StampaPeriodica ,
Di
primavera
-
in
un
treno
campagnuolo
-
al
tramonto
.
Sabato
.
È
l
'
ora
in
cui
gli
ultimi
operai
rientrano
dalla
città
alle
lor
case
sparse
pe
'
cascinali
.
Sono
ora
i
ritardatari
:
i
vecchi
,
gli
alcoolizzati
,
gli
scemi
.
Il
grosso
degli
operai
-
i
validi
-
rincasarono
già
.
Nel
mio
compartimento
io
son
rimasto
solo
;
e
mi
diverto
a
trar
fumo
da
una
sigaretta
.
Sale
un
operaio
.
È
vecchio
-
ed
ha
l
'
aspetto
imbecille
.
Dev
'
esser
di
quelli
che
vivono
tra
la
calce
;
perché
tutta
la
sua
persona
,
l
'
abito
la
faccia
i
capelli
le
mani
,
sono
macchiati
e
inaspriti
dalla
calce
seccata
.
Veramente
,
su
'
suoi
capelli
,
non
si
sa
dire
qual
sia
bianco
di
calce
e
quale
di
canizie
:
è
tutto
bianco
indelebile
e
antico
.
È
molto
vecchio
?
-
Chissà
.
La
sua
faccia
nasconde
l
'
età
dentro
le
rughe
e
i
solchi
:
somiglia
una
povera
terra
magra
,
nuda
se
non
di
poveri
sterpi
(
le
sopracciglia
e
i
baffi
sembrano
stipe
)
-
e
ricca
soltanto
di
spaccature
e
buche
.
Perfino
il
cuoio
delle
scarpe
-
enormi
e
riquadre
-
è
straziato
e
aggrinzito
dalla
materia
erodente
;
ed
è
del
resto
molto
simile
al
cuoio
delle
sue
mani
e
del
volto
.
I
suoi
occhi
sono
grossi
;
e
girano
lo
sguardo
così
lentamente
,
che
a
momenti
sembrano
spenti
.
Pure
l
'
espressione
totale
del
viso
non
è
triste
;
è
piuttosto
di
un
'
ebetudine
tranquilla
che
sia
in
aspettativa
di
qualche
giocondità
.
Sul
banco
egli
ha
deposto
un
fagotto
,
ch
'
è
fatto
della
sua
giacca
con
ravvoltivi
i
suoi
ferri
;
e
più
vicino
a
sé
,
un
grosso
pane
di
frumento
,
bianco
,
ravvolto
in
carta
,
sul
quale
ha
pur
cura
di
stendere
ancora
una
sua
larga
pezzuola
.
Forse
è
quello
il
dono
domenicale
che
egli
porta
a
'
suoi
-
e
lo
protegge
così
come
un
tesoro
.
Quando
il
treno
riparte
il
vecchio
conta
una
manciata
di
monete
.
Quasi
tutte
di
rame
:
e
forse
è
il
prezzo
della
sua
fatica
di
sei
dì
.
Scerne
le
poche
lire
,
poi
le
conta
sulle
dita
:
e
pare
del
suo
conto
soddisfatto
;
perché
riponendo
il
poco
gruzzolo
in
tasca
,
mette
un
sospiro
che
par
di
sollievo
.
Dopo
di
che
,
s
'
abbandona
sulla
spalliera
di
legno
,
rovescio
il
capo
,
gli
occhi
e
la
bocca
socchiusi
,
come
aspettando
il
sonno
;
in
un
rilassamento
totale
dei
muscoli
e
della
volontà
-
come
se
costretti
per
sei
giorni
consecutivi
,
gli
si
allentino
insieme
improvvisamente
.
Ma
l
'
abbandono
è
breve
.
Raddrizza
tosto
la
schiena
(
il
suo
volto
si
schiude
)
e
cacciatasi
una
mano
tra
la
camicia
e
il
petto
,
ne
trae
una
rozza
pipa
di
legno
abbruciacchiata
-
un
cartoccetto
di
tabacco
-
e
carica
la
sua
pipa
sospirando
.
Forse
è
quella
la
giocondità
che
il
suo
viso
attendeva
.
Ma
quando
l
'
ha
presa
tra
le
labbra
e
vuol
accenderla
,
ecco
s
'
accorge
che
la
pipa
è
ingombra
.
Pazientemente
la
rivuota
,
la
rivolge
:
poi
soffiando
aspirando
battendo
,
invano
s
'
adopra
a
liberarla
.
Si
fruga
nelle
tasche
:
snoda
il
fagotto
;
cerca
tra
i
ferri
;
ne
cava
un
lungo
chiodo
puntuto
,
e
con
quello
,
già
un
po
'
stizzoso
,
gratta
e
rispazza
il
macero
fornello
della
sua
pipa
.
Prova
di
nuovo
-
ma
la
pipa
è
ingombra
.
È
evidentemente
contrariato
.
Si
guarda
intorno
,
come
per
cercare
un
aiuto
un
consiglio
un
'
ispirazione
.
Il
suo
sguardo
s
'
arresta
sul
fumo
ch
'
io
getto
di
bocca
copioso
:
poi
su
me
;
e
pare
ch
'
egli
abbia
formulata
in
sulle
labbra
una
domanda
da
rivolgermi
-
ma
non
osa
.
Forse
è
l
'
aspetto
decente
del
mio
vestire
che
paralizza
tutto
il
suo
ardire
.
Finalmente
si
risolve
:
-
"
El
gavaria
no
,
sciôr
una
paja
de
sigar
?
"
-
dice
,
dimostrandomi
col
gesto
della
mano
verso
la
sua
pipa
il
desiderio
che
le
sue
parole
non
sanno
esprimere
intero
.
Io
mi
palpo
le
tasche
:
-
No
.
Tentenna
egli
il
capo
.
Un
momento
ristà
meditabondo
:
guarda
di
traverso
dentro
il
nero
fornello
della
sua
pipa
,
come
dentro
un
abisso
che
gli
nasconda
agguati
:
la
batte
ancora
,
sulle
ginocchia
,
sulla
mano
,
sul
banco
-
inutilmente
.
Scorge
al
suolo
un
fuscello
e
si
china
a
raccôrlo
(
pare
quando
si
risolleva
che
il
fuscello
pesi
enormemente
al
suo
braccio
che
sia
indolorito
)
-
e
si
riaccinge
con
quello
.
Il
volto
è
intento
,
la
mano
trema
...
Ma
il
fuscello
introdotto
nella
cannula
si
spezza
,
ed
egli
non
può
più
ritrarnelo
.
"
Gesuddiu
!
"
Ma
sbollitagli
appena
la
bestemmia
,
già
si
rinverde
la
sua
lena
industre
.
Straccia
dal
foglio
che
ravvolge
il
suo
pane
un
piccolo
lembo
di
carta
(
piccolo
,
come
per
tema
di
scovrir
troppo
il
tesoro
)
e
lo
rivolve
penosamente
fra
le
dita
-
aspre
e
grosse
dita
inette
alla
materia
lieve
-
a
fabbricarne
un
'
asticina
.
Riesce
alfine
,
e
si
riprova
.
L
'
asticciuola
entra
:
ma
al
minimo
sforzo
cede
,
ed
egli
è
costretto
a
gettarla
.
Brontola
ancora
bestemmie
,
gli
occhi
nell
'
alto
.
Ma
ancora
la
sua
voglia
si
rimpunta
.
Si
rifruga
per
tutte
le
sue
tasche
:
ne
trae
uno
zolfanello
:
l
'
appunta
:
si
riprova
con
quello
:
gli
si
spezza
;
non
può
.
Adesso
l
'
uomo
appare
proprio
costernato
.
Batte
ancora
la
pipa
in
sul
palmo
-
questa
volta
,
pare
assai
più
per
dispetto
che
speranza
.
Poi
ristà
immoto
,
con
l
'
avversaria
pipa
in
sulla
mano
,
fitto
lo
sguardo
su
,
stretta
la
fronte
come
per
una
straordinaria
intensione
d
'
ingegno
.
Certo
dentro
di
lui
qualche
cosa
s
'
inerpica
e
s
'
imbizza
...
Ma
ecco
si
rispiana
la
sua
fonte
;
si
riscuote
;
ha
trovato
.
Lesto
cava
di
tra
i
suoi
ferri
un
coltellaccio
incurvo
:
l
'
apre
;
n
'
esamina
il
filo
;
considera
il
legno
della
panca
su
cui
siede
;
e
pare
si
accinga
a
scheggiarla
in
sullo
spigolo
.
Già
la
mano
all
'
atto
;
-
ma
ristà
.
Par
quasi
che
un
'
altra
-
invisibile
mano
ma
più
forte
-
l
'
abbia
ghermito
e
lo
ritenga
.
Sente
egli
la
gravità
dell
'
atto
ch
'
è
per
compiere
?
-
un
'
azione
di
quelle
proibite
,
per
cui
ci
sono
i
carabinieri
i
giudici
gli
avvocati
il
carcere
e
la
multa
;
qualche
cosa
come
un
delitto
contro
la
proprietà
...
Guarda
a
me
di
sottecchi
,
forse
per
convincersi
se
spio
,
forse
per
leggere
nel
mio
volto
,
nel
mio
contegno
,
un
incitamento
in
un
senso
o
nell
'
altro
:
correr
dietro
al
suo
lungo
desiderio
,
o
ascoltare
il
monito
sopraggiunto
?
-
Io
continuo
a
fumare
,
impassibile
.
L
'
uomo
ha
scrollato
un
pochettino
una
spalla
.
Si
direbbe
che
lo
scrupolo
gli
pesasse
materialmente
in
su
quella
,
ed
egli
l
'
abbia
ributtato
così
.
Ora
infatti
è
spedito
alla
sua
voglia
:
con
un
colpo
secco
stacca
tra
le
sue
ginocchia
un
lungo
stecco
di
legno
(
sùbito
si
rinserran
le
ginocchia
ad
occultar
sulla
panca
la
ferita
)
-
ed
ecco
intorno
alla
sottil
scheggia
staccata
già
s
'
industria
col
ferro
;
l
'
aguzza
,
l
'
assottiglia
,
l
'
arrotonda
.
Prova
.
Ancora
un
poco
in
punta
,
un
pochetto
al
mezzo
...
Mette
nel
suo
lavoro
maggiore
studio
e
maggiore
attenzione
che
se
costruisse
l
'
arco
di
un
ponte
.
È
fatto
.
Riprova
.
Lo
stecco
è
rigido
e
esatto
:
sforza
,
passa
,
trascorre
,
due
e
tre
volte
.
Accosta
ancora
la
pipa
alle
labbra
;
soffia
...
Libera
,
libera
!
...
Sbuffa
adesso
l
'
uomo
come
se
tenesse
in
petto
,
adunata
nella
lunga
contensione
chissà
qual
forza
di
troppo
-
ed
anche
si
batte
un
buon
pugno
sulla
coscia
come
suggello
alla
vittoria
ghermita
.
Riprende
il
cartoccio
del
tabacco
e
si
ricarica
la
sua
pipa
con
la
pacata
sicurezza
dell
'
uomo
che
avendo
definitivamente
sterminato
ogni
resistenza
nemica
,
si
vede
ormai
dinanzi
la
via
libera
e
piana
alla
sua
gioia
.
Uno
zolfanello
in
pronto
-
e
attende
ad
accenderlo
che
il
treno
sosti
.
Forse
è
quello
l
'
ultimo
fuoco
che
gli
rimane
e
non
vuole
rischiarlo
.
Il
treno
sosta
-
riparte
.
Una
fanciulla
è
salita
nel
compartimento
;
e
s
'
è
seduta
fronte
a
fronte
del
vecchio
,
presso
lo
sportello
,
lo
sguardo
fuori
,
come
tenendosi
presta
a
fuggir
fuori
ancora
.
È
giovanetta
ed
elegante
,
e
bella
molto
.
Come
capitata
là
dentro
?
-
Sembra
esiliata
in
quel
riparto
squallido
.
Quasi
sdegnosa
dell
'
istess
'
aria
che
le
circola
intorno
,
si
tiene
tutta
raccolta
in
un
ampio
mantello
bigio
-
funereo
nel
bel
lume
d
'
aprile
siccome
i
cieli
del
novembre
lontano
-
e
le
pendono
in
basso
sovra
i
piccoli
piedi
,
le
gonne
soffici
nere
.
Nera
la
mano
che
s
'
adunca
sul
petto
.
Nero
il
cappello
che
le
ombreggia
la
fronte
.
Ma
albeggia
sotto
,
di
un
pallore
trasparente
di
miele
,
il
viso
piccolo
elittico
,
concluso
in
due
cortine
di
capelli
ramei
:
vivono
gli
occhi
lontani
in
aloni
d
'
ombra
alabastrina
.
Ma
le
sgorga
sotto
il
mento
,
fuor
della
clausura
del
mantello
cinereo
-
quasi
fosse
il
zampillo
di
qualche
antica
profondissima
incontenibile
gioia
-
roseo
e
leggero
il
nodo
di
una
cravatta
di
tulle
,
come
un
vapore
di
nuvole
aurorali
.
Il
vento
che
irrue
per
la
finestrella
la
investe
circonfondendole
il
viso
nel
nimbo
dei
capelli
agitati
e
del
velo
chiaro
.
Guarda
ella
china
all
'
urto
villano
,
verso
l
'
occidua
luce
-
una
nemica
ruga
in
sulla
fronte
.
Il
vecchio
ha
acceso
la
sua
pipa
-
e
trae
ora
il
primo
denso
sbuffo
di
fumo
;
quando
il
suo
sguardo
si
arresta
sulla
nuova
venuta
che
gli
sta
di
fronte
.
La
guata
ritraendosi
un
poco
,
come
dinanzi
a
improvviso
nemico
;
e
gli
esce
intanto
da
un
angolo
della
bocca
uno
zampilletto
malsicuro
di
fumo
:
dall
'
angolo
della
bocca
che
è
il
più
lontano
da
colei
che
i
suoi
occhi
scandagliano
.
Colei
tosse
.
L
'
uomo
si
riscuote
.
Come
se
il
piccolo
urto
dell
'
altrui
tossire
,
meccanicamente
,
per
occulti
tramiti
,
si
propagasse
alla
sua
stessa
persona
-
l
'
uomo
si
toglie
la
sua
pipa
di
bocca
.
Allunga
una
mano
a
toccar
nel
ginocchio
l
'
assorta
.
Quella
trasale
.
L
'
uomo
tace
-
ma
indica
con
la
mano
la
sua
pipa
fumante
.
"
Le
fa
male
?
"
-
pare
che
voglia
chiedere
.
Quella
sorride
,
e
accenna
"
no
"
col
capo
.
Ma
il
suo
sorriso
è
più
triste
della
ruga
che
le
incide
la
fronte
;
e
sùbito
rifugge
il
suo
sguardo
al
di
fuori
.
E
ancora
tosse
;
e
sempre
il
vento
la
batte
.
L
'
uomo
,
con
la
pipa
in
mano
,
sembra
inebetito
.
Guarda
la
fanciulla
,
la
sua
pipa
,
me
.
(
Io
ho
finito
allora
di
fumare
e
ho
gettato
il
mozzico
)
.
Infine
col
pollice
,
lentamente
-
senza
che
il
suo
viso
partecipi
a
quel
che
la
mano
fa
-
copre
il
focolare
della
pipa
;
lo
preme
;
lo
soffoca
.
Un
estremo
fumarello
vien
su
pulverulento
.
Egli
lo
sta
a
guardare
:
poi
,
rivolta
d
'
ogni
lato
la
sua
pipa
,
se
la
ripone
in
seno
.
Scaracchia
ora
forte
l
'
uomo
,
come
a
divellere
da
'
suoi
tessuti
più
intimi
qualcosa
di
molto
avvinto
;
e
si
riabbandona
contro
la
spalliera
;
rovescio
il
capo
,
occhi
e
bocca
socchiusi
,
come
aspettando
il
sonno
.
Pendono
e
vanno
alle
scosse
del
treno
,
tra
le
ginocchia
aperte
,
le
mani
gravi
.
L
'
esiliata
a
un
fischiar
del
treno
,
ha
tese
le
gambe
levando
i
piedi
in
un
brivido
.
Quasi
viene
a
toccare
co
'
suoi
piccoli
piedi
insieme
attorti
le
mani
dell
'
uomo
pandenti
.
Sono
di
così
piccola
e
fragiletta
mole
,
che
entrambi
capirebbero
annidati
in
una
di
quelle
mani
.
Se
la
mano
stringesse
,
s
'
infrangerebbero
entrambi
.
StampaQuotidiana ,
Milano
,
19
maggio
.
A
Milano
,
in
casa
del
signor
Giovanni
Treccani
,
davanti
alla
Bibbia
di
Borso
d
'
Este
.
I
due
volumi
della
Bibbia
sono
giunti
ieri
da
Parigi
,
vigilati
da
due
cerberi
,
uno
membruto
villoso
flemmatico
e
romanesco
,
Colasanti
,
direttore
generale
delle
Belle
Arti
;
l
'
altro
,
magro
irrequieto
esclamativo
e
napoletano
,
de
Marinis
.
Diamo
,
per
quel
che
ci
costa
,
a
ognuno
il
suo
:
se
il
Treccani
è
l
'
Amerigo
Vespucci
,
il
de
Marinis
è
il
Cristoforo
Colombo
del
rutilante
eldorado
chiuso
dentro
queste
fodere
di
panno
verde
,
dentro
queste
copertine
di
marocchino
rosso
.
E
adesso
,
varcato
l
'
oceano
tempestoso
dei
sì
e
dei
no
,
il
de
Marinis
è
felice
di
guidarci
tra
le
divinità
,
gli
angeli
,
gli
uomini
,
le
piante
,
i
fiori
,
le
nuvole
,
i
fiumi
,
i
prati
,
i
pianeti
,
i
palagi
,
gli
animali
di
questo
mondo
di
sogno
,
pagina
per
pagina
:
milleduecento
e
tante
pagine
.
Mi
ricordo
questo
entusiasta
,
poco
più
d
'
un
mese
fa
,
quando
entrò
a
tarda
sera
nel
mio
studio
,
correndo
.
Piccolo
com
'
è
,
e
sempre
sulla
punta
dei
piedi
,
pareva
che
avesse
le
ali
.
Era
sceso
dal
treno
di
Parigi
poche
ore
prima
:
la
Bibbia
di
Borso
che
l
'
imperatore
Carlo
s
'
era
fuggendo
portata
in
Isvizzera
come
nel
1859
il
duca
di
Modena
se
l
'
era
fuggendo
portata
a
Vienna
e
che
nessuno
più
riusciva
a
scovare
,
egli
l
'
aveva
veduta
a
Parigi
nelle
mani
del
signor
tal
de
'
tali
.
Bisognava
riportarla
in
Italia
,
bisognava
che
finisse
di
far
da
viatico
ai
principi
in
fuga
:
bastava
un
niente
,
tre
o
quattro
milioni
.
Io
che
,
per
quanto
mi
sforzi
di
seguire
la
moda
,
ho
ancora
il
torto
di
dubitar
dei
miracoli
,
lo
guardavo
preoccupato
e
insistevo
a
dirgli
:
Segga
,
mi
faccia
il
piacere
,
segga
.
Un
pazzo
seduto
è
meno
pericoloso
che
in
piedi
.
Vor
dì
che
voi
portate
li
rigistri
De
le
spese
,
l
'
esatta
relazione
,
Ché
ve
farò
parlà
co
'
li
ministri
.
E
lo
spedii
col
primo
treno
al
ministro
dell
'
Istruzione
che
sapevo
gentile
e
,
in
queste
faccende
,
liberale
.
Ed
ecco
:
il
miracolo
s
'
è
avverato
,
la
Bibbia
è
in
Italia
.
«
Ho
il
piacere
di
annunciarle
che
la
Bibbia
di
Borso
d
'
Este
è
assicurata
all
'Italia.»
Questo
semplice
telegramma
Giovanni
Treccani
mandò
il
3
maggio
da
Parigi
a
Benito
Mussolini
:
gli
costava
,
come
è
noto
,
più
di
duecentocinquantamila
lire
a
parola
.
Adesso
,
prima
della
gran
Bibbia
,
guardo
lui
.
Lombardamente
posato
e
imperturbabile
,
giovane
ancora
,
biondo
e
sorridente
,
il
naso
piccolo
e
mobile
,
le
palpebre
gravi
ed
esangui
sugli
occhi
azzurri
,
egli
ha
già
imparato
a
maneggiare
il
suo
codice
con
la
delicatezza
del
vecchio
bibliofilo
,
la
quale
sfiora
e
non
tocca
ed
è
paragonabile
solo
alla
delicatezza
delle
donne
quando
s
'
aggiustano
sulla
pettinatura
una
ciocca
che
sfugge
.
L
'
ha
veduto
ancora
poco
il
suo
tesoro
,
ma
lo
conosce
già
molto
bene
,
dall
'
a
alla
zeta
,
e
ne
gradua
con
buon
gusto
le
tante
bellezze
e
finezze
.
Purtroppo
il
metodo
da
lui
scelto
per
uno
studio
rapido
e
pratico
dell
'
arte
della
miniatura
non
é
da
tutti
.
E
il
vecchio
proverbio
qui
è
rovesciato
:
metti
da
parte
e
poi
impara
l
'
arte
.
Vede
:
io
volevo
lasciare
ai
miei
figlioli
un
nome
che
valesse
per
qualcosa
di
nobile
e
di
durevole
.
Non
sono
un
artista
io
,
non
sono
uno
scrittore
.
Ho
cercato
:
ho
trovato
.
È
stata
una
fortuna
per
me
.
Parla
senza
enfasi
,
parla
sottovoce
in
quest
'
alacre
città
dove
anche
nei
salotti
americanamente
si
grida
.
E
convince
e
conquista
sùbito
,
almeno
gli
artisti
e
gli
scrittori
stupefatti
di
sentirsi
invidiati
.
Dalle
pareti
della
sala
che
oggi
ospita
la
Bibbia
,
pendono
quadri
di
Tranquillo
Cremona
,
di
Daniele
Eanzoni
,
di
Mosè
Bianchi
,
di
Filippo
Carcano
:
sembrano
i
nobili
deputati
dai
moderni
pittori
lombardi
ad
accogliere
onorevolmente
i
signori
Taddeo
Crivelli
,
Franco
Russi
,
Marco
dell
'
Avogaro
e
gli
altri
pittori
della
Bibbia
ferrarese
.
Ma
ecco
s
'
apre
la
Bibbia
,
e
tutto
il
resto
scompare
.
Quel
che
prima
fa
stupire
,
è
trovarla
così
intatta
.
Ad
aprire
certe
pagine
,
a
vedere
i
fondi
d
'
oro
senza
un
'
incrinatura
,
i
fondi
d
'
oltremare
senza
una
ruga
,
sembra
d
'
aprirle
noi
per
la
prima
volta
dopo
messer
Borso
.
Non
c
'
è
che
gl
'
illetterati
per
conservare
bene
i
libri
.
Francesco
Giuseppe
d
'
Austria
o
Francesco
di
Modena
,
senza
risalir
più
lontano
,
dovevano
spendere
il
loro
tempo
in
ben
altre
,
oh
gravissime
,
occupazioni
;
e
la
Bibbia
la
lasciavano
dormire
collocata
nel
suo
forziere
,
vergine
e
immacolata
,
diciamo
pure
,
per
noi
.
Questo
stupore
è
moltiplicato
dalla
minutezza
e
fragilità
di
tanta
arte
e
splendore
.
Sarebbe
come
ritrovare
vivi
un
fiore
o
una
farfalla
di
cinque
secoli
fa
.
Il
prodigio
della
sopravvivenza
si
aggiungerebbe
al
prodigio
della
sua
piccolezza
e
bellezza
nativa
,
tanto
da
lasciarti
sulle
prime
senza
respiro
.
Hanno
voluto
,
è
vero
,
questi
pittori
maestri
dare
ad
ogni
pagina
una
sua
bilicata
architettura
,
farne
uno
stabile
monumento
:
in
alto
un
frontone
con
la
sua
lapide
,
ai
lati
due
fioriti
pilastri
con
statue
e
medaglioni
,
nel
mezzo
tra
i
due
spazii
scritti
,
come
tra
due
finestre
,
una
colonnina
o
un
festone
,
in
basso
un
'
alta
base
e
così
salda
che
le
storie
e
i
paesi
in
essa
dipinte
vi
sono
divisi
,
scena
per
scena
,
da
classiche
colonne
,
nude
o
scannellate
,
di
bronzo
o
di
marmo
,
capaci
di
reggere
davvero
da
sole
una
fabbrica
tanto
eccelsa
ed
ariosa
,
se
al
signor
Duca
fosse
venuto
il
ghiribizzo
di
costruirsela
in
pietra
.
Ma
dentro
questi
vani
e
nicchie
e
finestre
,
appoggiati
a
questi
larghi
pilastri
,
i
pittori
si
sentono
finalmente
a
loro
agio
come
e
meglio
che
a
casa
loro
:
e
allora
si
divertono
a
raccontare
favole
in
libertà
e
ad
immaginare
leggiadrie
come
in
un
decamerone
sull
'
erba
.
Oggi
nella
scorsa
non
so
seguire
che
questi
svaghi
e
capricci
:
cervi
alla
fonte
timidi
e
stupiti
a
vedersi
sul
capo
quei
tanti
rami
,
levrieri
assaettati
,
candide
aquile
e
verdi
girifalchi
araldici
ed
accigliati
come
tiranni
in
trono
,
aironi
in
volo
dentro
un
fuso
d
'
azzurro
come
se
un
lembo
di
cielo
si
fosse
avvolto
intorno
al
loro
corpo
lanciato
,
colombe
e
tortore
,
quaglie
e
pernici
accovacciate
dentro
una
rosa
come
nel
loro
vero
nido
,
elefanti
e
camelli
e
scimmie
e
leopardi
e
orsi
e
struzzi
,
tratti
o
cavalcati
con
guinzagli
e
redini
di
porpora
da
pargoli
bianchi
e
paffuti
.
E
poi
farfalle
e
farfalle
.
Ve
ne
saranno
di
cento
specie
,
azzurre
,
viola
,
nere
,
gialle
,
bianche
,
ferme
e
vaganti
,
così
naturali
e
vive
che
sembra
proprio
si
vengano
adesso
a
posare
su
queste
aiole
di
fiori
per
goderne
e
nutrirsene
.
Alla
fine
,
la
farfalla
ti
resta
nella
memoria
come
l
'
emblema
di
Taddeo
Crivelli
e
di
Franco
Russi
:
preciso
.
Alla
fine
....
Sono
tre
ore
che
sfogliamo
e
guardiamo
e
cerchiamo
aggettivi
.
S
'
è
stanchi
e
si
sta
per
diventare
ciechi
,
col
cervello
vuoto
:
il
povero
cervello
che
alle
prime
pagine
s
'
illudeva
di
confrontare
,
di
giudicare
,
di
ricordare
.
Quest
'
angelo
con
la
fronte
tonda
,
con
le
palpebre
a
campana
col
nasino
a
martello
,
con
la
bocca
gonfia
,
non
par
di
Cosmé
Tura
?
Questa
dama
con
la
fronte
rasa
e
i
capelli
dietro
a
turbante
,
con
un
collo
più
lungo
del
volto
,
con
una
veste
a
strascico
tutta
perle
smeraldi
e
oro
,
questo
smilzo
cavaliere
con
un
gran
cappello
aguzzo
come
una
prora
,
non
paiono
di
Pisanello
?
Questi
cavalli
tondi
sotto
una
selva
di
lance
non
sono
di
Paolo
Uccello
?
Si
dura
poco
in
questi
raffronti
.
Ci
si
sente
soffocati
come
sotto
una
pioggia
di
fiori
sempre
più
folta
e
pesante
.
E
non
s
'
osa
dir
basta
,
e
non
si
vuole
dir
basta
.
Le
si
prepara
una
vita
difficile
,
diciamo
al
signor
Treccani
per
svagarci
dai
milioni
dell
'
arte
con
un
centesimo
di
realtà
:
Quanta
gente
le
ha
dato
consigli
e
le
ha
chiesto
soccorsi
dopo
il
suo
ritorno
da
Parigi
?
Il
signor
Treccani
che
è
di
poche
parole
,
sorride
,
esce
,
torna
con
un
fascio
di
lettere
.
Leggiamo
due
righe
della
prima
:
«
Io
vengo
a
proporle
un
'
impresa
che
renderà
gloriosi
e
ricchissimi
me
e
lei
:
il
prosciugamento
del
mar
Caspio
e
la
fine
dei
terremoti
»
.
E
una
riga
della
seconda
:
«
Io
sono
stata
sedotta
da
un
uomo
.
»
Perché
questa
Bibbia
di
Borso
si
guarda
e
non
si
legge
?
Vorrei
consigliare
al
suo
munifico
possessore
,
se
i
mille
visitatori
gli
lasciano
cinque
minuti
di
respiro
,
di
leggersi
almeno
un
versetto
nel
Libro
dell
'
Ecclesiaste
:
«
Dove
sono
molti
beni
,
sono
anche
molti
mangiatori
di
essi
;
e
che
pro
ne
trae
il
padrone
di
essi
,
salvo
la
vista
degli
occhi
?
»
Ma
i
poeti
esagerano
.
StampaQuotidiana ,
Con
tale
titolo
,
ebbe
qualche
fortuna
editoriale
alcuni
anni
fa
un
romanzo
italiano
.
Non
si
tratta
di
ciò
.
Gli
«
indifferenti
»
,
nella
espressione
più
integrale
della
parola
,
sono
i
compagni
socialisti
italiani
del
sud
-
est
della
Francia
,
i
quali
se
ne
fregano
del
loro
partito
nella
più
fascistica
delle
maniere
.
Il
Comitato
direttivo
ha
un
bel
lanciare
degli
appelli
periodici
;
questi
cadono
completamente
nel
vuoto
,
cioè
fra
individui
sordi
come
una
campana
,
muti
come
pesci
,
addormentati
come
marmotte
.
Leggete
e
commovetevi
se
ne
siete
ancora
capaci
,
in
questi
tempi
duri
per
tutti
,
ma
catastrofici
per
quel
po
'
di
«
pus
»
che
è
rimasto
in
circolazione
oltre
le
patrie
frontiere
.
La
circolare
«
riservata
»
è
in
data
1°
novembre
u
.
s
.
:
«
I
due
appelli
dell
'
Esecutivo
Federale
e
della
Direzione
del
Partito
in
merito
alla
«
Quindicina
della
Tessera
e
quella
della
Stampa
»
non
hanno
avuto
eco
alcuna
fra
le
Sezioni
ed
i
compagni
nostri
.
Lo
assenteismo
il
più
completo
e
l
'
indifferenza
la
più
assoluta
hanno
fatto
riscontro
al
nostro
richiamo
.
«
Mentre
precedentemente
la
Segreteria
Federale
era
affollata
di
richieste
per
assemblee
,
e
riunioni
di
propaganda
;
ed
ammirabile
ne
era
l
'
attività
dei
compagni
in
ogni
località
;
per
la
quindicina
della
tessera
e
della
stampa
,
nessuna
sezione
,
ad
eccezione
di
Marsiglia
,
ha
sentito
il
dovere
di
adunarsi
in
assemblea
o
di
convocare
riunioni
di
propaganda
.
«
A
quanto
pare
fra
i
compagni
si
è
fatta
strada
l
'
idea
della
inutilità
della
propaganda
del
partito
,
o
del
dovere
di
dare
forza
attiva
all
'
azione
singola
delle
Sezioni
o
Gruppi
nostri
.
«
La
Segreteria
è
pure
a
conoscenza
che
raramente
il
Bollettino
Federale
viene
portato
a
conoscenza
dei
compagni
;
per
cui
si
domanda
se
vale
ancora
la
pena
di
farne
la
pubblicazione
;
come
pure
domanda
ai
compagni
se
credono
veramente
di
avere
compiuto
interamente
il
loro
dovere
di
socialisti
e
di
rivoluzionari
,
disinteressandosi
,
come
essi
fanno
,
dell
'
azione
nostra
di
Partito
»
.
Dopo
queste
constatazioni
ultrafallimentari
si
potrebbe
chiudere
decentemente
la
bottega
,
se
non
ci
fosse
il
solito
gruppo
dei
professionali
che
ci
vive
sopra
.
StampaQuotidiana ,
La
maggiore
trepidazione
dell
'
anima
italiana
,
in
questi
giorni
di
sospeso
destino
,
è
per
Fiume
.
In
questo
nome
si
placano
tutte
le
discordie
e
convergono
tutte
le
speranze
.
Che
Fiume
sia
città
in
maggioranza
italiana
e
irremovibilmente
risoluta
a
non
tollerare
usurpazione
straniera
è
un
dato
di
fatto
cui
debbono
ormai
tutti
,
e
in
parte
anche
i
jugoslavi
,
inchinarsi
.
Le
statistiche
comunali
di
dicembre
1918
migliorano
,
ma
non
rovesciano
le
risultanze
della
statistica
magiara
di
otto
anni
or
sono
,
secondo
la
quale
a
24.000
italiani
non
potevano
opporsi
che
circa
14.000
fra
serbo
-
croati
e
sloveni
.
Perfino
l
'
inclusione
di
Sussak
,
se
per
Sussak
s
'
intende
non
già
il
vasto
comune
croato
di
Sussak
-
Tersatto
ma
il
sobborgo
fiumano
di
Oltreponte
,
lascerebbe
gl
'
italiani
in
maggioranza
di
circa
6000
.
Ma
più
ancora
del
numero
conta
l
'
ardore
di
questi
italiani
,
lo
slancio
irrefrenabile
con
cui
fin
dal
30
ottobre
invocarono
la
patria
che
li
aveva
sacrificati
a
non
sappiamo
quale
necessità
politica
e
ancora
oggi
la
invocano
,
decisi
ad
ottenerla
contro
qualsiasi
violenza
di
padroni
o
illecita
intrusione
di
terzi
.
Ma
non
occorre
insistere
.
La
conoscenza
della
volontà
di
Fiume
è
ormai
così
vittoriosamente
diffusa
che
più
nessuno
pensa
di
soggiogare
questa
città
alla
Croazia
,
contro
la
quale
essa
combatté
tutte
le
sue
lotte
storiche
.
Perché
dunque
si
tarda
a
consacrarne
il
diritto
di
autodecisione
?
perché
si
coltivano
espedienti
intermedii
e
si
propone
d
'
istituire
Fiume
col
suo
angusto
territorio
in
Stato
neutro
e
sovrano
,
staccato
dalla
Jugoslavia
e
dall
'
Italia
?
Tale
proposito
si
attribuisce
sopra
tutto
all
'
Inghilterra
e
all
'
America
,
a
Lloyd
George
ed
a
Wilson
.
Anche
a
Wilson
,
a
colui
che
con
incomparabile
eloquenza
sostenne
il
diritto
dei
popoli
di
disporre
della
loro
sorte
.
Le
malignità
di
retroscena
che
si
narrarono
per
spiegare
alcune
inesplicabili
opposizioni
al
diritto
di
Fiume
non
possono
toccare
quest
'
uomo
.
Se
ancora
egli
crede
che
la
libertà
di
Fiume
debba
essere
manomessa
,
che
il
principio
generale
di
cui
egli
si
fece
mallevadore
debba
subire
un
'
infrazione
forse
più
grave
di
ogni
altra
,
perché
ferirebbe
in
pari
tempo
un
piccolo
popolo
uscito
di
schiavitù
e
un
grande
popolo
vincitore
,
diviene
necessario
pensare
che
questa
impressionante
infedeltà
debba
giustificarsi
con
alti
e
imperiosi
motivi
.
Ma
a
tale
presunzione
logica
non
sa
dare
risposta
soddisfacente
nessuna
analisi
dei
fatti
.
Riconosciuto
che
la
maggioranza
di
Fiume
è
italiana
e
d
'
italiano
volere
,
solo
tre
generi
di
ostacoli
possono
intralciare
l
'
adempimento
delle
deduzioni
logiche
e
morali
che
discendono
dalle
premesse
.
Si
può
obbiettare
in
primo
luogo
che
l
'
Italia
ufficiale
non
chiese
Fiume
nel
trattato
concluso
a
Londra
in
aprile
1915
.
È
l
'
obbiezione
diplomatica
.
Si
può
obbiettare
in
secondo
luogo
che
occorre
ai
jugoslavi
e
agli
altri
popoli
dell
'
interno
un
libero
sbocco
adriatico
.
E
l
'
obbiezione
economica
.
Si
può
obbiettare
in
terzo
e
ultimo
luogo
che
per
la
solidità
della
pace
futura
è
necessario
giungere
a
un
compromesso
fra
italiani
e
jugoslavi
,
sicché
né
gli
uni
né
gli
altri
realizzino
integralmente
il
programma
massimo
nazionale
,
e
,
pur
essendo
,
com
'
è
giusto
,
favorita
l
'
Italia
,
sia
data
in
qualche
punto
soddisfazione
alla
tracotante
rivale
.
È
l
'
obbiezione
politica
.
Non
spenderemo
parole
sull
'
obbiezione
diplomatica
.
È
superfluo
dire
al
Presidente
Wilson
,
non
sospetto
di
ortodossia
diplomatica
e
di
bigotto
ossequio
pei
trattati
segreti
,
che
il
documento
di
Londra
,
qualunque
cosa
esso
valga
,
val
meno
della
volontà
di
Fiume
e
dell
'
Italia
e
che
sarebbe
cosa
da
Antico
Testamento
punire
il
popolo
italiano
e
il
popolo
fiumano
perché
quattr
'
anni
or
sono
alcuni
diplomatici
italiani
e
russi
,
inglesi
e
francesi
,
per
motivi
che
ora
è
inutile
ricercare
,
non
iscrissero
quella
partita
nel
libro
del
nostro
credito
nazionale
.
Più
seria
può
sembrare
l
'
obbiezione
economica
.
E
non
staremo
a
ripetere
ciò
che
ormai
da
tutti
si
conosce
sulla
compartecipazione
relativamente
scarsa
della
Jugoslavia
al
traffico
di
Fiume
.
Non
ritorneremo
sulla
dimostrazione
incontestabile
che
porta
naturale
dell
'
Austria
,
della
Boemia
,
della
Slovenia
è
Trieste
meglio
che
Fiume
.
Non
enumereremo
ancora
una
volta
i
sei
,
o
nove
,
o
dodici
sbocchi
adriatici
che
rimarranno
ai
jugoslavi
anche
senza
Fiume
.
E
per
comodità
di
discussione
ammetteremo
senz
'
altro
che
Fiume
,
già
collegata
col
sistema
ferroviario
medieuropeo
ed
egregiamente
attrezzata
,
sia
in
condizione
di
privilegio
:
che
del
suo
porto
abbiano
necessità
i
jugoslavi
e
tutti
gli
altri
.
Ma
forse
l
'
Italia
nega
ai
jugoslavi
ed
agli
altri
il
porto
di
Fiume
?
forse
essa
si
batte
per
il
monopolio
dei
docks
anzi
che
per
la
libertà
dei
cittadini
?
aspira
a
intascare
trenta
danari
o
non
piuttosto
a
salvare
trentamila
anime
di
suoi
fratelli
?
Se
v
'
è
coscienza
nazionale
non
annerita
dal
ferro
e
dal
carbone
né
ingiallita
dall
'
oro
,
questa
è
la
coscienza
nazionale
italiana
.
Nessuno
ha
ancora
dimostrato
che
non
sia
possibile
dar
Fiume
all
'
Italia
,
impegnando
l
'
Italia
a
rispettare
tutte
le
servitù
di
transito
che
si
riterranno
necessarie
e
a
considerare
quel
porto
come
bene
comune
,
a
tener
quella
porta
spalancata
per
tutti
i
popoli
.
Nessuno
ha
ancora
dimostrato
che
l
'
idealismo
wilsoniano
non
andrebbe
in
malora
se
ai
criteri
strategici
degli
antichi
imperialismi
militareschi
e
sciabolatori
si
sostituissero
i
criteri
economici
e
portuali
dei
nuovi
imperialismi
plutocratici
e
accaparratori
.
Se
è
iniquo
che
i
popoli
seguano
le
sorti
delle
linee
offensive
e
difensive
e
delle
teste
di
ponte
,
non
è
meno
iniquo
che
siano
spartiti
secondo
le
ubicazioni
dei
giacimenti
minerari
e
gli
assi
dei
sistemi
ferroviari
e
fluviali
.
Il
porto
di
Fiume
sia
di
tutti
;
ma
l
'
anima
di
Fiume
non
può
essere
che
nostra
.
L
'
obbiezione
politica
è
la
più
importante
.
Se
non
che
,
maturamente
esaminata
,
si
volge
proprio
contro
quelli
che
vorrebbero
giovarsene
per
imporre
una
soluzione
ibrida
del
problema
di
Fiume
.
Si
vuole
un
compromesso
per
far
sì
che
gradatamente
,
nella
convinzione
del
reciproco
sacrificio
,
s
'
attenuino
i
rancori
fra
italiani
e
jugoslavi
e
divenga
possibile
una
pacifica
convivenza
sul
comune
mare
.
Ma
in
nessun
luogo
un
compromesso
è
più
difficile
,
in
nessun
luogo
un
mezzo
termine
è
più
pericoloso
che
a
Fiume
.
Si
pensi
a
questo
misero
e
soffocato
staterello
neutro
fra
Italia
e
Jugoslavia
,
a
questo
minuscolo
vaso
di
coccio
fra
i
due
vasi
di
bronzo
.
Forse
che
col
non
risolvere
il
quesito
lo
si
cancella
?
forse
che
,
dichiarata
Fiume
città
sovrana
,
cesseranno
di
vivere
e
di
lottare
entro
le
sue
mura
italiani
e
slavi
?
Gli
uni
e
gli
altri
sentiranno
la
precarietà
del
provvedimento
;
gli
uni
e
gli
altri
cercheranno
di
assicurare
la
loro
piccola
patria
alla
loro
grande
patria
.
Le
lotte
ch
'
erano
già
aspre
diverranno
crudeli
.
Probabilmente
il
primo
e
ultimo
atto
del
Parlamento
fiumano
consisterebbe
in
una
formale
deliberazione
di
annessione
all
'
Italia
.
Se
la
città
è
sovrana
,
nessuno
può
impedirle
di
esercitare
la
sovranità
abdicando
.
Se
il
territorio
italiano
sarà
confinante
con
quello
di
Fiume
,
quale
forza
umana
potrà
radicare
i
pali
dell
'
arbitrario
confine
?
quale
Società
delle
Nazioni
potrà
accollarsi
un
compito
da
Santa
Alleanza
e
consacrare
col
sangue
lo
statu
quo
?
Ovvero
supponiamo
che
l
'
Italia
giunga
soltanto
all
'
Arsa
o
al
Monte
Maggiore
o
ai
Caldiera
,
che
una
striscia
di
territorio
jugoslavo
sia
,
come
una
spada
,
tra
Fiume
e
l
'
Italia
.
E
questo
il
modo
di
metter
pace
fra
l
'
Italia
e
Jugoslavia
?
si
farà
la
conciliazione
col
filo
della
spada
?
O
supponiamo
infine
che
questo
futile
e
grottesco
statu
quo
,
simile
a
quelli
che
il
concerto
europeo
decretava
nei
Balcani
,
si
prolunghi
per
mesi
e
per
anni
.
Ma
l
'
Italia
farà
quanto
è
in
lei
per
attrarre
le
merci
e
gli
uomini
verso
Trieste
e
cercherà
amici
dovunque
;
e
dovunque
cercherà
amici
la
Jugoslavia
perché
la
prosperità
di
Fiume
soffochi
Trieste
.
Mentre
le
cittadinanze
che
vivranno
in
vista
di
queste
e
di
quelle
banchine
si
tenderanno
le
braccia
,
la
rivalità
fra
i
due
porti
diverrà
spietata
e
feroce
,
poiché
la
prosperità
di
Trieste
rinfocolerebbe
l
'
irredentismo
italiano
di
Fiume
,
mentre
la
vittoria
del
porto
di
Fiume
avviverebbe
l
'
irredentismo
sloveno
nell
'
Istria
italiana
.
E
questa
la
pace
giusta
?
è
questa
la
pace
duratura
?
Noi
ricordiamo
il
fervore
,
che
anche
all
'
ospite
parve
favoloso
,
con
cui
Wilson
fu
accolto
in
Italia
.
In
quel
delirio
quasi
idolatrico
v
'
era
gratitudine
pel
suo
intervento
di
guerra
e
fede
nel
suo
intervento
di
pace
.
Ancora
una
volta
,
in
quest
'
appassionata
vigilia
,
ci
rivolgiamo
a
lui
perché
egli
ricordi
che
una
giusta
e
saggia
soluzione
del
problema
di
Fiume
è
una
insostituibile
pietra
angolare
della
pace
e
che
Fiume
città
libera
e
neutra
,
s
'
egli
voglia
un
istante
riflettere
su
questi
nostri
ragionamenti
,
è
una
soluzione
senza
giustizia
e
senza
saggezza
.
Anzi
,
non
è
affatto
una
soluzione
.
E
un
fiacco
espediente
dilatorio
destinato
a
perpetuare
la
discordia
.
StampaQuotidiana ,
Milano
,
20
maggio
.
Nell
'
Arena
,
al
sole
.
Su
in
cielo
stanno
in
gara
una
nuvola
fosca
e
il
biondo
flemmatico
sole
.
Chi
vincerà
?
La
nuvola
s
'
avvicina
.
Ecco
,
ghermisce
il
sole
.
Un
minuto
:
il
sole
la
dirompe
e
la
nuvola
si
ferma
,
pallida
,
in
brandelli
.
Poi
si
raccoglie
di
nuovo
,
più
piccola
e
leggera
.
Si
riaccosta
all
'
avversario
.
Tre
o
quattro
raggi
la
feriscono
,
la
lacerano
,
la
sgominano
.
Alla
nuvola
,
se
avesse
saputo
vincere
Apollo
,
credo
che
i
centomila
spettatori
riconoscenti
avrebbero
applaudito
quanto
a
Spalla
.
Ho
detto
Apollo
perché
sono
venuto
qui
con
animo
,
alla
meglio
,
romano
;
e
vedo
Spalla
e
Van
der
Veer
come
i
legittimi
discendenti
dei
pugili
Entello
e
Darete
che
da
tanti
anni
,
davanti
agli
scolari
di
liceo
,
si
battono
nel
libro
quinto
dell
'
Eneide
,
arbitro
lo
stesso
Enea
.
Guardate
la
buona
faccia
di
Bisschop
l
'
antagonista
di
Bosisio
,
tutta
rughe
,
calli
e
soprossi
.
È
descritta
da
venti
secoli
in
un
epigramma
di
Lucilio
:
«
Questo
bravo
olimpionico
aveva
una
volta
orecchie
,
palpebre
,
naso
e
mento
.
Ma
da
quando
professa
il
pugilato
,
ha
perduto
queste
parti
del
suo
volto
e
più
non
raccoglierà
l
'
eredità
paterna
.
Il
magistrato
lo
ha
confrontato
col
ritratto
di
lui
che
suo
fratello
ha
offerto
al
tribunale
,
non
vi
ha
veduto
alcuna
somiglianza
,
e
ha
dichiarato
straniero
l
'atleta.»
Sì
,
adesso
abbiamo
le
tre
corde
intorno
al
palco
ravvolte
di
bianco
,
di
rosso
e
di
verde
,
e
ritte
sui
trampoli
le
torrette
per
le
macchine
fotografiche
e
cinematografiche
;
e
abbiamo
il
presidente
Mussolini
che
fa
core
a
Spalla
,
invece
dell
'
imperatore
Tito
che
proteggeva
Melancomas
;
e
invece
della
tromba
abbiamo
il
tantàn
,
e
gli
articoli
di
Petroselli
invece
delle
orazioni
di
Dione
Crisostomo
,
e
il
guantone
imbottito
invece
del
cesto
a
strisce
di
cuoio
e
a
lamelle
di
bronzo
,
e
il
dialetto
milanese
invece
del
latino
,
e
il
«
break
»
del
signor
Collard
invece
del
«
cede
deo
»
del
pio
Enea
.
Novità
trascurabili
.
Il
sole
è
sempre
quello
,
e
gli
uomini
,
da
quei
due
lassù
rosei
,
lustri
e
bisunti
a
noi
quaggiù
intenti
ed
ansiosi
,
sono
,
con
altri
nomi
e
vesti
,
i
medesimi
.
E
questo
solo
,
in
questo
mondo
,
conta
.
Viva
Erminio
!
Forza
,
Erminio
!
Così
detto
,
spogliossi
;
e
sì
com
'
era
Delle
braccia
,
degli
omeri
e
del
collo
E
di
tutte
le
membra
e
d
'
ossa
immane
,
Quasi
un
pilastro
in
su
l
'
arena
stette
.
L
'
accappatoio
che
Erminio
Spalla
ha
gittato
lungi
da
sé
è
di
stil
floreale
,
verde
e
viola
.
Ne
vorrei
,
per
amor
di
Virgilio
,
uno
più
classico
e
unito
.
Nemmeno
le
gambe
di
Erminio
mi
piacciono
;
non
s
'
addicono
a
quelle
cosce
.
Se
il
corpo
umano
,
secondo
i
petrarchisti
del
Rinascimento
,
s
'
ha
da
assomigliare
a
un
sonetto
di
cui
titolo
e
dedica
sono
la
testa
,
le
quartine
il
torace
e
l
'
addome
,
e
le
terzine
sono
le
cosce
e
le
gambe
,
le
gambe
di
Erminio
Spalla
mancano
d
'
una
sillaba
.
Piet
Van
der
Veer
,
se
avesse
il
collo
meno
massiccio
e
perdesse
un
poco
della
sua
pinguedine
rubensiana
tra
spalle
e
sterno
,
sarebbe
lui
un
atleta
da
statua
.
Ma
quel
che
qui
seduce
,
è
il
riso
della
gran
bocca
di
Spalla
sotto
il
nasetto
camuso
.
Il
volto
dell
'
olandese
è
impassibile
:
non
dice
più
di
quel
che
dicano
il
suo
ginocchio
o
lo
sterno
.
Vi
si
nota
solo
un
'
ombra
di
pena
quando
per
un
istante
la
stanchezza
lo
soffoca
.
Il
volto
invece
del
nostro
,
dalle
rughe
orizzontali
della
fronte
ai
solchi
verticali
tra
narici
e
labbra
,
annuncia
le
speranze
e
le
delusioni
a
colpi
di
chiaroscuro
netti
come
i
segnali
di
un
semaforo
.
Che
la
sua
testa
sgusci
sotto
il
pugno
di
Piet
,
s
'
incastri
sul
petto
e
contro
l
'
ascella
di
Piet
,
appena
si
libera
e
riappare
,
ti
dice
tutto
in
un
lampo
.
Sanguina
da
un
sopracciglio
,
il
sangue
gli
cola
giù
dallo
zigomo
,
il
sopracciglio
s
'
è
gonfiato
;
con
l
'
altr
'
occhio
,
con
la
bocca
,
con
la
fronte
,
Spalla
sa
d
'
un
tratto
rassicurarci
.
Eccolo
al
riposo
,
buttato
in
forma
di
X
contro
le
corde
,
gambe
e
braccia
spalancate
;
uno
gli
stropiccia
inginocchiato
le
gambe
;
il
fratello
,
di
dietro
,
gli
asciuga
il
sangue
sull
'
occhio
,
gli
unge
di
vasellina
il
cavo
del
naso
,
alla
fine
gli
versa
sul
petto
una
bottiglia
di
spumante
;
davanti
,
un
altro
lo
ventila
con
l
'
asciugamano
.
Anche
in
quella
sosta
,
che
tu
riesca
a
scorgere
tra
le
dieci
braccia
dei
suoi
aiuti
il
suo
volto
,
gli
vedi
l
'
anima
,
siano
benedette
le
facce
italiane
.
Dal
volto
la
mobilità
sembra
fluirgli
giù
per
tutto
il
corpo
,
s
'
egli
si
mette
a
saltellare
davanti
al
suo
Piet
.
Lo
so
,
è
il
suo
gioco
,
di
bersaglio
instabile
;
ma
quando
da
quell
'
immagine
spezzata
e
un
po
'
comica
balena
la
saetta
diritta
d
'
un
pugno
,
tutt
'
una
retta
dal
tallone
alla
mano
,
si
applaude
anche
perché
s
'
è
contenti
d
'
aver
capito
il
doppio
senso
di
quel
balletto
burlevole
.
Ciaf
,
ciaf
.
Non
sapevo
che
l
'
uomo
fosse
un
tamburo
tanto
sonoro
.
Cadean
le
pugna
a
nembi
,
e
ver
le
tempie
Miravan
la
più
parte
:
e
s
'
eran
vote
,
Rombi
facean
per
l
'
aria
e
fischi
e
vento
.
In
questo
duello
in
cui
ogni
attimo
è
calcolato
pel
respiro
,
pel
riposo
,
per
la
finta
,
per
lo
scatto
,
l
'
attimo
che
più
commuove
,
è
quello
in
cui
,
dato
dal
curvo
arbitro
il
comando
di
«
break
»
,
i
due
colossi
restano
appoggiati
l
'
uno
all
'
altro
,
immobili
come
due
tronchi
che
senza
quel
reciproco
sostegno
dopo
la
bufera
stramazzerebbero
.
Sì
,
alla
ripresa
torneranno
l
'
impeto
e
i
colpi
,
e
negli
spettatori
le
grida
e
la
passione
:
Picca
,
Erminio
!
L
'
è
bell
'
e
finìi
l
'
omm
!
Dai
,
Erminio
,
l
'
è
inciocchíi
!
Ma
in
quel
centesimo
di
secondo
d
'
involontaria
fraternità
discerni
col
cuore
il
fondo
della
vita
:
che
anche
chi
t
'
odia
e
ti
vorrebbe
morto
,
è
necessario
alla
vita
tua
,
e
tu
alla
sua
:
l
'
atomo
all
'
atomo
,
l
'
uomo
all
'
uomo
,
la
stella
alla
stella
.
Poi
ricomincia
la
grandine
dei
pugni
,
sotto
l
'
indifferentissimo
sole
.
StampaQuotidiana ,
La
simpatia
cordiale
,
sebbene
non
esente
di
preoccupazioni
,
con
cui
la
massima
parte
del
paese
ha
assistito
finora
all
'
impresa
fiumana
è
dovuta
sopra
tutto
a
una
causa
d
'
ordine
positivo
e
ad
una
d
'
ordine
negativo
.
Positivamente
,
la
rivendicazione
di
Fiume
è
tra
quelle
sui
cui
gl
'
Italiani
hanno
un
animo
solo
e
una
sola
volontà
:
non
potevano
dunque
mostrarsi
sentimentalmente
severi
verso
quei
figlioli
prodighi
che
tradirono
la
disciplina
formale
per
asserire
una
disciplina
d
'
amore
.
Negativamente
,
divenne
chiaro
dopo
i
primi
giorni
d
'
ansietà
che
i
liberatori
di
Fiume
sapevano
destramente
mantenere
un
difficile
equilibrio
sull
'
orlo
precipitoso
in
cui
erano
costretti
a
muoversi
.
Non
provocarono
conflitti
cruenti
nella
città
occupata
,
non
salparono
verso
la
Dalmazia
né
valicarono
la
linea
d
'
armistizio
,
non
aggredirono
gli
Alleati
,
non
mossero
verso
nessun
Isonzo
e
nessun
Rubicone
,
non
dichiararono
guerra
agli
Slavi
,
ma
anzi
edotti
da
un
più
vicino
esame
della
realtà
e
saggiamente
immemori
degli
oltraggi
sanguinosi
che
usavano
scagliare
contro
i
popoli
vicini
pronunciarono
quell
'
augurio
alla
«
fraternità
italo
-
croata
»
che
ai
«
rinunciatari
»
era
rinfacciato
come
un
tradimento
.
Le
loro
parole
furono
spesso
,
nei
proclami
e
nei
discorsi
,
smisurate
,
ma
le
azioni
rimasero
sostanzialmente
misurate
e
sobrie
.
Sicché
gl
'
Italiani
che
vogliono
l
'
unità
della
patria
e
desiderano
l
'
annessione
di
Fiume
,
mentre
non
vogliono
né
nuove
guerre
esterne
né
guerre
civili
e
non
desiderano
che
Fiume
annetta
l
'
Italia
,
vedendo
coincidere
la
passione
dei
volontari
con
quella
dell
'
intero
popolo
e
non
contrastare
troppo
tragicamente
i
loro
atti
coi
postulati
della
pace
e
dell
'
ordine
,
preferirono
considerare
il
lento
svolgersi
di
quel
fatto
con
un
cauto
ottimismo
che
non
escludeva
e
non
esclude
le
soluzioni
concilianti
e
benefiche
a
tutte
le
parti
in
causa
.
Senonché
s
'
è
compiuto
già
il
mese
,
ed
ancora
non
si
scioglie
il
nodo
.
La
crisi
morale
che
travaglia
gli
spedizionari
di
Fiume
e
i
loro
più
intimi
amici
nell
'
interno
del
Regno
,
provoca
,
come
non
era
difficile
prevedere
,
una
recrudescenza
di
non
meditate
parole
.
Un
mese
,
quando
l
'
equilibrio
è
così
paradossalmente
instabile
,
è
già
un
lungo
lasso
di
tempo
,
né
qui
si
tratta
di
quelle
provvisorietà
che
possono
adagiarsi
nel
definitivo
.
Passare
all
'
attacco
oltre
le
linee
d
'
armistizio
i
volontari
non
possono
,
anche
perché
sentono
che
l
'
unanimità
del
paese
non
li
seguirebbe
di
là
da
Fiume
;
cedere
alla
voce
della
coscienza
che
impone
la
subordinazione
alla
legge
non
vogliono
.
Stretti
fra
l
'
uscio
dell
'
inazione
forzosa
e
il
muro
dell
'
intransigente
puntiglio
personale
,
i
più
accesi
si
sfogano
in
fantasie
che
dal
colpo
di
mano
salterebbero
al
colpo
di
Stato
.
Alcuni
episodi
profondamente
deplorevoli
sembrano
rinfocolare
queste
folli
propagande
.
Non
v
'
è
nessuna
giustificazione
per
quelli
che
hanno
sbarcato
a
Fiume
,
ove
,
come
il
Comando
stesso
confessava
,
non
mancavano
armi
e
munizioni
per
una
difesa
contro
improbabili
attacchi
slavi
,
il
carico
del
Persia
destinato
all
'
Estremo
Oriente
.
Non
v
'
è
nessuna
giustificazione
per
il
generale
Ceccherini
che
,
trascurando
i
doveri
del
grado
e
osando
perfino
giustificare
l
'
arbitrio
con
l
'
altro
arbitrio
di
una
lettera
al
Re
,
ha
portato
l
'
esempio
di
una
nefasta
insubordinazione
in
una
città
ove
formicolavano
già
gli
ufficiali
autodecisionari
e
non
v
'
era
bisogno
di
nuove
reclute
altolocate
.
Questi
nuovi
incidenti
farebbero
pensare
a
mire
e
ad
ubbie
che
ben
poco
han
da
vedere
con
Fiume
.
A
buon
conto
,
il
condottiero
dei
Fasci
adunati
a
congresso
ha
detto
a
Firenze
ed
ha
stampato
a
Milano
queste
testuali
parole
:
«
Dobbiamo
occuparci
delle
elezioni
perché
qualunque
cosa
si
faccia
è
sempre
buona
regola
di
stringersi
insieme
,
di
non
bruciare
i
vascelli
dietro
di
sé
.
Può
essere
che
in
questo
mese
di
ottobre
le
cose
precipitino
in
un
ritmo
così
frenetico
da
rendere
quasi
superfluo
il
fatto
elettorale
.
Può
essere
,
invece
,
che
le
elezioni
si
svolgano
.
Dobbiamo
essere
pronti
anche
a
questa
seconda
eventualità
»
.
E
vero
che
lo
stesso
oratore
,
nello
stesso
discorso
,
aveva
definito
la
dittatura
militare
uno
spauracchio
d
'
invenzione
governativa
;
ma
ciò
non
toglie
che
le
sue
parole
,
se
avessero
un
senso
,
significherebbero
l
'
augurio
della
dittatura
e
di
una
manomissione
militare
dell
'
Italia
.
Non
prendiamo
tragicamente
queste
manifestazioni
,
che
ascriviamo
a
irruenta
foga
oratoria
,
sapendo
bene
che
tra
il
dire
e
il
fare
c
'
è
di
mezzo
il
mare
.
Tuttavia
anche
le
parole
sono
,
a
modo
loro
,
azioni
;
e
né
parole
di
questo
calibro
né
atti
come
quelli
del
Persia
e
del
generale
Ceccherini
giovano
all
'
educazione
del
paese
ed
alla
valutazione
della
nostra
maturità
politica
nel
mondo
.
Gli
spiriti
assennati
e
previdenti
dovrebbero
por
mente
al
troppo
contrabbando
che
,
a
loro
insaputa
,
vorrebbe
passare
sotto
la
bandiera
tricolore
spiegata
da
mani
quasi
sempre
inconsapevoli
e
pure
su
mercanzie
non
sempre
pure
.
Molti
,
fuori
d
'
Italia
,
compiacendosi
del
grido
:
Fiume
!
Fiume
!
,
pensano
invece
alla
Germania
da
vendicare
,
al
Baltico
da
conquistare
pel
pangermanismo
risorgente
,
ai
trattati
da
stracciare
,
al
disordine
da
propagare
altrove
in
servizio
dei
vinti
ora
che
la
repubblica
dei
Soviet
pare
agonizzante
,
alla
rivoluzione
da
sobillare
in
Italia
perché
strozzi
in
fasce
la
vittoria
giacché
non
fu
possibile
deprecarne
la
nascita
con
le
convulsioni
del
'17
e
con
le
manovre
abortive
del
18
.
Altri
poi
,
confondendo
il
loro
grido
con
quello
di
chi
mosse
verso
il
Quarnaro
per
un
impeto
di
candido
amore
,
chiedono
,
chiedendo
Fiume
,
la
testa
di
un
ministero
o
di
un
ministro
;
e
v
'
è
chi
pensa
con
malcelata
amarezza
alla
smobilitazione
come
alla
fine
di
prebende
acquisite
cui
non
è
agevole
la
rinunzia
:
chi
a
volontà
elettorali
da
soffocare
sapendo
che
dacché
furono
convocati
i
Comizi
le
suggestioni
anarcoidi
hanno
i
giorni
contati
;
chi
finalmente
alle
fortune
da
trafugare
intatte
profittando
di
un
parapiglia
che
renda
irriti
e
nulli
prestito
forzoso
e
riforma
tributaria
.
Non
è
credibile
che
uomini
come
Gabriele
D
'
Annunzio
e
i
suoi
amici
,
anche
se
non
ben
provvisti
di
freni
inibitori
nelle
pubbliche
manifestazioni
,
non
si
sentano
scorati
da
questo
tanfo
.
In
un
mese
la
spedizione
di
Fiume
,
raggiunto
pienamente
il
suo
scopo
dimostrativo
,
s
'
è
andata
svuotando
di
significato
internazionale
.
L
'
Italia
tutta
ad
una
voce
reclama
Fiume
,
ma
tutta
ad
una
voce
,
e
con
l
'
esplicito
consenso
di
quelli
che
parteggiano
pei
volontari
,
respinge
una
soluzione
violenta
che
metterebbe
l
'
Italia
fuori
della
Conferenza
e
della
Società
delle
Nazioni
ove
essa
siede
fra
gli
arbitri
.
Tutto
il
mondo
è
ormai
d
'
accordo
nel
ritenere
che
la
questione
di
Fiume
debba
essere
risoluta
con
soddisfazione
dell
'
Italia
,
salva
restando
la
suscettibilità
personale
di
Wilson
.
Ma
Wilson
e
le
sue
suscettibilità
passano
;
Fiume
e
l
'
Italia
e
la
loro
volontà
restano
.
In
queste
condizioni
la
persistenza
dei
volontari
non
giova
a
Fiume
ma
la
compromette
,
non
giova
all
'
Italia
ma
la
espone
alle
cortesi
minacce
che
l
'
Inghilterra
,
con
l
'
aria
di
smentirle
,
pienamente
conferma
.
Al
fondo
dell
'
atto
appassionato
di
un
mese
fa
,
esaurito
il
suo
senso
internazionale
,
può
finire
per
restare
nient
'
altro
che
un
fondo
limaccioso
di
politica
interna
.
Noi
crediamo
nel
patriottismo
di
Gabriele
D
'
Annunzio
e
dei
suoi
amici
.
Fummo
con
D
'
Annunzio
nella
crisi
dell
'
intervento
e
ammirammo
le
sue
gesta
stupende
di
guerra
come
sempre
avevamo
ammirato
lo
splendore
di
cui
egli
accrebbe
le
patrie
lettere
.
Perciò
gli
parliamo
a
cuore
aperto
.
Vivendo
in
un
'
atmosfera
esaltata
ed
ardente
egli
non
percepisce
la
voce
accorata
,
sebbene
ancora
sommessa
,
con
cui
tutto
ciò
che
v
'
è
di
più
nobile
e
di
più
consapevolmente
responsabile
nella
coscienza
del
paese
lo
invita
a
non
approfondire
la
ferita
ch
'
egli
ha
inferta
alla
compagine
dell
'
esercito
,
all
'
organismo
più
essenziale
della
nostra
potenza
e
della
nostra
resistenza
.
Ma
non
dovrebbe
rimaner
sordo
all
'
ammonimento
che
gli
giunse
dal
vincitore
di
Vittorio
Veneto
,
dal
generale
Caviglia
;
dovrebbero
impressionarlo
le
disapprovazioni
,
tacite
o
esplicite
,
di
altri
fra
quelli
che
più
potentemente
contribuirono
al
trionfo
delle
armi
italiane
.
Crediamo
nella
sete
di
gloria
del
soldato
-
poeta
e
nel
suo
raffinato
senso
estetico
che
lo
deve
rendere
ansioso
di
evitare
il
pericolo
che
l
'
impresa
di
settembre
perda
ogni
sua
bellezza
e
degeneri
nella
scura
turbolenza
del
litigio
personale
e
fazioso
.
Crediamo
anche
nel
buon
senso
che
raramente
si
scompagna
dall
'
altezza
d
'
ingegno
.
Se
qualcuno
davvero
fosse
così
stolto
da
susurrare
all
'
orecchio
di
D
'
Annunzio
il
nome
del
Rubicone
,
egli
non
potrebbe
che
sorridere
alla
vana
lusinga
.
L
'
indifferenza
del
paese
verso
consimili
minacce
è
fatta
d
'
incredulità
.
Se
il
proposito
si
delineasse
,
il
popolo
balzerebbe
come
un
solo
uomo
.
Chi
farneticasse
oggi
,
in
Italia
,
di
violenze
liberticide
non
conseguirebbe
certo
la
grandezza
di
Cesare
.
Condannato
al
supplizio
del
ridicolo
,
non
si
alzerebbe
nemmeno
sino
alla
gloria
infame
di
Catilina
.
SETA ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
14
gennaio
.
ROMA
,
nell
'
arena
del
Circo
Massimo
alla
mostra
degli
antichi
tessuti
italiani
,
che
qui
sono
tutti
di
seta
:
un
passato
,
sembra
,
tutto
di
gran
signori
,
accompagnato
sempre
dal
luccichio
e
dal
fruscio
di
strascichi
,
di
sboffi
e
di
mantelli
:
velluti
,
broccati
,
damaschi
foderati
di
seta
,
di
raso
o
d
'
ermisino
;
passato
remoto
,
perché
oramai
bisogna
aspettare
l
'
entrata
dei
cardinali
nella
Cappella
papale
se
si
vuol
godere
uno
spettacolo
altrettanto
lucente
e
fastoso
.
Dietro
queste
sale
e
vetrine
abbaglianti
s
'
alzano
sopra
il
versante
del
Palatino
i
ruderi
gialli
e
rossi
del
Settizonio
,
i
cipressi
verdi
e
il
cielo
turchino
,
lontano
come
soltanto
a
Roma
il
cielo
sa
essere
lontano
e
sovrano
.
L
'
ampia
mostra
del
Tessile
,
quasi
direi
del
tessibile
,
dove
di
padiglione
in
padiglione
con
maniera
piacevole
e
piana
ci
si
fa
vedere
a
che
sieno
giunte
la
scienza
,
l
'
esperienza
e
l
'
inventiva
degl
'
Italiani
,
pare
fatta
apposta
pel
trionfo
ideale
di
queste
antiche
sete
e
ricami
,
come
i
vestiti
e
i
cappotti
bruni
,
bigi
,
neri
,
tutti
uguali
,
di
noi
visitatori
paiono
indossati
per
dare
spicco
al
tanto
e
diverso
sfarzo
degli
altri
secoli
.
(
Ma
di
fatto
con
questa
uguaglianza
di
fogge
e
monotonia
di
tinte
adesso
l
'
intelligenza
e
il
carattere
si
leggono
soltanto
sul
volto
,
che
da
nessun
sarto
si
può
comprare
.
)
L
'
uomo
dunque
il
quale
oggi
ammiri
la
seta
,
la
vera
seta
,
la
seta
di
filugello
,
la
seta
animale
,
quella
che
quando
brucia
dà
odor
di
capelli
bruciati
tanto
è
ancor
viva
,
la
ammira
disinteressatamente
,
come
può
ammirar
la
bellezza
dipinta
:
la
bellezza
,
ad
esempio
,
di
questa
Venere
di
Botticelli
la
quale
,
nuda
com
'
è
,
è
stata
scomodata
a
venire
da
Firenze
in
questa
calca
soltanto
perché
il
manto
che
le
porgono
per
coprire
la
sua
lisciata
e
navigata
nudità
è
,
tessuto
a
fiori
,
un
bel
modello
di
stoffa
.
Ma
nella
mostra
di
tanti
dipinti
non
s
'
è
pensato
che
i
disegni
per
le
vesti
delle
loro
figure
gli
artisti
per
lo
più
se
li
inventavano
,
non
li
copiavano
?
In
Europa
,
quest
'
arte
della
seta
è
stata
per
secoli
tutta
nostra
;
e
ancora
i
nomi
dei
tessuti
,
a
cominciare
dal
velluto
e
dal
broccato
,
e
i
termini
del
mestiere
,
dal
filugello
alla
bavella
,
dal
cascame
alla
matassa
,
sanno
di
latino
e
di
primo
medievo
,
con
incroci
di
greco
e
d
'
arabo
rapidamente
spianati
all
'
italiana
,
così
che
pare
di
vedervi
le
tracce
dei
viaggi
dei
mercanti
tra
Sorìa
e
Sicilia
,
tra
Bisanzio
e
Calabria
.
Sarà
vera
la
leggenda
dei
due
monaci
che
dalla
Cina
recarono
all
'
imperatore
Giustiniano
il
seme
dei
bachi
da
seta
nascondendolo
dentro
i
lunghi
bastoni
di
pellegrini
?
E
da
noi
dove
è
stato
prima
coltivato
il
gelso
pel
nutrimento
del
baco
e
filata
e
tessuta
la
prima
seta
?
A
Catanzaro
colonia
bisantina
,
o
in
Sicilia
coi
normanni
?
Certo
è
che
sete
o
velluti
,
lisci
o
ricamati
,
appena
ci
si
avvicina
al
vetro
che
li
difende
,
lo
stupore
per
la
loro
bellezza
è
raddoppiato
dallo
stupore
per
la
loro
sopravvivenza
.
Taluni
escono
addirittura
dai
sepolcri
,
perché
avvolgevano
le
spoglie
d
'
un
santo
,
come
la
seta
purpurea
tratta
a
Rimini
dalla
tomba
di
san
Giuliano
,
o
il
cadavere
d
'
un
gran
principe
,
come
il
broccato
verde
a
palmette
d
'
oro
tra
figure
di
pesci
e
uccelli
,
lepri
e
leoni
,
ch
'
era
nell
'
arca
di
Cangrande
della
Scala
a
Verona
.
I
corpi
rigidi
e
gelidi
lentamente
si
disfecero
in
sanie
e
in
polvere
.
Non
restarono
che
poche
ossa
grige
e
ciuffi
di
capelli
stinti
.
Di
morbido
,
di
tepido
,
di
vivo
non
vi
è
rimasto
più
là
dentro
che
questo
poco
di
seta
o
di
broccato
,
risplendente
di
rosso
,
di
verde
,
di
turchino
,
d
'
oro
e
d
'
argento
,
come
se
i
fetidi
orrori
che
l
'
hanno
toccato
sieno
stati
soltanto
un
incubo
sopra
quel
lettuccio
soffocato
.
Altri
tessuti
prima
di
diventare
arredi
sacri
,
sono
stati
vesti
,
sottane
,
guarnacche
,
giornee
,
cioppe
,
mantelli
di
dame
;
e
Milano
ne
ha
mandato
qui
l
'
esempio
più
sgargiante
col
paliotto
di
velluto
rosso
del
museo
Poldi
Pezzoli
,
che
prima
d
'
andar
su
un
altare
fu
«
la
veste
de
broccato
d
'
oro
de
le
columbine
»
indossata
da
Beatrice
d
'
Este
a
Venezia
quando
nel
1493
Ludovico
il
Moro
ve
la
mandò
in
missione
.
La
sposina
non
aveva
ancora
dieciott
'
anni
;
ma
era
bella
,
fresca
,
briosa
,
di
franca
parola
e
di
gusto
sicuro
,
sempre
tra
musici
e
artisti
,
tanto
elegante
che
più
d
'
ogni
lode
questa
la
faceva
contenta
,
d
'
essere
chiamata
novarum
vestium
inventrix
,
inventrice
di
mode
nuove
.
In
ciascuno
dei
rosoni
d
'
oro
su
quel
rosso
denso
sta
come
nel
caldo
nido
una
colomba
e
reca
nel
becco
un
polizzino
col
motto
sforzesco
«
a
bon
droit
»
.
In
quelli
anni
a
Milano
lavoravano
a
tessere
velluti
quindicimila
operai
.
Vorrei
che
fosse
di
Beatrice
,
donatole
dalla
Serenissima
,
anche
il
mantelletto
femminile
di
broccato
d
'
oro
,
tessuto
negli
stessi
anni
e
mandato
qui
dalla
Ca
'
d
'
Oro
.
Di
grazia
e
di
statura
le
andrebbe
a
pennello
.
Una
volta
,
quando
Gino
Fogolari
ordinava
quel
museo
,
l
'
ho
avuto
tra
mano
:
è
leggero
nonostante
il
tanto
oro
che
v
'
è
contesto
,
e
a
guardarne
da
presso
il
biondo
luccichio
vi
si
scopre
un
minuto
disegno
di
foglie
e
di
fiori
che
a
ogni
piega
scompare
e
riappare
:
un
tessuto
di
sole
.
Lo
imitasse
oggi
un
gran
setaiolo
,
sarebbe
un
trionfo
;
e
davvero
italiano
.
Già
prima
dei
ricami
sono
da
ammirare
questi
tessuti
figurati
.
Ogni
monaca
diligente
può
ritoccare
un
ricamo
;
e
anche
i
più
belli
e
famosi
sono
restaurati
e
racconciati
da
cento
rimendi
e
rappezzi
.
Che
è
originale
in
un
ricamo
giuntoci
da
secoli
e
secoli
?
Si
diffida
d
'
ogni
filo
.
Ma
in
un
tessuto
,
di
seta
liscia
o
di
velluto
operato
,
ogni
rimendo
si
scorge
a
prima
vista
.
La
seta
bisantina
,
forse
di
avanti
il
mille
,
della
càsula
detta
del
vescovo
Ermanno
,
a
grandi
aquile
ritte
,
nere
sul
fondo
violetto
,
mandata
dal
museo
di
Bressanone
;
quella
coeva
che
dicevo
pocanzi
e
che
viene
dal
museo
di
Ravenna
,
tratta
dal
sepolcro
di
san
Giuliano
;
quelle
tante
di
fabbrica
lucchese
,
l
'
una
più
rara
dell
'
altra
,
dugentesche
,
trecentesche
,
quattrocentesche
,
da
chiese
,
da
musei
e
dalle
raccolte
Sangiorgi
di
Roma
,
Abegg
di
Torino
,
Loewi
di
Venezia
,
con
disegni
che
sanno
di
bisantino
,
di
persiano
,
di
cinese
,
ma
dove
i
viticci
,
le
rame
,
le
palmette
,
le
frutta
e
gli
animali
perdono
nell
'
aria
toscana
l
'
astrazione
araldica
,
s
'
avvicinano
al
vero
,
prendono
succo
e
sangue
,
vigore
e
palpito
,
come
nel
piviale
diasprino
del
Museo
industriale
romano
,
come
nella
seta
violetta
cogli
angeli
broccati
in
oro
del
museo
fiorentino
del
Bargello
,
come
nelle
cinque
càsule
prestate
da
Danzica
(
il
solo
contributo
straniero
alla
mostra
)
,
appena
sono
bucate
o
ragnate
,
chi
le
ripara
?
Ne
restano
quei
pochi
palmi
dal
guardingo
raccoglitore
tesi
tra
due
vetri
,
come
l
'
ala
d
'
una
farfalla
strappata
dal
turbine
del
tempo
,
schiacciata
lì
senza
più
speranza
di
giocar
con
la
luce
.
Appena
spunta
la
primavera
del
Rinascimento
,
s
'
arriva
a
tessere
figure
e
scene
e
a
gareggiare
,
se
non
con
la
pittura
,
con
la
silografia
che
la
riproduce
.
V
'
è
un
fregio
di
paliotto
dalla
raccolta
Sangiorgi
,
in
oro
a
basso
liccio
su
fondo
rosa
,
con
la
scena
ripetuta
del
Noli
me
tangere
dove
Cristo
e
Maddalena
stanno
su
un
prato
verde
fiorito
e
dietro
a
essi
s
'
apre
un
cielo
stellato
.
V
'
è
,
tessuta
in
oro
su
fondo
rosso
,
la
copia
del
bronzo
del
Verrocchio
in
Orsanmichele
,
con
l
'
Incredulità
di
san
Tommaso
.
La
difficoltà
di
rendere
solo
con
l
'
ordito
e
la
trama
scene
siffatte
dà
ad
esse
una
semplicità
quasi
di
stampa
popolare
;
ma
la
finezza
della
materia
e
la
delicatezza
dei
toni
aggiungono
come
un
profumo
di
fiori
a
tanta
semplicità
.
S
'
intende
che
nella
gara
con
la
pittura
l
'
ago
facilmente
trionfa
sulla
spola
;
e
in
questa
mostra
si
sono
,
anche
in
fatto
di
ricami
,
raccolti
tesori
.
Se
non
sbaglio
,
il
più
antico
è
quello
del
pallio
bisantino
di
Castell
'
Arquato
con
la
Consacrazione
del
pane
e
la
Consacrazione
del
vino
nell
'
Ultima
Cena
.
Sulla
seta
d
'
un
rosso
di
porpora
figure
,
edifici
,
iscrizioni
sono
ricamate
in
bianco
,
in
celeste
,
in
oro
,
in
argento
;
e
l
'
oro
in
nove
o
dieci
secoli
s
'
è
come
bruciato
e
l
'
argento
è
come
cenere
.
Nella
composizione
simmetrica
e
maestosa
basta
che
una
delle
alte
figure
si
volga
appena
o
faccia
un
passo
,
e
tutta
la
scena
diventa
drammatica
.
Le
scritte
greche
sul
cielo
pallido
sembrano
comandi
del
Pantocrator
.
Nei
volti
dove
il
ricamo
è
logoro
,
la
porpora
della
seta
riappare
come
il
sangue
che
circola
sotto
la
pelle
.
Al
confronto
di
tanto
sobria
e
sacra
solennità
la
stessa
dalmatica
detta
di
Carlomagno
,
che
è
bisantina
del
decimoterzo
secolo
e
che
è
stata
prestata
dalla
Basilica
di
San
Pietro
,
sembra
,
forse
pei
tanti
rifacimenti
e
rammendi
,
troppo
folta
e
pesante
,
quasi
trapunta
.
Di
colore
,
sul
fondo
di
turchino
notturno
dove
le
cento
croci
fanno
da
stelle
,
è
sempre
una
meraviglia
,
e
basta
guardare
nel
dorso
della
dalmatica
il
vermiglio
dei
dodici
raggi
che
escono
dal
bianco
Cristo
trionfante
per
riaffermare
che
il
vero
gusto
non
è
fatto
solo
di
discrezione
ma
anche
di
ardire
.
Il
difficile
è
sapere
,
nello
stesso
ardire
,
mantenere
la
misura
.
Una
delle
bellezze
quattrocentesche
che
m
'
hanno
più
innamorato
è
il
pallio
delle
colombe
mandato
dal
duomo
di
San
Gimignano
:
un
velluto
vermiglio
ricamato
in
oro
nel
1449
dalle
suore
della
Santissima
Annunziata
,
con
tante
colombelle
raggianti
;
e
ogni
colombella
ha
il
capo
dentro
un
'
aureola
,
e
nell
'
aureola
è
una
crocetta
rossa
.
Volano
in
ogni
senso
,
a
distanze
uguali
.
Una
sera
ero
chino
a
guardarlo
da
presso
perché
la
luce
s
'
era
fatta
fioca
.
D
'
un
colpo
si
sono
accese
le
lampade
elettriche
,
e
le
colombe
risplendenti
per
un
attimo
è
sembrato
che
battessero
le
ali
per
volare
via
.
Paliotto
,
pianete
,
càsule
,
dalmatiche
,
piviali
:
su
dieci
oggetti
,
otto
sono
di
chiesa
.
E
la
folla
domenicale
procede
in
silenzio
o
parla
sottovoce
come
in
chiesa
.
StampaQuotidiana ,
Giova
sperare
che
i
legionari
di
Fiume
o
a
dir
meglio
coloro
che
vorrebbero
snaturare
gli
scopi
della
loro
sedizione
patriottica
e
portarli
,
oltre
Fiume
,
ad
avventurose
stravaganze
nelle
quali
essi
avrebbero
le
beffe
e
la
patria
il
danno
,
prendano
atto
dell
'
atteggiamento
assunto
dall
'
opinione
pubblica
italiana
non
appena
fu
possibile
divulgare
i
loro
nuovi
propositi
e
gl
'
inizi
di
attuazione
.
Non
è
affatto
esagerato
dire
che
un
coro
unanime
di
riprovazione
s
'
è
levato
da
un
capo
all
'
altro
d
'
Italia
.
Quasi
tutti
disapprovano
la
degenerazione
dell
'
impresa
in
quanto
nuoce
gravemente
ai
fini
di
politica
estera
e
d
'
integrazione
territoriale
;
ma
tutti
quelli
che
hanno
senso
di
responsabilità
la
deplorano
vivacemente
,
con
cordoglio
e
con
sdegno
,
in
quanto
spezza
o
mira
a
spezzare
il
cardine
stesso
dello
Stato
e
dell
'
unità
e
dell
'
indipendenza
nazionale
:
che
è
appunto
la
disciplina
militare
,
infirmata
dalle
sobillazioni
del
Comando
di
Fiume
,
sconsacrata
dal
pronunciamento
dell
'
ammiraglio
Millo
,
che
ha
creduto
di
servire
la
patria
e
il
Re
abiurando
il
suo
giuramento
di
obbedienza
alla
patria
e
al
Re
.
Pochissime
,
insignificanti
,
estremamente
fiacche
e
tortuose
sono
le
difese
.
Qualche
interessato
vuol
far
credere
che
i
dannunziani
si
mossero
a
queste
prodezze
perché
era
imminente
l
'
attuazione
del
progetto
Tittoni
,
il
quale
sacrifica
,
essi
dicono
,
la
massima
parte
della
Dalmazia
senza
raggiungere
una
soddisfacente
soluzione
del
problema
di
Fiume
.
Sia
detto
senza
eufemismi
che
questa
accusa
è
contraria
alla
verità
.
Il
progetto
di
Tittoni
,
dal
momento
in
cui
Wilson
lo
respinse
,
non
è
mai
stato
vicino
all
'
attuazione
,
la
nostra
situazione
adriatica
è
ancora
tutta
quanta
in
forse
,
e
i
recenti
sviluppi
della
politica
europea
ed
americana
presenterebbero
probabilità
di
equi
miglioramenti
,
se
le
impulsive
violenze
dei
«
condottieri
»
non
paralizzassero
ogni
volontà
di
giuste
transazioni
.
Comunque
,
sia
o
non
sia
il
progetto
Fittoni
prossimo
ad
essere
attuato
,
spetta
al
paese
,
al
Parlamento
,
al
Governo
del
Re
accettarlo
o
respingerlo
,
sanzionarlo
o
annullarlo
.
L
'
Italia
ha
per
capitale
Roma
,
non
Fiume
,
né
Zara
;
è
governata
dal
suo
popolo
,
non
da
una
congiura
che
cuoce
di
dover
chiamare
militare
a
chiunque
ricordi
che
il
lealismo
dell
'
esercito
nazionale
fu
da
Novara
a
Vittorio
Veneto
,
attraverso
Custoza
e
Caporetto
,
il
più
augurale
palladio
della
nostra
fortuna
,
il
più
sicuro
sostegno
d
'
Italia
durante
l
'
avversità
.
Altri
,
turbati
dal
pericolo
di
corresponsabilità
intollerabili
,
tentano
di
nascondere
il
sole
con
le
cinque
dita
,
di
negare
l
'
evidenza
dei
detti
e
dei
fatti
e
dei
propositi
confessi
.
Pretendono
(
senza
nemmen
l
'
ombra
di
una
dimostrazione
almeno
indiziaria
)
che
le
notizie
dell
'
altra
sponda
siano
tendenziose
e
allarmiste
.
Ebbene
,
no
.
È
inutile
tergiversare
quando
i
propositi
di
«
propagare
l
'
incendio
»
e
di
far
cominciare
«
il
bello
»
furono
dal
Comando
di
Fiume
propalati
e
vantati
fin
dalla
metà
di
settembre
,
e
poi
sempre
nel
sèguito
,
tranne
quella
parentesi
di
sagge
parole
che
ingannarono
,
senza
addormentarli
,
quanti
sperarono
che
la
carità
di
patria
e
la
saggezza
fossero
nei
volontari
di
Ronchi
più
forti
della
faziosità
senza
legge
.
Non
serve
sofisticare
quando
i
detti
e
i
fatti
e
gli
scritti
di
D
'
Annunzio
e
di
Millo
sono
sulle
bocche
di
tutti
.
Non
ha
senso
smentire
quando
quelli
stessi
che
smentiscono
conobbero
e
volentieri
ripeterono
le
parole
di
colore
non
oscuro
preferite
dal
Comando
di
Fiume
.
Queste
scarse
e
inefficaci
eccezioni
non
fanno
che
confermare
la
regola
.
La
regola
è
,
nella
stampa
e
nell
'
opinione
pubblica
,
la
deplorazione
dei
fatti
e
dei
propositi
manifestati
a
Fiume
e
a
Zara
,
sopra
tutto
in
quanto
mandano
in
aria
la
disciplina
dell
'
esercito
e
della
flotta
e
staccano
la
forza
armata
dal
corpo
della
patria
,
facendone
un
moncherino
convulso
.
Vi
sono
giornali
,
non
sospetti
di
malanimo
verso
i
legionari
e
i
loro
capi
,
che
nello
sfruttamento
socialista
dello
spauracchio
imperialista
vedono
una
,
e
non
l
'
ultima
,
fra
le
cause
della
catastrofe
elettorale
del
16
novembre
.
Vi
sono
altri
che
sanno
quanto
l
'
infatuazione
sciovinista
abbia
nociuto
ai
fini
di
politica
estera
dell
'
Italia
ed
al
conseguimento
di
una
giusta
pace
adriatica
.
I
legionari
di
Fiume
o
,
a
dir
meglio
,
i
loro
capi
se
lo
tengano
per
detto
.
Ancora
sono
in
tempo
per
far
prevalere
il
bene
che
vogliono
all
'
Italia
sul
male
che
vorrebbero
arrecarle
,
per
farsi
assolvere
delle
cattive
intenzioni
con
l
'
astenersi
dalle
pessime
azioni
.
CAPRI ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
17
marzo
.
A
CAPRI
sta
per
scoppiare
la
primavera
.
Il
cielo
è
già
d
'
aprile
.
I
primi
mandorli
e
le
prime
violette
sono
fiorite
,
ma
i
limoni
sono
ancora
coperti
con
le
stoie
,
con
le
pagliarelle
come
dicono
qui
,
e
le
glicine
sono
ancora
in
boccio
.
Tutta
Capri
dal
monte
Solaro
alla
villa
di
Giove
è
in
boccio
.
Se
t
'
affacci
al
belvedere
dei
giardini
,
diciamo
pure
,
d
'
Augusto
,
se
passi
in
barca
tra
punta
Tragara
e
i
Faraglioni
e
fermi
un
minuto
i
remi
o
il
motore
,
sopra
l
'
asciutto
odor
del
salmastro
respiri
a
tratti
un
profumo
dolce
ma
lontano
,
come
un
canto
spezzato
dal
vento
.
S
'
arriva
di
sera
stanchi
e
distratti
.
Riusciremo
a
riposarci
?
Sotto
la
luna
e
le
poche
stelle
le
case
e
le
casette
di
gesso
bianco
,
di
gesso
crema
,
di
gesso
rosa
sulla
piazza
sembrano
finte
;
una
messinscena
per
Cavalleria
rusticana
o
per
le
Baruffe
chiozzotte
.
Si
va
a
dormire
,
sicuri
intanto
della
solitudine
e
del
silenzio
;
e
la
mattina
dopo
,
quando
si
spalanca
la
finestra
sul
mare
,
s
'
è
già
diversi
:
curiosi
,
alacri
,
ilari
,
in
pace
con
tutti
,
perfino
con
noi
stessi
.
Una
cinciallegra
gorgheggia
tra
i
rami
d
'
un
pino
.
Atmosfera
radiattiva
,
avvertono
le
guide
.
Svetonio
,
cui
quest
'
isola
deve
tanto
per
le
favole
di
cui
l
'
ha
incoronata
,
racconta
che
Augusto
s
'
innamorò
di
Capri
anche
perché
al
suo
arrivo
i
rami
secchi
d
'
un
antico
leccio
a
un
tratto
rinverdirono
.
All
'
aggettivo
nuovo
e
scientifico
preferisco
questa
favola
di
Svetonio
,
visibile
e
tangibile
.
Non
avevo
mai
compiuto
il
periplo
dell
'
isola
.
Da
questo
mare
di
zaffiri
e
brillanti
che
fa
nel
confronto
illividire
il
cielo
,
chi
visiti
giro
giro
tutte
le
grotte
,
da
quella
Azzurra
a
quella
Bianca
e
vi
penetri
finché
l
'
occhio
s
'
abitua
all
'
ombra
e
ai
riflessi
;
chi
guardi
dall
'
acqua
le
altezze
scoscese
delle
rupi
dei
monti
e
a
un
tratto
ammiri
dalla
Marina
piccola
il
biancheggiare
delle
ville
,
l
'
affoltarsi
degli
alberi
,
dei
parchi
,
dei
vigneti
,
dei
colonnati
,
delle
arcate
,
di
ripiano
in
ripiano
,
proprio
in
quel
punto
dove
l
'
isola
si
restringe
e
s
'
avvalla
come
una
donna
alla
cintola
,
i
misteri
dell
'
incanto
di
Capri
si
svelano
tutti
;
e
si
possono
dire
tutti
ad
alta
voce
.
Primo
,
il
più
elementare
:
che
Capri
è
un
'
isola
,
meglio
una
piccola
isola
,
a
distanza
ragionevole
da
una
grande
città
.
S
'
è
isolati
,
ma
non
tanto
;
protetti
,
ma
non
carcerati
.
Si
sbarca
a
Palermo
o
a
Messina
,
a
Cagliari
o
a
Golfo
Aranci
,
e
dopo
dieci
minuti
di
treno
o
d
'
automobile
il
fatto
d
'
essere
in
un
'
isola
è
solo
una
nozione
,
non
più
una
sensazione
.
Ora
,
per
essere
commosso
e
sedotto
,
l
'
uomo
deve
prima
vedere
che
sentire
,
prima
sentire
che
pensare
.
Qui
ad
ogni
passo
vediamo
il
mare
,
sentiamo
il
mare
,
l
'
odore
e
il
fiotto
del
mare
che
ci
separa
dal
resto
dell
'
umanità
.
In
chi
viene
qui
,
cresce
con
pochi
giorni
un
orgoglio
simile
a
quello
del
castellano
dentro
il
suo
castello
nel
mezzo
dei
suoi
bastioni
e
fossati
.
Quelli
infatti
che
vogliono
raggiungere
l
'
isola
,
prima
hanno
da
purificarsi
in
un
lavacro
almeno
di
vento
e
d
'
azzurro
;
e
quando
approdano
sono
i
barbari
,
venuti
in
barca
da
oltre
mare
.
Appena
dal
buco
della
funicolare
escono
al
sole
sulla
piazza
Umberto
,
i
vecchi
di
Capri
,
anche
se
romani
o
milanesi
,
tedeschi
o
americani
,
li
sbirciano
con
aria
benevola
ma
distratta
:
E
adesso
che
farà
questo
sperduto
?
E
adesso
dove
andrà
questo
spaesato
?
Loro
conoscono
tutta
Capri
,
che
è
un
poco
più
di
mezzo
mondo
;
e
quel
neonato
ancora
ha
da
imparare
come
si
respira
quest
'
aria
,
ancora
non
sa
che
domani
sarà
un
altro
.
Il
facchino
che
gli
porta
le
valige
,
gli
parla
con
tenerezza
come
la
nutrice
al
poppante
.
E
si
pensi
che
ogni
anno
passa
da
Capri
un
mezzo
milione
di
forestieri
e
che
un
altro
mezzo
milione
vi
dorme
almeno
una
notte
:
quelli
che
gli
albergatori
,
con
un
termine
tra
ascetico
e
spiritico
,
chiamano
le
presenze
.
Certo
chi
arriva
è
preparato
bene
.
Coloro
che
approdano
a
Capri
,
vengono
da
Napoli
o
da
Sorrento
:
città
e
luoghi
di
quelli
che
in
ogni
angolo
del
mondo
gl
'
innamorati
e
i
sapienti
,
i
poeti
e
i
politici
,
i
mistici
e
gli
epicurei
,
i
malati
con
la
speranza
di
fuggire
la
morte
e
i
sani
col
proposito
di
raddoppiare
la
vita
,
èvocano
tra
un
sospiro
di
rimpianto
e
un
sorriso
di
speranza
.
Ma
sono
città
di
terraferma
da
dove
si
passa
anche
per
necessità
,
senza
pensare
propriamente
a
ristorarsi
e
a
curarsi
anima
e
corpo
.
Capri
invece
,
dall
'
apparenza
inviolabile
,
è
la
tebaide
degli
epicurei
:
epicurei
,
spero
,
nel
senso
buono
ed
autentico
,
che
pongono
cioè
la
rettitudine
nel
dire
la
verità
,
la
verità
nella
concreta
esperienza
,
la
felicità
del
corpo
,
modestamente
,
nell
'
assenza
del
dolore
,
e
la
felicità
dell
'
animo
nella
serenità
della
coscienza
,
anche
a
costo
di
tempestive
rinunzie
.
Per
questa
vaga
somiglianza
con
la
Tebaide
degli
anacoreti
,
ma
a
portata
di
tutte
le
macchine
fotografiche
,
Capri
ha
appunto
i
suoi
monti
deserti
e
dirupati
che
si
sprofondano
a
picco
nel
mare
per
altre
centinaia
di
metri
e
che
soltanto
le
bigie
spatole
dei
fichidindia
,
le
chiazze
cupe
dei
lentischi
,
i
ciuffi
azzurrastri
dei
ginepri
e
gli
scheletri
d
'
antiche
torri
ravvivano
;
e
ha
le
sue
cento
grotte
dagli
echi
infernali
e
dai
riflessi
insidiosi
proprio
come
quelli
che
abbagliavano
sedici
secoli
fa
nel
deserto
tebaico
gli
occhi
di
Antonio
e
di
Pacomio
.
Si
pensi
che
per
entrare
nella
Grotta
azzurra
dallo
spacco
tagliato
o
allargato
dai
romani
s
'
ha
da
chinare
il
capo
o
stendersi
umili
sul
fondo
della
barchetta
,
e
che
destate
nella
gran
calura
molte
bagnanti
,
vestite
come
tutti
le
vedono
,
vanno
a
immergervisi
e
a
nuotare
,
con
l
'
illusione
d
'
entrare
nel
turchino
del
paradiso
facendo
semplicemente
le
morte
sull
'
acqua
.
Illusioni
,
ripeto
,
le
quali
talvolta
arrivano
all
'
allucinazione
;
ma
sul
cammino
della
virtù
dovunque
,
specie
a
Capri
dove
ogni
sentierucolo
è
forcuto
come
le
corna
del
demonio
,
sperar
di
distinguere
sùbito
l
'
illusione
dalla
realtà
è
quasi
inumano
.
Si
distingue
dopo
,
quando
,
reclinato
ancora
una
volta
il
capo
in
atto
di
penitenza
,
si
riscivola
verso
l
'
aperto
sole
,
e
le
barchette
verdi
bianche
turchine
ci
ballano
attorno
leggere
come
per
congratularsi
della
nostra
salvazione
.
Questa
maestà
,
grandezza
,
rudezza
o
indifferenza
della
natura
è
necessaria
all
'
uomo
che
cerca
la
pace
,
e
volentieri
la
chiama
felicità
.
A
Capri
la
trova
presto
:
sulla
terra
dopo
pochi
passi
,
sul
mare
dopo
poche
bracciate
.
Sotto
la
rupe
eccelsa
e
inaccessibile
,
ecco
,
egli
si
sente
minimo
,
trascurabile
,
invisibile
,
dimenticato
;
si
sente
cioè
in
libertà
.
Anche
se
sono
in
due
,
si
sentono
invisibili
e
in
libertà
,
e
stesi
su
uno
scoglio
polito
dall
'
onde
o
tappezzato
di
licheni
,
si
crògiolano
a
occhi
chiusi
nell
'
afa
del
mezzodì
,
si
lasciano
ventilare
dalla
bava
che
là
sotto
increspa
l
'
onda
.
Una
lucertola
.
Una
farfalla
.
Silenzio
.
Tutto
il
loquacissimo
mondo
è
finalmente
ammutolito
.
L
'
umanità
è
di
là
dal
mare
.
Lo
sguardo
più
vicino
è
quello
del
sole
;
la
legge
più
vicina
è
quella
del
sole
,
che
fa
la
notte
e
il
giorno
,
e
niente
altro
.
Ma
nell
'
isola
di
Capri
è
un
altro
elemento
che
può
sembrare
misterioso
e
non
lo
è
:
la
storia
.
Nessun
paese
del
mondo
è
,
in
questo
,
più
misterioso
dell
'
Italia
la
quale
invece
appare
tutta
limpida
e
assolata
.
Nessun
paese
è
infatti
formato
di
tante
civiltà
sovrapposte
,
l
'
una
nascosta
dall
'
altra
ma
anche
l
'
una
nata
dall
'
altra
.
Civiltà
fenicia
,
civiltà
greca
,
civiltà
etrusca
,
civiltà
romana
,
civiltà
bisantina
,
civiltà
cristiana
,
civiltà
musulmana
,
qui
s
'
intrecciano
e
si
confondono
tanto
indissolubilmente
,
per
formare
dal
mille
in
poi
la
civiltà
italiana
,
che
non
v
'
è
mente
umana
capace
di
sciogliere
il
groviglio
delle
cento
radici
al
piede
di
quest
'
albero
sovrano
e
sempre
fiorito
.
Non
v
'
è
bisogno
che
il
viaggiatore
sia
un
erudito
per
provare
sotto
questo
incanto
uno
sgomento
quasi
religioso
,
come
non
occorre
essere
astronomi
per
sentire
l
'
infinito
del
cielo
dietro
il
palpito
delle
stelle
.
Basta
ch
'
egli
abbia
gli
occhi
aperti
e
un
cuore
d
'
uomo
.
Anche
a
Capri
,
in
questa
isoletta
,
sono
passati
fenici
,
greci
,
romani
,
bisantini
,
saraceni
e
,
alla
fine
,
i
napoletani
del
Seicento
e
del
Settecento
,
i
secoli
della
musica
e
della
passione
;
e
ancora
cantano
.
Ma
sopra
tutti
stanno
Augusto
e
Tiberio
,
Timberio
come
lo
chiamano
qui
.
Non
si
vedono
?
Dovunque
si
scava
,
alla
Marina
Grande
o
alla
Certosa
,
su
a
Santa
Maria
del
Soccorso
o
giù
a
Punta
Tragara
,
anche
dopo
secoli
di
ladrerie
straniere
,
blocchi
di
tufo
,
muraglie
di
piscine
,
fondamenti
di
ville
,
rocchi
di
colonne
,
lapidi
schiantate
tornano
alla
luce
.
Le
rovine
romane
sul
mare
,
gialle
e
rosse
in
mezzo
all
'
acqua
,
sembrano
più
resistenti
degli
scogli
.
L
'
onda
vi
si
rompe
da
secoli
,
e
a
mare
mosso
le
copre
;
torna
la
calma
,
e
rieccole
,
lucide
,
regolari
,
solenni
.
Non
è
vero
che
il
turista
distratto
e
cronometrato
rimanga
indifferente
alla
vista
di
questi
ruderi
.
Non
si
renderà
conto
a
parole
dell
'
effetto
che
gli
fanno
,
perché
questo
è
il
nostro
destino
dal
primo
vagito
all
'
ultimo
addio
:
che
di
quanto
veramente
ci
tocca
nel
profondo
e
ci
forma
e
ci
muta
e
ci
uccide
,
l
'
intelletto
per
lo
più
non
s
'
avveda
perché
non
ha
tempo
o
ha
paura
.
Ma
la
vista
di
queste
antichità
dànno
anche
al
passante
,
al
gaudente
e
all
'
ignorante
il
conforto
d
'
un
sentimento
che
noi
Italiani
possiamo
chiamare
l
'
immortalità
dell
'
Italia
e
che
a
uno
straniero
basta
chiamare
la
certezza
della
durata
.
Egli
sbarca
qui
,
solo
o
in
compagnia
,
stanco
o
ammalato
o
innamorato
.
Ha
udito
tanto
parlare
di
Capri
e
del
suo
fascino
.
Capri
,
dieci
chilometri
quadrati
:
un
ninnolo
.
Nuova
York
è
molto
più
grande
.
Sul
moletto
di
Sorrento
,
accanto
alla
garitta
gialla
e
blu
,
un
omino
vende
nacchere
,
le
gitta
destramente
dalla
riva
nel
battello
,
coglie
a
volo
i
soldi
che
gli
pagano
.
È
l
'
Italiano
,
pel
turista
,
stereotipato
:
ballerino
,
canterino
,
giocoliere
,
merciaio
ambulante
.
Ma
Capri
s
'
avvicina
:
monti
rocciosi
,
nudi
,
scabri
,
rósi
dal
vento
,
ostili
,
e
a
fior
d
'
acqua
muraglie
immani
,
fatte
d
'
un
reticolato
a
scacchi
di
tufo
.
-
Che
cosa
?
Tiberio
?
La
piscina
di
Tiberio
?
Quasi
duemil
'
anni
?
Il
peso
dei
millenni
come
il
peso
della
rupe
riducono
anonimo
e
minimo
lo
straniero
:
uno
,
sperduto
tra
milioni
.
Cerca
con
lo
sguardo
l
'
amico
o
l
'
amica
.
Anch
'
essi
cercano
lo
sguardo
di
lui
,
ma
senza
appoggiarvisi
,
quasi
che
la
troppa
luce
annebbi
tutti
gli
occhi
.
I
più
restii
puntano
sulle
rupi
e
sulle
rovine
la
macchinetta
fotografica
:
ne
rapiscono
un
attimo
,
della
loro
misura
.
Poi
anche
essi
si
stancano
di
chiudere
un
occhio
e
di
schiacciare
l
'
altro
sulla
spia
,
per
veder
piccolo
;
e
si
lasciano
invadere
dalla
luce
e
dalla
grandezza
,
come
chi
si
gitti
a
nuoto
,
finalmente
,
nel
refrigerio
del
mare
.
Di
preciso
niente
sanno
.
Vedono
e
sentono
;
e
basta
.
La
forza
degl
'
imponderabili
,
come
una
volta
i
fisici
chiamavano
nientemeno
l
'
elettricità
,
il
calore
e
la
luce
.
Se
la
primavera
fosse
scoppiata
,
non
s
'
avrebbe
più
voglia
di
tessere
queste
tele
di
ragno
che
si
chiamano
ipotesi
.
Ma
siamo
proprio
sulla
soglia
.
Stamane
,
affacciandomi
dal
mio
poggiolo
sul
giardino
dell
'
albergo
,
ho
udito
una
voce
femminile
,
di
contralto
,
annunciare
da
giù
in
inglese
a
qualcuno
che
doveva
guardare
dal
piano
sopra
al
mio
:
John
,
John
,
sai
che
ho
trovato
?
Ho
trovato
due
fiori
d
'
arancio
.
Una
voce
sarcastica
e
rugginosa
ha
risposto
dall
'
alto
:
Esagerata
.
Oh
John
...
La
donna
in
giardino
aveva
la
figura
svelta
e
giovanile
,
il
volto
meno
;
e
indossava
un
paio
di
pantaloni
turchini
,
tagliati
a
campana
come
quelli
dei
marinai
.
Ma
non
avevo
badato
all
'
accento
sull
'
o
di
John
,
aperto
o
chiuso
,
e
non
ho
capito
se
chi
le
rispondeva
dall
'
alto
era
una
Joan
o
un
John
,
una
Giovanna
o
un
Giovanni
.
Piccolezze
.
StampaQuotidiana ,
Tre
anni
e
mezzo
di
guerra
contro
il
nemico
secolare
,
sacrifici
inenarrabili
,
una
vittoria
senza
eguale
,
due
anni
di
torbido
e
febbrile
armistizio
con
tumulti
,
ire
,
miserie
,
amarezze
di
ogni
genere
.
Finalmente
il
12
novembre
la
pace
è
scritta
.
Quasi
tutti
gl
'
italiani
,
e
tutti
gli
stranieri
a
una
voce
la
proclamano
degna
della
vittoria
.
L
'
Austria
-
Ungheria
degli
Absburgo
è
una
morta
senza
resurrezione
,
i
Jugoslavi
che
mirarono
all
'
Isonzo
si
ritraggono
dietro
il
crinale
delle
Alpi
Giulie
;
Gorizia
,
Trieste
,
Pola
,
tutta
l
'
Istria
,
Zara
son
nostre
;
Fiume
è
libera
.
Nell
'
inevitabile
dibattito
gli
Slavi
cedono
cinquecentomila
loro
fratelli
all
'
Italia
,
l
'
Italia
cede
.
poche
decine
di
migliaia
d
'
italiani
al
vicino
,
ma
li
vuole
protetti
con
effettive
garanzie
.
Il
12
novembre
pareva
il
principio
di
nuova
storia
,
la
data
iniziale
della
pace
e
della
ricostruzione
.
Ed
ecco
la
nuova
storia
.
Ecco
la
pace
e
la
ricostruzione
.
Un
figlio
dell
'
Italia
,
glorioso
per
opere
scritte
ed
agite
,
esige
che
la
sua
gloria
sia
sopra
a
tutte
le
leggi
e
la
sua
volontà
personale
stia
sopra
ai
Trattati
.
Egli
rifiuta
di
sanzionare
il
Trattato
di
Rapallo
sanzionato
dal
Governo
,
dai
due
rami
del
Parlamento
,
dal
Re
;
insulta
;
minaccia
;
semina
lo
spirito
di
sedizione
fra
le
truppe
dell
'
esercito
patrio
e
fra
le
unità
della
marina
nazionale
;
accoglie
trionfalmente
i
marinai
che
gli
portano
in
dono
navi
di
cui
non
erano
i
padroni
;
tollera
che
i
suoi
legionari
versino
il
sangue
fraterno
;
respinge
le
lusinghe
,
le
preghiere
,
le
supplicazioni
di
tutto
un
popolo
che
sta
quasi
ai
suoi
piedi
implorando
che
un
figlio
prediletto
risparmi
alla
patria
un
lutto
ed
un
'
onta
incancellabili
per
sempre
.
Finalmente
alla
dichiarazione
di
blocco
egli
risponde
con
una
dichiarazione
di
guerra
in
piena
regola
contro
il
Governo
d
'
Italia
.
Il
sangue
scorre
ed
è
sangue
italiano
,
di
commilitoni
che
furono
allo
stesso
fuoco
e
patirono
le
stesse
ferite
.
D
'
Annunzio
pubblica
un
bollettino
di
guerra
,
in
cui
l
'
esercito
d
'
Italia
è
chiamato
l
'
esercito
avversario
e
dove
,
come
dopo
un
'
azione
contro
lo
straniero
implacabile
,
il
Comando
di
Fiume
si
vanta
che
le
sue
perdite
siano
«
certamente
di
gran
lunga
inferiori
a
quelle
subite
dall
'
avversario
»
.
Ma
l
'
«
avversario
»
marciava
il
più
spesso
con
l
'
ordine
:
avanti
senza
sparare
!
Lo
spettacolo
è
orrendo
,
e
l
'
animo
se
ne
ritrae
sbigottito
.
A
Fiume
,
in
questa
che
era
l
'
ultimogenita
fra
le
città
sacre
dell
'
Italia
e
per
due
anni
di
passione
diventò
la
più
cara
,
furono
adunate
armi
contro
l
'
Italia
!
Da
Fiume
si
dirama
un
comunicato
,
il
secondo
di
D
'
Annunzio
,
anche
più
incredibile
del
primo
,
in
cui
gli
alpini
costretti
a
un
duro
dovere
sono
oltraggiati
come
ubriachi
e
gli
ufficiali
di
marina
sono
vituperati
come
assassini
e
l
'
Italia
è
trattata
da
un
italiano
con
lo
stesso
stile
che
adoperavano
i
tedeschi
,
nei
tempi
del
loro
più
truce
orgoglio
,
contro
gli
spregevoli
nemici
.
Prova
di
insania
più
lampante
di
quella
che
offre
questo
secondo
bollettino
di
guerra
civile
non
potrebbe
né
desiderarsi
dai
malvagi
né
temersi
dai
buoni
.
Gli
occhi
stessi
non
reggono
alla
lettura
di
queste
intollerabili
cronache
.
Quale
spirito
puro
avrà
la
forza
di
commuovere
l
'
anima
di
Gabriele
D
'
Annunzio
?
di
persuadergli
che
non
è
umiliazione
e
vergogna
,
ma
gloria
suprema
alzare
bandiera
bianca
davanti
all
«
avversario
»
,
quando
l
'
avversario
è
la
patria
?