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> anno_i:[1910 TO 1940}
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Più facile del previsto Di prima occhiata al 4 a 2 sull ' Ungheria , si può anche pensarlo . E la superiorità azzurra nella finalissima della Coppa del Mondo nei confronti dell ' undici magiaro è stata così evidente e convincente che almeno un goal , se non due , di più di scarto a nostro favore , non avrebbe sorpreso nessuno , anzi le cifre avrebbero precisato meglio la differenza effettiva delle forze in campo . Ma per riacciuffare in così brillante stile il massimo titolo mondiale , per ribadire così vigorosamente in un ultimo e magistrale colpo di maglio sul terreno di Colombes il chiodo della supremazia azzurra piantato nel '34 e ripicchiato alle Olimpiadi nel 1936 , Si sono dovuti prima superare tre autentici trabocchetti . vere bocche di lupo - il cui sorpassamento conteneva gia di per sé la fatale decisione della competizione . È stato su questi passaggi che s ' è deciso il titolo : l ' ultimo episodio presentava già scritta la conclusione logica . L ' incontro di ottavo di finale con la Norvegia a Marsiglia : assalto ad una rocca improvvisamente rivelatasi di granito , su terreno spinoso e minato quale può essere uno stadio assiepato di folla sistematicamente e pervicacemente ostile agli “ azzurri ” . Fu qui che la bravura , la tecnica e soprattutto lo spirito di bandiera ci salvarono dalla sorpresa e dal capitombolo . Il nostro “ undici ” ( e per dir meglio tutti e venti i pupilli di Pozzo ) erano troppo freschi di allenamento collegiale e troppo imbevuti di impostazioni tematiche e di sviluppi ortodossi di azione ; reduci , come erano , di accademia e di incontri di collaudo internazionali di facile disimpegno ; si trovarono di fronte una Norvegia superbamente impostata e attrezzata in linea atletica e in sostanza agonistica . Allenata da un inglese , con giuoco di scuola , se non proprio di esecuzione , inglese , assolto in ogni modo da elementi tutti velocissimi , potenti , aggressivi sino all ' esasperazione . Osarono il tutto per il tutto . Da tempo si erano specificamente allenati per tentare il gran colpo . Per poco non vi riuscirono . Ed il nostro schieramento era fatto proprio in modo da favorire il più graziosamente possibile avversari del genere . Una prima falla la presentavamo nella terza linea . Si chiamava Monzeglio apparso in cattiva giornata . Il sicuro terzino di posizione del Campionato del Mondo 1934 non rivelò lo scatto e il recupero indispensabili . Difatti le sue entrate a vuoto , quando uomo e pallone erano già partiti , o i suoi vani inseguimenti furono numerosi e paurosi . Solo allora si pensò che nel rovente e duro massimo campionato di quest ' anno , la vecchia Juventus era riuscita a riportarsi al secondo posto d ' una graduazione di ferro , per precipuo merito di una coppia di terzini : Foni - Rava . E Foni era stato lasciato in tribuna . Un errore di tal genere costrinse la nostra seconda linea a preoccuparsi più del consueto della situazione alle proprie spalle ; né il sostegno destro , Serantoni , proprio dalla stessa parte di Monzeglio , è stato mai un velocista . Toccava quindi al centro - sostegno , Andreolo , ora ripiegare , ora poggiare sulla destra , con conseguente accartocciamento e sbandamento del sistema difensivo . Non basta : ai due interni di attacco , Ferrari e Meazza , toccava giuocare ancor più arretrato che mai non fosse stato nel loro metodo e nelle loro preferenze , con la risultante tattica di lasciare pressoché isolati i tre uomini di punta , dei quali poi , le due ali , Ferrari a sinistra e Pasinati a destra , non erano davvero irresistibili in fatto di velocità e di scatto . Un uomo solo dunque realmente efficiente per l ' assalto : Piola . Colaussi e Biavati erano stati anche essi lasciati in tribuna . Non parliamo poi di Olivieri in porta , semplicemente prodigioso , ma costretto a parate che potevano mettere a repentaglio la sua incolumità . In simili condizioni , le più ridotte che si fossero potute escogitare , ci trovammo dinanzi ad una Norvegia al massimo della potenzialità e delle possibilità . Come vincemmo ? Dovevamo vincere ugualmente . Come riconobbero i giornali francesi , vinse la squadra che aveva svolto il giuoco più tecnico e di superiore qualità , che aveva avuto in campo un atleta di assoluta eccezione : Piola , dimostratosi il più grande centro attacco del Torneo . Del resto alla distanza , arricchita di . due tempi supplementari , il nostro undici , anche claudicante , aveva ritrovato il suo ritmo , ottenendo nei tempi supplementari il goal della vittoria con Piola . Ma il pericolo corso con la Norvegia servì a schiarire le idee di tutti , e a far decidere Pozzo ad affidarsi con maggiore risolutezza sui fattori velocità e freschezza nella composizione delle amalgame atletico - agonistiche da schierare sul terreno . Ed ecco in terza linea ricollocare Foni al fianco del suo compagno naturale , Rava . Sostituire le ali con due velocisti della specie : Colaussi a sinistra e Biavati a destra . Questi un giovanissimo , l ' altro un anziano tuttora con l ' argento vivo nei polpacci . La seconda linea la lascia stare : con le apportate maggiorazioni di rendimento e di mobilità , dovrebbe reggere bene ed accrescere intanto la fusione propria e quella con l ' intero complesso . Olivieri , anche , rimane al suo posto : il primo collaudo è stato più che convincente . Il trio centrale di attacco , anche se Ferrari è accusato di lentezza , dovrà pur funzionare secondo il noto rendimento . Ed eccoci ai quarti di finale : 2 giugno a Parigi , allo Stadio di Colombes . Come avevamo previsto , il pubblico parigino è stato di una sportività squisita . Ma il pericolo per noi era che l ' undici francese giocasse bene veramente , sulla linea non solo della tecnica , ma della velocità , anzi delle sfuriate caratteristiche del temperamento e delle abitudini francesi . Inoltre quel pallone in uso in Francia ( una sfera più grossa e più leggera ) e adoperato nel torneo , in barba a precise regole sul peso e la circonferenza , anche ulteriormente rivedute e corrette dalla F.I.F.A. , dava maledettamente ai nervi ai nostri e a qualunque giuocatore che si rispetti , del resto abituati al « N . 5 » piccolo , teso e sonante e del peso specifico sufficiente a non dare l ' impressione di calciare nel vuoto . Pozzo dovette curare allenamenti speciali su quel benedetto pallone francese . Inoltre la squadra francese si trovava lanciatissima . Aveva battuto , in ottavo di finale , il Belgio per 3-1 ed era questo un risultato molto probante . Né si dimenticava che qualche mese innanzi la nazionale italiana era uscita nei confronti della nazionale francese , dallo Stadio di Colombes appena con un grigio 0-0 ... Quindi l ' undici della Senna , rimpolpato di elementi negri di notevole classe , si presentava con morale elevatissimo e temerario . Ma i rinforzi di velocità e di freschezza apportati nella compagine azzurra in questa seconda presentazione non mancarono di funzionare a meraviglia . Tre furono i palloni depositati nella rete di Di Lorto ( due di Piola e uno di Colaussi ) contro uno . La cattiva impressione della prima uscita azzurra veniva cancellata . Gli italiani avevano impartito una lezione di tecnica , di stile , di combattività elettrizzante . Finalmente dall ' involuto bozzolo era uscita la splendida farfalla . Anzi era un ' aquila quella , dalle penne dai colori dell ' iride ! ... Che si trattava proprio di un ' aquila lo si vide nei confronti di quel bisbetico Brasile che aveva cominciato col dare le vertigini con un 6-5 strambo sulla Polonia ( osso duro non meno della Norvegia ) , ma poi dimostratosi anche squadra assennata oltre che acrobatica e scintillante , nei confronti di una Cecoslovacchia dal giuoco magistrale , ma troppo freddo e lento , rimasto ancora sul piede di due lustri indietro . Nell ' altro settore si facevano luce , intanto , la Svezia , maramaldeggiando su un Cuba di scarsa efficienza fisica , per 8-0; l ' Ungheria , che con un 2-0 di elevata qualità batteva la Svizzera uscita vincente per 4-2 da un confronto con la Germania , ma stremata da un paragone che era stato assai più uno scontro che un incontro calcistico . Ormai alle semifinali le grandi linee della competizione erano fissate . Da un girone di ferro erano balzate in evidenza Italia e Brasile ; da un girone di comoda preparazione , Svezia e Ungheria . Due gironi , e per ciascuno gli esponenti di un giuoco diametralmente opposto . Italia e Brasile , due squadre impostate nettamente sui fattori velocità , virtuosismo , estro ; Svezia , a dire il vero , su motivi soltanto affioranti , latenti e comunque inespressi ; Ungheria su una tecnica sicura , brillante , virtuosa , ma dai temi invecchiati , ben noti , troppo spesso al rallentatore , con esecuzione affidata a troppi anziani , con un solo atleta diciamo così aggiornato , il giovanissimo Szengeller interno sinistro . Era quanto sufficiente , tuttavia , perchè l ' undici magiaro battesse la Svezia nella semifinale per 5-1 . E Italia - Brasile ? Ecco : il 12 giugno a Bordeaux , Brasile - Cecoslovacchia si attaccano ai ferri corti e si pestano a più non posso . Nulla di fatto , anche con i tempi supplementari . Si chiude 1-1 . La vivacità , la potenza e la giocoleria satanica dei pur sorprendenti ispano - italo - negri non l ' hanno spuntata contro la classica solidità dei boemi che già tanto filo da torcere avevano dato a Roma nel '34 alla squadra azzurra . Due giorni dopo si ripete . Caso nuovo ; è proprio il Brasile che mostra una maggiore resistenza fisica ; subisce un goal nel primo tempo ; ma nel secondo sfodera un recupero fantastico , strabiliante ; e vince netto e inesorabile per 2-1 . Il caso appare strano . Sudamericani battere i cechi nei capitoli solidità , resistenza , tenacia combattiva non priva di mobilità , di recupero , di produzioni veloci ? E qui si scopre un altro trabocchetto , e teso proprio ai nostri danni . Il Brasile era venuto in Europa con due squadre specificamente designate . La seconda destinata a battersi nelle partite preliminari e battere gli avversari secondari , tra i quali era considerata nientemeno che la squadra cecoslovacca . La prima , destinata , fresca e lustra a battersi con l ' Italia , che quegli esperti di Rio de Janeiro e di S . Paolo già vedevano per lo meno semifinalista ( ci conoscono bene , sono stati nostri eccellenti fornitori ) . Toccava ai nostri vecchi rivali boemi costringere quei signori a smascherare le batterie . Mille grazie ! È stato davvero un eccellente servizio reso al calcio europeo . Nel 2-1 di Bordeaux si vide quale realmente era il pericolo brasiliano . S ' intende che Pozzo corse subito ai ripari . Vale a dire lasciò la sua squadra quale era : quella che aveva vinto tanto persuasivamente sulla Francia . Aveva pur un suo intrinseco valore quel 3-1 ! Per la tenzone col Brasile bisognava tornare all ' inospitale Stadio di Marsiglia . Tanto meglio . I nostri campioni si sarebbero messi da se stessi alla frusta . Il Brasile giuocò una partita decisa , dura , qualche volta violenta . Voleva vincere ad ogni costo del resto la squadra era stata troppo montata e resa nervosa dall ' ambiente locale e non seppe sempre mantenere i nervi a posto . Si dimostrò compagine di alto valore tecnico come trattamento di palla dei singoli atleti , ma non come giuoco d ' assieme . Ciascuno per conto suo e a modo suo . Non si decidevano ad eseguire un passaggio senza aver prima esaurito un proprio repertorio di virtuosismi mirabolanti quanto sterili agli effetti del successo pratico . Credettero bloccare le nostre azioni offensive marcando fortemente ed isolando Piola ( e tra i suoi guardiani c ' era un Domingos , il terzino - fenomeno dell ' intero torneo ) . Ma potevano manovrare più libere le nostre velocissime ali ; e Ferrari e Meazza sapevano tenere un collegamento così funzionale tra l ' attacco e la difesa , che la macchina azzurra poté lavorare a pieno e costante regime . Una spettacolosa cannonata di Colaussi su un allungo di testa di Piola ; un impeccabile calcio di rigore di Meazza su giusta punizione arbitrale a carico di Domingos reo di aver affibbiato due calci nelle caviglie di Piola , permanente spauracchio nonostante tutto , e la vittoria era acquisita anche se i brasiliani in recupero vorticoso ( quando però l ' Italia aveva allentato ormai la stretta ) , riuscivano a segnare un goal di consolazione . Aveva trionfato l ' unità veramente tale e non soltanto maestra di gioco , di schermaglia e di stoccata . Così siamo giunti alla finale . Faremo come il Brasile : sfodereremo per l ' occasione una squadra nuova e fresca ? Oppure Pozzo cambierà degli uomini ? In verità , l ' Ungheria si presenta in condizioni di freschezza e di forma ideali . Il suo girone non è stato che un seguito di galoppi di salute . E nel corso della stagione ha conseguito successi che gli azzurri non vantano tali da far gridare alla resurrezione del calcio magiaro . Pozzo comincia col ... bruciare i vascelli e rimanda a casa tre riserve di alta efficienza che finora hanno seguito la squadra : Genta , Donati e Olmi . La formazione andava bene così com ' era stata fissata dopo il tribolato esperimento con la Norvegia ; era apparsa sempre in crescendo , anche con le lentezze e i ricami statici di Ferrari e le fughe - razzo , ma fuori bersaglio , di Biavati . « Per l ' ultima battaglia saranno a punto tanto il giovanissimo quanto l ' anziano ; questo per il suo canto del cigno , quello per il primo « do » di petto della sua carriera . E sarà a giusto punto di cottura anche la forma dell ' intera squadra » . Questo il pensiero del C.T. , ormai troppo buon conoscitore di ambiente , di clima e di atleti propri ed altrui . L ' abbiamo già detto : il superamento stesso degli ostacoli e delle bocche di lupo appostate nella prima parte del percorso , vuoi di slancio , d ' abilità , di classe , vuoi di spirito di bandiera , conteneva già di per sé la logica inesorabile conclusione . Ed il trionfo , con un finale bruciante ed una segnatura netta di 4-2 sull ' Ungheria non ammette neanche una discussione di semplice accademia . Trionfo ancora più netto e indiscutibile che non fosse stato quello del 1934 , dove si vollero sollevare dubbi ed obiezioni per il fatto che il torneo si era svolto in casa nostra e la finalissima aveva avuto luogo a Roma , nell ' antro del leone ... Questa volta ci siamo battuti nelle condizioni ambientali più difficili . Solo gli « azzurri » in tutto il corso del torneo hanno conosciuto pubblico ostile , ferocemente ostile , nelle due partite di Marsiglia , che potevano per noi segnare un tracollo . Però la vecchia Francia dei Paladini si è riabilitata , in fatto di cavalleria , a Parigi e ne traiamo gli auspici per giorni molto più cordiali tra le due Nazioni latine . Siamo ben lieti questo ci preme non meno del titolo mondiale che sulle rive della Senna si sia potuto constatare de visu , con quale schietta lealtà e fiera bravura sanno battersi gli esponenti della gioventù del Littorio . Al saluto romano degli azzurri , per la seconda volta Campioni del Mondo , Parigi non ha risposto col pugno chiuso dei ciechi faziosi di Marsiglia , ma con l ' aperto sorriso e l ' applauso d ' un riconoscimento sincero .