StampaPeriodica ,
Dalla
Sicilia
all
'
Alaska
,
dagli
Urali
allo
stretto
di
Magellano
il
popolo
si
grida
schiavo
dei
ricchi
.
A
loro
volta
i
ricchi
si
dicono
vittime
della
insopportabile
tirannia
del
popolo
,
ormai
potente
e
prepotente
per
le
sue
irresistibili
pretese
.
"
Io
sono
schiavo
del
Capitale
"
grida
il
Lavoro
,
"
Il
Lavoro
è
il
tiranno
più
insolente
,
che
sia
apparso
nella
storia
"
risponde
il
Capitale
.
Tutti
e
due
si
sentono
in
catena
,
e
ciascuno
maledice
l
'
altro
come
il
suo
carceriere
.
Chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
?
Tutti
e
due
.
Ambedue
sono
incatenati
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altro
si
lamentano
a
torto
.
Ma
nessuno
dei
due
ha
ragione
di
maledire
l
'
altro
come
carceriere
e
aguzzino
,
perché
tutti
e
due
sono
schiavi
di
un
terzo
tiranno
;
degli
strumenti
che
il
Lavoro
e
il
Capitale
hanno
creati
insieme
,
sperando
che
sarebbero
servi
docili
e
ubbidienti
.
La
storia
di
questo
immenso
errore
è
strana
e
recondita
.
Nessuno
la
conosce
.
Dal
principio
dei
secoli
l
'
uomo
aveva
fabbricato
gli
oggetti
che
gli
occorrevano
con
le
sue
mani
,
facendosi
aiutare
nella
sua
casa
da
pochi
servi
modesti
e
docili
,
il
Bue
,
il
Cavallo
,
l
'
Asino
,
l
'
Acqua
,
il
Vento
,
il
Fuoco
.
Il
Fuoco
era
tra
questi
servi
domestici
il
più
modesto
e
il
più
docile
.
Rannicchiato
in
un
cantuccio
della
casa
,
quel
vecchio
schiavo
riscaldava
l
'
inverno
il
suo
padrone
e
gli
cuoceva
ogni
giorno
il
desinare
e
la
cena
;
qualche
volta
usciva
con
lui
,
lo
accompagnava
alla
guerra
,
e
lo
aiutava
a
bruciare
le
messi
e
le
città
dei
nemici
.
In
compagnia
di
questi
servi
,
l
'
uomo
aveva
vissuto
per
secoli
,
guadagnando
il
pane
con
il
sudore
della
fronte
,
espiando
con
il
lavoro
il
peccato
dell
'
Eden
.
Aveva
vissuto
poveramente
,
ma
non
inutilmente
.
Poiché
in
quei
secoli
ha
costruito
il
Partenone
e
Nôtre
Dame
;
ha
scritto
i
Dialoghi
di
Platone
,
il
Vangelo
e
la
Divina
Commedia
;
ha
scolpito
la
Vittoria
di
Samotracia
e
dipinto
la
Primavera
del
Botticelli
;
ha
fondato
l
'
Impero
Romano
,
cristianizzato
l
'
Europa
,
scoperto
l
'
America
.
Ma
un
giorno
l
'
uomo
fece
una
meravigliosa
scoperta
.
Quel
modesto
schiavo
che
da
tanti
secoli
si
rincantucciava
sotto
la
cappa
del
camino
,
che
gli
cuoceva
le
vivande
e
lo
riscaldava
l
'
inverno
,
era
un
Demone
travestito
.
Sapeva
animare
e
far
muovere
certi
portentosi
giganti
di
ferro
,
ciechi
,
sordi
,
senza
cervello
,
ma
capaci
,
come
uomini
senzienti
e
intelligenti
,
di
filare
,
di
tessere
,
di
camminare
,
di
martellare
,
di
tagliare
,
di
cucire
,
di
seminare
,
di
falciare
,
di
scavare
la
terra
;
e
quanto
più
veloci
degli
uomini
!
Infaticabili
addirittura
.
Quei
giganti
avevano
la
meravigliosa
virtù
di
scorciare
il
tempo
,
facendo
in
un
'
ora
l
'
opera
di
un
giorno
,
in
un
giorno
l
'
opera
di
una
settimana
,
in
una
settimana
,
l
'
opera
di
un
mese
.
E
per
di
più
,
essendo
di
ferro
,
ciechi
,
sordi
e
senza
cervello
,
non
conoscevano
capricci
!
Quando
il
Fuoco
ordinava
,
subito
si
muovevano
;
e
via
di
corsa
,
notte
e
giorno
,
finché
il
Fuoco
,
stanco
,
dicesse
"
basta
!
"
addormentandosi
sul
suo
letto
di
ceneri
.
L
'
uomo
fu
inebriato
dalla
scoperta
.
Se
il
Fuoco
era
l
'
animatore
di
questi
giganti
di
ferro
,
non
era
egli
padrone
del
Fuoco
?
Se
in
groppa
a
quei
giganti
poteva
correre
,
senza
muoversi
e
senza
ansare
,
la
terra
ed
i
mari
,
aspettando
addirittura
di
salire
in
aria
con
gli
uccelli
e
di
nuotare
sott
'
acqua
con
i
pesci
,
quale
dei
tesori
nascosti
sotto
la
terra
potrebbe
sfuggire
alla
sua
cupidigia
?
Lo
spazio
,
il
gran
nemico
che
da
tanti
secoli
opponeva
la
sua
immensità
inerte
alla
irrequieta
fantasia
degli
uomini
mal
servita
da
troppe
piccole
gambe
,
non
era
debellato
?
Se
lo
spazio
era
debellato
e
se
quei
giganti
erano
capaci
di
fare
in
un
'
ora
il
lavoro
di
un
giorno
,
l
'
uomo
non
potrebbe
finalmente
riscattare
la
condanna
pronunciata
nell
'
Eden
In
sudore
vultus
tui
vesceris
pane
?
Godersi
un
'
abbondanza
crescente
a
prezzo
di
un
lavoro
accorciato
?
Insieme
con
le
macchine
mosse
dal
vapore
e
dall
'
elettricità
è
apparsa
nella
civiltà
occidentale
una
doppia
aspirazione
:
dominare
la
terra
e
la
natura
;
liberarsi
dalla
schiavitù
del
lavoro
senza
ricascare
nelle
catene
della
penuria
.
Ma
questo
doppio
sogno
si
è
avverato
soltanto
a
mezzo
.
L
'
uomo
è
oggi
il
signore
della
terra
e
della
natura
.
Ha
vinto
lo
spazio
,
costretto
il
pianeta
a
consegnargli
tutti
i
suoi
tesori
,
anche
quelli
che
aveva
riposti
nei
nascondigli
più
segreti
,
spezzato
perfino
le
catene
della
gravità
,
levandosi
a
volo
.
Ma
non
è
riuscito
a
spezzare
quelle
del
lavoro
:
anzi
più
arricchiva
e
cresceva
di
potenza
,
più
affannosamente
ha
dovuto
lavorare
.
-
Con
le
macchine
mosse
dal
vapore
e
dall
'
elettricità
incomincia
l
'
insonnia
del
mondo
.
Qual
'
è
il
tormento
comune
di
tutti
,
poveri
e
ricchi
,
nella
civiltà
occidentale
?
L
'
inumana
fatica
a
cui
siamo
tutti
condannati
.
Noi
viviamo
nelle
comodità
e
negli
svaghi
,
abbastanza
sicuri
a
paragone
dei
nostri
padri
,
liberi
da
molti
vincoli
e
nodi
,
che
una
volta
parevano
inseparabili
da
ogni
esistenza
bene
ordinata
:
ma
dobbiamo
lavorare
,
lavorare
,
lavorare
;
e
non
possiamo
interrompere
l
'
opera
nostra
neppure
un
minuto
per
ripigliar
fiato
.
Non
solo
ognuno
di
noi
deve
produrre
,
ma
deve
anche
consumare
,
quanto
più
può
,
ossia
sforzarsi
e
affaticarsi
ancora
,
fino
all
'
estrema
misura
delle
sue
forze
.
Chi
corre
il
mondo
d
'
uno
in
altro
albergo
,
chi
legge
,
chi
va
al
teatro
,
al
ballo
o
ad
un
banchetto
sontuoso
,
chi
gioca
di
braccia
e
di
gambe
,
chi
muta
abito
in
ossequio
ad
una
legge
di
fastose
eleganze
,
compie
uno
sforzo
che
,
pur
mirando
a
procurare
un
divertimento
o
una
soddisfazione
,
richiede
tempo
e
costa
fatica
,
quanto
il
produrre
ricchezza
.
La
parte
del
giorno
in
cui
non
siamo
condannati
a
produrre
ricchezze
,
siamo
condannati
a
consumare
quelle
prodotte
dagli
altri
divertendoci
,
ci
piaccia
o
non
ci
piaccia
.
Non
siamo
quasi
mai
liberi
di
vivere
a
nostro
gusto
,
divertendoci
quando
ci
talenta
e
riposandoci
quando
ci
garba
meglio
.
Quando
ritorniamo
a
casa
,
dopo
aver
compiuto
il
nostro
compito
quotidiano
,
quando
usciamo
dall
'
ergastolo
del
lavoro
a
cui
ci
ha
condannati
il
destino
,
noi
ricuperiamo
la
libertà
.
Incomincia
allora
un
altro
e
non
meno
imperioso
dovere
:
dar
lavoro
agli
altri
,
consumando
quel
che
essi
producono
,
con
i
divertimenti
,
i
giochi
,
i
lussi
,
le
occupazioni
intellettuali
o
artistiche
,
talora
anche
con
i
vizi
,
le
orgie
e
le
disoccupazioni
imposte
dal
costume
,
dalla
voga
,
dall
'
imitazione
,
dalla
vanità
,
dal
rango
o
dall
'
autosuggestione
.
Quanti
si
sono
alla
fine
persuasi
di
doversi
disperare
per
la
privazione
che
li
renderebbe
invece
felici
,
se
fossero
liberi
!
a
quanti
i
sollazzi
e
i
piaceri
sono
tormenti
imposti
!
L
'
uomo
moderno
non
è
nemmeno
più
libero
di
riposarsi
quanto
dovrebbe
per
non
ammalare
.
Deve
lavorare
e
divertirsi
a
prezzo
della
salute
e
della
vita
.
"
Muori
,
ma
produci
e
consuma
"
-
gli
gridano
i
tempi
.
Lavoro
e
divertimento
rubano
a
poco
a
poco
anche
le
ore
del
sonno
all
'
uomo
,
che
non
ha
ancora
inventato
la
macchina
per
allungare
il
tempo
.
Come
è
accaduto
questo
scambio
singolare
?
Perché
l
'
uomo
è
più
schiavo
che
mai
del
lavoro
,
oggi
che
tanti
milioni
di
schiavi
infaticabili
,
dal
corpo
di
metallo
e
dall
'
anima
di
fuoco
,
lavorano
per
lui
?
Perché
non
ha
più
neppure
il
tempo
di
dormire
quando
fa
in
un
'
ora
quel
che
i
padri
in
un
mese
?
Perché
il
tempo
gli
scarseggia
quanto
più
dovrebbe
abbondargli
?
Questa
è
stata
appunto
la
beffa
atroce
di
quei
giganti
di
ferro
.
Sebbene
ciechi
,
sordi
e
senza
cervello
,
quanto
furono
più
furbi
del
:
loro
incauto
creatore
!
Sono
riusciti
a
fare
schiavo
l
'
uomo
che
li
aveva
creati
per
essere
da
loro
servito
come
un
semidio
;
e
in
che
modo
?
Accendendo
in
lui
desideri
e
speranze
illimitate
.
L
'
uomo
può
godere
dell
'
abbondanza
in
due
modi
:
o
contentandosi
di
meno
di
ciò
che
ha
,
o
procurandosi
più
di
quello
che
desidera
;
o
riducendo
i
suoi
bisogni
,
o
accrescendo
la
sua
ricchezza
.
Tutte
le
civiltà
che
furono
prima
della
rivoluzione
francese
si
attennero
al
primo
modo
;
la
civiltà
occidentale
,
da
un
secolo
in
qua
,
al
secondo
.
Inebriata
dalla
potenza
dei
nuovi
strumenti
,
la
civiltà
occidentale
è
stata
presa
da
una
smania
insaziabile
di
nuove
maggiori
ricchezze
.
Produrre
,
produrre
,
produrre
:
le
parve
felicità
e
gloria
supreme
.
Ma
a
che
gioverebbe
produrre
tante
ricchezze
se
non
si
consumassero
?
Onde
l
'
universale
schiavitù
del
produrre
e
del
consumare
:
del
produrre
per
poter
consumare
;
del
consumare
per
poter
produrre
.
Oggi
la
plebe
accusa
i
ricchi
di
essere
insaziabili
.
È
vero
:
ma
sei
ricchi
non
fossero
tormentati
da
questa
pazzia
di
arricchire
,
risparmierebbero
ogni
anno
una
parte
delle
loro
entrate
per
fabbricare
e
mettere
in
movimento
nuove
macchine
?
E
se
,
invece
di
risparmiarla
per
fabbricare
nuovi
giganti
di
ferro
senza
cervello
.
la
spendessero
in
piacere
e
in
lussi
,
le
industrie
,
l
'
agricoltura
e
il
commercio
prospererebbero
così
largamente
?
E
donde
scaturisce
l
'
agiatezza
della
plebe
moderna
,
ignota
ai
secoli
precedenti
,
se
non
da
questa
universale
prosperità
?
I
ricchi
accusano
spesso
la
plebe
di
essere
incontentabile
,
di
aver
sete
quanto
più
beve
,
di
aspirare
ormai
a
tutti
i
comodi
e
a
tutti
i
lussi
dei
ricchi
.
Ma
se
le
moltitudini
si
contentassero
di
vivere
ancora
all
'
antica
,
povere
e
semplici
,
con
quali
clienti
le
industrie
e
i
commerci
prospererebbero
?
Quanti
capitali
dei
ricchi
,
colpiti
da
improvvisa
sterilità
,
non
darebbero
più
frutto
?
Invano
ricchi
e
poveri
si
accusano
a
vicenda
di
essere
tiranni
.
Oggi
non
c
'
è
nella
civiltà
occidentale
che
un
solo
tiranno
,
ma
spietato
:
quel
popolo
innumere
di
giganti
di
metallo
animati
dal
fuoco
,
che
ci
costringono
tutti
a
lavorare
e
a
far
baldoria
,
senza
tregua
,
ci
piaccia
o
non
ci
piaccia
:
perché
se
i
poveri
o
i
ricchi
,
i
grandi
,
la
condizione
media
,
o
la
plebe
,
volessero
vivere
più
semplicemente
,
la
gran
macchina
del
mondo
si
fermerebbe
.
Non
le
macchine
lavorano
oggi
per
soddisfare
i
nostri
bisogni
;
ma
noi
dobbiamo
imporre
noi
stessi
,
anche
quando
ci
piacerebbe
di
vivere
semplicemente
,
tutti
i
bisogni
che
son
necessari
,
affinché
le
macchine
che
noi
abbiamo
create
possano
continuare
a
creare
un
'
abbondanza
che
ci
tormenta
.
Tutti
soffrono
sotto
questi
tiranni
;
nessuno
può
liberarsene
;
e
perciò
ciascuno
accusa
l
'
altro
.
Il
grande
impegno
che
toglie
il
sonno
alla
civiltà
occidentale
è
proprio
questo
.
Non
distruggere
,
come
nemici
del
genere
umano
,
questi
giganti
di
ferro
animati
dal
fuoco
,
ma
neppur
moltiplicarli
ciecamente
,
facendo
del
mondo
la
loro
preda
e
il
loro
schiavo
.
Rifarli
servi
dell
'
uomo
che
li
ha
creati
,
docili
al
suo
cenno
.
Rompere
la
catena
della
loro
tirannia
.
Schiavi
dei
nostri
schiavi
o
padroni
?
Questo
è
il
dilemma
.
Questa
è
la
prova
.
Questo
è
il
cimento
.
Per
vincerlo
è
necessario
non
dimenticare
che
la
civiltà
occidentale
è
stata
incatenata
da
questi
suoi
schiavi
di
ferro
e
di
fuoco
,
perché
prima
ha
aspirato
a
una
ricchezza
e
a
una
potenza
illimitate
.
StampaPeriodica ,
...
Da
un
pezzo
il
Croce
giudica
poeti
e
storici
,
romanzieri
e
filosofi
,
e
non
alla
spicciolata
,
ma
per
secoli
e
generazioni
,
sicut
potestatem
habens
.
Quali
siano
i
suoi
titoli
a
giudicare
i
poeti
,
tutti
gli
intenditori
e
le
persone
di
gusto
sanno
ormai
.
Non
sarà
inutile
verificare
una
volta
tanto
anche
i
suoi
titoli
-
scienza
e
coscienza
-
a
giudicare
gli
storici
.
Si
aggiunga
una
ragione
personale
.
Alcuni
anni
fa
dimostrai
che
l
'
etestica
del
Croce
è
un
guazzabuglio
di
contradizioni
e
di
paralogismi
,
in
cui
ogni
pagina
smentisce
la
precedente
ed
è
smentita
dalla
seguente
;
che
in
tutta
la
filosofia
non
si
trova
un
libro
così
mal
ragionato
;
e
che
solo
chi
non
abbia
capito
nulla
,
può
illudersi
di
avere
imparato
qualche
cosa
leggendolo
.
La
dimostrazione
era
così
definitiva
,
che
il
Croce
non
ha
osato
replicare
parola
,
in
quattro
anni
.
Non
voglio
che
egli
possa
illudersi
di
avere
almeno
potuto
a
sua
volta
ridurre
me
al
silenzio
.
Quando
apparve
la
traduzione
francese
dei
due
primi
volumi
di
Roma
alcuni
giornalisti
d
'
oltralpe
,
uomini
d
'
ingegno
ma
un
po
'
precipitosi
nel
giudicare
,
come
è
spesso
quella
professione
,
scrissero
,
e
con
sincera
intenzione
di
elogio
,
che
l
'
autore
aveva
studiato
Carlo
Marx
.
Imbattutisi
per
la
prima
volta
in
una
storia
antica
che
raccontava
di
commerci
,
di
dissesti
,
di
fallimenti
,
di
usure
,
e
di
altre
cose
consimili
,
reputate
da
molti
invenzioni
moderne
;
avendo
sentito
dire
che
Carlo
Marx
aveva
fatto
della
storia
del
mondo
un
tessuto
di
interessi
economici
,
s
'
erano
messi
in
mente
di
far
onore
all
'
opera
,
ascrivendola
ad
una
famiglia
così
moderna
e
così
illustre
.
Senonché
l
'
opera
mia
è
costretta
a
tacciar
di
falso
questo
certificato
di
stato
civile
,
perché
essa
è
parente
del
marxismo
quando
del
confucianesimo
o
del
mitraismo
.
Ed
ecco
,
a
sua
volta
il
Croce
dà
principio
al
giudizio
,
copiando
di
peso
questo
sproposito
:
"
Nel
Ferrero
-
egli
scrive
-
sono
tutte
le
formule
(
!
)
della
scuola
(
!
)
,
tutti
i
derivati
(
!
)
del
materialismo
storico
"
.
Che
cosa
il
Croce
intenda
per
formule
e
per
derivati
del
materialismo
storico
,
non
so
.
Il
materialismo
storico
non
è
una
scuola
,
perché
una
scuola
suppone
maestri
e
discepoli
,
e
qui
i
discepoli
almeno
mancano
;
è
una
pura
dottrina
,
campata
nei
cieli
della
speculazione
,
un
po
'
confusa
e
nebulosa
,
come
tutto
ciò
che
è
uscito
dalla
mente
frammentaria
di
Carlo
Marx
.
Nessuno
storico
di
forte
torace
l
'
ha
ancora
applicata
in
nessuna
opera
di
polso
.
Ma
come
dottrina
si
presenta
negli
scritti
del
suo
autore
e
dei
suoi
discepoli
e
commentatori
in
due
vesti
:
più
generale
la
prima
,
più
particolare
la
seconda
.
La
dottrina
più
generale
vuole
che
i
fenomeni
della
storia
,
la
religione
,
la
politica
,
il
diritto
,
l
'
arte
e
via
dicendo
,
siano
una
specie
di
drappeggiamento
sontuoso
,
sotto
cui
si
nasconde
la
greggia
ed
unica
realtà
degli
interessi
economici
.
Ma
del
materialismo
inteso
così
io
penso
che
sia
una
dottrina
puerile
,
da
non
poter
essere
presa
sul
serio
;
immaginarsi
se
si
potranno
trovare
le
sue
"
formule
"
e
i
suoi
"
derivati
"
nell
'
opera
mia
!
Che
ogni
istituzione
o
associazione
umana
di
qualsiasi
natura
,
politica
,
religiosa
o
intellettuale
,
debba
tenere
un
libro
di
conti
;
che
tutte
le
relazioni
tra
gli
uomini
di
ogni
specie
,
dalla
famiglia
allo
Stato
e
alla
Chiesa
,
siano
regolate
anche
da
una
ragione
di
dare
e
avere
,
non
vuoi
dire
,
che
l
'
anima
di
quelle
associazioni
e
istituzioni
viva
nel
libro
dei
conti
;
vuoi
dire
soltanto
che
,
qualunque
cosa
gli
uomini
facciano
,
pensino
o
vogliano
,
hanno
bisogno
innanzi
tutto
di
nutrirsi
e
di
vestirsi
;
che
il
prete
deve
vivere
dell
'
altare
,
come
il
pittore
del
pennello
,
e
il
matematico
delle
formule
.
Più
seria
è
la
dottrina
particolare
e
ristretta
,
che
assume
la
trasformazione
degli
istrumenti
del
lavoro
a
motore
occulto
della
storia
.
Inteso
così
,
il
materialismo
storico
potrebbe
essere
una
dottrina
feconda
e
fare
scuola
,
il
giorno
che
raccogliesse
intorno
a
sé
discepoli
valorosi
,
purché
circoscritta
alla
storia
dell
'
Europa
negli
ultimi
due
secoli
,
che
sola
può
comportarne
l
'
applicazione
.
Negli
ultimi
due
secoli
la
storia
dell
'
Europa
è
veramente
condotta
da
due
demiurghi
:
le
dottrine
razionali
della
società
e
dello
Stato
,
che
minano
sotto
sotto
Dio
;
le
macchine
mosse
dal
vapore
e
dall
'
elettricità
,
che
minano
sotto
sotto
tutti
gli
antichi
ideali
di
perfezione
.
Nessuno
scrittore
capirà
il
secolo
XIX
,
sinché
non
riesca
a
scoprire
questi
due
demiurghi
,
discesi
da
due
cieli
differenti
della
storia
,
all
'
opera
insieme
e
senza
saper
l
'
uno
dell
'
altro
.
Il
materialismo
storico
potrebbe
studiarne
con
profitto
uno
;
e
quindi
scoprire
una
parte
della
verità
.
Senonché
questa
dottrina
non
ha
posto
né
ufficio
nella
storia
antica
,
dalla
quale
il
secondo
demiurgo
è
assente
;
ed
è
addirittura
infantile
il
supporre
che
abbia
potuto
applicarla
proprio
l
'
autore
,
che
ha
indicato
nel
secolo
XIX
nel
trapasso
della
civiltà
qualitativa
alla
quantitativa
,
dall
'
ideale
di
perfezione
all
'
ideale
di
potenza
,
il
maggior
rivolgimento
della
storia
universale
.
Solo
questo
rivolgimento
ha
chiamato
in
terra
,
un
paio
di
secoli
fa
,
il
demiurgo
,
che
il
materialismo
vorrebbe
presente
in
tutti
i
luoghi
e
in
tutte
le
epoche
;
e
le
cui
formidabili
spinte
e
audacie
e
crudeltà
gli
uomini
non
conobbero
,
sicché
la
civiltà
fu
per
sua
natura
qualitativa
.
Intorno
alla
tecnica
dei
Greci
e
dei
Romani
ci
somministrano
numerose
,
per
quanto
slegate
e
frammentarie
notizie
,
gli
scrittori
,
le
leggi
,
i
rottami
di
attrezzi
e
di
macchine
-
aratri
,
mulini
,
telai
,
forni
,
stampi
e
via
dicendo
-
raccolti
negli
scavi
,
e
i
disegni
scolpiti
nei
bassorilievi
.
Ma
da
secolo
a
secolo
,
da
paese
a
paese
,
non
si
riesce
a
scoprire
differenze
visibili
e
quindi
progresso
,
come
l
'
intendiamo
noi
,
fuorché
nelle
macchine
di
guerra
.
Gli
strumenti
della
industria
e
della
,
agricoltura
non
mutano
,
a
distanza
di
secoli
;
le
forze
motrici
sono
sempre
i
muscoli
umani
,
alcuni
animali
,
il
vento
e
l
'
acqua
;
il
vapore
è
un
giocattolo
.
In
tutta
la
letteratura
antica
ho
trovato
una
sola
pagina
,
in
cui
l
'
ammirazione
del
progresso
,
oggi
così
fervida
,
sia
presentita
:
la
prefazione
del
libro
diciannovesimo
della
Historia
naturalis
,
in
cui
Plinio
il
vecchio
,
raccontando
che
il
Mediterraneo
ai
suoi
tempi
è
solcato
in
ogni
verso
non
più
da
navi
a
remo
ma
da
navi
a
vela
,
dopoché
l
'
abbondanza
del
lino
coltivato
in
Occidente
ha
fatto
della
tela
un
oggetto
di
consumo
corrente
,
vanta
la
velocità
delle
navi
spinte
dal
vento
,
i
viaggi
affrettati
,
lo
spazio
vinto
,
con
parole
,
che
un
moderno
potrebbe
ripetere
,
ritoccandole
appena
,
del
vapore
.
Ma
se
gli
strumenti
non
mutavano
,
mutavano
,
e
molto
,
i
manufatti
da
epoca
ad
epoca
;
secondo
che
la
mano
di
una
generazione
e
di
un
popolo
era
più
abile
o
meno
,
più
arduo
o
più
facile
il
modello
di
perfezione
a
cui
i
differenti
secoli
e
le
diverse
nazioni
guardavano
,
più
fino
e
più
rozzo
il
gusto
che
commetteva
i
lavori
e
li
giudicava
.
Imaginare
una
storia
"
materialistica
"
di
Roma
sarebbe
come
voler
scrivere
una
storia
cattolica
o
protestante
dei
Faraoni
.
Ma
come
è
nato
allora
questo
svarione
di
critici
orecchiuti
e
orecchianti
,
nel
quale
è
incappato
anche
il
frettoloso
Minosse
che
siede
giudicando
a
piè
del
Vesuvio
?
Nella
storia
degli
ultimi
due
secoli
della
repubblica
c
'
è
un
.
paradosso
apparente
:
più
Roma
e
l
'
Italia
arricchiscono
e
più
sono
rovinate
;
più
si
ingrandiscono
fuori
,
e
più
si
indeboliscono
dentro
.
L
'
aristocrazia
romana
si
trova
padrona
di
un
immenso
impero
,
quando
non
è
più
capace
di
amministrare
una
città
!
Massime
nell
'
ultimo
secolo
della
repubblica
ogni
vittoria
è
una
catastrofe
.
Parecchi
storici
avevano
visto
o
intravisto
,
tra
le
cause
di
questo
singolare
dissolversi
per
troppo
vincere
,
gli
influssi
della
cultura
greca
-
arti
,
filosofie
,
industrie
,
religioni
,
costumi
,
lussi
,
piaceri
-
sull
'
antica
società
latina
,
aristocratica
,
tradizionalista
,
bigotta
e
puritana
.
Ma
questa
causa
non
è
la
sola
,
ed
è
,
per
dir
così
,
una
causa
seconda
,
derivata
da
un
'
altra
,
meno
visibile
e
più
profonda
:
l
'
oro
delle
conquiste
.
Fenomeno
economico
?
Per
chi
cerca
nella
natura
umana
la
ragione
profonda
della
storia
,
questa
azione
della
moneta
è
un
altro
esempio
della
padronanza
e
tirannia
che
tanti
oggetti
creati
dall
'
uomo
a
servirlo
esercitano
sul
loro
autore
.
Che
cosa
è
la
moneta
?
Non
è
la
ricchezza
,
ma
una
ricchezza
;
ossia
uno
dei
tanti
beni
desiderati
dall
'
uomo
,
ma
in
sé
e
per
sé
non
dei
più
necessari
,
perché
i
metalli
preziosi
,
tanto
pregiati
per
la
loro
bellezza
e
rarità
,
non
servono
a
nulla
fuorché
ad
ornare
,
se
non
esistono
gli
altri
beni
necessari
alla
vita
,
che
il
denaro
acquista
.
Ad
un
uomo
perduto
nel
Sahara
un
pane
ed
un
otre
d
'
acqua
sarebbero
più
preziosi
,
che
un
sacco
di
monete
d
'
oro
...
Ed
ecco
spiegato
l
'
errore
del
Croce
.
Il
Croce
ha
visto
,
in
questa
visione
della
storia
di
Roma
le
formule
e
i
derivati
(
!
)
di
un
materialismo
storico
di
sua
fantasia
,
perché
la
moneta
vi
compare
come
il
principale
agente
del
disordine
di
una
grande
epoca
.
Ma
l
'
errore
è
pietoso
,
perché
questa
visione
non
è
parente
del
cosiddetto
materialismo
storico
neppure
in
decimo
grado
.
Vero
è
invece
che
la
visione
è
mia
;
e
che
io
posso
sfidare
con
animo
tranquillo
il
Croce
a
dimostrare
che
è
falsa
o
che
deriva
da
altro
autore
.
Senza
dubbio
questo
spaventoso
e
meraviglioso
fenomeno
non
è
stato
da
me
capito
con
quella
pienezza
e
rappresentato
con
quella
forza
,
di
cui
,
dopo
sette
anni
di
guerra
mondiale
,
mi
sentirei
oggi
capace
;
e
che
spero
di
trasfondere
un
giorno
in
una
edizione
definitiva
.
Ho
concepito
questa
parte
dell
'
opera
una
ventina
di
anni
fa
,
perduto
in
una
pace
così
universale
e
profonda
,
che
la
memoria
e
la
nozione
stessa
del
terribile
fenomeno
si
erano
perdute
;
l
'
ho
concepita
,
quasi
direi
,
dal
nulla
e
in
piena
solitudine
,
perché
nessuno
dei
predecessori
aveva
neppur
presentito
queste
oscure
verità
e
poteva
quindi
prestarmi
aiuto
.
Non
ostante
un
intensissimo
sforzo
di
riflessione
e
di
imaginazione
,
che
ha
durato
anni
,
non
ho
veduto
il
fenomeno
nella
sua
pienezza
e
in
tutti
i
suoi
particolari
,
così
lucidamente
come
lo
vedo
ora
;
e
qualche
volta
l
'
ho
confuso
un
po
'
con
un
altro
fenomeno
,
che
appartiene
alla
stessa
famiglia
ma
è
diverso
:
con
la
perturbazione
che
genera
l
'
incremento
della
ricchezza
,
quando
è
figlia
del
lavoro
.
L
'
opera
ha
quindi
bisogno
di
qualche
ritocco
.
Ma
sarò
io
giudicato
vittima
di
un
vano
orgoglio
,
se
dirò
apertamente
che
,
a
mio
giudizio
,
un
critico
equo
e
competente
,
invece
di
dottrineggiare
fuori
di
tempo
e
luogo
sul
materialismo
storico
,
avrebbe
potuto
,
e
forse
dovuto
,
riconoscere
un
po
'
di
merito
all
'
autore
,
che
primo
aveva
avuto
la
visione
di
un
fenomeno
di
cui
si
era
perduta
la
memoria
,
venti
secoli
dopo
che
era
avvenuto
,
venti
anni
innanzi
,
che
,
ripetendosi
in
un
intero
continente
,
si
rivelasse
di
nuovo
alla
obliviosa
noncuranza
degli
uomini
?
Che
se
il
Croce
appartiene
a
quella
famiglia
di
critici
,
i
quali
si
arrogano
il
diritto
di
giustiziare
ogni
opera
che
non
sia
perfettissima
,
perché
ogni
minimo
difetto
sembra
loro
degno
della
pena
capitale
,
avrebbe
potuto
,
invece
di
far
merito
all
'
autore
di
questa
sua
nuova
visione
,
rimproverargli
i
punti
in
cui
la
visione
è
un
po
'
incerta
ed
esitante
.
Non
sarebbe
stato
difficile
di
trovarli
qua
e
là
,
a
un
critico
ostile
ma
acuto
,
intelligente
,
e
che
,
intendendosi
davvero
di
storia
,
avesse
riconosciuto
nell
'
universale
disordine
della
repubblica
di
Mario
,
di
Silla
,
di
Cesare
e
di
Pompeo
lo
stesso
disordine
che
travaglia
i
nostri
tempi
da
sette
anni
in
qua
.
Questo
critico
avrebbe
condannato
l
'
autore
con
la
scienza
attinta
da
lui
;
ma
insomma
non
avrebbe
vaneggiato
.
Il
Croce
invece
non
ha
capito
nulla
,
non
ha
visto
nulla
,
non
si
è
accorto
di
nulla
;
e
,
posto
innanzi
alla
vasta
pittura
di
quel
tempo
,
che
non
è
perfetta
,
ma
che
nasce
dalla
vita
-
ed
oggi
questo
merito
è
più
manifesto
a
chi
ha
occhi
e
vede
,
che
dieci
anni
fa
-
,
l
'
ha
scambiata
per
un
drammaccio
da
cinematografo
.
Leggete
,
o
lettori
,
questo
giudizio
che
ricopio
testualmente
,
perché
davvero
una
perla
così
preziosa
merita
di
essere
deposta
con
religiosa
cautela
nel
tesoro
della
moderna
critica
italiana
.
"
Ma
la
Ragione
e
la
Provvidenza
compiono
,
nel
Ferrero
,
prodigi
assai
maggiori
che
non
presso
quei
due
filosofi
(
Vico
ed
Hegel
)
,
perché
quelli
operavano
con
personaggi
,
con
forze
spirituali
,
e
il
Ferrero
opera
con
esseri
nevrastenici
(
!
)
,
immorali
,
amorali
,
cupidi
di
denaro
,
fradici
di
lussuria
(
!
)
,
incommossi
(
!
)
al
sangue
e
alle
stragi
;
un
quissimile
(
!
)
dei
veneti
primitivi
,
rappresentati
dal
D
'
Annunzio
nella
Nave
(
!
!
!
)
,
accozzaglia
di
gente
atta
,
non
già
a
fondare
,
come
si
crede
,
grandezze
di
città
,
ma
piuttosto
a
popolare
manicomi
e
bagni
criminali
,
affatto
diversi
dai
bestioni
vichiani
(
!
!
)
,
che
erano
severi
ed
austeri
!
"
.
Ma
un
critico
il
quale
,
neppure
avendo
sotto
gli
occhi
il
commento
perpetuo
e
vivente
del
disordine
in
cui
si
agita
oggi
l
'
Europa
,
è
riuscito
a
capire
questa
parte
della
storia
di
Roma
;
un
critico
,
il
quale
innanzi
alla
pittura
di
uno
dei
disordini
morali
più
terribili
che
possano
affliggere
il
genere
umano
,
ripensa
oggi
-
nel
1921
-
alle
marionette
declamanti
della
Nave
e
va
in
cerca
di
non
so
quali
bestioni
;
quale
libro
di
storia
potrà
mai
capire
,
che
si
innanzi
un
poco
al
di
sopra
dei
manuali
per
il
ginnasio
inferiore
?
Lasciamolo
dunque
scambiare
le
rozze
compilazioni
del
Ranke
per
modelli
di
squisita
(
!
!
)
storiografia
!
Chi
si
contenta
,
gode
.
Dopo
aver
visto
quale
è
la
scienza
del
Croce
,
passiamo
alla
coscienza
.
Sentenzia
il
Croce
che
il
sottoscritto
non
avrebbe
"
saputo
...
tener
saldo
e
stretto
il
legame
tra
storiografia
e
filologia
;
non
già
perché
non
asserisca
questo
legame
in
teoria
e
non
procuri
nel
fatto
di
leggere
testi
e
consultare
la
letteratura
dell
'
argomento
e
porre
a
piè
di
pagina
le
citazioni
,
ma
perché
egli
ha
un
ben
curioso
concetto
della
costruzione
storica
,
e
crede
che
in
essa
si
debba
,
con
l
'
immaginazione
,
o
,
come
dice
,
con
la
congettura
integrare
le
fonti
,
laddove
il
senso
critico
vieta
coteste
integrazioni
e
nega
che
possano
mai
fornire
storia
e
storia
reale
.
Al
che
il
Ferrero
,
e
con
lui
i
suoi
difensori
,
obiettano
che
,
senza
le
congetture
e
le
immaginazioni
,
molta
parte
della
storia
rimarrebbe
arida
esposizione
e
compilazione
di
fonti
.
E
tal
sia
e
rimanga
,
quando
non
può
essere
altro
ossia
quando
mancano
le
condizioni
soggettive
ed
oggettive
perché
sorga
storia
vera
e
propria
;
meglio
allora
una
rassegna
di
fonti
,
che
un
sogno
sulle
fonti
...
"
.
E
più
oltre
:
"
Nella
fertile
imaginativa
del
Ferrero
,
nel
saper
sempre
per
filo
e
per
segno
la
politica
orientale
di
Antonio
,
e
la
politica
egiziana
di
Cleopatra
,
e
i
riposti
motivi
dello
strano
andamento
della
battaglia
di
Azio
,
nella
sua
professata
conoscenza
dei
dietroscena
,
e
nelle
sue
arie
di
persona
bene
informata
e
molto
esperta
,
che
sorride
della
visione
e
dei
giudizi
tradizionali
e
prepara
sempre
qualche
sorpresa
ai
lettori
,
in
questo
vizio
della
sua
mente
sta
un
'
altra
delle
cagioni
della
fortuna
incontrata
dall
'
opera
sua
"
.
A
questo
straordinario
giudizio
,
oppongo
il
passo
di
un
autore
,
a
cui
il
Croce
fa
certamente
più
credito
che
non
gliene
faccia
io
.
Dice
questo
autore
:
"
La
fantasia
è
indispensabile
allo
storico
;
la
critica
vuota
,
la
narrazione
vuota
,
il
concetto
senza
intuizione
e
fantasia
,
sono
affatto
sterili
;
e
ciò
si
è
detto
e
ridetto
in
queste
pagine
col
richiedere
la
viva
esperienza
degli
accadimenti
di
cui
si
prende
a
narrare
la
storia
,
il
che
importa
insieme
l
'
elaborazione
di
essi
come
intuizione
e
fantasia
;
senza
questa
ricostruzione
e
integrazione
fantastica
,
non
è
dato
né
leggerla
né
intenderla
"
.
Queste
cose
si
leggono
a
carte
29
e
30
della
Teoria
e
storia
della
Storiografia
di
Benedetto
Croce
.
Noi
sorprendiamo
qui
il
critico
in
flagrante
rovesciamento
sofistico
:
slealtà
,
che
dovrebbe
squalificare
uno
scrittore
,
come
la
codardia
squalifica
un
soldato
.
L
'
integrazione
fantastica
,
che
nel
libro
è
la
ragione
stessa
della
storia
,
diventa
nella
critica
la
sua
negazione
:
la
fertile
imaginativa
,
che
per
il
filosofo
è
la
prima
virtù
dello
storico
,
si
converte
in
un
vizio
della
mia
mente
,
non
appena
il
critico
vuole
screditare
tra
gli
ignoranti
un
'
opera
che
non
gli
piace
,
perché
ne
odia
l
'
autore
.
Ma
nella
fretta
il
Croce
ha
corroborato
il
sofisma
con
un
nuovo
errore
,
citando
come
esempio
della
mia
fertile
imaginativa
il
"
saper
spiegare
per
filo
e
per
segno
la
politica
orientale
di
Antonio
,
e
la
politica
egiziana
di
Cleopatra
,
e
i
riposti
motivi
dello
strano
andamento
della
battaglia
di
Azio
...
"
.
Anche
il
Croce
,
come
molti
giornalisti
,
ha
creduto
che
la
mia
fertile
fantasia
abbia
rifatto
a
quel
modo
la
storia
di
Antonio
e
di
Cleopatra
.
L
'
ha
rifatta
invece
la
paziente
erudizione
di
un
secolo
.
Incominciò
il
Letronne
,
un
prudentissimo
,
eruditissimo
e
punto
imaginoso
epigrafista
,
dimostrando
verso
il
1840
,
con
il
sussidio
di
monete
,
che
Antonio
aveva
sposato
Cleopatra
nel
36
a
.
C
.
,
e
spiegando
con
quelle
luminosamente
certi
passi
oscuri
di
scrittori
antichi
.
Seguì
l
'
ammiraglio
Giurie
de
la
Graviate
che
sottopose
ad
un
'
acuta
critica
le
tradizioni
antiche
della
battaglia
di
Aio
.
Ultimo
il
Cromare
,
il
quale
,
in
alcune
monografie
pubblicate
nell
'
Herpes
,
riprese
gli
studi
del
Lettone
e
del
Jurien
de
la
Graviate
,
li
illustrò
,
li
amplificò
,
li
integrò
,
li
confermò
e
li
corresse
.
Io
ho
soltanto
incastrato
nella
storia
del
tempo
,
e
ritoccandogli
qua
e
là
,
gli
studi
e
le
conclusioni
di
questi
predecessori
.
Non
la
mia
immaginazione
,
ma
i
miei
occhi
hanno
lavorato
:
a
leggere
i
loro
lavori
.
Se
in
questi
tempi
non
fosse
peccato
sprecare
carta
e
inchiostro
a
dimostrare
quello
che
è
ormai
già
manifesto
,
potrei
continuare
per
un
pezzo
.
Risparmio
perciò
i
miei
lettori
;
e
abbandono
senz
'
altro
il
Croce
al
giudizio
degli
imparziali
con
tutto
quel
che
resta
della
sua
critica
.
Aggiungerò
solo
tre
brevissime
osservazioni
.
Paragonandomi
ad
altri
storici
,
con
i
quali
egli
mi
ha
ascritto
ad
una
scuola
che
esiste
soltanto
nella
sua
imaginazione
,
il
Croce
dice
che
io
sono
"
meno
ammaliziato
nel
mestiere
storico
"
.
Sarà
.
Io
non
sapevo
che
la
storia
fosse
un
mestiere
,
il
quale
richieda
malizia
,
come
il
commercio
dei
cavalli
o
la
tratta
delle
schiave
bianche
.
Credevo
che
fosse
un
'
arte
,
per
riuscir
nella
quale
occorresse
imaginazione
,
studio
,
analisi
e
sintesi
,
esperienza
della
vita
,
acume
e
vigore
dialettico
!
Egli
mi
accusa
di
illudermi
di
aver
"
inventato
un
nuovo
metodo
d
'
esporre
la
storia
col
dividerla
non
per
epoche
ma
per
categorie
di
fenomeni
,
che
è
per
l
'
appunto
l
'
astratto
e
inconcludente
metodo
sociologico
...
"
.
Niente
affatto
.
Non
ho
inventato
,
ma
ho
proposto
questo
metodo
,
non
già
di
esporre
o
raccontare
ma
di
insegnare
a
voce
nelle
scuole
pubbliche
la
storia
;
e
questo
metodo
non
solo
non
è
astratto
e
inconcludente
,
ma
è
il
solo
che
possa
conchiudere
qualche
cosa
,
quando
si
ragioni
di
insegnamento
orale
.
Il
Croce
vede
una
prova
della
mia
inclinazione
per
il
sociologismo
(
che
cosa
sarà
mai
?
)
nella
mia
ammirazione
per
le
concezioni
storiche
di
Auguste
Comte
.
Se
il
Croce
abbia
letto
il
Comte
non
so
;
e
molti
indizi
mi
fanno
credere
che
anche
questo
filosofo
egli
conosca
di
seconda
mano
.
Io
l
'
ho
letto
;
e
dichiaro
che
ho
trovato
nei
tre
ultimi
volumi
del
suo
famoso
quanto
ignorato
Cours
de
philosophie
positive
,
le
vedute
più
profonde
della
storia
che
siano
state
pensate
nel
secolo
XIX
.
L
'
Europa
darà
segno
di
incominciare
ad
emergere
davvero
dalle
barbarie
in
cui
è
caduta
,
il
giorno
in
cui
questa
grande
voce
vincerà
il
vano
cicaleccio
di
tanti
filosofastri
,
che
oggi
la
soffoca
.
Ma
di
ciò
potremo
forse
ragionare
altra
volta
.