StampaQuotidiana ,
Il
Tigrai
è
di
una
bellezza
senza
sorriso
,
incurante
di
se
stessa
e
insensibile
all
'
elogio
.
Non
si
aderge
e
non
si
avvalla
,
nonostante
le
forre
che
lo
solcano
e
le
ambe
che
lo
increspano
:
sta
.
Altri
paesaggi
di
questa
terra
d
'
Africa
son
mobili
e
vari
,
trasmutano
di
colore
,
si
abbigliano
con
cangevole
fantasia
all
'
alba
e
al
tramonto
,
mutano
secondo
la
prospettiva
,
civettano
con
chi
guarda
,
cercano
di
sedurre
con
infingimenti
da
femmina
.
Ma
il
Tigrai
taciturno
supino
sotto
un
cielo
di
cobalto
,
sembra
aver
dimenticato
per
sempre
,
o
forse
sempre
ignorato
,
la
chimica
complicata
del
belletto
.
Né
torvo
né
accogliente
,
ci
si
è
parato
davanti
dopo
la
valle
dell
'
Hasamò
bella
e
micidiale
come
il
canto
di
una
sirena
:
immenso
scenario
di
pietra
,
refrattario
all
'
orpello
e
immemore
dell
'
avventura
umana
che
nel
suo
sfondo
si
svolgeva
.
Re
senza
corona
,
ras
Seium
ha
abbandonato
il
suo
regno
.
Ma
il
suo
ringhio
feroce
giunge
ancora
d
oltre
i
torrioni
segmentati
di
monte
Raio
,
dove
andremo
a
scovarlo
dopo
la
sosta
.
Le
sue
orde
lo
abbandonano
:
i
fitaurari
,
i
barambaràs
,
i
barciai
gli
sfuggono
di
mano
,
si
sottraggono
all
'
ipnosi
di
questo
Marte
etiope
,
temuto
e
odiato
.
Giusto
ieri
il
Deggiaz
Ghezzesillassi
si
presentò
al
campo
del
Ventesimo
con
la
sua
banda
armata
a
far
atto
di
omaggio
al
giusto
e
potente
Governo
italiano
e
al
Signore
bianco
che
lo
rappresenta
.
Egli
ci
disse
che
Seium
si
ritirava
e
,
pur
ritirandosi
si
faceva
sempre
più
torvo
e
solitario
.
"
Tigre
dell
'
altopiano
,
"
lo
chiamano
i
Tigrini
;
e
,
pur
ora
che
la
sua
signoria
volge
al
tramonto
e
le
diserzioni
gli
fanno
il
vuoto
attorno
,
il
suo
prestigio
non
crolla
.
Se
ne
paventa
il
ritorno
che
si
lascerebbe
dietro
una
scia
lunga
di
stragi
e
incendi
:
se
ne
auspica
la
fine
,
come
il
risveglio
da
un
incubo
angoscioso
.
Intanto
su
questo
Tigrai
che
,
al
primo
entrarvi
,
trovammo
deserto
di
uomini
e
di
bestiami
,
rinascono
come
per
incanto
greggi
e
mandrie
.
Il
Tigrino
leva
la
testa
al
cielo
e
benedice
la
misericordia
di
Dio
discesa
in
terra
sotto
le
spoglie
del
Governo
Italiano
,
che
lascia
,
nonostante
la
guerra
,
intatti
i
campi
e
il
bestiame
.
"
Sono
suddito
del
Governo
,
"
disse
un
pastore
a
un
ascari
che
tentava
di
rapirgli
un
capretto
e
si
aderse
minaccioso
,
fissandomi
,
ad
attendere
che
Goitana
sanzionasse
con
una
parola
o
con
un
gesto
.
"
Civis
italicus
sum
.
"
So
di
qualche
stregone
che
a
donne
e
uomini
di
tribù
confinanti
,
atterriti
dal
cupo
brontolio
del
cannone
,
ha
suggerito
quella
formula
,
pur
debitamente
tradotta
in
suo
linguaggio
,
come
antidoto
di
ogni
possibile
catastrofe
.
Solo
il
nuovo
ascari
non
è
convinto
,
guarda
con
malinconia
.
Si
è
arruolato
per
la
guerra
,
con
l
'
idea
della
guerra
:
un
'
idea
che
non
ha
niente
che
fare
con
questa
realtà
.
Guerra
implica
morte
o
razzia
.
Qui
,
dietro
al
nemico
che
fugge
,
pascola
il
bestiame
fra
l
'
erbe
grasse
,
e
nei
tukul
,
a
sera
,
cuoce
la
burgutta
:
tutto
è
come
prima
.
Una
guerra
questa
?
C
'
è
perfino
l
'
obbligo
di
camminare
lungo
i
sentieri
per
non
pestare
il
taf
e
la
dura
:
è
veramente
misterioso
questo
Signore
bianco
venuto
dall
'
Italia
con
i
suoi
stormi
d
'
aeroplani
,
con
le
sue
mitragliatrici
crepitanti
,
con
quelli
strani
cosi
che
somigliano
a
automobili
,
ma
che
salgono
su
ogni
picco
,
discendono
in
qualsiasi
fosso
e
spargono
attorno
morte
e
terrore
.
Potrebbe
bruciare
,
saccheggiare
,
sterminare
,
e
invece
costruisce
,
protegge
,
bonifica
.
Bella
pel
nuovo
ascari
sarebbe
la
razzia
secondo
la
vecchia
consuetudine
di
guerra
:
precipitare
,
urlando
,
a
valle
e
appiccar
fuoco
ai
tukul
e
rubare
femmine
,
talleri
,
buoi
e
poi
,
a
sera
,
le
folli
fantasie
attorno
ai
bracieri
inceneriti
,
i
lunghi
cori
della
vittoria
,
la
spartizione
complicata
del
bottino
sotto
il
controllo
severo
e
imparziale
di
Goitana
e
il
carnevaleggiare
per
tutta
la
notte
nei
manti
rossi
o
sui
drappi
tolti
al
nemico
,
con
gli
spari
a
salve
e
le
daghe
arcobalenanti
in
aria
.
"
Come
allora
"
dice
Teremmà
Uorchè
ch
'
è
stato
a
Adua
.
Invece
,
l
'
hanno
messo
a
far
strade
.
Il
nuovo
ascari
odia
il
lavoro
in
genere
perché
lo
ritiene
incompatibile
con
la
dignità
del
soldato
,
e
il
lavoro
di
strada
in
specie
perché
toglie
ogni
fantasia
al
suo
nomadismo
.
Seguir
una
strada
significa
accettare
la
logica
di
un
altro
.
È
un
'
abdicazione
troppo
grave
.
All
'
ascari
che
marcia
piace
inventarla
la
strada
:
non
avere
davanti
a
sé
che
il
cavallo
di
Goitana
e
poi
ricamar
secondo
capriccio
,
galoppando
a
traiettoria
perpendicolare
lungo
la
roccia
,
procedere
o
attardarsi
lungo
la
petraia
del
torrente
.
Questo
Signore
bianco
è
veramente
incomprensibile
:
in
guerra
lascia
il
fucile
per
la
vanga
e
non
si
dà
pace
finché
non
si
vede
davanti
e
di
dietro
un
rivolo
di
pietre
bianche
e
di
terra
battuta
.
S
'
è
sparsa
la
notizia
e
da
principio
non
ci
volevan
credere
che
in
dieci
giorni
i
nazionali
che
operano
alla
nostra
destra
hanno
costruito
la
strada
dal
confine
ad
Adua
:
quaranta
chilometri
in
dieci
giorni
,
quaranta
chilometri
di
Tigrai
!
Il
Tigrai
soltanto
sembra
insensibile
a
questo
miracolo
.
Gli
indigeni
,
disorientati
come
formiche
non
riconoscono
il
loro
sentiero
,
vanno
,
vengono
,
s
'
inchinano
ogni
giorno
più
a
terra
,
mescolano
tutte
queste
cose
incomprensibili
con
l
'
idea
di
Dio
e
sigillano
la
loro
incapacità
a
comprendere
con
un
pio
segno
della
Croce
.
Ma
il
Tigrai
non
se
ne
accorge
.
Di
miracoli
non
crede
che
a
quelli
celesti
e
forse
nemmeno
a
questi
.
La
sua
immobilità
è
già
di
per
se
stessa
un
miracolo
,
con
quel
che
di
eterno
essa
spira
.
Ha
sentito
penetrargli
nel
fianco
la
punta
aguzza
del
piccone
italiano
che
,
implacabile
e
monotono
,
lo
martella
dall
'
alba
al
tramonto
,
ma
non
se
ne
fa
.
Pensa
che
i
picconi
si
smussano
,
che
i
muscoli
s
'
afflosciano
,
che
i
nervi
si
logorano
.
Forse
pensa
che
noi
non
si
potrà
nulla
contro
questa
sua
granitica
maestà
.
O
Italia
,
che
meraviglioso
lavoro
di
civiltà
Dio
ti
ha
assegnato
quaggiù
!
Tigrai
!
A
me
questo
accigliato
gigante
di
pietra
dà
una
sensazione
complessa
,
mescolata
,
come
quando
,
piccino
,
m
'
avvicinavo
agli
elefanti
del
Circo
equestre
,
forte
della
mia
fragilità
,
e
chiedevo
che
mi
issassero
sul
groppone
.
Qui
,
in
questa
petraia
angusta
di
Alissàt
Atri
,
me
lo
vedo
tutto
disteso
con
le
sue
scalinate
digradanti
a
rilento
e
i
suoi
picchi
improvvisi
,
come
isolotti
emersi
da
un
mare
di
nebbia
.
Ma
più
bello
è
di
notte
,
quando
si
veglia
ai
margini
del
bivacco
e
tutto
s
'
accende
di
fuochi
che
lo
punteggiano
,
come
fossero
gli
occhi
fosforescenti
di
un
immenso
mostro
silenzioso
.
Han
ragione
gli
ascari
che
nei
loro
canti
se
lo
rappresentano
come
l
'
ultimo
epigono
di
una
razza
di
giganti
partoriti
direttamente
dalla
terra
che
li
concepì
in
un
amplesso
smisurato
col
cielo
e
gli
dànno
voce
e
sensi
e
aspirazioni
umane
.
È
vivo
,
infatti
,
il
Tigrai
,
anche
se
sono
spenti
i
crateri
dei
suoi
enormi
vulcani
.
E
credo
anch
'
io
a
quel
che
si
dice
:
che
,
sotto
la
pelle
dura
,
fluisca
un
sangue
ricco
di
ferro
che
ogni
tanto
spumeggia
anche
,
se
si
incrosta
alla
superficie
.
Il
pensiero
di
quel
sangue
,
a
me
Italiano
,
dà
le
vertigini
.
E
qualcuno
già
sorride
al
sogno
della
ricchezza
che
ne
prenderà
domani
.