StampaQuotidiana ,
Il
professore
L
.
M
.
Billia
mi
comunica
alcune
sue
osservazioni
intorno
alla
tesi
dell
'
«
Economist
»
,
secondo
la
quale
l
'
Inghilterra
dovrebbe
passare
la
spugna
sui
crediti
di
guerra
verso
gli
alleati
.
Siccome
gli
appunti
son
degni
di
nota
,
giova
sunteggiando
,
riferirli
,
nella
loro
interezza
.
I
doni
son
doni
,
i
crediti
ed
i
debiti
sono
debiti
e
crediti
.
La
prima
regola
non
solo
morale
,
ma
anche
e
principalmente
economica
di
qualunque
amministrazione
è
pagare
i
debiti
,
e
a
tempo
;
chi
non
paga
non
produce
,
spende
:
è
un
giocatore
,
non
un
lavoratore
.
La
funzione
del
credito
si
regge
sulla
fiducia
,
e
quindi
condonare
un
debito
si
può
,
si
deve
per
carità
a
questo
o
a
quell
'
individuo
;
ma
è
uno
schiaffo
a
una
ditta
,
è
un
tagliarla
via
dalla
piazza
.
La
obiezione
si
afforza
,
riflettendo
che
la
guerra
odierna
potrà
non
essere
l
'
ultima
e
l
'
Italia
potrà
ancora
avere
bisogno
di
credito
dagli
alleati
.
Or
chi
non
vede
che
perdonare
un
debito
è
togliere
il
credito
e
chiudere
lo
sportello
per
qualunque
prestito
ulteriore
?
Il
miglior
modo
per
evitare
la
seconda
e
la
terza
e
decima
richiesta
di
cento
lire
dal
giovinetto
studente
figlio
dell
'
amico
è
di
non
consentirgli
di
restituire
le
prime
cinquanta
.
E
siccome
in
politica
,
diciam
pure
negli
affari
,
c
'
è
gente
molto
meno
delicata
dello
studente
,
chi
vi
assicura
che
il
non
avere
pagato
una
volta
non
diventi
invece
stimolo
a
lanciarsi
nelle
avventure
?
Doppio
pericolo
in
questa
non
desiderabile
larghezza
dell
'
«
Economist
»
;
non
trovare
più
credito
nelle
necessità
,
trovare
l
'
incentivo
alla
temerarietà
.
L
'
osservazione
,
bisogna
riconoscerlo
,
è
sostanziosa
.
Ma
parmi
non
sia
pertinente
.
Il
«
condono
dei
debiti
»
è
la
pura
forma
assunta
da
un
altro
fatto
,
che
è
il
vero
e
fondamentale
:
il
regolamento
dei
conti
di
dare
e
di
avere
dell
'
impresa
comune
.
Francia
ed
Italia
,
che
sono
i
due
paesi
che
han
perduto
più
uomini
e
consumato
maggiori
ricchezze
,
non
dicono
già
:
«
condonateci
i
crediti
,
che
noi
ci
eravamo
obbligati
a
rimborsare
»
.
Se
questo
soltanto
fosse
il
discorso
nostro
sarebbe
invero
,
come
teme
il
Billia
,
distruttivo
del
credito
ed
a
lungo
andare
pernicioso
alla
nazione
.
Perciò
,
sia
lecito
confessarlo
,
ho
veduto
anch
'
io
con
repugnanza
le
domande
di
conversione
dei
prestiti
inglesi
in
sussidi
a
fondo
perduto
che
in
Italia
si
erano
elevate
fin
dal
1915
ed
è
doveroso
ricordare
in
proposito
la
campagna
del
«
Momento
economico
»
di
Milano
perché
mi
pareva
che
quelle
domande
fossero
,
allora
,
moralmente
insostenibili
.
Eravamo
allora
dei
semplici
debitori
,
ed
avevamo
chiesto
credito
,
all
'
interno
ed
all
'
estero
,
in
una
misura
non
superiore
alle
nostre
forze
.
Mi
pareva
e
mi
pare
ancora
adesso
che
in
una
società
conclusa
per
fini
nazionali
ed
ideali
,
come
fu
la
società
dell
'
intesa
,
ogni
socio
ha
il
dovere
di
bastare
a
se
stesso
,
finché
ciò
non
distrugga
le
sue
fonti
di
vita
,
finché
i
sacrifici
attuali
non
rendano
troppo
difficile
alle
generazioni
venture
la
consecuzione
di
quei
più
alti
fini
,
a
cui
la
guerra
fu
indirizzata
.
Fino
all
'
anno
scorso
parve
a
me
che
fosse
un
punto
d
'
onore
ed
insieme
un
buon
affare
per
l
'
Italia
astenersi
nel
regolamento
definitivo
dei
conti
da
ogni
domanda
di
aiuto
finanziario
a
fondo
perduto
.
L
'
essere
capaci
,
come
saremmo
stati
indubbiamente
se
i
debiti
nuovi
di
guerra
,
interni
ed
esteri
,
si
fossero
aggirati
su
una
cifra
più
adatta
alla
nostra
fortuna
,
a
bastare
a
noi
stessi
ci
avrebbe
dato
in
confronto
ad
altri
paesi
meno
gravati
e
più
ricchi
,
un
tale
prestigio
,
che
il
vantaggio
futuro
di
credito
e
di
produttività
avrebbe
superato
di
gran
lunga
il
sacrificio
del
pagamento
degli
interessi
.
Il
prolungarsi
della
guerra
,
il
violento
crescere
delle
spese
nell
'
ultimo
periodo
,
la
situazione
torbida
dell
'
Europa
orientale
e
centrale
,
che
richiederanno
la
prosecuzione
di
notevoli
spese
post
-
belliche
ben
oltre
il
previsto
hanno
messo
in
evidenza
che
accanto
alla
figura
del
debitore
vi
è
quella
del
socio
.
Eravamo
soci
fin
dall
'
inizio
;
ma
non
esisteva
ancora
la
necessità
dell
'
accomunare
le
risorse
;
ed
in
affari
pubblici
di
questo
genere
è
solo
la
necessità
non
la
convenienza
quella
che
può
legittimare
la
richiesta
del
socio
povero
di
essere
aiutato
dal
socio
ricco
.
Ora
che
tutto
fa
prevedere
che
la
Francia
non
uscirà
dalla
guerra
con
meno
di
15o
miliardi
di
debito
nuovo
e
l
'
Italia
con
non
meno
di
60-65
,
ossia
con
somme
che
inseguono
da
vicino
i
due
terzi
od
i
quattro
quinti
della
ricchezza
totale
nazionale
prebellica
,
la
necessità
costringe
noi
a
chiedere
ai
soci
più
ricchi
un
regolamento
di
conti
,
o
meglio
ci
costringe
a
dare
il
nostro
consenso
ed
il
nostro
appoggio
alle
voci
più
generose
e
lungiveggenti
che
in
Inghilterra
e
negli
Stati
uniti
si
elevano
per
dire
che
è
nell
'
interesse
loro
di
impedire
il
nostro
disfacimento
finanziario
.
Questo
non
è
un
condono
di
debiti
;
è
una
compensazione
fra
il
debito
di
una
ventina
di
miliardi
che
l
'
Italia
potrà
avere
alla
fine
della
guerra
verso
gli
alleati
e
le
spese
che
l
'
Italia
sostenne
,
alla
pari
della
Francia
,
come
sentinella
avanzata
della
civiltà
oltre
l
'
apporto
massimo
che
le
sue
condizioni
economiche
le
permettevano
di
conferire
nella
cassa
comune
.
È
interesse
degli
Stati
uniti
in
primo
luogo
e
dell
'
Inghilterra
secondariamente
la
spesa
di
questa
poco
si
allontana
dal
carico
medio
far
sì
che
Francia
ed
Italia
possano
persistere
nella
missione
di
tutrici
della
pace
europea
.
Sarebbe
immorale
chiedere
che
tutta
la
spesa
in
denaro
sia
sostenuta
dagli
alleati
,
considerati
quasi
come
soci
di
capitale
;
ma
è
morale
ed
è
giusto
che
i
soci
più
doviziosi
ripartano
le
spese
comuni
in
maniera
tale
che
Francia
ed
Italia
serbino
almeno
quel
minimo
di
capitale
senza
di
cui
sarebbe
troppo
ardua
la
ripresa
del
cammino
in
avanti
.
Sì
,
come
dice
il
Billia
,
proseguendo
,
«
al
lavoro
,
al
risparmio
,
al
costume
,
al
carattere
domanderemo
le
fortune
»
e
non
alla
rimessione
dei
debiti
.
Ma
non
sarebbe
incentivo
al
lavoro
,
sibbene
al
malcontento
ed
a
rimpianti
verso
le
antiche
funeste
alleanze
,
il
dubbio
che
gli
alleati
ci
abbiano
abbandonati
col
carico
di
spese
non
nostre
ma
loro
.
Col
lavoro
provvederemo
al
servizio
di
tutto
il
debito
e
di
qualcosa
di
più
del
debito
che
in
una
equa
liquidazione
apparirà
come
nostra
quota
;
ma
non
pare
né
equo
né
durevole
sobbarcarci
a
gravami
che
indubbiamente
risultassero
spettare
altrui
.
Qui
non
si
vuole
pregiudicare
la
cifra
,
la
quale
dovrà
essere
determinata
,
con
attento
studio
,
da
tecnici
competenti
.
Si
vuole
affermare
il
principio
che
non
si
tratta
,
salvo
che
per
la
modalità
accidentale
di
attuazione
,
di
condono
di
debiti
,
sì
di
compensazione
fra
debiti
e
crediti
nei
rapporti
fra
associati
in
un
'
impresa
comune
.
Né
tema
il
Billia
che
le
partite
compensate
siano
così
grandi
da
stimolare
noi
allo
spreco
:
Pensiamo
un
momento
la
ripercussione
che
lo
svegliare
tale
speranza
e
peggio
ottenere
tanta
fortuna
avrebbe
all
'
interno
.
Il
furore
degli
appetiti
sarebbe
più
che
il
vantaggio
e
lo
sperderebbe
.
Che
incentivo
alle
pretese
,
al
disordine
,
alle
più
vergognose
inversioni
economiche
!
Giustissime
riflessioni
,
nelle
quali
è
degno
di
meditazione
il
vedere
il
Billia
d
'
accordo
col
pensiero
di
un
sapiente
economista
inglese
,
lo
Scott
,
professore
a
Glasgow
.
Anche
lo
Scott
teme
che
poco
frutto
godrebbero
i
contribuenti
dalla
scomparsa
del
debito
di
guerra
.
Le
spese
inutili
e
pazze
assorbirebbero
parte
notevole
degli
interessi
risparmiati
.
Ma
lo
Scott
parla
di
«
scomparsa
»
del
debito
;
e
le
sue
conclusioni
contrarie
ai
metodi
imposta
straordinaria
sul
capitale
con
cui
da
taluno
si
vorrebbe
estinguere
il
debito
di
guerra
,
non
si
applicano
ad
una
situazione
,
come
la
nostra
,
in
cui
malgrado
la
compensazione
dei
debiti
e
crediti
rimarranno
in
essere
ancora
parecchie
decine
di
miliardi
di
nuovo
debito
di
guerra
.
La
«
pressione
salutare
»
,
di
cui
parla
lo
Scott
,
del
debito
di
guerra
continuerà
dunque
per
molti
anni
.
Non
che
alleggerimenti
,
nuove
gravi
imposte
saranno
in
ogni
modo
necessarie
;
e
,
se
gli
uomini
serberanno
un
po
'
di
ragione
,
nessuna
gazzarra
di
spese
inutili
potrà
disfrenarsi
assumendo
a
pretesto
la
giustizia
resaci
dagli
alleati
.