Saggistica ,
IN
MEMORIA
DI
FRANCESCO
PESARO
TENACE
PROPUGNATORE
NEL
VENETO
SENATO
D
'
UNA
VENEZIA
FORTE
.
PREMESSA
Ayez
les
choses
de
première
main
;
puisez
à
la
source
!
....
(
LA
BRUYÈRE
.
-
Maximes
)
Il
presente
studio
non
vuol
essere
che
una
prefazione
intesa
a
far
conoscere
l
'
ambiente
militare
ed
i
personaggi
che
accompagnarono
la
Serenissima
al
sepolcro
.
Perché
,
se
esiste
qualche
opera
di
indubbio
valore
intorno
all
'
armata
della
Veneta
Repubblica
,
poco
o
nulla
di
edito
si
trova
relativamente
al
suo
esercito
,
quasi
che
fosse
argomento
trascurabile
nella
vasta
trama
delle
politiche
vicende
dello
Stato
nato
sul
mare
e
per
il
mare
.
Ora
questa
presunzione
non
è
equa
.
Qualunque
ramo
dell
'
attività
pubblica
merita
riguardo
e
considerazione
,
e
soltanto
il
giudizio
particolare
sopra
ciascun
ramo
dell
'
attività
medesima
può
mettere
capo
ad
una
sintesi
illuminata
e
completa
.
Al
caso
concreto
poi
dell
'
attività
militare
veneta
,
cimentata
nei
tempi
dello
splendore
alle
tenaci
e
vittoriose
lotte
contro
i
Turchi
in
difesa
della
Cristianità
,
dei
commerci
e
dell
'
incivilimento
contro
la
barbarie
,
sembra
argomento
cospicuo
di
studio
l
'
esame
dell
'
evoluzione
di
questa
attività
giunta
al
termine
del
suo
ciclo
ed
il
coglierla
quando
sta
per
accasciarsi
sopra
sé
stessa
come
una
persona
fatta
decrepita
,
pavida
ed
intransigente
.
Questo
dal
lato
puramente
soggettivo
della
speculazione
storica
.
Ma
v
'
ha
ancora
un
altro
argomento
di
peculiare
interesse
che
può
spingere
all
'
indagine
intorno
alla
decadenza
militare
della
Veneta
Repubblica
.
L
'
ambiente
della
storia
presenta
ricorsi
di
singolare
rilievo
,
suggestioni
forti
e
spontanee
sulle
quali
,
a
determinati
periodi
di
tempo
,
non
sembra
né
vano
né
inutile
riportare
il
contributo
positivo
degli
studi
e
della
meditazione
,
affinché
traccino
a
loro
volta
norma
ad
un
nuovo
ricorso
di
fatti
.
E
Venezia
,
con
gli
svariati
suoi
atteggiamenti
della
politica
,
dei
commerci
,
dell
'
arte
,
dell
'
incremento
economico
e
marinaro
,
è
soggetto
che
volentieri
s
'
impone
oggigiorno
allo
spirito
ed
alla
fantasia
e
li
occupa
con
l
'
inesauribile
fascino
di
una
figura
dalle
perfezioni
classiche
.
L
'
opera
del
Molmenti
sulla
storia
di
Venezia
nella
vita
privata
simboleggia
l
'
espressione
più
bella
ed
alta
di
questi
sensi
.
Per
le
cose
della
decadenza
e
della
rovina
militare
della
Serenissima
i
documenti
non
scarseggiano
.
V
'
ha
anzi
plètora
,
come
per
solito
accade
dei
periodi
storici
e
sociali
di
debolezza
e
di
dissolvimento
,
i
quali
sono
pur
sempre
anche
i
più
loquaci
e
papirofili
,
perché
appunto
sono
i
meno
attivi
e
materiati
di
fatti
.
E
questi
documenti
assai
numerosi
e
del
tutto
inesplorati
nelle
grosse
filze
del
Senato
militar
e
dei
provveditori
Foscarini
e
Battagia
all
'
Archivio
di
Stato
dei
Frari
in
Venezia
,
oltre
che
illustrare
il
periodo
storico
singolarmente
considerato
,
gittano
per
riverbero
nuova
luce
sulle
operazioni
dell
'
esercito
francese
e
del
generale
Buonaparte
,
da
Lodi
a
Leoben
.
Sicché
studiando
questo
brano
di
storia
militare
inedita
nel
campo
pratico
delle
vicende
storiche
e
militari
nostrane
,
si
stende
la
mano
a
quella
meravigliosa
messe
di
studi
e
di
documentazione
delle
guerre
napoleoniche
che
ci
viene
d
'
oltre
Alpe
,
e
che
con
i
volumi
del
capitano
Fabry
spinge
innanzi
la
bella
marcia
delle
indagini
fin
sulla
soglia
degli
Stati
Veneti
,
all
'
Adda
ed
all
'
Oglio
nella
primavera
dell
'
anno
1796
(
2
)
.
Roma
,
dicembre
1909
.
E.B.
NOTA
BIBLIOGRAFICA
Non
può
essere
copiosa
,
una
nota
bibliografica
quando
gli
argomenti
dell
'
indagine
si
riferiscono
pressocché
esclusivamente
all
'
inedito
.
Nondimeno
occorre
citare
a
questo
punto
qualche
opera
di
interesse
generale
utile
per
inquadrare
la
materia
particolare
dello
studio
presente
.
La
documentazione
inedita
,
riferita
più
specialmente
alla
raccolta
«
Deliberazioni
Senato
Militar
»
e
«
Deliberazioni
Senato
Militar
in
Terraferma
»
,
si
trova
singolarmente
descritta
per
ogni
argomento
di
trattazione
.
L
.
CELLI
.
-
Le
ordinanze
militari
della
Repubblica
Veneta
nel
secolo
XVI
.
-
Nuova
Antologia
-
Vol
.
LIII
-
Serie
III
-
Fascicoli
del
1
settembre
e
1
ottobre
1894
.
F
.
NANI
MOCENICO
-
Giacomo
Nani
-
Memorie
e
documenti
-
Venezia
,
Tip
.
dell
'
Ancora
,
1893
:
V
.
MARCHESI
.
-
Tunisi
e
la
Repubblica
di
Venezia
.
-
Torino
,
Roux
edit
.
A
.
MENEGHELLI
.
-
Vita
di
Angelo
Emo
.
-
Padova
,
1836
.
M
.
FERRO
.
-
Dizionario
del
Diritto
comune
e
Veneto
.
-
Venezia
,
Santini
Edit
.
1845
.
S
.
ROMANIN
.
-
Storia
documentata
di
Venezia
-
Vol
.
IX
,
Venezia
,
1850
.
S
.
ROMANIN
.
-
Lezioni
di
storia
veneta
.
-
Firenze
,
Le
Monnier
,
1876
.
P
.
MOLMENTI
.
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
-
Parte
Terza
-
Il
decadimento
.
-
Bergamo
,
Istituto
Italiano
di
Arti
Grafiche
,
1908
,
CASONI
.
-
Forze
militari
(
in
Venezia
e
le
sue
lagune
,
Vol
I
)
.
A
.
RIGHI
.
-
Il
conte
di
Lilla
e
l
'
emigrazione
francese
a
Verona
.
(
1794-1796
)
-
Perugia
,
Bertelli
edit
.
,
1909
.
E
.
PESENTI
.
-
Angelo
Emo
e
la
Marina
Veneta
del
suo
tempo
.
-
Venezia
.
Naratovich
,
1899
.
LA
CAMPAGNA
DEL
1796
NEL
VENETO
PARTE
PRIMA
LA
DECADENZA
MILITARE
DELLA
SERENISSIMA
CAPO
I
.
Le
fonti
della
milizia
veneta
.
La
sera
del
2
giugno
1796
deve
essere
stata
assai
tragica
per
i
senatori
veneziani
convenuti
al
casino
del
procuratore
Pesaro
,
alla
Canonica
(
3
)
,
per
deliberare
intorno
a
gravi
oggetti
concernenti
la
Repubblica
.
Il
provveditore
generale
in
Terra
Ferma
,
Nicolò
Foscarini
,
aveva
avuto
il
dì
avanti
,
sotto
Peschiera
,
un
colloquio
burrascoso
con
il
generale
Buonaparte
,
né
gli
era
riuscito
a
rabbonirlo
che
a
prezzo
di
dolorose
abdicazioni
per
la
dignità
della
vetusta
Serenissima
.
E
l
'
uomo
nuovo
,
con
la
visione
dinanzi
agli
occhi
di
sconfinati
orizzonti
di
gloria
,
si
era
trovato
di
fronte
all
'
uomo
del
passato
,
che
vedeva
chiudersi
per
la
sua
patria
quegli
orizzonti
medesimi
sotto
il
velo
grigio
e
melanconico
del
tramonto
.
Il
generale
Buonaparte
aveva
accusato
il
Senato
Veneto
di
tradimento
per
avere
permesso
giorni
avanti
agli
Austriaci
di
occupare
Peschiera
,
di
slealtà
per
avere
dato
asilo
in
Verona
al
conte
di
Lilla
,
di
parzialità
colpevole
-
come
egli
diceva
-
per
male
corrispondere
alle
pressanti
esigenze
di
vettovaglie
e
di
carriaggi
da
parte
dell
'
esercito
francese
,
di
neutralità
violata
infine
in
vantaggio
dei
nemici
suoi
,
gli
Austriaci
.
Ora
,
di
tutto
questo
,
Buonaparte
aveva
dichiarato
al
vecchio
Foscarini
di
doverne
trarre
aspra
vendetta
per
ordine
del
Direttorio
,
incendiando
Verona
e
marciando
contro
Venezia
.
Il
rappresentante
Veneto
,
atterrito
,
era
riuscito
alla
fine
a
indurre
il
focoso
generale
a
più
umani
consigli
ed
a
salvare
Verona
,
ma
più
con
l
'
aspetto
della
sua
desolata
canizie
che
con
la
virtù
della
parola
,
a
condizione
però
«
che
le
truppe
del
generale
Massona
fossero
ammesse
in
città
,
occupassero
i
tre
ponti
sull
'
Adige
,
avvertendo
che
le
minime
rimostranze
che
si
imaginassero
di
fare
i
veneti
riuscirebbero
il
segnale
dell
'
attacco
(
4
)
»
.
Tra
l
'
incendio
e
l
'
occupazione
militare
non
era
dubbia
la
scelta
,
ed
al
Foscarini
fu
giocoforza
di
cedere
.
Duramente
Buonaparte
aveva
rifiutato
al
vecchio
provveditore
perfino
il
tempo
necessario
,
per
prendere
gli
ordini
dal
Senato
e
lo
aveva
accomiatato
«
con
i
modi
che
il
vincitore
detta
leggi
al
vinto
(
5
)
»
.
Era
il
principio
della
fine
della
Serenissima
.
All
'
udire
i
dolenti
messaggi
del
Foscarini
,
l
'
accolta
dei
senatori
veneti
alla
Canonica
,
pavida
,
discorde
,
sfiaccolata
,
non
trovò
altro
rimedio
al
male
che
spacciare
due
Savi
del
Collegio
a
Verona
per
assistere
il
provveditore
in
altri
colloqui
con
il
generale
Buonaparte
,
quasi
che
il
loro
mandato
fosse
quello
di
sorreggere
con
le
dande
gli
estremi
passi
del
valetudinario
diplomatico
e
della
agonizzante
Repubblica
.
La
fiducia
nelle
arti
della
parola
e
del
protocollo
rappresentava
ancora
,
agli
occhi
dei
contemporanei
,
l
'
ultima
àncora
di
salvezza
,
perché
i
tempi
di
Sebastiano
Verniero
e
di
Francesco
Morosini
erano
trascorsi
da
un
pezzo
.
Ed
i
due
nuovi
eletti
in
quella
tumultuaria
adunanza
notturna
per
implorare
mercé
al
vincitore
di
Dego
,
di
Millesimo
e
del
ponte
di
Lodi
,
furono
Francesco
Battagia
e
Nicolò
Erizzo
I
.
Essi
partirono
sùbito
alla
volta
del
campo
francese
sotto
Verona
,
recando
seco
«40
risme
di
carta
di
buona
qualità
,
12
risme
di
carta
piccola
da
lettere
lattesina
,
2000
penne
,
3000
bolini
grandi
ed
altrettanti
piccioli
,
36
libbre
di
cera
Spagna
,
un
barilotto
di
inchiostro
,
6000
fogli
di
carta
imperiale
,
registri
,
spaghi
e
spaghetti
in
grande
quantità
»
(
6
)
.
La
burocrazia
aulica
della
Serenissima
,
in
difetto
di
soldati
e
di
armi
,
così
provvedeva
alla
difesa
delle
sue
città
murate
e
del
suo
territorio
.
A
quel
tempo
,
l
'
esercito
veneto
si
era
oramai
consunto
per
vecchiezza
.
I
lunghi
e
sfibranti
periodi
di
pace
e
di
neutralità
in
cui
l
'
inazione
suonava
colpa
e
l
'
assenteismo
politico
della
Repubblica
,
prolungata
offesa
alla
dignità
del
vecchio
e
glorioso
Stato
italico
,
l
'
abbandono
,
lo
scadimento
d
'
ogni
istituto
,
lo
scetticismo
e
l
'
indifferenza
,
avevano
siffattamente
prostrata
la
milizia
veneziana
da
imprimere
sul
suo
volto
,
un
tempo
già
gagliardo
e
raggiante
per
le
vittorie
d
'
Italia
e
d
'
Oriente
,
le
rughe
più
squallide
della
decrepitezza
ed
il
marchio
più
profondo
della
dissoluzione
.
La
bella
e
radiosa
visione
del
monumento
a
Bartolomeo
Colleoni
,
fiera
ed
energica
come
il
suggello
di
una
volontà
prepotente
,
stupenda
come
l
'
annunzio
di
una
vittoria
pressoché
astratta
dall
'
ordine
dei
tempi
,
grado
a
grado
si
era
dileguata
nell
'
esercito
della
Serenissima
,
come
svanisce
un
sogno
carezzato
alla
luce
di
una
triste
realtà
.
*
*
*
Il
nerbo
degli
armati
della
Serenissima
traeva
origine
da
due
provenienze
distinte
:
i
mercenari
e
le
cerne
.
E
queste
e
quelli
,
per
la
comunanza
del
servizio
sul
mare
,
ritraevano
un
tal
carattere
anfibio
che
imprimeva
alla
milizia
veneta
fisionomia
ed
atteggiamenti
del
tutto
diversi
dalle
altre
milizie
contemporanee
.
Queste
due
fonti
si
erano
nel
passato
così
bene
intrecciate
assieme
,
da
dar
vita
ad
un
fiume
ricco
d
'
acque
e
poderoso
nel
quale
,
in
determinati
e
non
infrequenti
periodi
della
storia
,
si
erano
come
trasfuse
tutte
le
tradizioni
militari
dei
Comuni
e
degli
Stati
dell
'
Italia
.
Il
mercenarismo
rampollava
dalle
antiche
compagnie
di
ventura
e
ne
aveva
dapprincipio
tutto
il
sapore
e
tutto
lo
spirito
,
considerate
le
forme
repubblicane
della
Serenissima
e
le
tendenze
della
sua
società
aristocratica
e
marinara
.
Questo
spirito
,
a
grado
a
grado
,
si
era
modificato
e
quasi
plasmato
sotto
il
ferreo
stampo
fortemente
unitario
degli
istituti
veneziani
del
Rinascimento
;
sicché
il
mercenarismo
,
tratto
fuori
dal
martellare
delle
passioni
partigiane
e
dall
'
angusta
cerchia
delle
passioni
cittadine
,
aveva
alla
fine
assunto
in
Venezia
una
individualità
più
piena
,
lineamenti
più
decisi
e
sicuri
da
organismo
di
Stato
.
Infine
la
medesima
stabilità
ed
unità
degli
ordini
oligarchici
veneti
,
l
'
èsca
dei
largheggiati
premi
,
il
miraggio
delle
accumulate
ricchezze
,
il
cemento
glorioso
del
sangue
prodigato
per
un
vincolo
mistico
e
positivo
insieme
-
quello
della
fede
e
della
pubblica
economia
rivendicate
sotto
i
fieri
colpi
del
Turco
-
avevano
contribuito
ad
imprimere
a
quel
vecchio
istituto
militare
del
Trecento
una
fisionomia
veneta
.
schiettamente
originale
,
che
sembrava
quasi
fusa
dentro
l
'
orma
formidabile
del
leone
di
San
Marco
.
Nel
frattempo
il
periodo
eroico
della
guerra
di
Cambrai
,
delle
lotte
di
Candia
e
delle
campagne
del
Morosini
erano
volti
al
tramonto
(
7
)
.
La
Serenissima
divenuta
più
sollecita
di
conservare
che
di
conquistare
,
aveva
stimato
savio
consiglio
quello
di
fare
più
largamente
partecipi
de
'
suoi
beni
i
propri
soldati
,
specie
i
mercenari
dalmati
,
allo
scopo
di
meglio
stringerseli
dattorno
con
i
vincoli
della
gratitudine
e
dell
'
interesse
,
con
quei
legami
di
amorevolezza
che
suscitano
il
reggimento
paterno
e
la
coscienza
della
solidarietà
delle
fonti
del
comune
benessere
.
Questo
cammino
,
che
sapeva
del
romano
antico
,
pareva
bello
e
fiorito
ma
celava
non
pochi
rovi
e
non
poche
spine
.
La
Serenissima
,
fatta
vegliarda
,
largheggiò
per
troppa
debolezza
in
autonomie
,
in
franchigie
e
donativi
a
benefizio
de
'
suoi
soldati
di
mestiere
,
ed
apparecchiò
fatalmente
a
sé
medesima
ed
alle
istituzioni
militari
quella
rovina
che
,
in
altri
tempi
,
aveva
annientato
il
vigore
delle
colonie
legionarie
di
Roma
.
Anzitutto
,
quella
continua
e
gagliarda
corrente
di
forze
fresche
e
nuove
che
,
dal
littorale
dalmata
,
rifluiva
ai
dominî
di
Terraferma
e
di
Levante
per
rinsanguare
le
schiere
dei
così
detti
reggimenti
di
Oltremarini
-
levati
in
origine
per
servire
sulle
navi
-
cominciò
ad
inaridire
pel
tralignare
degli
ordini
feudali
in
Dalmazia
e
pel
diffondersi
del
benessere
nelle
repubbliche
marinare
e
nei
municipi
liberi
.
Infine
,
il
difetto
di
stimolo
alle
audaci
imprese
-
primo
incentivo
allo
spirito
di
ventura
-
e
le
lunghe
paci
,
lo
asfissiarono
e
l
'
uccisero
come
sotto
le
distrette
di
una
enorme
camicia
da
Nesso
.
Le
angustie
finanziarie
compirono
l
'
opera
.
Così
le
truppe
levate
per
ingaggio
tanto
Oltremare
che
in
Italia
principiarono
a
morire
a
sé
medesime
.
Francesco
Morosini
già
da
tempo
aveva
avvisata
questa
lenta
ruina
,
quando
per
mantenere
a
numero
il
suo
esercito
del
Peloponneso
aveva
dovuto
ricorrere
ai
rifiuti
di
pressocché
tutti
i
mercati
d
'
uomini
d
'
armi
d
'
Europa
ed
incettare
,
coi
Toscani
e
Lombardi
,
anche
gli
Svizzeri
,
gli
Olandesi
,
i
Luneburghesi
ed
i
Francesi
;
di
guisa
che
con
cosiffatta
genia
-
come
egli
disse
-
corse
rischio
non
già
di
dettare
legge
al
nemico
bensì
di
riceverla
dai
suoi
soldati
medesimi
(
8
)
.
Nel
1781
,
come
risulta
dai
piedilista
,
ruoli
organici
e
stanza
dei
corpi
insieme
delle
milizie
venete
redatti
dall
'
inquisitore
ai
pubblici
rolli
,
mancavano
654
oltremarini
nei
presidi
di
Levante
,
353
in
quelli
di
Dalmazia
,
263
in
quelli
del
Golfo
e
42
infine
in
quelli
d
'
Italia
.
In
totale
1312
soldati
oltremarini
mancanti
,
su
3449
che
dovevano
essere
presenti
alle
armi
in
quell
'
anno
,
suddivisi
in
99
compagnie
ed
11
reggimenti
(
9
)
.
In
questo
intervallo
i
nobili
dalmati
-
feudatari
un
tempo
,
poi
condottieri
eroici
e
devoti
delle
milizie
venete
di
ventura
,
modificate
e
migliorate
nel
senso
di
cui
sopra
è
cenno
-
si
erano
venuti
imborghesendo
grado
a
grado
(
10
)
.
L
'
antico
privilegio
loro
di
levare
e
di
vestire
i
propri
fanti
con
le
vistose
casacche
cremisine
e
di
donarli
poscia
,
come
in
simbolo
di
fede
ardente
e
di
accesa
devozione
alla
Serenissima
,
era
degenerato
col
tempo
e
diventato
un
mercimonio
tra
le
mani
venali
degli
ingaggiatori
,
dei
capi
-
leva
e
degli
ingordi
racoleurs
.
La
Serenissima
tentò
dapprima
di
ravvivare
i
sopiti
spiriti
bellicosi
di
quella
nobiltà
,
un
po
'
distratta
dalle
fortune
commerciali
della
Repubblica
raguséa
,
dalle
libertà
comunali
di
Spàlato
e
di
Zara
e
dalle
autonomie
di
Poglizza
,
col
largire
nuovi
privilegi
,
decime
,
concessioni
e
bacili
di
formento
.
Ma
la
prodigalità
attizzò
alla
fine
l
'
avarizia
e
non
accese
i
desiderati
spiriti
di
patriottismo
,
talché
i
deputati
et
aggionti
alla
provvigion
del
dinaro
nell
'
agosto
del
1745
si
videro
obbligati
a
porre
un
freno
alla
disastrosa
ed
infruttuosa
corrività
della
Repubblica
verso
la
nobiltà
dalmata
;
corrività
che
minacciava
,
di
rovinare
le
«
camere
(
tesorerie
)
di
quelle
province
,
costringendo
per
questo
oggetto
a
farsi
più
abbondanti
et
frequenti
le
missioni
di
pubblico
danaro
per
le
esigenze
di
quelle
parti
»
(
11
)
.
Né
più
valeva
a
risollevare
l
'
intisichito
spirito
di
ventura
tra
i
Dalmati
-
i
mercenari
per
eccellenza
-
l
'
imagine
della
forza
e
della
potenza
guerriera
della
Serenissima
.
Le
parvenze
esterne
dell
'
imperio
,
alle
quali
si
affidava
buona
parte
del
suo
prestigio
presso
le
popolazioni
soggette
,
erano
precipitate
a
quel
tempo
in
uno
stato
di
abbandono
colpevole
.
«
Le
fortificazioni
di
Levante
,
della
Dalmazia
e
dell
'
Albania
-
scriveva
nel
1782
il
brigadiere
degli
ingegneri
Moser
de
Filseck
al
Doge
-
sono
in
uno
stato
di
desolazione
tale
da
commuovere
a
riguardarle
...
A
Zara
,
ogni
parte
delle
opere
componenti
i
recinti
e
le
fortificazioni
è
in
rovina
...
Spàlato
è
in
decadimento
,
ed
un
nemico
può
eseguirvi
un
colpo
di
mano
,
a
suo
talento
...
Lo
stato
infine
del
forte
S
.
Francesco
a
Cerigo
fa
rabbrividire
pel
decoro
del
Principato
»
(
12
)
.
Le
armi
vecchie
e
rugginose
avevano
dunque
disamorato
i
venturieri
a
detergerle
in
Italia
,
ed
Oltremare
.
Restava
soltanto
qua
e
là
per
la
Dalmazia
ed
in
Levante
qualche
guizzo
del
fulgore
antico
,
raccomandato
ad
un
sentimento
di
gratitudine
giammai
sopito
nel
cuore
delle
genti
d
'
altra
riva
dell
'
Adriatico
verso
la
Veneta
Repubblica
,
che
le
aveva
raccolte
sotto
le
proprie
ali
nei
tempi
più
travagliati
della
Cristianità
e
difesi
contro
il
Turco
.
Ed
a
questi
sentimenti
,
le
ultime
compagnie
di
ventura
italiane
avevano
raccomandato
i
loro
estremi
giorni
di
vita
a
Venezia
.
*
*
*
L
'
altra
fonte
delle
milizie
venete
era
rappresentata
dalle
cerne
,
che
fornivano
soldati
dei
luoghi
ordinati
con
previdenze
territoriali
,
specie
di
Landwehr
che
si
levava
in
tempo
di
guerra
o
di
neutralità
a
rincalzo
dei
mercenari
,
cioè
dei
provvisionati
.
Le
cerne
venete
,
o
soldati
d
'
ordinanza
,
emanavano
adunque
direttamente
dal
pensiero
politico
e
militare
di
Nicolò
Macchiavelli
,
che
volle
l
'
istituto
delle
milizie
nazionali
tratto
dal
popolo
pedestremente
armato
(
13
)
.
Costituiva
il
nerbo
delle
cerne
l
'
elemento
rurale
dei
domini
di
Terraferma
e
d
'
Oltremare
,
cui
la
Serenissima
aveva
fatto
larghe
concessioni
per
rinfrancarlo
nel
suo
innato
spirito
conservatore
ed
adescarlo
a
servire
,
lietamente
ed
in
buon
numero
,
nella
milizia
regionale
.
Di
queste
prime
pratiche
conservò
memoria
il
Bembo
.
«
Deliberò
il
Senato
-
egli
scrisse
-
che
,
nel
Veronese
,
l
'
anno
1507
,
un
certo
numero
di
contadini
che
potessero
armi
portare
,
si
scegliesse
e
descrivesse
;
i
quali
all
'
arte
militare
si
avvezzassero
,
e
costoro
liberi
da
tutte
gravezze
fossero
,
acciò
più
pronti
alle
cose
della
guerra
essere
potessero
,
e
chiamati
alle
loro
insegne
incontanente
v
'
andassero
.
Il
qual
raccoglimento
di
soldati
di
contado
agli
altri
fini
della
Repubblica
(
come
suole
l
'
uso
essere
di
tutte
le
cose
maestro
)
in
breve
passò
e
si
diffuse
.
Il
perché
ora
le
ville
ed
i
ragunamenti
degli
uomini
del
contado
di
ogni
città
,
parte
de
'
suoi
hanno
che
a
questa
cosa
intendono
,
di
essere
armati
ed
apparecchiati
di
maniera
che
,
senza
spazio
,
alla
guerra
subitamente
gire
e
trovarsi
e
servire
alla
Repubblica
e
per
lei
adoperare
si
possono
.
E
queste
genti
tutte
soldati
di
ordinanza
,
o
cernite
,
si
chiamarono
»
(
14
)
.
La
guerra
della
lega
di
Cambrai
,
combattuta
per
l
'
integrità
dei
domini
della
Signoria
,
consolidò
questa
milizia
paesana
e
la
fece
popolare
,
ad
onta
dei
tentativi
fatti
per
denigrarla
-
più
che
tutto
dopo
lo
sbaraglio
di
Vailate
-
per
opera
dei
troppo
interessati
fautori
delle
milizie
assoldate
,
gli
industriali
della
guerra
d
'
allora
.
In
sostanza
,
si
voleva
rovesciare
sopra
i
soldati
di
ordinanza
un
po
'
di
quel
discredito
e
di
quella
noncuranza
di
cui
gli
eserciti
regolari
furono
sempre
prodighi
verso
le
«
guardie
nazionali
»
.
Il
grande
vantaggio
delle
cerne
consisteva
,
anzitutto
,
nel
loro
costo
sensibilmente
minore
in
confronto
del
necessario
per
mantenere
un
eguale
numero
di
soldati
di
mestiere
.
Toccava
infatti
al
comune
di
descriverle
,
di
armarle
e
d
'
inquadrarle
in
centurie
;
laddove
questo
còmpito
,
per
i
soldati
di
mestiere
,
toccava
ai
capi
-
leva
che
ne
ritraevano
un
utile
per
sé
e
per
la
compagnia
.
Anche
i
gradi
delle
cerne
,
fino
a
quello
dei
capi
di
cento
incluso
,
si
attribuivano
di
massima
per
elezione
nei
villaggi
che
contavano
il
maggior
numero
di
descritti
.
Gli
obblighi
di
questi
ultimi
erano
limitati
a
cinque
mostre
o
rassegne
annuali
(
mostrini
)
,
oltre
a
talune
riviste
straordinarie
(
generali
)
in
luoghi
designati
,
con
il
comune
consenso
dei
soldati
medesimi
,
escluse
però
le
fortezze
,
le
terre
murate
,
i
castelli
ed
i
grossi
villaggi
.
Epperciò
le
rassegne
si
compievano
d
'
ordinario
in
rasa
campagna
.
Le
cerne
dovevano
presentarsi
alle
rassegne
con
le
armi
che
avevano
personalmente
in
consegna
dai
comuni
,
come
si
pratica
per
lunga
tradizione
nella
Svizzera
:
le
assenze
erano
punite
con
la
descrizione
a
galeotto
,
oppure
con
la
multa
di
5
ducati
(
15
)
.
In
queste
rassegne
le
cerne
ricevevano
la
polvere
da
moschetto
,
il
piombo
e
la
corda
occorrenti
per
confezionare
li
scartocci
,
i
quali
erano
poi
verificati
dai
capitani
alla
presenza
dei
capi
di
cento
.
Con
queste
munizioni
i
soldati
si
esercitavano
al
palio
,
vale
a
dire
al
tiro
a
segno
nei
campi
appositamente
stabiliti
.
Dal
lato
economico
adunque
le
cerne
rappresentavano
un
notevole
vantaggio
per
le
finanze
della
Signoria
,
una
vàlvola
di
sicurezza
all
'
aprirsi
delle
guerre
,
perché
esse
esimevano
lo
Stato
dal
ricorrere
-
sotto
la
pressione
del
bisogno
e
sotto
il
giogo
della
domanda
-
al
mercato
sempre
sostenuto
dei
soldati
di
mestiere
.
*
*
*
Ma
il
vantaggio
delle
milizie
paesane
non
era
solo
d
'
indole
economica
-
cosa
per
certo
non
disprezzabile
tenuto
conto
delle
angustie
finanziarie
in
cui
versava
la
Serenissima
verso
la
sua
fine
-
ma
anche
di
natura
morale
.
Lo
schietto
spirito
di
regionalità
di
cui
erano
come
impregnate
le
cerne
,
il
quale
traeva
origine
dai
sani
e
vigorosi
succhi
della
terra
,
conferiva
loro
molto
prestigio
e
dava
affidamento
di
moralità
grande
,
laddove
i
soldati
di
mestiere
,
rifiuto
della
società
del
tempo
,
erano
rappresentati
dal
generale
veneto
Salimbeni
come
«
sentina
d
'
ogni
vizio
»
.
Dalle
cerne
infatti
erano
esenti
i
capi
di
famiglia
,
per
un
patriarcale
riguardo
riferito
alle
cose
della
guerra
e
nelle
famiglie
stesse
non
si
descriveva
più
di
un
soldato
per
ognuna
,
tenendo
fermo
il
concetto
di
non
ammettere
in
questa
milizia
che
sudditi
genuini
della
Repubblica
.
Dalle
cerne
erano
inoltre
esclusi
i
servitori
,
i
girovaghi
,
i
condannati
ed
i
galeotti
,
sicché
l
'
elemento
di
esse
era
incomparabilmente
migliore
di
quello
dei
soldati
di
mestiere
,
tra
i
quali
si
accoglievano
«
tutti
gli
oziosi
ed
i
vagabondi
che
dalla
Terraferma
si
spediscono
in
castigo
nelle
province
di
Oltremare
,
per
cui
cresce
la
massa
dei
vizi
e
delle
corruttele
nella
truppa
,
e
sono
cagione
della
poca
disciplina
e
del
fisico
deperimento
di
essa
»
(
16
)
.
Passate
quindi
le
guerre
unicamente
ispirate
al
concetto
della
difesa
dei
dominî
italici
,
prese
il
sopravvento
la
presunzione
dei
riguardi
dovuti
in
uno
Stato
marinaresco
e
repubblicano
alla
libertà
individuale
dei
propri
sudditi
,
che
si
voleva
completamente
arbitra
di
esplicarsi
,
senza
restrizione
alcuna
,
secondo
il
miglior
rendimento
delle
energie
di
ciascuno
di
essi
.
La
tolleranza
dei
pubblici
uffizi
,
il
benessere
diffuso
,
il
vezzo
delle
neutralità
ripetute
invariabilmente
allo
aprirsi
di
ciascuna
campagna
,
a
partire
dalla
sciagurata
pace
di
Bologna
(
1530
)
,
invogliarono
le
genti
già
disamorate
delle
armi
a
colorire
codeste
teorie
di
liberismo
militare
con
le
tinte
più
accese
dell
'
arte
tizianesca
.
E
la
presunzione
,
oppure
la
consuetudine
,
per
l
'
ignavia
degli
uomini
e
per
la
debolezza
dei
tempi
acquistò
alla
fine
vigore
di
legge
.
La
Repubblica
,
ricca
ed
imbelle
,
poteva
ben
concedersi
anche
il
lusso
di
comperare
i
soldati
di
cui
abbisognava
per
la
difesa
de
'
propri
domini
.
Principiò
così
a
diffondersi
la
costumanza
delle
tasse
militari
,
o
tanse
,
cioè
del
prezzo
di
riscatto
dal
servizio
dovuto
nelle
cerne
,
con
il
cui
prodotto
componevasi
un
fondo
destinato
ad
assoldare
altrettanti
mercenari
.
Gli
artieri
ne
approfittarono
subito
,
poi
i
barcaiuoli
veneziani
e
gli
ascritti
alle
scuole
di
Santa
Barbara
,
da
cui
levavansi
i
cannonieri
dell
'
esercito
della
Serenissima
.
E
le
tanse
acquistarono
fin
d
'
allora
la
denominazione
di
insensibili
,
perché
essendo
ripartite
per
arte
su
tutte
le
persona
che
le
componevano
,
ne
venivano
a
risultare
delle
quote
d
'
affrancazione
individuale
dal
servizio
molto
tenui
;
vale
a
dire
quasi
insensibili
.
Cresciuto
il
favore
delle
tanse
,
crebbe
in
parallelo
la
corrività
delle
cassazioni
,
cioè
delle
esonerazioni
tra
le
cerne
,
e
divenne
facile
l
'
esimersi
dal
servizio
facendosi
sostituire
per
denaro
da
un
altro
soldato
tratto
dalla
medesima
milizia
.
Le
rassegne
caddero
col
tempo
in
dissuetudine
,
si
trascurò
la
vigilanza
da
parte
dei
comuni
,
e
questo
primo
e
magnifico
esempio
di
landwehr
veneta
principiò
a
languire
ed
a
morire
(
17
)
.
Nella
Dalmazia
le
cerne
furono
introdotte
da
Valerio
Chierigato
intorno
all
'
anno
1570
,
e
si
denominarono
craine
o
craicinich
.
Ma
per
gli
stessi
motivi
dianzi
esposti
,
esse
erano
scadute
sul
finire
della
Repubblica
anche
da
quelle
parti
e
le
loro
sorti
si
erano
già
accomunate
con
quelle
dei
soldati
oltremarini
o
di
mestiere
.
Così
delle
due
fonti
essenziali
della
milizia
veneta
-
eredità
dell
'
arte
italica
del
Cinquecento
-
i
soldati
prezzolati
e
le
cerne
,
gli
uni
sopravvivevano
ancora
alle
ingiurie
dei
tempi
ma
tutti
squassati
e
ridotti
come
una
larva
di
sé
medesimi
,
le
altre
erano
pressoché
scomparse
dalla
scena
della
vita
militare
veneziana
,
o
si
consideravano
tutto
al
più
come
un
rudere
di
un
vetusto
edifizio
abbandonato
da
gran
tempo
.
In
questa
guisa
delle
due
grandi
correnti
che
alimentavano
le
vecchie
armi
della
Serenissima
e
formavano
,
insieme
commiste
,
un
fiume
regale
gonfio
d
'
acque
e
fecondo
d
'
energie
,
non
era
rimasto
che
l
'
ampio
alveo
,
tutto
pantani
ed
acquitrini
dai
quali
emanavano
miasmi
e
malaria
.
CAPO
II
.
L
'
amministrazione
centrale
della
guerra
.
Il
Savio
di
terraferma
alla
scrittura
e
le
magistrature
militari
.
Come
il
rendimento
di
una
macchina
ottimamente
costituita
si
commisura
dalla
somma
di
attriti
che
riesce
a
vincere
,
sicché
il
suo
lavoro
procede
rapido
,
silenzioso
e
produttivo
,
così
l
'
opera
proficua
di
uno
Stato
si
arguisce
dall
'
armonia
degli
sforzi
de
'
suoi
organi
direttivi
e
dal
loro
coordinamento
,
in
modo
che
tutte
le
energie
abbiano
impiego
e
non
si
smarriscano
in
sterili
conati
,
o
per
superfluità
di
uffizi
o
per
contraddizione
di
còmpiti
.
Ora
la
macchina
statale
veneta
della
decadenza
era
complicata
e
rugginosa
,
epperciò
assai
pigra
e
poco
produttiva
.
Aveva
addentellati
con
molteplici
sopravvivenze
feudali
,
intrecci
con
privilegi
oligarchici
,
vincoli
con
un
proteiforme
organismo
amministrativo
burocratico
e
cancelleresco
onusto
d
'
impiegati
;
sì
che
tutto
impaludava
nello
apparecchio
e
nelle
forme
e
poco
o
nulla
rendeva
nella
sostanza
(
18
)
.
L
'
amministrazione
della
guerra
poi
-
che
per
il
suo
istituto
più
risentiva
delle
sopravvivenze
del
passato
-
era
così
multiforme
e
farraginosa
da
incontrare
attriti
ed
intoppi
ad
ogni
passo
.
Le
cose
della
guerra
mettevano
capo
al
Collegio
,
ossia
al
Consiglio
dei
ministri
della
Repubblica
,
composto
di
16
membri
,
o
Savi
(
19
)
.
Di
questo
Collegio
facevano
parte
il
Savio
di
terraferma
alla
scrittura
ed
il
Savio
di
terraferma
alle
ordinanze
;
i
due
centri
esecutivi
dell
'
amministrazione
delle
milizie
di
mestiere
e
delle
milizie
paesane
,
cioè
delle
cerne
.
Il
Savio
alla
scrittura
era
preposto
,
oltre
che
all
'
ordinamento
delle
milizie
stanziali
,
anche
a
quello
delle
fortificazioni
,
delle
artiglierie
e
delle
scuole
militari
,
e
traeva
il
nome
dall
'
antico
suo
ufficio
di
tenere
cioè
al
corrente
i
ruoli
dei
soldati
ingaggiati
.
Era
,
in
sostanza
,
il
ministro
della
guerra
della
Serenissima
.
Il
Savio
alle
ordinanze
sopravvegliava
invece
al
governo
delle
cerne
e
corrispondeva
ad
un
vero
e
proprio
ministro
alle
Landwehr
,
cioè
ad
un
centro
organatore
della
difesa
territoriale
.
Queste
supreme
magistrature
militari
,
come
le
altre
del
Collegio
,
erano
elettive
.
Più
antica
-
per
ragione
di
precedenza
storica
delle
milizie
prezzolate
sulle
paesane
-
era
la
carica
di
Savio
di
terraferma
alla
scrittura
,
il
cui
istituto
venne
riordinato
al
principio
del
XVI
secolo
,
quando
cioè
le
armi
della
Serenissima
più
sfolgoravano
per
i
domini
d
'
Italia
ed
oltremare
(
20
)
.
Più
recente
era
invece
il
saviato
alle
ordinanze
,
largamente
citato
nella
riforma
di
quelle
milizie
dettata
da
Giovanni
Battista
Del
Monte
(
1592
)
.
Il
Savio
alla
scrittura
(
come
gli
altri
membri
del
Collegio
)
durava
in
carica
un
semestre
,
ma
poteva
essere
rieletto
quando
fosse
spirato
un
intervallo
di
sei
mesi
almeno
dal
decadimento
dell
'
ultimo
mandato
.
Ne
derivava
perciò
una
specie
di
oligarchia
politico
-
amministrativa
,
vincolata
o
ad
una
determinata
consorteria
oppure
ad
un
monopolio
nei
pubblici
affari
.
La
molteplicità
degli
uffici
burocratici
accentuando
i
danni
di
tale
esclusivismo
rendeva
la
macchina
statale
rigida
,
lenta
ed
improduttiva
.
Per
le
cose
della
milizia
questo
monopolio
politico
ed
amministrativo
doveva
essere
temperato
,
in
origine
,
dalla
carica
del
generale
in
capo
.
Straniero
,
di
regola
,
esso
era
destinato
ad
impiegare
le
truppe
in
guerra
-
sotto
la
responsabilità
dei
provveditori
del
Senato
incaricati
di
sorvegliarlo
a
mo
'
dei
commissari
della
Repubblica
di
Francia
-
ed
in
pace
a
suffragare
della
sua
autorevole
esperienza
l
'
apparecchio
delle
armi
e
degli
armati
(
21
)
.
Il
generale
in
capo
doveva
essere
infatti
una
specie
di
responsabile
tecnico
,
mentre
il
Savio
alla
scrittura
non
era
altro
che
un
semplice
amministratore
dei
fondi
destinati
dalla
Serenissima
al
mantenimento
ed
all
'
armamento
dei
propri
soldati
.
Ed
essendo
la
carica
di
generale
in
capo
vitalizia
,
non
pareva
gran
male
che
gli
uffizi
amministrativi
si
alternassero
attorno
ad
essa
,
con
vicenda
più
o
meno
frequente
,
emanando
da
una
ristretta
base
nella
scelta
delle
persone
a
ciò
deputate
.
Ma
poiché
si
resero
sempre
più
rare
le
guerre
ed
il
vezzo
delle
neutralità
le
confinarono
alla
fine
tra
i
ferrivecchi
,
la
benefica
influenza
moderatrice
del
generale
in
capo
sulle
magistrature
militari
,
politiche
e
burocratiche
,
cominciò
a
scadere
,
fintantoché
scomparve
del
tutto
.
Rimasero
i
danni
ed
i
pericoli
delle
consorterie
,
senza
argine
e
senza
riparo
.
Dopo
lo
Schoulemburg
,
distinto
generale
sàssone
cui
la
Signoria
aveva
conferito
il
titolo
di
maresciallo
e
l
'
incarico
della
difesa
di
Corfù
,
nel
1716;
dopo
i
generali
Greem
e
Witzbourg
-
tutti
stranieri
ed
eletti
generali
in
capo
delle
forze
venete
-
per
amore
di
economia
(
22
)
o
per
mal
concepite
diffidenze
verso
una
carica
che
sembrava
oramai
destituita
di
ogni
significato
pratico
,
essa
passò
in
dissuetudine
con
il
tacito
consenso
del
Collegio
,
del
Senato
e
del
Doge
.
Da
quel
punto
,
il
Savio
alla
scrittura
si
rinchiuse
senza
controllo
nelle
sue
funzioni
burocratiche
e
cancelleresche
e
diventò
,
alternatamente
,
o
una
carica
monopolizzata
dalle
medesime
persone
-
-
salvo
l
'
intervallo
legale
nella
rielezione
-
quando
si
trovavano
coloro
che
volentieri
la
disimpegnassero
;
oppure
un
caleidoscopio
di
persone
diverse
prive
di
competenza
e
di
pratica
(
23
)
-
Sulla
cooperazione
del
collega
alle
ordinanze
non
v
'
era
oramai
più
da
contare
alla
fine
della
Serenissima
,
perché
questa
magistratura
si
era
completamente
atrofizzata
.
Per
formarsi
un
'
idea
circa
l
'
attività
e
l
'
importanza
di
quel
Savio
,
basta
citare
alcune
cifre
relative
al
maneggio
che
esso
faceva
del
pubblico
denaro
per
l
'
amministrazione
dipendente
.
Nel
bilancio
pel
militar
dell
'
anno
1737
,
solo
9511
ducati
e
grossi
21
erano
assegnati
al
Savio
alle
ordinanze
per
le
cerne
,
e
ducati
309
e
grossi
17
per
le
loro
mostre
e
mostrini
;
e
ciò
sopra
una
spesa
totale
di
2,060,965
ducati
e
grossi
11
effettivamente
fatta
in
quell
'
anno
dalla
Signoria
per
le
cose
della
milizia
(
24
)
.
I
migliori
Savi
avvicendatisi
nell
'
amministrazione
veneta
della
guerra
,
non
mancarono
di
levare
la
loro
voce
contro
la
soppressione
della
carica
di
comandante
in
capo
;
mancanza
che
abbandonava
quei
magistrati
a
sé
medesimi
senza
l
'
appoggio
di
spiccate
capacità
militari
che
rappresentassero
la
continuità
nello
apparecchio
degli
uomini
e
delle
armi
;
e
più
che
tutti
,
Francesco
Vendramin
,
il
miglior
Savio
alla
scrittura
della
decadenza
della
Repubblica
.
Questi
nel
1785
dichiarava
infatti
al
Doge
che
il
malessere
dell
'
esercito
dipendeva
dalla
rinunzia
,
fatta
da
tempo
,
«
di
eleggersi
un
commandante
supremo
,
dalla
cui
sapienza
e
virtù
si
possano
ritrarre
quei
lumi
e
direzioni
che
valghino
a
sistemare
in
buon
modo
le
truppe
»
(
25
)
.
Ma
,
ad
onta
di
queste
franche
parole
-
come
sempre
le
usava
il
Savio
Vendramin
-
il
generalissimo
tanto
invocato
non
venne
a
rialzare
i
depressi
spiriti
militari
dei
Veneti
,
e
rimase
la
burocrazia
che
non
passa
(
26
)
.
Questa
intensificò
anzi
l
'
opera
sua
,
così
da
avvolgere
il
Savio
alla
scrittura
in
una
rete
inestricabile
di
intralci
e
di
formalità
innumerevoli
.
Esaminiamo
in
particolare
codesto
viluppo
,
congegnato
a
bella
posta
per
troncare
i
nervi
ad
ogni
energia
.
Il
Savio
alla
scrittura
nell
'
esercizio
delle
sue
funzioni
aveva
rapporti
con
tutte
le
magistrature
politiche
,
marinare
e
civili
d
'
Italia
e
d
'
oltremare
.
Quanto
al
reclutamento
ed
agli
assegni
in
ordine
alla
forza
bilanciata
,
egli
aveva
relazioni
con
l
'
Inquisitore
ai
rolli
,
con
il
Savio
Cassier
e
con
i
magistrati
sopra
camere
,
o
tesorerie
provinciali
:
quanto
al
reclutamento
ed
all
'
ordinamento
delle
cerne
,
egli
doveva
accordarsi
con
il
collega
deputato
ad
esse
.
Per
le
cose
attinenti
il
servizio
anfibio
dell
'
esercito
sulle
navi
armate
,
egli
doveva
intendersi
con
i
Savi
agli
ordini
per
le
milizie
,
con
i
Provveditori
generali
da
Mar
,
con
quelli
in
Dalmazia
ed
Albania
,
con
i
Provveditori
att
'
Arsenale
ed
,
infine
,
con
il
Capitanio
del
Golfo
(
contado
delle
Bocche
di
Cattaro
)
.
Per
il
riparto
ed
il
servizio
territoriale
delle
truppe
,
il
Savio
alla
scrittura
doveva
prendere
accordi
con
i
capitani
e
podestà
delle
province
,
con
il
magistrato
e
con
il
sopraintendente
all
'
artiglieria
,
con
il
provveditore
alla
cavalleria
,
con
il
sopraintendente
del
genio
e
con
i
provveditori
alle
fortezze
.
Lo
sfruttamento
dell
'
industria
privata
-
usato
sempre
in
buona
misura
dalla
Serenissima
per
le
cose
della
guerra
-
obbligava
inoltre
il
Savio
competente
ad
una
continua
vigilanza
sui
deputati
alle
miniere
,
per
quanto
si
riferiva
l
'
industria
metallurgica
della
Bresciana
e
del
Bergamasco
,
e
sui
capi
delle
maestranze
per
le
industrie
estrattive
dell
'
alto
Cadore
(
27
)
.
Oltre
a
ciò
,
per
quanto
riguardava
il
servizio
sanitario
,
l
'
amministrazione
della
guerra
era
in
rapporti
continui
con
i
provveditori
agli
ospedali
e
con
i
capi
religiosi
di
talune
confraternite
incaricate
dell
'
assistenza
degli
infermi
(
28
)
;
per
quanto
concerneva
il
servizio
di
commissariato
,
con
i
magistrati
sopra
biade
e
frumento
,
con
i
Savi
alla
mercanzia
e
con
i
provveditori
all
'
agricoltura
;
per
quanto
rifletteva
infine
l
'
amministrazione
della
giustizia
,
con
il
missier
grande
,
o
capo
della
polizia
esecutiva
,
e
con
i
governatori
alle
galere
dei
condannati
.
Né
si
arrestava
a
questo
il
frantumamento
delle
autorità
militari
venete
,
spesso
discoste
l
'
un
l
'
altra
ed
animate
da
interessi
contradditori
,
e
l
'
intralcio
con
le
magistrature
civili
.
Nei
rapporti
aulici
e
cancellereschi
,
era
deputato
ogni
settimana
un
Savio
designato
a
turno
nel
Collegio
-
epperciò
detto
Savio
di
settimana
-
per
esporre
al
Senato
le
proposizioni
ed
i
decreti
deliberati
dal
Consiglio
.
Tale
costumanza
,
per
certo
assai
comoda
,
non
era
però
in
pratica
molto
giovevole
per
la
trattazione
degli
affari
-
specie
dei
militari
-
rimettendo
il
patrocinio
di
essi
a
mani
del
tutto
inesperte
o
ignare
.
*
*
*
Consideriamo
ora
un
poco
questa
mastodontica
macchina
burocratica
in
azione
.
Nel
1784
,
solo
per
riformare
alcune
parti
del
vestiario
e
dell
'
equipaggiamento
della
fanteria
veneta
,
riputate
o
troppo
incomode
o
troppo
costose
,
convennero
assieme
in
più
conferenze
il
Savio
alla
scrittura
attuale
ed
uscito
(
29
)
,
i
Savi
alla
mercanzia
in
numero
di
cinque
ed
il
magistrato
sopra
camere
.
Ciò
nondimeno
,
dodici
anni
dopo
,
la
riforma
non
era
ancora
del
tutto
attuata
tra
le
file
dell
'
esercito
veneto
.
Fino
dal
1775
il
Savio
alla
scrittura
e
l
'
Inquisitore
ai
rolli
,
concordi
,
deploravano
in
Collegio
e
presso
il
Principe
le
tristissime
condizioni
in
cui
versavano
le
artiglierie
e
le
armi
portatili
,
alle
cui
deficienze
non
era
più
in
grado
di
porre
rimedio
il
vetusto
Arsenale
di
Venezia
.
Soltanto
sette
anni
dopo
il
grido
d
'
allarme
venne
raccolto
da
Francesco
Vendramin
,
in
una
delle
sue
riconferme
al
Saviato
alla
scrittura
,
e
la
questione
venne
finalmente
da
lui
posta
dinanzi
al
Doge
con
criteri
da
industria
di
Stato
meglio
che
moderni
.
L
'
industria
militare
privata
aveva
tenaci
e
floridissime
radici
a
Venezia
,
e
le
armi
bianche
venete
,
assai
pregiate
nella
tempra
e
nel
lavoro
del
cesello
(
30
)
,
avevano
una
fama
incomparabile
.
Cresciuto
poi
il
favore
delle
armi
da
fuoco
,
degli
archibugi
e
delle
artiglierie
navali
e
terrestri
,
le
fucine
della
Bresciana
vennero
procacciandosi
nell
'
industria
manifatturiera
quel
nome
che
si
è
tramandato
fino
ai
giorni
nostri
.
La
trasformazione
decisa
e
cosciente
dell
'
industria
militare
privata
in
industria
di
Stato
,
avrebbe
quindi
corrisposto
in
modo
mirabile
alle
esigenze
economiche
e
tecniche
della
Serenissima
,
poiché
avrebbe
consentito
di
ridurre
con
immenso
vantaggio
economico
l
'
improduttivo
organismo
dell
'
Arsenale
e
di
sostituire
al
suo
lavoro
,
o
lento
o
negativo
,
quello
più
proficuo
delle
maestranze
dei
metallurgi
e
degli
artieri
,
organizzati
e
disciplinati
in
forme
corporative
tradizionali
,
vigilate
per
di
più
di
continuo
dalle
magistrature
apposite
.
Così
fu
concluso
,
nel
1782
,
un
contratto
con
la
Società
mercantile
di
Girolamo
Spazziani
,
mediante
il
quale
essa
si
assumeva
l
'
obbligo
-
usufruendo
delle
due
migliori
fonderie
e
miniere
dal
Bergamasco
(
31
)
-
di
fornire
alla
Serenissima
entro
14
anni
,
in
lotti
proporzionali
,
le
artiglierie
di
cui
abbisognava
;
e
cioè
35
cannoni
da
30
libbre
(
32
)
,
52
da
14
,
24
da
12
,
oltre
le
munizioni
,
gli
attrezzi
e
gli
armamenti
necessari
.
Lo
Stato
si
sarebbe
garantito
della
buona
qualità
delle
forniture
,
obbligando
la
ditta
Spazziani
ad
uniformarsi
strettamente
nella
fondita
dei
pezzi
alle
regole
all
'
uopo
prescritte
dal
maresciallo
Schoulemburg
,
e
con
l
'
assoggettare
le
bocche
da
fuoco
a
speciali
prove
forzate
da
compiersi
al
Lido
,
a
spese
esclusive
della
società
assuntrice
ed
alla
presenza
del
magistrato
all
'
artiglieria
.
Queste
prove
dovevano
essere
da
due
a
quattro
per
ogni
pezzo
da
collaudarsi
,
ed
i
pezzi
rifiutati
si
dovevano
restituire
alla
ditta
per
essere
rifusi
e
nuovamente
esperimentati
.
Nel
contratto
infine
erano
comminate
penalità
e
multe
alla
ditta
Spazziani
,
al
caso
di
inosservanza
di
impegni
da
parte
della
medesima
(
33
)
.
L
'
artiglieria
veneta
,
con
il
concorso
dell
'
industria
privata
,
poteva
e
doveva
quindi
rinnovarsi
tra
il
1782
ed
il
1796
.
In
questo
periodi
di
tempo
dovevano
inoltre
rifondersi
o
ristaurarsi
le
bocche
da
fuoco
dichiarate
inservibili
,
e
non
erano
poche
in
quel
tempo
:
82
cannoni
di
diverso
calibro
,
85
colubrine
,
63
sacri
e
passavolanti
,
180
petrieri
,
5
mortai
,
9
trabucchi
ed
1
bastardo
(
34
)
.
Se
così
fosse
stato
,
la
Serenissima
all
'
aprirsi
della
campagna
del
1796
avrebbe
avuto
536
bocche
da
fuoco
disponibili
,
nuove
del
tutto
o
riparate
;
e
non
si
sarebbero
visti
sui
rampari
di
Verona
«
i
pezzi
così
malandati
,
i
letti
(
affusti
)
«
così
rôsi
dal
tempo
...
che
se
fosse
occorso
di
maneggiarne
taluno
non
si
saprebbe
come
eseguire
l
'
ordine
»
(
35
)
.
Ma
per
assicurare
tali
vantaggi
all
'
esercito
sarebbero
occorsi
continuità
di
vedute
nell
'
amministrazione
della
guerra
,
preparazione
,
vigore
di
energie
da
parte
delle
persone
elevate
all
'
ufficio
di
Savio
alla
scrittura
,
accordo
infine
deciso
e
cosciente
di
tutti
nell
'
attuare
una
riforma
finanziaria
ed
industriale
che
avrebbe
legato
il
nome
della
Serenissima
ad
un
grande
e
razionale
progresso
nella
pubblica
economia
.
Ora
la
vecchia
e
già
tanto
sapiente
Repubblica
,
ridotta
a
lottare
indarno
contro
la
morte
vicina
,
non
poteva
più
trovare
nel
consunto
organismo
lo
rinnovate
energie
capaci
di
redimerla
dalla
triste
eredità
del
passato
.
Fino
al
1786
,
cioè
durante
il
periodi
delle
riconferme
al
Saviato
di
Francesco
Vendramin
-
il
ministro
riformatore
della
decadenza
militare
veneta
-
le
consegne
della
ditta
Spazziani
procedettero
con
ordine
e
regolarità
,
ma
da
quell
'
anno
in
avanti
gli
impegni
cominciarono
ad
allentarsi
finché
non
ne
rimase
più
traccia
.
Ai
lagni
in
materia
delle
pubbliche
cariche
militari
si
rispondeva
invariabilmente
con
delle
buone
promesse
,
con
caute
direzioni
,
con
voti
e
parole
,
mentre
i
mali
reclamavano
urgentemente
fatti
,
mentre
gli
ufficiali
attestavano
«
che
in
Dalmazia
ed
in
Levante
vi
sono
ancora
compagnie
di
fanti
armate
ancora
dei
fucili
dell
'
ultima
campagna
(
36
)
...
si
che
il
solo
smontarli
e
rimontarli
,
ogni
volta
che
pulir
si
debbono
,
basta
a
renderne
un
gran
numero
fuori
di
servizio
»
(
37
)
.
Vero
è
che
per
i
fatti
,
oltre
che
alla
ferma
e
cosciente
volontà
dei
deputati
a
compierli
,
occorre
anche
il
danaro
;
e
questo
,
come
succede
del
sangue
in
ogni
organismo
indebolito
,
è
il
primo
a
scarseggiare
nei
governi
travagliati
dalla
decadenza
.
Alla
fine
della
seconda
neutralità
d
'
Italia
-
cioè
subito
dopo
la
guerra
per
la
successione
di
Polonia
-
lo
sbilanzo
,
o
deficit
delle
finanze
veneziane
,
era
infatti
salito
a
770-784
ducati
all
'
anno
,
ed
all
'
amministrazione
della
guerra
toccò
di
scontare
queste
falle
con
sacrifizi
e
con
lesinerie
le
quali
finirono
per
annientare
del
tutto
la
compagine
materiale
e
morale
dell
'
esercito
.
«
Con
queste
riduzioni
-
diceva
un
rapporto
al
Principe
-
il
corpo
delle
truppe
non
può
oramai
più
supplire
con
la
propria
forza
agli
essenziali
bisogni
dello
Stato
...
e
quindi
occorre
sia
tolto
da
quel
languore
e
miseria
in
cui
presentemente
esso
si
trova
,
somministrandogli
i
mezzi
di
cui
ha
bisogno
»
(
38
)
.
Ma
anche
sa
questo
punto
la
voce
del
Savio
Vendramin
predicò
invano
,
ed
i
denari
non
vennero
-
ironia
del
caso
-
se
non
quando
si
trattò
non
già
di
apparecchiare
armi
ed
armati
in
difesa
della
Repubblica
,
ma
di
mantenere
lautamente
due
eserciti
sul
suo
suolo
,
nemici
l
'
uno
dell
'
altro
,
della
Serenissima
,
ed
entrambi
emuli
nell
'
opera
triste
di
taglieggiarla
e
di
calpestarla
.
Ma
ritorniamo
al
Savio
alla
scrittura
ed
alla
sua
fisionomia
burocratica
.
Quale
magistrato
supremo
alla
milizia
esso
,
di
regola
,
non
abbandonava
la
Dominante
-
cioè
Venezia
-
se
non
per
compiere
l
'
annuale
visita
al
Collegio
militare
di
Verona
,
in
Castelvecchio
,
dal
quale
uscivano
i
giovani
ufficiali
di
artiglieria
e
genio
della
Repubblica
.
Era
questa
una
comparsa
periodica
all
'
epoca
degli
esami
finali
,
che
circondavasi
a
bella
posta
di
solennità
,
sia
nell
'
intento
di
lasciar
traccia
nell
'
animo
dei
futuri
ufficiali
delle
milizie
venete
,
sia
in
quello
di
ravvivare
,
a
scadenza
fissa
,
il
prestigio
ed
il
nome
del
Savio
alla
scrittura
nella
principale
fortezza
dei
domini
d
'
Italia
.
Ma
le
apparizioni
erano
troppo
rapide
e
,
sovratutto
,
affogate
sotto
il
cumulo
delle
formalità
proprie
del
manierismo
incipriato
del
tempo
.
Di
una
di
queste
visite
si
conserva
traccia
nel
diario
del
Collegio
militare
di
Verona
.
«
Il
Savio
Alvise
Quirini
-
dice
il
diario
-
partì
da
Venezia
un
mercoledì
dopo
pranzo
del
luglio
1787
,
alle
ore
20
,
per
Mestre
.
Aveva
seco
due
staffieri
ed
un
furier
.
Il
legno
era
pronto
a
Marghera
,
con
quattro
cavalli
ed
il
furier
davanti
,
pure
a
cavallo
.
Al
Dolo
si
cambiarono
i
cavalli
:
a
Padova
il
Savio
pernottò
nel
palazzo
Quirini
ed
il
provveditor
straordinario
di
colà
,
Zorzi
Contarini
,
gli
diede
scorta
di
due
soldati
a
cavallo
.
Il
giorno
appresso
(
giovedì
)
,
alle
ore
22
suonate
,
il
Savio
arrivò
a
Verona
»
(
39
)
.
In
quella
città
un
ufficiale
della
guarnigione
venne
subito
comandato
a
disimpegnare
la
carica
di
aiutante
presso
il
Savio
Alvise
Quirini
,
ed
un
'
ora
dopo
l
'
arrivo
di
questi
il
tenente
Zulatti
,
ufficiale
di
guardia
alla
piazza
,
venne
a
felicitarsi
seco
lui
per
l
'
ottimo
viaggio
compiuto
e
ad
esibirsi
,
cioè
a
profferire
servigi
.
Ma
il
Savio
alla
scrittura
,
congedati
bellamente
gli
ufficiali
venuti
per
fargli
onore
,
andò
ad
alloggiare
in
casa
del
cugino
Marin
Zorzi
,
e
la
«
tavola
fu
servita
per
quella
sera
dal
locandier
alle
Due
Torri
(
40
)
,
essendo
stato
convenuto
il
prezzo
di
tutto
dal
brigadier
Mario
Lorgna
,
governatore
militare
del
Collegio
.
La
sera
stessa
venne
il
brigadiere
Lorgna
a
fare
ossequio
al
Savio
alla
scrittura
,
e
si
combinò
subito
per
verificare
la
scuola
ed
incominciare
gli
esami
lo
stesso
giorno
seguente
.
La
sera
poi
il
Savio
andò
alla
comedia
al
Nobile
Teatro
ed
il
vescovo
mandò
il
suo
nome
a
casa
Zorzi
»
(
41
)
.
CAPO
III
.
Ufficiali
grandi
e
piccini
.
Perduto
è
quell
'
organismo
il
cui
cuore
si
attarda
di
spingere
il
sangue
nelle
vene
.
Ed
il
cuore
ed
il
cervello
si
erano
da
tempo
intorpiditi
nell
'
esercito
della
Serenissima
nelle
persone
de
'
suoi
generali
.
Quando
il
brigadiere
Fiorella
(
42
)
nella
notte
dell'8
agosto
1796
,
all
'
avanguardia
della
divisione
Serurier
,
reduce
dalla
vittoria
di
Castiglione
si
riaffacciava
a
Verona
abbandonata
giusto
una
settimana
innanzi
per
rioccuparla
d
'
ordine
di
Buonaparte
,
il
generale
Salimbeni
comandante
di
quella
piazza
indugiò
alquanto
nel
riaprire
ai
Francesi
la
porta
di
San
Zeno
.
Il
brigadiere
Fiorella
l
'
abbatté
allora
con
alcune
volate
di
mitraglia
,
e
si
trovò
comoda
scusa
per
il
ritardo
dei
Veneti
di
rovesciare
la
colpa
sulla
tarda
vecchiaia
del
Salimbeni
.
Questo
generale
-
si
disse
-
oramai
ottuagenario
,
incapace
di
montare
a
cavallo
,
costretto
a
servirsi
di
un
carrozzino
(
43
)
,
non
poteva
trovarsi
ovunque
in
quel
trambusto
della
notte
dell'8
agosto
.
E
Buonaparte
lieto
delle
riportate
vittorie
e
del
riacquisto
di
Verona
,
non
fece
gran
caso
di
questi
fiacche
scuse
dei
Veneti
,
ondeggianti
tra
gli
Austriaci
padroni
dell
'
interno
della
città
ed
i
Francesi
padroni
delle
campagne
,
oscitanti
tra
i
vincitori
ed
i
vinti
.
La
vecchiaia
dei
generali
veneti
esisteva
nondimeno
,
e
grave
.
Il
Savio
alla
scrittura
Francesco
Vendramin
l
'
aveva
denunciata
al
Principe
come
il
male
precipuo
che
rodeva
l
'
esercito
,
e
scongiurava
di
provvedervi
in
tempo
:
«
Di
eguale
impedimento
-
egli
così
scriveva
nel
1785
-
alle
buone
disposizioni
della
milizia
in
genere
si
è
pure
l
'
impotenza
di
non
pochi
ufficiali
,
specie
delle
cariche
generalizie
,
che
giunti
alla
più
fredda
vecchiaia
,
ritenuti
dalle
viste
del
proprio
vantaggio
,
vogliono
ancora
continuare
nel
servizio
sino
alla
fine
della
vita
....
.
Sicché
,
malgrado
quella
riverenza
che
si
conviene
alle
pubbliche
deliberazioni
,
mi
è
forza
dire
che
,
spesse
volte
,
questo
Augusto
Governo
è
più
commosso
dalla
pietà
che
dal
proprio
interesse
,
cui
talvolta
antepone
le
convenienze
particolari
di
coloro
che
godono
la
distinta
fortuna
di
essergli
soggetti
»
(
44
)
.
Non
si
pensò
però
con
questo
a
svecchiare
gli
alti
gradi
dell
'
esercito
Veneto
.
Fino
dal
1786
,
allo
scopo
di
ripartire
in
modo
equo
e
vantaggioso
per
il
servizio
i
beni
ed
i
mali
delle
diverse
guarnigioni
d
'
Italia
e
d
'
oltremare
,
il
Senato
aveva
stabilito
un
turno
di
generali
;
ossia
un
determinato
ordine
di
successione
dei
generali
medesimi
al
comando
dei
quattro
grandi
riparti
militari
in
cui
si
suddivideva
il
territorio
della
Repubblica
(
45
)
.
Fu
assegnato
allora
in
Levante
il
sergente
-
generale
Maroti
,
con
i
sergenti
maggiori
di
battaglia
Bubich
e
Craina
;
in
Dalmazia
il
sergente
generale
Salimbeni
-
ricordato
più
sopra
-
con
i
sergenti
maggiori
di
battaglia
Nonveller
ed
Arnerich
;
in
Italia
il
tenente
generale
Pasquali
,
con
i
sergenti
maggiori
di
battaglia
Stràtico
e
Bado
.
Dopo
quattro
anni
questi
generali
dovevano
mutare
residenza
,
ma
nel
1790
-
cioè
allo
spirare
del
primo
quadriennio
dacché
la
determinazione
fu
presa
-
il
sergente
maggiore
di
battaglia
Arnerich
faceva
sapere
al
Savio
alla
scrittura
che
egli
non
era
più
in
grado
di
muoversi
dalla
Dalmazia
,
perché
diventato
più
che
nonagenario
.
E
non
soltanto
i
generali
erano
incapaci
di
viaggiare
dall
'
Italia
,
oltremare
e
viceversa
.
Nello
stesso
anno
1790
anche
i
colonnelli
brigadieri
Macedonia
e
Gazo
si
dovettero
lasciare
alle
rispettive
guarnigioni
,
stante
la
loro
tarda
vecchiezza
.
La
gerarchia
generalizia
era
poi
troppo
ristretta
in
confronto
degli
aspiranti
.
La
piramide
gerarchica
nell
'
esercito
Veneto
si
restringeva
talmente
verso
il
vertice
da
rendere
necessaria
una
longevità
pressoché
biblica
per
raggiungerla
.
Nel
1781
i
quadri
dello
stato
generale
erano
:
1
tenente
generale
,
2
sergenti
generali
,
6
sergenti
maggiori
di
battaglia
,
oltre
ai
sopraintendenti
del
genio
e
della
cavalleria
con
il
grado
di
colonnelli
brigadieri
.
Il
tenente
generale
era
Alvise
Fracchia
-
Magagnini
di
85
anni
,
di
cui
68
di
continuato
servizio
;
i
sergenti
generali
erano
Pasquali
e
Rade
-
Maina
,
vecchi
colonnelli
dei
fanti
oltramarini
;
i
sergenti
maggiori
di
battaglia
Arnerich
,
Salimbeni
,
Maroli
,
Nonveller
,
Rado
e
Stràtico
.
Non
pochi
di
questi
occupavano
ancora
le
cariche
generalizie
nel
1796
,
vale
a
dire
che
erano
infeudati
nell
'
ufficio
da
oltre
tre
lustri
.
*
*
*
Teoricamente
i
metodi
per
la
elevazione
degli
ufficiali
agli
alti
gradi
dell
'
esercito
dovevano
essere
di
garanzia
sicura
per
la
bontà
dei
quadri
.
La
procedura
per
la
nomina
delle
cariche
generalizie
-
esclusivamente
devolute
alla
scelta
-
era
infatti
assai
minuta
,
abbenché
non
scevra
di
sospetti
di
favoritismo
.
A
tenore
della
così
detta
legge
di
Ottazione
,
cioè
di
avanzamento
(
46
)
,
le
vacanze
nei
gradi
dovevano
ripianarsi
entro
tre
mesi
dacché
avvenivano
;
tempo
più
che
necessario
per
una
scrupolosa
valutazione
dei
titoli
dei
concorrenti
,
ma
anche
più
che
sufficiente
per
dar
modo
alle
consorterie
di
raggiungere
i
propri
fini
.
I
titoli
presentati
dai
candidati
formavano
,
nel
loro
assieme
,
i
così
detti
piani
di
prova
.
Vi
figuravano
i
lunghi
e
buoni
servigi
prestati
sotto
la
vermiglia
bandiera
della
Repubblica
,
le
ferite
,
le
malattie
sofferte
a
motivo
del
contagio
,
le
azioni
di
merito
e
-
ove
ne
era
il
caso
-
anche
le
prigionie
passate
sotto
i
Turchi
,
i
naufragi
patiti
e
la
perdita
degli
averi
.
Gli
ultimi
tempi
imbelli
della
Serenissima
avevano
naturalmente
assottigliato
di
molto
il
bagaglio
eroico
di
codesti
titoli
,
surrogandoli
con
i
più
modesti
e
comuni
dell
'
anzianità
e
della
età
dei
candidati
,
e
su
questi
titoli
si
esercitava
la
retorica
degli
ufficiali
concorrenti
.
Il
sergente
maggiore
di
battaglia
Antonio
Maroli
così
faceva
,
ad
esempio
,
nel
1782
l
'
apologia
di
sé
medesimo
,
aspirando
al
grado
del
valetudinario
Rade
-
Maina
collocato
finalmente
a
riposo
:
«
Fino
dai
primi
anni
Antonio
Maroli
si
incamminò
alla
professione
delle
armi
.
Passato
per
la
trafila
dei
vari
gradi
,
con
l
'
assiduità
del
servizio
e
con
la
provata
sua
abilità
giunse
,
nell
'
anno
1768
,
ad
occupare
il
grado
di
colonnello
.
Le
attestazioni
delle
primarie
cariche
da
Mar
e
degli
ufficiali
dello
Stato
generale
e
di
molti
altri
graduati
,
rilevano
di
avere
egli
utilmente
servito
nel
laborioso
carico
di
sergente
maggiore
nella
importante
piazza
di
Corfù
,
impiegandosi
pure
,
per
varî
anni
,
nella
istruzione
del
reggimento
,
negli
esercizi
e
nella
militare
disciplina
anche
in
pubblici
bastimenti
in
mar
.
«
Imbarcato
sopra
la
nave
San
Carlo
che
tradusse
a
Tenedo
il
fu
Ecc.mo
Kav
.
Correr
,
bailo
(
47
)
,
si
fermò
sulla
medesima
in
attenzione
dell
'
arrivo
dell
'
altro
Ecc.mo
bailo
Francesco
Foscari
,
ed
in
questo
frattempo
attaccatasi
grave
epidemia
nell
'
equipaggio
di
detta
nave
si
maneggiò
egli
presso
i
comandanti
turchi
per
avere
ricovero
in
terra
...
Nel
sostenere
i
governi
delle
armi
(
comandi
di
presidio
)
di
alcune
città
e
fortezze
nei
differenti
riparti
di
terra
e
di
mar
,
eguale
fu
la
di
lui
attenzione
ed
attività
,
che
gli
conciliò
approvazione
.
Molto
fu
poi
riconosciuta
la
di
lui
direzione
nel
seguito
ammutinamento
di
prigionieri
di
Brescia
per
metterli
a
dover
,
nel
quale
malagevole
incontro
per
18
ore
sostenne
con
coraggio
il
fuoco
degli
ammutinati
,
e
gli
toccò
vedere
ai
suoi
piedi
ucciso
un
caporale
e
ferito
un
soldato
»
(
48
)
.
Le
apologie
più
salienti
dei
piani
di
prova
erano
pubblicate
per
le
stampe
dai
candidati
più
audaci
o
facoltosi
,
e
diffuse
per
la
Dominante
ad
apparecchiare
terreno
per
le
deliberazioni
finali
del
Savio
alla
scrittura
e
del
Senato
.
Era
una
specie
di
gara
a
foglietti
,
dai
tipi
vistosi
e
dalla
studiata
mostra
delle
benemerenze
personali
;
una
vera
rassegna
pubblica
alla
quale
dovevano
interessarsi
non
poco
gli
spettatori
dell
'
epoca
ciarliera
e
spensierata
dei
casini
,
dei
caffè
e
delle
gazzette
.
Per
troncare
gli
effetti
della
mala
pianta
il
Senato
,
nel
1783
,
volle
abolite
codeste
costumanze
alquanto
teatrali
.
Vietò
ai
candidati
di
rimanere
a
Venezia
durante
le
elezioni
delle
cariche
generalizie
,
e
nel
periodo
di
tempo
immediatamente
anteriore
,
ed
in
luogo
dei
piani
di
prova
commise
al
Savio
alla
scrittura
di
compilare
delle
apposite
note
personali
,
da
produrre
alla
Consulta
al
caso
di
ciascuna
vacanza
.
La
Consulta
poi
,
avuto
l
'
elenco
dei
migliori
candidati
,
votava
o
ballottava
su
ciascuno
di
essi
,
in
Pien
Collegio
,
con
quattro
quinti
dei
voti
e
l
'
elezione
si
confermava
da
ultimo
in
Senato
.
Eletto
il
nuovo
generale
,
con
le
ducali
di
nomina
se
ne
fissava
anche
lo
stipendio
.
*
*
*
Scendiamo
ora
dal
vertice
della
piramide
gerarchica
verso
la
grande
e
massiccia
sua
base
.
Gli
ufficiali
veneti
erano
troppi
per
i
soldati
che
avevano
da
comandare
e
per
le
attribuzioni
che
dovevano
compiere
.
Nel
1776
si
trovavano
nei
reggimenti
attivi
33
colonnelli
,
altrettanti
tenenti
colonnelli
,
30
sergenti
maggiori
,
203
capitani
,
31
capitani
-
tenenti
,
184
tenenti
,
237
alfieri
o
cornette
per
la
cavalleria
e
163
cadetti
.
In
totale
,
964
officiali
sull
'
effettivo
di
10,605
fazionieri
o
comuni
che
contava
l
'
esercito
veneto
di
quel
tempo
;
e
ciò
senza
tener
conto
degli
ufficiali
in
servizio
sedentario
,
alle
fortezze
,
al
corpo
del
genio
,
all
'
Arsenale
,
ai
governatorati
delle
armi
,
alle
scuole
e
di
quelli
infine
con
riserva
di
anzianità
.
In
sostanza
,
i
quadri
degli
officiali
della
Serenissima
avevano
tutta
l
'
aria
di
un
grande
stato
-
maggiore
a
spasso
.
Il
grosso
di
questo
stato
-
maggiore
proveniva
dalla
trafila
della
troppa
,
come
ne
fa
fede
lo
scarso
numero
dei
cadetti
presenti
alle
armi
nel
1776
.
Delle
scuole
militari
esistenti
a
quell
'
epoca
,
il
collegio
di
Verona
provvedeva
al
reclutamento
dei
corpi
di
artiglieria
e
genio
:
quello
di
Zara
,
per
la
fanteria
oltremarina
,
era
ancora
allo
stato
rudimentale
.
Riformatisi
in
appresso
questi
due
istituti
,
quello
di
Verona
nel
1764
e
quello
di
Zara
nel
1784
,
una
nuova
ondata
,
di
formidabili
competitori
venne
ad
affiancarsi
alla
vecchia
corrente
dei
provenienti
dalla
troppa
nello
aspirare
ai
gradi
,
di
ufficiale
(
49
)
.
Dal
Militar
Collegio
di
Verona
-
come
è
noto
-
uscivano
gli
alfieri
dell
'
artiglieria
e
del
genio
ed
,
accessoriamente
,
anche
quelli
di
fanteria
e
di
cavalleria
.
In
queste
ultime
armi
si
transitavano
però
quegli
allievi
che
,
al
termine
dei
corsi
,
riportavano
una
classificazione
inferiore
alla
minima
ritenuta
necessaria
per
servire
nelle
armi
dotte
,
o
coloro
infine
che
-
per
mancanza
di
posti
-
non
trovavano
più
luogo
nelle
armi
medesime
.
In
questo
caso
i
diseredati
dalla
sorte
potevano
aspirare
a
far
ritorno
alle
armi
cui
aspiravano
,
concorrendo
in
turno
ogni
anno
con
i
nuovi
licenziati
dall
'
istituto
veronese
.
Dal
collegio
militare
di
Zara
uscivano
gli
alfieri
dei
reggimenti
oltremarini
e
le
cornette
dei
reggimenti
di
cavalleria
.
L
'
istituto
esisteva
fin
dal
1740
,
ma
per
difetto
di
concorrenti
aveva
vissuto
una
vita
stentata
ed
anemica
fino
al
1784
,
perché
la
massa
dei
Dalmati
aspiranti
ai
gradi
dell
'
esercito
preferiva
la
via
più
lunga
ma
più
avventurosa
del
servizio
anfibio
sui
pubblici
legni
e
verso
i
confini
turcheschi
,
a
quella
più
tediosa
e
nuova
degli
studî
e
dei
riparti
d
'
istruzione
.
Ma
poiché
-
sotto
l
'
impulso
di
Angelo
Emo
e
del
Savio
Francesco
Vendramin
-
l
'
amministrazione
veneta
della
guerra
accennò
a
battere
nuove
vie
,
ed
il
reclutamento
degli
ufficiali
usciti
dalle
scuole
parve
destinato
a
soppiantare
ogni
altra
provenienza
,
il
conflitto
tra
il
vecchio
ed
il
nuovo
,
tra
la
pratica
e
la
teoria
,
scoppiò
clamoroso
ed
inevitabile
.
Si
accese
allora
la
guerra
tra
i
fautori
del
tirocinio
,
dell
'
esperienza
e
dei
titoli
acquisiti
,
e
quelli
delle
accademie
delle
prove
e
degli
esami
.
I
tempi
grigi
e
fiacchi
non
offrendo
verun
'
altra
distrazione
,
fecero
sì
che
gli
ufficiali
dell
'
epoca
si
ingolfassero
in
queste
lotte
sterili
ed
acerbe
con
l
'
ardore
che
proviene
dall
'
ozio
.
Mèta
del
tirocinio
nei
gradi
di
truppa
era
l
'
alfierato
.
Ad
esso
si
perveniva
pel
tramite
dei
cadetti
,
da
parte
dei
giovani
provenienti
dalle
scuole
,
o
per
quello
dei
sergenti
per
parte
dei
borghesi
e
dei
gregari
di
truppa
.
Gli
aspiranti
alla
carriera
delle
armi
usciti
dalle
buone
famiglie
veneziane
,
per
essere
ammessi
nelle
file
dell
'
esercito
quale
cadetti
dovevano
contare
almeno
14
anni
di
età
.
Per
raggiungere
lo
stesso
grado
nella
truppa
occorrevano
invece
dai
sei
agli
otto
anni
.
Dopo
tre
anni
di
buon
servizio
come
cadetto
,
questi
era
promosso
alfiere
,
se
di
fanteria
e
cornetta
se
di
cavalleria
;
e
con
l
'
alfiere
,
detto
per
antonomasia
il
primo
grado
di
goletta
,
cominciava
il
lungo
e
faticoso
calvario
dell
'
ascesa
ai
gradi
di
ufficiale
(
50
)
.
Questi
si
conferivano
nell
'
interno
del
reggimento
fino
al
grado
di
sergente
-
maggiore
.
Ed
i
gradi
erano
quelli
di
tenente
,
di
capitano
-
tenente
,
o
comandante
della
compagnia
del
colonnello
,
di
capitano
,
di
sergente
-
maggiore
,
o
comandante
di
battaglione
:
i
gradi
di
tenente
colonnello
e
di
colonnello
si
conferivano
a
ruolo
unico
sulla
totalità
della
rispettiva
arma
o
riparto
(
51
)
.
Per
progredire
nella
carriera
si
doveva
tenere
conto
delle
prove
comparative
,
dell
'
abilità
,
del
merito
e
della
anzianità
dei
singoli
concorrenti
(
52
)
;
requisiti
tutti
codesti
domandati
sia
dalle
anteriori
leggi
di
ottazione
,
compilate
da
Francesco
Morosini
,
sia
da
quelle
redatte
dal
generale
Molin
(
1695
)
.
Nella
pratica
delle
cose
però
l
'
anzianità
ed
il
merito
avevano
la
preminenza
,
comprendendosi
sotto
questo
ultimo
titolo
le
campagne
di
guerra
,
le
ferite
e
le
«
occasioni
vive
»
,
come
dicevasi
a
quel
tempo
con
vocabolo
comprensivo
per
dinotare
tutte
le
benemerenze
dei
candidati
dovute
comunque
al
rischio
personale
.
Ma
cresciuto
il
favore
delle
scuole
professionali
,
il
merito
e
l
'
anzianità
dovettero
cedere
di
fronte
all
'
abilità
comprovata
dagli
esami
,
e
con
questi
e
per
questi
il
Savio
si
proponeva
di
svecchiare
i
quadri
dell
'
esercito
.
L
'
alfiere
doveva
dar
saggio
di
comandare
in
modo
inappuntabile
tutti
gli
esercizi
della
compagnia
,
in
presenza
del
sergente
maggiore
,
del
colonnello
e
del
tenente
colonnello
del
reggimento
.
Egli
doveva
inoltre
rispondere
a
tutte
le
interrogazioni
che
i
detti
ufficiali
avessero
creduto
di
rivolgergli
sul
Libretto
Militar
,
ossia
catechismo
degli
esercizi
,
e
sul
servizio
in
campagna
compilato
dal
maresciallo
Schoulemburg
.
Infine
doveva
rivelarsi
provetto
nel
maneggio
delle
armi
,
della
picca
e
della
sargentina
,
conoscere
la
suddivisione
del
reggimento
in
plotoni
,
divisioni
,
ali
,
centro
,
dare
ragione
di
tutti
i
tocchi
di
tamburo
e
superare
alcune
prove
sulle
matematiche
elementari
e
sul
disegno
.
Il
tenente
-
oltre
che
dimostrarsi
come
l
'
alfiere
idoneo
nel
maneggio
del
fucile
e
della
picca
-
doveva
saper
compilare
polizze
di
scansi
,
ossia
liste
di
deconto
individuale
,
redigere
quietanze
dei
depositi
di
danaro
che
,
eventualmente
,
i
soldati
gli
avessero
confidato
,
tenere
al
corrente
la
vacchetta
,
o
giornale
di
presenza
della
compagnia
,
infine
comprovare
un
'
abilità
professionale
pari
alla
richiesta
nelle
prove
degli
alfieri
.
In
questi
semplici
esperimenti
s
'
accanì
quindi
la
lotta
tra
conservatori
e
novatori
in
materia
di
avanzamento
,
quando
i
programmi
furono
rimaneggiati
con
criteri
restrittivi
,
specie
per
i
gradi
superiori
.
Nel
giugno
1785
,
rendendosi
vacante
il
posto
di
sergente
-
maggiore
nel
reggimento
di
fanti
italiani
Marin
Conti
,
aspirarono
ad
esso
tre
capitani
del
corpo
medesimo
.
Il
verbale
giurato
di
idoneità
a
sostenere
le
prove
di
uno
dei
candidati
così
si
esprimeva
:
«
Facciamo
fede
,
con
nostro
giuramento
et
vincolo
di
onore
,
noi
qui
sottoscritti
graduati
nel
reggimento
colonnello
Marin
Conti
,
dei
fanti
italiani
,
come
il
capitanio
Michiel
Antonio
Gosetti
ha
sempre
adempiuto
alle
parti
tutte
del
suo
dovere
,
con
puntualità
ed
abilità
in
tutto
quello
che
appartiene
al
pubblico
servizio
.
Come
anche
nella
subordinazione
et
obbedienza
con
i
suoi
superiori
e
con
nostra
intera
soddisfazione
egli
non
è
mai
incorso
in
verun
militar
castigo
,
né
si
abusò
di
licenze
per
stare
lontano
dal
proprio
reggimento
,
adornato
essendo
di
onorati
costumi
,
degno
adunque
delle
nostre
veridiche
attestazioni
,
per
cui
gli
rilasciamo
la
presente
perché
possa
valersene
»
(
53
)
.
*
*
*
Gli
esami
da
capitano
a
sergente
-
maggiore
erano
insieme
pratici
e
teorici
.
Nei
primi
il
candidato
doveva
sottoporsi
alle
prove
seguenti
:
«1°
)
Riconoscerà
il
battaglione
in
tutte
le
sue
parti
e
lo
ripartirà
con
i
bassi
uffiziali
-
2°
)
Farà
la
disposizione
degli
uffiziali
e
li
manderà
in
parata
-
3°
)
Farà
passare
ufficiali
e
sottufficiali
in
coda
per
il
maneggio
delle
armi
-
4°
)
Ordinerà
e
comanderà
il
maneggio
delle
armi
,
con
li
necessari
avvertimenti
-
5°
)
Ordinerà
due
raddoppi
di
file
,
uno
sulla
sinistra
in
avanti
,
per
mezzo
-
battaglione
,
l
'
altro
che
le
divisioni
delle
ali
raddoppino
quelle
del
centro
-
6°
)
Si
ridurrà
in
istato
di
battaglia
-
7°
)
Farà
fuoco
con
quattro
plotoni
,
principiando
dalli
quattro
plotoni
del
centro
-
8°
)
Farà
fuoco
con
due
mezze
divisioni
dalle
ali
al
centro
-
9°
)
Staccherà
la
marcia
per
mezze
-
divisioni
in
fianco
,
e
si
ridurrà
in
divisioni
con
passo
francese
(
accelerato
)
-
10°
)
Formerà
il
quadrato
in
marcia
-
11°
)
Farà
una
scarica
generale
-
12°
)
Disfarà
il
quadrato
e
ridurrà
il
battaglione
in
istato
di
parata
»
(
54
)
.
Gli
esami
teorici
comprendevano
i
doveri
degli
ufficiali
di
ogni
grado
,
cominciando
da
quelli
dell
'
alfiere
e
terminando
con
quelli
del
sergente
maggiore
,
tanto
nel
reggimento
che
nella
brigata
.
Le
tesi
trattavano
del
giornaliero
servizio
di
piazza
,
del
modo
di
accampare
ed
acquartierare
il
reggimento
,
di
marciare
con
il
reggimento
da
un
luogo
ad
un
altro
,
di
imbarcarlo
e
di
sbarcarlo
in
buon
ordine
,
della
maniera
di
tenere
disciplinati
gli
ufficiali
,
i
sottufficiali
e
la
truppa
,
dei
sistemi
di
redigere
piedilista
,
dettagli
,
di
passar
rassegne
,
di
distribuire
infine
i
riparti
nei
quartieri
e
di
raccoglierli
nelle
piazze
d
'
armi
(
55
)
.
Più
caratteristiche
erano
le
prove
per
l
'
arma
di
cavalleria
,
in
quanto
quest
'
arma
poteva
considerarsi
esotica
in
un
esercito
a
base
marinaresca
come
era
quello
della
Serenissima
,
anche
nei
tempi
dello
splendore
.
Così
,
nel
marzo
del
1795
,
rendendosi
vacante
in
Verona
il
posto
di
sergente
-
maggiore
(
56
)
nel
reggimento
dei
dragoni
Colonnello
Giovanni
Antonio
Soffietti
,
si
presentarono
candidati
alle
prescritte
prove
sei
degli
otto
capitani
comandanti
di
compagnia
,
e
ad
essi
furono
proposti
i
seguenti
quesiti
,
da
estrarsi
a
sorte
in
numero
di
quattro
per
ogni
esaminando
:
«1°
)
Data
una
distanza
di
100
miglia
,
data
la
premura
del
comandante
che
il
nostro
squadrone
arrivi
quanto
più
presto
possibile
ad
unirsi
ad
un
'
altra
cavalleria
colà
esistente
,
e
data
infine
la
qualità
del
cammino
,
si
ricerca
in
quanti
giorni
,
senza
troppo
disagio
,
sarà
compiuta
la
marcia
e
di
quali
avvertenze
abbia
a
far
uso
durante
il
viaggio
-
2°
)
Acquartierata
la
cavalleria
in
una
grossa
terra
in
prossimità
del
nemico
,
quali
saranno
le
precauzioni
contro
le
sorprese
-
3°
)
Con
quali
avvertenze
si
custodiscono
i
prigionieri
di
guerra
mentre
si
conducono
al
luogo
loro
assegnato
-
4°
)
In
qual
modo
si
scorta
un
convoglio
di
vittuarie
passando
per
i
luoghi
sospetti
-
5°
)
Come
si
marcia
alla
sordina
-
6°
)
Contromarce
per
righe
-
7°
)
Come
si
mettono
in
contribuzione
i
villaggi
nemici
,
vigente
sempre
il
timore
che
il
nemico
ci
sia
alle
spalle
-
8°
)
Se
lo
squadrone
arrivasse
ad
un
fiume
inguadabile
,
che
ripieghi
si
farebbero
-
9°
)
Lo
squadrone
,
in
colonna
di
divisioni
,
si
trova
su
di
una
strada
dove
i
cavalli
non
possono
che
marciare
di
passo
:
esso
è
forzato
a
ritirarsi
facendo
fuoco
.
Si
effettui
la
relativa
ritirata
-
10°
)
Modo
di
caricare
contemporaneamente
il
nemico
sulla
fronte
e
sulle
ali
:
la
parte
più
forte
sulla
fronte
,
due
parti
minori
sulle
ali
-
11°
)
Attacco
di
cavalleria
in
un
bosco
-
12°
)
Come
si
fa
a
foraggiare
-
13°
)
Cammin
facendo
,
se
si
trovasse
uno
staccamento
(
distaccamento
)
nemico
trincerato
che
ci
impedisse
di
marciare
,
quale
sia
il
partito
migliore
»
(
57
)
.
Esaminiamo
da
ultimo
le
prove
prescritte
per
l
'
artiglieria
,
allo
scopo
di
formarci
un
giudizio
esatto
sull
'
entità
degli
esperimenti
e
sul
grado
,
di
istruzione
degli
ufficiali
Veneti
del
tempo
.
Nel
1782
,
per
gli
aspiranti
al
posto
vacante
di
capitano
-
tenente
nel
Reggimento
Artiglieria
si
richiedevano
le
prove
seguenti
:
«1°
)
Le
quattro
prime
operazioni
aritmetiche
,
frazioni
,
radici
quadrate
e
cubiche
,
regola
del
tre
diretta
ed
inversa
-
2°
)
Sui
primi
sei
libri
della
geometria
-
3°
)
Sulla
trigonometria
piana
-
4°
)
Sull
'
uso
delle
tavole
balistiche
per
i
tiri
orizzontali
ed
obliqui
-
5°
)
Sopra
la
proprietà
della
parabola
relativamente
ai
tiri
di
bomba
-
6°
)
Sull
'
uso
della
tavoletta
pretoriana
-
7°
)
Sopra
i
vari
generi
di
calibri
dell
'
artiglieria
-
8°
)
Come
si
prendono
le
misure
di
un
pezzo
di
artiglieria
per
farvi
un
letto
(
affusto
)
-
9°
)
Quali
sono
gli
apprestamenti
usati
nell
'
artiglieria
veneta
per
il
servizio
delle
artiglierie
navali
,
murali
e
campali
-
10°
)
Quale
è
il
modo
di
numerare
le
palle
,
bombe
,
granate
,
unite
in
piramide
o
in
altra
figura
-
11°
)
Come
disporre
le
cose
spettanti
all
'
artiglieria
sopra
i
legni
armati
al
caso
di
combattere
-
12°
)
Come
si
forniscono
le
racchette
ad
uso
di
segnali
e
le
candele
ardenti
ad
uso
delle
minute
artiglierie
,
le
spolette
e
le
bombe
ad
uso
dei
cannoni
,
mortai
ed
obusieri
-
13°
)
Come
si
misura
il
tempo
in
cui
una
bomba
percorre
un
dato
spazio
-
14°
)
Esercizi
campali
ed
evoluzioni
del
Reggimento
Artiglieria
,
giusta
le
istruzioni
del
brigadiere
conte
Stràtico
»
(
58
)
.
Per
gli
aspiranti
al
grado
di
sergente
-
maggiore
nell
'
arma
(
59
)
alle
menzionate
prove
si
aggiungevano
esami
di
meccanica
,
di
stàtica
,
di
resistenza
delle
bocche
da
fuoco
,
di
potenza
degli
esplosivi
,
oltre
ad
esperimenti
sulle
manopere
di
forza
e
relativi
comandi
,
sulle
opere
difensive
e
di
fortificazione
(
60
)
.
*
*
*
Si
spiega
adunque
come
col
crescere
di
tale
florilegio
scientifico
,
sbocciato
come
un
'
oasi
nel
campo
uniforme
degli
umili
fiori
campestri
dell
'
anzianità
e
delle
occasioni
vive
,
i
giovani
ufficiali
usciti
dalle
scuole
venete
del
tempo
si
trovassero
in
condizioni
spiccatamente
favorevoli
in
paragone
dei
canuti
colleghi
passati
per
i
gradi
inferiori
di
truppa
.
Molti
di
questi
erano
invecchiati
nelle
scolte
sui
diruti
rampari
della
Repubblica
,
a
Corfù
,
a
Parga
,
a
Zante
ed
a
Cefalonia
,
si
erano
temprati
ai
miasmi
mortiferi
dì
Prevesa
,
di
Vonizza
e
di
Butrinto
,
avevano
scritto
infine
l
'
ultimo
capitolo
-
per
quanto
assai
mutato
nel
decoro
guerresco
-
dell
'
epica
lotta
accesasi
tra
la
Cristianità
ed
il
Turco
,
dalle
crociate
a
Lepanto
e
da
Candia
in
Morea
,
vigilando
come
sentinelle
perdute
verso
i
confini
musulmani
sui
lontani
castelli
di
Dernis
,
di
Clissa
e
di
Knin
.
Ed
il
bilancio
del
servizio
di
queste
scolte
fedeli
-
quasi
fatte
simbolo
di
una
potenza
della
quale
più
non
rimaneva
che
il
nome
-
era
solenne
come
un
piccolo
monumento
di
storia
individuale
.
Storia
dei
tempi
,
fatta
non
già
di
novità
sibbene
di
lunga
e
paziente
attesa
.
Sfogliamo
un
poco
tra
le
pagine
di
codesti
titoli
vetusti
.
Dagli
stati
di
servizio
prodotti
dai
capitani
Zorzi
Rizzardi
e
Donà
Dobrilovich
al
Senato
per
ottenere
la
loro
giubilazione
,
risulta
che
il
primo
di
questi
era
soldato
dal
1734
,
cadetto
nel
1740
,
alfiere
nel
1753
,
tenente
nel
1766
,
capitano
-
tenente
nel
1778
,
capitano
nell
'
anno
medesimo
;
vale
a
dire
che
aveva
impiegato
ben
51
anni
di
servizio
per
ottenere
quest
'
ultimo
grado
,
dei
68
di
età
che
contava
il
postulante
.
Il
collega
Dobrilovich
era
soldato
dal
1733
,
caporale
nel
1739
,
sergente
nel
1742
,
alfiere
nel
1745
,
tenente
nel
1766
,
capitano
-
tenente
nel
1773
e
capitano
pure
nello
stesso
anno
:
gli
erano
quindi
occorsi
51
anni
per
raggiungere
la
desiderata
mèta
di
comandante
di
compagnia
,
accumulando
per
via
il
fardello
di
ben
68
anni
di
età
.
Né
gli
accademici
,
per
dir
così
,
erano
i
soli
a
far
concorrenza
ai
vecchi
soldati
della
Repubblica
.
Oltre
ad
essi
si
dovevano
contare
gli
ufficiali
sopranumerari
,
cioè
quelli
il
cui
rollo
di
anzianità
era
per
un
motivo
qualsivoglia
sospeso
,
i
provenienti
dai
nobili
e
dai
figli
degli
ufficiali
,
ed
infine
i
titolati
,
cioè
coloro
che
in
virtù
di
una
grazia
sovrana
,
per
benemerenze
personali
o
di
famiglia
,
ricevevano
un
grado
ed
i
relativi
emolumenti
senza
però
disimpegnarne
gli
uffici
.
Ingrossata
così
la
schiera
dei
competitori
-
talché
i
cadetti
nel
1781
erano
cresciuti
a
605
,
laddove
nel
1776
toccavano
il
centinaio
e
mezzo
appena
-
il
malcontento
dei
vecchi
ufficiali
non
ebbe
più
ritegno
.
«
Quando
-
dice
un
'
istanza
avanzata
al
Senato
dal
tenente
Teodoro
Psalidi
,
del
Reggimento
di
Artiglieria
-
dovetti
fare
le
prove
anche
nelle
scienze
matematiche
,
volendo
aspirare
al
grado
di
capitano
-
tenente
,
e
mi
venne
imposto
di
prestarmi
in
tali
studi
che
non
mi
erano
mai
stati
prescritti
,
mai
insegnati
dai
miei
superiori
,
cui
infine
non
ebbi
mai
il
tempo
di
applicarmi
,
mi
cadde
l
'
animo
.
Pensi
dunque
l
'
E
.
V
.
quanto
inaspettato
mi
giungesse
il
nuovo
precetto
,
grave
e
difficile
,
di
immergermi
in
quei
ardui
studi
nel
periodo
ristretto
di
18
mesi
,
termine
alle
prove
assegnato
,
e
quanto
fosse
il
mio
svantaggio
rimpetto
ai
giovani
tenenti
di
me
meno
anziani
,
che
tratti
recentemente
dal
Militar
Collegio
di
Verona
avevano
avuta
la
fortuna
di
essere
da
valenti
maestri
istrutti
con
ottima
disciplina
in
quelle
scienze
»
(
61
)
.
Nelle
armi
di
linea
,
si
impugnava
in
luogo
delle
tesi
scientifiche
il
valore
delle
prescritte
prove
,
per
quanto
si
riferivano
alla
parte
teorica
del
regolamento
di
esercizi
e
di
quello
sul
servizio
delle
truppe
in
campagna
.
Il
Senato
ed
il
Savio
,
imbarazzati
di
fronte
a
questa
selva
di
proteste
che
rimpinzavano
di
suppliche
e
di
lagni
le
voluminose
filze
del
carteggio
,
ordinarono
infine
alle
commissioni
reggimentali
di
rassegnare
i
titoli
dei
candidati
e
le
prove
di
esame
al
Savio
stesso
,
acciocché
questi
potesse
giudicare
con
uniformità
,
di
criteri
,
come
in
ultimo
appello
.
Ma
non
per
questo
i
lagni
cessarono
:
occorreva
un
rinnovamento
profondo
di
uomini
e
di
principi
per
porre
rimedio
al
male
,
e
questo
rimedio
non
poteva
essere
nelle
mani
della
vetusta
Serenissima
.
Era
l
'
estate
del
1796
,
quando
il
Savio
alla
Scrittura
Leonardo
Zustinian
-
già
denominato
in
alcuni
reclami
con
il
vocabolo
giacobino
di
cittadino
-
si
risolse
di
proporre
al
Senato
uno
schema
di
svecchiamento
dell
'
esercito
,
mercé
una
larga
applicazione
del
sistema
dei
limiti
di
età
,
visto
che
quello
degli
esami
aveva
ormai
dichiarato
la
sua
bancarotta
.
«
Occorre
-
diceva
il
Savio
Zustinian
al
Principe
-
purgare
una
buona
volta
la
milizia
dagli
ufficiali
inetti
,
di
età
troppo
avanzata
,
ovvero
affetti
da
mali
incurabili
...
prescrivendo
la
giubilazione
di
questi
con
intera
paga
del
rispettivo
grado
,
a
moneta
di
ogni
riparto
.
E
le
norme
che
sembrano
da
stabilirsi
,
sono
quelle
di
70
anni
di
età
per
i
graduati
(
ufficiali
superiori
)
,
di
60
anni
per
i
capitani
,
capitani
-
tenenti
ed
alfieri
»
(
62
)
.
Ma
era
troppo
tardi
.
L
'
esercito
Veneto
cadeva
giusto
allora
sotto
la
rovina
della
Repubblica
,
ed
i
provvedimenti
escogitati
dal
Savio
alla
Scrittura
Leonardo
Zustinian
non
servirono
ad
altro
che
a
formare
argomento
di
curiosità
nella
storia
della
vecchia
organica
militare
dei
Veneziani
,
ed
a
fornire
oltre
a
ciò
un
buon
esempio
atto
a
comprovare
come
talvolta
ad
eguali
difficoltà
,
o
molto
simili
,
ad
onta
dei
mutati
tempi
,
si
procura
di
far
fronte
con
espedienti
assai
affini
.
*
*
*
Sparpagliati
nei
diversi
presidi
d
'
Italia
e
d
'
oltremare
,
gli
ufficiali
della
Serenissima
non
erano
tra
loro
in
eguali
condizioni
d
'
istruzione
e
di
addestramento
professionale
.
Quelli
poi
che
soggiornavano
nella
Dominante
,
per
le
loro
occupazioni
da
guardia
oligarchica
e
per
i
loro
contatti
con
le
primarie
cariche
dello
Stato
,
godevano
di
un
prestigio
che
non
aveva
riscontro
con
gli
altri
colleghi
dell
'
esercito
.
Lo
stesso
carattere
della
milizia
veneta
-
prevalentemente
levata
per
ingaggio
-
contribuiva
oltre
a
ciò
a
creare
attorno
agli
ufficiali
stessi
un
ambiente
molto
affine
a
quello
in
cui
trascorrono
oggigiorno
la
loro
esistenza
gli
ufficiali
di
taluni
eserciti
delle
libere
repubbliche
d
'
America
.
Nullameno
,
ad
onta
di
queste
circostanze
poco
favorevoli
dell
'
ambiente
-
cristallizzato
nelle
vecchie
pratiche
e
nei
vetusti
pregiudizi
,
sopravvissuti
ancora
dal
tempo
delle
compagnie
di
ventura
e
del
Quattrocento
-
la
decadenza
militare
della
Serenissima
brilla
ancora
per
il
nome
di
qualche
ufficiale
,
salito
in
fama
unicamente
per
virtù
propria
;
ciò
che
è
garanzia
del
suo
merito
indiscusso
.
E
sono
nomi
cari
non
soltanto
nel
ristretto
cerchio
della
Repubblica
oramai
moritura
,
ma
eziandio
in
quello
più
vasto
e
luminoso
della
storia
militare
italiana
.
Tra
essi
primeggia
il
brigadiere
del
genio
militare
Anton
Mario
Lorgna
,
da
Cerea
,
fondatore
di
quel
corpo
;
architetto
,
idraulico
,
topografo
e
matematico
di
gran
fama
,
il
cui
nome
va
indivisibilmente
congiunto
alla
riputazione
del
Collegio
Militare
di
Verona
,
già
grande
prima
della
caduta
di
Venezia
,
talché
non
pochi
eserciti
stranieri
facevano
a
gara
nel
richiederne
gli
allievi
al
Senato
(
63
)
ed
egregia
anche
dopo
la
caduta
,
talché
non
sdegnò
di
occuparsene
il
Foscolo
.
Meritevoli
di
nota
in
questo
periodo
di
tempo
sono
pure
i
nomi
del
maggiore
di
artiglieria
Domenico
Gasparoni
,
veneziano
,
ordinatore
del
Museo
dell
'
Arsenale
ed
autore
di
una
pregevole
opera
sull
'
artiglieria
veneta
dedicata
al
doge
Paolo
Senior
(
64
)
;
del
sergente
maggiore
di
battaglia
Stràtico
,
introduttore
di
considerevoli
riforme
nei
regolamenti
militari
Veneti
,
ed
infine
di
Giacomo
Nani
,
per
quanto
quest
'
ultimo
appartenga
per
provenienza
alla
marina
,
ma
per
anima
e
per
circostanze
della
gloriosa
sua
camera
delle
armi
all
'
esercito
,
intorno
al
quale
scrisse
il
volume
inedito
dal
titolo
Della
Milizia
Veneta
(
65
)
e
l
'
opera
perduta
relativa
alla
difesa
di
Venezia
(
66
)
.
Gli
stimoli
per
suscitare
una
nobile
gara
di
emulazione
e
di
benemerenze
tra
gli
ufficiali
Veneti
erano
ben
pochi
.
Le
stesse
ristrettezze
del
bilancio
impedivano
perfino
di
assolvere
il
sacrosanto
obbligo
contratto
dalla
Serenissima
verso
i
prodi
combattenti
sotto
le
bandiere
di
Angelo
Emo
,
assegnando
loro
quel
grado
e
quello
stipendio
che
erano
stati
decretati
dal
Senato
per
merito
di
guerra
(
67
)
.
Per
questo
titolo
-
abbenché
con
molta
minor
frequenza
-
si
assegnavano
agli
ufficiali
anche
delle
medaglie
d
'
oro
,
con
l
'
impronta
del
leone
di
San
Marco
,
del
valore
medio
di
30
zecchini
(
68
)
.
Ma
per
l
'
assenza
di
clamorose
imprese
,
verso
la
fine
della
Repubblica
anche
questa
costumanza
,
derivata
dai
tempi
eroici
,
cadde
in
disuso
,
sicché
se
ne
ricorda
a
mala
pena
qualche
raro
caso
.
Tale
è
quello
del
capitano
Gregorio
Franinovich
,
del
Reggimento
Cernizza
,
decorato
per
speciali
benemerenze
ed
atti
di
valore
compiuti
dal
detto
ufficiale
in
Levante
(
69
)
.
E
passiamo
al
rovescio
della
medaglia
.
Le
punizioni
degli
ufficiali
Veneti
avevano
,
in
prevalenza
,
il
carattere
di
coercizione
morale
.
Così
l
'
ammonizione
,
l
'
arresto
semplice
,
l
'
arresto
più
lungo
,
la
sospensione
dal
grado
,
la
notazione
speciale
sul
libro
-
registro
del
servizio
-
della
quale
si
teneva
conto
a
suo
tempo
per
la
compilazione
dei
titoli
di
esame
-
infine
l
'
esclusione
o
la
sospensione
temporanea
dalle
adunanze
,
o
circoli
di
persone
per
grado
e
per
nobiltà
distinte
(
70
)
.
*
*
*
L
'
antica
foggia
di
vestire
degli
ufficiali
era
stata
riformata
nel
1789
sull
'
esempio
degli
Austriaci
e
dei
Prussiani
.
In
seguito
a
questa
riforma
introdotta
dallo
Stràtico
,
che
compilò
la
relativa
«
Ordinanza
contenente
la
prammatica
e
la
disciplina
relativa
all
'
uniforme
della
fanteria
italiana
»
,
tutti
gli
ufficiali
veneti
,
dall
'
alfiere
al
colonnello
,
dovevano
indossare
la
nuova
divisa
,
non
soltanto
in
servizio
ma
anche
nelle
presentazioni
,
negli
spettacoli
e
nelle
pubbliche
solennità
.
Erano
comminate
punizioni
a
chi
non
ottemperasse
a
questi
precetti
o
alterasse
la
foggia
del
vestire
.
E
che
tali
mancanze
non
fossero
rare
,
lo
attestano
le
minuziose
cure
con
cui
l
'
Ordinanza
sopra
citata
prevedeva
i
relativi
casi
.
«
Tutti
-
soggiungeva
l
'
Ordinanza
-
dentro
un
triennio
dovranno
avere
la
nuova
uniforme
,
pena
la
sospensione
dal
servizio
e
la
sottomissione
a
ritenute
,
finché
la
nuova
uniforme
non
sia
fatta
,
oltre
le
notazioni
da
farsi
sul
Libro
Registro
,
a
pregiudizio
dello
avanzamento
»
.
La
pettinatura
degli
ufficiali
veneti
era
liscia
,
con
due
bucali
(
riccioli
)
,
uno
per
parte
delle
tempia
,
sostenuti
dalle
forchette
che
giungevano
fino
a
mezza
orecchia
:
i
capelli
dovevano
essere
bene
incipriati
(
polverizzati
)
e
la
chioma
raccolta
in
una
rete
(
fodero
)
di
pelle
nera
.
Il
principale
capo
di
vestiario
della
fanteria
italiana
era
la
velada
,
o
abito
a
coda
di
rondine
di
panno
blò
,
foderato
di
roè
bianco
(
71
)
,
guarnito
di
un
collarino
e
di
balzanelle
,
o
manopole
,
pure
di
panno
bianco
,
adorno
di
grossi
bottoni
di
metallo
dorato
con
impresso
,
in
cifre
romane
,
il
numero
del
corpo
cui
gli
ufficiali
appartenevano
(
72
)
.
Gli
ufficiali
dei
fanti
oltramarini
avevano
l
'
abito
di
panno
cremisi
,
come
i
soldati
,
e
quelli
di
artiglieria
di
panno
gris
di
ferro
.
Nella
stagione
fredda
si
indossava
da
tutti
un
cappotto
di
panno
bianco
,
della
stoffa
di
quello
usato
per
il
bavero
della
velada
,
guernito
di
bottoni
pure
di
metallo
dorato
e
foderato
assai
spesso
di
una
buona
pelliccia
.
I
calzoni
d
'
inverno
erano
di
panno
blò
e
nella
stagione
calda
di
rigadino
bianco
forte
.
L
'
abbigliamento
degli
ufficiali
veneti
era
completato
dal
colletto
di
pelle
nera
lucida
,
dai
manichini
di
buona
tela
batista
,
dai
guanti
di
pelle
gialla
lavabile
,
dagli
stivali
di
bulgaro
cerato
,
dagli
stivaletti
di
pelle
nera
da
usarsi
in
estate
,
allacciati
dalle
cordelle
,
e
dal
cappello
a
tricorno
.
I
distintivi
di
grado
si
portavano
sul
cappello
.
L
'
alfiere
non
recava
sopra
di
esso
alcuna
distinzione
,
i
tenenti
ed
i
capitani
-
tenenti
si
riconoscevano
invece
per
una
rosetta
,
o
coccarda
,
mista
d
'
oro
e
di
seta
azzurra
,
assicurata
sull
'
ala
sinistra
del
tricorno
mediante
un
bottone
ed
un
'
asola
(
laccio
)
di
seta
nera
.
I
capitani
si
distinguevano
per
due
rosette
simili
alle
anzi
descritte
,
assicurate
sopra
ciascun
'
ala
del
copricapo
:
i
sergenti
maggiori
,
i
tenenti
colonnelli
ed
i
colonnelli
infine
recavano
tutti
,
senza
distinzione
alcuna
,
due
rosette
come
i
capitani
,
intessute
però
per
intero
di
solo
filo
d
'
oro
.
Oltre
a
ciò
il
bavero
degli
abiti
degli
ufficiali
superiori
era
ornato
di
un
largo
gallone
d
'
oro
mentre
quello
degli
ufficiali
inferiori
ne
era
sprovvisto
.
Anche
i
fiocchi
delle
spade
e
dei
bastoni
erano
differenti
per
ogni
grado
.
I
bastoni
dei
subalterni
erano
guerniti
di
un
pomo
d
'
avorio
,
quelli
dei
capitani
di
un
pomo
di
metallo
liscio
dorato
:
i
bastoni
degli
ufficiali
superiori
non
avevano
altro
distintivo
che
un
risalto
anulare
disposto
verso
l
'
attacco
del
pomo
alla
canna
.
Le
cinture
ed
i
pendoni
(
tracolle
)
delle
spade
erano
di
pelle
bianca
lucida
,
con
scudetti
di
metallo
recanti
in
rilievo
l
'
emblema
del
leone
di
San
Marco
:
gli
scudetti
degli
ufficiali
subalterni
erano
semplicemente
inargentati
,
quelli
dei
capitani
inquartati
dentro
un
ribordo
dorato
,
quelli
degli
ufficiali
superiori
infine
erano
tutti
dorati
(
73
)
.
Quanto
alle
armi
,
abolita
definitivamente
la
picca
nel
1790
,
le
lame
delle
spade
,
le
fasce
ed
i
puntali
dei
foderi
dovettero
,
in
tutto
e
per
tutto
,
uniformarsi
al
modello
prescritto
dall
'
Ordinanza
dello
Stràtico
.
*
*
*
Prima
di
lasciare
l
'
argomento
degli
ufficiali
veneti
,
occorre
aggiungere
ancora
qualche
cenno
che
valga
a
lumeggiare
la
loro
posizione
interiormente
ed
esteriormente
all
'
ambiente
militare
del
tempo
.
I
sistemi
di
ingaggio
delle
truppe
-
sopravvissuti
a
Venezia
per
lunga
tradizione
fino
dall
'
epoca
delle
compagnie
di
ventura
-
riflettevano
di
necessità
sugli
ufficiali
la
fisionomia
particolare
di
comandanti
non
tanto
d
'
uomini
,
quanto
di
custodi
di
merce
acquistata
a
suon
di
quattrini
dalla
Serenissima
sul
mercato
dei
soldati
di
mestiere
.
Si
spiega
quindi
come
,
dato
tale
ambiente
,
le
occupazioni
dell
'
ufficiale
fossero
in
prevalenza
amministrative
,
anziché
tecniche
,
educative
e
morali
.
Le
tradizioni
del
reggimento
,
i
ricordi
dei
principali
fatti
di
guerra
-
che
solevano
tramandarsi
egregiamente
in
Piemonte
tra
le
milizie
paesane
-
non
avevano
quindi
un
equivalente
riscontro
morale
tra
i
Veneti
,
neppure
tra
le
cerne
dei
migliori
tempi
della
Serenissima
.
I
soldati
di
mestiere
avevano
anzi
smarrite
tutte
queste
tradizioni
,
a
motivo
dell
'
avvicendarsi
dei
nuovi
ingaggiati
nei
corpi
,
del
frantumarsi
dei
riparti
nelle
varie
guarnigioni
e
degli
atteggiamenti
diversi
assunti
dalle
milizie
venete
della
decadenza
,
divise
di
continuo
tra
il
servizio
di
sentinella
,
quello
ai
daziere
,
di
guardia
confinaria
e
campestre
,
oppure
di
rincalzo
ai
satelliti
degli
Inquisitori
di
Stato
.
Epperciò
,
all
'
infuori
del
comandante
di
compagnia
,
il
cui
compito
era
quello
di
amministrare
il
mezzo
centinaio
di
uomini
che
la
Repubblica
gli
confidava
,
per
essere
equipaggiato
,
armato
e
nutrito
,
nessun
altro
ufficiale
aveva
attributi
speciali
nell
'
ordine
dell
'
educazione
e
dello
apparecchio
morale
dei
propri
dipendenti
.
Neppure
il
colonnello
aveva
sotto
questo
riguardo
particolari
incarichi
;
che
anzi
,
per
l
'
uniforme
costume
di
ridurre
tutto
quanto
aveva
attinenza
al
soldato
al
denominatore
comune
dell
'
amministrazione
,
seguendo
la
moda
del
tempo
anche
nell
'
esercito
veneto
sopravviveva
la
compagnia
colonnella
,
alle
cui
funzioni
contabilesche
non
potendo
accudire
di
persona
il
capo
del
reggimento
venivano
da
lui
delegate
ad
un
tenente
anziano
,
detto
perciò
capitano
-
tenente
.
In
analogia
si
regolava
il
tenente
colonnello
ed
il
sergente
maggiore
,
che
avevano
pure
essi
la
rispettiva
compagnia
,
confidata
figuratamente
al
governo
di
un
capitano
che
ne
faceva
in
realtà
le
veci
amministrative
in
tutto
e
per
tutto
.
Dal
capitano
,
comeché
si
trattasse
di
un
vero
e
proprio
possesso
individuale
,
prendevano
poi
nome
le
altre
compagnie
,
la
cui
anzianità
e
disposizione
nelle
manovra
era
fissata
dall
'
anzianità
del
rispettivo
comandante
,
dopo
la
compagnia
del
colonnello
e
degli
altri
ufficiali
superiori
del
reggimento
.
Il
prevalente
carattere
mercenario
delle
milizie
venete
aveva
inoltre
,
da
tempo
,
avvezzi
i
governanti
a
considerarle
quale
strumento
ligio
all
'
oligarchia
che
le
manteneva
in
vita
;
e
tale
modo
di
essere
-
contrario
ad
ogni
libero
svolgersi
delle
attività
morali
-
si
rifletteva
necessariamente
anche
sul
carattere
degli
ufficiali
.
Valgano
a
questo
proposito
due
ordini
di
concetti
:
quello
di
servirsi
degli
ufficiali
nelle
operazioni
poliziesche
di
maggior
rilievo
,
-
quale
l
'
arresto
fatto
dal
colonnello
Craina
,
dei
fanti
oltremarini
,
del
noto
patrizio
liberale
Zorzi
Pisani
-
e
della
fiscalità
continua
esercitata
sopra
di
essi
-
specie
sui
comandanti
di
compagnia
-
in
tutte
le
manifestazioni
amministrative
;
ciò
che
contribuiva
a
far
ritenere
gli
ufficiali
medesimi
come
asserviti
di
continuo
ad
una
specie
di
stato
di
tutela
da
parte
delle
maggiori
autorità
e
magistrature
competenti
.
Ma
,
ad
onore
degli
ufficiali
Veneti
,
conviene
pure
soggiungere
a
questo
punto
che
mai
,
nelle
voluminose
filze
del
carteggio
militare
della
decadenza
,
si
trova
citato
un
caso
che
giustifichi
codesta
diffidenza
fiscale
,
la
quale
d
'
altronde
era
connaturata
nei
tempi
ed
in
molti
eserciti
d
'
allora
,
e
che
si
è
tramandata
per
qualche
traccia
perfino
a
giorni
non
lontani
dai
nostri
(
74
)
.
*
*
*
Se
la
grande
massa
degli
ufficiali
adunque
-
quelli
di
Linea
-
trascorreva
l
'
esistenza
morale
ed
intellettuale
in
tale
angusto
cerchio
di
attribuzioni
e
di
consuetudini
,
fatto
ancora
più
uniforme
dal
grigio
dell
'
inoperosità
della
decadenza
repubblicana
,
ciò
non
toglie
che
qualche
altro
corpo
di
ufficiali
stessi
-
a
base
più
ristretta
ed
a
reclutamento
più
omogeneo
,
-
non
intravedesse
degli
spiragli
verso
orizzonti
più
audaci
o
verso
aspirazioni
che
precorrevano
il
futuro
.
Il
Collegio
Militare
di
Verona
,
per
le
sue
relazioni
scientifiche
con
l
'
Università
di
Padova
,
per
l
'
indole
e
la
nazionalità
di
taluni
suoi
insegnanti
,
si
prestava
anzitutto
da
buon
crogiuolo
delle
nuove
idee
ed
a
propalarle
nell
'
esercito
.
Fino
dal
1764
si
lamentava
infatti
dal
Savio
alla
Scrittura
,
che
tra
i
giovani
dell
'
istituto
serpeggiassero
«
dei
mali
principi
,
pregiudicievoli
alla
buona
morale
,
molto
più
ancora
contaminata
dalle
massime
di
libertà
che
vien
fatto
di
credere
che
si
siano
nel
Collegio
disseminate
»
.
Tale
sospetto
motivò
un
'
inchiesta
,
eseguita
dal
Savio
alla
Scrittura
Marco
Antonio
Priuli
,
la
quale
accertò
che
tre
ufficiali
capisquadra
del
Collegio
,
«
consumavano
il
loro
tempo
con
la
lettura
di
romanzi
e
di
libri
oltramontani
,
dei
quali
contribuiscono
pure
i
giovani
,
avendosi
giurata
deposizione
che
si
fossero
vedute
nelle
mani
di
qualche
alunno
le
opere
di
Volter
(
sic
)
,
e
venendo
perfino
introdotto
il
sospetto
che
si
leggessero
quelle
ancora
di
Niccolò
Macchiavello
»
(
75
)
.
Gli
ufficiali
modernisti
vennero
sfrattati
dal
Collegio
di
Verona
,
e
la
mala
pianta
delle
idee
novatrici
pareva
del
tutto
spenta
quando
,
nella
primavera
del
1785
,
vi
si
scoperse
una
loggia
di
Liberi
Muratori
,
fondata
da
Giovambattista
Joure
,
maestro
di
lingua
francese
nell
'
istituto
,
allo
scopo
di
diffondere
tra
i
futuri
ufficiali
veneti
i
principi
delle
nuove
dottrine
liberali
,
e
«
di
restituire
alfine
l
'
uomo
alla
prisca
libertà
naturale
,
da
cui
la
teocrazia
ed
il
principato
lo
avevano
allontanato
»
(
76
)
.
A
questa
loggia
«
muratoria
»
militare
deve
avere
partecipato
molto
probabilmente
anche
il
colonnello
Lorgna
-
poiché
le
adunanze
degli
affigliati
si
tenevano
in
certe
camere
dal
medesimo
occupate
in
Castel
Vecchio
-
e
,
certamente
,
non
pochi
ufficiali
della
guarnigione
di
Verona
appartenenti
al
corpo
di
artiglieria
,
come
risulta
dagli
interrogatori
del
processo
,
nei
quali
sono
spesso
citati
il
maggiore
alle
fortezze
Solidi
e
l
'
alfiere
conte
Rambaldo
,
da
Legnago
(
77
)
.
Scoperta
l
'
associazione
,
gli
Inquisitori
(
78
)
sfrattarono
subito
il
maestro
Joure
dagli
Stati
Veneti
e
sbandarono
gli
ufficiali
ascritti
alla
loggia
di
Verona
in
diverse
guarnigioni
di
terraferma
ed
oltremare
.
Nullameno
,
i
germi
diffusi
dal
Joure
nel
maggior
istituto
militare
della
Repubblica
lasciarono
traccia
oltre
al
rogo
dei
libri
e
dei
registri
della
loggia
ordinato
dagli
Inquisitorì
,
ed
essa
traspare
nel
continuo
fermento
cui
andò
soggetto
il
collegio
,
da
quell
'
epoca
fino
alla
violenta
sua
soppressione
accaduta
per
opera
del
generale
Rampon
,
a
metà
luglio
del
1796
.
Il
desiderio
di
riforme
era
dunque
la
spinta
principale
di
quei
moti
,
intesi
«
a
sovvertire
l
'
attuale
spirito
di
concordia
,
di
pace
e
le
leggi
della
sottomissione
e
del
buon
ordine
che
furono
naturalmente
stabilite
»
e
di
realizzare
infine
«
delle
novità
nei
metodi
nello
insegnare
...
non
volendo
ufficiali
ed
alunni
più
vivere
soggetti
»
(
79
)
.
Pure
anche
questi
germogli
di
giacobinismo
,
cresciuti
come
pianta
sporadica
all
'
ombra
delle
torri
merlate
del
castello
Scaligero
di
Verona
,
dovevano
un
giorno
tornare
utili
alla
Repubblica
(
80
)
.
E
ciò
avvenne
quando
si
trattò
di
spedire
i
primi
messaggeri
di
pace
al
generale
Buonaparte
,
sotto
Brescia
;
messaggeri
che
il
Senato
volle
servilmente
prescelti
fra
gli
antichi
allievi
del
Collegio
Militare
veronese
,
nella
speranza
che
il
ricordo
delle
relazioni
«
muratorie
»
,
perseguitate
un
tempo
e
ritornate
in
onore
per
la
circostanza
,
valesse
a
propiziare
loro
ed
alla
Repubblica
l
'
animo
del
conquistatore
(
81
)
.
E
questi
ufficiali
furono
il
colonnello
Giovanni
Francesco
Avesani
ed
il
capitano
Leonardo
Salimbeni
,
inviati
il
27
maggio
1796
a
Brescia
con
il
mandato
di
implorare
grazia
da
Buonaparte
per
l
'
avvenuta
occupazione
di
Peschiera
,
fatta
pochi
giorni
avanti
di
sorpresa
dagli
Austriaci
.
Di
ufficiali
inferiori
dell
'
esercito
infine
,
coimplicati
in
movimenti
politici
,
non
si
trova
traccia
nel
carteggio
della
decadenza
militare
veneta
.
E
questo
serve
da
conferma
,
tanto
del
carattere
di
guardia
oligarchica
-
conservato
dall
'
esercito
stesso
fino
alla
rovina
del
governo
della
Serenissima
-
quanto
della
infondatezza
del
timore
da
alcuni
nutrito
che
esso
avesse
potuto
tralignare
in
mano
di
audaci
e
di
novatori
.
L
'
espressione
di
questo
sospetto
di
tradimento
-
naturale
d
'
altronde
in
ogni
organismo
inesorabilmente
votato
alla
rovina
-
si
trova
in
talune
«
polizze
»
anonime
trovate
nei
bossoli
del
Maggior
Consiglio
e
del
Senato
durante
l
'
anno
1796
(
82
)
.
Queste
«
polizze
»
insinuavano
di
diffidare
dell
'
ottuagenario
tenente
generale
Salimbeni
,
comandante
in
capo
delle
milizie
venete
raccolte
sotto
la
piazza
di
Verona
e
dei
suoi
figliuoli
,
tra
i
quali
era
il
capitano
Leonardo
citato
più
sopra
.
Uno
di
questi
foglietti
così
diceva
:
«
Non
prestar
fede
al
generale
Salimbeni
»
.
Un
altro
ancora
proclamava
:
«
Governo
,
nò
ve
fidè
del
generale
Salimbeni
,
Recordève
del
Carmagnola
»
.
Un
terzo
riproduceva
il
rozzo
disegno
di
una
forca
,
con
la
scritta
:
«
Per
il
general
Salimbeni
»
.
Un
ultimo
infine
insinuava
:
«
Il
tenente
generale
Salimbeni
è
giacobino
coi
figli
ed
adora
solo
l
'
oro
,
Governo
,
guardatevi
che
non
vi
tradisca
essendo
più
francese
che
suddito
»
.
CAPO
IV
.
Le
truppe
assoldate
.
Tra
il
principio
dell
'
assedio
di
Mantova
e
le
giornate
di
Lonato
e
Castiglione
i
fanti
oltremarini
,
per
comando
espresso
dal
generale
Buonaparte
,
furono
clamorosamente
allontanati
da
Verona
.
Questi
soldati
-
denominati
volgarmente
Schiavoni
-
raccolti
in
buon
numero
in
quella
città
(
83
)
andavano
di
certo
a
contraggenio
al
giovane
generale
francese
.
Forse
egli
li
riteneva
una
specie
di
guardia
pretoriana
,
ed
imbevuto
di
studi
e
di
prevenzioni
sul
governo
dispotico
degli
antichi
Stati
d
'
Italia
,
ne
deve
avere
desiderato
lo
scioglimento
come
un
impegno
civico
commesso
alla
sua
opera
ed
a
quella
del
Direttorio
di
Francia
.
Rispondendo
ad
analogo
concetto
il
generale
Schérer
,
sul
finire
del
1795
,
aveva
imposto
lo
scioglimento
dei
corpi
còrsi
alla
Repubblica
di
Genova
(
84
)
.
L
'
indisciplina
degli
Schiavoni
era
d
'
altronde
grande
,
documentata
perfino
dalle
attestazioni
del
generale
Salimbeni
.
Essa
poteva
prorompere
ogni
momento
ad
eccessi
e
costituire
il
focolare
dei
mal
repressi
spiriti
di
malcontento
che
serpeggiavano
tra
le
popolazioni
veronesi
,
taglieggiate
,
angariate
,
violentate
nelle
persone
e
negli
averi
.
Certo
,
sotto
questi
riflessi
,
Buonaparte
divinava
in
qualche
misura
l
'
esplosione
cittadina
delle
Pasque
Veronesi
.
Anche
le
esigenze
militari
imponevano
urgentemente
ai
Francesi
di
premunirsi
da
tale
minaccia
.
La
fortezza
di
Verona
era
diventata
,
ai
primi
di
luglio
del
1796
,
la
loro
principale
base
d
'
operazione
contro
l
'
esercito
mobile
degli
Austriaci
e
contro
la
piazza
di
Mantova
,
il
punto
d
'
appoggio
contro
gli
sbocchi
dal
Tirolo
e
dalla
Val
Sugana
,
la
tappa
intermedia
dal
Milanese
e
dal
Bresciano
nella
vagheggiata
marcia
dei
Francesi
alla
volta
di
Venezia
,
del
Friuli
e
dei
confini
occidentali
dell
'
Impero
(
85
)
.
Occorreva
perciò
rompere
subito
gli
indugi
ed
in
quest
'
arte
Buonaparte
era
maestro
insuperabile
.
Il
caso
di
un
ufficiale
francese
ucciso
per
le
campagne
di
Villafranca
,
qualche
borseggio
,
qualche
rissa
accaduta
fra
gli
oltremarini
mal
compresi
dai
soldati
di
Francia
non
famigliari
con
l
'
idioma
illirico
,
porsero
l
'
occasione
propizia
per
imporre
al
Senato
di
sfrattare
da
Verona
le
casacche
cremisine
dei
fidi
dalmati
.
Al
generale
Massena
toccò
di
apparecchiare
l
'
animo
dei
Veneti
alla
grave
rinunzia
.
«
Il
est
temps
enfin
,
monsieur
le
provvediteur
»
-
così
scriveva
quel
generale
a
Nicolò
Foscarini
,
il
4
luglio
1796
-
que
les
assassinats
que
vos
soldats
ne
cessent
de
commettre
envers
les
miens
,
finissent
.
Le
général
Rampon
,
commandant
à
Veronne
,
m
'
a
dejà
rendu
compte
que
plusieurs
de
nos
volontaires
avoient
été
assassinés
a
coups
de
stilet
,
ou
de
sabre
,
par
vos
Esclavons
»
[
86
]
.
Tre
giorni
dopo
Massena
ribadiva
ancora
la
sua
tesi
con
cresciuta
insistenza
e
protervia
:
«
Par
les
piéces
ci
jontes
Vous
verrez
que
les
assassinats
continuent
,
et
que
les
ordres
que
je
presume
que
Vous
avez
donné
pour
les
reprimer
ne
sont
nullement
suivis
.
Je
Vous
previens
que
si
ces
horreurs
ne
finissent
pas
,
je
ne
pourrai
plus
Vous
répondre
des
suites
funestes
q
'
elles
causeront
infalliblement
»
(
86
)
.
Infine
,
dopo
il
cupo
rombo
della
tempesta
lontana
,
venne
il
guizzo
della
folgore
.
L'8
di
luglio
Buonaparte
indirizzava
al
provveditore
Foscarini
la
lettera
che
segue
:
«
Il
y
a
entre
la
troupe
française
et
les
Esclavons
une
animosité
que
des
malveillaux
,
sans
doute
,
se
plaisent
à
cimenter
.
Il
est
indispensable
,
Monsieur
,
pour
eviter
des
plus
grands
malheurs
,
ainsi
facheux
que
contraires
aux
intéréts
des
deux
Republiques
,
que
Vous
fassiez
sortir
demain
de
Veronne
,
sous
les
pretexes
les
plus
specieux
,
les
bataillons
d
'
Esclavons
que
Vous
avez
dans
la
ville
de
Veronne
»
(
87
)
.
L
'
espressione
della
volontà
del
vincitore
era
chiara
e
precisa
e
non
ammetteva
replica
.
Essa
si
fondava
per
di
più
sulla
presunzione
che
il
contingente
illirico
stanziato
a
Verona
fosse
di
molto
superiore
al
mezzo
migliaio
di
dalmati
che
vi
teneva
effettivamente
guarnigione
sui
primi
di
luglio
.
Epperciò
ogni
tentativo
per
far
recedere
Buonaparte
dalla
determinazione
presa
riuscì
vano
,
ad
onta
che
il
provveditore
Foscarini
,
col
collega
Battagia
,
si
fossero
adoperati
coi
modi
più
soavi
ed
insinuanti
a
produrre
l
'
effetto
bramato
.
«
Ciò
però
non
servì
ad
altro
-
aggiungevano
i
provveditori
-
che
a
far
prendere
a
Buonaparte
un
tuono
ancora
più
deciso
,
sicché
abbandonando
quelle
maniere
piacevoli
colle
quali
ci
aveva
in
prima
accolti
,
disse
che
era
tempo
oramai
che
cessassero
tutti
gli
scandali
,
e
che
fosse
tolta
radicalmente
l
'
occasione
a
querele
...
e
che
senza
dilazione
di
sorta
gli
Schiavoni
si
rimpiazzassero
con
Italiani
,
in
quel
numero
che
fosse
piaciuto
.
Che
egli
poi
(
Buonaparte
)
non
si
curava
di
esaminare
chi
tra
gli
Schiavoni
o
Francesi
avesse
ragione
o
torto
,
che
non
dovevamo
però
ignorare
che
scambievole
era
tra
queste
due
nazioni
il
livore
e
lo
spirito
di
vendetta
.
E
facendoci
intendere
che
era
necessitato
di
occuparsi
di
altri
affari
,
ci
obbligò
subito
a
congedarci
»
(
88
)
.
Ai
due
rappresentanti
di
un
potere
oramai
morituro
messi
così
duramente
alla
porta
,
tra
la
vergogna
del
sottomettersi
e
l
'
incertezza
dell
'
esito
in
una
reazione
improvvisata
senza
la
ferma
volontà
di
rinsanguarla
con
il
braccio
e
con
la
fede
,
il
primo
partito
parve
più
prudente
e
conforme
alle
necessità
dell
'
ora
.
E
gli
Schiavoni
,
all
'
alba
del
9
di
luglio
-
come
Buonaparte
aveva
voluto
-
uscirono
da
Verona
di
soppiatto
,
come
fuggiaschi
di
fronte
alla
fatalità
di
un
destino
che
incombeva
sul
loro
capo
come
su
quello
dei
governanti
della
Serenissima
.
Le
casacche
cremisi
,
che
mai
avevano
indietreggiato
per
lungo
volgere
di
anni
di
fronte
alla
furia
turchesca
,
cedevano
ora
misteriosamente
terreno
come
pressati
dall
'
avvento
delle
nuove
età
.
Sotto
questa
oscura
minaccia
il
passato
,
quasi
fatto
persona
in
quegli
ultimi
soldati
fedeli
della
Signoria
,
pareva
ripiegarsi
su
sé
medesimo
,
come
dentro
le
pieghe
della
vermiglia
bandiera
della
Repubblica
.
Tre
compagnie
del
reggimento
oltremarino
Medin
si
trasferirono
a
Vicenza
e
quattro
a
Padova
,
«
attendendo
in
quelle
città
gli
ultimi
ordini
dell
'Ecc.mo
Senato
»
.
Lo
stesso
giorno
9
di
luglio
1796
,
le
artiglierie
del
generale
francese
Rampon
salivano
indisturbate
sui
rampari
della
fortezza
di
Verona
e
,
con
gesto
violento
,
si
surrogavano
alle
armi
paesane
che
vergognosamente
si
erano
date
alla
latitanza
.
Così
uscirono
gli
Schiavoni
da
Verona
.
Vi
dovevano
però
ritornare
quasi
un
anno
appresso
,
nel
crepuscolo
sanguinoso
delle
Pasque
Veronesi
,
per
tingere
di
rosso
quella
scena
drammatica
con
cui
la
Serenissima
doveva
chiudere
il
suo
lungo
e
glorioso
dominio
in
terraferma
(
89
)
.
*
*
*
Gli
oltremarini
costituivano
le
milizie
assoldate
per
eccellenza
della
Repubblica
.
Corrispondevano
un
poco
agli
Svizzeri
,
con
i
quali
quei
soldati
di
mestiere
avevano
comuni
lo
spirito
di
ventura
,
la
tenacia
delle
tradizioni
militari
e
la
religione
della
fede
giurata
;
sentimenti
tutti
che
,
saldamente
ed
atavisticamente
,
si
trasmettevano
tra
le
milizie
dalmate
come
un
vero
e
proprio
culto
per
la
Signoria
.
E
la
Signoria
-
quella
dello
splendore
del
Cinquecento
-
ben
sicura
di
questo
lealismo
e
di
questa
fede
,
il
cui
eco
non
è
ancora
del
tutto
spento
sull
'
altra
riva
dell
'
Adriatico
,
aveva
confidato
agli
oltremarini
la
custodia
e
la
difesa
delle
fonti
della
sua
ricchezza
e
della
sua
gloria
:
il
presidio
de
'
propri
navigli
quale
fanteria
di
marina
,
la
guardia
delle
stazioni
commerciali
più
esposte
alle
incursioni
musulmane
,
la
difesa
delle
teste
di
tappa
sulle
strade
commerciali
più
sensibili
e
rimunerative
per
i
traffici
veneziani
,
infine
il
servizio
da
scolta
più
disagioso
e
pericoloso
sui
castelli
sperduti
in
mezzo
all
'
aridità
delle
Alpi
Dinariche
.
Gli
oltremarini
si
distinguevano
tra
la
milizia
veneta
per
il
loro
armamento
pesante
da
arrembaggio
,
costituito
da
una
grave
e
lunga
spada
detta
palosso
-
corruzione
della
pallasch
degli
Imperiali
-
munita
di
un
'
impugnatura
a
più
else
,
e
per
la
loro
vistosa
assisa
di
panno
cremisino
,
ornamento
delle
navi
parate
a
festa
nelle
solennità
del
Bucintoro
e
segno
da
raccolta
nelle
mischie
navali
più
aspre
e
serrate
.
Si
ingaggiavano
,
come
tutti
i
soldati
mercenari
della
Repubblica
,
esclusivamente
nei
domini
di
oltremare
,
d
'
onde
traevano
il
loro
nome
da
battaglia
:
illirico
era
il
loro
linguaggio
ed
i
comandi
militari
.
I
capi
-
leva
si
occupavano
del
loro
reclutamento
-
edizione
senza
confronto
migliore
e
corretta
dei
racoleurs
dell
'
antico
regime
-
anzitutto
perché
questo
ufficio
era
disimpegnato
da
ufficiali
,
in
secondo
luogo
perché
era
espressamente
vietato
nello
ingaggiare
le
reclute
di
usare
lusinghe
per
indurle
più
facilmente
ad
imprendere
il
pubblico
servizio
.
«
Tutte
le
reclute
-
dicevano
infatti
le
capitolazioni
dei
capi
-
leva
-
dovranno
essere
volontarie
e
non
ingaggiate
con
frode
o
con
ubbriacarle
,
sotto
pena
a
chi
avesse
ingaggiato
con
frode
alcuna
recluta
,
di
essere
casso
immediatamente
dal
rollo
della
compagnia
(
di
leva
)
e
spedito
in
Levanto
per
anni
sei
in
figura
di
soldato
;
ed
essendo
incapace
del
servizio
,
di
essere
condannato
in
prigione
ad
arbitrio
di
S
.
E
.
il
Savio
alla
Scrittura
,
dovendo
i
soldati
rimettersi
ad
incontrare
il
pubblico
servizio
di
buon
genio
e
di
tutta
loro
buona
volontà
»
(
90
)
.
D
'
altronde
le
tradizioni
militari
dei
Dalmati
ed
il
prestigio
che
aveva
presso
di
loro
il
veneto
governo
,
disimpegnavano
ampiamente
gli
ingaggiatori
dal
ricorrere
a
queste
arti
subdole
.
Tra
i
capi
leva
in
Dalmazia
godeva
anzi
di
bella
fama
,
ai
tempi
di
Angelo
Emo
,
il
tenente
colonnello
Carlo
Marchiondi
(
91
)
.
I
capi
-
leva
si
aggiravano
per
le
borgate
e
le
campagne
di
oltremare
a
far
l
'
incetta
d
'
uomini
,
coadiuvati
da
provetti
subalterni
esperti
nella
lingua
illirica
,
e
l
'
attività
loro
si
esplicava
rispetto
allo
Stato
pressoché
nell
'
orbita
di
un
vero
e
proprio
appalto
da
privative
(
92
)
.
La
levata
regolavasi
mediante
apposite
capitolazioni
accettate
dalle
due
parti
contraenti
,
l
'
ingaggiatore
a
nome
del
governo
e
l
'
ingaggiato
.
Le
reclute
dovevano
contare
«
almeno
4
piedi
ed
8
oncie
di
statura
,
(
metri
1,622216
)
(
93
)
avere
un
'
età
compresa
tra
i
16
ed
i
40
anni
,
essere
sani
,
senza
alcuna
imperfezione
di
corpo
,
parlare
l
'
illirico
,
non
essere
disertori
dalle
pubbliche
insegne
,
non
avere
infine
esercitato
mai
alcun
mestiere
infame
(
94
)
»
.
All
'
atto
dell
'
ingaggio
e
dopo
la
visita
«
di
un
chirurgo
stipendiato
dal
pubblico
o
dalla
comunità
,
il
quale
era
tenuto
inoltre
a
risarcire
in
ogni
caso
la
Signoria
col
suo
stipendio
di
qualunque
frode
»
,
la
recluta
contraeva
la
.
ferma
di
sei
anni
di
servizio
continuo
sotto
le
bandiere
.
Ammassati
-
come
si
diceva
allora
-
i
nuovi
oltremarini
,
si
suddividevano
nei
diversi
riparti
territoriali
della
Serenissima
.
Quelli
destinati
alla
Dalmazia
erano
nuovamente
visitati
dal
provveditore
della
provincia
residente
a
Zara
,
quelli
assegnati
a
prestare
servizio
sulla
squadra
dal
Capitanio
del
golfo
,
quelli
infine
destinati
alla
Terraferma
dal
Savio
alla
Scrittura
,
al
Lido
di
Venezia
.
Non
appena
le
anzidette
autorità
avevano
riconosciuta
la
piena
attitudine
al
servizio
de
'
nuovi
inscritti
,
questi
si
descrivevano
sui
pubblici
rolli
,
d
'
accordo
con
gli
inquisitori
competenti
,
e
da
quel
punto
cominciavano
a
decorrere
gli
assegni
in
conto
della
forza
bilanciata
della
Repubblica
.
Con
queste
pratiche
di
accentramento
amministrativo
e
di
controllo
,
l
'
esercito
veneto
andava
sicuramente
esente
dalla
piaga
dei
passavolanti
.
Gli
assegni
dei
nuovi
soldati
erano
di
doppio
ordine
,
verso
i
medesimi
e
verso
i
loro
impresari
.
Ogni
ufficiale
ingaggiatore
riceveva
infatti
per
ciascuna
recluta
riconosciuta
idonea
22
ducati
,
se
destinata
alla
Terraferma
e
20
ducati
se
assegnata
alla
Dalmazia
o
al
Golfo
.
Su
questo
premio
poi
si
dovevano
prelevare
12
ducati
per
l
'
uniforme
ordinaria
la
quale
,
in
omaggio
alla
vecchia
tradizione
feudale
dalmata
-
che
ancora
sussisteva
tra
le
sopravvivenze
formali
-
doveva
essere
fornita
insieme
al
nuovo
soldato
dall
'
ufficiale
capo
-
leva
,
laddove
l
'
uniforme
cremisi
di
parata
era
somministrata
dal
rispettivo
comandante
di
compagnia
.
Rimanevano
così
in
attivo
ai
capo
-
leva
dagli
8
ai
10
ducati
di
guadagno
per
ciascuna
recluta
,
vale
a
dire
dalle
32
alle
40
lire
,
a
secondo
del
corso
della
moneta
;
ciò
che
costituiva
il
lucro
di
tali
operazioni
.
*
*
*
Seguiamo
ora
la
nuova
recluta
oltremarina
nelle
sue
peregrinazioni
e
tra
le
strettoie
della
fiscalità
amministrativa
del
tempo
.
I
trasporti
a
Venezia
si
eseguivano
con
le
cosidette
manzere
,
barche
onerarie
della
specie
dei
trabaccoli
e
generalmente
usate
dai
beccaj
di
Venezia
per
trasportare
colà
i
buoi
da
macello
(
manzi
)
dalle
province
d
'
oltremare
.
Ordinariamente
i
trasporti
si
effettuavano
dagli
scali
di
Spalato
,
di
Traù
,
di
Sebenico
e
di
Zara
.
Sul
littorale
del
Lido
-
vera
e
propria
caserma
di
passaggio
dei
soldati
della
Serenissima
(
95
)
-
i
nuovi
Schiavoni
ricevevano
,
nell
'
attesa
di
essere
sbandati
o
assegnati
ai
corpi
,
un
'
istruzione
sommaria
.
Poi
,
per
via
d
'
acqua
,
si
trasferivano
a
Fusina
e
Padova
,
d
'
onde
si
iniziava
il
loro
faticoso
pellegrinaggio
per
raggiungere
i
corpi
cui
erano
stati
destinati
,
nel
Veronese
,
nel
Bresciano
e
sui
lontani
confini
del
Bergamasco
.
La
paga
mensile
era
di
31
lire
venete
(
96
)
-
oltre
il
biscotto
per
uso
di
barca
che
gli
Schiavoni
ricevevano
sempre
in
omaggio
alle
loro
tradizioni
originali
di
servizio
sulle
pubbliche
navi
-
laddove
i
fanti
italiani
,
ossia
gli
ingaggiati
nei
paesi
di
Terraferma
,
avevano
il
pane
.
Con
questa
somma
,
pari
a
circa
16
lire
odierne
(
97
)
,
lo
Schiavone
doveva
soddisfare
le
voraci
brame
del
fisco
,
del
proprio
comandante
di
compagnia
,
e
provvedere
infine
al
proprio
vitto
durante
il
mese
.
Egli
doveva
cioè
lasciare
8
lire
venete
per
la
massa
vestiario
,
2
e
mezza
al
comandante
di
compagnia
che
lo
riforniva
dell
'
abito
cremisi
di
parata
,
sborsare
oltre
a
ciò
l
'
importo
dell
'
olio
per
l
'
illuminazione
delle
camerate
,
della
terrabianca
(
bianchetto
)
per
tenere
monde
e
pulite
le
buffetterie
e
le
parti
bianche
dell
'
uniforme
,
comperare
il
grasso
,
il
lucido
per
le
scarpe
e
perfino
i
piccoli
oggetti
di
pulizia
personale
.
Restavano
così
allo
Schiavone
poco
più
di
15
lire
venete
al
mese
per
sfamarsi
,
eguali
a
7
e
mezzo
delle
attuali
.
I
compensi
dei
soldati
veneziani
non
erano
quindi
molto
lauti
.
Invano
i
Savi
alla
Scrittura
avevano
rappresentato
al
Senato
la
necessità
di
aumentare
l
'
assegno
della
truppa
,
ma
le
strettezze
finanziarie
lo
avevano
vietato
sempre
.
Ed
i
comandanti
di
compagnia
-
tra
l
'
incudine
delle
masse
vestiario
oberate
ed
il
martello
delle
cariche
superiori
che
esigevano
negli
Schiavoni
«
velade
»
sempre
fiammanti
-
picchiavano
sul
grigio
del
ferro
che
tenevano
tra
le
mani
,
cioè
sulle
masse
dei
loro
dipendenti
,
il
cui
peculio
castrense
di
7
lire
e
mezzo
si
assottigliava
allora
ancora
di
più
.
Il
Senato
in
molte
di
queste
circostanze
soleva
venire
in
soccorso
,
ma
a
beneficio
dei
comandanti
di
compagnia
piuttosto
che
dei
soldati
,
specie
al
caso
di
mostre
straordinarie
,
di
passaggi
di
principi
e
di
visite
.
Così
essendo
di
passaggio
per
Udine
nel
gennaio
del
1782
i
principi
imperiali
di
Russia
,
sotto
il
nome
di
principi
del
Nord
,
e
volendosi
in
quella
circostanza
che
la
compagnia
del
capitano
Borissevich
,
dei
fanti
oltremarini
Cernizza
,
destinata
loro
per
scorta
d
'
onore
si
presentasse
nella
maggiore
militare
decenza
,
il
Senato
trovò
giusto
di
compensare
quel
capitano
delle
maggiori
spese
incontrate
nella
circostanza
per
il
corredo
della
truppa
con
120
ducati
di
valuta
corrente
(
98
)
.
In
queste
strettezze
,
diventate
sempre
più
acute
verso
la
caduta
della
Repubblica
per
l
'
abbandono
deplorevole
delle
cose
della
guerra
,
la
merce
uomo
scadeva
quindi
sempre
più
sul
mercato
dei
soldati
di
mestiere
.
Così
convenne
transigere
con
le
prescrizioni
delle
capitolazioni
ed
ammettere
nella
truppa
schiavona
«
li
vagabondi
e
li
malviventi
,
nonché
i
banditi
che
disturbano
ed
infestano
la
Dalmazia
,
provvedimento
suggerito
dell
'
attual
Provveditore
Generale
con
plausibili
argomenti
di
carità
verso
i
sudditi
e
di
sicurezza
di
transito
sulle
pubbliche
strade
di
quella
provincia
,
ed
in
vista
di
rendere
utile
in
qualche
modo
allo
Stato
tale
sorta
di
gente
scorretta
ed
indisciplinata
»
(
99
)
.
Il
corpo
dei
Travagliatori
-
o
compagnie
di
disciplina
istituite
nel
1785
per
sfollare
i
riparti
dai
più
torbidi
elementi
raccolti
dai
capi
-
leva
-
alleviò
alcun
poco
l
'
esercito
della
Serenissima
da
questo
còmpito
d
'
istituto
di
correzione
(
100
)
.
Ma
il
male
aveva
troppo
salde
e
profonde
radici
perché
questo
provvedimento
,
escogitato
dal
Savio
alla
Scrittura
Francesco
Vendramin
,
potesse
sortire
a
buon
esito
.
Anzitutto
il
male
travagliava
le
milizie
prezzolate
con
il
tarlo
roditore
delle
diserzioni
.
Dal
1°
settembre
1780
al
1°
febbraio
1784
,
abbandonarono
le
insegne
nei
reggimenti
oltremarini
ben
662
soldati
:
dal
1°
marzo
1785
al
1°
settembre
1789
ne
disertarono
altri
1129;
e
ciò
sopra
una
media
di
3500
uomini
presenti
in
quel
torno
di
tempo
nei
reggimenti
oltremarini
(
101
)
.
Con
queste
cifre
significative
alla
mano
,
si
spiega
il
grido
d
'
allarme
gittato
non
molto
prima
dell
'
arrivo
dei
Francesi
nel
Veneto
dal
generale
Salimbeni
;
grido
che
se
parve
a
taluno
troppo
pessimista
a
tal
'
altro
sembrò
perfino
sospetto
di
fellonia
.
Ed
i
bossoli
del
Maggior
Consiglio
e
del
Senato
,
come
si
è
detto
più
sopra
,
ne
sanno
qualche
cosa
.
«
I
nostri
vecchi
soldati
-
scriveva
il
Salimbeni
al
Savio
alla
Scrittura
Iseppo
Priuli
-
sono
oramai
diventati
sentina
d
'
ogni
vizio
.
Bisogna
separarli
nelle
fazioni
della
piazza
(
di
Verona
)
dalle
cernide
,
ma
non
è
possibile
di
separarli
anche
nei
quartieri
dove
hanno
alloggio
in
comune
»
(
102
)
.
Ed
il
Salimbeni
proponeva
sommessamente
al
Savio
di
allontanare
gli
Schiavoni
più
facinorosi
da
Verona
,
e
più
specialmente
le
compagnie
dei
capitani
Missevich
e
Valerio
,
«
le
quali
venute
dalla
Dalmazia
sono
da
sostituirsi
con
altre
...
per
preservare
le
cernide
dal
contagio
dei
vizi
»
.
Il
Savio
Iseppo
Priuli
non
ascoltò
la
proposta
ed
il
destino
serbava
a
Buonaparte
di
farla
accogliere
con
la
forza
.
*
*
*
Gli
Oltremarini
erano
ordinati
in
11
reggimenti
contrassegnati
dal
nome
del
rispettivo
comandante
oppure
da
quello
del
circolo
di
reclutamento
più
cospicuo
.
Nel
piedilista
del
1°
settembre
1776
quei
corpi
erano
descritti
come
segue
(
103
)
:
Reggimento
Bubich
,
Selich
,
Scutari
,
Sinj
,
Matutinovich
,
Craina
,
Minotto
,
Rado
,
Macedonia
,
Dandria
e
Bua
.
Ciascun
reggimento
contava
di
regola
9
compagnie
,
o
raccolte
per
intero
in
uno
dei
grandi
riparti
territoriali
della
Serenissima
,
o
suddivise
tra
i
riparti
medesimi
e
le
navi
armate
.
Faceva
però
eccezione
da
questa
regola
il
reggimento
degli
oltremarini
del
circondario
di
Sinj
,
il
quale
contava
11
compagnie
ripartite
nelle
province
d
'
Italia
e
di
Dalmazia
.
La
maggior
forza
di
questo
corpo
era
dovuta
all
'
importanza
militare
del
territorio
nel
quale
esso
si
levava
,
ed
al
valore
e
numero
dei
castelli
di
frontiera
che
in
esso
esistevano
(
Spalato
,
Salona
,
Clissa
,
Sinj
ecc
.
)
.
Secondo
le
tabelle
organiche
di
formazione
,
approvate
dal
Senato
,
il
reggimento
di
oltremarini
non
doveva
superare
la
forza
di
432
uomini
,
ciò
che
stabiliva
l
'
effettivo
delle
compagnie
in
una
media
di
54
presenti
ognuna
.
Tale
forza
non
era
però
mai
effettiva
,
neppure
nei
periodi
di
neutralità
o
durante
i
mesi
del
completo
armamento
delle
due
squadre
,
grossa
e
sottile
,
quando
trattavasi
cioè
di
spedizioni
marittime
o
di
crociere
di
maggiore
rilievo
.
Così
nel
1787
,
al
tempo
delle
imprese
di
Angelo
Emo
,
presero
imbarco
il
1°
marzo
del
detto
anno
sulle
navi
armate
in
guerra
ben
19
compagnie
di
fanti
oltremarini
,
ma
essendo
tale
contingente
troppo
scarso
nella
sua
forza
complessiva
di
un
migliaio
di
uomini
appena
,
convenne
ricorrere
al
complemento
dei
reggimenti
italiani
,
i
quali
fornirono
altre
12
compagnie
alla
squadra
,
oltre
alle
19
fornite
dagli
Schiavoni
.
Alla
vigilia
dell
'
arrivo
dei
Francesi
nel
Veneto
gli
oltremarini
avevano
24
delle
loro
compagnie
dislocate
in
Terraferma
,
con
una
forza
complessiva
di
1648
uomini
compresi
i
rinforzi
dovuti
alle
craine
(
104
)
.
Tutte
queste
compagnie
erano
ripartite
come
segue
:
A
Verona
,
Legnago
e
Peschiera
9
,
a
Brescia
con
il
castello
di
Orzinovi
4
1/2
(
105
)
,
a
Bergamo
e
contado
3
,
a
Crema
mezza
compagnia
,
al
Lido
,
con
Chioggia
e
Capo
d
'
Istria
7
compagnie
.
*
*
*
I
soldati
del
tempo
oziavano
molto
,
e
nell
'
ozio
sfibrante
e
prolungato
che
li
logorava
gli
elementi
più
torbidi
degli
ingaggiati
avevano
modo
di
compiere
un
vero
e
proprio
corso
di
perfezionamento
.
L
'
azione
degli
ufficiali
non
rappresentava
di
certo
alcun
freno
in
questi
moti
,
perché
essa
si
limitava
al
controllo
delle
cifre
sui
registri
,
alla
sorveglianza
del
maneggio
d
'
armi
nei
cortili
delle
caserme
e
dei
castelli
,
e
si
arrestava
alla
soglia
delle
camerate
che
perciò
restavano
abbandonate
a
sé
medesime
ed
ai
propri
inquilini
in
un
vero
stato
di
abbiezione
morale
e
di
miseria
materiale
.
Al
tocco
del
tamburo
,
che
batteva
la
diana
ogni
mattina
all
'
alba
,
cominciava
il
giornaliero
servizio
sulle
navi
armate
e
nelle
caserme
.
I
soldati
si
levavano
dai
loro
giacigli
,
composti
di
regola
della
semplice
schiavina
,
o
rozza
,
coperta
da
letto
gittata
semplicemente
sulle
nude
tavole
,
o
più
spesso
sul
terreno
sul
quale
essi
dormivano
quasi
sempre
vestiti
.
I
paglioni
,
o
pagliericci
,
vennero
a
mitigare
la
durezza
di
queste
vita
dei
soldati
della
Serenissima
soltanto
verso
la
sua
fine
,
e
più
precisamente
a
principiare
dall
'
anno
1781;
e
furono
limitati
dapprima
ai
presidi
delle
più
notevoli
fortezze
ed
in
particolari
circostanze
di
servizio
(
106
)
.
Le
guardie
rappresentavano
il
pensiero
dominante
della
vita
di
guarnigione
,
epperciò
il
soldato
semplice
era
anche
denominato
con
l
'
appellativo
di
fazioniere
,
come
che
quello
fosse
il
suo
ufficio
esclusivo
.
Nel
servizio
territoriale
era
impiegato
ordinariamente
un
terzo
della
forza
,
del
qual
costume
è
rimasta
traccia
fino
ai
giorni
nostri
nella
norma
regolamentare
la
quale
prescrive
che
il
soldato
debba
avere
almeno
due
notti
libere
per
una
passata
in
sentinella
.
Le
esigenze
della
società
del
tempo
,
il
grande
numero
delle
magistrature
militari
e
la
frequenza
delle
risse
tra
i
soldati
moltiplicavano
a
dismisura
i
posti
di
guardia
.
Così
vi
erano
gran
-
guardie
nelle
principali
piazze
delle
città
fortificate
,
guardie
d
'
onore
alle
primarie
cariche
militari
del
luogo
,
agli
ufficiali
superiori
del
reggimento
,
e
così
via
.
Valga
ad
esempio
il
seguente
specchio
delle
guardie
della
città
di
Verona
,
nell
'
anno
1794
(
107
)
:
MUTE
GUARDIE
E
PORTE
Capi
-
tani
Subal
-
terni
Ser
-
genti
Capo
-
rali
Tam
-
buri
e
pifferi
Fazio
-
nieri
Totale
Artiglieri
Guardia
di
S
.
E
.
il
capitano
e
podestà
(
108
)
-
-
2
1
2
2
37
44
Croati
Guardia
detta
di
cavalieri
al
medesimo
.
-
-
-
-
-
-
1
-
-
11
12
Italiani
Guardia
di
S
.
E
.
il
tenente
generale
comandante
(
109
)
1
2
1
1
2
24
31
Guardia
alle
bandiere
dei
reggimenti
-
-
-
-
-
-
7
-
-
35
42
Picchetti
dei
reggimenti
-
-
5
-
-
6
-
-
36
47
Gran
Guardia
1
1
1
2
2
24
32
Porta
Nuova
-
-
1
1
1
1
20
24
Porta
San
Zeno
-
-
1
1
1
1
20
24
Porta
Vescovo
-
-
1
1
1
1
20
24
Oltramarini
Porta
San
Giorgio
-
-
1
1
1
1
16
20
N
.
2
pattuglie
-
-
-
-
2
2
2
16
22
Castello
San
Felice
-
-
-
-
1
1
-
-
8
10
Id
.
San
Pietro
-
-
-
-
-
-
1
-
-
6
7
Ospedale
delle
Milizie
-
-
-
-
-
-
2
-
-
8
10
Guardia
in
Ghetto
-
-
-
-
-
-
1
-
-
5
6
2
14
10
30
12
279
355
Né
è
forse
fuori
luogo
ricordare
a
questo
punto
anche
il
servizio
di
guardia
che
le
truppe
prestavano
nelle
isole
e
nell
'
estuario
di
Venezia
,
nel
1792
(
110
)
.
Guardia
al
Lido
,
44
uomini
;
appostamenti
e
feluche
di
sanità
al
Lido
,
24;
feluca
S
.
Erasmo
,
8;
feluca
Tre
Porti
,
8;
Falconera
,
8;
Carvale
,
8;
Porto
Quieto
,
8;
sciabecco
del
canale
dei
Marani
,
12;
feluca
del
canale
dei
Marani
,
12;
due
feluche
a
Poveglia
,
16;
feluca
S
.
Pietro
in
Volta
,
8;
feluca
di
Fisolo
,
8;
feluca
delle
urgenze
8;
fusta
,
24;
sciabecco
Po
di
Goro
,
48;
feluca
Po
di
Goro
,
8;
feluca
Malamocco
,
8;
seconda
feluca
di
Malamocco
,
8;
servizi
vari
di
guardia
alle
reclute
,
alle
caserme
ecc
.
,
60
.
Totale
,
308
uomini
comandati
a
Venezia
e
nell
'
estuario
in
giornaliero
servizio
da
«
fazionieri
»
.
*
*
*
Al
distacco
della
guardia
,
fatto
con
solennità
intorno
al
mezzodì
,
tutta
la
truppa
prendeva
le
armi
.
Si
faceva
l
'
appello
per
segnalare
i
disertori
,
si
leggevano
gli
ordini
,
si
dava
una
sommaria
occhiata
alle
armi
ed
agli
abiti
,
dopo
la
quale
funzione
la
vita
militare
formale
cessava
di
regola
per
riprendersi
l
'
indomani
alla
medesima
ora
.
Restava
la
grigia
monotonia
della
vita
di
caserma
.
Con
quei
pochi
soldi
che
rimanevano
ancora
nelle
mani
dell
'
oltremarino
,
dopo
il
passaggio
sotto
le
forche
caudine
del
fisco
e
del
comandante
di
compagnia
,
egli
doveva
rifocillarsi
.
E
disinteressandosi
ancora
lo
Stato
dal
fornire
il
vitto
ai
propri
soldati
-
all
'
infuori
del
biscotto
agli
oltremarini
e
del
pane
agli
altri
-
v
'
era
taluno
che
lo
surrogava
in
quest
'
opera
con
ingordigia
ed
esosità
,
di
guisa
che
il
misero
peculio
castrense
dei
soldati
di
mestiere
veniva
ad
assoggettarsi
per
questo
ad
una
nuova
ed
estrema
decimazione
.
Esistevano
all
'
uopo
sulle
navi
armate
e
nelle
caserme
i
così
detti
bettolini
,
specie
di
vivanderie
esercitate
assai
spesso
da
loschi
personaggi
,
nelle
quali
i
soldati
si
provvedevano
dei
generi
di
prima
necessità
ed
anche
delle
vivande
confezionate
.
A
coloro
poi
cui
le
strettezze
non
consentivano
di
procurarsi
le
vivande
confezionate
,
i
bettolieri
fornivano
gli
arnesi
di
cucina
per
apparecchiare
di
solito
la
classica
polenta
ed
un
misero
intingolo
per
companatico
,
e
ciò
previo
un
piccolo
compenso
che
lo
scarso
nucleo
degli
utenti
corrispondeva
a
titolo
di
noleggio
degli
arnesi
stessi
all
'
esercente
del
bettolino
.
Delle
norme
-
ossia
terminazioni
-
regolavano
il
servizio
di
queste
vivanderie
,
specie
sulle
pubbliche
navi
,
ma
l
'
ingordigia
dei
bettolieri
era
assai
spesso
più
forte
anche
delle
terminazioni
.
Lo
sconcio
era
anzi
giunto
a
tal
segno
,
poco
avanti
alla
caduta
della
Repubblica
,
da
indurre
il
generale
Salimbeni
a
proporre
al
Savio
alla
Scrittura
dei
provvedimenti
radicali
in
materia
:
«
Bisognerebbe
-
egli
diceva
-
assegnare
ad
ogni
camerata
di
10
soldati
almeno
una
caldaia
da
polenta
,
una
secchia
di
larice
cerchiata
ed
una
tavola
per
rovesciarvi
di
sopra
la
polenta
stessa
...
Sarebbe
inoltre
desiderabile
,
per
liberare
il
soldato
dall
'
obbligo
che
ora
ha
di
spendere
la
mòdica
sua
paga
in
una
bettola
,
o
bettolino
,
con
grave
danno
della
disciplina
e
peso
della
sua
sussistenza
,
di
fornire
anche
la
legna
necessaria
per
cucinare
il
cibo
.
Con
questi
mezzi
si
potrebbero
tener
uniti
i
soldati
,
lontani
dalle
osterie
,
dove
è
forza
che
dimentichino
la
loro
nativa
semplicità
e
contraggano
il
mal
costume
»
(
111
)
.
Il
governo
disciplinare
risentiva
fortemente
degli
effetti
di
questo
colpevole
regime
di
abbandono
e
di
trascuranza
,
acuito
dalla
fiacchezza
dei
tempi
.
Abolita
virtualmente
la
bastonatura
sull
'
ultimo
quarto
del
secolo
XVIII
,
restava
la
prigionia
e
la
condanna
al
remo
,
la
punizione
classica
delle
milizie
della
Repubblica
marinara
la
quale
ne
usava
sempre
con
molta
larghezza
.
La
pena
della
galera
o
del
remo
era
solitamente
inflitta
ai
disertori
,
ma
anch
'
essa
aveva
perduto
sulla
fine
della
Repubblica
molta
parte
del
suo
prestigio
,
per
essersi
assottigliato
il
numero
delle
navi
armate
e
ridotta
a
poca
cosa
la
loro
navigazione
.
La
punizione
alla
galera
era
così
diventata
un
succedaneo
della
prigione
ordinaria
.
Circa
questa
bancarotta
del
governo
disciplinare
e
dei
suoi
freni
,
basti
dire
che
molti
disertori
preferivano
la
condanna
al
remo
al
servizio
militare
,
triste
preferenza
che
illumina
l
'
ambiente
dell
'
epoca
.
«
Considerano
infatti
i
soldati
-
dice
un
documento
-
una
breve
condanna
al
remo
assai
meno
pesante
della
vita
militare
,
stentata
,
faticosa
e
prolungata
per
un
più
lungo
periodo
di
tempo
»
(
112
)
.
La
disinvoltura
,
con
cui
affrontavasi
questa
pena
appare
infine
nei
trucchi
che
solevano
usarsi
,
alla
caduta
della
Repubblica
,
per
gabellare
al
Savio
alla
Scrittura
i
premi
promessi
a
colui
che
restituisse
alle
insegne
un
disertore
.
Si
accordavano
per
questo
in
un
medesimo
corpo
due
soldati
,
l
'
uno
s
'
infingeva
di
abbandonare
le
bandiere
,
l
'
altro
di
scoprirlo
in
un
rifugio
convenuto
in
precedenza
;
«
sicché
colludendo
notoriamente
assieme
captori
e
fuggiaschi
tra
loro
si
dividevano
il
premio
assegnatosi
ai
primi
...
Onde
sarebbe
utile
,
in
luogo
di
dare
il
premio
a
questi
captori
,
di
servirsi
al
caso
dei
metodi
usati
dagli
esteri
eserciti
,
cioè
di
obbligare
le
terre
,
ville
e
paesi
,
ad
arrestare
i
fuggiaschi
e
condurli
senza
mercede
alcuna
alle
pubbliche
forze
,
con
la
cominativa
che
venendo
scoverto
in
qualsivoglia
tempo
e
modo
negletto
il
fermo
di
qualche
disertore
,
sarebbe
obbligato
il
villaggio
o
terra
a
supplire
alle
spese
incontrate
dalle
pubbliche
casse
per
il
mantenimento
e
vestiario
di
un
altro
soldato
»
(
113
)
.
Quanto
si
disse
fino
ad
ora
trattando
più
particolarmente
degli
Oltremarini
può
riferirsi
anche
all
'
altra
specie
di
milizia
pedestre
ingaggiata
,
cioè
agli
Italiani
.
Questi
si
levavano
nei
domini
della
Serenissima
in
Italia
e
nell
'
Istria
Veneta
e
si
raccoglievano
al
Lido
d
'
onde
,
accertata
la
loro
idoneità
alle
armi
,
«
in
tempo
di
pace
,
in
tempo
di
guerra
,
che
Iddio
non
voglia
,
o
di
neutralità
»
erano
«
sbandati
»
nelle
diverse
guarnigioni
di
terraferma
.
Gli
itinerari
delle
nuove
reclute
erano
minutamente
stabiliti
nei
capitolati
dei
capi
-
leva
e
circondati
da
cautele
,
tutte
intese
a
far
giungere
sicuramente
a
destinazione
la
preziosa
merce
dei
soldati
di
mestiere
,
incerti
in
questi
primi
passi
tra
la
rude
alternativa
di
seguire
una
strada
intrapresa
di
mala
voglia
,
oppure
di
abbandonarla
al
suo
inizio
medesimo
.
Drappelli
di
croati
o
di
dragoni
,
oltre
la
scorta
dei
soldati
delle
compagnie
di
leva
,
accompagnavano
in
queste
marce
le
giovani
reclute
che
,
così
guardate
,
potevano
rassomigliarsi
in
tutto
e
per
tutto
ad
un
triste
convoglio
di
prigionieri
di
guerra
.
Partiti
dal
littorale
del
Lido
,
cioè
dal
deposito
di
reclutamento
,
i
nuovi
fanti
italiani
facevano
una
prima
tappa
al
Castello
di
Padova
che
,
in
molti
rispetti
,
funzionava
da
deposito
succursale
del
Lido
.
Dopo
una
breve
sosta
in
quell
'
antico
maniero
,
le
reclute
destinate
a
proseguire
il
loro
èsodo
continuavano
nel
cammino
fino
agli
estremi
presidi
della
Serenissima
,
cioè
fin
sulle
rive
dell
'
Adda
e
dell
'
Oglio
.
Talvolta
queste
tappe
erano
abbreviate
da
qualche
trasporto
per
via
d
'
acqua
dal
Lido
a
Chioggia
,
e
di
qui
con
i
barconi
(
burchi
)
a
ritroso
dell
'
Adige
fino
a
Verona
.
Ma
erano
casi
poco
frequenti
e
subordinati
in
ogni
modo
alla
occasione
di
qualche
grande
trasporto
militare
da
Venezia
alla
grande
piazza
di
terraferma
(
114
)
.
*
*
*
La
fanteria
italiana
surrogò
nel
1775
il
tricorno
,
che
aveva
portato
in
giro
con
qualche
gloria
nelle
campagne
di
Morea
sotto
il
Morosini
,
con
un
caschetto
di
pelle
di
vitello
adorno
di
una
«
placca
de
otton
.
»
In
quella
circostanza
le
compagnie
di
granatieri
degli
stessi
fanti
-
create
assai
tempo
prima
-
ebbero
dei
berrettoni
di
pelle
d
'
orso
sul
modello
francese
,
guarniti
di
fiocchi
azzurri
e
della
«
placca
»
con
l
'
impronta
del
leone
di
San
Marco
.
Pure
in
quel
torno
di
tempo
il
colore
bianco
degli
abiti
della
fanteria
italiana
-
che
ne
era
stato
a
lungo
il
distintivo
caratteristico
,
come
il
cremisi
lo
era
stato
per
gli
oltremarini
ed
il
grigio
ferro
per
gli
artiglieri
-
venne
sostituito
dal
panno
azzurro
.
Così
le
vecchie
velade
e
bragoni
di
panno
bianco
cedettero
il
campo
ad
abiti
di
colore
e
di
taglia
alquanto
più
succinta
,
chiusi
sul
davanti
da
bottoni
metallici
fin
sotto
alla
cravatta
;
e
ciò
per
ovviare
all
'
incomodo
svolazzamento
delle
falde
e
per
meglio
riparare
il
soldato
nella
cattiva
stagione
.
Tale
riforma
aveva
anche
una
portata
economica
,
perché
il
nuovo
abito
meglio
serrato
alla
vita
del
fante
rendeva
possibile
l
'
abolizione
delle
così
dette
camiciole
,
o
corsetti
di
colore
che
si
usavano
sotto
la
«velada.»
Il
soldato
portava
una
cravatta
di
pelle
nera
,
due
incrociature
,
o
bandoliere
di
bulgaro
,
una
per
sorreggere
il
tasco
o
bisaccia
,
l
'
altra
per
sostenere
la
baionetta
.
Le
cartucce
-
venti
di
regola
-
costituenti
il
munizionamento
del
fante
italiano
erano
riposte
nel
tasco
.
Il
governo
amministrativo
della
fanteria
italiana
si
differenziava
in
qualche
parte
da
quello
dell
'
oltremarina
.
Un
sostanziale
divario
concerneva
anzitutto
il
vestiario
,
che
nell
'
italiana
era
fornito
dallo
Stato
e
mantenuto
dai
comandanti
di
compagnia
,
laddove
per
gli
oltremarini
-
come
è
detto
più
sopra
-
era
fornito
dai
capitani
.
Al
ramo
delicato
ed
importante
dell
'
amministrazione
sopravvegliavano
i
magistrati
sopra
camere
,
cioè
i
funzionari
delle
tesorerie
locali
,
impegnando
a
tal
'
uopo
le
somme
che
ciascuna
di
esse
aveva
disponibili
per
le
cose
della
milizia
(
Casse
al
Quartieron
)
.
Le
stoffe
per
le
uniformi
militari
provenivano
dall
'
industria
privata
,
ed
erano
fornite
dalle
fabbriche
e
lanifici
di
Schio
,
Castelfranco
(
115
)
ed
Alzano
nel
Bergamasco
(
116
)
.
Anche
Venezia
si
distingueva
in
quest
'
arte
con
due
stabilimenti
di
molta
fama
,
specie
nella
confezione
dei
panni
colorati
di
scarlatto
,
di
cremisi
e
di
azzurro
,
che
si
esportavano
pure
largamente
in
Dalmazia
e
nelle
contigue
terre
balcaniche
.
Le
merci
che
l
'
industria
privata
così
offriva
alla
Repubblica
erano
collaudate
di
regola
presso
i
depositi
al
Quartieron
,
o
magazzini
di
equipaggiamento
e
di
vestiario
della
truppa
.
I
lanifici
e
le
fabbriche
di
cui
sopra
,
erano
oltre
a
ciò
ispezionate
ogni
bimestre
da
due
dei
cinque
Savi
alla
mercanzia
,
i
quali
dovevano
vegliare
sulla
qualità
e
sulla
quantità
delle
lane
da
incettarsi
per
confezionare
i
panni
per
uso
militar
.
Queste
lane
dovevano
essere
tassativamente
della
specie
nominata
sacco
,
scopia
o
Puglia
(
117
)
.
Le
medesime
cautele
vigevano
per
la
fornitura
delle
buffetterie
e
dei
cuoî
necessari
per
esse
:
incrociature
,
taschi
,
pendoni
,
o
centurini
da
sciabole
,
baionette
,
palossi
e
palossetti
,
che
erano
pure
somministrati
dall
'
industria
privata
e
più
precisamente
dai
fratelli
Zaghis
di
Treviso
.
I
reggimenti
di
fanteria
italiana
alla
caduta
della
Serenissima
erano
in
numero
di
18
.
Per
decreto
del
Senato
,
nel
maggio
1790
i
reggimenti
di
cui
sopra
assunsero
un
numero
progressivo
fisso
,
oltre
al
nome
variabile
derivato
dal
rispettivo
colonnello
comandante
.
E
questi
numeri
erano
:
Reggimento
Veneto
Real
n
.
I
del
colonnello
Alberti
-
reggimento
n
.
II
del
colonnello
Mario
Alberti
-
reggimento
n
.
III
del
colonnello
Marin
Conti
-
reggimento
n
.
IV
del
colonnello
Francesco
Guidi
-
reggimento
n
.
V
del
colonnello
Teodoro
Volo
-
reggimento
n
.
VI
del
colonnello
Giambattista
Galli
-
reggimento
n
.
VII
del
colonnello
Lòdoli
-
reggimento
n
.
VIII
del
colonnello
Pacmor
-
reggimento
n
.
IX
del
colonnello
Marco
Conti
-
reggimento
n
.
X
del
colonnello
Francesco
Covi
-
reggimento
n
.
XI
del
colonnello
Andrea
Toffoletti
-
reggimento
n
.
XII
del
colonnello
Marino
Stamula
-
reggimento
n
.
XIII
del
colonnello
Giacomo
Sarotti
-
reggimento
n
.
XIV
del
colonnello
Francesco
Galli
-
reggimento
n
.
XV
di
Rovigo
-
reggimento
n
.
XVI
di
Treviso
-
reggimento
n
.
XVII
di
Padova
-
reggimento
n
.
XVIII
di
Verona
(
118
)
.
Il
numero
di
questi
reggimenti
era
marchiato
a
caratteri
romani
sui
grossi
bottoni
di
metallo
dorato
di
cui
erano
adorni
gli
abiti
dei
fanti
italiani
.
Come
gli
oltramarini
,
anche
reggimenti
di
italiani
si
suddividevano
in
9
compagnie
ciascuno
(
119
)
.
La
loro
forza
complessiva
oscillava
nel
1790
intorno
ai
6276
uomini
,
ripartiti
in
162
compagnie
organiche
.
Di
queste
,
43
con
2712
uomini
erano
nelle
guarnigioni
di
terraferma
,
raccolte
in
massima
parte
nei
presidi
di
Verona
,
Legnago
e
Peschiera
,
quando
a
quelle
terre
venne
ad
affacciarsi
Napoleone
Buonaparte
.
CAPO
V
.
Le
milizie
paesane
.
L
'
esercito
assoldato
del
vecchio
regime
agonizzava
adunque
a
Venezia
sotto
il
peso
degli
anni
,
degli
errori
e
dell
'
universale
indifferenza
.
Indebolito
nel
principio
di
autorità
,
roso
dal
tarlo
profondo
dell
'
indisciplina
,
conscio
di
essere
diventato
da
ultimo
uno
strumento
inutile
a
sé
medesimo
,
maleviso
ai
novatori
come
un
'
arma
da
tirannide
decrepita
,
trascurato
dai
medesimi
governanti
che
ne
sapevano
tutta
l
'
intima
debolezza
organica
e
morale
,
l
'
esercito
assoldato
veneto
più
non
rappresentava
alla
caduta
della
Repubblica
se
non
l
'
ombra
di
sé
medesimo
,
una
sopravvivenza
intristita
che
il
primo
soffio
di
fronda
sarebbe
stato
sufficiente
a
rovesciare
nella
polvere
.
Causa
dunque
la
pertinace
riluttanza
della
Serenissima
nel
concedere
all
'
organismo
nato
ai
bei
tempi
dei
condottieri
del
Trecento
le
riforme
e
l
'
evoluzione
che
esso
richiedeva
,
l
'
organismo
medesimo
stava
per
giungere
all
'
ultima
mèta
del
suo
travagliato
ciclo
nella
città
delle
lagune
.
Si
spiega
così
come
nello
spirito
dei
migliori
-
per
quanto
pochi
-
si
rappresentasse
la
necessità
di
surrogare
alla
imminente
rovina
delle
armi
regolate
venete
qualche
altro
istituto
che
valesse
a
raffermare
nelle
medesime
quella
fiducia
che
sembrava
oramai
spenta
nei
cuori
.
Ed
il
rimedio
meglio
adatto
alle
esigenze
pressanti
dell
'
ora
sembrava
consistere
in
una
risurrezione
delle
vecchie
cernide
veneziane
,
in
un
adattamento
cioè
degli
ordini
di
queste
-
nate
in
tempi
non
meno
travagliati
per
la
Repubblica
-
alle
condizioni
militari
,
economiche
e
sociali
delle
nuove
età
.
Nella
fede
ancora
superstite
in
questi
illusi
,
la
maschia
e
vigorosa
fondazione
di
Bartolomeo
d
'
Alviano
pareva
ancora
sorridere
,
piena
di
promesse
e
di
lusinghe
,
come
dopo
la
Ghiara
d
'
Adda
e
la
perdita
dei
domini
Veneti
di
terraferma
,
nel
1794
,
come
al
tempo
della
Lega
di
Cambrai
.
Alla
perfine
non
si
erano
perduti
dai
Veneti
né
terreni
,
né
battaglie
ordinate
,
e
l
'
uniforme
tranquillità
dell
'
epoca
pareva
propizia
,
purché
si
volesse
,
a
restaurare
la
milizia
secondo
forme
meno
viete
e
più
progredite
.
Si
trattava
in
sostanza
di
fare
ritorno
alla
semplicità
ed
alla
spontaneità
delle
funzioni
dell
'
istituto
militare
,
reso
pesante
dagli
attriti
,
rugginoso
dalla
lunga
e
sfibrante
inazione
,
improduttivo
per
essersi
ridotto
-
causa
la
sfiaccolata
bontà
dei
governanti
-
a
disimpegnare
insieme
i
còmpiti
di
istituto
di
beneficenza
e
di
vasta
casa
di
correzione
.
Le
cerne
,
vera
e
prima
milizia
territoriale
ed
archetipo
della
Landwehr
di
Stato
,
dovevano
perciò
evoluzionare
nelle
forme
e
nella
sostanza
.
Di
conseguenza
,
al
concetto
della
prestazione
personale
dei
componenti
di
tale
milizia
derivato
dalle
antiche
compagnie
del
popolo
,
durante
una
campagna
di
guerra
o
un
determinato
periodo
di
neutralità
armata
,
doveva
sostituirsi
quello
di
un
servizio
temporaneo
sotto
le
bandiere
,
anche
all
'
infuori
delle
dette
eventualità
;
un
criterio
da
coscrizione
progressiva
,
una
specie
di
prefazione
insomma
al
servizio
personale
individuale
ed
obbligatorio
.
La
riforma
era
dunque
ardita
perché
i
tempi
della
decadenza
veneta
repubblicana
potessero
accoglierla
,
comprenderla
ed
attuarla
.
Nondimeno
,
per
qualche
sintomo
,
essa
poteva
sembrare
ancora
possibile
a
coloro
che
la
vagheggiavano
.
Anzitutto
il
buon
volere
con
cui
,
dopo
tanti
anni
di
dissuetudine
,
le
cerne
erano
accorse
alle
armi
nella
primavera
del
1794
per
rimpolpare
le
scheletrite
compagnie
dei
soldati
di
mestiere
,
ed
in
secondo
luogo
l
'
arrendevolezza
con
cui
le
cerne
medesime
si
erano
sottomesse
agli
sbandi
resi
necessari
per
colmare
in
modo
uniforme
le
deficienze
dei
diversi
presidi
militari
di
terraferma
.
In
linea
di
diritto
e
di
organica
militare
adunque
l
'
evoluzione
aveva
compiuto
indubbiamente
un
grande
passo
.
L
'
elemento
campagnuolo
delle
cerne
rassicurava
oltre
a
ciò
i
più
retrivi
e
timorosi
del
governo
della
Serenissima
,
coloro
cioè
che
a
tutto
si
sarebbero
rassegnati
pur
di
non
toccare
di
un
punto
il
vetusto
e
tradizionale
edificio
degli
ordini
repubblicani
.
Il
rinvigorimento
delle
cerne
infatti
,
mentre
poteva
rafforzare
i
ben
noti
spiriti
conservatori
della
popolazione
delle
campagne
,
affezionate
all
'
antico
ordine
delle
cose
,
ligie
ai
patrizi
ed
al
clero
,
poteva
nel
contempo
costituire
nelle
mani
di
questi
ultimi
un
sicurissimo
presidio
da
contrapporre
a
qualunque
novità
avesse
potuto
arrecare
l
'
avvenire
.
I
documenti
di
tali
sensi
di
ossequio
,
come
pure
la
presunzione
che
essi
avrebbero
corrisposto
al
caso
di
una
reazione
improvvisata
non
facevano
difetto
nelle
masse
rurali
nelle
quali
le
cerne
si
reclutavano
.
Nella
primavera
del
1796
i
contadini
del
Bergamasco
,
sorpresi
dalla
mareggiata
giacobina
nelle
loro
campagne
in
fiore
,
affluivano
a
torme
al
capoluogo
della
terra
,
si
accalcavano
allo
sbocco
delle
vallate
,
si
armavano
ed
eccitavano
il
loro
podestà
Ottolini
ad
organizzarli
in
vasta
e
tenace
guerriglia
e
capitanarli
nel
nome
della
patria
in
pericolo
.
«
Non
sarà
però
molesto
a
V
.
E
.
-
scriveva
l
'
Ottolini
al
Doge
,
il
2
giugno
1796
-
se
,
con
la
mia
solita
ingenuità
.
confermo
esser
sempre
vivi
i
miei
timori
sulle
direzioni
della
popolazione
all
'
arrivo
dei
Francesi
.
Ravviso
anzi
in
generale
una
tale
e
tanta
animosità
contro
di
essi
,
che
attribuirò
sempre
ad
un
tratto
di
fortuna
se
non
succede
inconveniente
,
sebbene
dal
canto
mio
faccia
tutto
il
possibile
per
evitarlo
.
Ho
rinnovato
quindi
le
commissioni
di
fare
stare
tutti
tranquilli
ai
capi
dei
comuni
ed
ai
parroci
della
città
e
provincia
,
ed
impegnai
i
sacerdoti
a
secondarmi
con
tutto
il
fervore
possibile
»
(
120
)
.
Non
molto
tempo
dopo
,
accompagnando
lo
stesso
Ottolini
una
proposta
fatta
dai
campagnuoli
bergamaschi
al
Doge
,
di
levarsi
cioè
a
massa
,
quel
magistrato
soggiungeva
:
«
In
relazione
a
quanto
ebbi
a
rassegnare
alla
E
.
V
.
intorno
alle
spiegate
generose
impazienze
di
numerose
popolazioni
delle
vallate
di
questo
territorio
,
di
esporre
tutte
volontarie
le
vite
proprie
per
la
difesa
e
la
gloria
del
Principato
,
precise
come
sono
e
confermate
in
reale
proposizione
accolta
dall
'
universale
uniforme
voto
dei
rispettivi
consigli
,
mi
formo
dovere
di
assoggettarla
devotamente
a
cognizione
di
V
.
E
.
raccolta
nell
'
unita
parte
(
deliberazione
)
del
General
Consiglio
...
con
cui
si
offrono
a
pubblica
disposizione
10,000
uomini
riuniti
delle
loro
armi
,
tutta
gente
scelta
,
capace
e
ben
diretta
,
che
può
prestare
un
ottimo
servizio
...
desiderosa
infine
di
sacrificarsi
per
la
perpetua
e
felice
costituzione
loro
sotto
il
Veneto
dolcissimo
impero
»
(
121
)
.
*
*
*
Adunque
,
se
a
questo
slancio
delle
popolazioni
rurali
soggette
a
Venezia
avesse
corrisposto
l
'
opera
prudente
e
cosciente
del
governo
della
Repubblica
,
si
sarebbe
per
certo
acceso
sui
fianchi
e
sul
tergo
degli
eserciti
di
Napoleone
Buonaparte
nella
loro
marcia
dall
'
Adda
all
'
Isonzo
un
terribile
incendio
reazionario
da
Vandea
(
122
)
.
In
realtà
,
al
tempo
di
cui
si
parla
,
la
Serenissima
aveva
preso
oramai
il
suo
partito
riguardo
alle
milizie
paesane
ed
alle
cerne
,
il
partito
grigio
delle
mezze
misure
,
dei
compromessi
e
dei
destreggiamenti
,
tutto
proprio
delle
individualità
e
delle
collettività
fiacche
e
malate
.
Alle
prime
novelle
della
rivoluzione
di
Francia
,
il
Senato
aveva
deciso
di
risciorinare
la
vecchia
e
comoda
divisa
della
neutralità
armata
,
quella
medesima
che
aveva
servito
così
bene
a
nascondere
le
magagne
della
Serenissima
,
nel
1701
,
nel
1735
e
nel
1743
.
Ma
,
dileguatasi
alquanto
l
'
impressione
del
primo
momento
,
si
vide
che
quella
vecchia
e
sdrucita
zimarra
della
neutralità
in
armi
si
rivestiva
in
circostanze
ben
diverse
da
quelle
degli
anni
precedenti
.
La
Serenissima
era
minacciata
questa
volta
da
un
lato
dalla
nuova
Francia
nelle
basi
del
suo
reggimento
politico
e
fors
'
anco
nei
suoi
domini
,
e
dall
'
altro
dall
'
Impero
che
,
per
ragioni
di
frontiere
e
di
militari
interessi
,
poteva
violare
la
proclamata
neutralità
ad
ogni
occasione
propizia
.
La
Serenissima
doveva
quindi
essere
pronta
a
tutelare
un
bene
senza
disporre
della
necessaria
forza
per
allontanare
il
male
.
In
questi
frangenti
l
'
unica
forza
e
speranza
erano
le
cerne
.
Per
rimetterle
in
valore
si
presentavano
due
partiti
:
l
'
uno
derivato
dalla
consorteria
conservatrice
militare
veneta
,
l
'
altro
dal
piccolo
nucleo
dei
riformatori
.
Il
primo
caldeggiava
un
largo
e
fecondo
innesto
delle
cerne
nelle
truppe
prezzolate
,
per
scansarle
dalla
prossima
morte
mediante
una
trasfusione
di
sangue
rigoglioso
in
un
corpo
infermo
,
e
proponeva
quindi
un
amalgama
;
il
secondo
partito
mirava
invece
decisamente
a
soppiantare
i
regolati
ed
a
surrogarli
senza
compromessi
di
sorta
con
le
milizie
paesane
.
Vinse
il
partito
dell
'
amalgama
,
dopo
molte
discussioni
accademiche
sui
pregi
di
un
metodo
e
sugli
svantaggi
dell
'
altro
,
mentre
il
vento
di
fronda
che
veniva
dalla
Francia
si
era
oramai
tramutato
in
procella
.
Fino
dalla
primavera
del
1791
,
il
Savio
aveva
esortato
le
primarie
cariche
militari
a
riunirsi
per
concretare
i
provvedimenti
più
adatti
a
riordinare
le
cerne
.
Per
questi
studi
mancavano
però
i
dati
di
fatto
,
poiché
la
costumanza
delle
mostre
generali
e
dei
mostrini
era
passata
in
dissuetudine
come
un
'
anticaglia
,
sicché
convenne
attendere
ancora
un
'
altra
primavera
per
riordinare
i
ruoli
e
raggranellare
gli
inscritti
,
«
essendo
questi
quasi
tutti
ammogliati
,
laonde
si
credono
dispensati
,
quantunque
non
cassi
,
oltreché
non
sono
poche
le
emigrazioni
nel
territorio
e
le
morti
avvenute
da
tempo
»
(
123
)
.
Finalmente
,
nella
primavera
del
1794
,
le
cerne
riapparvero
alla
luce
in
uno
degli
ultimi
tramonti
della
Serenissima
.
La
fusione
di
esse
con
i
regolati
era
allora
al
sommo
dei
pensieri
del
Senato
,
«
che
si
proponeva
,
non
già
di
ripetere
da
questo
corpo
una
truppa
agguerrita
,
capace
di
marciar
subito
tutta
unita
e
direttamente
contro
il
nemico
,
ma
bensì
un
corpo
da
potersi
,
tutto
o
in
porzione
,
prontamente
unire
alle
altre
truppe
...
disposto
ad
essere
in
assai
più
breve
tempo
delle
reclute
comuni
istruito
nelle
militari
evoluzioni
,
reso
capace
a
presidî
,
difese
e
battaglie
.
Tale
essendo
il
servizio
che
da
esso
corpo
si
propone
di
ritrarre
il
Senato
,
basterà
disporre
quello
che
può
essere
atto
a
preparare
ed
ottenere
dalle
cerne
subito
l
'
occorrente
da
poter
divenire
,
con
poche
istruzioni
,
un
ottimo
soldato
»
(
124
)
.
Ma
per
questo
amalgama
-
compiuto
per
di
più
in
evidente
condizione
di
inferiorità
delle
cerne
rispetto
ai
regolati
-
occorreva
una
certa
misura
tra
gli
elementi
da
fondersi
,
affinché
riuscisse
una
forte
e
vigorosa
combinazione
non
già
un
miscuglio
instabile
.
Si
addivenne
così
al
partito
del
sorteggio
,
ossia
all
'
estrazione
tra
le
cerne
,
ed
all
'
adozione
di
una
ferma
biennale
da
attribuirsi
a
quei
descritti
cui
sarebbe
toccato
in
sorte
di
amalgamarsi
con
i
regolati
.
La
costumanza
d
'
altronde
aveva
qualche
precedente
nei
periodi
delle
neutralità
anteriori
,
specie
nel
1703
e
nel
1709
(
125
)
,
sicché
fu
accolta
dalle
masse
campagnuole
con
uno
spirito
di
rassegnazione
che
parve
superare
le
aspettative
.
L
'
esempio
del
piccolo
ma
forte
Piemonte
-
rievocato
a
proposito
dal
Fontana
ambasciatore
Veneto
a
Torino
-
aveva
persuaso
alla
fine
anche
i
più
scettici
in
materia
di
cerne
(
126
)
.
Quivi
i
reggimenti
stanziali
erano
assai
di
frequente
rincalzati
con
uomini
tratti
dai
reggimenti
provinciali
,
cioè
dalle
milizie
paesane
piemontesi
,
e
mercé
tale
incorporamento
periodico
,
replicato
a
più
riprese
e
quindi
numeroso
di
elementi
scelti
del
paese
obbligati
temporariamente
alle
armi
,
ben
sicuri
di
far
ritorno
alle
case
al
termine
della
ferma
,
il
sistema
di
reclutamento
dell
'
esercito
subalpino
aveva
fatto
un
grande
passo
verso
i
metodi
in
fiore
ai
nostri
giorni
(
127
)
.
In
queste
buone
predisposizioni
ed
in
queste
analogie
organiche
,
i
novatori
di
cui
sopra
scorgevano
da
ultimo
un
indizio
benaugurante
per
la
propria
tesi
.
*
*
*
Adunque
,
nel
maggio
dell
'
anno
1794
,
dietro
istanza
del
brigadiere
Stràtico
-
il
miglior
campione
del
partito
conservatore
militare
veneto
del
tempo
-
il
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
Antonio
Zen
emanò
un
decreto
con
il
quale
si
prescriveva
,
«
di
effettuare
l
'
estrazione
tra
le
cerne
dell
'
Istria
e
la
coscrizione
tra
le
craine
della
Dalmazia
,
di
un
competente
numero
di
individui
per
essere
imbarcati
ed
inoltrati
al
Lido
per
rinforzo
occorrente
ai
soldati
di
Terraferma
(
128
)
.
L
'
obbligo
alle
armi
dei
sorteggiati
doveva
essere
di
un
biennio
,
i
compensi
di
2
ducati
a
titolo
di
donativo
da
corrispondersi
all
'
atto
del
loro
innesto
nella
milizia
regolata
,
la
paga
eguale
in
tutto
e
per
tutto
a
quella
dei
soldati
di
mestiere
,
cioè
a
31
lire
venete
nominali
.
In
questo
modo
,
nel
maggio
dell
'
anno
sopra
ricordato
,
si
ingaggiarono
sull
'
altra
sponda
dell
'
Adriatico
500
reclute
,
e
cioè
125
nell
'
Istria
Veneta
e
375
nella
Dalmazia
,
sorteggiate
rispettivamente
e
proporzionatamente
sopra
un
contingente
di
525
uomini
atti
alle
armi
della
prima
provincia
e
1375
nella
seconda
.
Il
mese
successivo
si
levarono
altre
450
reclute
tra
le
cerne
di
Terraferma
e
nell
'
agosto
altrettante
in
Dalmazia
:
in
complesso
1400
uomini
in
4
mesi
.
Erano
esenti
da
questa
prestazione
i
comuni
della
Bresciana
,
per
l
'
antico
privilegio
loro
di
servire
con
la
gente
solo
nell
'
interno
della
terra
,
sicché
quelle
cerne
si
incorporarono
nei
presidi
della
provincia
e
più
precisamente
nelle
due
compagnie
dei
fanti
italiani
di
presidio
in
Orzinovi
.
Ma
,
più
che
altrove
,
questi
primi
saggi
di
coscrizione
avevano
incontrato
grande
favore
sull
'
altra
riva
dell
'
Adriatico
.
«
L
'
estensione
della
Dalmazia
-
diceva
la
relazione
di
un
piedilista
dall
'
epoca
-
la
sua
aperta
e
moltiplicata
confinazione
esigendo
talora
per
l
'
indole
dei
finitimi
uno
straordinario
aggregato
di
individui
,
anche
per
una
sola
occasione
al
servizio
,
così
si
arrolano
ivi
le
colletizie
,
le
quali
sono
più
adatte
di
ogni
altro
per
la
loro
nascita
ed
educazione
a
difendere
i
focolari
ed
il
pubblico
suolo
.
Armigeri
per
istituto
,
essi
non
hanno
bisogno
di
annui
esercizî
che
li
addestrino
come
i
sudditi
della
Terraferma
e
dell
'
Istria
,
ma
cadono
ben
volentieri
in
stipendio
per
il
solo
tempo
del
servizio
che
fanno
nel
corpo
delle
colletizie
sotto
i
loro
ufficiali
che
,
stipendiati
con
costanti
tenuissime
paghe
,
tengono
una
certa
sopravveglianza
sull
'
andamento
dei
sudditi
della
Sardarìa
(
o
rispettivo
contado
)
,
sono
come
accreditati
e
riveriti
dalla
popolazione
e
preposti
al
caso
a
dirigerla
con
paghe
in
tal
caso
corrispondenti
al
grado
che
dalla
pratica
è
loro
accordato
per
rientrare
,
tosto
che
cada
la
ragion
dell
'
armo
,
nel
consueto
metodico
loro
piede
»
(
129
)
.
In
quell
'
anno
1794
si
ristabilirono
pure
le
mostre
generali
,
si
completarono
i
ruoli
sotto
la
responsabilità
dei
singoli
rappresentanti
e
capi
di
provincia
nonché
di
2
colonnelli
delle
cernide
oltre
Mincio
ed
in
Terraferma
e
di
4
ufficiali
dello
Stato
Generale
all
'
uopo
prescelti
dal
Savio
alle
Ordinanze
,
pure
due
per
di
qua
e
due
per
di
là
del
Mincio
;
infine
si
ristamparono
le
norme
della
«
Elementar
istruzione
ad
uso
delle
cernide
»
edite
nel
1763
(
130
)
.
Sempre
però
ligio
al
concetto
fondamentale
dell
'
amalgama
-
da
attuarsi
cautamente
e
circospettamente
-
il
Senato
aveva
prescritto
di
escludere
al
possibile
i
volontari
dalle
nuove
coscrizioni
,
sia
perché
il
vocabolo
aveva
troppo
sapore
di
giacobinismo
,
sia
perché
ammettendo
i
volontari
medesimi
quella
suprema
magistratura
temeva
che
l
'
istituto
tradizionale
delle
cerne
tralignasse
con
troppo
rapida
vicenda
nel
campo
dei
fautori
delle
nuove
milizie
.
Intanto
su
questo
terreno
delle
mezze
misure
il
tempo
passava
veloce
.
Scoccati
due
anni
dalla
coscrizione
delle
prime
cerne
con
ferma
biennale
,
nella
primavera
del
1796
convenne
provvedere
ad
altre
levate
in
Terraferma
ed
Oltremare
(
131
)
.
I
ruoli
ben
preparati
dai
merighi
,
o
capi
plotoni
delle
cerne
,
dovevano
rimanere
esposti
nelle
chiese
per
8
giorni
almeno
prima
della
rassegna
e
del
sorteggio
,
onde
aprire
l
'
adito
ad
ognuno
di
produrre
i
propri
gravami
,
o
titoli
di
esenzione
.
Per
coloro
che
comunque
avessero
beneficiato
di
questi
ultimi
,
il
Savio
aveva
in
animo
di
adottare
una
speciale
tansa
,
o
tassa
militare
alle
ordinanze
,
sicché
riducendo
i
gravami
personali
allo
stretto
indispensabile
,
o
magari
sopprimendoli
,
il
passo
verso
una
coscrizione
regolare
e
perfino
verso
una
leva
in
massa
sarebbe
riuscito
semplice
ed
agevole
(
132
)
.
Ma
il
tempo
per
attuare
tali
riforme
mancò
.
Per
questa
seconda
grande
levata
delle
cerne
il
Savio
alla
Scrittura
aveva
promulgato
non
poche
norme
,
da
osservarsi
scrupolosamente
da
tutte
le
cariche
cioè
autorità
militari
competenti
.
I
drappelli
dei
congedandi
della
levata
del
1794
dovevano
essere
riaccompagnati
alle
rispettive
case
da
ufficiali
:
tutti
i
mezzi
di
trasporto
oltremare
dovevano
sfruttarsi
all
'
uopo
,
come
tutte
le
lusinghe
dovevano
pure
adoperarsi
nell
'
intento
d
'
indurre
le
cerne
più
volonterose
ad
assoggettarsi
ad
una
riafferma
con
premio
(
133
)
.
E
ciò
urgeva
oltremodo
.
La
proporzione
delle
cerne
ai
«
regolati
»
,
causa
l
'
inaridirsi
delle
fonti
di
reclutamento
di
questi
ultimi
,
minacciava
di
far
traboccare
il
piatto
della
bilancia
a
favore
delle
milizie
paesane
,
ciò
che
se
poteva
sorridere
ai
novatori
non
poteva
talentare
per
certo
ai
conservatori
.
Sicché
le
riafferme
mantenendo
alle
armi
un
certo
numero
di
cerne
che
,
sotto
molti
rispetti
,
potevano
considerarsi
come
«
regolati
»
,
dovevano
funzionare
quasi
da
vàlvola
di
sicurezza
del
sistema
dell
'
amalgama
.
*
*
*
Le
unità
dei
soldati
permanenti
,
intristite
dall
'
indisciplina
,
scheletrite
dalle
diserzioni
,
si
fondevano
infatti
come
neve
al
sole
.
«
Devo
infatti
far
presente
alla
E
.
V
.
-
scriveva
il
16
febbraio
1796
il
Savio
alla
Scrittura
Priuli
al
Doge
,
«
-
che
presidiate
essendo
le
presenti
piazze
e
fortezze
d
'
Oltre
-
Mincio
compresa
Verona
da
fanteria
italiana
,
con
teste
2712
,
artiglieri
173
e
1223
nazionali
(
Oltramarini
)
,
eseguito
lo
sbando
tra
giugno
e
novembre
degli
Istriani
,
delle
Craine
e
delle
Cernide
Italiane
levate
nell
'
anno
1794
,
il
totale
delle
pubbliche
forze
della
Repubblica
in
Italia
verrà
a
ridursi
a
4
compagnie
di
invalidi
-
in
tutto
teste
327
-
che
formano
il
presidio
delle
città
di
Palma
,
Udine
,
Treviso
,
Padova
,
Rovigo
e
Vicenza
,
a
7
compagnie
di
cavalleria
ed
a
325
invalidi
Oltremarini
disposti
tra
gli
appostamenti
del
Lido
,
Istria
e
Padova
,
e
finalmente
a
24
compagnie
di
Nazionali
formanti
teste
789
,
tra
il
Lido
e
la
Terraferma
,
oltre
a
4
compagnie
di
cannonieri
,
con
teste
141
ed
Italiani
attive
compagnie
13
,
con
teste
325
.
In
tutti
,
teste
2187
,
che
occorrer
dovranno
alle
molteplici
esigenze
della
sanità
,
biave
,
oltre
le
guardie
,
i
dazi
etc
.
»
(
134
)
A
questi
estremi
si
era
oramai
ridotto
l
'
esercito
della
Serenissima
.
Epperciò
parlare
ancora
di
amàlgama
in
tali
frangenti
come
nella
primavera
del
1794
sarebbe
stato
follia
,
dal
momento
che
l
'
esercito
dei
«
regolati
»
,
il
quale
doveva
funzionare
da
crogiuolo
della
fòndita
,
più
non
esisteva
se
non
di
nome
:
ostinarsi
a
mantenere
un
sistema
di
reclutamento
che
i
tempi
e
le
circostanze
unanimi
designavano
per
anacronismo
,
sarebbe
stato
lo
stesso
che
chiudere
le
caserme
per
sciopero
di
soldati
.
Tutto
questo
avrebbe
oltre
a
ciò
contrariate
le
viste
politiche
della
neutralità
armata
,
«
non
sospetta
,
ma
necessariamente
richiesta
dall
'
onore
e
dalla
salute
della
Repubblica
,
»
,
come
aveva
pubblicamente
dichiarato
in
Senato
Francesco
Pesaro
in
una
concione
diventata
poi
memoranda
(
135
)
.
Il
partito
militare
novatore
della
Serenissima
,
il
fautore
cioè
delle
milizie
paesane
in
tutto
e
per
tutto
,
aveva
così
vinta
la
propria
tesi
mentre
la
Repubblica
moriva
.
Le
novelle
di
Francia
,
i
metodi
rapidi
e
decisi
delle
guerre
della
Rivoluzione
,
i
sistemi
di
leva
in
massa
avevano
spinta
la
loro
eco
fino
alla
città
delle
lagune
.
L
'
ultimo
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
se
ne
era
fatto
persino
il
portavoce
,
unitamente
al
Savio
uscito
Bernardino
Renier
,
a
Francesco
Gritti
Savio
alle
Ordinanze
in
carica
ed
a
Domenico
Almorò
Tiepolo
Savio
alle
Ordinanze
uscito
,
al
tenente
generale
Salimbeni
,
e
,
tutti
insieme
-
come
si
costumava
per
le
deliberazioni
di
maggior
rilievo
-
avevano
proposto
al
Senato
di
adottare
anche
per
l
'
esercito
Veneto
un
sistema
di
reclutamento
per
coscrizione
,
con
ferma
triennale
(
136
)
.
Un
premio
di
due
ducati
doveva
essere
corrisposto
subito
agli
estratti
nelle
rassegne
delle
cerne
,
il
doppio
a
coloro
che
si
offrissero
spontaneamente
alle
bandiere
.
Ai
nuovi
soldati
si
prometteva
oltre
a
ciò
una
licenza
di
almeno
un
mese
all
'
anno
,
da
fruirsi
alle
proprie
case
durante
il
periodo
invernale
,
e
più
precisamente
dal
1°
novembre
al
31
marzo
.
Al
termine
della
ferma
triennale
gli
inscritti
dovevano
ricevere
un
donativo
di
18
ducati
ognuno
.
Questa
fu
l
'
ultima
evoluzione
delle
vecchie
cernide
venete
,
conforme
al
concetto
che
presiede
al
reclutamento
degli
eserciti
odierni
.
Per
essa
l
'
antico
preludeva
il
nuovo
,
ed
il
passato
di
Vailate
e
di
Rusecco
avrebbe
schiuso
la
strada
ad
una
nuova
serie
di
memorande
imprese
,
se
la
Repubblica
avesse
avuto
occhi
per
vedere
e
cuore
per
intendere
.
E
Giacomo
Nani
,
l
'
ordinatore
delle
nuove
milizie
paesane
in
battaglioni
regolari
vestiti
ancora
della
fiammante
divisa
degli
Oltremarini
(
137
)
,
avrebbe
eguagliato
per
certo
la
fama
di
Bartolomeo
d
'
Alviano
,
se
il
popolo
veneto
che
vide
cadere
la
Repubblica
come
un
lògoro
e
vecchio
castello
di
carte
da
giuoco
davanti
alla
furia
di
Napoleone
Buonaparte
,
fosse
stato
pari
in
vigore
e
tenacia
al
popolo
della
Lega
di
Cambrai
.
*
*
*
Ma
i
tempi
,
i
condottieri
e
le
buone
milizie
non
si
improvvisano
,
perché
sono
frutto
dell
'
evoluzione
lenta
dei
principi
e
,
sopratutto
,
della
rude
esperienza
individuale
e
collettiva
.
Epperciò
la
vecchia
Repubblica
doveva
prima
,
perire
e
poscia
rinnovarsi
nell
'
anima
del
suo
popolo
.
In
queste
condizioni
di
fatto
,
il
fermento
delle
nuove
età
ed
i
sintomi
precisi
e
sicuri
di
un
rinnovamento
prossimo
non
potevano
manifestarsi
-
anche
agli
occhi
dei
più
apparecchiati
a
comprenderli
-
se
non
con
contorni
indecisi
e
mal
definiti
,
come
una
linea
di
orizzonte
ampia
e
nubilosa
alla
luce
dalla
prima
aurora
.
Di
tali
sentimenti
fanno
fede
alcune
scritture
dell
'
epoca
,
e
specialmente
è
suggestiva
una
dovuta
alla
meditazione
,
più
che
alla
penna
,
di
un
antico
allievo
del
Militar
Collegio
di
Verona
discepolo
del
maestro
Giambattista
Joure
,
cioè
il
capitano
del
genio
Leonardo
Salimbeni
,
figlio
del
tenente
generale
comandante
delle
milizie
venete
concentrate
a
Verona
:
«
Mi
sono
fatto
incontro
al
generale
Buonaparte
-
dice
quella
scrittura
-
verso
la
città
di
Brescia
.
Tutte
le
terre
ed
i
villaggi
dello
Stato
Veneto
per
dove
i
Francesi
si
incamminano
si
mostrano
pieni
di
spavento
e
di
terrore
.
Gli
abitanti
si
ritirano
con
i
loro
effetti
nei
paesi
più
lontani
e
lasciano
deserte
le
case
e
le
campagne
.
Ho
sentito
qualche
soldato
francese
lamentarsi
di
questo
(
così
lo
chiamano
)
difetto
di
fidanza
,
epperciò
io
ho
cercato
di
far
cuore
agli
abitanti
delle
terre
per
le
quali
sono
passato
...
I
soldati
francesi
sono
tutti
giovani
e
volonterosi
....
.
in
una
colonna
forte
di
20.000
uomini
almeno
non
ne
ho
veduto
alcuno
che
giungesse
all
'
età
di
40
anni
.
Erano
molto
allegri
,
cantavano
di
continuo
canzoni
repubblicane
,
e
mi
si
mostrarono
persuasi
della
capacità
e
del
coraggio
dei
loro
condottieri
,
lodando
sopra
tutto
e
levando
al
cielo
il
merito
di
Buonaparte
.
Fui
assicurato
da
molti
che
quei
soldati
non
disertano
mai
,
da
quelli
infuori
che
temono
imminente
un
qualche
severo
castigo
.
Infatti
le
loro
marce
senza
le
solite
cautele
per
impedire
la
diserzione
mi
hanno
persuaso
che
ciò
sia
proprio
vero
;
ma
non
sarebbe
forse
così
al
caso
che
fossero
battuti
.
«
Il
vestiario
di
questi
giovani
soldati
di
fanteria
consiste
in
un
paio
di
calzoni
lunghi
di
panno
bianco
,
o
di
tela
,
in
un
farsetto
di
roba
simile
ed
in
una
velada
turchina
,
del
taglio
ordinario
,
fornita
di
mostre
e
di
paramani
bianchi
.
Hanno
cappello
in
testa
,
buone
scarpe
,
camicie
proprie
e
grosse
cravatte
al
collo
.
Gli
artiglieri
differiscono
nel
colore
delle
mostre
e
dei
paramani
,
che
sono
di
rosso
.
La
cavalleria
è
meglio
vestita
,
ma
in
varie
maniere
.
Non
si
vede
però
alcuna
eleganza
di
vestiario
in
nessun
corpo
di
questa
armata
,
né
l
'
uniformità
e
la
proprietà
osservata
dalle
truppe
tedesche
,
sicché
si
riscontrano
molti
soldati
aventi
i
loro
vestiti
affatto
lògori
e
coi
gomiti
fuori
.
«
La
fanteria
è
armata
di
fucile
leggero
con
una
lunga
baionetta
e
di
una
sciabla
al
fianco
.
La
cavalleria
al
solito
,
ma
con
carabine
più
corte
,
ed
è
fornita
di
cavalli
eccellenti
.
Gli
artiglieri
sono
tutti
a
cavallo
in
vicinanza
dei
loro
pezzi
,
il
che
rende
quanto
mai
spedito
il
loro
manneggio
durante
l
'
azione
,
sì
volendo
avanzare
che
in
ritirata
.
Nella
colonna
che
ho
incontrata
non
eravi
che
artiglieria
leggiera
.
Abbondano
di
pezzi
da
8
del
calibro
francese
e
di
obusieri
da
8
pollici
,
sicché
hanno
per
questo
conto
un
vantaggio
grande
sopra
gli
Austriaci
i
cui
pezzi
sono
per
la
maggior
parte
di
calibro
minore
.
«
Un
capitano
mi
ha
permesso
di
esaminare
i
suoi
pezzi
e
mi
spiegò
tutte
le
innovazioni
delle
nuove
artiglierie
di
Francia
.
«
Si
ottiene
tutto
da
essi
con
la
civiltà
e
con
la
franchezza
.
La
disciplina
di
questa
armata
è
tutta
di
una
nuova
natura
,
e
non
è
veramente
in
vigore
se
non
quando
i
soldati
si
mettono
sotto
le
armi
.
Dormono
sempre
allo
scoperto
e
senza
tende
,
passano
i
fiumi
di
poca
larghezza
sempre
a
nuoto
ed
i
loro
ufficiali
di
fanteria
,
fino
al
capitano
incluso
,
marciano
a
piedi
alla
testa
dei
loro
uomini
.
Ufficiali
e
soldati
tutti
portano
delle
bisacce
sul
dorso
,
essendo
assai
piccolo
il
numero
dei
domestici
permessi
dalle
loro
ordinanze
militari
....
«
Bisogna
ora
fare
un
succinto
ritratto
del
generale
Buonaparte
.
La
sua
statura
è
al
disotto
della
mediocre
,
viso
scarno
e
pallido
,
occhio
vivace
,
corpo
esile
.
È
assai
composto
di
sua
persona
e
molto
riflessivo
.
Egli
dà
ordini
così
chiari
e
precisi
ai
generali
subalterni
,
che
ad
essi
poco
o
nulla
rimane
da
aggiungere
.
Conosce
siffattamente
la
forza
delle
sue
armate
,
anche
nelle
più
diverse
posizioni
di
manovra
,
che
a
memoria
ed
in
un
istante
egli
ne
ordina
i
movimenti
senza
per
ciò
ricorrere
ad
altri
aiuti
.
«
Buonaparte
è
fertile
in
progetti
che
sa
condurre
a
fine
sempre
per
li
modi
i
più
semplici
.
È
risoluto
nell
'
operare
ed
ama
in
sommo
grado
la
gloria
,
e
la
lode
.
«
Così
lo
ho
veduto
e
così
me
lo
hanno
dipinto
i
suoi
ufficiali
ed
i
suoi
soldati
»
(
138
)
.
Con
questa
confusa
visione
di
un
esercito
dell
'
avvenire
levato
dalla
nazione
e
per
la
nazione
,
pulsante
della
vita
,
della
volontà
e
della
forza
cosciente
di
quest
'
ultima
di
cui
rappresentava
il
fiore
;
con
l
'
imagine
davanti
agli
occhi
di
un
esercito
condotto
da
un
generale
come
Napoleone
Buonaparte
,
amante
al
sommo
della
gloria
e
della
lode
,
cadeva
l
'
esercito
veneto
dei
soldati
di
mestiere
per
lasciare
il
posto
al
nuovo
,
sull
'
esempio
di
quelli
che
dalla
Francia
venivano
allora
ad
affacciarsi
alle
lagune
di
Venezia
.
CAPO
VI
.
L
'
artiglieria
veneziana
.
La
veneta
repubblica
,
romanamente
e
saviamente
,
ha
sempre
prediletta
la
massima
in
pedite
robur
.
Sui
18
reggimenti
di
fanti
italiani
e
sugli
11
di
oltramarini
essa
non
contava
infatti
,
alla
caduta
,
che
4
reggimenti
di
cavalleria
,
1
di
artiglieria
ed
1
di
operai
(
il
così
detto
reggimento
Arsenal
)
,
proporzione
per
certo
assai
favorevole
all
'
arma
del
popolo
,
qualora
si
consideri
il
fondamento
oligarchico
ed
aristocratico
dello
Stato
e
la
necessità
di
ben
presidiare
i
numerosi
castelli
e
fortezze
che
esso
aveva
sparsi
,
dall
'
Adda
e
dall
'
Oglio
,
giù
per
il
littorale
dalmata
,
fino
allo
scoglio
di
Cerigotto
.
A
cifre
tonde
,
a
262
compagnie
di
fanteria
non
facevano
quindi
riscontro
che
43
compagnie
,
tra
dragoni
,
corazzieri
,
croati
e
cannonieri
.
La
prevalente
soverchianza
numerica
della
fanteria
sulle
altre
armi
non
fece
però
dimenticar
mai
alla
Serenissima
la
cavalleria
e
l
'
artiglieria
,
e
quest
'
ultima
in
particolar
modo
.
Quale
ramo
progredito
dell
'
arte
,
l
'
artiglieristica
vantava
anzi
a
Venezia
belle
tradizioni
dottrinali
e
bibliografiche
:
basta
sfogliare
la
cospicua
e
diligente
raccolta
del
Cicogna
per
convincersene
(
139
)
.
Figurano
in
essa
,
tra
le
opere
più
conosciute
,
il
Breve
esame
da
sotto
-
bombardiere
,
capo
e
scolaro
,
redatto
sotto
forma
di
dialogo
,
l
'
Esercizio
dell
'
artiglieria
veneta
e
maneggio
del
fucil
,
oltre
all
'
opera
classica
del
maggiore
Domenico
Gasperoni
,
ricordata
più
sopra
e
dedicata
al
doge
Paolo
Renier
.
Però
,
fino
all
'
anno
1757
,
l
'
esercito
veneto
non
ebbe
un
corpo
di
artiglieria
a
sé
,
a
somiglianza
dei
reggimenti
delle
altre
armi
.
Né
la
specializzazione
tattica
dei
cannonieri
era
giunta
ancora
a
tal
segno
da
richiedere
particolari
provvedimenti
a
loro
riguardo
,
sicché
la
Serenissima
si
compiaceva
di
conservare
loro
,
al
possibile
,
quella
tal
veste
di
maestranza
,
rimasuglio
di
vecchi
statuti
e
consorterie
,
dalla
quale
il
corpo
medesimo
,
con
poca
spesa
,
ritraeva
grande
prestigio
e
saldo
vincolo
organico
.
Al
servizio
ordinario
nei
castelli
,
nelle
fortezze
e
sui
pubblici
legni
armati
,
provvedevano
i
così
detti
artiglieri
urbani
,
bombardieri
o
bombisti
;
propaggine
delle
cerne
e
particolare
aspetto
delle
Landwehr
venete
che
,
in
origine
,
erano
così
ricche
di
multiformi
e
fecondi
atteggiamenti
da
milizia
popolare
.
Ai
bombardieri
appartenevano
infatti
per
obbligo
gli
affigliati
alle
maestranze
ed
alle
scuole
devote
al
culto
di
Santa
Barbara
,
il
quale
rifletteva
sulla
consorteria
uno
spiccato
carattere
religioso
militante
.
Dopo
il
1570
la
confraternita
si
ridusse
in
fraglia
,
cioè
scuola
o
associazione
laica
,
sotto
la
protezione
della
medesima
santa
,
con
capitolari
che
prescrivevano
ai
componenti
dell
'
arte
alquanti
esercizi
personali
obbligatoli
da
compiersi
al
Lido
.
Il
Consiglio
dei
Dieci
ed
i
Provveditori
del
Comun
(
140
)
dovevano
scrupolosamente
vegliare
all
'
assetto
di
questa
scuola
ed
all
'
osservanza
dei
doveri
degli
affigliati
,
d
'
accordo
con
il
magistrato
alle
artiglierie
(
141
)
e
con
«
quello
alle
fortezze
»
.
Ogni
città
fortificata
o
castello
disponeva
di
un
nucleo
organizzato
di
codesti
bombardieri
,
istruito
,
disciplinato
e
condotto
da
ufficiali
medesimamente
prescelti
tra
le
maestranze
.
I
bombardieri
di
Venezia
,
dell
'
estuario
e
dei
riparti
Oltremare
,
con
le
rispettive
scuole
,
dovevano
provvedere
al
servizio
delle
artiglierie
sui
pubblici
legni
,
oppure
assoggettarsi
al
pagamento
della
relativa
tansa
,
o
tassa
di
esonerazione
come
si
è
detto
più
sopra
.
I
bombardieri
-
secondo
i
capitolari
dell
'
arte
-
dovevano
presentarsi
a
raccolta
ad
ogni
tocco
di
generala
,
o
assemblea
,
sottomettersi
alla
estrazion
del
bossolo
,
cioè
a
dire
al
sorteggio
,
come
praticavasi
con
le
cerne
ove
occorresse
designare
gli
artigiani
necessari
per
servire
le
artiglierie
sulle
navi
,
formare
pattuglie
notturne
nelle
città
murate
,
montare
dì
guardia
alle
porte
,
scortare
convogli
di
polveri
e
di
munizioni
da
guerra
ed
estinguere
incendi
nelle
province
di
terraferma
.
I
bombardieri
di
Venezia
infine
,
dovevano
esercitarsi
nei
pubblici
bersagli
di
S
.
Alvise
e
del
Lido
,
«
onde
ammaestrarsi
nel
maneggio
di
tutte
le
armi
che
usar
debbono
in
guerra
,
con
cannoni
ad
uso
di
mar
e
di
terra
,
moschettoni
a
cavalletto
,
fucili
e
carabine
,
lancio
delle
bombe
e
maneggio
della
spada
»
.
Oltre
a
questo
tirocinio
,
i
bombardieri
veneziani
dovevano
far
mostra
di
sé
nelle
pubbliche
solennità
,
in
quella
dello
Sposalizio
del
mare
,
nelle
feste
dell
'
incoronamento
del
Doge
ed
all
'
atto
dell
'
ingresso
dei
patriarchi
,
procuratori
e
cavalieri
della
Stola
d
'oro.Tutti
questi
servizi
erano
gratuiti
-
compreso
quello
di
pompiere
cui
erano
astretti
i
bombardieri
di
Terraferma
-
salvo
una
bonifica
di
8
ducati
,
corrisposta
annualmente
dallo
Stato
per
ogni
componente
dell
'
arte
a
pro
'
della
confraternita
ed
a
titolo
di
maestranza
perduta
(
142
)
.
*
*
*
Col
tempo
queste
costumanze
derivate
dalle
età
eroiche
,
da
una
condizione
semplicista
ed
arretrata
dell
'
evoluzione
industriale
e
della
compagine
operaia
,
cominciarono
prima
a
scadere
e
dopo
a
degenerare
.
Molti
bombardieri
si
svincolarono
dal
giogo
del
servizio
personale
obbligatorio
pagando
le
tanse
,
individuali
dapprima
,
collettive
di
poi
-
vale
a
dire
le
insensibili
-
quando
cioè
,
con
l
'
insofferenza
del
servizio
,
crebbero
l
'
avarizia
ed
il
disamore
alle
armi
,
ed
il
mestierantismo
militare
attecchì
su
questo
terreno
brullo
ed
infecondo
come
una
fioritura
di
erbàcce
selvatiche
.
Sulla
seconda
metà
del
secolo
XVIII
quasi
tutte
le
compagnie
venete
dei
bombardieri
si
erano
assottigliate
in
modo
straordinario
,
e
con
esse
-
ridotte
in
totale
a
poche
centinaia
di
uomini
-
si
doveva
provvedere
al
servizio
dei
5338
(
143
)
pezzi
esistenti
a
quell
'
epoca
sui
rampari
e
sui
navigli
della
Repubblica
.
Quale
truppa
infine
,
i
seguaci
di
Santa
Barbara
si
erano
ridotti
-
come
scriveva
il
maggiore
Domenico
Gasperoni
-
né
più
né
meno
che
un
branco
di
individui
,
la
cui
uniforme
e
le
stesse
baionette
erano
quasi
sempre
impegnate
o
in
vendita
ai
cenciauoli
.
Urgeva
quindi
porre
riparo
a
tanta
rovina
,
resa
ancor
più
grave
dal
progresso
cospicuo
che
altrove
aveva
realizzato
l
'
arma
d
'
artiglierìa
nella
tecnica
e
nella
tattica
,
mercé
l
'
addestramento
continuo
ed
intenso
dei
cannonieri
;
laddove
i
bombardieri
veneti
dedicavano
all
'
arte
di
Santa
Barbara
soltanto
il
limitato
tempo
che
le
giornaliere
occupazioni
loro
concedevano
,
ed
anche
questo
di
malavoglia
o
facendosi
surrogare
dai
peggiori
rifiuti
della
società
.
Ebbe
così
vita
,
nel
1757
,
il
primo
nucleo
del
Reggimento
veneto
all
'
artiglieria
,
reclutato
con
i
soliti
metodi
delle
milizie
di
mestiere
,
mercé
le
cure
del
sopraintendente
dell
'
arma
di
allora
,
che
era
il
brigadiere
Tartagna
,
venuto
al
servizio
della
Repubblica
dall
'
Austria
.
Successivamente
il
brigadiere
Saint
-
March
ed
il
sergente
generale
Patisson
(
144
)
)
proseguirono
l
'
opera
del
Tartagna
,
specie
il
secondo
che
può
considerarsi
il
vero
e
proprio
riformatore
dell
'
artiglieria
veneta
della
decadenza
.
Tra
il
1770
ed
il
1778
il
reggimento
crebbe
di
forza
e
migliorò
d
'
assetto
.
L
'
istituzione
del
Collegio
militare
di
Verona
-
avvenuta
pressoché
al
tempo
della
creazione
del
primo
nucleo
stanziale
dell
'
arma
-
doveva
inoltre
assicurare
alla
medesima
una
corrente
continua
di
ufficiali
,
tratti
dal
miglior
ceto
della
società
veneta
,
convenientemente
addestrati
ed
istruiti
;
uno
stato
maggiore
insomma
degno
dei
migliori
eserciti
e
dei
più
bei
tempi
della
Serenissima
.
In
sei
anni
di
corso
si
studiava
infatti
nel
Collegio
la
grammatica
usando
i
libri
di
Fedro
,
i
Commentari
di
Giulio
Cesare
e
le
Vite
degli
uomini
illustri
di
Plutarco
,
il
latino
,
il
francese
,
le
matematiche
pure
,
tanto
teoricamente
che
in
pratica
ed
infine
le
matematiche
miste
,
«
quali
sono
adatte
al
matematico
ed
al
fisico
,
abbracciando
perciò
la
meccanica
,
la
balistica
,
l
'
idrostatica
,
l
'
idraulica
,
l
'
ottica
,
la
perspettiva
,
l
'
astronomia
,
l
'
architettura
civile
e
militare
,
la
nautica
e
la
geografia
»
(
145
)
.
E
poiché
era
«
scopo
principale
dell
'
istituto
di
rendere
i
giovani
,
al
possibile
,
perfetti
nell
'
ufficio
di
artiglieri
,
di
ingegneri
e
di
battaglisti
»
,
così
si
doveva
,
oltre
alle
materie
teoriche
di
cui
sopra
,
«
insegnare
loro
il
modo
di
guerreggiare
degli
antichi
,
l
'
uso
di
accamparsi
,
la
condotta
delle
mine
,
l
'
arte
teorica
e
pratica
dell
'
artiglieria
ed
il
modo
di
guerreggiare
presentemente
in
rapporto
con
gli
antichi
»
.
Nel
piedilista
del
1781
adunque
il
reggimento
di
artiglieria
appare
di
già
adulto
.
Esso
contava
681
cannonieri
suddivisi
in
12
compagnie
,
quattro
delle
quali
erano
dislocate
nei
presidi
di
Levante
,
tre
in
quelli
di
Dalmazia
e
le
rimanenti
cinque
in
Italia
.
Dai
diversi
presidi
poi
si
prelevavano
in
proporzione
i
contingenti
necessari
per
il
servizio
delle
navi
armate
in
guerra
.
Alla
disciplina
,
all
'
istruzione
ed
all
'
impiego
dei
cannonieri
imbarcati
sopravvegliavano
a
turno
,
due
degli
otto
capitani
del
reggimento
residenti
a
Venezia
,
l
'
uno
a
bordo
della
nave
capitana
,
l
'
altro
a
bordo
della
galera
provveditrice
dell
'
armata
,
e
ciò
durante
il
tempo
in
cui
la
squadra
teneva
il
mare
,
vale
a
dire
ordinariamente
dal
giugno
all
'
ottobre
di
ogni
anno
.
Il
numero
dei
cannonieri
imbarcati
sulle
navi
era
,
di
regola
,
di
una
ventina
per
ogni
fregata
e
di
una
dozzina
per
ogni
sciabecco
.
L
'
impiego
delle
batterie
galleggianti
verificatosi
in
quei
tempi
gloriosi
per
le
imprese
coloniali
dell
'
Emo
,
richiedeva
oltre
a
ciò
uno
speciale
contingente
anche
per
tali
navigli
,
pari
in
forza
a
quello
che
si
usava
sulle
fregate
.
All
'
infuori
di
questi
còmpiti
essenziali
del
reggimento
,
di
servire
cioè
sui
pubblici
navigli
,
esso
funzionava
da
centro
d
'
istruzione
e
da
istituto
di
collaudo
dei
materiali
dell
'
arma
.
Queste
pratiche
si
eseguivano
al
tiro
al
bersaglio
del
Lido
-
l
'
antico
palio
dello
splendore
veneziano
-
dove
si
trovavano
raccolti
i
falconetti
ed
i
cannoni
,
in
prevalenza
del
calibro
da
12
e
da
16
,
necessari
per
eseguire
i
tiri
di
prova
,
il
saggio
delle
polveri
e
dei
proiettili
e
per
verificare
la
resistenza
dei
materiali
.
Pure
al
poligono
del
Lido
si
esperimentavano
i
prodotti
della
Casa
all
'
Arsenal
,
l
'
officina
classica
delle
armi
,
degli
arredi
e
degli
strumenti
guerreschi
veneziani
,
i
letti
o
affusti
da
cannone
,
gli
attrezzi
e
gli
armamenti
,
e
si
collaudavano
pure
i
lavori
che
l
'
industria
privata
somministrava
alla
Repubblica
,
specie
i
cannoni
forniti
dalla
ditta
Spazziani
.
Le
artiglierie
e
le
munizioni
-
regolarmente
apprestate
per
qualche
tempo
dalla
detta
casa
mercantile
-
erano
assoggettate
al
Lido
ai
prescritti
tiri
forzati
,
e
così
anche
le
canne
dei
fucili
di
nuovo
modello
,
tipo
Tartagna
,
fucinate
a
Gardone
in
Valtrompia
,
le
armi
bianche
e
da
fuoco
somministrate
dagli
stabilimenti
metallurgici
della
Bresciana
.
Infine
,
al
Lido
ed
a
Mestre
,
i
cannonieri
del
reggimento
si
esercitavano
nelle
prove
di
traino
con
buoi
e
cavalli
,
e
d
'
inverno
si
adoperavano
per
riconoscere
lo
spessore
dei
ghiacci
al
margine
della
laguna
e
nei
canali
navigabili
,
per
determinare
la
capacità
di
transito
dei
veicoli
sopra
le
superficî
congelate
.
*
*
*
Ma
tutte
le
previdenze
del
sergente
generale
inglese
Patisson
e
poscia
dello
Stràtico
,
nominato
sovraintendente
delle
cose
tutte
all
'
artiglieria
nel
1786
(
146
)
,
coadiuvato
dal
capitano
Buttafogo
elevato
alla
carica
di
ispettore
-
non
sarebbero
state
sufficienti
per
assicurare
al
corpo
degli
artiglieri
veneti
quel
prestigio
che
essi
toccarono
alla
caduta
della
Repubblica
,
senza
l
'
opera
del
grande
contemporaneo
Angelo
Emo
.
Occorre
perciò
menzionare
a
questo
punto
i
progressi
della
tecnica
artiglieristica
,
realizzati
per
opera
ed
impulso
dell
'
ultimo
ammiraglio
veneto
.
Prima
di
lui
la
decadenza
batteva
il
suo
pieno
nell
'
Arsenale
e
sulle
navi
armate
.
«
Le
sale
di
quel
vecchio
e
grande
edifizio
-
scriveva
Giovanni
Andrea
Spada
-
erano
adorne
a
pompa
,
non
a
difesa
,
né
v
'
era
in
esso
quanto
bastasse
a
l
'
armamento
completo
di
tre
reggimenti
.
I
cannoni
quasi
tutti
di
ferro
e
non
adatti
agli
usi
della
nuova
arte
della
guerra
,
le
palle
in
relazione
...
,
le
maestranze
erano
poi
così
svogliate
,
ignoranti
e
corrotte
,
che
un
operaio
lavorava
alle
volte
un
solo
giorno
al
mese
»
.
Rimediò
per
primo
a
questa
rovina
il
Patisson
,
spalleggiato
dall
'
Emo
,
grande
e
geniale
ammiratore
dell
'
arte
e
della
disciplina
marinara
e
militare
inglese
,
ch
'
egli
vagheggiava
introdotte
a
Venezie
.
«
Le
polveri
nostre
sono
umide
-
dichiarava
il
Patisson
al
Savio
alla
Scrittura
-
e
non
si
provvede
a
sostituirle
che
con
altre
ugualmente
cattive
...
Le
artiglierie
impongono
urgenti
provvedimenti
per
rendere
utili
i
pezzi
che
sono
nelle
cinque
principali
piazze
di
Oltremare
,
cioè
Corfù
,
Cattaro
,
Zara
,
Knin
e
Clissa
,
e
validi
i
pezzi
destinati
all
'
armo
dei
pubblici
legni
,
nonché
all
'
attual
sottile
armata
di
18
navi
,
6
fregate
,
5
sciabecchi
,
fissato
con
decreto
del
1°
agosto
1780
...
alla
difesa
dei
forti
della
Dominante
,
per
il
treno
di
campagna
e
per
le
altre
eventualità
»
(
147
)
.
Il
noto
contratto
con
la
ditta
Spazziani
doveva
ovviare
alla
gravissima
crisi
,
unitamente
ai
provvedimenti
organici
adottati
per
l
'
arma
di
artiglieria
,
alla
abolizione
delle
mezze
paghe
ai
cannonieri
meno
abili
ed
al
trasferimento
degli
inabili
nel
corpo
dei
veterani
.
Fu
così
possibile
armare
nell
'
estate
del
1784
la
squadra
veneziana
destinata
all
'
impresa
di
Tunisi
(
148
)
;
sforzo
assai
modesto
se
si
riguarda
il
passato
,
ma
tuttavia
soddisfacente
e
lusinghiero
se
si
considerano
le
critiche
contingenze
del
tempo
,
le
trascuranze
e
gli
abbandoni
degli
istituti
militari
e
marinari
.
Nel
seguente
anno
1785
i
cannonieri
del
reggimento
artiglieria
si
distinguevano
nel
violento
bombardamento
della
cittadella
di
Sfax
.
La
bombarda
Distruzione
,
nel
combattimento
del
30
luglio
colpiva
31
volte
il
segno
su
32
tiri
,
il
31
luglio
23
volte
su
47
,
il
1°
agosto
infine
39
volte
su
47
.
La
bombarda
Polonia
il
1°
agosto
stesso
colpiva
55
volte
il
nemico
su
61
colpi
lanciati
.
Il
porto
di
Trapani
-
prescelto
dall
'
Emo
con
sagace
intuito
militare
e
navale
-
per
servire
da
base
eventuale
di
rifornimento
della
propria
squadra
e
delle
artiglierie
venete
,
ferveva
allora
di
apparecchi
guerreschi
.
Quivi
si
apportavano
gli
ultimi
ritocchi
alle
batterie
galleggianti
protette
,
ideate
ed
allestite
dal
grande
ammiraglio
.
«
La
poca
influenza
delle
navi
-
così
egli
lasciò
scritto
-
sopra
le
batterie
rasenti
del
molo
,
suggerì
alla
mia
imaginazione
un
espediente
alla
prima
apparentemente
ridicolo
...
di
formare
cioè
,
con
artificiosa
connessione
,
clausura
e
rivestimento
della
unita
superficie
di
due
masse
di
venti
botti
,
due
zattere
o
galleggianti
munite
di
un
grosso
cannone
da
40
ciascuno
...
protetto
da
parapetti
formati
da
una
doppia
riga
di
mucchi
di
sabbia
...
bagnata
e
rinchiusa
da
sacchi
»
(
149
)
.
Il
5
ottobre
1785
l
'
Emo
,
coadiuvato
dai
suoi
cannonieri
,
impiegava
per
la
prima
volta
due
di
tali
batterie
blindate
galleggianti
nel
bombardamento
della
Goletta
,
«
ed
era
molto
cosa
piacevole
-
scriveva
un
testimonio
oculare
-
nel
veder
da
tutti
i
lati
cadere
fulminanti
le
nostre
bombe
sopra
la
rinomata
Goletta
che
,
tutta
fumante
,
mi
sembrava
un
Vesuvio
»
(
150
)
.
Queste
batterie
galleggianti
-
migliorate
in
seguito
ed
accresciute
di
numero
-
ricevettero
due
cannoni
ognuna
,
tra
cui
un
obice
,
e
quindi
appresso
anche
un
mortaio
da
200
.
Al
comando
dell
'
artiglieria
di
ciascuna
zattera
blindata
furono
destinati
due
ufficiali
del
reggimento
,
e
le
zattere
stesse
si
denominarono
obusiere
,
bombardiere
o
cannoniere
,
a
seconda
del
tipo
dei
pezzi
che
recavano
a
bordo
.
Ma
le
imprese
dell
'
Emo
rappresentarono
il
canto
del
cigno
della
morente
grandezza
militare
e
navale
dei
Veneziani
.
Morto
questi
,
il
1°
marzo
1792
,
l
'
artiglieria
veneta
ripiombò
nella
sua
rovina
.
*
*
*
Quale
servizio
prettamente
tecnico
,
l
'
artiglieria
faceva
capo
al
Reggimento
così
detto
all
'
Arsenal
ed
all
'
Arsenale
medesimo
;
talché
le
due
branche
dell
'
attività
artiglieristica
-
il
tattico
ed
il
tecnico
-
trovavano
nella
pratica
due
enti
destinati
a
rappresentarle
,
cioè
il
reggimento
suddetto
e
quello
all
'
artiglieria
.
Dopo
i
grandiosi
ampliamenti
introdotti
nell
'
Arsenale
ai
tempi
dello
splendore
(
151
)
,
l
'
aggiunta
del
braccio
nuovissimo
,
del
riparto
delle
galeazze
e
della
casa
del
canevo
,
ossia
la
corderia
(
denominata
comunemente
la
tana
)
,
la
meravigliosa
fabbrica
dei
veneziani
era
caduta
prima
in
abbandono
e
poscia
in
completa
rovina
.
La
stupenda
officina
delle
armi
e
dei
navigli
veneti
,
verso
la
caduta
della
Serenissima
si
era
quindi
ridotta
un
'
ombra
di
sé
medesima
,
una
bellezza
stanca
e
disfatta
dall
'
opera
demolitrice
degli
anni
,
la
cui
fama
richiamava
ancora
le
genti
a
visitarla
,
ma
più
come
un
monumento
delle
passate
età
che
come
cosa
viva
.
Così
la
visitò
Giuseppe
II
nell
'
estate
dell
'
anno
1769
.
L
'
Arsenale
conservava
ancora
a
quel
tempo
oltre
tre
miglia
di
circuito
,
e
tutto
intero
il
giro
delle
sue
muraglie
guarnite
di
bertesche
sulle
quali
,
di
continuo
,
vigilavano
le
sentinelle
per
preservare
il
cantiere
da
ogni
funesto
accidente
,
specie
dal
fuoco
.
Queste
sentinelle
erano
in
corrispondenza
con
una
guardia
centrale
posta
in
mezzo
all
'
Arsenale
,
con
cui
,
ad
ora
ad
ora
,
esse
scambiavano
alla
voce
il
grido
di
all
'
erta
per
sapere
se
vegliassero
.
Dalla
sera
all
'
alba
un
drappello
di
soldati
-
Oltremarini
in
massima
parte
-
girava
tutt
'
attorno
al
grande
cantiere
veneziano
,
ed
anche
questi
solevano
chiamare
dal
di
fuori
l
'
attenzione
di
quelli
che
vigilavano
sull
'
alto
delle
mura
,
di
guisa
che
l
'
incrocio
delle
voci
delle
scolte
era
continuo
e
persistente
.
Dei
due
maggiori
ingressi
dell
'
edifizio
,
quello
detto
da
mare
,
d
'
onde
entravano
ed
uscivano
le
navi
,
era
guardato
sempre
da
un
buon
nerbo
di
truppa
disposto
presso
al
ponte
di
legno
.
L
'
ingresso
detto
da
terra
,
che
si
apriva
sul
Campo
dell
'
Arsenal
,
era
invece
custodito
da
un
altro
manipolo
di
cannonieri
e
di
schiavoni
,
i
quali
facevano
la
scolta
sotto
la
grande
porta
del
leone
alato
,
sopra
alla
quale
troneggia
la
statua
di
Santa
Giustina
.
Vicino
alla
porta
da
mare
-
segno
manifesto
della
corruzione
e
della
decadenza
dei
tempi
-
sorgeva
una
cantina
o
vascone
che
,
«
da
tre
bocche
versava
vino
in
gran
copia
per
dissetare
a
pubbliche
spese
tutto
quel
popolo
di
operai
(
152
)
,
cresciuto
tra
l
'
ignavia
universale
e
fatto
baldanzoso
dalle
debolezze
dei
governanti
.
E
gli
arsenalotti
,
intorno
all
'
anno
1775
,
ascendevano
ancora
a
più
di
duemila
,
suddivisi
in
squadre
comandate
da
appositi
capi
detti
proti
,
sotto
-
proti
o
capi
d
'
opera
,
tutti
vestiti
con
abiti
talari
(
153
)
.
Al
riparto
delle
fonderie
e
dei
metallurgi
sopravegliava
ancora
a
quei
tempi
la
dinastia
degli
Alberghetti
,
«
membri
della
famiglia
benemerita
di
antico
servigio
la
quale
aveva
mai
sempre
prodotto
uomini
valenti
nelle
meccaniche
ed
inventori
di
nuove
artiglierie
»
(
154
)
.
E
tra
questi
operai
tutti
si
reclutava
il
grosso
del
Reggimento
Arsenal
,
più
corporazione
e
confraternita
del
tipo
degli
antichi
bombisti
,
che
corpo
regolarmente
ordinato
.
A
tale
arte
facevano
pure
capo
i
lavori
di
ristauro
più
delicati
delle
armi
portatili
,
quali
il
rinnovo
degli
azzalini
(
acciarini
)
,
il
calibramento
delle
canne
e
la
trasformazione
dei
fucili
dall
'
antico
modello
(
1715
)
al
nuovo
,
del
campione
Tartagna
.
Al
lavoro
delle
vele
ed
alla
fattura
dei
cordami
sottili
attendevano
le
donne
«
le
quali
,
a
togliere
ogni
sorta
di
scandalo
,
albergavano
in
un
luogo
disgiunto
affatto
dagli
uomini
,
custodite
da
altre
donne
attempate
e
di
buona
fama
,
e
con
la
sopraintendenza
di
un
ministro
di
età
matura
»
(
155
)
.
Altri
operai
-
pure
ascritti
al
Reggimento
Arsenal
-
si
occupavano
di
«
filar
canape
e
formarne
gomene
,
alla
qual
cosa
era
destinato
un
luogo
che
è
bensì
dentro
il
circuito
dell
'
Arsenal
,
ma
separato
da
esso
in
modo
che
con
quello
non
abbia
comunicazione
veruna
»
(
156
)
.
Questa
era
la
Tana
sopranominata
,
laboratorio
,
deposito
di
cànapi
e
magazzino
di
legname
da
lavoro
e
di
altri
attrezzi
marinareschi
,
governato
dagli
appositi
visdomini
,
o
sottointendenti
.
Era
questa
Tana
un
vasto
locale
lungo
400
pertiche
,
governato
di
un
magistrato
apposito
,
e
non
lungi
da
esso
si
ergeva
il
real
naviglio
del
Bucintoro
,
che
una
volta
all
'
anno
,
la
vigilia
dell
'
Ascensione
,
usciva
fuori
dell
'
Arsenale
per
far
di
sé
bella
mostra
il
dì
seguente
,
«
nel
più
bello
di
tutti
gli
spettacoli
che
si
possano
mai
vedere
in
qualunque
parte
del
mondo
»
(
157
)
.
*
*
*
Il
magistrato
all
'
artiglieria
aveva
giurisdizione
sull
'
Arsenale
insieme
agli
altri
colleghi
(
158
)
,
ma
l
'
opera
sua
si
esplicava
più
particolarmente
rispetto
al
reggimento
all
'
Arsenal
,
mentre
quella
del
sopraintendente
,
o
del
brigadiere
dell
'
arma
,
si
riferiva
in
modo
speciale
al
reggimento
artiglieria
.
Quel
magistrato
teneva
infatti
i
ruoli
dei
«
fonditori
,
carreri
,
fabbri
,
tornitori
ed
altri
uffiziali
unicamente
dipendenti
da
esso
»
,
aveva
in
consegna
i
parchi
dei
cannoni
di
bronzo
e
di
ferro
,
le
munizioni
,
le
bombe
,
gli
apprestamenti
d
'
ogni
genere
ed
i
salnitri
.
Funzionava
adunque
,
sotto
questo
punto
di
vista
,
da
ufficio
burocratico
ed
amministrativo
;
còmpito
non
lieve
né
facile
quando
si
pensi
allo
svariatissimo
numero
di
bocche
da
fuoco
che
la
Repubblica
manteneva
ancora
in
servizio
alla
sua
caduta
,
claudicanti
sui
letti
che
invano
attendevano
l
'
opera
riparatrice
e
rinnovatrice
della
ditta
mercantile
Spazziani
.
Erano
24
modelli
diversi
di
cannoni
,
tra
bronzo
e
ferro
,
5
di
falconetti
,
6
di
colubrine
,
4
di
petrieri
,
13
di
mortaj
,
3
di
obusieri
,
3
di
obizzi
;
senza
contare
le
artiglierie
di
minor
calibro
e
le
speciali
,
come
gli
aspidi
,
i
passavolanti
,
i
saltamartini
,
i
trabucchi
,
le
spingarde
,
gli
organetti
ed
i
mortaretti
per
la
prova
delle
polveri
(
159
)
.
Ma
il
peggior
lavoro
da
Sisifo
in
questa
decadenza
delle
armi
veneziane
si
era
per
certo
quello
di
resistere
alle
continue
insidie
che
si
tendevano
al
Deposito
intangibile
,
di
cui
il
magistrato
all
'
artiglieria
era
responsabile
coma
prima
autorità
tecnica
del
reggimento
all
'
Arsenale
.
Questo
deposito
era
costituito
da
una
cospicua
raccolta
d
'
armi
d
'
ogni
fatta
,
composte
in
alquante
sale
dell
'
Arsenale
medesimo
,
«
le
cui
pareti
erano
tutte
maestrevolmente
guernite
,
dall
'
alto
al
basso
,
di
loriche
,
di
elmi
,
di
spade
,
di
archibugi
e
di
altri
militari
strumenti
.
Alcuni
di
questi
saloni
forniti
erano
di
armi
per
25,000
soldati
,
tali
altri
per
30,000
,
tali
altri
ancora
ne
somministravano
fino
a
40,000
:
e
ve
ne
erano
ancora
altri
per
25,000
o
30,000
galeotti
.
Le
dette
sale
si
vedevano
ancora
adorne
con
le
imagini
di
molti
ed
illustri
capitani
»
(
160
)
.
Il
deposito
intangibile
,
ampliato
e
riordinato
nella
parte
moderna
dal
sopraintendente
Patisson
e
nell
'
antica
del
maggiore
Gasperoni
(
161
)
,
era
così
detto
perché
ad
esso
non
si
doveva
ricorrere
salvo
che
al
caso
di
estrema
urgenza
ed
immediato
pericolo
di
guerra
,
dappoiché
agli
usi
correnti
dell
'
armo
o
della
neutralità
dovevano
sopperire
altri
depositi
detti
di
consumo
,
pure
stabiliti
dentro
la
cinta
dell
'
Arsenale
con
annesse
riserve
di
cannoni
e
di
munizioni
.
Ora
un
organismo
come
il
veneto
della
decadenza
,
il
quale
consumava
senza
produrre
,
doveva
necessariamente
intaccare
il
patrimonio
del
passato
senza
reintegrarlo
in
alcuna
guisa
,
e
mordere
dentro
l
'
eredità
del
deposito
intangibile
senza
ricostituirla
.
Ed
al
magistrato
all
'
artiglieria
toccò
di
assistere
a
questa
lenta
morìa
delle
armi
veneziane
,
registrandone
a
mano
a
mano
i
battiti
decrescenti
del
polso
,
assistendo
inoperoso
ed
inutile
a
questo
sfasciarsi
,
grado
a
grado
,
di
una
potenza
militare
accumulata
da
secoli
,
la
quale
andava
sgretolandosi
come
sotto
le
percosse
monotone
ed
uniformi
di
un
mare
ondoso
e
profondo
.
I
registri
del
magistrato
all
'
artiglieria
rilevano
tutto
questo
con
impassibilità
e
precisione
.
Il
deposito
intangibile
faceva
così
bancarotta
,
ed
ogni
fucile
ed
ogni
spada
che
si
toglieva
da
esso
e
non
si
rinnovava
,
sembrava
una
nuova
e
fiera
rampogna
all
'
ignavia
della
Serenissima
.
Nel
1794
i
presidi
di
Brescia
,
di
Bergamo
e
di
Verona
,
erano
sprovvisti
di
schioppi
per
armare
le
cerne
pur
allora
arruolate
,
le
quali
abbisognavano
di
2300
fucili
e
di
66
moschetti
da
cavalletto
.
Il
Reggimento
all
'
Arsenal
non
potendo
fare
fronte
alle
richieste
con
le
armi
del
deposito
di
consumo
fu
autorizzato
,
«
a
fare
le
relative
pratiche
,
cioè
«
a
far
passare
dal
deposito
intangibile
a
quello
di
consumo
il
numero
dei
fucili
occorrenti
,
guarniti
di
bajonetta
»
(
162
)
.
Da
quel
punto
la
rovina
non
ebbe
più
ritegno
.
Nel
1796
il
deposito
di
consumo
-
secondo
scrisse
il
colonnello
Molari
del
Reggimento
Arsenale
-
si
era
ridotto
a
soli
360
fucili
con
bajonetta
,
a
199
senza
,
a
200
tromboni
per
uso
delle
navi
,
a
639
palossi
di
bordo
ed
a
359
palossetti
;
vale
a
dire
a
nulla
o
pressoché
(
163
)
.
Il
deposito
intangibile
era
pure
disceso
a
quel
tempo
a
24,084
fucili
completi
,
a
7750
pistole
poco
atte
al
servizio
e
difettose
di
azzalini
,
a
1558
palossi
e
ad
89
moschettoni
(
164
)
.
È
bensì
vero
che
si
trovavano
oltre
a
ciò
sparse
alla
rinfusa
nelle
sale
20.966
canne
da
rimontarsi
in
fucili
,
7455
lame
da
palosso
,
2624
azzalini
,
11,862
guardie
da
palosso
,
3366
lame
da
palossetto
e
2500
guardie
corrispondenti
;
ma
per
adattare
tutte
quelle
parti
d
'
arme
occorrevano
tempo
,
fede
e
lavoro
,
e
così
come
si
trovavano
potevano
rassomigliarsi
ai
frantumi
di
una
grande
e
meravigliosa
nave
sfasciata
dalla
tempesta
.
Pure
,
in
mezzo
a
tanta
dissoluzione
,
si
rileva
dai
documenti
la
nota
semplice
ed
ingenua
,
cioè
l
'
offerta
fatta
da
taluni
abitanti
dell
'
estuario
veneziano
di
crescere
,
comunque
,
con
le
loro
vecchie
e
logore
armi
il
deposito
dell
'
Arsenale
.
Erano
i
cittadini
di
Burano
che
in
tali
frangenti
facevano
omaggio
al
Principe
di
20
schiopponi
e
di
25
schioppi
da
brazzo
,
«
(
braccio
)
serventi
alla
cazza
(
caccia
)
dei
volatili
»
(
165
)
.
La
piccola
e
modesta
profferta
se
lumeggia
il
patriottismo
dei
bravi
Buranesi
,
rivela
nondimeno
la
fatalità
e
la
grandezza
della
rovina
militare
della
Repubblica
,
e
riflette
ancora
molta
luce
sul
modo
di
intendere
e
di
comprendere
la
guerra
in
quei
tempi
.
CAPO
VII
.
Il
corpo
degli
ingegneri
militari
.
Quando
nacque
il
corpo
degli
ingegneri
militari
veneti
,
esso
legava
il
suo
nome
ad
un
'
opera
che
può
sembrare
benaugurante
anche
oggigiorno
.
Nella
primavera
dell
'
anno
1771
il
Capitanio
del
Golfo
segnalava
al
Senato
la
necessità
di
ridurre
in
quarto
il
grande
disegno
topografico
dell
'
Albania
,
e
ciò
per
gli
usi
correnti
e
per
conservarne
copia
nella
Fiscal
Camera
delle
Bocche
di
Cattato
.
Il
lavoro
fu
commesso
dal
Savio
alla
Scrittura
al
tenente
colonnello
Lorgna
,
e
questi
l
'
affidò
a
sua
volta
ai
migliori
allievi
del
Collegio
Militare
di
Verona
destinati
ad
uscire
in
quell
'
anno
alfieri
nel
nuovissimo
corpo
degli
ingegneri
militari
;
così
quei
giovani
uscirono
dall
'
ombra
delle
scure
torri
scaligere
al
sole
di
una
vagheggiata
vita
di
operosità
e
di
studi
guerreschi
,
con
la
visione
davanti
agli
occhi
di
quella
grande
provincia
sulla
quale
,
in
altri
tempi
,
si
era
largamente
e
fortemente
diffuso
il
nome
e
la
gloria
di
Venezia
.
La
decisione
di
istituire
un
corpo
di
ingegneri
militari
giungeva
infatti
in
buon
punto
.
Si
poteva
beneficiare
delle
tradizioni
e
della
pratica
compiuta
altrove
,
specie
in
Francia
,
dai
corpi
analoghi
;
costituire
un
prezioso
ausilio
per
l
'
esercito
veneto
,
oltre
che
quale
organo
tecnico
anche
come
istituto
direttivo
,
uniformandosi
ai
còmpiti
che
gli
altri
corpi
del
genio
militare
esercitavano
altrove
disimpegnando
gli
affici
inerenti
al
servizio
di
stato
maggiore
(
166
)
.
Ma
non
basta
.
Il
novello
corpo
del
genio
militare
veneto
avrebbe
potuto
rendere
grandi
servigi
anche
nelle
relazioni
civili
.
Infatti
le
condizioni
speciali
del
suolo
della
Repubblica
,
il
regime
delle
sue
acque
costiere
e
rivierasche
,
la
lotta
continua
e
tenace
sempre
impegnata
con
queste
affine
di
conservare
igienico
e
fruttifero
il
suolo
,
portuosi
gli
scali
,
facili
e
spedite
le
vie
fluviali
di
transito
ed
i
canali
navigabili
,
avrebbero
offerto
una
inesauribile
materia
di
attività
e
di
lavoro
fecondo
agli
ingegneri
militari
veneti
,
una
auspicata
occasione
insomma
per
bene
meritare
del
pubblico
benessere
.
Ma
l
'
occasione
desiderata
di
creare
un
cosiffatto
strumento
,
utile
insieme
all
'
esercito
e
dallo
Stato
,
mancò
per
l
'
ignavia
degli
uomini
e
per
l
'
indifferenza
dei
tempi
.
Rimase
solamente
traccia
del
buon
proposito
,
della
sua
pratica
assai
tardiva
,
e
,
come
simbolo
,
il
prestigio
del
nome
di
un
illustre
ufficiale
degli
ingegneri
militari
veneti
che
,
da
solo
,
bastò
alla
deficienza
di
tutti
gli
altri
.
Tale
fu
il
brigadiere
Giovanni
Mario
Lorgna
(
167
)
-
più
volte
ricordato
-
la
cui
sfera
d
'
attività
va
indivisibilmente
congiunta
a
quella
di
Bernardino
Zendrini
(
168
)
,
il
celebre
matematico
della
Repubblica
che
studiò
e
costrusse
Murazzi
,
ed
a
quella
degli
ingegneri
idraulici
che
sistemarono
l
'
alveo
del
Brenta
ed
il
suo
Taglio
Nuovissimo
(
169
)
.
Ma
la
fama
militare
del
brigadiere
degli
ingegneri
Lorgna
va
sopratutto
collegata
alla
pratica
degli
insegnamenti
da
lui
professati
per
sette
lustri
nella
scuola
d
'
applicazione
di
artiglieria
e
genio
della
Serenissima
in
Verona
,
agli
studi
sull
'
impiego
delle
mine
,
sul
miglior
rendimento
degli
esplosivi
e
sul
tracciamento
delle
gallerie
,
a
qualche
restauro
ed
ampliamento
nelle
fortezze
di
Mantova
,
di
Legnago
e
di
Peschiera
,
ai
rilievi
topografici
da
lui
intrapresi
nel
territorio
irriguo
del
Polesine
,
con
il
concorso
dei
suoi
allievi
,
con
la
cooperazione
di
Giacomo
Nani
e
con
l
'
aiuto
delle
tavolette
pretoriane
commissionate
,
per
iniziativa
del
Lorgna
medesimo
,
in
Inghilterra
(
170
)
.
Frutto
di
questi
ultimi
lavori
fu
la
grande
carta
corografica
della
regione
del
basso
Adige
,
pubblicata
però
dalla
Serenissima
tanto
tardi
che
essa
servì
prima
ai
suoi
nemici
-
Austriaci
e
Francesi
-
che
ai
Veneti
.
Risultavano
in
questa
carta
chiaramente
tracciati
il
corso
dei
fiumi
,
dei
canali
,
l
'
andamento
degli
scoli
,
degli
argini
e
delle
strade
rispetto
alle
province
finitime
,
nonché
la
postura
delle
chiuse
e
delle
conche
.
La
scala
era
circa
del
50.000
.
Anche
lo
stato
delle
fortificazioni
e
dei
castelli
di
Venezia
e
d
'
Oltremare
-
dei
quali
si
parlerà
più
avanti
-
ovunque
in
rovina
,
richiedeva
urgentemente
l
'
opera
riparatrice
degli
ingegneri
militari
.
A
questo
compito
avevano
atteso
fino
allora
-
però
in
modo
insufficiente
ed
inadeguato
-
il
personale
dei
provveditori
alle
fortezze
,
i
quartiermastri
alle
fortificazioni
e
perfino
gli
ingegneri
ai
confini
,
corpo
di
professionisti
di
Stato
dipendenti
dalle
Camere
ai
confini
,
incaricati
in
special
modo
del
tracciamento
e
della
manutenzione
della
viabilità
sulle
frontiere
della
Repubblica
(
171
)
.
Con
questi
auspizî
adunque
,
nel
1770
,
venne
creato
con
apposito
senato
-
consulto
il
Corpo
degli
Ingegneri
militari
,
unitamente
al
Reggimento
di
Artiglieria
(
172
)
.
Il
grande
favore
,
tutto
proprio
del
tempo
,
verso
quanto
di
tecnica
militare
e
navale
proveniva
dall
'
Inghilterra
,
indusse
il
Savio
alla
Scrittura
a
ricercare
da
quella
parte
anche
il
primo
sovraintendente
nel
corpo
novello
-
come
si
era
fatto
per
l
'
artiglieria
-
;
e
questi
fu
il
colonnello
Dixon
,
scozzese
di
origine
.
Gli
organici
degli
ingegneri
militari
furono
stabiliti
come
appresso
:
1
colonnello
,
1
tenente
colonnello
,
2
sergenti
maggiori
,
8
capitani
,
8
tenenti
ed
altrettanti
alfieri
,
da
trarsi
questi
ultimi
annualmente
dal
Collegio
Militare
di
Verona
.
In
totale
il
corpo
doveva
contare
sul
primo
piede
28
ufficiali
senza
alcun
riparto
di
truppa
.
L
'
uniforme
era
«
di
scarlatto
,
con
fodera
,
giustacuore
e
calzoni
bianchi
,
con
paramenti
e
mostre
fino
alla
metà
del
vestito
di
velluto
nero
,
dragona
d
'
oro
alla
spala
,
e
spada
con
fioco
uniforme
»
(
173
)
.
Adunque
la
buona
volontà
di
costituire
il
corpo
degli
ingegneri
militari
veneti
non
mancava
,
almeno
alle
apparenze
.
Ma
,
tra
il
detto
ed
il
fatto
,
le
correlazioni
non
erano
né
semplici
né
rapide
sotto
la
decadenza
del
governo
della
Serenissima
.
Il
Piano
regolatore
del
corpo
,
studiato
dal
colonnello
Dixon
,
prescriveva
che
,
«
esaminato
fosse
il
merito
non
solo
degli
ufficiali
già
titolati
come
ingegneri
e
destinati
a
comporlo
,
ma
degli
altri
ancora
da
inserirsi
nel
medesimo
»
.
E
poiché
si
constatò
,
con
opportune
prove
ed
esami
,
che
nessuno
dei
candidati
possedeva
i
necessari
requisiti
di
idoneità
-
all
'
infuori
di
uno
(
174
)
-
il
Senato
deliberò
subito
di
rimandare
a
miglior
epoca
la
definitiva
costituzione
del
corpo
medesimo
.
Trascorso
un
biennio
,
lo
scozzese
Dixon
,
contrariato
dalle
lungaggini
e
dalle
oscitanze
verso
quel
corpo
degli
ingegneri
che
egli
non
aveva
fino
allora
comandato
che
sui
lindi
specchi
dei
Piedilista
,
nella
primavera
del
1772
chiese
ed
ottenne
di
essere
esonerato
dallo
sterile
servizio
,
e
gli
successe
il
colonnello
Moser
de
Filseck
,
tirolese
di
origine
e
proveniente
dall
'
esercito
austriaco
.
Pure
tra
il
vecchio
ed
il
nuovo
,
tra
lo
scozzese
che
abbandonava
la
città
delle
lagune
ed
il
tirolese
che
gli
subentrava
,
il
Senato
continuò
a
nicchiare
,
ad
onta
che
le
istanze
e
le
circostanze
incalzassero
per
indurlo
una
buona
volta
a
dare
corpo
e
vita
al
Piano
regolatore
decretato
fino
dal
1770
.
«
È
oramai
tempo
di
decidersi
-
lasciò
scritto
il
Savio
nel
1779
-
e
con
ciò
noi
non
facciamo
che
rappresentare
non
già
sciogliere
i
dubbi
che
si
affacciano
su
quest
'
argomento
degli
ingegneri
militari
,
ma
giudicheremo
tuttavia
colpa
tacere
e
ritenere
alcune
riflessioni
in
merito
e
che
lo
zelo
ci
indica
...
La
disciplina
è
l
'
anima
dei
militari
,
e
la
differenza
nei
gradi
rende
più
sicura
la
dipendenza
ed
il
buon
ordine
.
Un
sopraintendente
degli
ingegneri
adunque
,
occupato
nelle
generali
riviste
per
tutto
lo
Stato
,
il
colonnello
ispettore
,
costante
e
necessario
al
Collegio
militare
di
Verona
,
esercitato
per
di
più
ben
di
frequente
in
molteplici
e
varie
commissioni
...
il
corpo
senza
ufficiali
...
tutto
ciò
insomma
non
giova
a
conservare
l
'
armonia
nel
medesimo
.
Bisogna
decidersi
!...»(175)
Finalmente
,
nel
1782
,
il
corpo
degli
ingegneri
militari
cominciò
a
contare
qualche
ufficiale
ritenuto
capace
di
disimpegnarne
gli
uffici
.
Ma
siccome
quel
numero
era
pur
sempre
esiguo
e
di
gran
lunga
inferiore
all
'
organico
,
così
si
adottò
un
servizio
promiscuo
tra
gli
ingegneri
militari
ed
i
colleghi
ingegneri
ai
confini
,
una
specie
di
compromesso
tra
i
due
corpi
tecnici
veneti
.
Sulla
fine
di
quell
'
anno
si
trova
infatti
che
i
tenenti
ingegneri
Carlo
Canòva
e
Francesco
Medin
,
unitamente
al
tenente
colonnello
Milanovich
,
prestavano
la
loro
opera
nell
'
arginatura
dell
'
Adige
,
alle
dipendenze
del
magistrato
al
detto
fiume
ed
in
collaborazione
a
taluni
ingegneri
civili
(
176
)
.
Indi
appresso
,
rendendosi
sempre
più
frequenti
i
casi
di
questo
servizio
cumulativo
,
particolarmente
nelle
province
d
'
Oltremare
,
le
meno
desiderate
e
le
più
trascurate
,
«
per
lo
stato
di
desolazione
di
tutte
le
caserme
,
opere
interne
ed
esterne
di
fortificazione
,
ospitali
,
magazzini
,
depositi
,
cisterne
ed
altro
»
(
177
)
,
il
Savio
alla
Scrittura
deliberò
di
meglio
precisare
i
limiti
della
prestazione
comune
dei
due
corpi
,
e
stabilì
«
che
l
'
aiuto
dovesse
essere
per
l
'
avvenire
reciproco
,
ma
libero
da
ogni
vincolo
l
'
un
l
'
altro
»
(
178
)
.
Il
senso
della
disposizione
non
era
molto
chiaro
.
Rimase
però
inteso
,
in
tanta
indeterminatezza
di
forme
,
che
gli
ingegneri
ai
confini
dovessero
occuparsi
più
specialmente
dei
lavori
stradali
in
genere
,
ed
in
ispecie
delle
vie
del
Canale
del
Ferro
,
di
Venzone
,
di
Gemona
,
di
San
Daniele
,
del
Taglio
Nuovo
di
Palma
,
della
prosecuzione
dei
lavori
in
corso
sull
'
Isonzo
,
a
Porto
Buso
,
nell
'
Istria
,
alli
scogli
di
Tessaròlo
,
lungo
la
strada
di
Campara
in
Val
Lagarina
,
nel
territorio
di
Cremona
e
verso
gli
Stati
del
Pontefice
;
e
che
gli
ingegneri
militari
dovessero
dedicare
di
preferenza
la
loro
attività
ai
lavori
di
carattere
militare
,
cioè
alle
opere
di
fortificazione
,
ai
castelli
ed
alle
caserme
(
179
)
.
Cosicché
,
soltanto
nel
1785
,
vale
a
dire
dopo
circa
quindici
anni
dalla
fondazione
teorica
del
corpo
degli
ingegneri
militari
veneti
,
questo
principiava
ad
avere
un
inizio
di
vita
,
assicuratagli
da
nuove
cure
e
previdenze
del
brigadiere
Lorgna
,
concretate
nella
riforma
delle
«
Leggi
,
regole
e
scuole
del
Militar
Collegio
di
Verona
»
.
*
*
*
Era
però
troppo
tardi
.
Rimediare
al
passato
non
era
più
possibile
,
tanto
era
grande
ed
irreparabile
la
rovina
del
presente
.
Tra
il
1782
ed
il
1783
il
brigadiere
degli
ingegneri
Moser
de
Filseck
,
reduce
da
un
lungo
e
fortunoso
viaggio
d
'
ispezione
nei
domini
Veneti
di
Oltremare
,
così
dipingeva
al
Principe
il
triste
stato
delle
fortificazioni
della
Repubblica
:
«
Prima
di
ogni
altra
cosa
-
così
scriveva
il
Moser
-
voglia
V
.
E
.
consentirmi
che
,
con
il
cuore
veramente
dolente
,
io
mi
lagni
del
deperimento
nel
quale
attrovai
quasi
ogni
parte
delle
opere
componenti
i
recinti
e
le
fortificazioni
dei
domini
d
'
Oltremare
...
specie
della
piazza
di
Zara
,
il
più
forte
propugnàcolo
della
provincia
di
Dalmazia
,
e
delle
riflessibili
mancanze
e
bisogni
riconosciuti
nelle
sue
interne
militari
fabbriche
.
Non
mi
sorprende
però
,
Eccellentissimo
Signore
,
le
grandiosi
somme
che
occorrerebbero
per
un
general
restauro
di
esse
opere
,
bensì
il
riconoscere
una
grande
parte
dei
danni
medesimi
portati
dalla
malizia
degli
uomini
e
per
difetto
di
convenienti
diligenze
,
che
profittando
delli
primi
intacchi
in
un
'
opera
la
riducono
in
consunzione
in
breve
spazio
di
tempo
,
senza
alcun
riguardo
né
timore
.
Tanto
maggiore
fu
la
mia
sorpresa
quando
vidi
considerabili
mancanze
in
situazioni
che
sono
alla
vista
delle
sentinelle
e
degli
stessi
corpi
di
guardia
.
Il
quartiermastro
dovrebbe
essere
uomo
di
fermissima
attenzione
ed
attivo
,
avere
registri
esatti
ed
accompagnare
gli
ingegneri
nelle
visite
che
essi
dovrebbero
fare
....
ma
invece
nulla
avviene
di
tutto
questo
.
Manca
il
ponte
che
traversa
il
fosso
capitale
della
piazza
di
Zara
alla
porta
di
Terraferma
,
unica
comunicazione
con
il
continente
,
e
per
conseguenza
la
sola
parte
per
la
quale
si
può
entrare
in
Zara
da
tutta
la
estesa
provincia
,
per
la
via
di
terra
;
è
rovesciato
il
molo
dalla
parte
di
mare
.
Vi
si
rimediò
con
un
ponte
provvisionale
,
ma
è
bisognevole
di
restauro
,
ed
il
molo
è
sfasciato
dalla
violenza
delle
onde
»
(
180
)
.
Né
in
migliori
condizioni
di
Zara
-
la
Venezia
della
Dalmazia
-
erano
le
altre
piazze
e
castelli
del
littorale
e
dell
'
interno
:
«
Spalato
-
soggiungeva
l
'
ora
detta
relazione
-
ha
una
situazione
stupenda
per
sé
.
L
'
imperatore
Diocleziano
vi
eresse
il
suo
palagio
ed
ha
per
appoggi
il
castello
di
Clissa
per
proteggerne
il
commercio
verso
l
'
interno
e
quello
di
Sign
(
181
)
.
Ma
Spalato
è
ora
in
decadimento
ed
un
nemico
può
eseguirvi
un
colpo
di
mano
.
Vale
perciò
meglio
per
lo
Stato
di
stabilire
colà
i
soli
depositi
generali
di
munizioni
da
bocca
e
da
guerra
,
e
fidarsi
meglio
degli
appoggi
di
Clissa
e
Sign
,
però
bene
appropriati
.
«
Per
Sign
,
fu
il
veltz
-
maresciallo
Schoulemburg
che
dimostrò
la
necessità
di
fortificarla
fino
dal
1718
.
Ma
il
piano
non
ebbe
seguito
,
e
la
Repubblica
parve
allora
contentarsi
di
fortificare
,
Clissa
e
Dernis
ed
il
passo
di
Roncislap
,
sulla
Kerka
(
182
)
.
Infine
,
nel
1752
,
furono
fatti
pochi
lavori
a
Sign
...
ed
a
Spalato
non
furono
toccate
che
poche
rovine
del
vecchio
forte
e
nulla
più
.
Eppure
Sign
è
luogo
di
confine
,
vi
si
fermano
le
carovane
dei
Turchi
prima
di
scendere
a
Spalato
e
vi
è
una
caserma
confinaria
.
«
Clissa
è
disposta
sull
'
erto
di
un
greppo
che
domina
il
solo
passo
per
il
quale
,
da
Sign
,
si
può
entrare
nel
contado
di
Spalato
.
I
recinti
della
fortezza
sono
in
buono
stato
e
,
con
piccole
aggiunte
alle
opere
attuali
,
si
potrebbe
ridurre
quel
posto
molto
forte
.
Clissa
è
provvista
di
conservatorî
da
acqua
(
serbatoj
)
,
requisito
assai
necessario
per
una
piazza
di
guerra
in
queste
regioni
.
Qualche
ristauro
vi
è
però
necessario
,
acciocché
possano
contenere
quest
'
ultimo
elemento
nella
qualità
e
nella
quantità
indispensabili
...
Occorrono
però
ristauri
anche
sulla
strada
di
Sign
,
per
Clissa
,
fino
a
Spalato
(
183
)
.
In
questa
strada
,
a
quattro
miglia
circa
da
Spalato
(
dove
sono
ancora
alcuni
residui
della
città
di
Salona
)
è
fissato
un
appostamento
per
una
compagnia
di
Dalmatini
(
Oltramarini
)
,
il
cui
quartiere
è
però
così
miserabile
che
opprime
lo
spirito
entrando
nel
medesimo
»
.
Proseguendo
nel
triste
pellegrinaggio
,
dalla
Dalmazia
alle
terre
Levantine
,
le
tinte
del
rapporto
Moser
si
fanno
ancora
più
fosche
,
come
che
la
vita
pubblica
veneta
scemasse
di
vigore
e
di
calore
a
misura
che
si
allontanava
dalla
Dominante
e
dalle
province
a
questa
più
vicine
.
«
A
Corfù
-
continua
la
ricordata
relazione
-
le
opere
sono
tutte
ingombre
,
i
parapetti
rovesciati
,
disfatte
le
embrasure
(
feritoie
)
...
sicché
confesso
che
grande
fu
la
mia
sorpresa
nell
'
attraversare
tanta
rovina
.
A
Cerigo
ed
Asso
,
la
medesima
desolazione
.
Quivi
i
N.N.
H.H.
(
184
)
rappresentanti
,
nelle
loro
abitazioni
,
sono
appena
riparati
dai
raggi
solari
ed
il
vento
e
la
pioggia
entra
per
ogni
parte
.
Gli
ufficiali
di
Cerigo
pagano
alloggio
di
casa
,
essendo
atterrate
quelle
che
loro
servivano
da
ricovero
;
i
soldati
sono
pessimamente
posti
nei
corpi
di
guardia
.
Ad
Asso
infine
tutte
le
fabbriche
militari
sono
in
rovina
.
Le
condizioni
del
forte
di
San
Francesco
di
Cerigo
...
mi
hanno
poi
fatto
rabbrividire
,
ed
invoco
provvedimenti
per
il
decoro
del
Principato
.
Li
otto
pezzi
che
quivi
sono
nella
casa
di
San
Nicolò
,
3
da
30
e
5
da
20
,
sarebbe
più
decoroso
che
fossero
interamente
a
terra
,
piuttostoché
vederli
appoggiati
sui
fracidissimi
rottami
dei
loro
letti
(
affusti
)
.
«
A
Cefalonia
le
due
fortezze
sono
ora
interamente
disabitate
...
Prèvesa
acquistata
nell
'
ultima
guerra
contro
il
Turco
,
nel
golfo
di
Arta
,
insieme
a
Voniza
(
185
)
esposta
alle
incursioni
nemiche
,
è
fortezza
solo
di
nome
ma
in
realtà
è
un
mal
conservato
trinceramento
»
.
Ed
il
sopraintendente
Moser
dopo
questa
fiera
requisitoria
così
concludeva
:
«
Si
faccia
presto
a
provvedere
.
Siano
fornite
le
milizie
di
quartieri
e
di
ospitali
che
loro
sono
urgentemente
necessari
,
capitali
i
più
preziosi
per
le
convenienze
del
Principato
.
Se
no
,
a
nulla
servono
le
bene
intese
e
solide
fortificazioni
,
gli
utensili
,
gli
attrezzi
da
guerra
,
armi
di
buona
tempera
e
ben
conservate
,
se
non
vengono
difese
le
une
e
maneggiate
le
altre
da
destro
e
robusto
braccio
»
.
*
*
*
Il
triste
spettacolo
delle
province
d
'
oltremare
in
rovina
,
senza
difesa
,
senza
cannoni
,
senza
milizie
,
l
'
imagine
delle
residenze
dei
rappresentanti
della
Repubblica
sul
punto
di
crollare
;
dei
picchetti
di
Oltremarini
usciti
fuori
delle
caserme
per
cercare
miglior
sicurezza
e
riparo
sotto
le
tende
,
presso
le
rive
di
quel
mare
che
fu
già
pieno
del
nome
e
della
gloria
di
Venezia
,
quasi
attendessero
di
momento
in
momento
di
mutare
dimora
,
deve
avere
per
certo
commosso
lo
spirito
del
Senato
Veneto
.
Ma
poiché
l
'
azione
era
a
quel
tempo
assai
più
ardua
della
commiserazione
ed
i
mezzucci
assai
più
facili
delle
decisioni
pronte
e
virili
,
si
ricorse
anche
questa
volta
ai
timidi
tentativi
,
tanto
per
ingannare
il
pericolo
dell
'
ora
.
Così
avvenne
che
in
risposta
al
disperato
appello
del
Moser
,
la
Serenissima
si
contentò
di
istituire
il
corpo
dei
Travagliatori
del
genio
.
Taluni
storici
della
Repubblica
-
ed
il
Romanin
tra
gli
altri
(
186
)
-
vollero
attribuire
a
quel
corpo
un
significato
moderno
,
qualificandolo
per
precursore
dell
'
odierna
arma
del
genio
.
Ma
il
paragone
a
tutto
rigore
di
critica
non
regge
.
Al
massimo
i
travagliatori
veneti
potevano
rassomigliarsi
alle
compagnie
di
ouvriers
,
che
esistevano
nell
'
esercito
francese
prima
dell
'
anno
1776;
compagnie
che
vennero
poi
surrogate
dai
soldati
pionniers
con
precisi
attributi
di
arma
tecnica
,
ciò
che
significa
che
i
predecessori
degli
ouvriers
non
possedevano
i
requisiti
dei
pionieri
o
,
quanto
meno
,
in
modo
assai
incompleto
.
Ma
anche
facendo
astrazione
da
questi
còmpiti
e
da
questi
paralleli
,
occorre
mettere
in
rilievo
qualche
altro
aspetto
che
meglio
serva
a
chiarire
il
valore
militare
e
morale
del
nuovo
corpo
dei
travagliatori
,
e
le
differenze
sostanziali
con
il
corpo
dei
soldati
pionniers
di
Francia
,
cui
si
vorrebbe
troppo
corrivamente
ricollegare
le
tradizioni
organiche
dei
travagliatori
veneti
.
Il
Moser
adunque
,
esponendo
l
'
urgenza
di
far
argine
al
decadere
delle
fortificazioni
veneziane
,
proponeva
d
'
impiegare
nei
ristauri
un
personale
militare
ordinato
in
compagnie
,
con
reclutamento
,
còmpiti
e
trattamento
assai
analoghi
a
quelli
delle
odierne
compagnie
di
disciplina
.
Era
quindi
una
specie
di
stabilimento
di
correzione
militare
che
si
trattava
di
istituire
,
realizzando
con
esso
due
vantaggi
precipui
:
quello
cioè
di
purgare
i
corpi
dai
soggetti
più
pericolosi
e
di
impiegare
la
loro
mano
d
'
opera
nei
restauri
delle
fortificazioni
e
delle
caserme
a
prezzo
più
conveniente
della
mano
d
'
opera
borghese
.
Quest
'
opera
di
risanamento
dal
lato
morale
militare
-
particolarmente
caldeggiata
dal
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
in
carica
Niccolò
Foscarini
-
piacque
al
Senato
che
l
'
approvò
anzitutto
per
tali
viste
.
«
Per
togliere
i
perniciosi
effetti
-
come
diceva
la
relazione
premessa
dal
detto
Savio
al
decreto
che
ordinava
la
costituzione
del
corpo
dei
travagliatori
-
derivati
dalla
introduzione
nella
truppa
dì
quelle
figure
che
,
quantunque
ree
di
non
gravi
delitti
,
chiamano
tuttavia
la
pubblica
vigilanza
ad
impedire
loro
maggiori
trapassi
,
...
e
nell
'
intento
precipuo
di
tenere
aperta
una
via
per
allontanare
dalla
Terraferma
e
dalla
Dominante
gli
individui
infesti
alla
comune
quiete
,
si
assoggetta
l
'
ora
intesa
scrittura
.
«
Ed
essa
si
dirige
a
stabilire
l
'
istituzione
di
due
Corpi
di
Travagliatori
(
187
)
che
raccoglier
abbiano
le
sopra
indicate
figure
ed
inoltre
quei
soldati
che
,
per
indisciplina
e
scostumatezza
,
venissero
giudicati
dalle
pubbliche
cariche
d
'
Oltremare
e
Savio
alla
Scrittura
degni
di
tale
correzione
,
per
essere
impiegati
nelle
fabbriche
ed
in
ogni
altro
pubblico
lavoro
d
'
Oltremare
.
Ed
il
Senato
,
che
adatto
ciò
riconosce
alle
viste
del
suo
servizio
ed
alla
tranquillità
dei
suoi
sudditi
,
avvalora
il
provvedimento
con
la
sua
approvazione
.
«
I
soldati
travagliatori
avranno
la
paga
di
soldato
di
fanteria
italiana
,
più
una
diaria
di
cinque
gazzette
(
188
)
nei
giorni
di
continuato
lavoro
,
onde
possano
procurarsi
una
nutrizione
adatta
alle
fatiche
:
ai
capi
-
squadra
saranno
corrisposte
dieci
gazzette
.
Il
vestiario
dei
travagliatori
deve
esser
fatto
dal
Magistrato
sopra
Camere
(
189
)
e
di
due
in
due
anni
loro
somministrato
,
giusta
il
modello
che
l
'
esattezza
della
conferenza
assoggetta
,
e
che
si
rileva
corrispondere
in
un
sessennio
al
valore
di
quello
usato
dalla
truppa
italiana
»
(
190
)
Tale
fu
l
'
ordinamento
del
corpo
di
travagliatori
Veneti
suddiviso
in
due
compagnie
:
una
destinata
ai
lavori
di
Levante
,
l
'
altra
a
quelli
della
Dalmazia
(
191
)
.
È
chiaro
adunque
che
l
'
idea
di
istituire
un
corpo
del
genio
militare
era
ben
lungi
ancora
dalla
mente
dei
governanti
veneti
nel
1785
.
E
come
non
bastassero
ad
attestarlo
le
espressioni
del
senatoconsulto
ora
citato
,
v
'
ha
ancora
il
libro
dei
Doveri
del
Corpo
dei
Travagliatori
,
pronto
a
ribadire
tale
concetto
.
A
custodia
delle
principali
residenze
delle
due
compagnie
-
cioè
la
Cittadella
di
Corfù
ed
il
Forte
di
Zara
-
erano
stabiliti
dei
grossi
picchetti
di
guardia
,
ciò
che
dinota
la
condizione
molto
simile
a
quella
dei
forzati
in
cui
erano
tenuti
i
componenti
del
corpo
.
L
'
anzidetto
libro
dei
Doveri
(
192
)
specifica
ancora
meglio
tale
condizione
pressoché
ergastolana
dei
travagliatori
quando
prescrive
che
,
«
a
far
parte
di
diritto
dei
detti
corpi
sono
chiamati
quegli
individui
che
,
dai
varî
tribunali
,
uffizi
,
magistrati
e
reggimenti
,
vengono
condannati
a
servire
nella
truppa
.
Non
possono
però
introdurvisi
gli
individui
rei
di
gravi
delitti
ed
infamanti
,
né
incapaci
al
lavoro
...
Dietro
parere
delle
primarie
cariche
delle
province
di
Oltremare
e
del
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
,
si
possono
altresì
condannare
a
servire
nei
corpi
dei
travagliatori
quei
soldati
che
si
mostrassero
di
mal
costume
,
o
indisciplinati
,
o
che
meritassero
almeno
due
anni
di
correzione
.
Spirati
questi
due
anni
e
non
dando
i
soldati
segni
di
ravvedimento
termineranno
quivi
l
'
ingaggio
.
I
ravveduti
termineranno
invece
lo
ingaggio
nella
truppa
dove
saranno
nuovamente
trasferiti
»
.
I
travagliatori
non
erano
adunque
che
tristi
soggetti
allontanati
dall
'
esercito
,
e
la
cura
di
liberarnelo
al
possibile
primeggiava
sopra
ogni
altra
,
ad
onta
della
rovina
delle
fortificazioni
veneziane
e
della
fosca
dipintura
del
sopraintendente
Moser
.
Fu
soltanto
pochi
mesi
prima
della
caduta
della
Serenissima
che
il
generale
Stràtico
richiese
effettivamente
al
Savio
alla
Scrittura
di
istituire
un
corpo
del
genio
militare
,
con
attributi
e
còmpiti
da
arma
nel
senso
moderno
;
«
formando
finalmente
un
corpo
di
guastatori
,
istrutto
nella
costruzione
dei
trinceramenti
ed
opere
campali
sotto
la
direzione
degli
ufficiali
ingegneri
e
nella
gittata
dei
ponti
per
il
passaggio
dei
fiumi
.
Così
ad
ogni
comando
nulla
verrebbe
a
mancare
,
tanto
per
muovere
la
truppa
contro
l
'
oste
nemica
che
per
assicurarle
una
forza
superiore
alla
medesima
»
.
Ma
lo
Stràtico
scriveva
così
soltanto
il
20
luglio
1796
(
193
)
.
CAPO
VIII
.
La
cavalleria
veneta
.
Le
armi
nel
loro
complesso
,
il
governo
ed
il
riparto
difensivo
e
territoriale
.
I
veterani
.
Le
glorie
della
cavalleria
leggera
stradiotta
erano
sfiorite
da
gran
tempo
.
I
fieri
cavalieri
albanesi
-
o
cappelletti
-
al
soldo
della
Repubblica
,
vestiti
di
abiti
succinti
,
armati
di
piccolo
scudo
,
di
lancia
e
di
spada
,
che
avevano
empito
delle
loro
fulminee
gesta
i
campi
d
'
Italia
nel
Cinquecento
,
si
erano
a
grado
a
grado
ammansiti
.
Avevano
dapprima
smussate
le
unghie
,
poscia
ripiegate
le
zanne
e
si
erano
da
ultimo
confusi
e
perduti
in
un
largo
innesto
nei
più
miti
cavalleggeri
Dalmati
e
Croati
.
L
'
essenza
dell
'
arte
del
combattere
leggero
alla
stradiotta
,
fatto
di
balenare
d
'
incursioni
,
di
tagli
ratti
e
violenti
inferti
sul
corpo
greve
dell
'
avversario
,
di
solchi
sanguigni
e
profondi
vibrati
sulle
terre
devastate
dalla
loro
rapacità
,
era
esulata
altrove
sotto
forme
più
disciplinate
e
conformi
al
diritto
delle
genti
,
specie
in
Francia
,
dove
si
era
raccolta
e
tramandata
,
con
qualche
sapore
di
venezianità
,
sotto
le
insegne
del
reggimento
cavalleggeri
Royal
Cravates
(
194
)
.
A
Venezia
rimase
,
come
di
tutto
il
bello
ed
il
buono
del
passato
,
soltanto
l
'
eredità
delle
memorie
.
Trascorso
il
periodo
delle
grandi
guerre
e
delle
lotte
di
conquista
,
nelle
quali
la
cavalleria
stradiotta
con
il
suo
rapido
dilagare
parve
quasi
il
simbolo
e
l
'
arma
per
eccellenza
;
ripiegatasi
la
Serenissima
in
sé
medesima
,
la
cavalleria
divenne
nell
'
esercito
veneto
un
'
arma
esotica
.
Si
restrinse
cioè
al
modesto
compito
di
milizia
addetta
alla
custodia
dei
confini
,
alla
scorta
dei
convogli
di
privative
dello
Stato
(
195
)
e
delle
reclute
,
alla
guardia
d
'
onore
delle
missioni
e
delle
alte
cariche
governative
;
dedicò
infine
il
proprio
servizio
al
mestiere
di
staffetta
lungo
le
principali
rotabili
,
per
trasmettere
con
qualche
celerità
lungo
di
esse
le
ducali
e
gli
ordini
più
urgenti
del
Savio
alla
Scrittura
.
Sotto
questo
riguardo
adunque
la
cavalleria
veneziana
prese
la
veste
di
un
pubblico
servizio
e
si
spogliò
delle
caratteristiche
di
arma
combattente
.
Le
esenzioni
e
le
difficoltà
dei
pascoli
,
mentre
tendevano
a
raccoglierla
in
determinati
centri
meglio
provvisti
di
foraggio
,
obbligavano
per
contro
a
frazionarla
in
piccoli
posti
là
dove
questo
scarseggiava
.
E
ciò
anche
per
meglio
soddisfare
alle
esigenze
del
servizio
di
scorta
e
di
staffetta
.
La
campagna
bresciana
e
la
veronese
primeggiavano
per
floridezza
dei
pascoli
e
quivi
i
riparti
di
cavalleria
potevano
stare
più
raccolti
:
la
provincia
del
Friuli
,
specie
il
circondario
di
Pordenone
(
196
)
,
pur
essendo
assai
più
ricca
di
foraggi
era
nondimeno
esente
da
ogni
servitù
,
e
ciò
per
antico
privilegio
.
Nei
dintorni
del
Chievo
(
Clevo
)
stava
quindi
alloggiato
un
buon
terzo
della
cavalleria
veneta
al
tempo
della
decadenza
,
ed
a
Verona
risiedeva
il
suo
sopraintendente
.
I
possessori
di
quelle
praterie
acclive
e
dei
pingui
pascoli
sotto
quella
fortezza
erano
obbligati
-
per
vecchi
statuti
-
a
somministrare
le
decime
dei
loro
fieni
alla
cavalleria
(
197
)
.
Ma
quel
vincolo
-
fatto
di
antiche
schiavitù
terriere
-
era
diventato
insopportabile
ai
terrazzani
veronesi
della
decadenza
della
Repubblica
,
che
ripetutamente
ed
acerbamente
se
ne
dolevano
,
offrendosi
perfino
di
pagare
la
prescrìtta
decima
in
denaro
sonante
.
Con
ciò
quei
terrazzani
intendevano
piuttosto
a
liberarsi
delle
guarnigioni
che
dell
'
onere
che
loro
derivava
per
la
presenza
della
cavalleria
nelle
loro
terre
.
Ma
il
Senato
,
nel
1782
,
riconfermò
nel
modo
più
esplicito
il
pieno
vigore
delle
antiche
servitù
,
«
essendoché
la
fornitura
delle
decime
alla
pubblica
cavalleria
è
destinata
alla
comune
salvezza
di
tutti
,
per
il
mantien
di
quell
'
arma
»
(
198
)
.
A
squadriglie
,
a
drappelli
,
il
rimanente
della
cavalleria
era
suddiviso
in
parte
nelle
città
e
nel
contado
della
Bresciana
e
del
Bergamasco
,
ed
in
parte
tra
i
centri
di
Padova
,
Rovigo
,
Treviso
,
Udine
e
Palmanova
.
Delle
province
di
Oltremare
,
la
sola
Dalmazia
aveva
cavalleria
preferibilmente
croata
,
oppure
di
corazze
;
e
poiché
a
questa
specialità
da
tempo
era
affidato
il
servizio
di
vigilanza
verso
le
frontiere
turchesche
e
nell
'
interno
,
i
nomi
di
corazze
e
di
croati
suonavano
nei
luoghi
come
sinonimi
di
gendarmi
ed
anche
di
sgherri
(
199
)
.
Inauguratosi
poi
,
nel
1783
,
il
sistema
dei
cambi
di
guarnigione
o
dei
turni
-
come
si
disse
più
avanti
-
-
fra
i
grandi
riparti
territoriali
della
Serenissima
,
questa
tradizione
poliziesca
andò
a
grado
a
grado
affievolendosi
,
ed
il
servizio
di
ordine
pubblico
fu
indi
appresso
egualmente
ripartito
tra
le
diverse
specialità
dell
'
arma
che
si
avvicendavano
nei
presidi
d
'
Oltremare
.
*
*
*
I
còmpiti
della
cavalleria
veneta
si
esplicavano
anzitutto
nei
servizi
mobili
,
cioè
nella
perlustrazione
delle
strade
di
maggior
transito
insidiate
dai
malviventi
,
nella
sorveglianza
delle
linee
di
confine
,
nella
protezione
dei
convogli
di
biave
(
frumento
)
che
dovevano
servire
alla
panificazione
per
la
truppa
(
200
)
e
nei
servizi
fissi
di
guardia
e
di
vigilanza
locale
;
cioè
nei
così
detti
appostamenti
dell
'
arma
stabiliti
ai
nodi
stradali
di
maggior
rilievo
,
nelle
vicinanze
delle
fortezze
e
dei
castelli
più
importanti
.
Sotto
quest
'
ultimo
aspetto
,
la
cavalleria
veneta
si
prestava
all
'
occorrenza
anche
al
disimpegno
del
servizio
di
staffetta
e
di
corriere
,
come
si
è
ricordato
più
sopra
.
Il
senso
di
cosiffatto
servizio
spigliato
,
disimpegnato
a
piccoli
nuclei
,
contribuiva
nondimeno
a
rendere
l
'
arma
maneggevole
,
usa
alle
fatiche
e
bene
allenata
.
I
frequenti
contatti
tra
l
'
una
e
l
'
altra
riva
dell
'
Adriatico
avevano
fatto
inoltre
acquistare
alla
medesima
buona
pratica
degli
imbarchi
,
degli
sbarchi
e
dimesticità
nelle
traversate
oltremare
,
abbenché
nessuna
prescrizione
regolamentare
si
occupasse
della
materia
e
se
ne
lamentasse
oltremodo
il
difetto
(
201
)
.
I
trasporti
si
eseguivano
di
solito
tra
il
Lido
e
Zara
usando
le
manzere
,
o
barche
per
il
trasporto
dei
bovini
,
ed
in
genere
«
approfittando
di
tutti
i
legni
in
partenza
,
sia
per
armo
che
per
scorta
delle
reclute
»
(
202
)
.
Quanto
al
frazionamento
della
cavalleria
esso
era
per
certo
molto
considerevole
.
Nel
1794
,
le
quattro
compagnie
di
croati
del
Reggimento
Colonnello
Avesani
e
le
quattro
compagnie
di
dragoni
del
Reggimento
Colonnello
Soffietti
,
che
avevano
stanza
attorno
al
Chievo
,
fornivano
appostamenti
a
Mozzecane
,
Valeggio
(
Valeso
)
,
Sorgà
,
Villanova
,
Castelnuovo
,
San
Pietro
in
Valle
,
Caldiero
,
Cà
de
'
Capri
,
Sega
,
ed
eventualmente
anche
posti
di
vigilanza
attorno
alle
fortezze
di
Legnago
e
di
Peschiera
(
203
)
.
Le
rimanenti
quattro
compagnie
di
ciascuno
dei
reggimenti
sopra
ricordati
,
che
tenevano
guarnigione
nella
Bresciana
,
provvedevano
a
loro
volta
agli
appostamenti
di
Palazzolo
,
Ospedaletto
,
Ponte
San
Marco
,
Orzinovi
,
Àsola
,
Pontevico
,
Salò
e
Crema
.
Infine
,
due
compagnie
del
reggimento
croati
del
Colonnello
Emo
distaccate
nel
Bergamasco
,
somministravano
gli
appostamenti
di
Cavernago
,
di
Vercurago
,
Lavalto
,
Sorta
,
Villadoda
,
Cividale
,
Barican
,
Sola
,
Brambat
,
Lurano
,
San
Gervasio
,
Romano
e
Pontida
(
204
)
.
E
le
compagnie
della
cavalleria
veneta
a
quel
tempo
,
«
detratti
gli
ufficiali
,
bassi
-
ufficiali
,
camerata
(
attendenti
e
piantoni
di
scuderia
)
selleri
,
forier
e
marescalco
,
che
non
fanno
servizio
...
»
si
erano
ridotte
a
soli
27
cavalieri
ognuna
(
205
)
.
Intorno
a
questo
medesimo
tempo
l
'
arma
si
suddivideva
in
due
reggimenti
di
croati
,
in
uno
di
cavalleria
dragona
ed
uno
di
cavalleria
corazziera
.
I
reggimenti
di
croati
e
di
dragoni
avevano
la
forza
di
otto
compagnie
ciascuno
,
quello
di
corazzieri
ne
contava
solamente
sei
.
Le
compagnie
di
dragoni
,
croati
e
corazzieri
,
accoppiate
due
a
due
,
formavano
uno
squadrone
agli
ordini
di
un
sergente
maggiore
.
I
corazzieri
,
per
vecchia
tradizione
nobilesca
,
costituivano
anche
nella
cavalleria
veneta
la
milizia
a
cavallo
più
pregiata
e
ragguardevole
,
e
la
legge
di
Ottazione
assicurava
ai
loro
graduati
alcuni
privilegi
in
confronto
agli
altri
graduati
della
Serenissima
(
206
)
.
I
dragoni
erano
destinati
a
combattere
occorrendo
anche
a
piedi
ed
erano
perciò
armati
di
moschettoni
(
207
)
;
i
croati
infine
formavano
la
cavalleria
leggera
.
Sulla
fine
della
Repubblica
era
sopraintendente
dell
'
arma
il
già
colonnello
delle
corazze
conte
Giulio
Santonini
.
Quando
questi
fa
elevato
alla
suprema
carica
della
cavalleria
veneta
(
1788
)
con
l
'
anzidetto
titolo
di
sopraintendente
e
con
il
grado
di
sergente
maggiore
di
battaglia
,
il
Santonini
contava
52
anni
di
servizio
e
67
di
età
,
dedicati
in
massima
parte
al
pubblico
servizio
nelle
guarnigioni
di
Dalmazia
e
di
Levante
(
208
)
.
*
*
*
Il
grande
frazionamento
delle
truppe
venete
,
le
loro
unità
stremate
di
gregari
e
decrepite
nei
quadri
,
il
servizio
anfibio
che
esse
prestavano
tra
terra
e
mare
,
tra
le
frontiere
turchesche
e
le
isole
sperdute
dell
'
arcipelago
ionico
,
rendevano
assai
rare
le
occasioni
utili
per
stabilire
contatti
reciproci
di
cameratismo
,
per
affinare
il
senso
dell
'
arte
,
per
esercitare
insomma
le
truppe
medesime
in
nuclei
di
qualche
rilievo
,
conforme
a
quanto
si
usava
a
quell
'
epoca
nei
campi
di
manovra
di
Francia
e
dell
'
Impero
.
Richiamate
poi
a
nuova
vita
le
cerne
nel
1794
,
con
il
loro
innesto
nei
riparti
di
soldati
del
vecchio
piede
le
unità
si
rinsanguarono
alcun
poco
,
sicché
le
compagnie
anemiche
dei
fanti
italiani
ed
oltremarini
,
da
una
trentina
di
soldati
appena
salirono
in
media
a
circa
il
doppio
.
Si
presentava
allora
propizia
l
'
occasione
per
addestrare
le
truppe
venete
in
qualche
simulacro
di
campo
o
di
manovra
,
ed
il
tenente
generale
Salimbeni
-
il
tacciato
di
giacobinismo
nei
bossoli
del
Maggior
Consiglio
e
del
Senato
-
la
colse
ben
volentieri
a
Verona
,
là
dove
,
sulla
fine
del
detto
anno
,
si
trovavano
raccolti
ben
2507
tra
fanti
e
cannonieri
,
con
326
tra
dragoni
e
croati
(
209
)
.
«
Il
capitanio
di
Verona
(
Alvise
Mocenigo
)
come
pure
il
tenente
generale
Salimbeni
-
così
diceva
una
relazione
del
Savio
al
Doge
-
si
mostrano
molto
soddisfatti
dei
progressi
della
guarnigione
nei
campali
esercizî
,
ad
onta
del
tempo
non
lungo
scorso
dalla
prima
raccolta
delle
cernide
e
di
qualche
rèmora
nelle
successive
.
Né
per
essere
di
già
terminata
la
stagione
delle
campali
evoluzioni
(
210
)
si
introdusse
l
'
inazione
nella
piazza
.
Mentre
quel
comandante
delle
armi
profitta
di
questa
stessa
circostanza
per
stabilirvi
il
giornaliero
servizio
,
senza
tenere
di
soverchio
occupata
la
truppa
che
gode
di
altrettanto
riposo
e
coglie
sempre
le
buone
giornate
per
esercitarle
anche
riunite
in
corpo
,
il
medesimo
si
propone
alla
ventura
primavera
di
eseguire
anche
col
presidio
qualche
evoluzione
di
tattica
»
(
211
)
.
Le
buone
intenzioni
avevano
adunque
fruttato
qualche
cosa
.
Più
tardi
,
nel
luglio
del
1796
,
il
sergente
generale
conte
Stràtico
-
il
fautore
di
una
artiglieria
veneta
da
battaglia
leggera
e
manovriera
ed
il
riformatore
del
regolamento
di
esercizi
per
le
fanterie
italiana
ed
oltremarina
-
riaffermava
ancora
la
necessità
di
queste
manovre
d
'
assieme
,
nella
premessa
al
ricordato
regolamento
e
nel
carteggio
che
esso
diede
luogo
tra
lo
stesso
Stràtico
ed
il
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
in
carica
.
Con
la
visione
oramai
netta
e
precisa
della
patria
violentata
sul
margine
delle
lagune
-
come
al
tempo
della
guerra
di
Cambrai
-
quel
generale
vagheggiava
la
costituzione
di
alcuni
campi
stabili
sotto
ai
forti
di
San
Pietro
in
Volta
e
di
Malamocco
,
presso
i
trinceramenti
della
Motta
detta
di
Sant
'
Antonio
e
presso
il
Lido
,
allo
scopo
di
formarne
una
scuola
d
'
armi
e
d
'
armati
sempre
pronta
ad
ogni
evenienza
,
sempre
desta
ad
ogni
minaccia
;
di
apparecchiare
insomma
un
buon
istrumento
di
difesa
per
Venezia
e
per
l
'
estuario
.
Giacomo
Nani
,
con
il
prestigio
del
suo
nome
,
con
la
profondità
delle
sue
dottrine
,
con
il
suo
patriottismo
illuminato
,
aggiungeva
a
questi
disegni
forza
e
decoro
.
«
È
bene
-
scriveva
lo
Stràtico
-
che
si
radunino
al
più
presto
assieme
queste
truppe
e
siano
messe
sotto
le
tende
,
come
nella
ultima
neutralità
(
212
)
al
tempo
del
maresciallo
Schoulemburg
.
Tale
metodo
è
poi
molto
utile
nel
formarsi
in
battaglia
,
nel
marciare
fuori
dei
campi
per
qualche
lungo
tratto
interrotto
da
fossi
,
da
siepi
e
da
altri
impedimenti
,
e
finalmente
per
eseguire
le
grandi
manovre
.
Da
questo
primo
passo
dello
attendamento
è
facile
condursi
poi
a
quegli
altri
che
formano
la
catena
continua
delle
militari
istruzioni
;
vale
a
dire
nel
rendere
in
pari
tempo
ed
in
unione
con
la
fanteria
esercitati
gli
artiglieri
nella
disposizione
e
nello
esercizio
dell
'
artiglieria
di
corpo
e
del
treno
da
campagna
,
di
cui
dovrebbero
essere
forniti
i
progettati
accampamenti
,
come
anche
la
cavalleria
che
vi
si
volesse
assegnare
sia
nei
finti
assalti
che
in
foraggiare
,
scortare
convogli
e
bagagli
...
Quanto
poi
riflette
questa
ultima
arma
,
il
maresciallo
Schoulemburg
era
del
parere
doversi
armare
i
lidi
di
Venezia
(
213
)
,
specie
i
dipartimenti
di
Pellestrina
e
di
Chioggia
,
con
buoni
corpi
di
cavalleria
per
impedire
gli
sbarchi
ed
appoggiare
occorrendo
quelle
milizie
che
,
da
Venezia
,
fossero
spedite
in
Terraferma
.
Converrebbe
quindi
chiamare
a
questa
parte
almeno
quattro
compagnie
di
croati
,
aumentando
però
la
loro
forza
attuale
fino
a
cento
teste
,
formare
con
esse
tre
buoni
squadroni
(
di
due
compagnie
ognuno
)
ed
aggiungervene
un
quarto
di
cavalleggeri
»
.
Così
,
mentre
la
Serenissima
stava
agonizzando
,
si
istituirono
in
tumulto
gli
ultimi
campi
di
manovra
dell
'
esercito
Veneto
,
sicché
essi
uscirono
alla
luce
del
sole
come
nati
-
morti
.
*
*
*
Il
riparto
militare
della
Repubblica
comprendeva
i
quattro
dipartimenti
territoriali
d
'
Italia
,
di
Dalmazia
,
del
Golfo
e
del
Levante
.
I
tre
ultimi
,
per
essere
d
'
oltremare
,
avevano
stretta
correlazione
con
la
suprema
magistratura
politica
,
civile
e
marinara
di
ciascuna
provincia
(
i
provveditori
generali
)
.
Il
primo
dipartimento
invece
,
quello
d
'
Italia
,
non
avendo
normalmente
tale
analogia
di
forme
e
di
reggimenti
-
a
meno
che
speciali
circostanze
politiche
non
consigliassero
di
nominare
anche
colà
un
provveditore
-
esercitava
la
propria
giurisdizione
per
mezzo
dei
capitani
e
dei
podestà
.
Nel
riparto
di
Levante
(
214
)
primeggiava
l
'
isola
di
Corfù
,
per
la
sua
posizione
geografica
e
per
il
ricordo
degli
ultimi
fasti
di
guerra
della
Serenissima
(
1716
)
indivisibilmente
congiunti
alla
strenua
difesa
del
maresciallo
Schoulemburg
.
E
la
fortezza
corfiotta
nel
1796
contava
ancora
sui
rovinati
rampari
ben
512
bocche
da
fuoco
di
varia
specie
e
calibro
.
Dopo
Corfù
,
in
ordine
d
'
importanza
,
si
contava
Santa
Maura
(
Levkàs
)
cui
pendevano
di
continuo
sul
capo
come
scimitarra
gli
orrori
delle
incursioni
turchesche
;
Zante
(
Zakynthos
)
la
boscosa
e
feconda
per
i
pingui
pascoli
,
assai
mal
guardata
dai
suoi
21
cannoni
barcollanti
sugli
affusti
tarlati
;
Prevesa
la
cittadella
perduta
in
fondo
al
promontorio
aziaco
,
ricca
di
gloria
romana
ed
anche
un
poco
orgogliosa
per
la
recente
fortuna
dei
Veneti
(
215
)
,
guardata
da
un
pugno
di
soldati
macilenti
per
i
miasmi
dell
'
acquitrino
ambracico
.
Venivano
ultime
Vonizza
,
l
'
isola
di
Cefalonia
con
il
presidio
di
Asso
,
e
li
scogli
perduti
di
Cerigo
e
Cerigotto
.
Nel
contado
delle
Bocche
,
cioè
in
parte
della
giurisdizione
del
Golfo
,
aveva
il
primo
posto
la
fortezza
di
Cattaro
con
153
cannoni
,
compreso
l
'
armamento
del
Forte
Spagnuolo
di
Castelnuovo
(
216
)
,
quello
del
castello
di
Budua
e
degli
appostamenti
di
Zupa
e
del
contado
dei
Pastrovicchi
.
Frequenti
erano
le
relazioni
politiche
e
commerciali
dei
governatori
delle
armi
di
queste
due
ultime
fortezze
con
l
'
attiguo
territorio
dei
Montenegrini
e
dei
pascià
dell
'
Erzegovina
(
217
)
.
Il
riparto
di
Dalmazia
aveva
per
capoluogo
Zara
.
Non
minore
importanza
dopo
questa
città
avevano
i
castelli
di
Knin
,
di
Sign
,
di
Spalato
,
di
Traù
,
le
opere
di
Sebenico
,
quelle
di
Almissa
e
di
Imoschi
.
Nell
'
Istria
Veneta
primeggiava
infine
Capodistria
armata
con
12
pezzi
.
Tra
le
piazze
forti
d
'
Italia
aveva
grande
fama
Palma
,
o
Palmanova
,
retta
da
uno
speciale
magistrato
militare
.
Il
numero
dei
castelli
e
delle
fortificazioni
di
Venezia
e
dell
'
estuario
era
assai
grande
,
e
tale
si
trasmise
pressoché
in
integro
,
attraverso
le
dominazioni
francese
ed
austriaca
,
fino
al
1848
.
Tra
le
opere
più
notevoli
si
contavano
,
al
tempo
della
caduta
della
Repubblica
,
quelle
del
Lido
,
di
Campalto
,
della
Certosa
,
di
San
Giorgio
Maggiore
,
della
Motta
di
Sant
'
Antonio
,
del
Maltempo
,
di
San
Pietro
in
Volta
,
degli
Alberoni
,
di
Chioggia
,
di
Bròndolo
,
del
Castello
di
Sant
'
Andrea
,
di
San
Giovanni
della
Polvere
,
di
San
Giorgio
in
Alga
;
oltre
una
folla
di
opere
minori
,
batterie
,
trinceramenti
,
ottagoni
,
palizzate
ed
appostamenti
(
218
)
.
Sugli
spalti
di
queste
opere
di
Venezia
e
dell
'
estuario
risultavano
collocate
in
complesso
2471
bocche
da
fuoco
,
comprese
le
disponibili
nell
'
Arsenale
.
Caposaldo
della
difesa
di
Terraferma
era
la
fortezza
di
Verona
.
In
essa
si
notavano
il
castello
di
San
Pietro
e
quello
di
San
Felice
(
219
)
,
entrambi
ricchi
di
solide
muraglie
,
di
torricelle
,
di
opere
a
corno
e
di
terrapieni
d
'
ogni
maniera
,
demoliti
in
buona
parte
in
forza
del
trattato
di
Luneville
nel
marzo
1801;
Castel
Vecchio
di
remota
costruzione
Scaligera
(
220
)
con
grossi
parapetti
,
feritoie
sui
piloni
del
classico
ponte
e
merlature
,
opere
deturpate
anch
'
esse
in
virtù
del
detto
trattato
;
e
la
cinta
murata
con
le
numerose
porte
,
cortine
e
bastioni
illustrati
dall
'
arte
del
Sammichieli
.
Minore
importanza
avevano
infine
la
piazze
di
Legnago
e
di
Peschiera
-
recentemente
sistemate
nei
fossi
acquei
e
nelle
mure
dal
colonnello
Lorgna
-
il
castello
di
Brescia
,
le
opere
di
Orzinovi
(
Orzi
-
Novi
)
,
di
Crema
,
di
Àsola
,
di
Pontevico
e
di
Bergamo
.
*
*
*
L
'
alta
giurisdizione
territoriale
militare
sui
riparti
di
Levante
,
Dalmazia
,
Golfo
ed
Italia
,
era
esercitata
dai
rispettivi
sergenti
maggiori
di
battaglia
,
secondo
i
turni
dei
quali
si
disse
più
sopra
.
Il
comando
effettivo
delle
fortezze
competeva
invece
ai
singoli
governatori
delle
armi
,
suddivisi
in
alquante
categorie
a
seconda
dell
'
importanza
delle
fortezze
medesime
.
Ai
governatori
delle
armi
spettava
un
certo
numero
di
lance
spezzate
costituenti
una
piccola
guardia
del
corpo
.
Successivamente
però
questo
diritto
andò
modificandosi
e
si
trasformò
,
sul
finire
della
Repubblica
,
in
una
specie
di
indennità
di
carica
da
corrispondersi
in
contanti
.
A
questi
governatori
delle
armi
nelle
fortezze
d
'
Oltre
mare
incombeva
un
còmpito
assai
spesso
difficile
e
pericoloso
.
Quello
cioè
di
servire
da
ago
della
bilancia
in
mezzo
alla
violenza
delle
passioni
politiche
delle
genti
contermini
,
e
da
scudo
contro
le
incursioni
e
le
depredazioni
delle
vicine
tribù
turchesche
.
E
l
'
uno
e
l
'
altro
ufficio
essi
dovevano
assolvere
con
dignità
e
con
fermezza
,
quasi
sempre
con
scarsissimi
presidi
,
con
armi
spuntate
e
rugginose
.
In
quest
'
opera
giovava
ancora
alcun
poco
il
bagaglio
delle
antiche
memorie
e
del
vecchio
prestigio
repubblicano
rinverdito
dopo
le
campagne
del
1716-17
,
ma
più
che
tutto
valeva
l
'
intreccio
dei
vincoli
politici
,
sociali
e
feudali
,
solidamente
ribadito
dalla
Repubblica
nei
domini
d
'
Oltremare
tra
i
suoi
stessi
rappresentanti
ed
i
maggiorenti
delle
terre
.
Così
,
con
fine
accorgimento
,
la
Serenissima
soleva
scegliere
non
pochi
dei
governatori
delle
armi
delle
principali
fortezze
di
Dalmazia
e
di
Levante
tra
gli
ufficiali
superiori
degli
Oltremarini
,
vale
a
dire
tra
i
conterranei
medesimi
;
sicché
,
per
tale
riguardo
,
le
genti
entravano
di
leggeri
in
una
tal
specie
di
convinzione
di
godere
una
autonomia
propria
,
convinzione
che
gli
istituti
repubblicani
rafforzavano
e
corroboravano
.
Il
crogiuolo
delle
milizie
regionali
oltremarine
serviva
così
da
elemento
unificatore
,
da
valido
intermediario
tra
le
libertà
cantonali
d
'
Oltremare
ed
il
potere
centrale
repubblicano
,
da
scuola
d
'
armi
insieme
e
di
pubblici
poteri
dalla
quale
il
dominio
veneto
usciva
rafforzato
e
popolarizzato
.
Le
migliori
famiglie
dalmate
quivi
dovevano
acquistare
i
titoli
per
l
'
esercizio
del
governo
sui
conterranei
,
in
nome
della
stessa
Serenissima
,
e
questo
automatico
ricambio
di
uomini
e
di
reggitori
raddolciva
le
suscettività
individuali
e
collettive
delle
municipalità
dalmate
e
le
cointeressava
agli
accorti
fini
politici
della
Repubblica
.
Nelle
principali
fortezze
i
governatori
delle
armi
erano
inoltre
coadiuvati
dai
così
detti
maggiori
alle
fortezze
,
tratti
in
buona
parte
dal
corpo
degli
artiglieri
,
con
incarichi
esclusivamente
sedentari
.
Non
mancavano
però
degli
strappi
a
tale
consuetudine
circa
il
reclutamento
di
questi
ufficiali
,
e
tra
gli
altri
merita
particolare
rilievo
quello
che
si
verificò
nel
1794
quando
-
nell
'
assoluta
impossibilità
di
trovare
un
posto
agli
ufficiali
promossi
per
merito
di
guerra
da
Angelo
Emo
-
convenne
trasferirli
appunto
nel
personale
delle
fortezze
,
senza
riguardo
di
sorta
all
'
ufficio
ed
all
'
arma
di
provenienza
.
I
còmpiti
di
questi
ufficiali
alle
fortezze
erano
assai
simili
a
quelli
che
,
sotto
la
Francia
del
vecchio
regime
,
erano
attribuiti
ai
majors
ed
agli
aides
majors
généreaux
des
logis
(
221
)
.
Poche
parole
rimangono
da
dire
intorno
alla
dislocazione
effettiva
delle
truppe
venete
.
I
documenti
più
autorevoli
in
materia
sono
per
certo
i
«
Piedilista
generali
di
tutte
le
pubbliche
forze
»
compilati
all
'
Inquisitorato
sull
'
amministrazione
dei
pubblici
ruoli
.
Codesti
specchi
,
che
servivano
di
base
ai
càlcoli
relativi
alla
forza
bilanciata
dell
'
esercito
della
Repubblica
,
comprendevano
gli
effettivi
sotto
le
armi
,
gli
aumenti
e
le
diminuzioni
dei
fazioneri
in
confronto
del
periodo
di
tempo
immediatamente
precedente
,
gli
amassi
o
risultati
delle
nuove
leve
,
i
cassi
o
congedati
per
compimento
d
'
ingaggio
o
per
inabilità
fisica
,
i
fuggiti
o
disertori
,
i
morti
,
i
passati
di
riparto
o
trasferiti
ad
altra
sede
,
ed
infine
i
realditi
,
o
condannati
la
cui
pena
era
sospesa
momentaneamente
per
revisione
di
processo
(
222
)
.
Le
modalità
di
tali
piedilista
erano
tassativamente
fissate
dalle
Terminazioni
degli
Ill.mi
ed
Ecc.mi
Signori
Inquisitori
sopra
l
'
amministrazione
dei
pubblici
rolli
(
223
)
,
e
ad
esse
si
dovevano
uniformare
tutti
i
comandanti
di
truppa
nello
intento
di
evitare
brogli
,
peculati
e
tentativi
di
frode
per
via
dei
passavolanti
(
224
)
.
Epperciò
ogni
ufficiale
,
sulla
propria
fede
di
uomo
d
'
onore
,
doveva
redigere
la
copia
del
rispettivo
rollo
,
o
riparto
,
da
trasmettersi
quindi
agli
inquisitori
competenti
,
vidimata
dalle
autorità
superiori
.
Analoghe
pratiche
si
osservavano
per
le
truppe
imbarcate
sui
pubblici
legni
,
disposte
a
guardia
di
lontani
presidi
e
negli
appostamenti
.
I
sergenti
maggiori
di
battaglia
,
i
capi
dei
riparti
territoriali
,
gli
aiutanti
di
reggimento
e
di
battaglione
,
dovevano
sorvegliare
con
somma
cura
la
compilazione
scrupolosa
dei
piedilista
,
che
si
trasmettevano
all
'
Inquisitorato
semestralmente
prima
dell
'
anno
1790
,
ed
annualmente
dopo
di
quell
'
anno
(
225
)
.
*
*
*
Dai
piedilista
adunque
-
orgoglio
e
tormento
della
burocrazia
militare
veneta
dell
'
epoca
-
si
rileva
che
la
forza
bilanciata
sullo
scorcio
di
vita
della
Repubblica
oscillava
intorno
alla
dozzina
di
migliaia
di
soldati
,
e
che
pochi
anni
prima
della
caduta
questa
forza
era
timidamente
salita
sopra
alle
quindici
migliaia
di
uomini
(
226
)
.
Tale
contingente
di
truppe
era
suddiviso
pressoché
in
parti
proporzionali
tra
i
quattro
dipartimenti
militari
.
Così
nel
1780
,
sopra
un
totale
di
313
compagnie
e
12,406
teste
a
ruolo
,
compresi
gli
invalidi
,
gli
addetti
all
'
Arsenale
,
alle
scuole
militari
ed
alle
compagnie
di
leva
,
spettavano
a
ciascuno
dei
grandi
riparti
gli
effettivi
seguenti
:
Riparto
di
Levante
.
-
Presidi
,
numero
24
(
227
)
.
A
terra
,
uomini
3326
.
Sulle
navi
,
nomini
1683
(
228
)
.
Riparto
di
Dalmazia
.
-
Presidi
,
numero
49
(
229
)
.
A
terra
,
uomini
2761
.
Sulle
navi
,
uomini
255
.
Riparto
d
'
Italia
.
-
Presidi
,
numero
43
(
230
)
.
A
terra
,
uomini
2141
.
Sulle
navi
,
uomini
453
.
Riparto
del
Golfo
.
-
Presidi
,
numero
2
(
231
)
.
A
terra
,
uomini
197
.
Sulle
navi
,
uomini
460
.
Nell
'
interno
dei
corpi
le
guarnigioni
di
solito
erano
distribuite
in
giusta
misura
,
con
senso
di
equità
e
di
equilibrio
tra
i
buoni
ed
i
cattivi
distaccamenti
,
e
con
riguardo
ai
turni
destinati
a
ristabilire
l
'
equilibrio
in
questa
necessaria
altalena
di
«
bona
mixta
malis
»
delle
guarnigioni
degli
eserciti
a
base
nazionale
.
Pochi
erano
invece
i
corpi
che
avevano
tutte
le
compagnie
raccolte
in
una
medesima
sede
,
o
riparto
territoriale
,
e
ciò
dipendeva
ordinariamente
tanto
da
necessità
di
transito
da
un
riparto
all
'
altro
(
Lido
-
Padova
-
Zara
)
,
quanto
da
convenienze
particolari
d
'
arma
(
corazzieri
,
croati
,
travagliatori
,
invalidi
etc
.
)
.
Nel
piedilista
del
V
settembre
1776
(
232
)
-
uno
dei
più
accurati
della
specie
-
risulta
infatti
che
,
dei
18
reggimenti
di
Fanteria
Italiana
,
14
avevano
le
proprie
compagnie
tutte
riunite
nell
'
interno
di
uno
stesso
riparto
,
che
i
rimanenti
reggimenti
le
avevano
frazionate
,
e
che
tutti
i
corpi
di
Fanti
Oltramarini
all
'
infuori
di
due
(
233
)
si
trovavano
con
le
proprie
unità
sparpagliate
tra
la
Dalmazia
,
il
Levante
,
l
'
Italia
ed
il
Golfo
.
Della
cavalleria
veneta
,
il
Reggimento
di
Corazze
aveva
le
sue
sei
compagnie
tutte
in
Dalmazia
,
quello
di
Dragoni
era
per
intero
dislocato
in
Italia
.
Il
reggimento
Croati
del
Colonnello
Begna
presidiava
la
Dalmazia
senza
distaccamenti
in
altri
riparti
,
quello
del
Colonnello
Gregorina
era
tutto
raccolto
in
Italia
.
Il
Reggimento
artiglieria
infine
era
suddiviso
con
sei
compagnie
in
Levante
,
tre
nella
Dalmazia
ed
altrettante
in
Italia
.
Questa
dislocazione
delle
truppe
venete
si
mantenne
presso
a
poco
immutata
fino
alla
caduta
della
Repubblica
.
Subì
soltanto
qualche
alterazione
nel
1796
quando
,
a
cominciare
dai
primi
di
giugno
,
dalle
province
d
'
Oltremare
furono
chiamate
alla
Dominante
truppe
per
la
difesa
delle
lagune
minacciate
dagli
eserciti
di
Francia
.
Allora
,
per
la
seconda
volta
dopo
la
guerra
di
Cambrai
,
si
videro
raccolte
milizie
in
buon
numero
dentro
l
'
abitato
cittadino
di
Venezia
,
violando
la
tradizionale
consuetudine
che
ne
le
escludeva
in
via
normale
in
omaggio
alle
libertà
repubblicane
.
All
'
infuori
di
codesti
casi
eccezionalissimi
,
unici
rappresentanti
della
legge
e
della
forza
armata
veneta
dentro
alla
città
delle
lagune
erano
i
birri
ed
i
fanti
,
ministri
questi
ultimi
al
servizio
del
Consiglio
dei
Dieci
e
degli
Inquisitori
di
Stato
(
234
)
.
*
*
*
Poiché
l
'
esercito
veneto
della
rovina
repubblicana
accentuò
il
proprio
carattere
di
istituto
di
beneficenza
,
pullularono
come
una
fungaia
i
corpi
degli
invalidi
,
o
dei
benemeriti
,
senza
contare
i
nuclei
di
militari
fisicamente
inadatti
al
servizio
,
non
inquadrati
in
unità
sedentarie
ma
semplicemente
mantenuti
a
ruolo
e
stipendio
con
il
benefizio
delle
così
dette
mezze
paghe
.
Di
queste
ultime
si
avvantaggiavano
in
particolar
modo
i
cannonieri
,
intendendo
con
ciò
la
Serenissima
di
conservarsi
sotto
mano
-
prima
della
fondazione
del
Reggimento
Artiglieria
e
subito
dopo
di
essa
-
una
certa
riserva
di
militari
pratici
delle
artiglierie
per
far
fronte
alle
eventuali
esigenze
.
Ma
poiché
lo
scandaloso
costume
delle
mezze
-
paghe
,
che
manteneva
a
spese
del
pubblico
erario
una
falange
di
fannulloni
e
di
disadatti
fu
abolita
nell
'
anno
1777
,
un
'
ondata
di
postulanti
e
di
malcontenti
venne
a
rifluire
alle
unità
organizzate
degli
invalidi
.
Se
ne
rammaricava
inutilmente
il
Senato
,
rilevando
il
grave
danno
pecuniario
che
causava
tale
corrività
,
eccitando
il
Savio
alla
Scrittura
a
provvedere
:
«
perché
questa
caritatevole
disposizione
(
dei
benemeriti
)
non
vada
a
danno
del
dinaro
pubblico
,
né
trovi
il
privato
interesse
una
fonte
di
illeciti
vantaggi
»
(
235
)
.
La
piaga
però
aveva
troppo
salde
e
profonde
radici
,
d
'
altronde
le
strettezze
dell
'
erario
non
permettevano
di
concedere
giubilazioni
che
ai
militari
fatti
decrepiti
sotto
l
'
assisa
repubblicana
;
e
ciò
non
poteva
accadere
di
solito
che
verso
i
60
o
70
anni
di
età
.
Nel
1790
esistevano
nell
'
esercito
veneto
7
compagnie
o
distaccamenti
di
benemeriti
.
Una
compagnia
di
essi
era
dislocata
al
Lido
e
nelle
opere
contermini
,
una
a
Palmanova
ed
una
nel
Castello
di
Brescia
.
Un
distaccamento
assai
numeroso
di
quei
vecchi
soldati
guardava
il
forte
di
San
Pietro
dei
Nembi
sotto
Zara
,
un
altro
quello
del
Maltempo
presso
Venezia
,
i
due
ultimi
infine
erano
dislocati
a
Zara
e
nel
Collegio
Militare
di
Verona
.
Principale
còmpito
di
questi
benemeriti
era
il
servizio
di
guardia
agli
istituti
ed
edifizi
militari
affidati
alla
loro
custodia
,
«
senza
mai
staccarsi
dal
posto
sotto
qualunque
pretesto
,
per
ubbidire
ai
comandi
che
loro
venissero
impartiti
e
vietando
l
'
asporto
di
pubblica
o
di
privata
roba
»
(
236
)
.
CAPO
IX
.
L
'
addestramento
della
truppa
veneta
.
Cadeva
la
Repubblica
quando
,
dopo
una
serie
di
reiterate
istanze
intese
a
porre
in
rilievo
la
vetustà
dei
regolamenti
tattici
compilati
dal
maresciallo
Schoulemburg
al
principio
del
secolo
XVIII
-
sui
quali
era
passato
indarno
tutto
lo
splendore
dell
'
arte
federiciana
-
il
Senato
si
induceva
finalmente
a
nominare
una
commissione
con
l
'
incarico
di
redigerne
dei
nuovi
.
Si
trattava
anzitutto
di
rendere
più
agili
e
manovriere
le
forme
tattiche
della
fanteria
,
anchilosate
ancora
nella
vecchia
suddivisione
di
ali
,
di
divisioni
e
di
plotoni
,
di
imprimere
maggiore
impulso
al
fuoco
,
scioltezza
agli
ordinamenti
e
vigoria
alle
azioni
da
combattimento
.
La
circostanza
che
un
buon
nucleo
di
truppe
venete
si
trovava
raccolto
sotto
Verona
,
e
che
il
generale
Salimbeni
ed
il
governatore
delle
armi
di
quella
città
avevano
cominciato
ad
esercitarle
in
simulacri
di
esercitazioni
e
di
manovre
,
si
presentava
assai
propizia
per
compiere
le
necessarie
esperienze
della
riforma
dei
regolamenti
.
Nella
primavera
del
1795
una
commissione
composta
dal
detto
generale
Salimbeni
,
dal
sergente
generale
Stràtico
e
da
altri
ufficiali
inferiori
,
compiva
infatti
la
prima
metà
dell
'
opera
,
cioè
quella
della
revisione
della
parte
formale
dei
regolamenti
tattici
dal
titolo
«
Esercizi
personali
per
gli
Uffiziali
,
bassi
-
uffiziali
e
soldati
della
truppa
veneta
»
,
e
la
presentava
al
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
Iseppo
Priuli
con
una
dotta
relazione
a
corredo
,
acciocché
questo
magistrato
la
rassegnasse
a
sua
volta
al
Doge
.
La
relazione
faceva
riserva
,
«
che
i
detti
benemeriti
ufficiali
Salimbeni
e
Stràtico
avrebbero
fatta
successivamente
completa
produzione
anche
della
seconda
parte
dell
'
opera
...
la
quale
abbracciar
deve
i
movimenti
dei
corpi
,
così
avendo
essi
creduto
di
dividerla
per
maggiore
facilità
e
chiarezza
»
(
237
)
.
Questa
prima
parte
del
regolamento
che
vedeva
allora
la
luce
comprendeva
adunque
il
maneggio
del
fucile
del
modello
Tartagna
,
i
movimenti
con
la
bandiera
per
gli
alfieri
,
con
la
spada
per
gli
ufficiali
e
le
varianti
ed
aggiunte
per
la
fanteria
oltramarina
.
Nel
proemio
si
esprimeva
il
voto
,
«
che
il
libro
venisse
stampato
in
entrambe
le
lingue
italiana
ed
illirica
,
due
essendo
le
nazioni
con
differente
linguaggio
che
hanno
l
'
onore
di
servire
Vostra
Serenità
»
,
e
prometteva
di
estendere
gli
studi
e
le
esperienze
anche
alla
cavalleria
,
«
la
quale
ha
eguale
e
forse
anche
maggiore
bisogno
della
infanteria
di
regolazioni
nello
esercizio
non
solo
,
ma
anche
nella
tattica
,
usando
ancora
quelle
che
furono
estese
fino
dal
secolo
passato
dal
generale
Stenau
»
.
Ispirandosi
a
modernità
di
concetti
,
«
come
si
deve
»
ed
alle
«
nuove
pratiche
introdotte
ed
usitate
dalle
nazioni
più
agguerrite
»
,
i
compilatori
del
nuovo
regolamento
esprimevano
da
ultimo
la
fiducia
che
la
«
nazionalità
veneta
potrà
,
con
esso
,
diventare
mirabilmente
istrutta
»
.
Le
nuove
ordinanze
conservavano
la
formazione
della
fanteria
su
tre
righe
,
ponevano
in
rilievo
la
sempre
crescente
potenza
del
fuoco
e
procuravano
di
disciplinare
l
'
urto
.
Semplificavano
oltre
a
ciò
-
nei
limiti
del
possibile
-
il
maneggio
dell
'
armi
ed
assottigliavano
d
'
alcun
poco
il
pesante
bagaglio
delle
evoluzioni
,
delle
marce
,
delle
contromarce
e
delle
colonne
d
'
attacco
.
*
*
*
Per
eseguire
i
movimenti
con
la
spada
,
oramai
definitivamente
sostituita
alla
picca
fino
dall
'
anno
1790
(
238
)
,
gli
ufficiali
dovevano
prendere
la
posizione
di
attenti
,
epperciò
essi
dovevano
:
«
impiantarsi
con
la
vita
dritta
,
petto
in
fuori
,
capo
alto
,
tacchi
tra
loro
distanti
di
due
dita
,
punte
dei
piedi
in
fuori
,
ginocchia
tese
,
braccia
pendenti
al
naturale
in
giù
,
cappello
che
riposi
sopra
le
ciglia
ma
voltato
un
poco
verso
sinistra
»
(
239
)
.
I
movimenti
con
la
spada
erano
17
e
cioè
:
spada
alla
mano
o
in
parata
,
primo
saluto
,
spada
in
parata
,
secondo
saluto
,
spada
in
battaglia
,
spada
in
parata
,
spada
all
'
orazion
,
spada
in
parata
,
spada
a
funeral
,
spada
in
parata
,
spada
in
riposo
,
spada
in
parata
,
spada
in
battaglia
,
spada
in
riposo
,
spada
in
battaglia
,
spada
in
parata
,
spada
nel
fodero
.
Il
saluto
con
la
spada
si
rendeva
dagli
ufficiali
veneti
presso
a
poco
come
si
pratica
oggigiorno
e
così
si
salutavano
:
«L'Ecc.mo
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
,
i
Provveditori
Generali
da
Mar
,
della
Dalmazia
e
gli
Ecc.mi
Capi
di
Provincia
in
Terraferma
»
.
Per
rendere
onore
alle
altre
autorità
militari
il
saluto
con
la
spada
si
arrestava
al
primo
tempo
dell
'
odierno
saluto
,
e
cioè
«
con
la
coccia
della
spada
«
dirimpetto
al
mento
,
alla
distanza
di
un
palmo
,
guardamano
voltato
verso
il
lato
sinistro
e
lama
verticale
e
di
piatto
»
.
Questi
modi
di
salutare
le
autorità
militari
superiori
ed
inferiori
surrogarono
rispettivamente
la
battuta
della
picca
ed
il
levarsi
del
cappello
,
quando
la
picca
stessa
costituiva
l
'
ordinario
armamento
dell
'
ufficiale
.
Altre
regole
disciplinavano
il
modo
di
portare
la
spada
all
'
orazion
,
che
stendevasi
a
quell
'
atto
davanti
al
corpo
con
il
braccio
disteso
e
la
punta
fin
presso
terra
,
mentre
l
'
ufficiale
ripiegava
il
ginocchio
destro
sotto
il
sinistro
,
si
toglieva
di
capo
il
cappello
e
lo
raccomandava
alla
mano
sinistra
;
a
funeral
,
nella
quale
positura
la
spada
si
portava
serrata
contro
il
petto
lungo
il
lato
sinistro
,
assicurata
sotto
l
'
avambraccio
piegato
all
'
altezza
della
mammella
;
in
battaglia
infine
cioè
con
la
spada
stesa
lungo
il
fianco
destro
,
«
appoggiandola
verticalmente
nel
vuoto
della
spalla
,
col
filo
in
fuori
»
(
240
)
.
Gli
alfieri
portavano
normalmente
la
bandiera
«
sul
fianco
destro
,
l
'
asta
alquanto
inclinata
verso
dritta
e
pendente
in
avanti
,
la
lancia
(
freccia
)
voltata
in
piano
ed
il
calcio
a
terra
»
.
Nei
tempi
sereni
e
senza
vento
la
bandiera
si
lasciava
«
a
drappo
volante
»
,
nei
piovosi
invece
o
con
vento
si
prendeva
«
il
canto
(
lembo
)
pendente
del
drappo
e
con
la
mano
destra
si
serrava
all
'
asta
»
.
Nelle
parate
-
senza
eccezione
di
tempo
-
la
bandiera
doveva
essere
sempre
spiegata
.
L
'
alfiere
abbassava
la
bandiera
davanti
a
quelle
medesime
supreme
cariche
militari
cui
si
rendeva
dagli
ufficiali
il
completo
saluto
con
la
spada
,
«
compiendo
un
ottavo
di
giro
a
«
dritta
,
poi
con
la
mano
dritta
abbassando
l
'
asta
della
bandiera
verso
la
parte
sinistra
,
finché
il
piatto
della
lancia
sia
ad
un
palmo
distante
da
terra
...
nell
'
atto
stesso
si
raccoglieva
con
la
mano
sinistra
il
drappo
e
si
impugnava
per
di
fuori
dell
'
asta
»
.
Per
salutare
tutti
gli
altri
superiori
l
'
alfiere
toglieva
semplicemente
di
capo
il
cappello
(
241
)
.
E
passiamo
agli
esercizi
con
il
fucile
(
242
)
.
Poche
premesse
poste
innanzi
alla
descrizione
dei
relativi
movimenti
richiamavano
l
'
attenzione
sul
fatto
,
«
che
il
maneggio
del
fucile
deve
compiersi
dai
soldati
con
desterità
e
scioltezza
...
epperciò
essi
dovranno
stare
con
l
'
orecchio
attento
al
comando
,
muovere
le
mani
sempre
in
vicinanza
del
corpo
,
eseguire
con
vigore
ogni
tempo
di
una
mozione
restando
poi
immobili
da
uno
all
'
altro
tempo
»
.
Per
facilitare
poi
la
simultaneità
e
l
'
esatta
esecuzione
degli
esercizi
,
si
prescriveva
che
«
essendo
i
soldati
in
rango
e
fila
,
quelli
di
prima
riga
abbiano
a
guardare
attentamente
il
campione
(
istruttore
)
e
quelli
delle
due
ultime
file
quelli
della
prima
,
onde
muoversi
tutti
contemporaneamente
»
.
Tra
il
comando
di
ciascun
movimento
e
l
'
esecuzione
del
primo
tempo
di
esso
,
il
campione
doveva
lasciar
correre
un
intervallo
bastevole
per
contare
a
cadenza
i
primi
tre
numeri
.
Tra
i
tempi
successivi
questo
intervallo
doveva
essere
prolungato
di
alquanto
e
diventare
eguale
all
'
intervallo
di
tempo
che
è
necessario
per
contare
i
primi
sei
numeri
.
Si
eccettuavano
da
questa
regola
mnemonica
i
comandi
per
i
fuochi
e
per
ritirare
le
armi
,
i
quali
dovevano
eseguirsi
non
appena
ordinati
.
La
posizione
di
base
per
eseguire
il
maneggio
dell
'
armi
era
quella
del
fucile
collocato
sulla
spalla
sinistra
,
con
la
canna
in
fuori
,
sostenendo
il
calcio
con
la
palma
della
mano
sinistra
appoggiata
al
fianco
,
«
sicché
il
pollice
premeva
il
calcio
e
le
altre
dita
lo
stringevano
per
di
sotto
:
il
braccio
sinistro
non
doveva
essere
né
troppo
teso
né
troppo
inarcato
,
col
gomito
daccosto
alla
vita
in
modo
tale
che
la
mammella
cadesse
tra
le
due
viti
della
piastrina
»
(
243
)
.
Il
rigido
formalismo
dominante
non
si
arrestava
però
a
tali
prescrizioni
e
rilevando
,
«
che
vi
sono
uomini
che
hanno
più
anca
che
spalla
e
di
quelli
che
sono
al
contrario
»
,
presumeva
di
correggere
anche
le
differenze
fisiologiche
dei
diversi
attori
con
compensi
e
temperamenti
,
in
modo
da
ottenere
che
tutti
i
fusti
dei
fucili
si
adagiassero
in
un
medesimo
piano
inclinato
,
perfettamente
uniforme
.
«
Se
il
soldato
-
-
diceva
dunque
il
regolamento
-
ha
più
anca
che
spalla
,
esso
dovrà
sostenere
il
fucile
sulla
spalla
volgendo
il
pugno
un
poco
in
dentro
perché
la
canna
più
si
scosti
dalla
testa
;
e
se
al
contrario
avesse
più
spalla
che
anca
,
allora
volgerà
il
pugno
un
poco
più
in
fuori
appoggiando
maggiormente
il
calcio
alla
coscia
per
avvicinare
di
più
la
canna
alla
testa
.
Con
tale
avvertenza
si
riuscirà
a
mettere
nello
stesso
piano
tutti
i
fucili
di
una
riga
di
soldati
»
.
E
sulla
pratica
di
questi
ripieghi
i
campioni
fondavano
il
supremo
segreto
dell
'
arte
,
la
ricetta
che
assicurava
fortuna
alla
complicata
coreografia
del
maneggio
dell
'
armi
.
I
principali
movimenti
con
il
fucile
erano
34
.
La
loro
progressione
cominciava
col
presentar
l
'
arme
,
la
quale
si
sosteneva
verticalmente
davanti
al
corpo
«
in
candela
,
proprio
dirimpetto
al
mezzo
del
capo
,
col
vidone
(
vitone
)
del
cane
contro
il
centurino
...
ed
il
piede
destro
tre
dita
dietro
il
piede
sinistro
,
in
modo
che
il
calcagno
di
questo
guardi
il
mezzo
dell
'
altro
piede
,
e
ciò
senza
cangiare
di
fronte
»
(
244
)
.
Sull
'
esecuzione
dei
fuochi
il
regolamento
richiamava
«
tutta
l
'
attenzione
dei
soldati
...
avezzandoli
a
mirare
con
franchezza
,
a
non
torcere
in
verun
modo
la
testa
,
a
non
muovere
né
il
corpo
né
il
fucile
,
perché
ogni
piccolo
moto
può
alterare
la
direzione
del
colpo
.
Allorché
poi
questo
vada
a
maggior
distanza
,
si
insegnerà
ai
soldati
a
premere
bene
col
calcio
la
spalla
nell
'
atto
di
far
fuoco
»
(
245
)
.
Gli
esercizi
del
fuoco
erano
preceduti
dal
movimento
di
base
del
preparatevi
.
A
tale
comando
il
fucile
si
portava
presso
a
poco
nella
positura
di
«
presentat
-
arm
»
e
da
questa
si
armava
il
cane
,
premendo
con
il
pollice
della
mano
destra
sul
vitone
del
cane
medesimo
.
Ciò
fatto
si
passava
al
secondo
movimento
,
cioè
all
'
impostatevi
,
portando
il
piede
destro
un
palmo
dietro
al
sinistro
e
volgendo
il
corpo
verso
destra
,
in
guisa
da
«
metterlo
a
mezzo
profilo
»
.
Così
si
spianava
l
'
arma
«
appoggiando
la
guancia
destra
sul
calcio
,
chiudendo
l
'
occhio
sinistro
per
potere
aggiustatamente
mirare
col
destro
lungo
la
canna
l
'
oggetto
che
si
vuole
colpire
....
Quando
non
sia
determinato
questo
oggetto
da
prendere
di
mira
,
il
soldato
farà
cadere
la
bocca
del
fucile
al
livello
circa
degli
occhi
»
.
I
tempi
della
carica
erano
laboriosissimi
.
Al
comando
di
pigliate
la
carica
il
soldato
estraeva
dal
tasco
(
cartucciera
)
una
carica
,
bene
avvertendo
«
di
aprirlo
in
mezzo
e
non
da
fianco
per
ritrovarla
più
facilmente
»
;
quindi
portava
la
detta
carica
alla
bocca
,
ne
strappava
la
carta
con
i
denti
sino
a
scoprire
la
polvere
aiutandosi
per
ciò
con
uno
«
sforzo
della
mano
verso
la
sinistra
»
.
Ciò
fatto
si
poneva
mano
al
focone
chinando
la
testa
per
poterlo
bene
innescare
,
quindi
si
chiudeva
la
batteria
e
si
impugnava
con
la
destra
il
fucile
verso
la
bocca
,
«
in
modo
che
il
calcio
poggi
a
terra
accosto
al
piede
sinistro
,
la
cartella
sia
in
fuori
,
il
fucil
tocchi
la
coscia
sinistra
e
la
bocca
resti
dirimpetto
alla
spalla
destra
,
impugnato
con
la
detta
mano
destra
»
.
Da
questa
posizione
,
«
dopo
di
aver
soffregata
con
le
due
dita
pollice
ed
indice
la
sommità
della
carica
per
bene
aprirla
del
tutto
,
si
versava
la
polvere
in
canna
mandandole
dietro
la
carta
,
e
si
intasava
da
ultimo
con
la
bacchetta
stendendo
naturalmente
il
braccio
e
spingendola
con
forza
dentro
la
canna
stessa
»
.
Tutto
ciò
esigeva
una
quarantina
di
tempi
.
Non
minor
cura
esigevano
l
'
armare
le
baionette
(
246
)
,
il
disarmarle
,
il
sostenere
l
'
urto
(
247
)
e
portare
il
fucile
alla
pioggia
,
assicurato
con
il
calcio
sotto
l
'
ascella
sinistra
«
la
bocca
in
basso
e
la
bacchetta
in
sù
»
;
il
recare
l
'
arma
alle
bandiere
cioè
a
fianc
-
arm
;
a
funeral
,
sotto
l
'
ascella
sinistra
con
il
calcio
all
'
insù
e
davanti
,
la
canna
inclinata
indietro
tenendo
il
fucile
con
la
sinistra
all
'
impugnatura
e
la
destra
dietro
la
schiena
al
mezzo
di
essa
;
infine
all
'
orazion
,
verticalmente
davanti
la
spalla
destra
mentre
il
soldato
stava
nella
posizione
di
in
ginocchio
con
la
mano
sinistra
in
atto
di
saluto
sul
frontone
del
caschetto
.
Un
'
appendice
agli
Esercizi
personali
regolava
i
movimenti
speciali
della
fanteria
oltremarina
per
quanto
riguardava
il
maneggio
del
palosso
e
recava
,
a
mò
di
chiusa
,
un
capitolo
relativo
alla
visita
delle
armi
e
delle
monizioni
.
*
*
*
Tale
fu
la
riforma
dei
regolamenti
per
la
fanteria
veneta
.
Con
essa
si
dovevano
abbandonare
d
'
un
tratto
i
vincoli
che
collegavano
i
regolamenti
stessi
all
'
arte
del
Principe
Eugenio
di
Savoia
,
per
ravvicinarli
decisamente
alle
tradizioni
più
recenti
della
scuola
francese
e
federiciana
.
Forse
tali
progressi
sarebbero
stati
assai
più
sensibili
nella
seconda
parte
che
si
attendeva
,
quella
cioè
,
relativa
all
'
impiego
tattico
delle
truppe
,
ma
il
tempo
tolse
non
solo
la
facoltà
di
pubblicare
quest
'
ultima
,
ma
ben
anco
il
destro
di
diffondere
più
largamente
la
prima
oltre
il
ristretto
cerchio
delle
milizie
che
componevano
il
campo
veneziano
sotto
Verona
.
La
parte
formale
degli
Esercizi
personali
non
vide
infatti
neppure
l
'
onore
delle
stampe
.
Essa
rimase
allo
stato
di
manoscritto
tra
le
mani
gli
ufficiali
veneti
che
la
sperimentarono
,
e
così
si
tramandò
pure
ai
posteri
confinata
tra
le
polverose
carte
del
Savio
alla
Scrittura
(
248
)
.
Restò
così
ancora
in
vigore
,
fino
alla
caduta
della
Serenissima
,
il
libretto
del
maresciallo
Schoulemburg
,
l
'
ultimo
capitano
della
Repubblica
.
Gli
uomini
delle
tre
righe
erano
disposti
l
'
uno
dietro
all
'
altro
alla
distanza
di
un
passo
.
Gli
esercizi
erano
comandati
alla
voce
o
con
il
tocco
del
tamburo
,
e
si
dovevano
eseguire
all
'
ultima
parola
del
comando
che
il
campione
doveva
pronunciare
breve
e
forte
,
oppure
al
termine
del
tocco
seguendo
l
'
esempio
dei
sottufficiali
o
dei
campioni
medesimi
.
Gli
esercizi
del
reggimento
erano
preceduti
dal
riconoscimento
,
o
formazione
delle
unità
di
manovra
.
Si
pareggiavano
allora
le
file
,
si
eguagliava
la
forza
delle
compagnie
,
si
suddividevano
tra
i
riparti
secondo
l
'
ordine
di
precedenza
gli
ufficiali
ed
i
sottufficiali
i
quali
,
fuori
delle
righe
,
attendevano
in
questo
frattempo
di
prendere
posto
.
La
compagnia
inquadrata
perdeva
da
quel
momento
ogni
personalità
e
tutta
la
truppa
si
ripartiva
in
tre
divisioni
,
cioè
il
centro
e
le
due
ali
.
Tale
formazione
era
pure
la
normale
per
il
combattimento
(
249
)
.
Ogni
divisione
era
comandata
da
un
capitano
o
da
un
sergente
maggiore
:
si
suddivideva
in
mezze
divisioni
,
e
queste
ancora
in
plotoni
di
manovra
.
Le
evoluzioni
principali
consistevano
nel
raddoppiare
le
file
e
le
righe
,
nel
serrarle
,
nelle
conversioni
,
nello
spezzare
la
fronte
,
nel
formare
le
colonne
ed
i
quadrati
,
nelle
contromarce
e
nei
fuochi
.
Per
raddoppiare
le
file
i
soldati
di
ciascuna
fila
si
spostavano
lateralmente
ed
entravano
nella
distanza
di
circa
un
passo
che
intercedeva
di
solito
tra
uomo
ed
uomo
.
Quando
il
movimento
doveva
eseguirsi
sulla
destra
si
spostavano
le
file
pari
,
se
a
sinistra
si
spostavano
invece
le
disparì
.
Le
conversioni
si
effettuavano
a
perno
fisso
e
per
ottenere
il
necessario
contatto
facevasi
assai
spesso
porre
ai
soldati
le
mani
sui
fianchi
,
alla
costumanza
tedesca
.
Le
contromarce
facevansi
per
righe
e
per
file
.
Per
eseguire
i
fuochi
si
serravano
le
righe
da
petto
a
schiena
,
cioè
si
annullava
l
'
ordinaria
distanza
di
circa
un
passo
che
esisteva
tra
le
righe
medesime
.
V
'
erano
fuochi
così
detti
di
riga
,
di
mezze
divisioni
,
di
plotoni
,
da
fermo
e
marciando
,
cioè
alternandosi
le
righe
nello
sparare
usufruendo
all
'
uopo
degli
intervalli
interposti
.
Contro
la
cavalleria
si
formava
il
quadrato
,
sia
da
fermo
che
in
marcia
,
armando
le
baionette
e
sostenendo
l
'
urto
.
Il
libro
del
maresciallo
Schoulemburg
trattava
oltre
a
ciò
del
servizio
territoriale
,
o
di
piazza
,
del
modo
di
accampare
e
di
accantonare
un
reggimento
e
le
unità
inferiori
ad
esso
,
di
porlo
in
marcia
con
le
misure
di
sicurezza
e
di
scortare
un
convoglio
.
Però
,
stante
l
'
esiguità
delle
forze
disponibili
e
l
'
abbandono
degli
esercizi
nei
campi
di
manovra
,
queste
pratiche
non
erano
che
semplici
attestazioni
teoriche
.
Invece
-
come
si
disse
altrove
-
era
assai
deplorato
il
difetto
di
norme
regolamentari
circa
l
'
imbarco
e
lo
sbarco
di
truppe
a
piedi
o
a
cavallo
sui
pubblici
legni
;
operazioni
di
qualche
frequenza
nell
'
esercito
della
Repubblica
specie
dopo
l
'
adozione
dei
turni
di
guarnigione
(
250
)
.
Le
evoluzioni
della
cavalleria
erano
più
antiquate
di
quelle
della
fanteria
e
risalivano
alla
fine
del
XVII
secolo
,
cioè
a
dire
alla
pratica
del
generale
Stenau
,
altro
capitano
della
Veneta
Repubblica
.
Anche
la
cavalleria
-
come
la
fanteria
-
si
ordinava
su
tre
righe
e
la
distanza
tra
queste
era
normalmente
di
cinque
passi
.
Gli
intervalli
tra
fila
e
fila
erano
tali
che
i
cavalieri
potevano
introdursi
liberamente
in
questi
spazi
senza
toccarsi
l
'
un
l
'
altro
.
Le
evoluzioni
consistevano
nello
sdoppiare
e
nel
raddoppiare
le
file
e
le
righe
,
con
procedimenti
analoghi
a
quelli
risati
dalle
armi
a
piedi
.
Le
conversioni
-
di
180
gradi
-
si
eseguivano
tanto
a
righe
aperte
che
serrate
:
si
adoperavano
per
cambiare
diametralmente
direzione
di
marcia
e
si
compievano
per
divisioni
,
mozze
divisioni
,
per
file
ed
anche
individualmente
per
ogni
singolo
cavaliere
.
L
'
esercizio
con
le
armi
consisteva
,
per
le
corazze
ed
i
croati
,
nel
maneggio
della
spada
,
della
sciabola
e
dei
pistoloni
da
arcione
;
per
i
dragoni
inoltre
nell
'
uso
del
moschetto
armato
di
baionetta
.
Le
tendenze
difensive
diffuse
nell
'
arma
di
cavalleria
-
a
motivo
della
importanza
crescente
del
combattimento
a
fuoco
-
avevano
accentuato
nella
pratica
degli
esercizi
l
'
impiego
delle
colonne
vuote
di
dentro
e
dei
quadrati
.
La
prima
di
queste
formazioni
si
assumeva
dagli
squadroni
in
colonna
di
divisione
,
«
facendo
che
la
testa
stia
ferma
e
che
conversino
le
mezze
divisioni
delle
altre
,
dimodoché
rivolgano
la
fronte
alla
campagna
»
,
cioè
verso
il
nemico
(
251
)
I
quadrati
si
ottenevano
invece
dalla
linea
spiegata
,
ripiegando
le
ali
all
'
indentro
e
ripiegandosi
ancora
ciascuna
metà
di
queste
ultime
in
sé
medesime
dopo
effettuata
la
conversione
verso
l
'
interno
,
in
guisa
da
costituire
nell
'
insieme
il
quarto
lato
della
figura
.
Ciò
fatto
tutti
eseguivano
una
conversione
individuale
«
verso
la
campagna
»
.
Le
cariche
si
effettuavano
di
regola
in
modo
avvolgente
.
In
quest
'
arte
-
tramandatasi
tradizionalmente
nella
cavalleria
veneta
dagli
stradiotti
e
dai
cappelletti
-
si
distinguevano
ancora
,
sul
cadere
della
Repubblica
,
i
Croati
.
Questi
medesimi
recavano
ancora
la
palma
nel
foraggiare
,
nel
portare
gli
attacchi
in
terreni
intricati
e
scuri
,
nel
passaggio
dei
corsi
d
'
acqua
ed
infine
nei
combattimenti
temporeggianti
e
nelle
ritirate
.
Le
corazze
distinguevansi
a
loro
volta
nelle
salve
con
i
pistoloni
,
ed
i
dragoni
nei
fuochi
con
i
moschetti
e
nei
combattimenti
pedestri
.
Gli
esercizi
campali
e
le
evoluzione
del
Reggimento
artiglierìa
erano
infine
regolate
,
sul
tipo
di
quelle
della
fanteria
,
da
un
libretto
appositamente
redatto
dal
brigadiere
Stràtico
.
La
carica
dei
pezzi
si
eseguiva
con
la
cucchiaia
o
con
i
cartocci
.
Con
il
calcatoio
si
spingeva
la
polvere
nella
camera
della
bocca
da
fuoco
e
vi
si
intasava
,
adoperando
all
'
uopo
un
poco
di
strame
palustre
,
delle
alghe
di
mare
oppure
della
paglia
aggrovigliata
,
fintantoché
la
polvere
stessa
affiorava
nello
intorno
del
focone
.
Indi
appresso
si
introduceva
nell
'
anima
del
pezzo
la
palla
elevandone
alquanto
la
volata
.
Eseguito
questo
primo
tempo
della
carica
,
con
un
fiaschetto
si
colmava
di
polvere
da
innesco
il
focone
,
se
ne
spargeva
un
poco
anche
nella
parte
posteriore
di
esso
,
ed
il
cannone
era
allora
pronto
per
la
punteria
e
lo
sparo
.
CAPO
X
.
Dei
bilanci
militari
.
Anche
l
'
energia
motrice
di
ogni
organismo
sociale
,
il
denaro
,
difettava
grandemente
al
tempo
della
decadenza
repubblicana
.
È
perciò
necessario
di
toccare
anche
questa
materia
nelle
sue
relazioni
con
i
bilanci
della
guerra
,
per
conoscere
quanta
parte
della
rovina
nelle
armi
venete
tocchi
ai
fattori
morali
e
quanta
,
non
meno
notevole
,
sia
da
attribuirsi
invece
ai
fattori
materiali
,
al
governo
della
lésina
,
al
metodico
rifiuto
dei
mezzi
necessari
per
mantenere
in
vita
il
prezioso
strumento
della
difesa
della
patria
,
all
'
ostinatezza
infine
di
negare
ad
esso
le
necessario
riforme
.
Importa
dunque
sfogliare
anche
il
carteggio
dei
Savi
cassieri
-
o
ministri
veneziani
delle
finanze
-
quello
dei
Magistrati
sopra
Camere
,
o
sopraintendenti
delle
tesorerie
provinciali
,
esaminare
le
pòlizze
dei
preposti
al
Quartieron
,
o
cassa
militare
destinata
a
sopperire
ai
bisogni
della
milizia
stanziata
nel
territorio
dipendente
da
ciascuna
Camera
..
E
da
questa
indagine
emergerà
una
verità
di
molto
rilievo
.
Che
cioè
i
primi
allarmi
nelle
angustie
finanziarie
si
sogliono
,
con
improvvido
consiglio
,
far
scontare
alle
milizie
-
come
che
queste
possano
in
ogni
evenienza
privarsi
di
tutto
quasi
arnesi
inutili
e
parassitari
-
e
che
questa
decimazione
mal
frutta
allo
Stato
che
la
pratica
nel
momento
del
pericolo
,
quando
cioè
esso
si
accorge
troppo
tardi
di
essersi
apparecchiato
lentamente
e
di
proposito
alla
rovina
,
all
'
umiliazione
ed
al
servaggio
.
Al
caso
concreto
,
Venezia
negò
ai
propri
soldati
e
marinai
il
necessario
per
affilare
le
armi
,
tenere
asciutte
le
polveri
e
validi
i
propri
navigli
,
ed
il
mal
fatto
risparmio
andò
profuso
e
sperduto
nel
mantenere
sul
proprio
suolo
due
eserciti
,
nemici
tra
di
loro
e
pronti
a
sovvertirla
.
Ora
vediamo
un
poco
addentro
a
queste
cifre
.
Alla
fine
della
Seconda
Neutralità
d
'
Italia
(
1737
)
la
Serenissima
aveva
accumulato
un
sensibile
deficit
,
o
sbilanzo
-
come
si
diceva
nel
linguaggio
d
'
allora
-
epperciò
si
escogitarono
riduzioni
,
falcidie
ed
economie
,
atte
possibilmente
a
colmarlo
.
A
quell
'
epoca
le
entrate
annue
della
Repubblica
erano
valutate
in
ducati
5,114,915
,
cioè
a
dire
in
lire
21,426,378
circa
:
le
spese
complessive
ammontavano
a
ducati
5,810,037
,
talché
lo
sbilanzo
si
aggirava
annualmente
intorno
a
705,722
ducati
,
cioè
a
2,960,161
lire
.
Da
questo
complessivo
gèttito
di
pubblico
danaro
,
le
spese
militari
(
Esercito
e
Marina
)
prelevavano
ogni
anno
due
milioni
e
mezzo
di
ducati
,
all
'
incirca
(
252
)
.
Tali
spese
nell
'
anno
1737
erano
ripartite
come
segue
;
Arsenale
e
Tana
,
ducati
218,037
e
grossi
6
(
253
)
;
Spese
per
l
'
armar
,
comprese
le
navi
e
le
galere
,
ducati
46,836
e
grossi
3;
Fortezze
,
ducati
32,776
e
grossi
12;
Artiglierie
,
ducati
25,841
e
grossi
15;
per
formento
ad
uso
di
lavoro
dei
forni
,
ducati
109,264
e
grossi
19
.
Simile
,
per
formento
bonificato
alle
decime
,
ducati
215,165
e
grossi
6;
per
le
milizie
del
Lido
,
ducati
215,107
e
grossi
3;
per
il
loro
vestiario
,
ducati
56,594
e
grossi
22
.
Per
capitoli
varii
,
quali
spazzi
(
viaggi
)
dei
capi
da
Mar
,
sopracomiti
etc
.
,
ducati
28,512
o
grossi
17
.
Paghe
e
paghette
alle
predette
autorità
e
serventi
,
ducati
28,348
e
grossi
17
.
Per
gli
stipendi
,
compreso
quello
del
veltz
-
maresciallo
Schoulemburg
(
254
)
,
ducati
31,296
e
grossi
12
.
Totale
per
l
'
ordine
militar
nella
Dominante
,
ducati
1,008,511
e
grossi
23
.
Il
rimanente
del
bilancio
era
assorbito
dalle
truppe
dislocate
negli
altri
riparti
della
Serenissima
,
distinto
in
analoghi
capitoli
di
spesa
,
e
questa
fu
precisamente
di
ducati
2,060,965
e
grossi
11
(
255
)
.
Sempre
nell
'
anzidetto
anno
,
con
questo
bilancio
la
Serenissima
manteneva
nelle
armi
19,385
uomini
.
Ma
premendo
ovunque
le
proteste
e
gli
incitamenti
ad
assottigliare
gli
apparecchi
militari
ed
a
porli
in
armonia
con
la
politica
di
rinuncia
e
di
stretta
neutralità
dichiarate
dalla
Repubblica
dopo
la
pace
di
Passarowitz
,
il
Senato
nell
'
inverno
del
1738
convocò
,
«
una
conferenza
per
meditare
e
far
suggerire
quei
sollievi
e
risparmi
che
conciliar
si
possano
tra
i
riguardi
della
pubblica
economia
e
quelli
della
necessaria
custodia
degli
Stati
»
.
Quali
fossero
i
termini
di
questa
equazione
vaghissima
,
a
più
incognite
,
solita
a
rinverdire
ad
ogni
crisi
delle
finanze
e
molto
più
ad
ogni
depressione
di
spirito
ed
infrollimento
della
volontà
collettiva
delle
nazioni
,
non
è
detto
.
Certo
si
voleva
che
l
'
Esercito
e
la
marineria
veneta
facessero
le
spese
dello
sbilanzo
e
lo
risarcissero
.
La
navigazione
più
non
allettava
,
il
commercio
veneziano
era
allora
arenato
,
l
'
impero
coloniale
scomparso
miseramente
:
di
questo
ormai
non
rimanevano
superstiti
che
i
pochi
brandelli
delle
isole
Ionie
,
del
Cerigo
e
di
Cerigotto
.
I
porti
franchi
di
Trieste
,
di
Livorno
,
di
Ancona
e
di
Sinigaglia
avevano
soppiantato
i
traffici
della
Repubblica
,
che
si
era
ormai
ridotta
a
dimenticare
affogando
le
memorie
del
passato
nella
vita
spensierata
,
spendereccia
e
voluttuaria
del
presente
.
Ed
in
quei
frangenti
di
allegro
consumo
senza
un
'
equivalente
produzione
riparatrice
,
lo
sbilanzo
cresceva
.
Nondimeno
il
credito
della
Repubblica
era
ancora
considerevole
-
una
bella
facciata
architettonica
che
imponeva
pur
sempre
per
quanta
rovina
nascondesse
nell
'
interno
-
ed
il
fratto
degli
antecedenti
risparmi
poteva
consentire
di
far
ancora
fronte
alla
situazione
,
purché
si
ponessero
un
poco
all
'
incanto
le
armi
e
meglio
si
colorisse
con
quest
'
atto
la
divisa
assunta
dallo
Stato
godereccio
,
scettico
ed
imbelle
.
Frutto
adunque
della
conferenza
indetta
dal
Senato
Veneto
si
fu
una
prima
riduzione
della
forza
bilanciata
la
quale
,
da
circa
20,000
nomini
,
discese
a
meno
di
16,000
.
Si
sospesero
inoltre
le
reclutazioni
e
le
giubilazioni
e
si
incitò
la
conferenza
anzidetta
a
proseguire
nelle
riforme
e
nelle
falcidie
per
realizzare
nuovi
e
più
copiscui
risparmi
.
Nel
1738
il
bilancio
militare
veneto
si
ridusse
infatti
ad
1,886,322
ducati
;
quello
del
1739
discese
ancora
a
1,670,333
ducati
;
quello
del
1740
infine
precipitò
a
1,592,784
ducati
.
L
'
esercito
o
la
marineria
veneziani
si
erano
adunque
sacrificati
alla
generale
assenza
d
'
ogni
spirito
di
sacrifizio
individuale
e
collettivo
,
ed
in
questa
bancarotta
di
sentimenti
e
di
mezzi
essi
avevano
riportati
dei
colpi
così
fieri
da
non
riaversi
mai
più
.
Così
la
Repubblica
cominciò
a
morire
da
quando
decretò
la
liquidazione
dei
propri
armamenti
.
«
Va
ben
-
aveva
esclamato
il
penultimo
doge
Paolo
Renier
-
«
No
gavemo
più
forze
,
non
terrestri
,
non
marittime
,
non
alleanze
,
..
Vivaremo
dunque
a
sorte
e
per
accidente
!...»
.
*
*
*
Vennero
ben
presto
nuove
angustie
derivate
dal
contegno
che
doveva
serbare
la
Repubblica
all
'
aprirsi
della
guerra
per
la
Successione
Austriaca
.
Il
docile
strumento
dei
bilanci
guerreschi
che
sembrava
adattarsi
all
'
infinito
all
'
umile
compito
di
dare
senza
nulla
mai
chiedere
,
di
risarcire
il
patrimonio
pubblico
perché
altri
spensieratamente
lo
godesse
senza
ombra
di
preoccupazioni
o
di
affanni
per
l
'
avvenire
,
di
servire
da
vàlvola
di
sicurezza
dell
'
erario
che
si
avviava
al
fallimento
,
cominciò
a
farsi
meno
duttile
e
più
prezioso
.
Le
diffidenze
verso
la
Francia
e
verso
la
Spagna
,
l
'
aperto
viso
dell
'
armi
assunto
dall
'
Austria
,
avevano
richiamato
alla
realtà
delle
cose
con
quella
pavidità
pronta
ad
ogni
dedizione
,
con
quella
premura
decisa
a
troncare
ogni
imbarazzo
e
che
potevano
eguagliare
la
spensieratezza
imbelle
con
cui
si
era
posto
mano
a
disfare
gli
armamenti
.
Pure
conveniva
apparecchiare
qualche
cosa
,
se
non
altro
per
semplice
mostra
.
La
Repubblica
aprì
allora
docilmente
la
strada
di
Campara
(
Val
Lagarina
)
agli
Austriaci
-
i
nemici
più
vicini
-
per
ingraziarseli
;
suonò
a
raccolta
per
le
cerne
e
racimolò
qualche
migliaio
di
vagabondi
tratti
dai
riparti
d
'
Italia
e
d
'
Oltremare
per
innestarli
nell
'
esercito
.
Alle
potenze
più
lontane
offrì
in
pegno
la
dichiarazione
della
sua
terza
neutralità
a
mò
di
una
presuntuosa
etichetta
fatta
per
coprire
una
merce
avariata
.
Ed
il
costrutto
positivo
di
tutte
queste
pratiche
si
fu
quello
di
riallentare
i
cordoni
della
borsa
.
Nel
1741
i
bilanci
militari
veneti
risalirono
ad
1,818,147
ducati
,
nell
'
anno
appresso
-
con
la
leva
di
due
migliaia
di
cerne
-
crebbero
ancora
sino
a
2,845,481
ducati
e
si
mantennero
a
questo
livello
per
tutto
il
rimanente
periodo
della
terza
neutralità
d
'
Italia
.
Ma
dopo
la
pace
di
Acquisgrana
il
governo
della
lèsina
riprese
di
bel
nuovo
il
sopravvento
ed
accompagnò
senza
interruzione
le
vicende
militari
della
Repubblica
fino
alla
sua
caduta
.
L
'
esercito
si
ridusse
daccapo
prima
alla
forza
bilanciata
di
circa
una
quindicina
di
migliaia
di
uomini
,
poi
ad
una
dozzina
di
migliaia
,
compresi
i
non
valori
.
Le
compagnie
di
fanteria
precipitarono
alla
forza
di
una
trentina
di
individui
,
quelle
di
cavalleria
ad
una
ventina
,
i
bilanci
militari
al
milione
e
mezzo
di
ducati
ed
anche
meno
.
La
bancarotta
non
poteva
essere
più
completa
.
L
'
Arsenale
ridusse
pressoché
a
nulla
il
proprio
lavoro
,
le
milizie
incanutirono
sugli
artificiosi
piedilista
,
gli
ufficiali
furono
obbligati
a
morire
ancora
in
servizio
nella
più
tarda
vecchiaia
per
mancanza
di
danari
necessari
a
giubilarli
.
Nondimeno
la
vetusta
macchina
della
Repubblica
continuava
a
reclamare
tutta
la
sua
parte
di
dissipazione
dell
'
erario
,
senza
che
il
più
timido
tentativo
di
riforma
valesse
ad
alleviarne
l
'
insopportabile
peso
.
La
macchina
lavorava
unicamente
a
vuoto
e
peggio
.
A
comprovare
questo
spèrpero
di
energie
basta
l
'
esame
dei
bilanci
dell
'
Arsenale
veneziano
,
considerato
come
pietra
angolare
del
vetusto
edifizio
guerresco
della
Repubblica
.
Esso
richiedeva
in
media
per
il
suo
mantenimento
-
affatto
parassitario
-
218,837
ducati
all
'
anno
,
46,836
ducati
per
l
'
anno
dei
pubblici
navigli
,
25,841
ducati
per
il
rabberciamento
delle
artiglierìe
più
sganghenate
,
30,000
ducati
per
il
Reggimento
Arsenal
.
In
totale
il
maggior
stabilimento
marinaro
dei
Veneti
pesava
adunque
sulla
pubblica
finanza
per
324,504
ducati
all
'
anno
-
cioè
a
dire
per
1,356,426
lire
odierne
-
senza
contare
le
giubilazioni
,
le
spese
ordinarie
per
i
trasporti
Oltremare
,
per
le
esperienze
ed
altro
.
E
tutto
ciò
per
lasciar
marcire
sugli
squeri
(
cantieri
)
navi
più
che
quarantenarie
ed
una
perfino
-
la
Fedeltà
-
impostata
nel
1718
e
varata
nel
1770;
per
lanciare
in
mare
tra
il
1717
ed
il
1780
soltanto
28
legni
,
che
venivano
così
a
costare
all
'
erario
pressoché
tre
milioni
e
mezzo
ognuno
,
ammesso
che
questo
prodotto
di
lavoro
possa
ritenersi
il
solo
veramente
sensibile
dello
stabilimento
durante
il
menzionato
periodo
di
oltre
sessant
'
anni
.
Il
costo
di
produzione
soverchiava
adunque
in
modo
inaudito
il
valore
del
prodotto
,
né
v
'
erano
fede
ed
energia
capaci
di
metterli
in
correlazione
,
amputando
con
sicurezza
un
organismo
mastodontico
di
consorterie
,
lento
e
parassitario
.
Occorreva
perciò
romperla
con
le
tradizioni
corporative
di
una
industria
di
Stato
divenuta
oramai
un
anacronismo
economico
,
sociale
e
politico
;
stendere
la
mano
franca
e
sicura
all
'
industria
privata
che
nella
produzione
delle
armi
aveva
pur
fatto
passi
lusinghieri
e
decisi
.
Ora
i
buoni
propositi
di
giovare
in
questo
senso
l
'
amministrazione
della
guerra
attingendo
alle
floride
officine
della
Bresciana
,
del
Bergamasco
,
del
Salodiano
,
mettendo
a
contributo
i
servizi
della
compagnia
mercantil
dello
Spazziani
,
le
ferriere
di
Agordo
,
i
lanifici
della
Trevigiana
e
del
Vicentino
,
tramontarono
non
appena
si
dileguò
al
Saviato
alla
Scrittura
il
benefico
influsso
dell
'
opera
riformatrice
di
Francesco
Vendramin
(
256
)
.
*
*
*
Rimase
adunque
nella
sua
integrità
opprimente
il
bagaglio
delle
spese
e
,
per
fronteggiarle
,
dopo
di
avere
liquidato
l
'
esercito
e
la
flotta
convenne
ricorrere
alla
rovinosa
china
del
credito
.
Subito
dopo
la
pace
di
Acquisgrana
venne
aperto
un
deposito
o
prestito
di
quattro
milioni
di
ducati
,
valuta
corrente
,
di
soldo
vivo
al
tasso
del
3,50
per
cento
.
Il
prestito
doveva
essere
affrancabile
,
cioè
rimborsabile
entro
40
anni
mediante
estrazioni
(
premi
e
rimborsi
)
da
effettuarsi
per
maggiore
garanzia
in
pien
Collegio
,
e
per
la
somma
di
centomila
ducati
ogni
anno
.
Il
pagamento
dei
pro
,
cioè
degli
interessi
,
doveva
compiersi
semestralmente
.
Questi
nuovi
aggravi
esaurirono
i
bilanci
militari
e
diedero
il
tracollo
alla
moribonda
milizia
veneta
.
Il
bilancio
annuo
della
guerra
si
restrinse
allora
sul
milione
di
ducati
,
né
si
provvide
per
questo
a
sfrondare
le
spese
inutili
,
allo
scopo
di
rendere
più
efficaci
e
produttive
le
scarse
risorse
superstiti
.
In
tali
angustie
finanziarie
,
in
tanto
disordine
amministrativo
,
in
tale
ostinatezza
nel
persistere
negli
antichi
errori
,
nella
primavera
del
1794
vennero
chiamate
alle
armi
le
cerne
.
Indarno
i
deputati
ed
aggionti
sopra
la
provvision
del
pubblico
danaro
ed
il
Savio
Cassier
moltiplicarono
le
interviste
,
per
far
fronte
alle
nuove
e
più
gravi
esigenze
e
sollecitarono
l
'
opera
degli
scansadori
(
257
)
.
Ad
onta
di
tutto
ciò
si
resero
necessari
altri
centomila
ducati
per
la
prima
levata
delle
cerne
,
poi
altri
duecentomila
e
più
,
ed
alla
fine
di
quell
'
anno
il
consuntivo
delle
spese
maggiori
per
gli
armamenti
della
Repubblica
era
salito
a
238,584
ducati
e
grossi
12
,
compresa
la
cavalleria
e
qualche
lavoro
più
urgente
da
praticarsi
nelle
fortezze
(
258
)
.
Fu
perciò
aperto
un
nuovo
credito
,
il
nuovissimo
,
e
si
convenne
di
porre
mano
anche
alla
Cassa
del
deposito
intangibile
,
così
come
si
porrà
mano
più
tardi
a
quella
del
Bagatin
e
si
inaspriranno
le
decime
,
come
infine
,
per
sopperire
ai
bisogni
delle
armi
,
si
era
deciso
di
svaligiare
senza
remissione
i
magazzini
dell
'
Arsenale
(
259
)
.
L
'
anno
terribile
stava
per
scoccare
.
La
commedia
della
finanza
allegra
si
avviava
a
diventare
dramma
e
tragedia
,
ma
prima
dell
'
epilogo
essa
doveva
passare
ancora
sotto
le
forche
caudine
dei
Commissari
del
Direttorio
,
piegarsi
davanti
alla
voracità
insaziabile
dei
cassieri
dell
'
esercito
francese
incaricati
di
dimostrare
alla
Francia
che
la
Serenissima
poteva
pur
dare
ancora
,
e
che
la
guerra
si
doveva
alimentare
con
la
stessa
guerra
a
qualunque
costo
,
a
spese
degli
ignavi
e
degli
imbelli
.
Questa
fanfara
era
già
stata
audacemente
lanciata
all
'
aria
dallo
stesso
generale
Napoleone
Buonaparte
:
«
Io
-
aveva
dichiarato
al
colonnello
Veneto
Fratacchio
,
a
Castiglione
,
il
12
Luglio
1706
-
batterò
gli
Austriaci
e
farò
che
i
Veneziani
paghino
tutte
le
spesa
di
guerra
!
»
(
260
)
Un
mese
dopo
Bonaparte
imponeva
una
contribuzioue
di
tre
milioni
di
franchi
alla
città
di
Brescia
e
trattava
col
Battagia
un
prestito
da
imporsi
alla
Repubblica
(
261
)
.
CAPO
XI
.
Conclusione
.
La
«
Serenissima
»
si
apparecchiava
adunque
a
scomparire
sotto
una
marèa
montante
di
contraddizioni
tristi
ed
anche
ridicole
.
Essa
voleva
sinceramente
la
pace
con
tutti
e
si
sforzava
di
preparare
delle
armi
lògore
e
spuntate
;
fidava
palesemente
nelle
dichiarazioni
di
neutralità
e
,
privatamente
,
non
si
dissimulava
le
difficoltà
di
mantenere
il
rispetto
ai
trattati
in
un
periodo
di
violenze
e
di
usurpazioni
in
cui
unico
diritto
sovrano
era
la
forza
;
aveva
dichiarato
la
bancarotta
nelle
finanze
insufficienti
a
mantenere
in
vita
persino
il
proprio
esercito
anemico
e
la
propria
flotta
tarlata
,
ed
i
Francesi
e
gli
Austriaci
ben
rovistando
con
sfrontatezza
e
rapacità
nelle
casse
dello
Stato
e
nelle
tasche
dei
privati
,
si
apparecchiavano
a
trarne
il
necessario
per
mantenere
e
nutrire
non
solo
un
esercito
,
ma
ben
anco
tre
,
lautamente
ed
allegramente
.
Triste
stato
dei
deboli
codesto
,
fatto
di
speranza
e
di
timore
,
di
alternative
di
fiducia
e
di
sconforto
.
La
Repubblica
,
ridotta
a
palleggiarsi
delle
responsabilità
non
sue
,
a
stendere
la
mano
capitale
al
nemico
ammesso
a
forza
dentro
il
cerchio
delle
mura
cittadine
doveva
,
da
Verona
,
strizzare
l
'
occhio
all
'
altro
nemico
che
stava
ancora
fuori
e
voleva
penetrarvi
.
Obbligata
a
piatire
in
note
diplomatiche
,
in
richiami
,
in
proteste
,
le
spinosità
di
una
situazione
politica
,
sociale
e
morale
insostenibile
,
poteva
rassomigliarsi
ad
una
dannazione
di
Procuste
fatta
persona
.
Passava
da
Verona
il
20
maggio
1796
il
maresciallo
Colli
per
ritrarsi
nel
Tirolo
,
col
livido
in
volto
per
le
recenti
sconfitte
patite
nella
Liguria
e
nel
Milanese
,
e
prometteva
al
provveditore
generale
Foscarini
:
«
pieno
riguardo
alle
autorità
venete
,
disciplina
nelle
truppe
,
pagamento
delle
somministrazioni
in
contanti
»
.
E
tutto
ciò
mentre
giungevano
alte
proteste
dalle
comunità
venete
,
«
per
i
violenti
modi
con
i
quali
si
trattano
i
villici
nel
trasporto
dei
bagagli
austriaci
per
le
vie
di
Campata
,
obbligati
essendo
a
forza
di
oltrepassare
con
i
loro
carriaggi
i
confini
convenzionati
...
asportandone
gli
Austriaci
poscia
perfino
i
bovi
»
(
262
)
.
Ed
il
Foscarini
:
«
convinto
essendo
che
tutto
ciò
sia
contrario
alle
intenzioni
della
Corte
Cesarea
ed
agli
ordini
dei
di
Lei
generali
»
comandava
«
ai
commissari
ai
Campara
di
rimostrare
ai
generali
austriaci
le
cose
accennate
,
di
interessarsi
a
rilasciare
ordini
precisi
onde
tutto
proceder
avesse
secondo
le
regole
e
le
discipline
convenzionate
per
i
passaggi
a
Campara
medesima
»
(
263
)
.
I
Francesi
erano
ancora
lontani
e
la
fiducia
nell
'
equilibrismo
era
ancora
fresca
e
promettente
.
«
I
Francesi
scriveva
il
22
maggio
Foscarini
al
Doge
,
di
cui
ancora
non
conosco
le
forze
sono
-
per
quanto
la
diligenza
dell
'
eccellentissimo
rappresentante
di
Brescia
mi
scrive
con
sua
lettera
di
ieri
-
a
Robecco
,
da
dove
,
staccato
un
uffiziale
con
cinque
soldati
per
passare
il
ponte
sull
'
Olio
entrarono
nella
terra
di
Ponte
Vico
,
ricercando
se
vi
fossero
altri
ponti
vicini
o
altri
porti
,
e
quanto
fondo
il
fiume
avesse
.
Quindi
,
fatta
ricerca
a
chi
appartenesse
quella
terra
e
conosciuta
essere
soggetta
al
dominio
Veneto
,
sono
al
momento
retrocessi
a
Robecco
»
(
264
)
.
Buoni
adunque
parevano
i
principii
della
nuova
avventura
con
i
Francesi
,
e
tutta
l
'
arte
e
tutte
le
speranze
sembravano
rivolte
allo
scopo
di
propiziarsi
gli
Austriaci
,
quando
il
menzognero
zeffiro
che
veniva
di
Lombardia
crebbe
d
'
un
colpo
d
'
audacia
e
di
violenza
.
«
I
mali
asprissimi
-
scriveva
il
26
maggio
Foscarini
al
Doge
-
che
l
'
attual
guerra
fa
provare
all
'
Italia
cominciano
a
produrre
non
lievi
conseguenze
.
Già
ho
rassegnato
i
disordini
occorsi
a
Crema
per
parte
delle
truppe
francesi
...
ma
la
vivacità
di
questa
nazione
ed
il
genio
intraprendente
dei
suoi
generali
lasciano
oramai
delusa
ogni
speranza
.
In
queste
circostanze
,
ben
volentieri
avrei
desiderato
accorrere
io
pure
a
confortar
personalmente
i
sudditi
di
V
.
E
.
a
quel
paese
...
ma
coperte
essendo
le
strade
di
armati
delle
belligeranti
potenze
,
il
riguardo
di
non
compromettere
il
decoro
della
pubblica
rappresentanza
ha
fatto
sopprimere
per
ora
in
me
stesso
tale
vivo
desiderio
»
.
*
*
*
Fu
l
'
avventura
di
Peschiera
che
scatenò
l
'
uragano
,
occupata
di
sorpresa
dagli
Austriaci
di
Beaulieu
il
26
maggio
come
res
nullius
,
tanto
che
il
Beaulieu
stesso
agli
ufficiali
veneti
inviati
a
protestare
per
questa
rapina
non
si
faceva
scrupolo
di
dire
:
«
che
lorquando
le
ragioni
di
guerra
fanno
credere
necessaria
una
cosa
a
chi
la
tratta
...
non
valgono
le
deboli
ragioni
del
diritto
e
vengono
sforzati
a
tacere
tutti
i
riguardi
»
(
265
)
.
Al
danno
si
aggiungevano
dunque
l
'
ironia
e
le
beffe
.
Nella
notte
del
27
alla
rapina
di
Peschiera
seguì
la
violenza
della
Chiusa
d
'
Adige
.
Prima
dell
'
alba
del
detto
giorno
si
era
presentato
davanti
a
quella
fortezza
un
gruppo
di
ufficiali
austriaci
accompagnato
da
una
colonna
di
fanti
,
per
imporre
al
governatore
veneto
Bajo
di
aprire
le
porte
.
Questi
rispose
dal
chiavesin
(
266
)
che
quello
«
non
era
il
luogo
di
passaggio
e
retrocedessero
perciò
a
Loman
,
ma
gli
ufficiali
austriaci
insistettero
dicendo
di
aver
lettere
di
somma
premura
da
consegnare
alla
posta
di
Volargne
,
dirette
a
Verona
»
.
Sorpreso
nella
buona
fede
l
'
ingenuo
Bajo
introdusse
allora
gli
ufficiali
austriaci
dentro
la
Chiesa
ma
,
«
nell
'
aprire
le
bianchette
erano
appiattati
i
soldati
,
che
sforzarono
il
chiaverino
e
si
introdussero
in
più
di
duecento
in
fortezza
,
senza
il
minimo
sconcerto
»
(
sic
)
.
Così
cominciò
per
la
Serenissima
il
tristissimo
calvario
dei
disinganni
,
delle
estorsioni
e
delle
usurpazioni
,
senza
forza
di
ribellarsi
al
tormento
del
martirologio
,
senza
fede
per
trovare
in
sé
medesima
un
'
ultima
stilla
di
energia
capace
di
abbreviarlo
con
una
scossa
suprema
.
Era
il
destino
che
fatalmente
ed
implacabilmente
si
compieva
sopra
un
organismo
fiaccato
dagli
anni
e
rassegnato
a
morire
.
L
'
occupazione
di
Peschiera
da
parte
degli
Austriaci
fornì
a
Buonaparte
buon
argomento
per
esigere
un
vistoso
compenso
nell
'
occupazione
di
Verona
-
necessaria
alla
sua
manovra
con
la
linea
dell
'
Adige
e
Legnago
-
non
appena
i
Francesi
ebbero
forzata
la
linea
del
Mincio
(
30
maggio
)
.
In
questo
intento
Buonaparte
apparecchiò
una
di
quelle
rappresentazioni
a
tesi
delle
quali
egli
era
maestro
.
Atterrì
il
Foscarini
minacciando
d
'
incendiare
Verona
,
poi
sembrò
placarsi
,
«
purché
vi
entrassero
le
sue
truppe
,
occupassero
i
tre
ponti
sull
'
Adige
traversando
la
città
e
lasciando
guarnigioni
sugli
stessi
,
fino
a
che
le
ragioni
della
guerra
lo
esigessero
»
.
Il
1°
giugno
infatti
una
colonna
di
20,000
Francesi
capitanata
dal
generale
Massena
si
affacciò
alla
Porta
di
San
Zeno
e
penetrò
in
città
minacciando
l
'
uso
della
forza
in
caso
di
resistenza
(
267
)
.
Così
cominciò
la
spoliazione
della
Repubblica
che
doveva
avere
il
suo
classico
epilogo
ai
preliminari
di
Leoben
.
Ma
siccome
per
il
momento
conveniva
osservare
ancora
qualche
parvenza
di
riguardo
verso
la
Serenissima
-
che
pur
non
era
ancora
radiata
dal
novero
degli
Stati
-
così
,
di
buon
accordo
,
si
decise
di
continuare
nella
serie
delle
reticenze
parziali
,
delle
contraddizioni
,
delle
umiliazioni
e
delle
figure
artificiose
,
come
per
ingannare
l
'
estrema
ora
che
stava
maturando
.
La
speranza
,
dopo
tutto
,
è
sempre
l
'
ultima
dea
a
sgombrare
dall
'
orizzonte
.
I
Francesi
pretesero
un
rifornimento
giornaliero
di
12,000
razioni
.
Per
salvare
le
apparenze
della
neutralità
,
la
ditta
mercantile
Vivante
si
prestò
alla
bisogna
,
figurando
di
dare
con
una
mano
agli
ospiti
incomodi
e
di
riceverne
con
l
'
altra
il
valsente
;
ma
in
realtà
la
ditta
non
era
pagata
che
dalla
Serenissima
la
quale
,
per
evitare
maggiori
guai
,
si
era
docilmente
adattata
a
mantenere
il
protervo
nemico
sullo
stesso
suolo
della
patria
che
conculcava
(
268
)
.
La
commedia
piacque
e
si
diffuse
largamente
,
come
un
allegro
diversivo
in
mezzo
al
trambusto
della
guerra
ed
alla
concitazione
bellicosa
.
«
Cinquantamila
razioni
di
pane
da
24
oncie
l
'
una
chiedono
giornalmente
i
Francesi
sotto
Peschiera
-
scriveva
il
6
giugno
il
Foscarini
-
più
60
grossi
bovi
,
150
carra
di
fieno
,
prodigiosa
quantità
di
vino
,
legna
ed
altro
»
(
269
)
.
E
la
Repubblica
compiacente
faceva
per
questo
scivolare
nelle
tasche
della
ditta
Vivante
-
che
moltiplicava
le
sue
filiali
-
danaro
sopra
danaro
,
come
una
buona
nonna
passa
di
soppiatto
al
nepotino
capriccioso
un
balocco
rifiutatogli
dalla
mamma
severa
.
Dopo
le
razioni
,
il
pane
ed
i
buoi
,
venne
la
richiesta
delle
armi
,
cioè
2000
fucili
per
armare
parte
delle
reclute
del
corpo
di
Massena
(
270
)
.
E
poiché
le
rappresentazioni
della
compagnia
mercantile
Vivante
riscuotevano
il
plauso
generale
,
si
pensò
bene
di
aggiungere
alla
piacente
commedia
qualche
nuova
scena
ad
effetto
.
«
Si
sono
concertati
finalmente
-
scriveva
il
Foscarini
al
Principe
(
271
)
-
i
modi
più
adatti
per
la
consegna
dei
fucili
.
Abbiamo
perciò
creduto
opportuno
di
richiamare
il
munizioniere
del
territorio
ed
il
Vela
,
l
'
agente
noto
della
ditta
Vìvante
,
ed
imposto
ad
essi
il
più
scrupoloso
segreto
con
la
minaccia
di
incorrere
nella
pubblica
disgrazia
,
prescrissimo
(
272
)
al
primo
di
avere
sul
fatto
a
cancellare
dalli
ricercati
fucili
le
marche
in
essi
impresse
del
territorio
e
riponendoli
in
casse
,
con
le
loro
baionette
,
di
trasportarli
questa
sera
in
modo
inosservato
nel
luogo
dove
il
Vela
forma
i
magazzini
per
i
suoi
generi
.
Al
Vela
poi
abbiamo
ingionto
che
,
lorquando
avrà
a
presentarglisi
un
commissario
francese
per
parte
del
generale
Massena
,
abbia
a
dirgli
che
essendo
stato
da
noi
incaricato
di
procurare
da
mano
privata
la
prestanza
di
duemila
fucili
,
era
a
lui
riuscito
di
averne
mille
subito
e
gli
altri
sarebbero
somministrati
nei
seguenti
giorni
,
a
diverse
partite
.
E
questa
dilazione
abbiamo
combinata
perché
la
ristrettezza
del
tempo
conceder
non
poteva
di
verificar
tutto
il
travaglio
di
togliere
dai
fucili
l
'
impronta
del
territorio
ed
accomodare
quelli
che
in
qualche
misura
ne
abbisognano
»
.
*
*
*
Lunga
sarebbe
la
serie
di
queste
umiliazioni
e
di
queste
mistificazioni
,
patite
con
eguale
improntitudine
dalla
Serenissima
per
opera
dei
Francesi
come
degli
Austriaci
.
Ma
importa
ora
di
conchiudere
.
La
ragione
ultima
di
ogni
debolezza
,
di
ogni
contraddizione
,
di
ogni
transazione
vergognosa
,
stava
nel
miserando
stato
di
esaurimento
militare
in
cui
versava
la
Repubblica
.
Questa
,
fiduciosa
nei
trattati
e
nelle
dichiarazioni
di
neutralità
,
nella
politica
di
equilibrismo
e
di
opportunità
spinta
oltre
ai
limiti
del
ragionevole
,
spensierata
,
allegra
,
disamorata
della
milizia
,
aveva
creduto
di
trovare
nei
trattati
medesimi
un
'
arma
sempre
valida
e
rispettata
,
una
specie
di
talismano
,
dimentica
che
la
guerra
li
rompe
e
li
calpesta
quando
così
piaccia
al
più
forte
.
In
tale
sfera
di
cieche
confidenze
,
di
ostentate
omissioni
,
di
trascuranze
ignobili
,
la
milizia
veneta
si
era
appartata
dal
grande
organismo
dello
Stato
,
come
vergognosa
di
essere
,
come
desiderosa
di
vivere
semplicemente
tollerata
.
E
decadde
ed
intisichì
in
questo
abbandono
come
una
pianta
selvatica
e
parassitaria
.
Quando
la
vecchia
Repubblica
fu
destata
dal
lungo
sonno
dal
rumore
delle
armi
nemiche
sopra
il
suo
suolo
abbandonato
alla
mercé
dello
straniero
,
essa
cercò
invano
le
armi
proprie
,
ma
non
le
trovò
più
,
perché
ben
diceva
Giacomo
Nani
che
:
«
non
vi
può
essere
piano
militare
che
sia
acconcio
a
combattere
una
malattia
puramente
di
ordine
morale
e
politico
»
(
273
)
.
Così
la
Serenissima
,
ostinata
nel
negare
al
proprio
esercito
quelle
riforme
che
l
'
avrebbero
potuto
salvare
dalla
rovina
,
lo
aveva
reso
organicamente
un
anacronismo
,
economicamente
uno
strumento
di
dissipazione
del
pubblico
danaro
,
militarmente
un
istituto
incapace
di
esplicare
una
forza
qualunque
.
Esso
poteva
perciò
rassomigliarsi
ad
una
personificazione
grandiosa
della
statua
di
Laocoonte
,
paralizzata
dai
molteplici
intralci
e
viluppi
dell
'
amministrazione
faragginosa
dello
Stato
,
sfibrata
dalla
specializzazione
delle
autorità
,
dai
controlli
e
dalle
consorterie
,
schiacciata
dalla
sovrapposizione
delle
autorità
,
dal
bagaglio
opprimente
di
un
immenso
macchinario
di
pubblici
poteri
.
In
questi
intralci
delle
energie
e
delle
volontà
,
in
questa
atrofìa
degli
organi
motori
dell
'
amministrazione
di
Stato
,
il
mercenarismo
poté
sviluppare
l
'
intera
gamma
delle
proprie
caratteristiche
,
fino
alle
conseguenze
estreme
.
Indifferenza
cioè
al
contenuto
morale
della
patria
,
separatismo
nella
società
,
venalità
,
protervia
nel
chiedere
,
pari
alla
debolezza
nel
cedere
o
nel
promettere
da
parte
dell
'
organismo
dello
Stato
che
alimentava
il
mercenarismo
medesimo
.
Cosicché
mentre
altrove
-
specie
in
Piemonte
-
l
'
evoluzione
degli
ordini
ed
il
largo
appello
alle
milizie
paesane
permettevano
di
compiere
riforme
decise
nel
tralignato
organismo
degli
eserciti
mercenari
,
apparecchiando
il
trapasso
verso
gli
odierni
sistemi
di
reclutamento
,
Venezia
,
cieca
nella
fede
giurata
alle
sue
costituzioni
vetuste
,
dimentica
dell
'
eredità
legatale
dall
'
Alviano
-
che
nelle
cerne
aveva
additata
la
fortuna
militare
della
Repubblica
-
si
ostinava
pur
sempre
a
mantenere
nelle
caserme
una
larva
di
esercito
che
si
dissolveva
come
neve
al
sole
.
Così
fu
possibile
,
anzi
necessaria
,
la
viltà
suprema
della
Veneta
Repubblica
nel
1796
.
Nondimeno
,
tra
il
vecchio
che
cadeva
a
brandelli
in
rovina
ed
il
nuovo
che
maturava
,
ad
onta
delle
volontà
dei
governanti
e
dei
governati
e
della
pertinace
immutabilità
degli
istituti
,
si
apparecchiavano
gli
eserciti
odierni
fatti
con
la
nazione
e
per
la
nazione
.
Riguardare
quindi
le
vie
del
passato
,
riandare
il
cammino
percorso
per
toccare
lo
sviluppo
d
'
oggi
,
non
può
qualificarsi
opera
vana
,
purché
si
mediti
sulle
circostanze
che
hanno
accompagnata
la
grande
evoluzione
e
sulle
contingenze
particolari
che
l
'
hanno
affrettata
.
Perché
-
ad
onta
di
ogni
sapienza
postuma
di
storia
e
di
esperienza
umana
più
generalmente
note
-
v
'
ha
sempre
qualche
spunto
a
suggestioni
molto
proficue
da
raccogliere
,
dimenticato
lungo
la
grande
ed
ampia
via
maestra
,
come
assai
spesso
si
notano
sovra
a
'
suoi
cigli
dei
modestissimi
fiori
che
sfuggono
alla
vista
dei
più
.
(
1
)
Nota
del
trascrittore
:
la
Parte
II
non
sembra
essere
stata
mai
pubblicata
(
2
)
G
.
FABRY
.
-
Campagne
de
l
'
Armée
d
'
Italie
(
1796-1797
)
.
(
3
)
Presso
alla
piazza
di
S
.
Marco
.
Erano
detti
casini
,
al
tempo
della
decadenza
della
Repubblica
,
luoghi
di
generale
riunione
di
liete
brigate
e
da
galanti
ritrovi
.
(
4
)
Carteggio
del
prov
.
generale
in
T.F.
Filza
n
.
1
(
1796
)
.
R
.
Archivio
di
Stato
dei
Frari
in
Venezia
.
(
5
)
Ibidem
.
(
6
)
Carteggio
del
proc
.
gen
.
in
T
.
F
.
Filza
n
.
1
(
1706
)
.
B
.
Archivio
di
Stato
dei
Frari
in
Venezia
.
(
7
)
Vedasi
per
i
due
primi
periodi
di
tempo
la
bella
scrittura
dell
'
avvocato
LUIGI
CELLI
,
dal
titolo
:
Le
ordinanze
militari
della
Repubblica
Veneta
nel
secolo
XVI
,
nella
Nuova
Antologia
,
vol
.
LIII
,
serie
III
,
fascicoli
del
1°
settembre
e
del
1°
ottobre
1894
.
(
8
)
A
.
DELL
'
ACQUA
GIUSTI
.
-
I
Veneziani
in
Atene
nel
1687
.
(
9
)
Dettaglio
sullo
stato
militare
del
1°
settembre
1781
,
per
osservare
li
generi
della
milizia
reggimentata
e
disposta
nei
rispettivi
dipartimenti
del
Veneto
Dominio
,
in
confronto
al
voler
dei
decreti
,
nonché
per
conoscere
il
numero
difettivo
di
allora
.
Formato
alla
Ragioneria
sopra
ai
rolli
,
dietro
comandi
dell
'
Ecc
.
Savio
Francesco
Vendramin
,
Savio
di
Terra
Ferma
alla
Scrittura
(
Archivio
Stato
,
Frari
.
Deliberazioni
Senato
Militar
1781
.
Filza
106
)
.
(
10
)
I
primi
riparti
di
Oltremarini
si
levarono
nel
1507
e
servirono
più
specialmente
da
fanteria
marina
.
A
partire
dalla
guerra
di
Candia
si
accentuò
il
loro
carattere
di
milizia
ingaggiata
,
da
impiegarsi
in
modo
anfibio
,
epperciò
anche
nelle
guerre
terrestri
.
Francesco
Morosini
per
le
campagne
del
Levante
e
del
Peloponneso
li
ordinò
in
reggimenti
regolari
.
(
11
)
Decreto
del
26
agosto
1745
.
-
Stampato
per
li
figliuoli
del
quondam
Z
.
Antonio
Pinelli
,
stampatori
ducali
.
-
Sulle
condizioni
politiche
ed
economiche
delle
città
dalmate
,
si
veda
l
'
opera
del
prof
.
TULLO
EBBER
,
Storia
della
Dalmazia
dal
1796
al
1814
,
-
Zara
,
1886
,
tip
.
Woditzka
(
6
fascicoli
)
.
(
12
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
107
,
anno
1782
.
(
R
.
Archivio
Stato
dei
Frari
in
Venezia
)
.
(
13
)
Documenti
per
servire
alla
storia
della
milizia
italiana
dal
XIII
secolo
al
XVI
,
raccolti
negli
archivi
della
Toscana
e
preceduti
da
un
discorso
di
Giuseppe
Canestrini
.
-
Firenze
,
Vieusseux
,
1851
.
(
Archivio
Storico
Italiano
,
tomo
XV
)
.
(
14
)
BEMBO
.
-
Dell
'
Istoria
Veneta
.
Libro
I
,
pag
.
350
.
LODOVICO
MOSTARDI
.
-
Storia
di
Verona
dall
'
origine
fino
all
'
anno
1668
.
Verona
,
A
.
Rossi
,
edit
.
,
1668
.
-
CELLI
.
-
Op
.
cit
.
in
Nuova
Antologia
.
(
15
)
Il
ducato
veneto
,
moneta
d
'
argento
,
corrispondeva
sul
termine
della
Repubblica
a
lire
italiane
4,189
.
(
Vedi
:
PAPADOPOLI
,
-
Sul
valore
della
moneta
Veneta
.
-
Venezia
1880
)
.
(
16
)
Relazione
ai
piedilista
del
1781
del
Savio
di
T.F.
alla
Scrittura
,
Francesco
Vendramin
(
29
dicembre
1781
)
.
-
Delib
.
Senato
Militar
.
Agosto
-
Dicembre
detto
.
Senato
I
.
Secreta
,
Filza
106
(
17
)
Verso
la
caduta
della
Repubblica
,
le
cerne
erano
considerate
né
più
ne
meno
di
guardie
campestri
.
Si
veda
a
questo
proposito
qualche
episodio
citato
nelle
Memorie
di
un
ottuagenario
di
IPPOLITO
NIEVO
.
(
18
)
«
Nell
'
amministrazione
veneta
era
insomma
una
farragine
di
impiegati
e
tale
numero
di
uffici
,
da
rendere
impossibile
rappresentarli
anche
teoricamente
in
piena
evidenza
»
.
-
(
ROMANIN
.
-
Storia
documentata
di
Venezia
,
Tomo
VIII
,
pag
.
368
)
.
(
19
)
Il
Collegio
era
composto
come
appresso
:
sei
Savi
grandi
cui
spettavano
le
preposizioni
al
Senato
,
cinque
Savi
agli
ordini
incaricati
di
vigilare
sulle
cose
della
marina
,
cinque
Savi
di
terraferma
,
e
cioè
il
Savio
di
terraferma
alla
scrittura
,
il
Savio
alle
ordinanze
e
tre
altri
Savi
più
semplicemente
detti
di
terraferma
,
con
il
compito
di
riferire
sulle
condizioni
politiche
,
economiche
ed
amministrative
di
quest
'
ultima
.
(
20
)
Fino
dal
principio
del
secolo
XVI
,
dovendosi
accentrare
in
particolari
registri
le
scritture
riguardanti
le
spese
per
la
milizia
,
fu
delegato
a
ciò
taluno
dei
Savi
del
Collegio
.
Un
decreto
del
26
maggio
1523
sancì
poi
la
riforma
di
simili
scritture
ed
ordinò
che
vigilasse
su
di
esse
un
Savio
apposito
.
Ebbe
cosi
origine
il
Savio
di
terraferma
alla
scrittura
,
che
si
incaricò
indi
appresso
delle
spese
e
dell
'
amministrazione
degli
eserciti
della
Repubblica
Veneta
.
I
Savi
erano
eletti
in
principio
di
ogni
anno
,
che
,
secondo
il
costume
Veneto
,
principiava
in
marzo
(
more
veneto
)
.
(
21
)
P
.
MOLMENTI
.
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
.
-
(
IV
edizione
,
Bergamo
1908
.
Parte
III
,
pag
.
23
,
nota
)
.
(
22
)
Lo
stipendio
medio
del
maresciallo
Schoulemburg
era
di
ducati
12.500
,
pari
a
lire
52.302
circa
.
Vedasi
R
.
Commissione
per
la
pubblicazione
dei
documenti
finanziari
della
Repubblica
di
Venezia
.
Serie
II
.
Bilanci
generali
dal
1736
al
1766
(
Scritture
e
decreti
)
.
-
Venezia
,
tipografia
Vicentini
,
1903
.
Lo
stipendio
del
detto
maresciallo
salì
però
fino
a
ducati
25.000
all
'
anno
.
(
23
)
Nella
seconda
metà
del
secolo
XVIII
sono
notevoli
le
seguenti
rielezioni
nel
Saviato
di
terraferma
alla
scrittura
:
Alvise
Tiepolo
,
1764-1765;
Zuane
Quirini
,
1765-1766;
Antonio
Zen
,
1778-1779-1790;
Francesco
-
Vendramin
,
1781-1782-1784-1785;
Iseppo
Priuli
,
1794-1795
.
(
24
)
R
.
Commissione
per
la
pubblicazione
dei
documenti
finanziari
della
Repubblica
di
Venezia
(
op
.
cit
.
)
.
(
25
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
117
.
(
26
)
La
proposta
di
nominare
un
generale
in
capo
venne
indarno
ripetuta
,
nell
'
estate
del
1796
,
anche
da
Giacomo
Nani
.
(
27
)
Miniere
di
piriti
ramifere
di
Agordo
.
(
28
)
Tra
le
più
notevoli
confraternite
della
specie
,
si
debbono
notare
quella
dei
Santi
Giovanni
e
Paolo
di
Venezia
,
dei
padri
di
San
Giovanni
di
Dio
a
Zara
,
dell
'
ospedale
militare
di
San
Sérvolo
pure
in
Venezia
.
(
29
)
Quando
trattavasi
di
deliberare
su
argomenti
di
maggior
interesse
intervenivano
nelle
deliberazioni
,
oltre
il
Savio
in
carica
(
attuale
)
,
anche
quello
che
lo
era
nel
semestre
antecedente
(
uscito
)
.
(
30
)
P
.
MOLMENTI
.
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
-
Parte
II
,
pag
53
,
160
,
199
.
(
31
)
Bongion
e
Maniva
.
(
32
)
I
pesi
erano
in
libbre
grosse
e
corrispondevano
ognuna
(
12
oncie
)
a
kg
.
0,476999
.
(
MARTINI
.
-
Manuale
di
Metrologia
,
pag
.
817
e
Segg
.
-
Torino
1883
)
.
(
33
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1782
.
Filza
107
.
(
34
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1782
.
Filza
107
.
(
35
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Maggio
1796
.
Filza
23
.
Relazione
del
tenente
generale
Salimbeni
sulle
condizioni
della
fortezza
di
Verona
.
(
36
)
Campagne
del
1715-1718
a
Corfù
ed
in
Morea
.
(
37
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1783
.
Filza
107
.
(
38
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
117
.
Anno
1786
.
(
39
)
Collegio
Militar
di
Verona
.
Busta
n
.
264
.
(
R
.
Archivio
di
Stato
dei
Frari
di
Venezia
)
.
Intorno
all
'
ordinamento
ed
alla
vita
di
questo
istituto
militare
,
si
veda
:
E
.
BARBARICH
-
Una
scuola
di
artiglierìa
e
genio
sotto
la
Serenissima
-
(
Rivista
di
artiglieria
e
genio
-
luglio
,
agosto
-
1908
)
.
(
40
)
Celebrata
locanda
al
tempo
della
Veneta
Repubblica
,
posta
a
fianco
della
chiesa
di
Santa
Anastasia
di
Verona
.
(
41
)
Sull
'
uso
dei
biglietti
di
visita
al
tempo
della
decadenza
veneziana
vedasi
:
P
.
MOLMENTI
.
-
(
Op
.
cit
.
,
parte
III
,
pagg
.
45
,
434
,
458
,
459
,
474
,
476
)
.
(
42
)
Comandava
allora
interinalmente
la
divisione
Serurier
.
(
43
)
Carteggio
del
Provveditore
Generale
Nicolò
Foscarini
.
Filza
2
(
1°
luglio
-
15
agosto
1796
)
.
(
44
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1785
.
Filza
117
.
(
45
)
Italia
,
Dalmazia
,
Levante
e
Golfo
.
(
46
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Tavola
I
,
Registro
29
(
Ducali
del
maggio
1786
)
.
(
47
)
Gli
ambasciatori
a
Costantinopoli
si
denominavano
più
specialmente
nel
linguaggio
diplomatico
Veneto
baili
.
(
48
)
Delib
.
Senato
Militar
,
1782
.
I
Secreta
.
Filza
106
(
49
)
La
riforma
delle
scuole
militari
fu
preceduta
ed
accompagnata
dalla
riforma
delle
scuole
civili
,
le
quali
vennero
laicizzate
a
Venezia
per
opera
di
Gasparo
Gozzi
.
Il
periodo
di
maggiore
attività
in
quest
'
opera
corrisponde
agli
anni
che
corsero
dal
1773
al
1775
.
Il
Savio
alla
scrittura
Francesco
Vendramin
desiderava
di
questa
riforma
farne
il
caposaldo
per
i
progettati
miglioramenti
do
introdursi
nell
'
esercito
Veneto
,
seguendo
i
criteri
già
enunciati
dal
Gribeauval
,
che
suonavano
come
appresso
:
«
Le
but
est
des
réduire
à
peu
de
chose
les
droits
à
l
'
anciennete
,
aneantir
ceux
de
la
protection
,
donner
toute
faveur
aux
talente
supérieure
et
les
initier
dans
le
commandement
avant
l
'
âge
où
le
corps
commence
à
perdre
et
l
'
esprit
cesse
d
'anquérir.Tale
opera
si
era
già
magnificamente
affermata
in
Francia
ai
tempi
del
maggior
lustro
militare
del
regno
di
Luigi
XV
.
(
50
)
Il
nome
di
alfiere
deriva
manifestamente
dal
latino
aquilifer
,
titolo
e
grado
di
colui
che
,
nelle
antiche
ordinanze
romane
,
portava
l
'
aquila
,
insegna
principale
della
legione
.
Nella
milizia
moderna
si
tramandò
il
nome
per
designare
l
'
officiale
incaricato
di
portare
le
insegne
di
una
compagnia
di
fanti
.
In
cavalleria
l
'
alfiere
prendeva
il
nome
di
cornetta
,
dalla
piccola
insegna
quadra
oltre
volte
usata
in
quell
'
arma
.
(
51
)
Non
esisteva
correlazione
gerarchica
tra
i
gradi
dell
'
esercito
e
quelli
della
marina
veneta
repubblicana
.
Il
grado
di
alfiere
,
o
di
cornetta
,
corrispondeva
però
in
qualche
misura
a
quello
di
nobile
in
nave
,
che
rappresentava
il
primo
gradino
della
gerarchia
degli
ufficiali
di
vascello
.
Il
grado
di
sopracomito
,
secondo
nella
scalèa
,
disponendo
del
comando
di
una
nave
(
ordinariamente
una
galera
)
eguagliava
,
sotto
qualche
rispetto
,
quello
del
capitano
comandante
di
una
compagnia
di
fanti
oppure
di
una
compagnia
di
cavalli
.
I
gradi
più
elevati
della
marina
,
quale
il
governatore
di
galeazza
,
il
governatore
dei
condannati
(
o
ispettore
alle
ciurme
ed
all
'
armamento
delle
navi
)
,
il
capitanio
del
Golfo
,
o
comandante
della
squadra
adriatica
,
sottoposti
a
loro
volta
al
capitanio
generale
,
al
provveditor
dell
'
Armata
,
al
patron
delle
navi
,
all
'
almirante
,
al
capitan
delle
navi
ed
infine
al
provveditore
generale
da
Mar
,
non
avevano
riscontro
approssimativo
nei
gradi
dell
'
esercito
.
(
52
)
Legge
di
Ottazione
per
la
promozione
degli
uffiziali
e
bassi
-
uffiziali
nei
Reggimenti
Italiani
,
Oltramarini
,
Cimarioto
,
Croati
a
cavallo
,
Corazzieri
,
Dragoni
,
al
servizio
della
Serenissima
Repubblica
di
Venezia
.
Stampata
per
ordine
dell
'Ecc.mo
signor
Michele
Morosini
,
Kav
.
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
,
in
esecuzione
al
Sovrano
decreto
dell
'Ecc.mo
Senato
,
2
giugno
1740
.
Pinelli
,
stampatori
ducali
,
Venezia
,
1740
.
(
53
)
La
dichiarazione
,
datate
da
Brescia
li
16
giugno
1785
,
è
firmata
dal
tenente
colonnello
Zorzi
Molari
e
dal
colonnello
Giovanni
Marin
Conti
,
comandante
del
reggimento
(
Delib
.
Senato
Milit
.
Secreta
I
.
Filza
116
,
1786
)
.
(
54
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Secreta
I
.
Filza
116
.
Anno
1785
.
(
55
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Secreta
I
.
Filza
116
.
Anno
1785
.
(
56
)
Capo
-
squadrone
,
vale
dire
comandante
di
due
compagnie
di
cavalli
.
(
57
)
Delib
.
Senato
Militar
.
,
1795
.
Filza
n
.
146
Le
principali
norme
di
manovra
della
cavalleria
veneta
si
possono
desumere
dall
'
opera
intitolata
:
«
Esercito
militare
e
regola
universale
della
cavalleria
e
dragoni
della
Serenissima
Repubblica
di
Venezia
,
stabiliti
da
S.E.
Daniele
Dolfin
»
(
Verona
1707
)
.
(
58
)
Delib
.
Senato
Militar
,
1782
.
Filza
n
.
105
.
(
59
)
Vale
a
dire
maggiore
,
comandante
di
una
o
più
compagnie
di
cannonieri
.
(
60
)
Buona
parte
di
queste
prove
pratiche
si
effettuavano
al
«
Bersaglio
di
artiglieria
»
di
Sant
'
Alvise
,
a
Venezia
,
oppure
al
Lido
.
Sui
particolari
delle
artiglierie
venete
,
si
veda
:
«
Le
artiglierie
Venete
,
fatte
incidere
in
rame
dall
'
Ispettore
generale
Domenico
Gasparoni
.
(
1779
)
»
.
(
61
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Secreta
I
.
1785
.
Filza
116
.
(
62
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1796
.
Filza
25
.
(
63
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1777
.
Collegio
Militar
di
Verona
.
Busta
224
.
Il
Senato
in
esito
a
tali
richieste
aveva
decretato
,
che
i
provenienti
dal
Collegio
Militare
di
Verona
non
potessero
allontanarsi
dal
servizio
sotto
le
pubbliche
bandiere
se
non
dopo
un
triennio
di
permanenza
nell
'
ufficio
cui
attendevano
.
(
64
)
Pubblicata
nel
1779
,
in
folio
,
col
titolo
:
«
Le
Artiglierie
Venete
,
fatte
incidere
in
rame
dall
'
Ispettore
generale
Domenico
Gasparoni
.
»
(
65
)
Il
manoscritto
trovasi
al
Museo
di
Padova
(
Biblioteca
)
.
(
66
)
FILIPPO
NANI
MOCENIGO
-
GIACOMO
NANI
.
-
Memorie
e
documenti
.
-
Venezia
,
1893
.
L
'
opera
della
«
Milizia
Veneta
aveva
il
seguente
motto
:
«
Non
ci
può
essere
piano
militare
che
sia
acconcio
a
combattere
una
malattia
puramente
morale
e
politica
»
.
(
67
)
Erano
43
ufficiali
che
Angelo
Emo
aveva
elevato
al
grado
superiore
,
con
il
consenso
del
Senato
,
per
benemerenze
acquisite
nelle
campagne
di
Tunisi
e
di
Algeria
.
Essi
furono
distribuiti
in
soprannumero
tra
i
diversi
corpi
,
ma
poi
ricollocati
in
congedo
per
mancanza
di
posti
.
Questi
ufficiali
reclamarono
vivacemente
ed
infine
,
nel
1795
,
ebbero
dal
Senato
dei
posti
al
governo
delle
piazze
e
delle
fortezze
.
(
Delib
.
Senato
Militar
.
1795
.
Filza
146
)
.
(
68
)
Il
zecchino
era
pari
a
lire
venete
22
,
e
la
lira
veneta
a
soldi
20
(
Italiane
lire
0,5228
)
.
(
69
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1793
.
Filza
139
.
(
70
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1790
.
Filza
130
.
(
71
)
Panno
assai
leggero
(
rarus
)
.
(
72
)
«
Riconoscendo
buona
la
pratica
-
diceva
un
Senatoconsulto
dell
'
anno
1769
-
seguita
dalle
estere
truppe
di
porre
un
segno
distintivo
di
reggimento
,
e
non
essendo
quello
sufficiente
della
diversità
dei
mostrini
(
mostreggiature
)
comunemente
usato
,
il
Senato
emette
l
'
avviso
che
con
il
numero
impresso
sui
bottoni
ai
debbano
distinguere
i
18
reggimenti
italiani
»
(
Delib
.
Senato
Militar
.
1789
.
Filza
127
)
.
(
73
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1790
.
Registro
n
.
29
.
Decreto
29
aprile
1790
.
Si
noti
l
'
analogia
di
tali
distinzioni
di
grado
usata
dagli
ufficiali
Veneti
con
quella
tradizionalmente
adottata
dagli
ufficiali
dell
'
esercito
del
Montenegro
.
Presso
di
questi
i
segni
del
grado
si
portano
sul
berretto
,
e
sono
:
ufficiali
generali
,
scudetto
d
'
oro
dalle
insegne
principesche
;
maggiori
scudetto
d
'
oro
con
le
scimitarre
d
'
argento
;
ufficiali
inferiori
scudetto
d
'
argento
con
le
scimitarre
d
'
oro
.
(
74
)
Dalla
fiscalità
amministrativa
militare
dell
'
epoca
ai
erano
da
qualche
tempo
affrancati
gli
eserciti
di
Luigi
XV
.
Sotto
il
regno
di
questi
venne
regolata
l
'
amministrazione
dei
reggimenti
,
la
proprietà
delle
compagnie
fu
tolta
ai
capitani
,
un
ufficiale
contabile
venne
infine
assegnato
presso
ciascun
comando
di
corpo
.
(
75
)
Collegio
Militare
di
Verona
.
Busta
241
.
Relazione
del
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
M
.
A
.
Priuli
.
Intorno
ai
particolari
di
questa
avventura
,
si
veda
:
E
.
BARBARICH
.
«
Una
scuola
di
artiglieria
e
genio
sotto
la
Serenissima
Repubblica
»
(
Rivista
di
artiglieria
e
genio
-
Luglio
,
agosto
1908
)
.
(
76
)
Inquisitori
di
Stato
.
-
Lettere
dei
rettori
di
Verona
,
1781-1787
.
Busta
n
.
110
.
-
Idem
.
Dispacci
dei
rettori
di
Verona
,
1785-1788
.
Busta
n
.
367
.
(
77
)
Carteggio
citato
.
(
78
)
Erano
Girolamo
Diedo
,
Angelo
Maria
Gabriel
e
Giovanni
Sagredo
.
Sulla
loro
opera
di
repressione
delle
logge
massoniche
in
terraferma
,
si
veda
:
ROMANIN
.
Storia
documentata
dì
Venezia
,
Tomo
VIII
,
Capo
VIII
,
pag
.
272
,
399
.
(
79
)
Collegio
Militare
di
Verona
.
Busta
n
.
224
.
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
.
-
Busta
178
.
Registri
dei
deputati
al
Militar
Collegio
di
Verona
.
Anni
1764-1797
.
(
80
)
Devesi
notare
la
strana
coincidenza
che
nelle
stesse
sale
di
Castel
Vecchio
venne
a
stabilirsi
,
ai
primi
tempi
del
dominio
francese
,
l
'
accademia
detta
degli
Aletofili
,
cioè
amanti
della
verità
,
e
che
quivi
pure
si
installò
l
'
accademia
dei
Neoterici
,
cioè
dei
seguaci
delle
nuove
scienze
fisiche
e
medicali
.
(
81
)
Le
relazioni
tra
il
governo
francese
e
le
«
Logge
Muratorie
»
furono
intensificate
,
nell
'
estate
del
1796
,
dal
Salicati
.
(
LAPORTE
-
Souvenir
d
'
un
emigré
-
pag
.
19
)
.
(
82
)
Carteggio
degli
«
Inquisitori
di
Stato
»
Busta
n
.
920
.
(
R
.
Archivio
di
Stato
dei
Frari
in
Venezia
)
.
(
83
)
Si
trovavano
a
Verona
,
ai
primi
di
luglio
del
1796
,
sette
compagnie
di
fanti
oltremarini
con
un
effettivo
combattente
di
532
uomini
,
tutti
appartenenti
al
Reggimento
Medin
.
(
Carteggio
del
Provveditore
Nicolò
Foscarini
,
Busta
n
.
1
)
.
(
84
)
Vedasi
:
FABRY
.
-
Campagne
de
l
'
Armée
d
'
Italie
.
-
(
Vol
.
IV
,
pagine
24
,
26
,
29
,
30
,
31
,
32
,
94
,
95
ecc
.
)
(
85
)
Per
decisione
del
26
Pratile
,
presa
dal
Commissario
del
governo
della
Repubblica
francese
,
i
magazzini
di
Castelnuovo
,
Garda
e
Salò
furono
sistemati
in
modo
che
essi
disponessero
sempre
di
15
giorni
di
viveri
per
tutta
l
'
armata
.
Anche
Verona
fu
posta
in
tale
condizione
.
Il
magazzino
di
riserva
di
Brescia
fu
aumentato
in
questa
circostanza
con
15.000
razioni
di
biada
.
Il
provvigioniere
generale
della
Repubblica
veneta
,
Vivante
,
doveva
incaricarsi
di
tutti
questi
rifornimenti
.
Giornalmente
dovevano
inoltre
versarsi
nei
magazzini
del
commissario
Gachet
,
a
Verona
,
60
carri
di
fieno
di
100
pesi
ciascuno
,
40
carri
di
paglia
pure
di
100
pesi
ognuno
,
550
stara
di
avena
,
oltre
un
'
aliquota
di
generi
diversi
per
i
bisogni
impreveduti
.
Il
4
luglio
,
il
nominato
commissario
francese
impose
d
'
urgenza
la
fornitura
di
12.000
sacchi
di
farina
.
(
Carteggio
del
Provveditore
generale
in
Terraferma
Nicolò
Foscarini
.
Filza
n
.
2
.
Senato
Secreta
III
)
.
Il
10
luglio
doveva
funzionare
in
Brescia
un
ospitale
da
200
letti
,
per
il
quale
argomento
si
dovevano
accordare
assieme
il
commissario
generale
francese
Flament
con
il
segretario
Sanfermo
,
un
cancelliere
ducale
ed
il
colonnello
d
'
artiglieria
veneta
Fratacchio
.
(
Carteggio
citato
)
(
86
)
FOSCARINI
.
-
Carteggio
citato
.
(
87
)
La
lettera
reca
la
intestazione
che
segue
:
Quartier
General
de
Veronne
,
le
20
Messidor
de
l
'
An
IX
de
la
Republique
Française
,
une
et
indivisible
.
È
annessa
alla
Filza
n
.
2
del
citato
carteggio
del
Provveditore
Nicolò
Foscarini
.
(
88
)
Loc
.
cit
.
(
89
)
Intorno
alle
Pasque
Veronesi
si
consulti
-
tra
le
fonti
più
recenti
-
il
libro
del
BONNEFONS
:
La
chute
de
la
Republique
de
Venise
(
1780-1797
)
.
Librairie
Académique
Perrin
,
Paris
,
1908
,
pag
.
225
e
sgg
.
(
90
)
Capitolazioni
.
-
Delib
.
Senato
Militare
1785
.
Filza
118
.
(
91
)
Carlo
Marchiondi
,
eccellente
ingaggiatore
di
fanti
oltremarini
,
trovasi
citato
a
titolo
di
onore
nel
carteggio
del
Senato
fino
dall
'
anno
1783
,
perché
in
quattro
anni
era
riuscito
a
condurre
sotto
le
venete
insegne
oltre
5000
reclute
,
numero
doppio
del
richiesto
dal
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
.
Fu
perciò
promosso
tenente
colonnello
(
22
maggio
1783
)
.
Il
tenente
colonnello
Carlo
Marchiondi
morì
nel
1785
.
(
92
)
La
forza
di
una
compagnia
di
leva
,
o
centro
di
reclutamento
delle
milizie
ingaggiate
,
era
la
seguente
:
1
tenente
o
capitanio
,
1
alfiere
,
1
sergente
,
2
caporali
,
1
tamburo
o
piffero
,
36
fanti
.
(
93
)
Il
piede
veneziano
corrispondeva
a
metri
0,347735
:
a
sua
volta
l
'
oncia
,
di
12
linee
,
equivaleva
a
metri
0,028978
.
(
94
)
Capitolazioni
sopra
citate
.
-
Delib
.
Senato
Militar
,
anno
1785
.
Filza
118
.
Tra
i
mestieri
infami
era
compreso
quello
dello
sbirro
.
(
95
)
Le
caserme
principali
si
trovavano
nel
rione
di
Santa
Maria
Elisabetta
del
Lido
ed
erano
capaci
di
oltre
4000
uomini
.
-
(
Vedasi
:
Il
forastiere
illuminato
intorno
le
cose
più
belle
,
rare
e
curiose
,
antiche
e
moderne
della
città
di
Venezia
e
delle
isole
circonvicine
.
Venezia
,
1740
.
Giovambattista
Albrizzi
,
editore
,
pag
.
301
)
.
(
96
)
La
lira
veneta
,
di
20
soldi
ognuna
,
corrispondeva
ad
Italiane
lire
0,5228
.
(
97
)
Esattamente
a
L
.
16,182
.
(
98
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Anno
1782
.
Secreta
I
.
Filza
107
.
(
99
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Secreta
I
.
1782-1784
.
(
100
)
Sull
'
istituzione
delle
compagnie
di
travagliatori
,
si
veda
il
capitolo
relativo
al
Genio
nello
studio
presente
.
(
101
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1790
.
Filza
131
.
(
102
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1794
.
Filza
146
.
(
103
)
Già
dalla
fine
del
XVII
secolo
,
nel
corpo
degli
oltremarini
si
erano
fuse
tutte
le
speciali
milizie
d
'
oltremare
note
ai
tempi
dello
splendore
con
il
nome
di
Dalmati
,
Cimeriotti
e
Montenegrini
.
La
reggimentazione
degli
oltremarini
risale
però
più
precisamente
all
'
anno
1688
,
quando
cioè
il
Morosini
tracciò
la
grande
suddivisione
della
fanteria
veneta
in
oltramontani
ed
oltramarini
,
attribuendo
a
questi
ultimi
il
carattere
di
socii
.
Dell
'
antica
differenziazione
di
queste
milizie
d
'
oltremare
sopravviveva
ancora
,
al
tempo
della
caduta
di
Venezia
,
il
Reggimento
Corfù
di
San
Marco
,
o
dei
Corfiotti
,
impiegato
nel
presidio
dell
'
isola
.
(
104
)
Dettaglio
della
forza
di
infanteria
italiana
ed
oltremarina
,
artiglieria
e
cavalleria
,
esistente
il
1°
marzo
1796
in
Terraferma
,
con
l
'
innesto
delle
cernide
italiane
ed
istriane
e
delle
craine
dalmatine
.
(
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
1796
.
Filza
149
)
.
Come
è
noto
,
le
cerne
levate
in
Dalmazia
denominavansi
più
specialmente
craine
,
oppure
craicinich
.
(
105
)
Orzinovi
ora
fortezza
di
confine
,
correndo
in
questo
tratto
la
frontiera
veneta
tra
la
Serenissima
e
lo
Stato
di
Milano
lungo
la
destra
dell
'
Oglio
.
Il
contado
di
Crema
rappresentava
un
possedimento
isolato
della
Repubblica
al
di
là
del
confine
,
compreso
tutto
intorno
dal
territorio
milanese
di
Soncino
,
Robecco
,
Lodi
e
Vailate
.
La
frontiera
nel
contado
bergamasco
tra
Serenissima
e
Milano
correva
,
per
buon
tratto
,
lungo
l
'
Adda
fino
alle
adiacenze
di
Trezzo
,
indi
,
mediante
una
linea
obliqua
convenzionale
,
si
rivolgeva
oll
'
Oglio
in
direzione
di
Martinengo
.
(
106
)
Nell
'
estate
del
1796
non
tutte
le
truppe
venete
raccolte
da
Giacomo
Nani
per
la
difesa
dell
'
estuario
di
Venezia
erano
ancora
fornite
di
pagliericci
.
Convenne
disfare
all
'
uopo
delle
vecchie
tende
riposte
nella
tana
dell
'
Arsenale
per
sopperire
alla
bisogna
,
e
si
impiegarono
in
quella
circostanza
alquante
vellere
,
o
cucitrici
di
vele
,
addette
al
grande
cantiere
eneto
.
(
Deliberazioni
del
Senato
Militar
in
Terraferma
,
giugno
1796
.
Filza
23
)
.
(
107
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Anno
1794
.
Filza
143
.
(
108
)
Nel
1784
,
era
primo
capitano
e
podestà
di
Verona
Alvise
Mocenigo
.
(
109
)
Il
tenente
generate
Salimbeni
.
(
110
)
Delib
.
Senato
Militar
,
1792
,
Filza
134
.
(
111
)
Il
generale
Salimbeni
si
riferiva
specialmente
alle
condizioni
delle
cerne
e
delle
craine
raccolte
a
Verona
nel
1794
.
(
Delib
.
Senato
Militar
,
Filza
145
)
.
(
112
)
Relazione
al
piedilista
del
1781
del
Savio
alla
Scrittura
Francesco
Vendramin
.
(
Delib
.
Senato
Militar
.
1781
.
Filza
106
)
.
(
113
)
Relazione
al
piedilista
del
1781
(
Delib
.
Senato
Militar
-
1781
-
Filza
106
)
.
(
114
)
P
.
MOLMENTI
.
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
-
Parte
III
,
pag
.
167
.
(
115
)
Opificio
esercitato
sulla
fine
della
Serenissima
da
Giacomo
Zannoni
.
(
116
)
Condotto
a
quell
'
epoca
da
Francesco
Bascarezzi
.
(
117
)
Terminazione
della
conferenza
delli
Savi
alla
scrittura
,
attual
ed
uscito
,
di
due
dei
cinque
Savi
alla
mercanzia
e
magistrati
sopra
camere
intorno
al
metodo
per
il
vestiario
dei
reggimenti
italiani
.
(
Delib
.
Senato
militar
,
1755
)
.
(
118
)
La
riforma
della
numerazione
dei
corpi
di
fanti
italiani
fu
caldeggiata
,
fino
dal
1785
,
dai
Savio
alla
scrittura
Francesco
Vendramin
e
dal
brigadiere
Stràtico
.
«
Riconoscendo
poi
-
diceva
una
relazione
estesa
da
quest
'
ultimo
-
per
buona
pratica
seguita
dalle
estere
truppe
di
porre
un
segno
distintivo
di
reggimento
,
e
non
essendo
quello
sufficiente
della
diversità
dei
mostrini
comunemente
usati
,
si
emette
l
'
avviso
che
con
il
numero
impresso
sui
bottoni
si
debbano
distinguere
i
18
reggimenti
di
fanti
italiani
,
assegnando
gli
ultimi
quattro
numeri
ai
reggimenti
di
città
,
in
ordine
all
'
epoca
di
loro
istituzione
»
.
(
Delib
.
Senato
milit
.
,
anno
1785
.
Registro
n
.
29
)
.
(
119
)
Le
compagnie
prendevano
nome
dai
rispettivi
comandanti
,
e
cioè
:
1a
Colonnella
-
2a
Tenente
colonnella
:
-
3a
Sergente
maggiore
..
La
4a
,
5a
,
6a
,
7a
,
8a
e
9a
si
intitolavano
dal
nome
dei
rispettivi
capitani
comandanti
.
Vedasi
a
questo
riguardo
quanto
nel
presente
studio
è
stato
detto
nel
capitolo
relativo
agli
ufficiali
veneti
.
(
120
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
1796
,
Filza
n
.
25
.
(
121
)
Ibidem
.
Filza
25
.
-
Lettera
al
Doge
in
data
dell'8
luglio
1796
.
(
122
)
[
122
]
La
fiera
esibizione
delle
genti
del
Bergamasco
finì
ai
capi
del
Consiglio
dei
X
,
i
quali
furono
al
riguardo
«
del
geloso
affare
...
e
dell
'
alto
segreto
che
esso
importava
...
ricercati
a
divenire
,
con
il
loro
consiglio
e
per
le
vie
le
più
secrete
,
a
quelle
deliberazioni
che
pareranno
proprie
alla
loro
prudenza
»
.
In
altri
termini
,
il
Senato
nel
rassegnare
al
Consiglio
dei
Dieci
quella
proposta
con
144
voti
favorevoli
alla
decisione
presa
e
30
incerti
,
dimostrò
il
suo
fermo
intendimento
di
cestinarla
.
(
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
1796
.
Filza
25
.
In
Pregadì
,
12
luglio
1796
)
.
(
123
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1792
,
Filza
134
.
(
124
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1794
.
Filza
142
.
(
125
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
134
.
(
126
)
Rapporto
del
rappresentante
veneto
a
Torino
,
Giovanni
Andrea
Fontana
.
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
119
.
(
127
)
Vedi
il
§
31
del
R
.
Viglietto
24
dicembre
1736
.
(
Raccolta
delle
leggi
e
decreti
del
Duboin
,
vol
.
XXVIII
,
pag
.
193
)
.
(
128
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1794
.
Filza
142
.
(
129
)
Delib
.
Senato
Militar
.
1794
.
Filza
135
.
(
130
)
Registri
delle
deliberazioni
del
Senato
Militar
.
Secreta
30
.
Le
norme
si
erano
esaurite
da
gran
tempo
.
(
131
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
1796
.
Decreto
del
3
marzo
detto
.
Filza
n
.
149
.
(
132
)
I
gravami
personali
ai
riferivano
-
come
si
sa
-
specialmente
ai
coniugati
,
ai
fittaoli
,
agli
indegni
ecc
.
(
133
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
,
1796
Filza
149
-
Lo
stato
delle
cerne
incorporate
nell
'
anno
1794
,
la
loro
suddivisione
per
circoli
di
reclutamento
ed
i
loro
effettivi
,
al
termine
del
primo
biennio
di
ferma
risultano
dallo
specchio
seguente
:
Descritte
nei
ruoli
Morti
Fuggiti
Cassi
Effettivi
nel
1796
a
)
Cerne
Italiane
.
Padovane
355
8
-
-
22
325
Vicentine
366
7
20
15
324
Veronesi
e
Colognesi
403
14
17
10
362
Bresciane
152
1
4
14
133
Dette
privilegiate
(
Orzinovi
)
125
-
-
13
8
104
Bergamasche
164
-
-
19
7
138
Cremasche
50
-
-
1
2
47
Bellunesi
110
9
2
10
89
Bassanesi
135
3
5
6
111
Feltrine
79
-
-
-
-
11
65
Trevisane
389
4
5
42
338
Salodiane
51
2
1
6
42
Friulane
267
5
11
12
239
Polesane
148
-
-
3
-
-
145
Totale
2781
53
101
165
2462
b
)
Cerne
Istriane
226
5
10
3
208
c
)
Craine
Dalmate
732
31
31
15
651
3739
89
142
183
3321
(
134
)
Deliberazione
Senato
Militar
.
Filza
149
.
(
135
)
Discorso
al
Senato
del
cav
.
Francesco
Pesaro
(
ottobre
1792
)
.
(
136
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
26
marzo
1796
.
Filza
149
.
(
137
)
Vedasi
l
'
ordinamento
dalle
craine
in
battaglioni
e
la
loro
dislocazione
a
Venezia
e
nell
'
estuario
in
ottobre
-
novembre
dell
'
anno
1796
nelle
:
«
Deliberazioni
del
Senato
Militar
in
Terraferma
»
Filza
161
.
-
Per
l
'
opera
di
Giacomo
Nani
in
questa
circostanza
si
veda
specialmente
il
volume
di
Filippo
Nani
-
Mocenigo
ricordato
più
sopra
.
(
138
)
Carteggio
del
Provveditor
Generale
in
Terraferma
Nicolò
Foscarini
.
-
1796
.
Filza
n
.
1
.
(
Carteggio
dal
18
maggio
a
tutto
giugno
detto
)
.
(
139
)
CICOGNA
.
-
Bibliografia
Veneziana
.
-
Vedasi
nella
raccolta
la
sezione
relativa
alla
bibliografia
militare
.
(
140
)
Magistratura
molto
antica
cui
metteva
capo
tutto
ciò
che
si
riferiva
all
'
azienda
comunale
.
I
provveditori
del
Comune
avevano
una
particolare
sorveglianza
sull
'
istituto
delle
arti
,
sulle
scuola
di
devozione
etc
.
(
141
)
Diventato
dopo
il
1588
una
magistratura
stabile
.
Il
culto
della
santa
protettrice
degli
artiglieri
si
mantenne
sempre
vivo
sino
alla
caduta
della
Serenissima
e
si
accentuò
nella
scuola
di
Santa
Barbara
,
dove
è
eretto
un
altare
con
un
dipinto
del
Tintoretto
.
Questa
scuola
conserva
il
capo
della
denominata
santa
,
recato
a
Venezia
da
Candia
nell
'
anno
1070
(
Il
forastiere
illuminato
intorno
le
cose
più
rare
e
curiose
antiche
e
moderne
della
città
di
Venezia
)
.
-
Sulle
prime
sedi
dell
'
arte
dei
bombardieri
a
Venezia
,
si
veda
l
'
opera
del
BIANCHINI
;
La
chiesa
di
Santa
Maria
Formosa
,
pag
.
31
,
Venezia
1892
,
e
la
nota
apposta
dal
MOLMENTI
a
pagina
54
del
2°
volume
della
sua
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
(
Bergamo
,
Istituto
italiano
di
arti
grafiche
,
1906
)
.
(
142
)
Più
tardi
,
agli
otto
ducati
di
bonifica
per
testa
si
aggiunsero
altri
quattro
ducati
di
bonifica
,
ossia
di
taglione
.
(
143
)
Di
cui
3713
di
bronzo
e
1025
di
ferro
,
per
il
valore
complessivo
di
quattro
milioni
di
ducati
.
(
144
)
Assunto
al
servizio
veneto
nel
1771
(
6
ottobre
)
.
Il
Patisson
era
inglese
di
nascita
.
(
145
)
Piano
generale
degli
studi
da
farsi
in
un
sessennio
nel
pubblico
Militar
Collegio
di
Verona
,
fatto
estendere
da
Alvise
Tiepolo
,
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
.
-
Venezia
,
1763
.
-
Per
i
figliuoli
del
quondam
Z
.
Antonio
Pinelli
,
stampatori
ducali
.
(
146
)
Decreto
del
Senato
del
27
settembre
1786
(
Delib
.
Senato
Militar
,
n
.
29
Secreta
-
Registro
)
.
(
147
)
Relazione
sullo
stato
dell
'
artiglieria
Veneta
,
(
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
Filza
103
,
anno
1781
)
.
La
relazione
è
firmata
da
Angelo
Diedo
,
Francesco
Battagia
e
Francesco
Falier
.
(
148
)
Navi
di
primo
rango
Fama
(
capitana
)
e
Forza
,
fregata
Palma
,
sciabecco
Tritton
,
bombarde
Distruzion
,
Polonia
;
galeotta
Esploratore
.
La
fregata
Concordia
e
gli
sciabecchi
Cupido
e
Nettuno
si
aggiunsero
alle
sopra
dette
navi
nelle
acque
di
Corfù
.
(
149
)
V
.
MARCHESI
.
-
Tunisi
e
la
Repubblica
di
Venezia
.
Lettera
di
Angelo
Emo
,
in
data
dell
'
ll
ottobre
1785
.
(
150
)
Giornale
storico
del
viaggio
in
Africa
della
Veneta
squadra
,
-
Pag
.
63
.
Vedasi
anche
«
Angelo
Emo
»
in
Rivista
marittima
,
2°
Semestre
1907
.
(
151
)
P
.
MOLMENTI
.
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
.
Parte
II
,
pag
.
50
.
(
152
)
Il
forastiere
illuminato
ecc
.
,
pag
.
104
(
op
.
cit
.
)
.
(
153
)
Idem
,
pag
104
.
(
154
)
Idem
,
pag
.
97
.
(
155
)
Il
forastiere
illuminato
,
op
.
cit
.
,
pag
.
97
98
.
(
156
)
Ibidem
,
pag
.
103
.
(
157
)
Ibidem
,
pag
.
103
.
(
158
)
Le
magistrature
all
'
Arsenale
erano
molte
e
complesse
.
Anzitutto
i
Provveditori
all
'
Arsenal
(
3
)
scelti
dal
Senato
con
carica
biennale
,
i
Patroni
all
'
Arsenal
(
3
)
che
duravano
in
ufficio
32
mesi
ed
erano
incaricati
materialmente
della
custodia
e
della
polizia
del
cantiere
,
i
Visdomini
alla
Tana
(
3
)
e
gli
Inquisitori
all
'
Arsenal
,
nominati
questi
ultimi
soltanto
al
caso
di
particolari
inchieste.Tali
cariche
erano
prevalentemente
di
ordine
politico
.
Le
cariche
militari
e
marittime
avevano
uffici
a
parte
non
meno
numerosi
:
così
i
Provveditori
all
'
armamento
,
i
pagadori
(
5
)
,
i
presidenti
ed
aggionti
alla
milizia
da
mar
,
il
magistrato
all
'
artiglieria
ecc
.
(
159
)
Il
preciso
campionario
dell
'
artiglieria
veneta
della
decadenza
risulta
dal
seguente
prospetto
:
Cannoni
:
120
B
-
100
B
-
60
B
-
50
B
-
50
F
-
40
B
-
40
F
-
30
B
-
30
F
-
20
B
-
20
F
-
16
B
-
16
F
-
14
B
-
14
F
-
12
B
.
ordinario
-
12
B
.
medio
-
12
F
.
leggero
-
12
F
.
ordinario
-
9
B
-
9
F
-
6
B
.
ordinario
-
6
B
.
leggero
-
6
F
.
ordinario.Falconetti:
8
B
-
9
B
-
6
B
-
3
B
-
1
B.Colubrine:
100
B
-
60
B
-
40
B
-
30
B
-
20
B
-
14
B.Apiede
12
B.Passavolante:
9
B.Saltamartino:
6
B.Sacri:
12
B.Spingarde:
10
F.Petrieri:
14
B
.
-
12
B
-
6
B
.
-
1
B.Mortari:
1000
B
-
1000
F
-
500
B
-
500
F
-
300
B
-
200
B
-
100
B
-
50
B
-
30
B
-
20
B
-
16
B
-
14
B
-
14
F.Trabucchi:
20
B
-
16
B
-
14
B
-
14
F.Obusieri:
100
B
-
30
B
-
16
B.Obizzi:
200
B
-
120
F
-
20
F.Organetti:
B
-
F.Mortaretti:
B
-
F
.
(
Foglio
dimostrante
l
'
esistenza
dei
pezzi
di
artiglieria
nell
'
Arsenal
,
nei
forti
della
Dominante
,
flotta
,
ecc
.
nell
'
anno
1781
.
-
Delib
.
Senato
Militar
,
-
Filza
N
.
103
)
.
(
160
)
Il
forastiere
illuminato
,
op
.
cit
.
,
pag
.
99
.
(
161
)
Il
maggiore
Domenico
Gasperoni
,
riordinatore
del
Museo
dell
'
Arsenale
.
(
162
)
Delib
.
del
Senato
Militar
di
Terraferma
,
1794
.
Filza
,
143
.
(
163
)
Rapporto
del
colonnello
Molari
,
citato
nell
'
opera
di
FILIPPO
NANI
MOCENIGO
Giacomo
Nani
.
Memorie
,
etc
.
pag
.
67
.
(
164
)
Idem
.
(
165
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
Carteggio
dall'11
genn
.
1796
al
25
detto
.
Filza
n
.
24
.
Unitamente
a
questa
offerta
i
Buranesi
dichiaravano
di
aver
pronte
«500
persone
da
prendere
le
armi
,
6
tartane
per
uso
«
di
pesca
e
9
pieleghe
ad
uso
di
negozio
di
legna
».Le
pieleghe
erano
barche
pescherecce
a
tre
alberi
della
foggia
dei
trabaccoli
e
della
portata
minore
di
100
tonnellate
.
L
'
etimologia
di
esse
proviene
forse
dal
latino
pelagus
,
perché
queste
barche
si
esponevano
con
qualche
facilità
ai
pericoli
del
mare
nella
pesca
.
(
166
)
Le
funzioni
del
servizio
di
stato
maggiore
,
disimpegnate
in
Francia
per
gran
tempo
dal
corpo
degli
ingegneri
militari
,
furono
trasferite
nell
'
anno
1783
al
corpo
di
stato
maggiore
propriamente
detto
.
(
167
)
Nacque
il
Lorgna
il
22
ottobre
1735
a
Cerea
di
Verona
e
morì
in
questa
ultima
città
,
nel
Collegio
Militare
,
il
27
giugno
1796
.
«
Fu
aggregato
-
dicono
i
documenti
-
alle
prime
accademie
dell
'
Europa
,
carteggiò
con
tutti
i
dotti
della
terra
e
produsse
opere
matematiche
e
fisiche
che
gli
procurarono
la
stima
universale
.
Dei
60
anni
che
visse
,
35
ne
dedicò
al
Militar
Collegio
di
Verona
nello
insegnamento
»
.
(
Carteggio
del
Collegio
Militar
di
Verona
.
-
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
.
-
Busta
246
)
(
168
)
L
'
autore
dell
'
opera
insigne
dal
titolo
:
Del
corso
delle
acque
.
(
169
)
L
'
idea
dei
Murazzi
si
deve
effettivamente
al
padre
Coronelli
che
ne
trattò
dapprima
nell
'
opuscolo
assai
raro
dal
titolo
:
«
Proposte
del
padre
Coronelli
importanti
al
pubblico
e
privato
,
svelate
e
delucidate
con
disegni
»
(
170
)
Vedasi
carteggio
del
Collegio
Militar
di
Verona
sopra
citato
.
Anni
1769-1770
.
(
171
)
Il
corpo
degli
Ingegneri
ai
confini
possiede
negli
Archivi
di
Stato
di
Venezia
un
copioso
carteggio
del
tutto
inesplorato
.
(
172
)
Decreto
del
Senato
,
5
ottobre
l770
.
(
Delib
.
Senato
Militar
.
)
Filza
n
.
100
.
Secreta
I
.
(
173
)
Collegio
Militare
di
Verona
,
-
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
-
Busta
246
.
(
174
)
Il
capitano
degli
ingegneri
militari
Ferro
,
da
Treviso
(
Delib
.
Senato
militar
,
Filza
n
.
102
,
1770
)
.
(
175
)
Delib
.
Senato
Milit
.
Filza
100
.
1779-1781
.
(
176
)
Delib
.
Senato
Milit
.
Secreta
.
Registro
n
.
28
.
1782-1785
.
(
177
)
Delib
.
Senato
Milit
.
Rapporto
al
Principe
del
brigadiere
Sopraintendente
degli
ingegneri
militari
veneti
,
Moser
de
Filseck
.
(
178
)
Delib
.
Senato
Milit
.
Filza
115
.
Anno
1785
.
(
179
)
Delib
.
Senato
Milit
.
Filza
117
.
Anno
1785
.
(
180
)
Rapporto
del
sopraintendente
del
corpo
degli
ingegneri
militari
,
Moser
de
Filseck
,
sullo
stato
delle
piazze
di
Oltremare
,
allegato
dal
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
Francesco
Vendramin
in
una
relazione
al
Doge
.
-
(
Delib
.
Senato
Milit
.
Secreta
I
.
Filza
107
.
Anno
1782
)
.
(
181
)
L
'
odierna
Sinj
in
val
di
Cetina
.
(
182
)
Presso
la
stretta
di
Slap
,
all
'
uscita
del
fiume
Kerka
nella
zona
lacustre
di
Prokljan
e
di
Sebenico
.
(
Foglio
della
carta
austriaca
,
alla
scala
di
1:200.000
.
Spalato
.
34°-44°
)
.
(
183
)
Strade
poi
migliorate
nel
1806
al
tempo
del
governo
del
Provveditore
Generale
Vincenzo
Dandalo
in
Dalmazia
.
(
Vedasi
,
La
Dalmazia
al
31
dicembre
1806
.
Opera
economica
e
politica
umiliata
a
S
.
M
.
Imperatore
e
Re
)
.
(
184
)
Abbreviazione
usata
per
dinotare
il
predicato
di
nobili
uomini
,
dovuto
ai
rappresentanti
della
Veneta
Repubblica
.
(
185
)
Venute
alla
Repubblica
in
forza
del
trattato
di
Passarowitz
(
21
luglio
1718
)
.
-
Vedasi
a
questo
riguardo
ROMANIN
.
Storia
documentata
di
Venezia
,
tomo
VIII
,
pag
.
56-57
.
(
186
)
Dice
questo
storico
:
«
Il
decreto
del
Senato
del
21
luglio
1785
«
istituì
inoltre
due
corpi
di
travagliatori
e
zappatori
-
minatori
dipendenti
«
dal
corpo
del
genio
»
.
Storia
documentata
di
Venezia
,
vol
.
VIII
,
pag
.
373
.
-
È
doveroso
però
notare
a
questo
punto
che
il
senato
-
consulto
non
fa
cenno
di
questo
seconda
denominazione
,
di
zappatori
-
minatori
che
si
vuole
dal
ROMANIN
attribuita
nel
senato
-
consulto
medesimo
ai
travagliatori
.
(
187
)
Il
decreto
non
parla
quindi
di
zappatori
-
minatori
.
(
188
)
La
gazzetta
era
di
tre
bezzi
.
(
189
)
Il
suo
importo
era
preventivato
in
lire
Venete
78.8
.
(
190
)
Deliberazioni
Senato
Militar
Registro
N
.
29
,
I
Secreta
.
Anni
1788-1790
.
Decreto
del
21
luglio
1788
.
(
191
)
Le
due
compagnie
dovevano
contare
in
origine
140
uomini
ognuna
.
(
192
)
Il
libro
più
precisamente
ai
intitola
come
appresso
:
Doveri
delle
persone
incaricate
della
disciplina
ed
uso
dei
Corpi
dei
Travagliatori
.
Delib
.
Senato
Militar
,
Filza
116
,
(
1785
)
.
(
193
)
Delib
.
Senato
Militar
in
Terraferma
.
Filza
36
(
1796
)
.
(
194
)
E
.
BARBARICH
.
Gli
Stradiotti
nell
'
arte
militare
veneziana
.
(
Rivista
di
Cavalleria
,
1904
)
.
-
PAJOL
.
Les
guerres
sous
Louis
XV
,
vol
.
VII
,
pag
.
329-329
Paris
,
Firmin
-
Didot
,
Editeurs
,
1891
.
(
195
)
Specie
del
sale
in
Dalmazia
-
Vedasi
:
«
La
Dalmazia
nei
commerci
della
Serenissima
»
,
del
Sabalich
-
(
Zara
,
Tipografia
Vitaliani
,
1907
,
pag
.
23
.
(
196
)
Da
cui
dipendono
le
vaste
praterie
denominate
dei
Camoi
.
(
197
)
A
senso
delle
Tasse
per
le
genti
d
'
arme
ed
alloggi
per
la
cavalleria
vigenti
.
(
Deliberazioni
Senato
Militar
)
.
Secreta
.
Registro
N
.
28
,
(
1782-1784
)
.
(
198
)
Delib
.
Senato
Militar
,
I
,
Secreta
,
Filza
104
(
1782
)
.
(
199
)
In
realtà
il
servizio
di
sgherro
era
affidato
in
Dalmazia
ai
cosidetti
panduri
.
Picchetti
di
cavalleria
solevano
nondimeno
scortare
le
caravane
turche
che
,
dall
'
interno
,
scendevano
di
porti
dalmati
;
specie
a
Spàlato
.
(
Vedi
Sabalich
-
La
Dalmazia
nei
commerci
della
Serenissima
-
pag
.
54
)
(
200
)
Cioè
il
biscotto
per
la
fanteria
oltremarina
ed
il
pane
per
la
fanteria
italiana
.
(
201
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
146
(
1795
)
.
(
202
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Secreta
I
.
Registro
N
.
28
(
1783-1784
)
.
(
203
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
N
.
143
,
(
1704
)
.
(
204
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
N
.
143
,
(
1704
)
.
(
205
)
Lettera
di
Iseppo
Priuli
,
Savio
di
Terraferma
alla
Scrittura
,
al
Doge
in
data
13
giugno
1794
(
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
143
)
.
(
206
)
«
Le
promozioni
si
faranno
in
ogni
reggimento
da
caporale
a
sergente
-
maggiore
incluso
.
Per
i
tenenti
-
colonnelli
e
colonnelli
sul
totale
delle
troppe
della
nazione
rispettiva
,
salvi
i
privilegi
che
sono
accordati
ai
reggimenti
delle
città
di
Terraferma
,
alle
corazze
,
ai
reggimenti
di
Cimarioti
e
Marina
»
.
(
Legge
di
Ottazione
.
Capo
I
,
2
giugno
1740
)
.
(
207
)
Un
esercizio
assai
interessante
della
«
cavalleria
dragona
»
si
nota
in
un
acquarello
inserito
nella
«
Raccolta
Gherro
»
nel
civico
Museo
di
Venezia
.
L
'
acquarello
raffigura
gli
esercizi
di
alcuni
riparti
di
dragoni
di
presidio
nella
fortezza
di
Osoppo
.
Le
evoluzioni
pedestri
dei
dragoni
si
rilevano
dalla
tavola
6
del
libro
«
Esercito
militare
e
regola
universale
della
Cavalleria
e
dragoni
etc
.
»
del
Dolfin
,
dal
titolo
«
Reggimento
di
cavalleria
o
dragoni
a
piedi
,
disposto
in
ordine
di
fare
l
'
esercizio
o
far
fuoco
»
.
(
208
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Registro
N
.
29
(
1785-1790
)
.
Il
Santonini
era
al
servizio
della
Repubblica
fino
dal
1735
.
(
209
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
filza
N
.
145
(
1794
)
(
210
)
La
stagione
autunnale
.
(
211
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
145
,
(
1794
)
.
(
212
)
Guerra
per
la
Successione
d
'
Austria
-
La
neutralità
della
Repubblica
Veneta
venne
proclamata
nel
1741
(
3a
Neutralità
d
'
Italia
)
.
(
213
)
Nei
pressi
di
San
Niccolò
del
Lido
si
dovevano
infatti
riattare
,
nell
'
estate
del
1796
,
la
caserma
di
cavalleria
colà
esistente
ed
i
tre
pozzi
attigui
.
Tali
progetti
erano
stati
studiati
da
Giuseppe
Ferretti
e
da
Vincenzo
Dandolo
,
i
quali
dovevano
pure
riferire
sulla
capacità
di
alloggiamento
delle
truppe
e
sulle
condizioni
di
rifornimento
dell
'
acqua
potabile
a
Chioggia
ed
alle
Porte
di
Bròndolo
.
(
Deliberazioni
del
Senato
Militar
in
Terraferma
,
Filza
N
.
26
.
Dal
16
luglio
al
30
detto
-
1796
-
Senato
,
Secreta
I
).La
relazione
del
Ferretti
e
del
Dandolo
relativa
a
tali
lavori
è
particolarmente
interessante
per
la
conoscenza
,
a
quell
'
epoca
,
del
sottosuolo
del
Lido
e
della
zona
dell
'
estuario
veneziano
.
Essa
stabiliva
,
per
quanto
concerne
la
ricerca
delle
acque
potabili
,
«
che
all
'
intorno
del
Lido
esiste
una
catena
di
corpi
i
quali
negano
l
'
ingresso
alle
acque
salse
circostanti
ed
uscita
alle
acque
dolci
che
dalle
nuvole
cadono
alla
superficie
del
detto
Lido
;
che
quantunque
la
superficie
del
littorale
sia
continuamente
irregolare
per
cagione
dei
corpi
estranei
appositamente
portativi
per
innalzare
in
alcuni
punti
il
livello
,
formar
argini
etc
,
e
per
la
ricorrenza
in
alcuni
altri
punti
di
grandi
masse
di
sabbia
dai
flutti
sollevate
,
nulladimeno
è
cosa
bene
avverata
che
a
più
o
meno
profondità
,
secondo
l
'
elevazione
del
suolo
,
si
incontra
,
sempre
al
medesimo
livello
,
la
sabbia
pura
che
copre
tutta
l
'
estensione
;
che
le
acque
attraverso
le
sabbie
si
equilibrano
e
si
orizzontano
a
diverse
distanze
,
qualunque
esse
siano
».Il
Ferretti
ed
il
Dandolo
proponevano
quindi
l
'
estrazione
delle
acque
dai
pozzi
chiusi
ed
a
qualche
profondità
mediante
pompe
.
(
Deliberazioni
del
Senato
Militar
in
Terraferma
,
loc
.
cit
.
)
.
Alla
relazione
sono
allegate
alcune
mappe
ed
i
disegni
delle
pompe
idrauliche
che
si
dovevano
costruire
.
(
214
)
Il
Levante
Veneto
al
tempo
della
decadenza
comprendeva
le
isole
Ionie
con
144,959
abitanti
in
maggioranza
Greci
.
(
215
)
Campagna
del
1717
.
(
216
)
Il
nome
di
questo
forte
delle
Bocche
ripete
la
sua
origine
dalla
conquista
che
ne
fecero
i
Veneziani
e
Spagnuoli
collegati
,
nel
1538
,
sopra
i
Turchi
.
Il
detto
Forte
Spagnuolo
fu
ripreso
dai
Musulmani
nel
1539
,
e
poi
dai
Veneziani
nel
1687
.
(
217
)
Il
Montenegro
nelle
relazioni
dei
Provveditori
Veneti
(
1687-1735
)
,
Edizione
Principe
,
Roma
1896
.
Vedasi
anche
,
SABALICH
-
La
Dalmazia
nei
commerci
della
Serenissima
-
(
op
.
cit
.
)
.
(
218
)
In
un
riparto
della
pubblica
forza
al
presidio
delle
principali
opere
di
Venezia
ai
primi
di
agosto
del
1796
si
trovano
menzionate
le
seguenti
:
Opere
del
Lido
-
Appostamenti
vari
-
18
compagnie
di
fanteria
-
Cavalleria
40
uomini
-
Artiglieria
260
-
Compagnia
Avesani
87
-
Battaglione
Paravia
(
dalmato
)
267.Castello
S
.
Andrea
,
3
compagnie
di
Italiani
-
Certosa
,
8
compagnie
.
-
S
.
Giorgio
Maggiore
,
7
compagnie
-
Giudecca
,
battaglione
Danese
-
Idem
,
battaglione
Cippico
-
Motta
di
S
.
Antonio
,
battaglione
Paravia
-
S
.
Giovanni
della
Polvere
,
battaglione
Nachich
-
S
.
Giorgio
in
Alga
,
compagnia
Zanchì
-
Murano
,
14
compagnie
di
Italiani
-
Campalto
,
compagnia
Costacchi
-
Forte
Alberoni
,
compagnia
Grabovaz
-
Forte
S
.
Pietro
,
battaglione
Iuva
-
Chioggia
,
battaglioni
Mida
,
Michieli
e
Bortoluzzi
-
Bròndolo
,
battaglione
Matutinovich
.
(
Vedasi
Filippo
Nani
-
Mocenigo
«
Giacomo
Nani
»
Memorie
e
documenti
,
Venezia
,
Tipografia
dell
'
Ancora
,
1893
).Sulle
correlazioni
tra
l
'
assetto
difensivo
di
Venezia
alla
caduta
della
Repubblica
e
quello
che
esisteva
nella
stessa
città
nel
1848
,
si
vedano
le
preziose
cartelle
lasciate
da
G
.
B
.
Cavedalis
,
ministro
della
guerra
durante
il
Governo
Provvisorio
,
nella
busta
N
.
388
(
Cavedalis
)
all
'
Archivio
di
Stato
dei
Frari
di
Venezia
.
Si
consultino
inoltre
a
questo
riguardo
i
Commentari
sugli
anni
1848-49
dello
stesso
ministro
Cavedalis
,
tuttora
inediti
.
(
219
)
Quivi
fu
detenuto
per
qualche
tempo
il
famoso
novatore
Zorzi
Pisani
.
(
Vedasi
-
Romanin
-
Lezioni
di
Storia
Veneta
-
Vol
.
I
,
pag
.
503
-
Firenze
-
Le
Monnier
editore
,
1875
)
.
(
220
)
Venne
edificato
nel
1355
da
Can
Grande
II
per
rassicurarsi
in
città
dopo
la
ribellione
di
Frignano
suo
fratello
spurio
.
Era
annesso
all
'
opera
il
famoso
ponte
sull
'
Adige
.
(
G
.
B
.
da
Persico
-
Verona
e
la
sua
provincia
-
pag
.
43
,
-
Verona
-
Pollidi
editore
1838
)
.
Castel
Vecchio
venne
riattato
a
più
riprese
dai
Veneziani
e
particolarmente
dopo
il
1759
,
cioè
dopo
che
venne
istituito
in
esso
il
Collegio
Militare
di
Artiglieria
e
Genio
.
Vedasi
,
E
.
BARBARICH
-
Un
Collegio
di
Artiglieria
e
Genio
sotto
la
Serenissima
(
Op
.
cit
.
)
(
221
)
In
Francia
,
a
quell
'
epoca
,
i
gouverneurs
particuliers
des
places
avevano
alle
loro
dipendenza
i
majors
,
gli
aides
-
majors
ed
i
sous
-
aides
-
majors
.
(
PAJOL
-
Les
guerres
sous
Louis
XV
.
Vol
.
VII
,
pag
.
508
.
Paris
,
Firmin
Didot
Ed
.
,
1891
)
.
(
222
)
La
realdizione
metteva
assai
spesso
capo
alla
riabilitazione
d
'
onde
traeva
nome
il
vocabolo
(
realdire
)
.
(
223
)
2a
Edizione
1790
.
(
224
)
«
Alcuni
scrittori
del
secolo
XVII
usavano
questa
parola
per
indicare
quel
soldato
finto
che
,
in
occasione
di
rassegna
,
si
faceva
dai
capitani
passare
alla
banca
per
mostrare
le
compagnie
piene
»
.
GRASSI
-
Dizionario
militare
italiano
-
Torino
,
1833
,
Vol
.
III
,
pag
.
179
.
(
225
)
Decreto
del
Senato
in
data
22
luglio
1790
.
(
226
)
Forza
bilanciata
:
Anno
1781,11,607
uomini
-
1782
,
11,705
-
1790
,
14,946
-
1791
,
14,348
-
1792
,
14,484
-
1793
,
14,303
-
1794
,
15,620
.
(
227
)
Corfù
,
Guino
,
Lestimo
,
Lazzaretto
,
Butrinto
,
Potamò
,
Manduchio
,
Parga
,
Paxo
,
S
.
Maura
,
Amaxachi
,
Prevesa
,
Vonizza
,
Cefalonia
,
Argastoli
,
Cottoleo
,
Lixuri
,
Fortezza
,
Asso
,
Teachi
,
Zante
,
Cerigo
,
Forte
di
San
Francesco
,
Pubbliche
fabbriche
.
(
228
)
Navi
638
uomini
,
fregate
268
,
sciabecchi
296
,
galere
225
,
brigantini
,
feluche
27
,
galiotte
220
,
caicchi
8
.
(
229
)
Zara
,
Nona
,
Novegradi
,
Obrovazzo
,
Dracevaz
,
Zemonico
,
Bencovatz
,
Ostrovizza
,
Zegar
,
Arbe
,
Pago
,
Sebenico
,
Scardona
,
Cossovo
,
Stermizza
,
Pagine
,
Chistagne
,
Bilibrigh
,
Cadina
-
Cugna
,
Knin
,
Dernis
,
Vrbas
,
Verlica
,
Spalato
,
Salona
,
Clissa
,
Traù
,
Sign
,
Haan
,
Trigl
,
Roncislap
,
Bazzana
,
Almissa
,
Duares
,
Imoschi
,
Sista
,
Macarsca
,
Vergoraz
,
Narenta
,
Brazza
,
Lesina
,
Curzola
,
Risano
,
Perasto
,
Trinità
(
Troitza
)
,
Castelnuovo
,
Suttorina
,
Budua
,
Maini
.
(
230
)
Capo
d
'
Istria
,
Porto
Quieto
,
Pinguente
,
Saline
d
'
Istria
,
Pola
,
Lido
di
Venezia
,
Lazzaretto
Nuovo
,
Chioggia
,
Padova
,
Vicenza
,
Montebello
,
Bassano
,
Verona
,
Peschiera
,
Castelnuovo
,
Malcesine
,
Mozzecane
,
Ossenigo
,
Tormini
,
Villanuova
,
Sega
,
Caldiero
,
Valeggio
,
Legnago
,
Monzambano
,
Cadecapri
,
Salò
,
Desenzano
,
Brescia
,
Orzinovi
,
Asola
,
Palazzolo
,
Ospedaletto
,
Ponte
San
Marco
,
Bergamo
,
Martinengo
,
Cavernago
,
Boltier
,
Crema
,
Palmanova
,
Udine
,
Treviso
,
Rovigo
(
231
)
.
Cattaro
(
città
)
,
Lazzaretto
di
Castelnuovo
delle
Bocche
.
(
232
)
Allorquando
i
piedilista
si
compilavano
ogni
semestre
,
essi
si
pubblicavano
al
1°
marzo
,
ed
al
1°
settembre
di
ciascun
anno
,
poiché
i
Veneziani
negli
atti
pubblici
e
civili
cominciavano
l
'
anno
-
perciò
detto
more
veneto
-
al
1°
marzo
e
si
comprendevano
quindi
in
esso
i
due
primi
mesi
dell
'
anno
successivo
.
(
233
)
Reggimenti
dei
colonnelli
Bubich
(
Italia
)
e
Matutinovich
(
Levante
)
(
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
N
.
87
)
(
1777
)
.
(
234
)
Sempre
in
via
eccezionale
i
fanti
erano
talvolta
spalleggiati
nell
'
esercizio
del
loro
ministero
da
qualche
pattuglia
di
fanti
oltramarini
o
italiani
.
Così
si
usava
negli
arresti
di
maggior
grido
ed
in
quelli
di
natura
politica
,
come
quando
fu
arrestato
Zorzi
Pisani
.
L
'
ultimo
famoso
«
fante
»
degli
inquisitori
fu
Cristofolo
Cristofoli
il
quale
,
come
si
usava
dire
,
«
aveva
più
forza
di
un
battaglione
di
granatieri
»
(
P
.
MOLMENTI
-
Storia
di
Venezia
nella
vita
privata
-
P
.
III
pag
.
181
,
Bergamo
-
Istituto
Italiano
di
arti
grafiche
-
1908
)
.
(
235
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Registro
N
.
28
.
(
1782-1784
)
.
(
236
)
Libro
dei
doveri
per
il
Collegio
Militare
di
Verona
,
(
1764
)
.
(
237
)
Deliberazioni
Senato
Milit
.
Secreta
I
,
Filza
146
(
1795
)
.
(
238
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Registro
n
.
29
(
1790
)
.
Decreto
29
aprile
detto
.
L
'
esercito
veneto
fu
l
'
ultimo
ad
abbandonare
la
picca
nello
armamento
dei
propri
ufficiali
.
(
239
)
Esercizi
personali
per
gli
uffiziali
etc
.
(
Deliberazioni
del
Senato
Militar
.
Filza
n
.
146
,
Anno
1795
)
.
(
240
)
Esercizi
personali
,
etc
.
numeri
VI
,
VIII
,
X
.
(
241
)
Esercizi
personali
,
etc
.
Capitolo
II
.
Esercizio
della
bandiera
per
gli
alfieri
.
(
242
)
Maneggio
del
fucil
per
i
soldati
-
Serie
di
comandi
del
maneggio
del
fucil
:
1
)
Presentate
le
armi
-
2
)
Fucile
in
spalla
-
3
)
A
dritta
-
4
)
Fronte
-
5
)
A
sinistra
-
6
)
Fronte
-
7
)
Mezzo
giro
a
dritta
-
8
)
Fronte
-
9
)
Preparatevi
-
10
)
Impostate
-
11
)
Fuoco
-
12
)
Ritirate
le
armi
-
13
)
Pigliate
la
carica
-
14
)
Carica
in
canna
-
15
)
Bacchetta
in
canna
-
16
)
Bacchetta
a
suo
luogo
-
17
)
Fucil
in
spalla
-
18
)
Armate
la
baionetta
-
19
)
Sostenete
l
'
urto
-
20
)
Fucil
in
spalla
-
21
)
Portate
l
'
urto
-
22
)
Fucil
in
spalla
-
23
)
Disarmate
la
baionetta
-
24
)
Fucil
alla
pioggia
-
25
)
Fucil
in
spalla
-
26
)
Fucil
a
funeral
-
27
)
Fucil
in
spalla
-
28
)
Fucil
all
'
orazion
-
29
)
Fucil
in
spalla
-
30
)
Sostenete
l
'
arma
-
31
)
Fucil
in
spalla
-
32
)
Portate
l
'
arma
-
33
)
Riposate
l
'
arma
-
34
)
Fucil
in
spalla
.
(
243
)
Esercizi
personali
etc
.
Capitolo
III
.
Maneggio
del
fucil
per
i
soldati
.
(
244
)
Maneggio
del
fucil
per
i
soldati
-
Articolo
I
.
(
245
)
Nota
Spiegativa
all
'
Articolo
XII
.
(
246
)
Innestare
le
baionette
sul
fucile
.
(
247
)
Crociat
-
et
.
(
248
)
L
'
esemplare
che
si
conserva
all
'
Archivio
di
Stato
dei
Frari
in
Venezia
si
trova
nella
Filza
n
.
146
dell
'
anno
1795
,
relativa
al
carteggio
delle
Deliberazioni
del
Senato
Militar
in
Terraferma
.
(
249
)
In
massima
dicevasi
ala
di
ordinanza
la
destra
:
soltanto
se
il
reggimento
veniva
a
trovarsi
a
sinistra
del
centro
di
un
corpo
più
grosso
,
ala
di
ordinanza
diventava
allora
la
sinistra
.
(
250
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
n
.
116
(
1785
)
(
251
)
Deliberazioni
Senato
Militar
.
Filza
n
.
146
(
1795
)
(
252
)
R
.
Commissione
per
la
pubblicazione
dei
documenti
finanziari
della
Repubblica
Veneta
.
Serie
II
op
.
cit
.
-
Bilancio
dell
'
anno
1737
.
(
253
)
Il
ducato
d
'
argento
veneto
si
suddivideva
in
24
grossi
e
32
piccoli
ed
equivaleva
complessivamente
a
L
.
4,189
.
(
Papadopoli
-
Sul
valore
della
moneta
Veneta
-
Venezia
1885
)
.
(
254
)
Tra
i
generali
stranieri
al
soldo
della
Repubblica
,
oltre
allo
Schoulemburg
,
erano
compresi
il
Principe
di
Castiglione
ed
il
tenente
generale
Guglielmo
Greem
.
(
255
)
Vedi
R
.
Commissione
etc
.
(
op
cit
.
)
.
(
256
)
Secondo
la
convenzione
stipulata
con
la
ditta
Spazziani
,
questa
sì
era
assunto
il
carico
di
fornire
alla
Repubblica
pezzi
di
tutti
i
calibri
al
costo
di
100
ducati
effettivi
al
migliaro
(
peso
grosso
veneto
)
,
laddove
la
produzione
di
Stato
non
era
capace
di
fornirli
a
meno
di
170
ducati
effettivi
.
(
Deliberazioni
del
Senato
Militar
.
Filza
107
,
Anno
1782
)
.
Il
migliaro
equivaleva
a
1000
libbre
grosse
cioè
a
Kg
.
476,998;
la
libbra
grossa
di
12
oncie
corrispondeva
a
Kg
.
0,476
-
Il
peso
grosso
era
in
uso
per
la
più
parte
delle
merci
;
metalli
,
legname
,
lana
,
cotone
etc
,
(
Martini
-
Manuale
di
metrologia
-
op
.
cit
.
-
pag
.
817
e
segg
.
(
257
)
Delib
.
Senato
Militar
.
Filza
145
(
1793
)
.
(
258
)
Scansadori
,
magistrati
appositi
istituiti
nel
1376
per
provvedere
nella
pubblica
amministrazione
ad
eliminare
le
spese
superflue
.
(
259
)
Il
prestito
nuovissimo
fu
decretato
in
Senato
il
12
aprile
1794
.
L
'
imposizione
delle
decime
straordinarie
fu
decisa
nell
'
estate
del
1796
.
(
260
)
Filza
F
.
Battagia
,
Provveditore
Straordinario
in
Terraferma
.
-
Anno
1796
.
Filza
N
.
1
.
(
261
)
Filza
F
.
Battagia
,
idem
.
Lettera
14
agosto
1796
,
N
.
19
della
serie
.
«
Buonaparte
aggiunse
che
tutte
le
nazioni
avevano
dei
debiti
e
che
la
Repubblica
Veneta
aveva
cento
mezzi
per
fare
denari
con
uno
Stato
così
florido
,
risparmiando
se
non
altro
il
gettato
in
un
armo
che
,
o
non
aveva
nessuno
oggetto
,
o
lo
aveva
contro
la
Francia
»
.
(
262
)
Carteggio
del
Provveditor
generale
in
terraferma
,
Nicolò
Foscarini
.
Filza
N
.
1
.
(
18
maggio
,
tutto
giugno
1796
)
.
Senato
III
.
Secreta
.
(
263
)
Editto
in
data
del
22
maggio
1796
(
ibidem
)
.
(
264
)
Robecco
,
terra
del
contado
di
Lodi
presso
all
'
Adda
,
dipendeva
allora
dallo
Stato
di
Milano
.
(
265
)
Lettera
del
Foscarini
al
Doge
il
27
maggio
1796
(
N
10
)
.
-
Carteggio
citato
.
-
I
due
ufficiali
veneti
spediti
al
campo
austriaco
erano
il
tenente
colonnello
Vonveiller
ed
il
capitano
Zulati
.
(
266
)
Sportello
.
(
267
)
Carteggio
Nicolò
Foscarini
,
lettere
N
.
18
e
19
.
(
268
)
«
Salvate
così
le
apparenze
che
non
esista
pubblica
intervenzione
,
conviene
poi
che
non
occulti
a
V.E.
le
conseguenze
...
O
pagheranno
i
francesi
o
sarà
esposta
la
pubblica
cassa
.
La
salute
di
questa
città
e
del
territorio
dipendono
dall
'
esito
di
queste
misure
»
.
(
Lettera
del
Foscarini
al
Doge
il
1°
giugno
1796
.
Carteggio
citato
)
.
(
269
)
Carteggio
Nicolò
Foscarini
.
Lettera
n
.
24
.
(
270
)
Lettera
n
.
27
,
in
data
del
9
giugno
1796
.
(
271
)
Lettera
n
.
29
,
in
data
dell'11
giugno
1796
.
(
272
)
Per
combinare
questa
indecorosa
mistificazione
si
erano
accordati
insieme
il
Provveditore
Generale
Nicolò
Foscarini
ed
il
Provveditore
Straordinario
Francesco
Battagia
.
(
273
)
Motto
premesso
da
Giacomo
Nani
alla
sua
opera
inedita
dal
titolo
,
Della
Milizia
Veneta
,
conservata
nella
Biblioteca
del
Museo
di
Padova
.