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> anno_i:[1910 TO 1940}
StampaQuotidiana ,
Oggi la Nazione dopo sforzi mirabili che attestano la sua perenne gioventù , offre al mondo quello spettacolo di volontà di lavoro , di unità di spiriti , di serena sicurezza nei proprio avvenire , che i nostri grandi sognarono , che da questa città e da questa tribuna venne anche appassionatamente invocato , ma che soltanto il genio di un Uomo , trasformando in realtà organica i risultati ideali della Vittoria , ha reso possibile . Or è un anno , Benito Mussolini tagliava corto ogni oscuro tentativo di ricondurre indietro , deviandolo nei torbidi rigagnoli della partigianeria parlamentare , il corso della vita nazionale ; e tracciava il programma del riconsolidamento dello Stato italiano , sulle fondamenta che il Fascismo aveva saputo costruire . Il Paese si risveglio come da un incubo , respirò , riaprì gli occhi alla luce , la mente al lavoro e l ' anima alla speranza . E ci sembra di buon augurio che la nuova direzione della Gazzetta coincida con l ' anniversario del risveglio . Sei giorni dopo il discorso del 3 gennaio , l ' eco ch ' esso ebbe nell ' Italia e nel mondo aveva già dato i suoi primi frutti . Da allora , il raccolto è stato prodigioso . Da quel giorno , l ' era delle polemiche sterili , dei colpi mancini , delle insidiose manovre e delle vane logomachie , è finita . Compiuta l ' opera di riassestamento dello Stato , la cui autorità e la cui forza , necessarie del pari a tutti i cittadini , poggiano finalmente sopra solide basi legislative e morali , il Governo nazionale affronterà e porterà a compimento il programma già iniziato del riassetto sociale , della sistemazione migliore del grande e progredito esercito dei lavoratori italiani . Mussolini , che ha vantato più volte con orgoglio l ' esser « figlio di fabbro » come il più ambito titolo di nobiltà , appena sarà liberato dalle preoccupazioni dei problemi incorso di soluzione ; appena deposte le cure del Partito , affidato ormai in solidissime mani ; fornita l ' opera più urgente , che era come abbiamo detto quella dell ' intiera riorganizzazione dello Stato , dedicherà la sua maggiore attenzione di domani ai suoi fratelli di ieri , ai suoi figli di oggi : agli operai e agli agricoltori . E noi saremo lieti di portargli in quest ' altro magnifico cómpito che lo attende il modesto , ma forse non inutile contributo della nostra collaborazione . Il Primo Ministro intende l ' avvenire della produzione nazionale , non come un tristo duello fra due classi , destinate fatalmente a far la fine di Eteocle e Polinice , ma come una possente solidarietà tra di esse , nella cerchia della Patria . I due fratelli tebani , invece di unirsi per il bene comune e della città natia , in un furore d ' odio dissennato , si trafissero a vicenda e caddero entrambi al suolo , col risultato di far trionfare gli stranieri ed i nemici comuni . Non così vorrà certo decadere il popolo italiano , che ha già mostrato di capire lucidamente qual ' è la via che lo condurrà alla prosperità economica ed all ' elevamento della sua cultura e del suo spirito . Ed ora , all ' opera . Che lo spirito della Grande Regina , assunta nel cielo della Patria , ci protegga ed assista .
AVANTI! ( - , 1926 )
StampaQuotidiana ,
Il Fascismo entra nel quinto anno della sua responsabilità statale e governativa . Quella che oggi si commemora in tutta Italia , non è soltanto una marcia rivoluzionaria , per quanto ardita ; geniale e tatticamente tempestica ella fosse . Oggi si celebra il trionfo di un nuovo spirito , di una nuova mentalità , di una nuova civiltà . Là dove era il disordinato tumulto degli egoismi e dei particolarismi individuali , ecco ristabilirsi l ' ordine e la disciplina .. Là dove imperava il dogma distruttore della lotta di classe , ecco subentrare il principio vitale della collaborazione fra le classi . Là dove la concorrenza delle categorie immobilizzava ed esautorava lo Stato cioè la condizione fondamentale della vita e della libertà di tutti ecco sostituirsi il concetto dell ' armonia degl ' individui inquadrati in un organismo unico , grande quanto la Nazione , forte come un esercito . La Marcia su Roma , culminata con la sfilata delle legioni dinanzi alla Maestà del Re , in quel pomeriggio del 28 ottobre 1922 che dette a chi lo vide la sensazione di vivere in un ' atmosfera di leggenda , aprì veramente le porte a quella che Goethe e Carducci avrebbero chiamato « una novella istoria » . Perché non si limitò ad innalzare alla direzione del Paese la generazione che aveva fatto la guerra ; non risolvette soltanto una crisi cronica di governo ; non operò semplicemente la sostituzione d ' un gabinetto ad un altro : ma trasformò gl ' italiani , dal cuore al cervello , dall ' intimo della coscienza alla visione della realtà quotidiana .. In quel giorno , veramente nacque , come da un battesimo nuovo , l ' italiano , moderno . Non si sentì più una creatura dispersa , miserevole corpo sballottato fra gli appetiti fisici e la presunzione che avevano di metterlo nel loro gregge ciascuno , dei capipopolo che si spartivano le piazze . Non si sentì più rottame ondeggiante sulle tempeste dei partiti . Ma sentì , per la prima volta , di essere un elemento : indispensabile della società in cui viveva ; sentì di aderire alla terra che l ' aveva fatto nascere e che l ' avrebbe fatto vivere in dignità ; sentì che i suoi connazionali non gli erano avversati , né estranei ; ma commilitoni , ma fratelli . finalmente si sentì guidato da un Uomo in cui poteva riporre , non solo fiducia , ma amore ; che aveva svegliato in lui , non il torpore del ventre , ma la favilla dell ' anima . Quell ' Uomo , figliuolo di fabbro , che nulla chiedeva per sé , ma tutto per tutti , era veramente un capo , era , finalmente , il Capo . Dall ' officina all ' esilio , dalla trincea all ' ospedale , dal sacrificio di sé al posto della suprema responsabilità , fu l ' esempio . L ' italiano moderno poteva finalmente camminare a sguardo limpido a testa alta ed a cuore tranquillo sulle vie dell ' avvenire , perché si sentiva investito di una missione nel mondo ; aveva nel cuore una fede e poteva seguire senza esitazioni né sgomento l ' esempio d ' un condottiero . Se in questi quattro anni il Fascismo non avesse fatto altro che creare l ' italiano nuovo , ciò potrebbe da vero bastare alla sua gloria . Ma no . Il Fascismo non è solo evangelio , non è soltanto sentimento e passione ; è anche milizia operante , è azione quotidiana , è attività di governo . Orbene . Volgiamoci indietro e guardiamo ciò che è stato compiuto , di lavoro e d ' opere , in un periodo di tempo così breve di fronte alla continuità della storia che in altri tempo sarebbe stato appena sufficiente all ' altalena di dieci mutamenti ministeriali , senz ' altro costrutto che quello di veder rifare da ciascun Gabinetto i progetti lasciati a mezzo dai predecessori . I nemici del Fascismo , all ' indomani della sua ascesa al potere , dissero , fra preoccupati e scettici : « Vedremo come il Governo della rivoluzione riuscirà a mettere a posto i gregarii e gli squadristi » . Ebbene , ecco l ' inquadramento della milizia , rapidamente e magnificamente compiuto fino al giuramento al Sovrano . Dissero allora i farisei : « Oh , non basta . Vedremo come sarà risolto il problema della milizia e dell ' esercito » . Ed ecco : là dove gli avversari speravano in un dualismo che avrebbe spezzate le forze fondamentali del Paese , sorgere una costruzione ferrea di difesa nazionale da destare l ' invidia degli Stati di Europa . Assicurata la tranquillità all ' interno e rassicurato l ' estero dei suoi pregiudizii , ecco incominciare l ' opera veramente poderosa e gigantesca della nuova legislazione . Mussolini , discendente da una stirpe di lavoratori , operaio egli pure , non poteva non consacrare alle masse le sue prime cure , la sua maggiore attenzione . Ed ecco la riorganizzazione di tutte le forze produttive nazionali in un grande inquadramento sindacale , non più alla mercé di capoccia interessati od incompetenti , ma disciplinato in un funzionamento geniale , di cui , egli stesso , il Capo del Governo , è alla testa , e i cui eventuali contrasti sono sicuri di trovare la più equa soluzione nell ' interesse comune . Tutti i problemi del dopoguerra lasciati insoluti , anzi aggravati ed incancreniti , da quattro anni di sgoverno , messi a posto , non senza fatica , ma con rapidità sorprendente . Le bardature belliche , soppresse . L ' abisso pauroso del deficit dell ' erario , colmato ; anzi , sostituito da un avanzo crescente , che apre al credito dell ' Italia possibilità insperate nell ' economia mondiale . I servizi pubblici trovati in sfacelo e con passività fallimentari riordinati , rinnovati e ricostituiti finanziariamente in modo da essere redditizii , pur triplicando la loro efficienza tecnica e pratica . Lo sbilancio fra le importazioni e le esportazioni , frenato e diminuito . La sudditanza passiva dell ' Italia alla tirannia dei fornitori stranieri , mitigata da accordi dignitosi ; poi sostituita da intese verso nuovi orizzonti , se non di assoluta libertà ( pur troppo , gli ostacoli della natura non sono interamente sopprimibili dagli uomini ) , almeno di sopportabilità . La produzione interna del grano avviata verso una méta miracolosa : quella di far bastare l ' Italia ai bisogni dei proprii figli . La nostra schiavitù in materia di combustibili fossili sensibilmente diminuita con un ' accorta politica idroelettrica . Oggi , da Modane a Livorno , i treni mediterranei non consumano più un chilo di carbon fossile . E le nostre maggiori industrie sono attivate con l ' energia delle cascate montane . La disoccupazione , terribile male sociale che prostra potenze ben più ricche della nostra come l ' Inghilterra , resa quasi trascurabile da noi , quantunque i Paesi d ' emigrazione abbiano chiuse le porte alla nostra esuberanza demografica . Le braccia dei connazionali che non troverebbero adeguato impiego nelle industrie , eccole riavviate all ' agricoltura l ' infallibile donatrice della prosperità futura , ricondotta dal Capo del Governo alla sua dignità romana , o verso opere pubbliche non indegne del ricordo imperiale . Il caro vita , l ' altro flagello cui nessun popolo del mondo ha potuto sottrarsi , destinato in un tempo più o meno breve ( ciò dipenderà dal grado di sobrietà e di resistenza del nostro magnifico popolo ) a diminuire in proporzione notevolissima il suo peso schiacciante , grazie all ' opera lenta , ma gradualmente sicura , della rivalutazione della lira . Il risparmio , che la inflazione aveva allontanato dalle abitudini dei popoli a moneta svalutata , ricondotto alle sue tradizioni nostrane , col ritorno della fiducia pubblica nella potenza d ' acquisto della moneta nazionale . Il problema dei nostri debiti all ' estero , che avrebbe impedito per decenni il risanamento economico e finanziario del Paese , risolto in modo soddisfacente . Il credito estero , sopra tutto americano , riassicurato all ' Italia , dopo un quinquennio di latitanza e di diffidenza . La Marina ricostituita in modo superbo ; tanto quella per la difesa della Patria quanto quella del commercio e dei trasporti di viaggiatori . Anzi , in questi pochi anni l ' Italia s ' è arricchita dei più belli e rapidi transatlantici del mondo ; fonte d ' oro per il Paese , poiché , com ' é noto , i noli sono pagati in oro . Le colonie mediterranee , che la guerra ci aveva fatte perdere , non solo riconquistate , ma pacificamente riorganizzate in modo da poter bastare a se stesse e cominciare a dar contributi alla vita metropolitana . Le colonie eritree e somale valorizzate in modo promettentissimo , senza contare il recente e rilevante loro estendimento territoriale . La pace adriatica divenuta , non una ironica espressione diplomatica , ma una realtà della politica europea . I rapporti con gli Stati principali d ' Europa impiantati sulla base della dignità , della parità , del prestigio nazionali , oltre che orientati ad un utile scambievole con trattati di amicizia e di commercio che i Governi cosidetti democratici ed ispirati a tenerezze internazionali , non seppero mai attuare in modo concreto e duraturo . E non entriamo nel campo religioso , né in quello dell ' istruzione , né in quello dell ' arte e dell ' artigianato , né in quello della cultura , né in quello del riordinamento della giustizia , né in quello delle Amministrazioni pubbliche , poiché solo per riassumere l ' attività del Governo fascista e del Fascismo in tali dominii occorrerebbe un volume . Concludiamo col ricordare le imprese dell ' ardimento umano cui lo spirito fascista ha saputo dare impulso , incitamento , vittoria . Sono il segno , non solo di un Paese dove la giovinezza è fremente d ' attività , di lavoro , di intelligenza , di possibilità ; ma sono la pietra di paragone del metallo « uomo » che la gran fiamma del Fascismo ha saputo temprare per le battaglie future . De Pinedo , Nobile , la falange di coloro che s ' apprestano a misurarsi nei formidabili cimenti internazionali con quanto di meglio abbia prodotto il mondo , non sono nomi di risultati acquisiti . Sono punti di partenza . Rappresentano , non le conclusioni di un passato , ma le origini del nostro immancabile divenire . Questo ha fatto il Regime , in quattro anni . Ricordiamolo , in una ricorrenza che permette di volgere per un istante gli occhi indietro , e considerare il cammino percorso . Domani , non lo potremmo più . Perché il Duce non ama l ' ombra degli allori , né le contemplazioni del paesaggio lasciato dietro spalle . Il Duce ha insegnato agli italiani a guardare dritto innanzi a loro . Egli non comanda l ' alt . Dice : « Avanti » .
NELL'ANNO SESTO ( - , 1927 )
StampaQuotidiana ,
Entrando il Regime nel suo sesto annuale , la « Gazzetta del Popolo » saluta il proprio ottantesimo anno di vita . Il rilievo di questa coincidenza non sembri immodesto ai cittadini di Torino , ai lettori , agli amici , ai commilitoni di tutto il Piemonte . Se è oggi per noi motivo di fierezza e di orgoglio , ne sentiamo anche il peso dell ' accresciuta responsabilità ; ne comprendiamo il più rigido dovere . Se è ai nostri occhi un titolo di nobiltà , è anche un impegno d ' onore di fronte alla Nazione . Questo ottantennio di gloria richiede al nostro lavoro più lavoro ; esige dalla severità della nostra coscienza maggiore severità . Ha diritto di ordinare al nostro tradizionale patriottismo un di più di sacrifici . Per questo , e non per vanità esibizionistiche , accomuniamo le due ricorrenze in una stessa parola : Fascismo . Abbiamo il 28 ottobre riassunto , sia pure nei limiti troppo brevi consentiti ad un quotidiano , la mole immensa di riforme e di opere condotta a termine , con un crescendo miracoloso di volontà e di ardimenti , di genialità e di pazienza , di fede e di sforzi , dal Governo fascista e dal popolo italiano , sotto la direzione l ' esempio la guida di Benito Mussolini . Oggi che il Duce dà alla Nazione la parola d ' ordine per il sicuro domani : DURARE , non è possibile che noi dimentichiamo quanto il Capo stesso aggiunge per chiodare nella nostra testa e nell ' anima nostra la ferrea bellezza dell ' austero comandamento : « Come per il passato , durare è il motto dell ' avvenire . Durare con disciplina perfetta , con dedizione assoluta . Perfezionare gli strumenti della Rivoluzione , moltiplicarne le nostre forze , temprare gli spiriti per tutte le battaglie » . Come per il passato . Soli in Italia , gli uomini che per 80 anni ebbero l ' onore di dirigere questo vecchio e sempre rinnovantesi giornale subalpino , trasmettendosi il sacro retaggio come nelle lampadoforie elleniche i portatori di fiaccole si passavano in corsa l ' un l ' altro le fiamme da tenere perennemente accese , tutti , i morti ed i vivi , gli illustri e gli oscuri , possono oggi presentarsi in serena coscienza dinanzi al Ricostruttore dell ' Italia nuova e dirgli : « Duce , tenemmo fede al tuo comandamento » . E possono ricordargli : « La volontà rettilinea che dal 1848 al sesto annuale del Fascismo impresse a questo strumento d ' idee e di battaglia una continuità d ' azione che non ha forse riscontro in altri organismi viventi della Penisola , ci sia presso di te arra e garanzia , malleveria e testimonianza che dureremo in avvenire come durammo in passato , superando tutte le tempeste , compresa la momentanea sconfitta , resistendo a tutte le lusinghe , comprese quelle della popolarità . « Dall ' indomani di Novara all ' indomani di Lissa , da qui partì , prima che ancora nascessi alle fortune d ' Italia , la tua grande parola : « Durare » . Dalla triste primavera di Adua all ' ottobre di Caporetto , primavera anch ' esso della riscossa della Patria da qui venne lanciato il tuo grido di moltiplicare le forze e preparar gli spiriti a tutte le battaglie . « E quando il Paese si smarrì , dimentico della Vittoria , dietro gli stracci rossi d ' avvelenate illusioni straniere , da qui mosse la voce che sembrò a molti quella del deserto : Dio salvi l ' Italia . E fummo esauditi con la miracolosa rapidità delle preghiere giuste , delle invocazioni fidenti , della speranza certa . Il Destino già ti aveva inviato fra noi . « E quando l ' Adriatico parve perduto ed i frutti stessi della Vittoria compromessi , mentre un pugno d ' uomini guidati da un poeta soldato osava contrastare la volontà del mondo , da qui gli vennero l ' aiuto e la solidarietà che fin d ' allora tu indicasti necessari . « E quando la struttura stessa della Nazione scricchiolò nelle sue vertebre annunziando imminente il disordinato immeritato sfacelo di un popolo che aveva fatto volger le spalle ad uno degli eserciti più potenti d ' Europa ; e tu convocavi a Napoli l ' adunata degli uomini nuovi capaci di risuscitare dal crollo e dai pantani l ' immagine giovanile dell ' Italia e il volto eterno di Roma , da qui parti l ' invocazione che scosse il Piemonte da Superga a Santena : « Mussolini » . Il 30 ottobre 1922 Benito Mussolini , già designato dal Re Primo Ministro , giungeva a Roma , entrava al Quirinale in camicia nera e portava al Sovrano la devozione dell ' Italia di Vittorio Veneto . Sia consentito a questo ottuagenario giornale subalpino , nell ' anniversario dell ' evento memorabile , ripetere al Duce la parola dell ' intatta fedeltà piemontese ; sia concesso di rievocare ora la continuità della sua missione non mai interrotta : quella di saper ridestare , nei momenti decisivi per la vita del Paese , le tradizioni del tempo eroico delle sue origini , . « ricongiungendo com ' ebbe a scrivere Giovanni Gentile nella sua propria storia la fine col principio del Risorgimento italiano » . È la vecchia bandiera dei nostri patrioti che sanno donare e tacere . La sua espressione dichiarò all ' indomani della Marcia su Roma il quadrumviro di questa terra è sempre un atto di pura fede . « I Piemontesi l ' amano come i loro monti , come i loro fiumi , come le loro vecchie case » . Possiamo dunque levare con mano non indegna e con serena coscienza la gloriosa bandiera , in mezzo alla selva dei gagliardetti e dire alle prodi Camicie nere che per giovinezza lo ignorano : all ' indomani di Novara , Bottero , mentre da queste colonne incitava fascisticamente gl ' italiani ad armarsi per la riscossa contro i vili di dentro ed i nemici di fuori , inseriva nel rettangolo bianco del tricolore il Fascio littorio . Ecco perché , compiendosi il quinquennio del Regime , siamo lieti e fieri di sentirci un ponte di passaggio , un anello di concatenazione , un punto di congiungimento fra il passato e l ' avvenire . Ogni qualvolta l ' Italia ha chiamato , qui si è risposto : « presente » . Il Duce squillante voce della Patria comanda un più energico : « A noi » . Come da otto decennii ce ne hanno dato l ' esempio gli artefici della prima rivoluzione italiana , fondatori di questa nostra casa ; come hanno fatto sempre i loro continuatori con fedeltà di giuramento non mai ritrattata né smentita , al nuovo comando di durare , ripetiamo : Presenti !
IL PRESIDENTE FRANKLIN D. ROOSEVELT ( BARZINI LUIGI JR. , 1934 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' anticamera di Franklin Delano Roosevelt , trentaduesimo Presidente degli Stati Uniti d ' America , c ' è un capo indiano che attende di essere ricevuto . È sceso poco fa da un tassì e ha chiesto qualcosa a un usciere , aggiustandosi il casco di piume che gli era scivolato sulla nuca . Ha una casacca di pelle d ' antilope , le gambe storte e una faccia rugosa , senza espressione , senza età , senza sesso . L ' usciere , con un ' uniforme da poliziotto e la parola Capitano scritta in lettere d ' oro sul berretto , lo ha trattato con cortesia pomposa , senza guardarlo in viso . Si metta a sedere e aspetti . Si può vivere tutta una vita negli Stati Uniti senza mai vedere un Indiano . Sono creature relegate negli stemmi degli Stati ( sostengono il blasone assieme a un Puritano ) , nei fregi della carta moneta e nell ' anticamera del Presidente . I duecento e più giornalisti che , seduti sui tavoli e appoggiati al muro , attendono di intervistare collettivamente il Gran Padre Bianco , hanno a malapena voltato gli occhi e tolto le pipe di bocca per guardare la strana figura che andava a scegliersi una sedia in fondo alla camera . È mercoledì mattina , e mancano pochi minuti alle undici e mezzo , l ' ora in cui , ogni settimana , il Capo Esecutivo riceve i rappresentanti della stampa , che riferiranno al gran pubblico quello che il Presidente crede , pensa , spera , fa . È una delle tradizioni della Capitale questo ricevimento in massa dei corrispondenti , i quali hanno il permesso di chiedere qualunque cosa , con discrezione e cortesia . Il Presidente risponde quando lo crede opportuno . Un corrispondente estero ci spiega le regole del gioco che bisogna rispettare : chi bara non ha più il permesso di assistere . Prima di tutto : è consuetudine che gli stranieri non parlino , e ascoltino solo , come i bambini bene educati . Nello scrivere i servizi è rigorosamente vietato dire che « Franklin D . Roosevelt ha dichiarato , ha annunciato , o ha rilevato » . Chi parla è « una sorgente attendibile » , gli « ambienti ufficiali » , « qualcuno vicino al Presidente » , « l ' ufficioso portavoce della Casa Bianca » . Se il Capo Esecutivo avvisa : « Questo è per vostra informazione personale » , quello che dice non va stampato e serve come illustrazione . Le parole : « Quello che sto per dirvi non va nel verbale » equivalgono a : « È un segreto tra me e voi » . Allora non si scrive , non si riferisce , non se ne parla . Segreto . È impossibile avere interviste personali con il Presidente , in questi momenti in cui ci sono dei membri del Gabinetto che attendono giorni e giorni prima di essere ricevuti . Un giovanotto biondo , che rappresenta l ' Agence Havas , aggiunge : « Vedrete che uomo : affascinante ! » . Il capo indiano , indifferente , ci guarda entrare nello studio quando un segretario spalanca i battenti . Il Presidente è pronto a ricevere la stampa . C ' è un po ' di lavoro di gomiti , qualche spinta , un piccolo tumulto silenzioso per raggiungere i primi posti , attorno alla scrivania . Lo studio è una grande camera perfettamente rotonda , dipinta di bianco , in stile federale ( che è lo stile di Washington : inglese della fine del Settecento , con un tocco nautico , e un ' aggiunta di neoclassico - repubblicano ) . In fondo , di faccia alla porta , con le spalle alle ampie finestre che guardano il parco invernale e scheletrico , sta Franklin Roosevelt , seduto al tavolo da lavoro , sorridente , composto , cortese e sicuro . Due file di sedie , ai lati del tavolo , impediscono alla piccola folla che irrompe di passargli dietro le spalle , dove sta un gruppetto di segretari e guardie del corpo , con le braccia conserte . Attorno ai muri sono appese alcune litografie ottocentesche con panorami del fiume Hudson , velieri piegati dal vento su un mare irsuto di piccole onde verdi . Sul calamaio del Presidente è una ruota di timone , il calendario rappresenta una ruota di timone , l ' appoggio della penna stilografica è un ' altra ruota di timone . Davanti ai suoi occhi è appeso un enorme pesce imbalsamato . La personalità nautica di Roosevelt è forse quella che egli considera con maggiore soddisfazione , prima ancora della sua personalità politica . È vero però che il timone è pure un simbolo di governo . Silenzio . Roosevelt dà un ' occhiata circolare agli uomini in piedi attorno a lui , muove dei fogli di carta , ne sceglie uno , e comincia a leggere delle parole segnate in matita con la sua scrittura . « Qualcuno mi aveva chiesto , giorni fa , che cosa pensavo di questa questione » dice . « Ecco quello che abbiamo deciso di rispondere . » Sorride . Tutti i giornalisti si sentono per un momento dietro le quinte con il Presidente degli Stati Uniti , occupati nel difficile lavoro di manovrare la politica del Paese . « Ecco quello che abbiamo deciso di rispondere . » Il suo sorriso è rassicurante , sincero , amichevole , appena professionale : il sorriso di un dottore che vuol diminuire la gravità di un caso . Disarma , perché nessuno potrebbe indirizzare una domanda insidiosa , ostile , chiara , a un uomo che ti guarda in quel modo . Poi , uno dopo l ' altro , alcuni giornalisti fanno domande . Non si vedono i loro visi , nella ressa . Roosevelt volta gli occhi nella direzione della voce e risponde senza esitare . « Non sappiamo ancora . Vedremo . Non ho ancora studiato il problema . Non posso dichiarare ancora nulla . Tutto quello che so , l ' ho letto sul giornale questa mattina . Ve lo saprò dire . » Si schermisce , evita i colpi , para . Si dilunga solo quando può spiegare un problema che non troverà oppositori . La sua testa , vista di profilo , è calma , arguta , intelligente . Il mento è forte , volitivo . La pelle ben rasata , tesa e un po ' lucida : la pelle di un uomo che vive all ' aria aperta . Ma quando volta gli occhi ti accorgi che le pupille non sono perfettamente parallele . Allora acquista un ' espressione stanca , fissa , perplessa . Le mani pallide e magre che tiene appoggiate al tavolo gli tremano impercettibilmente quando accende una sigaretta . Fuma continuamente , soffiando il fumo verso l ' alto dall ' angolo della bocca . Soltanto da questi piccoli segni si indovina che cosa ci sia nella sua testa in questo momento . È un essere sotto pressione , che lavora da quasi un anno nell ' atmosfera di un Quartiere generale durante una grande battaglia . È il capo di un Paese disorganizzato e caotico che cerca una via d ' uscita nel momento più duro della sua storia e che chiede al suo Presidente , legato e ammanettato dai suoi limitatissimi poteri , il colpo di genio che rovesci la situazione da un giorno all ' altro . Dopo tutto la Costituzione gli permette soltanto di applicare le leggi vigenti , di nominare ambasciatori , ministri , capi degli uffici postali e altre cariche dipendenti dal potere esecutivo ( salvo approvazione del Senato ) , di fare trattati con le Potenze estere ( salvo approvazione del Senato ) e di scrivere un certo numero di messaggi al Congresso sui bisogni del Paese . Ecco tutto . Con questi poteri in mano egli deve manovrare . Si appella all ' opinione pubblica , sospende la distribuzione di posti governativi , per far obbedire il Congresso ai suoi desideri , si appoggia a dubbiosi statuti del tempo di guerra , esce cautamente dal sentiero permessogli , chiede poteri straordinari . In questo momento davanti a lui sono duecentocinquanta giornalisti , con la matita in mano . Un errore sarebbe quasi irreparabile , certamente dannosissimo . Ed egli non ha la mente limpida cha potersi abbandonare . Deve stare in guardia , senza lasciar vedere che è nervoso , perché distruggerebbe la fiducia quasi infantile che tutti questi uomini hanno in lui . Sorride , chiama per nome ( « John , Fred » ) quei pochi che conosce bene , perché erano ad Albany ( Nuova York ) con lui quando egli era governatore dello Stato , e gli tremano le mani quando fuma . Si parla di fondi d ' ammortamento per le Compagnie ferroviarie . Molte hanno costruito le linee , nel secolo scorso , emettendo obbligazioni . Al momento di ritirarle hanno lanciato nuovi prestiti , pagando il primo con il secondo , e continuano così . La Commissione del commercio interstatale ha proposto in questi giorni una legge che rende obbligatoria la istituzione di un fondo . « Signor Presidente , » qualcuno domanda subito « ella è dunque in favore di un aumento delle tariffe ferroviarie ( che sono fissate dal Governo ) per permettere alle Compagnie di ritirare le loro obbligazioni ? » Roosevelt ha un momento d ' esitazione . La domanda è rischiosa . Ma ribatte subito : « Voltiamola dall ' altra parte . Io sono favorevole a una diminuzione delle tariffe , ma non tale da impedire la creazione di un fondo d 'ammortamento.» È il suo campo favorito : la politica del minuto , la rapida manovra , la risposta immediata . Là è riconosciuto imbattibile . Durante la sua campagna presidenziale , quand ' egli era governatore , l ' investigazione condotta dal giudice Seabury nell ' amministrazione della città di Nuova York scoprì cose compromettenti negli affari privati di James Walker , il sindaco . Franklin Roosevelt si trovò in questo dilemma : o espellere Walker o non farne niente e dare un ' arma in mano all ' opposizione . Egli risolse il problema invitando Walker ad Albany e preparandogli udienze speciali per render conto della sua condotta . Roosevelt sedette su un ' altissima cattedra , con le spalle alla luce , e fece accomodare il sindaco ai suoi piedi , nel raggio di due riflettori . Da una tribuna ascoltavano i giornalisti e gli stenografi . Dopo pochi minuti Walker , il meno intelligente dei due , si era compromesso irreparabilmente , aveva detto delle sciocchezze annotate dalla stampa , schiacciato dalla luce , dall ' autorità , dall ' altezza . E Roosevelt aveva vinto . Le domande continuano . Non si tocca mai nessuna questione fondamentale , ma piccoli problemi di corrente amministrazione . Il giornalista riassume i dati recenti e chiede che ne pensi il Presidente . Le risposte sono evasive , caute , ma qualche volta stranamente nette e decise . Dopo circa mezz ' ora , un uomo si stacca da dietro le spalle di Roosevelt , e mormorando : « Adesso basta ! » prende senza cerimonie il giornalista più vicino a lui per il braccio e comincia a spingerlo via . Tutti gli altri seguono senza dire più una parola . Fuori il capo indiano non attende più . È scomparso . Franklin Delano Roosevelt , nel gennaio 1882 , è stato tenuto a battesimo da Eliott Roosevelt , il fratello di Teodoro . Le due famiglie dello stesso nome avevano solamente un comune antenato nel 1700 , un mercante olandese , scaltro e abile nei commerci . Ma la cerimonia segnava il legame che stringe , negli Stati Uniti , le aristocratiche famiglie di origine olandese che hanno mantenuto attraverso i secoli un attaccamento europeo alla struttura tradizionale . Il giovane Franklin , a ventotto anni , sposò la figlia del suo padrino , cugina in sesto grado , Anna Eleonora , condotta all ' altare da Teodoro Roosevelt , suo zio , poiché il padre era morto qualche anno prima . Franklin è un patrizio americano , attentamente educato in una scuola privata , allenato agli sport e alla vita semplice . Suo padre si era dedicato al commercio per qualche tempo , e si era poi ritirato con la moglie e i figli in una tenuta sul fiume Hudson , a vivere nello stile di un gentiluomo inglese . I ragazzi facevano del canottaggio d ' estate , cacciavano alla volpe d ' autunno . Forse l ' amore per la vela fu ispirato a Franklin dalla madre , Sarah Delano , figlia di un capitano di veliero , discendente di una di quelle famiglie di Valloni che nel 1616 furono le prime ad occupare la deserta isola di Manhattan per la Compagnia della Nuova Amsterdam . La signora Roosevelt , da ragazza , aveva fatto un lunghissimo viaggio col padre , arrivando a Hong - Kong , attraverso lo stretto di Magellano . A 14 anni il figlio maggiore già era proprietario di un piccolo panfilo di 7 metri , con una cabina e una cuccetta , col quale andava gironzolando per il fiume . Le altre sue passioni erano il cavallo , il tennis , il nuoto e la bicicletta . Andò con un amico in Germania , e la girò tutta in tandem , facendosi arrestare quattro volte . Uno dei suoi passatempi favoriti era imbalsamare gli animali che uccideva : strana occupazione di campagna . La sua carriera avrebbe dovuto portarlo sul mare , con una uniforme azzurra e i bottoni d ' oro . L ' Accademia di Annapolis era la mèta dei suoi primi anni . Allo scoppio della guerra con la Spagna , nel 1898 , Franklin Roosevelt aveva perfino preparato la fuga dalla casa paterna per arruolarsi nella Marina , ma il morbillo lo immobilizzò in letto per diverso tempo , e la guerra finì troppo presto perché egli potesse provare l ' emozione dell ' eroismo . Finì ad Harvard , l ' elegante Università vicina a Boston , che ha ancora un vecchio sapore seicentesco inglese . Tra i giovanotti della sua età egli cominciò a sperimentare le qualità di tutti i Roosevelt : una vitalità sovrumana , un interesse spontaneo in tutto quello che li circonda , un istinto per il pittoresco , per l ' impetuoso , per l ' inaspettato , e una grande scaltrezza , se non un ' intelligenza sintetica e astratta . Egli dominava , servendosi degli amici , cavando , in un turbine di parole , informazioni e consigli . Divenne il direttore del quotidiano dell ' Università , il « Crimson » , e sbalordì Facoltà e studenti con proposte signorilmente rivoluzionarie . Il contatto con gli uomini , servirsi di loro , giocarli l ' uno contro l ' altro , lo affascinavano . Nel 1912 , alla convenzione democratica di Baltimora , aiutò Thomas Woodrow Wilson a raggiungere la candidatura alla Presidenza , e venne premiato dopo la vittoria col posto di sottosegretario alla Marina . Erano gli anni in cui la guerra sembrava imminente , e Franklin Roosevelt si mise d ' impegno ad allestire la flotta in previsione di uri conflitto . Il Ministero della Guerra si dovette rivolgere a Wilson perché era assolutamente impossibile rifornire i magazzini dell ' Esercito : Roosevelt aveva comprato tutto quello che i fornitori potevano produrre al momento . Le proposte del sottosegretario riuscivano a trovare sempre un posto nella prima pagina dei giornali ( un ' altra delle qualità dei Roosevelt ) . Un giorno propose con molto rumore un regolamento che imponeva a tutti gli ufficiali della Marina americana di imparare a nuotare se volevano mantenere il rango . Durante la guerra egli sorvegliò il trasporto di truppe attraverso l ' Atlantico , dalla Francia , e ritornando in patria trovò che la popolarità di Wilson era finita , i suoi progetti ostacolati dall ' opposizione del Paese , e il Presidente quasi paralitico . Roosevelt si batté per il partito democratico , come candidato alla vice - Presidenza nel 1920 e , dopo una gloriosa sconfitta , si ritirò in un ufficio legale , abbandonando la vita pubblica . A trentanove anni , facendo un bagno in un laghetto di montagna con i suoi bambini in un ' afosa giornata d ' agosto , fu colpito dalla malattia che gli ha profondamente trasformato il carattere : la paralisi infantile . Tutti credevano che la sua carriera fosse definitivamente finita . Egli si ritirò nella Georgia , si chiuse in se stesso , e mentre il Paese veniva travolto dall ' ondata di speculazione frenetica egli riuscì a comprendere il valore , nella vita della Nazione , del contributo oscuro e doloroso del piccolo uomo qualunque , perseguitato da forze che non capisce e non controlla . Roosevelt ha scritto : « Due terzi dell ' industria americana sono concentrati in poche centinaia di società per azioni e diretti da non più di cinquemila uomini ... Il potere economico è concentrato in poche mani » . Egli ha difeso l ' « uomo dimenticato » nella sua campagna presidenziale del 1932 . La malattia lo aveva riavvicinato alla massa . Franklin D . Roosevelt ha una mente mobile , curiosa , che ama sperimentare e correggersi . Egli s ' incammina per diverse strade prima di continuare per una sola . Tuttavia i suoi obiettivi sono abbastanza limpidi e sicuri . Egli vuole evitare il ripetersi nel futuro del fenomeno della prosperità speculativa , e vorrebbe vedere la vita economica del Paese seguire linee razionali segnate in precedenza . La macchinosa organizzazione del Governo di Washington rallenta la sua marcia e frena i suoi entusiasmi . Ma egli possiede una grande capacità di manovratore politico , sa adoperare gli uomini che ha attorno e sa trasmettere a chi viene in contatto con lui quel sereno ottimismo che è forse la sua caratteristica principale .
IL PROFESSORE DEI CAVALLI ( BARZINI LUIGI JR. , 1932 )
StampaQuotidiana ,
Nicola , il capo dei bestiai della tenuta della Marsigliana , ha fatto mettere oggi una vecchia sella da buttero , con il « pallino » , sul suo cavallo . Il « pallino » è un corno di cuoio e di ferro sul davanti della sella che serve per legare le bestie prese al laccio . Il vecchio buttero vuole per nostra edificazione istruire oggi una cavalla selvaggia , alla quale però ha già dato due o tre lezioni del come ci si comporta in compagnia degli uomini . Nicola è contrario al sistema brutale di domare le bestie piantandosi a cavalcioni « a pelo » e facendole galoppare , saltare e scalciare finché cadono a terra sfinite , o finché il buttero fa un rotolone nella polvere . Alla descrizione di un « rodeo » nordamericano , dove piantano la sella sui puledri selvaggi e vi montano sopra e rimangono attaccati a forza di ginocchia malgrado tutti gli scarti e i salti da montone , Nicola crolla la testa : è un sistema inumano . L ' animale va educato a poco a poco , come un bambino , secondo lui . Nicola ama prendersi i puledri a uno a uno , portarseli nel rimessino una piccola arena circondata da una staccionata e abituarli gradatamente , lezione per lezione , con qualche giorno di riposo e d ' intervallo tramezzo , alla presenza dell ' uomo , al suo odore , alla sua mano , alla sua volontà , al suo peso , alla capezza , alla sella , al morso e alla fatica . Egli ha imparato in tanti anni a dosare le lezioni per difficoltà . La prima volta , egli spiega , la tradizione maremmana vuole che il buttero catturi l ' animale col laccio e , tenendogli la testa fra le mani , gli sputi in una narice . Dicono che sia per fargli sentire l ' odore dell ' uomo . È un gesto millenario , forse , che verrà dalle pianure dell ' Asia con i primi cavalieri e con i primi cavalli . Nella seconda lezione del corso di Nicola , il puledro legato vien fatto trottare e galoppare intorno al rimessino . Poi s ' incomincia a fargli sentire la capezza e la mano dell ' uomo che comanda . Nella lezione successiva il cavallo impara a conoscere il peso della sella , la pesante « bardella » maremmana , e poi quello del cavaliere . Il resto del lavoro non lo fa più Nicola , ma il buttero a cui viene assegnato il cavallo e che lo monta in giro per la tenuta per giornate intere . Il capo bestiaio ci segna , con la punta del lungo bastone di corniolo , una cavalla lontana in un pascolo . È l ' allieva di oggi . Due butteri si staccano dal gruppo e vanno a prenderla per condurla nel rimessino , all ' ombra di un ciuffo d ' alberi . Nicola entra nel recinto , staccando dalla sella il laccio e facendoselo scorrere tra le mani , in attesa . In mezzo al rimessino è un vecchio tronco d ' albero senza corteccia , con due rami mozzi . Lo chiamano il « giudice » e serve a legare il bestiame , e ad appoggiare le corde per tirarlo . Da un pascolo vicino uno stallone nitrisce : chiama una cavalla che non vediamo e che gli risponde ogni tanto . Una folata di vento fa rabbrividire le foglie . Il vecchio bestiaio attende con il laccio pronto . Con i buoni baffi bianchi ad arco sulla bocca , il cappellaccio di feltro stinto , il giacchettone di fustagno , le gambe penzolanti lungo la sella , egli non somiglia , neppure lontanamente , a una di quelle leggendarie figure di centauri armati di laccio e di pistola dei libri d ' avventure ginnasiali e del vecchio cinema eroico . I due butteri , con la cavalla davanti a loro , arrivano di galoppo . Il cancello del rimessino si spalanca , e inghiotte l ' animale trafelato , che si ferma indeciso e atterrito , mentre i due uomini saltano di sella e gettano le briglie sulla staccionata . La bestia cerca un ' uscita , abbozza un galoppo , s ' impenna e riparte nell ' altra direzione , ficca la testa fra le travi di legno cercando una uscita , nitrisce disperatamente . Un urlo di un buttero appollaiato sulla staccionata la fa partire di corsa , chinata verso l ' interno come un cavallo da circo , mentre Nicola , con la lingua stretta fra i denti , per paura di sbagliare il colpo , fa roteare l ' anello di corda sulla sua testa e lo lancia . Il cerchio si abbatte molle attorno al collo dell ' animale , che si ferma indeciso . Il buttero lega immediatamente al « pallino » della sella la corda che si tende , mentre la bestia indietreggia puntando gli zoccoli , scuotendo il collo . Ma il cavallo di Nicola , che conosce il mestiere forse quanto lui , pianta solidamente i ferri nella polvere e resiste a gambe tese , senza muoversi . La cavalla quasi soffoca , nello sforzo di liberarsi dal laccio , ed ansima con un breve soffio rauco . Il grido improvviso di un buttero la fa ripartire al galoppo , disordinatamente , scuotendo la criniera . Nicola manovra cauto per tenere sempre libera la corda del « giudice » , perché se si dovesse arrotolare attorno al tronco la cavalla soffocherebbe . Ma il suo cavallo , quasi senza comandi , si ferma , si gira , calmo e attento . L ' animale , dopo una corsa affannosa e spossante , s ' è fermato e guarda attorno , diffidente e pauroso . « Prova un po ' la capezza ! » comanda Nicola , ed uno dei butteri sospende l ' arnese al bastone di corniolo e si avvicina adagissimo alla cavalla , facendoglielo odorare a braccio teso . La bestia ha dei tremiti convulsi , e tenta ancora di svincolarsi dal laccio , squassando disperatamente il collo . A poco a poco l ' uomo riesce ad avvicinarsi , a infilarle il muso nella capezza , e lentamente gliela passa dietro le orecchie e l ' affibbia . Tutto questo Nicola l ' aveva già fatto nella prima lezione che egli ha dato alla cavalla qualche giorno fa . Ma ad ogni lezione bisogna ricominciare da capo . I cavalli sono scolari senza memoria . Il laccio , ora , è inutile , e Nicola lo fa sfilare , afferrando la cima della capezza per guidare la bestia , che incomincia a galoppare in giro , con un rauco suono fischiante di respiro affrettato . Ogni tanto s ' impunta , davanti a un ' ombra , a un ramo mosso dal vento , a un buttero appollaiato sulla staccionata ; poi riparte di carriera , per fermarsi poco più in là , e non muoversi se uno dei bestiai non scende nel rimessino e la fa ripartire urlando e agitando le braccia . A un certo punto si mette nel centro e si lascia cadere a terra , rotolando sul dorso con le gambe all ' aria come un cane che vuol giocare . Nicola , paziente , la segue , manovrando la corda , attorno al « pallino » della sella , accorciandola ed allungandola , girando attorno al « giudice » , e dando dei brevi comandi ai butteri che l ' aiutano . Man mano che l ' animale si stanca , Nicola accorcia la corda tesa che lo divide dalla cavalla . Finalmente , dopo molti minuti , la bestia sfibrata , ansimante , si ferma e Nicola si avvicina , adagio per non farla fuggire . Vuol tentare di metterle per la prima volta la « bardella » la pesantissima sella maremmana e deve farlo senza destare i sospetti della bestia , che non si è mai sentita la schiena legata e costretta da un forte peso . Uno dei bestiai , da un lato , tiene la « bardella » pronta , appoggiata alla staccionata . Nicola porta il suo cavallo , lentissimamente , con precauzione , sotto al collo dell ' allievo , finché può afferrare la cavalla selvaggia per le due orecchie , passarle l ' avambraccio sugli occhi , e appoggiarle la testa alla groppa del suo cavallo . Un bestiaio , per prepararla al contatto duro della sella ed alla stretta della sottopancia , le passa sul dorso e sul ventre un ramo , disegnando sul pelo sudato il profilo della « bardella » . Finalmente , a un comando di Nicola , il buttero porta a due braccia la sella e la depone sulla groppa della cavalla , la quale , al contatto , tenta di rinculare timorosamente scuotendo il collo . Ma il vecchio buttero la tiene immobile nella morsa delle braccia , ed i bestiai possono affibbiare ogni cinghia , ed assestare la sella , legando le staffe in cima : se ciondolassero lungo i fianchi la metterebbero presto in furore . Quando la lasciano libera , la cavalla comincia a girarsi intorno , furibonda , come se un tafano la stesse tormentando , poi abbozza un piccolo galoppo sfrenato , s ' impunta , scalcia , salta , ansimando . I butteri ridono delle manovre della bestia che non ha compreso che cosa sia successo e che tenta di liberarsi dalla stretta e dal peso insopportabili . Quando si è stancata , Nicola le va vicino e le prende di nuovo la testa fra le braccia . Uno dei butteri si stacca di dosso i cosciali di pelo di capra che gli proteggono le gambe dai pruni quando traversa la macchia , e , ridendo , glieli attacca ciondoloni ai due lati della sella . E la lezione « numero uno » nell ' arte di portare un cavaliere , fatta con dei cosciali spelacchiati che non hanno paura di essere rotolati per terra e che rimangono sempre attaccati . Infatti la cavalla è presa dal terrore al contatto di quelle due cose che ciondolano e la solleticano sui fianchi , e parte saltando e scalciando . Abbozza due o tre salti da montone , abbassando la testa fra le ginocchia e , mentre i butteri ridono dello scherzo , si rotola per terra , con gli zoccoli all ' aria . Quando si rialza i cosciali danzano ancora sulla sella ad ogni salto , legati solidamente . Dopo qualche minuto , Nicola le si avvicina ed ordina che venga liberata . La lezione è finita . Il cancello si spalanca e la cavalla sudata e lucente parte al galoppo verso i pascoli lontani . Nicola arrotola il laccio , facendolo scorrere tra i due pugni con un gesto marinaresco . Fra qualche giorno , dice , un buttero la monterà . « Deve essere un lavoro difficile , la prima volta » suggeriamo noi . « Che ! » risponde sorridente . « Chi monta è fatto com ' un omo , no ? »
APPOSTAMENTO SOTTO LA PIOGGIA ( BARZINI LUIGI JR. , 1932 )
StampaQuotidiana ,
C ' immergiamo nella notte , lasciando dietro a noi i fiochi fanali del villaggio velati di pioggia . Il viottolo fangoso sembra candido nell ' oscurità e non è difficile seguirlo . Davanti a noi è il capomanipolo con le mani ficcate nelle tasche dell ' impermeabile . Dietro , si sentono i passi pesanti e sicuri di due militi confinari , con un rumore cadenzato di fango spremuto e di ghiaietta stritolata dai chiodi . Piove . Marciamo in silenzio . Andiamo ad appostarci su uno dei sentieri di montagna che vengono dal confine e dove , qualche volta , di notte , tentano di passare contrabbandieri e gente sospetta , che non ha le carte in regola . I contrabbandieri , in Val di Spluga , sono per lo più montanari che trasportano a spalla , per dei sentieri da capra , trenta o quaranta chili di caffè , di zucchero o di tabacco . È un contrabbando spicciolo , da queste parti , un contrabbando casalingo , che non penetra nel paese , ma viene smerciato e consumato nei villaggi della valle . Il carico passa il confine e viene deposto in qualche baita isolata , in qualche capanna da pastori abbandonata , mentre il contrabbandiere va a proporre la vendita per i villaggi . Si racconta che un vecchio valligiano , un giorno , è apparso nella cucina della moglie del maresciallo delle guardie di finanza di uno dei paesi della valle , col cappello in mano , a chiedere se la signora voleva dello zucchero . Le trattative della vendita procedevano pacificamente quando è apparso il marito in uniforme . Il contrabbandiere ha infilato la porta , di corsa , e non si è più fatto vedere . Quando si è trovato il compratore per la merce , il contrabbandiere ritorna al suo deposito , carica il sacco sulle spalle e riprende la strada . Per essere più sicuro , manda avanti un compagno , che gli eviti incontri con le pattuglie . Spesso il trasporto viene fatto in tre o quattro tappe , da diversi compagni , che si lasciano il carico in diversi nascondigli stabiliti . Di notte , le guardie di finanza e le Camicie nere non fermano quasi mai il primo uomo che incontrano per un sentiero di montagna . Quello , nella bisaccia , non ha mai nulla di compromettente . Serve soltanto perché il compagno , che segue a qualche passo , si accorga dell ' incontro e possa scappare , o nascondere a tempo il fardello dietro un cespuglio . Appena i contrabbandieri hanno escogitato un nuovo trucco , i militi e le guardie lo scoprono immediatamente e bisogna cominciare da capo . Così le pattuglie non escono mai alla stessa ora , e non percorrono mai lo stesso itinerario . È una sorda lotta continua , una partita che non ha mai fine , tra gli uomini in uniforme e gli altri . Ma le Camicie nere di confine , di cui un manipolo è distaccato a Campodolcino e a Madesimo , non dovrebbero specialmente prender parte alla lotta contro il contrabbando . Il loro compito è la sorveglianza di tutte le attività di frontiera che possano minacciare la sicurezza nazionale . In Val di Spluga però le avventure non sono molto frequenti . Regolarmente , dal ministero degli Interni , arrivano i bollettini con i nomi , gli alias e le caratteristiche delle persone ricercate dalla Pubblica Sicurezza . I militi fanno passare i fogli , fissano quelle teste di disperati , dal colletto sbottonato , i capelli lunghi e gli occhi attoniti , con la speranza di riconoscerne uno , da un momento all ' altro , appiattato dietro un cespuglio , nascosto in una baita o a passeggio per un sentiero troppo vicino al confine , ed attaccano il bollettino a due ganci , assieme a tutti i numeri dell ' annata , con un sospiro . Raccontava il capomanipolo Fiaccarini che , recentemente , le autorità svizzere l ' avevano avvisato che due carcerati , armati e pronti a tutto , erano evasi da un penitenziario , e che si credeva avessero passato il confine . Infatti , durante la notte , un contadino della valle si è accorto che due figure erano penetrate silenziosamente nella sua stalla , e si è precipitato a darne notizia alle Camicie nere . Racconta il capomanipolo : « Mi sono fermato davanti a quella porta , col moschetto stretto nei pugni , appoggiato alla spalla . Non sapevo che cosa avrei trovato , dall ' altra parte . Forse i due evasi avevano sentito i passi chiodati nel cortile , le voci nostre , ed attendevano con le pistole spianate che la porta si aprisse , pronti a piantare due palle nella prima testa che apparisse . Mi sono ricordato che , da squadrista , avevo preso parte a una spedizione identica . Un buon amico mio era entrato per il primo , allora , alla ricerca di alcuni comunisti , e non aveva fatto un passo nell ' interno della stalla , che due colpi di moschetto l ' avevano steso a terra . « Entrai col moschetto spianato , seguito da due militi . « Nessuno . La stalla sembrava completamente vuota . Finalmente in un angolo buio vidi due occhi che mi fissavano , vitrei . Una testa rasata sporgeva immobile dal fieno , come una di quelle teste di legno a cui si buttano tre palle alla fiera . Puntai l ' arma verso di lui e gli ordinai di alzarsi . L ' uomo non si mosse . Lo feci tirar su di peso dai due militi e chiesi dov ' era il compagno : non rispose . Capiva poco l ' italiano . Salii sul fieno , per scoprire il nascondiglio dell ' altro . Sentii sotto i miei piedi qualcosa di duro . Dal fieno sporgeva il naso dell ' altro evaso , il quale si era fatto calpestare senza pronunciare una parola , senza muoversi . Sperava di passare inosservato . » Questa è l ' ultima avventura delle Camicie nere di Campodolcino . Marciamo , nel fango , sotto lo stillicidio della pioggia invisibile . Ogni tanto qualcuno inciampa nel buio , e si sentono due o tre passi precipitati . L ' ufficiale si ferma , si avvicina a un muretto irregolare , appoggia le mani e lo scavalca . Poi si volta e fa piovere sul muro un po ' di luce rosata da una lampadina tascabile , velata dalle dita aperte . Nella breve macchia luminosa brillano le gocce di pioggia . Scavalchiamo tutti e si riprende la marcia per un prato fradicio d ' acqua . I piedi affondano . Davanti , all ' orlo del prato , la nostra via è sbarrata da un torrente che non vediamo ma che sentiamo scorrere violento tra le pietre . Il rombo si avvicina lentamente , finché ormai non è più che a pochi passi davanti a noi , nell ' oscurità . Il capomanipolo volta a destra , s ' arrampica per una scarpata e infila un ponticello di legno . L ' acqua scorre rapida sotto di noi . Oltre il ponte infiliamo un sentiero sassoso , che s ' inerpica sul fianco della montagna . Sulle nostre teste è teso un tetto di nebbia biancastra che copre la valle come un coperchio . Dopo qualche minuto di cammino , l ' ufficiale si ferma , dietro un riparo di terreno . E qui . Attendiamo . I due militi , col giacchettone di pelo , dal bavero rialzato sopra alle orecchie , le mani infilate nelle due tasche verticali tagliate sul petto , e il moschetto rovesciato appeso a una spalla , stanno immobili . Si sente in lontananza il rumoreggiare del torrente , e in quel vago rombo si crede di sentire tanti altri rumori indistinti . La pioggia cade con un tambureggiare minuto sull ' ala del cappello , indurito dall ' acqua , e sull ' impermeabile , eternamente . I minuti passano , lentissimi . Una macchina è passata per il villaggio . Probabilmente sciatori che vanno a Madesimo o al passo dello Spluga . L ' automobile non si vede , ma i due coni di luce incendiano la nebbia , salendo laboriosamente per la strada ripida , dall ' altra parte della valle . I minuti passano . Una campana lontana batte le ore . Attendiamo , tesi nel silenzio , per il suono di un passo cauto , per un ciottolo smosso che rotoli . Dopo mezz ' ora o due ore uno dei militi si piega in avanti , per vedere meglio , e lascia scivolare il moschetto dalla spalla , impugnandolo come per tenersi pronto a sparare . L ' altro , senza una parola , fissa il punto che il primo sta scrutando , e prepara l ' arma . A una trentina di passi davanti a noi due ombre si muovono . Stiamo , protesi , col respiro mózzo , attendendo , per secondi interminabili . Le due Camicie nere , a gambe larghe , con il calcio del moschetto stretto sotto l ' ascella e la canna rivolta verso le due ombre che si avvicinano , sono irrigidite nell ' attesa . Si sentono , nell ' infinito silenzio della valle , i due scatti metallici , l ' uno dopo l ' altro , dei moschetti che i militi hanno passato dalla posizione di sicurezza a quella di sparo . Le due ombre sono di fronte a due moschetti carichi , pronti a sparare . Ormai non sono più che a pochi passi . « Chi va là ? » Uno dei due militi ha urlato le tre sillabe veloci nella notte . La sua voce è roca e strozzata dall ' attesa spasmodica . « Ispezione Milizia ! » grida una delle ombre , immediatamente . « Parola d ' ordine ? » « Udine ! Controparola ? » « Umberto ! » È il caposquadra delle Camicie nere , accompagnato da un milite , in giro d ' ispezione . Le battute si sono svolte rapidissime , secche , a un metro di distanza tra gli uomini , che si gettavano le parole sul viso . Il milite ha proiettato la luce della lampada tascabile sulla faccia del graduato , che ha battuto le palpebre , accecato per un secondo . Anche stasera , niente contrabbandieri .
I CAVATORI DELLA «BAIA DEL RE» ( BARZINI LUIGI JR. , 1933 )
StampaQuotidiana ,
A Lasa , nell ' Alto Adige , nel silenzio delle foreste di abeti e dei nevai immacolati , dove non ha mai risuonato il trionfale « Pista ! » dello sciatore , vengono dalla Toscana la sabbia della spiaggia di Viareggio e una quarantina di uomini . Uomini e sabbia sono impiegati nelle cave di marmo , le più giovani d ' Italia e le più alte del mondo : tre anni di età e 1700 metri sul mare . La sabbia , silicea , uniforme , arriva a vagonate , per essere portata in cava e colata lentamente nel solco dove passa , ronzando , il filo elicoidale che sega il marmo . Gli uomini , specialisti dei mille mestieri misteriosi dei cavatori , sono giunti tre anni fa per insegnare agli abitanti della vallata i secolari segreti delle Alpi Apuane . Siamo andati a trovare gli uomini . Abitano su per la Valle di Lasa ( una fessura scoscesa tagliata dal torrente sul fianco della montagna ) a qualche chilometro di distanza dal villaggio . Montagna , valle , torrente , villaggio , cave e marmo hanno un nome solo in comune : Lasa . La neve cadeva indecisa e svolazzante quando siamo scesi dal trenino che ci aveva portato da Bolzano . Le montagne erano ovattate di bianco , invisibili . Una vecchia , in scialle , ha accatastato sacchi di posta e pacchi di giornali su uno slittino , ed è partita verso il paese tirandoselo dietro come fanno i ragazzi . Oltre i binari , erano i blocchi di marmo bianco , in disordine , come i rottami di un muraglione ciclopico che fosse crollato . Sopra ognuno la neve aveva deposto un regolare cuscinetto azzurrognolo , che ne arrotondava la sagoma squadrata . Nel silenzio , il picchiettare di uno scalpellino invisibile , e lo sbuffo del treno che si allontanava . A gambe larghe sul marmo era la grue a ponte , disegnata di nero opaco contro il cielo bianco . Gli uffici della società stanno poco lontano , in una palazzina nuovissima . Una locomotiva elettrica attende alla porta . L ' ingegnere Antonio Consiglio , direttore della cava dell ' Acqua Bianca , ci ha fatto salire e siamo partiti nella neve , in piedi dietro il manovratore , sui binari impolverati di bianco , che lasciavamo neri e bagnati dietro a noi . Dopo pochi minuti siamo giunti al piano inclinato . Il piano inclinato è una funicolare , che sale per un chilometro sul fianco della montagna , in una trincea tagliata tra gli abeti immensi . È la funicolare più grande d ' Europa , perché trasporta un carrello con due tronchi di rotaia , sui quali possono stare quattro vagoni della ferrovia marmifera carichi di blocchi . Una specie di ferry - boat da montagna . Guardandola dal basso , si vedevano le grosse rotaie allargate scomparire in alto , verso la cima , perse nella nebbia . Per ordinare al manovratore , nella cabina di controllo , di farci partire , un operaio ha toccato uno dei fili telegrafici lungo il binario con una canna di bambù da cui parte un cordone elettrico . Un modo come un altro di suonare un campanello distante . Il grosso cavo d ' acciaio , che scende dalla montagna come un serpente , con la coda persa nella nebbia , si è stiracchiato e finalmente , con una scossa , siamo partiti lentamente e dolcemente . Diciassette minuti di ascensione . La valle si allontanava da noi , appiattendosi , il paese si velava a poco a poco , e gli abeti , carichi di neve , si inabissavano silenziosamente al nostro fianco . Con una scossa il carrello si è fermato nel suo alveo d ' arrivo , con le sue rotaie allineate a quelle del binario . Un ' altra locomotiva elettrica ci attende . Alcuni minuti di corsa lungo il fianco della montagna deserta , tra gli alberi , nel panorama natalizio . È il quarto mezzo di locomozione della giornata . All ' arrivo , ci sono i toscani . Abitano un baraccone di legname e di muratura , a picco sul torrente , tra gli alberi . Davanti alla loro villa , il torrente si divide in due , attorno a un vecchio masso rotolato chissà da dove , sul quale è cresciuto un albero . Gli uomini hanno costruito un tavolo e una panca di legno bianco , sulla grossa roccia , e hanno innalzato un cartello a lettere rosse : « Lido Polo Nord » . Il Lido è il punto di ritrovo estivo , supponiamo , poiché in questo momento è sepolto sotto la neve . Dalla tavola alla porta del rifugio corre un filo metallico teso . È una piccola funicolare privata , che scavalca il torrente , e serve al trasporto di fiaschi di vino dalla dispensa agli uomini che riposano , pancia al sole , sotto l ' abete contorto . Il rifugio , al quale si arriva su un ponticello di legno , a cui mancano diverse tavole , si chiama la « Tenda rossa » , comunemente . Ormai il nome è usato da tutto il personale , dalla direzione , nei rapporti e negli ordini . Nessuno sorride più . Così i capannoni a valle , in fondo alle rotaie della funicolare , si chiamano la « Baia del Re » . Forse , fra un paio di secoli , i nomi saranno rimasti e faranno parte incolore della geografia del posto . Qualcuno si informerà di quale Re si tratti e di quale Tenda senza trovar risposta , e un dotto locale scriverà una breve monografia per dimostrare , al contrario di quanto sostengono altri studiosi professori , che il Re in questione era Beovulfo il Rosso , e non Agilulfo Ottavo . Sulla porta del rifugio è un vecchio Cristo in croce , di stagno , trovato da uno dei toscani in una baita più in alto . Dentro s ' indovinano , nella penombra , delle figure d ' uomini attorno a una stufa accesa . Le pareti sono annerite dal fumo . Attorno al muro sono appesi pentole di rame , collane di agli , fiaschi . Gli uomini schizzano in piedi , timidi e silenziosi , all ' arrivo del superiore e del forestiero . Sono tutti giovanotti . « Chi fa da mangiare qui ? » La domanda rompe il silenzio sorridente e cerimonioso . « Tutti noi » risponde uno , dopo una pausa , scrollando le spalle , come se avesse trovato l ' interrogazione un po ' stupida . Il silenzio si ristabilisce , solenne . Diamo un ' occhiata , nella stanza vicina , alla fila delle brande militari allineate come un piccolo dormitorio . Altri dormono di sopra . Una baracca di retrovia , durante la guerra , doveva essere così . Gli uomini guardano fare , rispettosi , e tacciono . « Come va la vita nella Tenda Rossa ? » La domanda ha un finto tono cordiale . « Bene . Un c ' è male . » La risposta che si attendeva . Usciamo . Il direttore spiega che l ' uomo che ha risposto è un po ' il caporione , perché è stato a Fiume con D ' Annunzio , e il mondo l ' ha girato più degli altri . Sono quasi tutti filai , o filisti ( la parola non è stata ancora acchiappata nella rete di un glottologo e appuntata nelle pagine di un dizionario con un ' etichetta sotto ) , cioè manovratori dei fili elicoidali che segano il marmo . Altri sono minatori , maestri nell ' arte misteriosa di dosare esplosivi , che in una cava è difficilissima , per il numero di cose diverse che deve fare la polvere : staccare un masso , senza romperlo , o aprire una galleria , senza incrinare la montagna . Il quinto mezzo di locomozione della giornata ci attende . È una teleferica , costruita per il trasporto del marmo , che ci farà passare la fenditura sopra il torrente . Ci sediamo nel vagoncino su una tavola che due operai hanno agganciato al bordo . È la panca delle grandi occasioni , spiega l ' ingegnere , per i visitatori che vengono dal lontano mondo delle città . I cavi sopra di noi si tendono e rimaniamo sospesi e ballonzolanti nel vuoto candido . Si sale lentamente , con un movimento ovattato , come un aeroplano silenzioso au ralenti . Attraversiamo la nebbia da cui spuntano sotto di noi le guglie degli abeti incrostate di ghiaccio . Passiamo rasente a una parete di roccia a picco , con festoni di ghiaccioli azzurrognoli . Allungando una mano si potrebbe spaccarne uno . Il viaggio aereo dura pochi minuti . Il vagone si ferma , e scende ronzando lungo i fili fino a toccare per terra . Saltiamo sulla neve , all ' entrata della cava . Siamo a un ' altezza da rifugio , da alpinisti , da pipa , da corda , da guida e da borraccia di grappa . Qui , invece , si lavora . La cava è un ' immensa caverna , che si ficca nella montagna , da cui esce in un rombo confuso il suono di motori , di martelli pneumatici , di ruote . Si sente , nel ventre del monte , il boato di una mina , seguito subito da altri , come un tiro di artiglieria comandato da un ufficiale impetuoso . Sul fondo della caverna lavorano gli uomini , nella penombra , attorno ai massi di marmo bianco , informe , impolverato . Un blocco è legato a un cavo d ' acciaio teso da un argano lontano , e sta per rovesciarsi in avanti . Un altro è formicolante di operai che lo tagliano a pezzi più piccoli . Le pareti sono perpendicolari , altissime , lisce , con le forme dei blocchi che sono stati staccati . Rasente al soffitto , a una trentina di metri sopra di noi , corre un ballatoio di tavole sconnesse . Conduce ai locali dei compressori elettrici , che sono scavati nella roccia , in alto . Di fianco alla caverna c ' è una fenditura , larga un metro e mezzo , alta una quindicina di metri , che si ficca nel ventre della montagna . Le pareti sono un taglio solo , di marmo . Nel fondo , alla luce di un riflettore elettrico , inginocchiato su un mucchio di rottami biancastri , un operaio tormenta la roccia con un martello pneumatico che sparacchia sollevando degli sbuffi di polvere candida . L ' uomo ha il viso infarinato , quando si alza ; la polvere gli ha asciugato i capelli e gli ha disegnato le rughe . Sta scavando una galleria ad angolo retto con il corridoio dal quale siamo entrati , spiega l ' ingegnere , per far passare il filo elicoidale , ed isolare un masso di 10.000 tonnellate . Il lavoro è incominciato nell ' agosto del 1931 , quando si è tagliato il grande corridoio . Il marmo è stato isolato , a forma di cuneo . Poi una carica di polvere nera , dietro , ha fatto scivolare il monolito di 1500 metri cubi fin nel centro della galleria , dove è stato tagliato a pezzetti uniformi , caricato sulla teleferica , e portato alla ferrovia . Le battaglie contro la montagna sono lente . Si lavora per la produzione futura , si stabiliscono piani che verranno portati a termine dai nostri nipoti . L ' operaio continua il lavoro che dura da due anni . Il corridoio crescerà , fino a chiudere il masso da ogni parte . Poi un ' altra carica di polvere nera farà scivolare un blocco di 10.000 metri cubi fin nel centro della galleria , dove gli uomini gli si getteranno addosso , per sminuzzarlo in tanti piccoli blocchi regolari . La cava ha l ' aspetto di una miniera , con queste gallerie oscure che si addentrano nel ventre del monte , queste luci che illuminano le figure degli uomini al lavoro . Due operai , in piedi su un masso addossato alla parete , ficcano nell ' interstizio tra il blocco e la montagna dei cunei di metallo , e vi battono la mazza pesante , insieme , dandosi la voce . Dondolano il martello tra le gambe aperte , lo rialzano sopra una spalla , e , abbandonandosi con tutto il corpo , lo abbattono di schianto sulla testa del cuneo , che entra di qualche centimetro . Da tutte le parti è un rimbombare di martellate , di voci . Sulle nostre teste passano i fili metallici , che ronzano . In una galleria lontana esplodono ancora mine , con un boato che scuote l ' aria e che fa vibrare la stoffa dei pantaloni contro la gamba , sventolati da una raffica di vento lievissima e secca . Giriamo per i budelli oscuri . Arriviamo in ampii saloni , dalle pareti sbocconcellate dalle mine , o segate , lisce e perpendicolari , dal filo . C ' è un lieve odore di acetilene , di polvere da sparo , nell ' aria . La bocca si asciuga , respirando la polvere bianca , impalpabile . Le ombre degli operai , proiettate dalle lampade , s ' ingigantiscono contro le immani muraglie , ripetendo , con esasperazione grottesca , il piccolo gesto dell ' uomo . Carrelli carichi di detriti escono spinti a braccia dai lavoratori imbiancati . Passa un vecchietto che tiene appeso all ' indice un pacchetto avvolto di carta nera , come si porta una scatola di dolciumi . È l ' esplosivo . Dovrebbe , secondo il regolamento , passare gridando : « Io porto la dinamite ! Io porto la dinamite ! » e al suo passare gli operai si dovrebbero gettare dietro un riparo , nascondersi in una trincea , buttarsi in un buco . Non succede niente . L ' uomo passa , in silenzio . Gli altri continuano a lavorare . È un peccato . Troviamo la via dell ' uscita , per oscuri corridoi , per scalette improvvisate di tronchi di abete , per ballatoi di tavole sfilacciate dai chiodi delle scarpe . L ' imbocco della galleria è un immenso arco di luce pallida . Contro il nero delle baracche che ingombrano l ' apertura , si vede la neve bianca che cade . Ha ripreso a nevicare forte .
L'ORO DELLA MAMMA ( GIANELLI GIULIO , 1914 )
StampaPeriodica ,
Aveva sedici anni , voleva fare della poesia . Solo al mondo , per vivere , accettò un impiego presso un avvocato ; stipendio : quindici lire al mese . Andava la mattina dalle nove a mezzogiorno e il pomeriggio dalle due alle sei , ore che passavano nella trascrizione monotona di documenti e citazioni e nel ricevere in anticamera ladri e furfanti che venivano a chiedere il patrocinio penale del suo padrone . Il quale era l ' opposto della poesia ; uomo di cuore così alla grossa , ma rude , secco , dolciastro nel buon umore e violento nella collera . Paolino ogni metà di mese gli chiedeva un anticipo sul mensile , cogliendolo naturalmente in un ' ora buona . L ' avvocato , senza guardarlo in viso , afferrava il portafoglio : - Un anticipo ? Cinque lire ? Ma sicuro , subito ; io faccio tutte le possibili facilitazioni ... E snocciolava lo scudo . Intanto il ragazzo studiava nei ritagli di tempo , e molto , aspettando con sicurezza la fioritura della propria anima . Era ancora tutto primitivo ; il sentimento resisteva all ' arte in lotte disperate . Soffriva la prigionia dell ' ufficio , amava i colori l ' acqua , la luce , le piante e doveva contemplare quattro sedie , un tavolino , la macchina da scrivere . A volte sentendosi sperduto urlava il proprio nome : - Io , Paolo Brunati , eccomi qui . In aprile , ornò la scrivania con un ramicello fiorito che il principale regolarmente cestinava alla sua entrata e che Paolo riportava sempre con soave ostentazione . La sera , prima di intanarsi nella soffitta , si immergeva con voluttà nella mestizia del vespro , tra i profumi della primavera , commosso fino al pianto . Ma la prigionia pesava ogni giorno di più . Maggio lo rese furioso , giugno lo spronò al riscatto . - Piantare l ' impiego ! - Accarezzò l ' idea ; la portò nell ' anima , permise che invigorisse da sola ; l ' aurora , il tramonto , la notte , lo trovavano sempre più forte . Lui sempre più bella . Dunque ? - Gli chiedevano le piante - vuoi vederci fiorire ora per ora ? E le nuvole : - Vuoi venire con noi ? E le stesse : - Vuoi salire , salire , salire ? Paolino rispose di sì la sera del 30 luglio . Aveva trovato anche un magnifico pretesto perché l ' animo la vincesse sul corpo . Lui non possedeva neppure un ritratto della mamma ; bisognava girare il mondo e conquistarlo . Meta sublime al pellegrinaggio di un adolescente . Poteva bene il corpo digrignare i denti , ma l ' anima era felice . Da chi avrebbe avuto il ritratto ? Da una vecchissima prozia materna rimasta sola dopo la morte dell ' unica sorella e che abitava un villaggio alpestre , sperduto nel Biellese . Il trentuno di luglio Paolo Brunati presentava ufficialmente le sue dimissioni . L ' avvocato allibì : - Ma dove intende di andare ? - In campagna . - Lei ? - Sì ; ho dei risparmi . - Va bene : se va a star meglio , sia pure : ecco il mensile intero , non calcolo l ' anticipo che le ho già dato . Io faccio sempre tutte le facilitazioni ... La mattina dopo con un pacco assai leggero d ' indumenti era alla stazione . Per economia ... prese il biglietto solo fino a tre quarti di strada , si godette la piattaforma di terza classe , giacché il treno brutto o bello gli rappresentava non altro che il mezzo dell ' esecuzione del suo sogno . In quell ' adolescente c ' era la tempra di chi , con lo spirito , arriva dove vuole . Scese ad una stazione secondaria , sperduta in un mare di verde e d ' oro e si avviò col pacco , guardingo a non premere col piede né un ciuffo d ' erba , né una spiga di grano alle radici . Care creature vegetali ! E che aria fine , che luccichio tremulo intorno ! Di fronte le montagne materne con delle cuffie nevose sulle creste , si avvicinavano . Vedeva , netti , i fianchi , le spaccature , le frane , i nastri argentei dei corsi d ' acqua , le selve rampicanti . Ripassò , di ritorno , il treno . Non lo interessava più . Ora era la terra , il piccolo sentiero , che lo conduceva al ritratto della madre . Ecco , ecco il paesello sopra un picco che pareva continuare l ' assalto al cielo grazie ad uno slanciato e aguzzo campanile , il più alto dei dintorni . Paolo saliva una di quelle strade di montagna che sono vere scale , scavate nella roccia , dai gradini irregolari e larghi . Saliva col cuore in tumulto . Quale la casa della vecchietta ? Un prete annoso e rubizzo gli rese il grato servigio di accompagnarlo fino alla soglia , placidamente . Il cuore di Paolo balzava , irrompeva . Il buon prete voleva sapere chi fosse . - Un pronipote . - Davvero ! Chi sa che piacere per l ' avola ! Chi sa che piacere ! - Si fermò presso una porticina e , a testa alta , chiamò : Sora Felicita ! una visita ! - poi si piantò ad aspettare anche lui , con le mani nelle tasche e il cappello un po ' di traverso . Paolo intimidito avrebbe pagato il resto del suo peculio per congedarlo . - Grazie , reverendo . Grazie , non occore altro . - Ma sì , il reverendo era avido del loro incontro e volle assistervi . Ne capitavano così pochi di spettacoli lassù . Un passo affrettato di vecchia ; un colpo di tosse ; la porta si aprì . Che cosa piccolina anche sua zia ! Come lui . Si abbracciarono , stupiti , come due secoli , uno in sul finire , l ' altro sul nascere . Si guardarono con un vago dubbio inconfessato sulla loro identità personale . Ella non si dava pace come lui risuscitasse soltanto allora . Paolo non si dava pace di non averla cercata prima . E il buon reverendo soddisfatto riprese la sua strada e sorrideva come tutto fosse accaduto a lui . Essi entrarono . Sulle pareti non c ' era il ritratto della mamma . Cominciò uno scambio di notizie che non finiva più . - Tu , tu Paolino ! Sei proprio tu ? - E un pianto . - Sì eccomi qui , proprio io . - E cosa fai tu solo nel mondo ? - Un altro pianto . - Studio . - E chi ti fa studiare ? - Lavoro , guadagno e studio da me . - Miracolo ! Miracolo ! - Qui due lacrimette di meraviglia . Poi la vecchietta , quasi ottantenne , ripresa dall ' egoismo incosciente dell ' età che precipita verso la tomba , parlò di sé . - Io invece , sono alla fine ... ho perduto tutto il mio denaro sulle banche , vivo male ... Non posso darti nulla , Paolino ... Paolino , fu tanto uomo da rassicurarla che non voleva ... nulla ... Infatti , guardando la prozia , ebbe una sensazione di infinita pena : piccola , stecchita , avvolta in vesti antiche e stinte ; gli occhi respinti nell ' orbita verso il buio , le mani spolpate un po ' tremanti . Appena la si poteva scorgere in quella poltrona . Paolo dopo la pietà per la zia sentì un ' improvvisa nostalgia del sole . Forse era anche appetito . La vecchietta si levò , alla fine dei lamenti , sorrise , fece un gesto con le mani come a scacciare i fantasmi del dolore , e si occupò del pranzo . Ma sul più buono del lavoro , mentre Paolo la seguiva qua e là per la cucina stretta , sempre con sulle labbra una domanda intorno al ritratto di mamma , ella s ' interruppe . - Sai , non posso darti dei quattrini , ma ci ho una cosa per te , una cosa ... - Una fotografia della mamma ! - Anche quella , se non l ' hai , ... Ma ho un ' altra cosa . - Dammela , zia ! - disse Paolo giungendo le mani . - Te la dò , vieni con me . - Subito ! La vecchia posò una forchetta , andò al canterano del settecento , aprì il primo cassetto colmo di reliquie di tutte le forme ... - Eccolo ... Era un ritratto del 1880 , scolorito ma non alterato . Paolo guardò e lo baciò silenziosamente , senza ascoltare i commenti tremuli della zia le cui lacrime gocciolavano pel cassetto aperto . - Sei contento ? Paolo era corso alla finestra a guardare la fotografia . Com ' era bella sua madre ! Un aspetto dolce di creatura destinata al sacrificio : i capelli spartiti sulla fronte in due onde dolcissime che scendevano a un rapido contatto con l ' arco delle sopracciglia . Gli occhi mesti , aperti al sogno guardavano il dolore ; la bocca senza sorriso ma non triste . La testa leggermente inclinata . Una margherita tra i capelli , a destra . La zia , non si ricordava più dove aveva posata la forchetta ; la cercò , corse al fornello , scostò dalla brace una padellina , dove sfrigolava del burro , poi tornò al cassettone chiamando Paolino . - C ' è anche questo ... - Un altro ritratto ? - No ... - fece la zia aprendo la bocca sdentata ad un sorriso ovale di stupore , un sorriso particolare di alcuni vecchi . - È l ' oro di mamma tua ... che io ti regalo : ecco l ' anello nuziale , i pendenti , gli orecchini ... Sono tuoi , Paolino : Dio ti manda in tempo ; se non venivi chissà ! ... Conservalo , sai ... E tornò al burro sfrigolante che aspettava un rosso pomodoro per diventare sugo appetitoso . Il ragazzo non osava appropriarsi di tanta ricchezza , di tanto ben di Dio . - L ' oro , l ' oro ! Paolo non aveva mai pensato all ' oro che in sogno , come alle stelle , alla luna ... Dopo il pranzo minuscolo , un po ' troppo minuscolo , uscirono a braccetto . La zia presentò a tutti il pronipote , così giovane che si guadagnava già da vivere ; visitarono il parroco , andarono al cimitero , a due passi da casa per rendere omaggio all ' altra zia . Le ore della sera furono terribili . La vecchietta , forse per abitudine di tutte le sere , rannicchiatasi nell ' angolo della finestra che rispondeva quasi sul cimitero , si immerse nel ricordo della sorella , nominandola di quando in quando . Non parlarono più . Imbruniva ; le croci ingrandivano come ombre . Anche la zia pareva un ' ombra lamentosa . Paolo intuì che la poveretta aveva paura della morte . L ' Avemaria suonò come un monito lungo accasciato : pareva la voce di quella desolazione . Venne dal di fuori con un profumo di campagna il tremito dei grilli , legato serrato , dolce e doloroso ... La giornata finì con un reciproco addio , fra prozia e pronipote , un addio a fior di labbro , che pareva dovere essere l ' ultimo per l ' eternità . A l ' alba , col solito pacco di indumenti assicurato ad uno spago rosso , Paolo trottava verso le montagne . Possedeva ancora sette lire e centesimi ; un tesoro . Via via , che procedeva , qualcosa di brutto si staccava da lui , la sua anima raggiava come un cristallo ripulito . Il torrente , vecchio poeta della valle , lo affascinò tanto che dovette rallentare il passo . Lasciò il sentiero , di pietra in pietra , saltando raggiunse il centro dell ' alveo irto di massi . Sedette per fare uno spuntino di pane e frutta . L ' acqua azzurrognola urtava nei graniti spruzzando , si frangeva squillando ; formava cascatelle , rigagnoli , laghetti . Tacque a mezzodì lo strepito delle fabbriche ; la valle si rivelò nella pace . Paolo volle rivedere l ' oro della mamma alla luce del sole . Da quanto tempo non brillava così ? Lo pose sopra un masso , si scostò per guardarlo da lontano , come splendesse . Intanto parlava con la madre , a voce bassa ; a poco a poco molte immagini lo assalirono fiammeggiandogli nel cervello , accompagnate da spunti di versi . Parole melodiose gli accarezzavano le labbra ; lottò per ordinarle ; altre sopraggiungevano , poi un verso intero limpido , un secondo , un terzo . Allora sorse con la furia del conquistatore che deve ormai avanzare senza paura , tornò sul sentiero , prese un passo rapido , gli occhi lucenti mobilissimi . La prima lirica , intera , gli sgorgava dall ' anima . Cantò le prime strofe con pause tra l ' una e l ' altra ; talvolta una parola pareva materialmente staccarsi e cadere . Egli si irrigidiva finché l ' avesse sostituita . Dopo un ' ora mise il già fatto a prova di voce . - Sì , così va bene . È chiaro , bello , commovente : Avanti ! - Era un canto alla madre . Da più ore le fabbriche avevano ripreso lo strepito dei telai , accompagnato dall ' urlo ininterrotto del torrente sempre più furibondo quanto più Paolo lo risaliva verso la foce . Era giunto a Rosazza la gemma dei paesi alpini , nascosta come un giardino di fate entro una gola melanconica di monti . Paolo sostò al ponte sul Cervo per vivere il sogno di un altro miracolo : la sera che calava dalle vette mentre in cielo morivano rose ad ogni minuto e occhieggiavano le stelle . Languido nella profondità dell ' azzurro un quarto di luna . Quando si accorse di esistere Paolo mormorò a sé stesso : - Eccomi qui col ritratto della mamma , con l ' oro della mamma e una poesia per la mamma : la prima , quasi finita . Trovò alloggio facilmente , con poca spesa . Lo condussero in una camera sepolta nel buio . Ebbe paura . - Se mi rubassero l ' oro ? - Il ritratto e la poesia più che mai , erano al sicuro , ma l ' anello e i pendenti no . Guardò dalla finestra . La valle era tenebrosa sotto uno stellato fitto , vedeva un fianco di monte vicinissimo , sparso di macigni frananti . Pareva un ossario di giganti , sconsacrato . Al lume della candela nascose la giacchetta con l ' oro sotto il guanciale , poi come ciò non gli bastasse elevò presso la porta una barricata di sedie , sormontata dalla brocca dell ' acqua : così i ladri , venendo si farebbero sentire , lo sveglierebbero ... Proprio sul punto che credeva di addormentarsi ecco l ' ispirazione fresca , viva , incalzante , dettargli la chiusa della lirica materna . A poco a poco tra spasimi intellettuali e sospiri e fissità di occhi nel buio portò alla fine la bella fatica . Ma allo svegliarsi credette d ' impazzire . Cercò , cercò si martellò la testa di pugni , stupidito da una realtà agghiacciante ; cercò e non trovava più nulla . Eppure era ben desto . - Possibile ! Un furto di quel genere non lo poteva concepire . La giacchetta con l ' oro erano al loro posto . Ma c ' erano veramente ? Tale e quali ? Non cambiati con malizia ? Sì , ci erano . E poi chi poteva immaginare in lui un possessore d ' oro ? Ah povero Paolino ! Gli avevano rubato una buona parte della poesia , proprio le cose più belle che non gli riusciva di richiamare alla mente . Gli mancavano il secondo verso della prima quartina , il terzo della seconda e tutta la chiusa commovente . Altri pugni sulla testa ed altre prove per ricordare . Niente valeva . A certi punti la memoria , tac , si fermava come un orologio . Entrò un raggio di luce a far brillare l ' oro della mamma ancora scoperto . A quei barbagli la vena poetica , sorda ai pugni , pensò bene di mostrarsi più docile . Un verso tornò sano e salvo ; un ritmo oscillò qualche secondo , poi un altro ; con essi le parole ripresero il loro posto con la brava rima che sbocciata al sommo come un fiore . Paolo , quasi placato , poiché non gli mancavano che due versi secondari , trasse un sospiro di liberazione come il ladro fosse venuto di persona a restituirgli il bottino chiedendo perdono del furto perpetrato a tradimento . Quando scese a pagare lo scotto nel vedere una collana d ' oro falso al collo della montanara che l ' aveva ospitato trovò per incanto i due versi riluttanti ! Finalmente ! " Com ' è bizzarra la poesia ! " notò tra sé e sé mentre ripigliava la via del ritorno . Così ordinava il suo bilancio che gridava aiuto al cospetto di Dio . Tre lire in tasca e settanta kilometri di strada da percorrere a piedi fino a Torino ; due giorni di pellegrinaggio . Era una bellezza . Avviatosi , costeggiò il torrente , giunse a Biella verso il mezzogiorno , poi infilò lo stradone provinciale diritto come una saetta , polveroso sotto il sole canicolare . L ' ebbrezza del meriggio lo manteneva in uno stato canoro eccitandolo a esprimere melodie interiori . La poesia gli tornò alle labbra più volte , ne uscì più volte volando nella luce ; ma non gli sfuggiva più ormai : i versi dopo un volo nell ' aria a una a uno , come rondinelle , tornavano al nido che era il suo cuore . Dopo tutto , quella prima fatica d ' arte , coronata di successo valeva bene un impiego da quindici lire al mese . Oh se lo valeva ! A peggio andare ne troverebbe un altro . Si volse a salutare le montagne velate dall ' intero dardeggio del sole , salutò il Cervo , il vecchio poeta della valle , mandò da lontano un bacio al paese della zia . Povera vecchia ! Non saprebbe mai mai che lo scopo unico della sua visita non era stato che il riscatto della fotografia della mamma . Verso sera la ripensò e la rivide con gli occhi della mente rannicchiata alla finestra , triste , sotto l ' incubo della morte quasi presente . Paolo camminò per ore ed ore . Venne mezzodì , venne la sera . Il giorno dopo all ' alba snellito da un breve riposo in una casa campestre dove aveva gustato il ricovero del vero pellegrino marciava ancora verso la città natale . Tutto bene : leggero di stomaco e di borsa . La lirica che ripeteva di quando in quando gli dava l ' impressione di un dolce saporito , inebriandolo con l ' orgoglio dell ' artefice soddisfatto . Al tornare della notte l ' apparire di due gendarmi , a cavallo proprio davanti a lui , quasi vicini , lo fece tremare a verga . Se lo interrogassero ? Se lo frugassero ? Quell ' oro ... E perché non avrebbero interrogato un vagabondo , di notte , in una strada provinciale ? Quando i gendarmi lo sfiorarono disse : - Buona sera . - Buona sera - risposero due voci . E i grilli cantavano cantavano nella dolce notte d ' agosto .
StampaQuotidiana ,
Il direttore dell ' Avanti , Benito Mussolini , ha chiesto la convocazione della direzione del partito socialista per discutere su questo ordine del giorno : Atteggiamento dell ' Avanti ! e situazione nazionale . La richiesta del prof . Mussolini , contrariamente a quanto è stato affermato , è precedente alle polemiche di questi giorni circa il pensiero intimo del direttore dell ' Avanti ! su una eventuale guerra dell ' Italia contro l ' Austria . La direzione del partito socialista si riunirà oggi e domani domenica a Bologna . Alcuni credono che il prof . Mussolini abbia richiesto la convocazione della direzione del partito per le accuse che gli sono state recentemente rivolte .
I «CENTRISTI» ( - , 1934 )
StampaQuotidiana ,
Il Prometeo , giornale dei leninisti di sinistra da non confondersi con quelli di destra e meno ancora con quelli del centro , nel suo numero dell'11 novembre in 1a pagina 4a colonna accusa i « centristi » di avere voluto festeggiare l ' anniversario della rivoluzione russa , espellendo dal partito comunista tre assi del comunismo e cioè Fortichiari , Damen , Repossi . Abbiamo già dato notizia di questo evento . Per dare un ' idea dello stato d ' animo degli scrittori di Prometeo basti dire che il numero in questione reca a caratteri di scatola , in prima pagina , il titolo seguente : « Il proletariato spagnuolo commemora , col suo sangue , l ' ottobre rosso , mentre la Russia s ' ingrana nel covo dei briganti ... » . Il giornale , nel corsivo dedicato alla espulsione dei tre gentiluomini di cui sopra , arriva a scrivere che i reazionari repubblicani di Spagna , autori delle repressioni di Oviedo , hanno potuto farlo perché « esiste una garanzia sicura ed infrangibile ; il centrismo è là e getta , negl ' interessi della controrivoluzione , il peso formidabile di uno Stato che controlla il sesto del mondo . Ma le vittorie di oggi preparano le battaglie di domani , ed al fuoco delle future battaglie rivoluzionarie il proletariato saprà sbarazzarsi di tutti i suoi nemici , fra i quali prendono posto di prima fila i centristi che devono persino cancellare i nomi di quelli che fondarono il partito , e che il fascismo ha potuto immobilizzare , ma che non è riuscito a piegare ad accettare la politica centrista che ha condotto alla catastrofe della rivoluzione mondiale » . Stalin , dittatore perpetuo di tutte le Russie bolsceviche , è dunque avvertito . Stia in guardia . Ci sono dei comunisti che lo considerano il più ignobile dei traditori e vogliono fare una rivoluzione per sbalzarlo di seggio . Vero è che tra il dire e il fare c ' è di mezzo il mare e nel caso in questione la G . Pe . U . , che non ha mai scherzato , come Trotzki e i trotzkisti sanno per loro personale esperienza .