StampaQuotidiana ,
Oggi
la
Nazione
dopo
sforzi
mirabili
che
attestano
la
sua
perenne
gioventù
,
offre
al
mondo
quello
spettacolo
di
volontà
di
lavoro
,
di
unità
di
spiriti
,
di
serena
sicurezza
nei
proprio
avvenire
,
che
i
nostri
grandi
sognarono
,
che
da
questa
città
e
da
questa
tribuna
venne
anche
appassionatamente
invocato
,
ma
che
soltanto
il
genio
di
un
Uomo
,
trasformando
in
realtà
organica
i
risultati
ideali
della
Vittoria
,
ha
reso
possibile
.
Or
è
un
anno
,
Benito
Mussolini
tagliava
corto
ogni
oscuro
tentativo
di
ricondurre
indietro
,
deviandolo
nei
torbidi
rigagnoli
della
partigianeria
parlamentare
,
il
corso
della
vita
nazionale
;
e
tracciava
il
programma
del
riconsolidamento
dello
Stato
italiano
,
sulle
fondamenta
che
il
Fascismo
aveva
saputo
costruire
.
Il
Paese
si
risveglio
come
da
un
incubo
,
respirò
,
riaprì
gli
occhi
alla
luce
,
la
mente
al
lavoro
e
l
'
anima
alla
speranza
.
E
ci
sembra
di
buon
augurio
che
la
nuova
direzione
della
Gazzetta
coincida
con
l
'
anniversario
del
risveglio
.
Sei
giorni
dopo
il
discorso
del
3
gennaio
,
l
'
eco
ch
'
esso
ebbe
nell
'
Italia
e
nel
mondo
aveva
già
dato
i
suoi
primi
frutti
.
Da
allora
,
il
raccolto
è
stato
prodigioso
.
Da
quel
giorno
,
l
'
era
delle
polemiche
sterili
,
dei
colpi
mancini
,
delle
insidiose
manovre
e
delle
vane
logomachie
,
è
finita
.
Compiuta
l
'
opera
di
riassestamento
dello
Stato
,
la
cui
autorità
e
la
cui
forza
,
necessarie
del
pari
a
tutti
i
cittadini
,
poggiano
finalmente
sopra
solide
basi
legislative
e
morali
,
il
Governo
nazionale
affronterà
e
porterà
a
compimento
il
programma
già
iniziato
del
riassetto
sociale
,
della
sistemazione
migliore
del
grande
e
progredito
esercito
dei
lavoratori
italiani
.
Mussolini
,
che
ha
vantato
più
volte
con
orgoglio
l
'
esser
«
figlio
di
fabbro
»
come
il
più
ambito
titolo
di
nobiltà
,
appena
sarà
liberato
dalle
preoccupazioni
dei
problemi
incorso
di
soluzione
;
appena
deposte
le
cure
del
Partito
,
affidato
ormai
in
solidissime
mani
;
fornita
l
'
opera
più
urgente
,
che
era
come
abbiamo
detto
quella
dell
'
intiera
riorganizzazione
dello
Stato
,
dedicherà
la
sua
maggiore
attenzione
di
domani
ai
suoi
fratelli
di
ieri
,
ai
suoi
figli
di
oggi
:
agli
operai
e
agli
agricoltori
.
E
noi
saremo
lieti
di
portargli
in
quest
'
altro
magnifico
cómpito
che
lo
attende
il
modesto
,
ma
forse
non
inutile
contributo
della
nostra
collaborazione
.
Il
Primo
Ministro
intende
l
'
avvenire
della
produzione
nazionale
,
non
come
un
tristo
duello
fra
due
classi
,
destinate
fatalmente
a
far
la
fine
di
Eteocle
e
Polinice
,
ma
come
una
possente
solidarietà
tra
di
esse
,
nella
cerchia
della
Patria
.
I
due
fratelli
tebani
,
invece
di
unirsi
per
il
bene
comune
e
della
città
natia
,
in
un
furore
d
'
odio
dissennato
,
si
trafissero
a
vicenda
e
caddero
entrambi
al
suolo
,
col
risultato
di
far
trionfare
gli
stranieri
ed
i
nemici
comuni
.
Non
così
vorrà
certo
decadere
il
popolo
italiano
,
che
ha
già
mostrato
di
capire
lucidamente
qual
'
è
la
via
che
lo
condurrà
alla
prosperità
economica
ed
all
'
elevamento
della
sua
cultura
e
del
suo
spirito
.
Ed
ora
,
all
'
opera
.
Che
lo
spirito
della
Grande
Regina
,
assunta
nel
cielo
della
Patria
,
ci
protegga
ed
assista
.
StampaQuotidiana ,
Il
Fascismo
entra
nel
quinto
anno
della
sua
responsabilità
statale
e
governativa
.
Quella
che
oggi
si
commemora
in
tutta
Italia
,
non
è
soltanto
una
marcia
rivoluzionaria
,
per
quanto
ardita
;
geniale
e
tatticamente
tempestica
ella
fosse
.
Oggi
si
celebra
il
trionfo
di
un
nuovo
spirito
,
di
una
nuova
mentalità
,
di
una
nuova
civiltà
.
Là
dove
era
il
disordinato
tumulto
degli
egoismi
e
dei
particolarismi
individuali
,
ecco
ristabilirsi
l
'
ordine
e
la
disciplina
..
Là
dove
imperava
il
dogma
distruttore
della
lotta
di
classe
,
ecco
subentrare
il
principio
vitale
della
collaborazione
fra
le
classi
.
Là
dove
la
concorrenza
delle
categorie
immobilizzava
ed
esautorava
lo
Stato
cioè
la
condizione
fondamentale
della
vita
e
della
libertà
di
tutti
ecco
sostituirsi
il
concetto
dell
'
armonia
degl
'
individui
inquadrati
in
un
organismo
unico
,
grande
quanto
la
Nazione
,
forte
come
un
esercito
.
La
Marcia
su
Roma
,
culminata
con
la
sfilata
delle
legioni
dinanzi
alla
Maestà
del
Re
,
in
quel
pomeriggio
del
28
ottobre
1922
che
dette
a
chi
lo
vide
la
sensazione
di
vivere
in
un
'
atmosfera
di
leggenda
,
aprì
veramente
le
porte
a
quella
che
Goethe
e
Carducci
avrebbero
chiamato
«
una
novella
istoria
»
.
Perché
non
si
limitò
ad
innalzare
alla
direzione
del
Paese
la
generazione
che
aveva
fatto
la
guerra
;
non
risolvette
soltanto
una
crisi
cronica
di
governo
;
non
operò
semplicemente
la
sostituzione
d
'
un
gabinetto
ad
un
altro
:
ma
trasformò
gl
'
italiani
,
dal
cuore
al
cervello
,
dall
'
intimo
della
coscienza
alla
visione
della
realtà
quotidiana
..
In
quel
giorno
,
veramente
nacque
,
come
da
un
battesimo
nuovo
,
l
'
italiano
,
moderno
.
Non
si
sentì
più
una
creatura
dispersa
,
miserevole
corpo
sballottato
fra
gli
appetiti
fisici
e
la
presunzione
che
avevano
di
metterlo
nel
loro
gregge
ciascuno
,
dei
capipopolo
che
si
spartivano
le
piazze
.
Non
si
sentì
più
rottame
ondeggiante
sulle
tempeste
dei
partiti
.
Ma
sentì
,
per
la
prima
volta
,
di
essere
un
elemento
:
indispensabile
della
società
in
cui
viveva
;
sentì
di
aderire
alla
terra
che
l
'
aveva
fatto
nascere
e
che
l
'
avrebbe
fatto
vivere
in
dignità
;
sentì
che
i
suoi
connazionali
non
gli
erano
avversati
,
né
estranei
;
ma
commilitoni
,
ma
fratelli
.
finalmente
si
sentì
guidato
da
un
Uomo
in
cui
poteva
riporre
,
non
solo
fiducia
,
ma
amore
;
che
aveva
svegliato
in
lui
,
non
il
torpore
del
ventre
,
ma
la
favilla
dell
'
anima
.
Quell
'
Uomo
,
figliuolo
di
fabbro
,
che
nulla
chiedeva
per
sé
,
ma
tutto
per
tutti
,
era
veramente
un
capo
,
era
,
finalmente
,
il
Capo
.
Dall
'
officina
all
'
esilio
,
dalla
trincea
all
'
ospedale
,
dal
sacrificio
di
sé
al
posto
della
suprema
responsabilità
,
fu
l
'
esempio
.
L
'
italiano
moderno
poteva
finalmente
camminare
a
sguardo
limpido
a
testa
alta
ed
a
cuore
tranquillo
sulle
vie
dell
'
avvenire
,
perché
si
sentiva
investito
di
una
missione
nel
mondo
;
aveva
nel
cuore
una
fede
e
poteva
seguire
senza
esitazioni
né
sgomento
l
'
esempio
d
'
un
condottiero
.
Se
in
questi
quattro
anni
il
Fascismo
non
avesse
fatto
altro
che
creare
l
'
italiano
nuovo
,
ciò
potrebbe
da
vero
bastare
alla
sua
gloria
.
Ma
no
.
Il
Fascismo
non
è
solo
evangelio
,
non
è
soltanto
sentimento
e
passione
;
è
anche
milizia
operante
,
è
azione
quotidiana
,
è
attività
di
governo
.
Orbene
.
Volgiamoci
indietro
e
guardiamo
ciò
che
è
stato
compiuto
,
di
lavoro
e
d
'
opere
,
in
un
periodo
di
tempo
così
breve
di
fronte
alla
continuità
della
storia
che
in
altri
tempo
sarebbe
stato
appena
sufficiente
all
'
altalena
di
dieci
mutamenti
ministeriali
,
senz
'
altro
costrutto
che
quello
di
veder
rifare
da
ciascun
Gabinetto
i
progetti
lasciati
a
mezzo
dai
predecessori
.
I
nemici
del
Fascismo
,
all
'
indomani
della
sua
ascesa
al
potere
,
dissero
,
fra
preoccupati
e
scettici
:
«
Vedremo
come
il
Governo
della
rivoluzione
riuscirà
a
mettere
a
posto
i
gregarii
e
gli
squadristi
»
.
Ebbene
,
ecco
l
'
inquadramento
della
milizia
,
rapidamente
e
magnificamente
compiuto
fino
al
giuramento
al
Sovrano
.
Dissero
allora
i
farisei
:
«
Oh
,
non
basta
.
Vedremo
come
sarà
risolto
il
problema
della
milizia
e
dell
'
esercito
»
.
Ed
ecco
:
là
dove
gli
avversari
speravano
in
un
dualismo
che
avrebbe
spezzate
le
forze
fondamentali
del
Paese
,
sorgere
una
costruzione
ferrea
di
difesa
nazionale
da
destare
l
'
invidia
degli
Stati
di
Europa
.
Assicurata
la
tranquillità
all
'
interno
e
rassicurato
l
'
estero
dei
suoi
pregiudizii
,
ecco
incominciare
l
'
opera
veramente
poderosa
e
gigantesca
della
nuova
legislazione
.
Mussolini
,
discendente
da
una
stirpe
di
lavoratori
,
operaio
egli
pure
,
non
poteva
non
consacrare
alle
masse
le
sue
prime
cure
,
la
sua
maggiore
attenzione
.
Ed
ecco
la
riorganizzazione
di
tutte
le
forze
produttive
nazionali
in
un
grande
inquadramento
sindacale
,
non
più
alla
mercé
di
capoccia
interessati
od
incompetenti
,
ma
disciplinato
in
un
funzionamento
geniale
,
di
cui
,
egli
stesso
,
il
Capo
del
Governo
,
è
alla
testa
,
e
i
cui
eventuali
contrasti
sono
sicuri
di
trovare
la
più
equa
soluzione
nell
'
interesse
comune
.
Tutti
i
problemi
del
dopoguerra
lasciati
insoluti
,
anzi
aggravati
ed
incancreniti
,
da
quattro
anni
di
sgoverno
,
messi
a
posto
,
non
senza
fatica
,
ma
con
rapidità
sorprendente
.
Le
bardature
belliche
,
soppresse
.
L
'
abisso
pauroso
del
deficit
dell
'
erario
,
colmato
;
anzi
,
sostituito
da
un
avanzo
crescente
,
che
apre
al
credito
dell
'
Italia
possibilità
insperate
nell
'
economia
mondiale
.
I
servizi
pubblici
trovati
in
sfacelo
e
con
passività
fallimentari
riordinati
,
rinnovati
e
ricostituiti
finanziariamente
in
modo
da
essere
redditizii
,
pur
triplicando
la
loro
efficienza
tecnica
e
pratica
.
Lo
sbilancio
fra
le
importazioni
e
le
esportazioni
,
frenato
e
diminuito
.
La
sudditanza
passiva
dell
'
Italia
alla
tirannia
dei
fornitori
stranieri
,
mitigata
da
accordi
dignitosi
;
poi
sostituita
da
intese
verso
nuovi
orizzonti
,
se
non
di
assoluta
libertà
(
pur
troppo
,
gli
ostacoli
della
natura
non
sono
interamente
sopprimibili
dagli
uomini
)
,
almeno
di
sopportabilità
.
La
produzione
interna
del
grano
avviata
verso
una
méta
miracolosa
:
quella
di
far
bastare
l
'
Italia
ai
bisogni
dei
proprii
figli
.
La
nostra
schiavitù
in
materia
di
combustibili
fossili
sensibilmente
diminuita
con
un
'
accorta
politica
idroelettrica
.
Oggi
,
da
Modane
a
Livorno
,
i
treni
mediterranei
non
consumano
più
un
chilo
di
carbon
fossile
.
E
le
nostre
maggiori
industrie
sono
attivate
con
l
'
energia
delle
cascate
montane
.
La
disoccupazione
,
terribile
male
sociale
che
prostra
potenze
ben
più
ricche
della
nostra
come
l
'
Inghilterra
,
resa
quasi
trascurabile
da
noi
,
quantunque
i
Paesi
d
'
emigrazione
abbiano
chiuse
le
porte
alla
nostra
esuberanza
demografica
.
Le
braccia
dei
connazionali
che
non
troverebbero
adeguato
impiego
nelle
industrie
,
eccole
riavviate
all
'
agricoltura
l
'
infallibile
donatrice
della
prosperità
futura
,
ricondotta
dal
Capo
del
Governo
alla
sua
dignità
romana
,
o
verso
opere
pubbliche
non
indegne
del
ricordo
imperiale
.
Il
caro
vita
,
l
'
altro
flagello
cui
nessun
popolo
del
mondo
ha
potuto
sottrarsi
,
destinato
in
un
tempo
più
o
meno
breve
(
ciò
dipenderà
dal
grado
di
sobrietà
e
di
resistenza
del
nostro
magnifico
popolo
)
a
diminuire
in
proporzione
notevolissima
il
suo
peso
schiacciante
,
grazie
all
'
opera
lenta
,
ma
gradualmente
sicura
,
della
rivalutazione
della
lira
.
Il
risparmio
,
che
la
inflazione
aveva
allontanato
dalle
abitudini
dei
popoli
a
moneta
svalutata
,
ricondotto
alle
sue
tradizioni
nostrane
,
col
ritorno
della
fiducia
pubblica
nella
potenza
d
'
acquisto
della
moneta
nazionale
.
Il
problema
dei
nostri
debiti
all
'
estero
,
che
avrebbe
impedito
per
decenni
il
risanamento
economico
e
finanziario
del
Paese
,
risolto
in
modo
soddisfacente
.
Il
credito
estero
,
sopra
tutto
americano
,
riassicurato
all
'
Italia
,
dopo
un
quinquennio
di
latitanza
e
di
diffidenza
.
La
Marina
ricostituita
in
modo
superbo
;
tanto
quella
per
la
difesa
della
Patria
quanto
quella
del
commercio
e
dei
trasporti
di
viaggiatori
.
Anzi
,
in
questi
pochi
anni
l
'
Italia
s
'
è
arricchita
dei
più
belli
e
rapidi
transatlantici
del
mondo
;
fonte
d
'
oro
per
il
Paese
,
poiché
,
com
'
é
noto
,
i
noli
sono
pagati
in
oro
.
Le
colonie
mediterranee
,
che
la
guerra
ci
aveva
fatte
perdere
,
non
solo
riconquistate
,
ma
pacificamente
riorganizzate
in
modo
da
poter
bastare
a
se
stesse
e
cominciare
a
dar
contributi
alla
vita
metropolitana
.
Le
colonie
eritree
e
somale
valorizzate
in
modo
promettentissimo
,
senza
contare
il
recente
e
rilevante
loro
estendimento
territoriale
.
La
pace
adriatica
divenuta
,
non
una
ironica
espressione
diplomatica
,
ma
una
realtà
della
politica
europea
.
I
rapporti
con
gli
Stati
principali
d
'
Europa
impiantati
sulla
base
della
dignità
,
della
parità
,
del
prestigio
nazionali
,
oltre
che
orientati
ad
un
utile
scambievole
con
trattati
di
amicizia
e
di
commercio
che
i
Governi
cosidetti
democratici
ed
ispirati
a
tenerezze
internazionali
,
non
seppero
mai
attuare
in
modo
concreto
e
duraturo
.
E
non
entriamo
nel
campo
religioso
,
né
in
quello
dell
'
istruzione
,
né
in
quello
dell
'
arte
e
dell
'
artigianato
,
né
in
quello
della
cultura
,
né
in
quello
del
riordinamento
della
giustizia
,
né
in
quello
delle
Amministrazioni
pubbliche
,
poiché
solo
per
riassumere
l
'
attività
del
Governo
fascista
e
del
Fascismo
in
tali
dominii
occorrerebbe
un
volume
.
Concludiamo
col
ricordare
le
imprese
dell
'
ardimento
umano
cui
lo
spirito
fascista
ha
saputo
dare
impulso
,
incitamento
,
vittoria
.
Sono
il
segno
,
non
solo
di
un
Paese
dove
la
giovinezza
è
fremente
d
'
attività
,
di
lavoro
,
di
intelligenza
,
di
possibilità
;
ma
sono
la
pietra
di
paragone
del
metallo
«
uomo
»
che
la
gran
fiamma
del
Fascismo
ha
saputo
temprare
per
le
battaglie
future
.
De
Pinedo
,
Nobile
,
la
falange
di
coloro
che
s
'
apprestano
a
misurarsi
nei
formidabili
cimenti
internazionali
con
quanto
di
meglio
abbia
prodotto
il
mondo
,
non
sono
nomi
di
risultati
acquisiti
.
Sono
punti
di
partenza
.
Rappresentano
,
non
le
conclusioni
di
un
passato
,
ma
le
origini
del
nostro
immancabile
divenire
.
Questo
ha
fatto
il
Regime
,
in
quattro
anni
.
Ricordiamolo
,
in
una
ricorrenza
che
permette
di
volgere
per
un
istante
gli
occhi
indietro
,
e
considerare
il
cammino
percorso
.
Domani
,
non
lo
potremmo
più
.
Perché
il
Duce
non
ama
l
'
ombra
degli
allori
,
né
le
contemplazioni
del
paesaggio
lasciato
dietro
spalle
.
Il
Duce
ha
insegnato
agli
italiani
a
guardare
dritto
innanzi
a
loro
.
Egli
non
comanda
l
'
alt
.
Dice
:
«
Avanti
»
.
StampaQuotidiana ,
Entrando
il
Regime
nel
suo
sesto
annuale
,
la
«
Gazzetta
del
Popolo
»
saluta
il
proprio
ottantesimo
anno
di
vita
.
Il
rilievo
di
questa
coincidenza
non
sembri
immodesto
ai
cittadini
di
Torino
,
ai
lettori
,
agli
amici
,
ai
commilitoni
di
tutto
il
Piemonte
.
Se
è
oggi
per
noi
motivo
di
fierezza
e
di
orgoglio
,
ne
sentiamo
anche
il
peso
dell
'
accresciuta
responsabilità
;
ne
comprendiamo
il
più
rigido
dovere
.
Se
è
ai
nostri
occhi
un
titolo
di
nobiltà
,
è
anche
un
impegno
d
'
onore
di
fronte
alla
Nazione
.
Questo
ottantennio
di
gloria
richiede
al
nostro
lavoro
più
lavoro
;
esige
dalla
severità
della
nostra
coscienza
maggiore
severità
.
Ha
diritto
di
ordinare
al
nostro
tradizionale
patriottismo
un
di
più
di
sacrifici
.
Per
questo
,
e
non
per
vanità
esibizionistiche
,
accomuniamo
le
due
ricorrenze
in
una
stessa
parola
:
Fascismo
.
Abbiamo
il
28
ottobre
riassunto
,
sia
pure
nei
limiti
troppo
brevi
consentiti
ad
un
quotidiano
,
la
mole
immensa
di
riforme
e
di
opere
condotta
a
termine
,
con
un
crescendo
miracoloso
di
volontà
e
di
ardimenti
,
di
genialità
e
di
pazienza
,
di
fede
e
di
sforzi
,
dal
Governo
fascista
e
dal
popolo
italiano
,
sotto
la
direzione
l
'
esempio
la
guida
di
Benito
Mussolini
.
Oggi
che
il
Duce
dà
alla
Nazione
la
parola
d
'
ordine
per
il
sicuro
domani
:
DURARE
,
non
è
possibile
che
noi
dimentichiamo
quanto
il
Capo
stesso
aggiunge
per
chiodare
nella
nostra
testa
e
nell
'
anima
nostra
la
ferrea
bellezza
dell
'
austero
comandamento
:
«
Come
per
il
passato
,
durare
è
il
motto
dell
'
avvenire
.
Durare
con
disciplina
perfetta
,
con
dedizione
assoluta
.
Perfezionare
gli
strumenti
della
Rivoluzione
,
moltiplicarne
le
nostre
forze
,
temprare
gli
spiriti
per
tutte
le
battaglie
»
.
Come
per
il
passato
.
Soli
in
Italia
,
gli
uomini
che
per
80
anni
ebbero
l
'
onore
di
dirigere
questo
vecchio
e
sempre
rinnovantesi
giornale
subalpino
,
trasmettendosi
il
sacro
retaggio
come
nelle
lampadoforie
elleniche
i
portatori
di
fiaccole
si
passavano
in
corsa
l
'
un
l
'
altro
le
fiamme
da
tenere
perennemente
accese
,
tutti
,
i
morti
ed
i
vivi
,
gli
illustri
e
gli
oscuri
,
possono
oggi
presentarsi
in
serena
coscienza
dinanzi
al
Ricostruttore
dell
'
Italia
nuova
e
dirgli
:
«
Duce
,
tenemmo
fede
al
tuo
comandamento
»
.
E
possono
ricordargli
:
«
La
volontà
rettilinea
che
dal
1848
al
sesto
annuale
del
Fascismo
impresse
a
questo
strumento
d
'
idee
e
di
battaglia
una
continuità
d
'
azione
che
non
ha
forse
riscontro
in
altri
organismi
viventi
della
Penisola
,
ci
sia
presso
di
te
arra
e
garanzia
,
malleveria
e
testimonianza
che
dureremo
in
avvenire
come
durammo
in
passato
,
superando
tutte
le
tempeste
,
compresa
la
momentanea
sconfitta
,
resistendo
a
tutte
le
lusinghe
,
comprese
quelle
della
popolarità
.
«
Dall
'
indomani
di
Novara
all
'
indomani
di
Lissa
,
da
qui
partì
,
prima
che
ancora
nascessi
alle
fortune
d
'
Italia
,
la
tua
grande
parola
:
«
Durare
»
.
Dalla
triste
primavera
di
Adua
all
'
ottobre
di
Caporetto
,
primavera
anch
'
esso
della
riscossa
della
Patria
da
qui
venne
lanciato
il
tuo
grido
di
moltiplicare
le
forze
e
preparar
gli
spiriti
a
tutte
le
battaglie
.
«
E
quando
il
Paese
si
smarrì
,
dimentico
della
Vittoria
,
dietro
gli
stracci
rossi
d
'
avvelenate
illusioni
straniere
,
da
qui
mosse
la
voce
che
sembrò
a
molti
quella
del
deserto
:
Dio
salvi
l
'
Italia
.
E
fummo
esauditi
con
la
miracolosa
rapidità
delle
preghiere
giuste
,
delle
invocazioni
fidenti
,
della
speranza
certa
.
Il
Destino
già
ti
aveva
inviato
fra
noi
.
«
E
quando
l
'
Adriatico
parve
perduto
ed
i
frutti
stessi
della
Vittoria
compromessi
,
mentre
un
pugno
d
'
uomini
guidati
da
un
poeta
soldato
osava
contrastare
la
volontà
del
mondo
,
da
qui
gli
vennero
l
'
aiuto
e
la
solidarietà
che
fin
d
'
allora
tu
indicasti
necessari
.
«
E
quando
la
struttura
stessa
della
Nazione
scricchiolò
nelle
sue
vertebre
annunziando
imminente
il
disordinato
immeritato
sfacelo
di
un
popolo
che
aveva
fatto
volger
le
spalle
ad
uno
degli
eserciti
più
potenti
d
'
Europa
;
e
tu
convocavi
a
Napoli
l
'
adunata
degli
uomini
nuovi
capaci
di
risuscitare
dal
crollo
e
dai
pantani
l
'
immagine
giovanile
dell
'
Italia
e
il
volto
eterno
di
Roma
,
da
qui
parti
l
'
invocazione
che
scosse
il
Piemonte
da
Superga
a
Santena
:
«
Mussolini
»
.
Il
30
ottobre
1922
Benito
Mussolini
,
già
designato
dal
Re
Primo
Ministro
,
giungeva
a
Roma
,
entrava
al
Quirinale
in
camicia
nera
e
portava
al
Sovrano
la
devozione
dell
'
Italia
di
Vittorio
Veneto
.
Sia
consentito
a
questo
ottuagenario
giornale
subalpino
,
nell
'
anniversario
dell
'
evento
memorabile
,
ripetere
al
Duce
la
parola
dell
'
intatta
fedeltà
piemontese
;
sia
concesso
di
rievocare
ora
la
continuità
della
sua
missione
non
mai
interrotta
:
quella
di
saper
ridestare
,
nei
momenti
decisivi
per
la
vita
del
Paese
,
le
tradizioni
del
tempo
eroico
delle
sue
origini
,
.
«
ricongiungendo
com
'
ebbe
a
scrivere
Giovanni
Gentile
nella
sua
propria
storia
la
fine
col
principio
del
Risorgimento
italiano
»
.
È
la
vecchia
bandiera
dei
nostri
patrioti
che
sanno
donare
e
tacere
.
La
sua
espressione
dichiarò
all
'
indomani
della
Marcia
su
Roma
il
quadrumviro
di
questa
terra
è
sempre
un
atto
di
pura
fede
.
«
I
Piemontesi
l
'
amano
come
i
loro
monti
,
come
i
loro
fiumi
,
come
le
loro
vecchie
case
»
.
Possiamo
dunque
levare
con
mano
non
indegna
e
con
serena
coscienza
la
gloriosa
bandiera
,
in
mezzo
alla
selva
dei
gagliardetti
e
dire
alle
prodi
Camicie
nere
che
per
giovinezza
lo
ignorano
:
all
'
indomani
di
Novara
,
Bottero
,
mentre
da
queste
colonne
incitava
fascisticamente
gl
'
italiani
ad
armarsi
per
la
riscossa
contro
i
vili
di
dentro
ed
i
nemici
di
fuori
,
inseriva
nel
rettangolo
bianco
del
tricolore
il
Fascio
littorio
.
Ecco
perché
,
compiendosi
il
quinquennio
del
Regime
,
siamo
lieti
e
fieri
di
sentirci
un
ponte
di
passaggio
,
un
anello
di
concatenazione
,
un
punto
di
congiungimento
fra
il
passato
e
l
'
avvenire
.
Ogni
qualvolta
l
'
Italia
ha
chiamato
,
qui
si
è
risposto
:
«
presente
»
.
Il
Duce
squillante
voce
della
Patria
comanda
un
più
energico
:
«
A
noi
»
.
Come
da
otto
decennii
ce
ne
hanno
dato
l
'
esempio
gli
artefici
della
prima
rivoluzione
italiana
,
fondatori
di
questa
nostra
casa
;
come
hanno
fatto
sempre
i
loro
continuatori
con
fedeltà
di
giuramento
non
mai
ritrattata
né
smentita
,
al
nuovo
comando
di
durare
,
ripetiamo
:
Presenti
!
StampaQuotidiana ,
Nell
'
anticamera
di
Franklin
Delano
Roosevelt
,
trentaduesimo
Presidente
degli
Stati
Uniti
d
'
America
,
c
'
è
un
capo
indiano
che
attende
di
essere
ricevuto
.
È
sceso
poco
fa
da
un
tassì
e
ha
chiesto
qualcosa
a
un
usciere
,
aggiustandosi
il
casco
di
piume
che
gli
era
scivolato
sulla
nuca
.
Ha
una
casacca
di
pelle
d
'
antilope
,
le
gambe
storte
e
una
faccia
rugosa
,
senza
espressione
,
senza
età
,
senza
sesso
.
L
'
usciere
,
con
un
'
uniforme
da
poliziotto
e
la
parola
Capitano
scritta
in
lettere
d
'
oro
sul
berretto
,
lo
ha
trattato
con
cortesia
pomposa
,
senza
guardarlo
in
viso
.
Si
metta
a
sedere
e
aspetti
.
Si
può
vivere
tutta
una
vita
negli
Stati
Uniti
senza
mai
vedere
un
Indiano
.
Sono
creature
relegate
negli
stemmi
degli
Stati
(
sostengono
il
blasone
assieme
a
un
Puritano
)
,
nei
fregi
della
carta
moneta
e
nell
'
anticamera
del
Presidente
.
I
duecento
e
più
giornalisti
che
,
seduti
sui
tavoli
e
appoggiati
al
muro
,
attendono
di
intervistare
collettivamente
il
Gran
Padre
Bianco
,
hanno
a
malapena
voltato
gli
occhi
e
tolto
le
pipe
di
bocca
per
guardare
la
strana
figura
che
andava
a
scegliersi
una
sedia
in
fondo
alla
camera
.
È
mercoledì
mattina
,
e
mancano
pochi
minuti
alle
undici
e
mezzo
,
l
'
ora
in
cui
,
ogni
settimana
,
il
Capo
Esecutivo
riceve
i
rappresentanti
della
stampa
,
che
riferiranno
al
gran
pubblico
quello
che
il
Presidente
crede
,
pensa
,
spera
,
fa
.
È
una
delle
tradizioni
della
Capitale
questo
ricevimento
in
massa
dei
corrispondenti
,
i
quali
hanno
il
permesso
di
chiedere
qualunque
cosa
,
con
discrezione
e
cortesia
.
Il
Presidente
risponde
quando
lo
crede
opportuno
.
Un
corrispondente
estero
ci
spiega
le
regole
del
gioco
che
bisogna
rispettare
:
chi
bara
non
ha
più
il
permesso
di
assistere
.
Prima
di
tutto
:
è
consuetudine
che
gli
stranieri
non
parlino
,
e
ascoltino
solo
,
come
i
bambini
bene
educati
.
Nello
scrivere
i
servizi
è
rigorosamente
vietato
dire
che
«
Franklin
D
.
Roosevelt
ha
dichiarato
,
ha
annunciato
,
o
ha
rilevato
»
.
Chi
parla
è
«
una
sorgente
attendibile
»
,
gli
«
ambienti
ufficiali
»
,
«
qualcuno
vicino
al
Presidente
»
,
«
l
'
ufficioso
portavoce
della
Casa
Bianca
»
.
Se
il
Capo
Esecutivo
avvisa
:
«
Questo
è
per
vostra
informazione
personale
»
,
quello
che
dice
non
va
stampato
e
serve
come
illustrazione
.
Le
parole
:
«
Quello
che
sto
per
dirvi
non
va
nel
verbale
»
equivalgono
a
:
«
È
un
segreto
tra
me
e
voi
»
.
Allora
non
si
scrive
,
non
si
riferisce
,
non
se
ne
parla
.
Segreto
.
È
impossibile
avere
interviste
personali
con
il
Presidente
,
in
questi
momenti
in
cui
ci
sono
dei
membri
del
Gabinetto
che
attendono
giorni
e
giorni
prima
di
essere
ricevuti
.
Un
giovanotto
biondo
,
che
rappresenta
l
'
Agence
Havas
,
aggiunge
:
«
Vedrete
che
uomo
:
affascinante
!
»
.
Il
capo
indiano
,
indifferente
,
ci
guarda
entrare
nello
studio
quando
un
segretario
spalanca
i
battenti
.
Il
Presidente
è
pronto
a
ricevere
la
stampa
.
C
'
è
un
po
'
di
lavoro
di
gomiti
,
qualche
spinta
,
un
piccolo
tumulto
silenzioso
per
raggiungere
i
primi
posti
,
attorno
alla
scrivania
.
Lo
studio
è
una
grande
camera
perfettamente
rotonda
,
dipinta
di
bianco
,
in
stile
federale
(
che
è
lo
stile
di
Washington
:
inglese
della
fine
del
Settecento
,
con
un
tocco
nautico
,
e
un
'
aggiunta
di
neoclassico
-
repubblicano
)
.
In
fondo
,
di
faccia
alla
porta
,
con
le
spalle
alle
ampie
finestre
che
guardano
il
parco
invernale
e
scheletrico
,
sta
Franklin
Roosevelt
,
seduto
al
tavolo
da
lavoro
,
sorridente
,
composto
,
cortese
e
sicuro
.
Due
file
di
sedie
,
ai
lati
del
tavolo
,
impediscono
alla
piccola
folla
che
irrompe
di
passargli
dietro
le
spalle
,
dove
sta
un
gruppetto
di
segretari
e
guardie
del
corpo
,
con
le
braccia
conserte
.
Attorno
ai
muri
sono
appese
alcune
litografie
ottocentesche
con
panorami
del
fiume
Hudson
,
velieri
piegati
dal
vento
su
un
mare
irsuto
di
piccole
onde
verdi
.
Sul
calamaio
del
Presidente
è
una
ruota
di
timone
,
il
calendario
rappresenta
una
ruota
di
timone
,
l
'
appoggio
della
penna
stilografica
è
un
'
altra
ruota
di
timone
.
Davanti
ai
suoi
occhi
è
appeso
un
enorme
pesce
imbalsamato
.
La
personalità
nautica
di
Roosevelt
è
forse
quella
che
egli
considera
con
maggiore
soddisfazione
,
prima
ancora
della
sua
personalità
politica
.
È
vero
però
che
il
timone
è
pure
un
simbolo
di
governo
.
Silenzio
.
Roosevelt
dà
un
'
occhiata
circolare
agli
uomini
in
piedi
attorno
a
lui
,
muove
dei
fogli
di
carta
,
ne
sceglie
uno
,
e
comincia
a
leggere
delle
parole
segnate
in
matita
con
la
sua
scrittura
.
«
Qualcuno
mi
aveva
chiesto
,
giorni
fa
,
che
cosa
pensavo
di
questa
questione
»
dice
.
«
Ecco
quello
che
abbiamo
deciso
di
rispondere
.
»
Sorride
.
Tutti
i
giornalisti
si
sentono
per
un
momento
dietro
le
quinte
con
il
Presidente
degli
Stati
Uniti
,
occupati
nel
difficile
lavoro
di
manovrare
la
politica
del
Paese
.
«
Ecco
quello
che
abbiamo
deciso
di
rispondere
.
»
Il
suo
sorriso
è
rassicurante
,
sincero
,
amichevole
,
appena
professionale
:
il
sorriso
di
un
dottore
che
vuol
diminuire
la
gravità
di
un
caso
.
Disarma
,
perché
nessuno
potrebbe
indirizzare
una
domanda
insidiosa
,
ostile
,
chiara
,
a
un
uomo
che
ti
guarda
in
quel
modo
.
Poi
,
uno
dopo
l
'
altro
,
alcuni
giornalisti
fanno
domande
.
Non
si
vedono
i
loro
visi
,
nella
ressa
.
Roosevelt
volta
gli
occhi
nella
direzione
della
voce
e
risponde
senza
esitare
.
«
Non
sappiamo
ancora
.
Vedremo
.
Non
ho
ancora
studiato
il
problema
.
Non
posso
dichiarare
ancora
nulla
.
Tutto
quello
che
so
,
l
'
ho
letto
sul
giornale
questa
mattina
.
Ve
lo
saprò
dire
.
»
Si
schermisce
,
evita
i
colpi
,
para
.
Si
dilunga
solo
quando
può
spiegare
un
problema
che
non
troverà
oppositori
.
La
sua
testa
,
vista
di
profilo
,
è
calma
,
arguta
,
intelligente
.
Il
mento
è
forte
,
volitivo
.
La
pelle
ben
rasata
,
tesa
e
un
po
'
lucida
:
la
pelle
di
un
uomo
che
vive
all
'
aria
aperta
.
Ma
quando
volta
gli
occhi
ti
accorgi
che
le
pupille
non
sono
perfettamente
parallele
.
Allora
acquista
un
'
espressione
stanca
,
fissa
,
perplessa
.
Le
mani
pallide
e
magre
che
tiene
appoggiate
al
tavolo
gli
tremano
impercettibilmente
quando
accende
una
sigaretta
.
Fuma
continuamente
,
soffiando
il
fumo
verso
l
'
alto
dall
'
angolo
della
bocca
.
Soltanto
da
questi
piccoli
segni
si
indovina
che
cosa
ci
sia
nella
sua
testa
in
questo
momento
.
È
un
essere
sotto
pressione
,
che
lavora
da
quasi
un
anno
nell
'
atmosfera
di
un
Quartiere
generale
durante
una
grande
battaglia
.
È
il
capo
di
un
Paese
disorganizzato
e
caotico
che
cerca
una
via
d
'
uscita
nel
momento
più
duro
della
sua
storia
e
che
chiede
al
suo
Presidente
,
legato
e
ammanettato
dai
suoi
limitatissimi
poteri
,
il
colpo
di
genio
che
rovesci
la
situazione
da
un
giorno
all
'
altro
.
Dopo
tutto
la
Costituzione
gli
permette
soltanto
di
applicare
le
leggi
vigenti
,
di
nominare
ambasciatori
,
ministri
,
capi
degli
uffici
postali
e
altre
cariche
dipendenti
dal
potere
esecutivo
(
salvo
approvazione
del
Senato
)
,
di
fare
trattati
con
le
Potenze
estere
(
salvo
approvazione
del
Senato
)
e
di
scrivere
un
certo
numero
di
messaggi
al
Congresso
sui
bisogni
del
Paese
.
Ecco
tutto
.
Con
questi
poteri
in
mano
egli
deve
manovrare
.
Si
appella
all
'
opinione
pubblica
,
sospende
la
distribuzione
di
posti
governativi
,
per
far
obbedire
il
Congresso
ai
suoi
desideri
,
si
appoggia
a
dubbiosi
statuti
del
tempo
di
guerra
,
esce
cautamente
dal
sentiero
permessogli
,
chiede
poteri
straordinari
.
In
questo
momento
davanti
a
lui
sono
duecentocinquanta
giornalisti
,
con
la
matita
in
mano
.
Un
errore
sarebbe
quasi
irreparabile
,
certamente
dannosissimo
.
Ed
egli
non
ha
la
mente
limpida
cha
potersi
abbandonare
.
Deve
stare
in
guardia
,
senza
lasciar
vedere
che
è
nervoso
,
perché
distruggerebbe
la
fiducia
quasi
infantile
che
tutti
questi
uomini
hanno
in
lui
.
Sorride
,
chiama
per
nome
(
«
John
,
Fred
»
)
quei
pochi
che
conosce
bene
,
perché
erano
ad
Albany
(
Nuova
York
)
con
lui
quando
egli
era
governatore
dello
Stato
,
e
gli
tremano
le
mani
quando
fuma
.
Si
parla
di
fondi
d
'
ammortamento
per
le
Compagnie
ferroviarie
.
Molte
hanno
costruito
le
linee
,
nel
secolo
scorso
,
emettendo
obbligazioni
.
Al
momento
di
ritirarle
hanno
lanciato
nuovi
prestiti
,
pagando
il
primo
con
il
secondo
,
e
continuano
così
.
La
Commissione
del
commercio
interstatale
ha
proposto
in
questi
giorni
una
legge
che
rende
obbligatoria
la
istituzione
di
un
fondo
.
«
Signor
Presidente
,
»
qualcuno
domanda
subito
«
ella
è
dunque
in
favore
di
un
aumento
delle
tariffe
ferroviarie
(
che
sono
fissate
dal
Governo
)
per
permettere
alle
Compagnie
di
ritirare
le
loro
obbligazioni
?
»
Roosevelt
ha
un
momento
d
'
esitazione
.
La
domanda
è
rischiosa
.
Ma
ribatte
subito
:
«
Voltiamola
dall
'
altra
parte
.
Io
sono
favorevole
a
una
diminuzione
delle
tariffe
,
ma
non
tale
da
impedire
la
creazione
di
un
fondo
d
'ammortamento.»
È
il
suo
campo
favorito
:
la
politica
del
minuto
,
la
rapida
manovra
,
la
risposta
immediata
.
Là
è
riconosciuto
imbattibile
.
Durante
la
sua
campagna
presidenziale
,
quand
'
egli
era
governatore
,
l
'
investigazione
condotta
dal
giudice
Seabury
nell
'
amministrazione
della
città
di
Nuova
York
scoprì
cose
compromettenti
negli
affari
privati
di
James
Walker
,
il
sindaco
.
Franklin
Roosevelt
si
trovò
in
questo
dilemma
:
o
espellere
Walker
o
non
farne
niente
e
dare
un
'
arma
in
mano
all
'
opposizione
.
Egli
risolse
il
problema
invitando
Walker
ad
Albany
e
preparandogli
udienze
speciali
per
render
conto
della
sua
condotta
.
Roosevelt
sedette
su
un
'
altissima
cattedra
,
con
le
spalle
alla
luce
,
e
fece
accomodare
il
sindaco
ai
suoi
piedi
,
nel
raggio
di
due
riflettori
.
Da
una
tribuna
ascoltavano
i
giornalisti
e
gli
stenografi
.
Dopo
pochi
minuti
Walker
,
il
meno
intelligente
dei
due
,
si
era
compromesso
irreparabilmente
,
aveva
detto
delle
sciocchezze
annotate
dalla
stampa
,
schiacciato
dalla
luce
,
dall
'
autorità
,
dall
'
altezza
.
E
Roosevelt
aveva
vinto
.
Le
domande
continuano
.
Non
si
tocca
mai
nessuna
questione
fondamentale
,
ma
piccoli
problemi
di
corrente
amministrazione
.
Il
giornalista
riassume
i
dati
recenti
e
chiede
che
ne
pensi
il
Presidente
.
Le
risposte
sono
evasive
,
caute
,
ma
qualche
volta
stranamente
nette
e
decise
.
Dopo
circa
mezz
'
ora
,
un
uomo
si
stacca
da
dietro
le
spalle
di
Roosevelt
,
e
mormorando
:
«
Adesso
basta
!
»
prende
senza
cerimonie
il
giornalista
più
vicino
a
lui
per
il
braccio
e
comincia
a
spingerlo
via
.
Tutti
gli
altri
seguono
senza
dire
più
una
parola
.
Fuori
il
capo
indiano
non
attende
più
.
È
scomparso
.
Franklin
Delano
Roosevelt
,
nel
gennaio
1882
,
è
stato
tenuto
a
battesimo
da
Eliott
Roosevelt
,
il
fratello
di
Teodoro
.
Le
due
famiglie
dello
stesso
nome
avevano
solamente
un
comune
antenato
nel
1700
,
un
mercante
olandese
,
scaltro
e
abile
nei
commerci
.
Ma
la
cerimonia
segnava
il
legame
che
stringe
,
negli
Stati
Uniti
,
le
aristocratiche
famiglie
di
origine
olandese
che
hanno
mantenuto
attraverso
i
secoli
un
attaccamento
europeo
alla
struttura
tradizionale
.
Il
giovane
Franklin
,
a
ventotto
anni
,
sposò
la
figlia
del
suo
padrino
,
cugina
in
sesto
grado
,
Anna
Eleonora
,
condotta
all
'
altare
da
Teodoro
Roosevelt
,
suo
zio
,
poiché
il
padre
era
morto
qualche
anno
prima
.
Franklin
è
un
patrizio
americano
,
attentamente
educato
in
una
scuola
privata
,
allenato
agli
sport
e
alla
vita
semplice
.
Suo
padre
si
era
dedicato
al
commercio
per
qualche
tempo
,
e
si
era
poi
ritirato
con
la
moglie
e
i
figli
in
una
tenuta
sul
fiume
Hudson
,
a
vivere
nello
stile
di
un
gentiluomo
inglese
.
I
ragazzi
facevano
del
canottaggio
d
'
estate
,
cacciavano
alla
volpe
d
'
autunno
.
Forse
l
'
amore
per
la
vela
fu
ispirato
a
Franklin
dalla
madre
,
Sarah
Delano
,
figlia
di
un
capitano
di
veliero
,
discendente
di
una
di
quelle
famiglie
di
Valloni
che
nel
1616
furono
le
prime
ad
occupare
la
deserta
isola
di
Manhattan
per
la
Compagnia
della
Nuova
Amsterdam
.
La
signora
Roosevelt
,
da
ragazza
,
aveva
fatto
un
lunghissimo
viaggio
col
padre
,
arrivando
a
Hong
-
Kong
,
attraverso
lo
stretto
di
Magellano
.
A
14
anni
il
figlio
maggiore
già
era
proprietario
di
un
piccolo
panfilo
di
7
metri
,
con
una
cabina
e
una
cuccetta
,
col
quale
andava
gironzolando
per
il
fiume
.
Le
altre
sue
passioni
erano
il
cavallo
,
il
tennis
,
il
nuoto
e
la
bicicletta
.
Andò
con
un
amico
in
Germania
,
e
la
girò
tutta
in
tandem
,
facendosi
arrestare
quattro
volte
.
Uno
dei
suoi
passatempi
favoriti
era
imbalsamare
gli
animali
che
uccideva
:
strana
occupazione
di
campagna
.
La
sua
carriera
avrebbe
dovuto
portarlo
sul
mare
,
con
una
uniforme
azzurra
e
i
bottoni
d
'
oro
.
L
'
Accademia
di
Annapolis
era
la
mèta
dei
suoi
primi
anni
.
Allo
scoppio
della
guerra
con
la
Spagna
,
nel
1898
,
Franklin
Roosevelt
aveva
perfino
preparato
la
fuga
dalla
casa
paterna
per
arruolarsi
nella
Marina
,
ma
il
morbillo
lo
immobilizzò
in
letto
per
diverso
tempo
,
e
la
guerra
finì
troppo
presto
perché
egli
potesse
provare
l
'
emozione
dell
'
eroismo
.
Finì
ad
Harvard
,
l
'
elegante
Università
vicina
a
Boston
,
che
ha
ancora
un
vecchio
sapore
seicentesco
inglese
.
Tra
i
giovanotti
della
sua
età
egli
cominciò
a
sperimentare
le
qualità
di
tutti
i
Roosevelt
:
una
vitalità
sovrumana
,
un
interesse
spontaneo
in
tutto
quello
che
li
circonda
,
un
istinto
per
il
pittoresco
,
per
l
'
impetuoso
,
per
l
'
inaspettato
,
e
una
grande
scaltrezza
,
se
non
un
'
intelligenza
sintetica
e
astratta
.
Egli
dominava
,
servendosi
degli
amici
,
cavando
,
in
un
turbine
di
parole
,
informazioni
e
consigli
.
Divenne
il
direttore
del
quotidiano
dell
'
Università
,
il
«
Crimson
»
,
e
sbalordì
Facoltà
e
studenti
con
proposte
signorilmente
rivoluzionarie
.
Il
contatto
con
gli
uomini
,
servirsi
di
loro
,
giocarli
l
'
uno
contro
l
'
altro
,
lo
affascinavano
.
Nel
1912
,
alla
convenzione
democratica
di
Baltimora
,
aiutò
Thomas
Woodrow
Wilson
a
raggiungere
la
candidatura
alla
Presidenza
,
e
venne
premiato
dopo
la
vittoria
col
posto
di
sottosegretario
alla
Marina
.
Erano
gli
anni
in
cui
la
guerra
sembrava
imminente
,
e
Franklin
Roosevelt
si
mise
d
'
impegno
ad
allestire
la
flotta
in
previsione
di
uri
conflitto
.
Il
Ministero
della
Guerra
si
dovette
rivolgere
a
Wilson
perché
era
assolutamente
impossibile
rifornire
i
magazzini
dell
'
Esercito
:
Roosevelt
aveva
comprato
tutto
quello
che
i
fornitori
potevano
produrre
al
momento
.
Le
proposte
del
sottosegretario
riuscivano
a
trovare
sempre
un
posto
nella
prima
pagina
dei
giornali
(
un
'
altra
delle
qualità
dei
Roosevelt
)
.
Un
giorno
propose
con
molto
rumore
un
regolamento
che
imponeva
a
tutti
gli
ufficiali
della
Marina
americana
di
imparare
a
nuotare
se
volevano
mantenere
il
rango
.
Durante
la
guerra
egli
sorvegliò
il
trasporto
di
truppe
attraverso
l
'
Atlantico
,
dalla
Francia
,
e
ritornando
in
patria
trovò
che
la
popolarità
di
Wilson
era
finita
,
i
suoi
progetti
ostacolati
dall
'
opposizione
del
Paese
,
e
il
Presidente
quasi
paralitico
.
Roosevelt
si
batté
per
il
partito
democratico
,
come
candidato
alla
vice
-
Presidenza
nel
1920
e
,
dopo
una
gloriosa
sconfitta
,
si
ritirò
in
un
ufficio
legale
,
abbandonando
la
vita
pubblica
.
A
trentanove
anni
,
facendo
un
bagno
in
un
laghetto
di
montagna
con
i
suoi
bambini
in
un
'
afosa
giornata
d
'
agosto
,
fu
colpito
dalla
malattia
che
gli
ha
profondamente
trasformato
il
carattere
:
la
paralisi
infantile
.
Tutti
credevano
che
la
sua
carriera
fosse
definitivamente
finita
.
Egli
si
ritirò
nella
Georgia
,
si
chiuse
in
se
stesso
,
e
mentre
il
Paese
veniva
travolto
dall
'
ondata
di
speculazione
frenetica
egli
riuscì
a
comprendere
il
valore
,
nella
vita
della
Nazione
,
del
contributo
oscuro
e
doloroso
del
piccolo
uomo
qualunque
,
perseguitato
da
forze
che
non
capisce
e
non
controlla
.
Roosevelt
ha
scritto
:
«
Due
terzi
dell
'
industria
americana
sono
concentrati
in
poche
centinaia
di
società
per
azioni
e
diretti
da
non
più
di
cinquemila
uomini
...
Il
potere
economico
è
concentrato
in
poche
mani
»
.
Egli
ha
difeso
l
'
«
uomo
dimenticato
»
nella
sua
campagna
presidenziale
del
1932
.
La
malattia
lo
aveva
riavvicinato
alla
massa
.
Franklin
D
.
Roosevelt
ha
una
mente
mobile
,
curiosa
,
che
ama
sperimentare
e
correggersi
.
Egli
s
'
incammina
per
diverse
strade
prima
di
continuare
per
una
sola
.
Tuttavia
i
suoi
obiettivi
sono
abbastanza
limpidi
e
sicuri
.
Egli
vuole
evitare
il
ripetersi
nel
futuro
del
fenomeno
della
prosperità
speculativa
,
e
vorrebbe
vedere
la
vita
economica
del
Paese
seguire
linee
razionali
segnate
in
precedenza
.
La
macchinosa
organizzazione
del
Governo
di
Washington
rallenta
la
sua
marcia
e
frena
i
suoi
entusiasmi
.
Ma
egli
possiede
una
grande
capacità
di
manovratore
politico
,
sa
adoperare
gli
uomini
che
ha
attorno
e
sa
trasmettere
a
chi
viene
in
contatto
con
lui
quel
sereno
ottimismo
che
è
forse
la
sua
caratteristica
principale
.
StampaQuotidiana ,
Nicola
,
il
capo
dei
bestiai
della
tenuta
della
Marsigliana
,
ha
fatto
mettere
oggi
una
vecchia
sella
da
buttero
,
con
il
«
pallino
»
,
sul
suo
cavallo
.
Il
«
pallino
»
è
un
corno
di
cuoio
e
di
ferro
sul
davanti
della
sella
che
serve
per
legare
le
bestie
prese
al
laccio
.
Il
vecchio
buttero
vuole
per
nostra
edificazione
istruire
oggi
una
cavalla
selvaggia
,
alla
quale
però
ha
già
dato
due
o
tre
lezioni
del
come
ci
si
comporta
in
compagnia
degli
uomini
.
Nicola
è
contrario
al
sistema
brutale
di
domare
le
bestie
piantandosi
a
cavalcioni
«
a
pelo
»
e
facendole
galoppare
,
saltare
e
scalciare
finché
cadono
a
terra
sfinite
,
o
finché
il
buttero
fa
un
rotolone
nella
polvere
.
Alla
descrizione
di
un
«
rodeo
»
nordamericano
,
dove
piantano
la
sella
sui
puledri
selvaggi
e
vi
montano
sopra
e
rimangono
attaccati
a
forza
di
ginocchia
malgrado
tutti
gli
scarti
e
i
salti
da
montone
,
Nicola
crolla
la
testa
:
è
un
sistema
inumano
.
L
'
animale
va
educato
a
poco
a
poco
,
come
un
bambino
,
secondo
lui
.
Nicola
ama
prendersi
i
puledri
a
uno
a
uno
,
portarseli
nel
rimessino
una
piccola
arena
circondata
da
una
staccionata
e
abituarli
gradatamente
,
lezione
per
lezione
,
con
qualche
giorno
di
riposo
e
d
'
intervallo
tramezzo
,
alla
presenza
dell
'
uomo
,
al
suo
odore
,
alla
sua
mano
,
alla
sua
volontà
,
al
suo
peso
,
alla
capezza
,
alla
sella
,
al
morso
e
alla
fatica
.
Egli
ha
imparato
in
tanti
anni
a
dosare
le
lezioni
per
difficoltà
.
La
prima
volta
,
egli
spiega
,
la
tradizione
maremmana
vuole
che
il
buttero
catturi
l
'
animale
col
laccio
e
,
tenendogli
la
testa
fra
le
mani
,
gli
sputi
in
una
narice
.
Dicono
che
sia
per
fargli
sentire
l
'
odore
dell
'
uomo
.
È
un
gesto
millenario
,
forse
,
che
verrà
dalle
pianure
dell
'
Asia
con
i
primi
cavalieri
e
con
i
primi
cavalli
.
Nella
seconda
lezione
del
corso
di
Nicola
,
il
puledro
legato
vien
fatto
trottare
e
galoppare
intorno
al
rimessino
.
Poi
s
'
incomincia
a
fargli
sentire
la
capezza
e
la
mano
dell
'
uomo
che
comanda
.
Nella
lezione
successiva
il
cavallo
impara
a
conoscere
il
peso
della
sella
,
la
pesante
«
bardella
»
maremmana
,
e
poi
quello
del
cavaliere
.
Il
resto
del
lavoro
non
lo
fa
più
Nicola
,
ma
il
buttero
a
cui
viene
assegnato
il
cavallo
e
che
lo
monta
in
giro
per
la
tenuta
per
giornate
intere
.
Il
capo
bestiaio
ci
segna
,
con
la
punta
del
lungo
bastone
di
corniolo
,
una
cavalla
lontana
in
un
pascolo
.
È
l
'
allieva
di
oggi
.
Due
butteri
si
staccano
dal
gruppo
e
vanno
a
prenderla
per
condurla
nel
rimessino
,
all
'
ombra
di
un
ciuffo
d
'
alberi
.
Nicola
entra
nel
recinto
,
staccando
dalla
sella
il
laccio
e
facendoselo
scorrere
tra
le
mani
,
in
attesa
.
In
mezzo
al
rimessino
è
un
vecchio
tronco
d
'
albero
senza
corteccia
,
con
due
rami
mozzi
.
Lo
chiamano
il
«
giudice
»
e
serve
a
legare
il
bestiame
,
e
ad
appoggiare
le
corde
per
tirarlo
.
Da
un
pascolo
vicino
uno
stallone
nitrisce
:
chiama
una
cavalla
che
non
vediamo
e
che
gli
risponde
ogni
tanto
.
Una
folata
di
vento
fa
rabbrividire
le
foglie
.
Il
vecchio
bestiaio
attende
con
il
laccio
pronto
.
Con
i
buoni
baffi
bianchi
ad
arco
sulla
bocca
,
il
cappellaccio
di
feltro
stinto
,
il
giacchettone
di
fustagno
,
le
gambe
penzolanti
lungo
la
sella
,
egli
non
somiglia
,
neppure
lontanamente
,
a
una
di
quelle
leggendarie
figure
di
centauri
armati
di
laccio
e
di
pistola
dei
libri
d
'
avventure
ginnasiali
e
del
vecchio
cinema
eroico
.
I
due
butteri
,
con
la
cavalla
davanti
a
loro
,
arrivano
di
galoppo
.
Il
cancello
del
rimessino
si
spalanca
,
e
inghiotte
l
'
animale
trafelato
,
che
si
ferma
indeciso
e
atterrito
,
mentre
i
due
uomini
saltano
di
sella
e
gettano
le
briglie
sulla
staccionata
.
La
bestia
cerca
un
'
uscita
,
abbozza
un
galoppo
,
s
'
impenna
e
riparte
nell
'
altra
direzione
,
ficca
la
testa
fra
le
travi
di
legno
cercando
una
uscita
,
nitrisce
disperatamente
.
Un
urlo
di
un
buttero
appollaiato
sulla
staccionata
la
fa
partire
di
corsa
,
chinata
verso
l
'
interno
come
un
cavallo
da
circo
,
mentre
Nicola
,
con
la
lingua
stretta
fra
i
denti
,
per
paura
di
sbagliare
il
colpo
,
fa
roteare
l
'
anello
di
corda
sulla
sua
testa
e
lo
lancia
.
Il
cerchio
si
abbatte
molle
attorno
al
collo
dell
'
animale
,
che
si
ferma
indeciso
.
Il
buttero
lega
immediatamente
al
«
pallino
»
della
sella
la
corda
che
si
tende
,
mentre
la
bestia
indietreggia
puntando
gli
zoccoli
,
scuotendo
il
collo
.
Ma
il
cavallo
di
Nicola
,
che
conosce
il
mestiere
forse
quanto
lui
,
pianta
solidamente
i
ferri
nella
polvere
e
resiste
a
gambe
tese
,
senza
muoversi
.
La
cavalla
quasi
soffoca
,
nello
sforzo
di
liberarsi
dal
laccio
,
ed
ansima
con
un
breve
soffio
rauco
.
Il
grido
improvviso
di
un
buttero
la
fa
ripartire
al
galoppo
,
disordinatamente
,
scuotendo
la
criniera
.
Nicola
manovra
cauto
per
tenere
sempre
libera
la
corda
del
«
giudice
»
,
perché
se
si
dovesse
arrotolare
attorno
al
tronco
la
cavalla
soffocherebbe
.
Ma
il
suo
cavallo
,
quasi
senza
comandi
,
si
ferma
,
si
gira
,
calmo
e
attento
.
L
'
animale
,
dopo
una
corsa
affannosa
e
spossante
,
s
'
è
fermato
e
guarda
attorno
,
diffidente
e
pauroso
.
«
Prova
un
po
'
la
capezza
!
»
comanda
Nicola
,
ed
uno
dei
butteri
sospende
l
'
arnese
al
bastone
di
corniolo
e
si
avvicina
adagissimo
alla
cavalla
,
facendoglielo
odorare
a
braccio
teso
.
La
bestia
ha
dei
tremiti
convulsi
,
e
tenta
ancora
di
svincolarsi
dal
laccio
,
squassando
disperatamente
il
collo
.
A
poco
a
poco
l
'
uomo
riesce
ad
avvicinarsi
,
a
infilarle
il
muso
nella
capezza
,
e
lentamente
gliela
passa
dietro
le
orecchie
e
l
'
affibbia
.
Tutto
questo
Nicola
l
'
aveva
già
fatto
nella
prima
lezione
che
egli
ha
dato
alla
cavalla
qualche
giorno
fa
.
Ma
ad
ogni
lezione
bisogna
ricominciare
da
capo
.
I
cavalli
sono
scolari
senza
memoria
.
Il
laccio
,
ora
,
è
inutile
,
e
Nicola
lo
fa
sfilare
,
afferrando
la
cima
della
capezza
per
guidare
la
bestia
,
che
incomincia
a
galoppare
in
giro
,
con
un
rauco
suono
fischiante
di
respiro
affrettato
.
Ogni
tanto
s
'
impunta
,
davanti
a
un
'
ombra
,
a
un
ramo
mosso
dal
vento
,
a
un
buttero
appollaiato
sulla
staccionata
;
poi
riparte
di
carriera
,
per
fermarsi
poco
più
in
là
,
e
non
muoversi
se
uno
dei
bestiai
non
scende
nel
rimessino
e
la
fa
ripartire
urlando
e
agitando
le
braccia
.
A
un
certo
punto
si
mette
nel
centro
e
si
lascia
cadere
a
terra
,
rotolando
sul
dorso
con
le
gambe
all
'
aria
come
un
cane
che
vuol
giocare
.
Nicola
,
paziente
,
la
segue
,
manovrando
la
corda
,
attorno
al
«
pallino
»
della
sella
,
accorciandola
ed
allungandola
,
girando
attorno
al
«
giudice
»
,
e
dando
dei
brevi
comandi
ai
butteri
che
l
'
aiutano
.
Man
mano
che
l
'
animale
si
stanca
,
Nicola
accorcia
la
corda
tesa
che
lo
divide
dalla
cavalla
.
Finalmente
,
dopo
molti
minuti
,
la
bestia
sfibrata
,
ansimante
,
si
ferma
e
Nicola
si
avvicina
,
adagio
per
non
farla
fuggire
.
Vuol
tentare
di
metterle
per
la
prima
volta
la
«
bardella
»
la
pesantissima
sella
maremmana
e
deve
farlo
senza
destare
i
sospetti
della
bestia
,
che
non
si
è
mai
sentita
la
schiena
legata
e
costretta
da
un
forte
peso
.
Uno
dei
bestiai
,
da
un
lato
,
tiene
la
«
bardella
»
pronta
,
appoggiata
alla
staccionata
.
Nicola
porta
il
suo
cavallo
,
lentissimamente
,
con
precauzione
,
sotto
al
collo
dell
'
allievo
,
finché
può
afferrare
la
cavalla
selvaggia
per
le
due
orecchie
,
passarle
l
'
avambraccio
sugli
occhi
,
e
appoggiarle
la
testa
alla
groppa
del
suo
cavallo
.
Un
bestiaio
,
per
prepararla
al
contatto
duro
della
sella
ed
alla
stretta
della
sottopancia
,
le
passa
sul
dorso
e
sul
ventre
un
ramo
,
disegnando
sul
pelo
sudato
il
profilo
della
«
bardella
»
.
Finalmente
,
a
un
comando
di
Nicola
,
il
buttero
porta
a
due
braccia
la
sella
e
la
depone
sulla
groppa
della
cavalla
,
la
quale
,
al
contatto
,
tenta
di
rinculare
timorosamente
scuotendo
il
collo
.
Ma
il
vecchio
buttero
la
tiene
immobile
nella
morsa
delle
braccia
,
ed
i
bestiai
possono
affibbiare
ogni
cinghia
,
ed
assestare
la
sella
,
legando
le
staffe
in
cima
:
se
ciondolassero
lungo
i
fianchi
la
metterebbero
presto
in
furore
.
Quando
la
lasciano
libera
,
la
cavalla
comincia
a
girarsi
intorno
,
furibonda
,
come
se
un
tafano
la
stesse
tormentando
,
poi
abbozza
un
piccolo
galoppo
sfrenato
,
s
'
impunta
,
scalcia
,
salta
,
ansimando
.
I
butteri
ridono
delle
manovre
della
bestia
che
non
ha
compreso
che
cosa
sia
successo
e
che
tenta
di
liberarsi
dalla
stretta
e
dal
peso
insopportabili
.
Quando
si
è
stancata
,
Nicola
le
va
vicino
e
le
prende
di
nuovo
la
testa
fra
le
braccia
.
Uno
dei
butteri
si
stacca
di
dosso
i
cosciali
di
pelo
di
capra
che
gli
proteggono
le
gambe
dai
pruni
quando
traversa
la
macchia
,
e
,
ridendo
,
glieli
attacca
ciondoloni
ai
due
lati
della
sella
.
E
la
lezione
«
numero
uno
»
nell
'
arte
di
portare
un
cavaliere
,
fatta
con
dei
cosciali
spelacchiati
che
non
hanno
paura
di
essere
rotolati
per
terra
e
che
rimangono
sempre
attaccati
.
Infatti
la
cavalla
è
presa
dal
terrore
al
contatto
di
quelle
due
cose
che
ciondolano
e
la
solleticano
sui
fianchi
,
e
parte
saltando
e
scalciando
.
Abbozza
due
o
tre
salti
da
montone
,
abbassando
la
testa
fra
le
ginocchia
e
,
mentre
i
butteri
ridono
dello
scherzo
,
si
rotola
per
terra
,
con
gli
zoccoli
all
'
aria
.
Quando
si
rialza
i
cosciali
danzano
ancora
sulla
sella
ad
ogni
salto
,
legati
solidamente
.
Dopo
qualche
minuto
,
Nicola
le
si
avvicina
ed
ordina
che
venga
liberata
.
La
lezione
è
finita
.
Il
cancello
si
spalanca
e
la
cavalla
sudata
e
lucente
parte
al
galoppo
verso
i
pascoli
lontani
.
Nicola
arrotola
il
laccio
,
facendolo
scorrere
tra
i
due
pugni
con
un
gesto
marinaresco
.
Fra
qualche
giorno
,
dice
,
un
buttero
la
monterà
.
«
Deve
essere
un
lavoro
difficile
,
la
prima
volta
»
suggeriamo
noi
.
«
Che
!
»
risponde
sorridente
.
«
Chi
monta
è
fatto
com
'
un
omo
,
no
?
»
StampaQuotidiana ,
C
'
immergiamo
nella
notte
,
lasciando
dietro
a
noi
i
fiochi
fanali
del
villaggio
velati
di
pioggia
.
Il
viottolo
fangoso
sembra
candido
nell
'
oscurità
e
non
è
difficile
seguirlo
.
Davanti
a
noi
è
il
capomanipolo
con
le
mani
ficcate
nelle
tasche
dell
'
impermeabile
.
Dietro
,
si
sentono
i
passi
pesanti
e
sicuri
di
due
militi
confinari
,
con
un
rumore
cadenzato
di
fango
spremuto
e
di
ghiaietta
stritolata
dai
chiodi
.
Piove
.
Marciamo
in
silenzio
.
Andiamo
ad
appostarci
su
uno
dei
sentieri
di
montagna
che
vengono
dal
confine
e
dove
,
qualche
volta
,
di
notte
,
tentano
di
passare
contrabbandieri
e
gente
sospetta
,
che
non
ha
le
carte
in
regola
.
I
contrabbandieri
,
in
Val
di
Spluga
,
sono
per
lo
più
montanari
che
trasportano
a
spalla
,
per
dei
sentieri
da
capra
,
trenta
o
quaranta
chili
di
caffè
,
di
zucchero
o
di
tabacco
.
È
un
contrabbando
spicciolo
,
da
queste
parti
,
un
contrabbando
casalingo
,
che
non
penetra
nel
paese
,
ma
viene
smerciato
e
consumato
nei
villaggi
della
valle
.
Il
carico
passa
il
confine
e
viene
deposto
in
qualche
baita
isolata
,
in
qualche
capanna
da
pastori
abbandonata
,
mentre
il
contrabbandiere
va
a
proporre
la
vendita
per
i
villaggi
.
Si
racconta
che
un
vecchio
valligiano
,
un
giorno
,
è
apparso
nella
cucina
della
moglie
del
maresciallo
delle
guardie
di
finanza
di
uno
dei
paesi
della
valle
,
col
cappello
in
mano
,
a
chiedere
se
la
signora
voleva
dello
zucchero
.
Le
trattative
della
vendita
procedevano
pacificamente
quando
è
apparso
il
marito
in
uniforme
.
Il
contrabbandiere
ha
infilato
la
porta
,
di
corsa
,
e
non
si
è
più
fatto
vedere
.
Quando
si
è
trovato
il
compratore
per
la
merce
,
il
contrabbandiere
ritorna
al
suo
deposito
,
carica
il
sacco
sulle
spalle
e
riprende
la
strada
.
Per
essere
più
sicuro
,
manda
avanti
un
compagno
,
che
gli
eviti
incontri
con
le
pattuglie
.
Spesso
il
trasporto
viene
fatto
in
tre
o
quattro
tappe
,
da
diversi
compagni
,
che
si
lasciano
il
carico
in
diversi
nascondigli
stabiliti
.
Di
notte
,
le
guardie
di
finanza
e
le
Camicie
nere
non
fermano
quasi
mai
il
primo
uomo
che
incontrano
per
un
sentiero
di
montagna
.
Quello
,
nella
bisaccia
,
non
ha
mai
nulla
di
compromettente
.
Serve
soltanto
perché
il
compagno
,
che
segue
a
qualche
passo
,
si
accorga
dell
'
incontro
e
possa
scappare
,
o
nascondere
a
tempo
il
fardello
dietro
un
cespuglio
.
Appena
i
contrabbandieri
hanno
escogitato
un
nuovo
trucco
,
i
militi
e
le
guardie
lo
scoprono
immediatamente
e
bisogna
cominciare
da
capo
.
Così
le
pattuglie
non
escono
mai
alla
stessa
ora
,
e
non
percorrono
mai
lo
stesso
itinerario
.
È
una
sorda
lotta
continua
,
una
partita
che
non
ha
mai
fine
,
tra
gli
uomini
in
uniforme
e
gli
altri
.
Ma
le
Camicie
nere
di
confine
,
di
cui
un
manipolo
è
distaccato
a
Campodolcino
e
a
Madesimo
,
non
dovrebbero
specialmente
prender
parte
alla
lotta
contro
il
contrabbando
.
Il
loro
compito
è
la
sorveglianza
di
tutte
le
attività
di
frontiera
che
possano
minacciare
la
sicurezza
nazionale
.
In
Val
di
Spluga
però
le
avventure
non
sono
molto
frequenti
.
Regolarmente
,
dal
ministero
degli
Interni
,
arrivano
i
bollettini
con
i
nomi
,
gli
alias
e
le
caratteristiche
delle
persone
ricercate
dalla
Pubblica
Sicurezza
.
I
militi
fanno
passare
i
fogli
,
fissano
quelle
teste
di
disperati
,
dal
colletto
sbottonato
,
i
capelli
lunghi
e
gli
occhi
attoniti
,
con
la
speranza
di
riconoscerne
uno
,
da
un
momento
all
'
altro
,
appiattato
dietro
un
cespuglio
,
nascosto
in
una
baita
o
a
passeggio
per
un
sentiero
troppo
vicino
al
confine
,
ed
attaccano
il
bollettino
a
due
ganci
,
assieme
a
tutti
i
numeri
dell
'
annata
,
con
un
sospiro
.
Raccontava
il
capomanipolo
Fiaccarini
che
,
recentemente
,
le
autorità
svizzere
l
'
avevano
avvisato
che
due
carcerati
,
armati
e
pronti
a
tutto
,
erano
evasi
da
un
penitenziario
,
e
che
si
credeva
avessero
passato
il
confine
.
Infatti
,
durante
la
notte
,
un
contadino
della
valle
si
è
accorto
che
due
figure
erano
penetrate
silenziosamente
nella
sua
stalla
,
e
si
è
precipitato
a
darne
notizia
alle
Camicie
nere
.
Racconta
il
capomanipolo
:
«
Mi
sono
fermato
davanti
a
quella
porta
,
col
moschetto
stretto
nei
pugni
,
appoggiato
alla
spalla
.
Non
sapevo
che
cosa
avrei
trovato
,
dall
'
altra
parte
.
Forse
i
due
evasi
avevano
sentito
i
passi
chiodati
nel
cortile
,
le
voci
nostre
,
ed
attendevano
con
le
pistole
spianate
che
la
porta
si
aprisse
,
pronti
a
piantare
due
palle
nella
prima
testa
che
apparisse
.
Mi
sono
ricordato
che
,
da
squadrista
,
avevo
preso
parte
a
una
spedizione
identica
.
Un
buon
amico
mio
era
entrato
per
il
primo
,
allora
,
alla
ricerca
di
alcuni
comunisti
,
e
non
aveva
fatto
un
passo
nell
'
interno
della
stalla
,
che
due
colpi
di
moschetto
l
'
avevano
steso
a
terra
.
«
Entrai
col
moschetto
spianato
,
seguito
da
due
militi
.
«
Nessuno
.
La
stalla
sembrava
completamente
vuota
.
Finalmente
in
un
angolo
buio
vidi
due
occhi
che
mi
fissavano
,
vitrei
.
Una
testa
rasata
sporgeva
immobile
dal
fieno
,
come
una
di
quelle
teste
di
legno
a
cui
si
buttano
tre
palle
alla
fiera
.
Puntai
l
'
arma
verso
di
lui
e
gli
ordinai
di
alzarsi
.
L
'
uomo
non
si
mosse
.
Lo
feci
tirar
su
di
peso
dai
due
militi
e
chiesi
dov
'
era
il
compagno
:
non
rispose
.
Capiva
poco
l
'
italiano
.
Salii
sul
fieno
,
per
scoprire
il
nascondiglio
dell
'
altro
.
Sentii
sotto
i
miei
piedi
qualcosa
di
duro
.
Dal
fieno
sporgeva
il
naso
dell
'
altro
evaso
,
il
quale
si
era
fatto
calpestare
senza
pronunciare
una
parola
,
senza
muoversi
.
Sperava
di
passare
inosservato
.
»
Questa
è
l
'
ultima
avventura
delle
Camicie
nere
di
Campodolcino
.
Marciamo
,
nel
fango
,
sotto
lo
stillicidio
della
pioggia
invisibile
.
Ogni
tanto
qualcuno
inciampa
nel
buio
,
e
si
sentono
due
o
tre
passi
precipitati
.
L
'
ufficiale
si
ferma
,
si
avvicina
a
un
muretto
irregolare
,
appoggia
le
mani
e
lo
scavalca
.
Poi
si
volta
e
fa
piovere
sul
muro
un
po
'
di
luce
rosata
da
una
lampadina
tascabile
,
velata
dalle
dita
aperte
.
Nella
breve
macchia
luminosa
brillano
le
gocce
di
pioggia
.
Scavalchiamo
tutti
e
si
riprende
la
marcia
per
un
prato
fradicio
d
'
acqua
.
I
piedi
affondano
.
Davanti
,
all
'
orlo
del
prato
,
la
nostra
via
è
sbarrata
da
un
torrente
che
non
vediamo
ma
che
sentiamo
scorrere
violento
tra
le
pietre
.
Il
rombo
si
avvicina
lentamente
,
finché
ormai
non
è
più
che
a
pochi
passi
davanti
a
noi
,
nell
'
oscurità
.
Il
capomanipolo
volta
a
destra
,
s
'
arrampica
per
una
scarpata
e
infila
un
ponticello
di
legno
.
L
'
acqua
scorre
rapida
sotto
di
noi
.
Oltre
il
ponte
infiliamo
un
sentiero
sassoso
,
che
s
'
inerpica
sul
fianco
della
montagna
.
Sulle
nostre
teste
è
teso
un
tetto
di
nebbia
biancastra
che
copre
la
valle
come
un
coperchio
.
Dopo
qualche
minuto
di
cammino
,
l
'
ufficiale
si
ferma
,
dietro
un
riparo
di
terreno
.
E
qui
.
Attendiamo
.
I
due
militi
,
col
giacchettone
di
pelo
,
dal
bavero
rialzato
sopra
alle
orecchie
,
le
mani
infilate
nelle
due
tasche
verticali
tagliate
sul
petto
,
e
il
moschetto
rovesciato
appeso
a
una
spalla
,
stanno
immobili
.
Si
sente
in
lontananza
il
rumoreggiare
del
torrente
,
e
in
quel
vago
rombo
si
crede
di
sentire
tanti
altri
rumori
indistinti
.
La
pioggia
cade
con
un
tambureggiare
minuto
sull
'
ala
del
cappello
,
indurito
dall
'
acqua
,
e
sull
'
impermeabile
,
eternamente
.
I
minuti
passano
,
lentissimi
.
Una
macchina
è
passata
per
il
villaggio
.
Probabilmente
sciatori
che
vanno
a
Madesimo
o
al
passo
dello
Spluga
.
L
'
automobile
non
si
vede
,
ma
i
due
coni
di
luce
incendiano
la
nebbia
,
salendo
laboriosamente
per
la
strada
ripida
,
dall
'
altra
parte
della
valle
.
I
minuti
passano
.
Una
campana
lontana
batte
le
ore
.
Attendiamo
,
tesi
nel
silenzio
,
per
il
suono
di
un
passo
cauto
,
per
un
ciottolo
smosso
che
rotoli
.
Dopo
mezz
'
ora
o
due
ore
uno
dei
militi
si
piega
in
avanti
,
per
vedere
meglio
,
e
lascia
scivolare
il
moschetto
dalla
spalla
,
impugnandolo
come
per
tenersi
pronto
a
sparare
.
L
'
altro
,
senza
una
parola
,
fissa
il
punto
che
il
primo
sta
scrutando
,
e
prepara
l
'
arma
.
A
una
trentina
di
passi
davanti
a
noi
due
ombre
si
muovono
.
Stiamo
,
protesi
,
col
respiro
mózzo
,
attendendo
,
per
secondi
interminabili
.
Le
due
Camicie
nere
,
a
gambe
larghe
,
con
il
calcio
del
moschetto
stretto
sotto
l
'
ascella
e
la
canna
rivolta
verso
le
due
ombre
che
si
avvicinano
,
sono
irrigidite
nell
'
attesa
.
Si
sentono
,
nell
'
infinito
silenzio
della
valle
,
i
due
scatti
metallici
,
l
'
uno
dopo
l
'
altro
,
dei
moschetti
che
i
militi
hanno
passato
dalla
posizione
di
sicurezza
a
quella
di
sparo
.
Le
due
ombre
sono
di
fronte
a
due
moschetti
carichi
,
pronti
a
sparare
.
Ormai
non
sono
più
che
a
pochi
passi
.
«
Chi
va
là
?
»
Uno
dei
due
militi
ha
urlato
le
tre
sillabe
veloci
nella
notte
.
La
sua
voce
è
roca
e
strozzata
dall
'
attesa
spasmodica
.
«
Ispezione
Milizia
!
»
grida
una
delle
ombre
,
immediatamente
.
«
Parola
d
'
ordine
?
»
«
Udine
!
Controparola
?
»
«
Umberto
!
»
È
il
caposquadra
delle
Camicie
nere
,
accompagnato
da
un
milite
,
in
giro
d
'
ispezione
.
Le
battute
si
sono
svolte
rapidissime
,
secche
,
a
un
metro
di
distanza
tra
gli
uomini
,
che
si
gettavano
le
parole
sul
viso
.
Il
milite
ha
proiettato
la
luce
della
lampada
tascabile
sulla
faccia
del
graduato
,
che
ha
battuto
le
palpebre
,
accecato
per
un
secondo
.
Anche
stasera
,
niente
contrabbandieri
.
StampaQuotidiana ,
A
Lasa
,
nell
'
Alto
Adige
,
nel
silenzio
delle
foreste
di
abeti
e
dei
nevai
immacolati
,
dove
non
ha
mai
risuonato
il
trionfale
«
Pista
!
»
dello
sciatore
,
vengono
dalla
Toscana
la
sabbia
della
spiaggia
di
Viareggio
e
una
quarantina
di
uomini
.
Uomini
e
sabbia
sono
impiegati
nelle
cave
di
marmo
,
le
più
giovani
d
'
Italia
e
le
più
alte
del
mondo
:
tre
anni
di
età
e
1700
metri
sul
mare
.
La
sabbia
,
silicea
,
uniforme
,
arriva
a
vagonate
,
per
essere
portata
in
cava
e
colata
lentamente
nel
solco
dove
passa
,
ronzando
,
il
filo
elicoidale
che
sega
il
marmo
.
Gli
uomini
,
specialisti
dei
mille
mestieri
misteriosi
dei
cavatori
,
sono
giunti
tre
anni
fa
per
insegnare
agli
abitanti
della
vallata
i
secolari
segreti
delle
Alpi
Apuane
.
Siamo
andati
a
trovare
gli
uomini
.
Abitano
su
per
la
Valle
di
Lasa
(
una
fessura
scoscesa
tagliata
dal
torrente
sul
fianco
della
montagna
)
a
qualche
chilometro
di
distanza
dal
villaggio
.
Montagna
,
valle
,
torrente
,
villaggio
,
cave
e
marmo
hanno
un
nome
solo
in
comune
:
Lasa
.
La
neve
cadeva
indecisa
e
svolazzante
quando
siamo
scesi
dal
trenino
che
ci
aveva
portato
da
Bolzano
.
Le
montagne
erano
ovattate
di
bianco
,
invisibili
.
Una
vecchia
,
in
scialle
,
ha
accatastato
sacchi
di
posta
e
pacchi
di
giornali
su
uno
slittino
,
ed
è
partita
verso
il
paese
tirandoselo
dietro
come
fanno
i
ragazzi
.
Oltre
i
binari
,
erano
i
blocchi
di
marmo
bianco
,
in
disordine
,
come
i
rottami
di
un
muraglione
ciclopico
che
fosse
crollato
.
Sopra
ognuno
la
neve
aveva
deposto
un
regolare
cuscinetto
azzurrognolo
,
che
ne
arrotondava
la
sagoma
squadrata
.
Nel
silenzio
,
il
picchiettare
di
uno
scalpellino
invisibile
,
e
lo
sbuffo
del
treno
che
si
allontanava
.
A
gambe
larghe
sul
marmo
era
la
grue
a
ponte
,
disegnata
di
nero
opaco
contro
il
cielo
bianco
.
Gli
uffici
della
società
stanno
poco
lontano
,
in
una
palazzina
nuovissima
.
Una
locomotiva
elettrica
attende
alla
porta
.
L
'
ingegnere
Antonio
Consiglio
,
direttore
della
cava
dell
'
Acqua
Bianca
,
ci
ha
fatto
salire
e
siamo
partiti
nella
neve
,
in
piedi
dietro
il
manovratore
,
sui
binari
impolverati
di
bianco
,
che
lasciavamo
neri
e
bagnati
dietro
a
noi
.
Dopo
pochi
minuti
siamo
giunti
al
piano
inclinato
.
Il
piano
inclinato
è
una
funicolare
,
che
sale
per
un
chilometro
sul
fianco
della
montagna
,
in
una
trincea
tagliata
tra
gli
abeti
immensi
.
È
la
funicolare
più
grande
d
'
Europa
,
perché
trasporta
un
carrello
con
due
tronchi
di
rotaia
,
sui
quali
possono
stare
quattro
vagoni
della
ferrovia
marmifera
carichi
di
blocchi
.
Una
specie
di
ferry
-
boat
da
montagna
.
Guardandola
dal
basso
,
si
vedevano
le
grosse
rotaie
allargate
scomparire
in
alto
,
verso
la
cima
,
perse
nella
nebbia
.
Per
ordinare
al
manovratore
,
nella
cabina
di
controllo
,
di
farci
partire
,
un
operaio
ha
toccato
uno
dei
fili
telegrafici
lungo
il
binario
con
una
canna
di
bambù
da
cui
parte
un
cordone
elettrico
.
Un
modo
come
un
altro
di
suonare
un
campanello
distante
.
Il
grosso
cavo
d
'
acciaio
,
che
scende
dalla
montagna
come
un
serpente
,
con
la
coda
persa
nella
nebbia
,
si
è
stiracchiato
e
finalmente
,
con
una
scossa
,
siamo
partiti
lentamente
e
dolcemente
.
Diciassette
minuti
di
ascensione
.
La
valle
si
allontanava
da
noi
,
appiattendosi
,
il
paese
si
velava
a
poco
a
poco
,
e
gli
abeti
,
carichi
di
neve
,
si
inabissavano
silenziosamente
al
nostro
fianco
.
Con
una
scossa
il
carrello
si
è
fermato
nel
suo
alveo
d
'
arrivo
,
con
le
sue
rotaie
allineate
a
quelle
del
binario
.
Un
'
altra
locomotiva
elettrica
ci
attende
.
Alcuni
minuti
di
corsa
lungo
il
fianco
della
montagna
deserta
,
tra
gli
alberi
,
nel
panorama
natalizio
.
È
il
quarto
mezzo
di
locomozione
della
giornata
.
All
'
arrivo
,
ci
sono
i
toscani
.
Abitano
un
baraccone
di
legname
e
di
muratura
,
a
picco
sul
torrente
,
tra
gli
alberi
.
Davanti
alla
loro
villa
,
il
torrente
si
divide
in
due
,
attorno
a
un
vecchio
masso
rotolato
chissà
da
dove
,
sul
quale
è
cresciuto
un
albero
.
Gli
uomini
hanno
costruito
un
tavolo
e
una
panca
di
legno
bianco
,
sulla
grossa
roccia
,
e
hanno
innalzato
un
cartello
a
lettere
rosse
:
«
Lido
Polo
Nord
»
.
Il
Lido
è
il
punto
di
ritrovo
estivo
,
supponiamo
,
poiché
in
questo
momento
è
sepolto
sotto
la
neve
.
Dalla
tavola
alla
porta
del
rifugio
corre
un
filo
metallico
teso
.
È
una
piccola
funicolare
privata
,
che
scavalca
il
torrente
,
e
serve
al
trasporto
di
fiaschi
di
vino
dalla
dispensa
agli
uomini
che
riposano
,
pancia
al
sole
,
sotto
l
'
abete
contorto
.
Il
rifugio
,
al
quale
si
arriva
su
un
ponticello
di
legno
,
a
cui
mancano
diverse
tavole
,
si
chiama
la
«
Tenda
rossa
»
,
comunemente
.
Ormai
il
nome
è
usato
da
tutto
il
personale
,
dalla
direzione
,
nei
rapporti
e
negli
ordini
.
Nessuno
sorride
più
.
Così
i
capannoni
a
valle
,
in
fondo
alle
rotaie
della
funicolare
,
si
chiamano
la
«
Baia
del
Re
»
.
Forse
,
fra
un
paio
di
secoli
,
i
nomi
saranno
rimasti
e
faranno
parte
incolore
della
geografia
del
posto
.
Qualcuno
si
informerà
di
quale
Re
si
tratti
e
di
quale
Tenda
senza
trovar
risposta
,
e
un
dotto
locale
scriverà
una
breve
monografia
per
dimostrare
,
al
contrario
di
quanto
sostengono
altri
studiosi
professori
,
che
il
Re
in
questione
era
Beovulfo
il
Rosso
,
e
non
Agilulfo
Ottavo
.
Sulla
porta
del
rifugio
è
un
vecchio
Cristo
in
croce
,
di
stagno
,
trovato
da
uno
dei
toscani
in
una
baita
più
in
alto
.
Dentro
s
'
indovinano
,
nella
penombra
,
delle
figure
d
'
uomini
attorno
a
una
stufa
accesa
.
Le
pareti
sono
annerite
dal
fumo
.
Attorno
al
muro
sono
appesi
pentole
di
rame
,
collane
di
agli
,
fiaschi
.
Gli
uomini
schizzano
in
piedi
,
timidi
e
silenziosi
,
all
'
arrivo
del
superiore
e
del
forestiero
.
Sono
tutti
giovanotti
.
«
Chi
fa
da
mangiare
qui
?
»
La
domanda
rompe
il
silenzio
sorridente
e
cerimonioso
.
«
Tutti
noi
»
risponde
uno
,
dopo
una
pausa
,
scrollando
le
spalle
,
come
se
avesse
trovato
l
'
interrogazione
un
po
'
stupida
.
Il
silenzio
si
ristabilisce
,
solenne
.
Diamo
un
'
occhiata
,
nella
stanza
vicina
,
alla
fila
delle
brande
militari
allineate
come
un
piccolo
dormitorio
.
Altri
dormono
di
sopra
.
Una
baracca
di
retrovia
,
durante
la
guerra
,
doveva
essere
così
.
Gli
uomini
guardano
fare
,
rispettosi
,
e
tacciono
.
«
Come
va
la
vita
nella
Tenda
Rossa
?
»
La
domanda
ha
un
finto
tono
cordiale
.
«
Bene
.
Un
c
'
è
male
.
»
La
risposta
che
si
attendeva
.
Usciamo
.
Il
direttore
spiega
che
l
'
uomo
che
ha
risposto
è
un
po
'
il
caporione
,
perché
è
stato
a
Fiume
con
D
'
Annunzio
,
e
il
mondo
l
'
ha
girato
più
degli
altri
.
Sono
quasi
tutti
filai
,
o
filisti
(
la
parola
non
è
stata
ancora
acchiappata
nella
rete
di
un
glottologo
e
appuntata
nelle
pagine
di
un
dizionario
con
un
'
etichetta
sotto
)
,
cioè
manovratori
dei
fili
elicoidali
che
segano
il
marmo
.
Altri
sono
minatori
,
maestri
nell
'
arte
misteriosa
di
dosare
esplosivi
,
che
in
una
cava
è
difficilissima
,
per
il
numero
di
cose
diverse
che
deve
fare
la
polvere
:
staccare
un
masso
,
senza
romperlo
,
o
aprire
una
galleria
,
senza
incrinare
la
montagna
.
Il
quinto
mezzo
di
locomozione
della
giornata
ci
attende
.
È
una
teleferica
,
costruita
per
il
trasporto
del
marmo
,
che
ci
farà
passare
la
fenditura
sopra
il
torrente
.
Ci
sediamo
nel
vagoncino
su
una
tavola
che
due
operai
hanno
agganciato
al
bordo
.
È
la
panca
delle
grandi
occasioni
,
spiega
l
'
ingegnere
,
per
i
visitatori
che
vengono
dal
lontano
mondo
delle
città
.
I
cavi
sopra
di
noi
si
tendono
e
rimaniamo
sospesi
e
ballonzolanti
nel
vuoto
candido
.
Si
sale
lentamente
,
con
un
movimento
ovattato
,
come
un
aeroplano
silenzioso
au
ralenti
.
Attraversiamo
la
nebbia
da
cui
spuntano
sotto
di
noi
le
guglie
degli
abeti
incrostate
di
ghiaccio
.
Passiamo
rasente
a
una
parete
di
roccia
a
picco
,
con
festoni
di
ghiaccioli
azzurrognoli
.
Allungando
una
mano
si
potrebbe
spaccarne
uno
.
Il
viaggio
aereo
dura
pochi
minuti
.
Il
vagone
si
ferma
,
e
scende
ronzando
lungo
i
fili
fino
a
toccare
per
terra
.
Saltiamo
sulla
neve
,
all
'
entrata
della
cava
.
Siamo
a
un
'
altezza
da
rifugio
,
da
alpinisti
,
da
pipa
,
da
corda
,
da
guida
e
da
borraccia
di
grappa
.
Qui
,
invece
,
si
lavora
.
La
cava
è
un
'
immensa
caverna
,
che
si
ficca
nella
montagna
,
da
cui
esce
in
un
rombo
confuso
il
suono
di
motori
,
di
martelli
pneumatici
,
di
ruote
.
Si
sente
,
nel
ventre
del
monte
,
il
boato
di
una
mina
,
seguito
subito
da
altri
,
come
un
tiro
di
artiglieria
comandato
da
un
ufficiale
impetuoso
.
Sul
fondo
della
caverna
lavorano
gli
uomini
,
nella
penombra
,
attorno
ai
massi
di
marmo
bianco
,
informe
,
impolverato
.
Un
blocco
è
legato
a
un
cavo
d
'
acciaio
teso
da
un
argano
lontano
,
e
sta
per
rovesciarsi
in
avanti
.
Un
altro
è
formicolante
di
operai
che
lo
tagliano
a
pezzi
più
piccoli
.
Le
pareti
sono
perpendicolari
,
altissime
,
lisce
,
con
le
forme
dei
blocchi
che
sono
stati
staccati
.
Rasente
al
soffitto
,
a
una
trentina
di
metri
sopra
di
noi
,
corre
un
ballatoio
di
tavole
sconnesse
.
Conduce
ai
locali
dei
compressori
elettrici
,
che
sono
scavati
nella
roccia
,
in
alto
.
Di
fianco
alla
caverna
c
'
è
una
fenditura
,
larga
un
metro
e
mezzo
,
alta
una
quindicina
di
metri
,
che
si
ficca
nel
ventre
della
montagna
.
Le
pareti
sono
un
taglio
solo
,
di
marmo
.
Nel
fondo
,
alla
luce
di
un
riflettore
elettrico
,
inginocchiato
su
un
mucchio
di
rottami
biancastri
,
un
operaio
tormenta
la
roccia
con
un
martello
pneumatico
che
sparacchia
sollevando
degli
sbuffi
di
polvere
candida
.
L
'
uomo
ha
il
viso
infarinato
,
quando
si
alza
;
la
polvere
gli
ha
asciugato
i
capelli
e
gli
ha
disegnato
le
rughe
.
Sta
scavando
una
galleria
ad
angolo
retto
con
il
corridoio
dal
quale
siamo
entrati
,
spiega
l
'
ingegnere
,
per
far
passare
il
filo
elicoidale
,
ed
isolare
un
masso
di
10.000
tonnellate
.
Il
lavoro
è
incominciato
nell
'
agosto
del
1931
,
quando
si
è
tagliato
il
grande
corridoio
.
Il
marmo
è
stato
isolato
,
a
forma
di
cuneo
.
Poi
una
carica
di
polvere
nera
,
dietro
,
ha
fatto
scivolare
il
monolito
di
1500
metri
cubi
fin
nel
centro
della
galleria
,
dove
è
stato
tagliato
a
pezzetti
uniformi
,
caricato
sulla
teleferica
,
e
portato
alla
ferrovia
.
Le
battaglie
contro
la
montagna
sono
lente
.
Si
lavora
per
la
produzione
futura
,
si
stabiliscono
piani
che
verranno
portati
a
termine
dai
nostri
nipoti
.
L
'
operaio
continua
il
lavoro
che
dura
da
due
anni
.
Il
corridoio
crescerà
,
fino
a
chiudere
il
masso
da
ogni
parte
.
Poi
un
'
altra
carica
di
polvere
nera
farà
scivolare
un
blocco
di
10.000
metri
cubi
fin
nel
centro
della
galleria
,
dove
gli
uomini
gli
si
getteranno
addosso
,
per
sminuzzarlo
in
tanti
piccoli
blocchi
regolari
.
La
cava
ha
l
'
aspetto
di
una
miniera
,
con
queste
gallerie
oscure
che
si
addentrano
nel
ventre
del
monte
,
queste
luci
che
illuminano
le
figure
degli
uomini
al
lavoro
.
Due
operai
,
in
piedi
su
un
masso
addossato
alla
parete
,
ficcano
nell
'
interstizio
tra
il
blocco
e
la
montagna
dei
cunei
di
metallo
,
e
vi
battono
la
mazza
pesante
,
insieme
,
dandosi
la
voce
.
Dondolano
il
martello
tra
le
gambe
aperte
,
lo
rialzano
sopra
una
spalla
,
e
,
abbandonandosi
con
tutto
il
corpo
,
lo
abbattono
di
schianto
sulla
testa
del
cuneo
,
che
entra
di
qualche
centimetro
.
Da
tutte
le
parti
è
un
rimbombare
di
martellate
,
di
voci
.
Sulle
nostre
teste
passano
i
fili
metallici
,
che
ronzano
.
In
una
galleria
lontana
esplodono
ancora
mine
,
con
un
boato
che
scuote
l
'
aria
e
che
fa
vibrare
la
stoffa
dei
pantaloni
contro
la
gamba
,
sventolati
da
una
raffica
di
vento
lievissima
e
secca
.
Giriamo
per
i
budelli
oscuri
.
Arriviamo
in
ampii
saloni
,
dalle
pareti
sbocconcellate
dalle
mine
,
o
segate
,
lisce
e
perpendicolari
,
dal
filo
.
C
'
è
un
lieve
odore
di
acetilene
,
di
polvere
da
sparo
,
nell
'
aria
.
La
bocca
si
asciuga
,
respirando
la
polvere
bianca
,
impalpabile
.
Le
ombre
degli
operai
,
proiettate
dalle
lampade
,
s
'
ingigantiscono
contro
le
immani
muraglie
,
ripetendo
,
con
esasperazione
grottesca
,
il
piccolo
gesto
dell
'
uomo
.
Carrelli
carichi
di
detriti
escono
spinti
a
braccia
dai
lavoratori
imbiancati
.
Passa
un
vecchietto
che
tiene
appeso
all
'
indice
un
pacchetto
avvolto
di
carta
nera
,
come
si
porta
una
scatola
di
dolciumi
.
È
l
'
esplosivo
.
Dovrebbe
,
secondo
il
regolamento
,
passare
gridando
:
«
Io
porto
la
dinamite
!
Io
porto
la
dinamite
!
»
e
al
suo
passare
gli
operai
si
dovrebbero
gettare
dietro
un
riparo
,
nascondersi
in
una
trincea
,
buttarsi
in
un
buco
.
Non
succede
niente
.
L
'
uomo
passa
,
in
silenzio
.
Gli
altri
continuano
a
lavorare
.
È
un
peccato
.
Troviamo
la
via
dell
'
uscita
,
per
oscuri
corridoi
,
per
scalette
improvvisate
di
tronchi
di
abete
,
per
ballatoi
di
tavole
sfilacciate
dai
chiodi
delle
scarpe
.
L
'
imbocco
della
galleria
è
un
immenso
arco
di
luce
pallida
.
Contro
il
nero
delle
baracche
che
ingombrano
l
'
apertura
,
si
vede
la
neve
bianca
che
cade
.
Ha
ripreso
a
nevicare
forte
.
StampaPeriodica ,
Aveva
sedici
anni
,
voleva
fare
della
poesia
.
Solo
al
mondo
,
per
vivere
,
accettò
un
impiego
presso
un
avvocato
;
stipendio
:
quindici
lire
al
mese
.
Andava
la
mattina
dalle
nove
a
mezzogiorno
e
il
pomeriggio
dalle
due
alle
sei
,
ore
che
passavano
nella
trascrizione
monotona
di
documenti
e
citazioni
e
nel
ricevere
in
anticamera
ladri
e
furfanti
che
venivano
a
chiedere
il
patrocinio
penale
del
suo
padrone
.
Il
quale
era
l
'
opposto
della
poesia
;
uomo
di
cuore
così
alla
grossa
,
ma
rude
,
secco
,
dolciastro
nel
buon
umore
e
violento
nella
collera
.
Paolino
ogni
metà
di
mese
gli
chiedeva
un
anticipo
sul
mensile
,
cogliendolo
naturalmente
in
un
'
ora
buona
.
L
'
avvocato
,
senza
guardarlo
in
viso
,
afferrava
il
portafoglio
:
-
Un
anticipo
?
Cinque
lire
?
Ma
sicuro
,
subito
;
io
faccio
tutte
le
possibili
facilitazioni
...
E
snocciolava
lo
scudo
.
Intanto
il
ragazzo
studiava
nei
ritagli
di
tempo
,
e
molto
,
aspettando
con
sicurezza
la
fioritura
della
propria
anima
.
Era
ancora
tutto
primitivo
;
il
sentimento
resisteva
all
'
arte
in
lotte
disperate
.
Soffriva
la
prigionia
dell
'
ufficio
,
amava
i
colori
l
'
acqua
,
la
luce
,
le
piante
e
doveva
contemplare
quattro
sedie
,
un
tavolino
,
la
macchina
da
scrivere
.
A
volte
sentendosi
sperduto
urlava
il
proprio
nome
:
-
Io
,
Paolo
Brunati
,
eccomi
qui
.
In
aprile
,
ornò
la
scrivania
con
un
ramicello
fiorito
che
il
principale
regolarmente
cestinava
alla
sua
entrata
e
che
Paolo
riportava
sempre
con
soave
ostentazione
.
La
sera
,
prima
di
intanarsi
nella
soffitta
,
si
immergeva
con
voluttà
nella
mestizia
del
vespro
,
tra
i
profumi
della
primavera
,
commosso
fino
al
pianto
.
Ma
la
prigionia
pesava
ogni
giorno
di
più
.
Maggio
lo
rese
furioso
,
giugno
lo
spronò
al
riscatto
.
-
Piantare
l
'
impiego
!
-
Accarezzò
l
'
idea
;
la
portò
nell
'
anima
,
permise
che
invigorisse
da
sola
;
l
'
aurora
,
il
tramonto
,
la
notte
,
lo
trovavano
sempre
più
forte
.
Lui
sempre
più
bella
.
Dunque
?
-
Gli
chiedevano
le
piante
-
vuoi
vederci
fiorire
ora
per
ora
?
E
le
nuvole
:
-
Vuoi
venire
con
noi
?
E
le
stesse
:
-
Vuoi
salire
,
salire
,
salire
?
Paolino
rispose
di
sì
la
sera
del
30
luglio
.
Aveva
trovato
anche
un
magnifico
pretesto
perché
l
'
animo
la
vincesse
sul
corpo
.
Lui
non
possedeva
neppure
un
ritratto
della
mamma
;
bisognava
girare
il
mondo
e
conquistarlo
.
Meta
sublime
al
pellegrinaggio
di
un
adolescente
.
Poteva
bene
il
corpo
digrignare
i
denti
,
ma
l
'
anima
era
felice
.
Da
chi
avrebbe
avuto
il
ritratto
?
Da
una
vecchissima
prozia
materna
rimasta
sola
dopo
la
morte
dell
'
unica
sorella
e
che
abitava
un
villaggio
alpestre
,
sperduto
nel
Biellese
.
Il
trentuno
di
luglio
Paolo
Brunati
presentava
ufficialmente
le
sue
dimissioni
.
L
'
avvocato
allibì
:
-
Ma
dove
intende
di
andare
?
-
In
campagna
.
-
Lei
?
-
Sì
;
ho
dei
risparmi
.
-
Va
bene
:
se
va
a
star
meglio
,
sia
pure
:
ecco
il
mensile
intero
,
non
calcolo
l
'
anticipo
che
le
ho
già
dato
.
Io
faccio
sempre
tutte
le
facilitazioni
...
La
mattina
dopo
con
un
pacco
assai
leggero
d
'
indumenti
era
alla
stazione
.
Per
economia
...
prese
il
biglietto
solo
fino
a
tre
quarti
di
strada
,
si
godette
la
piattaforma
di
terza
classe
,
giacché
il
treno
brutto
o
bello
gli
rappresentava
non
altro
che
il
mezzo
dell
'
esecuzione
del
suo
sogno
.
In
quell
'
adolescente
c
'
era
la
tempra
di
chi
,
con
lo
spirito
,
arriva
dove
vuole
.
Scese
ad
una
stazione
secondaria
,
sperduta
in
un
mare
di
verde
e
d
'
oro
e
si
avviò
col
pacco
,
guardingo
a
non
premere
col
piede
né
un
ciuffo
d
'
erba
,
né
una
spiga
di
grano
alle
radici
.
Care
creature
vegetali
!
E
che
aria
fine
,
che
luccichio
tremulo
intorno
!
Di
fronte
le
montagne
materne
con
delle
cuffie
nevose
sulle
creste
,
si
avvicinavano
.
Vedeva
,
netti
,
i
fianchi
,
le
spaccature
,
le
frane
,
i
nastri
argentei
dei
corsi
d
'
acqua
,
le
selve
rampicanti
.
Ripassò
,
di
ritorno
,
il
treno
.
Non
lo
interessava
più
.
Ora
era
la
terra
,
il
piccolo
sentiero
,
che
lo
conduceva
al
ritratto
della
madre
.
Ecco
,
ecco
il
paesello
sopra
un
picco
che
pareva
continuare
l
'
assalto
al
cielo
grazie
ad
uno
slanciato
e
aguzzo
campanile
,
il
più
alto
dei
dintorni
.
Paolo
saliva
una
di
quelle
strade
di
montagna
che
sono
vere
scale
,
scavate
nella
roccia
,
dai
gradini
irregolari
e
larghi
.
Saliva
col
cuore
in
tumulto
.
Quale
la
casa
della
vecchietta
?
Un
prete
annoso
e
rubizzo
gli
rese
il
grato
servigio
di
accompagnarlo
fino
alla
soglia
,
placidamente
.
Il
cuore
di
Paolo
balzava
,
irrompeva
.
Il
buon
prete
voleva
sapere
chi
fosse
.
-
Un
pronipote
.
-
Davvero
!
Chi
sa
che
piacere
per
l
'
avola
!
Chi
sa
che
piacere
!
-
Si
fermò
presso
una
porticina
e
,
a
testa
alta
,
chiamò
:
Sora
Felicita
!
una
visita
!
-
poi
si
piantò
ad
aspettare
anche
lui
,
con
le
mani
nelle
tasche
e
il
cappello
un
po
'
di
traverso
.
Paolo
intimidito
avrebbe
pagato
il
resto
del
suo
peculio
per
congedarlo
.
-
Grazie
,
reverendo
.
Grazie
,
non
occore
altro
.
-
Ma
sì
,
il
reverendo
era
avido
del
loro
incontro
e
volle
assistervi
.
Ne
capitavano
così
pochi
di
spettacoli
lassù
.
Un
passo
affrettato
di
vecchia
;
un
colpo
di
tosse
;
la
porta
si
aprì
.
Che
cosa
piccolina
anche
sua
zia
!
Come
lui
.
Si
abbracciarono
,
stupiti
,
come
due
secoli
,
uno
in
sul
finire
,
l
'
altro
sul
nascere
.
Si
guardarono
con
un
vago
dubbio
inconfessato
sulla
loro
identità
personale
.
Ella
non
si
dava
pace
come
lui
risuscitasse
soltanto
allora
.
Paolo
non
si
dava
pace
di
non
averla
cercata
prima
.
E
il
buon
reverendo
soddisfatto
riprese
la
sua
strada
e
sorrideva
come
tutto
fosse
accaduto
a
lui
.
Essi
entrarono
.
Sulle
pareti
non
c
'
era
il
ritratto
della
mamma
.
Cominciò
uno
scambio
di
notizie
che
non
finiva
più
.
-
Tu
,
tu
Paolino
!
Sei
proprio
tu
?
-
E
un
pianto
.
-
Sì
eccomi
qui
,
proprio
io
.
-
E
cosa
fai
tu
solo
nel
mondo
?
-
Un
altro
pianto
.
-
Studio
.
-
E
chi
ti
fa
studiare
?
-
Lavoro
,
guadagno
e
studio
da
me
.
-
Miracolo
!
Miracolo
!
-
Qui
due
lacrimette
di
meraviglia
.
Poi
la
vecchietta
,
quasi
ottantenne
,
ripresa
dall
'
egoismo
incosciente
dell
'
età
che
precipita
verso
la
tomba
,
parlò
di
sé
.
-
Io
invece
,
sono
alla
fine
...
ho
perduto
tutto
il
mio
denaro
sulle
banche
,
vivo
male
...
Non
posso
darti
nulla
,
Paolino
...
Paolino
,
fu
tanto
uomo
da
rassicurarla
che
non
voleva
...
nulla
...
Infatti
,
guardando
la
prozia
,
ebbe
una
sensazione
di
infinita
pena
:
piccola
,
stecchita
,
avvolta
in
vesti
antiche
e
stinte
;
gli
occhi
respinti
nell
'
orbita
verso
il
buio
,
le
mani
spolpate
un
po
'
tremanti
.
Appena
la
si
poteva
scorgere
in
quella
poltrona
.
Paolo
dopo
la
pietà
per
la
zia
sentì
un
'
improvvisa
nostalgia
del
sole
.
Forse
era
anche
appetito
.
La
vecchietta
si
levò
,
alla
fine
dei
lamenti
,
sorrise
,
fece
un
gesto
con
le
mani
come
a
scacciare
i
fantasmi
del
dolore
,
e
si
occupò
del
pranzo
.
Ma
sul
più
buono
del
lavoro
,
mentre
Paolo
la
seguiva
qua
e
là
per
la
cucina
stretta
,
sempre
con
sulle
labbra
una
domanda
intorno
al
ritratto
di
mamma
,
ella
s
'
interruppe
.
-
Sai
,
non
posso
darti
dei
quattrini
,
ma
ci
ho
una
cosa
per
te
,
una
cosa
...
-
Una
fotografia
della
mamma
!
-
Anche
quella
,
se
non
l
'
hai
,
...
Ma
ho
un
'
altra
cosa
.
-
Dammela
,
zia
!
-
disse
Paolo
giungendo
le
mani
.
-
Te
la
dò
,
vieni
con
me
.
-
Subito
!
La
vecchia
posò
una
forchetta
,
andò
al
canterano
del
settecento
,
aprì
il
primo
cassetto
colmo
di
reliquie
di
tutte
le
forme
...
-
Eccolo
...
Era
un
ritratto
del
1880
,
scolorito
ma
non
alterato
.
Paolo
guardò
e
lo
baciò
silenziosamente
,
senza
ascoltare
i
commenti
tremuli
della
zia
le
cui
lacrime
gocciolavano
pel
cassetto
aperto
.
-
Sei
contento
?
Paolo
era
corso
alla
finestra
a
guardare
la
fotografia
.
Com
'
era
bella
sua
madre
!
Un
aspetto
dolce
di
creatura
destinata
al
sacrificio
:
i
capelli
spartiti
sulla
fronte
in
due
onde
dolcissime
che
scendevano
a
un
rapido
contatto
con
l
'
arco
delle
sopracciglia
.
Gli
occhi
mesti
,
aperti
al
sogno
guardavano
il
dolore
;
la
bocca
senza
sorriso
ma
non
triste
.
La
testa
leggermente
inclinata
.
Una
margherita
tra
i
capelli
,
a
destra
.
La
zia
,
non
si
ricordava
più
dove
aveva
posata
la
forchetta
;
la
cercò
,
corse
al
fornello
,
scostò
dalla
brace
una
padellina
,
dove
sfrigolava
del
burro
,
poi
tornò
al
cassettone
chiamando
Paolino
.
-
C
'
è
anche
questo
...
-
Un
altro
ritratto
?
-
No
...
-
fece
la
zia
aprendo
la
bocca
sdentata
ad
un
sorriso
ovale
di
stupore
,
un
sorriso
particolare
di
alcuni
vecchi
.
-
È
l
'
oro
di
mamma
tua
...
che
io
ti
regalo
:
ecco
l
'
anello
nuziale
,
i
pendenti
,
gli
orecchini
...
Sono
tuoi
,
Paolino
:
Dio
ti
manda
in
tempo
;
se
non
venivi
chissà
!
...
Conservalo
,
sai
...
E
tornò
al
burro
sfrigolante
che
aspettava
un
rosso
pomodoro
per
diventare
sugo
appetitoso
.
Il
ragazzo
non
osava
appropriarsi
di
tanta
ricchezza
,
di
tanto
ben
di
Dio
.
-
L
'
oro
,
l
'
oro
!
Paolo
non
aveva
mai
pensato
all
'
oro
che
in
sogno
,
come
alle
stelle
,
alla
luna
...
Dopo
il
pranzo
minuscolo
,
un
po
'
troppo
minuscolo
,
uscirono
a
braccetto
.
La
zia
presentò
a
tutti
il
pronipote
,
così
giovane
che
si
guadagnava
già
da
vivere
;
visitarono
il
parroco
,
andarono
al
cimitero
,
a
due
passi
da
casa
per
rendere
omaggio
all
'
altra
zia
.
Le
ore
della
sera
furono
terribili
.
La
vecchietta
,
forse
per
abitudine
di
tutte
le
sere
,
rannicchiatasi
nell
'
angolo
della
finestra
che
rispondeva
quasi
sul
cimitero
,
si
immerse
nel
ricordo
della
sorella
,
nominandola
di
quando
in
quando
.
Non
parlarono
più
.
Imbruniva
;
le
croci
ingrandivano
come
ombre
.
Anche
la
zia
pareva
un
'
ombra
lamentosa
.
Paolo
intuì
che
la
poveretta
aveva
paura
della
morte
.
L
'
Avemaria
suonò
come
un
monito
lungo
accasciato
:
pareva
la
voce
di
quella
desolazione
.
Venne
dal
di
fuori
con
un
profumo
di
campagna
il
tremito
dei
grilli
,
legato
serrato
,
dolce
e
doloroso
...
La
giornata
finì
con
un
reciproco
addio
,
fra
prozia
e
pronipote
,
un
addio
a
fior
di
labbro
,
che
pareva
dovere
essere
l
'
ultimo
per
l
'
eternità
.
A
l
'
alba
,
col
solito
pacco
di
indumenti
assicurato
ad
uno
spago
rosso
,
Paolo
trottava
verso
le
montagne
.
Possedeva
ancora
sette
lire
e
centesimi
;
un
tesoro
.
Via
via
,
che
procedeva
,
qualcosa
di
brutto
si
staccava
da
lui
,
la
sua
anima
raggiava
come
un
cristallo
ripulito
.
Il
torrente
,
vecchio
poeta
della
valle
,
lo
affascinò
tanto
che
dovette
rallentare
il
passo
.
Lasciò
il
sentiero
,
di
pietra
in
pietra
,
saltando
raggiunse
il
centro
dell
'
alveo
irto
di
massi
.
Sedette
per
fare
uno
spuntino
di
pane
e
frutta
.
L
'
acqua
azzurrognola
urtava
nei
graniti
spruzzando
,
si
frangeva
squillando
;
formava
cascatelle
,
rigagnoli
,
laghetti
.
Tacque
a
mezzodì
lo
strepito
delle
fabbriche
;
la
valle
si
rivelò
nella
pace
.
Paolo
volle
rivedere
l
'
oro
della
mamma
alla
luce
del
sole
.
Da
quanto
tempo
non
brillava
così
?
Lo
pose
sopra
un
masso
,
si
scostò
per
guardarlo
da
lontano
,
come
splendesse
.
Intanto
parlava
con
la
madre
,
a
voce
bassa
;
a
poco
a
poco
molte
immagini
lo
assalirono
fiammeggiandogli
nel
cervello
,
accompagnate
da
spunti
di
versi
.
Parole
melodiose
gli
accarezzavano
le
labbra
;
lottò
per
ordinarle
;
altre
sopraggiungevano
,
poi
un
verso
intero
limpido
,
un
secondo
,
un
terzo
.
Allora
sorse
con
la
furia
del
conquistatore
che
deve
ormai
avanzare
senza
paura
,
tornò
sul
sentiero
,
prese
un
passo
rapido
,
gli
occhi
lucenti
mobilissimi
.
La
prima
lirica
,
intera
,
gli
sgorgava
dall
'
anima
.
Cantò
le
prime
strofe
con
pause
tra
l
'
una
e
l
'
altra
;
talvolta
una
parola
pareva
materialmente
staccarsi
e
cadere
.
Egli
si
irrigidiva
finché
l
'
avesse
sostituita
.
Dopo
un
'
ora
mise
il
già
fatto
a
prova
di
voce
.
-
Sì
,
così
va
bene
.
È
chiaro
,
bello
,
commovente
:
Avanti
!
-
Era
un
canto
alla
madre
.
Da
più
ore
le
fabbriche
avevano
ripreso
lo
strepito
dei
telai
,
accompagnato
dall
'
urlo
ininterrotto
del
torrente
sempre
più
furibondo
quanto
più
Paolo
lo
risaliva
verso
la
foce
.
Era
giunto
a
Rosazza
la
gemma
dei
paesi
alpini
,
nascosta
come
un
giardino
di
fate
entro
una
gola
melanconica
di
monti
.
Paolo
sostò
al
ponte
sul
Cervo
per
vivere
il
sogno
di
un
altro
miracolo
:
la
sera
che
calava
dalle
vette
mentre
in
cielo
morivano
rose
ad
ogni
minuto
e
occhieggiavano
le
stelle
.
Languido
nella
profondità
dell
'
azzurro
un
quarto
di
luna
.
Quando
si
accorse
di
esistere
Paolo
mormorò
a
sé
stesso
:
-
Eccomi
qui
col
ritratto
della
mamma
,
con
l
'
oro
della
mamma
e
una
poesia
per
la
mamma
:
la
prima
,
quasi
finita
.
Trovò
alloggio
facilmente
,
con
poca
spesa
.
Lo
condussero
in
una
camera
sepolta
nel
buio
.
Ebbe
paura
.
-
Se
mi
rubassero
l
'
oro
?
-
Il
ritratto
e
la
poesia
più
che
mai
,
erano
al
sicuro
,
ma
l
'
anello
e
i
pendenti
no
.
Guardò
dalla
finestra
.
La
valle
era
tenebrosa
sotto
uno
stellato
fitto
,
vedeva
un
fianco
di
monte
vicinissimo
,
sparso
di
macigni
frananti
.
Pareva
un
ossario
di
giganti
,
sconsacrato
.
Al
lume
della
candela
nascose
la
giacchetta
con
l
'
oro
sotto
il
guanciale
,
poi
come
ciò
non
gli
bastasse
elevò
presso
la
porta
una
barricata
di
sedie
,
sormontata
dalla
brocca
dell
'
acqua
:
così
i
ladri
,
venendo
si
farebbero
sentire
,
lo
sveglierebbero
...
Proprio
sul
punto
che
credeva
di
addormentarsi
ecco
l
'
ispirazione
fresca
,
viva
,
incalzante
,
dettargli
la
chiusa
della
lirica
materna
.
A
poco
a
poco
tra
spasimi
intellettuali
e
sospiri
e
fissità
di
occhi
nel
buio
portò
alla
fine
la
bella
fatica
.
Ma
allo
svegliarsi
credette
d
'
impazzire
.
Cercò
,
cercò
si
martellò
la
testa
di
pugni
,
stupidito
da
una
realtà
agghiacciante
;
cercò
e
non
trovava
più
nulla
.
Eppure
era
ben
desto
.
-
Possibile
!
Un
furto
di
quel
genere
non
lo
poteva
concepire
.
La
giacchetta
con
l
'
oro
erano
al
loro
posto
.
Ma
c
'
erano
veramente
?
Tale
e
quali
?
Non
cambiati
con
malizia
?
Sì
,
ci
erano
.
E
poi
chi
poteva
immaginare
in
lui
un
possessore
d
'
oro
?
Ah
povero
Paolino
!
Gli
avevano
rubato
una
buona
parte
della
poesia
,
proprio
le
cose
più
belle
che
non
gli
riusciva
di
richiamare
alla
mente
.
Gli
mancavano
il
secondo
verso
della
prima
quartina
,
il
terzo
della
seconda
e
tutta
la
chiusa
commovente
.
Altri
pugni
sulla
testa
ed
altre
prove
per
ricordare
.
Niente
valeva
.
A
certi
punti
la
memoria
,
tac
,
si
fermava
come
un
orologio
.
Entrò
un
raggio
di
luce
a
far
brillare
l
'
oro
della
mamma
ancora
scoperto
.
A
quei
barbagli
la
vena
poetica
,
sorda
ai
pugni
,
pensò
bene
di
mostrarsi
più
docile
.
Un
verso
tornò
sano
e
salvo
;
un
ritmo
oscillò
qualche
secondo
,
poi
un
altro
;
con
essi
le
parole
ripresero
il
loro
posto
con
la
brava
rima
che
sbocciata
al
sommo
come
un
fiore
.
Paolo
,
quasi
placato
,
poiché
non
gli
mancavano
che
due
versi
secondari
,
trasse
un
sospiro
di
liberazione
come
il
ladro
fosse
venuto
di
persona
a
restituirgli
il
bottino
chiedendo
perdono
del
furto
perpetrato
a
tradimento
.
Quando
scese
a
pagare
lo
scotto
nel
vedere
una
collana
d
'
oro
falso
al
collo
della
montanara
che
l
'
aveva
ospitato
trovò
per
incanto
i
due
versi
riluttanti
!
Finalmente
!
"
Com
'
è
bizzarra
la
poesia
!
"
notò
tra
sé
e
sé
mentre
ripigliava
la
via
del
ritorno
.
Così
ordinava
il
suo
bilancio
che
gridava
aiuto
al
cospetto
di
Dio
.
Tre
lire
in
tasca
e
settanta
kilometri
di
strada
da
percorrere
a
piedi
fino
a
Torino
;
due
giorni
di
pellegrinaggio
.
Era
una
bellezza
.
Avviatosi
,
costeggiò
il
torrente
,
giunse
a
Biella
verso
il
mezzogiorno
,
poi
infilò
lo
stradone
provinciale
diritto
come
una
saetta
,
polveroso
sotto
il
sole
canicolare
.
L
'
ebbrezza
del
meriggio
lo
manteneva
in
uno
stato
canoro
eccitandolo
a
esprimere
melodie
interiori
.
La
poesia
gli
tornò
alle
labbra
più
volte
,
ne
uscì
più
volte
volando
nella
luce
;
ma
non
gli
sfuggiva
più
ormai
:
i
versi
dopo
un
volo
nell
'
aria
a
una
a
uno
,
come
rondinelle
,
tornavano
al
nido
che
era
il
suo
cuore
.
Dopo
tutto
,
quella
prima
fatica
d
'
arte
,
coronata
di
successo
valeva
bene
un
impiego
da
quindici
lire
al
mese
.
Oh
se
lo
valeva
!
A
peggio
andare
ne
troverebbe
un
altro
.
Si
volse
a
salutare
le
montagne
velate
dall
'
intero
dardeggio
del
sole
,
salutò
il
Cervo
,
il
vecchio
poeta
della
valle
,
mandò
da
lontano
un
bacio
al
paese
della
zia
.
Povera
vecchia
!
Non
saprebbe
mai
mai
che
lo
scopo
unico
della
sua
visita
non
era
stato
che
il
riscatto
della
fotografia
della
mamma
.
Verso
sera
la
ripensò
e
la
rivide
con
gli
occhi
della
mente
rannicchiata
alla
finestra
,
triste
,
sotto
l
'
incubo
della
morte
quasi
presente
.
Paolo
camminò
per
ore
ed
ore
.
Venne
mezzodì
,
venne
la
sera
.
Il
giorno
dopo
all
'
alba
snellito
da
un
breve
riposo
in
una
casa
campestre
dove
aveva
gustato
il
ricovero
del
vero
pellegrino
marciava
ancora
verso
la
città
natale
.
Tutto
bene
:
leggero
di
stomaco
e
di
borsa
.
La
lirica
che
ripeteva
di
quando
in
quando
gli
dava
l
'
impressione
di
un
dolce
saporito
,
inebriandolo
con
l
'
orgoglio
dell
'
artefice
soddisfatto
.
Al
tornare
della
notte
l
'
apparire
di
due
gendarmi
,
a
cavallo
proprio
davanti
a
lui
,
quasi
vicini
,
lo
fece
tremare
a
verga
.
Se
lo
interrogassero
?
Se
lo
frugassero
?
Quell
'
oro
...
E
perché
non
avrebbero
interrogato
un
vagabondo
,
di
notte
,
in
una
strada
provinciale
?
Quando
i
gendarmi
lo
sfiorarono
disse
:
-
Buona
sera
.
-
Buona
sera
-
risposero
due
voci
.
E
i
grilli
cantavano
cantavano
nella
dolce
notte
d
'
agosto
.
StampaQuotidiana ,
Il
direttore
dell
'
Avanti
,
Benito
Mussolini
,
ha
chiesto
la
convocazione
della
direzione
del
partito
socialista
per
discutere
su
questo
ordine
del
giorno
:
Atteggiamento
dell
'
Avanti
!
e
situazione
nazionale
.
La
richiesta
del
prof
.
Mussolini
,
contrariamente
a
quanto
è
stato
affermato
,
è
precedente
alle
polemiche
di
questi
giorni
circa
il
pensiero
intimo
del
direttore
dell
'
Avanti
!
su
una
eventuale
guerra
dell
'
Italia
contro
l
'
Austria
.
La
direzione
del
partito
socialista
si
riunirà
oggi
e
domani
domenica
a
Bologna
.
Alcuni
credono
che
il
prof
.
Mussolini
abbia
richiesto
la
convocazione
della
direzione
del
partito
per
le
accuse
che
gli
sono
state
recentemente
rivolte
.
StampaQuotidiana ,
Il
Prometeo
,
giornale
dei
leninisti
di
sinistra
da
non
confondersi
con
quelli
di
destra
e
meno
ancora
con
quelli
del
centro
,
nel
suo
numero
dell'11
novembre
in
1a
pagina
4a
colonna
accusa
i
«
centristi
»
di
avere
voluto
festeggiare
l
'
anniversario
della
rivoluzione
russa
,
espellendo
dal
partito
comunista
tre
assi
del
comunismo
e
cioè
Fortichiari
,
Damen
,
Repossi
.
Abbiamo
già
dato
notizia
di
questo
evento
.
Per
dare
un
'
idea
dello
stato
d
'
animo
degli
scrittori
di
Prometeo
basti
dire
che
il
numero
in
questione
reca
a
caratteri
di
scatola
,
in
prima
pagina
,
il
titolo
seguente
:
«
Il
proletariato
spagnuolo
commemora
,
col
suo
sangue
,
l
'
ottobre
rosso
,
mentre
la
Russia
s
'
ingrana
nel
covo
dei
briganti
...
»
.
Il
giornale
,
nel
corsivo
dedicato
alla
espulsione
dei
tre
gentiluomini
di
cui
sopra
,
arriva
a
scrivere
che
i
reazionari
repubblicani
di
Spagna
,
autori
delle
repressioni
di
Oviedo
,
hanno
potuto
farlo
perché
«
esiste
una
garanzia
sicura
ed
infrangibile
;
il
centrismo
è
là
e
getta
,
negl
'
interessi
della
controrivoluzione
,
il
peso
formidabile
di
uno
Stato
che
controlla
il
sesto
del
mondo
.
Ma
le
vittorie
di
oggi
preparano
le
battaglie
di
domani
,
ed
al
fuoco
delle
future
battaglie
rivoluzionarie
il
proletariato
saprà
sbarazzarsi
di
tutti
i
suoi
nemici
,
fra
i
quali
prendono
posto
di
prima
fila
i
centristi
che
devono
persino
cancellare
i
nomi
di
quelli
che
fondarono
il
partito
,
e
che
il
fascismo
ha
potuto
immobilizzare
,
ma
che
non
è
riuscito
a
piegare
ad
accettare
la
politica
centrista
che
ha
condotto
alla
catastrofe
della
rivoluzione
mondiale
»
.
Stalin
,
dittatore
perpetuo
di
tutte
le
Russie
bolsceviche
,
è
dunque
avvertito
.
Stia
in
guardia
.
Ci
sono
dei
comunisti
che
lo
considerano
il
più
ignobile
dei
traditori
e
vogliono
fare
una
rivoluzione
per
sbalzarlo
di
seggio
.
Vero
è
che
tra
il
dire
e
il
fare
c
'
è
di
mezzo
il
mare
e
nel
caso
in
questione
la
G
.
Pe
.
U
.
,
che
non
ha
mai
scherzato
,
come
Trotzki
e
i
trotzkisti
sanno
per
loro
personale
esperienza
.