StampaPeriodica ,
Sono
almeno
quindici
anni
che
il
movimento
socialista
in
Italia
è
stato
colpito
da
paralisi
intellettuale
.
Gravissimo
fenomeno
di
decadenza
universalmente
rilevato
e
di
cui
oggi
stiamo
scontando
almeno
indirettamente
gli
effetti
.
Mentre
il
corpo
del
partito
si
dilatava
,
il
numero
dei
soci
si
moltiplicava
,
i
seggi
nei
comuni
e
in
Parlamento
aumentavano
,
il
livello
culturale
e
il
fervore
di
vita
intellettuale
venivano
meno
con
un
ritmo
impressionante
.
Causa
immediata
,
ma
superficiale
,
fu
l
'
allontanarsi
dal
movimento
socialista
del
favore
delle
nuove
generazioni
.
Molti
hanno
cercato
di
spiegare
il
fenomeno
,
ma
in
verità
nessuna
delle
ragioni
addotte
sembra
soddisfacente
.
Sono
profondamente
convinto
che
una
delle
cause
principali
della
crisi
è
da
ricercarsi
nella
diffusione
(
e
particolarmente
nel
modo
e
nella
direzione
della
diffusione
)
della
dottrina
marxista
in
Italia
.
Volendo
chiarire
ulteriormente
,
direi
che
l
'
errore
più
grave
consistette
nell
'
assumere
la
dottrina
marxista
a
pensiero
ufficiale
dei
gruppi
e
partiti
socialisti
.
Mi
si
chiederà
:
ma
di
quale
marxismo
intendete
parlare
?
Perché
,
oltre
la
marca
originale
,
v
'
è
una
marca
kautskiana
,
bernsteiniana
,
soreliana
,
mondolfiana
,
per
non
citare
che
le
più
note
.
Ora
,
proprio
in
questa
molteplicità
di
interpretazioni
e
riduzioni
,
che
sarebbero
segno
di
enorme
vitalità
e
libertà
di
pensiero
se
si
limitassero
a
distinguere
diverse
correnti
in
seno
ad
uno
stesso
movimento
che
tutte
le
comprenda
e
le
superi
,
sta
un
altro
fattore
della
crisi
.
Perché
quella
dottrina
che
veniva
assunta
a
pensiero
ufficiale
del
partito
,
a
forza
di
venir
corretta
,
annacquata
,
adulterata
,
o
,
più
semplicemente
,
interpretata
,
finì
per
trasformarsi
in
qualche
cosa
di
così
vago
ed
incerto
da
poter
ad
un
tempo
servire
ad
ogni
frazione
,
dalla
più
barricadiera
alla
più
riformista
;
per
ogni
problema
,
da
quello
più
trascendentale
a
quello
più
concreto
e
materiale
.
A
distanza
di
anni
e
di
mesi
gli
stessi
testi
venivano
usati
,
dalle
diverse
frazioni
succedentisi
al
potere
,
in
senso
radicalmente
diverso
.
Si
ebbero
così
tutti
i
mali
di
una
rigida
codificazione
autoritaria
affidata
in
concreto
alle
edizioni
delle
opere
del
Marx
,
e
tutti
i
mali
della
libera
interpretazione
,
di
fatto
troppo
spesso
affidata
al
primo
scriba
che
volesse
ammannirti
la
centesima
definitiva
edizione
del
pensiero
marxista
.
Nessuno
,
eccettuato
forse
il
Bernstein
,
che
in
questa
questione
vide
più
acutamente
d
'
ogni
altro
,
si
propose
di
veder
con
chiarezza
che
cosa
rimaneva
,
alla
chiusa
dei
conti
,
dopo
tutto
il
revisionismo
di
destra
e
di
sinistra
(
Pareto
,
Croce
,
Labriola
,
Bernstein
,
Turati
,
Merlino
,
Mondolfo
,
Leone
,
Sorel
...
)
del
corpo
originario
.
Si
trattava
,
e
ancor
oggi
si
tratta
,
di
eseguire
un
vero
e
proprio
bilancio
teorico
della
dottrina
marxista
che
,
partendo
da
basi
essenzialmente
scientifiche
e
realistiche
,
collo
scartare
cioè
tutto
ciò
che
è
in
contraddizione
coi
fatti
,
o
in
contraddizione
col
generico
indirizzo
del
partito
e
del
movimento
socialista
,
ci
dicesse
ciò
che
è
vivo
e
ciò
che
è
morto
del
marxismo
.
Tra
l
'
altro
si
verificò
anche
questo
:
che
il
partito
,
mentre
rimaneva
tenacemente
attaccato
alle
vecchie
tavole
,
si
andava
profondamente
modificando
,
specie
in
ordine
ai
metodi
della
lotta
.
E
,
al
pari
del
pigro
imbianchino
che
applica
il
nuovo
colore
sul
vecchio
,
cosicché
avviene
che
questo
,
a
distanza
di
tempo
,
intorbidi
quello
,
così
molti
socialisti
italiani
,
anziché
riconoscere
coraggiosamente
che
,
dopo
le
numerosissime
critiche
anche
da
loro
personalmente
ed
acutamente
avanzate
,
meglio
valeva
far
punto
e
da
capo
,
rinunziando
al
biglietto
d
'
ingresso
nel
tempio
marxista
,
si
accontentarono
di
riverniciare
a
nuovo
le
pareti
,
di
mutarne
le
porte
e
l
'
impiantito
.
Infatti
,
dopo
aver
preso
atto
delle
svariate
e
profondissime
critiche
che
scalzavano
sin
dalle
basi
alcuni
degli
antichi
principi
,
ci
si
continuò
bellamente
a
professare
marxisti
,
conchiudendo
con
un
atto
di
fede
(
segno
troppo
spesso
di
volgare
pigrizia
intellettuale
)
ciò
che
doveva
essere
un
atteggiamento
fondato
sulla
pura
ragione
.
Intanto
la
tara
a
peso
lordo
dell
'
originaria
dottrina
,
tara
sempre
sottintesa
e
mai
dichiarata
apertamente
,
venne
facendosi
sempre
più
imponente
e
radicale
;
la
scatola
rimaneva
e
il
contenuto
scompariva
lentamente
.
Lo
spazio
per
un
articolo
è
così
breve
,
che
io
non
mi
propongo
davvero
di
tentare
un
cotesto
bilancio
;
mi
limiterò
a
darne
sinteticamente
i
risultati
,
quei
risultati
meno
contrastati
e
per
nulla
originali
,
che
ognuno
avrà
agio
di
controllare
personalmente
,
anche
senza
uscire
dalla
collezione
della
«
Critica
sociale
»
.
Alla
definitiva
condanna
della
teoria
del
valore
doveva
seguire
quella
delle
«
crisi
»
,
della
«
miseria
crescente
»
,
dell
'
«
accentramento
capitalistico
»
,
della
«
scomparsa
delle
classi
medie
»
,
della
«
dittatura
del
proletariato
»
,
del
troppo
radicale
«
internazionalismo
»
,
della
«
funzione
della
violenza
»
.
In
una
parola
:
si
respingeva
tutto
ciò
che
costituiva
la
parte
positiva
del
socialismo
marxista
,
un
po
'
frutto
delle
tendenze
dell
'
epoca
,
un
po
'
infelicissimo
frutto
della
dialettica
hegeliana
,
e
una
notevole
parte
del
lato
negativo
in
ordine
alla
critica
della
economia
capitalistica
.
Si
veniva
così
chiaramente
delineando
una
distinzione
tra
l
'
opera
del
Marx
scienziato
e
l
'
opera
del
Marx
uomo
di
parte
,
di
fede
e
di
passione
.
Che
cosa
dunque
rimaneva
?
Io
direi
che
rimanevano
pressoché
intatti
i
due
caposaldi
del
pensiero
marxista
,
i
due
piloni
centrali
:
materialismo
storico
e
lotta
di
classe
.
Questo
è
il
monumento
imperituro
eretto
alla
memoria
di
Carlo
Marx
,
anche
se
sono
da
rigettarsi
la
troppo
larga
estensione
da
lui
data
alla
teoria
ed
alcune
tendenze
troppo
piattamente
materialistiche
,
per
lo
meno
nelle
espressioni
usate
.
Ma
nel
frattempo
,
dal
'73
al
'923
,
è
intervenuto
un
fatto
nuovo
e
rivoluzionatore
.
Tanto
la
teoria
economica
della
storia
,
quanto
la
teoria
della
lotta
di
classe
(
la
quale
in
realtà
non
costituisce
che
un
addentellato
importantissimo
della
prima
)
facevano
,
più
o
meno
integralmente
,
più
o
meno
chiaramente
,
il
loro
ingresso
nel
campo
scientifico
,
indipendentemente
da
partiti
e
da
chiese
;
venivano
sempre
più
considerati
quali
valori
obbiettivi
acquisiti
alla
coscienza
moderna
.
Si
può
essere
marxisti
senza
essere
socialisti
Liberali
e
nazionalisti
,
in
parte
gli
stessi
cattolici
,
già
riconoscono
il
fatto
lotta
di
classe
e
la
verità
del
materialismo
storico
,
sia
pure
con
la
limitazione
crociana
di
canone
di
interpretazione
;
filosofi
idealisti
,
come
il
Croce
,
che
così
grande
influsso
ebbe
ad
esercitare
sulla
cultura
italiana
,
furono
tra
i
primi
a
riconoscere
il
grande
valore
del
marxismo
;
la
nuova
scuola
storica
,
la
cosiddetta
scuola
economico
-
giuridica
,
che
annovera
tra
i
suoi
maggiori
il
Volpe
ed
il
Salvemini
,
accetta
questi
due
elementi
del
pensiero
marxista
come
principi
fondamentali
di
metodo
storico
.
Basta
d
'
altronde
aprire
un
giornale
,
sfogliare
una
rivista
,
intrattenersi
con
uno
studioso
di
scienze
sociali
,
intervistare
il
man
in
the
street
,
per
convincersi
che
molto
sangue
di
Marx
si
è
silenziosamente
trasfuso
nel
cuore
degli
stessi
più
acerrimi
nemici
delle
dottrine
di
lui
.
Quale
trionfo
più
grandioso
poteva
attendersi
da
un
'
opera
affidata
alle
speranze
di
una
classe
insorgente
,
in
scritti
frammentari
e
troppo
spesso
contraddittori
?
Ma
con
ciò
non
è
detto
che
oggi
l
'
essere
marxisti
voglia
dire
essere
socialisti
.
Il
fatto
che
scrittori
conservatori
come
il
Pareto
,
dotato
di
profondo
spirito
critico
,
abbiano
potuto
accettare
questa
parte
della
dottrina
marxista
,
conferma
a
chiare
note
che
si
può
essere
marxisti
senza
essere
socialisti
.
Questo
mi
sembra
un
punto
fondamentale
sul
quale
è
necessario
insistere
sino
alla
noia
.
Quello
che
di
veramente
positivo
in
senso
socialista
conteneva
il
pensiero
marxista
è
unanimemente
rigettato
,
o
perché
in
troppo
stridente
contraddizione
con
la
realtà
,
o
perché
in
urto
con
le
nuove
tendenze
liberali
democratiche
;
ma
nessuno
pensò
di
compiere
questa
elementare
operazione
di
sottrazione
e
di
interpretazione
del
risultato
.
Il
marxismo
ci
appare
oggi
più
come
un
principio
metodico
per
l
'
interpretazione
della
storia
,
che
una
vera
e
propria
filosofia
dell
'
azione
operaia
.
Principio
metodico
sempre
più
universalmente
accettato
quale
verità
obbiettiva
.
Ora
è
il
caso
di
domandarsi
:
v
'
è
qualcuno
che
,
parlando
di
geometria
o
di
fisica
,
si
professi
seguace
di
Euclide
o
di
Archimede
,
anche
se
diverse
possono
essere
le
opinioni
sulla
importanza
relativa
e
sull
'
originalità
del
loro
contributo
alla
scienza
?
Quelli
stessi
che
sostengono
la
grandiosità
del
contributo
non
sentono
davvero
la
necessità
di
assumere
una
tale
etichetta
.
Perché
la
etichetta
mi
si
passi
la
metafora
serve
generalmente
a
denotare
una
posizione
di
battaglia
in
difesa
di
principi
cui
siano
contrapposti
principi
diversi
,
senza
che
sia
possibile
stabilire
per
il
momento
da
qual
lato
stiano
verità
e
ragione
.
Così
oggi
abbiamo
i
seguaci
e
gli
oppositori
di
Einstein
,
ma
non
quelli
di
Galileo
;
e
il
giorno
in
cui
le
affermazioni
einsteiniane
risultassero
pienamente
accertate
,
la
scuola
tramonterà
e
non
vorrà
richiamarsi
al
suo
nome
,
che
più
non
sarà
simbolo
di
lotta
e
di
divisione
.
Essere
marxisti
,
oggi
,
non
esprime
dunque
gran
che
,
salvo
che
non
si
tratti
di
designare
con
quel
nome
quei
socialisti
,
abbastanza
numerosi
tuttora
,
che
di
Marx
assumono
dogmaticamente
verità
ed
errori
,
o
che
ne
deformano
l
'
interpretazione
riducendo
tutta
la
sua
filosofia
della
storia
ad
un
volgare
determinismo
.
V
'
è
infine
un
lato
della
questione
,
riguardante
da
presso
i
socialisti
gradualisti
,
che
rafforza
grandemente
questa
tesi
.
I
socialisti
gradualisti
e
democratici
sono
in
profondo
contrasto
con
tutto
lo
spirito
informatore
dell
'
opera
marxistica
.
Per
quanti
tentativi
di
conciliazione
si
possano
fare
,
la
dimostrazione
del
contrario
non
è
stata
mai
data
né
mai
potrà
darsi
.
Ma
,
se
anche
si
riuscisse
,
attraverso
inutili
sforzi
dialettici
,
a
provare
che
il
Marx
fu
in
sostanza
un
socialista
democratico
e
liberale
e
che
il
marxismo
,
nella
sua
parte
positiva
e
socialistica
,
in
nulla
vi
contrasta
,
allora
davvero
potremmo
a
buon
diritto
dire
:
poi
che
nel
marxismo
tutto
è
compreso
,
rivoluzionarismo
e
riformismo
,
materialismo
e
idealismo
,
dittatura
e
democrazia
,
liberalismo
e
tirannia
,
inutile
riferirsi
al
marxismo
!
Meglio
,
mille
volte
meglio
,
un
sano
empirismo
all
'
inglese
piuttosto
che
questo
cieco
e
tortuoso
dogmatismo
.
Da
tutto
ciò
balza
evidente
ed
imperiosa
la
conclusione
,
che
intanto
non
ha
senso
l
'
affermazione
essere
il
partito
socialista
un
partito
marxista
,
poi
che
il
marxismo
,
per
concorde
riconoscimento
,
nel
suo
valore
reale
ed
attuale
non
solo
è
diventato
,
o
è
sulla
via
di
diventare
,
patrimonio
universale
,
ma
non
indica
neppure
alcuna
tendenza
precisa
in
ordine
al
fine
ed
al
metodo
.
E
,
se
questo
è
vero
,
concesso
che
ad
un
partito
non
spetta
mai
l
'
opera
dello
storico
ma
piuttosto
quella
di
fare
la
storia
,
preparandone
ed
elaborandone
la
materia
prima
,
risulta
chiaro
che
i
principî
marxistici
,
fondamento
essenziale
per
l
'
interpretazione
delle
umane
vicende
,
hanno
da
passare
e
passano
automaticamente
in
seconda
linea
quando
si
tratti
di
agire
in
concreto
e
di
assumere
decisioni
positive
in
ordine
a
problemi
,
che
son
diversi
da
paese
a
paese
,
e
rapidamente
mutevoli
nel
tempo
.
Esistono
d
'
altronde
alcune
cause
,
in
parte
costanti
e
in
parte
contingenti
,
che
consigliano
l
'
abbandono
di
questa
tendenza
dogmatica
del
partito
,
di
questa
spesso
inconscia
ma
continua
subordinazione
dell
'
azione
concreta
d
'
un
movimento
di
masse
ad
una
rigida
teoria
.
Un
partito
ha
bisogno
di
un
grado
estremo
di
elasticità
,
di
una
grande
libertà
di
atteggiamenti
,
anche
se
è
necessario
che
mantenga
una
chiara
e
coerente
linea
di
condotta
nel
tempo
.
Un
partito
legato
ad
un
corpo
rigido
di
dottrine
finisce
per
appesantirsi
,
per
muoversi
con
una
lentezza
esasperante
,
sì
che
,
attaccato
da
una
tribù
di
veloci
predatori
,
risponde
a
destra
quando
già
l
'
attacco
si
è
spostato
a
sinistra
.
Questa
immagine
si
presentò
chiara
alla
mente
dell
'
osservatore
,
soprattutto
nel
dopo
guerra
,
in
ordine
a
due
serie
di
avvenimenti
:
rivoluzione
russa
e
lotta
tra
fascisti
e
socialisti
.
Si
è
dimostrato
,
con
una
meravigliosa
abbondanza
di
citazioni
,
che
la
rivoluzione
russa
è
in
flagrante
contraddizione
con
le
previsioni
del
marxismo
,
e
si
è
preteso
dedurne
che
era
vano
attendere
che
in
Russia
si
consolidasse
il
regime
comunistico
.
Effettivamente
la
rivoluzione
russa
si
è
ribellata
alle
formule
marxistiche
,
in
quanto
è
scoppiata
in
un
paese
di
civiltà
arretrata
e
in
un
periodo
in
cui
non
c
'
era
certo
sovrapproduzione
.
Ma
se
pure
eran
chiare
(
e
più
son
chiare
oggi
)
le
ragioni
per
cui
il
comunismo
integrale
dei
primi
anni
doveva
fatalmente
tramontare
,
è
tuttavia
certo
che
restano
sempre
da
compiersi
,
nel
solco
di
quella
rivoluzione
,
sforzi
utilissimi
in
senso
socialista
.
Perché
in
certi
momenti
occorre
accettare
le
condizioni
ambientali
nelle
quali
,
per
eventi
difficilmente
prevedibili
e
regolabili
,
ci
si
è
venuti
a
trovare
.
L
'
importante
,
dal
punto
di
vista
riformista
,
non
sta
nel
differenziarsi
in
ordine
alla
interpretazione
del
fenomeno
,
prendendo
atto
via
via
nel
caso
citato
della
liquidazione
fallimentare
della
rivoluzione
e
producendo
le
prove
del
sorgere
del
nuovo
spirito
capitalistico
nella
Repubblica
dei
Soviet
,
per
concludere
infine
con
un
inno
al
marxismo
;
ma
nel
differenziarsi
chiaramente
in
ordine
ad
un
fatto
fondamentale
:
la
dittatura
che
imperversa
in
Russia
,
l
'
assenza
di
un
regime
democratico
e
liberale
,
senza
peraltro
mai
dimenticare
quelle
che
possono
essere
state
le
dolorose
necessità
storiche
di
un
moto
rivoluzionario
in
un
paese
come
la
Russia
.
Nel
giudizio
e
nell
'
atteggiamento
riformista
rispetto
alla
rivoluzione
russa
,
la
troppo
stretta
aderenza
alle
formule
marxiste
ha
fatto
sì
che
si
condannasse
aprioristicamente
,
quasi
prima
che
nascesse
,
un
fenomeno
che
conteneva
e
contiene
tuttora
in
sé
maravigliosi
germi
di
vita
e
di
rinnovamento
.
Dichiaro
francamente
che
sarei
felicissimo
che
le
formule
marxistiche
risultassero
erronee
,
purché
la
rivoluzione
russa
conducesse
alla
stabilizzazione
di
un
regime
gradualmente
socialista
.
Riconosco
che
le
probabilità
attuali
sono
limitatissime
;
ma
il
compito
d
'
un
socialista
sta
non
nel
sabotare
quel
piccolo
fattore
di
probabilità
,
ma
al
contrario
,
nel
rafforzarlo
.
Il
secondo
avvenimento
che
dimostrò
l
'
impotenza
socialista
anche
dal
lato
intellettuale
fu
la
lotta
tra
fascisti
e
socialisti
.
Non
si
creda
,
per
carità
,
che
voglia
arrecare
a
conforto
della
mia
tesi
il
camaleontismo
di
Mussolini
e
dei
suoi
seguaci
.
Ma
,
tutto
sommato
,
sembra
che
,
tra
quel
camaleontismo
e
la
rigidezza
,
la
cecità
,
l
'
abulica
mummificazione
serratiana
,
v
'
era
e
v
'
è
tuttora
la
possibilità
di
un
atteggiamento
intermedio
.
Mentre
gli
uni
pestavano
,
gli
altri
(
non
tutti
,
s
'
intende
,
per
fortuna
)
strillavano
che
non
v
'
era
nulla
da
fare
,
che
eravamo
di
fronte
ad
un
fenomeno
internazionale
,
ad
una
crisi
fisiologica
propria
del
mondo
capitalistico
,
quasi
che
la
disfatta
risultasse
in
tal
modo
più
onorevole
e
meno
dolorosa
,
e
come
se
in
qualche
Stato
cotesta
reazione
non
avesse
dovuto
avere
il
suo
inizio
isolato
.
Nell
'
atteggiamento
di
molti
socialisti
,
tra
il
1919
e
il
1922
,
era
troppo
chiara
l
'
influenza
di
quel
fatalismo
cosiddetto
marxista
,
che
deriva
da
una
erronea
,
per
quanto
spiegabilissima
,
interpretazione
degli
scritti
più
conosciuti
di
Marx
.
Sarebbe
facile
continuare
coll
'
esemplificazione
;
ma
è
tempo
di
stringere
le
fila
del
discorso
.
Erronea
funzione
del
marxismo
in
seno
al
movimento
socialista
L
'
errore
fu
di
assumere
il
marxismo
a
termine
comune
di
partenza
,
di
paragone
,
di
arrivo
.
Si
finì
per
muoversi
in
un
campo
intellettualmente
chiuso
.
Tutto
era
orientato
in
un
unico
senso
;
tutte
le
discussioni
teoriche
concludevano
fatalmente
con
una
interpretazione
dell
'
opera
marxista
.
Ogni
controversia
,
ogni
questione
,
per
quanto
estranea
all
'
originario
corpo
dottrinale
,
ogni
fatto
,
financo
,
che
si
ribellasse
alle
linee
prevedute
e
volute
dell
'
evoluzione
,
veniva
riportato
,
a
forza
di
dialettica
,
nell
'
angusto
quadrato
della
teoria
,
o
condannato
e
trascurato
senz
'
altro
.
Insensibilmente
si
andò
creando
una
scuola
e
,
più
che
una
scuola
,
una
setta
,
con
una
sua
logica
,
disciplina
,
dialettica
,
munita
del
divino
specifico
buono
per
tutti
i
casi
e
che
stava
di
casa
nei
cinque
o
sei
volumi
,
editi
dal1'
«
Avanti
!
»
,
delle
opere
di
Marx
e
di
Engels
.
Una
setta
che
ad
ogni
costo
voleva
ospitare
nell
'
antico
edificio
le
nuove
tendenze
assolutamente
inconciliabili
con
le
antiche
,
che
contorceva
la
realtà
pur
di
collocarla
nel
gran
quadro
teorico
.
Una
nuova
Chiesa
,
insomma
,
colla
sua
pattuglia
di
filosofi
scolastici
,
solo
preoccupati
di
salvare
la
forma
e
il
metodo
a
dispetto
della
sostanza
.
Nei
congressi
,
anche
nei
periodi
più
dolorosi
,
anche
sotto
la
sferza
dei
colpi
e
delle
vittorie
fasciste
,
non
ci
si
batteva
,
no
,
sulle
questioni
concrete
e
veramente
essenziali
,
a
colpi
di
dati
,
di
cifre
,
di
fatti
,
ma
a
forza
di
citazioni
,
di
interpretazioni
,
di
sforzi
esegetici
.
Si
rileggano
i
discorsi
tenuti
nei
congressi
di
Bologna
,
di
Livorno
,
di
Milano
,
e
in
tutti
gli
altri
congressi
prebellici
.
Libero
scambio
,
suffragio
universale
,
educazione
popolare
,
sindacati
,
cooperative
,
politica
estera
in
genere
,
problemi
vitali
che
occorreva
esaminare
e
risolvere
con
spirito
realistico
,
strettamente
adeguando
l
'
azione
del
partito
a
quelli
che
sono
i
concreti
bisogni
di
una
particolare
collettività
in
un
determinato
momento
storico
,
finirono
per
essere
regolarmente
trascurati
,
o
semplicisticamente
esaminati
e
risolti
alla
luce
esclusiva
dei
principi
marxistici
.
Si
dimenticarono
così
il
Mezzogiorno
e
troppi
centri
rurali
;
la
politica
socialista
fu
talvolta
la
politica
dei
gruppi
operai
del
Settentrione
;
e
ciò
manifestamente
anche
per
l
'
influsso
di
ragioni
teoriche
.
Era
chiaro
che
,
una
volta
che
il
socialismo
poteva
svilupparsi
solo
nei
centri
di
avanzata
civiltà
capitalistica
,
e
che
tale
civiltà
capitalistica
era
una
tappa
necessaria
nella
evoluzione
dei
popoli
,
l
'
unica
politica
era
quella
delle
braccia
incrociate
.
E
intanto
gli
altri
partiti
,
e
il
popolare
in
ispecie
,
mietevano
.
E
il
problema
morale
?
Non
venne
forse
egualmente
trascurato
,
direi
anzi
colposamente
ignorato
?
E
quei
pochi
,
in
genere
riformisti
,
che
attivamente
si
adoprarono
in
tal
senso
,
sanno
quanto
dovettero
faticare
per
trionfare
quando
trionfarono
della
generale
apatia
.
Col
sorgere
di
questa
nuova
Chiesa
,
coi
suoi
miti
,
colle
sue
formule
,
coi
suoi
martiri
,
col
suo
profeta
,
anche
gli
individui
più
autonomi
,
dotati
d
'
ingegno
originale
e
costruttivo
e
che
in
una
atmosfera
di
libertà
reale
avrebbero
potuto
darci
opere
rivoluzionatrici
,
furono
attratti
nell
'
atmosfera
viziosa
del
dogma
e
della
sua
interpretazione
,
sì
che
,
a
forza
di
aggirarsi
nella
morta
gora
e
di
battagliare
intorno
alla
prefazione
del
Per
la
critica
dell
'
economia
politica
e
al
Manifesto
dei
Comunisti
,
vennero
progressivamente
perdendo
la
loro
originaria
capacità
.
Molti
si
allontanarono
dal
movimento
,
altri
si
trassero
in
disparte
.
I
giovani
ebbero
l
'
impressione
che
l
'
ingresso
nel
partito
significasse
indossare
una
terribile
cappa
di
piombo
annichilente
ogni
personalità
,
una
preventiva
rinunzia
a
qualunque
libertà
spirituale
,
il
divieto
di
orientarsi
verso
direzioni
nuove
.
L
'
imposizione
,
in
una
parola
,
di
un
ritmo
obbligato
di
pensiero
e
di
azione
.
Ed
oggi
,
nel
nuovo
partito
,
le
cose
sono
veramente
mutate
?
Il
marxismo
occupa
ufficialmente
la
posizione
antica
?
Dalla
tessera
,
dove
è
riprodotto
il
programma
del
1892
,
quando
ancora
il
revisionismo
era
di
là
da
venire
,
e
Bebel
e
Kautsky
erano
i
capi
spirituali
del
movimento
socialista
mondiale
,
e
dal
fatto
che
gli
uomini
che
dirigono
attualmente
il
movimento
appartennero
tutti
al
vecchio
partito
,
dovremmo
giudicare
che
nulla
vi
è
di
mutato
,
che
nulla
si
vuol
mutare
?
Spero
di
no
,
credo
di
no
!
Certo
però
che
un
legittimo
dubbio
rimane
sino
a
che
non
ci
si
pronunzierà
chiaramente
intorno
a
queste
questioni
.
Il
fatto
che
i
riformisti
abbiano
dovuto
combattere
tante
e
così
aspre
battaglie
contro
i
loro
colleghi
massimal
-
comunisti
per
ottenere
il
diritto
alla
critica
,
il
fatto
che
abbiano
tanto
insistito
per
porre
in
rilievo
il
nome
del
nuovo
partito
(
Unitario
)
,
affermando
sin
dall
'
inizio
di
voler
rispettare
ed
accogliere
le
frazioni
dissidenti
purché
concordi
genericamente
,
sono
tutti
sintomi
confortanti
.
La
stessa
«
Critica
»
da
qualche
mese
a
questa
parte
ha
aperto
largamente
le
sue
colonne
agli
eretici
.
Ancora
uno
sforzo
,
un
deciso
mutamento
di
rotta
in
senso
schiettamente
liberale
,
e
si
potrà
confidare
nelle
possibilità
di
un
domani
non
lontano
.
In
un
articolo
recente
il
Weiss
si
è
dichiarato
recisamente
contrario
alla
vecchia
politica
dei
blocchi
per
la
libertà
.
Non
ho
capito
bene
se
la
critica
voleva
essere
solo
di
metodo
(
blocco
)
o
anche
di
fine
(
lotta
per
la
libertà
)
.
L
'
articolista
si
augurava
che
un
nuovo
periodo
revisionistico
,
serio
e
coraggioso
,
volto
soprattutto
alla
formulazione
di
un
programma
minimo
,
si
inaugurasse
nel
partito
unitario
.
Ora
io
ritengo
che
le
possibilità
revisionistiche
siano
in
relazione
strettissima
coll
'
atmosfera
di
libertà
intellettuale
in
seno
al
partito
.
Si
tratta
pur
sempre
di
un
problema
di
libertà
,
del
trionfo
cioè
del
metodo
liberale
,
sia
all
'
interno
che
all
'
esterno
del
partito
.
Quando
all
'
atteggiamento
dogmatico
succede
l
'
atteggiamento
critico
,
il
rinnovamento
è
già
in
atto
.
Sarebbe
invece
inutile
voler
accingersi
alla
compilazione
di
minuziosi
ed
elaborati
programmi
concreti
,
certamente
indispensabili
,
come
propone
il
Weiss
,
quando
fa
difetto
quel
largo
spinto
liberale
cui
sopra
accennavo
.
Non
occorre
dunque
trasformarsi
tutti
in
accaniti
volontaristi
,
o
in
empirici
all
'
inglese
,
o
proporsi
di
creare
una
nuova
filosofia
ufficiale
dell
'
azione
operaia
.
Che
ognuno
sia
veramente
libero
,
una
volta
che
abbia
genericamente
accettati
i
metodi
e
gli
scopi
del
partito
,
di
pensare
a
suo
modo
.
E
,
perché
ciò
avvenga
(
ecco
il
punto
!
)
e
perché
non
si
tratti
di
una
frase
retorica
,
occorre
che
il
partito
smetta
le
vecchie
vesti
,
rifiuti
la
vecchia
etichetta
,
sia
non
socialista
marxista
,
ma
semplicemente
socialista
.
Si
parla
tanto
della
necessità
di
rinvigorirne
le
file
coll
'
immissione
di
nuovo
sangue
giovanile
,
e
sono
certo
che
ai
discorsi
corrisponde
un
desiderio
preciso
.
Né
mancano
per
fortuna
,
in
vari
centri
,
gruppi
di
giovani
desiderosi
di
far
confluire
in
un
movimento
di
masse
le
loro
aspirazioni
ideali
e
la
loro
volontà
di
azione
.
Molti
di
essi
fecero
capo
un
giorno
ai
gruppi
cosiddetti
«
salveminiani
»
;
oggi
vivono
in
uno
sdegnoso
e
fiero
isolamento
,
tenacissimi
avversari
dei
vincitori
.
Bisogna
conquistarsi
la
simpatia
di
cotesti
gruppi
.
Per
quanto
in
numero
limitato
,
essi
costituiscono
una
grande
forza
in
un
paese
così
povero
di
élites
come
il
nostro
.
Sono
frequentemente
sulla
grande
linea
del
pensiero
democratico
-
socialista
,
ma
ognuno
ha
il
suo
particolare
carattere
e
,
se
volete
,
la
sua
particolare
eresia
.
Non
basta
dir
loro
:
entrate
liberamente
.
Occorre
,
in
un
certo
senso
,
andar
loro
incontro
,
dimostrando
che
l
'
ambiente
,
l
'
atmosfera
,
è
radicalmente
e
definitivamente
mutata
.
Non
basta
correggere
la
intestazione
degli
articoli
di
fondo
,
o
il
testo
degli
ordini
del
giorno
nei
comizi
e
in
Parlamento
,
ma
bisogna
dimostrare
che
il
cambiamento
è
avvenuto
negli
spiriti
,
nelle
coscienze
,
che
una
diversa
,
più
critica
visione
della
vita
e
della
lotta
politica
è
subentrata
.
Basta
coi
dogmi
,
con
le
frasi
fatte
,
con
le
vecchie
formule
.
Mentre
i
marosi
incalzano
da
ogni
parte
e
il
navicello
traballa
,
una
ferma
volontà
di
sottoporsi
ancora
una
volta
al
vaglio
crivellatore
della
critica
,
di
rivedere
tanti
postulati
che
sembrano
intangibili
,
di
fare
un
processo
al
passato
onde
evitare
i
medesimi
errori
per
l
'
avvenire
,
sarebbe
prova
di
profondo
rinnovamento
.
StampaPeriodica ,
Il
7
novembre
1917
il
piccolo
nucleo
dei
rivoluzionari
bolscevichi
2.000
in
tutta
la
Russia
riusciva
con
audacissima
azione
a
impadronirsi
del
potere
nel
più
grande
Stato
unitario
della
terra
.
Gli
spalancò
la
via
non
tanto
la
forza
delle
armi
,
quanto
il
crollo
del
vecchio
apparato
statale
zarista
avvenuto
nel
marzo
e
l
'
ansia
di
pace
e
di
terra
dei
contadini
soldati
.
È
probabile
che
i
bolscevichi
fossero
all
'
epoca
più
gli
interpreti
che
i
creatori
di
una
situazione
.
Ma
essi
seppero
antivedere
la
direzione
dell
'
onda
sociale
formidabile
che
tutti
poteva
travolgere
sul
suo
cammino
,
loro
eccettuati
;
loro
che
appunto
in
ragione
di
quella
audacia
riuscirono
a
riordinare
le
acque
sconvolte
,
anzi
a
così
solidamente
arginarle
da
impedire
anche
le
più
lievi
increspature
.
Sotto
la
dittatura
grandi
cose
furono
compiute
in
questi
diciassette
anni
.
Spezzata
la
controrivoluzione
,
spodestato
il
profitto
e
vinta
la
fame
terribile
degli
inizi
si
costruì
una
grande
industria
di
stato
,
si
collettivizzarono
le
campagne
,
si
educarono
diecine
di
milioni
di
giovani
.
La
stabilità
insolente
del
regime
sovietico
,
comunque
si
voglia
giudicarlo
,
umilia
il
mondo
borghese
.
Esso
fornisce
l
'
alternativa
,
costituisce
una
sfida
.
E
l
'
alternativa
,
la
sfida
,
la
dialettica
,
dei
principi
e
delle
esperienze
,
furono
e
saranno
sempre
sorgenti
di
liberazione
e
di
perfezionamento
.
Ma
si
attuò
il
socialismo
?
Neppure
i
bolscevichi
osano
sostenerlo
.
La
loro
pretesa
è
che
la
via
sulla
quale
si
sono
messi
è
la
via
buona
,
anzi
l
'
unica
via
che
porti
al
socialismo
.
Si
può
discutere
:
non
già
perché
la
via
sia
durissima
,
ma
perché
troppo
spesso
costringe
a
marciare
in
una
direzione
contraria
alle
méta
.
Il
socialismo
non
è
dittatura
,
non
è
iper
-
Stato
,
non
ammette
il
freddo
sacrificio
di
più
generazioni
d
'
uomini
a
piani
imposti
dall
'
alto
;
soprattutto
non
si
concilia
con
l
'
obbedienza
passiva
dei
più
.
Nel
migliore
dei
casi
bisogna
ammettere
che
si
è
ancora
lontani
,
molto
lontani
dal
socialismo
in
Russia
.
Il
socialismo
fu
sempre
concepito
come
l
'
attuazione
integrale
del
principio
di
libertà
,
come
umanesimo
totale
.
La
violenza
,
le
terribili
discipline
,
le
socializzazioni
,
i
piani
,
si
presentano
,
nei
confronti
del
socialismo
,
come
dei
mezzi
,
alcuni
indispensabili
,
altri
discutibili
,
ma
pur
sempre
dei
mezzi
da
porsi
al
servizio
dell
'
uomo
.
Che
cosa
è
allora
un
socialismo
senza
libertà
,
uno
Stato
socialista
che
non
può
vivere
se
non
eternando
la
dittatura
?
È
un
socialismo
che
dalle
cose
non
è
ancora
passato
nelle
coscienze
,
che
anzi
per
rivoluzionare
le
cose
è
costretto
ad
opprimere
le
coscienze
:
è
uno
Stato
che
,
pur
proponendosi
di
liberarla
,
schiaccia
la
società
.
Ecco
perché
noi
,
pur
riconoscendo
che
la
rivoluzione
di
ottobre
di
cui
la
Russia
celebra
in
questi
giorni
l
'
anniversario
,
è
un
evento
che
apre
una
epoca
nuova
nella
storia
dell
'
umanità
,
pur
affermando
che
la
caduta
del
regime
sovietico
costituirebbe
una
tremenda
jattura
che
dobbiamo
concorrere
ad
evitare
,
e
che
la
sua
esperienza
è
decisiva
per
tutti
i
movimenti
rivoluzionari
,
noi
non
riusciamo
ad
esaltarci
nel
ricordo
esclusivo
di
Ottobre
.
Ciò
che
ci
esalta
,
ciò
che
profondamente
sentiamo
,
è
invece
la
grande
epopea
della
Rivoluzione
Russa
.
Chi
abbatté
lo
zarismo
?
Chi
ne
minò
le
fondamenta
morali
e
politiche
?
Chi
fece
del
proletariato
di
Mosca
e
di
Pietroburgo
l
'
avanguardia
della
classe
operaia
mondiale
?
Chi
portò
tra
i
contadini
la
speranza
in
un
Millennio
che
dai
cieli
dei
Popi
si
trasferiva
sulle
terre
di
questa
terra
?
Chi
?
Il
partito
bolscevico
?
È
troppo
poco
.
I
bolscevichi
raccolsero
per
tutti
:
forse
era
fatale
che
fosse
così
.
Ma
quanti
prima
di
loro
,
con
loro
e
anche
dopo
di
loro
,
oggi
dimenticati
e
magari
diffamati
,
lavorarono
e
morirono
per
la
Rivoluzione
Russa
?
Decembristi
che
col
loro
martirio
provarono
l
'
utopia
di
una
trasformazione
liberale
dell
'
impero
;
santi
maledetti
che
si
levarono
soli
,
tra
l
'
indifferenza
e
l
'
ostilità
universali
,
a
predicare
il
nuovo
verbo
,
morendo
negli
esilii
e
nelle
galere
;
Herzen
che
da
Londra
faceva
giungere
il
suono
della
sua
Campana
nella
patria
lontana
,
finché
anche
quel
suono
non
fu
più
ascoltato
;
Bakunin
,
cavaliere
errante
della
rivoluzione
;
Netchaieff
e
la
lunga
tragica
serie
dei
terroristi
impiccati
,
tra
cui
il
fratello
di
Lenin
,
o
seppelliti
per
venti
anni
consecutivi
in
galera
,
come
la
Figner
;
la
stupenda
fioritura
di
scrittori
che
alla
rivoluzione
portarono
il
fermento
e
la
consacrazione
dell
'
arte
;
le
migliaia
di
giovani
che
rinunciarono
alla
loro
classe
per
«
andare
al
popolo
»
;
gli
operai
,
affratellati
con
gli
intellettuali
nei
circoli
segreti
,
che
dopo
il
1900
trascineranno
la
massa
in
epici
scioperi
,
che
nel
1905
si
drizzeranno
in
piedi
e
saranno
schiacciati
,
ma
che
proseguiranno
la
lotta
e
nel
1917
vivranno
la
breve
illusione
di
una
liberazione
gioiosa
e
poi
,
a
ottobre
,
dovranno
rassegnarsi
a
recare
un
ordine
duro
e
terribile
nel
caos
minacciante
affinché
tutto
non
andasse
perduto
e
tre
generazioni
di
giovani
non
si
fossero
sacrificate
invano
.
Tutto
questo
e
molto
più
di
questo
è
la
Rivoluzione
Russa
.
È
questa
Rivoluzione
che
noi
vogliamo
ricordata
,
che
noi
esaltiamo
,
non
già
in
contrapposto
alla
rivoluzione
di
ottobre
,
ma
oltre
,
più
in
alto
di
Ottobre
,
perché
in
essa
,
negli
uomini
e
nei
movimenti
che
la
prepararono
e
la
condussero
a
un
primo
inizio
ritroviamo
i
nostri
maestri
e
i
motivi
fondamentali
che
ci
animano
nella
lotta
.
Siamo
consapevoli
della
difficoltà
,
della
complessità
del
nostro
atteggiamento
di
fronte
alla
Russia
Sovietica
.
Più
semplice
sarebbe
esaltarla
senza
riserve
,
come
fanno
i
comunisti
.
L
'
adesione
totale
consente
loro
di
appoggiarsi
a
uno
Stato
,
assicura
loro
un
grande
potere
di
attrazione
e
di
propaganda
.
Il
loro
programma
,
straordinariamente
concreto
,
si
riassume
in
una
frase
:
fare
altrove
,
fare
in
Italia
ciò
che
fu
fatto
,
ciò
che
si
fa
in
Russia
.
Mai
dei
rivoluzionari
furono
tanto
convincenti
e
realisti
.
Ma
possono
i
rivoluzionari
,
nella
fase
di
attacco
,
aderire
senza
discriminazioni
,
senza
critiche
a
un
ordine
positivo
e
limitato
così
lontano
dall
'
ideale
a
cui
si
richiamano
,
a
un
ordine
ancora
fonte
di
tante
ingiustizie
ed
errori
;
a
uno
Stato
,
a
una
politica
,
a
una
diplomazia
,
a
una
ragion
di
Stato
?
Porre
la
questione
è
risolverla
.
I
rivoluzionari
non
possono
fare
della
politica
nel
senso
ordinario
della
parola
;
non
possono
transigere
sui
principi
e
chiuder
gli
occhi
sui
mali
esistenti
.
La
forza
di
rovesciare
un
mondo
,
più
che
dalle
esperienze
positive
altrui
,
viene
dalla
visione
di
un
mondo
ideale
.
Se
quel
mondo
ideale
lo
si
identifica
in
un
mondo
esistente
e
imperfetto
,
il
potenziale
rivoluzionario
è
destinato
a
cadere
.
Fare
la
rivoluzione
russa
in
Italia
?
Ma
l
'U.R.S.S
.
è
uno
Stato
che
milioni
di
persone
hanno
visitato
in
lungo
e
in
largo
,
toccando
con
mano
pregi
e
difetti
,
grandezze
e
miserie
.
Dopo
diciassette
anni
di
esistenza
,
l
'U.R.S.S
.
non
è
più
un
ideale
.
Costituisce
tutt
'
al
più
un
mito
per
le
folle
incolte
e
sofferenti
,
e
un
incoraggiamento
per
noi
.
Difatti
Mussolini
autorizza
tranquillamente
le
edizioni
italiane
dei
discorsi
di
Stalin
,
le
storie
del
bolscevismo
,
la
Vita
di
Trotzky
,
mentre
i
funzionari
fascisti
posano
a
filobolscevichi
.
Leviamoci
dunque
l
'
illusione
che
si
possa
fare
in
Italia
la
copia
,
sia
pure
riveduta
e
corretta
,
della
rivoluzione
di
ottobre
.
Nella
storia
del
nostro
paese
,
il
giacobinismo
fornisce
già
un
esemplare
infelice
di
rivoluzione
ricalcata
.
La
rivoluzione
italiana
provvederà
per
vie
sue
,
secondo
le
necessità
e
le
lotte
italiane
ed
europee
.
La
Russia
,
con
la
quale
si
stabiliranno
certo
rapporti
fraterni
,
sarà
per
noi
non
un
punto
di
arrivo
ma
di
partenza
;
sarà
soprattutto
un
capitale
di
preziose
esperienze
.
Sia
ben
chiaro
che
siamo
mossi
a
dir
questo
non
da
una
ridicola
ambizione
provinciale
,
da
una
assurda
riedizione
del
mito
del
Primato
italiano
;
ma
dal
convincimento
della
originalità
irriducibile
di
ogni
rivoluzione
e
della
necessaria
autonomia
della
coscienza
rivoluzionaria
,
la
quale
esige
rottura
integrale
con
ciò
che
è
in
nome
di
ciò
che
deve
essere
.
Nel
«
deve
essere
»
la
Ceka
,
le
masse
deportate
,
i
casi
,
piccoli
o
grandi
che
siano
,
Trotzky
,
Serge
,
Petrini
,
la
meccanica
dittatoriale
,
l
'
oppressione
burocratica
,
non
rientrano
.
L
'
imperativo
categorico
non
si
lascia
mettere
al
condizionale
.
I
comunisti
,
aderendo
completamente
alla
realtà
russa
attuale
,
alienano
senza
avvedersene
la
loro
spontaneità
rivoluzionaria
;
costretti
a
preoccuparsi
più
di
riscuotere
la
fiducia
di
Mosca
che
la
fiducia
dell
'
Italia
,
non
riescono
a
dire
una
parola
nuova
e
fresca
ai
giovani
.
Quanti
tra
loro
sentono
l
'
assurdo
di
una
lotta
contro
la
dittatura
fascista
condotta
in
nome
di
un
'
altra
,
anche
se
diversissima
,
dittatura
!
Quanti
vorrebbero
spezzare
il
rigido
quadro
teorico
e
pratico
per
ristabilire
un
contatto
semplice
e
umano
coi
fatti
,
con
la
realtà
italiana
,
con
la
stessa
realtà
russa
!
Ma
non
possono
.
L
'
ostracismo
che
li
minaccia
,
quando
non
ne
fa
dei
ribelli
,
li
piega
.
Tuttavia
noi
non
sappiamo
essere
esclusivi
;
non
pretendiamo
di
possedere
il
monopolio
del
vero
.
Riconosciamo
che
l
'
immensità
della
esperienza
in
corso
nella
Russia
rende
probabilmente
inevitabile
l
'
esistenza
di
un
forte
partito
comunista
in
Italia
;
riconosciamo
che
esso
si
è
battuto
in
questi
anni
con
grande
coraggio
.
Ma
sosteniamo
la
necessità
assoluta
dell
'
esistenza
di
un
'
altra
corrente
rivoluzionaria
,
più
aderente
alla
storia
,
alle
esperienze
,
ai
bisogni
italiani
e
più
libera
nei
suoi
atteggiamenti
verso
la
Russia
.
Non
è
detto
che
le
due
correnti
debbano
combattersi
.
Nell
'
ora
dell
'
attacco
marceranno
unite
.
StampaPeriodica ,
Borghese
o
proletario
il
nostro
movimento
?
Borghese
assolutamente
no
.
L
'
antiborghesismo
non
è
in
noi
una
civetteria
verbale
non
siamo
di
quelli
che
hanno
paura
delle
parole
;
è
la
conseguenza
di
una
meditata
e
definitiva
condanna
dell
'
ordine
,
dell
'
economia
,
degli
istituti
,
della
morale
borghese
.
Croce
ed
Einaudi
hanno
un
bell
'
ammonirci
che
la
borghesia
è
un
falso
concetto
e
che
la
classe
non
esiste
;
noi
la
borghesia
italiana
la
ritroviamo
con
nettissima
intuizione
di
classe
attorno
al
fascismo
.
Questa
borghesia
,
in
Italia
e
in
Europa
,
la
sentiamo
e
la
vogliamo
condannata
.
I
suoi
diritti
sono
privilegi
.
Le
sue
libertà
si
risolvono
in
soprusi
.
Il
fatto
che
essa
non
riesca
ormai
più
a
governare
quasi
dovunque
che
con
la
forza
brutale
,
sollevando
ribellioni
formidabili
che
per
la
prima
volta
non
si
innestano
su
una
guerra
perduta
,
dimostra
che
come
classe
dirigente
è
finita
.
Siamo
allora
un
movimento
proletario
?
Se
«
movimento
proletario
»
significa
movimento
che
identifica
la
sua
causa
con
quella
della
emancipazione
umana
,
con
la
causa
degli
operai
,
dei
contadini
,
dei
lavoratori
di
ogni
razza
e
paese
materialmente
sfruttati
e
moralmente
umiliati
,
la
risposta
è
categorica
:
sì
,
G.L.
è
un
movimento
proletario
.
G.L.
non
sarà
mai
dall
'
altra
parte
della
barricata
qualunque
possano
essere
gli
errori
e
le
debolezze
che
si
commetteranno
da
questa
parte
delle
barricate
.
La
questione
,
prima
ancora
che
di
principio
,
è
di
destino
,
di
elezione
.
Siamo
con
la
classe
lavoratrice
;
i
nemici
della
classe
lavoratrice
sono
i
nostri
nemici
;
le
vittorie
della
classe
lavoratrice
sono
le
nostre
vittorie
.
Se
fossimo
demagoghi
o
dittatori
scriveremmo
addirittura
che
siamo
la
classe
lavoratrice
.
Ma
noi
sappiamo
che
classe
lavoratrice
vuol
dire
milioni
e
milioni
di
uomini
che
se
oggi
sono
ridotti
a
servitù
domani
si
libereranno
,
cioè
svilupperanno
innumeri
energie
libere
.
Nessuna
ipoteca
,
quindi
,
e
nessuna
esclusiva
rappresentanza
.
Se
invece
«
movimento
proletario
»
dovesse
significare
,
come
spesso
oggi
significa
,
movimento
di
classe
degli
operai
industriali
,
degli
operai
manuali
delle
città
e
delle
grandi
fabbriche
,
con
le
appendici
secondarie
e
disprezzate
dei
contadini
,
piccoli
borghesi
e
intellettuali
,
rispondiamo
:
no
.
In
questo
senso
G.L.
non
è
,
né
tiene
ad
essere
un
movimento
proletario
.
Non
già
perché
disconosca
che
i
lavoratori
delle
fabbriche
costituiscono
la
frazione
più
forte
,
più
preparata
del
proletariato
,
la
più
aperta
agli
ideali
socialisti
.
Ma
perché
i
lavoratori
delle
fabbriche
costituiscono
in
ogni
paese
,
e
in
Italia
particolarmente
,
una
minoranza
,
e
neppure
la
più
oppressa
;
una
minoranza
il
cui
peso
relativo
tende
a
diminuire
anziché
ad
aumentare
per
il
crescere
dei
ceti
medi
e
piccolo
borghesi
;
una
minoranza
assolutamente
incapace
da
sola
di
rovesciare
l
'
ordine
borghese
o
anche
solo
di
fare
fronte
vittoriosamente
alla
reazione
fascista
.
La
storia
del
dopo
guerra
,
la
crisi
,
i
fascismi
offrono
in
materia
testimonianze
decisive
.
Un
movimento
proletario
moderno
deve
,
pena
l
'
impotenza
,
mettere
accanto
agli
operai
,
sullo
stesso
piano
degli
operai
,
senza
gerarchie
assurde
e
intollerabili
,
tutte
le
altre
categorie
di
lavoratori
.
Il
socialismo
,
sino
ad
ora
concepito
come
il
patrimonio
ideale
di
una
classe
eletta
,
la
classe
degli
operai
dell
'
industria
,
a
cui
spetterebbe
il
vanto
di
realizzarlo
,
si
deve
concepire
come
il
patrimonio
ideale
di
tutti
gli
uomini
.
Ogni
uomo
,
operaio
,
contadino
,
artigiano
,
impiegato
,
professionista
che
sia
deve
essere
messo
in
grado
di
partecipare
alla
lotta
su
piede
di
perfetta
eguaglianza
;
deve
sentire
che
il
socialismo
non
significa
per
lui
in
nessun
caso
una
decadenza
,
una
diminuzione
(
la
famosa
proletarizzazione
preventiva
!
)
,
ma
la
estrinsecazione
di
tutto
il
suo
potenziale
umano
.
Nella
fase
storica
che
attraversiamo
,
la
fase
del
fascismo
,
delle
guerre
imperialistiche
e
della
decadenza
capitalistica
,
le
analisi
spettrali
del
marxismo
non
servono
gran
che
.
La
storia
ha
sconvolto
le
sapienti
catalogazioni
e
procede
a
sbalzi
,
con
tagli
netti
e
frane
gigantesche
.
In
quanti
paesi
non
si
è
visto
il
movimento
operaio
funzionare
da
forza
conservatrice
,
mentre
i
movimenti
piccolo
borghesi
ricorrevano
alla
violenza
e
coi
disoccupati
,
nuovo
proletariato
squalificato
,
passavano
alla
reazione
?
Bando
perciò
alla
scolastica
per
attenersi
all
'
essenziale
.
Quando
un
mondo
decade
e
la
materia
sociale
diventa
incandescente
,
le
valvole
sociologiche
saltano
.
Da
una
parte
i
rivoluzionari
,
i
sovvertitori
,
quelli
che
l
'
Ufficio
stampa
chiama
i
«
sobillatori
»
,
riuniti
secondo
affinità
semplici
ma
fondamentali
;
dall
'
altra
i
conservatori
,
i
profittatori
dell
'
ordine
attuale
.
La
rivoluzione
non
deve
più
reclutare
chiedendo
:
sei
tu
proletario
?
Credi
al
materialismo
storico
?
Riconosci
in
Marx
il
tuo
Dio
e
in
Lenin
(
o
in
Jaurès
)
il
tuo
profeta
?
Vuoi
la
tessera
A
.
,
B
.
,
C
.
?
Deve
chiedere
:
credi
che
il
mondo
possa
continuare
a
marciare
sulla
testa
anziché
sulle
gambe
?
Non
ti
pare
che
all
'
uomo
potrebbe
assegnarsi
un
compito
più
interessante
di
quello
di
servire
il
profittatore
,
lo
Stato
e
i
generali
?
Una
civiltà
che
ti
dà
l
'
ordine
fascista
e
un
nuovo
macello
in
vista
non
equivale
a
una
nuova
barbarie
che
bisogna
combattere
su
tutti
i
fronti
e
con
tutte
le
armi
?
StampaPeriodica ,
La
critica
più
frequente
che
viene
rivolta
al
nostro
movimento
è
di
non
fare
sufficiente
assegnamento
sulle
«
masse
»
,
di
dare
nell
'
azione
antifascista
più
peso
alle
minoranze
audaci
e
combattive
che
al
popolo
lavoratore
.
Di
qui
l
'
accusa
d
'
individualismo
,
di
volontarismo
romantico
,
di
culto
dell
'
eroismo
ecc
.
Definiamo
innanzi
tutto
la
parola
«
masse
»
.
Esiste
un
primo
significato
generico
e
apolitico
per
il
quale
le
masse
sono
semplicemente
il
grosso
della
popolazione
di
un
paese
qualunque
sia
il
suo
sistema
sociale
,
il
suo
livello
di
vita
e
di
educazione
,
il
rapporto
interno
tra
le
classi
.
Masse
tedesche
,
sovietiche
,
francesi
,
americane
.
Evidentemente
non
è
questo
significato
che
c
'
interessa
.
Esiste
poi
un
secondo
significato
della
parola
masse
,
specifico
,
differenziato
,
politico
,
per
il
quale
per
masse
si
intende
la
classe
più
numerosa
e
produttiva
della
società
,
la
classe
lavoratrice
,
nelle
sue
frazioni
politicamente
più
attive
e
organizzate
.
Masse
sono
,
nei
paesi
liberi
o
relativamente
tali
,
quelle
centinaia
di
migliaia
,
quei
milioni
di
lavoratori
che
avendo
senso
di
dignità
e
di
libertà
partecipano
alla
lotta
politica
attraverso
i
partiti
,
i
sindacati
e
le
varie
organizzazioni
a
larga
base
.
Nei
momenti
più
intensi
della
vita
politica
,
a
queste
masse
di
militanti
si
aggiungono
masse
anche
più
vaste
di
simpatizzanti
che
votano
,
partecipano
alle
agitazioni
,
ai
comizi
ecc
.
Le
masse
francesi
sono
,
per
esempio
,
oggi
particolarmente
attive
e
assommano
certamente
a
qualche
milione
.
In
base
a
questa
definizione
,
è
facile
vedere
come
non
sia
possibile
parlare
di
masse
attive
,
nel
senso
politico
della
parola
,
e
di
lavoro
di
massa
nei
paesi
a
dittatura
fascista
.
La
dittatura
fascista
ha
distrutto
le
organizzazioni
politiche
ed
economiche
della
classe
operaia
togliendo
a
questa
ogni
libertà
e
diritto
e
ha
intruppato
gli
operai
nelle
sue
organizzazioni
che
hanno
lo
scopo
d
'
impedire
,
sistematicamente
,
ogni
vita
politica
delle
masse
.
I
lavoratori
,
paralizzati
dalla
miseria
,
ricattati
dalla
disoccupazione
,
oppressi
dal
terrore
legale
,
controllati
sul
lavoro
e
fuori
del
lavoro
,
messi
in
una
quasi
materiale
impossibilità
di
formarsi
politicamente
,
sono
ridotti
a
vivere
in
uno
stato
di
passività
di
cui
il
fascismo
profitta
per
le
sue
parate
militaresche
sportive
.
Nei
paesi
fascisti
la
classe
lavoratrice
non
vive
più
come
classe
,
non
ha
più
autonomia
né
coscienza
di
classe
.
È
inerte
.
Dalla
massa
,
nel
senso
politico
,
si
è
tornati
alla
massa
nel
senso
numerico
e
amorfo
.
Questa
è
la
realtà
delle
cose
in
Italia
e
in
Germania
,
la
realtà
da
cui
noi
i
romantici
prendiamo
le
mosse
;
non
già
beninteso
per
accettarla
,
ma
per
modificarla
.
Perché
,
infatti
,
lottiamo
?
Appunto
perché
vogliamo
che
le
masse
si
muovano
liberamente
,
si
emancipino
dalle
tutele
e
dalle
oppressioni
capitalistiche
dittatoriali
,
possano
vivere
politicamente
,
cioè
si
compongano
di
uomini
liberi
,
autonomi
,
fieri
,
raccolti
in
libere
associazioni
.
Ma
altro
è
lottare
,
come
noi
facciamo
,
con
la
classe
lavoratrice
perché
si
emancipi
materialmente
e
moralmente
e
si
affermi
nella
vita
politica
attraverso
una
storica
lotta
rivoluzionaria
,
e
altro
è
dire
che
le
masse
sono
in
Italia
già
poste
in
movimento
.
Altro
è
dire
che
il
fine
è
di
mettere
in
movimento
le
masse
,
e
altro
è
dire
che
si
può
svolgere
oggi
una
vera
azione
di
masse
.
Allo
stato
attuale
delle
cose
in
Italia
,
noi
sosteniamo
che
la
sola
azione
fondamentale
che
si
riesca
a
condurre
è
un
'
azione
di
nuclei
ristretti
,
di
minoranze
attive
e
battagliere
che
si
dànno
come
compito
essenziale
quello
di
educare
i
quadri
per
la
lotta
rivoluzionaria
,
di
attaccare
nei
punti
più
deboli
il
nemico
,
e
soprattutto
di
tenersi
pronti
per
utilizzare
con
la
massima
rapidità
e
decisione
le
circostanze
favorevoli
che
prima
o
poi
necessariamente
si
presenteranno
.
In
sostanza
,
noi
ci
prepariamo
per
la
crisi
inevitabile
,
per
la
crisi
che
cerchiamo
di
precipitare
e
di
ingigantire
.
Le
grandi
masse
quando
è
che
si
metteranno
in
movimento
?
Quando
la
crisi
scoppierà
.
Vale
a
dire
quando
si
riuscirà
a
spezzare
o
a
disgregare
il
formidabile
meccanismo
oppressivo
che
imprigiona
le
masse
.
Il
lavoro
decisivo
di
massa
lo
potremo
fare
solo
allora
.
Non
prima
.
Il
fascismo
non
ci
darà
un
Empire
libéral
.
Qual
è
dunque
il
nostro
peccato
in
materia
di
masse
e
di
azione
di
masse
?
Quello
di
dire
brutalmente
le
cose
come
sono
,
quando
gli
altri
amano
farle
più
rosee
e
più
facili
.
Noi
per
esempio
diciamo
chiaro
e
tondo
,
in
base
a
un
'
esperienza
quinquennale
,
che
in
una
città
italiana
non
si
trovano
oggi
,
non
si
sono
mai
trovati
,
dalle
leggi
eccezionali
in
poi
,
più
di
50-100-200
cittadini
politicamente
attivi
disposti
a
partecipare
alla
lotta
rivoluzionaria
(
nei
villaggi
si
è
ridotti
alle
unità
)
.
Il
partito
comunista
,
in
mancanza
delle
masse
,
ha
preso
l
'
abitudine
di
chiamare
«
masse
»
questi
50-100-200
cittadini
politicamente
attivi
;
e
poiché
questi
cittadini
,
questi
rivoluzionari
sono
quasi
tutti
proletari
,
piccolo
borghesi
e
intellettuali
che
hanno
abbracciato
la
causa
proletaria
,
ha
preso
l
'
abitudine
anche
peggiore
di
dire
a
ogni
piè
sospinto
che
«
le
masse
»
si
battono
,
si
ribellano
contro
il
capitalismo
,
e
che
l
'
azione
di
massa
incede
,
procede
,
precipita
.
Tutta
qui
la
differenza
?
Tutta
qui
.
Forse
in
noi
,
specie
dopo
l
'
esperienza
tedesca
nel
corso
della
quale
abbiamo
visto
i
due
più
grandi
partiti
di
massa
del
mondo
moderno
il
socialdemocratico
e
il
comunista
sciogliersi
come
neve
al
sole
,
si
è
accentuata
la
convinzione
che
era
anche
di
Lenin
che
nel
periodo
rivoluzionario
essenziale
è
il
compito
della
minoranza
rivoluzionaria
forgiatasi
nel
periodo
della
lotta
illegale
;
ma
,
a
prescindere
da
questo
convincimento
che
più
che
un
convincimento
è
un
'
esperienza
,
è
fuor
di
dubbio
che
anche
noi
diamo
alle
masse
e
all
'
attività
delle
masse
tutto
il
peso
che
loro
spettano
.
Le
masse
sono
il
popolo
,
e
noi
siamo
col
popolo
.
Le
masse
sono
la
classe
lavoratrice
,
e
noi
ci
confondiamo
con
essa
.
Le
masse
aspirano
a
una
democrazia
integrale
,
e
noi
lottiamo
per
conseguirla
.
Ma
senza
demagogia
,
senza
grottesche
adorazioni
.
Specie
agli
inizi
delle
crisi
rivoluzionarie
,
quando
le
masse
mancano
di
tradizione
politica
,
esse
possono
commettere
degli
errori
,
cedere
,
deviare
,
aderire
a
compromessi
.
La
funzione
dei
movimenti
rivoluzionari
è
allora
di
resistere
.
StampaPeriodica ,
Il
Partito
Socialista
è
stato
per
trent
'
anni
(
1892-1921
)
il
centro
propulsivo
e
organizzativo
di
tutta
la
lotta
proletaria
in
Italia
.
Furono
prima
i
tempi
dell
'
apostolato
e
della
intransigenza
ideale
,
quando
la
gioventù
accorreva
al
partito
,
la
predicazione
elementare
risvegliava
le
folle
e
la
persecuzione
in
forme
ben
più
blande
delle
attuali
eccitava
l
'
energia
dei
militanti
.
Poi
,
dopo
il
1900
,
furono
i
tempi
del
lavoro
positivo
,
paziente
,
di
organizzazione
e
di
lotta
sul
terreno
elettorale
,
sindacale
,
cooperativo
,
diretto
non
già
a
rivoluzionare
il
sistema
sociale
,
ma
a
strappare
,
nel
nuovo
clima
democratico
,
il
massimo
di
vantaggi
compatibili
con
la
esistenza
di
un
regime
borghese
progressivo
.
Ma
la
possibilità
di
un
riformismo
fruttuoso
,
che
non
degenerasse
in
mero
opportunismo
,
non
durò
che
pochi
anni
.
Ben
presto
si
toccarono
i
limiti
dell
'
azione
riformatrice
e
il
partito
,
paralizzato
dal
dissidio
tra
riformismo
e
rivoluzionarismo
,
e
tra
azione
politica
e
azione
sindacale
,
decadde
.
Con
la
guerra
di
Libia
ritornò
alla
intransigenza
,
ma
il
suo
risveglio
fu
blanquista
,
verbale
,
demagogico
piuttosto
che
seriamente
,
rivoluzionario
.
Lo
si
vedrà
nella
grande
guerra
quando
il
neutralismo
trionfò
con
la
formula
del
non
appoggiare
né
sabotare
.
Le
masse
si
radicalizzarono
e
la
fine
della
guerra
segna
per
il
partito
un
formidabile
ritorno
di
popolarità
e
di
adesione
di
popolo
.
Ma
lo
spirito
,
i
metodi
e
i
quadri
non
sono
all
'
altezza
.
Il
partito
socialista
aveva
troppa
parte
nella
vita
quotidiana
del
paese
,
era
appesantito
da
troppi
interessi
e
preoccupazioni
immediate
,
era
troppo
legato
,
nonostante
il
suo
massimalismo
rumoroso
,
al
clima
liberale
ed
elettorale
prebellico
,
per
assumere
una
iniziativa
rivoluzionaria
alla
quale
,
oltretutto
,
era
tecnicamente
impreparato
.
Subì
le
circostanze
,
in
luogo
di
dominarle
,
lasciando
passare
il
periodo
favorevole
così
ad
una
grande
politica
riformatrice
di
governo
,
come
ad
un
tentativo
di
sovversione
violenta
.
In
sostanza
prolungò
nel
dopoguerra
il
neutralismo
di
guerra
,
sempre
più
dilaniato
dalle
aspre
lotte
di
tendenza
.
Cosicché
quando
la
reazione
fascista
,
col
favore
della
violenta
crisi
economica
del
'20-21
,
si
abbatté
sudi
lui
,
non
trovò
un
organismo
vivo
,
agile
e
combattivo
,
ma
una
armatura
pesante
utile
solo
a
fini
elettorali
e
propagandistici
.
Il
partito
si
scompose
,
mentre
alla
base
solo
delle
minoranze
,
sempre
più
isolate
,
e
non
di
rado
sconfessate
,
si
batterono
eroicamente
.
Nel
gennaio
1921
fu
la
secessione
comunista
.
Nell
'
ottobre
1922
fu
la
scissione
tra
massimalisti
e
riformisti
.
Il
partito
socialista
,
organo
politico
unitario
di
tutto
il
proletariato
italiano
,
era
finito
.
Una
nuova
fase
si
apriva
nella
vita
italiana
e
nelle
lotte
proletarie
.
Per
quanto
dolorosa
e
negativa
ne
sia
stata
la
conclusione
,
l
'
azione
trentennale
del
partito
socialista
ha
lasciato
tuttavia
un
solco
indelebile
nella
storia
del
nostro
paese
.
Per
opera
sua
una
plebe
,
specie
nel
Nord
e
nel
Centro
,
si
trasformò
in
popolo
,
migliorò
grandemente
,
con
sforzo
autonomo
,
le
proprie
condizioni
di
vita
,
acquistò
dignità
civile
e
coscienza
di
classe
.
Una
nuova
generazione
di
capi
politici
e
sindacali
,
per
la
maggior
parte
saliti
dalle
officine
e
dai
campi
,
portò
nel
piccolo
e
privilegiato
mondo
della
politica
italiana
un
soffio
rinnovatore
.
L
'
Italia
,
sino
allora
campo
di
preda
di
piccole
cricche
parassitarie
e
retrograde
,
conobbe
,
per
merito
del
partito
socialista
,
le
prime
esperienze
di
democrazia
e
di
lotta
politica
autentiche
.
Più
ci
si
allontana
nel
tempo
e
più
,
vista
nel
suo
assieme
,
la
sua
opera
grandeggia
.
Lo
stesso
fascismo
,
per
la
penna
dei
suoi
rari
scrittori
(
vedi
ad
esempio
:
Volpe
,
Storia
d
'
Italia
)
è
forzato
ad
ammettere
il
molto
che
il
popolo
italiano
deve
al
partito
socialista
,
almeno
sino
alla
guerra
.
Che
cosa
resta
oggi
,
dopo
quattordici
anni
di
fascismo
,
del
vecchio
partito
socialista
?
Non
è
facile
rispondere
alla
domanda
.
L
'
Italia
è
un
mistero
.
La
nuova
generazione
cresce
nell
'
ignoranza
o
si
orienta
in
base
a
oscure
intuizioni
.
Occorre
distinguere
il
socialismo
come
ideale
,
come
movimento
,
che
abbraccia
correnti
molteplici
e
si
può
dire
fornisca
la
piattaforma
indeclinabile
di
ogni
antifascismo
d
'
avvenire
,
dal
socialismo
come
partito
,
bandito
in
patria
,
scisso
all
'
estero
,
non
più
in
grado
di
assicurare
nel
suo
seno
l
'
unità
politica
del
proletariato
.
In
Italia
certo
sopravvivono
centinaia
di
migliaia
di
lavoratori
che
per
anni
e
decenni
hanno
conosciuto
e
seguito
il
partito
,
votato
per
lui
alle
elezioni
,
obbedito
alle
sue
parole
più
popolari
un
Turati
,
un
Prampolini
,
un
Treves
,
per
il
suo
glorioso
giornale
,
l
'
«
Avanti
!
»
,
conservano
un
attaccamento
nostalgico
.
Si
tratta
generalmente
di
uomini
maturi
inadatti
alla
lotta
clandestina
e
a
una
opposizione
di
attacco
,
orientati
piuttosto
verso
soluzioni
moderate
della
crisi
italiana
(
di
compromesso
,
si
suol
dire
)
,
ma
sui
quali
un
futuro
partito
socialista
,
specie
per
un
'
attività
legale
ed
elettorale
,
potrebbe
sempre
contare
.
Tra
loro
si
annoverano
migliaia
di
antichi
dirigenti
,
grandi
e
piccoli
,
ex
deputati
,
funzionari
,
organizzatori
di
leghe
e
cooperative
,
intellettuali
,
alquanto
stanchi
e
scettici
,
ma
sicuri
e
competenti
,
che
al
partito
hanno
molto
sacrificato
e
che
domani
specie
se
il
domani
sarà
vicino
gli
assicurerebbero
dei
quadri
.
Le
nuove
reclute
sono
poche
,
di
provenienza
piuttosto
intellettuale
che
operaia
;
sentono
pochissimo
il
partito
;
il
loro
socialismo
è
critico
,
marxista
umanistico
,
spesso
con
venature
libertarie
antistatali
.
I
rapporti
che
hanno
all
'
interno
con
i
vecchi
quadri
del
partito
sono
scarsi
;
ma
non
per
loro
colpa
.
Nell
'
esilio
si
sono
riorganizzati
e
vivono
da
dieci
anni
i
due
partiti
:
il
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
,
aderente
alla
II
Internazionale
,
e
il
Partito
Socialista
Italiano
(
massimalista
)
.
La
loro
consistenza
e
influenza
reale
è
tuttavia
assai
diversa
.
Il
primo
può
dirsi
un
partito
.
Il
secondo
,
nelle
sue
proporzioni
attuali
,
non
è
che
un
gruppo
superstite
.
Sino
ad
alcuni
anni
fa
i
quadri
,
anche
all
'
estero
,
del
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
erano
forniti
esclusivamente
dall
'
antica
ala
riformista
.
Turati
,
Treves
(
mancati
nel
1932
e
1933
)
,
Modigliani
,
Buozzi
,
Baldini
,
Rugginenti
,
Faraboli
,
Rondani
,
Piemonte
,
Morgari
sono
i
nomi
più
noti
.
Ma
nel
1930
il
partito
si
rinforza
e
modifica
alquanto
la
sua
fisionomia
con
l
'
ingresso
di
un
gruppo
di
massimalisti
capeggiato
da
Nenni
,
oggi
attivo
segretario
del
partito
.
Più
tardi
vi
aderirono
alla
spicciolata
alcuni
ex
comunisti
,
tra
i
quali
Tasca
e
Santini
,
ed
alcuni
trotzkisti
.
Talché
oggi
è
difficile
fissare
la
posizione
precisa
del
partito
e
il
peso
delle
varie
correnti
,
anche
se
si
può
con
sicurezza
affermare
che
esso
non
è
più
identificabile
col
vecchio
riformismo
.
Un
miglioramento
rispetto
al
passato
non
si
può
negare
.
In
alcuni
suoi
membri
segnatamente
Tasca
,
Saragat
,
Joseph
il
partito
mostra
preoccupazioni
di
cultura
e
di
rinnovamento
;
non
monta
la
guardia
irosa
al
passato
;
e
pare
disposto
a
favorire
una
«
ricostruzione
»
del
partito
che
avvenga
in
base
a
motivi
ed
esperienze
attuali
,
spinto
a
ciò
anche
dalla
collaborazione
libera
di
un
limitato
ma
serio
gruppo
di
giovani
socialisti
residenti
in
Italia
.
Ma
la
sua
adesione
alla
II
Internazionale
,
mentre
gli
assicura
una
risonanza
e
degli
appoggi
non
indifferenti
,
lo
costringe
a
molta
diplomazia
in
materie
che
richiederebbero
invece
,
in
periodi
come
gli
attuali
,
la
massima
spregiudicatezza
.
Non
si
è
ancora
liberato
,
e
forse
,
fintanto
che
resterà
in
esilio
nella
formazione
odierna
,
non
si
libererà
mai
,
dalla
preoccupazione
di
conservare
,
anche
formalmente
,
la
continuità
con
l
'
antico
partito
socialista
,
a
cui
si
illude
che
un
giorno
,
rinsaviti
i
comunisti
e
caduti
i
fascisti
,
si
possa
tornare
.
Ciò
gli
vieta
quel
riesame
a
fondo
delle
condizioni
e
dei
metodi
della
lotta
proletaria
senza
del
quale
la
ricostruzione
socialista
è
un
'
utopia
,
inducendolo
a
tollerare
,
all
'
interno
,
in
omaggio
alla
anzianità
delle
tessere
e
a
una
male
intesa
democrazia
,
un
tono
fiacco
e
amministrativo
di
esistenza
.
Nel
suo
seno
esiste
indubbiamente
una
minoranza
di
rivoluzionari
.
Ma
il
partito
,
nel
suo
insieme
,
rivoluzionario
non
è
né
,
se
se
ne
eccettuano
pochi
elementi
,
si
è
mostrato
sinora
capace
di
un
organico
sforzo
di
azione
.
Saprà
compiere
un
deciso
passo
innanzi
,
facendosi
centro
di
una
rinascita
effettiva
,
non
solo
ideologica
,
ma
pratica
,
cioè
di
lotta
vissuta
e
combattuta
,
del
socialismo
?
A
giugno
è
annunciato
il
Congresso
dal
quale
dovrebbe
sortire
precisata
la
sua
fisionomia
.
Dubitiamo
però
che
un
partito
socialista
inquadrato
nella
II
Internazionale
riesca
a
sfuggire
alla
linea
classica
di
evoluzione
propria
a
tutti
i
partiti
socialisti
europei
.
Il
partito
massimalista
italiano
,
per
cause
varie
,
ma
di
cui
la
principale
è
la
deficienza
di
quadri
,
è
quello
in
cui
più
forte
si
mantiene
,
nonostante
i
dinieghi
,
il
culto
delle
memorie
,
assieme
alla
sicurezza
assiomatica
che
esso
,
e
non
altri
,
dovrà
necessariamente
tornare
ad
avere
un
giorno
in
Italia
il
posto
e
la
funzione
del
vecchio
partito
.
Nel
suo
seno
le
questioni
di
rappresentanza
e
di
forma
assumono
una
importanza
davvero
eccessiva
.
Peccato
,
perché
esso
comprende
alcuni
gruppi
di
operai
seri
e
attivi
che
,
se
non
fossero
ostacolati
e
deviati
da
una
polemica
spicciola
continua
,
parteciperebbero
con
slancio
a
una
lotta
rivoluzionaria
.
La
lettura
dell
'
organo
quindicinale
del
massimalismo
l
'
«
Avanti
!
»
(
il
«
Nuovo
Avanti
»
è
invece
il
settimanale
del
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
)
richiama
irresistibilmente
alla
mente
l
'
atmosfera
e
i
motivi
del
1919
,
nonostante
l
'
avversione
violenta
perla
Russia
sovietica
.
La
critica
massimalista
ha
soprattutto
uno
scopo
:
dimostrare
che
il
massimalismo
fu
,
è
e
sempre
sarà
nel
giusto
e
nel
vero
.
Perisca
il
mondo
,
sopravvengano
pure
esperienze
decisive
come
quelle
dei
diciotto
anni
che
passano
dal
1919
ai
giorni
nostri
,
si
riduca
pure
il
partito
a
un
gruppo
chiuso
,
ma
che
mai
si
smentiscano
le
classiche
formule
massimalistiche
.
La
sua
intransigenza
è
negativa
.
Non
è
il
prodotto
di
un
'
azione
vigorosa
,
che
dalla
sua
stessa
nettezza
deriva
la
ripugnanza
a
cadere
in
posizioni
generiche
e
in
alleanze
incerte
;
sembra
nascere
,
al
contrario
,
piuttosto
da
una
deficienza
d
'
azione
.
Anche
il
massimalismo
si
riunirà
presto
a
Congresso
;
ma
la
lotta
interna
,
condotta
sulla
falsariga
delle
antiche
lotte
di
tendenza
del
'19-20
,
non
offre
nessun
tema
vivo
.
Gli
uni
accusano
gli
altri
,
e
gli
altri
accusano
gli
uni
,
di
peccare
per
infedeltà
alle
vecchie
tavole
,
di
«
liquidare
»
il
partito
.
Il
partito
non
sarà
«
liquidato
»
,
almeno
come
nome
.
E
così
si
andrà
avanti
.
Non
è
che
non
comprendiamo
l
'
attaccamento
al
partito
da
parte
di
chi
per
venti
,
trent
'
anni
gli
ha
tutto
sacrificato
,
o
al
partito
deve
d
'
essere
sortito
dall
'
inferno
sociale
e
dal
limbo
politico
in
cui
viveva
.
Ma
una
cosa
è
rispettarlo
per
il
suo
effettivo
valore
e
vigore
strumentale
;
un
'
altra
cosa
è
idolatrarlo
quasi
fine
a
sé
.
Una
cosa
è
ricordare
con
rispetto
,
esaltare
gli
episodi
della
storia
passata
del
partito
e
le
battaglie
che
onorano
il
proletariato
italiano
;
un
'
altra
cosa
è
immaginarsi
che
il
vecchio
partito
sia
sopravvissuto
alla
crisi
e
costituisca
ancora
una
realtà
attuale
.
No
.
Il
partito
socialista
del
1892-1921
è
finito
.
Vive
nella
storia
appunto
perché
non
vive
più
nella
politica
.
Appartiene
ad
un
'
altra
epoca
.
Quanto
più
ci
si
sforzerà
di
prolungarne
artificialmente
l
'
eco
,
tanto
più
ci
si
voterà
all
'
accademia
.
Ogni
epoca
,
ogni
lotta
offre
,
confeziona
,
i
suoi
strumenti
di
azione
.
Il
partito
socialista
fu
l
'
organo
di
azione
e
di
educazione
politica
del
proletariato
italiano
nella
fase
della
democrazia
prebellica
.
Il
dopoguerra
spalanca
una
fase
nuova
decisiva
,
della
lotta
proletaria
in
tutta
Europa
,
e
soprattutto
nei
paesi
che
stanno
subendo
l
'
esperienza
del
fascismo
.
Si
convincano
inoltre
i
socialisti
di
tutte
le
scuole
che
oggi
,
sulla
base
del
solo
partito
socialista
,
per
quanto
ringiovanito
,
allargato
,
ricostruito
,
non
si
arriverà
mai
a
mettere
in
piedi
un
movimento
veramente
forte
,
né
si
conseguirà
l
'
unità
proletaria
.
Il
partito
comunista
,
cui
noi
non
risparmiamo
le
critiche
,
è
e
resta
una
realtà
con
la
quale
dobbiamo
tutti
fare
i
conti
.
La
scissione
comunista
ha
mutilato
non
solo
il
socialismo
italiano
,
ma
il
socialismo
europeo
,
spostando
a
destra
l
'
asse
dei
partiti
socialisti
e
irrigidendoli
su
posizioni
arretrate
o
inefficaci
.
Per
fortuna
la
nuova
svolta
comunista
,
ancor
troppo
confinata
al
piano
tattico
,
favorisce
la
rottura
delle
cristallizzazioni
,
anzi
impone
a
tutti
un
riesame
spregiudicato
dei
problemi
della
lotta
proletaria
,
non
base
1919
,
ma
base
1937
.
Meno
preoccupazioni
di
partito
,
dunque
,
e
più
di
politica
socialista
e
proletaria
.
Meno
disegni
di
ideali
ricostruzioni
socialiste
,
e
più
di
pratiche
unioni
di
tutte
le
forze
e
correnti
vive
proletarie
,
la
comunista
inclusa
.
E
quando
si
discute
,
si
discuta
sui
temi
centrali
dell
'
oggi
e
del
domani
,
non
dell
'
ieri
.
Altrimenti
il
pensiero
e
l
'
azione
socialista
,
per
quanto
universali
siano
i
motivi
che
l
'
animano
,
resteranno
sempre
sezionali
,
polemici
,
prigionieri
delle
fatali
divisioni
che
vogliamo
cancellare
,
che
dobbiamo
cancellare
,
che
cancelleremo
,
non
a
profitto
di
questa
o
quella
chiesa
,
ma
a
profitto
della
rinascita
proletaria
in
Italia
e
nel
mondo
,
della
rivoluzione
alla
quale
tutti
siamo
votati
e
per
la
quale
da
tanti
anni
e
con
tanti
sacrifici
lavoriamo
.
StampaPeriodica ,
Perché
l
'
unità
si
avvicini
,
perché
l
'
unità
si
faccia
,
bisogna
che
essa
appaia
e
sia
il
risultato
di
un
'
opera
attiva
,
insistente
,
di
tutte
le
parti
.
Altrimenti
coloro
che
meno
avranno
contribuito
saranno
inevitabilmente
dominati
dalla
preoccupazione
di
essere
assorbiti
,
di
scomparire
in
un
organismo
non
proprio
;
e
quanto
più
l
'
unificazione
entrerà
nel
rango
delle
possibilità
concrete
,
faranno
macchina
indietro
.
Sbagliamo
,
o
tocchiamo
qui
quello
che
al
momento
attuale
è
nel
campo
italiano
uno
dei
principali
ostacoli
alla
unificazione
?
Una
certa
pigrizia
mentale
,
un
certo
passivismo
e
conservatorismo
ideologico
;
un
onesto
timore
,
anche
,
che
,
le
basi
teoriche
per
l
'
unificazione
non
essendo
ancora
sufficientemente
elaborate
,
si
corra
all
'
avventura
.
Questi
stati
d
'
animo
e
questo
timore
,
che
sarebbe
un
errore
voler
condannare
in
blocco
,
sono
essenzialmente
il
riflesso
del
fatto
emigratorio
.
L
'
emigrazione
porta
a
sopravvalutare
le
questioni
dottrinali
,
favorendo
la
visione
stereotipa
di
uomini
,
cose
,
partiti
e
situazioni
.
Anziché
facilitare
la
liquidazione
delle
querele
e
il
riassorbimento
delle
scissioni
,
le
eternizza
.
I
partiti
,
come
gli
uomini
,
sono
esseri
abitudinari
.
Dove
manca
lo
stimolo
trasformatore
della
vita
politica
vera
,
l
'
abitudine
più
pesante
prevale
.
L
'
unificazione
,
o
anche
uno
stretto
rapporto
di
unità
di
azione
,
disturba
,
pone
un
sacco
di
problemi
,
scomoda
consuetudini
di
lavoro
e
di
collaborazione
inveterate
,
costringe
a
molto
ripensare
e
rivedere
.
A
che
pro
,
ci
si
domanda
,
quando
l
'
orizzonte
è
ancora
chiuso
?
Tiriamo
avanti
come
siamo
,
cinque
partiti
e
gruppi
,
con
le
rispettive
direzioni
,
sedi
,
programmi
,
giornali
.
Tiriamo
avanti
finché
si
può
.
Bisogna
pur
dire
che
queste
resistenze
sono
dovute
anche
al
modo
meccanico
e
grossolano
con
cui
spesso
si
concepisce
l
'
unificazione
proletaria
.
Anziché
come
il
prodotto
di
una
nuova
sintesi
,
come
la
fondazione
di
un
nuovo
partito
proletario
che
utilizza
e
fonde
tutte
le
energie
,
ci
viene
presentata
come
una
poco
attraente
somma
numerica
di
partiti
e
di
tessere
tradizionali
,
da
operarsi
sotto
il
segno
di
un
reciproco
compromesso
e
di
una
reciproca
constatata
debolezza
.
Il
partito
comunista
cede
un
poco
di
terreno
;
il
partito
socialista
avanza
un
poco
;
e
l
'
errore
del
1921
è
riparato
.
Troppo
semplice
e
troppo
difficile
a
un
tempo
.
Troppo
semplice
,
perché
la
scissione
,
anche
se
superata
in
molte
delle
sue
cause
,
non
avvenne
per
un
equivoco
o
per
motivi
superficiali
.
Troppo
difficile
,
perché
la
lunga
separazione
ha
accentuato
le
autonomie
,
gli
orgogli
e
,
in
una
certa
misura
,
anche
le
distanze
.
Senza
contare
che
altre
forze
e
formazioni
,
anche
se
per
ora
modeste
,
si
sono
nel
frattempo
affacciate
.
Contano
poco
ancora
come
tessere
,
ma
contano
abbastanza
come
fermento
critico
,
come
idee
,
e
anche
come
impulso
e
capacità
di
azione
.
Perché
la
causa
dell
'
unità
proletaria
faccia
un
serio
passo
innanzi
,
bisogna
riproporsi
con
spirito
aperto
e
con
ferma
volontà
di
azione
l
'
intero
problema
della
rivoluzione
proletaria
in
Italia
.
Pensare
meno
al
1921
,
e
più
al
1937
.
Dimenticare
la
vecchia
Italia
giolittiana
e
avere
l
'
occhio
rivolto
all
'
Italia
mussoliniana
.
E
vedere
questa
rivoluzione
non
in
teoria
,
ma
in
pratica
,
in
movimento
,
in
sviluppo
.
La
lotta
condotta
gomito
a
gomito
è
una
grande
risolvitrice
di
dibattiti
teorici
!
Prendiamo
,
ad
esempio
,
un
problema
,
certo
importante
,
come
quello
della
struttura
del
partito
,
che
avremo
del
resto
occasione
di
esaminare
in
altro
articolo
.
Le
differenze
di
concezione
sono
grandi
.
Però
tutti
sappiamo
che
il
partito
che
lotta
contro
uno
Stato
fascista
totalitario
non
può
assolutamente
concepirsi
come
il
partito
che
lottava
contro
la
monarchia
costituzionale
.
Se
anziché
eternare
la
disputa
tra
centralismo
autoritario
e
democrazia
interna
esaminassimo
come
concretamente
può
e
deve
operare
il
partito
rivoluzionario
in
Italia
,
non
diciamo
che
saremmo
d
'
accordo
ma
certo
molto
terreno
comune
si
potrebbe
scoprire
.
Quel
che
vale
per
la
struttura
del
partito
,
vale
per
molte
altre
questioni
di
metodo
,
di
tattica
.
È
d
'
altronde
la
stessa
concezione
della
rivoluzione
proletaria
che
si
è
venuta
modificando
sensibilmente
in
questi
anni
.
Il
nostro
ideale
si
è
ad
un
tempo
allargato
e
concretizzato
.
La
rivoluzione
proletaria
,
sotto
la
spinta
dell
'
oppressione
totalitaria
,
la
sentiamo
non
solo
come
fatto
di
classe
,
come
emancipazione
economica
,
ma
come
liberazione
della
società
tutta
quanta
,
come
umanesimo
integrale
.
Siamo
oggi
tutti
infinitamente
più
sensibili
di
quel
che
non
fossimo
venti
anni
or
sono
ai
problemi
di
libertà
,
di
democrazia
e
anche
di
moralità
e
di
cultura
.
La
stessa
interpretazione
del
marxismo
,
un
tempo
meccanica
e
materialistica
,
si
è
fatta
dialettica
e
umanistica
.
Tutti
,
ripetiamo
.
Le
preoccupazioni
di
cultura
del
partito
comunista
lo
dimostrano
.
Ma
si
è
anche
straordinariamente
concretizzato
il
nostro
ideale
.
Venti
anni
fa
si
parlava
dell
'
economia
socialista
in
forma
generica
.
Era
utopia
volerne
studiare
i
contorni
e
i
problemi
.
Oggi
,
con
la
gigantesca
esperienza
russa
senza
parlare
di
quella
spagnuola
in
corso
disponiamo
di
un
materiale
positivo
immenso
.
Sappiamo
tutti
che
cosa
significhi
rivoluzione
socialista
,
organizzazione
socialista
della
produzione
.
La
certezza
di
poter
costruire
e
l
'
esempio
altrui
,
mentre
ci
danno
la
forza
di
osare
,
ci
forniscono
il
senso
della
misura
.
Si
possono
ormai
evitare
alcuni
errori
e
resistenze
massicce
;
come
si
possono
saltare
alcuni
tempi
.
Ecco
il
terreno
grandioso
e
fertile
sul
quale
può
e
deve
farsi
la
nuova
unità
proletaria
;
il
terreno
su
cui
può
sorgere
il
nuovo
partito
unico
del
proletariato
italiano
.
Come
diventano
povere
e
senza
costrutto
le
vecchie
querele
e
anche
le
vecchie
ostinazioni
di
partito
!
Ci
attardiamo
sul
passato
ormai
chiuso
,
quando
il
presente
e
l
'
avvenire
si
aprono
dinanzi
a
noi
.
Animo
,
partiti
proletari
e
proletari
dell
'
emigrazione
!
Senza
leggerezze
improvvisatrici
,
ma
anche
senza
timori
e
conservatorismi
eccessivi
,
affrontate
,
affrontiamo
insieme
nei
suoi
veri
termini
la
questione
della
unificazione
politica
del
proletariato
italiano
.
«
Giustizia
e
Libertà
»
è
un
movimento
che
ha
ormai
un
netto
carattere
proletario
.
Non
solo
perché
il
proletariato
si
dimostra
dovunque
come
l
'
unica
classe
capace
di
operare
quel
sovvertimento
di
istituzioni
e
di
valori
che
si
propone
;
non
solo
perché
nel
seno
del
movimento
gli
elementi
proletari
hanno
sempre
maggior
peso
;
ma
perché
nell
'
esperienza
concreta
della
lotta
ha
misurato
tutta
l
'
incapacità
,
lo
svuotamento
della
borghesia
italiana
come
classe
dirigente
.
Certo
non
è
facile
definire
G.L.
in
base
alla
terminologia
usuale
dei
partiti
proletari
.
In
base
a
questa
terminologia
dovremmo
definirci
ad
un
tempo
socialisti
e
comunisti
e
libertari
(
socialisti
-
rivoluzionari
,
comunisti
-
liberali
)
nel
senso
che
riconosciamo
quel
che
di
vitale
ciascuna
di
queste
posizioni
,
in
sia
pure
varia
misura
,
contiene
.
Nel
socialismo
vediamo
l
'
idea
forza
animatrice
di
tutto
il
movimento
operaio
.
La
sostanza
di
ogni
reale
democrazia
,
la
religione
del
secolo
.
Nel
comunismo
la
prima
storica
applicazione
del
socialismo
,
il
mito
(
assai
logorato
,
purtroppo
)
,
ma
soprattutto
la
più
energica
forza
rivoluzionaria
.
Nel
libertarismo
l
'
elemento
di
utopia
,
di
sogno
,
di
prepotente
,
anche
se
rozza
e
primitiva
,
religione
della
persona
.
Affermiamo
la
necessità
di
una
nuova
sintesi
,
e
crediamo
che
,
nei
suoi
termini
essenziali
,
G.L.
si
avvii
a
darla
.
In
ogni
caso
ci
sembra
che
nessuno
dei
vecchi
movimenti
proletari
sia
capace
,
da
solo
,
di
assolvere
ai
compiti
centrali
della
lotta
contro
il
fascismo
.
Questa
lotta
,
ideale
e
pratica
,
chiede
oggi
di
essere
condotta
contemporaneamente
su
due
terreni
:
un
terreno
elementare
,
che
sia
di
risveglio
,
di
iniziazione
del
popolo
alla
libertà
e
alla
difesa
delle
sue
condizioni
di
vita
;
e
un
terreno
ideale
,
finalistico
che
sia
di
educazione
di
una
nuova
classe
dirigente
,
della
nuova
«
élite
»
rivoluzionaria
,
di
contrapposizione
del
mondo
dei
valori
umanistici
del
socialismo
al
mondo
inumano
del
fascismo
.
Le
due
lotte
non
sono
diverse
,
staccate
nel
tempo
e
negli
obbiettivi
;
ma
aspetti
necessari
e
legati
di
una
lotta
unica
che
trascende
le
possibilità
di
ogni
singola
corrente
.
Per
condurre
la
prima
si
propone
la
costituzione
di
un
Fronte
Popolare
Italiano
non
ricalcato
su
quello
francese
,
e
adeguato
alla
situazione
italiana
.
Per
condurre
la
seconda
si
fa
affidamento
,
oltre
che
sui
partiti
,
sullo
sviluppo
e
sull
'
allargamento
dell
'
unità
di
azione
proletaria
.
Siamo
favorevoli
a
entrambi
,
ma
come
espedienti
provvisori
o
come
avviamento
a
formazioni
assai
diverse
.
Ad
abbattere
il
fascismo
non
saranno
né
il
Fronte
Popolare
che
presuppone
la
vita
democratica
e
dei
forti
partiti
né
l
'
unità
d
'
azione
che
sinora
ha
più
favorito
l
'
irrigidimento
dei
partiti
sulle
loro
posizioni
rappresentative
formali
,
che
il
loro
effettivo
riavvicinamento
.
Che
cosa
,
allora
?
Un
formazione
nuova
,
originale
,
capace
di
condurre
contro
il
colosso
totalitario
una
lotta
ad
un
tempo
pratica
,
politica
,
culturale
.
Di
questa
formazione
il
proletariato
sarà
il
pernio
.
Ma
non
bisogna
pensarla
in
termini
di
partito
tradizionale
.
La
nozione
tradizionale
di
partito
è
insufficiente
,
sorda
a
troppe
esigenze
che
la
lotta
contro
il
fascismo
,
e
lo
stesso
successo
fascista
,
ci
hanno
rivelate
.
È
una
forma
politica
nuova
quella
che
si
dovrà
elaborare
;
e
non
già
a
tavolino
,
ma
nell
'
esperienza
del
lavoro
comune
,
attraverso
la
fusione
progressiva
delle
varie
frazioni
proletarie
e
il
potenziamento
di
tutti
i
motivi
vitali
di
opposizione
.
Il
partito
unico
del
proletario
,
se
vorrà
essere
una
forza
rinnovatrice
autentica
,
dovrà
essere
più
che
un
partito
in
senso
stretto
,
una
larga
forza
sociale
,
una
sorta
di
anticipazione
della
società
futura
,
di
microcosmo
sociale
,
con
la
sua
organizzazione
di
combattimento
,
ma
anche
con
la
sua
vita
intellettuale
dal
respiro
ampio
e
incitatore
.
G.L.
che
cosa
vi
porterà
?
In
primo
luogo
l
'
esigenza
di
questo
rinnovamento
sostanziale
della
lotta
proletaria
.
Una
tradizione
ininterrotta
di
azione
e
di
iniziativa
.
Un
'
interpretazione
lucida
,
disincantata
del
fascismo
,
non
solo
come
reazione
di
classe
,
ma
come
sprofondamento
sociale
.
Un
rapporto
intimo
con
la
cultura
e
la
storia
del
nostro
paese
,
non
nel
senso
del
patriottismo
volgare
ma
dell
'
adesione
a
quella
realtà
nazionale
da
cui
la
Rivoluzione
Italiana
trarrà
la
sua
originalità
creatrice
.
La
coscienza
acuta
di
alcuni
problemi
che
possono
dirsi
quelli
della
modernità
dell
'
Italia
(
formazione
di
classe
dirigente
;
riscatto
del
sud
;
alleanza
proletariato
urbano
-
contadini
-
intellettuali
;
federalismo
)
e
soprattutto
una
preoccupazione
centrale
di
libertà
non
astratta
,
non
formale
,
basata
su
una
concezione
attiva
,
positiva
,
emancipatrice
,
della
libertà
e
della
giustizia
(
autonomie
,
Consigli
)
.
Nell
'
attesa
che
l
'
unificazione
maturi
,
sempre
collaborando
ad
ogni
sforzo
disinteressato
di
unione
,
G.L.
svilupperà
la
sua
organizzazione
politica
proponendosi
di
fornire
un
esempio
modesto
ma
stimolante
di
ciò
che
dovrà
essere
l
'
organo
,
e
più
che
l
'
organo
,
l
'
organizzazione
della
rinascita
proletaria
in
Italia
attraverso
il
riscatto
morale
e
sociale
dell
'
intero
paese
.
StampaPeriodica ,
È
nella
sventura
che
si
misurano
gli
uomini
.
È
nella
sconfitta
che
il
movimento
socialista
italiano
darà
la
prova
migliore
della
sua
forza
e
della
sua
vitalità
.
Bisogna
però
che
esso
si
imponga
un
coraggioso
esame
di
coscienza
,
che
esso
addivenga
alla
più
spietata
delle
autocritiche
.
Perché
fummo
battuti
?
Ecco
la
domanda
fondamentale
che
dobbiamo
porci
e
che
esige
una
chiara
risposta
.
Il
sapersi
rendere
ragione
della
sconfitta
è
già
un
primo
passo
sulla
via
della
rivincita
.
Chi
nasconde
il
capo
sotto
l
'
ala
e
si
trincera
dietro
il
dadà
della
«
reazione
internazionale
»
,
o
si
limita
semplicemente
a
considerare
il
fascismo
come
il
figlio
legittimo
e
necessario
del
regime
capitalistico
,
come
una
tappa
fatale
lungo
il
calvario
socialista
,
dà
prova
di
poca
forza
morale
e
mostra
di
non
aver
nulla
appreso
dalla
lezione
di
questi
anni
.
Le
ragioni
della
disfatta
non
vanno
infatti
tanto
cercate
negli
avvenimenti
esteriori
delle
forze
che
sfuggono
per
definizione
al
nostro
controllo
,
quanto
in
noi
stessi
.
Siamo
noi
gli
autori
e
del
nostro
bene
e
del
nostro
male
.
Coloro
che
si
rifugiano
nel
determinismo
pseudo
marxista
per
giustificare
il
loro
stato
di
passivismo
e
di
supina
rassegnazione
,
coloro
che
attendono
la
salute
dagli
errori
degli
avversari
e
dal
fatale
svolgersi
delle
cose
,
mostrano
di
non
aver
inteso
lo
spirito
profondo
di
Marx
,
che
è
uno
spirito
di
combattimento
,
e
davvero
non
si
capisce
che
stiano
a
fare
nei
partiti
e
nelle
organizzazioni
.
Perché
fummo
dunque
battuti
?
Le
cause
sono
tante
e
così
complesse
che
vano
sarebbe
volerne
fare
l
'
elenco
.
Si
tratta
qui
più
di
porre
che
di
risolvere
il
problema
.
È
indubbio
che
alcune
di
queste
cause
erano
per
natura
loro
incontrollabili
e
immodificabili
,
per
lo
meno
in
breve
giro
di
anni
,
e
risiedevano
e
tuttora
risiedono
nel
costume
nazionale
.
Secoli
di
storia
non
si
cancellano
in
pochi
lustri
di
predicazione
socialista
;
e
l
'
italiano
è
ancora
troppo
figlio
del
passato
per
potersi
considerare
popolo
moderno
.
L
'
Italia
è
un
paese
capitalisticamente
arretrato
,
povero
,
disarticolato
nelle
sue
parti
,
politicamente
ineducato
,
affetto
da
provincialismo
congenito
nel
quale
si
ci
illuse
di
avere
elevato
nel
corso
di
una
generazione
quel
grandioso
edificio
socialista
che
alla
prova
dei
fatti
non
poteva
non
rivelarsi
terribilmente
fragile
nelle
sue
basi
.
Fragile
nelle
sue
basi
perché
un
movimento
socialista
degno
di
questo
nome
e
improntato
alla
pura
ideologia
marxista
(
come
tentò
invano
di
esserlo
il
nostro
)
è
possibile
solo
là
dove
la
vita
economica
così
industriale
che
agricola
è
grandemente
sviluppata
,
là
dove
si
sono
superate
le
colonne
d
'
Ercole
del
salario
di
sussistenza
,
là
dove
la
rivoluzione
borghese
ha
posto
su
solide
basi
nello
Stato
«
nazionale
»
il
regime
rappresentativo
e
ha
definitivamente
affermate
le
libertà
politiche
.
Ora
in
Italia
difettavano
in
gran
parte
tali
condizioni
.
Per
quanto
l
'
evoluzione
industriale
del
Nord
andasse
foggiando
un
proletariato
urbano
ormai
consapevole
della
sua
storica
funzione
,
l
'
Italia
è
ancor
oggi
un
paese
prevalentemente
agricolo
che
male
si
presta
,
specie
nel
centro
e
nel
meridione
,
all
'
affermarsi
di
un
movimento
socialista
ispirato
alla
ideologia
marxista
;
la
quale
,
sia
detto
di
sfuggita
,
si
volle
sin
dai
primordi
dovunque
affermare
senza
alcuna
elasticità
e
intelligenza
,
specie
nelle
zone
rurali
.
L
'
Italia
è
un
paese
nel
quale
non
si
ebbero
mai
le
grandi
lotte
di
religione
che
costituirono
dovunque
(
sia
pure
nonostante
e
contro
la
volontà
delle
parti
in
lotta
)
il
massimo
livello
dei
regimi
liberali
e
la
più
sicura
garanzia
del
principio
di
tolleranza
e
del
rispetto
di
un
minimo
comune
denominatore
di
civiltà
;
è
un
paese
nel
quale
le
libertà
politiche
conquistate
durante
il
Risorgimento
,
per
opera
di
una
ristretta
élite
borghese
e
patrizia
,
rimasero
sempre
patrimonio
di
pochi
.
Purtroppo
in
Italia
la
conquista
di
quello
che
a
giusto
titolo
è
considerato
il
sommo
bene
dei
popoli
a
civiltà
occidentale
,
non
è
legata
a
nessun
moto
di
masse
capace
di
adempiere
ad
un
ruolo
mitico
e
ammonitore
.
La
massa
fu
assente
nelle
battaglie
per
l
'
indipendenza
e
per
le
libertà
politiche
.
La
libertà
italiana
è
figlia
di
transazioni
,
di
adattamenti
e
di
taciti
accomodamenti
.
Il
proletariato
non
ha
conquistato
a
prezzo
di
sforzi
e
di
sacrifici
personali
la
«
sua
»
libertà
.
Fu
troppo
breve
il
suo
tirocinio
nella
lotta
per
il
diritto
di
organizzazione
,
e
il
suffragio
universale
apparve
una
gratuita
concessione
e
non
una
conquista
cosciente
.
E
siccome
non
si
ama
e
non
si
difende
se
non
ciò
per
cui
molto
si
è
lottato
e
sacrificato
,
così
era
fatale
che
la
classe
lavoratrice
,
che
nei
paesi
evoluti
è
giustamente
la
più
vigile
e
interessata
custode
del
metodo
democratico
,
dovesse
da
noi
assistere
quasi
inerte
alla
negazione
di
valori
supremi
che
apparivano
purtroppo
estranei
alla
sua
coscienza
.
Ora
è
qui
che
si
annida
uno
dei
massimi
errori
del
nostro
movimento
su
cui
tanto
insistettero
uomini
come
Arturo
Labriola
e
Gaetano
Salvemini
.
Il
suo
compito
precipuo
doveva
essere
appunto
quello
di
reagire
a
tali
condizioni
ambientali
,
di
adeguare
la
sua
teoria
,
la
sua
propaganda
e
la
sua
azione
al
clima
storico
del
nostro
paese
,
di
porre
prima
salde
le
basi
morali
e
politiche
per
un
fruttuoso
lavoro
socialista
.
Invece
il
partito
socialista
non
valutò
al
suo
giusto
valore
il
problema
politico
,
fu
travolto
dalla
strepitosa
vittoria
del
1900
ottenuta
così
a
buon
mercato
in
una
lotta
che
di
fatto
interessò
solo
le
aristocrazie
operaie
del
Nord
,
si
illuse
che
fosse
ormai
definitivamente
acquisito
ciò
che
altrove
era
stato
il
frutto
di
lotte
lunghissime
e
di
rivoluzioni
sanguinose
,
e
non
seppe
condurre
dopo
il
'900
la
grande
battaglia
per
le
libertà
e
le
fondamentali
conquiste
politiche
in
nome
e
in
pro
dell
'
intero
proletariato
.
Si
perse
da
un
lato
nel
rivoluzionarismo
verboso
e
astratto
,
dall
'
altro
degenerò
troppo
spesso
nel
corporativismo
e
nel
gretto
riformismo
,
barattando
inconsapevolmente
i
valori
supremi
per
il
classico
piatto
di
lenticchie
abilmente
presentato
dal
Giolitti
.
L
'
esercizio
del
voto
,
la
progressiva
partecipazione
alla
vita
pubblica
,
le
lotte
parlamentari
,
presero
sempre
più
il
sapore
di
atti
di
normale
amministrazione
.
La
concezione
gradualistica
e
pacifista
del
divenire
socialistico
ripugnò
generalmente
,
allontanò
i
migliori
o
li
condusse
alle
esagerazioni
estreme
.
Il
senso
dell
'
eroico
,
lo
spirito
di
sacrificio
e
di
abnegazione
,
la
coscienza
dei
valori
universali
pei
quali
il
socialismo
lottava
si
andarono
così
sempre
più
oscurando
.
Le
conseguenze
inevitabili
non
tardarono
a
manifestarsi
.
Così
che
oggi
siam
quasi
tratti
a
pensare
che
forse
fu
necessaria
questa
tragedia
perché
il
socialismo
italiano
rimettesse
in
onore
i
valori
morali
,
si
riaccostasse
alla
realtà
e
prendesse
nozione
finalmente
delle
grandi
questioni
politiche
.
Si
tratta
ora
di
ricominciare
da
capo
,
con
animo
nuovo
,
ricchi
della
esperienza
del
passato
,
forti
di
una
fede
che
ha
ormai
superato
tutte
le
prove
.
StampaPeriodica ,
La
grande
battaglia
che
la
classe
operaia
inglese
sta
conducendo
in
Inghilterra
è
di
un
così
palpitante
interesse
ed
è
così
gravida
di
conseguenze
nell
'
uno
o
nell
'
altro
senso
,
che
la
penna
trema
a
buttar
giù
le
prime
impressioni
.
Chi
ha
visitato
i
distretti
minerari
inglesi
,
chi
ha
conosciuto
anche
per
brevi
ore
tutte
le
durezze
del
lavoro
sotterraneo
,
chi
soprattutto
ha
visto
coi
propri
occhi
quale
mirabile
impiego
facciano
gli
operai
dei
loro
disputati
incrementi
salariali
,
non
può
non
ribellarsi
sentendo
ragionare
di
diminuzione
di
salario
e
d
'
aumento
di
orari
.
Chi
scrive
provò
forse
la
più
grande
impressione
della
sua
vita
visitando
i
paesi
di
minatori
del
Galles
del
Sud
,
oggi
alla
testa
della
battaglia
;
ed
ebbe
chiara
e
forte
come
non
mai
la
visione
e
la
fede
nella
incontenibile
ascesa
di
una
massa
che
aspira
alla
piena
autonomia
anche
nel
governo
dell
'
industria
.
Vi
sono
due
aspetti
in
questa
battaglia
,
che
è
un
ritorno
all
'
azione
diretta
dopo
le
delusioni
dell
'
esperimento
di
governo
,
che
vanno
tenuti
distinti
:
dal
lato
strettamente
economico
è
indubitato
che
li
operai
,
proprio
obbiettivamente
,
hanno
ragione
.
Il
tono
stesso
della
stampa
liberale
e
conservatrice
,
ben
altrimenti
feroce
in
altre
occasioni
,
se
depone
a
favore
del
tradizionale
equilibrio
anglosassone
,
dice
anche
chiaramente
quale
sia
il
giudizio
dell
'
opinione
pubblica
.
In
sostanza
si
chiede
agli
operai
una
somma
non
indifferente
di
sacrifici
al
solo
scopo
di
assicurare
un
profitto
ai
proprietari
di
miniere
,
a
quei
proprietari
di
miniere
che
lo
stesso
governo
conservatore
ha
proclamato
incapaci
di
condurre
razionalmente
l
'
industria
;
ma
non
si
vuoi
dar
loro
una
seria
garanzia
che
l
'
auspicata
riorganizzazione
venga
conseguita
al
più
presto
a
spese
evidentemente
di
essi
proprietari
,
tagliando
i
rami
secchi
ed
imponendo
le
necessarie
fusioni
.
Se
i
proprietari
,
dicono
i
minatori
,
non
sono
stati
capaci
sinora
,
malgrado
gli
infiniti
ammonimenti
e
le
ripetute
pressioni
(
ricordate
il
progetto
nazionalizzatore
di
Lloyd
George
?
)
di
riorganizzare
l
'
industria
,
e
non
sono
in
grado
di
assicurarci
un
decente
tenore
di
vita
,
si
facciano
allora
da
parte
e
cedano
il
campo
a
noi
che
ci
sentiamo
ormai
capaci
e
degni
di
gestire
l
'
industria
nell
'
interesse
generale
.
Dal
lato
politico
certo
la
questione
è
più
complessa
,
e
ingenuo
sarebbe
sostenere
,
al
punto
a
cui
son
giunte
le
cose
,
che
si
tratta
di
un
conflitto
puramente
economico
.
Siamo
di
fronte
ad
una
battaglia
storica
,
magnifica
per
serietà
,
disciplina
e
compattezza
,
gravida
di
conseguenze
per
molti
anni
avvenire
(
a
meno
di
una
rapida
soluzione
transazionale
)
che
non
potrà
non
avere
un
grande
sbocco
sul
terreno
politico
;
battaglia
che
certo
pone
a
dura
prova
il
regime
liberale
inglese
da
ogni
punto
di
vista
.
Ma
ridicola
è
l
'
accusa
di
sovvertimento
della
costituzione
lanciata
all
'
ultima
ora
contro
il
colosso
unionistico
;
esso
è
in
realtà
il
grido
angosciato
di
Odilon
Barrot
:
«
la
légalité
nous
tue
!
»
;
è
il
terrore
borghese
contro
il
minaccioso
avanzarsi
delle
forze
del
lavoro
armate
di
quelle
armi
che
esse
seppero
conquistarsi
in
un
secolo
di
lotta
per
far
trionfare
un
principio
rivoluzionatore
nella
vita
collettiva
.
E
se
chiamiamo
sovversive
le
organizzazioni
operaie
che
si
valgono
del
diritto
di
sciopero
assicurato
dalla
legge
,
come
dovremmo
chiamare
allora
coloro
che
per
quattro
anni
,
sovvertirono
la
vita
del
mondo
per
interessi
particolari
scatenando
una
guerra
tremenda
per
sacrifici
materiali
,
morali
e
spirituali
;
che
porta
nel
suo
seno
le
cause
di
molti
mali
attuali
?
Guai
però
se
la
vittoria
trade
unionista
,
che
noi
auspichiamo
piena
ed
intera
,
dovesse
restare
priva
di
conseguenze
nel
campo
politico
!
Quanto
maggiore
un
eventuale
successo
,
tanto
maggiori
i
pericoli
.
L
'
esperienza
italiana
dopo
l
'
occupazione
delle
fabbriche
ci
ammonisce
che
in
certe
ore
decisive
rimangono
vane
o
peggio
tutte
le
vittorie
che
non
pongono
capo
ad
una
conquista
o
per
lo
meno
ad
un
ferreo
controllo
del
centro
direttivo
,
anche
quando
questo
centro
sia
dotato
di
poteri
relativamente
così
limitati
come
in
Inghilterra
il
potere
esecutivo
.
Certo
si
è
che
per
il
socialismo
mondiale
questa
battaglia
inglese
ha
un
enorme
valore
sperimentale
:
essa
ci
dirà
in
sostanza
se
la
democrazia
borghese
permette
il
graduale
e
possente
avanzarsi
delle
forze
del
lavoro
.
StampaPeriodica ,
La
questione
dell
'
unità
socialista
sta
per
avere
il
suo
epilogo
che
possiamo
prevedere
negativo
.
Dai
massimalisti
cioè
,
ancora
una
volta
verrà
un
gesto
di
disperata
negazione
,
di
attaccamento
non
al
proletariato
,
ma
a
una
loro
formula
cento
volte
sconfitta
.
Possiamo
tutti
deplorare
un
tale
stato
di
cose
e
conservare
,
nonostante
questo
,
intatta
la
nostra
fiducia
che
l
'
unità
socialista
si
farà
.
Ma
è
evidente
che
non
possiamo
per
questo
cedere
a
tentazioni
di
scetticismo
e
di
abbandono
.
Al
contrario
:
è
nell
'
azione
che
i
socialisti
devono
proporsi
di
risolvere
un
problema
che
è
fondamentale
e
che
risponde
al
sentimento
e
agli
interessi
delle
classi
lavoratrici
.
Perciò
il
prossimo
Congresso
del
Partito
Socialista
dei
Lavoratori
Italiani
(
ex
Partito
Unitario
)
assumerà
una
importanza
ancora
maggiore
,
almeno
per
quanti
navigano
oggi
contro
corrente
ansiosi
di
un
segno
di
orientamento
e
di
rinascita
.
Esso
ci
dirà
fino
a
qual
punto
questa
frazione
tutt
'
altro
che
trascurabile
dei
socialisti
italiani
ha
la
consapevolezza
della
funzione
storica
che
l
'
ora
le
affida
di
svolgere
;
in
quale
misura
cioè
essa
ha
la
capacità
e
l
'
energia
di
farsi
centro
coordinatore
e
propulsore
delle
forze
di
opposizione
,
sulla
base
di
quel
programma
di
integrale
rinnovamento
della
vita
nazionale
che
noi
e
con
noi
sicuramente
tutti
i
giovani
da
molti
mesi
invochiamo
.
Più
volte
sostenemmo
la
tesi
che
,
nella
attuale
situazione
,
tocca
ai
socialisti
l
'
onore
e
l
'
onere
di
guidare
la
opposizione
italiana
.
E
ora
,
col
profilarsi
di
un
nuovo
non
possumus
massimalista
,
questa
tesi
si
rafforza
e
si
chiarisce
fino
a
farci
ritenere
che
saranno
probabilmente
gli
elementi
del
disciolto
partito
unitario
a
farsi
eco
concreto
dell
'
appello
che
dalle
masse
si
leva
verso
i
socialisti
perché
vogliano
sortire
dalla
stasi
indecorosa
nella
quale
si
dibattono
da
anni
.
Noi
non
facciamo
del
partito
un
feticcio
:
siamo
abbastanza
sensibili
per
capire
che
non
saranno
le
etichette
che
in
definitiva
trionferanno
,
ma
le
opere
.
Né
abbiamo
nascoste
(
tutt
'
altro
)
le
nostre
modeste
ma
recise
censure
verso
i
maggiori
esponenti
del
PSLI
.
Se
diciamo
che
probabilmente
una
ripresa
se
una
ripresa
ha
da
esservi
verrà
dalle
fila
dei
socialisti
unitari
è
perché
siamo
convinti
che
questo
partito
ha
in
sé
elementi
tali
da
permettergli
di
assolvere
il
compito
che
ricordavamo
più
sopra
.
Si
voglia
o
non
si
voglia
il
PSLI
è
l
'
unico
partito
di
opposizione
che
per
il
suo
programma
realistico
,
per
gli
appoggi
e
le
simpatie
che
desta
in
tutti
i
ceti
così
manuali
che
intellettuali
,
per
la
notorietà
dei
suoi
capi
,
per
il
primissimo
posto
occupato
nella
lotta
,
per
il
chiaro
riconoscimento
dell
'
interesse
universale
e
altamente
umano
dei
valori
oggi
calpestati
,
per
lo
sforzo
di
contemperare
le
esigenze
della
classe
con
quelle
della
nazione
,
sia
in
grado
di
far
leva
su
tutti
i
ceti
non
parassitari
della
popolazione
e
possa
contare
con
quasi
sicurezza
per
un
non
troppo
lontano
domani
su
un
larghissimo
seguito
.
Malgrado
tutte
le
critiche
che
gli
si
rivolgono
,
il
PSLI
resta
pur
sempre
l
'
unico
partito
di
massa
che
disponga
di
uno
stato
maggiore
politico
e
sindacale
degno
di
questo
nome
.
E
comunque
si
giudichino
gli
uomini
che
lo
dirigono
non
si
può
fare
a
meno
di
riconoscere
che
cotesto
troppo
bistrattato
stato
maggiore
,
che
è
di
una
altezza
morale
fuori
di
discussione
,
è
l
'
unico
esistente
nelle
fila
dell
'
opposizione
.
Il
che
,
dati
i
tempi
,
non
è
poco
.
Si
ricordi
,
infine
,
che
esso
è
il
solo
partito
,
fatta
eccezione
forse
per
il
repubblicano
,
nel
quale
si
noti
da
tempo
un
fervore
di
iniziative
e
un
promettente
risveglio
di
forze
giovanili
;
e
si
affermi
,
sia
pure
faticosamente
,
un
complesso
processo
di
revisione
.
Questi
e
molti
altri
motivi
ci
fanno
dunque
ritenere
che
il
PSLI
,
pur
che
sappia
essere
all
'
altezza
della
situazione
e
sappia
sfruttare
i
molti
elementi
che
oggi
giuocano
in
suo
favore
,
potrà
dare
il
primo
segno
tangibile
di
ripresa
.
E
appunto
per
questo
,
noi
vogliamo
qui
fissare
sinteticamente
quali
sono
secondo
noi
i
massimi
ostacoli
che
si
frappongono
tuttora
nel
suo
cammino
,
nella
speranza
che
il
prossimo
Congresso
ci
dica
che
le
nostre
critiche
o
sono
superate
o
non
hanno
ragione
di
essere
.
Sembra
dunque
a
noi
che
il
PSLI
comprometta
le
sue
possibilità
avvenire
e
in
special
modo
la
sua
opera
d
'
attrazione
dei
migliori
elementi
della
nuova
generazione
,
per
la
riluttanza
di
alcuni
dei
suoi
dirigenti
a
impostare
la
battaglia
in
modo
radicale
,
adeguando
cioè
i
suoi
metodi
di
lotta
alle
ferree
necessità
dell
'
ambiente
e
audacemente
rivendicando
quella
iniziativa
e
quel
posto
nella
ripresa
oppositoria
che
gli
vengono
ormai
da
tempo
per
dovere
e
per
diritto
riconosciuti
.
Questa
riluttanza
deriva
da
un
grave
errore
nella
visione
della
situazione
e
da
un
troppo
tenace
e
sentimentale
attaccamento
a
un
passato
ormai
definitivamente
superato
dal
lato
politico
.
Per
essere
più
chiari
sopravvive
troppo
in
essi
della
mentalità
,
del
programma
,
dello
stato
d
'
animo
aventiniani
;
stati
d
'
animo
,
che
,
come
è
noto
,
comportavano
la
previsione
di
un
rapido
mutare
della
situazione
per
forze
essenzialmente
estranee
all
'
azione
oppositoria
,
l
'
accurata
astensione
da
ogni
candidatura
alla
successione
,
il
desiderio
di
mantenere
il
contatto
con
tutte
le
forze
di
opposizione
,
il
ripudio
di
tutti
gli
irrigidimenti
che
potessero
eliminare
anche
una
sola
delle
tante
possibili
soluzioni
compromettendo
nel
tempo
stesso
l
'
unità
del
blocco
aventiniano
.
Ed
ecco
così
non
pochi
degli
unitari
rifiutare
nettamente
ogni
accenno
alla
questione
istituzionale
,
ogni
accentuazione
della
nota
antiborghese
,
ogni
maggiore
precisazione
intorno
al
programma
del
poi
,
ogni
rivendicazione
successoria
.
Ed
ecco
compromessa
o
gravemente
ostacolata
quell
'
opera
alla
quale
pure
s
'
ha
da
arrivare
se
vogliamo
sortire
dalle
presenti
distrette
.
Noi
non
abbiamo
il
culto
della
intransigenza
esteriore
e
formale
;
tanto
che
proclamiamo
la
necessità
del
più
ampio
mobilismo
tattico
.
Non
vogliamo
imboscarci
facendo
nostre
le
negazioni
in
toto
e
rinchiudendoci
in
uno
splendido
isolamento
che
ci
elimini
dalla
lotta
positiva
.
Ma
d
'
altra
parte
non
riusciamo
assolutamente
a
comprendere
la
posizione
di
questi
socialisti
che
in
una
situazione
come
l
'
attuale
danno
prova
di
un
malthusianismo
così
radicale
da
far
loro
respingere
con
orrore
la
tesi
elementare
della
conquista
del
potere
politico
;
e
che
sono
disposti
a
transigere
a
priori
e
in
permanenza
sul
loro
specifico
programma
,
anche
quando
come
oggi
è
il
caso
sono
venute
a
cadere
una
per
una
tutte
le
condizioni
che
rendevano
per
l
'
innanzi
utile
e
forse
inevitabile
la
transazione
.
Se
ci
fossero
le
forze
con
le
quali
e
per
le
quali
transigere
,
evitando
gli
irrigidimenti
e
i
programmi
a
lunga
scadenza
,
noi
potremmo
ancora
riconoscere
la
logicità
di
una
simile
impostazione
.
Ma
non
riusciamo
a
vederle
.
Nel
campo
liberale
e
democratico
,
dove
la
disorganizzazione
regnò
sovrana
non
rimangono
sulla
breccia
altro
che
pochi
uomini
di
nobile
carattere
che
reggono
dignitosamente
anche
se
spesso
passivamente
alla
prova
:
e
nel
campo
popolare
è
definitivamente
cessata
ogni
attività
anche
strettamente
legale
.
In
campo
restano
dunque
col
PSLI
solo
i
partiti
repubblicano
e
massimalista
,
oltre
scarse
pattuglie
democratiche
.
Sono
queste
le
forze
sulle
quali
,
bene
o
male
,
possiamo
fare
assegnamento
.
Fuori
di
esse
non
ci
sono
in
Italia
,
di
forze
reali
,
che
i
comunisti
e
i
fascisti
.
Finché
dunque
il
PSLI
si
ostinerà
in
questa
erronea
impostazione
,
solito
frutto
della
solita
immobilità
di
visione
,
darà
inevitabilmente
l
'
impressione
di
essere
disposto
a
tutti
i
compromessi
pur
di
tenersi
aperte
tutte
le
strade
;
e
si
inimicherà
gli
elementi
più
giovani
e
combattivi
giustamente
desiderosi
per
la
somma
stessa
dei
sacrifici
che
la
lotta
richiede
di
una
assoluta
nettezza
di
posizioni
ideali
e
per
salvare
un
passato
ormai
sepolto
comprometterà
l
'
avvenire
,
il
suo
avvenire
,
immiserendo
,
sciupando
questa
grande
battaglia
.
Ciò
che
si
richiede
in
quest
'
ora
è
un
coraggioso
riesame
della
situazione
da
un
punto
di
vista
meno
contingente
che
la
liberi
dagli
accidenti
passeggeri
e
ingannatori
.
Quattro
anni
sono
passati
dall
'
avvento
del
fascismo
al
potere
e
quasi
due
anni
dal
crollo
dell
'
Aventino
.
Noi
non
rammarichiamo
nulla
,
non
accusiamo
nessuno
.
Chiediamo
solo
che
si
vogliano
prendere
una
buona
volta
in
considerazione
le
lezioni
del
passato
;
chiediamo
solo
che
si
abbandoni
l
'
ottimismo
facilone
e
la
fede
inconcussa
nella
legge
del
progresso
indefinito
;
chiediamo
solo
che
gli
oppositori
italiani
,
pur
senza
cadere
nelle
braccia
del
volontarismo
parolaio
,
si
abituino
a
cercare
la
salvezza
più
nelle
forze
proprie
che
nelle
armi
,
più
nella
storia
che
essi
medesimi
imbastiscono
,
che
in
quella
imbastita
dagli
avversari
e
dal
fato
.
Siamo
stanchi
di
vivere
alla
giornata
e
di
essere
tutto
,
fuori
che
noi
stessi
.
Occorre
che
i
socialisti
italiani
tornino
a
essere
loro
,
tornino
cioè
a
battersi
sul
loro
terreno
,
senza
per
questo
rinnegare
e
allontanare
nessuna
forza
efficiente
di
opposizione
,
ma
solo
facendosi
essi
centro
delle
forze
affini
con
un
programma
che
sia
per
lo
meno
socialista
per
l
'
ispirazione
e
per
gli
ispiratori
.
Si
facciano
i
socialisti
,
e
per
essi
il
PSLI
,
gli
iniziatori
dell
'
accordo
fra
i
partiti
di
opposizione
per
la
conquista
di
un
regime
di
integrale
e
agguerrita
democrazia
,
il
cui
nerbo
abbiano
a
essere
le
classi
lavoratrici
.
L
'
ora
incalza
e
le
masse
,
abbandonate
a
loro
stesse
,
brancolano
nel
buio
alla
disperata
ricerca
di
una
luce
,
di
un
segno
di
vita
,
di
ripresa
,
per
piccoli
che
siano
.
Occorre
far
presto
.
Tra
un
anno
potrebbe
essere
tardi
.
Altre
mani
sono
pronte
ad
afferrare
il
bastone
del
comando
.
Il
comunismo
lavora
.
Contrapporre
alla
doppia
concezione
dittatoriale
,
per
quanto
profondamente
diversa
nei
fini
,
una
soluzione
media
che
abbia
come
pernio
il
movimento
socialista
,
come
minimo
comune
denominatore
la
fede
nel
metodo
democratico
,
come
base
essenziale
le
forze
del
lavoro
in
lotta
per
la
loro
emancipazione
,
ecco
ciò
che
occorre
in
quest
'
ora
.
Socialisti
italiani
,
al
lavoro
.