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> anno_i:[1910 TO 1940}
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I . Che il sindacato non possa fare e che quindi non farà mai né in Italia né fuori d ' Italia la rivoluzione è una verità relativamente pacifica da alcuni anni a questa parte . Il passaggio dalle economie individuali a quelle sempre più nazionali e internazionali ha tolto al proletariato ogni speranza di potersi sostituire alla classe capitalistica . Esso sa di non avere la competenza necessaria a dirigere la vita economica . Sa anche che questa competenza non potrà mai acquistarla perché appena un membro della classe operaia si eleva culturalmente al di sopra della media , esce dalla classe depauperandola del suo contributo . Nonostante tutta la retorica dei socialisti , la classe operaia non potrà mai elevarsi al livello della classe capitalistica per il semplice fatto che la classe ha porte di uscita verso l ' alto e che non v ' è nessun peggiore capitalista dell ' ex - proletario . La classe concepita come strumento di difesa finisce con l ' essere il limite insuperabile di chi vi si è rinchiuso . II Che il sindacato non possa controllare o comunque intervenire nell ' azienda deve risultare chiaro a chi rifletta al fine che dovrebbe avere un tale intervento . Esso dovrebbe limitarsi a un compito di informazione che consentisse poi ad una più efficace difesa dei lavoratori . Ora , il concetto stesso di una informazione che non implichi direzione si risolve in una contraddizione in termini per lo meno sterile , ma quasi certamente dannosa e disgregatrice . Non si avvicina il lavoro all ' azienda , ma si accentua il dualismo degli interessi delle classi opposte a tutto svantaggio del superiore interesse della produzione . Al solito si dimentica la corporazione che ne è il vero rappresentante e che sola può e deve entrare nell ' azienda perché soltanto essa è in grado di informarsi e dirigere al tempo stesso e soltanto essa può giudicare il sistema di interferenze degli interessi da armonizzare . Controlla chi ha una visione superiore e una superiore competenza non chi ha preparazione inferiore e ha interessi di parte . III Che il sindacato non possa continuare per molto tempo a fare il contratto collettivo è una conseguenza che si trae dalla stessa critica del controllo aziendale . Contratto collettivo vuol dire determinazione di alcuni elementi del sistema ( in particolare orari e salari ) ; ma , se è vero che l ' economia corporativa è economia programmatica , ne deriva che non è possibile determinare alcuni elementi del sistema ( orari , salari ) senza determinarli tutti ( produzione , consumo ) . Il sindacato , evidentemente , non può determinarli tutti , ché in tal caso non sarebbe parte , ma totalità , e deve dunque lasciare il compito di farlo a chi rappresenta appunto la totalità , ossia alla corporazione . Chi ha seguito i primi lavori delle corporazioni ha potuto già avere una certa conferma di questa inevitabile prossima conclusione in alcune norme dettate per la compilazione dei contratti collettivi . IV . Che il sindacato non possa avere funzioni di elevazione culturale del proletariato è anch ' essa una conseguenza che si deve trarre dal concetto di parte proprio del sindacato in contrapposto al concetto di universalità proprio della cultura . Educarsi significa uscire dalla propria particolarità ed entrare in commercio spirituale con gli altri : in senso più specifico avvicinarsi ai migliori e elevarsi fino a loro . Così che una classe può educarsi non chiudendosi in un ' astratta opera di autodidattica ( l ' autodidattica senza l ' eterodidattica è vana presunzione ) , bensì convivendo spiritualmente con le altre classi ; non chiudendosi in organizzazioni di classe , ma partecipando a organizzazioni che trascendono la realtà della classe . Soltanto per questa via il proletario acquisterà nozione dei suoi limiti , coscienza delle posizioni da raggiungere , e non scambierà ridicolmente per scienza e per cultura il riecheggiamento disorganico delle più disparate cognizioni . Anche e soprattutto in questo campo la vaga ideologia socialista della dittatura del proletariato ha fatto diffondere nei propagandisti meno intelligenti e nelle masse la persuasione che della cultura come del capitale ci si possa impadronire con la violenza . E , come per il capitale , anche e soprattutto per la cultura è certo che il sindacato non riuscirà mai a conquiste effettive e sistematiche . V . Che il sindacato , infine , non abbia più ragione di sussistere è una conclusione che si deve trarre dalle considerazioni che precedono e che tutte possono riassumersi nel carattere democratico , particolaristico e materialistico del sindacalismo e del socialismo in genere . Esso ha valore e significato nel disordinato conflitto delle forze sociali in un regime liberale individualistico dove trionfa l ' arbitrio e la violenza , ed ha assolto il compito storico di elemento dialettico propulsore del sistema capitalistico , ma tramonta per sempre il giorno in cui ci si convince che la vita sociale è sistema risultante da un esplicito programma determinato attraverso una comune volontà . Un ' ultima obiezione si può affacciare di fronte alla conclusione alla quale si è pervenuti ed è che , pur ammesso il trapasso delle funzioni del sindacato alla corporazione , ci sarà tuttavia bisogno dei sindacati per formare le corporazioni . L ' organo centrale disciplinatore della vita economica in tanto può avere una visione superiore e totalitaria in quanto rappresenta tutte le forze produttive e quindi anche gli esponenti del lavoro designati dai sindacati . Inteso in tal guisa , il sindacato dovrebbe avere una funzione elettoralistica nei riguardi della corporazione e in tale funzione esaurire la sua ragion d ' essere e la sua attività . Ora , non è il caso di ripetere qui le critiche perentorie ormai da un pezzo rivolte a ogni criterio elettoralistico e rappresentativo . Anche a voler ammettere come tuttora valide tali esigenze , deve essere chiaro che , se le corporazioni restano organismi centrali e risultano composte soltanto di alcune centinaia di persone , ogni effettivo ponte tra il sistema sindacale e il sistema corporativo è completamente da escludersi . I pochi rappresentanti dei lavoratori ( lavoratori o legali ch ' essi siano ) vengono necessariamente a trovarsi su di una piattaforma politica di notorietà che deve far nascere in loro altri sentimenti e altri interessi che non siano quelli di chi è soltanto un modesto lavoratore . Ma , a parte tutto ciò , il lavoratore che entra nella corporazione rappresenta pariteticamente di fronte al capitale il lavoro , cioè un interesse contro un altro , non una competenza tecnica superiore che risponda al fine precipuo della corporazione di dirigere con superiore consapevolezza la vita sociale . Il lavoratore che entra nella corporazione , in altri termini , abbassa sul piano degli interessi più materialistici , rispondenti alla sua minore preparazione culturale e spirituale , la discussione dei problemi superiori ; e soltanto a questa condizione può partecipare attivamente alla determinazione della volontà comune corporativa . Che se invece la corporazione dovesse essere davvero la più eccelsa espressione dell ' intelligenza della Nazione e perciò dovesse svolgere davvero la sua opera sul piano consentitole dalla superiore preparazione , i rappresentanti dei lavoratori non avrebbero che ben poco da dirvi e la loro presunta funzione paritetica sarebbe evidentemente un non senso . L ' assurdo dipende dal fatto che il lavoratore che entra nelle corporazioni non vi entra gerarchicamente per selezione di competenze , ma democraticamente per astuzia di politicanti . Egli non rappresenta il lavoro , essendo il migliore dei tecnici , ma rappresenta la massa dei lavoratori , come uno tra gli altri : non ha virtù per dirigere , ma abilità per godere della fiducia dei compagni e per difendere i loro interessi . Ne deriva che la corporazione assume una fisionomia ibrida in cui la coscienza del problema da risolvere nel modo migliore per il bene di tutti è offuscata dalla pressione incompetente dei difensori di interessi particolari di classi o di gruppi o più spesso di individui . Le ragioni che ci hanno indotto alla critica del sindacato valgono anche a determinare i criteri per l ' approfondimento teorico e pratico delle funzioni e dei fini delle corporazioni . È evidente che la negazione del sindacato non può essere giustificata se non si potenzia la corporazione , facendo da essa assolvere in modo più compiuto ed organico i compiti dei sindacati . La critica , dunque , implica una ricostruzione e solo alla luce di questa essa può chiarirsi in tutta la sua portata . Fine precipuo del sindacato ci è risultato essere la difesa degli interessi del lavoratore o meglio delle classi opposte : fine , invece , della corporazione la direzione della vita sociale da un punto di vista extraclassista . Il problema che perciò si pone è di risolvere il sindacato nella corporazione facendo operare direttamente in questa il lavoratore . Se potremo raggiungere tale risultato avremo definitivamente superato il dualismo classista e avremo elevato il lavoratore dal terreno materialistico dell ' interesse di parte a quello veramente politico della competenza tecnica . È stata già fatta da qualcuno la proposta del sindacato unico del lavoro o sindacato dei produttori che si differenzierebbe dal sindacato misto in quanto non raccoglierebbe insieme datori di lavoro e lavoratori , ma soltanto lavoratori nel senso più comprensivo della parola , dal manovale al grande imprenditore . Sarebbero esclusi i datori di lavoro o i capitalisti in quanto meri detentori di capitali o proprietari di aziende . Un simile sindacato , fondato su di un concetto più adeguato del termine lavoro e soprattutto sul superamento del dualismo di lavoro e tecnica , rappresenta certamente il massimo ideale che oggi possa concepirsi sul terreno sindacale . È il più gran passo che il sindacalismo possa fare per giungere alla corporazione . Tuttavia tra il sindacato unico e la corporazione vi è ancora un abisso . Sindacato unico vuol dire organizzazione politica accanto all ' organizzazione produttiva : corporazione , invece , organizzazione politica coincidente con l ' organizzazione produttiva , attraverso un ' unica gerarchia tecnica . Per individuare le tappe della trasformazione del regime sindacale in regime corporativo , sarà opportuno prendere lo spunto dalle attuali ventidue corporazioni . La loro caratteristica è data appunto dalla più o meno esplicita identificazione che in esse si raggiunge della competenza tecnica e della competenza politica : allorché esse dettano una norma direttiva per un determinato campo della produzione , tale norma ha una validità tecnica inscindibile dalla validità politica . In altri termini la corporazione supera ogni dualismo di interesse e dovere , di individuo e di Stato , di classi contrastanti . La sua volontà è volontà statale come autogoverno della nazione . Tutto questo in linea teorica e sia pure in linea giuridica . In linea di fatto poi l ' ideale non può essere ancora raggiunto perché vi è soluzione di continuità tra corporazione e organismi produttivi , tra corporazione e sindacati . Tra corporazione e organismi produttivi perché la corporazione non è l ' apice della gerarchia delle aziende e non si riconnette perciò gerarchicamente agli organi esecutivi della norma da essa dettata : tra corporazione e sindacati perché i sindacati non sono neanche essi gerarchicamente ordinati in modo da far capo alle corporazioni , né si occupano della norma corporativa in quanto norma tecnica della produzione . Né vi è da sperare che la soluzione di continuità possa attenuarsi in un prossimo domani , permanendo l ' attuale organizzazione aziendale e sindacale , perché il dualismo è in essa costituzionale . L ' unità di tecnica e politica che si ha nella corporazione si scinde nella tecnica aziendale e nella politica sindacale , senza che rimanga luogo per la formazione di gerarchie unitarie che trovino il logico sbocco nella corporazione centrale . Ne segue che , al centro , le ventidue corporazioni non risultano organicamente da una selezione di uomini svoltasi gerarchicamente , ma sono costituite attraverso una scelta relativamente arbitraria , poco tecnica e perciò poco politica , effettuata da uno Stato trascendente la corporazione e non legato neppure esso alla gerarchia corporativa . Basta porre in tal guisa il problema perché la soluzione appaia subito chiara . Dalla corporazione centrale si dovrebbe poter passare a organismi corporativi dipendenti sempre più periferici fino a raggiungere l ' azienda , e tutti i lavoratori ( la figura del datore di lavoro in quanto non lavoratore andrebbe naturalmente esclusa ) dovrebbero trovar posto lungo la scala corporativa così costituita . Quanto poi al criterio per la formazione della scala , trattandosi di una gerarchia politica che si identifica con quella produttiva , non può valere che la competenza tecnica sanzionata in veri e propri gradi numericamente distinti . Non v ' è nessuna ragione per non trasportare nel campo del lavoro il criterio gerarchico oggi vigente nell ' amministrazione dello Stato e trasportarlo anzi con gli stessi gradi in modo da accomunare fin d ' ora tutti i lavoratori , che tutti nello Stato e per lo Stato lavorano . Non più sindacato ma corporazione : non più due classi contrapposte , ma tredici o più gradi di un ' unica scala che tutti possano salire : non presunta e irrealizzabile pariteticità , ma selezione continua dei migliori per il migliore autogoverno di tutti . Alla logica di tale soluzione si oppone soltanto il grande pericolo segnato dal periodo di transizione . Inquadrare oggi tutti i lavoratori in una gerarchia bene determinata significa in certo senso consolidare l ' attuale gerarchia di fatto sorta in regime capitalistico e rispondente ai criteri di selezione propri del capitalismo . I grandi industriali entrerebbero a far parte del primo grado , i manovali dell ' ultimo grado della gerarchia e tutto potrebbe sembrare inalterato . L ' obiezione è certamente grave e sarebbe inutile nasconderne quel tanto che è indiscutibile . Ma sarebbe atteggiamento sterile quello di chi si arrestasse di fronte al residuo negativo e non tenesse conto delle nuove condizioni e delle nuove forze che si metterebbero in atto . Intanto scomparirebbe ufficialmente dalla gerarchia sociale la figura del capitalista e del proprietario non lavoratore , e basterebbe questo per eliminare uno degli aspetti più immorali e più materialistici del vecchio regime . Ma la differenza sostanziale consisterebbe nell ' eliminazione dell ' abisso tra datore di lavoro e lavoratore che caratterizza in modo costituzionale e pressoché irriducibile due classi sociali . La distanza che separa un grado gerarchico da un altro in una scala di tredici gradi è ben diversa da quella che separa una classe da un ' altra . Che la scala si salga è la regola , che l ' abisso si salti è l ' eccezione . E se anche tra il primo e l ' ultimo grado della scala può sembrare vi sia sia pure molto attenuato lo stesso abisso che tra le due classi sociali , non v ' è tuttavia alcun grado della scala in cui la diversità diventi radicale e in cui perciò l ' abisso si determini . La distanza tra le classi è data dalla diversa natura sociale laddove la distanza dei gradi non può essere data che dalla differenziazione della capacità tecnica : è questo il carattere distintivo delle due specie di gerarchie e in sostanza del regime capitalista e del regime corporativo . Allorché ci si pone il problema della formazione delle gerarchie e si definisce il fascismo regime gerarchico , s ' intende appunto sostituire a un criterio naturalistico ed ereditario un principio spirituale di selezione . Le diversità economiche e politiche sono portate al livello tecnico , garanzia di superiore oggettività . La coscienza gerarchica del fascismo è nell ' intuizione che la storia della civiltà consiste nel processo di tecnicizzazione delle gerarchie politiche , cui corrisponde il processo di elevazione dall ' arbitrio alla libertà . Perché poi dallo stato di transizione in cui si convalida in qualche modo l ' attuale gerarchia sia possibile pensare all ' eliminazione di ogni residuo del vecchio regime , occorre naturalmente rendere effettiva la parità dei diritti di fronte al lavoro . Occorre cioè che l ' ascesa della scala non sia condizionata inizialmente dal fattore capitalistico . Su questo terreno si sposta radicalmente il problema della formazione della gerarchia corporativa e su questo terreno va coraggiosamente imposto e risolto . La differenziazione delle capacità tecniche ha valore morale soltanto se tutti sono posti in grado di educarsi con gli stessi mezzi . Sarà un ' eguaglianza che avrà tuttavia limiti naturalistici contro cui converrà continuare a combattere , ma che non sarà negata a priori da una diversità istituzionale di carattere generale . A questo patto l ' ideale corporativo supera l ' ambito di una trasformazione economica e professionale e caratterizza la rivoluzione fascista nella sua essenza politica superiore o etica e nella sua portata di carattere universale . Una delle prime conseguenze sarà la liquidazione definitiva del lato demagogico del socialismo , impostato sull ' esaltazione del lavoro nella sua accezione meno elevata e nella conseguente esaltazione del proletariato . Il fascismo non permette all ' operaio nessuna dittatura , ma soltanto il diritto di salire la scala gerarchica del lavoro a parità di condizioni . s ' egli non saprà salire resti ai primi gradini , ma non pretenda nessuna gesuitica pariteticità di comando . In regime di corporativismo integrale al centro giungeranno i supremi gerarchi e non v ' è alcuna ragione di far giungere i cosiddetti rappresentanti dei lavoratori , vale a dire i lavoratori che hanno dimostrato di non avere le qualità per salire . Il motivo sentimentale , pietoso e lusingatore , del socialismo non ha più alcuna giustificazione una volta costruita la gerarchia tecnicamente . Al centro si va per raccogliere le fila del lavoro compiuto da tutti e per determinare nelle sue linee definitive un piano o un programma sociale a cui tutti hanno collaborato . Ma se è così , soltanto coloro che sono le espressioni delle più alte competenze hanno il diritto , il dovere e la possibilità di arrivarvi . Il corporativismo paritetico deve cedere il posto al corporativismo gerarchico ...