
noi
dovremmo
domandarci
:
fino
a
che
punto
questa
illusione
è
completa
?
fino
a
che
punto
il
fanciullo
è
vittima
della
sua
stessa
immaginazione
?
Non
è
forse
egli
talvolta
un
artista
precoce
che
giuoca
alla
commedia
e
vuol
burlarsi
di
noi
?
La
risposta
è
difficile
e
,
come
ben
si
comprende
,
non
potrebbe
esser
data
che
caso
per
caso
.
Vi
sono
delle
impercettibili
nuancesin
queste
illusioni
,
che
vanno
dalla
fede
più
cieca
al
primo
barlume
d
'
incredulità
che
spunta
con
un
sorriso
:
vi
sono
dei
gradi
,
delle
sfumature
psicologiche
,
secondo
l
'
età
e
secondo
il
temperamento
più
o
meno
intelligente
od
ottuso
del
bambino
.
Ma
una
cosa
è
fuori
di
dubbio
:
che
in
molti
fanciulli
l
'
illusione
è
sincera
e
assoluta
,
perché
l
'
immaginazione
esercita
sulla
loro
psiche
un
'
influenza
così
dispotica
da
essere
veramente
,
come
diceva
Pascal
,
"
la
creatrice
sovrana
di
errori
e
di
falsità
"
.
È
in
questa
potenza
dell
'
immaginazione
infantile
che
noi
dobbiamo
ricercare
l
'
origine
di
una
delle
più
gravi
e
pericolose
caratteristiche
del
bambino
:
la
menzogna
.
Si
dice
ch
'
egli
nasce
bugiardo
:
e
si
dice
bene
:
ma
non
si
interpreta
sempre
egualmente
bene
il
meccanismo
della
sua
bugia
.
Ellen
Key
,
l
'
autrice
di
uno
fra
i
più
suggestivi
e
profondi
libri
intorno
all
'
infanzia
,
distingueva
argutamente
le
bugie
dei
bambini
in
bugie
fredde
,
ossia
coscienti
e
quindi
colpevoli
,
e
bugie
calde
,
le
quali
sono
l
'
espressione
di
un
'
eccitazione
momentanea
e
di
una
fantasia
ardente
.
Ella
,
senza
saperlo
,
volgarizzava
così
,
con
parola
piana
,
un
dato
della
psicologia
sperimentale
che
il
Sully
e
il
Ribot
avevano
messo
in
luce
,
e
cioè
,
che
fra
immaginazione
e
allucinazione
non
c
'
è
che
una
differenza
di
gradi
,
e
spesso
si
toccano
e
coincidono
.
Certe
bugie
calde
-
per
conservare
il
vocabolo
di
Ellen
Key
-
non
sono
nei
fanciulli
che
delle
transitorie
allucinazioni
,
da
cui
esula
totalmente
la
mala
fede
.
Quando
un
bambino
che
gioca
lo
sentite
gridare
ch
'
egli
è
un
cocchiere
o
ch
'
egli
è
un
soldato
,
state
certi
che
in
quel
momento
egli
è
sicuro
di
esserlo
e
non
mentisce
:
quando
a
una
bimba
si
domanda
improvvisamente
:
chi
ti
ha
dato
la
tal
cosa
?
ed
essa
risponde
confusa
:
la
mia
bambola
,
-
è
assai
probabile
ch
'
essa
non
sia
colpevole
d
'
una
vera
bugia
ma
vittima
d
'
una
illusione
.
Oh
,
non
v
'
ha
dubbio
che
da
queste
piccole
menzogne
dette
per
ischerzo
,
il
fanciullo
sale
alle
bugie
fredde
,
alle
bugie
meditate
con
quella
grande
astuzia
e
con
quella
sottile
perfidia
che
è
talvolta
racchiusa
nella
sua
piccola
anima
:
ma
non
siamo
forse
noi
che
,
coll
'
esempio
,
gli
insegnamo
a
perseverare
nella
menzogna
e
a
perfezionarla
?
Ci
scandalizziamo
tanto
delle
bugie
del
fanciullo
,
ma
forse
che
noi
,
suoi
modelli
e
maestri
,
siamo
sinceri
nella
nostra
vita
e
sopratutto
dinanzi
a
lui
?
che
deve
egli
imparare
da
noi
,
se
i
nostri
discorsi
sono
sempre
ambigui
,
se
la
nostra
vita
sociale
è
un
tessuto
di
abili
menzogne
,
e
se
la
nostra
occupazione
più
frequente
è
più
gradita
è
la
maldicenza
a
riguardo
di
tutti
e
specialmente
dei
nostri
amici
?
Un
atto
di
contrizione
sarebbe
più
giusto
,
a
questo
proposito
,
di
un
atto
d
'
accusa
!
E
del
resto
,
anche
in
quelle
menzogne
coscienti
che
più
ci
addolorano
e
ci
sorprendono
nel
fanciullo
,
qual
è
la
parte
della
perversità
e
quale
quella
della
suggestione
e
dell
'
allucinazione
?
Vi
è
tutta
una
letteratura
-
volumi
e
volumi
di
medici
e
di
psichiatri
-
sulle
menzogne
e
sulle
false
testimonianze
dei
bambini
;
e
tutti
gli
autori
indistintamente
concludono
ch
'
esse
sono
la
conseguenza
di
auto
-
suggestioni
.
La
potenza
dell
'
autosuggestione
è
tale
,
in
certi
casi
,
che
il
bambino
arriva
a
creder
reali
degli
avvenimenti
ch
'
egli
ha
sognati
,
a
confondere
i
suoi
ricordi
,
a
mescolare
colla
realtà
le
sue
finzioni
.
E
quando
racconta
un
fatto
lo
trasfigura
:
crea
una
leggenda
e
vi
crede
.
Gli
annali
giudiziarii
son
pieni
dei
terribili
errori
con
cui
le
false
testimonianze
dei
fanciulli
hanno
prolungato
o
deviato
processi
.
Basta
che
il
caso
abbia
reso
spettatore
un
fanciullo
d
'
un
delitto
,
immediatamente
la
sua
immaginazione
infiora
la
realtà
con
una
generazione
spontanea
di
mille
particolari
nuovi
:
basta
anche
semplicemente
che
alcuno
racconti
un
fatto
dinanzi
a
lui
,
perché
si
illuda
di
esserne
stato
testimone
,
e
sia
pronto
ad
affermarlo
e
a
giurarlo
.
Strano
e
misterioso
e
pauroso
prestigio
dell
'
immaginazione
che
altera
la
psiche
del
fanciullo
e
lo
conduce
,
a
sua
insaputa
,
alle
frontiere
del
delitto
!
*
Pur
troppo
,
del
resto
,
anche
per
altre
vie
il
fanciullo
s
'
avvicina
al
delitto
,
e
si
può
dire
che
la
sua
psicologia
è
spesso
quella
del
delinquente
.
L
'
infanzia
infatti
è
non
solo
organicamente
bugiarda
,
ma
anche
organicamente
crudele
.
Cet
âge
est
sans
pitié
,
scriveva
il
Lafontaine
,
e
forse
pochi
uomini
sono
arrivati
alle
crudeltà
assurde
ed
inutili
cui
arrivano
i
bambini
,
per
il
solo
piacere
-
apparentemente
-
di
veder
soffrire
.
Quando
un
povero
uccellino
o
un
gatto
o
un
insetto
capita
per
disgrazia
nelle
loro
terribili
e
piccole
mani
,
essi
gli
infliggono
i
più
atroci
e
lunghi
supplizii
con
una
gioia
incosciente
che
merita
davvero
il
nome
di
pazzia
morale
.
È
,
in
essi
,
come
un
furore
di
distruzione
,
che
non
pensa
e
non
calcola
le
sofferenze
che
infligge
.
È
come
lo
sfogo
impulsivo
di
un
istinto
di
dominazione
,
la
voluttà
di
possedere
interamente
-
a
non
importa
qual
prezzo
-
la
vittima
che
ha
svegliato
il
loro
desiderio
.
È
il
ritorno
atavico
della
psicologia
del
selvaggio
il
quale
non
conosce
freni
ai
suoi
appetiti
;
è
anche
lo
scorcio
individuale
di
quella
psicologia
collettiva
crudele
ed
egoista
di
certi
popoli
civili
che
non
rispettano
i
diritti
dei
deboli
e
vogliono
ad
ogni
costo
soggiogarli
ed
opprimerli
:
è
,
cioè
,
un
piccolo
imperialismo
.
Imperialismo
di
despota
incosciente
,
o
dirò
meglio
caricatura
d
'
imperialismo
,
che
si
sfoga
non
solo
su
persone
e
su
animali
,
ma
-
per
vendetta
-
anche
su
oggetti
inanimati
.
Quante
volte
non
vediamo
noi
un
bambino
battere
la
sedia
o
il
tavolo
contro
cui
ha
urtato
e
che
gli
ha
fatto
male
?
E
ci
ritorna
alla
memoria
la
ridicola
vendetta
di
Serse
che
,
irritato
perché
una
tempesta
aveva
impedito
al
suo
esercito
di
passare
il
mare
,
fece
battere
colle
verghe
l
'
Ellesponto
dai
suoi
soldati
.
Talvolta
la
crudeltà
contro
le
cose
-
che
si
manifesta
sotto
la
forma
della
distruzione
senza
motivo
-
è
determinata
nel
bambino
dalla
curiosità
che
diviene
una
specie
di
manìa
iconoclasta
.
È
per
curiosità
che
molti
fanciulli
spezzano
i
loro
giocattoli
,
come
Goethe
,
il
quale
confessava
d
'
aver
gettato
,
da
bambino
,
tutto
il
vasellame
della
casa
dalla
finestra
per
vedere
in
qual
modo
si
rompeva
sul
marciapiede
,
o
come
Ruskin
,
il
quale
racconta
che
nella
sua
infanzia
strappava
e
tagliuzzava
i
fiori
in
preda
a
uno
stupore
ammirativo
.
*
Ma
ciò
che
più
offende
e
sorprende
l
'
animo
nostro
nello
studio
dell
'
anima
del
fanciullo
,
è
il
constatare
in
molte
,
in
troppe
occasioni
,
la
sua
profonda
insensibilità
di
fronte
ai
dolori
morali
.
Il
bambino
è
un
indifferente
e
un
impassibile
dinanzi
alle
disgrazie
,
dinanzi
alle
malattie
degli
altri
,
persino
dinanzi
alla
morte
.
Egli
è
,
spesso
,
il
simbolo
del
più
assoluto
egoismo
.
Non
pensa
che
a
sé
e
ai
suoi
giuochi
.
Ricordo
a
questo
proposito
un
aneddoto
caratteristico
.
Un
giorno
d
'
estate
due
fanciulli
nuotavano
in
mare
.
Dalla
spiaggia
li
osservava
la
madre
,
che
aveva
vicino
a
sé
la
figlia
minore
,
una
bimba
di
sei
anni
.
A
un
certo
punto
i
ragazzi
che
si
erano
spinti
troppo
lontano
,
non
si
videro
più
.
Le
onde
li
avevano
travolti
.
Si
può
immaginare
l
'
ansia
della
madre
che
inviò
barche
e
marinai
al
salvataggio
.
La
piccola
bimba
,
tranquilla
e
sorridente
,
visto
che
i
fratelli
non
ricomparivano
,
disse
:
-
Non
pensarci
più
,
mamma
!
ormai
è
certo
che
sono
affogati
:
è
mezzogiorno
,
andiamo
a
colazione
!
-
Ho
citato
questo
aneddoto
,
a
prova
dell
'
analgesia
morale
dei
bambini
,
perché
esso
è
di
mia
personale
esperienza
,
ma
quanti
altri
analoghi
potrei
riferirne
!
Senonché
,
ritorna
qui
,
molto
a
proposito
,
l
'
osservazione
che
già
feci
di
sfuggita
in
principio
:
constatata
questa
assenza
di
pietà
,
questo
predominio
cinico
dell
'
egoismo
nel
fanciullo
,
possiamo
noi
giudicarlo
come
lo
giudicheremmo
in
un
uomo
?
possiamo
noi
applicare
ai
bambini
la
nostra
morale
?
Vi
è
,
evidentemente
,
una
gran
differenza
tra
l
'
essere
impassibili
davanti
a
una
sventura
,
sapendo
che
cosa
essa
sia
e
rappresentandocene
tutte
le
conseguenze
,
e
l
'
essere
indifferenti
perché
non
se
ne
intende
il
valore
e
non
se
ne
prevedono
i
risultati
.
Noi
proiettiamo
la
nostra
psiche
nella
psiche
infantile
,
e
noi
immaginiamo
che
i
bambini
debbano
rendersi
conto
dei
nostri
dolori
per
istinto
,
o
che
,
almeno
,
possano
comprenderli
quando
noi
li
esprimiamo
apertamente
.
Orbene
,
ciò
è
illusorio
,
ciò
non
è
che
un
daltonismo
mentale
.
Le
nostre
ansie
,
le
nostre
preoccupazioni
e
i
nostri
patemi
d
'
animo
lo
lasciano
nella
maggior
parte
dei
casi
indifferente
per
la
semplice
ed
unica
ragione
che
oltrepassano
la
sua
capacità
di
simpatia
.
Per
esempio
,
sappiamo
noi
che
idea
si
facciano
i
bambini
della
morte
?
Ne
intendono
essi
il
significato
e
le
conseguenze
terribili
?
hanno
essi
quella
sensazione
d
'
irreparabile
che
è
per
noi
la
più
triste
e
la
più
angosciosa
?
Non
credo
.
Una
signora
inglese
,
M.me
Burnett
,
ci
offre
al
riguardo
un
documento
eloquente
.
Ella
racconta
le
impressioni
provate
nelle
due
volte
che
la
morte
visitò
la
sua
casa
mentre
era
bambina
.
La
prima
volta
non
ebbe
che
un
desiderio
:
toccare
il
cadavere
per
sapere
che
cosa
significasse
la
frase
ch
'
ella
aveva
udita
:
freddo
come
la
morte
;
la
seconda
volta
,
dinanzi
al
cadavere
d
'
una
bimba
di
tre
anni
,
bionda
e
bella
,
ella
non
provò
che
un
'
impressione
piacevole
per
lo
spettacolo
poetico
del
letto
bianco
tutto
coperto
di
fiori
!
E
M.me
Burnett
aggiunge
:
-
Io
non
mi
sono
sentita
commossa
,
io
non
ho
potuto
versare
una
lagrima
,
quantunque
prima
mi
fossi
immaginata
che
avrei
pianto
molto
!
-
È
dunque
assurdo
,
lo
ripeto
,
pretendere
dal
fanciullo
,
in
faccia
al
dolore
o
alla
sventura
,
delle
emozioni
ch
'
egli
non
può
sentire
perché
il
suo
cervello
non
arriva
a
comprenderle
.
Come
è
assurdo
,
per
la
stessa
ragione
,
giudicare
altri
lati
della
psicologia
infantile
coi
nostri
criterii
,
con
la
nostra
severità
che
presuppone
una
coscienza
.
Il
furto
,
per
esempio
,
è
frequente
nei
bambini
.
Ogni
volta
che
essi
possono
rubare
un
dolce
senz
'
esser
visti
,
lo
rubano
.
Ma
forse
che
essi
-
nei
primissimi
anni
-
sanno
che
cosa
sia
il
mio
ed
il
tuo
?
Qualunque
cosa
veda
o
tocchi
il
bambino
,
egli
grida
impulsivamente
che
è
sua
,
come
il
selvaggio
prende
impulsivamente
ciò
che
gli
capita
sotto
mano
;
e
l
'
appropriarsi
ciò
che
lo
attornia
,
ciò
che
eccita
in
un
dato
momento
il
suo
desiderio
non
è
,
per
il
bambino
,
che
una
tendenza
naturale
,
è
,
se
posso
dir
così
,
un
'
estensione
della
sua
personalità
.
Più
tardi
,
senza
dubbio
,
egli
esce
da
questa
incoscienza
e
impara
che
vi
sono
dei
limiti
ai
proprii
desiderii
e
dei
diritti
altrui
che
bisogna
rispettare
,
e
allora
,
ma
allora
soltanto
,
se
ruba
,
noi
potremo
dire
ch
'
egli
è
veramente
un
ladro
.
Così
,
quando
noi
constatiamo
che
una
gran
parte
dei
fanciulli
sono
disobbedienti
e
ribelli
,
noi
affermiamo
la
verità
,
ma
non
interpretiamo
sempre
esattamente
il
perché
della
loro
disobbedienza
e
della
loro
ribellione
.
Per
il
bambino
,
il
principio
d
'
autorità
e
la
sua
conseguenza
che
è
il
castigo
,
sono
cose
che
non
dovrebbero
esistere
.
Egli
non
intende
l
'
amore
altro
che
come
l
'
intendiamo
noi
....
quando
siamo
innamorati
,
sotto
forma
cioè
di
carezze
e
di
baci
,
di
soddisfazione
immediata
umile
e
volontaria
a
ogni
nostro
desiderio
....
Egli
non
capisce
che
l
'
amore
di
chi
lo
circonda
può
manifestarsi
,
per
il
suo
bene
,
in
rimproveri
ed
in
rifiuti
.
E
la
mamma
o
il
babbo
che
gli
negano
qualche
cosa
,
si
trasformano
nella
sua
fantasia
in
esseri
crudeli
che
lo
tormentano
e
che
lo
rendono
infelice
.
È
così
forte
e
violento
questo
antagonismo
dell
'
anima
infantile
contro
ogni
regola
e
contro
ogni
autorità
,
che
il
desiderio
dei
fanciulli
di
diventare
grandi
non
è
,
in
fondo
,
che
la
speranza
di
sottrarsi
a
questa
legge
,
a
questo
controllo
.
Essere
grande
,
per
il
bambino
,
significa
sopratutto
essere
sbarazzato
dall
'
obbligo
di
obbedire
,
essere
libero
di
fare
ciò
che
vuole
.
E
sfoga
intanto
-
fin
che
non
può
esser
libero
-
il
suo
istinto
di
insubordinazione
con
quelle
rivolte
a
cui
noi
diamo
il
nome
di
capricci
,
intendendo
con
questa
parola
di
definire
un
atto
impulsivo
,
senza
ragione
,
libero
ed
inspiegabile
,
come
il
vento
che
soffia
.
Eppure
-
come
il
vento
che
soffia
-
anche
il
capriccio
ha
le
sue
cause
e
le
sue
condizioni
.
E
sarebbe
bene
,
di
volta
in
volta
,
studiarle
.
Sarebbe
bene
specialmente
ricordare
che
l
'
anima
del
bambino
non
è
logica
riflessiva
cosciente
come
la
nostra
,
ma
è
una
piccola
anima
anarchica
,
e
che
egli
è
un
inconscio
discepolo
di
Rousseau
,
che
non
vede
nei
nostri
tentativi
d
'
educazione
se
non
un
intervento
noioso
ed
inutile
al
suo
naturale
sviluppo
.
Ma
a
questo
punto
,
io
sento
sorgere
in
voi
una
domanda
:
voi
mi
direte
:
abbia
o
non
abbia
il
bambino
coscienza
di
ciò
che
sente
e
di
ciò
che
fa
,
sieno
vere
o
false
le
spiegazioni
e
le
giustificazioni
date
fin
qui
,
certo
è
che
il
quadro
della
psicologia
infantile
da
voi
tracciato
è
molto
triste
ed
oscuro
:
ed
è
anche
esatto
?
È
vero
,
cioè
,
che
nel
fanciullo
non
palpitino
che
istinti
egoisti
,
bugiardi
,
ribelli
,
crudeli
?
Rispondo
che
,
nella
vita
e
sopratutto
in
psicologia
,
nulla
è
assoluto
perché
nulla
è
semplice
.
L
'
organismo
umano
è
una
macchina
complicata
,
delicata
,
misteriosa
,
e
come
non
esistono
uomini
in
tutto
perversi
o
uomini
ottimi
in
tutto
,
perché
la
natura
mette
degli
sprazzi
di
luce
nelle
anime
più
abbiette
,
e
delle
chiazze
d
'
ombra
nelle
anime
più
buone
,
così
non
esistono
fanciulli
in
cui
circoli
sempre
il
veleno
di
impulsioni
ataviche
,
e
non
spunti
mai
il
fiore
candido
della
dolcezza
e
della
serenità
.
Ognuno
di
noi
conserva
nella
memoria
il
ricordo
-
se
non
ha
la
fortuna
d
'
aver
la
prova
viva
vicino
sé
-
di
tipi
di
fanciulli
miti
,
sensibilissimi
,
che
chiudono
nel
loro
organismo
delicato
le
più
squisite
manifestazioni
del
cuore
,
sensitive
morali
,
se
posso
dir
così
,
che
rispondono
con
fremiti
affettuosi
se
appena
noi
le
tocchiamo
.
E
,
anche
al
di
fuori
di
queste
eccezioni
sentimentali
,
è
certo
che
ogni
bambino
conosce
l
'
altruismo
e
la
simpatia
,
se
non
altro
perché
imita
ciò
che
vede
,
e
piange
se
vede
piangere
;
ogni
bambino
ha
slanci
di
tenerezza
verso
il
cane
ed
il
gatto
che
gli
sono
compagni
di
giuoco
,
e
che
forse
in
un
altro
momento
potrà
martirizzare
;
ogni
bambino
ha
tesori
di
affezione
e
fascino
di
carezze
per
le
persone
che
lo
circondano
,
e
sa
farsi
deliziosamente
perdonare
la
desolante
insensibilità
del
suo
temperamento
e
i
lampi
del
suo
egoismo
feroce
.
Ma
questa
psicologia
normale
che
lo
avvicina
a
noi
,
sorge
in
lui
gradatamente
coll
'
età
,
mano
mano
che
dalla
sua
psiche
atavica
esce
e
si
forma
,
come
farfalla
dal
bozzolo
,
la
psiche
dell
'
uomo
futuro
.
È
-
se
posso
dir
così
-
un
lento
lavoro
di
ricamo
con
cui
l
'
educazione
a
poco
a
poco
ingentilisce
e
trasforma
il
tessuto
troppo
rude
della
sua
originaria
natura
.
Il
fondo
della
sua
anima
rimane
quale
io
ho
tentato
descriverlo
,
certo
non
pretendendo
di
essere
stato
né
completo
né
esatto
,
ma
forse
sperando
di
essermi
avvicinato
al
vero
.
Avviene
in
psicologia
quello
che
avviene
in
pittura
.
Quando
si
deve
fare
un
ritratto
,
bisogna
restringersi
e
quasi
direi
riassumersi
a
significarne
l
'
intima
e
più
gagliarda
e
dominatrice
espressione
:
bisogna
,
cioè
,
colpire
ciò
che
vi
è
di
caratteristico
nella
fisonomia
fisica
e
morale
d
'
una
persona
,
trascurando
forzatamente
molti
particolari
,
su
cui
si
affanna
invece
la
vista
dei
pedanti
e
dei
miopi
.
Ora
,
il
ritratto
dell
'
infanzia
non
poteva
esser
dipinto
che
coi
colori
che
ci
offrono
le
ricerche
positive
e
scientifiche
,
senza
chiedere
alla
poesia
le
sue
sfumature
ideali
e
alla
rettorica
le
sue
tinte
esagerate
.
Ma
ciò
che
è
confortante
si
è
che
questo
ritratto
è
transitorio
:
è
cioè
uno
di
quei
ritratti
ai
quali
,
col
tempo
,
non
si
assomiglia
più
.
Tutta
quella
psicologia
che
rievoca
nel
fanciullo
i
primordii
dell
'
umanità
,
sfuma
lentamente
cogli
anni
e
svanisce
all
'
epoca
della
pubertà
.
Essa
non
è
,
nella
vita
-
e
salvo
casi
eccezionali
di
delinquenza
congenita
-
che
una
parentesi
fisiologica
,
il
saluto
,
il
ricordo
,
l
'
ammonimento
delle
lontane
miserie
onde
siamo
ascesi
alla
civiltà
,
una
specie
di
malattia
-
come
ve
ne
son
tante
!
-
che
noi
dobbiamo
soffrire
e
superar
da
fanciulli
,
e
dalla
quale
usciamo
più
sani
,
più
forti
,
moralmente
migliori
.
E
non
è
raro
infatti
il
caso
,
che
coloro
i
quali
sono
stati
da
bimbi
i
più
violenti
,
i
più
capricciosi
,
i
più
cattivi
,
diventino
poi
gli
uomini
più
saggi
ed
egregi
,
e
le
donne
più
oneste
e
più
austere
.
Soltanto
,
per
ottener
questo
risultato
,
bisogna
saper
comprendere
il
bambino
,
e
per
comprenderlo
,
bisogna
amarlo
.
Amarlo
,
non
con
la
sentimentalità
esagerata
-
e
forse
più
di
parole
che
di
sostanza
-
che
oggi
è
di
moda
:
amarlo
non
con
la
nostra
ansietà
nervosa
e
ridicola
che
trema
per
ogni
sorso
d
'
acqua
non
bollita
e
per
ogni
biscotto
fuori
programma
;
amarlo
non
per
viziarlo
,
e
nemmeno
per
imporgli
nei
suoi
studii
e
nei
suoi
divertimenti
il
giogo
d
'
un
orario
cui
la
sua
natura
repugna
;
ma
amarlo
per
fondersi
nell
'
anima
sua
,
per
vivere
la
sua
vita
di
impulsi
e
di
contraddizioni
,
per
spiegarsi
la
mancanza
d
'
unità
e
di
costanza
della
sua
psicologia
,
per
comprendere
,
infine
,
ch
'
egli
è
come
un
campo
ove
sono
radici
antiche
di
piante
maligne
che
bisogna
sopprimere
,
e
germi
nuovi
di
piante
feconde
che
bisogna
aiutare
a
svilupparsi
e
non
lasciar
soffocare
da
quelle
.
E
sopratutto
bisogna
essere
sereni
e
generosi
verso
di
lui
:
dimenticare
ch
'
egli
è
insensibile
ai
nostri
dolori
perché
non
li
capisce
,
e
cercare
invece
di
comprendere
i
suoi
.
Il
nostro
torto
maggiore
verso
l
'
infanzia
è
di
ripagarla
,
spesso
,
con
quell
'
indifferenza
sentimentale
ch
'
essa
mostra
verso
di
noi
.
Noi
sorridiamo
dei
suoi
dolori
,
perché
,
paragonandoli
ai
nostri
,
ci
sembrano
meschini
,
e
non
ci
accorgiamo
che
sbagliamo
i
termini
del
raffronto
.
Ciò
che
par
futile
a
noi
,
è
grave
per
il
fanciullo
,
precisamente
come
ciò
che
è
importante
per
noi
,
non
arriva
nemmeno
ad
esser
compreso
da
lui
.
Vi
sono
in
quelle
piccole
anime
delle
grandi
e
paurose
tragedie
,
che
noi
definiamo
come
capricci
.
Vi
sono
,
in
germe
,
tutte
le
passioni
che
dilaniano
il
cuore
dell
'
uomo
,
e
che
noi
ingenuamente
crediamo
di
poter
placare
con
un
rimprovero
od
un
castigo
,
mentre
non
facciamo
che
esacerbarle
.
Vi
sono
delle
strane
intuizioni
precoci
che
permettono
al
bambino
di
vedere
,
di
sentire
,
di
giudicare
tutte
le
ingiustizie
che
noi
commettiamo
verso
di
lui
,
illudendoci
ch
'
egli
non
arrivi
a
capirle
.
L
'
orgoglio
e
la
gelosia
,
per
esempio
,
queste
precocissime
fra
le
passioni
umane
,
fanno
forse
più
soffrire
i
fanciulli
che
non
gli
adulti
,
e
creano
il
tipo
,
non
raro
,
del
bambino
chiuso
nella
sua
tristezza
silenziosa
e
nella
sua
testardaggine
,
che
porta
con
incompresa
dignità
il
dolore
del
suo
orgoglio
ferito
,
e
contro
il
quale
scioccamente
e
perversamente
si
sfoga
la
nostra
severità
,
pretendendo
di
correggerlo
di
un
difetto
di
cui
ignoriamo
le
cause
.
E
v
'
è
,
infine
,
al
di
sopra
di
tutte
queste
considerazioni
,
un
'
altra
considerazione
più
alta
e
più
vasta
,
che
dovrebbe
oggi
modificare
non
solo
i
giudizi
sull
'
anima
del
fanciullo
,
ma
specialmente
il
metodo
dell
'
educazione
.
Io
ho
tracciato
alcune
linee
della
psicologia
infantile
,
analizzando
l
'
infanzia
in
sé
stessa
,
da
un
punto
di
vista
scientifico
,
isolandola
quasi
dal
tempo
e
dall
'
ambiente
.
L
'
analisi
-
lo
confesso
-
non
era
completa
.
Io
ho
dimenticato
che
non
si
può
fare
astrazione
nello
studio
di
nessun
organismo
dall
'
ambiente
ove
sorge
,
e
che
-
opera
od
uomo
,
individuo
o
collettività
-
tutti
,
come
le
piante
,
risentono
l
'
influenza
del
terreno
che
li
ha
prodotti
.
Anche
l
'
infanzia
sente
oggi
,
oltre
le
cause
ereditarie
e
congenite
,
l
'
influenza
dell
'
epoca
in
cui
vive
,
subisce
la
temperatura
morale
che
la
circonda
,
è
illuminata
dal
riflesso
di
quel
mondo
grande
che
s
'
agita
intorno
a
lei
.
E
l
'
anima
sua
incoscientemente
palpita
di
ciò
che
è
il
palpito
dell
'
anima
nostra
.
I
fanciulli
moderni
sono
diversi
dai
fanciulli
di
cinquanta
anni
fa
,
perché
non
possono
sottrarsi
e
ignorare
la
febbre
da
cui
è
dominata
la
nostra
civiltà
frettolosa
.
Oggi
essi
entrano
troppo
presto
nella
vita
:
troppo
presto
affaticano
il
cervello
negli
studi
:
troppo
presto
sciupano
la
loro
adorabile
semplicità
infantile
,
partecipando
in
società
all
'
esistenza
complicata
,
irritata
,
affaccendata
degli
adulti
.
Oggi
ciò
che
essi
odono
in
famiglia
,
il
molto
che
leggono
,
il
troppo
e
il
turpe
che
vedono
nelle
strade
,
la
stessa
ansiosa
preoccupazione
dei
genitori
che
si
ripercuote
in
loro
e
li
eccita
,
la
coscienza
di
essere
divenuti
i
personaggi
più
importanti
della
casa
,
questa
inebriante
mistura
d
'
orgoglio
e
di
vanità
per
cui
s
'
illudono
d
'
esser
qualcuno
mentre
non
sono
ancor
nulla
,
e
vogliono
già
emergere
in
quel
mondo
che
ancora
li
ignora
,
fanno
sì
che
essi
accelerino
e
saltino
i
periodi
fisiologicamente
normali
del
loro
sviluppo
,
e
siano
dei
precoci
e
dei
nervosi
.
Tutte
le
distanze
s
'
abbreviano
oggi
,
nel
mondo
fisico
come
nel
mondo
morale
.
La
nostra
legge
sovrana
è
la
fretta
.
Abolire
fin
che
si
può
e
più
che
si
può
quegli
ostacoli
antichi
che
si
chiamano
il
tempo
e
lo
spazio
,
ecco
la
meta
dietro
cui
corriamo
vertiginosamente
.
E
noi
stiamo
abolendo
o
accorciando
l
'
infanzia
.
Come
noi
diventiamo
vecchi
prima
del
tempo
,
così
il
fanciullo
,
prima
del
tempo
,
diventa
uomo
.
Sotto
la
pressione
violenta
di
emozioni
e
di
sensazioni
superiori
alla
sua
età
,
egli
diventa
uomo
per
i
desiderî
,
per
le
ambizioni
,
per
le
passioni
,
non
per
la
forza
e
per
la
coscienza
.
Ed
è
da
questo
squilibrio
fra
il
volere
e
il
potere
,
da
questa
antinomia
fra
la
legge
di
natura
e
le
esigenze
della
civiltà
,
che
scoppia
talvolta
nell
'
anima
infantile
il
dramma
più
pauroso
e
più
doloroso
:
il
suicidio
!
Noi
credevamo
che
il
rifiuto
della
vita
fosse
possibile
solo
in
chi
conobbe
la
vita
:
noi
credevamo
che
quest
'
attimo
di
coraggio
in
cui
si
nasconde
forse
una
lunga
viltà
,
fosse
una
conseguenza
dei
dolori
e
delle
preoccupazioni
dell
'
età
matura
.
E
invece
,
ecco
che
l
'
epidemia
suicida
si
diffonde
anche
tra
i
fanciulli
,
ecco
che
le
statistiche
ne
notano
ogni
anno
il
regolare
crescente
aumento
,
ecco
che
noi
vediamo
e
leggiamo
che
si
uccidono
non
solo
ragazzi
di
quindici
o
sedici
anni
,
ma
bimbi
di
dieci
,
di
otto
,
persino
di
sei
anni
!
Ah
,
chi
potrà
mai
immaginare
la
tempesta
di
idee
troppo
grandi
in
quei
cervelli
troppo
piccoli
?
chi
potrà
mai
ridire
il
tormento
di
quelle
anime
prima
di
compiere
l
'
atto
fatale
?
Qui
non
soccorre
a
spiegarci
il
mistero
la
teoria
atavica
!
qui
la
colpa
non
è
né
dell
'
eredità
,
né
della
natura
!
La
colpa
è
nostra
perché
siamo
noi
,
è
la
nostra
civiltà
troppo
intensa
,
febbrile
e
cerebrale
che
intorbida
ed
avvelena
anche
l
'
ingenuità
del
fanciullo
e
ne
eccita
fino
alla
patologia
tutto
il
sistema
nervoso
.
E
noi
dovremmo
sentire
questo
rimorso
,
aver
coscienza
di
questa
responsabilità
:
noi
dovremmo
finalmente
comprendere
che
il
primo
dovere
dell
'
educazione
è
di
creare
intorno
al
bambino
un
ambiente
moralmente
sano
e
bello
,
ove
non
penetri
l
'
eco
di
tutte
le
ansie
che
ci
tormentano
,
e
ove
l
'
anima
del
fanciullo
possa
svolgersi
liberamente
secondo
le
leggi
della
natura
,
senza
essere
troppo
presto
soffocata
o
martirizzata
dai
pensieri
e
dalle
sensazioni
dell
'
anima
nostra
.
E
solo
allora
-
quando
avremo
ridato
all
'
infanzia
la
sua
pace
serena
e
la
vedremo
fiorire
intorno
a
noi
simbolo
di
speranza
-
solo
allora
noi
potremo
comprendere
e
meritare
la
frase
di
Amiel
:
che
il
po
'
di
paradiso
che
noi
troviamo
sulla
terra
è
dovuto
alla
presenza
del
bambino
!
FINE
.
Saggistica ,
PREFAZIONE
ALLA
PRIMA
EDIZIONE
Questo
libro
che
presento
oggi
al
lettore
non
pretende
d
'
essere
un
lavoro
rigidamente
scientifico
come
il
volume
I
delitti
della
folla
,
ma
soltanto
una
raccolta
di
studî
i
quali
,
da
diversi
punti
di
vista
,
cercano
di
gettare
un
po
'
di
luce
nell
'
oscuro
problema
della
psicologia
collettiva
.
La
maggior
parte
di
questi
studî
furono
già
pubblicati
qua
e
là
,
e
se
io
li
riunisco
e
li
ripubblico
ora
gli
è
non
solo
perché
essi
sono
legati
organicamente
fra
loro
dall
'
identità
dell
'
oggetto
,
ma
anche
per
queste
due
altre
ragioni
:
anzitutto
perché
di
fronte
al
grande
sviluppo
preso
negli
ultimi
anni
dalla
psicologia
collettiva
,
non
mi
pare
inutile
rievocare
i
tentativi
,
sia
pur
manchevoli
e
frammentarî
,
di
chi
per
primo
si
occupò
con
amore
e
con
fervore
di
quella
scienza
;
in
secondo
luogo
perché
tali
tentativi
sono
la
più
eloquente
ed
esauriente
risposta
alle
critiche
che
da
alcune
parti
mi
vennero
per
il
modo
con
cui
io
avevo
definito
e
interpretato
la
psicologia
collettiva
.
Questa
recentissima
scienza
attraversa
ora
un
periodo
di
confusione
dovuto
a
un
equivoco
.
Allorché
apparvero
alcuni
anni
fa
i
primi
lavori
di
psicologia
collettiva
,
essi
interessarono
e
appassionarono
il
pubblico
,
non
certo
per
merito
del
loro
autore
,
ma
per
la
novità
del
tema
.
E
quindi
moltissimi
,
con
felice
intuito
del
momento
,
si
dettero
a
coltivare
quel
ramo
di
scienza
.
Ma
,
coltivandolo
,
sconfinarono
;
e
sotto
la
bandiera
della
psicologia
collettiva
fecero
passare
degli
studî
che
con
quella
non
avevano
che
delle
relazioni
molto
indirette
.
Per
esempio
Gustavo
Le
Bon
e
Pasquale
Rossi
nei
loro
libri
,
del
resto
assai
importanti
,
hanno
confuso
spesso
la
psicologia
delle
folle
(
che
è
veramente
della
psicologia
collettiva
,
cioè
della
psicologia
dal
punto
di
vista
statico
)
con
la
psicologia
dei
popoli
(
la
quale
non
è
altro
che
della
psicologia
collettiva
dinamica
o
sociologia
)
.
Ora
,
io
non
ripeterò
qui
la
mia
distinzione
fondamentale
tra
psicologia
collettiva
e
sociologia
perché
la
ho
già
troppe
volte
esposta
altrove
*
,
e
non
cercherò
di
dimostrarne
l
'
esattezza
perché
Alessandro
Groppali
l
'
ha
così
lucidamente
difesa
da
tutte
le
obbiezioni
che
le
furono
mosse
,
ch
'
io
non
potrei
che
ripetere
,
e
assai
meno
bene
,
ciò
ch
'
egli
scrisse
con
mirabile
precisione
scientifica
*
.
Ma
mi
limiterò
a
dire
che
il
presente
volume
vuol
essere
-
ed
io
mi
lusingo
che
sia
-
un
'
altra
battaglia
combattuta
per
dissipare
quell
'
equivoco
e
per
togliere
quella
confusione
che
hanno
,
a
torto
,
schierato
in
due
campi
i
cultori
della
psicologia
collettiva
,
bollando
gli
uni
come
nemici
ed
esaltando
gli
altri
come
amici
della
folla
.
Il
lettore
vedrà
che
non
è
il
caso
di
fare
queste
divisioni
ingiuste
e
antipatiche
,
e
riconoscerà
che
chi
ha
dedicato
una
gran
parte
della
propria
attività
allo
studio
dell
'
anima
collettiva
ne
ha
saputo
comprendere
così
i
difetti
come
le
virtù
,
appunto
perché
non
essendo
dominato
da
alcun
preconcetto
,
ha
potuto
serenamente
distinguere
il
momento
statico
dal
momento
dinamico
dell
'
attività
collettiva
,
e
constatare
i
risultati
dolorosi
che
si
hanno
spesse
volte
dal
primo
,
come
riconoscere
le
straordinarie
e
feconde
energie
che
si
sviluppano
sempre
dal
secondo
.
Ottobre
1903
.
SCIPIO
SIGHELE
.
PREFAZIONE
ALLA
SECONDA
EDIZIONE
Nell
'
inverno
scorso
ho
tenuto
all
'
Istituto
di
Scienze
Sociali
di
Firenze
,
per
invito
del
Direttore
l
'
illustre
prof
.
Riccardo
Dalla
Volta
,
un
breve
corso
di
conferenze
intorno
alla
Sociologia
e
la
psicologia
collettiva
.
E
l
'
esito
insperato
di
quel
corso
,
se
da
un
lato
mi
dimostrò
che
certi
problemi
sono
sempre
di
attualità
,
dall
'
altro
lato
mi
fu
di
incitamento
a
ristudiarli
e
riordinarli
.
Per
questo
,
or
son
pochi
mesi
presentavo
al
pubblico
la
quarta
edizione
dei
Delitti
della
folla
,
e
mentre
sto
preparando
una
nuova
edizione
della
Delinquenza
settaria
,
offro
oggi
al
lettore
questa
seconda
edizione
dell
'
Intelligenza
della
folla
,
sperando
di
dare
così
all
'
opera
mia
un
carattere
meno
incompleto
e
meno
inorganico
.
Questi
tre
volumi
poco
si
intenderebbero
e
mal
si
giudicherebbero
,
isolati
.
Considerati
insieme
,
essi
appariranno
,
io
credo
,
come
le
parti
di
un
tutto
,
come
le
conseguenze
e
le
applicazioni
logiche
di
un
pensiero
unico
e
di
una
dottrina
a
lungo
meditata
.
Nella
presente
edizione
,
non
solo
è
totalmente
mutato
l
'
ordine
primitivo
dei
capitoli
,
e
tutti
sono
corretti
ed
ampliati
,
ma
ho
aggiunto
lo
studio
Contro
il
Parlamentarismo
che
nella
prima
edizione
mancava
,
e
un
capitolo
inedito
su
La
folla
e
Gabriele
d
'
Annunzio
.
Forse
il
pubblico
si
convincerà
che
l
'
arte
e
la
scienza
,
malgrado
le
apparenze
,
malgrado
cioè
il
dispregio
dei
superuomini
per
la
folla
,
non
sono
in
fondo
discordi
nel
considerare
il
valore
sociale
e
intellettuale
della
psicologia
collettiva
.
NAGO
(
Trentino
)
,
settembre
1910
.
SCIPIO
SIGHELE
.
CAPITOLO
PRIMO
Il
problema
morale
dell
'
anima
collettiva
Uno
dei
fenomeni
più
caratteristici
del
momento
presente
-
il
solo
forse
per
cui
esso
può
definirsi
con
esattezza
-
è
l
'
importanza
che
è
andata
assumendo
la
collettività
in
confronto
dell
'
individuo
.
Mentre
quasi
tutte
le
antiche
credenze
barcollano
o
muoiono
,
mentre
le
vecchie
colonne
della
società
pare
crollino
l
'
una
dopo
l
'
altra
,
la
potenza
delle
masse
è
la
sola
che
nulla
minaccia
e
il
cui
prestigio
ingrandisce
ogni
giorno
.
Appena
un
secolo
fa
la
politica
tradizionale
dei
governi
e
le
rivalità
dei
principi
erano
i
più
importanti
fattori
degli
avvenimenti
.
L
'
opinione
del
pubblico
contava
per
poco
,
anzi
spesso
non
contava
per
nulla
.
Oggi
,
sono
le
tradizioni
ereditarie
dei
singoli
Stati
,
i
desiderî
e
i
capricci
dei
singoli
principi
che
non
contano
nulla
,
ed
è
-
invece
-
la
voce
collettiva
e
grandiosa
della
folla
che
guida
il
mondo
.
Una
volta
la
coscienza
di
un
popolo
si
poteva
impersonare
in
un
uomo
che
ne
era
l
'
espressione
ed
il
segno
dinanzi
alla
storia
.
Il
secolo
d
'
oro
della
Grecia
si
può
simbolizzare
in
Pericle
:
un
periodo
della
storia
di
Roma
si
può
simbolizzare
in
Cesare
,
e
non
a
torto
uno
storico
illustre
ha
detto
che
la
frase
di
Luigi
XIV
:
lo
Stato
sono
io
,
per
quanto
odiosa
e
pericolosa
,
non
era
allora
né
psicologicamente
né
socialmente
inesatta
.
Ma
oggi
,
chi
potrebbe
affermare
che
un
popolo
è
rappresentato
da
un
uomo
solo
,
il
quale
ne
riassuma
e
ne
esprima
tutti
i
desiderî
,
tutte
le
tendenze
,
tutte
le
idee
?
Anche
quei
popoli
che
-
non
so
se
per
loro
fortuna
o
per
loro
disgrazia
-
sono
retti
da
un
monarca
più
personale
e
più
significativo
degli
altri
,
possono
tutt
'
al
più
vantarsi
che
questo
monarca
simbolizzi
alcuni
lati
,
e
spesso
i
più
patologici
della
loro
poliedrica
anima
collettiva
,
non
certo
che
egli
la
rappresenti
completa
ed
intera
.
E
come
nella
politica
,
così
anche
nella
scienza
,
dopo
la
crisi
d
'
individualismo
che
ha
imperato
ovunque
,
in
economia
,
in
morale
,
in
diritto
,
si
ritorna
a
studiare
ogni
azione
umana
come
un
prodotto
della
collettività
piuttosto
che
dell
'
individuo
,
e
si
segue
quell
'
onda
di
reazione
sociologica
o
socialista
che
va
ad
infrangersi
con
crescente
violenza
contro
lo
scoglio
dell
'
illusione
egocentrica
forse
troppo
a
lungo
durata
.
L
'
individuo
,
insomma
,
che
una
volta
era
il
perno
intorno
a
cui
roteava
si
può
dire
tutta
la
civiltà
,
oggi
scompare
,
in
politica
,
dinanzi
a
quell
'
ente
collettivo
che
è
il
partito
o
l
'
opinione
pubblica
,
nella
scienza
,
dinanzi
a
quell
'
ente
collettivo
che
è
la
specie
.
Esso
è
considerato
ormai
come
la
goccia
d
'
acqua
nel
mare
:
una
quantità
trascurabile
per
sé
stessa
,
una
potenza
immensa
e
terribile
soltanto
quando
è
unito
ai
suoi
simili
.
E
mentre
fino
a
poco
tempo
fa
la
psicologia
e
la
filosofia
-
troppo
sempliciste
e
superficiali
-
avevano
creduto
di
spiegare
l
'
evoluzione
sociale
colla
apparizione
sporadica
di
qualche
grand
'
uomo
,
e
avevano
ridotto
tutta
la
storia
-
l
'
arte
come
la
scienza
,
la
religione
come
la
politica
-
a
un
seguito
di
biografie
,
oggi
si
è
compreso
che
il
protagonista
vero
della
storia
,
quantunque
non
sempre
visibile
,
è
stato
il
popolo
,
vale
a
dire
la
folla
anonima
su
cui
l
'
egoismo
dei
grandi
lavorava
come
su
un
corpo
vile
per
costrurre
l
'
edificio
della
propria
potenza
e
della
propria
ambizione
,
e
che
,
viceversa
,
era
la
immensa
oscura
miniera
donde
quei
grandi
traevano
inconsciamente
le
loro
idee
e
i
mezzi
per
attuarle
.
Si
parla
dei
problemi
gravi
che
il
secolo
XIX
ha
lasciato
in
eredità
al
secolo
nostro
.
Se
io
non
mi
sbaglio
,
il
legato
più
glorioso
e
nello
stesso
tempo
più
pericoloso
di
questa
eredità
è
precisamente
quello
che
si
riassume
nella
parte
che
giocherà
la
folla
nell
'
avvenire
.
Oggi
infatti
non
si
tratta
soltanto
di
riconoscere
-
da
un
punto
di
vista
letterario
-
la
influenza
della
collettività
nell
'
evoluzione
umana
:
si
tratta
sopratutto
di
constatare
-
da
un
punto
di
vista
politico
-
l
'
impero
assoluto
che
ormai
la
collettività
ha
preso
sui
destini
del
mondo
.
La
folla
ha
sempre
tenuto
nelle
sue
mani
incoscienti
la
sorte
del
mondo
.
Terribile
e
immensa
parte
,
la
sua
,
ma
passiva
.
Essa
è
stata
,
di
fronte
al
prodotto
che
chiamasi
civiltà
,
la
femmina
feconda
il
cui
amore
suscita
il
lavoro
e
offre
la
ricompensa
.
È
per
lei
,
in
fondo
,
che
anche
il
più
egoarchico
degli
eroi
lavora
,
come
l
'
uomo
per
la
donna
;
ma
appunto
come
la
donna
,
essa
non
sa
produrre
da
sola
.
La
sua
gloria
anonima
è
sempre
stata
quella
di
procreare
,
a
sua
insaputa
,
il
genio
che
avrebbe
aumentato
di
qualche
linea
il
catalogo
delle
sue
ricchezze
.
Perciò
la
sua
funzione
avrebbe
dovuto
essere
unicamente
quella
di
amare
e
di
servire
i
genii
,
come
la
sposa
ama
e
serve
lo
sposo
;
ma
viceversa
la
folla
non
fu
mai
né
sposa
né
madre
:
essa
non
fu
che
femmina
,
e
il
più
spesso
la
sua
riconoscenza
è
consistita
nel
crucifiggere
i
salvatori
,
lasciando
alle
anime
di
altri
eroi
avvenire
la
cura
del
loro
culto
*
.
Finora
,
infatti
,
l
'
opera
più
evidente
che
compiron
le
folle
fu
un
'
opera
di
distruzione
.
Esse
agirono
nei
secoli
,
come
quei
microbi
che
dissolvono
i
corpi
indeboliti
e
i
cadaveri
.
I
barbari
,
che
furono
le
grandi
folle
dell
'
antichità
,
come
gli
operai
sono
le
grandi
folle
dei
nostri
giorni
,
non
avrebbero
certo
costrutto
l
'
edificio
della
civiltà
romana
,
ma
quando
quell
'
edificio
fu
barcollante
occorrevano
i
barbari
per
atterrarlo
,
e
rendere
possibile
la
creazione
d
'
una
civiltà
nuova
con
gli
avanzi
del
vecchio
colosso
*
.
Parve
,
allora
,
un
'
opera
totalmente
negativa
a
chi
non
sapeva
che
la
distruzione
è
il
fondamento
della
costruzione
:
ma
fu
allora
che
,
per
la
prima
volta
,
si
rivelò
la
tragica
potenza
delle
folle
,
e
che
,
per
un
istante
,
la
filosofia
del
numero
diventò
la
sola
filosofia
della
storia
.
Ai
nostri
giorni
,
se
ancor
si
può
temere
come
eccezione
brutale
e
sanguinosa
l
'
opera
distruggitrice
delle
folle
,
bisogna
riconoscere
che
l
'
opera
loro
si
esplica
in
modo
normale
e
pacifico
colle
grandi
correnti
dell
'
opinione
pubblica
,
coi
comizî
e
colla
scheda
elettorale
.
Pure
noi
sentiamo
di
tanto
in
tanto
tutta
la
colossale
potenza
della
loro
opera
negativa
in
quegli
scioperi
che
,
arrestando
d
'
un
tratto
con
mirabile
uniformità
la
vita
sociale
,
ci
dànno
collettivamente
un
brivido
di
paura
,
come
quelle
mancanze
di
respiro
che
ci
dànno
individualmente
la
sensazione
,
il
brivido
della
morte
.
La
folla
è
dunque
oggi
,
come
sempre
,
e
quantunque
in
diverso
modo
,
l
'
arbitra
del
nostro
avvenire
:
e
bisogna
quindi
preoccuparsi
di
questo
nuovo
possente
e
soverchiante
fattore
collettivo
della
vita
sociale
che
,
grazie
alla
libertà
politica
,
è
uscito
dall
'
incoscienza
,
e
può
agire
adesso
alla
luce
dei
comizî
,
della
stampa
,
delle
elezioni
,
degli
scioperi
,
anziché
essere
costretto
come
una
volta
,
ad
esplicare
di
quando
in
quando
le
sue
torve
energie
all
'
ombra
delle
congiure
,
delle
sette
e
delle
rivolte
.
La
logica
rigida
di
qualche
intellettuale
individualista
è
ancora
tormentata
da
questo
dubbio
:
è
veramente
degna
la
folla
dello
scettro
che
la
libertà
politica
le
ha
donato
?
questo
nuovo
Briareo
merita
di
ricevere
nelle
sue
mille
braccia
il
bastone
del
comando
ormai
caduto
dalle
mani
dei
despoti
?
è
giusto
che
,
come
una
volta
si
era
sovrani
per
nascita
,
oggi
lo
si
sia
per
il
numero
,
e
che
l
'
aritmetica
abbia
detronizzato
l
'
eredità
?
Ma
a
queste
retoriche
e
paurose
domande
,
mi
par
quasi
ozioso
dare
risposta
,
giacché
vi
risponde
coll
'
argomento
sovrano
dei
fatti
,
non
solo
tutta
la
storia
recente
del
mondo
civile
,
ma
tutta
la
nostra
vita
da
che
l
'
Italia
è
nazione
libera
ed
una
.
Lasciamo
pure
che
talvolta
,
per
comodo
di
polemica
,
si
insulti
l
'
anima
collettiva
chiamandola
la
piazza
:
in
realtà
tutti
sentono
il
dovere
di
rispettarla
sotto
il
nome
di
opinione
pubblica
;
e
ciò
è
tanto
vero
che
la
stessa
forma
politica
che
ci
regge
ha
sentito
il
bisogno
di
trovare
il
suo
più
sincero
e
più
forte
punto
di
appoggio
e
la
sorgente
sua
più
fresca
e
più
limpida
nei
plebisciti
,
i
quali
non
sono
altro
che
l
'
espressione
statistica
della
volontà
collettiva
.
Il
destino
-
ed
io
credo
un
giusto
destino
-
ci
ha
ormai
condotti
al
despotismo
della
collettività
,
e
quindi
-
più
che
discutere
questo
despotismo
teoricamente
,
e
del
resto
platonicamente
,
poiché
non
si
può
mai
ritogliere
al
popolo
quello
che
gli
fu
dato
-
mi
sembra
necessario
discutere
i
modi
e
i
mezzi
con
cui
quel
despotismo
si
può
rendere
sempre
più
cosciente
e
più
degno
.
Ecco
dove
-
secondo
me
-
consiste
il
problema
dell
'
anima
collettiva
:
nello
studiare
quest
'
anima
multiforme
e
complessa
che
ormai
tiene
nelle
sue
mani
il
nostro
avvenire
e
nel
cercare
di
elevarla
moralmente
e
intellettualmente
.
Io
non
so
se
voi
abbiate
mai
fermata
la
vostra
attenzione
su
questo
strano
fenomeno
:
gli
italiani
sono
-
individualmente
-
dotati
da
natura
di
una
innegabile
superiorità
su
molti
altri
popoli
,
e
nondimeno
-
tutti
insieme
-
formano
una
nazione
che
,
se
è
stata
una
volta
la
prima
,
non
è
pur
troppo
più
la
prima
nel
mondo
moderno
.
Viaggiando
,
io
mi
son
sentito
spesso
rivolgere
da
amici
sinceri
e
spassionati
del
nostro
paese
questa
domanda
che
racchiudeva
,
con
misterioso
contrasto
,
un
elogio
e
una
umiliazione
:
"
Come
è
possibile
-
mi
dicevano
-
che
un
popolo
come
il
vostro
sia
collettivamente
inferiore
al
popolo
tedesco
e
al
popolo
inglese
,
se
il
più
umile
degli
italiani
ha
più
ingegno
,
più
sobria
moralità
,
più
energia
e
più
resistenza
al
lavoro
del
migliore
degli
operai
inglesi
e
tedeschi
?
Che
fate
voi
della
vostra
abbondanza
di
uomini
,
della
vostra
ricchezza
di
ingegno
,
di
questo
tesoro
che
la
sorte
vi
ha
dato
,
se
non
siete
capaci
di
usufruirlo
,
di
organizzarlo
sapientemente
,
per
la
gloria
e
per
la
prosperità
della
patria
comune
?
"
.
Ed
io
sentivo
la
verità
dolorosa
di
questa
domanda
,
accorgendomi
ovunque
all
'
estero
che
se
qualche
italiano
-
come
individuo
-
era
rispettato
e
adulato
,
l
'
Italia
-
come
organismo
collettivo
-
non
solo
non
era
adulata
,
ma
talvolta
non
era
nemmeno
conosciuta
.
E
mi
dovevo
confermare
sempre
più
in
una
idea
che
già
m
'
era
balenata
come
un
'
incognita
psicologica
,
l
'
idea
che
mentre
l
'
anima
dell
'
italiano
rimane
sempre
la
più
agile
,
la
più
viva
,
la
più
aperta
ad
ogni
sogno
di
bellezza
e
ad
ogni
ideale
di
grandezza
,
l
'
anima
collettiva
dell
'
Italia
è
ancora
incerta
paurosa
e
quasi
scontenta
di
sé
,
perché
minore
degli
elementi
che
la
compongono
.
E
mi
chiedevo
:
perché
le
grandi
potenze
europee
,
la
Francia
,
e
sopratutto
la
Germania
e
l
'
Inghilterra
,
valgono
socialmente
assai
più
di
noi
,
mentre
la
materia
prima
di
cui
sono
formate
-
l
'
individuo
-
è
assai
inferiore
alla
nostra
?
Dove
risiede
la
causa
di
questo
paradosso
psicologico
per
il
quale
con
unità
elementari
migliori
noi
italiani
diamo
collettivamente
un
prodotto
peggiore
?
E
fra
le
infinite
cause
di
questo
paradosso
,
una
mi
parve
avesse
un
'
importanza
generale
e
di
primo
ordine
,
poiché
da
essa
tutte
le
altre
,
per
varie
e
diverse
ragioni
dipendono
.
Fra
noi
non
si
è
ancora
formata
,
non
si
è
potuta
formare
,
un
'
unica
anima
italiana
;
esistono
invece
molte
e
differenti
anime
italiane
,
quante
sono
le
regioni
del
nostro
paese
.
Quell
'
inconscio
lavoro
di
polarizzazione
che
storicamente
si
è
compiuto
presso
altri
popoli
,
così
da
far
convergere
tutti
i
raggi
delle
singole
energie
individuali
in
un
unico
fuoco
,
e
da
dare
-
oltre
e
più
che
la
prova
scientifica
-
la
sensazione
artistica
che
milioni
di
anime
possono
riassumersi
,
simbolizzarsi
e
fremere
in
una
sola
grande
anima
collettiva
;
questo
inconscio
lavoro
,
che
è
la
forza
specifica
della
Francia
,
della
Germania
e
dell
'
Inghilterra
,
non
è
avvenuto
fra
noi
.
I
nostri
troppo
diversi
temperamenti
,
e
più
la
nostra
storia
,
ce
lo
hanno
impedito
:
ognuno
di
noi
,
prima
di
essere
italiano
,
è
o
meridionale
o
settentrionale
,
o
siciliano
o
milanese
,
o
veneto
o
napoletano
,
e
quindi
le
nostre
energie
non
convergono
e
non
si
sommano
in
un
fuoco
centrale
,
ma
tendono
a
raggrupparsi
indipendentemente
,
secondo
antichi
legami
regionali
,
frutto
dell
'
eredità
e
dell
'
abitudine
,
-
e
formano
perciò
dell
'
Italia
non
un
faro
unico
che
splenda
di
luce
uniforme
ed
intensa
,
ma
una
riunione
di
sistemi
planetarî
ove
sono
molti
i
soli
che
vivono
di
luce
propria
e
che
hanno
ciascuno
un
seguito
d
'
astri
minori
.
L
'
Italia
infatti
non
è
-
per
chi
la
consideri
dall
'
alto
e
da
lontano
come
un
'
astratta
entità
psicologica
-
né
un
organismo
mastodontico
come
la
Germania
,
né
un
organismo
meno
pesante
ma
forse
ancora
più
burocraticamente
uniforme
come
la
Francia
.
Ogni
tedesco
ed
ogni
francese
portano
impresso
il
loro
carattere
nazionale
e
da
quello
solo
voi
potete
riconoscerli
e
definirli
:
ogni
italiano
invece
,
oltre
e
più
del
suo
carattere
nazionale
,
porta
impresso
lo
stigma
della
sua
provincia
;
ed
è
perciò
che
mentre
una
riunione
di
francesi
o
di
tedeschi
vi
dà
la
sensazione
d
'
una
musica
monocorde
,
una
riunione
di
italiani
ha
tutto
il
fascino
d
'
una
sinfonia
ove
s
'
intreccino
mille
motivi
melodici
.
L
'
Italia
insomma
è
nell
'
anima
del
suo
popolo
quello
che
è
nella
sua
geografia
:
il
paese
che
riunisce
gli
spettacoli
più
diversi
:
e
come
voi
potete
,
attraversandola
,
passare
dai
ghiacciai
delle
Alpi
al
sorriso
delle
marine
,
da
campagne
ubertose
a
terreni
deserti
e
malarici
,
da
selve
ove
cresce
soltanto
la
nordica
pianta
dell
'
abete
a
giardini
ove
fiorisce
l
'
arancio
;
così
giudicandola
socialmente
,
voi
dovete
confessare
che
molti
suoi
abitanti
paiono
,
anziché
italiani
,
greci
o
spagnuoli
o
tedeschi
,
e
che
mentre
alcuni
hanno
l
'
indolenza
dei
popoli
orientali
,
altri
son
dominati
dalla
febbre
del
danaro
propria
degli
americani
.
Orbene
,
questa
varietà
antropologica
e
psicologica
che
costituisce
la
bellezza
artistica
e
potrebbe
costituire
la
perfezione
sociale
del
nostro
paese
,
è
,
viceversa
,
fonte
di
invidia
fra
gli
italiani
e
quindi
di
debolezza
collettiva
dinanzi
agli
stranieri
,
perché
noi
-
anziché
riconoscerla
francamente
e
svilupparla
sapientemente
-
ci
siamo
ostinati
a
negarla
e
a
comprimerla
in
omaggio
a
un
falso
concetto
del
patriottismo
.
L
'
esagerazione
e
l
'
iperbole
,
che
sono
fra
i
nostri
maggiori
difetti
,
ci
hanno
fatto
credere
che
noi
eravamo
non
soltanto
tutti
fratelli
,
ma
anche
tutti
eguali
,
da
un
capo
all
'
altro
della
penisola
,
e
siamo
andati
sempre
innanzi
sulle
stampelle
della
retorica
e
al
suono
dei
grandi
nomi
,
proclamando
che
noi
dovevamo
essere
tutti
governati
ad
un
modo
,
italiani
della
Sicilia
e
del
Veneto
,
del
Piemonte
e
della
Calabria
.
E
quando
-
dapprima
-
qualche
voce
isolata
di
osservatori
indipendenti
osò
ammonire
:
"
Badate
,
noi
siamo
diversi
per
razza
,
per
storia
,
per
abitudini
,
e
bisogna
quindi
piuttosto
che
imporre
a
forza
un
'
unificazione
formale
,
preparare
a
poco
a
poco
un
'
unificazione
sincera
e
reale
"
,
i
più
copersero
quelle
voci
isolate
sotto
il
clangore
degli
squilli
della
loro
retorica
patriottica
;
e
quando
più
tardi
quelle
voci
s
'
alzarono
più
forti
e
più
numerose
e
non
fu
possibile
ridurle
al
silenzio
,
si
disse
da
molti
che
esse
erano
l
'
opera
di
scuole
scientifiche
superficiali
e
paradossali
,
o
di
uomini
e
di
partiti
che
volevano
minare
l
'
unità
politica
del
nostro
paese
.
Invece
-
prescindendo
dal
modo
e
dalla
forma
con
cui
certe
verità
si
dovevano
e
si
debbono
dire
-
io
credo
ed
affermo
che
il
pericolo
vero
per
l
'
unità
della
nostra
patria
,
non
istà
nel
riconoscere
apertamente
ch
'
essa
è
formata
di
regioni
che
hanno
idee
,
sentimenti
e
bisogni
diversi
,
ma
consiste
nell
'
ostinarsi
a
negare
questa
differenza
,
e
nel
voler
quindi
educare
e
governare
tutti
gli
italiani
in
un
modo
identico
,
costringendoli
amministrativamente
e
legislativamente
in
un
letto
di
Procuste
,
che
fa
sorgere
gli
urli
della
protesta
,
e
fa
deviare
patologicamente
quello
spirito
regionale
che
-
se
fosse
rispettato
nei
suoi
giusti
limiti
-
sarebbe
ancor
oggi
,
come
fu
all
'
epoca
dei
Comuni
,
la
fortuna
d
'
Italia
.
È
questa
manìa
di
un
'
eguaglianza
e
di
una
uniformità
impossibili
e
innaturali
,
che
ci
ha
impedito
di
formare
un
'
anima
collettiva
veramente
degna
di
noi
,
specchio
fedele
di
quello
che
siamo
e
di
quanto
valiamo
.
Perduti
nel
pregiudizio
che
base
necessaria
dell
'
unità
politica
sia
l
'
uniformità
sociale
,
noi
abbiamo
lavorato
inutilmente
-
colle
leggi
e
colle
frasi
-
a
creare
un
tipo
unico
di
italiano
che
non
esiste
e
non
può
esistere
;
e
non
ci
siamo
accorti
che
il
nostro
dovere
di
cittadini
e
di
uomini
sinceri
era
invece
di
lavorare
-
con
un
prudente
sistema
di
federalismo
amministrativo
-
allo
sviluppo
autonomo
dei
vari
tipi
di
italiani
,
i
quali
,
tutti
insieme
,
avrebbero
cooperato
a
formare
dell
'
Italia
,
non
un
organismo
rigidamente
monotono
,
ma
un
organismo
sciolto
,
libero
,
snello
,
che
nella
stessa
diversità
delle
indoli
ond
'
era
composto
,
avrebbe
trovato
la
ragione
della
sua
bellezza
e
della
sua
forza
.
Giacché
-
ed
è
questa
davvero
un
'
opera
di
sano
patriottismo
-
se
noi
non
dobbiamo
tacere
che
alcune
nostre
regioni
sono
ancora
indietro
sulla
via
del
progresso
e
della
moralità
,
noi
non
dobbiamo
nemmeno
tacere
che
ciò
dipende
da
una
minoranza
che
ancora
le
domina
medioevalmente
e
che
politicamente
le
sfrutta
:
l
'
anima
vera
di
quelle
luminose
regioni
è
un
tesoro
nascosto
di
qualità
morali
e
di
genialità
intellettuale
che
non
attende
se
non
un
aiuto
fraterno
per
esplicarsi
libera
al
sole
e
scuotere
il
giogo
dei
pochi
furbi
che
la
fanno
apparire
diversa
da
quella
che
è
realmente
.
E
questo
aiuto
fraterno
si
riassume
anzitutto
e
sopratutto
in
un
'
opera
di
sincerità
.
Noi
dobbiamo
lasciare
ai
paladini
della
maffia
e
della
camorra
,
a
coloro
che
ingenuamente
o
gesuiticamente
credono
si
possa
uccidere
un
male
negandolo
,
o
cancellare
una
macchia
coprendola
,
il
bugiardo
sistema
di
proclamarsi
tutti
eguali
e
tutti
arrivati
a
un
identico
grado
di
civiltà
:
noi
dobbiamo
inaugurare
arditamente
il
sistema
della
verità
che
,
svelando
,
per
guarirli
,
le
colpe
e
i
difetti
,
che
sono
di
pochi
,
scopra
e
sviluppi
anche
le
doti
e
le
qualità
ignorate
,
che
per
fortuna
sono
di
molti
.
Così
-
e
non
altrimenti
-
potrà
formarsi
la
genuina
anima
nostra
:
così
l
'
Italia
potrà
essere
nel
suo
insieme
all
'
altezza
morale
e
intellettuale
delle
regioni
che
la
compongono
,
e
apparire
dinanzi
agli
stranieri
come
la
risultante
armonica
in
cui
si
fondono
le
diverse
e
mirabili
energie
del
popolo
più
riccamente
dotato
dalla
natura
.
Un
bagno
di
sincerità
:
ecco
ciò
di
cui
ha
bisogno
la
patria
nostra
.
La
debolezza
dell
'
Italia
è
tutta
nelle
menzogne
di
cui
s
'
è
nutrita
dal
'70
in
poi
.
E
se
la
menzogna
più
grande
è
quella
di
cui
ho
parlato
finora
,
altre
ve
ne
sono
-
meno
gravi
forse
politicamente
-
ma
altrettanto
pericolose
dal
punto
di
vista
sociale
.
Noi
ci
dibattiamo
fra
due
teorie
,
egualmente
esagerate
e
bugiarde
,
che
si
contraddicono
nei
termini
stessi
con
cui
vengono
esposte
.
Per
alcuni
,
noi
siamo
un
popolo
giovine
;
per
altri
,
noi
siamo
addirittura
un
popolo
decrepito
.
Vi
son
quelli
che
con
implacabile
scetticismo
fanno
udire
il
lugubre
rintocco
delle
campane
a
morto
della
razza
latina
;
e
vi
son
quelli
che
con
troppo
patriottico
orgoglio
suonano
la
fanfara
d
'
un
rinnovamento
della
stirpe
italiana
.
Costoro
s
'
empion
la
bocca
,
e
vorrebbero
intronar
le
orecchie
degli
altri
,
col
ricordo
delle
nostre
glorie
passate
:
quelli
invece
traggono
eccessive
conseguenze
da
alcuni
fenomeni
di
innegabile
degenerazione
,
e
come
medici
troppo
frettolosi
predicono
la
morte
d
'
un
organismo
basandosi
soltanto
su
sintomi
passeggieri
e
superficiali
.
Gli
uni
e
gli
altri
-
secondo
me
-
hanno
torto
.
Noi
non
dobbiamo
essere
né
troppo
vani
e
ottimisti
,
né
troppo
pessimisti
e
modesti
.
Noi
non
dobbiamo
far
nostra
la
sciocca
psicologia
del
nobile
moderno
,
il
quale
s
'
illude
che
basti
il
suo
blasone
a
renderlo
rispettato
e
temuto
,
e
s
'
adagia
nella
contemplazione
dei
meriti
dei
suoi
avi
,
senza
sentire
il
bisogno
e
il
dovere
di
rendersi
degno
di
loro
,
ma
noi
non
dobbiamo
neppure
avvilirci
nella
teoria
snervante
di
coloro
che
,
proclamandoci
un
popolo
vecchio
,
ci
dannano
a
una
decadenza
fatale
.
In
questi
ultimi
tempi
si
è
troppo
abusato
di
similitudini
nel
campo
sociologico
,
e
troppo
spesso
si
è
voluta
paragonare
la
vita
di
un
popolo
a
quella
di
un
individuo
.
Le
nazioni
non
possono
essere
in
tutto
paragonate
agli
organismi
individuali
,
giacché
mentre
per
questi
il
corso
della
vita
è
inesorabilmente
tracciato
dalle
leggi
di
natura
,
e
dopo
un
periodo
di
gioventù
in
cui
l
'
uomo
ardisce
e
promette
,
v
'
è
un
periodo
di
virilità
in
cui
agisce
e
mantiene
,
e
un
periodo
di
senilità
in
cui
decade
e
che
prelude
alla
morte
,
-
per
quelle
collettività
che
si
chiamano
nazioni
,
può
verificarsi
invece
o
il
miracolo
dell
'
immortalità
o
almeno
quello
della
resurrezione
.
Vale
a
dire
che
nazioni
anche
vecchissime
possono
o
continuare
a
vivere
prospere
e
rigogliose
,
o
,
dopo
un
periodo
di
decadimento
e
di
morte
apparente
,
rifiorire
e
risorgere
agli
splendori
d
'
un
tempo
.
Tale
fu
,
nella
storia
,
il
destino
felice
di
alcuni
popoli
;
tale
può
essere
-
io
lo
spero
e
lo
auguro
-
anche
il
destino
del
nostro
popolo
.
L
'
Italia
ha
troppe
volte
mostrato
di
possedere
la
misteriosa
virtù
di
alternare
periodi
di
gloria
e
di
potenza
con
periodi
di
silenzio
e
di
miseria
,
come
certi
terreni
alternano
anni
di
fecondità
con
anni
di
sterilità
,
per
non
legittimare
la
speranza
che
ancora
una
volta
si
riproduca
il
miracolo
confortante
!
Ma
l
'
attuazione
di
questo
miracolo
noi
non
dobbiamo
attenderla
soltanto
dal
nostro
passato
,
quasi
questo
fosse
una
fiamma
eterna
che
ci
deve
riscaldare
ed
illuminare
perennemente
nei
secoli
,
noi
dobbiamo
volerla
e
meritarla
colle
nostre
attuali
energie
.
E
invece
di
cullarci
in
un
orgoglio
che
confina
colla
vanità
,
o
rinchiuderci
in
una
modesta
rassegnazione
che
confina
con
un
'
umiltà
suicida
,
noi
dobbiamo
svegliare
in
noi
una
serena
e
ferma
fiducia
in
noi
stessi
,
e
non
soltanto
spazzar
via
le
menzogne
che
ci
degradano
e
i
pregiudizi
che
ci
indeboliscono
,
ma
sopratutto
svecchiare
la
nostra
educazione
e
la
nostra
istruzione
,
le
quali
sono
-
anche
esse
-
non
ultime
cause
di
quella
atonia
della
nostra
anima
collettiva
che
ci
fa
apparire
minori
di
quello
che
siamo
.
Le
razze
anglo
-
sassoni
sono
attualmente
superiori
alle
razze
latine
,
non
solo
e
non
tanto
perché
,
in
confronto
a
noi
,
sono
razze
giovani
,
quanto
e
sopratutto
perché
esse
hanno
sistemi
d
'
educazione
giovani
,
mentre
noi
li
abbiamo
vecchissimi
,
e
perché
si
preoccupano
di
formare
e
di
agguerrire
l
'
uomo
per
le
lotte
della
vita
moderna
,
piuttosto
che
di
imbottirlo
di
cognizioni
sul
mondo
antico
.
Senza
essere
esagerati
,
io
credo
che
il
nostro
sistema
d
'
educazione
classica
si
può
riassumere
così
:
in
un
atto
di
fede
davanti
l
'
infallibilità
d
'
un
maestro
o
d
'
una
teoria
,
e
in
un
continuo
atto
d
'
adorazione
verso
il
nostro
passato
,
che
ci
è
imposto
come
un
esempio
immutabile
e
insuperabile
.
Infatti
,
prima
e
più
che
insegnare
le
cose
necessarie
alla
vita
,
nelle
nostre
scuole
si
insegna
,
esaltandola
,
la
storia
antica
,
la
quale
non
è
se
non
il
trionfo
della
forza
brutale
:
-
e
lo
strano
è
che
noi
siamo
pronti
a
meravigliarci
e
a
inorridire
davanti
a
un
delitto
politico
moderno
,
mentre
non
facciamo
altro
che
lodare
i
delitti
politici
del
passato
,
e
mentre
la
nostra
educazione
non
è
che
una
glorificazione
continua
della
violenza
!
Nelle
nostre
scuole
,
invece
di
formar
degli
uomini
,
si
forman
degli
eruditi
:
invece
di
preparare
i
giovani
alle
difficoltà
della
lotta
per
la
esistenza
,
si
preparano
soltanto
alle
carriere
burocratiche
:
invece
di
sviluppare
l
'
iniziativa
individuale
,
si
cerca
di
spegnere
sotto
un
livello
mediocre
ogni
lampo
di
originalità
.
In
una
parola
,
nelle
scuole
dove
si
dovrebbe
aver
di
mira
lo
sviluppo
delle
più
alte
facoltà
umane
,
non
si
tende
invece
che
a
un
unico
ideale
,
molto
prossimo
,
il
diploma
.
E
lo
Stato
che
fabbrica
,
a
colpi
di
manuale
,
tutti
questi
laureati
,
non
può
utilizzarne
che
una
parte
e
lascia
perciò
senza
impiego
tutti
gli
altri
.
Esso
deve
quindi
rassegnarsi
a
nutrire
i
primi
e
ad
aver
per
nemici
i
secondi
,
deve
rassegnarsi
cioè
a
creare
due
categorie
di
individui
:
quelli
che
avendo
assediato
le
carriere
,
hanno
potuto
ottenere
un
posto
,
e
quelli
che
pur
avendo
messo
l
'
assedio
sono
rimasti
al
di
fuori
della
fortezza
burocratica
.
I
primi
costituiscono
una
folla
schiava
del
Governo
,
sempre
pronta
a
sostenerlo
per
paura
di
perdere
il
loro
impiego
e
per
inconscia
difesa
di
classe
;
i
secondi
costituiscono
una
folla
ribelle
al
Governo
,
sempre
pronta
a
combatterne
e
a
intralciarne
le
iniziative
;
-
e
la
cosiddetta
opinione
pubblica
non
è
spesso
che
la
risultante
di
queste
due
strane
correnti
che
portano
nei
giudizi
,
non
le
idee
e
i
sentimenti
veri
del
popolo
,
ma
o
gli
egoismi
d
'
una
folla
che
ha
troppo
mangiato
,
o
le
rappresaglie
d
'
una
folla
che
ha
fame
.
Tale
è
-
per
disgrazia
-
la
condizione
di
una
gran
parte
delle
folle
latine
e
specialmente
italiane
,
perché
la
nostra
gioventù
intellettuale
è
resa
precocemente
vecchia
dai
nostri
sistemi
d
'
educazione
.
L
'
idea
di
farsi
un
posto
al
sole
e
di
essere
utili
al
proprio
paese
al
di
fuori
dell
'
ingranaggio
della
burocrazia
o
dell
'
ambiente
parlamentare
,
è
un
'
idea
quasi
ignota
alla
maggioranza
dei
giovani
cervelli
italiani
.
E
ciò
,
non
tanto
per
un
abbassamento
intellettuale
,
quanto
per
una
organica
sfiducia
in
sé
stessi
,
per
la
quale
anche
i
giovani
si
credono
e
si
sentono
vecchi
,
e
come
i
vecchi
hanno
bisogno
per
camminare
di
appoggiarsi
al
bastone
del
Governo
o
del
favoritismo
politico
.
Qual
differenza
con
altri
popoli
,
dove
,
-
come
per
esempio
nell
'
America
del
Nord
-
tanto
gli
impieghi
governativi
come
i
posti
di
deputati
non
sono
ambiti
dai
giovani
,
sono
anzi
lasciati
a
coloro
che
non
hanno
fatto
in
altro
modo
carriera
!
Là
non
si
crede
che
un
Governo
ed
un
popolo
sieno
tutti
ed
unicamente
nella
burocrazia
e
nel
Parlamento
!
Là
si
sente
che
le
energie
individuali
e
collettive
del
paese
sono
fuori
da
quelle
due
istituzioni
che
da
noi
invece
le
atrofizzano
:
i
cittadini
hanno
,
cioè
,
fiducia
in
sé
stessi
,
hanno
,
dirò
meglio
,
coscienza
di
sé
stessi
,
e
sanno
quindi
che
i
funzionarî
non
sono
altro
che
dei
servitori
della
nazione
,
e
i
deputati
dei
mandatari
-
non
dei
despoti
-
dell
'
opinione
pubblica
.
La
nazione
vera
è
nei
suoi
cittadini
indipendenti
,
che
indipendentemente
lavorano
,
pensano
e
parlano
.
Ebbene
:
noi
dovremmo
imitare
questo
tipo
d
'
educazione
,
e
invece
di
tendere
,
nelle
nostre
scuole
,
all
'
uniformità
grigia
,
alla
beata
mediocrità
,
alla
formazione
del
gregge
docile
che
seguirà
senza
ribellioni
il
pastore
,
noi
dovremmo
tendere
alla
individualità
insofferente
,
ma
promettitrice
di
feconde
energie
,
alla
formazione
di
un
popolo
libero
e
sciolto
che
non
s
'
acqueti
negli
stagni
degli
impieghi
,
ma
navighi
ardito
il
mare
tempestoso
dell
'
esistenza
.
Se
noi
sapremo
compiere
anche
la
parziale
trasformazione
della
nostra
educazione
classica
in
una
istruzione
professionale
,
che
riconduca
una
parte
della
gioventù
ai
campi
,
alle
officine
,
ai
commerci
piuttosto
che
farla
ammuffir
negli
uffici
,
e
dia
ad
essa
più
che
l
'
erudizione
di
ciò
che
è
vecchio
,
il
senso
pratico
della
vita
moderna
,
e
,
più
che
l
'
ammirazione
per
l
'
ingegno
,
l
'
ammirazione
per
l
'
attività
e
per
il
carattere
,
noi
formeremo
allora
veramente
un
'
anima
collettiva
degna
della
potenza
che
ormai
il
progresso
le
ha
riconosciuto
.
Il
problema
,
il
pericolo
,
il
bisogno
del
momento
presente
consistono
appunto
in
quest
'
opera
di
educazione
delle
masse
:
e
ne
è
prova
il
fatto
che
là
dove
le
folle
rimasero
ancor
vittime
della
incoscienza
e
dell
'
ignoranza
secolare
,
incancrenite
nei
vecchi
sistemi
di
una
vecchia
educazione
,
diedero
al
mondo
spettacolo
triste
di
ingiustizie
e
di
violenze
collettive
,
-
e
là
invece
dove
poterono
sollevarsi
alla
visione
serena
dei
loro
diritti
,
guardare
con
anima
aperta
e
illuminata
il
loro
destino
,
diedero
un
grande
magnifico
impulso
alla
formazione
di
una
rinnovata
coscienza
sociale
,
-
quasi
bagliore
lontano
d
'
una
vera
giustizia
che
scenderà
con
luce
calma
e
ferma
a
sostituire
la
ipocrita
giustizia
del
tempo
nostro
.
Guardiamoci
attorno
:
e
confessiamo
che
se
un
'
opera
di
moralità
fu
compiuta
,
rivelando
colpe
finora
prudentemente
nascoste
,
se
un
'
opera
di
equità
fu
tentata
,
elevando
il
lavoro
alla
dignità
e
alla
considerazione
che
merita
,
lo
si
deve
,
non
tanto
a
questo
o
a
quell
'
individuo
,
quanto
allo
sviluppo
lento
,
continuo
,
grandioso
dell
'
anima
collettiva
,
cui
finalmente
si
osò
e
si
volle
far
sentire
la
sua
potenza
legittima
,
e
che
agisce
ora
come
fiamma
purificatrice
di
altruismo
ad
oscurare
e
disperdere
l
'
egoismo
individualista
da
cui
eravamo
dominati
finora
.
Né
si
dica
che
è
la
semplice
forza
numerica
che
ora
appare
d
'
un
tratto
,
e
che
soverchia
brutalmente
ogni
altra
forza
,
poiché
le
furon
tolti
o
allentati
i
freni
che
la
tenevano
paurosamente
silenziosa
.
Ciò
che
oggi
impone
,
fa
pensare
e
per
fortuna
fa
anche
provvedere
,
non
è
la
forza
bruta
della
folla
,
la
quale
ha
sempre
esistito
,
ma
è
la
coscienza
nuova
sviluppatasi
nella
folla
,
coscienza
nutrita
di
verità
e
di
modernità
.
Oggi
noi
non
abbiamo
dinanzi
a
noi
,
come
una
volta
,
degli
automi
che
lavorano
e
soffrono
e
sono
temibili
soltanto
per
il
loro
numero
;
noi
abbiamo
innanzi
a
noi
degli
organismi
coscienti
che
sanno
il
prezzo
del
loro
lavoro
e
che
si
sono
formati
un
'
anima
collettiva
la
quale
giovanilmente
fronteggia
la
nostra
ancor
vecchia
e
chiedono
a
noi
economicamente
quel
che
noi
chiedemmo
politicamente
,
or
è
un
secolo
,
ad
altre
classi
sociali
.
Due
artisti
,
i
fratelli
Goncourt
,
lanciavano
,
più
di
cinquant
'
anni
fa
,
uno
di
quei
paradossi
letterarî
che
la
storia
s
'
incarica
di
tramutare
,
almeno
parzialmente
,
in
realtà
positiva
.
"
Ogni
quattro
o
cinquecento
anni
-
essi
dicevano
-
la
barbarie
è
necessaria
per
rivivificare
il
mondo
.
Una
volta
in
Europa
,
quando
una
vecchia
popolazione
d
'
una
amabile
contrada
era
diventata
anemica
,
le
cadevano
addosso
dal
nord
dei
colossi
di
sei
piedi
che
rifacevano
la
razza
.
Adesso
che
l
'
Europa
non
ha
più
selvaggi
,
sono
gli
operai
che
faranno
quel
lavoro
fra
una
cinquantina
d
'
anni
e
ciò
si
chiamerà
la
rivoluzione
sociale
"
.
Io
non
ho
citato
questo
brano
per
il
suo
contenuto
politico
:
-
non
voglio
occuparmi
di
politica
e
ad
ogni
modo
dichiaro
che
sono
ottimista
ed
evoluzionista
e
non
credo
ai
funebri
minacciatori
di
cataclismi
!
-
ho
citato
questo
brano
per
il
suo
contenuto
psicologico
e
morale
.
Ed
io
penso
sia
vero
,
fortunatamente
vero
,
che
una
grande
rivoluzione
morale
si
sta
compiendo
in
noi
per
l
'
avvento
e
l
'
elevazione
del
popolo
,
per
lo
svolgersi
ed
il
fiorire
di
un
'
anima
collettiva
cui
si
aveva
negato
finora
la
luce
e
la
vita
.
Da
troppo
tempo
noi
eravamo
polarizzati
nella
illusione
che
tutto
quanto
di
bello
e
di
grande
era
al
mondo
fosse
il
dono
di
qualche
mostruoso
cervello
individuale
:
da
troppo
tempo
noi
ci
curvavamo
dinanzi
al
novissimo
despotismo
delle
supreme
facoltà
individuali
.
E
l
'
adorazione
per
l
'
uomo
d
'
ingegno
era
tanta
,
che
gli
si
perdonava
assai
più
facilmente
che
agli
altri
le
immoralità
e
persino
i
delitti
che
commetteva
.
Se
era
un
artista
lo
si
onorava
,
anche
se
la
sua
arte
era
degenerata
e
sovvertiva
i
principî
della
morale
:
se
era
un
uomo
politico
,
lo
si
lasciava
libero
anche
se
rubava
.
Orbene
,
l
'
anima
collettiva
è
sorta
a
ribellarsi
,
e
a
farci
ribellare
,
contro
questa
teoria
superba
ed
aristocratica
:
e
non
soltanto
ci
ha
insegnato
,
più
che
l
'
ammirazione
per
qualche
cervello
superiore
,
l
'
amore
vivo
e
fraterno
per
la
folla
degli
umili
;
ma
ci
ha
rivelato
altresì
che
se
i
progressi
intellettuali
sono
innegabilmente
dovuti
al
genio
di
qualche
individuo
,
i
progressi
morali
sono
dovuti
sempre
all
'
opera
oscura
della
collettività
,
cui
non
sorride
speranza
di
gloria
,
ma
verso
cui
deve
scendere
-
più
giusta
e
più
grande
-
la
nostra
riconoscenza
.
Avviene
-
per
le
conquiste
morali
della
folla
-
ciò
che
avviene
nell
'
arte
per
le
maggiori
e
più
mirabili
opere
architettoniche
.
Come
,
dinanzi
alla
nera
cattedrale
di
Colonia
o
dinanzi
alla
candida
meraviglia
del
Duomo
di
Milano
,
si
dimentica
il
nome
di
chi
le
ideò
e
di
coloro
che
ne
diressero
ed
eseguirono
il
lavoro
,
e
solo
rimane
viva
l
'
ammirazione
per
il
sentimento
religioso
che
ne
fu
l
'
ispirazione
anonima
e
collettiva
,
così
,
dinanzi
al
progresso
morale
cui
il
nostro
secolo
assiste
e
che
fa
suo
dogma
di
dare
il
benessere
,
l
'
educazione
e
il
potere
al
maggior
numero
possibile
d
'
individui
,
anziché
riserbarli
a
caste
privilegiate
,
noi
dobbiamo
dimenticare
il
nome
degli
apostoli
che
quel
progresso
diressero
e
fecondarono
,
e
dare
il
dovuto
merito
alla
grande
anima
collettiva
del
popolo
che
di
quel
progresso
fu
l
'
origine
e
l
'
istigatrice
maggiore
.
Suprema
opera
di
giustizia
,
codesta
,
perché
riconduce
alla
sua
vera
causa
ciò
che
noi
credevamo
merito
di
pochi
,
-
suprema
opera
di
modestia
,
perché
piega
i
nostri
orgogli
individuali
dinanzi
all
'
azione
oscura
della
folla
,
e
-
come
una
religione
più
umana
-
ci
umilia
tutti
dinanzi
alla
misteriosa
divinità
dell
'
anima
collettiva
.
CAPITOLO
SECONDO
L
'
arte
e
la
folla
L
'
arte
e
la
folla
sono
due
nomi
che
ai
più
debbono
sembrare
contradditorî
e
inassociabili
,
giacché
mentre
l
'
uno
rappresenta
l
'
aristocrazia
del
pensiero
,
l
'
altro
non
significa
che
la
volgarità
del
numero
.
Può
la
folla
intendere
l
'
arte
e
giudicarla
?
È
il
suo
plebiscito
una
di
quelle
sentenze
contro
cui
non
è
ammesso
l
'
appello
,
e
che
pro
veritate
habentur
?
O
viceversa
,
come
pretendono
molti
,
l
'
arte
che
piace
alla
folla
non
è
arte
o
,
tutt
'
al
più
,
non
è
che
una
forma
di
arte
inferiore
?
Ecco
il
problema
non
del
tutto
nuovo
,
ma
che
alcuni
studî
recenti
hanno
rimesso
alla
moda
;
problema
interessante
e
importante
,
non
solo
per
le
soluzioni
che
può
avere
,
ma
altresì
e
sopratutto
per
le
analisi
psicologiche
che
,
per
risolverlo
,
rende
necessarie
.
È
la
psicologia
collettiva
,
questo
mare
immenso
,
profondo
e
misterioso
,
che
occorre
sondare
per
scoprire
,
non
la
ragione
intima
ed
ultima
che
è
inafferrabile
,
ma
almeno
alcune
cause
dei
suoi
flussi
e
riflussi
,
delle
sue
calme
e
delle
sue
tempeste
improvvise
.
I
.
Sorridono
alcuni
dell
'
ufficio
moralizzatore
che
il
Guyau
prima
e
il
Tolstoi
poi
attribuirono
all
'
arte
,
e
non
ammettono
ch
'
essa
possa
avere
di
mira
il
miglioramento
progressivo
dell
'
umanità
,
seguendo
volta
a
volta
le
riforme
che
spuntano
nell
'
ambiente
sociale
.
Negan
costoro
che
vi
sia
un
'
arte
conservatrice
ed
una
rivoluzionaria
,
un
'
arte
realista
ed
una
repubblicana
,
un
'
arte
militarista
ed
una
antiguerresca
,
perché
-
essi
dicono
-
tutti
questi
e
molti
altri
piccoli
fenomeni
dell
'
anima
contemporanea
sono
dall
'
arte
vera
guardati
dall
'
alto
e
spesse
volte
trattati
con
disprezzo
.
Può
darsi
.
Io
non
mi
arrogo
il
diritto
di
definir
l
'
arte
vera
e
umilmente
confesso
di
ignorare
chi
abbia
la
privativa
di
questa
definizione
.
Ma
sento
che
l
'
arte
riflette
come
uno
specchio
le
correnti
religiose
,
politiche
,
scientifiche
che
attraversano
la
psiche
umana
,
e
quindi
affermo
-
con
la
modestia
doverosa
in
un
profano
-
che
l
'
arte
segue
in
questo
senso
i
pensieri
e
i
sentimenti
diffusi
nell
'
anima
collettiva
e
,
quasi
direi
,
si
nutre
di
essi
.
L
'
arte
rappresenta
tra
i
fenomeni
umani
quello
che
la
sensitiva
rappresenta
tra
gli
organismi
vegetali
.
Essa
avverte
,
con
una
straordinaria
dote
di
percezione
che
nessun
altro
ha
e
che
pare
prescienza
,
tutto
ciò
che
avviene
intorno
a
lei
,
e
o
reagisce
ai
fenomeni
del
mondo
esteriore
o
li
assorbe
,
ma
sempre
li
riassume
con
una
limpida
evidenza
sintetica
.
Prova
ne
sia
il
problema
che
oggi
ritorna
ad
occupare
lo
spirito
umano
e
che
io
ho
posto
a
tema
di
questo
studio
.
Questa
ricerca
dei
rapporti
tra
l
'
arte
e
la
folla
,
questo
chiederci
se
l
'
una
possa
essere
giudicata
dall
'
altra
,
che
cosa
è
,
se
non
la
forma
artistica
sotto
cui
si
manifesta
il
gran
dissidio
fra
individualismo
e
socialismo
che
turba
la
coscienza
contemporanea
?
In
questa
sdegnosa
superbia
dell
'
artista
creatore
che
nega
alla
folla
il
diritto
di
consacrarlo
alla
fama
o
all
'
oblio
,
non
vediam
noi
risorgere
e
scolpirsi
il
duello
eterno
fra
l
'
individuo
e
la
società
,
non
sentiamo
noi
agitarsi
il
grande
dubbio
-
nelle
cui
nebbie
il
secolo
sorge
-
se
sia
cioè
il
progresso
un
merito
esclusivo
di
alcuni
individui
geniali
che
trascinaron
dietro
le
folle
come
i
pastori
le
pecore
,
o
non
piuttosto
la
meravigliosa
opera
incosciente
di
tutti
,
una
specie
di
immensa
piramide
cui
ogni
uomo
che
visse
portò
la
sua
pietra
?
Abbiamo
dunque
di
fronte
,
nel
campo
nell
'
arte
,
come
in
quello
della
politica
,
due
partiti
opposti
ed
irriducibili
:
l
'
uno
esalta
la
folla
,
l
'
altro
la
spregia
;
l
'
uno
la
crede
degna
d
'
esser
giudice
d
'
ogni
opera
individuale
e
quindi
anche
di
governare
,
l
'
altro
le
nega
ogni
capacità
intellettiva
,
e
la
vorrebbe
quindi
non
giudice
e
despota
,
ma
ancella
e
schiava
,
dominata
sempre
ed
in
tutto
da
uno
o
da
pochi
.
In
politica
,
il
partito
che
spregia
la
folla
è
ristretto
ormai
in
assai
brevi
confini
:
la
tesi
superba
ed
egoista
è
ormai
difficile
ad
essere
sostenuta
nella
sua
rigida
purezza
,
perché
urta
contro
uno
stato
di
fatto
che
non
si
può
mutare
:
il
diritto
di
voto
.
Bisogna
aggiungere
inoltre
che
la
politica
,
essendo
il
fenomeno
sociale
in
cui
la
sincerità
e
la
franchezza
sono
più
scarse
,
non
permette
quella
divisione
netta
e
leale
di
partiti
che
altrove
esiste
,
e
si
manifesta
piuttosto
con
gradazioni
indecise
,
che
non
con
colori
risolutamente
spiccati
.
È
raro
infatti
trovare
nella
politica
un
individualista
ad
oltranza
,
cioè
un
dispotico
:
come
è
raro
trovare
un
socialista
ad
oltranza
,
cioè
un
uomo
che
neghi
ogni
e
qualsiasi
influenza
o
diritto
all
'
individuo
isolato
:
entrambi
sono
intimamente
rosi
da
una
contraddizione
facile
ad
essere
messa
a
nudo
,
quantunque
non
confessata
:
l
'
individualista
cercherà
quell
'
adesione
e
quel
successo
nel
pubblico
,
ch
'
egli
a
parole
disprezza
;
e
il
socialista
lotterà
per
quel
sentimento
egoistico
di
sopravvanzare
gli
altri
e
di
accumulare
per
sé
,
che
teoricamente
condanna
.
In
arte
,
il
partito
che
spregia
la
folla
è
più
numeroso
.
Senza
accennare
alla
falange
estrema
dei
sostenitori
della
teoria
del
superuomo
,
sono
innegabilmente
molti
coloro
che
rifiutano
alla
moltitudine
il
diritto
di
giudicare
una
qualunque
manifestazione
artistica
,
e
lo
accordano
tutt
'
al
più
soltanto
a
un
cenacolo
di
competenti
che
vanno
sotto
il
nome
di
critici
.
Anche
qui
si
riproduce
il
fenomeno
contradditorio
per
il
quale
codesti
aristocratici
del
pensiero
non
sono
poi
troppo
malcontenti
se
la
turba
li
colma
di
elogi
e
di
applausi
;
ma
,
pur
beandosi
dell
'
aura
popolare
che
li
accarezza
,
essi
non
cessano
di
disprezzarla
,
e
quando
quell
'
aura
è
loro
contraria
anziché
favorevole
,
non
se
ne
sgomentano
,
ma
ne
sorridono
dall
'
alto
della
loro
incontestabile
superiorità
.
Dall
'
antico
oratore
greco
che
,
quando
la
folla
lo
applaudiva
,
si
interrompeva
per
chiedere
ironicamente
:
mi
applaudono
?
ho
dunque
detto
una
sciocchezza
?
fino
al
genio
italianamente
moderno
di
Arrigo
Boito
che
,
nella
memorabile
sera
della
prima
rappresentazione
del
Mefistolele
,
impassibile
sul
suo
scanno
di
direttore
d
'
orchestra
,
rispondeva
ai
fischi
del
pubblico
,
dicendo
sorridente
ai
vicini
:
che
onore
mi
fanno
!
,
-
questo
supremo
disprezzo
dell
'
individuo
-
artista
verso
la
folla
-
beota
è
uno
dei
fenomeni
più
comuni
.
Ma
è
altresì
sempre
un
fenomeno
logico
e
giusto
?
Ecco
finalmente
e
veramente
il
problema
.
II
.
Si
è
detto
da
alcuni
e
si
ripete
ormai
quotidianamente
da
tutti
,
che
la
folla
è
moralmente
e
intellettualmente
inferiore
all
'
individuo
.
Chi
scrive
cooperò
,
anzi
fu
il
primo
,
a
mettere
in
luce
questa
verità
,
ed
ebbe
il
piacere
di
veder
riprodotte
spesso
le
proprie
idee
.
Soltanto
,
questi
riproduttori
,
o
inconscientemente
per
miopia
,
o
coscientemente
per
spirito
di
parte
,
hanno
dimenticato
che
se
io
avevo
formulato
una
legge
,
ne
avevo
anche
constatate
le
non
rare
eccezioni
.
Eccezioni
morali
,
anzitutto
.
La
folla
è
senza
dubbio
un
terreno
in
cui
il
microbo
del
male
si
sviluppa
assai
facilmente
,
e
in
cui
viceversa
il
microbo
del
bene
quasi
sempre
muore
,
non
trovandovi
le
condizioni
di
vita
.
Da
una
folla
voi
temete
sempre
,
sperate
di
rado
:
tutti
sentono
e
tutti
sanno
,
pur
troppo
,
per
esperienza
,
che
l
'
esempio
di
un
malfattore
o
di
un
pazzo
può
trascinare
la
folla
al
delitto
:
ben
pochi
credono
,
e
raro
avviene
,
che
la
voce
d
'
un
pacificatore
possa
indurre
la
folla
alla
calma
.
L
'
opera
della
folla
fu
nella
storia
più
un
'
opera
di
odio
e
di
distruzione
che
non
di
creazione
e
d
'
amore
,
perché
la
folla
,
organismo
incosciente
e
impulsivo
,
fatalmente
agisce
più
cogli
istinti
del
selvaggio
e
del
bruto
che
non
con
quelli
dell
'
uomo
civile
.
Ma
non
si
può
negare
che
talvolta
la
moltitudine
arriva
ad
altezze
psicologiche
che
l
'
uomo
isolato
non
saprebbe
raggiungere
,
o
manifesta
una
generosità
così
sublime
che
nessun
individuo
potrebbe
spiegare
.
"
Quando
il
più
grande
degli
oratori
riuscì
a
convincere
gli
Ateniesi
che
l
'
uomo
il
quale
aveva
attirato
su
di
essi
dei
disastri
irreparabili
persuadendoli
ad
armarsi
contro
Filippo
,
meritava
non
pene
ma
corone
di
lauro
;
quando
egli
si
gloriò
d
'
aver
salvato
a
Maratona
l
'
onore
del
suo
paese
,
e
persuase
a
dei
bottegai
e
a
degli
artigiani
che
l
'
onore
doveva
esser
loro
più
caro
della
vita
,
si
assistè
quel
giorno
al
più
bel
trionfo
che
la
parola
umana
abbia
mai
riportato
,
e
il
popolo
ateniese
provò
che
una
moltitudine
non
è
sempre
mediocre
e
che
le
grandi
ispirazioni
sanno
trovar
qualche
volta
la
strada
per
penetrare
nella
sua
anima
.
Ogni
cittadino
,
forse
,
isolatamente
,
avrebbe
resistito
all
'
eloquenza
di
Demostene
,
ma
egli
parlava
a
una
folla
,
e
la
folla
si
è
arresa
"
*
.
Così
nella
celebre
notte
del
4
agosto
,
l
'
assemblea
di
Francia
,
facendo
getto
dei
suoi
diritti
ereditari
,
ha
dato
prova
d
'
un
altruismo
collettivo
,
il
cui
equivalente
invano
si
cercherebbe
nella
storia
degli
altruismi
individuali
.
Così
,
la
folla
briaca
dei
parigini
,
all
'
epoca
della
rivoluzione
,
ebbe
dei
lampi
di
dolcezza
sentimentale
in
mezzo
all
'
oscura
bufera
della
sua
ferocia
bestiale
.
Quando
Sombreuil
,
condannato
a
morte
,
apparve
tra
la
fila
delle
baionette
,
e
sua
figlia
gli
si
allacciò
al
collo
,
scongiurando
gli
assassini
di
risparmiarlo
,
o
di
uccidere
anche
lei
insieme
a
lui
,
un
grido
di
grazia
s
'
elevò
tra
la
moltitudine
.
E
si
accordò
alla
figlia
la
vita
del
padre
,
al
patto
orribile
ch
'
ella
immergesse
le
labbra
in
una
tazza
piena
del
sangue
di
aristocratici
.
La
figlia
prese
il
bicchiere
con
mano
ferma
e
lo
vuotò
alla
salute
del
padre
suo
.
Il
gesto
supremo
operò
il
miracolo
.
Vi
sono
delle
sorprese
della
natura
anche
nel
delitto
;
vi
sono
delle
imprevedibili
rivoluzioni
negli
abissi
del
cuore
umano
.
Quei
mostri
,
ancor
tinti
di
sangue
,
portarono
in
trionfo
Sombreuil
e
sua
figlia
fino
al
loro
palazzo
e
giurarono
di
difenderli
contro
ogni
nemico
*
.
Così
-
per
passare
dalle
tragedie
vere
e
vissute
a
quelle
false
e
rappresentate
-
non
si
può
negare
che
nelle
società
più
equivoche
,
nelle
masse
composte
dei
peggiori
elementi
,
c
'
è
un
sentimento
collettivo
di
onestà
e
di
giustizia
che
vince
l
'
istinto
individuale
più
perverso
.
Ricordo
di
aver
letto
l
'
indignazione
che
invase
una
platea
di
forzati
a
una
rappresentazione
concessa
loro
dalla
Direzione
del
penitenziario
,
quando
il
traditore
Golo
fa
uccidere
da
due
sicari
la
pia
e
virtuosa
Genoveffa
di
Brabante
col
suo
bambino
.
Non
c
'
è
quindi
alcun
dubbio
che
pur
dovendo
affermare
in
generale
che
la
folla
è
moralmente
peggiore
dell
'
individuo
,
bisogna
anche
riconoscere
che
talvolta
essa
lo
supera
nell
'
esplicazione
delle
più
alte
facoltà
dell
'
anima
umana
.
La
folla
,
come
la
donna
,
ha
una
psicologia
estrema
,
capace
solo
di
eccessi
,
mirabile
alle
volte
di
abnegazione
,
spaventosa
spesso
di
ferocia
,
mai
o
quasi
mai
mediocre
e
misurata
nei
suoi
sentimenti
.
Orbene
:
potremo
noi
dire
che
la
folla
ha
-
anche
,
nel
campo
intellettuale
-
questo
carattere
estremo
e
contradditorio
;
potremo
noi
dire
che
la
sua
intelligenza
,
come
la
sua
psicologia
,
conosce
altezze
di
vette
o
profondità
di
abissi
ignoti
all
'
individuo
isolato
?
Qui
il
problema
si
fa
più
complesso
e
difficile
.
A
tutta
prima
sembra
che
la
legge
da
me
formulata
e
secondo
la
quale
il
prodotto
intellettuale
d
'
una
collettività
è
sempre
inferiore
a
quello
che
avrebbe
dato
ciascuno
degli
individui
che
la
compongono
,
non
soffra
eccezioni
.
Dodici
uomini
di
buon
senso
,
riuniti
insieme
per
formare
un
giurì
,
emanano
spesso
verdetti
che
non
hanno
senso
comune
.
Dieci
o
venti
artisti
o
scienziati
riuniti
insieme
per
formare
una
Commissione
emanano
spesso
decisioni
contrarie
ai
più
elementari
principî
della
scienza
e
dell
'
arte
.
Centinaia
di
uomini
di
ingegno
riuniti
insieme
per
formare
un
Parlamento
si
comportano
collettivamente
in
modo
da
offrire
spesso
materia
al
disprezzo
o
al
sorriso
più
che
al
rispetto
.
La
compagnia
insomma
,
indebolisce
-
riguardo
al
risultato
complessivo
-
così
la
forza
dell
'
ingegno
,
come
quella
dei
sentimenti
buoni
e
pietosi
.
Con
questa
aggravante
però
,
a
sfavore
del
prodotto
intellettuale
:
che
mentre
la
compagnia
,
se
generalmente
abbassa
il
livello
morale
degli
individui
può
talvolta
,
come
vedemmo
,
per
eccezione
innalzarlo
,
non
può
mai
innalzarne
il
livello
intellettuale
.
La
collettività
cioè
può
essere
qualche
volta
geniale
dal
punto
di
vista
del
sentimento
;
non
può
mai
esserlo
dal
punto
di
vista
del
pensiero
.
Vi
sono
infatti
degli
eroismi
collettivi
ma
non
vi
sono
dei
capolavori
collettivi
.
La
folla
può
arrivare
alle
manifestazioni
supreme
della
virtù
,
ma
non
può
raggiungere
le
manifestazioni
supreme
dell
'
intelligenza
creatrice
.
Noi
non
troviamo
in
nessuna
storia
politica
,
scientifica
,
letteraria
,
l
'
esempio
d
'
una
folla
che
abbia
avuto
-
essa
sola
,
in
un
dato
momento
,
e
senza
che
alcuno
gliela
suggerisse
-
un
'
idea
geniale
.
Chi
potrebbe
citare
un
Consiglio
di
guerra
donde
sia
uscito
un
piano
di
battaglia
paragonabile
a
quelli
di
Napoleone
?
Chi
potrebbe
citare
un
Consiglio
di
ministri
donde
sia
uscita
una
di
quelle
riforme
politiche
che
fanno
la
gloria
di
un
'
epoca
e
che
rendono
celebri
i
nomi
di
un
Machiavelli
,
di
un
Richelieu
e
di
un
Bismarck
?
Chi
potrebbe
citare
un
Congresso
di
scienziati
donde
sia
uscita
una
di
quelle
scoperte
che
mutano
il
mondo
e
che
rendono
immortali
un
Laplace
o
un
Galileo
*
?
Ecco
dunque
perché
i
nemici
della
folla
possono
basare
su
innegabili
ragioni
scientifiche
il
loro
disprezzo
verso
la
moltitudine
.
Questa
non
è
soltanto
composta
generalmente
di
ignoranti
e
di
incompetenti
,
ma
anche
quando
è
formata
da
dotti
e
da
competenti
,
il
suo
prodotto
intellettuale
non
rappresenta
che
il
prodotto
numerico
della
mediocrità
.
Il
fuoco
sacro
del
pensiero
di
genio
non
è
mai
uscito
dall
'
anima
collettiva
:
è
il
dono
esclusivo
del
cervello
individuale
.
III
.
A
questo
punto
però
s
'
impone
un
'
osservazione
di
grandissima
importanza
che
i
più
hanno
trascurato
.
Tutto
ciò
che
noi
abbiamo
detto
intorno
alla
folla
,
si
riferisce
soltanto
al
suo
modo
di
pensare
e
d
'
agire
considerato
dal
punto
di
vista
statico
.
Quando
cioè
noi
constatiamo
che
gli
uomini
riuniti
valgono
sempre
intellettualmente
meno
dell
'
uomo
isolato
,
intendiamo
di
applicare
questo
principio
unicamente
a
quelle
collettività
che
si
formano
più
o
meno
improvvisamente
e
sporadicamente
in
un
dato
momento
,
quali
sono
appunto
:
le
moltitudini
di
piazza
,
i
pubblici
dei
teatri
,
i
giurì
,
le
Commissioni
,
i
Parlamenti
,
ecc
.
;
non
intendiamo
certo
-
e
sarebbe
assurdo
-
di
applicare
questo
stesso
principio
alla
folla
considerata
dal
punto
di
vista
dinamico
,
a
tutta
cioè
la
società
umana
nel
suo
sviluppo
storico
.
È
necessario
dunque
fissare
ben
chiaramente
questa
distinzione
che
per
non
essere
stata
compresa
dai
più
,
ha
dato
luogo
a
moltissimi
equivoci
:
altra
cosa
è
la
psicologia
della
folla
quand
'
essa
agisce
quasi
per
improvvisazione
in
un
dato
e
breve
momento
,
altra
cosa
è
la
psicologia
della
folla
quand
'
essa
agisce
lentamente
nel
corso
dei
secoli
.
Nel
primo
caso
,
le
sue
manifestazioni
sono
sempre
inferiori
a
quelle
dell
'
individuo
:
nel
secondo
caso
invece
,
non
solo
non
sono
sempre
inferiori
,
ma
talvolta
sono
superiori
.
Se
infatti
non
esistono
capolavori
collettivi
sbocciati
quasi
per
miracolo
tutto
a
un
tratto
da
un
'
assemblea
di
uomini
,
esistono
però
delle
meravigliose
opere
create
a
poco
a
poco
coll
'
aiuto
del
tempo
dalla
folla
alle
quali
si
cercherebbe
invano
di
imporre
il
suggello
d
'
un
genio
unico
.
Le
tele
,
le
statue
,
i
poemi
,
alcune
scoperte
scientifiche
,
possono
e
debbono
individualizzarsi
in
un
nome
:
Raffaello
o
Van
Dyck
,
Dante
o
Shakespeare
,
Fidia
o
Michelangelo
,
Keplero
o
Newton
.
Ma
certe
creazioni
complesse
e
nondimeno
d
'
una
immensa
importanza
-
come
per
esempio
la
lingua
e
la
scrittura
-
non
possono
aver
avuto
un
autore
unico
.
Esse
sono
il
risultato
del
lavoro
di
milioni
di
uomini
,
e
nessuno
avrebbe
potuto
compierle
da
solo
,
perché
sorpassano
il
genio
e
la
vita
di
qualsiasi
individuo
.
Esse
sono
un
'
opera
collettiva
,
fluttuante
e
inafferrabile
come
l
'
acqua
d
'
un
fiume
,
e
come
questa
eterna
e
formata
da
un
infinito
numero
di
piccoli
ruscelli
sconosciuti
,
che
pur
tuttavia
producono
,
tutti
insieme
,
un
effetto
colossale
.
È
la
folla
che
ha
saputo
elevare
le
prime
forme
mimiche
e
imitative
della
voce
umana
fino
alla
nostra
straordinaria
ricchezza
di
espressione
;
è
la
folla
che
,
senza
avere
il
sorriso
della
gloria
,
concesso
solo
al
genio
individuale
,
ha
saputo
da
pochi
vocaboli
delle
lingue
primitive
far
uscire
quel
monumento
che
è
l
'
ultimo
dizionario
di
Fluegel
,
contenente
94
mila
parole
.
È
la
folla
che
,
passando
dalla
scrittura
pictografica
alla
scrittura
fonetica
e
alfabetica
ci
ha
permesso
di
scolpire
e
di
dipingere
con
le
gradazioni
più
sottili
i
nostri
sentimenti
e
i
nostri
pensieri
e
di
trasmetterli
alla
posteriorità
con
un
'
esattezza
che
vince
quella
della
fotografia
*
.
E
che
dire
delle
leggende
,
dei
cicli
eroici
che
ogni
popolo
possiede
quando
fa
la
sua
prima
apparizione
sul
palcoscenico
della
storia
?
I
poemi
omerici
della
Grecia
,
le
creazioni
rapsodiche
di
ogni
paese
non
sono
che
lente
formazioni
intellettuali
create
o
trasmesse
dalla
folla
.
Ma
non
basta
.
L
'
intelligenza
della
folla
,
-
latente
e
dispersa
in
un
'
infinità
di
individui
-
ha
anche
altre
manifestazioni
.
La
collettività
precede
spesso
,
quasi
direi
che
annunzia
in
modo
vago
e
indeterminato
la
scoperta
precisa
e
determinata
dell
'
individuo
.
Che
cosa
sono
i
proverbî
,
se
non
l
'
esperienza
incoscientemente
accumulata
dalla
folla
e
sinteticamente
espressa
?
Che
cosa
sono
le
preveggenze
geniali
tanto
comuni
nel
popolo
,
quantunque
tanto
poco
considerate
?
Quando
un
genio
scopre
una
nuova
teoria
scientifica
si
può
dire
ch
'
essa
era
già
stata
intravvista
e
preannunciata
dalla
folla
.
Prima
che
sorgessero
la
grafologia
e
i
grafologi
,
la
scrittura
si
chiamava
carattere
,
quasi
a
significare
il
rapporto
colle
facoltà
morali
della
persona
.
Prima
di
Lister
,
nelle
montagne
della
Calabria
si
guarivano
le
ferite
colla
terebentina
che
sgorga
dalla
scorza
dei
pini
.
Prima
che
Lombroso
avesse
enunciato
la
sua
teoria
della
simbiosi
del
delitto
,
un
fabliau
ne
aveva
avuto
l
'
intuizione
,
raccontando
la
storia
di
un
astrologo
il
quale
,
avendo
letto
negli
astri
che
un
fanciullo
sarebbe
divenuto
un
assassino
,
aveva
consigliato
il
padre
di
questo
fanciullo
di
farne
un
chirurgo
,
per
appagare
così
in
una
maniera
utile
a
lui
e
agli
altri
,
il
suo
istinto
di
crudeltà
*
.
Il
genio
è
dunque
,
sotto
questo
punto
di
vista
,
il
rivelatore
di
verità
che
sonnecchiano
nella
coscienza
di
tutti
;
è
colui
che
trova
la
formula
e
dà
la
dimostrazione
di
ciò
che
l
'
anima
collettiva
ha
soltanto
abbozzato
o
intravvisto
nel
suo
lavoro
oscuro
ed
anonimo
;
è
il
grande
riflettore
ove
convergono
migliaia
e
migliaia
di
raggi
e
donde
la
luce
si
diffonde
con
un
'
intensità
centuplicata
.
I
grandi
uomini
-
diceva
il
Bourdeau
-
non
fanno
che
compiere
una
funzione
sociale
;
essi
si
agitano
,
ma
è
la
folla
che
li
conduce
;
e
nel
destino
misterioso
che
li
innalza
alla
gloria
e
li
fa
ricadere
nel
nulla
non
si
deve
vedere
che
l
'
insieme
delle
volontà
e
delle
aspirazioni
popolari
.
Uomini
politici
,
artisti
e
scienziati
,
essi
credono
di
dirigere
un
popolo
e
di
imporgli
i
propri
gusti
e
le
proprie
idee
;
in
realtà
essi
non
fanno
che
seguire
l
'
impulso
che
viene
a
loro
dal
popolo
.
E
non
soltanto
si
deve
riconoscere
che
ogni
collettività
crea
il
suo
genio
,
come
ogni
sentimento
crea
la
sua
espressione
e
come
ogni
idea
confusa
e
diffusa
si
riassume
in
un
simbolo
;
ma
bisogna
altresì
riconoscere
che
la
collettività
corregge
,
sviluppa
ed
eleva
le
conquiste
del
pensiero
e
del
sentimento
fatte
dal
genio
individuale
.
Il
genio
è
il
presente
,
vale
a
dire
il
figlio
del
passato
,
del
lavoro
oscuro
e
collettivo
di
tutta
l
'
umanità
;
ma
appunto
come
il
presente
,
è
non
soltanto
il
figlio
del
passato
,
ma
altresì
il
padre
dell
'
avvenire
;
e
perciò
,
come
tutti
i
padri
,
deve
sottomettersi
alla
fatalità
evoluzionista
che
farà
giudicare
e
modificare
le
sue
idee
e
le
sue
conquiste
dalla
folla
dei
suoi
discendenti
.
Ed
ecco
che
da
queste
semplici
osservazioni
mi
pare
scaturisca
limpidamente
una
conclusione
che
non
è
né
incerta
né
contradittoria
come
le
premesse
avrebbero
potuto
lasciar
supporre
:
la
folla
,
che
è
inferiore
all
'
individuo
nel
momento
statico
in
cui
questi
enuncia
le
sue
idee
o
mette
in
azione
le
sue
energie
volitive
,
è
viceversa
utile
e
necessaria
all
'
individuo
,
non
solo
nel
passato
per
formarlo
,
ma
anche
nell
'
avvenire
per
correggere
e
migliorare
le
sue
idee
e
le
sue
azioni
.
Io
direi
volentieri
-
e
mi
si
perdonerà
il
paragone
-
che
la
collettività
ha
nella
storia
la
identica
funzione
che
ha
la
semente
nella
vita
vegetativa
:
essa
produce
dei
frutti
meravigliosi
,
i
genii
;
quando
questi
frutti
imbalsamano
l
'
atmosfera
,
voi
dovete
riconoscere
che
nulla
li
uguaglia
né
per
il
sapore
,
né
per
l
'
odore
,
né
per
la
bellezza
:
la
semente
è
,
in
questo
minuto
,
innegabilmente
inferiore
al
suo
prodotto
:
ma
nel
cielo
della
vita
voi
dovete
riconoscere
che
questi
frutti
sono
molto
inferiori
alla
semente
,
perché
essi
non
esisterebbero
senza
questa
,
e
perché
,
se
la
terra
non
fecondasse
i
germi
che
portano
in
loro
stessi
,
la
loro
magnificenza
sarebbe
inutile
,
come
sarebbe
inutile
l
'
opera
del
genio
,
se
la
folla
non
ne
fecondasse
i
pensieri
.
IV
.
E
mi
pare
anche
che
tale
conclusione
apra
la
via
ad
illuminare
il
problema
dei
rapporti
fra
l
'
arte
e
la
folla
,
e
,
più
che
ad
illuminare
,
a
comporre
il
dissidio
tra
questi
due
termini
che
paion
oggi
tra
loro
opposti
ed
inconciliabili
.
Questo
dissidio
non
è
già
-
come
sembra
superficialmente
-
una
questione
fra
l
'
artista
e
il
pubblico
,
un
duello
fra
l
'
uno
e
i
molti
:
è
soltanto
,
ridotto
nei
suoi
veri
termini
,
una
questione
di
tempo
.
L
'
artista
,
infatti
,
può
ribellarsi
al
giudizio
della
folla
contemporanea
,
ma
non
può
ribellarsi
al
giudizio
della
folla
dei
posteri
:
egli
può
spregiare
la
moltitudine
in
mezzo
alla
quale
vive
:
non
può
spregiare
la
moltitudine
che
verrà
dopo
di
lui
.
Nel
mondo
non
vi
è
e
non
vi
può
essere
altro
criterio
per
giudicare
qualsiasi
manifestazione
intellettuale
che
l
'
adesione
dei
più
:
adesione
senza
dubbio
lenta
e
lontana
anziché
immediata
,
ma
che
rispecchia
tuttavia
un
giudizio
collettivo
,
un
giudizio
della
folla
.
E
nessun
uomo
potrebbe
pretendere
d
'
essere
un
genio
,
se
i
suoi
successori
non
lo
riconoscessero
come
tale
,
perché
la
sua
superbia
sarebbe
vana
e
risibile
quando
i
posteri
coprissero
il
suo
nome
di
silenzio
e
di
oblìo
.
Nel
campo
della
scienza
e
dell
'
arte
non
vige
il
sistema
dispotico
che
aveva
vigore
in
altri
tempi
nel
campo
politico
:
non
si
può
cioè
crearsi
principî
a
dispetto
e
contro
il
volere
della
maggioranza
.
Nel
campo
della
scienza
e
dell
'
arte
vige
il
sistema
dei
plebisciti
,
plebisciti
tanto
più
sinceri
e
coscienti
in
quanto
che
,
essendo
promulgati
dai
posteri
,
escludono
ogni
sospetto
di
corruzione
e
di
suggestione
.
E
se
,
come
io
penso
,
questa
è
una
verità
di
evidenza
assiomatica
,
confesso
che
mi
è
sempre
parso
,
non
solo
ingiusto
,
ma
strano
,
che
l
'
artista
,
per
il
solo
fatto
che
la
folla
non
sa
di
primo
acchito
interpretarlo
e
comprenderlo
,
lanci
contro
di
essa
gli
anatemi
e
le
scomuniche
della
superbia
.
Sì
,
lo
riconosciamo
.
Il
pubblico
molto
spesso
non
intende
l
'
opera
d
'
arte
che
è
chiamato
a
giudicare
:
fischiò
Rossini
alla
prima
rappresentazione
del
Barbiere
di
Siviglia
,
e
ha
fischiato
Wagner
a
quasi
tutte
le
manifestazioni
del
suo
straordinario
genio
musicale
:
lasciò
passare
sotto
silenzio
o
ferocemente
combatté
sulle
prime
,
altre
opere
di
pittura
,
di
scultura
o
di
letteratura
,
che
rimasero
poi
come
gemme
di
eterno
splendore
nell
'
arte
.
Ebbene
,
anche
ammettendo
tutto
ciò
,
e
anche
tralasciando
di
notare
che
talvolta
,
vicino
ai
verdetti
assurdi
della
folla
,
vi
sono
i
verdetti
logici
e
giusti
,
io
voglio
soltanto
chiedere
agli
artisti
superbi
:
perché
voi
soli
vi
inalberate
davanti
alla
lentezza
che
la
folla
adopera
per
comprendervi
,
mentre
questa
lentezza
dell
'
animo
collettivo
verso
le
intuizioni
del
genio
individuale
è
una
fatale
e
anche
una
benefica
necessità
,
non
solo
per
quanto
riguarda
l
'
arte
,
ma
per
tutte
le
manifestazioni
intellettuali
?
Anche
nella
scienza
,
anche
nella
politica
,
in
qualunque
ramo
dell
'
attività
umana
,
non
si
è
mai
visto
-
o
si
è
visto
assai
raramente
per
una
di
quelle
eccezioni
che
confermano
la
regola
-
che
il
pubblico
,
che
la
folla
,
abbraccino
d
'
un
subito
,
d
'
emblée
,
la
nuova
idea
che
qualche
veggente
ha
annunziato
o
la
nuova
scoperta
che
è
stata
fatta
da
qualche
genio
individuale
.
Napoleone
sorrise
quando
gli
fu
presentato
e
descritto
il
modello
di
una
nave
a
vapore
:
Thiers
affermò
in
pieno
Parlamento
francese
che
la
trazione
a
vapore
e
le
strade
ferrate
erano
un
'
utopia
,
e
che
il
mondo
non
avrebbe
avuto
mai
altro
mezzo
di
comunicazione
che
la
diligenza
a
cavalli
;
Aristotile
non
ammetteva
che
gli
uomini
nascessero
uguali
,
e
credeva
che
vi
sarebbe
sempre
stata
la
divisione
fra
liberi
e
schiavi
.
Eppure
nessuno
-
io
credo
e
spero
-
vorrà
dare
del
mediocre
a
Napoleone
,
a
Thiers
e
ad
Aristotile
.
E
perché
dunque
gli
artisti
-
pittori
,
scultori
,
o
letterati
-
si
arrogano
il
diritto
di
coprire
dei
loro
insulti
coloro
che
non
ammirano
subito
le
loro
opere
e
non
vanno
in
estasi
al
primo
momento
in
cui
le
vedono
,
le
leggono
o
le
odono
?
Perché
-
sotto
pena
d
'
esser
trattata
di
ignorante
-
la
folla
deve
avere
dinanzi
a
un
'
opera
di
Wagner
quella
celerità
d
'
intuizione
che
Napoleone
e
Thiers
non
ebbero
dinanzi
alla
scoperta
di
Watt
?
La
verità
è
che
qualunque
idea
,
prima
di
riuscir
vittoriosa
,
deve
attraversare
un
periodo
di
lotta
e
di
avversità
.
Lo
sanno
tutti
coloro
che
hanno
lottato
in
politica
per
il
raggiungimento
d
'
un
ideale
:
lo
sanno
tutti
coloro
che
hanno
lottato
nella
scienza
per
la
conquista
di
una
parte
di
quell
'
inconoscibile
che
è
ancora
infinito
.
Eppure
nel
periodo
di
lotta
,
né
gli
apostoli
e
i
martiri
,
né
gli
scienziati
,
osarono
trarre
dall
'
opposizione
che
trovarono
nell
'
ambiente
che
li
circondava
ragione
di
insultante
disprezzo
verso
la
folla
,
la
quale
non
sapeva
e
non
poteva
a
tutta
prima
comprenderli
.
Più
modesti
,
appunto
perché
più
forti
e
più
degni
,
di
certi
superbi
artisti
moderni
,
essi
intendevano
che
nella
folla
l
'
effetto
d
'
un
'
idea
o
d
'
una
immagine
non
può
sempre
ottenersi
immediatamente
,
come
scintilla
che
si
sprigioni
da
un
attrito
improvviso
,
ma
deve
propagarsi
a
poco
a
poco
come
quando
si
getta
un
sasso
nell
'
acqua
e
le
onde
si
formano
sempre
più
grandi
e
più
lontane
fino
alla
riva
.
Essi
intendevano
che
le
abitudini
ereditarie
e
il
misoneismo
-
assai
più
che
l
'
ignoranza
o
il
cervello
ristretto
-
impediscono
al
pubblico
di
far
buon
viso
alla
novità
che
s
'
annuncia
e
che
lo
turba
per
un
senso
indefinibile
che
è
di
sorpresa
e
di
paura
insieme
.
E
aspettavano
pazienti
dal
tempo
quell
'
applauso
e
quell
'
adesione
che
i
contemporanei
negavan
loro
,
senza
per
questo
bollare
di
incapacità
e
di
idiozia
-
come
ora
pare
che
s
'
usi
-
coloro
che
non
li
comprendevano
.
Ripetiamolo
dunque
ancora
una
volta
:
non
si
può
pretendere
dalla
folla
una
grande
celerità
di
intuizione
davanti
a
un
'
opera
d
'
arte
,
e
non
si
deve
-
per
questa
mancanza
di
celerità
-
insultarla
.
Anche
l
'
uomo
isolato
non
possiede
sempre
questa
celerità
d
'
intuizione
davanti
alle
opere
d
'
arte
o
ad
altre
manifestazioni
intellettuali
o
ad
altri
problemi
.
Non
tutti
i
poeti
sono
estemporanei
,
non
tutti
gli
uomini
di
ingegno
sono
oratori
improvvisati
:
ma
non
per
questo
si
potrà
disprezzare
chi
manca
di
queste
facoltà
d
'
improvvisazione
.
Anzi
,
forse
il
vero
poeta
,
come
il
vero
scienziato
,
coloro
cioè
che
resteranno
nella
storia
per
opere
eterne
,
sono
appunto
quelli
che
mancano
di
queste
doti
appariscenti
e
suggestive
.
Orbene
,
la
folla
è
,
nella
sua
immensa
anima
collettiva
,
come
uno
di
quegli
individui
il
cui
ingegno
non
sa
manifestarsi
istantaneamente
e
che
,
colto
all
'
improvviso
,
fa
una
figura
minore
di
quella
che
merita
,
ma
che
viceversa
-
se
gli
lasciate
il
tempo
e
la
riflessione
-
sa
darvi
il
capolavoro
.
Gli
è
perciò
che
invece
dell
'
antitesi
che
una
gran
parte
di
individui
superiori
sentono
fra
essi
e
la
folla
,
invece
del
disprezzo
con
cui
la
coprono
,
quasi
essa
non
fosse
che
il
corpus
vile
su
cui
i
genii
possono
tentare
,
come
i
medici
negli
ospedali
,
le
loro
esperienze
,
io
vorrei
si
sviluppasse
tra
gli
artisti
e
la
folla
un
sentimento
di
amore
e
di
solidarietà
.
Sentimento
di
solidarietà
che
produrrebbe
,
anziché
la
mala
pianta
d
'
uno
sterile
orgoglio
,
una
modestia
feconda
,
insegnando
che
,
come
il
pensiero
non
è
che
l
'
opera
misteriosa
di
migliaia
di
cellule
celebrali
,
ciascuna
delle
quali
isolata
nulla
potrebbe
,
così
l
'
artista
geniale
e
l
'
opera
sua
non
sono
che
la
risultante
individuale
e
simbolica
del
lavoro
collettivo
di
milioni
di
uomini
,
ciascuno
dei
quali
,
isolato
,
non
potrebbe
né
pensare
,
né
agire
,
né
vivere
.
Sentimento
di
solidarietà
,
che
fugherebbe
la
nera
nube
del
pessimismo
contemporaneo
,
per
cui
da
certi
superuomini
si
disprezza
la
folla
come
un
'
accozzaglia
di
bruti
,
indegna
persino
di
ricevere
il
dono
di
un
'
opera
d
'
arte
,
e
svilupperebbe
invece
la
luce
limpida
e
ferma
di
un
sano
ottimismo
,
in
nome
del
quale
si
sentirebbe
il
fraterno
dovere
di
lavorare
per
l
'
elevazione
intellettuale
e
per
la
redenzione
morale
di
questa
folla
.
Ah
!
io
non
so
come
vi
possano
essere
ancora
taluni
scettici
e
pessimisti
i
quali
sostengono
che
la
vita
non
vale
la
pena
d
'
esser
vissuta
,
giacché
l
'
uomo
di
genio
non
è
compreso
,
e
l
'
uomo
onesto
è
sopraffatto
dal
furbo
.
Ma
questo
è
un
calcolo
miope
e
utilitario
!
E
chi
lo
fa
non
può
essere
che
un
perverso
o
un
ammalato
.
Vi
sono
tante
miserie
,
tanti
dolori
,
tante
ignoranze
,
e
non
si
sente
che
solo
per
la
divina
poesia
di
alleviare
una
di
queste
miserie
o
uno
di
questi
dolori
,
per
combattere
una
sola
di
queste
ignoranze
,
varrebbe
la
pena
di
vivere
?
E
deve
essere
l
'
arte
,
e
devon
esser
gli
artisti
che
dànno
questo
triste
esempio
di
superbia
e
di
egoismo
,
spregiando
la
folla
e
allontanandosi
da
lei
come
da
un
ambiente
mefitico
?
No
.
Dal
campo
sereno
dell
'
arte
deve
venire
e
verrà
-
io
ne
son
certo
-
ben
altro
esempio
.
Gli
artisti
,
questi
milionari
dell
'
ingegno
,
non
devono
imitare
certi
milionari
del
danaro
che
tengon
tutte
le
loro
ricchezze
per
sé
e
sprezzano
chi
non
ne
possiede
di
equivalenti
.
Essi
devono
riconoscere
,
anzitutto
,
che
la
loro
ricchezza
,
il
genio
,
è
come
l
'
oro
del
capitalista
,
il
frutto
del
lavoro
incosciente
ed
ereditario
di
migliaia
e
migliaia
di
uomini
e
non
un
loro
esclusivo
merito
personale
:
devono
sentire
inoltre
che
il
loro
dovere
è
di
gettare
questa
ricchezza
nel
crogiuolo
dell
'
anima
collettiva
per
farla
feconda
,
come
il
dovere
del
ricco
è
rimettere
il
suo
oro
in
circolazione
,
per
aumentare
la
prosperità
di
un
paese
.
Che
importa
se
sulle
prime
non
saranno
compresi
,
come
il
ricco
che
dispensa
il
suo
danaro
raccoglie
sulle
prime
,
non
riconoscenza
,
ma
ingratitudine
?
La
riconoscenza
,
che
è
rara
nell
'
individuo
,
è
sempre
sicura
quantunque
assai
lenta
,
nella
folla
,
ed
ha
un
nome
dinanzi
al
quale
il
più
rigido
degli
aristocratici
,
il
più
logico
degli
individualisti
,
e
il
più
superbo
degli
artisti
si
deve
inchinare
,
perché
si
chiama
la
Gloria
.
CAPITOLO
TERZO
La
folla
e
Gabriele
D
'
Annunzio
Se
ci
pungesse
il
desiderio
di
estrarre
dalle
opere
dei
grandi
autori
le
pagine
che
essi
scrissero
per
insultare
e
per
diffamare
la
folla
,
noi
compiremmo
un
'
opera
molto
lunga
e
forse
vana
di
erudizione
.
La
folla
è
sempre
stata
nella
letteratura
un
oggetto
di
dispregio
e
contro
di
essa
furono
scagliati
sempre
dalla
superbia
degli
individui
gli
strali
della
più
rovente
ironia
.
Pure
in
questo
odio
-
come
forse
in
tutti
gli
odî
-
non
era
che
una
trasformazione
di
un
inconfessato
amore
e
di
un
desiderio
inconscio
.
Della
moltitudine
esecrata
,
anche
il
più
egoarchico
degli
autori
ambiva
l
'
applauso
:
della
plebe
diffamata
anche
il
più
aristocratico
degli
uomini
non
sdegnava
il
suffragio
.
E
una
intima
contraddizione
annullava
quindi
il
valore
di
certe
pagine
,
dettate
dall
'
orgoglio
e
rinnegate
dalla
vanità
.
Vorrei
dire
,
se
la
similitudine
non
sembrasse
azzardata
,
che
l
'
attitudine
di
molti
letterati
verso
la
folla
fu
eguale
a
quella
di
molti
filosofi
verso
la
donna
.
Teoricamente
gli
uni
e
gli
altri
dimostravano
un
disprezzo
che
in
pratica
si
risolveva
in
un
desiderio
.
La
folla
e
la
donna
sono
le
due
più
grandi
incognite
psicologiche
che
abbiano
affaticato
il
cervello
e
turbato
i
sensi
dell
'
uomo
.
Sono
le
due
sfingi
che
hanno
proposto
sempre
i
più
insolubili
enigmi
.
E
spesso
il
non
saper
risolvere
questi
enigmi
persuadeva
,
per
vendetta
,
all
'
ingiuria
contro
la
sfinge
.
L
'
individuo
è
,
di
fronte
alla
folla
,
nella
stessa
condizione
psicologica
dell
'
amante
dinanzi
all
'
amata
:
egli
è
dominato
da
un
tumulto
di
sensazioni
varie
e
contradditorie
che
possono
però
riassumersi
tutte
in
questa
nota
fondamentale
:
il
desiderio
del
possesso
e
della
conquista
.
L
'
amore
e
l
'
ambizione
non
hanno
altro
scopo
:
possedere
una
donna
,
conquistare
una
moltitudine
.
E
come
,
in
ultima
analisi
,
due
amanti
non
sono
che
due
avversarî
inconsci
dalla
cui
lotta
esce
,
risultato
fisiologicamente
fecondo
,
l
'
amore
,
così
l
'
individuo
e
la
folla
non
sono
che
due
nemici
fatali
dalla
cui
antitesi
esce
,
risultato
socialmente
fecondo
,
il
progresso
.
La
vita
è
sempre
e
soltanto
un
duello
;
o
tra
due
individui
,
o
tra
un
individuo
e
la
moltitudine
.
Forse
colui
che
intuì
più
profondamente
e
più
genialmente
questa
condizione
necessaria
della
vita
,
colui
che
ebbe
la
più
esatta
visione
della
psicologia
amorosa
come
della
psicologia
collettiva
,
fu
Gabriele
D
'
Annunzio
.
Nell
'
opera
del
poeta
io
ho
visto
balenare
quella
verità
scientifica
che
mi
affatico
modestamente
da
tempo
a
mettere
in
luce
.
Altrove
*
ho
già
cercato
di
dimostrare
che
la
Nave
è
-
prescindendo
dai
meriti
letterarî
e
teatrali
della
tragedia
-
una
mirabile
ricostruzione
di
psicologia
collettiva
primitiva
,
perché
l
'
anima
della
folla
barbara
vi
palpita
e
freme
come
in
pochissime
altre
opere
d
'
arte
.
Ma
non
una
sola
tragedia
Gabriele
D
'
Annunzio
intendeva
dedicare
al
mistero
dell
'
anima
collettiva
.
Quando
apparve
la
Nave
,
io
mi
risovvenni
che
alcuni
anni
innanzi
il
poeta
aveva
annunziato
fra
le
sue
prossime
opere
una
che
portava
il
titolo
:
La
tragedia
della
folla
,
e
gli
scrissi
chiedendogli
se
per
avventura
la
Nave
non
fosse
,
sotto
altro
titolo
,
la
stessa
cosa
della
Tragedia
della
folla
.
Egli
rispose
così
:
"
Nella
Tragedia
della
folla
intendevo
di
rappresentare
per
cinque
episodi
i
vasti
movimenti
dell
'
anima
innumerevole
.
I
titoli
degli
episodi
basteranno
forse
a
darle
un
'
idea
chiara
del
mio
intendimento
:
la
Fame
,
la
Pestilenza
,
la
Paura
,
la
Ribellione
,
la
Vittoria
.
Ciascun
episodio
si
svolgeva
fra
il
Protagonista
e
la
Folla
.
I
protagonisti
erano
:
un
Condottiere
,
un
Santo
,
una
Sibilla
,
un
Tribuno
,
un
Messo
:
tipi
di
grande
potenza
ideale
,
ora
dominatori
,
ora
inspiratori
,
ora
travolti
:
una
voce
e
un
cuore
contro
mille
e
mille
voci
,
contro
mille
e
mille
cuori
.
La
rappresentazione
doveva
esser
fatta
"
sotto
la
specie
dell
'
eterno
"
.
Difficile
era
il
còmpito
.
Ma
quale
ebbrezza
scrivere
un
poema
per
grande
orchestra
!
La
mancanza
dell
'
orchestra
(
cioè
degli
esecutori
)
e
del
teatro
adatto
mi
sconfidò
.
Una
parte
dei
miei
studî
e
delle
mie
divinazioni
passò
in
certe
scene
della
Nave
"
.
Appare
chiaro
,
dunque
,
che
non
per
una
fuggevole
inspirazione
,
ma
per
meditato
proposito
Gabriele
D
'
Annunzio
volle
studiare
e
studiò
"
i
vasti
movimenti
dell
'
anima
innumerevole
"
.
Appare
chiaro
,
altresì
,
che
egli
intese
appunto
la
psicologia
collettiva
come
un
duello
fra
il
Protagonista
e
la
Folla
.
Nella
Nave
non
è
che
un
frammento
di
quest
'
opera
vasta
,
non
è
che
un
episodio
di
questa
storia
.
Ma
frammento
ed
episodio
bastano
a
far
intendere
il
concetto
dell
'
autore
.
Diceva
Baudelaire
che
fra
tutti
i
diritti
di
cui
troppo
si
parla
uno
ve
n
'
è
che
è
stato
dimenticato
e
alla
dimostrazione
del
quale
ognuno
è
interessato
:
il
diritto
di
contraddirsi
.
Gabriele
D
'
Annunzio
ha
molto
usufruito
di
questo
diritto
.
Credo
,
del
resto
,
non
esista
opera
di
scrittore
nella
quale
non
sia
facile
cogliere
numerose
contraddizioni
.
Confrontando
le
Vergini
delle
Rocce
col
Fuoco
-
i
due
romanzi
ove
il
poeta
meglio
e
maggiormente
analizza
dal
lato
politico
-
filosofico
e
dal
lato
estetico
-
psicologico
l
'
anima
collettiva
-
noi
potremmo
comporre
un
'
antologia
di
pagine
ugualmente
belle
ma
il
cui
significato
è
perfettamente
contrario
.
Nelle
Vergini
delle
Rocce
,
-
opera
compiuta
dopo
un
periodo
di
vita
romana
,
durante
il
quale
le
bassezze
e
le
viltà
del
mondo
affaristico
-
parlamentare
avevano
determinato
nel
poeta
una
reazione
ultra
-
aristocratica
,
-
la
folla
è
il
bersaglio
di
tutte
le
critiche
,
di
tutte
le
ironie
,
di
tutto
il
profondo
disprezzo
del
superuomo
nauseato
dalla
indegna
democrazia
invadente
.
Nel
Fuoco
-
opera
compiuta
sotto
l
'
inspirazione
di
una
attrice
grandissima
"
che
pareva
portare
nelle
pieghe
delle
sue
vesti
raccolta
e
muta
la
frenesia
delle
moltitudini
lontane
da
cui
ella
aveva
sollevato
il
brivido
fulmineo
e
divino
dell
'
arte
con
un
grido
di
passione
e
con
un
silenzio
di
morte
"
,
-
nel
Fuoco
il
poeta
intese
,
per
virtù
dell
'
inspiratrice
,
che
cosa
veramente
fosse
la
folla
...
Non
già
che
mutasse
o
dovesse
mutare
il
giudizio
politico
intorno
alla
moltitudine
.
Credo
che
Gabriele
D
'
Annunzio
,
malgrado
sia
stato
deputato
,
giudichi
ancora
i
suoi
ex
-
colleghi
come
li
giudicava
nelle
Vergini
delle
Rocce
(
pag
.
69
)
:
-
"
gli
stallieri
della
Gran
Bestia
vociferanti
nell
'
Assemblea
"
;
e
credo
ch
'
egli
abbia
ancor
fede
in
questo
assurdo
assolutista
:
"
essere
lo
Stato
eretto
sulle
basi
del
suffragio
e
dell
'
eguaglianza
,
una
costruzione
ignobile
e
anche
precaria
"
(
pag
.
73
)
.
Ma
è
mutata
-
dalle
Vergini
al
Fuoco
-
la
concezione
psicologica
ed
estetica
della
folla
.
Ciò
che
egli
riteneva
sterile
,
diventa
fecondo
.
Il
contatto
colla
moltitudine
ch
'
egli
insultava
come
una
degradazione
,
diventa
invece
un
'
elevazione
per
l
'
individuo
.
Egli
comprende
cioè
che
non
solo
l
'
individuo
non
s
'
abbassa
a
comunicar
colla
folla
,
ma
riceve
anzi
da
questa
sensazioni
e
pensieri
che
nel
suo
cuore
e
nel
suo
cervello
solitari
non
sarebbero
sorti
mai
;
sente
insomma
aumentarsi
,
al
contatto
dell
'
anima
collettiva
,
il
vigore
e
il
valore
della
sua
cenestesi
.
Nelle
Vergini
delle
Rocce
,
questo
era
il
vangelo
dell
'
Ammonitore
:
-
"
A
giudicarne
dalla
qualità
dei
tuoi
pensieri
,
tu
sembri
contaminato
dalla
folla
o
preso
da
una
femmina
.
Per
aver
attraversato
la
folla
che
ti
guardava
,
ecco
,
tu
già
ti
senti
diminuito
dinnanzi
a
te
medesimo
.
Non
vedi
tu
gli
uomini
che
la
frequentano
divenire
infecondi
come
i
muli
?
Lo
sguardo
della
folla
è
peggio
che
un
getto
di
fango
:
il
suo
alito
è
pestifero
.
Vattene
lontano
mentre
la
cloaca
si
scarica
"
(
pag
.
98
)
.
Nel
Fuoco
,
il
vangelo
è
profondamente
diverso
.
Gabriele
D
'
Annunzio
,
che
aveva
rovesciato
tutta
la
dovizia
dei
suoi
più
insultanti
aggettivi
addosso
alla
plebe
,
ne
riconosce
l
'
oscura
potenza
animatrice
,
e
scrive
ripetendo
la
verità
profonda
enunciata
da
Riccardo
Wagner
:
"
il
solo
creatore
dell
'
opera
d
'
arte
è
il
popolo
e
l
'
artista
può
soltanto
cogliere
ed
esprimere
la
creazione
del
popolo
inconsapevole
"
.
Quale
abisso
tra
questa
doverosa
constatazione
e
le
pagine
delle
Vergini
delle
Rocce
,
ove
il
popolo
non
era
che
un
gregge
imbelle
e
idiota
contro
cui
non
potevansi
e
non
dovevansi
adoperare
che
fruste
sibilanti
!
Ma
l
'
ammenda
migliore
che
il
poeta
fa
delle
antiche
sue
teorie
è
in
questa
pagina
,
della
quale
non
ne
conosco
una
psicologicamente
più
bella
:
-
"
...
il
sentimento
straordinario
di
cui
egli
(
Stelio
Effrena
)
erasi
stupito
quando
dal
trono
dei
Dogi
parlava
alla
folla
,
tornò
ad
occuparlo
.
Nella
comunione
tra
la
sua
anima
e
l
'
anima
della
folla
un
mistero
era
sopravvenuto
,
quasi
divino
:
qualche
cosa
di
più
grande
e
di
più
forte
erasi
aggiunto
al
sentimento
ch
'
egli
aveva
della
sua
persona
consueta
;
un
ignoto
potere
era
parso
convergere
in
lui
,
abolendo
i
confini
della
persona
particolare
e
conferendo
alla
voce
solitaria
la
concordia
di
un
coro
.
V
'
era
dunque
nella
moltitudine
una
bellezza
riposta
donde
il
poeta
e
l
'
eroe
soltanto
poteano
trarre
baleni
.
Quando
quella
bellezza
si
rivelava
per
l
'
improvviso
clamore
alzato
nel
teatro
o
sulla
piazza
pubblica
o
sulla
trincea
,
allora
un
torrente
di
gioia
gonfiava
il
cuore
di
colui
che
aveva
saputo
suscitarla
col
verso
,
con
l
'
arringa
,
col
segno
della
spada
.
La
parola
del
poeta
comunicata
alla
folla
era
dunque
un
atto
,
come
il
gesto
dell
'
eroe
.
Era
un
atto
che
creava
dall
'
oscurità
dell
'
anima
innumerevole
un
'
istantanea
bellezza
,
come
uno
statuario
portentoso
potrebbe
da
una
mole
d
'
argilla
trarre
con
un
sol
tocco
del
suo
pollice
plastico
una
statua
divina
"
.
Or
dunque
:
quella
moltitudine
che
nelle
Vergini
delle
Rocce
era
definita
"
una
cloaca
"
e
rendeva
gli
uomini
"
infecondi
come
i
muli
"
,
nel
Fuoco
diventa
una
miniera
"
che
possiede
una
sua
bellezza
riposta
"
e
che
suscita
nell
'
individuo
l
'
impulso
fecondo
per
creare
statue
divine
...
Riconoscere
che
nella
moltitudine
è
questo
inconscio
potere
:
confessare
che
essa
è
necessaria
al
genio
come
la
terra
al
seme
,
come
la
donna
all
'
uomo
,
per
creare
:
rispettarla
come
la
collaboratrice
anonima
e
oscura
di
ogni
cosa
grande
e
bella
che
sia
apparsa
nel
mondo
,
-
ecco
ciò
che
Gabriele
D
'
Annunzio
afferma
nella
sua
lucida
prosa
meravigliosa
.
Ed
ecco
ciò
che
io
volevo
constatare
.
Null
'
altro
.
CAPITOLO
QUARTO
L
'
opinione
pubblica
Che
cosa
è
la
pubblica
opinione
?
Tutti
,
nominandola
,
si
illudono
di
sapere
che
cosa
sia
;
in
realtà
nessuno
saprebbe
-
e
forse
potrebbe
-
definirla
esattamente
.
È
,
nel
mondo
,
quello
che
è
Dio
in
cielo
:
un
giudice
invisibile
impersonale
e
temuto
;
è
,
come
la
religione
,
una
potenza
arcana
,
in
nome
della
quale
si
sono
compiuti
i
più
sublimi
eroismi
e
le
più
abbiette
iniquità
;
è
,
come
la
legge
,
invocata
e
interpretata
,
a
torto
o
a
ragione
,
in
ogni
momento
della
vita
;
è
,
come
la
forza
,
sostenitrice
a
volte
del
diritto
,
più
spesso
dell
'
errore
;
è
,
infine
,
come
una
bandiera
,
disposta
a
volgersi
sempre
dalla
parte
donde
spira
il
vento
.
E
se
si
volesse
azzardare
su
di
essa
una
definizione
,
non
si
potrebbe
che
applicarle
la
frase
ironica
che
Pauline
de
Grandpré
applicava
alla
donna
:
on
peut
dire
sur
son
compte
tout
ce
qu
'
on
voudra
,
on
trouvera
toujours
une
raison
.
Forse
è
per
questo
suo
carattere
indefinibile
che
la
pubblica
opinione
è
stata
finora
così
poco
studiata
.
Essa
è
,
socialmente
,
un
fenomeno
inafferrabile
,
direi
quasi
-
se
la
parola
non
facesse
sorridere
-
che
è
psicologicamente
un
'
anguilla
,
poiché
quando
credete
di
averla
presa
vi
sfugge
da
tutte
le
parti
.
Quali
sono
le
cause
che
la
producono
?
Quali
le
leggi
che
la
governano
?
E
,
anzitutto
,
di
chi
e
di
quanti
è
composta
?
A
queste
domande
noi
tenteremo
rispondere
.
I
.
Ruggero
Bonghi
,
in
un
memorabile
discorso
tenuto
alla
Camera
nel
1873
,
cercò
di
mettere
a
questo
studio
un
principio
d
'
ordine
,
scrivendo
:
"
Non
bisogna
credere
o
fingere
di
credere
che
ogni
manifestazione
di
animo
esprima
davvero
una
pubblica
opinione
.
L
'
opinione
pubblica
per
avere
autorità
deve
essere
vera
,
certa
,
ed
avere
fondamento
sul
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
"
.
Parole
d
'
oro
,
ma
parole
vane
.
È
sempre
possibile
-
in
pratica
-
distinguere
la
vera
opinione
pubblica
definita
dal
Bonghi
,
da
quella
che
manca
dei
caratteri
che
egli
ritiene
necessarii
a
formarla
?
Chi
,
e
dove
sarà
il
giudice
supremo
il
quale
sentenzierà
,
volta
per
volta
,
che
una
data
corrente
dello
spirito
pubblico
merita
o
non
merita
il
nome
di
pubblica
opinione
?
Con
qual
mezzo
aritmetico
si
potrà
sicuramente
affermare
che
la
maggioranza
pensa
in
un
dato
modo
,
e
con
qual
criterio
sociologico
si
potranno
sicuramente
distinguere
le
menti
colte
di
un
paese
dalle
menti
incolte
?
E
dato
anche
,
per
una
ipotesi
inverosimile
,
che
questa
difficilissima
operazione
di
matematica
psicologica
fosse
possibile
,
quale
ne
sarebbe
praticamente
il
frutto
?
Vi
sono
molti
casi
in
cui
è
notorio
che
l
'
opinione
pubblica
prevalente
non
è
fondata
sul
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
;
e
si
può
forse
,
per
questo
,
non
tener
conto
di
quella
opinione
?
Individui
o
collettività
,
sudditi
o
governanti
,
tutti
siamo
spesse
volte
in
balìa
della
cosidetta
opinione
pubblica
,
qualunque
essa
sia
e
in
qualunque
modo
si
sia
formata
.
Pretendere
che
si
cerchi
se
essa
rappresenta
davvero
la
maggioranza
delle
persone
colte
,
è
una
ingenuità
:
la
si
teme
o
la
si
segue
anche
avendo
la
certezza
che
essa
non
possiede
i
caratteri
di
cui
Ruggero
Bonghi
la
voleva
fornita
;
e
i
governi
se
ne
devono
preoccupare
,
venga
essa
dall
'
ignoranza
di
migliaia
di
contadini
,
o
dall
'
intelligenza
di
alcune
personalità
superiori
.
Prendiamo
due
esami
relativamente
recenti
,
per
spiegar
meglio
il
nostro
pensiero
.
Dopo
il
disastro
di
Adua
si
manifestò
in
Italia
un
'
opinione
pubblica
sul
nuovo
indirizzo
da
dare
alla
nostra
politica
in
Africa
,
che
portò
all
Ministero
,
con
l
'
appoggio
degli
stessi
radicali
e
dei
socialisti
,
il
marchese
Di
Rudinì
.
Era
quella
una
vera
opinione
pubblica
?
Noi
non
osiamo
dirlo
:
ma
constatiamo
il
fatto
che
essa
,
due
anni
dopo
,
era
completamente
mutata
,
tanto
è
vero
che
il
Ministero
Rudinì
dovette
dare
le
dimissioni
.
Orbene
:
sia
stata
falsa
l
'
opinione
pubblica
del
1896
,
o
quella
del
1898
-
e
una
delle
due
deve
esserlo
stata
di
certo
-
una
cosa
è
fuori
di
dubbio
:
che
in
entrambi
i
casi
si
è
ceduto
all
'
opinione
pubblica
,
senza
troppo
sottilizzare
se
essa
era
o
non
era
costituita
dalla
maggioranza
delle
persone
colte
del
paese
.
Era
l
'
opinione
pubblica
-
e
bastava
,
perché
vi
si
obbedisse
come
ad
un
despota
.
Il
secondo
esempio
che
voglio
recare
,
è
ancor
più
calzante
.
Si
tratta
della
questione
Dreyfus
.
Qual
parte
ha
giuocato
-
in
questo
infame
e
famoso
affare
-
l
'
opinione
pubblica
francese
?
Unanime
,
prima
,
nel
negare
la
revisione
del
processo
,
quasi
unanime
,
dopo
,
nel
chiederla
ad
alte
grida
.
L
'
opinione
pubblica
di
prima
aveva
torto
:
non
era
né
vera
,
né
certa
,
come
la
vuole
il
Bonghi
:
era
il
risultato
patologico
d
'
una
suggestione
imposta
dalla
perfidia
di
alcuni
e
subìta
dalla
ingenuità
patriottica
di
quasi
tutti
:
eppure
sarebbe
stato
possibile
non
tener
conto
di
quell
'
opinione
?
Voi
l
'
avete
visto
:
in
una
memoranda
seduta
-
del
7
luglio
1898
-
tutta
la
Camera
francese
si
inchinò
pecorilmente
a
quell
'
opinione
pubblica
,
decretando
l
'
affissione
in
tutti
i
comuni
della
Repubblica
del
discorso
di
Cavaignac
.
E
Ruggero
Bonghi
avrebbe
dovuto
ammettere
che
la
Camera
dei
deputati
rappresenta
le
menti
colte
d
'
un
paese
,
e
che
quindi
un
suo
plebiscito
è
un
plebiscito
cosciente
e
sensato
.
Io
-
modestamente
-
giudico
in
modo
diverso
i
Parlamenti
ma
non
è
qui
il
luogo
di
dirne
il
perché
e
del
resto
alla
mia
tesi
attuale
,
il
perché
non
importa
.
La
conseguenza
a
cui
volevo
arrivare
,
e
a
cui
mi
sembra
di
essere
arrivato
,
è
questa
:
1°
L
'
opinione
pubblica
si
impone
,
anche
quando
non
è
formata
dal
consenso
più
generale
delle
menti
colte
di
un
paese
;
2°
Anche
il
pensiero
degli
uomini
colti
può
essere
figlio
di
un
'
impressione
improvvisa
,
erronea
o
rettificabile
(
come
nel
caso
della
Camera
francese
)
e
quindi
non
basta
-
per
riconoscere
autorità
all
'
opinione
pubblica
-
il
dimostrare
che
essa
è
fondata
sulla
maggioranza
delle
persone
colte
.
Queste
,
come
gli
ignoranti
,
si
possono
sbagliare
.
L
'
avvocato
G
.
A
.
Pugliese
-
in
un
breve
ma
acuto
articolo
*
-
s
'
accorse
che
la
definizione
dell
'
opinione
pubblica
tentata
dal
Bonghi
non
era
completa
,
e
propose
di
aggiungere
-
ai
caratteri
di
cui
la
voleva
fornita
il
Bonghi
-
un
altro
:
che
essa
riposi
su
un
costante
stato
d
'
animo
.
Così
-
egli
pensava
-
non
si
scambierà
per
vera
opinione
pubblica
quella
che
in
Francia
negava
la
revisione
del
processo
Dreyfus
,
giacché
essa
non
fu
costante
.
E
aggiungeva
:
"
dicesi
che
in
materia
di
appalti
di
opere
pubbliche
il
vero
collaudo
viene
dato
dal
tempo
:
ebbene
,
a
me
pare
che
anche
il
battesimo
di
vera
pubblica
opinione
debba
attendersi
dal
tempo
"
.
La
similitudine
è
bella
,
ma
io
son
tentato
di
ripetere
a
questo
proposito
:
parole
d
'
oro
,
ma
parole
vane
.
Anzitutto
si
potrebbe
chiedere
all
'
avvocato
Pugliese
:
quanto
tempo
occorre
...
perché
avvenga
il
collaudo
?
Quando
si
potrà
dire
che
una
data
opinione
pubblica
è
vera
e
certa
?
Dopo
dieci
anni
,
dopo
venti
,
dopo
trenta
?
In
secondo
luogo
-
ammesso
che
si
trovi
questo
limite
di
tempo
,
che
a
me
pare
introvabile
-
non
sarebbe
ciò
una
soddisfazione
puramente
platonica
?
Dato
,
per
esempio
,
che
oggi
si
manifesti
una
corrente
dello
spirito
pubblico
,
dovremo
,
e
potremo
noi
,
trascurarla
,
e
pacificamente
attendere
,
per
tenerne
calcolo
,
che
sia
passato
...
un
quarto
di
secolo
?
In
terzo
luogo
,
non
è
evidente
che
una
simile
opinione
pubblica
non
sarebbe
più
un
'
opinione
pubblica
,
ma
qualche
cosa
che
assomiglia
molto
alla
tradizione
?
Che
cosa
è
,
infatti
,
la
tradizione
se
non
un
'
opinione
pubblica
che
si
è
fissata
e
cristallizzata
nel
popolo
?
Or
dunque
-
s
'
io
non
mi
sbaglio
-
le
definizioni
tentate
dal
Bonghi
e
dal
Pugliese
non
sono
complete
,
né
,
se
lo
fossero
,
sarebbero
pratiche
.
In
conclusione
,
i
due
autori
citati
si
limitano
ad
affermare
che
la
vera
opinione
pubblica
è
quella
che
dalle
persone
di
senno
,
dal
tempo
,
e
dagli
avvenimenti
è
stata
riconosciuta
per
giusta
.
Una
definizione
,
come
si
vede
,
che
potrebbe
portar
la
firma
di
Monsieur
de
la
Palisse
;
ma
che
,
pur
essendo
una
verità
,
non
è
feconda
di
nessuna
conseguenza
.
Io
credo
che
nel
problema
che
ci
occupa
,
non
si
debbano
cercare
a
priori
delle
definizioni
-
le
quali
,
come
diceva
argutamente
il
Lombroso
,
tolte
le
geometriche
,
sono
tutte
inesatte
-
ma
si
debba
piuttosto
tentar
di
studiare
in
qual
modo
l
'
opinione
pubblica
si
forma
e
da
quali
strane
e
oscure
leggi
psicologiche
è
governata
.
La
definizione
non
è
che
la
sintesi
della
descrizione
di
un
fenomeno
:
ed
è
manifestamente
un
errore
il
volere
esporre
la
sintesi
prima
di
aver
fatto
l
'
analisi
.
Distinguere
l
'
opinione
pubblica
vera
e
certa
da
quella
non
vera
ed
incerta
,
mi
sembra
impresa
molto
difficile
,
prima
di
avere
bene
stabilito
che
cosa
è
l
'
opinione
pubblica
.
E
per
stabilire
che
cosa
è
l
'
opinione
pubblica
,
bisogna
anzitutto
sapere
-
o
per
lo
meno
cercar
di
sapere
-
che
cosa
è
il
pubblico
.
Noi
,
quindi
,
fedeli
a
queste
idee
che
son
quelle
del
metodo
positivo
,
analizzeremo
in
primo
luogo
l
'
ente
collettivo
che
si
chiama
pubblico
e
cercheremo
di
isolarlo
dagli
altri
enti
collettivi
coi
quali
generalmente
e
facilmente
lo
si
confonde
;
in
secondo
luogo
studieremo
come
nel
pubblico
si
vengano
formando
,
a
poco
a
poco
o
d
'
un
tratto
,
fisiologicamente
o
patologicamente
,
le
varie
opinioni
;
infine
cercheremo
di
determinare
quali
siano
i
caratteri
per
cui
si
può
riconoscere
se
una
data
opinione
del
pubblico
è
attendibile
,
e
se
quindi
deve
o
non
deve
essere
rispettata
e
seguita
.
Questa
è
,
secondo
il
nostro
sommesso
parere
,
l
'
unica
strada
che
ci
potrà
condurre
,
non
a
svelare
interamente
(
l
'
affermazione
sarebbe
superba
)
ma
almeno
a
rendere
meno
nebuloso
quel
mistero
di
psicologia
collettiva
che
chiamasi
opinione
pubblica
,
e
che
nel
mondo
moderno
ha
una
così
grande
e
pericolosa
influenza
.
II
.
Pubblico
è
una
parola
che
,
come
tutte
quelle
che
non
indicano
un
oggetto
materialmente
definito
,
ha
un
significato
molto
vago
ed
elastico
.
Sappiamo
,
all
'
ingrosso
,
che
cosa
vuol
dire
ma
saremmo
imbarazzatissimi
a
precisarlo
.
Si
dice
:
il
pubblico
di
un
teatro
,
d
'
un
'
assemblea
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
determinato
,
che
si
restringe
a
quelle
persone
che
erano
in
teatro
o
assistevano
all
'
assemblea
,
ed
è
sinonimo
di
folla
.
Si
dice
:
il
tal
libro
ha
avuto
un
gran
successo
nel
pubblico
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
meno
specifico
;
non
si
riferisce
più
a
un
dato
numero
di
persone
riunite
,
non
è
quindi
più
sinonimo
di
folla
,
ma
comprende
una
data
parte
della
popolazione
sparsa
anziché
riunita
,
che
si
intende
e
si
interessa
di
arte
,
di
letteratura
o
di
scienza
.
Si
dice
ancora
:
sulla
data
questione
politica
-
poniamo
una
guerra
-
il
pubblico
ha
la
data
opinione
;
-
e
in
questo
caso
la
parola
pubblico
ha
un
valore
ancor
più
generale
:
non
si
riferisce
soltanto
ad
una
parte
della
popolazione
,
a
quella
o
questa
classe
o
casta
o
scuola
o
partito
,
ma
comprende
tutto
il
popolo
,
talvolta
molti
popoli
,
talvolta
tutto
il
mondo
civile
.
In
quali
di
questi
significati
va
intesa
la
parola
pubblico
?
Per
rispondere
a
tale
domanda
,
bisogna
rifarci
un
po
'
indietro
ed
esaminare
l
'
evoluzione
che
ha
seguito
nel
tempo
quell
'
organismo
complesso
ed
indeterminato
che
oggi
indichiamo
col
nome
di
pubblico
.
Se
noi
volgiamo
uno
sguardo
ai
più
bassi
regni
dell
'
animalità
,
vediamo
che
in
essi
il
carattere
dominante
è
l
'
individualità
assoluta
.
"
Des
êtres
d
'
espèces
multiples
-
scrive
l
'
Espinas
-
et
dont
le
nombre
est
prodigieux
,
vivent
dans
les
eaux
,
sur
la
terre
et
sur
les
autres
animaux
à
l
'
état
d
'
isolement
complet
.
Un
grand
nombre
de
Foraminifères
,
dont
les
carapaces
ont
formé
des
continents
,
sont
isolés
physiologiquement
:
de
tels
êtres
sont
faibles
,
non
seulement
parce
qu
'
ils
sont
petits
,
mais
encore
parce
qu
'
ils
sont
seuls
"
*
.
In
questi
infimi
stadî
dell
'
animalità
,
non
essendovi
associazione
,
non
vi
può
evidentemente
essere
nemmeno
l
'
embrione
lontano
del
pubblico
.
Nondimeno
,
appena
si
sale
un
poco
sull
'
albero
della
vita
,
l
'
associazione
appare
.
È
,
sulle
prime
,
un
semplice
aggregato
materiale
,
puramente
fisico
.
L
'
associazione
consiste
tutta
in
una
azione
di
presenza
:
se
gli
individui
si
allontanano
al
punto
da
non
potersi
più
vedere
,
o
restano
distanti
fra
loro
un
certo
tempo
,
cessano
per
questo
solo
fatto
di
essere
associati
.
L
'
associazione
,
in
una
parola
,
è
,
in
questi
casi
,
sinonimo
di
contatto
fisico
.
Man
mano
che
dalle
forme
inferiori
si
ascende
alle
forme
superiori
dell
'
associazione
fra
gli
animali
,
troviamo
che
il
contatto
fisico
non
è
più
la
condizione
necessaria
per
costituire
la
società
:
anche
se
i
singoli
organismi
sono
distanti
,
l
'
associazione
sussiste
:
il
legame
che
li
tiene
uniti
non
è
più
soltanto
materiale
,
ma
si
spiritualizza
e
diventa
morale
e
intellettuale
.
Gli
animali
elevati
nella
scala
zoologica
formano
quegli
aggregati
che
si
potrebbero
chiamare
tribù
o
popoli
(
le
api
colla
loro
regina
)
,
ed
hanno
la
divisione
del
lavoro
e
i
segnali
a
distanza
e
la
voce
che
-
se
non
è
la
parola
umana
-
è
tuttavia
un
mezzo
possente
di
comunicazione
.
In
queste
società
noi
possiamo
scorgere
non
solo
l
'
embrione
della
folla
-
ossia
di
individui
fisicamente
a
contatto
-
bensì
anche
l
'
embrione
del
pubblico
-
ossia
di
individui
fisicamente
separati
,
ma
riuniti
,
secondo
la
giusta
espressione
del
Tarde
,
da
una
coesione
mentale
.
Il
fenomeno
fisio
-
psicologico
della
folla
lo
si
osserva
-
per
esempio
-
in
una
volata
di
uccelli
,
dove
il
minimo
sbattere
di
ali
di
uno
solo
produce
in
tutti
un
panico
irresistibile
,
come
il
grido
di
allarme
di
un
uomo
in
una
via
o
in
una
piazza
affollate
induce
la
paura
e
la
fuga
in
tutti
coloro
che
gli
sono
vicini
.
Il
fenomeno
di
psicologia
collettiva
cui
noi
diamo
il
nome
di
pubblico
,
lo
si
osserva
-
con
più
lontana
analogia
e
minore
chiarezza
-
nel
contegno
che
alcune
specie
di
animali
tengono
verso
uno
dei
loro
.
Ammirato
od
odiato
,
seguìto
o
sfuggito
-
anche
l
'
animale
prova
il
riflesso
sociale
-
se
posso
dir
così
-
delle
sue
doti
o
dei
suoi
difetti
congeniti
,
e
questo
riflesso
non
è
che
l
'
embrione
del
pubblico
.
L
'
elefante
a
istinti
cattivi
sta
sempre
isolato
e
non
vive
mai
nella
società
degli
altri
:
ciò
dipende
in
parte
dal
suo
spontaneo
desiderio
,
in
parte
perché
gli
altri
vogliono
lasciarlo
solo
.
E
questo
è
innegabilmente
un
giudizio
del
pubblico
.
Se
dalle
associazioni
animali
passiamo
alle
associazioni
umane
,
l
'
evoluzione
del
fenomeno
che
stiamo
analizzando
ci
appare
identica
quantunque
immensamente
ingrandita
e
complicata
.
Come
nelle
infime
società
animali
il
legame
sociale
è
costituito
da
un
semplice
contatto
fisico
,
così
nelle
prime
società
umane
il
cosiddetto
pubblico
si
riduce
alla
folla
,
giacché
è
costituito
soltanto
da
individui
fisicamente
a
contatto
.
E
come
nelle
società
animali
più
evolute
il
legame
sociale
non
è
soltanto
materiale
ma
anche
morale
e
intellettuale
,
così
nelle
più
moderne
società
umane
il
pubblico
è
un
vero
pubblico
anziché
semplicemente
una
folla
,
poiché
è
costituito
non
da
individui
fisicamente
riuniti
,
ma
da
individui
distanti
fra
loro
nello
spazio
,
e
nondimeno
collegati
da
un
'
idea
,
da
un
sentimento
comune
,
da
una
invisibile
coesione
mentale
.
Gli
esempî
chiariranno
il
mio
pensiero
meglio
di
quanto
abbian
saputo
fare
le
mie
parole
.
Nell
'
antichità
greco
-
romana
(
per
non
perderci
in
ricerche
di
tempi
più
lontani
o
di
popoli
barbari
)
possiamo
noi
dire
che
esistesse
un
pubblico
?
Esistevano
delle
folle
,
ma
non
esistevano
pubblici
.
Tutto
ciò
che
si
riferiva
alla
politica
era
discusso
nel
foro
,
nelle
assemblee
,
nei
comizî
,
-
cioè
dalla
folla
:
i
reggitori
di
Stati
,
i
tribuni
,
i
novatori
,
non
avevano
alcun
mezzo
per
portare
a
distanza
il
loro
pensiero
e
per
inocularlo
negli
individui
sparsi
e
isolati
:
dovevano
-
per
forza
-
agire
sul
pubblico
riunito
e
presente
,
cioè
sulla
folla
.
Gesù
Cristo
non
aveva
che
la
parola
per
diffondere
la
sua
dottrina
;
dal
primo
nucleo
di
persone
cui
aveva
parlato
,
sorgevano
i
discepoli
che
alla
loro
volta
parlavano
ad
altri
nuclei
di
persone
.
Il
nuovo
verbo
si
estendeva
così
-
di
folla
in
folla
-
allargando
sempre
più
il
cerchio
di
coloro
che
erano
istintivamente
chiamati
ad
udirlo
,
come
un
sasso
lanciato
nell
'
acqua
estende
-
di
onda
in
onda
-
l
'
effetto
prodotto
dalla
sua
caduta
.
Tutto
ciò
che
si
riferisce
all
'
arte
e
alla
scienza
non
aveva
,
allora
,
un
pubblico
,
nel
senso
in
cui
noi
oggi
lo
intendiamo
:
aveva
semplicemente
un
uditorio
;
cioè
una
folla
.
I
poeti
non
eran
forse
degli
oratori
...
in
versi
?
I
loro
poemi
non
erano
forse
detti
,
dinanzi
a
una
moltitudine
più
o
meno
numerosa
,
che
non
poteva
conoscerli
se
non
recandosi
in
massa
ad
udirli
?
Gli
stessi
scienziati
come
diffondevano
la
loro
scienza
,
se
non
rivelandola
a
viva
voce
ad
alcuni
discepoli
riuniti
?
Si
dirà
-
ed
è
vero
-
che
se
questa
era
la
regola
generale
,
non
mancava
l
'
eccezione
:
non
mancavano
cioè
i
lettori
singoli
dei
manoscritti
copiati
a
mano
in
qualche
diecina
di
esemplari
e
che
contenevano
i
poemi
di
Virgilio
o
d
'
Omero
,
le
storie
di
Tacito
o
di
Cesare
;
ma
possiamo
noi
affermare
(
e
l
'
osservazione
è
di
Gabriele
Tarde
*
)
che
questi
singoli
lettori
avessero
la
coscienza
di
formare
un
aggregato
sociale
,
come
ai
nostri
giorni
i
lettori
d
'
uno
stesso
giornale
o
,
anche
,
di
uno
stesso
romanzo
alla
moda
.
No
,
certamente
.
Essi
erano
le
lontane
avanguardie
del
pubblico
:
ma
non
avevano
coscienza
di
esserlo
,
ed
erano
troppo
pochi
.
Per
il
numero
e
per
l
'
incoscienza
,
rappresentavano
quindi
una
quantità
trascurabile
*
.
Nel
medio
evo
esisteva
un
pubblico
?
Il
Tarde
lo
nega
,
sostenendo
che
non
v
'
erano
che
delle
fiere
,
dei
pellegrinaggi
,
delle
moltitudini
tumultuose
nelle
quali
correvano
-
volta
a
volta
-
delle
frenesie
religiose
o
guerresche
,
delle
collere
spaventose
o
delle
paure
vilissime
.
Basta
pensare
alle
crociate
e
ai
terrori
che
precedettero
la
fine
dell
'
anno
mille
,
per
comprendere
che
allora
qualunque
manifestazione
del
movimento
sociale
era
determinata
dalla
folla
e
dalla
sua
strana
psicologia
.
Ma
se
è
certo
che
,
in
quell
'
epoca
,
l
'
influenza
dell
'
individuo
sulla
massa
si
esercitava
quasi
unicamente
colla
parola
parlata
,
se
è
certo
cioè
che
i
grandi
agitatori
esercitavano
la
loro
influenza
sopratutto
su
persone
presenti
,
e
che
-
d
'
altra
parte
-
gli
uomini
facevano
sentire
i
loro
odî
ed
i
loro
amori
collettivi
,
sempre
nella
forma
compatta
e
brutale
della
folla
,
-
è
anche
fuori
di
dubbio
che
quell
'
avanguardia
del
pubblico
che
noi
abbiamo
riscontrato
ai
tempi
di
Grecia
e
Roma
,
si
faceva
poco
a
poco
più
cosciente
e
più
numerosa
.
I
lettori
isolati
dei
manoscritti
aumentavano
;
e
sotto
il
pensiero
intermittente
e
violento
delle
folle
,
si
andava
disegnando
il
pensiero
continuo
e
pacifico
del
pubblico
;
-
pensiero
meno
visibile
,
e
più
trascurato
,
ma
non
trascurabile
,
e
che
attendeva
da
una
scoperta
,
ormai
prossima
,
di
diventare
visibile
e
importantissimo
.
Questa
scoperta
fu
la
stampa
.
L
'
invenzione
della
stampa
fu
per
il
sorgere
del
pubblico
quello
che
è
una
rivoluzione
politica
per
il
sorgere
di
un
nuovo
ordinamento
sociale
:
il
momento
storico
,
cioè
,
in
cui
un
organo
entra
in
attività
e
tramuta
la
sua
esistenza
,
fino
allora
potenziale
,
in
un
'
esistenza
di
fatto
.
Questo
nuovo
organo
era
la
coscienza
collettiva
che
fino
allora
era
stata
forzatamente
costretta
a
rinchiudersi
nell
'
ignoranza
o
nel
silenzio
e
la
cui
possibile
manifestazione
-
sia
per
apprendere
il
pensiero
di
chi
la
dirigeva
,
sia
per
approvare
o
per
combattere
questo
pensiero
-
era
consistita
nelle
riunioni
di
parlamenti
,
di
assemblee
,
di
fiere
o
di
folle
.
La
stampa
portava
a
tutti
gli
uomini
civili
la
voce
dei
meneurs
anche
lontani
,
e
offriva
-
reciprocamente
-
il
modo
di
far
sentire
a
questi
meneurs
la
volontà
o
i
desiderii
del
popolo
,
senza
aver
bisogno
che
esso
fosse
riunito
e
presente
e
urlasse
sotto
le
finestre
d
'
una
reggia
le
sue
minaccie
,
o
commettesse
eccessi
in
una
via
o
in
una
piazza
.
Noi
,
nati
quando
la
stampa
era
già
un
'
abitudine
ereditaria
di
qualche
secolo
,
non
possiamo
-
senza
uno
sforzo
di
volontà
-
immaginarci
il
contraccolpo
che
la
sua
invenzione
ebbe
nel
mondo
.
I
libri
pubblicati
e
diffusi
-
per
la
prima
volta
-
a
migliaia
di
copie
davano
a
chi
li
leggeva
la
sensazione
di
formare
una
classe
nuova
di
persone
;
di
persone
le
quali
pur
non
conoscendosi
fra
loro
ed
essendo
distanti
le
une
dalle
altre
,
si
sentivano
nondimeno
legate
dall
'
invisibile
filo
intellettuale
della
lettura
d
'
un
identico
volume
e
dalle
riflessioni
che
quella
lettura
faceva
nascere
in
ognuno
di
loro
.
Fino
a
quel
momento
gli
uomini
,
per
sentire
la
loro
solidarietà
e
per
manifestarla
,
non
avevano
che
un
solo
mezzo
:
riunirsi
in
folla
.
La
stampa
faceva
sentire
quella
loro
solidarietà
e
ne
rendeva
possibile
la
manifestazione
,
senza
bisogno
che
essi
si
riunissero
;
al
contatto
fisico
aveva
sostituito
il
contatto
morale
:
alla
folla
aveva
sostituito
il
pubblico
.
Senza
dubbio
,
il
pubblico
,
quando
nacque
,
non
era
un
organismo
così
complicato
e
così
possente
quale
è
divenuto
oggi
.
Come
ogni
cosa
viva
,
traversò
varie
fasi
,
prima
di
giungere
alla
fase
odierna
.
Se
si
può
dire
che
esso
data
dal
secolo
XVI
,
dopo
il
grande
sviluppo
preso
dalla
stampa
,
è
dovere
riconoscere
che
allora
aveva
un
'
estensione
e
un
'
importanza
infinitamente
minore
di
quella
che
assunse
in
seguito
.
Era
,
sulle
prime
,
un
pubblico
quasi
esclusivamente
letterario
scientifico
o
religioso
;
e
in
fondo
,
sempre
formato
da
una
minoranza
di
persone
colte
.
Nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
sorge
il
vero
pubblico
politico
,
formato
non
da
una
minoranza
di
uomini
colti
,
ma
dalla
grande
maggioranza
del
popolo
,
e
a
poco
a
poco
assorbe
tutti
gli
altri
pubblici
più
o
meno
speciali
e
ristretti
.
La
Rivoluzione
francese
dà
a
questo
pubblico
una
nuova
estensione
,
poiché
è
appunto
a
quell
'
epoca
che
il
giornalismo
prende
uno
slancio
che
,
per
allora
,
possiamo
dire
grandissimo
*
.
La
stampa
tuttavia
,
pur
avendo
creato
il
pubblico
quasi
in
sostituzione
della
folla
,
non
aveva
saputo
offrire
al
pubblico
quel
vantaggio
che
pur
la
folla
possedeva
:
voglio
dire
l
'
attualità
.
E
mi
spiego
.
Coloro
che
leggevano
i
giornali
,
sapevano
bensì
quanto
accadeva
nel
mondo
,
ma
lo
sapevano
forzatamente
in
ritardo
.
Tra
le
molte
differenze
che
esistono
tra
folla
e
pubblico
,
la
più
grave
,
allora
,
era
questa
:
che
i
membri
di
una
folla
erano
tutti
colpiti
contemporaneamente
da
una
notizia
,
e
si
sentivano
quindi
legati
fra
loro
-
oltre
che
dal
contatto
fisico
-
dal
pensiero
che
ognuno
di
loro
provava
nell
'
identico
istante
le
identiche
impressioni
;
mentre
gli
individui
sparsi
che
facevano
parte
del
pubblico
,
oltre
che
essere
distanti
nello
spazio
,
lo
erano
anche
nel
tempo
,
giacché
apprendevano
le
notizie
,
non
tutti
nello
stesso
momento
,
ma
chi
molte
ore
,
chi
qualche
giorno
,
chi
,
talvolta
,
una
o
più
settimane
dopo
.
Le
comunicazioni
non
erano
né
frequenti
,
né
veloci
,
e
le
provincie
lontane
dovevano
accontentarsi
di
sapere
con
gran
ritardo
ciò
che
era
accaduto
alla
capitale
.
Questa
mancanza
di
contemporaneità
nell
'
apprendere
notizie
rendeva
meno
forte
e
meno
attiva
l
'
influenza
del
pubblico
:
toglieva
a
questo
la
grande
prerogativa
e
il
maggior
segreto
della
temibilità
della
folla
:
l
'
unisono
.
Ma
ciò
che
non
poteva
dare
la
invenzione
della
stampa
,
venne
dato
da
altre
scoperte
,
non
meno
gravide
di
incalcolabili
conseguenze
sociali
:
la
ferrovia
e
il
telegrafo
e
,
s
'
intende
,
il
telefono
e
il
telegrafo
senza
fili
.
Colla
prima
,
le
distanze
si
diminuirono
e
i
giornali
poterono
arrivare
in
luoghi
lontani
in
un
breve
spazio
di
tempo
:
colle
altre
le
distanze
si
ridussero
quasi
al
nulla
e
una
notizia
poté
percorrere
centinaia
e
migliaia
di
chilometri
in
pochi
minuti
.
La
ferrovia
,
il
telegrafo
ed
il
telefono
diedero
le
ali
alla
stampa
,
e
dettero
al
pubblico
quel
senso
di
attualità
che
fino
allora
non
possedeva
.
È
stato
detto
egregiamente
che
il
trasporto
della
forza
a
distanza
è
un
nulla
,
di
fronte
a
questo
trasporto
del
pensiero
a
distanza
*
.
Certo
il
telegrafo
ed
il
telefono
han
fatto
sì
che
il
pubblico
di
lettori
fosse
,
per
la
contemporaneità
,
quasi
uguale
a
una
folla
di
uditori
,
poiché
il
tempo
che
impiegano
la
parola
di
un
uomo
o
la
notizia
di
un
fatto
ad
arrivare
sotto
gli
occhi
di
chi
legge
un
giornale
è
-
nei
suoi
rapporti
sociali
-
poco
più
lungo
di
quello
che
impiega
la
voce
di
un
oratore
ad
arrivare
agli
orecchi
di
chi
lo
ascolta
.
Oggi
,
in
tutto
il
mondo
civile
si
può
sapere
a
poche
ore
di
distanza
che
cosa
hanno
detto
il
presidente
degli
Stati
Uniti
o
lo
Czar
,
ciò
che
è
accaduto
a
Parigi
o
a
Buenos
-
Ayres
.
Il
pubblico
cioè
ha
conquistato
quell
'
unità
di
tempo
che
gli
mancava
,
e
che
lo
faceva
,
in
un
certo
senso
,
socialmente
inferiore
alla
folla
.
Inoltre
la
folla
era
un
aggregato
che
aveva
necessariamente
i
suoi
limiti
:
non
poteva
essere
composta
di
un
numero
di
persone
che
eccedesse
una
data
cifra
.
Prendiamo
pure
,
come
esempio
,
il
Colosseo
-
il
più
vasto
anfiteatro
dell
'
antichità
-
che
conteneva
,
dicesi
,
100.000
persone
;
prendiamo
pure
,
come
esempio
,
gli
innumerevoli
individui
che
formavano
-
all
'
aria
aperta
-
l
'
uditorio
di
un
Pier
l
'
Eremita
:
per
quanto
la
nostra
fantasia
sia
generosa
,
potremo
arrivare
tutto
al
più
alla
cifra
di
due
o
trecento
mila
persone
:
non
oltre
.
Il
pubblico
,
invece
-
e
intendo
il
pubblico
moderno
-
non
conosce
limiti
;
un
sovrano
od
un
genio
per
mezzo
delle
grandi
scoperte
:
stampa
,
ferrovia
,
telefono
e
telegrafo
-
parlano
oggi
contemporaneamente
a
milioni
di
individui
,
a
tutto
il
mondo
che
legge
.
III
.
Io
mi
lusingo
che
il
poco
che
ho
detto
fin
qui
sarà
bastato
a
far
conoscere
-
almeno
a
larghi
tratti
-
l
'
evoluzione
del
pubblico
,
e
a
stabilirne
le
differenze
colla
folla
.
Il
pubblico
non
è
che
una
trasformazione
della
folla
,
compiuta
lentamente
dalla
civiltà
,
la
quale
-
mano
mano
che
progrediva
-
scopriva
mezzi
sempre
migliori
per
poter
tener
legati
idealmente
gli
uomini
,
senza
bisogno
che
essi
fossero
fisicamente
vicini
.
La
folla
è
un
aggregato
semplice
nella
sua
formazione
e
improvviso
,
quindi
in
un
certo
senso
animale
;
il
pubblico
è
un
aggregato
più
difficile
a
formarsi
e
più
lento
,
quindi
più
umano
.
La
folla
non
è
che
una
riunione
di
contatti
psichici
essenzialmente
prodotti
da
contatti
fisici
:
il
pubblico
non
ha
alcun
bisogno
della
vicinanza
dei
corpi
per
essere
un
intricato
complesso
di
comunicazioni
da
anima
ad
anima
.
La
folla
,
insomma
,
è
una
collettività
eminentemente
barbara
ed
atavica
:
il
pubblico
è
una
collettività
eminentemente
civile
e
moderna
.
Se
la
similitudine
non
sembrasse
azzardata
,
direi
che
tra
la
folla
ed
il
pubblico
passa
l
'
identica
differenza
che
corre
tra
l
'
orda
selvaggia
e
la
società
attuale
.
Il
progresso
,
che
ha
saputo
trasformare
a
poco
a
poco
l
'
orda
selvaggia
nel
tipo
dello
Stato
moderno
,
ha
saputo
anche
tramutare
a
poco
a
poco
la
folla
in
pubblico
.
Si
tratta
,
in
entrambi
i
casi
,
di
aver
sostituito
all
'
informe
agglomero
umano
che
sentiva
,
pensava
ed
agiva
impulsivamente
e
tumultuariamente
,
un
altro
agglomero
umano
che
sente
,
pensa
ed
agisce
con
maggior
riflessione
e
sotto
il
freno
di
certe
leggi
.
Le
prove
di
questa
differenza
tra
la
folla
e
il
pubblico
abbondano
.
È
un
assioma
che
,
quanto
più
un
organismo
è
semplice
,
tanto
più
è
soggetto
alle
forze
della
natura
.
L
'
uomo
civile
si
difende
meglio
dell
'
uomo
barbaro
dalle
intemperie
,
e
il
variare
periodico
delle
stagioni
ha
sulla
sua
vita
sociale
un
'
influenza
minore
che
sull
'
uomo
barbaro
.
Per
la
stessa
ragione
l
'
uomo
barbaro
sa
e
può
opporre
all
'
ambiente
fisico
una
maggior
resistenza
e
una
migliore
difesa
dell
'
animale
superiore
,
e
questo
,
a
sua
volta
,
dell
'
animale
inferiore
.
Orbene
,
le
folle
sono
organismi
semplici
e
primitivi
,
perché
la
loro
azione
dipende
molto
dallo
stato
dell
'
atmosfera
e
delle
stagioni
.
Una
giornata
di
pioggia
basta
ad
allontanare
il
pericolo
d
'
un
assembramento
;
e
non
per
nulla
tutti
i
questori
e
tutti
i
prefetti
di
polizia
,
seguendo
l
'
esempio
di
Bailly
,
benedicono
il
brutto
tempo
che
fa
vuotare
le
vie
e
le
piazze
e
rende
difficilissime
,
se
non
impossibili
,
le
folle
e
quindi
le
dimostrazioni
o
le
sommosse
.
Il
pubblico
-
organismo
più
complicato
e
più
civile
-
non
si
risente
affatto
dell
'
instabilità
dell
'
atmosfera
:
splenda
il
sole
o
diluvi
,
esso
rimane
identico
nella
sua
sostanza
e
nella
sua
efficacia
.
Così
il
caldo
o
il
freddo
,
l
'
estate
o
l
'
inverno
,
che
hanno
tanta
influenza
sulle
folle
,
non
ne
hanno
alcuna
sui
pubblici
.
Veggansi
in
proposito
le
osservazioni
del
Fournial
*
e
sopratutto
quelle
del
Lombroso
e
del
Laschi
*
:
esse
dicono
,
col
linguaggio
preciso
ed
inconfutabile
delle
cifre
,
come
le
folle
siano
più
o
meno
frequenti
e
numerose
,
secondo
le
stagioni
ed
i
gradi
di
calore
.
Per
i
pubblici
,
invece
,
tutto
ciò
è
indifferente
;
e
prova
ne
sia
,
come
ha
osservato
il
Tarde
,
che
la
crisi
più
acuta
di
una
sovra
-
eccitazione
del
pubblico
,
quella
dell
'
affare
Dreyfus
,
è
scoppiata
e
si
è
diffusa
in
inverno
.
Un
altro
assioma
sociologico
è
che
l
'
impronta
della
razza
va
facendosi
sempre
più
debole
,
mano
mano
che
gli
organismi
salgono
nella
scala
sociale
.
E
questo
assioma
è
tanto
evidente
che
non
ha
quasi
bisogno
di
spiegazione
.
Più
si
moltiplicano
e
si
intrecciano
le
influenze
sociali
,
più
è
difficile
scorgere
lo
stigma
ereditario
della
razza
-
nascosto
,
attenuato
o
trasformato
da
cause
o
da
concause
ulteriori
.
Nel
regno
vegetale
e
nel
regno
animale
(
escluso
l
'
uomo
)
noi
possiamo
agire
con
una
relativa
sicurezza
affidandoci
soltanto
all
'
immancabile
efficacia
della
razza
e
dell
'
ereditarietà
.
Gli
allevatori
di
piante
e
di
animali
lo
sanno
:
coi
loro
innesti
e
coi
loro
incroci
,
essi
ottengono
-
con
precisione
quasi
matematica
-
quello
che
vogliono
:
le
qualità
dello
stame
e
del
pistillo
,
del
padre
e
della
madre
,
si
combinano
e
si
riproducono
nei
figli
con
un
'
esattezza
meravigliosa
.
Possiamo
noi
agire
in
egual
modo
sugli
uomini
?
No
,
certamente
.
Per
questi
,
se
la
razza
e
l
'
ereditarietà
valgono
molto
,
vale
moltissimo
l
'
ambiente
in
cui
nascono
e
vivono
,
vale
cioè
moltissimo
l
'
influenza
sociale
.
Dato
-
per
un
'
ipotesi
inverosimile
-
che
si
potessero
conoscere
perfettamente
nel
morale
e
nel
fisico
i
genitori
e
i
loro
antenati
,
non
per
questo
si
potrebbe
disegnare
a
priori
l
'
aspetto
fisico
del
figlio
,
e
tanto
meno
descrivere
la
sua
fisonomia
morale
ed
intellettuale
.
Orbene
,
trasportiamo
quest
'
osservazione
dall
'
organismo
individuale
all
'
organismo
collettivo
,
e
chiediamoci
se
non
è
evidente
che
la
razza
ha
maggiore
influenza
su
una
folla
che
non
su
un
pubblico
.
Chi
non
saprebbe
distinguere
una
folla
italiana
da
una
folla
tedesca
?
Chi
potrebbe
confondere
un
meeting
d
'
inglesi
con
un
meeting
di
napoletani
?
Chi
non
sa
che
una
folla
veneta
non
arriverebbe
mai
agli
eccessi
di
crudeltà
cui
arrivano
le
folle
calabresi
o
palermitane
?
Basta
avere
assistito
una
volta
ad
una
rappresentazione
in
un
teatro
tedesco
,
e
aver
confrontato
il
contegno
degli
spettatori
con
quello
che
tengono
ordinariamente
gli
spettatori
italiani
,
per
comprendere
come
le
folle
siano
sotto
l
'
impero
assoluto
della
razza
da
cui
escono
.
Calme
o
entusiastiche
,
fredde
o
bollenti
,
secondo
che
sono
germaniche
o
latine
.
I
pubblici
delle
varie
nazionalità
non
offrono
certo
differenze
così
spiccate
.
E
non
le
offrono
perché
-
mentre
nelle
folle
gli
individui
smussano
gli
angoli
delle
loro
singole
personalità
per
non
lasciar
scorgere
che
il
contorno
del
loro
tipo
nazionale
-
nei
pubblici
invece
non
c
'
è
questa
neutralizzazione
dell
'
individuo
a
intero
profitto
del
carattere
di
razza
,
appunto
perché
nei
pubblici
-
aggregati
più
civili
e
moderni
-
predomina
il
fattore
sociale
anziché
quello
atavico
.
Un
terzo
assioma
sociologico
-
anch
'
esso
di
intuitiva
evidenza
-
è
che
la
superiorità
d
'
un
organismo
-
sia
esso
individuale
o
collettivo
-
si
misura
dalla
maggiore
riflessione
ch
'
esso
mette
nelle
sue
manifestazioni
.
Gli
uomini
e
i
popoli
sono
più
o
meno
civili
,
secondo
che
sanno
più
o
meno
vincere
,
col
potere
d
'
inibizione
,
che
la
educazione
e
la
civiltà
han
sviluppato
in
loro
,
gli
istinti
atavici
e
selvaggi
che
li
trascinerebbero
ad
agire
impulsivamente
.
Orbene
,
chi
vorrà
e
potrà
negare
che
le
folle
sono
assai
più
impulsive
e
quindi
più
violente
dei
pubblici
?
Confrontiamo
,
per
esempio
,
le
folle
femminili
coi
pubblici
femminili
.
C
'
è
,
psicologicamente
,
un
abisso
fra
le
une
e
gli
altri
.
Le
folle
femminili
sono
la
quintessenza
della
crudeltà
e
della
barbarie
:
nei
loro
eccessi
esse
superano
di
gran
lunga
le
folle
maschili
.
Aprite
un
libro
di
storia
di
qualsiasi
epoca
,
voi
vi
leggerete
degli
episodi
raccapriccianti
sull
'
inverosimile
grado
di
bestialità
cui
possono
arrivare
le
donne
quando
discendono
e
si
riuniscono
nelle
strade
.
La
Rivoluzione
francese
offre
al
riguardo
un
gran
numero
di
fatti
che
incutono
orrore
e
terrore
:
e
anche
senza
risalire
a
tempi
lontani
,
chi
ha
assistito
alle
sommosse
di
Sicilia
nell
'
inverno
1893
94
,
e
alle
tristi
giornate
di
Milano
nel
maggio
1898
,
non
ha
bisogno
d
'
imparare
da
altri
che
le
donne
,
in
folla
,
sono
,
peggio
che
selvagge
,
cannibali
.
Che
cosa
v
'
ha
,
invece
,
di
più
civile
,
nel
senso
buono
e
anche
nel
senso
cattivo
di
questa
parola
,
dei
pubblici
femminili
?
Le
lettrici
dei
giornali
e
dei
romanzi
alla
moda
,
e
quelle
dei
giornali
e
delle
riviste
femministe
,
sono
,
è
vero
,
appassionate
ed
anche
talvolta
un
poco
esaltate
;
ma
la
loro
passione
è
sempre
sapientemente
tenuta
in
freno
da
una
non
trascurabile
dose
di
furberia
,
e
le
loro
manifestazioni
somigliano
assai
più
al
modo
di
agire
della
volpe
che
a
quello
della
tigre
.
Per
questo
ho
detto
che
i
pubblici
femminili
sono
civili
anche
nel
cattivo
senso
della
parola
:
hanno
cioè
della
civiltà
non
solo
la
mitezza
,
ma
altresì
-
mi
perdonino
le
signore
-
la
doppiezza
gesuitica
.
Ed
ora
che
abbiamo
,
o
almeno
crediamo
di
avere
dimostrato
l
'
inferiorità
della
folla
di
fronte
al
pubblico
,
poiché
l
'
una
rappresenta
un
aggregato
barbaro
ed
atavico
,
l
'
altro
un
aggregato
moderno
e
civile
,
è
necessario
domandarsi
qual
parte
abbiano
rispettivamente
,
nel
movimento
sociale
odierno
,
questi
due
diversi
e
indefinibili
organismi
che
riassumono
tutta
la
misteriosa
e
pur
possente
psicologia
collettiva
.
Il
dottor
Le
Bon
*
,
ed
io
con
lui
*
,
abbiamo
,
anni
or
sono
,
proclamato
che
la
nostra
epoca
è
"
l
'
êra
delle
folle
"
.
Gabriele
Tarde
invece
sostiene
che
la
nostra
epoca
è
"
l
'
êra
dei
pubblici
"
.
Ci
siamo
sbagliati
,
in
parte
,
tutti
.
La
nostra
epoca
è
,
nello
stesso
tempo
,
l
'
êra
dei
pubblici
e
delle
folle
.
Senza
dubbio
,
il
sorgere
e
lo
svilupparsi
del
pubblico
ha
diminuito
la
frequenza
delle
folle
,
ma
non
le
ha
soppresse
.
Ha
aperto
,
per
così
dire
,
una
nuova
valvola
al
bisogno
del
popolo
di
manifestare
i
proprî
sentimenti
e
i
proprî
pensieri
,
ma
non
ha
chiuso
l
'
antica
.
Vi
sono
oggi
-
oltre
le
folle
-
i
pubblici
,
ma
non
vi
sono
soltanto
i
pubblici
.
Il
progresso
modifica
e
,
modificando
,
migliora
;
ma
non
cancella
totalmente
le
abitudini
ataviche
.
Carlyle
ha
detto
che
la
civiltà
non
è
che
una
corteccia
entro
cui
può
ardere
viva
,
col
suo
fuoco
infernale
,
la
passione
selvaggia
dell
'
uomo
.
E
la
verità
di
questa
affermazione
è
confermata
quotidianamente
dai
fatti
:
noi
vediamo
persone
-
che
si
comportano
nella
vita
normale
con
tutte
le
forme
insegnate
dal
vivere
civile
-
scoppiare
ad
un
tratto
in
una
azione
crudele
che
rivela
in
esse
la
bestia
umana
.
È
il
così
detto
delitto
passionale
.
La
corteccia
della
civiltà
-
dinanzi
a
una
provocazione
-
si
è
spezzata
per
lasciar
uscir
fuori
la
linfa
della
barbarie
.
Quel
che
avviene
per
gli
individui
avviene
per
le
collettività
.
La
civiltà
ha
tramutato
la
folla
in
pubblico
,
ma
il
pubblico
a
sua
volta
ritorna
folla
,
quando
il
sentimento
che
lo
domina
è
così
forte
da
non
sapersi
più
contenere
e
da
aver
bisogno
per
la
sua
manifestazione
della
forma
atavica
con
cui
si
esplicava
una
volta
.
Ogni
giorno
noi
assistiamo
a
questo
fenomeno
di
un
pubblico
che
produce
una
folla
.
Quando
,
per
esempio
,
l
'
idea
che
muove
un
partito
,
ossia
un
pubblico
politico
,
ha
raggiunto
un
altissimo
grado
di
espansione
,
da
quel
pubblico
esce
,
quasi
per
generazione
spontanea
,
una
folla
che
fa
dimostrazioni
,
sommosse
,
rivoluzioni
.
Quando
il
sentimento
religioso
diffuso
nel
pubblico
si
acutizza
nella
superstizione
,
ecco
che
dal
pubblico
di
fedeli
escono
le
folle
religiose
peregrinanti
a
un
santuario
,
o
deliranti
dinanzi
a
qualche
madonna
o
a
qualche
santo
miracoloso
.
Quando
l
'
amore
o
la
stima
-
o
viceversa
l
'
odio
e
il
disprezzo
per
una
data
persona
-
oltrepassano
nel
pubblico
certi
limiti
,
ecco
che
da
questo
pubblico
escono
le
folle
urlanti
di
entusiasmo
e
di
ammirazione
,
o
di
esecrazione
e
di
ferocia
,
intorno
ad
un
sovrano
,
a
un
generale
,
a
un
artista
.
Il
pubblico
,
insomma
,
in
certi
casi
,
ritorna
folla
,
come
l
'
uomo
civile
,
in
certi
casi
,
ritorna
barbaro
.
E
in
questo
senso
quindi
possiamo
dire
che
la
folla
non
è
oggi
che
una
forma
acuta
e
patologica
del
pubblico
.
IV
.
A
questo
punto
,
dopo
avere
,
nel
modo
più
breve
e
più
chiaro
che
per
me
si
poteva
,
tentato
di
spiegare
che
cosa
è
il
pubblico
,
isolandolo
dagli
altri
enti
collettivi
con
cui
potrebbe
confondersi
,
è
necessario
ed
è
men
difficile
ritornare
all
'
oggetto
del
nostro
studio
e
chiederci
in
qual
modo
si
forma
l
'
opinione
pubblica
.
Da
quanto
ho
esposto
,
risulta
chiaramente
che
l
'
opinione
pubblica
è
,
qualche
volta
,
non
l
'
opinione
del
pubblico
propriamente
detto
,
ma
l
'
opinione
della
folla
.
Il
pensiero
e
il
sentimento
della
collettività
,
noi
lo
abbiamo
visto
,
se
si
esprimono
oggi
normalmente
per
mezzo
dei
giornali
e
se
si
diffondono
quindi
sugli
individui
sparsi
e
lontani
,
si
esprimono
anche
anormalmente
per
mezzo
delle
moltitudini
,
le
quali
sanno
dire
ed
imporre
in
modo
staticamente
violento
ciò
che
i
pubblici
pensano
in
modo
dinamicamente
pacifico
.
I
discorsi
,
le
adunanze
,
le
riunioni
elettorali
,
le
dimostrazioni
di
piazza
,
sono
altrettante
forme
di
folle
,
che
influiscono
anche
oggi
-
e
molto
!
-
sulla
formazione
dell
'
opinione
pubblica
.
Dietro
queste
folle
c
'
è
sempre
-
siamo
d
'
accordo
-
un
partito
,
cioè
un
pubblico
,
che
è
la
loro
causa
e
,
per
dir
così
,
il
bozzolo
da
cui
escono
:
ma
ciò
non
toglie
che
siano
quelle
folle
che
conquistano
d
'
un
tratto
-
colla
suggestione
immediata
e
fortissima
che
da
loro
si
sprigiona
-
il
cuore
e
il
cervello
degli
individui
i
quali
,
altrimenti
,
avrebbero
impiegato
più
tempo
a
convertirsi
.
Per
rispondere
dunque
alla
domanda
:
in
qual
modo
si
determina
una
data
opinione
pubblica
?
bisognerebbe
fare
non
solo
la
psico
-
fisiologia
del
pubblico
,
ma
anche
quella
della
folla
.
Senonché
,
la
psico
-
fisiologia
della
folla
noi
l
'
abbiamo
studiata
altrove
*
e
non
amiamo
ripeterci
.
Ci
resta
a
studiare
quella
del
pubblico
.
Ed
è
ciò
che
noi
tenteremo
.
Una
prima
divisione
dei
pubblici
si
presenta
spontanea
quando
si
voglia
considerare
,
da
un
lato
il
diverso
grado
di
coltura
,
dall
'
altro
lato
i
diversi
interessi
degli
uomini
.
Qui
se
ressemble
s
'
assemble
,
dice
un
proverbio
,
e
ciò
è
vero
non
solo
per
le
folle
,
ma
anche
per
i
pubblici
.
Una
stessa
educazione
,
un
identico
scopo
,
riuniscono
gli
individui
in
un
fascio
intellettuale
,
come
un
identico
sentimento
li
spinge
tutti
ad
agglomerarsi
in
una
via
o
in
una
piazza
.
Noi
abbiamo
quindi
i
pubblici
giudiziari
,
industriali
,
agricoli
,
letterari
,
scientifici
,
religiosi
,
politici
,
secondo
che
gli
individui
appartengono
alla
magistratura
,
all
'
industria
,
all
'
agricoltura
,
alla
letteratura
,
alla
scienza
,
alla
religione
,
alla
politica
.
Questi
pubblici
non
differiscono
fra
loro
soltanto
per
lo
scopo
che
perseguono
,
ma
bensì
anche
per
l
'
estensione
che
hanno
e
per
la
tecnicità
che
possiedono
.
Più
il
pubblico
è
ristretto
,
più
è
tecnico
;
e
più
è
possente
e
quindi
temibile
,
quanto
più
l
'
interesse
che
difende
è
generale
.
Una
volta
,
la
diversità
di
coltura
e
di
interessi
dava
luogo
nella
società
a
divisioni
di
altro
genere
,
che
si
chiamavano
corporazioni
,
mestieri
,
classi
o
caste
.
Erano
divisioni
più
stabili
e
più
ben
definite
,
anzitutto
perché
si
fondavano
qualche
volta
sull
'
eredità
,
in
secondo
luogo
perché
chi
ne
faceva
parte
non
ne
poteva
uscir
facilmente
,
e
chi
non
v
'
era
ascritto
non
vi
poteva
con
facilità
penetrare
.
Erano
,
in
un
certo
senso
,
dei
campi
chiusi
nei
quali
si
poteva
contare
il
numero
dei
soldati
e
donde
l
'
emigrazione
e
dove
l
'
immigrazione
erano
quasi
impossibili
.
I
pubblici
odierni
,
che
hanno
sostituito
queste
divisioni
,
sono
assai
meno
stabili
e
assai
meno
definiti
;
sono
,
se
posso
dir
così
,
organismi
fluttuanti
,
perché
non
si
può
mai
precisare
la
qualità
degli
individui
che
li
compongono
e
tanto
meno
il
loro
numero
.
Un
pubblico
è
oggi
una
specie
di
nebulosa
,
di
cui
se
è
facile
distinguere
il
nucleo
centrale
,
è
difficilissimo
determinare
i
confini
.
Vi
entra
e
ne
esce
chi
vuole
;
e
non
valgono
,
o
valgono
poco
,
le
ragioni
ereditarie
e
tradizionali
per
costringere
l
'
una
o
l
'
altra
persona
a
far
parte
di
questo
o
di
quel
pubblico
.
Noi
possiamo
dire
che
il
pubblico
è
-
per
la
vita
sociale
-
quello
che
è
per
la
vista
,
una
cascata
d
'
acqua
,
la
quale
ci
fa
sempre
l
'
identica
impressione
malgrado
che
le
goccie
di
cui
è
composta
mutino
continuamente
.
Le
goccie
del
pubblico
sono
gli
individui
.
E
non
solo
vi
è
una
continua
variazione
nelle
goccie
che
forman
la
cateratta
o
-
per
lasciare
la
metafora
-
nelle
cellule
che
formano
quell
'
organismo
collettivo
che
è
il
pubblico
;
ma
anche
questo
stesso
organismo
va
sempre
più
perdendo
quei
caratteri
di
stabilità
e
di
infrangibilità
che
presentava
una
volta
.
Confrontate
-
e
non
solo
in
Italia
-
i
partiti
politici
di
mezzo
secolo
fa
con
quelli
attuali
.
Destra
e
Sinistra
erano
allora
due
nomi
che
,
nella
Camera
e
nel
paese
,
rispondevano
a
due
correnti
di
idee
che
seguivano
ognuna
il
loro
corso
indipendente
.
Qualunque
confusione
fra
quei
due
partiti
e
fra
gli
uomini
che
li
rappresentavano
,
sarebbe
parsa
impossibile
,
o
,
se
fosse
avvenuta
,
sarebbe
stata
giudicata
come
una
viltà
od
un
tradimento
.
La
divisione
era
netta
,
recisa
,
intangibile
.
Le
goccie
,
cioè
gli
uomini
,
mutavano
necessariamente
,
ma
la
cateratta
,
cioè
l
'
idea
,
rimaneva
intatta
ed
immobile
.
Possiamo
noi
dire
lo
stesso
dei
partiti
attuali
?
È
pietà
non
rispondere
a
questa
domanda
,
giacché
tutti
vedono
e
sanno
,
pur
troppo
quanta
poca
forza
di
coesione
e
quanta
poca
impermeabilità
(
mi
si
perdoni
la
parola
)
abbiano
i
partiti
politici
dei
nostri
giorni
.
Essi
non
sono
che
una
etichetta
che
l
'
uomo
tiene
appiccicata
fin
che
gli
fa
comodo
,
e
getta
lontano
quando
gli
conviene
di
farla
dimenticare
.
Tra
i
vari
partiti
c
'
è
oggi
in
permanenza
un
fenomeno
di
osmosi
e
di
endosmosi
:
le
idee
dell
'
uno
penetrano
in
quelle
dell
'
altro
e
viceversa
;
e
gli
uomini
che
le
sostenevano
non
trovano
quindi
strano
,
anzi
trovano
logico
,
di
allearsi
dopo
di
essersi
combattuti
.
Questa
continua
mobilità
dei
partiti
o
dei
pubblici
attuali
(
che
è
giustamente
,
secondo
il
Tarde
,
una
delle
loro
caratteristiche
principali
)
non
merita
però
troppo
severo
giudizio
,
giacché
le
cause
da
cui
dipende
,
se
non
la
giustificano
,
la
scusano
molto
.
In
primo
luogo
,
è
evidente
che
gli
uomini
non
possono
essere
oggi
tenacemente
fedeli
a
un
'
idea
,
come
lo
potevano
essere
,
e
lo
erano
,
una
volta
.
In
passato
,
ogni
uomo
nascendo
aveva
già
designato
non
solo
la
sua
carriera
e
quindi
il
suo
posto
nel
mondo
,
ma
anche
il
complesso
di
teorie
cui
doveva
serbarsi
rigidamente
attaccato
.
Occorreva
allora
un
fatto
molto
grave
(
ed
era
ad
ogni
modo
un
fenomeno
molto
strano
)
per
vedere
,
ad
esempio
,
un
aristocratico
nutrire
sentimenti
diversi
da
quelli
della
sua
casta
.
Oggi
,
invece
,
ogni
uomo
che
nasce
è
,
in
gran
parte
,
un
'
incognita
,
perché
non
si
può
sapere
con
sicurezza
né
la
carriera
che
sceglierà
,
né
le
idee
cui
sarà
devoto
.
Non
solo
:
ma
mentre
una
volta
,
generalmente
,
si
invecchiava
e
si
moriva
con
idee
presso
a
poco
uguali
a
quelle
della
gioventù
,
-
oggi
è
più
che
probabile
di
cambiare
di
idee
,
o
per
lo
meno
di
modificarle
,
coi
lustri
se
non
cogli
anni
.
Il
progresso
che
avanza
con
velocità
sempre
maggiore
rende
quasi
forzatamente
necessario
il
mutar
opinione
,
e
non
a
torto
un
filosofo
diceva
che
chi
non
cambia
mai
la
propria
opinione
non
può
essere
che
colui
il
quale
non
vuole
o
non
sa
imparar
nulla
.
Un
'
altra
causa
della
mobilità
dei
pubblici
,
che
si
riattacca
alla
prima
e
non
ne
è
che
un
diverso
aspetto
,
consiste
nel
fatto
che
oggi
la
opinione
di
ciascuno
è
messa
a
dura
prova
perché
quotidianamente
insidiata
dal
diffondersi
di
opinioni
diverse
o
addirittura
contrarie
.
Un
uomo
si
conserva
più
facilmente
onesto
,
quanto
minori
sono
le
occasioni
che
lo
tentano
:
un
uomo
si
mantiene
più
facilmente
d
'
un
dato
parere
,
quanto
minori
sono
i
pareri
opposti
che
egli
sente
svolgere
intorno
a
lui
.
Non
occorreva
certo
un
carattere
adamantino
per
serbar
fede
,
in
addietro
,
a
quel
patrimonio
di
idee
in
cui
si
era
nati
e
cresciuti
,
poiché
non
era
frequente
il
caso
che
nuove
correnti
di
idee
venissero
ad
urtare
ed
a
turbare
le
correnti
tradizionali
ed
ereditarie
.
E
,
viceversa
,
non
è
sintomo
di
poca
saldezza
di
carattere
,
oggi
,
il
mutar
opinione
,
poiché
sono
infinite
le
forme
di
suggestione
che
la
nostra
vita
sociale
offre
a
ciascuno
,
per
trascinarlo
a
pensare
e
a
sentire
in
un
senso
piuttosto
che
in
un
altro
.
Tra
queste
forme
di
suggestione
,
la
più
importante
,
quella
che
riassume
e
concentra
tutte
le
altre
,
è
senza
dubbio
la
stampa
.
Non
vi
è
professione
,
non
partito
,
non
scuola
artistica
,
religiosa
o
scientifica
che
non
voglia
avere
il
suo
giornale
o
la
sua
rivista
,
come
non
v
'
è
reggimento
che
non
abbia
la
sua
bandiera
.
Affermarsi
con
un
giornale
è
,
nel
mondo
moderno
,
il
primo
bisogno
di
un
'
idea
che
nasce
,
come
di
ogni
interesse
che
non
vuole
essere
soffocato
da
interessi
rivali
.
Ed
è
perciò
che
si
potrebbe
fare
una
statistica
e
una
psicologia
della
nostra
vita
sociale
,
solo
contando
ed
esaminando
i
giornali
che
vengono
pubblicati
.
Il
sentire
la
imperiosa
necessità
di
possedere
un
proprio
giornale
,
prova
implicitamente
che
ogni
partito
sa
e
crede
che
quello
è
il
modo
migliore
per
formarsi
un
seguito
di
fedeli
.
Sa
e
crede
cioè
,
che
gli
uomini
si
schierano
dietro
un
'
idea
,
non
tanto
,
come
una
volta
,
per
ragioni
ereditarie
e
tradizionali
,
quanto
per
ragioni
attuali
,
di
persuasione
immediata
.
Senonché
-
a
questo
punto
-
ci
si
presenta
formidabile
la
domanda
:
è
il
giornale
o
il
giornalista
che
forma
il
pubblico
,
o
viceversa
?
Dico
formidabile
la
domanda
,
non
tanto
perché
,
secondo
il
mio
parere
,
lo
sia
realmente
,
quanto
perché
tale
è
considerata
in
genere
dagli
scrittori
.
Noi
abbiamo
in
sociologia
molte
di
queste
questioni
,
che
si
potrebbero
tutte
ridurre
a
una
questione
unica
:
se
cioè
sia
l
'
ambiente
che
ha
maggior
influenza
sull
'
individuo
,
o
l
'
individuo
sull
'
ambiente
.
Problemi
,
in
fondo
,
che
servono
soltanto
a
mostrare
l
'
acutezza
psicologica
dei
singoli
avversari
,
i
quali
,
per
sostenere
la
loro
tesi
,
fanno
sfoggio
di
argomenti
e
di
paragoni
bellissimi
,
ma
esagerati
e
paradossali
.
Prendiamo
,
ad
esempio
,
la
cosidetta
teoria
del
grand
'
uomo
.
Secondo
Spencer
che
la
mise
in
ridicolo
,
è
un
errore
attribuire
socialmente
una
grande
influenza
all
'
uomo
di
genio
:
esso
non
è
che
il
prodotto
necessario
dell
'
ambiente
in
cui
sorge
e
,
per
così
dire
,
un
figlio
del
suo
tempo
:
un
uomo
non
attivo
,
ma
rappresentativo
,
come
lo
chiamava
l
'
Emerson
;
un
attore
,
non
un
autore
del
dramma
storico
.
Secondo
altri
,
invece
-
Carlyle
il
primo
-
tutto
ciò
che
noi
vediamo
di
buono
e
di
bello
nel
mondo
è
dovuto
agli
eroi
,
cioè
ai
grandi
uomini
:
l
'
anima
della
storia
intera
non
è
che
la
loro
storia
:
essi
sono
,
per
ripetere
l
'
espressione
di
Stuart
Mill
:
"
il
sale
della
terra
e
senza
di
loro
la
vita
umana
diverrebbe
una
palude
stagnante
"
.
Chi
ha
torto
o
ragione
?
Mi
si
permetta
-
prima
di
rispondere
-
di
ricorrere
a
una
similitudine
,
certo
banale
,
ma
che
ha
,
se
non
altro
,
il
pregio
di
essere
chiara
.
Ogni
uomo
è
il
prodotto
dei
suoi
genitori
;
senza
di
essi
non
esisterebbe
,
e
con
genitori
diversi
sarebbe
diverso
da
quello
che
è
.
Su
ciò
ci
troviamo
senza
dubbio
tutti
d
'
accordo
.
Così
ci
troviamo
certo
tutti
d
'
accordo
nel
credere
che
ogni
genio
sia
il
prodotto
dell
'
epoca
sua
,
e
che
epoche
diverse
producano
genii
diversi
.
Or
bene
,
pur
ammettendo
queste
premesse
che
a
me
paiono
assiomi
,
negheremmo
noi
che
ogni
figlio
-
una
volta
fatto
uomo
-
possa
esercitare
sui
suoi
genitori
una
grande
influenza
?
O
per
il
solo
fatto
ch
'
egli
è
il
prodotto
fisiologico
e
psicologico
di
suo
padre
e
di
sua
madre
,
dovremmo
negare
la
possibilità
di
questa
influenza
?
No
,
non
è
vero
?
Lo
stesso
,
s
'
io
non
mi
sbaglio
,
deve
dirsi
del
genio
.
Napoleone
e
Garibaldi
,
Dante
e
Shakespeare
,
sorsero
quando
sorsero
perché
fatalmente
dovevano
sorgere
,
e
in
questo
senso
è
vero
che
essi
sono
i
figli
del
loro
tempo
,
lo
scorcio
incosciente
in
cui
si
è
,
per
così
dire
,
simbolizzata
l
'
umanità
di
una
data
epoca
;
ma
chi
vorrà
contestare
che
,
pur
essendo
prodotti
necessari
della
storia
,
dettero
poi
essi
stessi
un
nuovo
indirizzo
alla
storia
,
esercitando
nel
mondo
un
grande
impero
materiale
o
morale
?
Scendiamo
ora
da
queste
altezze
,
ove
si
parla
di
genii
e
di
epoche
storiche
,
e
ritornando
al
nostro
più
modesto
argomento
,
parliamo
di
giornalisti
e
di
pubblici
.
I
nomi
saranno
diversi
ma
il
ragionamento
non
muterà
.
Senza
dubbio
,
ogni
pubblico
,
produce
i
giornalisti
che
hanno
i
suoi
istinti
,
le
sue
tendenze
,
le
sue
doti
ed
i
suoi
difetti
;
che
sono
,
in
una
parola
,
creature
sue
;
ma
una
volta
che
il
pubblico
ha
,
per
dir
così
partorito
il
suo
giornalista
,
è
questo
che
,
come
figlio
verso
i
genitori
,
può
cominciare
ad
avere
influenza
sul
pubblico
,
a
dirigerne
e
a
modificarne
le
opinioni
.
In
questo
caso
si
può
dire
che
la
psicologia
del
pubblico
somiglia
a
quella
della
folla
.
Che
cosa
sono
i
meneurs
delle
folle
,
se
non
prodotti
incoscienti
e
istantanei
delle
folle
stesse
?
In
una
moltitudine
assembrata
e
fremente
,
voi
sentite
ad
un
tratto
una
voce
o
un
grido
,
dietro
il
quale
corre
subito
,
con
cieca
ed
uniforme
credulità
,
tutta
la
turba
,
per
dare
sfogo
ai
suoi
sentimenti
di
odio
o
di
amore
.
Di
quella
voce
o
di
quel
grido
non
è
responsabile
l
'
uomo
che
li
ha
lanciati
,
ma
la
misteriosa
anima
della
folla
che
l
'
ha
costretto
a
lanciarli
.
Il
meneur
è
dunque
creato
dalla
collettività
.
Ma
,
appena
creato
,
egli
acquista
un
tal
potere
dispotico
su
coloro
che
lo
attorniano
,
che
può
condurli
ove
vuole
,
ad
eccessi
ed
a
delitti
che
la
folla
non
avrebbe
voluto
né
pensato
mai
di
commettere
.
Il
giornalista
non
è
che
un
meneur
del
suo
pubblico
.
Creato
da
questo
,
può
trascinarlo
al
di
là
di
dove
esso
stesso
voleva
andare
.
V
.
Se
la
logica
,
dunque
,
serve
a
qualche
cosa
,
io
credo
che
essa
ci
dia
il
diritto
di
affermare
che
l
'
opinione
pubblica
è
,
se
non
del
tutto
creata
,
certo
plasmata
,
modificata
e
diretta
dai
giornalisti
.
In
quale
misura
?
Ecco
il
problema
.
Problema
difficilissimo
a
risolvere
,
giacché
-
quantunque
i
fenomeni
di
psicologia
collettiva
somiglino
molto
,
per
i
loro
imprevisti
precipitati
,
ai
fenomeni
chimici
-
pur
tuttavia
è
impossibile
in
psicologia
collettiva
quel
che
è
possibile
in
chimica
:
sapere
cioè
qual
dose
occorra
delle
varie
sostanze
per
ottenere
la
sostanza
nuova
.
Per
uscir
di
metafora
:
come
si
può
determinare
quanta
parte
ebbe
,
nel
creare
una
data
opinione
pubblica
,
l
'
opera
personale
di
questo
o
quel
giornalista
,
e
quanta
parte
l
'
opera
anonima
,
collettiva
ed
istintiva
del
popolo
?
Si
dice
,
per
esempio
*
,
che
la
statistica
degli
abbonamenti
è
un
eccellente
termometro
-
spesso
consultato
-
che
avverte
i
redattori
di
un
giornale
della
linea
di
condotta
da
seguirsi
.
In
questo
caso
è
il
pubblico
che
impone
,
colla
sanzione
economica
,
il
suo
parere
ai
giornalisti
,
non
questi
a
quello
.
E
c
'
è
in
proposito
l
'
esempio
famoso
del
"
Figaro
"
,
che
nel
1897
dopo
aver
pubblicato
i
primi
articoli
di
Emilio
Zola
in
favore
di
Dreyfus
e
di
chi
lo
difendeva
,
mutò
bandiera
per
non
disgustare
i
suoi
abbonati
ed
i
suoi
lettori
*
.
Senza
ricorrere
,
del
resto
,
a
un
fatto
tanto
noto
,
e
compiuto
se
non
altro
con
una
franchezza
che
ne
potrebbe
essere
una
attenuante
,
ognuno
di
noi
-
per
poco
che
abbia
pratica
del
mondo
giornalistico
-
conosce
dei
fatti
analoghi
;
conosce
cioè
dei
giornali
e
,
quel
che
è
peggio
,
dei
giornalisti
,
che
hanno
mutato
o
modificato
le
loro
opinioni
perché
gli
umori
del
pubblico
,
e
quindi
la
cifra
degli
incassi
,
consigliavano
loro
utilmente
di
modificarle
.
Malgrado
questi
fatti
,
io
inclino
però
a
credere
più
frequente
e
più
intensa
l
'
influenza
del
giornalista
sul
pubblico
,
che
non
quella
del
pubblico
sul
giornalista
.
E
non
solo
quell
'
influenza
è
,
secondo
me
,
più
intensa
,
ma
può
essere
anche
moralmente
più
dannosa
.
Ed
ecco
il
perché
.
Il
pubblico
potrà
far
mutare
indirizzo
a
un
giornale
:
noi
riconosciamo
che
questa
è
una
brutta
cosa
per
il
carattere
e
l
'
indipendenza
del
giornale
giacché
è
,
in
fondo
,
una
forma
di
corruzione
.
Ma
è
una
corruzione
che
non
fa
che
una
sola
specie
di
vittime
:
le
facili
coscienze
dei
convertiti
.
Si
tratta
quindi
semplicemente
di
una
questione
di
morale
individuale
.
Se
,
per
tenerci
all
'
esempio
citato
,
i
lettori
del
"
Figaro
"
volevano
che
il
loro
giornale
difendesse
lo
Stato
maggiore
francese
e
ribadisse
la
catena
del
relegato
dell
'
Isola
del
Diavolo
,
e
se
il
Consiglio
d
'
amministrazione
del
grande
giornale
parigino
ha
creduto
suo
interesse
di
accontentarli
,
peggio
per
quei
lettori
,
e
peggio
,
ripeto
,
per
le
coscienze
dei
giornalisti
e
per
l
'
indipendenza
del
giornale
che
a
quel
mutamento
si
sono
adattati
.
Non
c
'
è
altro
da
deplorare
.
L
'
influenza
,
invece
,
del
giornalista
sul
pubblico
può
essere
moralmente
e
materialmente
assai
più
dannosa
,
giacché
il
giornalista
può
mentire
,
può
far
credere
al
suo
pubblico
cose
non
vere
,
e
quindi
traviarne
il
giudizio
;
può
,
insomma
,
commettere
verso
di
lui
molti
delitti
,
sfruttando
la
sua
credulità
e
la
sua
buona
fede
.
C
'
è
forse
il
bisogno
di
portar
degli
esempi
per
provare
quante
imprese
losche
-
finanziarie
e
politiche
-
furono
gabellate
per
buone
al
pubblico
dall
'
arte
sapiente
dei
giornalisti
?
I
Panama
francese
e
italiano
informino
.
Del
danaro
,
molto
danaro
,
moltissimo
danaro
,
e
si
crea
l
'
opinione
pubblica
che
si
vuole
.
Non
parliamo
poi
dei
periodi
elettorali
,
dove
,
oltre
il
danaro
,
sono
in
gioco
mille
passioni
,
non
tutte
nobili
e
pure
.
Come
vi
sono
i
candidati
o
i
loro
grandi
elettori
che
mentiscono
alla
folla
che
ascolta
i
loro
discorsi
,
e
promettono
cose
che
sanno
di
non
poter
mantenere
e
diffamano
i
loro
avversarî
,
-
così
vi
sono
i
giornalisti
dell
'
uno
e
dell
'
altro
campo
che
mentiscono
al
loro
pubblico
per
trascinarlo
a
dare
il
voto
a
Tizio
piuttosto
che
a
Caio
.
Nel
dover
constatare
questi
fatti
dolorosi
c
'
è
una
sola
consolazione
:
ed
è
che
i
giornali
,
come
gli
oratori
,
si
servono
l
'
un
l
'
altro
d
'
antidoto
e
si
neutralizzano
.
Ma
non
resta
men
vero
che
il
pubblico
è
,
in
moltissimi
casi
,
come
la
creta
molle
su
cui
imprime
la
sua
impronta
la
mano
del
giornalista
.
Gabriele
Tarde
colla
sua
abituale
acutezza
diceva
che
-
quasi
a
contrappeso
psicologico
a
questi
delitti
commessi
verso
il
pubblico
-
vi
sono
anche
i
delitti
commessi
dal
pubblico
.
Ed
è
vero
.
Già
,
quel
fenomeno
di
peggioramento
morale
collettivo
che
io
ho
constatato
nella
folla
avviene
fatalmente
anche
nel
pubblico
,
il
quale
non
è
che
una
folla
diffusa
.
Gli
individui
che
compongono
una
folla
od
un
pubblico
-
presi
uno
per
uno
-
sono
,
in
generale
,
buone
e
brave
persone
:
riuniti
insieme
,
si
direbbe
che
le
loro
qualità
migliori
si
elidono
e
si
nascondono
per
lasciare
scorgere
e
sopravvanzare
le
qualità
peggiori
.
Si
svegliano
,
cioè
,
nelle
collettività
-
siano
esse
statiche
come
una
folla
,
o
dinamiche
come
un
pubblico
-
gli
istinti
più
bassi
,
e
delle
stratificazioni
del
carattere
salgono
alla
superficie
le
prime
,
le
più
animali
e
le
più
selvaggie
.
Le
folle
son
più
feroci
e
brutali
,
nella
manifestazione
di
questi
istinti
,
appunto
perché
sono
organismi
atavici
;
i
pubblici
son
meno
brutali
e
feroci
appunto
perché
sono
organismi
moderni
e
civili
.
Le
une
,
nel
loro
parossismo
d
'
odio
,
corrono
all
'
assassinio
;
gli
altri
si
limitano
all
'
ingiuria
e
alla
diffamazione
.
Le
une
uccidono
materialmente
,
gli
altri
si
limitano
ad
uccidere
moralmente
.
Dobbiamo
dire
-
per
questo
-
che
tanto
le
folle
come
i
pubblici
sieno
incapaci
di
slanci
nobili
,
generosi
ed
eroici
?
Nemmeno
per
idea
.
Ma
questi
slanci
sono
rari
,
e
la
regola
è
che
,
nelle
collettività
,
gli
istinti
buoni
rimangono
addormentati
.
Prendete
,
come
esempio
,
le
forme
più
ristrette
e
più
comuni
del
pubblico
:
i
salotti
,
i
clubs
,
ecc
.
;
provate
in
una
conversazione
a
dir
bene
d
'
una
persona
:
qualcuno
farà
eco
,
gli
altri
,
se
non
contraddiranno
,
rimarranno
zitti
e
il
discorso
morirà
ben
presto
.
Provate
invece
a
dirne
male
:
sarà
un
coro
:
ognuno
avrà
il
suo
piccolo
sassolino
da
aggiungere
alla
valanga
del
pettegolezzo
,
e
l
'
argomento
,
state
pur
certi
,
non
si
estinguerà
tanto
presto
.
Bisogna
confessarlo
:
la
leggenda
biblica
è
psicologicamente
verissima
:
i
frutti
dell
'
albero
del
male
sono
assai
più
saporiti
di
quelli
dell
'
albero
del
bene
.
Passiamo
dai
pubblici
ristretti
ai
pubblici
vasti
:
dal
salotto
al
giornalismo
.
Nella
stampa
,
se
si
vuole
veramente
svegliare
l
'
interesse
e
la
curiosità
del
pubblico
,
occorre
creargli
non
un
oggetto
d
'
amore
,
ma
un
oggetto
d
'
odio
.
Piacciono
,
per
dir
il
vero
,
anche
gli
idoli
,
e
vi
si
bruciano
incensi
con
grande
prodigalità
,
ma
finiscono
per
stancare
:
e
d
'
altronde
non
è
sempre
troppa
malignità
il
supporre
che
il
pubblico
crei
degli
idoli
per
darsi
poi
il
divertimento
di
abbatterli
.
Un
'
osservazione
che
non
ho
intesa
fare
a
suo
tempo
da
alcuno
e
che
pure
mi
sembra
semplicissima
,
è
che
l
'
affare
Dreyfus
ha
preso
un
nuovo
slancio
ed
ha
maggiormente
appassionato
il
pubblico
dei
due
mondi
quando
il
fratello
dell
'
infelice
capitano
accusò
Esterhazy
di
essere
l
'
autore
del
bordereau
.
Egli
aveva
trovato
l
'
oggetto
d
'
odio
da
offrire
in
pascolo
al
popolo
.
Fino
allora
si
combatteva
per
l
'
innocenza
di
un
uomo
ma
non
si
conosceva
.
il
nome
del
vero
colpevole
:
era
una
campagna
negativa
,
la
cui
nobiltà
non
poteva
essere
sentita
da
tutti
,
ma
soltanto
da
coloro
che
si
appassionano
idealmente
per
la
verità
e
per
la
giustizia
.
Il
grosso
del
pubblico
,
come
le
folle
a
teatro
,
vuole
che
i
drammi
finiscano
non
solo
col
trionfo
dell
'
innocente
,
ma
anche
colla
condanna
del
colpevole
.
E
la
simpatia
per
Dreyfus
aveva
bisogno
,
per
crescere
,
di
riscaldarsi
al
fuoco
dell
'
odio
contro
Esterhazy
.
Dice
benissimo
il
Tarde
:
"
Scoprire
o
inventare
un
nuovo
e
grande
oggetto
di
odio
per
l
'
uso
del
pubblico
,
è
ancora
uno
dei
mezzi
più
sicuri
per
diventare
uno
dei
re
del
giornalismo
.
In
nessun
paese
,
in
nessuna
epoca
,
l
'
apologetica
ha
avuto
tanto
successo
quanto
la
diffamazione
"
.
Ed
è
questa
considerazione
,
e
nessun
'
altra
,
che
può
spiegare
l
'
enorme
successo
della
stampa
diffamatoria
,
dei
Drumont
,
dei
Rochefort
,
e
di
tutte
le
altre
tigri
letterarie
di
Francia
e
di
altrove
.
Il
pubblico
,
quindi
,
è
per
sé
stesso
un
po
'
delinquente
,
giacché
ha
degli
istinti
e
delle
passioni
basse
ed
impure
.
Nei
periodi
storici
,
durante
i
quali
il
progresso
si
accelera
e
si
acutizza
in
forme
rivoluzionarie
,
il
pubblico
può
diventare
delinquente
davvero
.
Allora
è
facile
che
dalla
ferocia
verbale
passi
alla
ferocia
materiale
e
che
esso
voglia
colpire
,
non
soltanto
a
parole
,
i
suoi
oggetti
d
'
odio
.
Allora
è
facile
che
esso
applauda
chi
propone
,
e
spinga
anzi
a
proporre
,
le
leggi
di
proscrizione
,
le
condanne
,
i
massacri
,
le
persecuzioni
di
qualunque
genere
.
Senza
l
'
esistenza
e
senza
le
provocazioni
di
un
certo
pubblico
,
gli
orrori
della
Rivoluzione
francese
,
come
del
resto
di
tutte
le
rivoluzioni
,
non
sarebbero
stati
possibili
.
Nei
periodi
storici
normali
,
il
carattere
delittuoso
di
certi
pubblici
è
diverso
,
si
vede
meno
,
ma
non
è
per
questo
meno
effettivo
.
Allora
il
pubblico
,
più
che
autore
è
complice
di
delitti
;
non
li
commette
,
ma
sopporta
che
i
suoi
capi
li
commettano
,
e
cerca
nasconderli
o
attenuarli
in
base
a
una
speciale
moralità
che
non
è
altro
se
non
un
interesse
di
partito
.
Da
ciò
,
le
congiure
del
silenzio
su
azioni
non
belle
compiute
da
personalità
politiche
;
da
ciò
,
i
tentativi
di
salvataggio
,
quando
i
nodi
vengono
al
pettine
e
suona
l
'
ora
paurosa
delle
inchieste
.
Ma
il
tema
è
scabroso
,
e
non
è
facile
né
forse
bello
l
'
insistervi
.
Se
vi
sono
dei
pubblici
delinquenti
,
vi
sono
anche
dei
pubblici
pazzi
o
,
per
lo
meno
,
incoscienti
.
Il
pubblico
è
qualche
volta
assalito
di
improvviso
da
un
eccesso
di
follia
,
senza
che
se
ne
possano
spiegare
le
ragioni
:
fenomeno
codesto
che
non
trova
altro
paragone
se
non
in
quelle
folate
di
vento
che
turbano
d
'
un
tratto
la
quiete
dell
'
atmosfera
.
Il
pubblico
greco
che
or
sono
alcuni
anni
impose
al
suo
governo
la
guerra
colla
Turchia
,
era
in
uno
di
questi
accessi
;
e
forse
anche
il
popolo
italiano
traversò
una
fase
di
incoscienza
dopo
il
disastro
di
Adua
,
nel
giudicare
la
responsabilità
della
guerra
e
nel
decidere
la
condotta
che
i
suoi
ministri
dovevano
tenere
.
Meno
gravi
e
meno
importanti
,
socialmente
ma
psicologicamente
simili
,
questi
engoûments
sono
anche
la
caratteristica
dei
pubblici
,
non
politici
,
ma
artistici
e
letterari
.
Viene
alle
volte
un
momento
in
cui
un
letterato
diventa
improvvisamente
di
moda
,
e
per
un
po
'
di
tempo
non
si
parla
che
di
lui
,
non
si
scrive
che
di
lui
;
è
il
re
del
giorno
.
Magari
egli
non
ha
prodotto
nulla
di
nuovo
,
o
l
'
ultimo
suo
libro
è
inferiore
ai
precedenti
:
eppure
soltanto
allora
sembra
che
il
pubblico
s
'
accorga
della
sua
celebrità
.
In
tutti
questi
casi
la
psicologia
dei
pubblici
ritorna
ad
assomigliare
alla
psicologia
delle
folle
,
dove
non
si
sa
come
o
perché
nascano
certi
impulsi
e
scoppino
certe
azioni
violente
,
o
delittuose
o
pazzesche
,
che
nessuna
forza
umana
è
capace
di
moderare
.
E
appunto
in
questi
casi
ritorna
più
imperiosa
la
domanda
:
dietro
ogni
pubblico
non
ci
son
forse
sempre
dei
pubblicisti
che
lo
aizzano
,
come
dietro
ogni
folla
c
'
è
sempre
una
setta
che
ne
è
quasi
il
lievito
?
Qualunque
sia
la
risposta
che
si
voglia
dare
a
questa
domanda
-
e
una
risposta
recisa
,
categorica
,
sarebbe
a
mio
parere
impossibile
-
essa
avrebbe
,
per
lo
scopo
del
nostro
studio
,
una
relativa
importanza
.
A
noi
basta
avere
constatato
che
alcune
volte
-
io
direi
molte
volte
-
è
il
giornalista
che
forma
l
'
opinione
pubblica
.
In
questi
soli
casi
si
può
tentare
di
proporre
qualche
suggerimento
che
serva
a
rendere
più
onesta
e
più
utile
l
'
influenza
del
giornale
,
e
quindi
più
cosciente
e
più
vera
l
'
opinione
pubblica
.
Per
i
casi
in
cui
-
non
il
giornale
esercita
il
suo
potere
di
suggestione
sul
pubblico
,
ma
questo
su
quello
,
-
io
non
vedo
possibilità
di
rimedî
o
consigli
,
se
non
forse
in
una
vasta
e
lunga
opera
di
educazione
e
di
istruzione
popolare
,
che
trascenderebbe
i
limiti
del
nostro
lavoro
.
Se
infatti
voi
credete
che
una
qualsiasi
opinione
si
manifesti
nel
pubblico
,
senza
che
vi
abbia
influito
la
voce
di
alcun
pubblicista
,
per
un
fenomeno
incomprensibile
di
generazione
spontanea
,
voi
potrete
tutto
al
più
studiare
il
modo
e
le
forme
con
cui
questa
opinione
si
è
manifestata
,
ma
non
potrete
consigliare
alcun
mezzo
per
cercar
di
modificare
quell
'
opinione
.
Essa
sarebbe
una
fatalità
,
contro
cui
è
vano
lottare
.
Ma
poiché
,
ripeto
,
se
si
potrà
discutere
sulla
misura
dell
'
influenza
della
stampa
,
non
si
può
certo
discutere
sulla
realtà
effettiva
di
questa
influenza
,
noi
cercheremo
se
v
'
è
un
modo
di
disciplinarla
affinché
essa
adempia
con
maggior
moralità
e
più
coscienza
al
suo
difficilissimo
còmpito
di
creare
la
pubblica
opinione
.
VI
.
È
un
fenomeno
,
in
apparenza
,
un
po
'
strano
che
mentre
lo
Stato
esige
delle
garanzie
intellettuali
e
morali
per
lasciare
esercitare
la
professione
del
medico
,
dell
'
avvocato
,
dell
'
ingegnere
,
dell
'
impiegato
,
non
ne
esiga
nessuna
per
esercitare
quella
del
giornalista
.
Si
direbbe
-
e
perdonatemi
il
paradosso
-
che
lo
Stato
lasci
in
balìa
degli
incompetenti
le
funzioni
più
alte
e
più
difficili
;
lascia
infatti
ai
giurati
(
che
non
hanno
l
'
obbligo
di
essere
giuristi
o
psicologi
)
il
giudicare
della
vita
e
dell
'
onore
dei
singoli
cittadini
;
lascia
ai
deputati
(
che
non
hanno
l
'
obbligo
d
'
aver
fatto
studi
di
sociologia
)
il
giudicare
degli
interessi
collettivi
della
nazione
;
infine
lascia
ai
giornalisti
(
che
non
debbono
dare
nessun
esame
né
presentare
la
fedina
criminale
pulita
)
il
terribile
potere
di
formare
la
pubblica
opinione
.
Con
ciò
-
e
mi
preme
di
dichiararlo
subito
-
io
non
intendo
affatto
di
invocare
delle
leggi
che
restringano
il
diritto
di
diventar
giurato
,
deputato
o
giornalista
.
Io
non
credo
-
o
per
lo
meno
credo
assai
poco
-
alla
valutazione
ufficiale
delle
attitudini
:
credo
invece
che
-
sopratutto
nel
campo
intellettuale
-
imperi
la
legge
di
selezione
e
di
sopravvivenza
dei
più
adatti
.
Lo
Stato
può
distribuire
lauree
e
diplomi
:
chi
,
pur
avendoli
ottenuti
,
non
ne
è
degno
,
muore
ugualmente
di
fame
o
trascina
una
oscura
e
faticosa
esistenza
.
Tutto
ciò
che
ha
il
bollo
governativo
-
laurea
,
esame
,
concorso
-
non
è
in
fondo
che
un
mezzo
per
la
diffusione
di
quella
crisi
di
mediocrità
che
si
va
determinando
oggi
fra
i
notabili
della
borghesia
.
Parmi
però
che
se
sarebbe
del
tutto
inutile
-
oltre
che
ridicolo
-
l
'
esigere
per
il
giornalista
un
diploma
,
non
sarebbe
affatto
inutile
esigere
per
il
giornalista
stesso
una
garanzia
della
sua
moralità
e
della
sua
intelligenza
.
Il
diploma
è
una
responsabilità
indiretta
che
si
assume
lo
Stato
e
che
,
in
pratica
,
non
esiste
:
l
'
obbligo
di
firmare
gli
articoli
sarebbe
-
se
io
non
mi
illudo
-
una
responsabilità
personale
e
diretta
,
che
avrebbe
in
pratica
une
grande
e
benefica
efficacia
.
Tutti
sappiamo
il
feticismo
che
il
popolo
ha
per
ciò
che
è
stampato
:
gran
parte
di
coloro
che
leggono
un
giornale
credono
a
quello
che
leggono
con
fede
cieca
,
lo
reputano
possibile
e
probabile
,
lo
ripetono
,
lo
raccontano
,
lo
ampliano
,
lo
svisano
.
Di
ogni
notizia
stampata
si
può
dire
quel
che
si
dice
della
calunnia
:
anche
se
non
v
'
è
nulla
di
vero
,
ne
resterà
sempre
qualche
cosa
.
Orbene
,
a
me
pare
che
non
bisognerebbe
approfittare
troppo
di
questa
inconscia
credulità
del
pubblico
e
che
il
più
elementare
sentimento
di
lealtà
dovrebbe
consigliare
a
mettere
un
nome
-
ossia
una
persona
che
ne
risponda
-
in
fondo
a
ogni
articolo
.
Così
il
lettore
avrebbe
,
in
quel
nome
,
una
garanzia
,
o
per
lo
meno
un
indice
per
prestare
maggiore
o
minore
fede
a
quello
che
legge
.
Quand
'
io
vedo
sui
giornali
certi
attacchi
violenti
contro
questa
o
quella
persona
,
contro
una
società
,
contro
una
istituzione
,
e
non
trovo
in
calce
all
'
articolo
un
nome
,
mi
vien
fatto
di
pensare
-
per
associazione
di
idee
-
a
una
lettera
anonima
.
Lo
so
:
si
può
obbiettare
che
c
'
è
l
'
organismo
giornale
,
il
quale
risponde
di
quello
che
è
stampato
nelle
sue
colonne
.
Ma
a
che
si
riduce
questa
responsabilità
?
Nel
maggior
numero
dei
casi
il
processo
non
si
vuol
fare
o
non
si
può
fare
perché
mancano
nell
'
articolo
gli
estremi
del
reato
;
ed
è
giusto
,
allora
,
che
si
getti
la
lode
o
il
discredito
senza
che
si
sappia
chi
è
colui
che
loda
o
diffama
?
Nei
casi
in
cui
il
processo
si
fa
,
vi
è
la
magra
consolazione
e
l
'
inutilissima
sanzione
,
di
veder
condannare
il
gerente
che
non
ha
mai
nessuna
colpa
,
o
il
direttore
che
può
non
averla
,
o
-
ipotesi
rarissima
-
l
'
autore
dell
'
articolo
anonimo
,
se
egli
sentirà
il
bisogno
di
rivelarsi
all
'
ultima
ora
,
mentre
avrebbe
dovuto
,
per
lealtà
,
mostrarsi
prima
.
Ma
,
si
dice
,
resterebbe
ad
ogni
modo
la
responsabilità
finanziaria
dell
'
amministrazione
del
giornale
.
Prescindendo
dal
discutere
quanto
sia
effettiva
questa
responsabilità
,
io
domando
:
è
giusto
ed
è
civile
il
ridurre
a
una
responsabilità
collettiva
,
anonima
e
soltanto
finanziaria
,
i
delitti
che
per
mezzo
della
stampa
si
possono
commettere
?
Non
sarebbe
questo
un
risuscitare
l
'
epoca
longobarda
in
cui
anche
gli
omicidii
si
scontavano
soltanto
in
danaro
,
o
,
peggio
ancora
,
l
'
epoca
barbara
,
in
cui
rispondeva
di
un
delitto
non
solo
colui
che
lo
aveva
commesso
,
ma
tutta
la
sua
famiglia
,
tutto
il
suo
clan
?
Intendiamoci
bene
:
io
credo
doveroso
che
l
'
amministrazione
di
un
giornale
risponda
dinanzi
alla
legge
civile
di
tutto
ciò
che
nel
giornale
si
pubblica
:
ma
non
credo
che
questa
responsabilità
sia
sufficiente
,
e
non
credo
equo
che
il
pietoso
velo
di
un
'
anonima
collettività
copra
la
non
bella
figura
dell
'
uomo
che
ha
scritte
cose
degne
d
'
esser
condannate
o
anche
soltanto
di
essere
biasimate
.
La
gogna
è
,
tra
le
pene
più
antiche
,
quella
che
trasformata
civilmente
,
sembra
ancora
a
me
la
più
giusta
.
Si
sappia
pubblicamente
da
tutti
il
nome
di
colui
che
per
vendetta
,
per
invidia
,
o
per
altri
più
bassi
motivi
ha
gettato
il
discredito
su
una
persona
o
ha
ingannato
e
traviato
i
suoi
lettori
.
Questo
è
,
secondo
la
mia
coscienza
,
il
criterio
con
cui
parmi
si
debba
intendere
la
responsabilità
.
Senonché
i
fautori
dell
'
articolo
anonimo
hanno
degli
altri
argomenti
in
favore
della
loro
tesi
.
L
'
articolo
anonimo
,
essi
dicono
,
ha
più
efficacia
sul
pubblico
,
giacché
rispecchia
non
l
'
opinione
singola
d
'
uno
scrittore
,
ma
quella
d
'
un
partito
,
e
giacché
permette
al
giornale
di
mantenere
unità
di
indirizzo
.
Ha
più
efficacia
sul
pubblico
?
Forse
.
Ma
che
genere
d
'
efficacia
?
Io
penso
che
l
'
articolo
firmato
si
possa
paragonare
alla
voce
d
'
un
oratore
,
e
l
'
articolo
anonimo
ad
uno
di
quei
gridi
ignoti
che
escono
spesso
dalla
folla
.
Io
non
nego
che
questo
grido
possa
suggestionare
la
moltitudine
più
di
quel
che
possa
persuadere
il
suo
uditorio
la
parola
di
un
oratore
:
ma
qual
è
la
suggestione
più
cosciente
e
più
onesta
?
Del
resto
si
può
affermare
,
tanto
per
fare
una
frase
,
che
l
'
articolo
anonimo
rispecchia
,
non
l
'
opinione
d
'
una
persona
,
bensì
quella
d
'
un
intero
partito
:
in
realtà
l
'
articolo
è
sempre
scritto
da
una
sola
persona
o
per
lo
meno
sulla
falsariga
delle
idee
suggerite
da
una
sola
persona
,
e
quindi
il
voler
far
credere
che
è
un
'
opera
collettiva
...
come
i
poemi
d
'
Omero
,
è
una
finzione
.
Nessuno
più
di
me
riconosce
,
e
l
'
ho
già
detto
,
che
il
vero
giornalista
è
,
come
in
un
altro
campo
il
vero
artista
,
un
uomo
che
intende
,
riassume
in
sé
ed
esprime
bisogni
,
desiderii
e
pensieri
che
giacciono
confusi
e
diffusi
nella
psiche
collettiva
;
ma
se
egli
ha
questa
dote
felice
di
rendersi
interprete
del
sentimento
di
molti
,
perché
nascondere
il
suo
nome
?
Anzitutto
egli
potrebbe
sbagliarsi
,
e
in
tal
caso
è
bene
si
sappia
che
l
'
opinione
o
il
giudizio
espresso
son
l
'
opinione
ed
il
giudizio
di
un
solo
e
non
di
molti
;
in
secondo
luogo
,
se
egli
veramente
dice
quello
che
molti
pensano
,
dov
'
è
il
danno
che
produrrebbe
la
sua
firma
?
I
giornali
possono
molto
,
ma
possono
molto
anche
i
libri
nella
formazione
e
nella
trasformazione
delle
idee
e
dei
sentimenti
.
E
i
libri
,
specialmente
i
libri
che
hanno
rifatto
la
gente
,
non
sono
anonimi
.
Quanto
al
mantenere
unità
di
indirizzo
al
giornale
,
riconosco
che
il
sistema
di
scrivere
senza
firmare
è
...
il
sistema
ideale
.
Siccome
nessuno
sa
chi
è
colui
che
scrive
,
nessuno
può
rimproverare
a
Tizio
o
a
Caio
di
scrivere
oggi
in
un
giornale
il
contrario
di
quello
che
scriveva
ieri
in
un
altro
.
Io
invece
desidero
che
gli
articoli
sian
firmati
appunto
per
evitare
smistamenti
di
persone
che
,
lavorando
anonimamente
,
possono
,
senza
cadere
in
discredito
,
uniformarsi
all
'
indirizzo
di
un
giornale
che
,
magari
,
poco
prima
,
in
un
altro
giornale
avevano
combattuto
.
E
d
'
altra
parte
,
pur
riconoscendo
che
si
può
onestamente
mutare
le
proprie
opinioni
,
vorrei
che
queste
naturali
modificazioni
del
pensiero
politico
dei
singoli
giornalisti
fossero
compiute
alla
luce
del
sole
e
colla
franca
lealtà
di
chi
non
si
vergogna
d
'
aver
cambiato
parere
.
L
'
articolo
anonimo
è
una
specialità
del
giornale
politico
quotidiano
:
le
riviste
scientifiche
o
letterarie
,
salvo
casi
rarissimi
,
portano
tutti
articoli
firmati
.
Eppure
,
o
appunto
,
l
'
opinione
pubblica
formata
dalle
riviste
,
su
una
qualsiasi
questione
tecnica
,
scientifica
o
letteraria
,
è
sempre
più
equa
,
più
misurata
,
più
cosciente
dell
'
opinione
pubblica
politica
formata
dai
giornali
quotidiani
.
Perché
?
Le
ragioni
sono
evidenti
.
Anzitutto
perché
gli
scrittori
delle
riviste
sono
ritenuti
più
onesti
degli
scrittori
dei
giornali
,
nel
senso
che
si
crede
e
si
sa
che
essi
sostengono
sempre
la
loro
opinione
sincera
,
non
quella
che
in
un
dato
momento
potrebbe
piacere
al
pubblico
,
e
tanto
meno
quella
che
potrebbe
essere
loro
imposta
,
e
magari
pagata
,
da
chi
avesse
interesse
a
vederla
trionfare
.
In
secondo
luogo
,
perché
gli
scrittori
delle
riviste
sono
intellettualmente
migliori
,
cioè
più
competenti
nel
soggetto
che
trattano
,
e
non
fanno
l
'
articolo
(
come
i
giornalisti
)
su
qualsiasi
argomento
,
ad
essi
magari
ignoto
un
'
ora
prima
.
Orbene
,
questa
superiorità
morale
e
intellettuale
che
hanno
incontestabilmente
le
riviste
sui
giornali
quotidiani
è
,
in
fondo
,
dovuta
al
fatto
che
nelle
riviste
gli
articoli
sono
firmati
.
Esigete
la
firma
anche
per
gli
articoli
dei
giornali
quotidiani
,
e
gli
articoli
saranno
migliorati
moralmente
e
intellettualmente
.
VII
.
Arrivato
alla
fine
del
mio
saggio
,
sento
e
prevedo
io
stesso
due
critiche
.
Si
dirà
,
in
primo
luogo
,
che
se
la
stampa
ha
molta
importanza
nella
formazione
dell
'
opinione
pubblica
,
non
ne
è
però
la
causa
unica
:
si
dirà
,
in
secondo
luogo
,
che
il
limitarsi
ad
esigere
che
gli
articoli
sian
firmati
,
dato
che
sia
un
rimedio
,
è
un
rimedio
meschino
di
fronte
al
male
che
il
giornalismo
può
fare
.
Accetto
in
parte
la
prima
critica
,
ma
rispondo
con
le
seguenti
parole
di
Max
Nordau
:
"
L
'
uomo
di
Stato
che
or
sono
circa
60
anni
diceva
che
"
la
stampa
è
il
quarto
potere
"
credeva
di
dire
un
paradosso
;
inconsciamente
pronunziava
una
profezia
.
La
stampa
,
senza
volerlo
,
senza
saperlo
quasi
,
entra
in
concorrenza
vitale
coi
poteri
costituiti
.
Essa
tende
ad
impadronirsi
dei
diritti
del
Governo
,
del
Parlamento
e
dell
'
Accademia
.
Naturalmente
questi
corpi
si
difendono
.
Essi
odiano
la
stampa
perché
sentono
in
lei
la
loro
erede
un
poco
impaziente
.
Ma
il
loro
odio
sarà
impotente
.
Le
stampa
sarà
la
più
forte
.
Poiché
essa
è
la
figlia
delle
condizioni
nuove
della
vita
civile
,
mentre
gli
altri
poteri
sono
stati
creati
da
una
civiltà
che
non
conosceva
ancora
né
ferrovie
,
né
telegrafo
,
né
telefono
,
né
istruzione
obbligatoria
e
universale
.
La
base
sociologica
di
tutte
le
istituzioni
di
una
democrazia
è
l
'
opinione
pubblica
,
vale
a
dire
il
sentimento
e
la
volontà
della
maggioranza
del
popolo
.
Tutto
il
meccanismo
del
parlamentarismo
:
agitazioni
elettorali
,
elezioni
,
Camera
,
regolamento
delle
sedute
,
discussioni
,
votazioni
,
non
sono
che
la
messa
in
opera
dell
'
opinione
pubblica
.
Ma
quanto
pesante
e
fuor
di
moda
è
questa
macchina
!
E
quanto
elegante
,
mobile
,
efficace
,
al
contrario
,
quella
della
stampa
!
Come
incarnazione
del
suffragio
universale
,
essa
è
infinitamente
più
adattata
alle
invenzioni
moderne
che
il
parlamentarismo
!
"
.
È
dunque
perdonabile
se
,
in
questo
primo
abbozzo
d
'
uno
studio
sull
'
opinione
pubblica
,
ci
siamo
fermati
a
considerare
l
'
influenza
della
stampa
che
è
,
nello
stesso
tempo
,
dell
'
opinione
pubblica
la
causa
e
l
'
espressione
più
profonda
e
più
vera
.
Alla
seconda
critica
rispondo
che
,
se
vi
saranno
senza
dubbio
molte
riforme
più
radicali
per
correggere
i
difetti
e
quindi
la
influenza
della
stampa
periodica
,
codeste
riforme
sarebbero
per
le
leggi
che
governano
la
stampa
,
non
per
gli
uomini
che
la
incarnano
e
la
rappresentano
,
ed
io
penso
modestamente
che
occorra
,
oggi
sopratutto
,
mutar
piuttosto
gli
uomini
che
non
le
leggi
.
Le
leggi
,
anche
ottime
,
sono
inutili
,
se
non
dannose
,
quando
son
mediocri
o
cattivi
gli
uomini
che
le
applicano
.
E
se
anche
si
potesse
,
senza
ledere
i
prìncipi
di
libertà
,
escogitare
un
'
ottima
legge
sulla
stampa
,
essa
rimarrebbe
inefficace
se
i
pubblicisti
non
avessero
maggiore
coscienza
e
non
sentissero
maggiore
responsabilità
della
loro
missione
.
Ora
,
a
sviluppare
questa
coscienza
e
a
far
sentire
questa
responsabilità
,
io
non
so
spinta
maggiore
di
quella
che
verrebbe
dall
'
esigere
che
il
pubblicista
mettesse
sempre
il
suo
nome
a
fianco
delle
sue
parole
.
A
poco
a
poco
si
eleverebbe
-
per
eliminazione
degli
indegni
e
dei
mediocri
-
il
livello
morale
e
intellettuale
della
stampa
periodica
,
e
si
darebbe
la
meritata
influenza
sul
pubblico
a
quella
élite
della
intelligenza
che
è
ancora
la
sola
forma
di
aristocrazia
che
possa
avere
dei
diritti
sul
popolo
.
Giacché
,
se
è
vero
che
per
giudicare
della
bontà
di
un
'
idea
basta
contare
i
voti
dei
posteri
,
è
vero
altresì
che
occorre
pesare
quelli
dei
contemporanei
.
E
per
quanto
si
voglia
,
e
si
debba
,
abbassare
e
diminuire
l
'
efficacia
dei
singoli
individui
sull
'
ambiente
che
li
circonda
e
attribuire
tutto
l
'
onore
del
progresso
umano
alle
collettività
,
bisogna
riconoscere
che
l
'
uomo
ha
ancora
un
potere
di
suggestione
personale
,
e
che
sarebbe
dannoso
il
volerglielo
togliere
coll
'
esigere
che
egli
si
nascondesse
sempre
sotto
l
'
anonimo
.
Per
comprendere
quel
che
possa
-
più
che
l
'
idea
,
il
nome
di
colui
che
la
sostiene
e
la
divulga
-
basta
pensare
al
famoso
Io
accuso
!
di
Emilio
Zola
.
La
straordinaria
forza
di
suggestione
di
quell
'
atto
superbamente
bello
,
non
stava
tanto
nel
sentimento
e
nel
pensiero
,
quanto
nell
'
uomo
che
lo
manifestava
:
e
il
bene
immenso
che
ha
fatto
quella
lettera
alla
causa
della
giustizia
e
della
umanità
,
capovolgendo
un
'
opinione
pubblica
iniqua
,
dipendeva
non
dal
contenuto
della
lettera
,
ma
dalla
firma
.
CAPITOLO
QUINTO
Il
Parlamento
e
la
psicologia
collettiva
"
Les
Parlements
ressemblent
à
ces
ruines
que
l
'
on
foule
aux
pieds
,
mais
qui
rappellent
toujours
l
'
idée
de
quelque
temple
fameux
pour
l
'
ancienne
religion
des
peuples
"
.
MONTESQUIEU
,
Lettres
Persanes
Lettre
92
-
Usbeck
à
Rustan
.
Io
non
so
se
,
come
molti
sperano
e
alcuni
credono
,
sia
vicina
l
'
ora
in
cui
il
sistema
parlamentare
dovrà
trasformarsi
o
morire
.
Certo
so
che
non
poche
accuse
vengon
lanciate
contro
di
esso
da
uomini
politici
e
da
pensatori
,
e
che
la
grande
massa
del
pubblico
non
gli
risparmia
critiche
acerbe
e
talvolta
uno
sdegnoso
disprezzo
.
Parmi
però
che
nella
severa
requisitoria
siasi
dimenticata
l
'
accusa
più
grave
.
Finora
si
è
combattuto
il
parlamentarismo
soprattutto
nelle
persone
:
i
deputati
-
si
è
detto
-
non
sono
,
salvo
rare
eccezioni
,
i
migliori
della
nazione
,
sono
spesso
anzi
gente
mediocre
;
conquistano
il
seggio
,
fanno
i
proprî
interessi
non
quelli
degli
elettori
,
o
fanno
gl
'
interessi
di
questi
solo
in
riguardo
al
vantaggio
personale
che
ne
possono
trarre
;
manca
od
è
debole
la
disciplina
di
partito
ove
sarebbe
necessaria
,
e
la
si
ritrova
invece
sotto
la
forma
losca
di
camorra
o
sotto
la
forma
ridicola
di
puntiglio
nelle
questioni
in
cui
le
grandi
idee
politiche
non
entrano
e
gli
estremi
settori
della
Camera
potrebbero
andar
d
'
accordo
senza
offendere
la
logica
e
l
'
integrità
del
carattere
;
il
regionalismo
e
il
campanilismo
,
queste
due
manifestazioni
di
meschino
e
miope
egoismo
collettivo
,
dominano
e
spadroneggiano
insieme
all
'
egoismo
individuale
,
portando
l
'
immoralità
dentro
e
fuori
del
Parlamento
,
e
facendo
del
deputato
,
che
dovrebb
'
essere
un
legislatore
conscio
del
suo
altissimo
ufficio
,
un
uomo
che
rende
molti
favori
nella
speranza
che
a
lui
si
ricambino
con
un
solo
:
eleggerlo
nuovamente
.
E
tutto
ciò
senza
accennare
al
più
brutto
e
pur
troppo
forse
al
non
meno
diffuso
fra
i
vermi
che
rodono
il
sistema
parlamentare
:
la
compera
dei
voti
nelle
elezioni
.
Nessuno
ha
creduto
,
ch
'
io
mi
sappia
,
di
combattere
il
Parlamento
,
anziché
nelle
persone
che
lo
costituiscono
,
nella
sua
essenza
di
organismo
collettivo
.
Nessuno
cioè
si
è
posto
questo
problema
:
dato
anche
,
per
un
'
ipotesi
inverosimile
,
che
tutti
i
singoli
membri
che
lo
compongono
fossero
moralmente
e
intellettualmente
gli
ottimi
della
nazione
,
potrebbe
il
Parlamento
dare
ottimi
risultati
?
In
altre
parole
:
nel
solo
fatto
d
'
essere
una
riunione
di
molti
,
non
è
insita
la
ragione
di
quasi
tutti
i
suoi
difetti
?
A
questa
domanda
noi
tenteremo
di
rispondere
.
I
.
È
un
'
idea
volgare
,
-
che
un
ottimista
potrebbe
attribuire
alla
modestia
umana
,
e
un
pessimista
al
desiderio
di
non
assumere
responsabilità
,
-
il
credere
che
più
persone
sappiano
decidere
meglio
che
una
persona
sola
una
qualunque
questione
.
Quattro
occhi
vedono
più
di
due
,
-
dice
un
proverbio
,
che
è
senza
dubbio
vero
in
molti
casi
ma
è
anche
senza
dubbio
falso
in
molti
altri
,
come
accade
in
genere
di
tutti
i
proverbi
,
nati
dall
'
esperienza
raccolta
su
alcuni
fatti
,
e
non
applicabili
perciò
a
tutti
.
E
allargando
il
principio
contenuto
in
quel
proverbio
,
che
pareva
di
evidenza
assiomatica
,
si
è
venuti
man
mano
in
ogni
ramo
della
vita
civile
costituendo
la
regola
che
le
decisioni
importanti
dovessero
essere
prese
da
un
collegio
di
individui
anziché
da
un
solo
individuo
.
La
magistratura
giudicante
,
popolare
o
togata
,
fu
collegiale
;
i
problemi
che
riguardano
argomenti
di
arte
,
di
scienza
,
d
'
industria
,
d
'
amministrazione
,
furono
sottoposti
al
giudizio
di
Consigli
o
di
Commissioni
;
e
anche
le
leggi
,
che
sono
i
più
gravi
problemi
dei
popoli
,
dovettero
sottoporsi
al
Parlamento
,
ossia
al
voto
di
molte
persone
.
Si
credeva
con
ciò
di
ovviare
ai
pericoli
che
presenta
,
così
dal
lato
morale
come
da
quello
intellettuale
,
il
sistema
di
lasciar
arbitro
un
solo
.
Sommando
più
intelligenze
,
-
dicevasi
,
-
si
avrà
un
risultato
migliore
di
quello
che
darebbe
una
intelligenza
unica
,
e
unendo
più
persone
,
esse
si
controlleranno
a
vicenda
,
evitando
così
le
ingiustizie
,
altrimenti
assai
facili
.
Il
ragionamento
,
-
bisogna
confessarlo
,
-
era
semplice
,
e
in
apparenza
d
'
una
logica
ferrea
.
Ma
era
vero
poi
nella
pratica
?
A
me
pare
di
no
.
Anzitutto
,
per
ragioni
che
chiamerò
estrinseche
e
che
ha
egregiamente
accennate
Aristide
Gabelli
.
"
Si
dice
-
egli
scriveva
-
che
le
Giunte
,
le
Commissioni
,
i
Consigli
,
in
una
parola
i
molti
che
esercitano
il
potere
insieme
,
sono
una
guarentigia
contro
gli
abusi
.
Sarà
anche
vero
.
Ma
prima
bisogna
vedere
se
sono
di
aiuto
all
'
uso
.
Il
fine
per
cui
i
poteri
si
dànno
,
è
infatti
questo
,
che
si
adoperino
.
Quando
le
guarentigie
contro
gli
abusi
son
tali
che
ne
impediscono
l
'
uso
,
diventa
inutile
ancora
il
darle
.
Ora
i
molti
sono
appunto
una
guarentigia
di
questo
genere
,
per
le
partigianerie
e
le
discordie
che
generano
fra
loro
gli
interessi
,
le
opinioni
e
gli
umori
contrarii
;
perché
,
in
mancanza
di
questi
,
uno
viene
,
uno
non
viene
,
uno
è
ammalato
,
un
altro
è
in
viaggio
,
e
di
frequente
tutto
dev
'
esser
rimandato
con
perdita
inestimabile
di
tempo
e
spesso
di
opportunità
e
di
efficacia
;
perché
,
se
è
difficile
di
trovare
in
tutti
l
'
ingegno
,
assai
più
difficile
è
trovare
la
risoluzione
e
la
fermezza
;
perché
,
non
essendovi
responsabilità
personale
,
chi
può
cerca
di
schermirsi
;
perché
chi
ha
il
potere
e
non
l
'
esercita
,
non
è
che
un
impedimento
a
chi
dovrebbe
esercitarlo
;
perché
infine
,
senza
ripetere
ragioni
che
tutti
sanno
,
le
forze
degli
uomini
uniti
si
elidono
e
non
si
sommano
.
Ciò
è
tanto
vero
,
che
moltissime
volte
vien
fuori
una
cosa
mediocre
da
un
consesso
di
tal
natura
che
ognuno
di
quelli
che
lo
compongono
sarebbe
stato
in
grado
di
farla
meglio
da
solo
.
Gli
uomini
,
diceva
Galileo
,
non
sono
come
cavalli
attaccati
a
un
carro
che
tutti
tirano
;
ma
come
cavalli
sciolti
che
corrono
e
uno
dei
quali
guadagna
il
pallio
"
*
.
Quest
'
ultima
idea
che
il
Gabelli
enuncia
soltanto
di
sfuggita
è
,
secondo
me
,
la
più
importante
e
la
più
profonda
.
Sta
bene
il
dire
:
più
intelligenze
sommate
insieme
daranno
un
risultato
migliore
di
quello
che
darebbe
un
'
unica
intelligenza
,
ma
possiamo
noi
in
sociologia
applicare
questi
criteri
puramente
ed
esclusivamente
matematici
?
Io
non
lo
credo
.
"
Que
de
fois
j
'
ai
constaté
-
scriveva
l
'
infelice
Guy
de
Maupassant
,
-
que
l
'
intelligence
s
'
agrandit
et
s
'
élève
dès
qu
'
on
vit
seul
,
qu
'
elle
s
'
amoindrit
et
s
'
abaisse
dès
qu
'
on
se
mêle
de
nouveau
aux
autres
hommes
!
Les
contacts
,
tout
ce
qu
'
on
est
forcé
d
'
ecouter
,
d
'
entendre
et
de
répondre
,
agissent
sur
la
pensée
.
Un
flux
et
reflux
d
'
idées
va
de
tête
en
tête
,
et
un
niveau
s
'
établit
,
une
moyenne
d
'
intelligence
pour
toute
agglomération
nombreuse
d
'
individus
.
Les
qualités
d
'
initiative
intellectuelle
,
de
réflexion
sage
et
même
de
pénétration
de
tout
homme
isolé
,
disparaissent
dès
que
cet
homme
est
mêlé
à
un
grand
nombre
d
'
autres
hommes
"
*
.
Il
Maupassant
non
faceva
che
parafrasare
due
versi
di
Lamartine
:
"
Il
faut
se
séparer
,
pour
penser
,
de
la
fouleEt
s
'
y
confondre
pour
agir
"
.
La
psiche
umana
,
infatti
,
non
è
una
cifra
che
possa
andar
soggetta
alle
leggi
semplici
ed
elementari
della
scienza
dei
numeri
;
è
piuttosto
una
strana
entità
che
si
governa
colle
complicatissime
leggi
della
chimica
e
che
nell
'
associarsi
con
altre
entità
simili
dà
luogo
a
quei
fenomeni
sempre
sorprendenti
,
spesso
inspiegabili
,
che
si
chiamano
combinazioni
e
fermentazioni
.
È
perciò
che
il
risultato
dato
da
una
riunione
di
uomini
non
è
mai
una
somma
,
ma
è
sempre
un
prodotto
,
è
un
quid
ignoto
che
si
sprigiona
-
quasi
improvvisa
scintilla
psicologica
-
dai
diversi
elementi
psichici
individuali
che
si
incontrano
e
si
urtano
.
A
chi
volesse
sapere
il
perché
di
questo
fenomeno
-
certo
da
tutti
osservato
,
-
a
chi
volesse
conoscere
la
ragione
per
la
quale
,
come
dice
sinteticamente
il
Gabelli
,
le
forze
degli
uomini
riuniti
s
'
elidono
e
non
si
sommano
,
noi
non
potremmo
risponder
meglio
che
citando
una
pagina
di
Max
Nordau
,
il
forte
ed
acuto
scienziato
che
ha
il
torto
di
voler
diventare
di
quando
in
quando
un
romanziere
mediocre
.
-
"
Riunite
venti
o
trenta
Goethe
,
Kant
,
Helmholz
,
Shakespeare
,
Newton
,
ecc
..
,
-
egli
scrive
,
-
e
sottomettete
al
loro
giudizio
una
qualsiasi
questione
pratica
del
momento
.
I
loro
discorsi
saranno
forse
diversi
da
quelli
che
potrebbe
pronunziare
un
'
assemblea
di
gente
comune
(
benché
io
non
vorrei
rispondere
nemmeno
di
questo
)
,
ma
quanto
alle
loro
decisioni
io
sono
certo
ch
'
esse
non
differirebbero
in
nulla
da
quelle
di
un
'
assemblea
qualunque
.
E
perché
ciò
?
Perché
ciascuno
dei
venti
o
trenta
eletti
,
oltre
alla
propria
originalità
che
fa
di
lui
un
individuo
eccellente
,
possiede
anche
il
patrimonio
delle
qualità
ereditate
dalla
specie
,
che
lo
rendono
simile
non
solo
al
suo
vicino
nell
'
assemblea
,
ma
anche
a
tutti
gli
individui
sconosciuti
che
passano
per
la
strada
.
Si
può
dire
che
tutti
gli
uomini
allo
stato
normale
posseggono
certe
qualità
che
costituiscono
un
valore
comune
,
identico
,
-
supponiamo
eguale
a
x
,
-
valore
che
è
aumentato
negli
individui
superiori
da
un
altro
valore
,
per
ognuno
differente
,
e
che
per
ciò
deve
esser
indicato
in
modo
diverso
per
ciascuno
di
essi
:
sia
,
per
esempio
,
eguale
a
b
,
c
,
d
,
ecc
.
Ciò
ammesso
,
ne
segue
che
in
un
'
assemblea
di
20
uomini
,
tutti
genii
di
primo
ordine
,
si
avranno
20
x
,
e
soltanto
1
b
,
1
c
,
1
d
,
ecc
.
,
e
necessariamente
le
20
x
,
vinceranno
le
b
,
c
,
d
,
isolate
;
vale
a
dire
l
'
essenza
generale
umana
vincerà
la
personalità
individuale
,
e
il
berretto
dell
'
operaio
coprirà
completamente
il
cappello
del
medico
,
del
pensatore
e
del
filosofo
"
*
.
Queste
parole
,
che
a
me
paiono
un
assioma
piuttosto
che
una
dimostrazione
,
vengono
confermate
,
per
chi
dubitasse
della
loro
esattezza
,
da
una
lunga
serie
di
fatti
.
A
che
si
devono
,
se
non
al
fenomeno
così
acutamente
spiegato
dal
Nordau
,
i
frequentissimi
verdetti
assurdi
dei
giurati
?
Io
ho
visto
assolvere
tre
giovani
che
s
'
erano
,
essi
stessi
,
confessati
colpevoli
d
'
aver
fatto
subire
a
una
povera
ragazza
gli
ultimi
oltraggi
e
di
averla
in
seguito
martirizzata
in
un
modo
osceno
.
Credete
voi
che
i
giurati
,
presi
ognuno
separatamente
,
avrebbero
assolto
quei
tre
miserabili
?
Io
mi
permetto
di
dubitarlo
.
Raffaele
Garofalo
ricorda
un
esperimento
da
lui
fatto
sopra
un
collegio
di
sei
distinti
medici
,
i
quali
,
pregati
di
dare
un
giudizio
su
un
uomo
accusato
di
furto
,
lo
dichiararono
innocente
malgrado
le
prove
evidenti
di
colpabilità
,
e
riconobbero
più
tardi
d
'
essersi
sbagliati
.
In
questi
casi
,
-
e
negli
infiniti
altri
che
si
potrebbero
citare
,
-
è
appunto
il
semplice
fatto
d
'
essere
in
alcuni
invece
che
soli
,
la
causa
del
verdetto
spropositato
.
L
'
unione
di
più
intelligenze
diminuisce
,
anziché
accrescere
,
il
valore
intellettuale
della
decisione
da
prendersi
;
e
come
nell
'
assemblea
di
genii
sognata
da
Nordau
è
probabile
che
il
risultato
sia
quale
potrebbe
darlo
il
cervello
d
'
un
uomo
mediocre
,
così
in
questi
giurì
di
uomini
di
buon
senso
è
facile
ottenere
un
verdetto
che
scenda
non
solo
al
disotto
del
buon
senso
,
ma
anche
al
disotto
del
senso
comune
.
L
'
identico
fenomeno
si
verifica
,
-
e
naturalmente
dovuto
alle
identiche
cause
,
-
in
seno
alle
troppe
Commissioni
artistiche
,
scientifiche
,
industriali
,
che
sono
una
delle
piaghe
più
dolorose
del
nostro
sistema
amministrativo
.
Accade
spesso
che
le
loro
decisioni
sorprendano
il
pubblico
per
la
loro
stranezza
.
Come
è
possibile
,
-
si
dice
-
che
degli
uomini
come
quelli
che
facevan
parte
della
Commissione
abbiano
potuto
emettere
un
giudizio
così
illogico
,
così
falso
?
Come
è
possibile
che
dieci
o
venti
artisti
,
dieci
o
venti
scienziati
,
diano
un
verdetto
che
non
è
conforme
né
ai
principi
dell
'
arte
né
a
quelli
della
scienza
?
L
'
autore
delle
"
Menzogne
convenzionali
"
risponderebbe
che
anche
qui
...
il
berretto
dell
'
operaio
copre
il
cappello
del
professore
.
Melchior
de
Vogüé
,
colla
sua
abituale
acutezza
,
diceva
un
giorno
,
a
proposito
d
'
uno
degli
ultimi
ministeri
francesi
:
-
"
Ces
ministres
,
dont
je
plaisais
à
constater
plus
haut
la
valeur
individuelle
,
ces
hommes
qui
,
pour
la
plupart
,
montrent
dans
leurs
départemens
respectifs
d
'
éminentes
qualités
d
'
administration
,
il
semble
qu
'
une
paralysie
foudroyante
les
frappe
quand
ils
se
trouvent
réunis
autour
de
la
table
du
Conseil
ou
au
pied
de
la
tribune
,
devant
une
résolution
collective
à
prendre
"
.
Orbene
,
nei
Parlamenti
perché
non
dovrà
accadere
la
stessa
cosa
?
Il
ragionamento
del
Nordau
vale
anche
se
al
posto
della
cifra
20
si
mette
quella
di
100
o
di
500
.
Anzi
l
'
aumento
del
numero
non
fa
che
esagerare
e
rendere
più
acuto
il
fenomeno
.
Lord
Chesterfield
,
in
una
lettera
a
suo
figlio
,
constatava
questa
fatale
eliminazione
delle
qualità
migliori
dell
'
intelligenza
in
ogni
numerosa
riunione
di
uomini
.
"
Dopo
di
me
,
-
egli
scriveva
,
-
prese
la
parola
lord
Macclefield
che
ebbe
una
grandissima
parte
nella
preparazione
del
bill
e
che
è
uno
dei
più
grandi
matematici
e
astronomi
dell
'
Inghilterra
,
e
parlò
con
una
conoscenza
profonda
della
questione
e
una
grande
chiarezza
.
Ma
,
malgrado
ciò
,
la
preferenza
fu
data
a
me
,
molto
ingiustamente
,
lo
confesso
"
.
Indi
aggiunge
:
"
Sarà
sempre
così
.
Ogni
assemblea
è
una
folla
;
qualunque
sieno
le
individualità
che
la
compongono
,
non
bisogna
mai
pretendere
da
essa
il
linguaggio
della
ragione
:
una
collettività
d
'
individui
non
possiede
la
facoltà
di
comprendere
...
"
.
L
'
esperienza
popolare
,
del
resto
,
aveva
già
intuito
quello
che
il
filosofo
tedesco
ha
dimostrato
recentemente
e
che
lord
Chesterfield
osservava
fin
dal
1751
.
Un
vecchio
proverbio
dice
:
senatores
boni
viri
,
senatus
autem
mala
bestia
:
e
il
pubblico
oggi
ribadisce
questo
dettato
,
quando
a
proposito
di
certi
gruppi
sociali
afferma
che
,
presi
separatamente
,
gli
individui
che
li
compongono
sono
galantuomini
,
messi
insieme
sono
birbanti
.
Enrico
Ferri
aveva
quindi
ragione
di
scrivere
che
"
la
riunione
di
persone
capaci
non
è
arra
sicura
della
capacità
complessiva
e
definitiva
:
dalla
riunione
di
persone
di
buon
senso
si
può
ottenere
un
'
assemblea
che
manchi
del
senso
comune
,
come
nella
chimica
dalla
riunione
di
due
gaz
si
può
avere
un
corpo
liquido
"
*
.
È
doloroso
ma
è
vero
:
contro
le
leggi
della
logica
matematica
,
l
'
essere
in
molti
,
anche
intelligentissimi
,
non
può
che
condurre
a
un
risultato
intellettualmente
mediocre
.
II
.
Ma
dunque
,
-
dirà
a
questo
punto
il
lettore
il
quale
essendo
,
secondo
Aristotele
,
un
animale
politico
,
vedrà
subito
le
gravissime
conseguenze
politiche
che
possono
derivare
dalle
nostre
osservazioni
,
-
ma
dunque
,
se
voi
condannate
a
priori
le
decisioni
prese
da
più
persone
,
volete
il
ritorno
alla
tirannia
personale
dispotica
,
senza
sindacato
alcuno
e
senza
alcuna
garanzia
?
Volete
far
vostra
la
frase
del
Casti
:
meglio
fra
gli
artigli
di
un
leone
che
fra
le
unghie
di
cento
topi
?
Io
non
dico
questo
perché
la
conclusione
sarebbe
esagerata
e
troppo
assoluta
:
io
mi
limito
a
criticare
quelli
che
credo
difetti
del
sistema
attuale
.
Questo
sistema
è
nato
appunto
,
-
da
una
parte
per
la
ragione
accennata
più
sopra
,
che
in
più
ci
si
vede
meglio
che
in
uno
,
-
e
dall
'
altra
parte
per
reagire
al
pericoloso
vecchio
sistema
tirannico
dell
'
arbitrio
supremo
d
'
un
solo
.
Due
vizî
erano
contenuti
nelle
tirannie
antiche
:
essere
ereditarie
ed
essere
individuali
.
Il
primo
era
senza
dubbio
più
grave
del
secondo
,
-
e
il
mezzo
migliore
ma
quasi
impossibile
per
correggerlo
,
sarebbe
stato
di
attuare
il
sogno
di
Carlyle
facendo
despoti
i
geni
anziché
i
figli
del
despota
precedente
.
Si
è
voluto
invece
correggere
entrambi
quei
vizî
e
sopratutto
il
secondo
e
si
è
dato
il
potere
al
popolo
.
Alla
tirannia
di
uno
si
è
sostituita
quella
di
moltissimi
;
il
pregiudizio
del
diritto
divino
dei
re
,
-
direbbe
Spencer
,
-
è
stato
sostituito
dal
pregiudizio
del
diritto
divino
dei
Parlamenti
.
Un
tempo
si
era
sovrani
per
nascita
,
oggi
lo
si
è
per
numero
.
L
'
aritmetica
ha
detronizzato
l
'
eredità
.
Veramente
ci
sono
ancora
alcuni
solitarii
spiriti
aristocratici
i
quali
non
sanno
vedere
la
ragione
di
questo
scettro
gettato
forse
imprudentemente
alla
massa
.
O
perché
il
voto
di
100
calzolai
dovrà
valere
quanto
il
voto
di
100
uomini
colti
?
-
"
J
'
aime
mieux
faire
ma
cour
à
M
.
Guizot
qu
'
à
mon
portier
"
,
-
diceva
il
Beyle
,
riassumendo
così
con
la
sua
rovente
ironia
l
'
apparente
paradosso
che
,
mettendo
l
'
origine
del
potere
in
basso
,
sembra
asservire
l
'
intelligenza
al
numero
.
Ed
è
nota
l
'
orgogliosa
boutade
di
quell
'
oratore
che
sentendosi
applaudir
dalla
folla
esclamò
interrompendosi
:
"
Mi
applaudono
?
ho
dunque
detto
una
sciocchezza
?
"
.
Insieme
a
lui
sono
molti
gli
ingegni
che
,
sdegnando
l
'
opinione
del
pubblico
,
fanno
proprii
i
versi
superbi
del
poeta
:
"
Rien
ne
me
plaît
,
hors
ce
qui
peut
déplaireAu
jugement
du
rude
populaire
"
.
Ma
hanno
veramente
ragione
queste
anime
sdegnose
e
sono
esse
veramente
sincere
?
Il
filisteo
tanto
disprezzato
non
è
forse
il
fertile
campo
su
cui
esse
lavorano
,
la
condizione
necessaria
della
loro
stessa
esistenza
,
perché
è
a
lui
ch
'
esse
debbono
la
palma
del
trionfo
e
la
consacrazione
della
gloria
?
S
'
io
non
erro
,
in
fondo
a
questa
teoria
come
in
fondo
alla
teoria
di
chi
sostiene
il
diritto
assoluto
della
maggioranza
,
si
cela
un
equivoco
.
Entrambi
,
aristocratici
e
democratici
(
chiamiamoli
così
per
brevità
)
,
hanno
in
parte
ragione
e
in
parte
torto
.
Hanno
ragione
i
secondi
se
fanno
giudice
supremo
la
maggioranza
soltanto
nel
tempo
;
hanno
ragione
i
primi
se
i
secondi
voglion
far
giudice
la
maggioranza
.
non
solo
nel
tempo
,
ma
anche
in
ogni
dato
e
attuale
momento
storico
.
E
mi
spiego
.
Tutto
ciò
che
esiste
e
che
è
opera
dell
'
uomo
,
-
dagli
oggetti
materiali
alle
idee
,
-
non
è
che
l
'
imitazione
o
la
ripetizione
più
o
meno
modificata
di
un
'
idea
già
inventata
da
un
'
individualità
superiore
.
Come
tutte
le
parole
del
nostro
vocabolario
,
oggi
molto
comuni
,
erano
una
volta
neologismi
,
così
tutto
ciò
che
oggi
è
comune
,
era
una
volta
unico
e
originale
.
L
'
originalità
,
-
fu
detto
molto
spiritosamente
,
-
non
è
altro
che
la
première
della
volgarità
.
Se
questa
originalità
non
ha
in
sé
stessa
le
condizioni
di
vita
,
gli
imitatori
mancano
ed
essa
muore
nell
'
oblio
,
come
ricade
nel
nulla
una
commedia
fischiata
alla
sua
prima
rappresentazione
:
al
contrario
se
essa
ha
in
sé
un
sol
germe
di
utile
,
un
'
anima
di
verità
,
gli
imitatori
aumentano
all
'
infinito
come
le
rappresentazioni
d
'
un
dramma
vitale
.
Il
fondo
delle
idee
che
noi
disprezziamo
oggi
come
troppo
volgari
perché
corrono
su
tutte
le
bocche
,
è
dunque
formato
dalle
intuizioni
,
-
un
tempo
miracolose
,
oggi
invecchiate
,
-
dei
filosofi
dell
'
antichità
,
e
i
luoghi
comuni
dei
discorsi
più
ordinari
hanno
cominciato
la
loro
carriera
come
scintille
brillanti
d
'
originalità
.
Ciò
che
non
era
degno
di
vivere
è
morto
,
e
ciò
che
oggi
forma
la
sapienza
e
la
coscienza
della
gran
massa
del
pubblico
è
quanto
di
meglio
i
genii
hanno
inventato
nei
secoli
.
È
quindi
giusto
il
dire
che
nel
tempo
l
'
unico
giudice
d
'
ogni
idea
è
la
maggioranza
.
Essa
sola
col
suo
lento
e
tardo
verdetto
dà
la
sanzione
suprema
a
quello
che
i
grandi
uomini
hanno
creato
o
trovato
.
Ma
se
da
questo
punto
di
vista
,
che
chiamerò
dinamico
,
è
necessario
il
riconoscere
nella
maggioranza
il
diritto
di
giudicare
,
possiamo
noi
riconoscere
egualmente
questo
diritto
dal
punto
di
vista
statico
?
In
altre
parole
,
la
maggioranza
che
è
in
grado
di
giudicare
,
ed
è
anzi
l
'
unico
giudice
,
di
un
'
idea
di
cento
o
di
mille
anni
fa
,
-
è
anche
in
grado
di
giudicare
l
'
idea
di
un
pensatore
contemporaneo
?
Soppressa
la
distanza
nel
tempo
,
in
questo
fenomeno
collettivo
del
pensiero
,
possiamo
noi
dire
che
le
altre
condizioni
rimangano
eguali
?
Evidentemente
la
risposta
non
può
che
essere
negativa
.
Coloro
stessi
che
si
inchinano
al
parere
dato
dalla
maggioranza
su
una
questione
attuale
,
non
possono
disconoscere
che
questo
parere
è
spesso
o
per
lo
meno
alcune
volte
sbagliato
,
mentre
necessariamente
tutti
si
inchinano
al
parere
dato
dalla
maggioranza
,
-
e
in
essa
formatasi
per
lenta
evoluzione
,
-
su
un
'
idea
che
sorse
molti
secoli
addietro
.
Il
numero
,
insomma
,
è
supremo
giudice
dal
punto
di
vista
dinamico
:
non
lo
è
dal
punto
di
vista
statico
.
E
per
esprimermi
con
una
frase
,
forse
in
parte
inesatta
,
ma
che
ad
ogni
modo
intesa
in
senso
relativo
scolpisce
il
mio
pensiero
,
dirò
che
,
se
per
giudicare
di
un
'
idea
basta
contare
i
voti
dei
posteri
,
occorre
pesare
quelli
dei
contemporanei
*
.
Sostenere
che
i
più
,
in
un
dato
momento
storico
,
hanno
sempre
ragione
,
e
i
meno
hanno
sempre
torto
,
è
constatare
un
fatto
politicamente
innegabile
(
e
fatalmente
necessario
)
ma
non
giusto
.
Le
minoranze
invece
,
nel
mondo
come
nei
Parlamenti
,
sono
sempre
state
la
gloria
di
ogni
paese
.
A
priori
quindi
,
il
diritto
della
maggioranza
,
applicato
com
'
è
alla
nostra
vita
politica
,
pare
urti
contro
la
logica
,
giacché
l
'
opinione
dei
più
non
è
in
tutti
i
casi
l
'
opinione
migliore
;
urta
specialmente
quando
si
consideri
che
questo
diritto
della
maggioranza
si
esplica
col
mezzo
dei
Parlamenti
,
cioè
di
numerose
riunioni
di
uomini
,
le
quali
,
-
come
noi
tentammo
dimostrare
più
indietro
,
-
abbassano
sempre
,
per
legge
fatale
di
psicologia
collettiva
,
il
valore
intellettuale
della
decisione
da
prendersi
.
E
non
solo
si
abbassa
necessariamente
il
valore
dei
risultati
,
ma
questi
possono
dipendere
da
cause
improvvise
,
inaspettate
e
sproporzionate
all
'
effetto
che
producono
.
Una
parola
,
un
gesto
,
un
atto
qualsiasi
,
mutano
repentinamente
le
tendenze
di
un
'
assemblea
come
di
una
folla
;
il
contagio
fulmineo
di
un
'
emozione
cambia
in
un
momento
il
parere
di
tutti
,
come
una
folata
di
vento
che
curvi
tutte
da
un
lato
le
cime
di
un
campo
di
biade
;
e
quindi
,
oltre
all
'
abbassamento
del
livello
intellettuale
,
un
'
assemblea
può
andar
soggetta
ad
un
istantaneo
traviamento
intellettuale
:
dare
cioè
dei
risultati
non
soltanto
di
valore
minore
di
quello
che
darebbe
ognuno
dei
suoi
membri
,
ma
altresì
di
valore
totalmente
diverso
.
Ciò
accade
in
ogni
riunione
di
uomini
:
accade
tanto
più
nei
Parlamenti
,
i
quali
,
pel
modo
come
sono
formati
e
per
il
modo
come
decidono
,
rappresentano
e
riuniscono
due
fasi
di
psicologia
collettiva
le
quali
si
sovrappongono
,
o
,
per
usare
un
'
espressione
chimicamente
più
esatta
,
si
combinano
.
Infatti
,
non
solo
le
votazioni
dei
deputati
,
ma
anche
le
elezioni
dei
deputati
sono
dovute
al
giuoco
d
'
azzardo
della
psicologia
collettiva
.
Quali
sono
i
coefficienti
più
importanti
che
concorrono
all
'
elezione
di
un
deputato
,
tralasciando
la
compera
dei
voti
sulla
quale
è
inutile
insistere
,
giacché
per
se
stessa
mostra
il
suo
danno
?
Sono
i
discorsi
e
i
giornali
.
Orbene
,
questi
due
mezzi
di
persuasione
,
o
,
-
dirò
meglio
,
-
di
suggestione
sul
pubblico
,
sono
i
più
forti
e
nello
stesso
tempo
i
meno
sicuri
:
quelli
cioè
che
possono
dare
l
'
esito
più
impreveduto
e
più
illogico
,
appunto
perché
agiscono
(
e
sopratutto
il
primo
)
approfittando
delle
sorprese
della
psicologia
collettiva
.
Senonché
,
a
chiarir
bene
il
mio
concetto
,
qui
ho
bisogno
di
chiedere
al
lettore
ch
'
egli
mi
segua
in
una
breve
parentesi
su
quel
fenomeno
facilmente
osservabile
ma
poco
osservato
,
che
è
la
fisiologia
del
successo
.
III
.
Nel
campo
intellettuale
,
la
figura
che
si
eleva
ha
,
secondo
il
genere
di
arte
o
di
scienza
cui
s
'
è
dedicata
,
diversa
celerità
nell
'
arrivare
alla
notorietà
e
alla
fama
.
Prescindendo
anche
qui
dalla
réclame
che
si
compera
,
noi
possiam
dire
che
la
suggestione
sulla
massa
,
e
quindi
il
successo
può
essere
lento
o
immediato
,
e
generalmente
è
lento
se
la
suggestione
si
esercita
in
modo
diffuso
,
ossia
su
un
individuo
alla
volta
,
immediato
se
si
esercita
in
modo
intenso
,
ossia
su
una
folla
di
individui
insieme
.
Un
libro
,
per
esempio
,
non
è
mai
giudicato
come
un
dramma
;
quello
è
letto
dai
singoli
studiosi
che
nella
quiete
solitaria
della
loro
stanza
possono
spontaneamente
formarsi
un
'
opinione
sincera
;
-
questo
è
ascoltato
dagli
spettatori
riuniti
,
i
quali
si
suggestionano
incoscientemente
a
vicenda
,
e
formano
tutti
insieme
un
mostro
a
mille
teste
che
par
voglia
intimare
al
povero
autore
questo
dilemma
terribile
:
divertimi
o
ti
divoro
!
Le
condizioni
del
giudizio
sono
evidentemente
diverse
.
Qual
'
è
la
migliore
?
Prima
di
rispondere
,
facciamo
un
'
altra
domanda
.
Avete
mai
sottoposto
ad
una
analisi
di
chimica
psicologica
quelli
scoppi
infrenabili
di
entusiasmo
che
,
in
un
teatro
o
in
una
sala
,
coprono
talvolta
sotto
un
uragano
di
applausi
la
fine
di
una
scena
drammatica
o
le
ultime
parole
di
un
discorso
eloquente
?
In
quel
momento
,
il
pubblico
crede
d
'
essere
giusto
e
sincero
,
perché
egli
prova
veramente
l
'
emozione
che
manifesta
;
ma
è
proprio
tutto
merito
del
dramma
o
dell
'
oratore
se
gli
spettatori
sono
giunti
a
quel
grado
di
approvazione
frenetica
,
o
non
c
'
è
forse
invece
qualche
altra
droga
che
ha
contribuito
a
far
spumeggiare
questo
inebriante
vino
dell
'
entusiasmo
?
Nessuno
ignora
la
legge
psicologica
,
di
indiscutibile
verità
,
che
l
'
intensità
di
una
emozione
cresce
in
proporzione
diretta
del
numero
delle
persone
che
risentono
quell
'
emozione
nello
stesso
luogo
e
contemporaneamente
.
Alfredo
Espinas
nel
suo
volume
Des
Sociétés
animales
,
ha
dato
la
prova
matematica
di
questo
fenomeno
:
-
"
Supponiamo
,
-
egli
scrive
,
-
che
l
'
emozione
risentita
da
un
dato
oratore
quando
si
presenta
al
pubblico
possa
essere
rappresentata
dalla
cifra
10
,
e
che
alle
prime
parole
,
ai
primi
lampi
della
sua
eloquenza
,
egli
ne
comunichi
almeno
la
metà
ai
suoi
uditori
che
saranno
,
-
supponiamo
ancora
,
-
300
.
Ognuno
reagirà
con
degli
applausi
o
col
raddoppiare
la
propria
attenzione
e
ciò
produrrà
quello
che
nei
resoconti
dicesi
un
movimento
(
sensazione
)
.
Ma
questo
movimento
sarà
risentito
da
tutti
nello
stesso
tempo
,
giacché
l
'
uditore
non
è
meno
preoccupato
dell
'
uditorio
,
che
dell
'
oratore
,
e
la
sua
immaginazione
è
immediatamente
colpita
dallo
spettacolo
di
queste
300
persone
in
preda
tutte
ad
un
'
emozione
;
spettacolo
che
non
può
non
produrre
in
lui
un
'
emozione
reale
.
Ammettendo
che
esso
non
risenta
che
la
metà
di
questa
emozione
,
la
scossa
da
lui
subìta
sarà
rappresentata
non
più
da
5
,
ma
dalla
metà
di
5
moltiplicata
per
300
,
vale
a
dire
da
750
"
.
Orbene
,
s
'
io
non
m
'
inganno
,
queste
parole
bastano
a
dimostrare
che
tutti
i
giudizi
dati
da
una
folla
sono
fatalmente
esagerati
,
giacché
la
singola
opinione
dell
'
uditore
si
eleva
alla
ennesima
potenza
per
il
solo
fatto
della
presenza
di
altre
persone
.
Il
numero
in
questo
caso
,
è
il
coefficiente
primo
e
più
importante
del
successo
,
il
quale
non
è
certo
creato
da
lui
,
ma
è
però
da
lui
sviluppato
a
proporzioni
che
toccano
talvolta
le
cime
dell
'
inverosimile
.
Non
per
nulla
Luigi
di
Baviera
,
che
era
pazzo
ma
che
era
anche
un
grande
artista
,
e
una
grande
coscienza
d
'
artista
,
voleva
assistere
da
solo
,
nel
teatro
deserto
,
alle
rappresentazioni
delle
opere
di
Vagner
.
Egli
sentiva
che
in
tal
modo
soltanto
,
libero
da
qualunque
suggestione
,
avrebbe
potuto
sinceramente
giudicare
e
godere
le
manifestazioni
del
genio
.
Per
uno
scienziato
o
un
artista
che
si
diriga
al
pubblico
sparso
anziché
al
pubblico
riunito
,
gli
effetti
e
la
misura
del
successo
sono
sostanzialmente
diversi
*
.
Voi
conoscete
la
lettera
che
l
'
Esther
di
Balzac
-
questa
fanciulla
insensibile
e
depravata
che
l
'
amore
purifica
e
innalza
-
scrive
al
suo
amante
prima
di
morire
.
Ella
si
uccide
perché
si
è
venduta
a
Nucingen
per
Rubempré
.
Lascia
al
suo
poeta
settecento
e
cinquanta
mila
lire
,
prezzo
di
questo
mercato
,
e
scherzando
sull
'
orlo
del
sepolcro
affinché
egli
rimanga
men
triste
,
gli
scrive
:
"
Qui
est
-
ce
qui
te
fera
comme
moi
ta
raie
dans
les
cheveux
?
"
Si
dice
che
Balzac
,
leggendo
questa
lettera
ad
alta
voce
,
s
'
interrompesse
,
esclamando
colle
lagrime
agli
occhi
:
"
Comme
c
'
est
beau
!
"
.
Quante
volte
non
è
accaduto
ad
ognuno
di
noi
di
commoverci
-
pur
troppo
non
come
autori
-
alla
lettura
di
certe
pagine
sublimi
?
Ma
quel
fiotto
di
ammirazione
che
ci
saliva
dal
cuore
e
che
,
se
fossimo
stati
in
un
teatro
o
in
una
sala
affollata
,
avrebbe
condotto
istantaneamente
per
sola
virtù
di
contagio
al
delirio
dell
'
applauso
,
si
spegneva
solitario
nell
'
anima
nostra
e
fra
le
pareti
del
nostro
studio
.
L
'
autore
di
un
libro
non
vede
e
non
sa
queste
isolate
manifestazioni
d
'
entusiasmo
:
egli
non
conosce
quel
pubblico
sparso
che
lo
ammira
,
e
,
se
ne
ode
le
singole
voci
,
non
ne
ode
però
la
voce
collettiva
e
grandiosa
.
Egli
non
può
mai
essere
come
un
oratore
o
come
l
'
autore
d
'
un
dramma
o
d
'
un
melodramma
,
il
fuoco
ove
convengono
in
un
unico
istante
tutte
le
impressioni
risentite
da
centinaia
di
uditori
,
centuplicate
,
-
ognuna
di
esse
,
-
sul
suo
valore
effettivo
dal
solo
fatto
della
presenza
di
altri
uditori
;
ed
è
perciò
ch
'
egli
non
gode
mai
la
voluttà
acuta
e
suprema
di
veder
tutto
un
pubblico
commosso
e
delirante
ai
suoi
piedi
,
come
lo
vedono
invece
oratori
e
autori
drammatici
che
valgono
-
talvolta
-
assai
meno
di
lui
.
Altra
cosa
dunque
,
è
agire
su
un
pubblico
riunito
,
altra
cosa
è
agire
su
un
pubblico
diffuso
.
Quale
-
ripeto
-
la
condizione
migliore
?
Soggettivamente
,
non
saprei
.
La
risposta
dipende
dal
temperamento
individuale
.
V
'
è
chi
si
compiace
d
'
essere
travolto
dalle
acclamazioni
di
una
folla
;
v
'
è
chi
si
accontenta
di
conoscere
per
vie
indirette
l
'
ammirazione
che
il
pubblico
gli
tributa
.
Mascagni
e
Zola
possono
essere
ugualmente
soddisfatti
nella
loro
vanità
o
nel
loro
giusto
orgoglio
,
-
l
'
uno
assistendo
a
quell
'
attacco
epilettico
d
'
entusiasmo
che
colpì
i
viennesi
alla
rappresentazione
di
Cavalleria
Rusticana
e
dell
'
Amico
Fritz
,
-
l
'
altro
apprendendo
dal
suo
editore
Charpentier
che
la
Debâcle
in
pochi
mesi
aveva
raggiunto
il
150°
migliaio
.
Sono
due
plebisciti
,
diversi
nella
manifestazione
,
simili
nel
significato
.
Oggettivamente
,
-
non
v
'
è
dubbio
che
il
giudizio
del
pubblico
sparso
è
il
più
sicuro
e
il
più
vero
.
Ho
già
dimostrato
che
il
giudizio
di
una
folla
è
sempre
esagerato
per
la
sola
influenza
del
numero
,
la
quale
eleva
necessariamente
il
diapason
delle
singole
opinioni
individuali
.
Credo
di
poter
aggiungere
che
questo
giudizio
è
anche
spesso
sbagliato
.
La
psicologia
collettiva
rare
volte
è
guidata
dalla
logica
e
dal
buon
senso
.
L
'
occasione
,
il
caso
fortuito
,
l
'
incosciente
,
determinano
nella
maggior
parte
dei
casi
le
sue
manifestazioni
.
Un
grido
di
un
solo
,
forza
a
quel
grido
tutti
gli
altri
.
Il
contagio
dell
'
applauso
o
della
disapprovazione
,
è
fulmineo
,
come
in
una
volata
d
'
uccelli
il
minimo
sbatter
d
'
ali
produce
in
tutti
un
panico
irresistibile
.
E
allora
,
il
giudizio
che
ne
esce
e
che
noi
crediamo
la
somma
dei
giudizi
di
tutti
,
non
è
che
il
parere
d
'
un
solo
il
quale
,
per
l
'
ignoto
fenomeno
della
suggestione
,
è
divenuto
ad
un
tratto
il
casuale
ed
istantaneo
despota
di
tutta
la
folla
.
...
"
J
'
ai
l
'
horreur
des
foules
,
scriveva
Guy
de
Maupassant
:
je
ne
puis
entrer
dans
un
théâtre
ni
assister
à
une
fête
publique
.
J
'
y
éprouve
aussitôt
un
malaise
bizarre
,
insoutenable
,
un
énervement
affreux
,
comme
si
je
luttais
de
toute
ma
force
contre
une
influence
irrésistible
et
mystérieuse
.
Et
je
lutte
en
effet
contre
l
'
âme
de
la
foule
qui
essaye
de
pénétrer
en
moi
...
"
.
Il
fenomeno
più
meraviglioso
che
avviene
nelle
folle
è
appunto
questo
annientamento
delle
singole
personalità
in
una
personalità
unica
,
immensa
,
diversa
da
ognuna
di
quelle
che
la
compongono
.
Si
direbbe
che
ogni
individuo
perde
la
facoltà
di
sentire
e
di
pensare
e
diviene
strumento
cieco
di
un
cervello
e
di
un
'
anima
ignoti
.
Nella
folla
,
un
uomo
applaude
,
fischia
,
grida
viva
o
morte
,
quasi
senza
saperlo
.
Togliete
quest
'
uomo
dalla
folla
,
sottraetelo
a
quel
fascino
,
ed
egli
pel
primo
si
meraviglierà
di
quello
che
ha
fatto
.
S
'
aggiunga
che
dinanzi
ad
una
folla
,
qualunque
manifestazione
dell
'
ingegno
corre
dei
grandissimi
rischi
.
La
psicologia
collettiva
,
-
in
questo
simile
alla
psicologia
femminile
(
mi
perdonino
le
signore
)
-
è
fatta
di
crudeltà
e
di
contraddizioni
,
e
passa
,
o
meglio
,
salta
velocissimamente
da
un
dato
sentimento
al
sentimento
opposto
.
Un
attore
od
un
oratore
che
pronuncino
male
una
parola
,
possono
-
suscitando
,
anche
nel
momento
più
serio
,
una
crudele
risata
-
compromettere
l
'
esito
d
'
una
commedia
o
di
un
discorso
;
un
dramma
che
cominci
con
una
frase
strana
o
che
si
presti
ad
un
giuoco
di
parole
,
può
esser
sicuro
di
non
andar
più
innanzi
.
Prova
ne
sia
il
famoso
"
O
Salamini
!
"
della
tragedia
di
Alfieri
.
Il
ridicolo
-
in
questi
casi
-
uccide
tutto
,
anche
la
gloria
,
checché
ne
dica
M.me
de
Staël
.
Il
giudizio
del
pubblico
sparso
,
quello
che
tocca
ai
libri
,
non
presenta
questi
pericoli
.
Certo
,
anche
per
il
libro
,
il
verdetto
collettivo
si
forma
a
poco
a
poco
,
giacché
tutti
i
lettori
diffusi
si
comunicano
le
loro
impressioni
,
e
i
singoli
pareri
si
fondono
insieme
come
singole
note
che
assurgano
ad
un
unico
accordo
;
ma
è
questo
un
unisono
che
sorge
più
gradatamente
riunendo
opinioni
più
ponderate
e
perciò
meno
facilmente
modificabili
,
anziché
esser
dovuto
a
scoppio
improvviso
di
psicologia
collettiva
incosciente
.
Analogo
all
'
effetto
che
produce
un
discorso
pronunziato
innanzi
a
centinaia
di
individui
riuniti
,
è
l
'
effetto
prodotto
da
un
'
idea
espressa
o
da
una
persona
lodata
in
un
giornale
politico
quotidiano
.
Per
la
psicologia
collettiva
si
può
dire
che
il
giornale
-
in
questi
casi
-
equivale
al
discorso
.
Infatti
l
'
istantaneità
dell
'
impressione
prodotta
dall
'
oratore
su
persone
riunite
,
è
sostituita
da
un
brevissimo
spazio
di
tempo
(
le
2
o
3
ore
posteriori
all
'
uscita
del
giornale
,
entro
le
quali
tutti
l
'
hanno
letto
)
in
cui
l
'
impressione
dell
'
articolo
o
della
notizia
si
diffonde
su
persone
vicine
e
comunicanti
,
per
necessità
di
vita
,
fra
loro
.
Basta
aver
assistito
una
sola
volta
-
alla
capitale
o
in
provincia
,
in
un
caffè
o
alla
farmacia
-
all
'
arrivo
di
un
giornale
aspettato
,
per
convincersi
quanto
sia
grande
l
'
effetto
e
istantanea
la
suggestione
della
notizia
che
interessa
e
che
era
attesa
.
Il
contenuto
dell
'
articolo
passa
di
bocca
in
bocca
con
una
celerità
quasi
eguale
a
quella
con
cui
le
emozioni
si
propagano
in
una
folla
:
i
commenti
favorevoli
o
sfavorevoli
hanno
la
forza
suggestiva
dell
'
applauso
o
della
disapprovazione
che
accoglie
un
discorso
,
e
il
pensiero
di
ognuno
subisce
,
cosciente
o
incosciente
-
una
vera
costrizione
,
come
quella
d
'
ogni
singolo
spettatore
in
un
teatro
o
in
una
assemblea
.
In
una
parola
,
l
'
effetto
del
giornale
è
,
come
quello
di
un
discorso
,
esagerato
e
spesso
anche
fallace
.
IV
.
Ora
,
dopo
la
digressione
,
ritorniamo
al
punto
donde
siamo
partiti
.
Io
dicevo
che
l
'
elezione
del
deputato
è
dovuta
specialmente
alle
forze
di
suggestione
sprigionantisi
da
questi
due
mezzi
:
arte
oratoria
e
giornali
quotidiani
.
È
dovuta
cioè
ai
due
mezzi
che
più
facilmente
e
più
velocemente
costruiscono
quell
'
edificio
che
si
chiama
il
successo
(
edificio
poco
solido
certamente
se
non
è
meritato
,
ma
la
cui
solidità
e
durata
poco
importa
per
gli
effetti
riguardo
ai
quali
noi
lo
studiamo
)
e
che
maggiormente
turbano
,
per
legge
di
psicologia
collettiva
,
la
indipendente
e
sincera
determinazione
dell
'
elettore
.
Che
cosa
avviene
allora
?
Avviene
che
l
'
elettore
,
il
quale
depone
la
sua
scheda
nell
'
urna
e
pare
compia
un
'
azione
libera
ed
isolata
,
non
è
altro
che
un
suggestionato
,
vittima
di
una
suggestione
che
può
essere
oggi
un
discorso
,
domani
un
giornale
.
E
pazienza
fosse
suggestionato
da
un
'
idea
o
da
una
persona
che
valgano
qualche
cosa
,
-
sarebbe
allora
socialmente
utile
la
suggestione
!
-
ma
non
c
'
è
bisogno
d
'
essere
scettici
per
affermare
che
tali
casi
son
rari
.
Nel
nostro
lieto
paese
della
rettorica
sono
molti
quelli
che
sanno
cucire
insieme
un
discorso
ad
effetto
,
e
la
massa
è
abbastanza
ignorante
per
ammirare
coloro
che
tuonano
grandi
frasi
anche
se
non
sanno
far
brillare
nessun
lampo
di
pensiero
.
L
'
arte
oratoria
,
che
è
fra
le
più
nobili
e
le
più
difficili
,
si
abbassa
spesso
alla
volgarità
di
un
semplice
artificio
,
adoperato
per
attrarre
a
sé
gli
uditori
incolti
ed
ingenui
.
"
Un
diluvio
di
parole
sopra
un
deserto
d
'
idee
"
,
ecco
la
frase
terribile
ma
giusta
con
cui
in
molti
casi
si
possono
definire
i
discorsi
dei
candidati
e
quelli
dei
loro
grandi
elettori
.
E
la
potenza
suggestiva
di
questi
discorsi
di
secondo
o
di
terzo
ordine
è
dimostrata
dal
fatto
del
numero
grandissimo
di
avvocati
che
giungono
a
Montecitorio
.
Quanto
alla
stampa
quotidiana
,
-
o
chi
non
sa
quale
valore
abbiano
le
lodi
ch
'
essa
tributa
?
Queste
lodi
,
o
si
pagano
(
in
danaro
o
con
lavori
)
,
o
si
ottengono
per
amicizia
di
qualche
redattore
o
si
scrivono
dagli
stessi
lodati
.
Il
buon
pubblico
di
provincia
crede
alla
sincerità
della
réclame
,
e
non
sospetta
le
piccole
vigliaccherie
e
le
piccole
umiliazioni
che
il
candidato
ha
dovuto
subire
per
far
mettere
vicino
al
suo
nome
un
aggettivo
laudativo
.
E
laggiù
,
nel
piccolo
paesello
,
quando
si
legge
il
giornale
,
l
'
effetto
del
soffietto
è
immancabile
.
Così
,
purtroppo
,
si
fabbricano
i
deputati
,
cui
le
migliaia
di
voti
in
tal
modo
e
con
tali
mezzi
ottenute
(
e
non
parlo
dei
mezzi
delittuosi
)
dànno
l
'
illusione
d
'
essere
dei
grandi
uomini
.
Quando
poi
,
in
un
momento
di
sincerità
e
di
sconforto
,
si
fa
la
fisiologia
del
Parlamento
,
e
si
vede
ch
'
esso
è
in
gran
parte
composto
di
personalità
ignote
o
insignificanti
,
si
dice
,
quasi
argomento
di
meschina
soddisfazione
:
la
colpa
è
del
paese
:
esso
è
stato
interrogato
ed
ha
risposto
con
quella
scelta
.
La
colpa
è
del
paese
,
siamo
d
'
accordo
;
ma
esso
risponde
così
,
cioè
male
,
perché
lo
si
interroga
e
lo
si
obbliga
a
dare
una
risposta
col
mezzo
ingannatore
della
psicologia
collettiva
.
Se
si
potesse
interrogarlo
isolatamente
,
individuo
per
individuo
,
sarebbe
,
io
credo
,
diverso
il
risultato
,
come
sarebbero
meno
frequenti
i
verdetti
assurdi
dei
giurati
,
se
ognuno
di
questi
dodici
valentuomini
potesse
dare
il
suo
voto
senza
soggiacere
alla
mutua
suggestione
dei
colleghi
e
a
quella
dell
'
accusatore
,
del
difensore
e
del
pubblico
.
Il
guaio
è
che
questo
rimedio
è
inattuabile
,
o
almeno
,
io
non
vedo
la
possibilità
d
'
attuarlo
.
Formato
una
volta
il
Parlamento
,
esso
funziona
,
ancora
e
sempre
,
a
base
di
psicologia
collettiva
.
E
il
livello
intellettuale
di
chi
lo
compone
,
già
basso
,
scende
ancor
più
per
la
legge
che
abbiamo
enunciata
.
Gli
uffici
,
le
Giunte
,
le
Commissioni
-
piccoli
Parlamenti
nel
grande
-
moltiplicano
le
probabilità
di
risultati
mediocri
e
di
dolorose
sorprese
.
La
ragione
politica
fa
spesso
passare
sotto
la
sua
bandiera
il
contrabbando
di
molte
illogicità
o
di
molte
ingiustizie
.
Si
sopprimono
o
si
modificano
degli
articoli
di
legge
,
senza
pensare
che
questi
sono
in
relazione
con
altri
che
andrebbero
alla
lor
volta
soppressi
o
modificati
;
si
approva
talvolta
tutto
un
progetto
sol
perché
una
parte
è
ottima
e
deve
essere
approvata
.
E
non
manca
mai
-
nei
momenti
solenni
-
l
'
appello
ai
grandi
nomi
e
alle
grandi
idealità
della
patria
,
per
strappare
al
sentimento
,
e
per
conquistare
d
'
assalto
,
un
'
approvazione
che
il
raziocinio
forse
si
rifiuterebbe
di
dare
.
Ne
segue
che
il
Parlamento
può
in
molti
casi
paragonarsi
a
un
filtro
a
rovescio
:
i
progetti
di
legge
,
anziché
migliorarsi
,
peggiorano
,
attraversando
tutte
quelle
fasi
cui
si
vogliono
assoggettare
.
Vedete
,
per
esempio
.
Un
testo
di
legge
arriva
in
discussione
.
Non
sarà
certamente
un
capolavoro
,
e
si
può
-
a
questo
proposito
-
deplorare
che
i
progetti
non
siano
affidati
a
uno
specialista
della
materia
*
.
Ma
,
ad
ogni
modo
,
il
testo
di
legge
è
stato
redatto
da
persone
competenti
e
presenta
una
certa
coesione
.
Ebbene
:
immediatamente
la
pioggia
degli
emendamenti
si
rovescia
su
quell
'
infelice
progetto
:
alcuni
,
forse
,
ispirati
dal
desiderio
sincero
di
migliorare
la
legge
,
i
più
,
certo
,
dettati
da
secondi
fini
politici
,
e
che
prendono
insidiosamente
pretesto
da
questa
legge
per
tendere
un
trabocchetto
in
cui
cadrà
il
Ministero
.
La
seduzione
d
'
una
frase
felice
,
la
pressione
di
qualche
giornale
,
la
necessità
momentanea
di
non
scontentar
gli
avversari
,
mille
motivi
estranei
all
'
oggetto
vero
della
discussione
,
possono
far
adottare
un
primo
emendamento
.
Il
giorno
dopo
,
dei
motivi
d
'
altro
ordine
ne
faranno
accogliere
un
secondo
,
spesso
contradditorio
al
primo
,
e
votato
da
deputati
assenti
il
giorno
innanzi
e
non
al
corrente
perciò
della
discussione
.
E
così
di
seguito
,
fino
al
momento
in
cui
la
legge
non
sarà
che
un
insieme
confuso
di
articoli
eterogenei
,
un
mostro
dinanzi
al
quale
la
Camera
si
spaventerà
e
ch
'
essa
rimanderà
al
nulla
.
La
Camera
infine
è
psicologicamente
una
femmina
e
spesso
anche
una
femmina
isterica
.
Basterebbe
,
per
provare
la
verità
di
questa
definizione
umiliante
,
osservare
la
differenza
che
esiste
fra
i
deputati
quando
sono
nell
'
aula
,
e
i
deputati
quando
sono
nei
corridoi
.
La
mobilità
straordinaria
della
loro
psicologia
non
ha
davvero
riscontro
altro
che
nei
temperamenti
isterici
.
Gli
uomini
che
voi
avevate
visto
,
un
minuto
prima
,
minacciarsi
colla
voce
e
col
gesto
,
sfidarsi
quasi
cogli
occhi
,
li
vedete
ora
venirsi
incontro
col
sorriso
sulla
labbra
e
stendersi
amichevolmente
la
mano
.
Se
un
ministro
passa
,
coloro
che
lo
coprivan
d
'
ingiurie
,
l
'
accolgono
ridendo
,
si
congratulano
con
lui
per
la
sua
replica
brillante
,
forse
(
ed
ecco
il
veleno
)
trovano
il
modo
di
raccomandargli
una
supplica
.
I
rapporti
sono
mutati
,
e
più
ancora
le
parole
e
i
giudizi
.
I
discorsi
che
si
applaudirono
,
la
proposta
che
si
appoggiò
col
proprio
voto
,
diventano
l
'
oggetto
di
critiche
acerbe
.
L
'
uno
parla
con
ironia
della
dottrina
che
ha
difeso
,
con
amarezza
delle
persone
che
ha
sostenuto
.
Un
altro
si
esprime
con
grande
moderazione
sul
conto
di
uomini
e
di
idee
che
ha
violentemente
attaccato
.
Le
frasi
fatte
che
,
nell
'
aula
,
si
tuonavano
come
fossero
assiomi
,
ora
vengon
messe
in
ridicolo
.
Chi
gridava
che
la
salvezza
era
nella
libertà
,
implora
adesso
un
uomo
,
cioè
una
dittatura
,
per
salvare
la
situazione
.
Verità
-
al
di
qua
della
porta
;
errore
-
al
di
là
.
Da
una
parte
,
il
palcoscenico
,
dall
'
altra
,
la
realtà
delle
cose
*
.
Paul
Bourget
,
mi
pare
,
ha
detto
che
la
vita
è
"
un
volume
de
Labiche
interfolié
par
du
Shakespeare
"
.
Così
,
e
a
maggior
ragione
può
dirsi
della
vita
parlamentare
.
Una
farsa
nei
corridoi
,
una
tragedia
nell
'
aula
.
V
.
Se
questi
sono
i
probabili
risultati
intellettuali
di
un
Parlamento
,
quali
saranno
i
risultati
morali
?
La
riunione
di
molti
,
come
diminuisce
la
forza
del
cervello
,
indebolirà
anche
l
'
energia
del
carattere
?
Pur
troppo
,
oggi
non
si
può
più
discutere
se
il
Parlamento
nel
suo
complesso
risponda
ai
fini
più
alti
della
moralità
:
recenti
dolorosissimi
fatti
vietano
il
dubbio
a
questo
proposito
.
La
discussione
dunque
è
solo
possibile
sulle
cause
di
questa
immoralità
.
La
prima
e
la
più
evidente
si
rintraccia
nel
modo
con
cui
molti
deputati
vengono
eletti
.
Sbalzati
al
seggio
di
rappresentanti
della
nazione
coll
'
appoggio
di
Tizio
o
di
Cajo
,
anziché
per
meriti
proprii
riconosciuti
dal
popolo
,
essi
trascinano
necessariamente
con
sé
la
catena
di
una
riconoscenza
forzata
.
E
questa
riconoscenza
si
traduce
in
favori
che
sono
parzialità
e
ingiustizie
.
Pel
deputato
è
un
obbligo
contraccambiare
le
prove
di
devozione
che
ha
ricevute
:
per
l
'
elettore
è
un
diritto
ricevere
questo
contraccambio
.
Il
mandato
legislativo
viene
così
a
snaturarsi
dalla
base
e
prepara
il
terreno
a
nuove
e
più
grandi
immoralità
.
Queste
-
data
una
tale
predisposizione
-
non
si
fanno
lungamente
aspettare
.
Già
è
cosa
nota
che
la
compagnia
,
di
qualunque
genere
essa
possa
essere
,
aumenta
quella
piccola
o
grande
tendenza
al
male
che
cova
latente
,
come
fuoco
sotto
la
cenere
,
in
ognuno
di
noi
.
Guardate
i
bambini
:
quando
si
trovano
insieme
,
è
allora
che
diventano
più
cattivi
e
più
crudeli
.
Lo
scherzo
un
po
'
ardito
,
il
piccolo
furto
,
la
scalata
d
'
un
muricciuolo
,
che
nessuno
avrebbe
ardito
commettere
e
neppur
pensare
da
solo
,
sono
pensati
e
commessi
quando
trovansi
in
alcuni
od
in
molti
.
Noi
stessi
-
già
uomini
-
dobbiamo
riconoscere
che
se
c
'
è
un
caso
in
cui
possiamo
venir
meno
alle
leggi
della
delicatezza
o
a
quelle
della
pietà
,
è
appunto
quando
siamo
in
alcuni
,
giacché
allora
spunta
in
noi
il
coraggio
del
male
e
giudichiamo
leggermente
l
'
azione
poco
corretta
che
soli
non
saremmo
stati
capaci
di
compiere
.
Chi
non
ha
,
nella
sua
giovinezza
,
qualche
episodio
che
confermi
l
'
esattezza
di
quel
che
siamo
venuti
dicendo
?
Qual
'
è
il
gentiluomo
che
non
ricordi
d
'
aver
commesso
con
dei
compagni
-
e
soltanto
perché
era
con
loro
-
una
birichinata
che
rasentava
l
'
azione
immorale
se
non
il
delitto
*
?
.
La
ragione
di
questi
fatti
,
-
tanto
comuni
da
non
esigere
la
prova
ma
soltanto
un
accenno
,
-
è
anzitutto
aritmetica
.
Come
la
media
di
alcuni
numeri
non
può
evidentemente
essere
uguale
ai
più
elevati
fra
questi
,
così
un
aggregato
di
uomini
non
può
riflettere
nelle
sue
manifestazioni
le
facoltà
più
elevate
proprie
ad
alcuni
soltanto
di
questi
uomini
:
essa
rifletterà
soltanto
le
facoltà
morali
che
si
ritrovano
in
tutti
.
Giuseppe
Sergi
direbbe
,
con
una
sua
bella
e
biologicamente
esatta
similitudine
,
che
le
ultime
e
migliori
stratificazioni
del
carattere
-
quelle
che
la
civiltà
e
l
'
educazione
son
riuscite
a
formare
in
qualche
individuo
privilegiato
-
vengono
ecclissate
dalle
stratificazioni
medie
che
son
patrimonio
di
tutti
,
e
nella
somma
totale
queste
prevalgono
e
le
altre
scompaiono
.
Avviene
cioè
dal
punto
di
vista
morale
ciò
che
noi
osservammo
più
indietro
dal
punto
di
vista
intellettuale
.
La
compagnia
indebolisce
così
il
talento
,
come
i
sentimenti
morali
.
E
ciò
,
anche
per
un
'
altra
ragione
.
Basta
che
-
in
un
aggregato
di
uomini
-
vi
sia
un
malvagio
,
perché
esso
faccia
dei
discepoli
,
degli
imitatori
.
Gli
uomini
,
diceva
il
Bagehot
,
sono
guidati
da
modelli
non
da
ragionamenti
,
-
e
diceva
bene
,
ma
egli
dimenticava
di
aggiungere
che
"
sono
guidati
sopratutto
dai
modelli
cattivi
"
.
È
la
pera
guasta
che
corrompe
le
sane
:
non
s
'
è
mai
visto
che
queste
migliorino
quella
.
Il
microbo
del
male
ha
una
potenza
d
'
espansione
infinitamente
più
grande
di
quella
del
microbo
del
bene
,
dato
che
quest
'
ultimo
esista
,
giacché
mentre
pur
troppo
si
sa
che
molte
malattie
sono
contagiose
,
non
è
ugualmente
provato
che
sia
contagiosa
anche
la
salute
.
È
ben
più
facile
ammalarsi
per
suggestione
,
che
non
guarire
.
È
quindi
più
facile
corrompersi
socialmente
,
che
non
rafforzare
il
proprio
carattere
,
tanto
più
che
la
corruzione
morale
presenta
la
grande
attrattiva
dell
'
interesse
.
Un
minimo
strappo
alla
coscienza
può
significare
un
immenso
vantaggio
economico
,
-
e
nell
'
epoca
borghese
che
attraversiamo
il
danaro
risplende
di
troppo
vivida
luce
per
non
ipnotizzare
anche
coloro
che
si
credono
,
e
sono
fino
ad
un
certo
punto
,
degli
uomini
onesti
.
L
'
ambiente
li
circonda
come
in
una
spira
,
ed
è
veramente
un
boa
constrictor
che
a
poco
a
poco
soffoca
la
delicatezza
,
l
'
onore
,
persino
il
rimorso
.
Chi
può
analizzare
i
modi
in
cui
avviene
questa
degenerazione
?
Anzitutto
,
la
vita
del
deputato
-
intendo
le
ore
passate
nei
corridoi
della
Camera
-
non
è
certo
fatta
per
fortificare
il
carattere
.
In
mezzo
a
quei
discorsi
,
che
si
gabellano
per
idee
politiche
e
non
sono
spesso
che
pettegolezzi
,
la
volontà
si
fonde
in
parole
.
Avvicinando
continuamente
gli
avversari
le
convinzioni
meglio
temprate
si
smussano
,
si
ammolliscono
.
Il
sarcasmo
dei
colleghi
più
astuti
umilia
sulle
prime
gli
ingenui
e
gli
onesti
della
politica
;
le
ribellioni
spontanee
che
questi
hanno
il
pudore
di
fare
,
trova
degli
scettici
,
degli
indifferenti
,
dei
canzonatori
;
la
loro
rigida
onestà
,
dinanzi
a
quel
plebiscito
contrario
,
comincia
a
vacillare
,
ed
essi
si
chiedono
:
se
gli
altri
avesser
ragione
?
E
una
volta
entrato
il
dubbio
-
poiché
dinanzi
all
'
onore
dubitare
vuol
dire
essere
sconfitti
,
-
la
vittoria
dell
'
immoralità
è
sicura
.
Un
piacere
dapprima
,
una
piccolissima
ingiustizia
in
seguito
:
la
breccia
è
aperta
.
E
mano
mano
che
si
procede
per
questa
strada
,
così
ripida
da
esser
certi
che
una
volta
messovi
il
piede
si
precipita
fino
in
fondo
,
la
coscienza
cerca
di
scusare
il
suo
cambiamento
col
più
gesuitico
e
più
inutile
dei
conforti
:
tutti
fanno
così
!
la
mia
responsabilità
,
se
pur
esiste
,
è
infinitesima
.
E
per
tal
modo
,
nel
fatto
d
'
essere
in
molti
,
oltre
la
causa
della
corruzione
trovano
-
ultimo
danno
-
l
'
illusione
d
'
una
scusa
.
I
pochissimi
che
si
salvano
da
questa
lebbra
-
i
refrattarii
-
non
possono
nulla
per
diminuire
l
'
epidemia
.
Raramente
si
fanno
denunciatori
,
perché
il
buono
è
compassionevole
e
-
mi
duole
il
dirlo
-
in
certi
casi
è
anche
vile
.
Viltà
che
in
lui
deriva
da
una
virtù
,
dall
'
esser
pietoso
.
Giudicando
gli
altri
alla
sua
stregua
,
egli
s
'
immagina
e
si
rappresenta
il
dolore
e
l
'
umiliazione
del
malvagio
che
venga
svergognato
,
e
non
osa
gettargli
in
faccia
l
'
accusa
.
Come
per
essere
eroi
sul
campo
di
battaglia
bisogna
essere
un
po
'
crudeli
,
così
per
essere
coraggiosi
e
franchi
nel
mondo
politico
,
bisogna
esser
privi
di
una
certa
delicatezza
di
sentimento
.
E
solo
un
alto
,
imperioso
dovere
può
vincere
questo
riserbo
e
far
d
'
un
collega
un
accusatore
.
La
conseguenza
è
che
i
buoni
,
col
loro
contegno
negativo
,
facilitano
le
losche
imprese
ai
malvagi
e
a
tutti
quei
deboli
,
quegli
uomini
arbusti
,
come
direbbe
Balzac
,
che
piegano
ove
il
vento
spira
,
e
ove
vogliono
i
forti
.
Si
forma
così
a
poco
a
poco
una
associazione
non
confessata
,
latente
,
incosciente
anche
,
se
vogliamo
,
la
quale
stende
la
sua
invisibile
rete
su
tutta
la
vita
pubblica
.
È
una
potenza
che
non
si
ha
il
coraggio
di
nominare
,
ma
che
si
conosce
:
è
una
forza
che
non
si
vede
,
ma
che
si
sente
:
assomiglia
a
quelle
acque
sotterranee
che
non
si
sospettano
alla
superficie
ma
che
costituiscono
la
causa
della
vegetazione
che
cresce
sul
suolo
.
E
quella
vegetazione
è
il
favoritismo
,
l
'
immoralità
,
il
delitto
.
Il
pubblico
sa
che
per
ottenere
qualche
cosa
basta
rivolgersi
a
un
deputato
:
sia
anche
contro
giustizia
,
non
importa
;
e
il
deputato
chiede
,
prega
,
impone
ed
ottiene
.
Ottiene
dal
Governo
ipotecando
il
suo
voto
(
salvo
poi
a
tradire
quando
senta
l
'
odor
di
cadavere
)
-
ottiene
dalle
banche
,
vendendo
il
fumo
della
sua
influenza
,
-
ottiene
dalla
burocrazia
,
facendo
brillare
l
'
oro
della
sua
medaglietta
e
il
titolo
d
'
onorevole
,
così
poco
meritato
.
Ai
ministeri
vi
sono
volumi
che
contengono
le
raccomandazioni
dei
deputati
e
nessuno
si
meraviglia
che
sia
così
.
E
il
Governo
che
sa
e
tollera
tutte
queste
cose
-
e
le
tollera
perché
ne
trae
dei
vantaggi
-
non
teme
certi
oppositori
alla
Camera
,
giacché
sono
troppo
legati
a
lui
da
legami
inconfessabili
per
avere
l
'
audacia
di
dire
tutta
ed
intera
la
verità
.
Sotto
le
invettive
più
forti
degli
oppositori
-
fatte
pour
la
galerie
,
per
ingannare
gli
ingenui
-
sta
l
'
accordo
e
la
congiura
del
silenzio
.
Essi
non
possono
rivelare
tutti
i
reati
degli
avversarii
perché
nella
rovina
verrebbero
travolti
come
complici
anche
loro
.
È
questa
la
vera
delinquenza
politica
moderna
,
fatta
di
sotterfugi
e
di
ipocrisie
,
delinquenza
settaria
di
quei
pochi
che
arrivarono
in
alto
,
e
che
fa
degno
riscontro
alla
delinquenza
settaria
delle
infime
classi
sociali
.
Queste
,
più
franche
,
adoperano
la
violenza
,
e
i
loro
mezzi
di
lotta
si
chiamano
l
'
assassinio
e
la
dinamite
;
quelli
,
più
gesuiticamente
civili
,
adoperano
le
astuzie
,
e
i
loro
mezzi
di
lotta
si
chiamano
l
'
appropriazione
indebita
,
il
falso
,
la
frode
.
Immoralità
di
persona
-
immoralità
di
partito
-
immoralità
di
governo
,
-
tutto
questo
è
la
conseguenza
necessaria
e
fatale
di
un
sistema
che
pare
creato
apposta
per
peggiorare
gli
uomini
anziché
migliorarli
.
Il
deputato
-
prima
di
diventare
tale
-
stigmatizza
il
contegno
e
la
condotta
di
quelli
che
erano
allora
deputati
;
come
i
ministri
,
prima
di
essere
tali
,
cioè
dai
banchi
dell
'
opposizione
,
gridavano
contro
il
Governo
.
Gli
è
che
,
non
essendo
ancor
presi
nei
denti
della
ruota
fatale
,
avevano
l
'
illusione
che
vi
si
potesse
resistere
.
Non
sapevano
che
la
politica
è
una
lenta
depravazione
cui
pochissimi
sanno
sfuggire
;
e
anche
i
migliori
,
quando
venivano
dalle
lontane
provincie
con
alti
ideali
e
con
sogni
rosei
,
non
sospettavano
che
alla
luce
che
li
attirava
avrebbero
bruciata
la
loro
onestà
.
VI
.
La
requisitoria
è
finita
,
ed
il
modesto
pubblico
ministero
che
l
'
ha
pronunciata
dovrebbe
ora
,
invece
che
richieder
la
pena
,
indicare
i
rimedii
al
male
che
ha
lamentato
.
Veramente
questo
male
ha
cause
così
profonde
e
così
radicate
nella
natura
umana
che
l
'
eliminarle
sembra
difficile
.
Esso
potrebbe
paragonarsi
alla
morte
,
il
fenomeno
fatale
di
cui
si
cerca
sempre
di
attenuare
la
gravità
,
ma
che
non
si
può
sopprimere
.
Chi
oserebbe
combattere
il
diritto
supremo
della
maggioranza
e
conseguentemente
il
potere
dei
Parlamenti
?
E
qual
rimedio
è
possibile
al
fatto
che
ogni
riunione
,
ogni
gruppo
di
uomini
è
moralmente
e
intellettualmente
inferiore
agli
elementi
che
lo
compongono
,
se
la
vita
sociale
altro
non
è
che
la
risultante
o
il
complesso
di
tutti
questi
infiniti
gruppi
che
in
essa
si
agitano
,
e
che
si
chiamano
classi
,
chiese
,
associazioni
,
partiti
?
Il
rimedio
evidentemente
non
c
'
è
,
e
la
constatazione
di
questa
verità
dolorosa
è
forse
l
'
ipotesi
più
pessimista
che
si
sia
mai
formulata
.
Unirsi
nel
mondo
umano
vuol
dire
peggiorarsi
;
che
cosa
volete
di
più
desolante
?
Gabriele
Tarde
-
quand
'
io
esposi
per
la
prima
volta
una
tale
idea
-
ne
trasse
,
con
quell
'
acume
logico
che
non
è
l
'
ultimo
dei
suoi
pregi
,
una
deduzione
assai
ardita
.
"
Segnalo
-
egli
scriveva
-
senza
insistervi
,
la
portata
inattesa
di
cui
quest
'
idea
è
suscettibile
se
la
si
estende
al
di
là
dell
'
umanità
.
Tutti
sanno
che
gli
organismi
sono
stati
considerati
a
ragione
come
delle
società
di
cellule
,
e
le
cellule
come
società
di
molecole
.
Ora
,
supponiamo
che
il
nostro
principio
si
applichi
a
queste
società
biologiche
o
chimiche
,
supponiamo
cioè
che
anche
in
queste
l
'
aggregato
non
sia
superiore
ai
suoi
elementi
,
che
gli
sia
anzi
inferiore
o
tutto
al
più
eguale
;
noi
vediamo
allora
l
'
Universo
intero
apparirci
sotto
un
nuovo
aspetto
,
ed
è
al
perfezionamento
del
microscopio
,
non
del
telescopio
,
che
noi
dovremo
domandare
la
rivelazione
delle
più
mirabili
meraviglie
del
mondo
.
Forse
,
infatti
,
fu
in
virtù
di
un
puro
pregiudizio
ingiustificato
che
l
'
io
dell
'
atomo
si
ritenne
sempre
più
semplice
,
più
meschino
,
più
basso
dell
'
io
animale
od
umano
.
Forse
,
nel
fondo
nascosto
degli
esseri
viventi
,
nelle
loro
intimità
elementari
,
vive
e
si
diffonde
invisibilmente
assai
più
di
intelligenza
e
di
arte
che
non
alla
superficie
"
*
.
Ma
arrestiamoci
sulla
china
di
queste
congetture
paradossali
*
.
La
inverosimiglianza
della
nostra
teoria
quando
vien
portata
agli
estremi
nulla
toglie
alla
sua
verità
quando
la
si
applichi
ai
casi
cui
noi
l
'
abbiamo
applicata
.
Che
una
riunione
di
uomini
sia
nei
suoi
risultati
collettivi
peggiore
della
media
dei
singoli
che
la
compongono
,
è
un
'
affermazione
di
cui
ci
lusinghiamo
d
'
aver
portato
le
prove
e
di
essa
ci
accontentiamo
.
Quanto
al
diritto
della
maggioranza
,
pur
tralasciando
di
notare
ch
'
esso
si
esplica
col
mezzo
dei
parlamenti
cioè
della
psicologia
collettiva
,
fu
anch
'
esso
combattuto
teoricamente
e
praticamente
.
Infatti
è
riposta
in
lui
la
prima
fondamentale
ragione
della
bassezza
politica
a
cui
siamo
scesi
.
"
Il
governo
della
mediocrità
-
scriveva
lo
Stuart
Mill
-
non
può
essere
che
un
governo
mediocre
.
Nessuno
Stato
governato
dalla
democrazia
o
da
una
aristocrazia
numerosa
,
ha
mai
potuto
sollevarsi
al
disopra
della
mediocrità
,
né
nella
sua
condotta
politica
,
né
nelle
sue
opinioni
e
nei
suoi
costumi
,
se
non
là
dove
il
popolo
sovrano
si
è
lasciato
guidare
dai
consigli
e
dall
'
influenza
di
un
uomo
o
di
alcuni
uomini
superiori
"
*
.
Stuart
Mill
adunque
,
condannava
in
modo
assoluto
il
governo
dei
molti
,
soltanto
ammetteva
la
possibilità
di
un
'
eccezione
:
"
quando
il
popolo
sovrano
si
lasciasse
guidare
da
un
genio
"
.
Ma
in
tal
caso
,
invece
che
di
un
'
eccezione
,
non
si
tratta
forse
di
una
conferma
della
regola
stabilita
?
Sappiamo
anche
noi
che
molte
volte
le
assemblee
politiche
possono
sollevarsi
ad
altezze
sublimi
di
pensiero
o
di
sentimento
,
quando
le
infiamma
la
parola
fascinatrice
di
un
Mirabeau
o
l
'
idea
grandiosa
di
un
Camillo
Cavour
,
-
ma
che
cosa
provano
questi
fatti
in
favore
del
diritto
della
maggioranza
?
Non
provano
nulla
,
perché
in
tali
casi
non
è
la
voce
della
maggioranza
quella
che
s
'
impone
,
ma
il
dispotismo
d
'
un
solo
,
dispotismo
che
si
fonda
,
anziché
-
come
un
tempo
-
sulla
forza
materiale
,
sulla
suggestione
incosciente
.
Tutte
le
volte
che
un
'
assemblea
ha
proclamato
una
verità
o
conquistato
un
diritto
,
tutte
le
volte
insomma
ch
'
essa
non
è
stata
mediocre
nelle
sue
manifestazioni
,
ha
dovuto
seguire
-
come
l
'
ipnotizzato
il
suo
ipnotizzatore
-
un
uomo
che
la
affascinava
e
intellettualmente
la
possedeva
.
Voi
potete
dire
-
in
tali
casi
-
che
il
risultato
è
dovuto
all
'
assemblea
o
alla
sua
maggioranza
.
È
un
'
illusione
.
Quel
risultato
fu
voluto
da
un
solo
,
e
da
lui
imposto
,
per
forza
suggestiva
,
a
coloro
che
lo
attorniavano
*
.
La
vita
sociale
-
e
quindi
anche
la
vita
politica
-
si
impernia
sul
fenomeno
della
suggestione
.
Felici
le
epoche
e
i
popoli
che
posseggono
un
genio
il
quale
polarizza
tutti
i
desideri
,
tutti
i
sentimenti
,
e
si
trae
dietro
ciecamente
la
folla
!
Ma
sono
casi
rari
codesti
nella
vita
delle
nazioni
,
e
quando
il
genio
non
c
'
è
,
quando
manca
questo
fuoco
in
cui
attirare
tutte
le
energie
individuali
,
abbiamo
veramente
il
regno
delle
mediocrità
,
perché
la
forza
di
suggestione
,
invece
di
individualizzarsi
,
si
diffonde
e
si
disperde
,
dando
luogo
alle
mille
sorprese
della
psicologia
collettiva
.
Gli
è
in
questi
casi
-
che
sono
i
più
comuni
e
i
più
normali
-
che
si
verificano
nei
Parlamenti
gli
effetti
dolorosi
che
abbiamo
notati
,
ed
è
per
questi
casi
che
-
non
un
vero
rimedio
-
ma
almeno
un
'
attenuazione
del
male
si
troverebbe
nel
diminuire
il
numero
dei
deputati
.
Se
,
per
esempio
,
i
rappresentanti
della
nazione
fossero
ridotti
a
100
,
è
certo
che
la
media
di
questi
100
sarebbe
superiore
intellettualmente
e
moralmente
alla
media
dei
500
deputati
attuali
.
E
perché
?
Perché
limitando
il
numero
,
è
difficile
che
rimangano
fuori
i
buoni
,
ed
è
invece
facile
,
per
fortuna
,
che
siano
esclusi
i
cattivi
.
Quando
i
posti
sono
troppi
la
zavorra
vi
entra
quasi
necessariamente
.
Bisogna
pur
eleggere
il
deputato
!
e
se
non
c
'
è
chi
merita
d
'
essere
eletto
,
bisognerà
accontentarsi
del
primo
venuto
.
Avviene
per
i
seggi
al
Parlamento
,
quello
che
accade
per
le
cattedre
alle
Università
.
Fin
che
queste
saranno
troppe
,
vedremo
molti
professori
che
non
meritano
d
'
esser
tali
;
diminuite
le
cattedre
,
e
i
migliori
si
faranno
avanti
,
occuperanno
i
posti
,
e
la
media
del
corpo
insegnante
sarà
migliore
.
Poi
,
con
un
numero
di
deputati
più
limitato
si
eviterà
un
altro
inconveniente
.
Oggi
basta
che
una
persona
si
elevi
in
qualunque
ramo
della
scienza
o
dell
'
arte
,
perché
la
sua
provincia
,
la
sua
città
-
che
sono
un
po
'
vane
del
loro
concittadino
,
come
le
madri
del
figlio
che
ha
fatto
buona
riuscita
-
si
credano
in
obbligo
di
gettarlo
entro
la
caldaia
di
Montecitorio
.
È
un
uomo
d
'
ingegno
.
E
sta
bene
.
Ma
forse
perché
fa
dei
bei
versi
o
dei
buoni
libri
,
sarà
anche
un
operoso
ed
utile
uomo
politico
?
Generalmente
è
il
contrario
.
E
così
si
crea
un
deputato
mediocre
,
strappando
all
'
arte
o
alla
scienza
un
ottimo
artista
o
un
egregio
scienziato
.
No
.
Alla
politica
si
dedichi
chi
vuole
,
e
gli
elettori
mandino
in
Parlamento
chi
ha
mostrato
d
'
aver
doti
politiche
.
Non
crediamo
che
a
reggere
il
popolo
o
a
far
delle
leggi
basti
della
gente
d
'
ingegno
.
È
un
ingegno
speciale
che
occorre
,
come
per
tutte
le
professioni
.
Altrimenti
noi
vedremo
degli
avvocati
,
ministri
o
viceministri
alla
marina
o
al
tesoro
,
degli
ingegneri
alla
grazia
e
giustizia
e
dei
signori
che
spropositano
allegramente
al
ministero
dell
'
istruzione
pubblica
.
Col
numero
di
posti
limitato
,
questi
smistamenti
saranno
più
rari
e
men
facili
,
e
ci
guadagneranno
tutti
in
omaggio
alla
legge
della
specificazione
del
lavoro
.
Aggiungete
che
si
renderà
finalmente
possibile
il
pagare
un
'
indennità
ai
deputati
,
obbligandoli
a
non
fare
che
il
deputato
.
La
qualità
di
rappresentante
del
popolo
,
che
adesso
è
una
sinecura
e
non
serve
che
per
ottenere
ovunque
scappellate
e
facilitazioni
,
diverrà
una
carica
che
esige
del
lavoro
;
la
responsabilità
divisa
in
100
invece
che
in
500
sarà
più
fortemente
sentita
,
e
gli
eletti
dovranno
occuparsi
delle
cose
importanti
e
di
interesse
veramente
generale
,
lasciando
che
ogni
provincia
provveda
autonoma
e
indipendente
ai
proprii
interessi
particolari
,
lasciando
soprattutto
ai
faccendieri
di
fare
in
Roma
i
commessi
e
i
corrispondenti
degli
elettori
per
le
loro
esigenze
meschine
e
personali
.
E
allora
forse
un
miglioramento
ci
sarà
;
e
questo
ormai
vecchio
organismo
parlamentare
,
semplificandosi
,
potrà
vivere
senza
infamia
e
forse
con
lode
.
Io
credo
che
di
esso
si
possa
dire
come
di
certi
veleni
,
i
quali
uccidono
o
rinforzano
secondo
le
dosi
in
cui
vengono
adoperati
.
Ora
la
dose
o
,
per
lasciar
la
metafora
,
l
'
estensione
e
l
'
importanza
che
il
parlamentarismo
è
andato
prendendo
,
è
così
grande
che
minaccia
di
uccidere
la
vita
pubblica
.
Chissà
che
,
limitando
la
dose
,
non
possa
,
invece
che
ucciderla
,
rinforzarla
.
CAPITOLO
SESTO
L
'
intelligenza
e
la
moralità
della
folla
.
POLEMICA
.
Poiché
,
come
ho
detto
nella
Prefazione
,
questo
libro
vuole
avere
anzitutto
un
valore
di
documento
per
la
storia
della
psicologia
collettiva
,
riproduco
qui
integralmente
una
polemica
svoltasi
parecchi
anni
or
sono
intorno
al
problema
dell
'
intelligenza
e
della
moralità
della
folla
,
fra
me
,
Enrico
Ferri
,
Gabriele
Tarde
,
Pio
Viazzi
e
Silvio
Venturi
.
I
.
Lettera
di
Scipio
Sighele
a
Gabriele
Tarde
.
Illustre
Signore
ed
Amico
,
È
una
fortuna
ed
un
onore
per
me
,
che
voi
vi
occupiate
da
qualche
tempo
della
criminalità
collettiva
,
tema
cui
io
vado
dedicando
i
miei
studi
assidui
e
il
mio
povero
ingegno
.
Una
fortuna
,
perché
,
nel
difficile
lavoro
,
voi
mi
siete
spesso
una
guida
geniale
,
sempre
un
critico
acuto
e
sottile
;
un
onore
,
perché
l
'
interesse
che
dimostrate
per
quel
soggetto
,
mi
prova
che
non
fece
opera
inutile
chi
pel
primo
attirò
su
di
esso
l
'
attenzione
degli
studiosi
.
In
uno
dei
vostri
ultimi
articoli
*
,
che
sono
ricami
psicologici
deliziosi
per
la
soavità
delle
tinte
,
voi
vi
occupate
della
folla
non
solo
dal
punto
di
vista
morale
,
ma
anche
dal
punto
di
vista
intellettuale
,
e
poiché
su
questo
argomento
parmi
d
'
aver
qualche
cosa
da
dire
,
mi
son
permesso
di
dirigervi
questa
lettera
,
che
voi
leggerete
-
spero
-
con
quell
'
indulgenza
che
è
una
dote
naturale
nelle
individualità
superiori
.
Io
non
so
se
sia
vera
la
teoria
un
po
'
paradossale
sostenuta
da
alcuni
,
che
il
progresso
consista
nel
ritornare
all
'
antico
:
certo
mi
sembra
matematicamente
perfetta
la
similitudine
di
Goethe
,
il
quale
diceva
che
il
progresso
non
è
che
una
spirale
:
ritorna
su
se
stesso
,
ma
sempre
innalzandosi
.
Se
voi
applicate
questa
definizione
al
diritto
penale
e
più
propriamente
al
tema
di
cui
voglio
occuparmi
,
vedrete
quanto
sia
vera
.
In
tempi
lontani
erasi
intravveduta
-
in
modo
confuso
,
erroneo
e
anche
barbaro
-
l
'
esistenza
di
una
criminalità
collettiva
;
poi
,
quel
primo
barlume
da
cui
potevansi
trarre
utili
e
umane
applicazioni
,
era
stato
oscurato
da
quella
grande
crisi
d
'
individualismo
che
,
come
voi
dite
benissimo
,
è
scoppiata
ed
ha
imperato
ovunque
,
in
politica
come
in
economia
,
in
morale
come
in
diritto
;
ed
oggi
soltanto
-
a
distanza
di
secoli
-
noi
ritorniamo
a
considerare
i
delitti
come
azioni
della
collettività
piuttosto
che
della
persona
,
seguendo
anche
noi
,
nel
campo
limitato
del
diritto
penale
,
quell
'
onda
di
reazione
sociologica
o
socialista
,
che
va
ad
infrangersi
con
crescente
violenza
contro
l
'
illusione
egocentrica
,
forse
troppo
a
lungo
durata
.
Ritorniamo
-
io
dicevo
-
al
concetto
della
criminalità
collettiva
,
ma
-
come
la
spirale
-
vi
ritorniamo
innalzandoci
.
Una
volta
si
estendeva
alla
famiglia
,
a
tutto
il
clan
,
la
pena
di
un
delitto
di
cui
un
solo
erasi
reso
colpevole
.
E
ciò
dipendeva
dal
fatto
che
,
a
quelle
epoche
primitive
,
ogni
gruppo
di
formazione
naturale
-
come
appunto
la
tribù
o
la
famiglia
-
costituiva
un
ente
indissolubile
ed
indivisibile
.
L
'
individuo
era
una
parte
,
non
un
tutto
,
un
organo
,
non
un
organismo
,
e
colpire
lui
solo
sarebbe
apparso
allora
un
'
assurdità
,
come
parrebbe
adesso
un
assurdo
il
punire
un
membro
solo
dell
'
uomo
.
Questa
embrionale
concezione
del
delitto
collettivo
basavasi
su
un
rapporto
famigliare
o
di
casta
,
ed
era
ingiusta
nelle
sue
conseguenze
,
perché
sbagliata
nelle
sue
cause
:
dipendeva
da
un
concetto
politico
,
non
da
un
'
osservazione
obbiettiva
.
Oggi
si
è
corretto
l
'
errore
.
Oggi
ci
siamo
accorti
che
esistono
dei
delitti
collettivi
,
ma
non
quali
li
scorgeva
la
miope
,
paurosa
e
tirannica
legge
dei
tempi
andati
,
bensì
quali
li
rivela
la
moderna
scienza
positiva
del
diritto
penale
,
che
si
affatica
a
distinguere
la
parte
che
in
ogni
azione
umana
-
e
quindi
anche
nel
delitto
-
è
dovuta
all
'
ambiente
da
quella
che
è
dovuta
alla
costituzione
antropologica
dell
'
individuo
.
Tale
distinzione
,
facile
,
se
vogliamo
,
nel
reato
personale
,
commesso
da
un
solo
,
diventa
difficile
nel
reato
settario
,
difficilissimo
nel
reato
della
folla
,
perché
in
questi
ultimi
le
cause
determinanti
sono
così
numerose
e
così
intrecciate
da
non
poterne
fare
la
somma
,
ma
da
tentare
soltanto
di
trovarne
la
risultante
,
-
una
specie
di
diagonale
in
quel
misterioso
parallelogramma
delle
forze
psichiche
,
nel
quale
non
entrano
soltanto
le
energie
palesi
e
a
noi
note
,
ma
s
'
agita
anche
la
vita
ignota
dell
'
incosciente
.
Io
ho
tuttavia
cercato
di
studiare
questo
parallelogramma
,
di
tracciarne
,
se
è
possibile
,
le
dimensioni
.
E
col
vostro
aiuto
,
ciò
mi
è
riuscito
meno
arduo
e
più
divertente
.
Un
punto
però
avevo
soltanto
di
sfuggita
toccato
,
mentre
meritava
di
essere
svolto
con
qualche
ampiezza
.
Polarizzato
nello
studio
della
moralità
della
folla
,
avevo
trascurato
di
analizzarne
l
'
intelligenza
*
.
Avevo
detto
che
la
folla
-
come
la
donna
*
-
ha
una
psicologia
estrema
,
capace
di
tutti
gli
eccessi
,
forse
capace
solo
di
eccessi
,
mirabile
alle
volte
di
abnegazione
,
spaventosa
spesso
di
ferocia
,
mai
o
quasi
mai
mediocre
e
misurata
nei
suoi
sentimenti
.
Avevo
dimenticato
di
soggiungere
che
se
le
collettività
,
nell
'
ordine
morale
,
sono
suscettibili
dei
due
estremi
opposti
,
della
più
selvaggia
criminalità
e
del
più
sublime
eroismo
,
nell
'
ordine
intellettuale
invece
,
non
conoscono
che
un
estremo
,
l
'
infimo
,
giacché
se
possono
discendere
a
degli
abissi
di
pazzia
o
di
imbecillità
sconosciuti
all
'
individuo
isolato
,
non
sanno
elevarsi
alla
manifestazione
suprema
dell
'
intelligenza
e
dell
'
immaginazione
creatrice
.
Vi
sono
,
-
infatti
-
eroismi
collettivi
:
non
vi
sono
né
nell
'
arte
,
né
nella
scienza
capolavori
collettivi
*
.
Orbene
,
per
qual
motivo
-
vi
chiedete
voi
,
fermandovi
su
questo
fatto
che
racchiude
a
tutta
prima
un
'
anomalia
,
-
per
qual
motivo
la
altissima
manifestazione
dell
'
ingegno
è
sconosciuta
ai
gruppi
sociali
,
mentre
la
grande
e
potente
manifestazione
della
volontà
e
della
virtù
è
a
loro
accessibile
?
"
Egli
è
-
dite
voi
,
e
traduco
le
vostre
parole
-
che
l
'
atto
di
virtù
il
più
eroico
è
qualche
cosa
di
molto
semplice
,
e
non
differisce
dall
'
atto
di
moralità
ordinaria
che
per
il
grado
:
ora
,
appunto
,
la
potenza
di
unisono
,
che
è
racchiusa
negli
assembramenti
umani
,
dove
le
emozioni
e
le
opinioni
si
rafforzano
rapidamente
per
il
loro
contatto
moltiplicatore
,
è
per
eccellenza
outrancière
.
Ma
l
'
opera
del
genio
o
del
talento
è
sempre
complicata
e
differisce
in
natura
,
non
in
grado
soltanto
,
da
un
atto
d
'
intelligenza
volgare
"
.
Se
mi
permettete
,
io
,
invece
della
vostra
frase
,
giusta
,
ma
un
poco
involuta
,
avrei
detto
semplicemente
così
:
l
'
uomo
,
dal
punto
di
vista
morale
,
è
una
quantità
addizionabile
;
dal
punto
di
vista
intellettuale
,
non
lo
è
.
In
altre
parole
:
dei
sentimenti
si
può
fare
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
far
che
la
media
.
Questa
è
la
ragione
per
cui
cento
uomini
di
coraggio
dànno
una
collettività
coraggiosissima
,
mentre
cento
uomini
d
'
ingegno
dànno
una
collettività
intellettualmente
mediocre
.
Senonché
,
dicendo
questo
,
noi
non
abbiamo
ancora
spiegato
nulla
,
e
ritorna
insistente
la
domanda
:
perché
le
facoltà
morali
hanno
caratteri
tanto
diversi
da
quelli
delle
facoltà
intellettuali
?
Perché
-
io
credo
-
l
'
ingegno
e
il
genio
non
hanno
quella
forza
di
suggestione
che
posseggono
in
grado
altissimo
le
impressioni
,
le
sensazioni
,
gli
affetti
.
C
'
è
una
frase
-
nell
'
uso
comune
-
che
spiega
molto
bene
questa
differenza
.
Si
dice
che
il
coraggio
s
'
infonde
,
ed
è
vero
:
ed
è
così
anche
di
molte
altre
doti
e
di
molti
altri
difetti
morali
:
s
'
infonde
la
paura
,
l
'
odio
,
la
fede
,
la
simpatia
;
ma
l
'
ingegno
e
tanto
meno
il
genio
non
si
possono
infondere
.
Sono
facoltà
incomunicabili
,
appunto
perché
sono
il
frutto
della
eredità
piuttosto
che
dell
'
ambiente
.
Si
nasce
o
non
si
nasce
con
esse
;
non
è
possibile
acquistarle
.
Voi
mi
direte
che
anche
le
facoltà
morali
si
ereditano
e
non
si
acquistano
,
che
si
nasce
ottimi
o
pessimi
,
come
si
nasce
intelligenti
od
idioti
:
ed
è
vero
in
gran
parte
anche
questo
,
e
fu
anzi
la
scuola
positiva
ad
affermare
categoricamente
tale
verità
.
Ma
è
certo
tuttavia
che
,
-
salvo
,
ripeto
,
le
eccezioni
,
-
è
più
facile
formare
di
un
bambino
un
buon
uomo
che
non
un
uomo
intelligente
.
Del
resto
la
mia
osservazione
non
vuol
essere
applicata
alle
persone
che
vivono
in
società
allo
stato
diffuso
,
bensì
alle
persone
che
vivono
allo
stato
riunito
.
Intendo
cioè
parlare
degli
stadii
acuti
della
associazione
umana
,
qual
è
una
folla
e
,
in
grado
minore
,
una
setta
,
non
già
dello
stadio
normale
qual
è
la
quotidiana
convivenza
sociale
.
E
-
applicato
a
questi
stadii
acuti
-
credo
davvero
che
il
principio
da
me
esposto
non
si
possa
combattere
.
Ogni
dimostrazione
sarebbe
inutile
;
è
l
'
evidenza
che
parla
.
Prendete
una
riunione
qualsiasi
di
persone
:
il
grido
,
il
gesto
,
la
parola
d
'
un
solo
potrà
farla
vile
od
eroica
,
ma
nessun
grido
,
nessun
gesto
,
nessuna
parola
potrà
elevare
il
suo
livello
intellettuale
,
potrà
dare
a
quelle
migliaia
di
cervelli
la
scintilla
del
genio
.
Le
facoltà
intellettuali
-
dunque
-
non
si
possono
sommare
,
come
le
facoltà
morali
,
perché
,
a
differenza
di
queste
,
non
possono
comunicarsi
per
suggestione
.
Ma
perché
non
si
possono
comunicare
per
suggestione
?
Voi
vedete
.
Le
domande
si
susseguono
,
avvicinandosi
ad
una
spiegazione
.
Riusciremo
a
trovarla
?
Io
lo
spero
.
La
ragione
per
cui
le
facoltà
intellettuali
non
si
possono
comunicare
per
mezzo
della
suggestione
consiste
,
secondo
me
,
nel
fatto
che
esse
non
hanno
-
al
contrario
dei
sentimenti
-
mezzi
esteriori
di
manifestazione
.
Suol
dirsi
-
e
non
a
torto
-
che
la
fisonomia
rivela
la
persona
d
'
ingegno
;
ma
certo
non
rivela
la
forma
e
la
qualità
dell
'
ingegno
,
certo
non
rivela
quale
idea
passi
in
un
dato
momento
nel
cervello
d
'
un
uomo
.
Invece
la
fisonomia
esprime
assai
bene
le
emozioni
dell
'
anima
,
e
le
può
esprimere
non
in
un
modo
vago
ed
indefinito
,
ma
definito
e
preciso
:
si
può
leggere
sul
volto
di
una
persona
la
gioia
,
la
paura
,
l
'
odio
,
quasi
tutti
gli
affetti
del
cuore
.
Ora
voi
m
'
insegnate
-
ed
io
stesso
ho
speso
qualche
pagina
a
dimostrarlo
-
che
"
è
una
legge
universale
in
tutto
il
regno
della
vita
intelligente
che
la
rappresentazione
d
'
uno
stato
emozionale
provoca
la
nascita
di
quest
'
identico
stato
in
colui
che
ne
è
testimonio
"
.
Dato
che
quest
'
emozione
sia
,
per
esempio
,
di
furore
o
di
collera
,
in
un
attimo
il
volto
di
coloro
che
la
vedono
assumerà
un
'
espressione
d
'
ira
in
cui
vi
sarà
un
non
so
che
di
teso
e
di
tragico
.
E
non
solo
questa
emozione
sarà
esteriormente
manifestata
,
ma
sarà
anche
intimamente
sentita
.
"
La
speciale
azione
muscolare
-
dice
il
Maudsley
-
non
è
solo
l
'
esponente
della
passione
,
ma
eziandio
una
parte
essenziale
di
essa
.
Atteggiate
la
fisonomia
ad
una
particolare
emozione
,
e
l
'
emozione
così
imitata
non
fallirà
di
destarsi
in
voi
"
.
Ecco
dunque
perché
i
sentimenti
si
propagano
,
e
si
propagano
con
una
celerità
spaventosa
:
ecco
perché
basta
un
uomo
irritato
per
rendere
irritati
tutti
coloro
che
lo
attorniano
;
ecco
perché
la
collettività
che
essi
compongono
può
essere
la
somma
dei
singoli
stati
d
'
animo
di
ciascuno
e
avere
quella
forza
immensa
che
dà
l
'
unione
,
quella
terribilità
irreparabile
che
dà
l
'
unisono
psicologico
.
L
'
ingegno
e
il
genio
,
invece
,
non
hanno
-
ripeto
-
mezzi
esteriori
di
comunicazione
:
non
possono
quindi
diffondersi
in
grado
eguale
,
e
,
per
così
dire
,
allo
stesso
livello
fra
centinaia
migliaia
d
'
individui
riuniti
,
e
far
sì
che
la
manifestazione
intellettuale
della
collettività
sia
la
somma
delle
singole
facoltà
intellettuali
.
Sento
dirmi
da
voi
:
però
anche
l
'
ingegno
ha
un
mezzo
di
suggestione
immediata
,
la
parola
,
e
un
mezzo
di
suggestione
mediata
,
il
libro
.
E
-
per
non
accennare
che
al
primo
di
questi
mezzi
di
suggestione
,
quello
che
ci
riguarda
più
da
vicino
-
chi
non
ha
assistito
a
quelle
esplosioni
di
applausi
che
chiudono
talvolta
il
discorso
d
'
un
oratore
eloquente
?
Ma
potremo
noi
dire
che
questa
suggestione
intellettuale
somigli
alla
suggestione
delle
emozioni
e
dei
sentimenti
?
Potremo
noi
dire
che
,
in
tal
caso
,
gli
uditori
sono
saliti
all
'
altezza
dell
'
ingegno
dell
'
oratore
,
come
-
negli
altri
casi
-
gli
spettatori
salgono
al
grado
di
odio
,
di
paura
,
di
eroismo
manifestato
da
colui
che
li
suggestiona
?
Evidentemente
no
.
Giacché
,
la
distinzione
che
qui
bisogna
fare
e
che
a
me
sembra
di
capitale
importanza
,
è
,
che
mentre
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
la
suggestione
delle
idee
non
fa
che
dei
discepoli
,
dei
seguaci
,
vale
a
dire
degli
inferiori
.
Diffondete
un
'
emozione
in
mezzo
a
una
folla
:
in
un
brevissimo
spazio
di
tempo
ogni
individuo
la
risentirà
nell
'
identico
modo
in
cui
voi
la
risentirete
:
moralmente
,
quindi
,
voi
vi
sarete
creato
intorno
un
popolo
di
eguali
.
Diffondete
invece
un
'
idea
in
mezzo
a
una
folla
:
tutti
-
supponiamo
-
vi
applaudiranno
e
saranno
con
voi
,
ma
intellettualmente
voi
vi
sarete
creato
intorno
un
popolo
di
seguaci
,
non
di
eguali
.
Nel
primo
caso
avrete
riprodotto
,
per
suggestione
,
il
vostro
io
morale
in
tanti
individui
quanti
erano
coloro
che
vi
ascoltavano
e
vi
vedevano
:
avevate
coraggio
,
e
avete
creato
100
coraggiosi
;
avevate
paura
,
e
avete
creato
100
paurosi
.
Nel
secondo
caso
,
il
vostro
io
intellettuale
non
s
'
è
trasfuso
in
nessuno
:
siete
un
genio
,
ma
non
avete
creato
nessun
genio
,
avete
soltanto
costretto
,
per
suggestione
,
100
mediocri
ad
applaudirvi
e
a
seguirvi
.
Ed
ecco
perché
,
nell
'
ordine
morale
,
la
collettività
conosce
vette
inaccessibili
all
'
individuo
isolato
,
giacché
essa
può
rassomigliarsi
a
un
ammasso
di
polvere
il
cui
scoppio
,
data
la
miccia
,
è
tanto
più
fragoroso
quanti
più
sono
i
grani
di
polvere
che
lo
compongono
,
-
e
nell
'
ordine
intellettuale
non
può
raggiungere
le
altezze
cui
un
uomo
solo
arriva
,
giacché
-
anche
data
la
minaccia
-
il
sacro
fuoco
del
pensiero
non
può
propagarsi
.
Che
se
,
non
accontentandoci
di
rilevare
questo
fatto
innegabile
,
noi
volessimo
anche
ricercarne
la
ragione
intima
,
scoprire
cioè
con
curiosità
metafisica
il
perché
la
natura
abbia
posto
quella
differenza
fra
le
facoltà
del
cervello
e
le
facoltà
del
cuore
,
noi
potremmo
dire
che
la
collettività
non
sa
elevarsi
all
'
altezza
intellettuale
dell
'
individuo
isolato
perché
,
se
lo
sapesse
,
farebbe
opera
inutile
o
dannosa
,
e
sa
invece
sorpassare
l
'
individuo
nelle
supreme
manifestazioni
morali
,
perché
l
'
opera
sua
,
in
questo
caso
,
è
più
che
utile
,
necessaria
.
In
un
dato
momento
storico
,
e
in
qualunque
ramo
dell
'
attività
umana
,
basta
infatti
che
un
solo
abbia
genio
,
ma
non
basta
che
un
solo
sia
eroe
.
Basta
un
Garibaldi
e
mille
eroi
per
vincere
una
battaglia
.
Mille
Garibaldi
sarebbero
inutili
.
In
altre
parole
:
staticamente
il
numero
è
inutile
al
genio
:
è
invece
utilissimo
all
'
eroismo
come
a
tutti
i
sentimenti
dell
'
uomo
.
Senonché
,
-
malgrado
questo
mio
tentativo
di
spiegazione
,
-
è
indubitato
che
la
conclusione
che
sgorga
dalle
vostre
e
dalle
mie
osservazioni
è
sconfortante
.
La
collettività
,
si
chiami
Giurì
o
Commissione
,
assemblea
o
folla
,
dà
un
prodotto
morale
e
intellettuale
peggiore
di
quello
che
darebbe
ognuno
degli
uomini
che
la
compongono
.
Unirsi
nel
mondo
umano
vuol
dunque
dire
peggiorarsi
.
È
questo
il
principio
cui
arriviamo
,
ed
è
questa
l
'
ultima
formula
del
pessimismo
più
acuto
.
È
forse
un
'
illusione
od
un
paradosso
?
A
voi
non
è
parsa
tale
,
perché
quando
io
l
'
enunciai
la
prima
volta
,
l
'
avete
accettata
e
le
avete
dato
un
grande
valore
.
Voi
scrivevate
:
"
Segnalo
l
'
importanza
inattesa
di
cui
questo
principio
è
suscettibile
se
lo
si
estende
al
di
là
dell
'
umanità
.
Sappiamo
che
gli
organismi
sono
stati
considerati
,
e
a
ragione
,
come
delle
società
di
cellule
,
e
sappiamo
anche
che
si
è
potuto
vedere
nelle
cellule
stesse
delle
società
di
molecole
...
Ora
supponiamo
che
quel
principio
si
applichi
a
queste
società
biologiche
o
chimiche
,
che
cioè
,
anche
in
queste
società
l
'
aggregato
non
sia
superiore
ai
suoi
elementi
,
anzi
che
sia
inferiore
o
tutto
al
più
eguale
;
noi
vediamo
l
'
universo
intero
apparirci
sotto
un
aspetto
nuovo
ed
è
ai
perfezionamenti
del
microscopio
,
non
del
telescopio
,
che
noi
dovremo
domandare
le
rivelazioni
delle
più
grandi
meraviglie
del
mondo
.
Del
resto
,
è
forse
in
causa
di
un
pregiudizio
ingiustificato
,
che
l
'
io
dell
'
atomo
è
stato
sempre
ritenuto
più
semplice
,
più
povero
,
più
basso
dell
'
io
animale
od
umano
.
Forse
,
nel
fondo
nascosto
degli
esseri
viventi
,
nelle
loro
intimità
elementari
,
viene
invisibilmente
spiegata
assai
più
intelligenza
ed
arte
che
non
si
spieghi
alla
superficie
...
"
*
.
Io
vi
lascio
con
questo
oscuro
problema
insoluto
.
La
soluzione
verrà
data
dalla
psicologia
dell
'
atomo
,
che
voi
invocate
,
e
che
non
è
altro
,
in
fondo
,
se
non
la
psicologia
dell
'
incosciente
,
ancora
così
ignota
e
così
misteriosa
.
Credetemi
con
ammirazione
Vostro
SCIPIO
SIGHELE
.
II
.
Nota
di
Enrico
Ferri
.
La
lettera
che
precede
,
veniva
pubblicata
nel
numero
del
l
°
novembre
1894
della
"
Critica
Sociale
"
.
Prima
che
giungesse
la
risposta
di
Gabriele
Tarde
(
che
il
lettore
troverà
più
innanzi
)
,
Enrico
Ferri
combatteva
le
mie
osservazioni
psicologiche
con
la
Nota
che
qui
riproduco
,
a
cui
faccio
seguire
le
mie
controosservazioni
.
La
psicologia
collettiva
-
come
io
la
battezzai
sino
dalla
2ª
edizione
dei
Nuovi
Orizzonti
-
ha
avuto
organismo
così
rigoglioso
dagli
studi
geniali
e
meritatamente
lodati
del
mio
carissimo
Sighele
,
ed
essa
risponde
troppo
al
colore
del
tempo
,
che
mette
in
luce
sempre
crescente
così
i
dolori
come
le
forze
benefiche
e
malefiche
della
collettività
umana
,
perché
non
debba
prestarsi
nella
infinita
varietà
poliedrica
dei
suoi
elementi
e
delle
sue
manifestazioni
,
ad
una
diversità
di
osservazioni
e
di
induzioni
,
anche
fra
chi
abbia
completo
accordo
di
teorie
fondamentali
.
Tale
è
il
caso
della
presente
Nota
alla
lettera
,
sempre
acuta
e
profonda
,
di
Scipio
Sighele
a
Gabriele
Tarde
.
L
'
impressione
-
per
dirla
subito
-
che
io
ho
avuto
leggendo
questa
lettera
,
è
un
'
impressione
di
urto
mentale
.
Si
legge
.
Il
cervello
comincia
l
'
acceleramento
della
ideazione
,
e
l
'
aumenta
via
via
trascinato
con
intensità
progressiva
dalle
ben
graduate
osservazioni
dello
scrittore
e
poi
,
alla
fine
,
quando
il
moto
intellettuale
dovrebbe
rallentarsi
e
fissarsi
nella
conclusione
finale
,
logicamente
indotta
dalle
premesse
,
si
trova
invece
dinanzi
un
'
affermazione
brusca
,
ottusa
,
che
vi
ricorda
l
'
urto
di
un
treno
a
grande
velocità
contro
la
sbarra
immobile
di
un
binario
morto
.
Ed
è
veramente
un
binario
morto
quello
in
cui
l
'
amico
Sighele
mi
pare
si
sia
messo
;
in
gran
parte
,
io
credo
,
trascinato
e
quasi
direi
deraillé
dal
vagabondaggio
metafisico
della
sociologia
del
Tarde
.
Il
quale
,
per
quanto
gallicamente
seducente
,
mi
pare
appunto
un
ricamatore
che
,
presa
una
idea
(
e
per
solito
la
prende
da
altri
)
,
sa
ricamarne
delle
"
variazioni
"
molteplici
,
sempre
ingegnose
e
brillanti
,
ma
più
spesso
unilaterali
e
sopratutto
anarchiche
,
nel
senso
che
non
sono
il
prodotto
logico
e
necessario
del
metodo
sperimentale
di
osservazione
e
di
induzione
,
ma
rappresentano
piuttosto
la
fantasia
logica
,
il
zig
-
zag
arabescato
di
un
cervello
analitico
e
fecondo
,
ma
scientificamente
eslege
.
Tali
sono
i
caratteri
dei
lavori
più
notevoli
del
Tarde
,
dopo
i
suoi
primi
e
più
originali
articoli
pubblicati
anni
fa
nella
"
Revue
philosophique
"
.
Egli
prende
l
'
idea
sulla
influenza
dell
'
imitazione
,
svolta
fra
gli
altri
dal
Despine
in
una
monografia
del
1871
,
e
vi
ricama
sopra
le
sue
Lois
de
l
'
imitation
,
che
sono
l
'
esagerazione
unilaterale
e
inconcludente
di
un
aspetto
vero
della
vita
.
Così
egli
prende
l
'
idea
del
Pugliese
,
mia
,
e
del
Sighele
,
sul
delitto
collettivo
(
folla
delinquente
)
e
vi
ricama
sopra
i
suoi
saggi
critici
,
prima
al
Congresso
di
antropologia
criminale
a
Bruxelles
,
poi
nella
"
Revue
des
deux
Mondes
"
.
Oppure
egli
prende
le
osservazioni
fondamentali
della
scuola
positiva
italiana
e
vi
ricama
d
'
attorno
la
Criminalité
comparée
e
la
Philosophie
pénale
,
accordandosi
,
anche
per
l
'
indole
dell
'
intelletto
,
con
quegli
analitici
e
comparatori
e
ricamatori
italiani
,
che
s
'
illudevano
d
'
aver
messa
su
una
"
terza
scuola
"
di
"
naturalismo
o
positivismo
critico
"
sol
perché
,
per
esempio
,
alle
statue
michelangiolescamente
scolpite
da
Lombroso
,
son
capaci
,
a
tavolino
,
di
grattare
qualche
cosa
col
magistero
sottile
e
miope
della
lima
sillogistica
.
Non
dico
per
questo
che
anche
gli
ingegni
critici
,
malgrado
l
'
indole
loro
parassitaria
,
non
abbiano
una
funzione
utile
nella
scienza
e
nella
vita
.
Dico
invece
che
bisogna
guardarsi
,
a
forza
di
scorrere
qua
e
là
,
di
non
mettersi
in
un
qualche
binario
morto
,
come
parmi
sia
il
caso
di
questa
nota
del
Sighele
.
Egli
fa
questa
lucida
osservazione
:
le
forze
sentimentali
possono
comunicarsi
e
sommarsi
dall
'
individuo
in
una
folla
,
mentre
le
forze
intellettive
no
.
L
'
osservazione
mi
pare
fondamentalmente
esatta
;
ma
purché
si
esprima
in
senso
relativo
e
non
assoluto
.
Io
direi
che
i
sentimenti
si
comunicano
e
si
sommano
nella
collettività
,
più
che
le
idee
.
E
quindi
non
credo
esatta
l
'
affermazione
consequenziale
del
Sighele
,
che
chi
comunica
un
sentimento
ad
una
collettività
fa
degli
eguali
a
sé
,
mentre
chi
comunica
un
'
idea
fa
dei
seguaci
.
Sta
bene
che
il
coraggio
come
l
'
odio
o
la
vendetta
si
possono
"
infondere
"
da
un
individuo
ad
una
folla
:
ma
i
suggestionati
saranno
sempre
diversi
dal
suggestionatore
.
E
diversi
nel
senso
del
più
come
del
meno
.
Garibaldi
fu
giustamente
detto
"
eroe
creatore
di
eroi
"
:
ma
i
garibaldini
che
lo
seguivano
e
lo
sopravvanzavano
nella
battaglia
,
infuocati
dalla
sua
persona
,
non
erano
eroi
eguali
a
lui
,
che
,
per
esempio
,
doveva
conservare
sempre
un
certo
sangue
freddo
,
per
essere
,
come
fu
,
così
geniale
capitano
e
stratega
.
Anche
l
'
artista
o
l
'
oratore
comunicano
agli
uditori
la
loro
passione
;
ma
nell
'
amore
o
nell
'
odio
o
nella
pietà
o
nell
'
ilarità
gli
uditori
sono
ben
diversi
dall
'
attore
o
dall
'
oratore
.
Questi
deve
serbare
il
suo
sangue
freddo
,
mentre
gli
uditori
tutto
dimenticano
e
arrivano
al
monoideismo
,
finché
dura
la
suggestione
sentimentale
.
E
come
fra
i
garibaldini
ci
può
essere
uno
più
o
diversamente
coraggioso
di
Garibaldi
,
così
fra
gli
uditori
vi
può
essere
uno
più
o
diversamente
artista
e
intelligente
dell
'
attore
o
dell
'
oratore
.
Lo
stesso
avviene
per
l
'
intelligenza
della
folla
.
Sighele
dice
che
quando
l
'
oratore
getta
una
idea
nella
folla
degli
uditori
,
questi
,
se
ne
restano
suggestionati
e
applaudiscono
,
diventano
dei
seguaci
,
cioè
degli
inferiori
,
non
degli
eguali
.
Non
è
esatto
.
In
iscuola
,
in
un
comizio
,
in
tribunale
,
in
un
'
assemblea
,
l
'
oratore
che
dice
veramente
delle
cose
,
non
delle
parole
soltanto
,
eleva
il
livello
intellettuale
dei
suoi
uditori
,
non
solo
perché
accresce
il
loro
patrimonio
attuale
di
cognizioni
ma
soprattutto
perché
dà
loro
per
l
'
avvenire
un
metodo
,
una
lente
e
una
bussola
per
osservare
il
mondo
.
E
fra
gli
uditori
può
esservi
chi
resta
al
disotto
di
lui
,
se
è
ingegno
potente
-
e
questo
è
evidente
-
ma
può
esservi
chi
lo
superi
.
Qualche
volta
il
discepolo
passerà
il
maestro
,
meno
nell
'
arte
,
ma
più
nel
metodico
lavoro
della
scienza
.
Ciò
non
toglie
,
ripeto
,
che
realmente
i
sentimenti
(
moralità
)
siano
più
comunicabili
che
le
idee
(
intelligenza
)
,
ed
una
delle
ragioni
può
essere
quella
indicata
dal
Sighele
,
dei
segni
di
espressione
,
più
precisi
e
completi
e
quindi
più
suggestivi
per
le
emozioni
che
per
le
idee
.
Un
'
altra
,
e
più
fondamentale
,
può
essere
che
i
sentimenti
toccano
più
da
vicino
che
non
le
idee
la
base
stessa
della
vita
animale
comune
ai
viventi
;
un
debole
di
mente
può
procacciarsi
da
vivere
,
anche
allo
stato
selvaggio
;
ma
un
uomo
che
non
senta
il
dolore
(
questa
sentinella
della
vita
)
o
l
'
istinto
di
fame
,
di
sete
,
ecc
.
,
muore
inevitabilmente
e
presto
.
È
quindi
sempre
questione
di
grado
,
nella
comunicabilità
ed
addizionabilità
così
dei
sentimenti
come
delle
idee
.
Ma
poi
Sighele
e
Tarde
qui
trascurano
completamente
l
'
altro
lato
del
fenomeno
,
l
'
influenza
della
folla
sull
'
individuo
,
non
solo
per
i
sentimenti
(
ciò
che
fu
fatto
appunto
colla
teoria
del
delitto
collettivo
)
ma
anche
per
le
idee
.
Già
il
proverbio
dice
che
"
quattro
occhi
vedono
più
di
due
"
.
E
se
l
'
opera
del
genio
(
forse
anche
per
la
gran
parte
che
vi
ha
il
sentimento
e
l
'
immaginazione
,
secondo
le
osservazioni
di
Huxley
)
è
opera
più
individuale
di
ogni
altra
,
tuttavia
né
in
essa
si
deve
escludere
l
'
azione
della
intelligenza
collettiva
né
questa
si
può
disconoscere
in
quella
forza
,
ben
più
continua
e
quotidiana
della
evoluzione
umana
,
che
è
l
'
opera
del
talento
.
Chi
sa
dire
dove
e
da
chi
abbia
avuta
una
data
immagine
il
poeta
,
che
la
rende
immortale
coi
suoi
versi
?
Forse
da
un
intelletto
mediocre
,
in
una
conversazione
fugace
o
insipida
per
tutto
il
resto
.
Io
ho
provato
,
dopo
le
mie
lezioni
all
'
Università
,
quanto
utile
mi
venga
dalle
conversazioni
e
dalle
osservazioni
fattemi
da
questo
o
da
quello
dei
miei
uditori
e
che
io
non
avevo
fatto
e
che
a
me
poi
possono
servire
di
scintilla
per
illuminare
tutto
un
vasto
campo
di
ulteriori
osservazioni
.
"
Il
y
a
quelqu
'
un
qui
a
plus
d
'
esprit
que
M
.
de
Voltaire
:
c
'
est
tout
le
monde
"
.
Ecco
la
conferma
di
questa
mia
affermazione
.
Il
cervello
di
un
genio
o
artistico
o
scientifico
può
riassumere
e
coordinare
e
fecondare
in
sé
moltissimi
fra
i
lati
dell
'
infinito
poliedro
della
vita
;
ma
migliaia
di
cervelli
,
siano
pure
mediocri
,
ma
pregni
di
esperienze
ed
osservazioni
,
infinitamente
diverse
e
più
svariate
,
sia
pure
embrionali
e
frammentarie
,
abbracciando
l
'
infinito
poliedro
da
un
maggior
numero
di
lati
,
mettono
in
luce
cose
e
idee
che
il
cervello
di
un
genio
da
solo
non
vede
.
Il
calzolaio
vide
l
'
errore
nello
stivale
scolpito
dall
'
artista
greco
,
così
come
si
narra
del
contadino
toscano
che
nel
cavallo
plasmato
da
uno
scultore
di
genio
scoperse
che
mancavano
quei
due
bitorzoli
senza
pelo
che
stanno
alle
ginocchia
di
tutti
i
cavalli
.
Bisogna
provare
,
per
esempio
,
in
una
riunione
di
studenti
,
di
operai
o
di
contadini
:
gettate
là
un
'
idea
,
che
vada
al
midollo
delle
cose
,
e
ve
la
sentirete
poco
dopo
rimbalzata
dai
cervelli
di
questo
o
di
quell
'
uditore
,
rinforzata
,
corretta
,
ampliata
da
cento
altre
osservazioni
e
rilievi
parziali
,
che
rimanendo
frammentari
e
isolati
nel
cervello
o
denutrito
o
inesperto
o
incolto
di
chi
le
fa
,
restano
nel
vuoto
,
come
seme
che
non
può
gettare
radici
nella
rena
circostante
.
Ma
,
per
una
parte
,
quell
'
altra
idea
,
specialmente
se
direttiva
e
metodica
,
svolta
dall
'
oratore
,
coordina
e
rafforza
le
idee
frammentarie
e
deboli
degli
uditori
e
quindi
eleva
il
loro
diapason
intellettuale
;
e
d
'
altra
parte
,
le
osservazioni
di
rimbalzo
,
fatte
dalla
collettività
,
fecondano
e
rafforzano
il
meccanismo
intellettivo
dell
'
individuo
.
Vale
a
dire
,
amico
Sighele
,
che
è
inutile
correr
dietro
alle
bolle
di
sapone
,
come
l
'
io
dell
'
atomo
che
è
una
contraddizione
in
termini
,
dacché
l
'
atomo
è
l
'
individuo
vero
e
solo
,
cioè
l
'
indivisibile
e
il
semplice
,
ed
io
invece
significa
risultante
complessa
(
conscia
od
inconscia
)
di
molti
elementi
psichici
primordiali
.
Dove
non
c
'
è
collettività
non
ci
può
essere
l
'
io
:
e
la
psicologia
dei
microrganismi
fatta
dal
Binet
è
possibile
solo
,
perché
il
più
semplice
dei
microrganismi
è
sempre
una
collettività
federata
e
diversa
,
di
cellule
viventi
.
Vale
a
dire
,
infine
,
che
la
conclusione
finale
è
precisamente
l
'
opposta
:
non
è
che
unirsi
,
nel
mondo
,
voglia
dire
peggiorarsi
o
indebolirsi
.
La
realtà
è
che
non
si
vive
se
non
vi
è
unione
;
perché
,
come
dissi
altrove
,
Robinson
Crosuè
,
che
sarebbe
l
'
ideale
umano
così
dell
'
individualismo
come
della
sua
logica
conclusione
,
non
può
essere
che
una
leggenda
o
un
caso
patologico
.
Ma
poi
,
come
sarebbe
stata
possibile
l
'
evoluzione
dal
microbo
all
'
uomo
e
dall
'
uomo
selvaggio
all
'
uomo
civile
se
l
'
unione
,
cioè
l
'
associazione
,
volesse
dire
peggioramento
e
indebolimento
?
...
E
non
è
tutta
l
'
evoluzione
,
in
sostanza
,
che
un
processo
di
crescente
associazione
e
di
riunione
?
Vero
è
che
Sighele
applica
la
sua
osservazione
soltanto
alle
forme
ristrette
e
più
o
meno
transitorie
dell
'
associazione
umana
,
anziché
al
fatto
costituente
ed
universale
della
società
umana
.
E
questa
limitazione
rende
in
qualche
parte
accettabile
,
cioè
rispondente
alla
realtà
delle
cose
,
la
sua
conclusione
.
Ma
,
malgrado
questa
distinzione
necessaria
,
-
già
da
me
fatta
fin
dai
primordii
tra
psicologia
individuale
,
psicologia
collettiva
e
psicologia
sociale
,
-
io
credo
tuttavia
che
in
ogni
e
qualsiasi
manifestazione
della
materia
inorganica
ed
organica
,
dall
'
aggregazione
e
combinazione
degli
atomi
nell
'
ordine
siderale
o
chimico
sino
alla
aggregazione
e
combinazione
delle
sensazioni
ed
idee
elementari
nell
'
ordine
psicologico
individuale
e
dei
sentimenti
e
delle
idee
individuali
nell
'
ordine
della
psicologia
collettiva
e
sociale
,
-
sempre
si
deve
dire
che
"
l
'
unione
fa
la
forza
"
.
E
mi
parrebbe
fare
offesa
all
'
ingegno
del
Sighele
se
credessi
necessario
indicargliene
qui
le
prove
,
dopo
che
l
'
ho
tratto
fuori
dal
binario
morto
in
cui
s
'
era
ficcato
col
tardigrado
io
dell
'
atomo
.
La
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
.
Ecco
la
conclusione
positiva
:
e
più
intensa
non
è
sinonimo
di
più
buona
.
Ma
se
in
un
dato
momento
e
in
una
data
collettività
prevale
un
elemento
cattivo
(
antisociale
o
immorale
)
,
questo
si
rafforzerà
come
si
rafforzerà
invece
un
elemento
buono
(
sociale
o
morale
)
se
avrà
la
prevalenza
.
Insomma
,
io
credo
sempre
esatta
la
mia
prima
fondamentale
osservazione
,
che
nella
psicologia
collettiva
avviene
non
già
la
semplice
miscela
degli
elementi
individuali
,
ma
la
loro
combinazione
chimica
.
Sicché
la
risultante
psichica
collettiva
non
è
eguale
-
tanto
per
i
sentimenti
quanto
per
le
idee
-
alla
somma
degli
elementi
psichici
individuali
:
è
anzi
sempre
diversa
,
in
meglio
o
in
peggio
,
così
come
dalla
combinazione
chimica
di
due
o
più
sostanze
si
ha
nella
massa
finale
una
temperatura
o
più
alta
o
più
bassa
di
quella
dei
corpi
componenti
*
.
Certo
,
ora
più
spesso
avviene
che
nella
collettività
prevalga
il
meno
buono
e
il
meno
intelligente
;
ma
per
quale
recondita
ragione
?
Qui
,
amico
Sighele
,
devi
ficcare
lo
sguardo
a
fondo
,
ed
il
fondo
è
la
lotta
antagonistica
ed
anarchica
degli
interessi
egoistici
nel
mondo
presente
,
senza
la
base
e
la
disciplina
della
solidarietà
vera
e
viva
.
In
un
'
accademia
come
in
un
comizio
,
come
in
un
Parlamento
,
ognuno
cercherà
sempre
di
giovare
a
sé
:
ma
nel
mondo
individualista
l
'
utile
proprio
troppe
volte
non
è
conciliabile
coll
'
utile
altrui
.
Ecco
perché
,
incoscientemente
,
rebus
sic
stantibus
,
nella
collettività
più
spesso
avviene
il
fascio
degli
egoismi
antisociali
invece
che
l
'
unione
degli
egoismi
sociali
.
La
conferma
se
ne
ha
in
certi
casi
eccezionali
.
Quando
in
una
battaglia
l
'
entusiasmo
è
al
colmo
o
in
un
'
opera
di
salvataggio
(
inondazioni
,
incendi
,
epidemie
,
ecc
.
)
l
'
elemento
della
solidarietà
sociale
prevale
su
quello
dell
'
isolamento
anti
-
sociale
,
la
riunione
centuplica
allora
la
forza
del
sacrificio
e
dell
'
eroismo
e
della
virtù
,
come
centuplica
quella
del
delitto
,
in
altre
diverse
condizioni
di
tempo
e
di
luogo
.
Tutto
sta
adunque
nel
dare
alle
collettività
umane
un
'
orientazione
tale
,
per
cui
l
'
egoismo
individuale
,
inseparabile
dalla
vita
(
perché
primum
vivere
deinde
philosophare
)
non
sia
costretto
ad
essere
anti
-
sociale
per
affermarsi
,
ma
trovi
invece
nella
vita
collettiva
anche
le
condizioni
di
maggiore
e
miglior
vita
per
sé
.
Il
come
di
questa
orientazione
sociale
esce
dai
limiti
di
questa
Nota
ed
è
risolto
dal
socialismo
scientifico
.
Per
ora
mi
fermo
a
queste
considerazioni
di
psicologia
collettiva
,
che
interessano
la
giurisprudenza
penale
come
la
sociologia
criminale
.
E
sarò
lieto
se
il
Sighele
od
altri
vorrà
continuare
la
cortese
polemica
di
idee
;
dalla
quale
,
appunto
perché
anche
nel
campo
dell
'
intelligenza
,
unirsi
vuol
dire
rafforzarsi
,
non
potrà
che
risultare
il
vantaggio
e
l
'
incremento
della
nostra
scienza
positiva
.
ENRICO
FERRI
.
III
.
Risposta
di
Scipio
Sighele
a
Enrico
Ferri
.
Roma
,
2
novembre
1894
.
Mio
carissimo
Enrico
,
Grazie
delle
parole
cortesi
ch
'
io
debbo
all
'
indulgenza
del
maestro
e
all
'
affetto
dell
'
amico
;
grazie
sopratutto
della
critica
franca
e
sincera
che
io
cerco
e
desidero
,
giacché
mi
sembra
il
risultato
più
utile
e
la
soddisfazione
più
grande
di
coloro
che
scrivono
.
Tu
dici
che
io
"
ho
urtato
contro
la
sbarra
immobile
d
'
un
binario
morto
"
.
Un
disastro
ferroviario
e
...
intellettuale
,
dunque
.
Può
darsi
.
Ma
la
colpa
è
veramente
e
solamente
mia
?
O
non
accade
spesso
alla
scienza
di
incontrare
questi
binari
morti
che
le
vietano
la
sua
corsa
a
grande
velocità
,
queste
sbarre
immobili
che
arrestano
la
macchina
ancora
avida
di
cammino
?
Sono
io
responsabile
se
il
pensiero
ha
le
sue
colonne
d
'
Ercole
,
se
esiste
l
'
ignoto
dell
'
incosciente
,
e
se
mi
dichiaro
vinto
dinanzi
a
un
problema
che
nessuno
ha
saputo
risolvere
?
E
merito
io
d
'
essere
tacciato
di
metafisico
perché
invoco
la
psicologia
dell
'
atomo
?
Qualche
centinaio
d
'
anni
fa
(
anzi
qualche
diecina
)
il
buon
pubblico
avrebbe
sorriso
se
gli
avessero
detto
che
esisteva
la
psicologia
dei
microrganismi
!
Eppure
,
Binet
l
'
ha
studiata
!
Io
penso
che
,
se
il
vero
temperamento
positivista
deve
credere
soltanto
a
ciò
che
vede
o
a
ciò
di
cui
ha
le
prove
,
non
deve
però
escludere
a
priori
nessuna
ipotesi
.
Tutto
è
possibile
al
mondo
,
e
l
'
affermare
categoricamente
:
la
scienza
non
arriverà
oltre
questo
limite
,
è
una
forma
di
ipoteca
sull
'
avvenire
che
le
meravigliose
sorprese
del
presente
e
del
passato
dovrebbero
consigliarci
di
evitare
.
Del
resto
,
che
importa
credere
o
non
credere
possibile
questa
psicologia
dell
'
atomo
?
Il
mio
,
era
un
desiderio
,
una
speranza
,
un
augurio
,
che
gettavo
là
,
alla
fine
della
mia
lettera
,
per
attenuare
lo
sconforto
che
invade
chi
,
dopo
aver
molto
cercato
,
s
'
accorge
di
non
aver
trovato
nulla
o
quasi
nulla
.
La
spiegazione
ultima
mi
sfuggiva
:
la
sentivo
inarrivabile
ed
intangibile
,
ma
volevo
almeno
indicare
dove
,
a
parer
mio
,
essa
stava
racchiusa
.
Non
potendo
vedere
il
tesoro
,
mi
accontentavo
di
supporre
dove
era
nascosto
.
Ad
altri
più
fortunati
di
me
il
saperlo
scoprire
.
Ho
sbagliato
?
Può
darsi
,
-
ripeto
.
Ma
alla
mia
ipotesi
tu
non
hai
sostituito
nessun
assioma
,
al
mio
dubbio
nessuna
certezza
.
Il
mistero
rimane
,
e
noi
ci
troviamo
almeno
d
'
accordo
nel
dover
confessare
la
nostra
ignoranza
.
Senonché
,
non
è
su
questo
incerto
ed
oscuro
problema
che
vale
la
pena
di
soffermarsi
a
discutere
.
Noi
possiamo
continuare
più
utilmente
la
nostra
polemica
intorno
a
quelle
mie
osservazioni
di
psicologia
collettiva
che
tu
non
accusi
di
essere
metafisiche
,
e
che
-
se
non
m
'
inganno
-
pur
criticandole
,
accetti
nel
fondo
interamente
.
Io
avevo
detto
che
le
forze
sentimentali
si
sommano
in
una
folla
,
le
forze
intellettive
no
,
e
che
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
mentre
la
suggestione
delle
idee
fa
degli
inferiori
.
Tu
trovi
troppo
assolute
queste
affermazioni
,
perché
la
differenza
,
secondo
te
,
è
di
gradi
non
di
sostanza
.
A
rigore
di
logica
tu
hai
ragione
.
In
natura
non
esiste
nulla
di
sostanzialmente
diverso
e
distinto
:
tutto
si
riannoda
e
si
riallaccia
attraverso
sfumature
infinite
:
la
legge
d
'
evoluzione
lo
insegna
.
Ci
sono
delle
zone
neutre
che
vietano
persino
di
sentenziare
se
un
organismo
appartiene
al
regno
vegetale
o
al
regno
animale
.
Perché
dunque
dovrebbero
esistere
delle
barriere
divisionali
in
psicologia
?
Ma
la
logica
troppo
severa
fa
commettere
degli
errori
,
come
la
corda
tirata
troppo
si
spezza
.
Tu
stesso
mi
hai
insegnato
che
,
per
comodità
di
studio
e
per
maggiore
chiarezza
,
si
usa
,
nella
scienza
e
nella
vita
,
chiamar
con
nomi
diversi
le
cose
che
in
ultima
analisi
non
sono
che
uno
sviluppo
ulteriore
una
dell
'
altra
,
-
e
così
io
credo
che
si
possano
tener
distinti
in
psicologia
dei
fenomeni
che
-
pur
non
differendo
fra
loro
sostanzialmente
-
differiscono
però
di
tanti
gradi
da
far
quasi
dimenticare
l
'
origine
comune
.
Orbene
,
la
suggestione
dei
sentimenti
differisce
tanto
dalla
suggestione
delle
idee
,
che
io
ho
creduto
di
poter
stabilire
fra
l
'
una
e
l
'
altra
questo
carattere
distintivo
:
l
'
una
fa
degli
eguali
,
l
'
altra
dei
seguaci
,
degli
inferiori
.
So
bene
,
-
e
lo
potevi
capire
anche
tu
-
che
quell
'
aggettivo
eguali
non
ha
il
significato
che
gli
si
dovrebbe
attribuire
in
una
dimostrazione
matematica
:
in
psicologia
sopratutto
(
e
anche
in
natura
)
non
c
'
è
nulla
di
identico
,
e
quando
si
adoperano
certe
parole
,
si
lascia
a
chi
legge
di
interpretarle
non
alla
lettera
,
ma
nel
senso
che
loro
si
è
dato
scrivendole
.
So
bene
che
gli
eroi
creati
da
Garibaldi
non
erano
e
non
potevano
essere
eguali
a
lui
,
e
che
il
grado
di
passione
cui
sale
il
pubblico
non
è
preciso
a
quello
dell
'
oratore
che
lo
ha
suggestionato
-
(
l
'
anima
umana
non
è
una
cifra
e
la
psicologia
non
è
l
'
aritmetica
)
,
-
ma
è
certo
che
quegli
eroi
e
quel
pubblico
modellavano
sé
stessi
incoscientemente
sulla
figura
morale
del
loro
suggestionatore
,
e
che
tutti
insieme
costituivano
un
unisono
psicologico
,
che
autorizzava
la
mia
affermazione
.
L
'
espressione
di
un
sentimento
ha
,
per
coloro
che
vi
assistono
,
l
'
identico
effetto
della
vibrazione
d
'
una
nota
sulle
corde
musicali
che
si
trovano
sotto
la
influenza
di
questa
vibrazione
.
La
persona
risponde
collo
stesso
sentimento
,
come
la
corda
risponde
colla
stessa
nota
.
Sarà
forse
un
tono
più
alto
o
più
basso
,
ma
è
l
'
identico
suono
,
è
l
'
accordo
.
Delle
idee
,
invece
,
non
avviene
così
.
Garibaldi
può
,
colla
sola
virtù
dell
'
esempio
,
creare
un
eroe
.
Spencer
non
può
,
con
una
sua
frase
o
colla
lettura
d
'
un
suo
capitolo
,
creare
un
genio
e
nemmeno
un
ingegno
.
Non
insisto
su
questa
dimostrazione
perché
l
'
evidenza
mi
par
meridiana
.
Tu
dici
però
-
per
combattere
la
mia
tesi
-
che
l
'
oratore
il
quale
dica
veramente
delle
cose
e
non
delle
parole
soltanto
,
eleva
il
livello
intellettuale
dei
suoi
uditori
,
-
e
fin
qui
siamo
d
'
accordo
e
l
'
ho
ammesso
anch
'
io
,
scrivendo
che
l
'
oratore
,
in
tal
caso
,
fa
dei
seguaci
,
cioè
suggestiona
e
avvicina
a
sé
intellettualmente
il
suo
pubblico
;
-
e
sostieni
anche
che
fra
gli
uditori
può
esservi
chi
superi
l
'
oratore
perché
spesso
il
discepolo
sorpassa
il
maestro
.
E
qui
-
pur
essendo
d
'
accordo
con
te
nella
osservazione
(
troppo
semplice
,
del
resto
,
perché
si
possa
combattere
)
,
-
mi
permetto
di
dirti
che
non
modifica
in
nulla
la
mia
tesi
.
Verdi
ha
avuto
un
maestro
di
musica
,
Dante
avrà
avuto
un
maestro
di
letteratura
,
Raffaello
un
maestro
di
disegno
.
Che
cosa
significa
questo
,
per
la
psicologia
collettiva
?
Significa
forse
-
come
tu
tenderesti
a
provare
-
che
le
facoltà
intellettuali
non
solo
fanno
degli
eguali
,
come
le
forze
sentimentali
,
ma
fanno
dei
superiori
?
Qui
-
mi
pare
tu
abbia
dimenticata
quella
tua
felice
distinzione
fra
psicologia
collettiva
e
psicologia
sociale
,
che
è
stata
la
scintilla
del
mio
libro
sulla
Folla
delinquente
.
La
psicologia
collettiva
-
quale
tu
stesso
la
definisci
ed
io
ho
studiata
-
è
la
psicologia
delle
collettività
riunite
staticamente
.
Quando
dunque
io
dico
che
la
suggestione
delle
idee
-
al
contrario
della
suggestione
dei
sentimenti
-
fa
,
non
degli
uguali
,
ma
degli
inferiori
,
intendo
parlare
da
un
punto
di
vista
statico
.
Il
rispondermi
che
in
un
'
aula
d
'
università
dove
parla
un
professore
,
o
in
un
teatro
dove
parla
un
Demostene
,
vi
può
essere
-
nascosto
ed
ignoto
fra
il
pubblico
-
uno
scienziato
o
un
artista
che
supererà
quel
professore
o
un
oratore
che
supererà
quel
Demostene
,
-
è
un
eludere
la
questione
,
non
un
risolverla
,
è
un
uscire
dal
campo
della
psicologia
collettiva
per
entrare
in
quello
della
psicologia
sociale
.
La
mia
tesi
-
esposta
in
un
modo
esagerato
e
brutale
-
è
questa
:
staticamente
,
cioè
in
un
brevissimo
spazio
di
tempo
,
per
sola
virtù
di
contagio
,
si
può
fare
d
'
un
uomo
un
eroe
o
un
assassino
,
non
si
può
fare
un
genio
del
pensiero
.
E
sfido
chiunque
a
contraddirmi
.
-
Quando
tu
poi
,
per
provare
la
forza
di
suggestione
delle
idee
,
mi
citi
i
discepoli
che
superano
i
maestri
o
,
per
provare
che
non
solo
l
'
individuo
ha
influenza
sul
pubblico
,
ma
anche
,
e
più
,
il
pubblico
,
sull
'
individuo
,
mi
avverti
che
a
un
poeta
può
venire
un
'
ispirazione
da
un
intelletto
mediocre
,
e
che
a
uno
scienziato
può
balenare
un
'
idea
geniale
da
una
conversazione
fugace
o
insipida
,
-
io
ti
rispondo
che
hai
ragione
,
ma
che
questa
è
psicologia
sociale
e
non
psicologia
collettiva
.
E
degli
effetti
e
dell
'
importanza
della
suggestione
(
tanto
dei
sentimenti
come
delle
idee
)
da
un
punto
di
vista
dinamico
e
non
statico
,
io
ho
troppo
a
lungo
parlato
altrove
,
perché
deva
ripetermi
qui
.
Tu
scrivi
questi
periodi
limpidi
,
e
inconfutabili
:
"
Non
è
sempre
esatto
che
la
somma
collettiva
delle
idee
sia
peggiore
delle
idee
genialmente
individuali
.
Nel
genio
,
e
anche
nell
'
ingegno
potente
,
c
'
è
sempre
una
qualche
esagerazione
,
un
qualche
squilibrio
nelle
premesse
più
acutamente
vedute
e
ravvicinate
,
come
nelle
induzioni
più
velocemente
anticipate
.
Nella
collettività
,
invece
,
è
vero
che
domina
la
media
,
ma
appunto
perché
tale
,
questa
rappresenta
così
una
elevazione
equilibrata
e
definitiva
della
intelligenza
comune
di
fronte
allo
stadio
precedente
,
come
un
'
attenuazione
integratrice
delle
audacie
più
o
meno
squilibrate
,
ma
sempre
precoci
e
perciò
meno
vitali
,
del
genio
individuale
.
Nella
scienza
la
scuola
dei
seguaci
vale
sempre
più
e
meglio
del
maestro
iniziatore
,
ed
hanno
-
l
'
una
e
l
'
altro
-
due
funzioni
utilmente
diverse
.
Senza
l
'
individuo
creatore
la
scuola
non
si
farebbe
e
la
media
individuale
non
si
eleverebbe
;
ma
senza
una
collettività
solidale
,
l
'
intuizione
del
genio
non
vive
e
cade
in
un
torpore
e
in
un
oblio
talvolta
secolare
,
finché
le
condizioni
più
propizie
e
meglio
adatte
della
collettività
,
o
spontaneamente
,
o
per
spinta
rinnovata
di
un
altro
genio
o
anche
di
un
talento
,
non
ne
fissino
definitivamente
la
struttura
e
lo
sviluppo
"
.
Parole
d
'
oro
,
-
ma
che
non
levano
una
virgola
a
quel
che
io
ho
affermato
,
perché
sono
parole
e
concetti
applicabili
in
sociologia
e
non
in
psicologia
collettiva
.
Ho
ammesso
anch
'
io
,
e
ho
scritto
*
tutto
questo
:
ho
ammesso
anch
'
io
,
-
e
l
'
ho
scritto
-
che
il
genio
non
è
che
un
simbolo
il
quale
rappresenta
le
aspirazioni
e
le
tendenze
di
una
data
classe
e
di
un
dato
periodo
;
ch
'
egli
non
è
se
non
lo
scorcio
incosciente
di
un
momento
storico
,
quasi
una
figura
in
cui
si
riassumono
e
si
fissano
tutte
le
suggestioni
infinite
e
diverse
che
su
di
lui
hanno
agito
;
-
ma
riconoscendo
che
il
genio
è
un
parto
meraviglioso
della
collettività
,
ho
inteso
e
intendo
riconoscere
soltanto
dinamicamente
il
potere
della
collettività
sull
'
individuo
.
Anche
staticamente
esiste
questo
potere
,
ma
produce
il
male
anzi
che
il
bene
,
abbassa
e
non
eleva
l
'
intelligenza
.
Ed
è
in
questo
senso
,
cioè
da
un
punto
di
vista
statico
,
che
io
ho
osato
esporre
la
frase
pessimista
che
"
unirsi
,
nel
mondo
umano
,
vuol
dire
peggiorarsi
"
.
Da
un
punto
di
vista
dinamico
cioè
di
psicologia
sociale
,
bisognerebbe
essere
pazzi
per
affermare
una
cosa
simile
,
e
tu
hai
ragione
di
dire
che
-
allora
-
bisognerebbe
anche
rinnegare
la
teoria
dell
'
evoluzione
e
riconoscere
che
il
selvaggio
val
più
dell
'
uomo
civile
,
e
la
scimmia
antropomorfa
più
del
selvaggio
.
Per
essere
più
preciso
io
avrei
dovuto
scrivere
che
-
"
unirsi
nel
mondo
umano
,
solo
staticamente
,
vuol
dire
peggiorarsi
"
.
-
Ma
all
'
esattezza
del
linguaggio
,
che
ho
trascurata
,
poteva
rimediare
il
senso
e
l
'
intonazione
del
mio
articolo
.
Io
parlavo
della
folla
non
della
società
:
io
parlavo
di
suggestione
immediata
e
incosciente
,
non
di
suggestione
lenta
e
cosciente
;
io
-
in
una
parola
-
parlavo
di
improvvise
rivoluzioni
psicologiche
,
non
di
graduali
evoluzioni
;
io
non
applicavo
quindi
la
mia
conclusione
a
tutto
il
vasto
campo
della
sociologia
,
ma
soltanto
al
campo
ristretto
della
psicologia
collettiva
.
Tu
mi
hai
voluto
far
dire
più
di
quello
che
avevo
in
animo
di
dire
,
e
per
combattere
una
tesi
che
io
non
ho
sostenuta
,
hai
esagerato
.
Tu
hai
scritto
che
il
principio
:
l
'
unione
fa
la
forza
è
vero
sempre
in
psicologia
sociale
e
in
psicologia
collettiva
.
No
:
in
psicologia
collettiva
l
'
unione
spesso
fa
,
intellettualmente
,
non
la
forza
,
ma
la
debolezza
:
i
Giurì
,
le
Commissioni
,
le
assemblee
informino
:
soprattutto
i
tuoi
Nuovi
Orízzonti
,
dove
questa
verità
è
stata
così
genialmente
accennata
.
Ed
io
non
avrei
altro
da
aggiungere
se
non
prevedessi
una
tua
domanda
,
anzi
alcune
domande
:
"
quali
sono
i
limiti
-
tu
potresti
dirmi
-
quali
i
confini
tra
la
psicologia
collettiva
e
la
psicologia
sociale
?
dove
finisce
l
'
una
e
comincia
l
'
altra
?
non
si
verificherà
anche
qui
la
legge
d
'
evoluzione
,
e
non
si
passerà
dall
'
una
all
'
altra
per
fasi
e
per
gradazioni
indistinte
?
e
non
sarà
allora
impossibile
o
quasi
applicare
a
queste
diverse
fasi
le
leggi
che
tu
credi
vere
per
l
'
una
e
che
sarebbero
quindi
false
per
l
'
altra
?
"
.
I
problemi
racchiusi
in
queste
interrogazioni
sono
gravi
e
importanti
.
Io
tenterò
di
risolverli
nel
mio
prossimo
volume
:
La
delinquenza
settaria
*
.
La
setta
è
infatti
una
collettività
che
potrebbe
dirsi
il
trait
-
d
'
union
fra
la
folla
e
la
società
,
la
zona
neutra
,
per
ripetere
un
'
espressione
felice
,
tra
la
psicologia
collettiva
e
la
psicologia
sociale
.
L
'
argomento
mi
porterebbe
molto
lontano
:
ma
io
non
posso
abusare
della
cortesia
della
"
Critica
sociale
"
,
alla
quale
ho
già
rubato
qualche
colonna
.
Altrove
e
meglio
io
potrò
dire
il
mio
pensiero
.
Intanto
credimi
,
con
l
'
affetto
e
con
l
'
ammirazione
che
sai
,
sempre
tuo
SCIPIO
SIGHELE
.
IV
.
Risposta
di
Gabriele
Tarde
a
Scipio
Sighele
*
.
Io
sono
sempre
lieto
,
e
voi
,
caro
Sighele
,
lo
sapete
,
di
rendere
la
giustizia
dovuta
ai
vostri
belli
e
profondi
lavori
;
e
non
solo
è
il
vigore
e
il
raro
acume
di
uno
spirito
veramente
personale
,
che
io
ammiro
in
voi
,
ma
eziandio
quella
nobiltà
naturale
di
carattere
che
vi
tiene
al
disopra
delle
misere
questioni
d
'
amor
proprio
.
Noto
questo
tanto
più
volentieri
,
dacché
è
pur
tempo
ch
'
io
risponda
a
certi
attacchi
che
se
non
mi
commuovono
,
non
cessano
però
di
sorprendermi
,
succedendo
bruscamente
,
non
so
troppo
il
perché
,
a
numerose
testimonianze
d
'
amicizia
e
a
buoni
uffici
reciproci
.
Io
non
seguirò
il
Ferri
nella
via
ch
'
egli
ha
battuta
a
mio
riguardo
.
Un
uomo
così
abile
,
com
'
egli
è
,
all
'
adattamento
e
al
volgarizzamento
delle
idee
altrui
dovrebbe
più
di
chiunque
astenersi
dal
gettare
ad
altri
epiteti
scortesi
di
parassita
di
vagabondo
e
di
plagiario
;
dovrebbe
astenersene
e
sopratutto
verso
qualcuno
che
maturò
a
lungo
,
nella
più
profonda
solitudine
,
il
frutto
delle
sue
proprie
riflessioni
,
fino
al
giorno
in
cui
il
suo
pensiero
schietto
e
personale
si
è
diffuso
con
qualche
onore
nel
modo
scientifico
.
Certo
,
ben
io
so
che
in
fatto
di
idee
la
proprietà
individuale
deve
sempre
esser
intesa
in
un
senso
molto
relativo
;
che
il
collettivismo
è
qui
al
suo
posto
,
meglio
che
in
qualsiasi
altro
campo
;
e
che
noi
non
siamo
mai
se
non
i
comproprietari
comunisti
e
indivisi
delle
nostre
idee
le
più
originali
.
Ciononostante
,
il
merito
d
'
una
tal
quale
originalità
mi
fu
così
spesso
riconosciuto
,
da
ogni
parte
e
su
tutti
i
toni
,
e
persino
dai
più
acerbi
miei
critici
,
che
io
credo
di
potere
,
-
senza
troppa
illusione
-
attribuirmi
la
paternità
de
'
miei
scritti
a
dispetto
del
mio
amabile
contradditore
.
Il
deputato
Ferri
era
ancora
sulle
panche
della
scuola
quando
già
il
mio
sistema
d
'
idee
era
fissato
nelle
linee
principali
.
Io
non
potei
quindi
toglierlo
a
prestito
né
da
lui
né
da
alcuno
dei
suoi
e
neppure
dal
Despine
,
che
mai
non
lessi
.
Che
quest
'
ultimo
si
sia
occupato
della
imitazione
,
è
ben
cosa
possibile
.
Lo
stesso
Platone
ne
sentì
alcun
po
'
l
'
importanza
nella
sua
Repubblica
.
La
questione
non
è
qui
.
Il
pubblico
filosofico
l
'
ha
ben
compreso
ed
è
esso
,
in
fin
dei
fini
,
il
solo
giudice
del
merito
dei
nostri
lavori
.
In
ogni
caso
io
posso
affermare
che
quand
'
anche
io
non
avessi
conosciuta
la
nuova
scuola
,
io
non
avrei
a
cangiar
verbo
delle
mie
due
opere
principali
:
Le
leggi
dell
'
imitazione
e
La
logica
sociale
.
Quanto
alla
mia
Criminalità
comparata
e
alla
mia
Filosofia
penale
,
questi
due
volumi
non
sono
che
l
'
applicazione
pura
e
semplice
del
mio
punto
di
vista
generale
-
pubblicato
fin
dal
1881
nella
"
Revue
Philosophique
"
e
finito
assai
prima
-
al
lato
criminale
della
Società
;
a
quel
modo
ch
'
io
l
'
applicai
al
lato
linguistico
,
religioso
,
economico
,
estetico
e
giuridico
.
Questa
applicazione
criminologica
io
non
l
'
avrei
fatta
nella
stessa
maniera
se
non
avessi
avuto
il
vantaggio
di
leggere
un
giorno
l
'
Uomo
delinquente
di
Lombroso
e
gli
scritti
della
scuola
.
Ma
il
rimprovero
di
averli
saccheggiati
mi
sorprende
singolarmente
;
avrei
capito
piuttosto
quello
di
averli
un
tal
po
'
demoliti
:
e
ancora
ciò
equivarrebbe
a
disconoscere
tutta
la
benevolenza
(
voi
diceste
un
giorno
beneficenza
)
della
mia
critica
da
amico
.
Se
tutti
coloro
che
criticano
il
Ferri
l
'
hanno
copiato
,
i
suoi
copisti
sono
legione
,
cominciando
dall
'
onorevole
Colajanni
che
gli
ha
assestato
di
così
bei
colpi
,
e
senza
dire
del
Lucchini
,
del
Carnevale
,
dell
'
Alimena
e
di
tanti
altri
rudi
giostratori
della
terza
scuola
.
Io
non
so
del
resto
a
qual
proposito
,
senza
aver
nulla
di
molto
particolare
da
dire
,
Ferri
interviene
nella
piccola
conversazione
cortese
ed
istruttiva
che
voi
impegnaste
con
me
su
un
punto
assai
delicato
della
psicologia
delle
folle
.
S
'
egli
fu
il
padrino
della
psicologia
collettiva
,
come
a
più
riprese
si
vanta
,
s
'
ingannerebbe
,
ad
ogni
modo
,
supponendo
di
esserne
il
padre
e
che
nessuno
abbia
ormai
il
diritto
di
toccare
a
questo
soggetto
di
studi
senza
il
suo
consenso
.
Il
difficile
non
era
di
trovare
il
nome
,
bensì
di
trovare
e
approfondire
la
cosa
.
È
ciò
che
voi
fate
,
è
ciò
che
io
pure
ho
tentato
di
fare
.
E
ciò
che
mi
dà
qualche
fiducia
nelle
mie
ricerche
è
che
mi
sembra
ch
'
esse
si
accordino
spesso
con
le
vostre
,
anche
in
quanto
concerne
il
piccolo
problema
da
voi
recentemente
discusso
nella
"
Critica
sociale
"
.
Perciò
non
ho
che
qualche
riflessione
da
aggiungere
alle
vostre
fini
osservazioni
.
Io
distinsi
nello
spirito
collettivo
delle
folle
il
lato
intellettuale
e
il
lato
morale
,
e
feci
notare
che
,
moralmente
,
esse
uguagliano
ed
anche
superano
l
'
individuo
nel
bene
e
nel
male
,
nell
'
eroismo
e
nel
delitto
,
mentre
,
intellettualmente
,
esse
scendono
quanto
è
più
basso
di
lui
nella
stoltezza
e
nella
follìa
,
senza
mai
elevarsi
alla
sua
altezza
nella
genialità
.
Ora
,
voi
reputate
vera
questa
osservazione
,
ma
la
spiegazione
ch
'
io
ne
dò
non
vi
soddisfa
e
ne
tentate
un
'
altra
.
Le
due
,
tuttavia
,
forse
si
completano
più
che
non
sieno
in
contrasto
,
e
io
credo
che
voi
stesso
ve
ne
avvedrete
tosto
che
io
abbia
un
po
'
rettificato
il
mio
pensiero
.
Qui
,
mi
sembra
,
si
ha
da
aggiungere
alla
distinzione
già
fatta
,
un
'
altra
distinzione
:
quella
dell
'
aspetto
quantitativo
e
dell
'
aspetto
qualitativo
dei
fenomeni
psichici
,
siano
intellettuali
o
morali
.
La
credenza
affermativa
o
negativa
,
che
passa
per
tanti
gradi
senza
cangiar
di
natura
,
è
una
quantità
mentale
.
Il
desiderio
,
esso
pure
,
positivo
o
negativo
,
lo
è
del
pari
e
per
la
stessa
ragione
perché
segue
una
scala
continua
,
dalla
più
leggera
tendenza
alla
passione
più
sfrenata
,
in
una
stessa
determinata
direzione
.
Anche
l
'
intensità
delle
sensazioni
è
,
sino
a
un
certo
punto
,
una
quantità
.
Ma
un
'
idea
,
in
quanto
combinazione
particolare
di
percezioni
o
d
'
imagini
e
indipendentemente
dalla
più
o
meno
forte
adesione
dello
spirito
,
è
qualcosa
di
qualitativo
,
che
differisce
in
natura
,
e
non
soltanto
in
grado
,
da
un
'
altra
idea
.
Lo
stesso
dirò
del
sentimento
,
considerato
non
già
sotto
l
'
aspetto
dell
'
energia
,
ma
sotto
quello
della
sua
composizione
e
della
sua
distinta
sfumatura
,
nella
quale
si
fondono
mille
impressioni
,
mille
pene
o
piaceri
elementari
.
Ebbene
,
è
notevole
che
di
quanto
il
lato
quantitativo
della
psicologia
individuale
,
così
definito
si
riproduce
amplificato
ed
esagerato
in
psicologia
collettiva
,
di
altrettanto
il
lato
qualitativo
si
riflette
attenuato
e
impoverito
.
Le
folle
,
senz
'
alcun
dubbio
,
davanti
a
uno
spettacolo
commovente
,
come
una
corsa
di
tori
o
una
carica
di
cavalleria
in
sommossa
,
hanno
sensazioni
più
forti
di
gioie
o
di
dolori
più
vivi
,
che
non
risentirebbe
isolato
ciascuno
degli
individui
che
le
compongono
.
Esse
hanno
una
capacità
di
godere
e
di
soffrire
,
e
parimenti
di
affermare
o
di
negare
,
di
desiderare
o
respingere
,
superiore
alla
capacità
analoga
dell
'
individuo
.
Ma
al
tempo
stesso
,
cotesto
assembramento
,
cotesto
affollamento
effervescente
degli
individui
così
adatto
a
rafforzare
in
ciascun
d
'
essi
le
loro
sensazioni
espresse
,
i
loro
desiderî
e
le
loro
convinzioni
reciprocamente
corroborate
pel
solo
fatto
del
loro
scambio
,
è
assolutamente
inadatto
a
suscitare
,
ad
accelerare
nello
spirito
e
nel
cuore
di
questi
individui
,
anche
in
quelli
che
hanno
più
anima
e
più
genio
,
lo
sbocciare
di
un
'
idea
davvero
nuova
e
feconda
,
od
anche
di
un
sentimento
nuovo
e
fecondo
,
di
una
specie
inedita
di
entusiasmo
o
di
amore
.
Perché
se
vi
ha
delle
idee
geniali
,
vi
ha
pure
dei
sentimenti
geniali
.
Lungi
dall
'
affrettarne
o
dall
'
agevolarne
l
'
apparizione
,
l
'
azione
della
folla
la
inceppa
o
la
impedisce
.
In
altri
termini
,
le
folle
esaltano
la
facoltà
imitativa
dell
'
individuo
,
ma
ne
deprimono
la
facoltà
inventiva
.
Lamartine
in
due
versi
ben
coniati
,
disse
qualcosa
d
'
analogo
:
Il
faut
se
séparer
,
pour
penser
,
de
la
foule
,
Et
s
'
y
confondre
pour
agir
.
Infatti
il
pensatore
si
isola
,
e
così
il
poeta
o
l
'
artista
.
L
'
uno
per
elaborare
le
sue
nuove
e
forti
concezioni
,
l
'
altro
per
estrarre
dal
proprio
cuore
un
aroma
più
raffinato
e
complesso
dei
sentimenti
ordinarî
,
hanno
bisogno
di
raccoglimento
e
di
silenzio
.
La
germinazione
del
loro
cervello
è
a
questo
prezzo
.
Vi
hanno
senza
dubbio
eccezioni
,
ma
non
sono
che
apparenti
e
confermano
la
regola
.
Il
Nouma
Roumestan
di
Daudet
,
ad
esempio
,
al
quale
le
idee
non
venivano
che
parlando
in
mezzo
a
un
vasto
uditorio
.
Disgraziatamente
le
idee
che
vengono
in
tal
modo
,
nel
chiasso
e
nella
calca
,
hanno
per
carattere
distintivo
di
essere
semplici
luoghi
comuni
,
o
tutt
'
al
più
di
quei
paradossi
che
non
sono
se
non
luoghi
comuni
rovesciati
e
ai
quali
si
applica
a
meraviglia
il
paragone
delle
bolle
di
sapone
.
Quanto
ai
veri
"
nuovi
orizzonti
"
dello
spirito
,
schiusi
da
un
Newton
o
da
un
Descartes
;
quanto
alle
nuove
tonalità
del
cuore
apportate
al
mondo
da
tutti
i
grandi
visionari
mistici
o
patrioti
del
passato
,
profeti
ebrei
,
aedi
greci
,
bardi
celti
,
da
un
Orfeo
o
un
Budda
,
da
un
Virgilio
o
un
San
Paolo
o
un
San
Francesco
d
'
Assisi
o
un
Dante
o
un
Rousseau
o
un
Chateaubriand
-
è
sempre
nel
deserto
,
lunge
dalle
moltitudini
che
cotesti
germi
destinati
a
una
così
lontana
disseminazione
sono
creati
per
la
prima
volta
.
Poi
vengono
i
grandi
tribuni
,
i
grandi
pubblicisti
,
i
missionari
che
si
dedicano
all
'
apostolato
di
quelle
innovazioni
,
le
seminano
dappertutto
e
le
fanno
cadere
nel
pubblico
dominio
.
È
così
che
si
formarono
tutti
i
sentimenti
maggiori
che
mossero
i
popoli
,
l
'
onore
della
famiglia
,
l
'
onore
della
città
,
la
religione
della
patria
,
la
pietà
,
la
fedeltà
feudale
...
È
così
,
che
,
ancor
più
manifestamente
,
il
gusto
della
tragedia
classica
nel
secolo
XVII
,
la
passione
dell
'
architettura
gotica
nel
medio
evo
e
il
disgusto
di
essa
nel
secolo
XVIII
,
o
,
ai
dì
nostri
,
il
culto
entusiasta
della
libertà
e
dell
'
uguaglianza
,
divennero
successivamente
fonti
di
emozioni
nazionali
tra
i
francesi
delle
varie
epoche
;
per
modo
che
,
adunate
nel
teatro
,
nella
chiesa
,
nel
museo
,
sulla
pubblica
piazza
,
le
folle
francesi
furono
soventi
elettrizzate
da
capolavori
che
in
altre
epoche
avrebbero
fischiati
,
ed
ebbero
i
più
bei
slanci
d
'
eroismo
civico
o
militare
per
cause
che
,
un
secolo
prima
,
le
avrebbero
lasciate
indifferenti
o
mosse
ad
orrore
.
Il
contrasto
,
voi
lo
vedete
,
che
oggi
vi
propongo
,
non
è
del
tutto
il
medesimo
da
cui
sono
partito
nell
'
articolo
che
voi
citaste
.
Alla
distinzione
dell
'
intellettuale
e
del
morale
io
sovrappongo
,
più
ch
'
io
non
sostituisca
,
quella
della
quantità
e
della
qualità
,
dell
'
imitativo
e
dell
'
inventivo
,
distinzione
che
non
è
contraria
,
ma
,
per
così
dire
,
perpendicolare
alla
precedente
.
Ora
,
non
trovate
voi
che
,
presentato
sotto
questa
nuova
luce
,
il
mio
pensiero
appaia
più
vero
e
,
insieme
,
meno
scoraggiante
?
Ed
ora
domandiamoci
:
perché
mai
le
folle
,
che
superano
tanto
l
'
individuo
nell
'
energia
delle
loro
convinzioni
vere
o
false
,
come
nell
'
intensità
delle
loro
passioni
buone
o
cattive
e
,
per
conseguenza
,
nello
slancio
delle
loro
azioni
eroiche
o
criminose
,
sono
impotenti
a
sprigionare
dal
loro
proprio
seno
quelle
verità
o
quegli
errori
,
quelle
forme
del
bene
o
del
male
,
la
cui
iniziativa
appartiene
sempre
all
'
individuo
?
Egli
è
che
l
'
individuo
è
un
'
associazione
armonica
,
e
non
soltanto
un
aggregato
incoerente
,
di
cellule
cerebrali
;
e
che
il
lavoro
coordinato
,
logico
e
teleologico
di
queste
,
che
esige
una
profonda
pace
,
è
naturalmente
suscettivo
di
produrre
frutti
di
qualità
ben
diversa
dai
prodotti
d
'
una
fermentazione
tumultuosa
.
Il
giorno
in
cui
si
sarà
trovata
un
'
associazione
di
uomini
che
funzioni
altrettanto
armonicamente
quanto
la
società
cellulare
del
nostro
cervello
,
quel
giorno
la
genialità
diventerà
l
'
appannaggio
dei
corpi
costituiti
,
scambio
di
essere
il
privilegio
dell
'
uomo
solitario
e
si
vedranno
i
lampi
di
genio
sprizzare
dalle
deliberazioni
di
un
'
assemblea
anziché
dalla
muta
meditazione
.
Fino
a
quel
giorno
non
si
vedrà
che
il
contrario
.
Si
ha
un
bel
dire
che
quattr
'
occhi
veggono
meglio
di
due
;
non
è
perciò
men
vero
che
in
un
Parlamento
,
fosse
pure
composto
di
500
Enrico
Ferri
,
mille
occhi
appuntati
su
una
questione
militare
o
diplomatica
da
risolvere
,
non
riescono
mai
a
percepire
,
senza
gli
occhiali
d
'
un
ministro
circondato
da
uomini
competenti
,
un
'
idea
legislativa
che
stia
in
piedi
.
Parimenti
,
benché
mille
cuori
battano
più
forte
di
un
solo
,
non
è
perciò
meno
vero
che
,
nei
momenti
critici
in
cui
il
bisogno
di
una
data
riforma
dei
cuori
si
fa
sentire
,
quando
si
tratta
di
suscitare
un
sentimento
salvatore
,
una
emozione
speciale
e
rigeneratrice
,
è
in
un
cuore
solitario
che
si
produce
per
la
prima
volta
cotesta
pulsazione
salutare
e
caratteristica
,
ripercossa
poi
da
tutti
gli
altri
.
Dirò
io
con
voi
che
v
'
è
qui
una
differenza
essenziale
,
che
in
fatto
,
"
mentre
la
suggestione
dei
sentimenti
fa
degli
eguali
,
la
suggestione
delle
idee
fa
degli
inferiori
"
,
ossia
dei
discepoli
?
Eppure
,
imitazione
vi
ha
tanto
nel
primo
caso
quanto
nel
secondo
.
Malgrado
tutto
,
la
distinzione
che
voi
stabilite
ha
la
sua
parte
di
vero
e
giustifica
al
tempo
stesso
quella
ch
'
io
avevo
stabilita
fra
l
'
intelligenza
e
la
moralità
della
folla
.
Perché
,
in
fatto
di
sentimenti
,
il
difficile
e
l
'
importante
non
è
,
abitualmente
,
di
scoprirli
,
cosa
alla
fin
fine
abbastanza
facile
;
ma
è
di
sentirli
collo
stesso
grado
d
'
energia
,
necessario
a
renderli
efficaci
;
mentre
,
in
fatto
d
'
idee
,
la
difficoltà
è
di
trovarle
e
di
formularle
,
non
già
di
affermarle
con
una
grande
intensità
di
fede
;
e
le
idee
le
più
credute
,
le
più
dommatizzate
dal
fanatismo
delle
masse
,
non
sono
per
nulla
affatto
le
più
feconde
.
Un
pizzico
di
scetticismo
è
un
ottimo
lievito
per
la
fecondità
di
un
'
idea
.
Che
un
sentimento
sia
nuovo
,
poco
importa
,
generalmente
;
l
'
essenziale
e
il
raro
è
ch
'
esso
sia
molto
forte
e
quindi
molto
utile
.
Ma
non
basta
che
una
idea
sia
molto
vera
,
bisogna
che
essa
sia
nuova
;
e
il
più
sovente
la
sua
novità
fa
,
in
qualche
misura
,
parte
integrante
della
sua
verità
,
quasi
sempre
relativa
...
Molte
altre
cose
avrei
da
dire
a
questo
proposito
;
ma
già
mi
debbo
scusare
di
essermi
tanto
diffuso
.
Il
piacere
di
conversare
con
voi
mi
ha
trascinato
...
Ancora
una
parola
,
se
consentite
.
Io
non
diedi
che
a
titolo
di
ipotesi
,
e
come
tale
ho
confinato
in
calce
di
pagina
,
il
brano
sull
'
io
dell
'
atomo
,
che
voi
voleste
citare
.
Checché
si
pensi
a
questo
riguardo
,
ciò
non
altera
in
nulla
l
'
assieme
delle
mie
idee
positive
.
Queste
devono
essere
distinte
con
molta
cura
dalle
congetture
che
spesso
io
vi
ho
mescolato
,
non
senza
caritatevolmente
avvertire
il
lettore
,
che
,
in
questi
casi
,
hypotheses
fingo
.
Novembre
1894
.
G
.
TARDE
.
V
.
Nota
di
Silvio
Venturi
*
.
I
lettori
ricordano
certo
per
quali
motivi
il
Sighele
conclude
:
che
dei
sentimenti
si
può
,
per
suggestione
,
fare
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
fare
che
la
media
;
mentre
,
pel
Ferri
,
la
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
,
con
ciò
intendendo
che
la
comunicazione
delle
idee
alla
folla
non
solo
è
possibile
,
ma
dalla
comunione
stessa
le
idee
vengono
rinforzate
.
Ora
io
vo
'
dire
non
soltanto
che
sono
d
'
opinione
un
po
'
dell
'
uno
e
un
po
'
dell
'
altro
,
e
più
del
Sighele
che
del
Ferri
,
ma
che
sovra
tutto
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
sarei
quasi
di
parere
contrario
.
Tale
posizione
colombiana
,
che
assumo
nella
discussione
,
vuol
dire
semplicemente
che
io
vedo
la
cosa
da
un
punto
di
vista
differente
.
Mi
sbrigo
in
due
parole
.
L
'
oratore
che
parla
alla
folla
trova
un
'
eco
perfetta
in
questa
quand
'
egli
esprima
sentimenti
o
idee
che
ad
essa
non
solo
sieno
facili
,
ma
che
essa
già
in
qualche
modo
possegga
,
ed
egli
non
faccia
che
evocarle
,
riassumerle
,
dimostrarle
,
illustrarle
.
Allora
la
folla
,
nella
sua
espressione
collettiva
,
a
parte
le
singole
stonature
di
individualità
o
eminenti
,
o
inferiori
,
od
estranee
,
trova
nell
'
oratore
,
come
nel
foco
d
'
uno
specchio
,
conversa
la
propria
opinione
o
il
proprio
sentimento
,
il
quale
dall
'
oratore
stesso
,
caldo
o
ingegnoso
,
vien
tradotto
intenso
,
come
fosse
la
somma
del
sentimento
o
del
pensiero
di
tutti
.
Se
,
al
contrario
,
l
'
oratore
esprime
sentimenti
o
pensieri
,
i
quali
,
o
per
essere
esclusivamente
suoi
,
o
per
essere
nuovi
,
sono
come
fortemente
staccati
dallo
stato
,
ordinario
dell
'
opinione
o
dei
sentimenti
del
pubblico
,
egli
in
tal
caso
né
viene
sentito
,
né
viene
compreso
.
Ricordo
,
al
proposito
,
l
'
opinione
del
Mausdey
,
il
quale
divide
gli
uomini
di
genio
in
due
categorie
:
quelli
che
hanno
ingegno
da
rappresentare
in
sé
stessi
ed
esprimere
i
sentimenti
o
le
idee
del
momento
storico
in
cui
vivono
;
e
quelli
che
sentono
o
pensano
in
modo
avanzato
,
lontano
ancora
dal
comune
intendimento
.
I
primi
possono
aver
gloria
in
vita
,
per
quanto
duri
poco
oltre
la
tomba
,
poiché
sono
uomini
del
tempo
e
passano
con
questo
;
gli
altri
avranno
gloria
più
tardi
,
quando
la
comunità
,
passo
passo
,
avrà
conquistato
il
terreno
intermedio
,
e
sarà
arrivata
ad
intendere
l
'
uomo
che
l
'
ha
preceduta
.
Fra
questa
classe
d
'
uomini
vi
hanno
pur
gli
utopisti
,
i
quali
separati
che
siano
dai
folli
,
si
può
dire
che
abbiano
avuto
la
sfortuna
di
gettare
nello
spazio
dell
'
avvenire
idee
traverso
le
quali
,
per
loro
sventura
,
non
è
passata
la
traiettoria
dell
'
umano
progresso
,
onde
furon
lasciati
da
parte
,
come
gente
che
,
anziché
precedere
il
progresso
comune
,
l
'
avrebbe
deviato
.
Assistiamo
giornalmente
alla
dimostrazione
di
quanto
io
dico
.
Nelle
pubbliche
assemblee
(
specialmente
nelle
politiche
)
gli
oratori
festeggiati
e
che
dominano
sono
coloro
che
non
dicono
nulla
di
nuovo
,
ma
che
sanno
toccar
bene
il
tasto
che
muove
il
pensiero
ed
il
sentimento
comune
;
al
contrario
i
veri
innovatori
,
gli
scienziati
sottili
ed
originali
,
sia
che
scrivano
,
sia
che
parlino
,
non
soltanto
non
vengono
compresi
,
ma
incorrono
necessariamente
nell
'
ostilità
e
nel
motteggio
.
Più
tardi
trionferanno
,
quando
,
a
poco
alla
volta
,
crescendo
il
numero
dei
seguaci
(
che
non
saranno
ciechi
fanatici
,
ma
studiosi
)
,
questi
avranno
compiuta
,
dalla
punta
alla
base
,
la
piramide
che
li
estolla
in
trionfo
.
Ricorderà
il
Ferri
,
quand
'
egli
in
Parlamento
,
propugnatore
delle
nuove
idee
pel
Codice
penale
,
fu
soffocato
dall
'
enorme
peso
dell
'
opinione
di
presso
che
tutti
i
deputati
,
i
quali
nel
Codice
di
Zanardelli
glorificavano
il
trionfo
della
opinione
pubblica
,
che
si
era
arrestata
alle
vittoriose
idealità
,
già
da
venti
anni
diventate
,
scientificamente
,
anticaglie
.
Ecco
dunque
,
secondo
me
,
l
'
errore
della
polemica
fra
Sighele
e
Ferri
.
L
'
uno
ammette
la
sola
diffusibilità
e
sommabilità
dei
sentimenti
,
e
non
si
accorge
che
ciò
si
deve
all
'
esser
i
sentimenti
e
gli
atti
volitivi
che
li
rispecchiano
,
fatti
psichici
di
patrimonio
comune
,
onde
dall
'
oratore
essi
non
vengono
seminati
,
ma
solamente
evocati
,
e
,
per
effetto
delle
leggi
dal
Sighele
stesso
così
bene
illustrate
,
rinforzati
,
sommati
e
,
fino
a
un
certo
segno
,
moltiplicati
nell
'
intensità
,
non
già
,
intendiamoci
,
nella
qualità
e
nel
numero
.
L
'
altro
,
il
Ferri
,
dicendo
che
nello
scambio
le
idee
si
rinforzano
,
dice
bene
,
a
mio
parere
,
soltanto
nel
senso
che
le
idee
individuali
,
prodotte
da
una
mente
alta
e
di
larghe
vedute
,
rispecchiano
sempre
un
lato
solo
del
prisma
,
mentre
,
preso
l
'
abbrivo
e
il
suggerimento
da
una
opinione
,
le
altre
,
emesse
dagli
altri
,
si
svolgono
a
riguardar
nuovi
lati
del
prisma
medesimo
,
onde
l
'
opinione
prima
si
può
modificare
,
allargare
,
rinforzare
,
innalzare
e
talora
anche
indebolire
.
Obbiettivamente
considerando
gli
effetti
di
una
discussione
di
idee
,
si
rilevano
due
fatti
:
il
primo
,
che
l
'
idea
emessa
dal
proponente
,
dirò
così
,
viene
attenuata
o
modificata
dalla
diversa
base
sulla
quale
,
dopo
l
'
opinione
altrui
,
essa
dovrà
poggiarsi
;
e
l
'
altro
che
il
resultato
finale
dell
'
opinione
di
ciascuno
,
compresa
quella
del
proponente
,
non
sarà
un
'
idea
acuta
,
elevata
quant
'
era
quella
di
prima
,
la
quale
tanto
più
si
distendeva
in
altezza
quanto
meno
s
'
allargava
alla
base
,
ma
sarà
un
modo
più
esatto
,
più
largo
,
per
quanto
meno
geniale
,
di
vedere
le
cose
.
Dunque
in
parte
ha
ragione
il
Sighele
,
a
dire
che
,
riguardo
ai
prodotti
intellettuali
,
lo
scambio
delle
idee
ha
per
effetto
una
diminuzione
d
'
intensità
e
di
forza
nell
'
idea
iniziale
;
ma
viceversa
avrebbe
ragione
il
Ferri
in
quanto
la
discussione
eliminando
i
pericoli
delle
unilateralità
e
delle
utopie
,
infonde
vigore
ed
efficacia
all
'
idea
medesima
,
migliorata
e
corretta
.
Dopo
ciò
,
la
distinzione
,
in
proposito
,
fra
i
sentimenti
e
le
idee
non
dovrebbe
più
esser
quella
fatta
dal
Sighele
e
dal
Ferri
,
poiché
,
a
seconda
della
coltura
o
delle
speciali
condizioni
della
folla
un
sentimento
d
'
ordine
comune
può
venir
non
compreso
ed
essere
espresso
senza
efficacia
come
fosse
un
'
idea
geniale
e
di
peregrina
fattura
:
ed
in
assemblea
diversa
un
'
idea
geniale
può
destare
entusiasmi
e
muovere
ad
azioni
al
pari
che
se
fosse
un
sentimento
universo
ed
anticamente
sentito
.
E
,
per
valermi
di
esempi
simili
a
quelli
portati
dai
nominati
scrittori
,
se
Garibaldi
creò
non
solo
degli
eroi
,
ma
mosse
un
popolo
intiero
colla
magica
parola
di
Italia
unita
,
questa
parola
non
avrebbe
avuto
efficacia
alcuna
un
secolo
innanzi
,
poiché
il
1859
trovava
in
Italia
un
popolo
nel
quale
il
concetto
dell
'
unità
italiana
erasi
fatto
sentimento
,
mentre
non
lo
era
affatto
prima
dell
'
epoca
napoleonica
,
ed
era
ancora
,
come
ai
tempi
di
Dante
,
sogno
d
'
idealità
geniali
.
Per
chiarir
meglio
il
mio
concetto
e
meglio
formulare
il
motivo
per
il
quale
vi
ha
una
differente
potenza
di
comunicabilità
,
non
già
solo
fra
sentimenti
e
idee
,
ma
fra
sentimenti
e
sentimenti
,
fra
idee
e
idee
,
ricorderò
come
il
prodotto
del
genio
accenni
ad
una
divergenza
nell
'
evoluzione
civile
,
e
inizii
un
nuovo
ramo
nell
'
albero
delle
umane
attività
;
non
altrimenti
la
varietà
,
che
spunta
da
una
specie
,
crea
nuovi
indirizzi
di
forma
e
di
vita
,
e
segna
le
origini
d
'
una
specie
novella
,
che
più
tardi
,
attraverso
i
perfezionamenti
della
nuova
varietà
,
si
andrà
affermando
.
Tale
significazione
biologica
del
genio
che
io
,
primo
,
ho
additato
e
illustrato
in
lavori
,
che
già
datano
da
cinque
o
sei
anni
,
e
di
cui
ho
pur
fatto
applicazione
nello
studio
della
psiche
sociale
e
nella
storia
,
chiarisce
il
fatto
per
il
quale
il
pensiero
dell
'
uomo
di
genio
,
che
spesso
crea
istantaneamente
o
per
lo
meno
da
poco
ha
maturato
l
'
idea
geniale
,
non
può
trovare
nella
folla
né
intendimento
né
consenso
,
poiché
questa
intende
e
risponde
solamente
a
sentimenti
e
a
idee
che
le
sono
materia
assimilata
.
Ma
non
perciò
mancherà
nella
folla
,
che
ascolta
l
'
oratore
geniale
,
una
piccola
punta
d
'
intenditori
i
quali
,
a
lui
più
prossimi
per
cultura
o
abbastanza
sottili
da
afferrare
fra
il
misticismo
della
non
sicura
dottrina
l
'
idealità
geniale
,
plaudiranno
,
nobile
e
fortunosa
claque
a
colui
che
sarà
dai
più
o
fischiato
o
deriso
.
E
,
per
contrapposto
,
ognuno
di
noi
ricorda
di
aver
udito
in
piazza
e
nei
pubblici
comizî
portar
a
cielo
oratori
,
i
quali
nulla
dissero
di
nuovo
,
ma
infarcirono
i
loro
discorsi
con
frasi
fatte
e
di
moda
,
che
hanno
la
immancabile
efficacia
di
muovere
il
pubblico
consenso
.
Mi
sembra
ingannevole
l
'
argomento
,
che
si
intravvede
tra
le
righe
del
Ferri
(
chiedo
scusa
se
ho
male
interpretato
)
,
che
vorrebbe
indurre
la
prova
della
comunicabilità
non
solo
,
ma
dell
'
effetto
diffusivo
delle
idee
,
dall
'
esempio
del
discorso
a
scopo
istruttivo
che
tiene
il
maestro
agli
scolari
o
il
conferenziere
al
pubblico
vario
dei
suoi
ascoltatori
.
Invero
,
il
buon
docente
è
quello
che
sa
tenersi
al
livello
,
non
solo
della
intelligenza
,
ma
della
coltura
dei
suoi
scolari
,
un
po
'
più
alto
,
niente
più
;
ed
ha
fama
di
buon
conferenziere
colui
che
,
guardandosi
dagli
alti
o
peregrini
voli
,
sa
con
lenocinio
fecondo
spezzare
il
pane
della
sua
scienza
,
così
da
farla
inghiottire
alla
diversa
capacità
delle
fauci
.
Dò
pur
io
importanza
all
'
azione
suggestiva
delle
correlative
espressioni
fisionomiche
e
degli
atteggiamenti
della
persona
e
della
voce
di
colui
che
,
parlando
,
sente
vivamente
ciò
che
dice
.
Nessuno
meglio
di
Orazio
ha
espresso
una
simile
cognizione
.
Da
alienista
,
fo
anche
notare
che
fra
i
sentimenti
e
le
azioni
si
stringe
facile
un
legame
,
così
che
gli
uni
chiamano
gli
altri
quasi
a
rifletterli
,
e
ciò
tanto
più
vivamente
quanto
più
i
sentimenti
siano
assimilati
agli
individui
.
Un
'
analoga
correlazione
si
stabilisce
fra
idee
ed
azioni
,
e
ciò
in
principio
dell
'
intermedio
dell
'
emotività
,
e
più
innanzi
,
mano
mano
che
l
'
idea
si
impossessa
dell
'
individuo
,
anco
senza
di
essa
.
Tanto
i
sentimenti
quanto
le
idee
dunque
possono
suscitare
negli
uditori
lo
scoppio
delle
azioni
correlative
,
onde
una
parola
di
odio
determina
mille
ruggiti
di
rabbia
e
fa
portare
mille
mani
al
bastone
;
ma
perché
ciò
succeda
bisogna
che
i
sentimenti
espressi
dall
'
oratore
non
gli
sieno
individuali
,
ma
rispondano
ad
altrettali
od
a
somiglianti
nella
folla
;
e
le
idee
che
esprime
sieno
o
così
semplici
o
così
comuni
che
,
o
ancora
per
il
tramite
di
stati
emotivi
,
o
direttamente
se
sieno
ancor
più
mature
,
trovino
nella
folla
medesima
di
essere
già
largamente
e
vivamente
comprese
.
Oggidì
ancora
nessun
oratore
sarebbe
capace
di
entusiasmare
una
moltitudine
di
Indù
colla
parola
eguaglianza
.
La
stessa
parola
trovò
tanti
ostacoli
ad
essere
accolta
quando
veniva
dalla
bocca
dei
primi
cristiani
:
e
,
al
contrario
,
sollevò
il
mondo
pubblicata
dalla
Rivoluzione
francese
.
Non
era
forse
un
'
idea
prima
e
dopo
?
Ma
prima
era
un
'
idea
solitaria
e
lontana
dalla
comune
cognizione
;
più
tardi
un
'
idea
comune
e
resa
assimilabile
,
fatta
eguale
ad
un
sentimento
.
Girifalco
,
22
novembre
1894
.
SILVIO
VENTURI
.
VI
.
Lettera
di
Pio
Viazzi
a
Scipio
Sighele
*
Egregio
Signore
,
Ella
sa
come
io
abbia
sempre
avuto
grande
ammirazione
per
l
'
opera
sua
di
scienziato
,
e
non
vorrà
credere
a
petulanza
,
se
mi
permetto
ora
di
contrastare
a
qualche
sua
asserzione
,
forse
troppo
assoluta
,
a
proposito
dell
'
intelligenza
della
folla
.
Ella
osserva
,
con
molta
giustezza
,
che
bisogna
distinguere
gli
stadî
acuti
della
associazione
umana
,
quale
è
una
folla
e
,
in
grado
minore
,
una
setta
,
dallo
stadio
normale
,
quale
è
la
convivenza
sociale
.
Ma
poi
afferma
genericamente
che
"
se
le
collettività
(
e
più
avanti
spiega
,
si
chiamino
Giurì
o
Commissioni
,
assemblea
o
folla
)
nell
'
ordine
morale
sono
suscettibili
dei
due
estremi
opposti
,
della
più
selvaggia
criminalità
e
del
più
sublime
eroismo
,
-
nell
'
ordine
intellettuale
invece
non
conoscono
che
un
estremo
,
l
'
infimo
,
giacché
se
possono
discendere
a
degli
abissi
di
pazzia
o
d
'
imbecillità
sconosciuti
all
'
individuo
isolato
,
non
sanno
elevarsi
alla
manifestazione
suprema
dell
'
intelligenza
e
dell
'
immaginazione
creatrice
.
Vi
sono
,
infatti
,
eroismi
collettivi
:
non
vi
sono
né
nell
'
arte
,
né
nella
scienza
capolavori
collettivi
"
.
Questa
è
l
'
affermazione
sua
.
E
le
cagioni
del
fenomeno
,
ella
dice
,
sarebbero
le
seguenti
:
Si
dovrebbe
accettare
come
esatta
l
'
affermazione
del
Tarde
che
"
l
'
opera
del
genio
e
del
talento
è
sempre
complicata
e
differisce
in
natura
,
non
in
grado
soltanto
,
da
un
atto
di
intelligenza
volgare
"
.
In
altre
parole
:
dei
sentimenti
si
fa
la
somma
,
delle
idee
non
si
può
fare
che
la
media
;
e
ciò
perché
le
facoltà
intellettuali
non
possono
comunicarsi
per
suggestione
,
in
quanto
non
hanno
mezzi
per
manifestarsi
esteriormente
.
Che
se
vi
ha
,
pure
nelle
idee
,
una
forma
di
suggestione
,
questa
non
fa
che
dei
discepoli
,
dei
seguaci
,
vale
a
dire
degli
inferiori
,
non
degli
uguali
,
come
avviene
per
la
suggestione
dei
sentimenti
.
Concludendo
,
ella
dice
addirittura
che
unirsi
nel
mondo
umano
,
vorrebbe
dire
peggiorarsi
.
Ora
,
a
me
pare
abbia
ragione
il
Ferri
,
quando
,
invitante
i
volonterosi
a
discutere
la
questione
,
modifica
le
accennate
asserzioni
a
questo
modo
:
essere
vero
che
i
sentimenti
si
comunicano
e
si
sommano
nelle
collettività
più
che
le
idee
,
ma
che
esse
pure
,
le
idee
,
si
sommano
;
per
conchiuderne
,
da
codesta
innegabile
comunicazione
delle
idee
,
al
principio
d
'
ordine
generale
,
che
la
collettività
rende
più
intensa
ogni
manifestazione
psichica
,
in
senso
buono
o
cattivo
,
secondo
la
prevalenza
degli
uni
o
degli
altri
elementi
che
la
compongono
.
Ed
in
primo
luogo
,
quando
si
dimentichi
pure
un
istante
la
premessa
da
lei
posta
alle
sue
ricerche
,
che
non
bisogna
confondere
le
forme
ristrette
e
più
o
meno
transitorie
dell
'
associazione
umana
,
col
fatto
costituente
ed
universale
della
società
umana
*
,
è
troppo
facile
opporre
,
ad
ogni
altro
ragionamento
,
che
,
alla
fine
,
ogni
acquisto
sul
progressivo
evolversi
dell
'
umanità
,
è
opera
collettiva
,
e
prodotto
di
mille
cause
e
di
mille
influenze
e
di
mille
relazioni
d
'
uomo
con
uomo
,
della
società
con
l
'
individuo
.
Ma
a
parte
ciò
,
e
stando
anche
alle
semplici
parziali
transitorie
aggregazioni
,
o
io
sbaglio
grossolanamente
,
o
nei
ragionamenti
suoi
,
egregio
amico
,
intravvedo
l
'
equivoco
.
E
l
'
equivoco
sarebbe
,
che
nell
'
opera
d
'
arte
o
di
scienza
necessariamente
la
forma
esteriore
ai
risultati
di
una
più
o
meno
lunga
elaborazione
psichica
è
data
dall
'
individuo
,
e
per
questo
è
facile
attribuirla
senz
'
altro
esclusivamente
alla
personalità
di
costui
,
senza
risalire
alla
genesi
psicologica
del
prodotto
.
La
realtà
poi
è
che
una
grande
opera
d
'
arte
ed
una
potente
coordinazione
di
idee
,
dovuta
nella
sua
forma
ultima
concreta
esteriore
ad
un
individuo
,
non
solo
presuppone
un
insieme
di
condizioni
mentali
derivate
dall
'
elaborazione
collettiva
anteriore
,
e
ciò
non
concluderebbe
abbastanza
;
ma
nella
massima
parte
dei
casi
ad
essa
ha
concorso
potentemente
quello
stato
speciale
di
elevazione
psichica
che
è
determinato
dall
'
azione
suggestiva
di
un
ambiente
speciale
,
atto
a
facilitare
le
creazioni
dello
spirito
.
Sensazioni
,
emozioni
,
pensieri
frammentarî
,
ripercossi
in
una
mente
sola
ed
accumulatisi
,
convergendo
in
essa
per
vie
molteplici
,
fino
al
momento
in
cui
determinarono
la
esplosione
creatrice
.
Non
so
se
ho
reso
l
'
idea
.
Certo
ognuno
di
noi
ha
provato
la
enorme
differenza
di
duttilità
,
spontaneità
e
felicità
nel
pensiero
e
di
facilità
nell
'
estrinsecazione
,
secondoché
l
'
abituale
conversione
è
più
o
meno
elevata
,
secondoché
si
respira
un
'
atmosfera
intellettuale
o
materiale
.
Chi
sa
dire
quanta
parte
nell
'
opera
di
Donatello
o
di
Michelangiolo
abbiano
avuto
le
corti
di
Cosimo
I
e
di
Giulio
II
;
nell
'
opera
di
qualcuno
fra
i
nostri
batteriologi
o
psicologi
il
gabinetto
di
Pasteur
e
la
clinica
di
Charcot
;
nell
'
opera
dei
precursori
della
rivoluzione
francese
qualche
salotto
del
secolo
scorso
?
E
la
suggestione
è
evidente
nel
campo
delle
idee
,
per
mezzo
della
parola
parlata
e
scritta
:
nell
'
arte
,
è
addirittura
condizione
essenziale
al
godimento
estetico
.
L
'
opera
d
'
arte
afferra
lo
spettatore
,
lo
assorbe
,
esclude
altre
sensazioni
,
provoca
uno
stato
di
monoideismo
simile
all
'
ipnosi
ed
allora
il
suo
contenuto
,
la
sua
significazione
intellettuale
determina
nello
spettatore
rappresentazioni
mentali
conformi
a
quelle
dello
autore
,
il
quale
per
tal
modo
sostituisce
alle
altre
la
propria
personalità
.
Moltiplicate
in
una
collettività
simili
reciproche
influenze
,
e
i
risultati
,
fermi
nelle
opere
dei
singoli
,
si
estrinsecano
però
in
quelle
fioriture
,
apparentemente
inesplicabili
,
che
a
quando
a
quando
ricorrono
nella
storia
.
V
'
ha
di
più
.
Non
mancano
esempi
di
vere
e
proprie
attuazioni
concrete
di
opere
elevatissime
,
dovute
a
collettività
;
e
si
presentano
subito
alla
mente
le
compagnie
di
maestri
alle
quali
dobbiamo
le
grandiose
e
talora
bellissime
costruzioni
gotiche
.
Ma
un
caso
splendido
ci
è
dato
dalla
fabbrica
di
Santa
Maria
del
Fiore
,
una
delle
cose
più
organiche
,
più
felici
,
sorte
per
opera
d
'
uomo
a
rallegrare
,
sotto
il
sole
rilucente
,
le
generazioni
delle
anime
fini
.
Il
disegno
della
crociata
e
delle
cappelle
posteriori
è
dovuto
all
'
opera
collettiva
di
otto
maestri
e
pittori
,
in
concordia
,
Neri
di
Fioravante
,
Benci
di
Cione
,
Francesco
Salvetti
,
l
'
Orcagna
,
Taddeo
Gaddi
,
Andrea
Bonajuti
,
Niccolò
di
Tommaso
,
Neri
di
Mone
;
esso
fu
giudicato
,
nel
concorso
,
migliore
,
prima
dagli
operai
della
chiesa
,
e
poi
da
tutto
il
popolo
convocato
dai
banditori
.
Al
giudizio
sul
disegno
pei
basamenti
e
capitelli
delle
colonne
furono
chiamati
cinque
maestri
,
poi
altri
quattro
,
poi
altri
cinque
,
ed
infine
cento
cittadini
e
religiosi
.
Ad
ogni
avanzamento
della
fabbrica
poi
emerge
bensì
qualche
nome
superiore
,
ma
è
sempre
incombente
l
'
opera
collettiva
ed
anonima
degli
operai
.
A
mio
parere
,
dunque
,
ella
,
egregio
amico
,
è
nel
vero
quando
constata
la
comune
insufficienza
delle
collettività
nelle
opere
d
'
ingegno
;
ha
torto
quando
eleva
questa
constatazione
a
regola
assoluta
generale
*
.
E
credo
con
ciò
che
non
si
possano
accettare
tali
e
quali
le
ragioni
che
ella
porge
d
'
inferiorità
di
risultati
nelle
opere
della
intelligenza
in
confronto
alle
opere
del
puro
sentimento
.
I
sentimenti
si
comunicano
e
si
propagano
e
riflettono
con
più
facilità
perché
più
fondamentalmente
uniti
alla
natura
umana
,
e
sostanzialmente
conformi
nelle
varietà
degli
individui
:
per
gli
stati
intellettuali
manca
spesso
invece
quella
affinità
che
possa
permettere
l
'
incontro
delle
idee
,
essendo
maggiore
infinitamente
la
differenza
fra
uomo
ed
uomo
nel
campo
della
intelligenza
.
Riunite
invece
intelligenze
affini
,
capacità
emozionali
conformi
-
occorre
una
certa
affinità
fra
i
semi
perché
si
fecondino
-
:
allora
l
'
unione
sarà
procreazione
.
Con
ossequio
,
suo
PIO
VIAZZI
.
Alessandria
,
4
dicembre
1894
.