StampaQuotidiana ,
Il
Corriere
d
'
Italia
non
sapendo
più
che
dire
,
ci
chiama
«
giolittiani
»
.
Proprio
ieri
,
mentre
noi
denunziavamo
il
pericolo
di
una
ripresa
della
politica
del
nobiluomo
Sforza
,
attribuita
dalla
Stampa
all
'
onorevole
Giolitti
,
il
Corriere
si
compiaceva
di
scrivere
che
noi
,
totalmente
dimentichi
della
politica
di
Sforza
,
ci
eravamo
imbrancati
nelle
file
giolittiane
,
dalle
quali
erano
invece
esulati
tutti
quei
popolari
che
tanto
della
politica
del
nobiluomo
Sforza
quanto
della
politica
economica
dell
'
on
.
Giolitti
,
erano
stati
complici
ed
esecutori
puntualissimi
.
Ma
la
verità
è
il
Corriere
l
'
ha
capita
perfettamente
che
il
nostro
atteggiamento
nella
presente
crisi
è
stato
determinato
da
motivi
politici
,
che
sono
in
perfetta
antitesi
con
quelli
che
hanno
determinata
la
condotta
del
Corriere
e
dei
popolari
.
Giolitti
personalmente
non
c
'
entra
.
Cominciamo
col
constatare
,
che
all
'
inizio
della
crisi
noi
ci
siamo
trovati
perfettamente
d
'
accordo
col
Corriere
nel
deplorare
il
colpo
di
mano
dei
giolittiani
e
la
forma
incostituzionale
con
cui
la
crisi
fu
determinata
.
Perché
al
di
sopra
di
tutte
le
direttive
politiche
concrete
e
di
tutte
le
opinioni
in
ordine
al
regime
,
noi
teniamo
al
retto
funzionamento
del
regime
quale
esso
sia
.
Non
si
può
difendere
la
causa
dell
'
ordine
,
senza
volere
che
l
'
ordine
sia
rispettato
nelle
stesse
sfere
,
dalle
quali
esso
deve
promanare
.
Dopo
ciò
,
noi
abbiamo
affermato
la
necessità
di
un
governo
stabile
,
sembrandoci
oramai
tempo
di
dare
un
po
'
di
requie
al
Paese
,
se
non
per
affrettare
almeno
per
non
impedire
la
sua
necessaria
ricostituzione
.
Ma
la
situazione
parlamentare
,
alla
quale
principalmente
si
deve
aver
riguardo
per
formare
un
governo
stabile
,
era
ed
è
tale
che
non
offre
se
non
due
soluzioni
logiche
e
solide
:
o
un
governo
di
concentrazione
nazionale
,
caratterizzato
dalla
partecipazione
in
pieno
della
Destra
,
o
un
governo
con
la
collaborazione
dei
socialisti
.
Ora
l
'
onorevole
Orlando
in
un
primo
momento
e
l
'
onorevole
Giolitti
in
un
secondo
momento
parvero
gli
uomini
meglio
indicati
a
realizzare
la
prima
delle
due
soluzioni
e
i
nazionalisti
hanno
cercato
naturalmente
di
agevolare
il
compito
tanto
a
l
'
uno
come
all
'
altro
,
non
perché
l
'
uno
o
l
'
altro
rappresentassero
delle
soluzioni
ideali
,
dal
loro
punto
di
vista
programmatico
,
ma
perché
fra
tutte
le
soluzioni
possibili
,
erano
quelle
che
avrebbero
permesso
di
realizzare
questi
due
fatti
di
grande
importanza
politica
:
la
concentrazione
dei
partiti
nazionali
e
l
'
avvento
di
un
governo
stabile
.
I
popolari
,
invece
,
che
non
solo
non
provano
alcun
disgusto
,
ma
mostrano
di
desiderare
la
collaborazione
con
gli
elementi
antinazionali
,
hanno
cercato
invece
di
creare
ostacoli
prima
alla
combinazione
Orlando
e
poi
alla
combinazione
Giolitti
.
E
questo
è
il
fondo
del
dissidio
fra
noi
e
i
popolari
:
il
perché
poi
essi
non
temano
anzi
desiderino
un
governo
collaborazionista
,
di
chiaro
significato
e
di
sostanziale
carattere
antinazionale
è
argomento
,
che
abbiamo
illustrato
più
d
'
una
volta
e
sul
quale
ritorneremo
,
se
occorre
.
Alle
designazioni
di
Orlando
prima
e
di
Giolitti
poi
essi
hanno
contrapposto
la
soluzione
di
un
governo
di
Sinistra
,
unicamente
allo
scopo
di
impedire
la
concentrazione
nazionale
e
di
non
romperla
definitivamente
coi
socialisti
.
Il
nostro
«
giolittismo
»
dunque
è
stato
determinato
dai
motivi
opposti
a
quelli
che
determinarono
l
'
«
antigiolittismo
»
dei
popolari
,
cioè
da
motivi
essenzialmente
politici
e
squisitamente
nazionali
.
StampaQuotidiana ,
Quanto
abbiamo
scritto
ieri
relativamente
alla
riunione
del
Gruppo
socialista
che
ha
discusso
a
lungo
della
collaborazione
e
della
intransigenza
senza
giungere
a
conclusione
pratica
di
sorta
,
merita
un
piccolo
codicillo
.
È
noto
che
alle
19,30
l
'
on
.
Matteotti
è
entrato
ove
il
gruppo
era
riunito
e
ha
portato
la
notizia
che
il
Ministero
Facta
si
poteva
ormai
considerare
come
fatto
;
così
che
per
il
momento
veniva
a
mancare
ogni
ragione
di
contese
.
Ma
non
è
noto
che
i
collaborazionisti
,
per
paura
dei
«
selvaggi
»
non
hanno
voluto
e
saputo
dire
chiaramente
tutto
il
loro
pensiero
e
che
durante
la
radunanza
si
sono
tenuti
sul
se
e
sul
ma
e
sul
fino
ad
un
certo
punto
.
Ci
sono
troppi
causidici
ci
diceva
nei
corridoi
un
deputato
socialista
di
aperta
fede
collaborazionista
.
Ma
tra
tutti
questi
«
ponzadubbi
»
per
paura
,
ci
sono
dei
collaborazionisti
aperti
,
i
quali
credono
che
si
debba
dire
intero
il
proprio
credo
per
trascinare
se
è
possibile
l
'
ala
sinistra
su
una
posizione
meno
intransigente
se
non
proprio
a
destra
di
colpo
;
certi
in
cuore
che
il
piano
inclinato
della
politica
l
'
avrebbe
per
necessità
,
diciamo
così
,
fisiche
,
portato
al
collaborazionismo
completo
.
Le
situazioni
sono
quel
che
sono
e
non
quello
che
si
vorrebbe
che
fossero
...
Le
mezze
misure
non
danno
frutti
:
l
'
astensione
in
dati
momenti
a
beneficio
del
cosidetto
governo
migliore
o
anche
il
voto
favorevole
non
avvantaggiano
né
il
gruppo
parlamentare
né
il
partito
.
Anzi
,
può
danneggiarli
,
nel
senso
che
l
'
appoggio
potrebbe
dar
loro
delle
responsabilità
senza
nessun
corrispettivo
.
Insomma
,
si
sarebbe
nelle
condizioni
di
chi
vive
in
concubinato
:
tutti
i
guai
del
matrimonio
senza
i
vantaggi
.
«
E
allora
,
opinarono
i
collaborazionisti
aperti
,
tipo
on
.
Zaniboni
il
quale
ieri
aveva
deciso
di
presentare
un
ordine
del
giorno
che
togliesse
gli
equivoci
non
preoccupiamoci
dei
deliberati
del
passato
Congresso
e
delle
flaccide
e
incerte
intransigenze
della
Direzione
;
ma
agiamo
liberamente
come
gruppo
parlamentare
autonomo
.
La
Direzione
ci
denunzierà
ad
un
congresso
da
convocare
al
più
presto
e
penseremo
noi
a
difenderci
e
a
spiegare
le
ragioni
che
ci
hanno
spinto
alla
collaborazione
diretta
;
alla
quale
presto
o
tardi
si
deve
pur
venire
procedendo
per
gradi
e
cioè
attraverso
l
'
astensione
per
il
governo
migliore
in
un
primo
tempo
e
all
'
appoggio
mediante
il
sì
negli
appelli
nominali
in
un
secondo
...
»
.
Tutto
ciò
sarebbe
stato
detto
se
l
'
on
.
Matteotti
non
fosse
intervenuto
a
dare
la
notizia
della
risoluzione
della
crisi
.
L
'
on
Zaniboni
,
che
si
è
posto
alla
testa
dei
collaborazionisti
diretti
,
avrebbe
espresso
intero
il
pensiero
suo
e
di
tutti
gli
altri
che
Treves
e
Turati
compresi
non
hanno
ardito
affrontare
l
'
ira
dei
«
selvaggi
»
.
Ma
è
bene
sin
da
ora
fissare
questi
termini
del
dibattito
socialista
sospeso
per
ragioni
parlamentari
,
e
che
risorgerà
alla
prima
occasione
.
L
'
intransigenza
è
in
liquidazione
.
StampaQuotidiana ,
Con
un
discorso
preciso
e
fermo
,
tenuto
nella
sede
della
sezione
nazionalista
di
Milano
,
e
che
i
nostri
lettori
conoscono
,
l
'
on
.
Stefano
Benni
anticipava
qualche
giorno
fa
il
manifesto
che
oggi
l
'
Alleanza
economica
parlamentare
,
di
cui
egli
è
autorevole
partecipante
rivolge
al
paese
.
Non
è
senza
significato
che
nazionalisti
abbiano
sollecitato
da
un
tecnico
che
vede
chiaro
in
politica
,
come
l
'
on
.
Benni
,
una
illustrazione
del
problema
centrale
dello
Stato
;
e
che
,
parlando
a
nazionalisti
,
il
deputato
dell
'
Alleanza
economica
parlamentare
sia
stato
tratto
,
dopo
una
inesorabile
disamina
del
deficit
statale
e
particolarmente
di
quello
ferroviario
,
ad
una
decisa
conclusione
politica
,
appunto
quella
che
i
nazionalisti
hanno
da
più
di
un
anno
affermata
,
l
'
opposizione
al
collaborazionismo
socialista
.
Non
è
senza
significato
,
perché
è
propria
del
nazionalismo
la
valorizzazione
antidemagogica
dei
fattori
della
produzione
del
presente
sistema
economico
,
posta
già
al
principio
della
nostra
più
che
decennale
propaganda
;
e
perché
non
può
trarsi
da
un
esame
,
come
quello
compiuto
dall
'
on
.
Benni
,
altra
conclusione
politicamente
onesta
e
leale
,
che
quella
da
noi
patrocinata
.
Infatti
il
deficit
più
preoccupante
è
appunto
quello
che
deriva
dal
socialismo
di
Stato
,
che
i
partiti
al
potere
hanno
per
un
ventennio
adottato
,
scontando
anticipatamente
,
a
danno
del
paese
,
quella
collaborazione
che
oggi
si
vorrebbe
soltanto
per
ragioni
di
polizia
.
Il
collaborazionismo
socialista
è
però
non
solo
in
contraddizione
repugnante
col
rivoluzionarismo
di
ieri
;
non
solo
in
ritardo
per
la
stessa
decomposizione
del
partito
e
della
Confederazione
del
Lavoro
;
ma
anche
e
soprattutto
in
contrasto
aperto
con
l
'
esperienza
disastrosa
accumulata
in
questi
anni
di
politica
socialista
per
procura
.
Se
si
parlasse
seriamente
di
collaborazionismo
e
cioè
di
un
programma
collaborazionista
,
e
non
del
piacere
di
vedere
Treves
e
Modigliani
sottomessi
a
fare
i
ministri
della
Monarchia
(
bel
guadagno
!
)
,
o
di
acquistare
note
capacità
e
illibatezze
come
Dugoni
e
Vacirca
,
o
di
creare
una
più
numerosa
compagnia
di
ventura
all
'
on
.
Nitti
,
o
di
soddisfare
la
demagogia
popolare
degli
onorevoli
Mauri
e
Miglioli
;
se
si
parlasse
della
politica
da
fare
con
i
socialisti
,
si
vedrebbe
che
questa
è
stata
già
fatta
e
con
pessimi
risultati
.
Non
esiste
però
alcun
margine
per
quel
collaborazionismo
riformistico
,
col
quale
i
socialisti
dovrebbero
giustificare
la
loro
partecipazione
al
potere
.
E
l
'
on
.
Labriola
ne
ha
fatta
anch
'
egli
in
questi
ultimi
tempi
,
ampia
dimostrazione
.
Esiste
invece
una
necessità
urgente
,
dominante
,
quella
di
obbedire
all
'
esperienza
ormai
chiara
,
e
opporsi
non
solo
alla
continuazione
del
socialismo
di
Stato
,
ma
restituire
lo
Stato
alle
sue
funzioni
essenziali
,
che
non
adempie
,
liberandolo
dai
deficit
che
lo
opprimono
,
come
vuole
l
'
Alleanza
economica
parlamentare
.
E
questa
necessità
,
come
ha
riconosciuto
l
'
on
.
Benni
nel
suo
discorso
di
Milano
,
è
nettamente
anticollaborazionistica
.
Il
problema
centrale
oggi
è
economico
-
finanziario
.
Esso
è
cioè
antiriformistico
,
antiparlamentaristico
,
e
però
anticollaborazionistico
.
Non
si
può
continuare
nell
'
inganno
demagogico
delle
«
audaci
riforme
»
,
cui
troppi
partiti
partecipano
;
non
si
può
indulgere
alle
combinazioni
parlamentari
per
fare
e
disfare
gabinetti
;
quando
non
si
riesce
nemmeno
a
cristallizzare
il
deficit
,
perché
si
continua
appunto
in
quella
politica
che
ha
provocato
e
alimentato
il
deficit
finanziario
e
determinata
la
paralisi
economica
.
Riconoscere
come
problema
centrale
quello
indicato
dall
'
Alleanza
economica
parlamentare
e
rifiutare
il
collaborazionismo
è
un
atto
solo
di
indispensabile
lealtà
politica
.
Non
nuovo
per
noi
,
anzi
definito
fin
dal
nostro
primo
definirci
nell
'
anteguerra
,
quando
ci
schierammo
risolutamente
contro
il
socialismo
di
Stato
,
di
cui
profetammo
i
danni
.
E
così
ancora
una
volta
tutta
la
falsa
,
calunniosa
propaganda
rivolta
contro
il
nazionalismo
,
accusato
di
reazione
,
di
cecità
conservatrice
verso
la
luce
del
riformismo
audace
,
di
grettezza
incomprensiva
dei
«
tempi
nuovi
»
,
è
dimostrata
essere
quello
che
è
sempre
stata
:
frutto
di
ignoranza
bestiale
e
di
fatua
chiacchiera
demagogica
.
Noi
avevamo
veduto
tempestivamente
,
nella
sua
unità
politico
-
economica
,
il
problema
centrale
,
che
oggi
è
confessato
nelle
stesse
miserie
del
collaborazionismo
,
denunziato
da
un
gruppo
di
deputati
di
varie
parti
della
Camera
,
perché
affiora
,
fra
le
illusioni
demagogiche
,
in
una
tragica
evidenza
di
cifre
.
StampaQuotidiana ,
Che
cosa
si
vuole
?
C
'
è
ancora
un
barlume
di
coscienza
politica
,
nazionale
,
nei
crisaioli
di
sinistra
,
soprattutto
democratici
e
popolari
?
Dobbiamo
credere
di
no
;
ma
dobbiamo
anche
parlar
chiaro
a
costoro
,
se
questa
è
ora
di
responsabilità
.
Dobbiamo
credere
di
no
,
perché
quando
sabato
il
deputato
nazionalista
Suvich
pronunciava
il
primo
discorso
consapevole
,
animoso
,
sul
problema
centrale
di
oggi
:
quello
economico
-
finanziario
;
e
sui
banchi
di
sinistra
e
di
estrema
si
parlottava
e
si
congiurava
per
tentare
un
ridicolo
colpo
da
convenzione
sugli
infortuni
patiti
dalle
suppellettili
dell
'
on
.
Miglioli
;
l
'
on
.
Turati
,
che
pur
dovrebbe
almeno
rispettare
in
se
stesso
la
qualità
di
vecchio
parlamentare
,
si
restituì
invece
alla
funzione
di
scimpanzè
socialista
,
borbottando
nella
barba
,
rivolto
al
deputato
Suvich
:
Quel
signore
ci
disturba
.
Ebbene
sembra
che
non
soltanto
l
'
on
.
Turati
e
i
suoi
sozii
collaborazionisti
siano
ridotti
a
questo
abbrutimento
di
speculazione
parlamentare
,
esemplarmente
rappresentato
da
Menè
Modigliani
.
No
.
Partecipano
ad
esso
troppi
altri
.
E
troppi
altri
«
sinistri
»
,
con
lo
scudo
crociato
e
senza
,
sotto
la
gragnuola
dei
colpi
che
la
socialdemocrazia
riceve
,
in
Italia
e
fuori
,
ripetono
ad
ogni
ammonimento
di
politica
estera
,
di
politica
finanziaria
,
di
politica
interna
:
Quel
signore
ci
disturba
.
E
«
quel
signore
»
è
la
storia
,
è
l
'
esperienza
,
è
la
reazione
delle
leggi
immutabili
della
vita
contro
l
'
intollerabile
demagogia
.
«
Quel
signore
»
è
l
'
America
,
che
ha
liquidato
il
vilsonismo
in
un
regime
di
casa
di
salute
e
ha
rifiutato
ogni
accostamento
con
la
Russia
bolscevica
,
perché
bolscevica
.
«
Quel
signore
»
è
l
'
Europa
,
che
liquida
nelle
relazioni
internazionali
e
nell
'
assetto
di
ciascun
paese
tutte
le
falsità
rivoluzionarie
e
si
irrigidisce
in
una
difesa
nazionale
e
imperiale
.
«
Quel
signore
»
è
la
stessa
Russia
,
che
,
soppresso
di
fatto
il
comunismo
,
si
vale
dell
'
etichetta
del
regime
per
tentare
una
politica
aggressiva
al
capitalismo
europeo
e
mondiale
,
irridendo
a
tutte
le
formule
della
socialdemocrazia
internazionale
,
scodinzolante
fino
a
ieri
intorno
al
bolscevismo
di
Mosca
e
a
quello
importato
in
casa
.
«
Quel
signore
»
è
l
'
Italia
che
ha
difesa
la
vittoria
dall
'
assalto
più
pericoloso
,
da
quello
del
nemico
interno
;
è
la
Nazione
che
si
è
restituita
alla
coscienza
dello
sforzo
compiuto
con
la
guerra
e
con
la
vittoria
.
«
Quel
signore
»
è
il
fallimento
della
politica
del
socialismo
di
Stato
,
indicato
in
cifre
insopprimibili
.
«
Quel
signore
»
è
il
crollo
di
tutta
l
'
impostura
socialista
del
dopo
guerra
,
che
si
frantuma
nella
fine
del
monopolio
proletario
,
nel
mostruoso
ridicolo
delle
amministrazioni
comunali
e
provinciali
sboccanti
nel
fallimento
e
nella
latitanza
degli
amministratori
,
in
episodi
quotidiani
di
esosità
sopraffattrici
o
vigliacche
.
Tutto
questo
,
che
è
la
confessione
quotidiana
della
demagogia
socialdemocratica
,
tutto
questo
disturba
.
Il
mondo
va
a
destra
.
L
'
Italia
,
che
ha
pagato
a
caro
prezzo
,
dilapidando
la
vittoria
,
il
donchisciottismo
socialdemocratico
e
l
'
esperimento
bolscevico
;
che
ha
sofferto
in
beni
morali
e
materiali
;
l
'
Italia
vuoi
fermarsi
su
questa
china
sinistra
.
E
il
paese
punta
i
piedi
per
non
inabissarsi
.
Ebbene
tutto
ciò
disturba
.
Disturba
,
perché
bisogna
sopprimere
la
storia
,
l
'
esperienza
,
la
volontà
,
con
la
congiura
parlamentare
,
soltanto
parlamentare
.
Perché
proprio
oggi
che
la
politica
socialista
o
voluta
dai
socialisti
è
in
bancarotta
fraudolenta
,
proprio
oggi
che
i
socialisti
stessi
sono
costretti
a
ridursi
in
Montecitorio
,
perché
dietro
di
loro
hanno
il
partito
in
brandelli
e
le
organizzazioni
in
sfacelo
;
proprio
oggi
la
speculazione
della
borsa
di
Montecitorio
vuol
portare
alla
quotazione
,
col
collaborazionismo
,
questi
titoli
screditati
.
La
speculazione
non
soltanto
socialista
,
ma
la
speculazione
di
tutti
i
sinistri
.
E
allora
noi
domandiamo
ai
crisaioli
democratici
e
popolari
se
essi
hanno
coscienza
della
violenza
,
che
si
vuol
tentare
,
di
questa
massima
delle
violenze
che
si
vuoi
tentare
della
Camera
sul
paese
.
Noi
domandiamo
a
costoro
,
che
sopprimono
differenze
di
programmi
e
di
indirizzi
;
che
osano
,
alcuni
,
parlare
anche
a
nome
della
coscienza
cattolica
italiana
;
che
ignorano
tutte
le
necessità
italiane
di
restaurazione
internazionale
e
nazionale
,
mettendo
innanzi
propositi
di
falsa
pacificazione
;
se
essi
non
sentono
essere
questa
,
che
essi
vogliono
,
la
massima
provocazione
.
Contro
cui
si
rivolta
la
vera
sofferenza
,
la
vera
sensibilità
,
la
vera
intelligenza
della
Nazione
.
Noi
domandiamo
se
coloro
,
che
di
fronte
alla
tirannia
rossa
tacevano
e
curvavano
vilissimamente
la
schiena
perché
i
colpi
cadessero
con
minor
forza
,
e
che
oggi
,
di
fronte
alla
riscossa
nazionale
,
fingono
tanto
orrore
di
guerra
civile
,
solo
perché
,
al
tempo
della
sopraffazione
bolscevica
,
di
guerra
civile
non
parlavano
,
avendo
rinunziato
alla
lotta
,
avendo
consegnato
lo
Stato
e
mostrandosi
disposti
a
consegnare
anche
la
Monarchia
;
noi
domandiamo
se
coloro
che
così
parlano
,
sanno
,
nella
loro
smania
di
crisi
che
nasconde
poi
,
con
lo
scudo
crociato
o
senza
,
tante
piccole
ambizioni
personali
di
promozioni
a
ministri
e
sottosegretari
;
sanno
che
cosa
può
essere
domani
questa
crisi
di
provocazione
e
di
violenza
,
di
vera
sfida
alle
forze
giovani
e
sane
della
Nazione
.
E
domandiamo
se
proprio
debbano
andare
direttamente
o
per
procura
al
potere
,
coloro
che
una
volta
si
vantavano
capi
di
masse
,
e
ora
sono
rifugiati
a
Montecitorio
,
come
in
un
asilo
,
dopo
aver
disertato
il
loro
posto
di
lotta
e
di
responsabilità
.
I
democratici
,
che
non
hanno
ancora
smarrita
del
tutto
la
coscienza
nazionale
nel
servilismo
socialista
;
i
popolari
che
non
hanno
soffocato
in
una
torbida
demagogia
il
senso
di
responsabilità
,
e
in
un
abbrutimento
di
contingenza
parlamentare
il
senso
di
una
continuità
di
vita
superiore
,
guardino
ancora
a
questa
realtà
.
Non
facciano
questione
di
ministero
,
come
non
facciamo
noi
.
Guardino
ad
altro
.
Perché
la
crisi
nazionale
,
che
è
nella
sua
fase
di
chiarificazione
e
di
assestamento
,
potrebbe
diventare
guerra
civile
,
solo
se
si
tentasse
di
sopraffarlo
con
una
crisi
parlamentare
,
di
cui
del
resto
gli
stessi
fautori
,
pronti
alla
miserabile
congiura
quotidiana
,
e
alla
gherminella
di
fine
di
seduta
,
non
posseggono
affatto
il
controllo
,
privi
come
sono
di
effettivi
propositi
comuni
e
della
scelta
di
un
capo
,
che
sia
,
non
che
capo
di
governo
,
almeno
capo
della
loro
masnada
.
StampaQuotidiana ,
L
'
anormalità
permanente
della
situazione
parlamentare
,
dovuta
a
cause
non
attuali
,
ma
remote
che
si
riferiscono
alla
composizione
originaria
della
Camera
stessa
,
si
è
acutizzata
in
seguito
alle
scenate
di
sabato
scorso
.
Così
che
voci
di
crisi
sono
già
cominciate
a
circolare
e
,
insieme
con
le
voci
di
crisi
,
anche
i
nomi
dei
preconizzati
successori
.
Sono
i
soliti
nomi
di
eminenti
parlamentari
,
che
riscuotono
le
simpatie
di
tutti
i
partiti
e
che
ciascun
partito
vorrebbe
monopolizzare
per
proprio
conto
;
ragion
per
cui
,
alla
stretta
dei
conti
,
devono
cedere
il
posto
a
personalità
di
statura
minore
.
Ma
quale
che
sia
la
sorte
imminente
del
gabinetto
attuale
,
e
quali
che
siano
gli
uomini
che
eventualmente
potrebbero
essere
chiamati
a
comporre
il
nuovo
gabinetto
,
noi
contestiamo
recisamente
,
che
l
'
attuale
situazione
politica
possa
essere
superata
mediante
una
nuova
combinazione
ministeriale
e
che
,
attraverso
una
crisi
ministeriale
,
si
possa
sboccare
ad
una
situazione
radicalmente
diversa
dalla
presente
.
La
situazione
nuova
,
auspicata
non
soltanto
dai
socialisti
ma
anche
da
molti
popolari
e
dagli
elementi
più
torbidi
dell
'
assemblea
,
dovrebbe
essere
caratterizzata
dall
'
esclusione
dei
ministri
di
Destra
dal
governo
,
e
dal
passaggio
della
stessa
Destra
all
'
opposizione
.
Ma
il
passaggio
della
Destra
all
'
opposizione
vorrebbe
dire
la
guerra
civile
nel
Paese
.
Un
ministero
contro
la
Destra
sarebbe
necessariamente
un
ministero
di
violenza
.
La
coscienza
pubblica
non
giudicherebbe
diversamente
e
gli
stessi
socialisti
non
concepiscono
diversamente
un
governo
diretto
a
combattere
con
tutte
le
armi
la
volontà
manifesta
del
Paese
,
che
si
va
orientando
verso
destra
.
L
'
on
.
Canepa
lo
ha
detto
assai
efficacemente
:
si
vuole
un
governo
che
,
con
gli
stati
d
'
assedio
e
i
tribunali
militari
,
riduca
al
dovere
i
partiti
nazionali
,
un
governo
modello
1898
.
L
'
on
.
Canepa
ha
perfettamente
ragione
;
un
governo
senza
la
Destra
e
contro
la
Destra
non
potrebbe
essere
un
governo
di
tipo
diverso
.
Ora
quale
delle
personalità
parlamentari
,
di
cui
si
fanno
i
nomi
,
sarebbe
disposto
a
assumersi
la
responsabilità
di
formare
un
governo
di
questo
genere
?
Giolitti
,
De
Nicola
,
Orlando
?
Non
li
vediamo
.
Ci
sarebbe
soltanto
l
'
on
.
Nitti
,
ma
Nitti
presenta
in
confronto
degli
altri
nomi
l
'
inconveniente
di
non
salvare
neppure
le
apparenze
,
di
non
potere
neppure
dissimulare
il
proposito
liberticida
del
nuovo
Governo
antinazionale
.
Il
suo
stesso
nome
è
un
programma
di
guerra
civile
.
E
allora
?
Allora
è
evidente
che
nessuna
combinazione
nuova
è
possibile
,
che
sia
capace
di
realizzare
il
programma
che
sta
a
cuore
agli
elementi
antinazionali
.
Qualunque
altro
governo
non
può
che
avere
il
programma
del
presente
ministero
:
il
programma
cioè
di
tenere
ferma
l
'
autorità
dello
Stato
contro
le
esorbitanze
di
tutti
i
partiti
,
senza
ricorrere
a
provvedimenti
straordinari
ed
anticostituzionali
,
e
di
giungere
a
ristabilire
l
'
ordine
,
attraverso
la
pacificazione
degli
animi
,
non
attraverso
la
guerra
civile
.
StampaQuotidiana ,
La
cronaca
parlamentare
continua
a
darci
ragione
.
Mentre
si
dovrebbe
cercare
di
chiarire
le
responsabilità
politiche
e
di
rispettare
quello
che
resta
delle
norme
parlamentari
,
i
gruppi
che
hanno
sollecitata
la
crisi
esibiscono
,
nella
loro
smania
,
la
loro
crisi
di
irresponsabilità
.
Incapaci
di
definire
una
volontà
comune
,
anche
e
soprattutto
i
popolari
divisi
da
tendenze
e
da
ambizioni
;
incapaci
di
assumere
una
netta
responsabilità
politica
,
essi
hanno
patrocinato
la
perpetuazione
di
una
procedura
,
già
inaugurata
in
crisi
precedenti
,
già
giudicata
e
condannata
dalla
Corona
,
quando
l
'
on
.
Bonomi
,
dimessosi
per
le
stesse
inqualificabili
e
irresponsabili
manovre
di
gruppi
,
fu
rimandato
dal
Re
alla
Camera
per
affrontare
la
discussione
e
il
voto
.
La
cronaca
di
ieri
è
la
riprova
di
quello
che
abbiamo
scritto
in
questi
giorni
,
non
per
difendere
il
gabinetto
,
ma
per
bollare
la
«
manovra
»
,
tempestivamente
denunziata
dall
'
on
.
Federzoni
,
sabato
sera
sull
'
oramai
repugnante
episodio
Miglioli
.
Non
c
'
è
più
alcun
pudore
.
Si
buttano
via
o
si
calpestano
gli
stessi
«
immortali
»
principii
.
Eccoli
tutti
in
combutta
,
gli
antireazionari
,
coloro
che
hanno
orrore
della
Destra
,
i
fautori
della
libertà
,
socialisti
e
filosocialisti
,
a
predicare
nei
corridoi
il
ritorno
al
'98
arrovesciato
,
agli
stati
d
'
assedio
;
ma
anche
a
patrocinare
il
silenzio
nell
'
aula
,
il
seppellimento
senza
discussione
del
ministero
,
la
livragazione
viscida
,
anche
per
non
ritornare
sull
'
ultima
origine
della
crisi
:
la
«
casa
paterna
»
dell
'
on
.
Miglioli
ridotta
a
casa
di
fitto
!
Eccoli
gli
antireazionarii
,
i
tempinuovisti
a
ripatrocinare
le
crisi
extraparlamentari
,
a
domandare
semplicemente
la
caduta
di
un
ministero
,
per
farne
un
altro
,
senza
dichiarare
il
proprio
programma
.
Perché
il
programma
è
inconfessabile
.
Così
,
mentre
la
collaborazionista
Giustizia
chiama
retoricamente
il
Parlamento
baluardo
della
libertà
,
la
giornata
di
ieri
ha
,
quali
che
potranno
essere
gli
eventi
,
suggellato
per
sempre
la
miseria
della
sconcia
manovra
,
inscenata
da
sabato
,
col
tentativo
di
annullare
la
stessa
superstite
dignità
del
Parlamento
nell
'
impostura
d
'
un
episodio
gettato
nell
'
aula
;
nell
'
intrigo
di
corridoio
sollevato
a
giudizio
politico
,
per
decidere
sulla
vita
di
un
ministero
e
intimargli
le
dimissioni
con
una
procedura
messicana
.
Ma
non
basta
.
Gli
antireazionari
,
i
difensori
della
legge
,
i
tempinuovisti
,
i
pacificatori
non
guardano
pel
sottile
.
E
se
i
comunisti
e
comitati
irresponsabili
di
Alleanze
di
Lavoro
e
squadre
di
arditi
del
popolo
si
gettano
nelle
avventure
dello
sciopero
generale
e
tentano
una
riscossa
per
proprio
conto
e
per
conto
di
stranieri
,
facciano
pure
in
questo
momento
.
Tutto
fa
materia
.
È
tanto
di
guadagnato
per
la
causa
collaborazionistica
,
per
le
intese
del
collaborazionista
Modigliani
,
del
popolare
Mauri
,
del
riformista
Celli
,
del
nittiano
Falcioni
e
di
altri
illustri
e
benemeriti
rappresentanti
della
responsabilità
politica
italiana
.
Se
questo
ricatto
turbolento
che
si
tenta
di
fuori
è
fatto
da
coloro
che
,
tutti
i
giorni
,
sui
loro
quotidiani
,
accusano
con
estrema
violenza
i
collaborazionisti
,
li
chiamano
traditori
e
venduti
,
e
dichiarano
di
volere
la
dittatura
comunista
contro
le
combinazioni
parlamentari
,
non
fa
nulla
.
Intanto
è
bene
approfittarne
.
L
'
alfonsismo
dei
nittiani
ha
fatto
scuola
.
Così
tra
la
speculazione
,
l
'
irresponsabilità
e
il
ricatto
matura
la
crisi
,
con
i
connotati
che
quotidianamente
noi
le
segniamo
.
E
poiché
quotidianamente
i
fatti
ci
danno
ragione
,
anche
e
soprattutto
quelli
compiuti
dai
nostri
avversari
,
non
ci
sorprendiamo
affatto
che
il
Corriere
d
'
Italia
divenuto
sempre
più
sinistro
,
abbia
perduto
le
staffe
per
la
nostra
Diffida
per
la
guerra
civile
.
Quello
che
non
possiamo
tuttavia
affatto
tollerare
è
che
il
giornale
popolare
,
in
questo
tumulto
di
collaborazionismo
,
abbia
perduto
siffattamente
la
memoria
,
in
una
precipitosa
autodifesa
del
suo
passato
antibolscevico
,
da
invitarci
a
rileggere
noi
stessi
per
«
arrossire
»
come
rei
di
aver
difeso
noi
,
proprio
noi
l
'
on
.
Nitti
,
caduto
invece
per
merito
dei
popolari
.
I
quali
,
dopo
essersi
opposti
allo
sciopero
ferroviario
,
avevano
dovuto
vedere
i
ferrovieri
bianchi
lasciati
«
in
balia
delle
violenze
e
del
ludibrio
dei
loro
colleghi
rossi
»
,
sotto
«
l
'
onta
di
un
governo
che
revocava
perfino
le
loro
regolari
promozioni
»
.
Eh
!
no
!
L
'
Italia
è
paese
di
memoria
labile
,
ma
non
è
proprio
lecito
di
cambiar
le
carte
.
Eh
!
no
!
La
storia
è
stata
ben
altra
.
E
proprio
la
collezione
dell
'
Idea
Nazionale
sta
a
testimoniare
che
l
'
opposizione
al
governo
di
Nitti
è
stata
costante
,
decisa
,
violenta
,
solo
da
parte
nostra
.
Sta
a
testimoniare
che
noi
non
difendemmo
affatto
l
'
on
.
Nitti
,
anzi
continuammo
a
dargli
addosso
,
quando
i
popolari
,
costituitisi
in
gruppo
dopo
le
elezioni
del
'19
,
debuttarono
facendo
cadere
l'11
maggio
1920
il
gabinetto
Nitti
,
che
ancora
non
li
comprendeva
.
Se
non
che
noi
rimanemmo
,
e
come
!
all
'
opposizione
,
e
invece
i
popolari
,
che
avevano
fatto
cadere
Nitti
solo
per
bramosia
di
potere
,
sabotarono
la
combinazione
Bonomi
,
ed
accettarono
di
perdere
la
loro
verginità
politica
,
andando
proprio
con
Nitti
,
cioè
accettarono
che
le
loro
prime
nozze
al
potere
fossero
coincidenti
con
«
l
'
onta
di
un
governo
che
aveva
revocato
etcetera
etcetera
»
.
Questa
fu
la
fiera
entrata
dei
popolari
nella
vita
ministeriale
,
e
fu
giudicata
da
noi
allora
con
parole
profetiche
,
delle
quali
dovrebbe
arrossire
il
Corriere
d
'
Italia
,
se
il
rossore
è
il
segno
della
castità
e
non
certo
di
un
gruppo
politico
che
,
andato
al
governo
la
prima
volta
con
Nitti
moribondo
(
caduto
subito
nella
ignominia
dell
'
eccidio
del
24
maggio
)
,
è
rimasto
al
governo
con
Giolitti
,
Bonomi
,
Facta
e
vuoi
portare
ora
al
governo
i
patroni
e
i
difensori
delle
«
violenze
e
del
ludibrio
rossi
»
;
i
fautori
costanti
di
un
governo
,
considerato
come
un
'
«
onta
»
.
Questa
è
la
crisi
di
oggi
,
che
si
riconnette
al
periodo
nittiano
,
quando
noi
scrivemmo
,
arrossendo
sì
,
ma
per
amore
all
'
Italia
:
«
soluzioni
messicane
»
!
StampaQuotidiana ,
Prima
di
scendere
all
'
esame
della
crisi
nei
suoi
termini
concreti
e
personali
,
è
necessario
esaminarla
,
fuori
del
groviglio
parlamentare
,
nelle
sue
grandi
linee
politiche
,
occorre
cioè
stabilire
i
criteri
direttivi
da
seguire
,
nelle
attuali
contingenze
,
per
giungere
,
dopo
tre
crisi
in
poco
più
di
un
anno
di
vita
della
legislatura
,
alla
costituzione
di
un
governo
forte
e
vitale
.
Di
un
'
apparente
soluzione
della
crisi
,
di
un
governo
cioè
che
avesse
soltanto
il
compito
di
tenere
il
posto
fino
alla
soluzione
definitiva
della
crisi
,
non
si
dovrebbe
più
parlare
.
Ora
sotto
questo
aspetto
integralmente
politico
e
non
grettamente
parlamentare
,
la
crisi
si
presenta
assai
meno
complicata
di
quanto
,
a
prima
vista
,
si
possa
immaginare
.
Avuto
riguardo
alla
distribuzione
delle
forze
parlamentari
,
la
crisi
presenta
tre
soluzioni
possibili
:
o
un
governo
collaborazionista
,
o
con
o
senza
la
partecipazione
diretta
dei
socialisti
al
potere
,
o
un
governo
di
concentrazione
nazionale
,
o
un
governo
equidistante
.
Si
tratta
ora
di
esaminare
queste
tre
soluzioni
possibili
in
confronto
alle
esigenze
politiche
,
a
cui
la
nuova
combinazione
dovrebbe
soddisfare
per
assicurare
un
governo
che
avesse
quella
relativa
stabilità
e
quel
tanto
di
forza
,
che
la
situazione
consente
.
Dobbiamo
subito
scartare
la
terza
ipotesi
,
perché
un
governo
equidistante
sarebbe
,
nelle
circostanze
presenti
,
necessariamente
un
governo
non
vitale
;
ad
esso
cioè
mancherebbe
il
requisito
principale
,
che
oggi
si
richiede
in
qualsiasi
governo
;
quello
di
avere
una
base
parlamentare
sufficiente
.
Esso
potrebbe
trascinarsi
innanzi
qualche
mese
a
furia
di
espedienti
,
ma
non
potrebbe
affrontare
nessuno
dei
grandi
problemi
,
che
incombono
sulla
vita
del
Paese
.
Un
governo
collaborazionista
avrebbe
sì
una
base
parlamentare
sufficiente
,
ma
non
ne
avrebbe
nessuna
nel
Paese
,
dove
i
socialisti
,
col
fallimento
dello
sciopero
generale
antifascista
,
hanno
dato
la
prova
della
loro
impotenza
,
impotenza
che
sarebbe
ancora
maggiore
il
giorno
in
cui
il
Partito
socialista
si
sfasciasse
definitivamente
,
il
che
seguirebbe
immediatamente
all
'
avvento
del
governo
collaborazionista
.
Inoltre
l
'
attività
di
un
simile
governo
si
esaurirebbe
tutta
nello
sforzo
di
mantenersi
al
potere
,
né
vi
potrebbe
riuscire
senza
un
'
opera
di
sistematica
repressione
.
Un
governo
collaborazionista
è
oggi
fatalmente
condannato
ad
essere
un
governo
di
violenza
.
Esso
dovrebbe
imporre
la
propria
esistenza
alla
Nazione
.
Resta
la
terza
ipotesi
:
quella
di
un
gabinetto
di
concentrazione
nazionale
.
Questo
governo
è
il
solo
che
,
oltre
ad
avere
una
base
sufficiente
in
Parlamento
,
potrebbe
tentare
un
'
opera
di
restaurazione
della
legge
,
senza
incontrare
gravi
ostacoli
nel
Paese
.
Un
'
insurrezione
socialista
,
nelle
condizioni
in
cui
è
ora
ridotto
il
Partito
,
non
sarebbe
oggi
da
temere
contro
lo
Stato
.
E
il
Fascismo
,
che
giustamente
dice
di
essersi
sostituito
allo
Stato
assente
nell
'
opera
di
restaurazione
dei
valori
nazionali
,
dovrebbe
necessariamente
rientrare
nell
'
orbita
della
legalità
,
il
giorno
in
cui
un
governo
di
concentrazione
nazionale
,
senza
mire
faziose
,
mostrasse
seriamente
di
voler
riprendere
sul
serio
il
timone
dello
Stato
.
Comunque
,
è
oramai
tempo
che
la
crisi
si
abbia
finalmente
una
soluzione
politica
e
non
puramente
parlamentare
,
cioè
una
soluzione
che
chiuda
realmente
e
non
lasci
praticamente
aperta
la
crisi
.
StampaQuotidiana ,
Quarantadue
sono
gli
iscritti
a
parlare
sulle
comunicazioni
del
Governo
;
e
,
a
quanto
si
assicura
,
sono
già
in
aumento
.
Saliranno
a
cinquanta
e
a
più
di
cinquanta
e
cioè
all
'
ottavo
dei
presenti
che
si
calcola
saranno
quattrocento
.
Questa
proporzione
è
assurda
e
ridicola
.
È
una
vecchia
tradizione
abitudinaria
,
che
bisogna
abbandonare
.
È
intollerabile
.
Sono
pregati
quanti
,
custodi
degl
'
immortali
principii
,
credessero
di
riconoscere
nelle
nostre
parole
un
proposito
di
violare
una
delle
tante
libertà
,
la
libertà
di
parola
,
di
ricordarsi
di
quello
che
inutilmente
è
stato
detto
e
scritto
e
ripetuto
tutte
le
volte
che
,
dopo
una
crisi
,
o
ad
una
riapertura
di
Camera
,
ci
sia
stata
la
solita
accademia
sulle
comunicazioni
del
governo
.
In
quelle
occasioni
,
da
tutte
le
parti
,
compresa
la
stampa
socialdemocratica
,
si
è
deplorato
le
chiacchiere
inutili
,
la
logorante
esposizione
di
tutto
lo
scibile
,
l
'
indisciplina
dei
gruppi
incapaci
di
designare
un
rappresentante
,
la
vanità
dei
singoli
,
preoccupati
di
collocare
il
proprio
discorso
,
e
via
di
seguito
.
E
la
deplorazione
è
stata
vana
,
sempre
vana
,
tanto
da
diventare
anche
essa
un
'
accademia
rituale
come
la
discussione
.
Noi
crediamo
invece
che
si
debba
finirla
con
l
'
una
e
con
l
'
altra
accademia
.
La
libertà
di
parola
non
c
'
entra
.
Poiché
in
un
Parlamento
bene
ordinato
il
diritto
di
parlare
trova
norme
e
limiti
spontanei
nella
disciplina
dei
gruppi
,
nella
sostanza
dei
discorsi
,
nella
condotta
degli
ascoltatori
.
In
Inghilterra
e
in
Francia
è
norma
quasi
costante
che
le
dichiarazioni
del
governo
abbiano
la
sanzione
del
voto
nella
giornata
stessa
in
cui
sono
state
pronunziate
.
Soltanto
in
Italia
un
voto
può
arrivare
dopo
una
settimana
.
Ci
pare
poi
che
questa
sia
una
buona
occasione
per
finirla
.
C
'
è
un
governo
che
si
costituisce
con
atti
,
che
si
è
già
affermato
con
atti
,
che
vuol
continuare
per
atti
.
Gli
atti
per
la
costituzione
del
governo
,
gli
atti
del
governo
,
sono
noti
,
definiti
.
La
Camera
quindi
può
,
deve
anzi
giudicarli
,
senza
prolisse
e
variopinte
interpretazioni
.
Le
comunicazioni
del
governo
saranno
appoggiate
a
questi
atti
e
non
saranno
il
solito
discorso
,
che
entra
in
gara
con
altri
discorsi
,
che
si
conclude
in
un
secondo
discorso
,
che
provochi
i
vani
discorsetti
delle
dichiarazioni
di
voto
.
Non
ci
deve
essere
posto
per
la
chiacchiera
,
soprattutto
per
la
chiacchiera
personale
dei
numerosi
deputati
,
i
quali
debbono
risolvere
pubblicamente
il
loro
caso
di
coscienza
,
per
passare
dal
culto
socialdemocratico
al
filofascismo
.
Questi
casi
di
coscienza
siano
risoluti
col
voto
,
e
basta
.
Tutto
il
resto
non
avrebbe
alcun
interesse
.
Potrebbe
anzi
fare
schifo
.
La
Camera
deve
,
se
ne
è
capace
,
dimostrare
alla
Nazione
di
assolvere
ancora
un
qualche
compito
.
Serio
,
positivo
,
quale
certamente
non
è
indicato
dal
numero
degli
oratori
,
chiamandoli
così
,
iscritti
per
la
discussione
sulle
comunicazioni
del
governo
.
La
Camera
deve
ricordarsi
di
avere
,
con
i
suoi
lunghi
periodi
di
vanità
parolaia
,
con
i
suoi
volgarissimi
e
abietti
litigi
,
con
la
sua
incontinenza
demagogica
nel
compromettere
la
solidità
del
bilancio
,
toccato
l
'
estremo
della
degenerazione
parlamentaristica
,
di
aver
essa
dato
al
Paese
il
tristo
spettacolo
di
un
istituto
in
paralisi
,
in
dissoluzione
.
La
Camera
ha
oggi
la
responsabilità
delle
sue
colpe
,
dei
suoi
errori
,
la
cui
diagnosi
è
stata
inutilmente
ripetuta
.
Spetta
oggi
alla
Camera
di
dimostrarsi
almeno
capace
di
contrizione
.
StampaQuotidiana ,
«
Noi
constatiamo
che
,
ogni
giorno
che
passa
,
le
esigenze
della
Nazione
appaiono
in
contrasto
sempre
più
chiaro
con
principii
e
con
metodi
che
il
massimalismo
dichiara
di
professare
»
.
Queste
sono
parole
del
manifesto
di
Turati
,
Treves
ed
altri
,
fra
i
quali
l
'
on
.
Buozzi
,
quello
stesso
che
dovrebbe
condurre
le
schiere
dei
metallurgici
.
Sono
parole
timide
e
tardive
,
imposte
dalla
evidenza
di
un
male
che
ha
già
fatto
tutto
il
suo
male
.
Sono
la
confessione
,
non
sappiamo
più
quanto
tempestiva
,
di
una
colpa
.
Quando
durante
la
guerra
,
crisi
per
eccellenza
della
Nazione
,
e
dopo
la
vittoria
,
suprema
e
massima
conquista
della
Nazione
,
noi
abbiamo
ostinatamente
denunziato
il
fine
antinazionale
del
socialismo
ufficiale
,
anche
i
firmatari
del
manifesto
ci
hanno
risposto
negando
,
deliberati
di
ignorare
la
Nazione
per
la
classe
.
Oggi
che
,
con
la
acquiescenza
prima
,
con
la
complicità
poi
durante
il
governo
di
Nitti
della
cosiddetta
classe
politica
dirigente
,
è
stato
distrutto
,
nella
diffamazione
dello
sforzo
bellico
,
nella
dilapidazione
del
patrimonio
morale
della
vittoria
,
il
beneficio
nazionale
e
però
anche
del
proletariato
,
il
benefizio
italiano
della
guerra
vinta
,
oggi
soltanto
,
quando
tutto
il
male
è
stato
fatto
e
si
impone
a
coloro
che
ne
sono
stati
anch
'
essi
autori
,
più
o
meno
inconsapevoli
,
si
osa
affermare
l
'
esistenza
di
una
Nazione
,
la
cui
vita
è
minacciata
dalla
propaganda
massimalista
.
Non
occorre
più
ricercare
prove
di
sotterranei
e
obliqui
rapporti
con
lo
straniero
,
bolscevico
e
non
bolscevico
;
non
occorre
sorprendere
i
colloqui
notturni
del
rappresentante
russo
Vodosonoff
con
l
'
on
.
Bucco
e
qualche
redattore
dell
'
Avanti
!
;
non
occorre
cercare
la
documentazione
di
sollecitazioni
,
diciamo
così
,
jugoslave
all
'
improvviso
sciopero
generale
della
Venezia
Giulia
.
Quando
si
deve
ammettere
che
l
'
azione
massimalista
è
in
contrasto
con
la
Nazione
,
dopo
un
mostruoso
esperimento
in
corpore
vili
oggi
ben
chiaro
per
tutti
,
la
coincidenza
dell
'
interesse
straniero
e
nemico
con
i
moti
operai
,
anche
esibiti
in
formule
economiche
,
è
inevitabile
.
È
nella
cosa
.
Ci
sia
una
Russia
bolscevica
,
costretta
dalla
disperazione
a
propagare
con
oro
il
suo
male
;
ci
sia
una
Jugoslavia
,
altrimenti
impotente
a
contrastarci
la
vittoria
,
interessata
ad
avere
una
Italia
paralizzata
a
prezzo
minore
di
un
qualsiasi
tentativo
bellico
;
ci
siano
una
Francia
,
un
'
Inghilterra
,
desiderose
di
eliminare
di
fatto
l
'
Italia
dal
rango
di
grande
potenza
,
sanguinosamente
conquistato
,
non
più
per
loro
sopraffazione
egemonica
,
ma
per
dissoluzione
interna
italiana
;
ci
siano
oppure
no
a
collaborare
queste
forze
,
avverse
o
addirittura
nemiche
,
questo
è
certo
:
che
il
massimalismo
nostrano
lavora
contro
la
Nazione
a
benefizio
dello
straniero
.
Anche
quando
finga
di
mantenersi
,
come
nella
lotta
dei
metallurgici
,
nei
termini
di
una
competizione
sociale
.
Poiché
,
ammesso
,
ciò
che
non
è
,
che
i
ripetuti
assalti
delle
categorie
organizzate
sieno
di
carattere
economico
,
è
inoppugnabile
che
,
dopo
la
conquista
degli
alti
salari
avvenuta
durante
la
guerra
stessa
,
l
'
Italia
doveva
saper
decidere
,
se
nella
formidabile
lotta
di
accaparramento
di
produzione
e
di
mercato
,
uscita
dalla
guerra
,
e
in
cui
si
gettavano
giganteschi
concorrenti
,
l
'
industria
italiana
,
cresciuta
nella
guerra
,
sarebbe
stata
sorretta
dalla
vittoria
o
umiliata
come
in
una
sconfitta
.
Ebbene
ciò
che
oggi
avviene
è
semplicemente
questo
:
che
la
sconfitta
,
respinta
al
nemico
vinto
in
campo
aperto
,
è
stata
trasferita
all
'
azione
interna
del
massimalismo
.
Questo
,
dopo
Vittorio
Veneto
,
ha
voluto
e
vuole
riportare
l
'
Italia
a
Caporetto
senza
il
Piave
.
Anche
se
si
tratti
di
una
Caporetto
economica
.
Poiché
basterà
aggiungere
alla
schiavitù
delle
materie
prime
,
a
quelle
del
tonnellaggio
e
del
cambio
,
anche
la
schiavitù
derivante
dall
'
inevitabile
crollo
della
produzione
stritolata
nei
puerili
e
criminali
esperimenti
di
gestione
collettiva
,
falliti
miseramente
anche
in
Russia
per
preparare
all
'
Italia
le
condizioni
di
una
servitù
politica
.
Ma
quando
si
consideri
che
il
movimento
economico
è
baldanzosamente
indicato
come
movimento
politico
,
di
deliberato
carattere
antinazionale
,
alimentato
soltanto
dalla
diffamazione
della
guerra
e
della
vittoria
,
quello
che
è
un
fatto
inevitabile
della
stessa
contesa
economica
nei
termini
che
assume
,
diventa
il
proposito
confessato
,
contro
cui
lo
stesso
manifesto
socialista
è
obbligato
di
porsi
.
Ebbene
questo
proposito
è
di
pochi
e
di
miserabili
.
Ma
ha
un
complice
:
il
governo
oggi
è
inferiore
a
quella
stessa
timida
e
tardiva
resipiscenza
tentata
dai
firmatari
del
manifesto
.
Il
suo
preteso
agnosticismo
nel
conflitto
economico
,
è
in
realtà
fumosa
cecità
politica
e
torbida
insensibilità
nazionale
.
Il
governo
ignora
di
dover
difendere
il
patrimonio
comune
,
il
patrimonio
nazionale
.
Di
doverlo
difendere
da
un
assalto
che
,
consapevolmente
o
non
,
serve
tutte
le
forze
antinazionali
e
soltanto
le
forze
antinazionali
.
Le
formule
,
da
esso
cercate
d
'
ora
in
ora
,
sono
miserabili
pretesti
.
La
sua
inazione
,
quando
basterebbe
una
modesta
azione
restauratrice
,
è
un
delitto
.
Esso
tradisce
,
poiché
quest
'
ora
che
noi
viviamo
non
è
di
rivoluzione
,
no
,
ma
di
disfatta
.
Di
disfatta
,
dopo
la
vittoria
sul
campo
!
StampaQuotidiana ,
La
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
merita
pieno
consenso
.
Essa
chiarisce
nettamente
come
dalla
vertenza
economica
tra
operai
e
industriali
metallurgici
si
sia
passati
per
sottomissione
operaia
alla
propaganda
massimalista
e
per
defezione
dello
Stato
nella
cosiddetta
neutralità
del
Governo
,
ad
un
tentativo
di
rivolta
sociale
e
politica
,
i
cui
risultati
già
innegabilmente
distruttivi
vanno
oltre
le
posizioni
singole
degli
industriali
e
toccano
il
patrimonio
della
Nazione
,
la
sua
possibilità
di
vita
e
di
sviluppo
nella
terribile
concorrenza
mondiale
.
Perché
possa
essere
ammessa
la
trattativa
economica
,
occorre
respingere
e
annullare
il
tentativo
di
rivolta
.
Non
di
rivoluzione
,
poiché
quando
le
rappresentanze
delle
organizzazioni
operaie
e
del
partito
socialista
dichiarano
che
la
presa
di
possesso
dei
mezzi
di
produzione
e
la
gestione
diretta
non
sono
,
come
dovrebbero
essere
,
un
fatto
di
coscienza
e
di
volontà
la
cui
deliberazione
non
dovrebbe
ammettere
revoche
,
ma
invece
un
mezzo
di
intimidazione
per
ottenere
un
aumento
di
salario
di
una
determinata
categoria
,
si
deve
confermare
quanto
ieri
abbiamo
detto
e
che
cioè
negli
avvenimenti
paralizzatori
della
vita
della
Nazione
,
cominciati
con
gli
scioperi
del
luglio
dell
'
anno
scorso
,
non
agisce
una
qualunque
forza
dinamica
costruttiva
,
ma
lo
spirito
dilapidatore
della
sconfitta
.
Persuasi
di
ciò
,
persuasi
che
per
la
salute
dello
stesso
proletariato
,
cui
la
cosiddetta
neutralità
governativa
ha
tolto
il
modo
di
poter
resistere
alle
impostazioni
della
minoranza
massimalista
riuscita
ad
usurpare
l
'
autorità
dello
Stato
,
persuasi
che
dopo
quattordici
mesi
di
continuo
scadimento
,
occorra
finalmente
fermarsi
ad
un
punto
chiaro
di
resistenza
,
riconosciamo
alla
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
un
preciso
valore
economico
,
sociale
,
nazionale
.
Un
valore
politico
di
decisione
utile
e
salutare
,
sulla
quale
provare
tutte
le
buone
forze
che
intendono
opporsi
ad
un
'
opera
di
dissolvimento
.
La
difesa
della
singola
industria
è
oggi
compresa
nella
difesa
di
un
ordinamento
economico
e
sociale
,
che
noi
crediamo
,
soprattutto
in
questo
momento
di
crisi
uscita
dalla
guerra
,
il
solo
capace
di
impedire
la
schiavitù
economica
e
quindi
politica
allo
straniero
tanto
più
potente
,
il
solo
capace
di
garantire
il
faticoso
acquisto
che
l
'
Italia
ha
compiuto
per
liberarsi
dalla
condizione
e
più
dallo
spirito
di
minorità
mondiale
.
Questo
valore
nazionale
dell
'
ordinamento
economico
e
sociale
,
da
noi
affermato
contro
tutte
le
miserabili
menzogne
e
calunnie
demagogiche
,
si
impone
oggi
nella
lotta
contro
il
comunismo
,
di
cui
economicamente
è
dimostrato
dallo
stesso
esperimento
russo
l
'
effetto
distruttivo
senza
nemmeno
il
benefizio
,
anzi
col
danno
della
classe
che
lo
compie
;
e
i
cui
equivalenti
politici
,
l
'
internazionalismo
e
l
'
antimilitarismo
,
sono
stati
così
in
contrasto
con
la
realtà
storica
da
obbligare
la
Russia
a
cercar
salute
soltanto
nella
negazione
risoluta
di
essi
:
nella
guerra
.
Ma
se
consentiamo
economicamente
,
socialmente
,
nazionalmente
e
anche
moralmente
,
per
uscire
con
un
atto
di
dignità
consapevole
da
questo
marasma
di
pusillanimità
,
con
la
deliberazione
della
Confederazione
delle
Industrie
,
non
possiamo
non
domandare
oggi
stesso
agli
industriali
che
si
uniscono
in
essa
,
che
per
l
'
efficacia
politica
di
questa
deliberazione
è
necessaria
una
resipiscenza
.
Essi
debbono
oggi
veder
chiaro
anche
nelle
loro
colpe
e
nelle
loro
responsabilità
,
che
sono
gravi
.
Essi
debbono
confessare
che
a
questa
coincidenza
della
loro
difesa
con
quella
dei
beni
materiali
e
morali
della
Nazione
non
sono
arrivati
con
una
coscienza
politica
nazionale
.
Non
pensiamo
,
questo
dicendo
,
alla
nostra
particolare
azione
che
tenacemente
abbiamo
proseguita
per
creare
una
coscienza
economica
nazionale
fuori
dei
luoghi
comuni
del
più
vuoto
riformismo
demagogico
,
e
che
è
stata
così
poco
intesa
dalla
classe
cosiddetta
dirigente
.
No
.
Andiamo
oltre
la
nostra
dottrina
e
la
nostra
posizione
e
constatiamo
che
quando
forze
costruttive
della
Nazione
,
le
quali
hanno
il
dovere
di
una
superiore
chiaroveggenza
,
hanno
consentito
e
collaborato
attivamente
e
passivamente
ad
una
politica
di
distruzione
della
vittoria
all
'
estero
e
all
'
interno
;
quando
una
classe
cosiddetta
dirigente
consente
che
si
aggiunga
al
disfattismo
della
guerra
il
disfattismo
della
vittoria
,
al
neutralismo
il
vilsonismo
;
quando
si
crede
estranea
alla
propria
attività
di
cittadino
,
dirigente
possenti
organizzazioni
,
la
custodia
e
la
difesa
degli
scopi
supremi
della
Nazione
,
quelli
della
sua
unità
territoriale
,
strategica
,
spirituale
minacciati
e
offesi
in
Adriatico
,
oltre
che
da
prepotenze
straniere
,
dalla
nostra
ignoranza
e
malvagità
;
quando
si
accetta
che
il
governo
ponga
,
con
l
'
amnistia
ai
disertori
e
cioè
al
reato
dei
reati
,
le
basi
della
dissoluzione
dello
Stato
e
della
defezione
governativa
innanzi
alla
singola
violenza
;
quando
a
governi
,
che
si
sottomettono
complici
agli
scioperanti
nei
pubblici
servizi
,
e
tutto
questo
compiono
,
si
da
la
propria
collaborazione
,
nella
illusione
che
tutto
ciò
possa
difendere
,
col
danno
della
Nazione
,
le
proprie
posizioni
economiche
;
quando
a
chi
ostinato
denunzia
i
pericoli
di
tanta
mostruosità
si
crea
l
'
isolamento
politico
e
morale
,
non
possiamo
non
domandare
che
il
valore
della
deliberazione
di
Milano
sia
anche
di
un
punto
fermo
ad
una
politica
che
ha
avuto
troppe
complicità
e
troppa
passività
negli
autori
di
quella
.
Se
questo
non
fosse
,
dovremmo
aspettare
la
restaurazione
della
Nazione
da
forze
oscure
e
non
ancora
ordinate
,
le
quali
certo
non
potrebbero
impedire
la
più
grave
crisi
che
oggi
minaccia
,
e
non
potrebbero
risolverla
in
fine
se
non
fuori
di
una
legge
e
a
prezzo
di
rovine
.