StampaQuotidiana ,
Caro
Direttore
,
Che
una
larga
riforma
scolastica
,
come
quella
elaborata
e
messa
in
atto
dal
ministro
Gentile
,
dovesse
levare
,
insieme
con
le
strida
e
i
lamenti
di
coloro
che
se
ne
tengono
danneggiati
,
serie
opposizioni
di
principi
o
anche
censure
giustificate
in
questo
o
quel
particolare
,
è
cosa
naturale
.
Ma
l
'
opposizione
,
che
contro
essa
ora
si
manifesta
in
più
giornali
,
mostra
tali
sembianze
,
da
far
dubitare
che
,
per
lo
meno
,
si
mescoli
,
in
questo
caso
,
al
«
naturale
»
una
buona
dose
di
«
artificiale
»
.
Troppa
violenza
,
troppa
insistenza
,
troppa
enfasi
,
troppo
metodo
,
troppa
passione
:
quanta
,
in
verità
,
non
ce
n
'
è
stata
mai
in
Italia
(
e
specialmente
in
certi
circoli
)
per
le
sorti
della
scuola
.
Troppa
grazia
,
dunque
;
e
questa
sovrabbondanza
di
grazia
induce
a
qualche
sospetto
circa
la
sua
genuinità
.
Sarà
vero
quel
che
tutti
ripetono
in
questi
giorni
:
che
si
tratti
di
un
motto
d
'
ordine
,
partito
dalle
labbra
di
un
sommo
sacerdote
,
a
cui
gli
adepti
rumorosamente
fanno
eco
?
(
Et
dixit
Josue
ad
omnnem
Israel
:
Vociferamini
!
)
Inclino
a
credervi
,
perché
vedo
che
in
quelle
polemiche
si
tace
studiosamente
proprio
della
questione
,
che
più
deve
scottare
,
l
'
insegnamento
religioso
:
quasi
si
direbbe
per
non
mettere
sulle
tracce
della
qualità
ed
origine
dell
'
opposizione
.
E
poi
(
concludeva
,
parlando
con
me
,
candidamente
,
l
'
altra
sera
un
amico
,
acerrimo
antifascista
)
,
sarà
questa
,
in
ogni
caso
,
una
«
prima
breccia
»
,
che
speriamo
di
aprire
nel
«
fascismo
»
.
Operazione
guerresca
,
senza
dubbio
,
lecita
,
ma
che
non
dovrebbe
spingere
a
passar
sopra
alla
scuola
italiana
come
a
un
corpo
vile
.
Certo
,
molta
brava
gente
,
che
non
ha
tenuto
dietro
ai
dibattiti
sui
problemi
della
scuola
e
non
è
in
grado
di
sincerarsi
da
sé
,
rimane
turbata
quando
vede
nei
giornali
aperta
una
rubrica
speciale
,
che
par
quella
dell
'
eruzione
dell
'
Etna
(
ed
è
esagerata
come
fu
quella
!
)
.
E
parecchi
,
desiderosi
di
sapere
che
cosa
debbano
pensarne
,
si
rivolgono
a
me
,
che
non
ho
di
certo
tempo
né
voglia
di
somministrare
lezioni
di
pedagogia
e
didattica
e
di
storia
delle
istituzioni
scolastiche
italiane
;
e
perciò
,
rispondendo
e
rassicurando
,
ricorro
volentieri
ad
argomenti
di
persuasione
,
alquanto
estrinseci
,
come
estrinseco
è
il
turbamento
di
quella
brava
gente
.
E
,
per
esempio
,
dico
loro
:
Sono
molti
decenni
che
gl
'
insegnanti
italiani
di
scuole
medie
accusano
,
come
causa
fondamentale
del
cattivo
andamento
della
scuola
,
la
folla
degli
scolari
inadatti
,
e
che
gl
'
insegnanti
delle
Università
si
dolgono
della
insufficiente
preparazione
dei
giovani
che
entrano
nelle
Università
,
e
della
nessuna
garanzia
delle
lauree
ch
'
essi
sono
costretti
a
conferire
.
E
sono
almeno
venti
anni
che
un
gruppo
di
studiosi
ed
educatori
italiani
ha
indagato
questi
malanni
,
esaminato
le
condizioni
della
scuola
,
ricercato
i
rimedi
,
scritto
libri
su
tali
argomenti
,
promosso
ampi
dibattiti
.
Ora
il
più
autorevole
di
questi
studiosi
,
colui
che
ai
problemi
della
scuola
ha
consacrato
il
meglio
del
suo
animo
e
del
suo
pensiero
,
il
Gentile
,
ripigliando
i
disegni
di
legge
de
'
suoi
predecessori
,
che
le
vicende
politiche
fecero
incagliare
,
raccoglie
in
una
serie
di
norme
legislative
il
frutto
di
lunghi
e
ardenti
desideri
,
di
accorate
e
industri
fatiche
.
Non
vi
pare
che
si
possa
e
si
debba
aver
fiducia
che
da
tale
opera
sia
per
uscire
gran
bene
?
Da
quanto
tempo
non
si
è
più
avuto
,
e
quando
si
riavrà
,
un
ministro
competente
e
volenteroso
al
pari
del
Gentile
?
Con
le
riserve
generiche
che
convien
fare
per
ogni
cosa
umana
,
si
può
stare
tranquilli
che
la
sua
è
opera
di
uomo
del
mestiere
e
non
di
un
guastamestieri
;
con
le
riserve
che
si
possono
muovere
circa
tale
o
tal
altra
disposizione
particolare
,
si
può
tenere
per
certo
che
le
linee
essenziali
del
nuovo
ordinamento
sono
tracciate
con
vigore
e
sicurezza
.
E
dico
altra
volta
:
Quantunque
per
mia
parte
mi
accordi
nei
concetti
direttivi
col
Gentile
,
sono
preso
anch
'
io
,
nel
leggere
i
decreti
di
quella
riforma
,
dall
'
onesto
dubbio
,
che
sempre
si
affaccia
quando
dal
programma
e
dal
proposito
si
passa
all
'
esecuzione
e
all
'
attuazione
:
il
dubbio
che
non
si
sia
tenuto
sempre
conto
pieno
della
realtà
effettuale
e
non
si
siano
ben
calcolate
certe
reazioni
e
ripercussioni
.
E
perciò
ho
voluto
in
varie
occasioni
interrogare
con
ogni
libertà
e
confidenza
provetti
insegnanti
e
capi
d
'
istituti
,
circa
il
giudizio
che
essi
coscienziosamente
si
erano
formati
della
riforma
odierna
.
Or
,
dunque
,
essi
,
sul
fondamento
dell
'
esperienza
che
hanno
della
scuola
italiana
,
mi
hanno
risposto
che
stimano
la
riforma
eccellente
,
e
che
,
se
si
darà
tempo
al
tempo
,
sarà
principio
di
vera
rigenerazione
.
Ovvio
che
io
debba
attribuire
maggiore
importanza
al
parere
di
questi
insegnanti
,
di
cui
conosco
la
cultura
,
l
'
intelligenza
e
la
probità
,
che
non
al
chiacchiericcio
dei
facili
censori
o
al
poco
disinteressato
biasimo
degli
insegnanti
inetti
e
pigri
.
E
credo
che
mi
si
possa
imitare
in
questa
ragionevole
preferenza
.
E
dico
ancora
:
Quale
meraviglia
che
l
'
apertura
dell
'
anno
scolastico
,
che
in
Italia
da
lungo
tempo
,
a
causa
dei
cattivi
ordinamenti
,
riesce
travagliosissima
,
sia
stata
anche
quest
'
anno
travagliosa
,
non
più
a
causa
dei
cattivi
ordinamenti
ma
anzi
a
causa
dell
'
abolizione
e
della
sostituzione
che
se
ne
è
fatta
?
Ma
non
bisogna
spaventarsi
troppo
presto
.
Tra
un
paio
di
mesi
quasi
non
si
serberà
più
memoria
delle
querele
e
accuse
di
questi
giorni
,
perché
le
cose
avranno
preso
il
loro
assetto
.
Ricordo
che
,
quando
disposi
una
sorta
di
discentramento
per
l
'
assegnazione
delle
«
supplenze
»
,
i
giornali
furono
tutti
pieni
di
proteste
contro
di
me
,
contro
la
confusione
che
io
avevo
introdotta
in
quella
parte
,
e
che
solo
un
«
filosofo
»
,
uso
alle
«
astrattezze
»
ecc
.
,
poteva
improvvidamente
suscitare
ecc
.
;
e
io
,
che
avevo
intanto
lasciato
il
Ministero
,
non
mi
curai
di
rispondere
.
Senonché
,
qualche
mese
dopo
,
per
mera
curiosità
,
scrissi
in
via
privata
al
Direttore
generale
dell
'
istruzione
media
per
sapere
quali
fossero
stati
veramente
gli
effetti
di
quella
mia
riforma
;
e
il
Direttore
generale
m
'
informò
che
i
benefici
erano
stati
grandi
,
e
che
ormai
nessuno
si
lamentava
più
.
Si
rifletta
che
una
o
due
persone
,
colpite
nei
loro
comodi
e
lucri
,
fanno
chiasso
per
cento
,
e
descrivono
in
aspetto
di
disastro
nazionale
,
ciò
che
non
è
forse
nemmeno
un
loro
disastro
personale
.
Ma
c
'
è
qualche
altra
cosa
che
vorrei
poi
dire
a
coloro
che
sono
veramente
solleciti
del
bene
della
scuola
,
del
bene
dell
'
Italia
;
ed
è
di
star
vigili
al
giuoco
che
ora
si
tenta
,
e
che
è
di
arrestare
e
mandare
in
aria
le
riforme
scolastiche
del
Gentile
.
Noi
avevamo
in
Italia
non
già
un
ordinamento
,
ma
un
groviglio
di
scuole
e
di
ordinamenti
scolastici
,
sorti
in
modo
occasionale
e
contradittorio
,
sovente
sotto
lo
stimolo
d
'
interessi
che
non
erano
né
di
educazione
né
d
'
istruzione
.
Mercé
l
'
opera
del
Gentile
,
si
ha
ora
invece
un
ordinamento
saldo
,
razionale
e
coerente
,
indirizzato
al
rinvigorimento
del
pensiero
,
del
carattere
e
della
cultura
italiana
.
Potrà
ben
essere
corretto
o
ritoccato
in
qualche
parte
,
ma
è
ben
piantato
e
capace
di
svolgimento
.
Dovremmo
,
a
seguire
l
'
impeto
e
le
mire
degli
oppositori
,
tornare
rassegnatamente
alla
baraonda
di
prima
?
Dovremmo
,
da
ora
in
poi
,
reputare
priva
di
ogni
speranza
l
'
opera
di
qualsiasi
uomo
,
per
esperto
che
sia
,
il
quale
si
accinga
a
dare
un
avviamento
severo
e
pensato
alla
scuola
italiana
?
Sono
sicuro
che
gli
assalti
furiosi
,
ai
quali
oggi
è
esposta
l
'
opera
del
Gentile
,
non
conseguiranno
il
loro
intento
;
ma
vorrei
che
coloro
che
li
conducono
,
o
coloro
che
li
approvano
,
considerassero
che
essi
,
nel
caso
che
vincessero
,
assumerebbero
una
ben
grave
responsabilità
,
caricherebbero
di
un
grosso
peso
la
loro
coscienza
.
Per
impazienza
polemica
o
per
fini
di
partito
e
di
polemica
e
di
tattica
politica
,
avrebbero
tolto
alla
lungamente
auspicata
riforma
della
scuola
italiana
un
'
occasione
,
che
non
si
ripresenterà
mai
più
.
Mi
abbia
con
cordiali
saluti
,
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Napoli
,
28
novembre
1924
.
Signor
Direttore
,
Poiché
vedo
riferita
nei
giornali
una
frase
staccata
del
breve
discorso
che
pronunciai
in
Senato
per
l
'
applicazione
della
categoria
20
a
Salvatore
di
Giacomo
,
discorso
che
,
con
nuovo
esempio
,
è
stato
perfino
sottoposto
a
critica
pubblica
,
quantunque
tenuto
in
Comitato
segreto
sono
costretto
a
prendere
la
parola
affinché
da
coloro
che
non
erano
presenti
non
sia
stortamente
interpretato
il
senso
in
quella
mia
frase
.
Io
dunque
,
dopo
aver
illustrato
il
carattere
e
il
pregio
dell
'
opera
del
Di
Giacomo
,
dissi
che
questi
vive
chiuso
nel
cerchio
della
pura
poesia
,
e
tanto
estraneo
alle
cose
pratiche
e
politiche
,
e
lontano
da
ogni
ambizione
di
questa
sorta
,
che
la
nomina
a
senatore
giuntagli
inaspettata
,
aveva
dovuto
fargli
la
stessa
impressione
che
proverei
io
«
se
il
papa
mi
nominasse
cardinale
...
»
(
Questa
è
la
frase
incriminata
)
.
Ed
aggiunsi
che
né
io
,
suo
antico
e
saldo
estimatore
,
né
altri
dei
suoi
amici
napoletani
,
avevamo
mai
pensato
a
proporlo
per
quella
nomina
;
tanto
la
sua
figura
ci
portava
in
una
sfera
al
disopra
e
anche
,
se
si
vuole
,
al
disotto
del
Senato
e
,
insomma
,
diversa
;
ma
che
noi
siamo
spesso
ingiusti
con
le
persone
a
noi
vicine
e
che
,
quando
poi
un
ministro
lombardo
,
guardando
all
'
alto
valore
artistico
del
Di
Giacomo
,
aveva
proposto
quella
nomina
,
io
ne
avevo
provato
un
grande
compiacimento
.
E
che
mi
sarebbe
parso
assai
mal
compensare
un
uomo
di
anima
candidissima
,
che
tutta
la
vita
aveva
consacrata
all
'
arte
,
col
ritôrgli
la
solenne
testimonianza
di
stima
,
che
già
gli
era
stata
resa
.
E
infine
,
che
era
bensì
ottima
cosa
riportare
a
uso
più
rigoroso
l
'
applicazione
della
categoria
20
,
ma
che
non
bisognava
dimenticare
che
l
'
Italia
non
era
solo
l
'
Italia
della
politica
,
ma
anche
l
'
Italia
della
poesia
.
Queste
cose
io
dissi
,
premettendo
che
avrei
parlato
in
Senato
con
piena
sincerità
.
Né
,
del
resto
,
avrei
potuto
parlare
diversamente
,
per
rispetto
verso
il
Di
Giacomo
non
meno
che
verso
il
Senato
.
Mi
abbia
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Caro
Direttore
,
Mi
permette
di
difendere
un
ritocco
che
il
ministro
Casati
ha
testé
introdotto
per
quel
che
concerne
l
'
età
di
ammissione
degli
alunni
nelle
scuole
ginnasiali
,
ritocco
che
vedo
criticato
nella
Stampa
?
Nella
riforma
ultima
era
stabilito
che
occorressero
per
quella
ammissione
i
dieci
anni
compiuti
;
e
il
Casati
è
tornato
al
vecchio
regolamento
,
che
concedeva
un
'
eccezione
per
quegli
alunni
che
agli
esami
di
ammissione
(
del
ginnasio
,
si
noti
,
e
non
più
agli
esami
finali
della
scuola
elementare
)
riportino
la
media
di
otto
decimi
.
Or
bene
,
io
credo
giusto
e
necessario
questo
provvedimento
.
Genitori
,
che
sforzassero
i
loro
figliuoli
a
studi
dannosi
alla
loro
salute
,
sarebbero
genitori
snaturati
;
e
di
questi
,
per
fortuna
,
ce
ne
sono
ben
pochi
,
i
quali
non
è
detto
poi
che
non
li
sforzerebbero
,
anche
dopo
i
dieci
anni
,
a
studi
a
loro
non
confacenti
e
dannosi
.
Sta
di
fatto
che
la
maturazione
dell
'
intelligenza
varia
non
poco
:
1
)
secondo
le
disposizioni
naturali
;
2
)
secondo
gli
ambienti
domestici
:
«
arte
di
padre
,
mezzo
imparata
»
e
il
figliuolo
di
un
insegnante
o
di
un
letterato
andrà
sempre
più
rapido
negli
studi
che
non
quello
di
uno
charcutier
;
3
)
secondo
le
condizioni
geografiche
(
nel
mezzogiorno
,
per
esempio
,
la
precocità
è
maggiore
)
.
Pretendere
che
fanciulli
,
che
hanno
appreso
presto
e
bene
,
siano
fermati
e
costretti
ad
aspettare
il
compimento
dei
loro
dieci
anni
per
bussare
alla
porta
della
scuola
media
,
questo
,
sì
,
mi
parrebbe
esercitare
una
pressione
indebita
.
Che
cosa
si
farà
,
nell
'
intermezzo
,
di
quei
fanciulli
?
Ecco
il
problema
al
quale
anch
'
io
,
non
come
legislatore
ma
come
padre
,
mi
sono
trovato
innanzi
e
non
ho
saputo
dargli
soluzione
soddisfacente
.
Infastidirli
,
stancarli
e
disgustarli
con
la
ripetizione
di
cose
già
apprese
e
sapute
?
Metterli
a
cinguettare
l
'
inglese
e
il
tedesco
,
che
poi
dimenticherebbero
lungo
il
corso
ginnasiale
?
Inoltre
si
consideri
che
il
limite
dei
dieci
anni
compiuti
importava
che
non
si
potesse
entrare
nella
scuola
media
se
non
tra
i
dieci
e
gli
undici
anni
,
cioè
che
alla
licenza
ginnasiale
non
era
dato
presentarsi
se
non
tra
i
15
e
i
16
anni
,
e
nell
'
esame
finale
di
maturità
se
non
tra
i
18
e
i
19
,
e
dall
'
Università
non
si
sarebbe
usciti
se
non
,
in
media
,
intorno
ai
23
o
24
anni
.
E
questo
,
in
un
paese
in
cui
a
venticinque
anni
si
può
diventare
rappresentante
della
nazione
al
Parlamento
!
D
'
altra
parte
,
quell
'
otto
in
media
da
chi
altro
poi
sarà
dato
se
non
dai
professori
che
dovranno
accogliere
il
candidato
nella
loro
classe
ginnasiale
?
E
questi
esaminatori
avranno
sempre
il
modo
di
accertarsi
se
il
fanciullo
è
veramente
e
normalmente
maturo
o
se
è
stato
sforzato
a
un
'
apparente
maturità
.
Potrei
aggiungere
altre
considerazioni
,
ma
queste
che
ho
esposte
mi
sembrano
bastevoli
a
corroborare
il
mio
modesto
avviso
personale
.
Meana
in
Val
di
Susa
,
15
agosto
1924
.
StampaQuotidiana ,
Caro
dott
.
Gobetti
,
Ricevo
,
mentre
mi
accingo
a
fare
una
corsa
a
Napoli
,
la
Sua
lettera
,
col
brano
di
articolo
del
quale
Ella
desidera
che
io
le
dica
la
mia
interpretazione
.
Non
conoscevo
l
'
articolo
,
e
leggendo
ora
,
con
mente
spregiudicata
,
il
brano
in
questione
,
escludo
nel
modo
più
reciso
che
con
le
parole
«
aborto
morale
»
Ella
abbia
inteso
qualificare
il
Del
Croix
.
La
logica
del
contesto
vuole
che
per
«
aborti
morali
»
s
'
intendano
,
in
quel
luogo
,
semplicemente
,
i
«
tentativi
falliti
»
(
dei
quali
Ella
parla
nello
stesso
periodo
)
,
d
'
indole
morale
,
dei
vari
che
hanno
negli
ultimi
tempi
preso
la
parola
sulla
presente
situazione
politica
.
Del
resto
,
non
dirò
al
Del
Croix
,
ma
a
quale
uomo
,
ancorché
nemico
,
si
oserebbe
mai
rivolgere
l
'
atroce
ingiuria
di
«
aborto
morale
»
?
L
'
enormità
stessa
della
cosa
doveva
persuadere
a
interpretazione
diversa
da
quella
che
,
leggendo
in
fretta
e
con
animo
preoccupato
,
si
è
potuta
presentare
a
qualche
lettore
.
Tanto
più
escludo
l
'
odiosa
interpretazione
in
quanto
ricordo
che
,
alcune
settimane
fa
,
essendomi
incontrato
con
Lei
nella
biblioteca
di
Torino
,
Ella
mi
parlò
delle
cose
politiche
italiane
,
e
anche
dell
'
opera
del
Del
Croix
,
senza
dir
parola
che
suonasse
men
che
riverente
verso
il
glorioso
mutilato
.
Faccia
l
'
uso
che
crede
di
questa
mia
,
e
mi
abbia
,
ecc
.
Meana
,
8
settembre
1924
.
StampaQuotidiana ,
Torino
,
21
marzo
1925
.
Signor
Direttore
,
Mi
viene
mostrato
,
nel
giornale
l
'
Epoca
,
uno
scritto
del
Gentile
che
concerne
il
mio
articolo
sul
liberalismo
,
pubblicato
nel
Giornale
d
'
Italia
.
L
'
ho
letto
e
,
in
verità
,
non
vi
ho
trovato
nulla
che
non
appartenga
a
quella
sorta
d
'
ibridismo
filosofico
-
politico
,
alla
quale
il
Gentile
ci
ha
oramai
adusati
,
e
nulla
che
infirmi
le
chiare
dimostrazioni
che
io
altre
volte
ho
dato
(
e
che
verrò
dando
ancora
,
via
via
che
mi
se
ne
offra
l
'
occasione
)
degli
ingiustificati
passaggi
logici
e
delle
poco
esatte
affermazioni
storiche
e
delle
assurde
compagnie
politiche
,
a
cui
quell
'
ibridismo
conduce
.
E
,
quanto
alla
tesi
che
il
Risorgimento
italiano
«
non
fu
liberale
»
,
sono
costretto
a
dire
,
pur
non
avendo
alcuna
voglia
di
mancare
di
riguardo
al
Gentile
,
che
essa
non
merita
confutazione
,
perché
urta
contro
quella
comune
e
viva
coscienza
storica
di
tutti
gli
uomini
colti
,
che
vale
più
di
ogni
storia
scritta
.
una
tesi
così
stravagante
,
che
io
confesso
di
averla
incontrata
per
la
prima
volta
solo
a
mezzo
del
1923
,
quando
al
Gentile
,
per
più
mesi
ministro
non
fascista
,
piacque
di
enunciarla
,
per
giustificare
,
verso
gli
altri
o
verso
sé
stesso
,
la
sua
inaspettata
ascrizione
al
partito
fascista
.
Del
resto
,
non
sarebbe
tempo
di
parlare
,
un
po
'
meno
che
ora
non
si
usi
,
della
cedevolezza
del
regime
democratico
o
«
demagogico
»
agli
interessi
individuali
,
e
della
fermezza
del
nuovo
regime
,
che
asserisce
e
mantiene
solo
quelli
della
Nazione
e
dello
Stato
?
Non
sarebbe
il
caso
di
parlare
,
invece
,
un
po
'
più
di
uomini
e
del
loro
cervello
,
e
della
loro
coerenza
e
della
forza
del
loro
carattere
?
Il
Gentile
ha
pur
testé
deplorato
nei
pubblici
fogli
le
concessioni
che
il
ministro
on
.
Fedele
ha
fatto
alle
insistenze
dei
trepidi
padri
e
delle
addolorate
madri
dei
ragazzi
bocciati
,
e
al
patrocinio
che
di
essi
ha
assunto
l
'
on
.
Farinacci
.
Plus
ça
change
et
plus
c
'
est
la
même
chose
!
Al
qual
proposito
voglio
aggiungere
che
,
avendo
il
Gentile
parlato
,
nella
sua
protesta
,
di
«
tradimento
»
,
che
con
quelle
concessioni
si
sarebbe
usato
al
fascismo
,
e
d
'
insidia
portata
fin
nella
culla
alla
nuova
Italia
fascistica
che
la
scuola
da
lui
riformata
avrebbe
per
còmpito
di
allevare
,
mette
in
imbarazzo
chi
,
come
me
,
deplora
anch
'
esso
quelle
concessioni
,
e
pur
non
vorrebbe
che
gli
accadesse
come
altra
volta
,
quando
,
accorso
a
impedire
la
rovina
della
sua
riforma
scolastica
,
della
quale
il
fascismo
si
era
disinteressato
,
e
riuscito
a
salvarla
,
vide
poco
dopo
,
con
grande
suo
stupore
,
quella
riforma
stessa
decorata
col
nome
della
«
più
fascistica
delle
riforme
»
!
Ma
valga
il
vero
e
valga
il
bene
della
scuola
e
della
patria
:
valgano
sopra
ogni
considerazione
di
persone
e
di
partiti
.
L
'
esame
di
Stato
fu
una
necessità
sentita
da
quanti
presero
a
cuore
le
sorti
della
scuola
italiana
,
e
accettata
e
propugnata
in
tempi
nei
quali
il
fascismo
non
era
apparso
neppure
di
lontano
.
E
il
primo
presidente
di
Consiglio
che
lo
incluse
in
un
programma
di
governo
fu
l
'
on
.
Giolitti
;
e
il
primo
ministro
dell
'
Istruzione
,
che
lo
concretò
in
un
disegno
di
legge
,
presentato
alla
Camera
,
fu
il
ministro
di
quel
gabinetto
;
e
il
primo
partito
politico
che
lo
mise
tra
le
sue
richieste
,
fu
il
Partito
popolare
.
Mi
sembra
,
dunque
,
che
i
legami
tra
quella
riforma
ed
il
fascismo
non
sieno
troppo
intrinseci
.
Comunque
,
se
essi
sieno
intrinseci
o
estrinseci
,
stretti
o
larghi
,
essenziali
o
accidentali
,
è
cosa
di
cui
lasceremo
disputare
il
Gentile
coi
suoi
nuovi
amici
e
sbrigarsela
tra
loro
.
A
me
,
come
ad
altri
,
spetta
ora
il
dovere
di
formulare
la
richiesta
,
e
di
esprimere
la
speranza
:
che
l
'
on
.
Fedele
non
dia
attuazione
al
proposito
,
da
lui
manifestato
alla
Camera
,
di
permettere
una
terza
sessione
di
esami
:
cosa
veramente
scandalosa
e
di
pessimo
effetto
.
Posto
il
principio
animatore
dell
'
esame
di
Stato
,
ci
sarebbe
da
dubitare
perfino
se
sia
consentanea
la
seconda
sessione
:
figurarsi
una
terza
!
La
concessione
,
alla
quale
l
'
on
.
Fedele
è
disposto
,
segnerebbe
l
'
inizio
della
fine
della
riforma
e
il
più
o
meno
lento
ritorno
all
'
antico
.
Su
ciò
,
non
conviene
farsi
illusioni
.
E
questo
,
fascisti
o
non
fascisti
,
dovrebbero
deprecare
e
impedire
.
Mi
abbia
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Meana
.
12
agosto
1925
.
Caro
Direttore
,
Fa
il
giro
della
stampa
l
'
affermazione
di
un
giornale
fascista
,
che
«
il
senatore
Croce
,
liberale
,
vorrebbe
ritogliere
il
Crocifisso
dalle
scuole
»
.
Venti
anni
fa
,
in
tempi
di
democratismo
e
di
massoneria
,
io
,
nominato
componente
del
Consiglio
di
vigilanza
di
una
scuola
popolare
,
feci
prendere
provvedimenti
a
carico
di
un
nuovo
direttore
,
che
,
come
primo
suo
atto
,
si
era
permesso
di
rimuovere
il
Crocifisso
dalle
aule
scolastiche
.
E
tutti
coloro
che
conoscono
quanto
ho
scritto
in
proposito
,
sanno
che
sono
stato
apertamente
favorevole
all
'
insegnamento
religioso
nelle
scuole
elementari
,
da
dare
agli
alunni
delle
famiglie
che
ne
facciano
richiesta
e
da
affidare
a
persone
che
siano
sinceramente
credenti
.
Cosa
,
del
resto
,
naturale
,
perché
sento
e
osservo
i
doveri
che
cultura
e
gentilezza
d
'
animo
impongono
verso
l
'
alta
religione
dei
nostri
padri
.
Ciò
che
non
mi
è
piaciuto
,
è
lasciar
correre
o
alimentare
l
'
equivoco
tra
questo
,
che
è
l
'
atteggiamento
liberale
,
e
l
'
altro
,
che
non
so
quale
nome
meriti
,
ma
certo
consiste
nel
trescare
coi
clericali
.
Se
a
tale
mia
ripugnanza
intendeva
alludere
il
giornale
fascista
,
ha
detto
il
vero
.
Con
molti
saluti
,
ecc
.
StampaQuotidiana ,
Tra
le
cose
che
più
mi
offendono
in
questi
tempi
non
leggiadri
è
l
'
arroganza
pietosa
e
ridevole
arroganza
,
ma
arroganza
di
coloro
che
hanno
scelto
per
sé
l
'
ufficio
di
eccitatori
e
promotori
del
pensiero
,
della
letteratura
e
dell
'
arte
italiana
,
e
di
curatori
dell
'
esportazione
di
cotesti
prodotti
all
'
estero
,
e
della
loro
(
come
dicono
)
«
valorizzazione
»
per
fondare
l
'
«
Impero
spirituale
italiano
»
in
aggiunta
a
quello
economico
e
politico
,
o
nella
mancanza
provvisoria
di
quello
.
E
può
esservi
niente
di
più
offensivo
che
veder
considerati
e
trattati
come
merci
che
si
fabbrichino
i
nostri
più
delicati
e
gelosi
moti
interiori
,
le
opere
che
rispondono
ai
più
profondi
bisogni
dell
'
anima
nostra
,
quelle
opere
che
si
compiono
anzitutto
e
direttamente
per
noi
stessi
,
e
sono
come
le
religiose
preghiere
con
le
quali
ci
mettiamo
di
continuo
in
unità
col
passato
,
con
l
'
universo
,
con
Dio
?
Certo
,
quelle
opere
sono
insieme
opere
sociali
,
perché
la
vita
umana
è
comunione
;
ma
in
qual
modo
la
società
può
aiutarle
?
Solo
con
l
'
accompagnarle
simpaticamente
,
col
rispondere
alla
trepidazione
morale
con
la
trepidazione
morale
,
alla
finezza
intellettuale
con
la
finezza
intellettuale
,
all
'
ansia
della
ricerca
e
dell
'
attesa
con
l
'
ansia
e
l
'
attesa
;
e
questo
avviene
in
modo
eminente
in
certi
periodi
o
momenti
felici
,
nelle
«
età
d
'
oro
»
(
come
furono
denominate
)
delle
lettere
e
delle
arti
,
quando
pensatori
ed
artisti
ebbero
il
consenso
e
il
favore
di
principi
e
di
popoli
,
la
sveglia
curiosità
e
l
'
interessamento
generale
,
il
freno
e
il
pungolo
dell
'
acuita
sensibilità
estetica
,
perfino
i
palpiti
del
cuore
e
dell
'
intelligenza
femminile
.
E
,
certo
,
in
quelle
opere
è
una
forza
espansiva
,
e
,
se
esse
non
hanno
bisogno
del
mondo
,
il
mondo
ha
bisogno
di
esse
,
e
perciò
non
solo
si
allargano
a
tutto
il
popolo
in
mezzo
a
cui
sono
nate
,
ma
si
spargono
fuori
di
quel
popolo
,
nella
cultura
mondiale
;
e
,
quando
questo
non
accade
,
o
non
accade
con
la
rapidità
che
piacerebbe
e
nella
misura
che
gioverebbe
,
colpa
è
dei
popoli
e
delle
culture
pigre
e
chiuse
da
pregiudizi
,
ed
è
danno
di
questi
popoli
e
di
queste
culture
e
non
di
quelle
opere
,
che
,
come
si
è
detto
,
non
hanno
bisogno
di
loro
.
Se
io
godo
di
una
verità
di
cui
altri
non
gode
,
se
l
'
Italia
gode
di
un
vantaggio
mentale
a
cui
altri
popoli
non
partecipano
o
riluttano
a
partecipare
,
si
dica
un
po
'
:
chi
dovrebbe
darsi
maggior
sollecitudine
del
rimedio
,
io
o
gli
altri
,
l
'
Italia
o
gli
altri
popoli
?
L
'
affetto
per
le
idee
che
ci
sono
care
,
lo
zelo
per
le
sorti
della
verità
,
ci
potranno
muovere
ad
un
certo
apostolato
,
da
esercitare
tuttavia
con
modi
assai
diversi
e
con
ritenutezza
e
dignità
alquanto
maggiori
di
quelli
che
si
sogliono
adoperare
pel
collocamento
dei
prodotti
commerciali
dai
commessi
viaggiatori
.
Ma
l
'
apostolato
ha
i
suoi
limiti
,
non
solo
nel
predetto
decoro
da
osservare
,
ma
anche
nella
riflessione
che
ci
ammonisce
circa
la
difficoltà
e
la
scarsa
fecondità
di
inculcare
modi
di
pensiero
e
di
arte
,
dei
quali
non
sia
sorto
negli
altri
spontaneo
il
bisogno
o
almeno
un
qualche
desiderio
.
Non
si
può
fare
ingollare
a
forza
agli
altri
popoli
le
dottrine
che
giudichiamo
vere
,
le
poesie
che
sentiamo
belle
,
come
ai
bimbi
malati
e
restii
i
farmachi
e
i
cibi
.
Che
cosa
,
dunque
,
il
pensiero
e
la
letteratura
e
l
'
arte
italiana
potrebbero
chiedere
di
presente
?
Proprio
il
contrario
di
quello
che
a
loro
oggi
si
offre
;
perché
ogni
giorno
,
con
violenze
,
fattacci
,
parolacce
,
sghignazzamenti
,
parate
e
chiassate
,
con
l
'
esaltare
le
prodezze
ciclistiche
e
automobilistiche
e
aeroplanistiche
sopra
le
opere
del
cuore
,
della
fantasia
e
dell
'
intelletto
,
e
con
l
'
indurre
nei
giovani
il
disprezzo
per
queste
,
si
contrasta
la
formazione
dell
'
ambiente
a
loro
favorevole
o
si
viene
distruggendo
quell
'
ambiente
che
prima
c
'
era
in
Italia
.
Non
si
riuscirà
,
è
vero
,
a
distruggere
con
ciò
il
tenace
lavoro
degli
uomini
ben
disposti
,
degli
animi
gentili
,
delle
menti
alacri
e
critiche
e
caute
;
e
,
forse
,
rendendo
loro
«
difficile
»
la
vita
come
,
secondo
il
detto
che
corre
,
bisogna
fare
nei
riguardi
degli
avversari
,
lo
renderà
più
concentrato
e
fervido
,
e
più
eletto
;
e
questa
sarà
,
dunque
,
un
'
efficacia
benefica
,
se
pure
non
cercata
.
E
,
quanto
ai
servigi
che
gl
'
intellettuali
del
regime
promettono
e
si
apprestano
a
fornire
circa
la
propaganda
all
'
estero
e
il
collocamento
dei
prodotti
spirituali
italiani
,
è
il
caso
di
supplicare
queste
egregie
persone
,
che
non
ci
facciano
irridere
dagli
stranieri
come
goffi
provinciali
,
inviando
prodotti
intellettuali
e
artistici
col
lasciapassare
governativo
;
o
,
ammesse
in
loro
le
migliori
e
più
larghe
intenzioni
,
pregarle
di
astenersi
dalla
loro
fatica
,
la
quale
,
in
ogni
caso
,
sarà
superflua
.
Si
ridia
un
po
'
di
calma
interiore
all
'
Italia
;
si
consenta
che
alla
dissipazione
troppo
a
lungo
perdurante
succeda
il
raccoglimento
necessario
;
si
lasci
che
la
gente
,
costretta
ora
dall
'
urgente
dovere
a
occuparsi
di
politica
o
malamente
da
varie
seduzioni
distratta
,
torni
agli
studi
geniali
;
si
lasci
fare
agli
editori
di
libri
e
ai
mercanti
di
opere
d
'
arte
;
e
quella
divulgazione
e
collocamento
all
'
estero
si
otterrà
nel
miglior
modo
,
o
nel
solo
possibile
.
Che
i
predetti
«
valorizzatori
»
ed
«
esportatori
»
,
ignari
della
natura
e
del
modo
di
operare
delle
cose
spirituali
,
siano
parimenti
imperiti
di
quelle
più
particolarmente
italiane
,
e
quasi
estranei
alle
nostre
tradizioni
di
cultura
,
è
pur
troppo
vero
.
Anche
l
'
articolista
,
che
mi
ha
dato
accidentale
occasione
a
questa
protesta
,
dovrebbe
,
mi
sembra
,
imparare
un
po
'
più
di
quanto
egli
sa
della
storia
e
della
letteratura
italiana
;
e
,
per
esempio
,
non
chiamare
«
Risorgimento
»
il
«
Rinascimento
»
;
e
non
parlare
di
una
«
egemonia
»
culturale
italiana
nel
settecento
,
quando
l
'
egemonia
fu
inglese
e
francese
e
l
'
Italia
si
mise
a
quelle
scuole
forestiere
;
e
non
affermare
poi
,
contradicendosi
,
che
l
'
Italia
«
nel
settecento
esportò
più
canzonette
che
Principi
di
scienza
nuova
»
,
perché
allora
l
'
Italia
«
esportò
»
i
pensieri
di
Giannone
e
di
Filangieri
e
di
Verri
e
di
Beccaria
,
e
altre
cose
che
non
erano
canzonette
,
ma
degni
prodotti
italiani
del
movimento
impresso
da
francesi
e
inglesi
alla
nuova
cultura
europea
;
e
,
infine
,
non
dovrebbe
colpire
in
pieno
volto
la
verità
,
asserendo
che
«
la
guerra
ha
modificato
radicalmente
la
situazione
e
possiamo
constatare
come
una
vasta
ripresa
italiana
nel
campo
delle
arti
,
delle
lettere
e
delle
scienze
s
'
imponga
alla
considerazione
di
ogni
paese
»
,
perché
,
invece
,
l
'
Italia
ora
é
in
una
vera
condizione
di
miseria
:
miseria
che
è
da
temere
che
peggiorerà
,
quando
saranno
via
via
spariti
gli
uomini
elle
avevano
imparato
a
lavorare
nel
campo
intellettuale
e
artistico
in
tempi
men
vicini
e
più
propizi
.
StampaQuotidiana ,
23
agosto
1925
.
Caro
Direttore
,
Come
Ella
bene
ha
avvertito
,
non
è
il
caso
di
dar
peso
,
e
molto
meno
risposta
,
all
'
urlio
di
contumelie
che
,
come
per
uno
scatto
meccanico
,
si
leva
regolarmente
contro
di
me
ogni
volta
che
apro
la
bocca
e
qualunque
cosa
io
dica
.
Piuttosto
ci
sarebbe
questa
volta
da
meravigliarsi
che
gente
la
quale
professa
di
volere
la
grandezza
d
'
Italia
anche
nel
dominio
del
pensiero
e
dell
'
arte
,
si
rivolti
rabbiosamente
contro
un
vecchio
conoscitore
della
materia
,
che
mette
in
guardia
circa
le
illusioni
e
indica
la
via
necessaria
per
raggiungere
il
fine
desiderato
.
Da
quando
in
qua
si
usa
rivoltarsi
contro
il
medico
che
dà
il
suo
parere
?
Dico
il
medico
,
perché
,
fin
da
quando
ero
giovane
,
le
mie
diagnosi
e
prognosi
letterarie
erano
diventate
così
famose
per
la
loro
esattezza
e
sicurezza
tra
i
letterati
di
Napoli
,
che
mi
chiamavano
«
il
Don
Antonio
Cardarelli
della
letteratura
»
.
(
Per
notizia
alla
nuova
generazione
,
il
Cardarelli
è
il
capo
della
scuola
medica
napoletana
e
,
per
nostra
fortuna
,
vive
ancora
)
.
E
ora
,
con
l
'
accresciuta
esperienza
di
tanti
anni
,
sarebbe
strano
che
io
sbagliassi
la
diagnosi
di
un
'
infermità
culturale
dai
sintomi
così
aperti
e
chiari
quale
è
quella
che
affligge
l
'
Italia
presente
.
StampaQuotidiana ,
Si
è
inaugurato
in
questo
giorno
al
Pincio
un
busto
marmoreo
del
De
Sanctis
;
e
si
sono
recitati
discorsi
,
tra
i
quali
quello
del
Torraca
,
affettuoso
e
memore
scolaro
di
tanto
maestro
.
Alla
gente
che
ora
impera
,
ai
giovani
che
le
stanno
attorno
,
il
De
Sanctis
,
ora
,
purtroppo
,
non
dice
nulla
.
Lo
conoscono
appena
di
nome
,
ignorano
i
suoi
scritti
e
le
sue
opere
;
e
,
se
queste
si
mettessero
loro
dinanzi
,
non
ne
vorrebbero
sapere
.
Ce
ne
vorrà
perché
l
'
Italia
riaccolga
nel
suo
cuore
uomini
come
Francesco
de
Sanctis
e
Giosue
Carducci
,
e
tragga
dal
loro
esempio
vigore
pei
suoi
sentimenti
e
per
la
sua
vita
civile
e
politica
.
Ai
pochi
che
non
hanno
bisogno
di
ricollocarli
nelle
loro
anime
perché
vi
sono
stati
sempre
,
e
ora
più
vivi
e
più
cari
che
non
nel
passato
,
consiglierei
di
commemorare
in
questo
giorno
il
De
Sanctis
,
rileggendo
non
particolarmente
le
sue
pagine
di
critica
e
storia
letteraria
(
quantunque
,
a
dir
vero
,
egli
non
fu
mai
un
mero
letterato
e
critico
)
,
ma
i
suoi
scritti
politici
e
i
suoi
discorsi
,
dei
quali
io
detti
anni
addietro
una
larga
scelta
,
e
soprattutto
la
serie
degli
articoli
politici
che
pubblicò
nel
Diritto
tra
il
1877
e
il
1878
,
e
che
si
trovano
raccolti
in
volume
dal
Ferrarelli
.
Appartengono
questi
a
un
momento
critico
della
vita
italiana
,
quando
,
ottenuta
l
'
unità
,
ricongiunta
Roma
all
'
Italia
,
venuti
meno
,
perché
attuati
,
gli
ideali
chiari
e
semplici
del
Risorgimento
,
l
'
Italia
parve
smarrita
,
incapace
di
attendere
al
lavoro
ordinato
della
vita
di
pace
e
di
civile
educazione
e
di
progresso
.
L
'
avvento
della
Sinistra
al
potere
,
che
da
molti
era
stato
voluto
e
sentito
come
una
scossa
benefica
alla
giovane
nazione
,
che
,
cercando
nuove
vie
,
prendeva
a
guida
uomini
nuovi
;
quest
'
avvento
,
al
quale
il
De
Sanctis
aveva
assai
cooperato
,
si
convertì
presto
in
una
delusione
.
La
confusione
degli
spiriti
,
lo
scetticismo
,
la
fiacchezza
,
il
materialismo
,
il
fatalismo
parvero
accrescersi
.
Perché
?
Fu
allora
che
il
De
Sanctis
,
prima
che
uomo
di
partito
,
cittadino
devoto
e
uomo
di
alto
sentire
,
si
accinse
a
un
esame
di
coscienza
,
della
coscienza
nazionale
,
di
cui
ogni
uomo
degno
soffre
i
travagli
in
sé
stesso
come
della
sua
propria
coscienza
.
Ma
il
valore
di
quegli
scritti
non
è
contingente
,
perché
i
problemi
che
ora
si
dibattono
sono
quelli
che
risorgono
a
ogni
momento
,
e
più
gravi
nei
momenti
gravi
,
e
perché
la
conclusione
a
cui
conducono
,
è
quella
,
perpetua
,
che
addita
la
salute
nella
fede
,
e
perciò
nella
cultura
,
sola
genitrice
di
fede
schietta
nei
tempi
moderni
.
E
molte
cose
egli
diceva
allora
che
possono
ripetersi
ora
,
e
talune
prendono
aspetto
di
sicure
previsioni
,
che
il
corso
dei
fatti
ha
confermate
.
Donde
quella
depressa
condizione
dello
spirito
pubblico
?
«
Ci
entra
la
vecchia
Italia
,
l
'
Italia
della
decadenza
,
che
tutti
ancora
portiamo
nelle
ossa
;
e
ci
entra
la
rivoluzione
col
suo
sali
e
scendi
,
coi
suoi
sfrenati
appetiti
e
i
sùbiti
guadagni
;
e
ci
entra
l
'
accidia
,
e
il
disgusto
dei
buoni
con
quel
loro
quieto
vivere
e
lasciar
fare
;
e
ci
entra
pure
una
cultura
superficiale
e
viziata
,
che
ti
dà
della
scienza
conclusioni
tanto
più
micidiali
,
quanto
sono
meno
studiate
e
meno
comprese
le
premesse
.
«
Ci
vuol
poco
a
esser
profeta
.
L
'
Italia
,
se
non
ci
si
bada
,
cammina
a
gran
passi
verso
il
regno
dei
violenti
e
degli
ignoranti
,
con
tutte
quelle
conseguenze
che
insegna
la
storia
,
voglio
dire
con
quella
reazione
della
gente
onesta
,
tanto
poltrona
e
dormigliona
nella
sicurezza
,
quanto
feroce
e
reazionaria
nel
pericolo
.
Così
saremo
dei
buoni
latini
e
vivremo
nelle
convulsioni
periodiche
»
(
nel
giornale
il
Diritto
,
8
agosto
1877
)
.
Non
perdeva
mai
d
'
occhio
questo
pericolo
o
possibilità
della
reazione
.
Al
Bonghi
,
che
,
nello
sdegno
suscitato
in
Italia
per
l
'
attentato
del
Passannante
,
aveva
parlato
della
parte
che
nella
preparazione
d
'
atti
come
quelli
apportavano
certe
dottrine
insegnate
nelle
scuole
,
il
De
Sanctis
,
ministro
dell
'
istruzione
,
rispondeva
:
«
Signori
deputati
,
la
libertà
della
scienza
,
la
libertà
dell
'
insegnamento
,
la
libertà
del
pensiero
,
credetelo
a
me
,
non
hanno
niente
a
vedere
in
questa
discussione
.
Io
negherei
l
'
Italia
se
dovessi
temere
che
venisse
un
giorno
così
infausto
da
poter
mettere
in
pericolo
conquiste
,
le
quali
rimontano
a
molti
secoli
,
e
che
hanno
i
nostri
più
grandi
scrittori
a
fautori
:
la
libertà
del
pensiero
.
«
Io
non
posso
credere
che
l
'
on
.
Bonghi
voglia
portare
troppo
innanzi
quello
che
ha
detto
ora
.
Io
non
credo
alla
reazione
;
ma
,
badiamo
,
le
reazioni
non
si
presentano
con
la
loro
faccia
;
e
,
quando
la
prima
volta
la
reazione
ci
viene
a
far
visita
,
non
dice
:
Io
sono
la
Reazione
.
«
Consultate
un
po
'
le
storie
;
tutte
le
reazioni
sono
venute
con
questo
linguaggio
:
che
è
necessaria
la
vera
libertà
,
che
bisogna
ricostituire
l
'
ordine
morale
,
che
bisogna
difendere
la
monarchia
dalle
minoranze
.
Sono
questi
i
luoghi
comuni
(
ormai
la
storia
la
sappiamo
tutti
)
,
sono
questi
i
luoghi
comuni
,
coi
quali
si
affaccia
la
reazione
»
(
Atti
parlamentari
,
Camera
dei
Deputati
,
10
dicembre
1878
)
.
Scriveva
sullo
stesso
argomento
;
«
L
'
Italia
è
nazione
parlamentare
nelle
istituzioni
,
ma
non
ancora
nel
carattere
,
nelle
abitudini
,
nell
'
educazione
.
Il
bello
edificio
è
sovrapposto
a
una
base
guasta
da
secoli
.
Perciò
le
nostre
istituzioni
,
ancora
così
giovani
,
danno
i
frutti
della
decadenza
.
La
politica
è
trattata
come
un
mestiere
da
cui
si
lucrano
onori
e
guadagni
,
e
i
buoni
si
disgustano
e
i
ribaldi
si
fanno
innanzi
.
E
,
quello
che
è
peggio
,
questi
fatti
si
trovano
naturali
e
sono
stimati
effetti
delle
stesse
istituzioni
parlamentari
e
si
ride
di
quelli
che
ne
pigliano
scandalo
.
Quelle
istituzioni
che
noi
credevamo
panacea
miracolosa
a
tutte
le
corruzioni
dei
governi
dispotici
,
ora
siamo
a
questo
ch
'
elle
sono
tenute
causa
promotrice
di
tutte
le
corruzioni
.
E
quando
un
grosso
scandalo
succede
,
sento
dire
:
Che
volete
?
è
la
conseguenza
naturale
delle
istituzioni
parlamentari
.
Al
contrario
,
io
ho
la
ferma
convinzione
che
queste
istituzioni
,
se
non
possono
fare
i
miracoli
che
noi
ce
ne
attendevamo
,
sono
altamente
moralizzatrici
,
quando
siano
praticate
con
sincerità
e
nel
loro
spirito
.
Le
lotte
parlamentari
creano
i
caratteri
,
infondono
coraggio
e
iniziativa
,
producono
un
grande
sviluppo
di
forze
,
e
la
forza
è
la
base
della
moralità
:
di
bontà
negative
e
passive
non
so
che
farmene
.
Se
il
paese
è
fiacco
,
abbiamo
il
monopolio
politico
dei
più
sfrontati
e
dei
meno
capaci
;
la
forza
ristretta
in
pochi
è
disordine
sociale
e
corruzione
.
Ma
il
nostro
paese
non
è
fiacco
,
è
troppo
paziente
,
troppo
longanime
.
Viene
il
giorno
della
collera
,
quando
non
se
ne
può
più
,
e
la
misura
è
colma
e
io
temo
quei
rimedi
tardivi
e
violenti
che
si
chiamano
reazione
,
e
per
fin
di
bene
fanno
molto
male
.
Voglio
la
resistenza
giorno
per
giorno
,
ciò
che
è
difficile
,
ma
che
è
pur
necessario
...
»
(
nel
Diritto
,
9-10
settembre
1877
)
.
Queste
e
altre
cose
sono
da
rileggere
e
meditare
negli
scritti
politici
del
De
Sanctis
,
ancorché
la
rilettura
sia
per
darci
un
senso
di
mortificazione
e
di
rimorso
,
dimostrandoci
che
fummo
poco
cauti
e
non
bene
ascoltammo
le
voci
ammonitrici
di
uomini
nei
quali
era
viva
la
coscienza
dei
pericoli
intrinseci
alla
società
italiana
,
da
essi
portata
a
vita
di
libertà
.
Ma
le
generazioni
,
come
gl
'
individui
,
imparano
di
solito
a
proprie
spese
;
e
solo
lentamente
,
e
dopo
molti
strappi
dolorosi
e
restituzioni
faticose
,
si
forma
in
un
popolo
la
tradizione
storica
,
atta
a
sorreggerlo
.