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UN UOMO CON LA PIPA ( BERNASCONI UGO , 1914 )
StampaPeriodica ,
Di primavera - in un treno campagnuolo - al tramonto . Sabato . È l ' ora in cui gli ultimi operai rientrano dalla città alle lor case sparse pe ' cascinali . Sono ora i ritardatari : i vecchi , gli alcoolizzati , gli scemi . Il grosso degli operai - i validi - rincasarono già . Nel mio compartimento io son rimasto solo ; e mi diverto a trar fumo da una sigaretta . Sale un operaio . È vecchio - ed ha l ' aspetto imbecille . Dev ' esser di quelli che vivono tra la calce ; perché tutta la sua persona , l ' abito la faccia i capelli le mani , sono macchiati e inaspriti dalla calce seccata . Veramente , su ' suoi capelli , non si sa dire qual sia bianco di calce e quale di canizie : è tutto bianco indelebile e antico . È molto vecchio ? - Chissà . La sua faccia nasconde l ' età dentro le rughe e i solchi : somiglia una povera terra magra , nuda se non di poveri sterpi ( le sopracciglia e i baffi sembrano stipe ) - e ricca soltanto di spaccature e buche . Perfino il cuoio delle scarpe - enormi e riquadre - è straziato e aggrinzito dalla materia erodente ; ed è del resto molto simile al cuoio delle sue mani e del volto . I suoi occhi sono grossi ; e girano lo sguardo così lentamente , che a momenti sembrano spenti . Pure l ' espressione totale del viso non è triste ; è piuttosto di un ' ebetudine tranquilla che sia in aspettativa di qualche giocondità . Sul banco egli ha deposto un fagotto , ch ' è fatto della sua giacca con ravvoltivi i suoi ferri ; e più vicino a sé , un grosso pane di frumento , bianco , ravvolto in carta , sul quale ha pur cura di stendere ancora una sua larga pezzuola . Forse è quello il dono domenicale che egli porta a ' suoi - e lo protegge così come un tesoro . Quando il treno riparte il vecchio conta una manciata di monete . Quasi tutte di rame : e forse è il prezzo della sua fatica di sei dì . Scerne le poche lire , poi le conta sulle dita : e pare del suo conto soddisfatto ; perché riponendo il poco gruzzolo in tasca , mette un sospiro che par di sollievo . Dopo di che , s ' abbandona sulla spalliera di legno , rovescio il capo , gli occhi e la bocca socchiusi , come aspettando il sonno ; in un rilassamento totale dei muscoli e della volontà - come se costretti per sei giorni consecutivi , gli si allentino insieme improvvisamente . Ma l ' abbandono è breve . Raddrizza tosto la schiena ( il suo volto si schiude ) e cacciatasi una mano tra la camicia e il petto , ne trae una rozza pipa di legno abbruciacchiata - un cartoccetto di tabacco - e carica la sua pipa sospirando . Forse è quella la giocondità che il suo viso attendeva . Ma quando l ' ha presa tra le labbra e vuol accenderla , ecco s ' accorge che la pipa è ingombra . Pazientemente la rivuota , la rivolge : poi soffiando aspirando battendo , invano s ' adopra a liberarla . Si fruga nelle tasche : snoda il fagotto ; cerca tra i ferri ; ne cava un lungo chiodo puntuto , e con quello , già un po ' stizzoso , gratta e rispazza il macero fornello della sua pipa . Prova di nuovo - ma la pipa è ingombra . È evidentemente contrariato . Si guarda intorno , come per cercare un aiuto un consiglio un ' ispirazione . Il suo sguardo s ' arresta sul fumo ch ' io getto di bocca copioso : poi su me ; e pare ch ' egli abbia formulata in sulle labbra una domanda da rivolgermi - ma non osa . Forse è l ' aspetto decente del mio vestire che paralizza tutto il suo ardire . Finalmente si risolve : - " El gavaria no , sciôr una paja de sigar ? " - dice , dimostrandomi col gesto della mano verso la sua pipa il desiderio che le sue parole non sanno esprimere intero . Io mi palpo le tasche : - No . Tentenna egli il capo . Un momento ristà meditabondo : guarda di traverso dentro il nero fornello della sua pipa , come dentro un abisso che gli nasconda agguati : la batte ancora , sulle ginocchia , sulla mano , sul banco - inutilmente . Scorge al suolo un fuscello e si china a raccôrlo ( pare quando si risolleva che il fuscello pesi enormemente al suo braccio che sia indolorito ) - e si riaccinge con quello . Il volto è intento , la mano trema ... Ma il fuscello introdotto nella cannula si spezza , ed egli non può più ritrarnelo . " Gesuddiu ! " Ma sbollitagli appena la bestemmia , già si rinverde la sua lena industre . Straccia dal foglio che ravvolge il suo pane un piccolo lembo di carta ( piccolo , come per tema di scovrir troppo il tesoro ) e lo rivolve penosamente fra le dita - aspre e grosse dita inette alla materia lieve - a fabbricarne un ' asticina . Riesce alfine , e si riprova . L ' asticciuola entra : ma al minimo sforzo cede , ed egli è costretto a gettarla . Brontola ancora bestemmie , gli occhi nell ' alto . Ma ancora la sua voglia si rimpunta . Si rifruga per tutte le sue tasche : ne trae uno zolfanello : l ' appunta : si riprova con quello : gli si spezza ; non può . Adesso l ' uomo appare proprio costernato . Batte ancora la pipa in sul palmo - questa volta , pare assai più per dispetto che speranza . Poi ristà immoto , con l ' avversaria pipa in sulla mano , fitto lo sguardo su , stretta la fronte come per una straordinaria intensione d ' ingegno . Certo dentro di lui qualche cosa s ' inerpica e s ' imbizza ... Ma ecco si rispiana la sua fonte ; si riscuote ; ha trovato . Lesto cava di tra i suoi ferri un coltellaccio incurvo : l ' apre ; n ' esamina il filo ; considera il legno della panca su cui siede ; e pare si accinga a scheggiarla in sullo spigolo . Già la mano all ' atto ; - ma ristà . Par quasi che un ' altra - invisibile mano ma più forte - l ' abbia ghermito e lo ritenga . Sente egli la gravità dell ' atto ch ' è per compiere ? - un ' azione di quelle proibite , per cui ci sono i carabinieri i giudici gli avvocati il carcere e la multa ; qualche cosa come un delitto contro la proprietà ... Guarda a me di sottecchi , forse per convincersi se spio , forse per leggere nel mio volto , nel mio contegno , un incitamento in un senso o nell ' altro : correr dietro al suo lungo desiderio , o ascoltare il monito sopraggiunto ? - Io continuo a fumare , impassibile . L ' uomo ha scrollato un pochettino una spalla . Si direbbe che lo scrupolo gli pesasse materialmente in su quella , ed egli l ' abbia ributtato così . Ora infatti è spedito alla sua voglia : con un colpo secco stacca tra le sue ginocchia un lungo stecco di legno ( sùbito si rinserran le ginocchia ad occultar sulla panca la ferita ) - ed ecco intorno alla sottil scheggia staccata già s ' industria col ferro ; l ' aguzza , l ' assottiglia , l ' arrotonda . Prova . Ancora un poco in punta , un pochetto al mezzo ... Mette nel suo lavoro maggiore studio e maggiore attenzione che se costruisse l ' arco di un ponte . È fatto . Riprova . Lo stecco è rigido e esatto : sforza , passa , trascorre , due e tre volte . Accosta ancora la pipa alle labbra ; soffia ... Libera , libera ! ... Sbuffa adesso l ' uomo come se tenesse in petto , adunata nella lunga contensione chissà qual forza di troppo - ed anche si batte un buon pugno sulla coscia come suggello alla vittoria ghermita . Riprende il cartoccio del tabacco e si ricarica la sua pipa con la pacata sicurezza dell ' uomo che avendo definitivamente sterminato ogni resistenza nemica , si vede ormai dinanzi la via libera e piana alla sua gioia . Uno zolfanello in pronto - e attende ad accenderlo che il treno sosti . Forse è quello l ' ultimo fuoco che gli rimane e non vuole rischiarlo . Il treno sosta - riparte . Una fanciulla è salita nel compartimento ; e s ' è seduta fronte a fronte del vecchio , presso lo sportello , lo sguardo fuori , come tenendosi presta a fuggir fuori ancora . È giovanetta ed elegante , e bella molto . Come capitata là dentro ? - Sembra esiliata in quel riparto squallido . Quasi sdegnosa dell ' istess ' aria che le circola intorno , si tiene tutta raccolta in un ampio mantello bigio - funereo nel bel lume d ' aprile siccome i cieli del novembre lontano - e le pendono in basso sovra i piccoli piedi , le gonne soffici nere . Nera la mano che s ' adunca sul petto . Nero il cappello che le ombreggia la fronte . Ma albeggia sotto , di un pallore trasparente di miele , il viso piccolo elittico , concluso in due cortine di capelli ramei : vivono gli occhi lontani in aloni d ' ombra alabastrina . Ma le sgorga sotto il mento , fuor della clausura del mantello cinereo - quasi fosse il zampillo di qualche antica profondissima incontenibile gioia - roseo e leggero il nodo di una cravatta di tulle , come un vapore di nuvole aurorali . Il vento che irrue per la finestrella la investe circonfondendole il viso nel nimbo dei capelli agitati e del velo chiaro . Guarda ella china all ' urto villano , verso l ' occidua luce - una nemica ruga in sulla fronte . Il vecchio ha acceso la sua pipa - e trae ora il primo denso sbuffo di fumo ; quando il suo sguardo si arresta sulla nuova venuta che gli sta di fronte . La guata ritraendosi un poco , come dinanzi a improvviso nemico ; e gli esce intanto da un angolo della bocca uno zampilletto malsicuro di fumo : dall ' angolo della bocca che è il più lontano da colei che i suoi occhi scandagliano . Colei tosse . L ' uomo si riscuote . Come se il piccolo urto dell ' altrui tossire , meccanicamente , per occulti tramiti , si propagasse alla sua stessa persona - l ' uomo si toglie la sua pipa di bocca . Allunga una mano a toccar nel ginocchio l ' assorta . Quella trasale . L ' uomo tace - ma indica con la mano la sua pipa fumante . " Le fa male ? " - pare che voglia chiedere . Quella sorride , e accenna " no " col capo . Ma il suo sorriso è più triste della ruga che le incide la fronte ; e sùbito rifugge il suo sguardo al di fuori . E ancora tosse ; e sempre il vento la batte . L ' uomo , con la pipa in mano , sembra inebetito . Guarda la fanciulla , la sua pipa , me . ( Io ho finito allora di fumare e ho gettato il mozzico ) . Infine col pollice , lentamente - senza che il suo viso partecipi a quel che la mano fa - copre il focolare della pipa ; lo preme ; lo soffoca . Un estremo fumarello vien su pulverulento . Egli lo sta a guardare : poi , rivolta d ' ogni lato la sua pipa , se la ripone in seno . Scaracchia ora forte l ' uomo , come a divellere da ' suoi tessuti più intimi qualcosa di molto avvinto ; e si riabbandona contro la spalliera ; rovescio il capo , occhi e bocca socchiusi , come aspettando il sonno . Pendono e vanno alle scosse del treno , tra le ginocchia aperte , le mani gravi . L ' esiliata a un fischiar del treno , ha tese le gambe levando i piedi in un brivido . Quasi viene a toccare co ' suoi piccoli piedi insieme attorti le mani dell ' uomo pandenti . Sono di così piccola e fragiletta mole , che entrambi capirebbero annidati in una di quelle mani . Se la mano stringesse , s ' infrangerebbero entrambi .
LA BIBBIA DI BORSO. ( OJETTI UGO , 1923 )
StampaQuotidiana ,
Milano , 19 maggio . A Milano , in casa del signor Giovanni Treccani , davanti alla Bibbia di Borso d ' Este . I due volumi della Bibbia sono giunti ieri da Parigi , vigilati da due cerberi , uno membruto villoso flemmatico e romanesco , Colasanti , direttore generale delle Belle Arti ; l ' altro , magro irrequieto esclamativo e napoletano , de Marinis . Diamo , per quel che ci costa , a ognuno il suo : se il Treccani è l ' Amerigo Vespucci , il de Marinis è il Cristoforo Colombo del rutilante eldorado chiuso dentro queste fodere di panno verde , dentro queste copertine di marocchino rosso . E adesso , varcato l ' oceano tempestoso dei sì e dei no , il de Marinis è felice di guidarci tra le divinità , gli angeli , gli uomini , le piante , i fiori , le nuvole , i fiumi , i prati , i pianeti , i palagi , gli animali di questo mondo di sogno , pagina per pagina : milleduecento e tante pagine . Mi ricordo questo entusiasta , poco più d ' un mese fa , quando entrò a tarda sera nel mio studio , correndo . Piccolo com ' è , e sempre sulla punta dei piedi , pareva che avesse le ali . Era sceso dal treno di Parigi poche ore prima : la Bibbia di Borso che l ' imperatore Carlo s ' era fuggendo portata in Isvizzera come nel 1859 il duca di Modena se l ' era fuggendo portata a Vienna e che nessuno più riusciva a scovare , egli l ' aveva veduta a Parigi nelle mani del signor tal de ' tali . Bisognava riportarla in Italia , bisognava che finisse di far da viatico ai principi in fuga : bastava un niente , tre o quattro milioni . Io che , per quanto mi sforzi di seguire la moda , ho ancora il torto di dubitar dei miracoli , lo guardavo preoccupato e insistevo a dirgli : Segga , mi faccia il piacere , segga . Un pazzo seduto è meno pericoloso che in piedi . Vor dì che voi portate li rigistri De le spese , l ' esatta relazione , Ché ve farò parlà co ' li ministri . E lo spedii col primo treno al ministro dell ' Istruzione che sapevo gentile e , in queste faccende , liberale . Ed ecco : il miracolo s ' è avverato , la Bibbia è in Italia . « Ho il piacere di annunciarle che la Bibbia di Borso d ' Este è assicurata all 'Italia.» Questo semplice telegramma Giovanni Treccani mandò il 3 maggio da Parigi a Benito Mussolini : gli costava , come è noto , più di duecentocinquantamila lire a parola . Adesso , prima della gran Bibbia , guardo lui . Lombardamente posato e imperturbabile , giovane ancora , biondo e sorridente , il naso piccolo e mobile , le palpebre gravi ed esangui sugli occhi azzurri , egli ha già imparato a maneggiare il suo codice con la delicatezza del vecchio bibliofilo , la quale sfiora e non tocca ed è paragonabile solo alla delicatezza delle donne quando s ' aggiustano sulla pettinatura una ciocca che sfugge . L ' ha veduto ancora poco il suo tesoro , ma lo conosce già molto bene , dall ' a alla zeta , e ne gradua con buon gusto le tante bellezze e finezze . Purtroppo il metodo da lui scelto per uno studio rapido e pratico dell ' arte della miniatura non é da tutti . E il vecchio proverbio qui è rovesciato : metti da parte e poi impara l ' arte . Vede : io volevo lasciare ai miei figlioli un nome che valesse per qualcosa di nobile e di durevole . Non sono un artista io , non sono uno scrittore . Ho cercato : ho trovato . È stata una fortuna per me . Parla senza enfasi , parla sottovoce in quest ' alacre città dove anche nei salotti americanamente si grida . E convince e conquista sùbito , almeno gli artisti e gli scrittori stupefatti di sentirsi invidiati . Dalle pareti della sala che oggi ospita la Bibbia , pendono quadri di Tranquillo Cremona , di Daniele Eanzoni , di Mosè Bianchi , di Filippo Carcano : sembrano i nobili deputati dai moderni pittori lombardi ad accogliere onorevolmente i signori Taddeo Crivelli , Franco Russi , Marco dell ' Avogaro e gli altri pittori della Bibbia ferrarese . Ma ecco s ' apre la Bibbia , e tutto il resto scompare . Quel che prima fa stupire , è trovarla così intatta . Ad aprire certe pagine , a vedere i fondi d ' oro senza un ' incrinatura , i fondi d ' oltremare senza una ruga , sembra d ' aprirle noi per la prima volta dopo messer Borso . Non c ' è che gl ' illetterati per conservare bene i libri . Francesco Giuseppe d ' Austria o Francesco di Modena , senza risalir più lontano , dovevano spendere il loro tempo in ben altre , oh gravissime , occupazioni ; e la Bibbia la lasciavano dormire collocata nel suo forziere , vergine e immacolata , diciamo pure , per noi . Questo stupore è moltiplicato dalla minutezza e fragilità di tanta arte e splendore . Sarebbe come ritrovare vivi un fiore o una farfalla di cinque secoli fa . Il prodigio della sopravvivenza si aggiungerebbe al prodigio della sua piccolezza e bellezza nativa , tanto da lasciarti sulle prime senza respiro . Hanno voluto , è vero , questi pittori maestri dare ad ogni pagina una sua bilicata architettura , farne uno stabile monumento : in alto un frontone con la sua lapide , ai lati due fioriti pilastri con statue e medaglioni , nel mezzo tra i due spazii scritti , come tra due finestre , una colonnina o un festone , in basso un ' alta base e così salda che le storie e i paesi in essa dipinte vi sono divisi , scena per scena , da classiche colonne , nude o scannellate , di bronzo o di marmo , capaci di reggere davvero da sole una fabbrica tanto eccelsa ed ariosa , se al signor Duca fosse venuto il ghiribizzo di costruirsela in pietra . Ma dentro questi vani e nicchie e finestre , appoggiati a questi larghi pilastri , i pittori si sentono finalmente a loro agio come e meglio che a casa loro : e allora si divertono a raccontare favole in libertà e ad immaginare leggiadrie come in un decamerone sull ' erba . Oggi nella scorsa non so seguire che questi svaghi e capricci : cervi alla fonte timidi e stupiti a vedersi sul capo quei tanti rami , levrieri assaettati , candide aquile e verdi girifalchi araldici ed accigliati come tiranni in trono , aironi in volo dentro un fuso d ' azzurro come se un lembo di cielo si fosse avvolto intorno al loro corpo lanciato , colombe e tortore , quaglie e pernici accovacciate dentro una rosa come nel loro vero nido , elefanti e camelli e scimmie e leopardi e orsi e struzzi , tratti o cavalcati con guinzagli e redini di porpora da pargoli bianchi e paffuti . E poi farfalle e farfalle . Ve ne saranno di cento specie , azzurre , viola , nere , gialle , bianche , ferme e vaganti , così naturali e vive che sembra proprio si vengano adesso a posare su queste aiole di fiori per goderne e nutrirsene . Alla fine , la farfalla ti resta nella memoria come l ' emblema di Taddeo Crivelli e di Franco Russi : preciso . Alla fine .... Sono tre ore che sfogliamo e guardiamo e cerchiamo aggettivi . S ' è stanchi e si sta per diventare ciechi , col cervello vuoto : il povero cervello che alle prime pagine s ' illudeva di confrontare , di giudicare , di ricordare . Quest ' angelo con la fronte tonda , con le palpebre a campana col nasino a martello , con la bocca gonfia , non par di Cosmé Tura ? Questa dama con la fronte rasa e i capelli dietro a turbante , con un collo più lungo del volto , con una veste a strascico tutta perle smeraldi e oro , questo smilzo cavaliere con un gran cappello aguzzo come una prora , non paiono di Pisanello ? Questi cavalli tondi sotto una selva di lance non sono di Paolo Uccello ? Si dura poco in questi raffronti . Ci si sente soffocati come sotto una pioggia di fiori sempre più folta e pesante . E non s ' osa dir basta , e non si vuole dir basta . Le si prepara una vita difficile , diciamo al signor Treccani per svagarci dai milioni dell ' arte con un centesimo di realtà : Quanta gente le ha dato consigli e le ha chiesto soccorsi dopo il suo ritorno da Parigi ? Il signor Treccani che è di poche parole , sorride , esce , torna con un fascio di lettere . Leggiamo due righe della prima : « Io vengo a proporle un ' impresa che renderà gloriosi e ricchissimi me e lei : il prosciugamento del mar Caspio e la fine dei terremoti » . E una riga della seconda : « Io sono stata sedotta da un uomo . » Perché questa Bibbia di Borso si guarda e non si legge ? Vorrei consigliare al suo munifico possessore , se i mille visitatori gli lasciano cinque minuti di respiro , di leggersi almeno un versetto nel Libro dell ' Ecclesiaste : « Dove sono molti beni , sono anche molti mangiatori di essi ; e che pro ne trae il padrone di essi , salvo la vista degli occhi ? » Ma i poeti esagerano .
GLI INDIFFERENTI ( - , 1934 )
StampaQuotidiana ,
Con tale titolo , ebbe qualche fortuna editoriale alcuni anni fa un romanzo italiano . Non si tratta di ciò . Gli « indifferenti » , nella espressione più integrale della parola , sono i compagni socialisti italiani del sud - est della Francia , i quali se ne fregano del loro partito nella più fascistica delle maniere . Il Comitato direttivo ha un bel lanciare degli appelli periodici ; questi cadono completamente nel vuoto , cioè fra individui sordi come una campana , muti come pesci , addormentati come marmotte . Leggete e commovetevi se ne siete ancora capaci , in questi tempi duri per tutti , ma catastrofici per quel po ' di « pus » che è rimasto in circolazione oltre le patrie frontiere . La circolare « riservata » è in data 1° novembre u . s . : « I due appelli dell ' Esecutivo Federale e della Direzione del Partito in merito alla « Quindicina della Tessera e quella della Stampa » non hanno avuto eco alcuna fra le Sezioni ed i compagni nostri . Lo assenteismo il più completo e l ' indifferenza la più assoluta hanno fatto riscontro al nostro richiamo . « Mentre precedentemente la Segreteria Federale era affollata di richieste per assemblee , e riunioni di propaganda ; ed ammirabile ne era l ' attività dei compagni in ogni località ; per la quindicina della tessera e della stampa , nessuna sezione , ad eccezione di Marsiglia , ha sentito il dovere di adunarsi in assemblea o di convocare riunioni di propaganda . « A quanto pare fra i compagni si è fatta strada l ' idea della inutilità della propaganda del partito , o del dovere di dare forza attiva all ' azione singola delle Sezioni o Gruppi nostri . « La Segreteria è pure a conoscenza che raramente il Bollettino Federale viene portato a conoscenza dei compagni ; per cui si domanda se vale ancora la pena di farne la pubblicazione ; come pure domanda ai compagni se credono veramente di avere compiuto interamente il loro dovere di socialisti e di rivoluzionari , disinteressandosi , come essi fanno , dell ' azione nostra di Partito » . Dopo queste constatazioni ultrafallimentari si potrebbe chiudere decentemente la bottega , se non ci fosse il solito gruppo dei professionali che ci vive sopra .
FIUME E WILSON ( - , 1919 )
StampaQuotidiana ,
La maggiore trepidazione dell ' anima italiana , in questi giorni di sospeso destino , è per Fiume . In questo nome si placano tutte le discordie e convergono tutte le speranze . Che Fiume sia città in maggioranza italiana e irremovibilmente risoluta a non tollerare usurpazione straniera è un dato di fatto cui debbono ormai tutti , e in parte anche i jugoslavi , inchinarsi . Le statistiche comunali di dicembre 1918 migliorano , ma non rovesciano le risultanze della statistica magiara di otto anni or sono , secondo la quale a 24.000 italiani non potevano opporsi che circa 14.000 fra serbo - croati e sloveni . Perfino l ' inclusione di Sussak , se per Sussak s ' intende non già il vasto comune croato di Sussak - Tersatto ma il sobborgo fiumano di Oltreponte , lascerebbe gl ' italiani in maggioranza di circa 6000 . Ma più ancora del numero conta l ' ardore di questi italiani , lo slancio irrefrenabile con cui fin dal 30 ottobre invocarono la patria che li aveva sacrificati a non sappiamo quale necessità politica e ancora oggi la invocano , decisi ad ottenerla contro qualsiasi violenza di padroni o illecita intrusione di terzi . Ma non occorre insistere . La conoscenza della volontà di Fiume è ormai così vittoriosamente diffusa che più nessuno pensa di soggiogare questa città alla Croazia , contro la quale essa combatté tutte le sue lotte storiche . Perché dunque si tarda a consacrarne il diritto di autodecisione ? perché si coltivano espedienti intermedii e si propone d ' istituire Fiume col suo angusto territorio in Stato neutro e sovrano , staccato dalla Jugoslavia e dall ' Italia ? Tale proposito si attribuisce sopra tutto all ' Inghilterra e all ' America , a Lloyd George ed a Wilson . Anche a Wilson , a colui che con incomparabile eloquenza sostenne il diritto dei popoli di disporre della loro sorte . Le malignità di retroscena che si narrarono per spiegare alcune inesplicabili opposizioni al diritto di Fiume non possono toccare quest ' uomo . Se ancora egli crede che la libertà di Fiume debba essere manomessa , che il principio generale di cui egli si fece mallevadore debba subire un ' infrazione forse più grave di ogni altra , perché ferirebbe in pari tempo un piccolo popolo uscito di schiavitù e un grande popolo vincitore , diviene necessario pensare che questa impressionante infedeltà debba giustificarsi con alti e imperiosi motivi . Ma a tale presunzione logica non sa dare risposta soddisfacente nessuna analisi dei fatti . Riconosciuto che la maggioranza di Fiume è italiana e d ' italiano volere , solo tre generi di ostacoli possono intralciare l ' adempimento delle deduzioni logiche e morali che discendono dalle premesse . Si può obbiettare in primo luogo che l ' Italia ufficiale non chiese Fiume nel trattato concluso a Londra in aprile 1915 . È l ' obbiezione diplomatica . Si può obbiettare in secondo luogo che occorre ai jugoslavi e agli altri popoli dell ' interno un libero sbocco adriatico . E l ' obbiezione economica . Si può obbiettare in terzo e ultimo luogo che per la solidità della pace futura è necessario giungere a un compromesso fra italiani e jugoslavi , sicché né gli uni né gli altri realizzino integralmente il programma massimo nazionale , e , pur essendo , com ' è giusto , favorita l ' Italia , sia data in qualche punto soddisfazione alla tracotante rivale . È l ' obbiezione politica . Non spenderemo parole sull ' obbiezione diplomatica . È superfluo dire al Presidente Wilson , non sospetto di ortodossia diplomatica e di bigotto ossequio pei trattati segreti , che il documento di Londra , qualunque cosa esso valga , val meno della volontà di Fiume e dell ' Italia e che sarebbe cosa da Antico Testamento punire il popolo italiano e il popolo fiumano perché quattr ' anni or sono alcuni diplomatici italiani e russi , inglesi e francesi , per motivi che ora è inutile ricercare , non iscrissero quella partita nel libro del nostro credito nazionale . Più seria può sembrare l ' obbiezione economica . E non staremo a ripetere ciò che ormai da tutti si conosce sulla compartecipazione relativamente scarsa della Jugoslavia al traffico di Fiume . Non ritorneremo sulla dimostrazione incontestabile che porta naturale dell ' Austria , della Boemia , della Slovenia è Trieste meglio che Fiume . Non enumereremo ancora una volta i sei , o nove , o dodici sbocchi adriatici che rimarranno ai jugoslavi anche senza Fiume . E per comodità di discussione ammetteremo senz ' altro che Fiume , già collegata col sistema ferroviario medieuropeo ed egregiamente attrezzata , sia in condizione di privilegio : che del suo porto abbiano necessità i jugoslavi e tutti gli altri . Ma forse l ' Italia nega ai jugoslavi ed agli altri il porto di Fiume ? forse essa si batte per il monopolio dei docks anzi che per la libertà dei cittadini ? aspira a intascare trenta danari o non piuttosto a salvare trentamila anime di suoi fratelli ? Se v ' è coscienza nazionale non annerita dal ferro e dal carbone né ingiallita dall ' oro , questa è la coscienza nazionale italiana . Nessuno ha ancora dimostrato che non sia possibile dar Fiume all ' Italia , impegnando l ' Italia a rispettare tutte le servitù di transito che si riterranno necessarie e a considerare quel porto come bene comune , a tener quella porta spalancata per tutti i popoli . Nessuno ha ancora dimostrato che l ' idealismo wilsoniano non andrebbe in malora se ai criteri strategici degli antichi imperialismi militareschi e sciabolatori si sostituissero i criteri economici e portuali dei nuovi imperialismi plutocratici e accaparratori . Se è iniquo che i popoli seguano le sorti delle linee offensive e difensive e delle teste di ponte , non è meno iniquo che siano spartiti secondo le ubicazioni dei giacimenti minerari e gli assi dei sistemi ferroviari e fluviali . Il porto di Fiume sia di tutti ; ma l ' anima di Fiume non può essere che nostra . L ' obbiezione politica è la più importante . Se non che , maturamente esaminata , si volge proprio contro quelli che vorrebbero giovarsene per imporre una soluzione ibrida del problema di Fiume . Si vuole un compromesso per far sì che gradatamente , nella convinzione del reciproco sacrificio , s ' attenuino i rancori fra italiani e jugoslavi e divenga possibile una pacifica convivenza sul comune mare . Ma in nessun luogo un compromesso è più difficile , in nessun luogo un mezzo termine è più pericoloso che a Fiume . Si pensi a questo misero e soffocato staterello neutro fra Italia e Jugoslavia , a questo minuscolo vaso di coccio fra i due vasi di bronzo . Forse che col non risolvere il quesito lo si cancella ? forse che , dichiarata Fiume città sovrana , cesseranno di vivere e di lottare entro le sue mura italiani e slavi ? Gli uni e gli altri sentiranno la precarietà del provvedimento ; gli uni e gli altri cercheranno di assicurare la loro piccola patria alla loro grande patria . Le lotte ch ' erano già aspre diverranno crudeli . Probabilmente il primo e ultimo atto del Parlamento fiumano consisterebbe in una formale deliberazione di annessione all ' Italia . Se la città è sovrana , nessuno può impedirle di esercitare la sovranità abdicando . Se il territorio italiano sarà confinante con quello di Fiume , quale forza umana potrà radicare i pali dell ' arbitrario confine ? quale Società delle Nazioni potrà accollarsi un compito da Santa Alleanza e consacrare col sangue lo statu quo ? Ovvero supponiamo che l ' Italia giunga soltanto all ' Arsa o al Monte Maggiore o ai Caldiera , che una striscia di territorio jugoslavo sia , come una spada , tra Fiume e l ' Italia . E questo il modo di metter pace fra l ' Italia e Jugoslavia ? si farà la conciliazione col filo della spada ? O supponiamo infine che questo futile e grottesco statu quo , simile a quelli che il concerto europeo decretava nei Balcani , si prolunghi per mesi e per anni . Ma l ' Italia farà quanto è in lei per attrarre le merci e gli uomini verso Trieste e cercherà amici dovunque ; e dovunque cercherà amici la Jugoslavia perché la prosperità di Fiume soffochi Trieste . Mentre le cittadinanze che vivranno in vista di queste e di quelle banchine si tenderanno le braccia , la rivalità fra i due porti diverrà spietata e feroce , poiché la prosperità di Trieste rinfocolerebbe l ' irredentismo italiano di Fiume , mentre la vittoria del porto di Fiume avviverebbe l ' irredentismo sloveno nell ' Istria italiana . E questa la pace giusta ? è questa la pace duratura ? Noi ricordiamo il fervore , che anche all ' ospite parve favoloso , con cui Wilson fu accolto in Italia . In quel delirio quasi idolatrico v ' era gratitudine pel suo intervento di guerra e fede nel suo intervento di pace . Ancora una volta , in quest ' appassionata vigilia , ci rivolgiamo a lui perché egli ricordi che una giusta e saggia soluzione del problema di Fiume è una insostituibile pietra angolare della pace e che Fiume città libera e neutra , s ' egli voglia un istante riflettere su questi nostri ragionamenti , è una soluzione senza giustizia e senza saggezza . Anzi , non è affatto una soluzione . E un fiacco espediente dilatorio destinato a perpetuare la discordia .
SPALLA E VIRGILIO. ( OJETTI UGO , 1923 )
StampaQuotidiana ,
Milano , 20 maggio . Nell ' Arena , al sole . Su in cielo stanno in gara una nuvola fosca e il biondo flemmatico sole . Chi vincerà ? La nuvola s ' avvicina . Ecco , ghermisce il sole . Un minuto : il sole la dirompe e la nuvola si ferma , pallida , in brandelli . Poi si raccoglie di nuovo , più piccola e leggera . Si riaccosta all ' avversario . Tre o quattro raggi la feriscono , la lacerano , la sgominano . Alla nuvola , se avesse saputo vincere Apollo , credo che i centomila spettatori riconoscenti avrebbero applaudito quanto a Spalla . Ho detto Apollo perché sono venuto qui con animo , alla meglio , romano ; e vedo Spalla e Van der Veer come i legittimi discendenti dei pugili Entello e Darete che da tanti anni , davanti agli scolari di liceo , si battono nel libro quinto dell ' Eneide , arbitro lo stesso Enea . Guardate la buona faccia di Bisschop l ' antagonista di Bosisio , tutta rughe , calli e soprossi . È descritta da venti secoli in un epigramma di Lucilio : « Questo bravo olimpionico aveva una volta orecchie , palpebre , naso e mento . Ma da quando professa il pugilato , ha perduto queste parti del suo volto e più non raccoglierà l ' eredità paterna . Il magistrato lo ha confrontato col ritratto di lui che suo fratello ha offerto al tribunale , non vi ha veduto alcuna somiglianza , e ha dichiarato straniero l 'atleta.» Sì , adesso abbiamo le tre corde intorno al palco ravvolte di bianco , di rosso e di verde , e ritte sui trampoli le torrette per le macchine fotografiche e cinematografiche ; e abbiamo il presidente Mussolini che fa core a Spalla , invece dell ' imperatore Tito che proteggeva Melancomas ; e invece della tromba abbiamo il tantàn , e gli articoli di Petroselli invece delle orazioni di Dione Crisostomo , e il guantone imbottito invece del cesto a strisce di cuoio e a lamelle di bronzo , e il dialetto milanese invece del latino , e il « break » del signor Collard invece del « cede deo » del pio Enea . Novità trascurabili . Il sole è sempre quello , e gli uomini , da quei due lassù rosei , lustri e bisunti a noi quaggiù intenti ed ansiosi , sono , con altri nomi e vesti , i medesimi . E questo solo , in questo mondo , conta . Viva Erminio ! Forza , Erminio ! Così detto , spogliossi ; e sì com ' era Delle braccia , degli omeri e del collo E di tutte le membra e d ' ossa immane , Quasi un pilastro in su l ' arena stette . L ' accappatoio che Erminio Spalla ha gittato lungi da sé è di stil floreale , verde e viola . Ne vorrei , per amor di Virgilio , uno più classico e unito . Nemmeno le gambe di Erminio mi piacciono ; non s ' addicono a quelle cosce . Se il corpo umano , secondo i petrarchisti del Rinascimento , s ' ha da assomigliare a un sonetto di cui titolo e dedica sono la testa , le quartine il torace e l ' addome , e le terzine sono le cosce e le gambe , le gambe di Erminio Spalla mancano d ' una sillaba . Piet Van der Veer , se avesse il collo meno massiccio e perdesse un poco della sua pinguedine rubensiana tra spalle e sterno , sarebbe lui un atleta da statua . Ma quel che qui seduce , è il riso della gran bocca di Spalla sotto il nasetto camuso . Il volto dell ' olandese è impassibile : non dice più di quel che dicano il suo ginocchio o lo sterno . Vi si nota solo un ' ombra di pena quando per un istante la stanchezza lo soffoca . Il volto invece del nostro , dalle rughe orizzontali della fronte ai solchi verticali tra narici e labbra , annuncia le speranze e le delusioni a colpi di chiaroscuro netti come i segnali di un semaforo . Che la sua testa sgusci sotto il pugno di Piet , s ' incastri sul petto e contro l ' ascella di Piet , appena si libera e riappare , ti dice tutto in un lampo . Sanguina da un sopracciglio , il sangue gli cola giù dallo zigomo , il sopracciglio s ' è gonfiato ; con l ' altr ' occhio , con la bocca , con la fronte , Spalla sa d ' un tratto rassicurarci . Eccolo al riposo , buttato in forma di X contro le corde , gambe e braccia spalancate ; uno gli stropiccia inginocchiato le gambe ; il fratello , di dietro , gli asciuga il sangue sull ' occhio , gli unge di vasellina il cavo del naso , alla fine gli versa sul petto una bottiglia di spumante ; davanti , un altro lo ventila con l ' asciugamano . Anche in quella sosta , che tu riesca a scorgere tra le dieci braccia dei suoi aiuti il suo volto , gli vedi l ' anima , siano benedette le facce italiane . Dal volto la mobilità sembra fluirgli giù per tutto il corpo , s ' egli si mette a saltellare davanti al suo Piet . Lo so , è il suo gioco , di bersaglio instabile ; ma quando da quell ' immagine spezzata e un po ' comica balena la saetta diritta d ' un pugno , tutt ' una retta dal tallone alla mano , si applaude anche perché s ' è contenti d ' aver capito il doppio senso di quel balletto burlevole . Ciaf , ciaf . Non sapevo che l ' uomo fosse un tamburo tanto sonoro . Cadean le pugna a nembi , e ver le tempie Miravan la più parte : e s ' eran vote , Rombi facean per l ' aria e fischi e vento . In questo duello in cui ogni attimo è calcolato pel respiro , pel riposo , per la finta , per lo scatto , l ' attimo che più commuove , è quello in cui , dato dal curvo arbitro il comando di « break » , i due colossi restano appoggiati l ' uno all ' altro , immobili come due tronchi che senza quel reciproco sostegno dopo la bufera stramazzerebbero . Sì , alla ripresa torneranno l ' impeto e i colpi , e negli spettatori le grida e la passione : Picca , Erminio ! L ' è bell ' e finìi l ' omm ! Dai , Erminio , l ' è inciocchíi ! Ma in quel centesimo di secondo d ' involontaria fraternità discerni col cuore il fondo della vita : che anche chi t ' odia e ti vorrebbe morto , è necessario alla vita tua , e tu alla sua : l ' atomo all ' atomo , l ' uomo all ' uomo , la stella alla stella . Poi ricomincia la grandine dei pugni , sotto l ' indifferentissimo sole .
UN MESE DOPO ( - , 1919 )
StampaQuotidiana ,
La simpatia cordiale , sebbene non esente di preoccupazioni , con cui la massima parte del paese ha assistito finora all ' impresa fiumana è dovuta sopra tutto a una causa d ' ordine positivo e ad una d ' ordine negativo . Positivamente , la rivendicazione di Fiume è tra quelle sui cui gl ' Italiani hanno un animo solo e una sola volontà : non potevano dunque mostrarsi sentimentalmente severi verso quei figlioli prodighi che tradirono la disciplina formale per asserire una disciplina d ' amore . Negativamente , divenne chiaro dopo i primi giorni d ' ansietà che i liberatori di Fiume sapevano destramente mantenere un difficile equilibrio sull ' orlo precipitoso in cui erano costretti a muoversi . Non provocarono conflitti cruenti nella città occupata , non salparono verso la Dalmazia né valicarono la linea d ' armistizio , non aggredirono gli Alleati , non mossero verso nessun Isonzo e nessun Rubicone , non dichiararono guerra agli Slavi , ma anzi edotti da un più vicino esame della realtà e saggiamente immemori degli oltraggi sanguinosi che usavano scagliare contro i popoli vicini pronunciarono quell ' augurio alla « fraternità italo - croata » che ai « rinunciatari » era rinfacciato come un tradimento . Le loro parole furono spesso , nei proclami e nei discorsi , smisurate , ma le azioni rimasero sostanzialmente misurate e sobrie . Sicché gl ' Italiani che vogliono l ' unità della patria e desiderano l ' annessione di Fiume , mentre non vogliono né nuove guerre esterne né guerre civili e non desiderano che Fiume annetta l ' Italia , vedendo coincidere la passione dei volontari con quella dell ' intero popolo e non contrastare troppo tragicamente i loro atti coi postulati della pace e dell ' ordine , preferirono considerare il lento svolgersi di quel fatto con un cauto ottimismo che non escludeva e non esclude le soluzioni concilianti e benefiche a tutte le parti in causa . Senonché s ' è compiuto già il mese , ed ancora non si scioglie il nodo . La crisi morale che travaglia gli spedizionari di Fiume e i loro più intimi amici nell ' interno del Regno , provoca , come non era difficile prevedere , una recrudescenza di non meditate parole . Un mese , quando l ' equilibrio è così paradossalmente instabile , è già un lungo lasso di tempo , né qui si tratta di quelle provvisorietà che possono adagiarsi nel definitivo . Passare all ' attacco oltre le linee d ' armistizio i volontari non possono , anche perché sentono che l ' unanimità del paese non li seguirebbe di là da Fiume ; cedere alla voce della coscienza che impone la subordinazione alla legge non vogliono . Stretti fra l ' uscio dell ' inazione forzosa e il muro dell ' intransigente puntiglio personale , i più accesi si sfogano in fantasie che dal colpo di mano salterebbero al colpo di Stato . Alcuni episodi profondamente deplorevoli sembrano rinfocolare queste folli propagande . Non v ' è nessuna giustificazione per quelli che hanno sbarcato a Fiume , ove , come il Comando stesso confessava , non mancavano armi e munizioni per una difesa contro improbabili attacchi slavi , il carico del Persia destinato all ' Estremo Oriente . Non v ' è nessuna giustificazione per il generale Ceccherini che , trascurando i doveri del grado e osando perfino giustificare l ' arbitrio con l ' altro arbitrio di una lettera al Re , ha portato l ' esempio di una nefasta insubordinazione in una città ove formicolavano già gli ufficiali autodecisionari e non v ' era bisogno di nuove reclute altolocate . Questi nuovi incidenti farebbero pensare a mire e ad ubbie che ben poco han da vedere con Fiume . A buon conto , il condottiero dei Fasci adunati a congresso ha detto a Firenze ed ha stampato a Milano queste testuali parole : « Dobbiamo occuparci delle elezioni perché qualunque cosa si faccia è sempre buona regola di stringersi insieme , di non bruciare i vascelli dietro di sé . Può essere che in questo mese di ottobre le cose precipitino in un ritmo così frenetico da rendere quasi superfluo il fatto elettorale . Può essere , invece , che le elezioni si svolgano . Dobbiamo essere pronti anche a questa seconda eventualità » . E ’ vero che lo stesso oratore , nello stesso discorso , aveva definito la dittatura militare uno spauracchio d ' invenzione governativa ; ma ciò non toglie che le sue parole , se avessero un senso , significherebbero l ' augurio della dittatura e di una manomissione militare dell ' Italia . Non prendiamo tragicamente queste manifestazioni , che ascriviamo a irruenta foga oratoria , sapendo bene che tra il dire e il fare c ' è di mezzo il mare . Tuttavia anche le parole sono , a modo loro , azioni ; e né parole di questo calibro né atti come quelli del Persia e del generale Ceccherini giovano all ' educazione del paese ed alla valutazione della nostra maturità politica nel mondo . Gli spiriti assennati e previdenti dovrebbero por mente al troppo contrabbando che , a loro insaputa , vorrebbe passare sotto la bandiera tricolore spiegata da mani quasi sempre inconsapevoli e pure su mercanzie non sempre pure . Molti , fuori d ' Italia , compiacendosi del grido : Fiume ! Fiume ! , pensano invece alla Germania da vendicare , al Baltico da conquistare pel pangermanismo risorgente , ai trattati da stracciare , al disordine da propagare altrove in servizio dei vinti ora che la repubblica dei Soviet pare agonizzante , alla rivoluzione da sobillare in Italia perché strozzi in fasce la vittoria giacché non fu possibile deprecarne la nascita con le convulsioni del '17 e con le manovre abortive del ‘18 . Altri poi , confondendo il loro grido con quello di chi mosse verso il Quarnaro per un impeto di candido amore , chiedono , chiedendo Fiume , la testa di un ministero o di un ministro ; e v ' è chi pensa con malcelata amarezza alla smobilitazione come alla fine di prebende acquisite cui non è agevole la rinunzia : chi a volontà elettorali da soffocare sapendo che dacché furono convocati i Comizi le suggestioni anarcoidi hanno i giorni contati ; chi finalmente alle fortune da trafugare intatte profittando di un parapiglia che renda irriti e nulli prestito forzoso e riforma tributaria . Non è credibile che uomini come Gabriele D ' Annunzio e i suoi amici , anche se non ben provvisti di freni inibitori nelle pubbliche manifestazioni , non si sentano scorati da questo tanfo . In un mese la spedizione di Fiume , raggiunto pienamente il suo scopo dimostrativo , s ' è andata svuotando di significato internazionale . L ' Italia tutta ad una voce reclama Fiume , ma tutta ad una voce , e con l ' esplicito consenso di quelli che parteggiano pei volontari , respinge una soluzione violenta che metterebbe l ' Italia fuori della Conferenza e della Società delle Nazioni ove essa siede fra gli arbitri . Tutto il mondo è ormai d ' accordo nel ritenere che la questione di Fiume debba essere risoluta con soddisfazione dell ' Italia , salva restando la suscettibilità personale di Wilson . Ma Wilson e le sue suscettibilità passano ; Fiume e l ' Italia e la loro volontà restano . In queste condizioni la persistenza dei volontari non giova a Fiume ma la compromette , non giova all ' Italia ma la espone alle cortesi minacce che l ' Inghilterra , con l ' aria di smentirle , pienamente conferma . Al fondo dell ' atto appassionato di un mese fa , esaurito il suo senso internazionale , può finire per restare nient ' altro che un fondo limaccioso di politica interna . Noi crediamo nel patriottismo di Gabriele D ' Annunzio e dei suoi amici . Fummo con D ' Annunzio nella crisi dell ' intervento e ammirammo le sue gesta stupende di guerra come sempre avevamo ammirato lo splendore di cui egli accrebbe le patrie lettere . Perciò gli parliamo a cuore aperto . Vivendo in un ' atmosfera esaltata ed ardente egli non percepisce la voce accorata , sebbene ancora sommessa , con cui tutto ciò che v ' è di più nobile e di più consapevolmente responsabile nella coscienza del paese lo invita a non approfondire la ferita ch ' egli ha inferta alla compagine dell ' esercito , all ' organismo più essenziale della nostra potenza e della nostra resistenza . Ma non dovrebbe rimaner sordo all ' ammonimento che gli giunse dal vincitore di Vittorio Veneto , dal generale Caviglia ; dovrebbero impressionarlo le disapprovazioni , tacite o esplicite , di altri fra quelli che più potentemente contribuirono al trionfo delle armi italiane . Crediamo nella sete di gloria del soldato - poeta e nel suo raffinato senso estetico che lo deve rendere ansioso di evitare il pericolo che l ' impresa di settembre perda ogni sua bellezza e degeneri nella scura turbolenza del litigio personale e fazioso . Crediamo anche nel buon senso che raramente si scompagna dall ' altezza d ' ingegno . Se qualcuno davvero fosse così stolto da susurrare all ' orecchio di D ' Annunzio il nome del Rubicone , egli non potrebbe che sorridere alla vana lusinga . L ' indifferenza del paese verso consimili minacce è fatta d ' incredulità . Se il proposito si delineasse , il popolo balzerebbe come un solo uomo . Chi farneticasse oggi , in Italia , di violenze liberticide non conseguirebbe certo la grandezza di Cesare . Condannato al supplizio del ridicolo , non si alzerebbe nemmeno sino alla gloria infame di Catilina .
SETA ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
14 gennaio . ROMA , nell ' arena del Circo Massimo alla mostra degli antichi tessuti italiani , che qui sono tutti di seta : un passato , sembra , tutto di gran signori , accompagnato sempre dal luccichio e dal fruscio di strascichi , di sboffi e di mantelli : velluti , broccati , damaschi foderati di seta , di raso o d ' ermisino ; passato remoto , perché oramai bisogna aspettare l ' entrata dei cardinali nella Cappella papale se si vuol godere uno spettacolo altrettanto lucente e fastoso . Dietro queste sale e vetrine abbaglianti s ' alzano sopra il versante del Palatino i ruderi gialli e rossi del Settizonio , i cipressi verdi e il cielo turchino , lontano come soltanto a Roma il cielo sa essere lontano e sovrano . L ' ampia mostra del Tessile , quasi direi del tessibile , dove di padiglione in padiglione con maniera piacevole e piana ci si fa vedere a che sieno giunte la scienza , l ' esperienza e l ' inventiva degl ' Italiani , pare fatta apposta pel trionfo ideale di queste antiche sete e ricami , come i vestiti e i cappotti bruni , bigi , neri , tutti uguali , di noi visitatori paiono indossati per dare spicco al tanto e diverso sfarzo degli altri secoli . ( Ma di fatto con questa uguaglianza di fogge e monotonia di tinte adesso l ' intelligenza e il carattere si leggono soltanto sul volto , che da nessun sarto si può comprare . ) L ' uomo dunque il quale oggi ammiri la seta , la vera seta , la seta di filugello , la seta animale , quella che quando brucia dà odor di capelli bruciati tanto è ancor viva , la ammira disinteressatamente , come può ammirar la bellezza dipinta : la bellezza , ad esempio , di questa Venere di Botticelli la quale , nuda com ' è , è stata scomodata a venire da Firenze in questa calca soltanto perché il manto che le porgono per coprire la sua lisciata e navigata nudità è , tessuto a fiori , un bel modello di stoffa . Ma nella mostra di tanti dipinti non s ' è pensato che i disegni per le vesti delle loro figure gli artisti per lo più se li inventavano , non li copiavano ? In Europa , quest ' arte della seta è stata per secoli tutta nostra ; e ancora i nomi dei tessuti , a cominciare dal velluto e dal broccato , e i termini del mestiere , dal filugello alla bavella , dal cascame alla matassa , sanno di latino e di primo medievo , con incroci di greco e d ' arabo rapidamente spianati all ' italiana , così che pare di vedervi le tracce dei viaggi dei mercanti tra Sorìa e Sicilia , tra Bisanzio e Calabria . Sarà vera la leggenda dei due monaci che dalla Cina recarono all ' imperatore Giustiniano il seme dei bachi da seta nascondendolo dentro i lunghi bastoni di pellegrini ? E da noi dove è stato prima coltivato il gelso pel nutrimento del baco e filata e tessuta la prima seta ? A Catanzaro colonia bisantina , o in Sicilia coi normanni ? Certo è che sete o velluti , lisci o ricamati , appena ci si avvicina al vetro che li difende , lo stupore per la loro bellezza è raddoppiato dallo stupore per la loro sopravvivenza . Taluni escono addirittura dai sepolcri , perché avvolgevano le spoglie d ' un santo , come la seta purpurea tratta a Rimini dalla tomba di san Giuliano , o il cadavere d ' un gran principe , come il broccato verde a palmette d ' oro tra figure di pesci e uccelli , lepri e leoni , ch ' era nell ' arca di Cangrande della Scala a Verona . I corpi rigidi e gelidi lentamente si disfecero in sanie e in polvere . Non restarono che poche ossa grige e ciuffi di capelli stinti . Di morbido , di tepido , di vivo non vi è rimasto più là dentro che questo poco di seta o di broccato , risplendente di rosso , di verde , di turchino , d ' oro e d ' argento , come se i fetidi orrori che l ' hanno toccato sieno stati soltanto un incubo sopra quel lettuccio soffocato . Altri tessuti prima di diventare arredi sacri , sono stati vesti , sottane , guarnacche , giornee , cioppe , mantelli di dame ; e Milano ne ha mandato qui l ' esempio più sgargiante col paliotto di velluto rosso del museo Poldi Pezzoli , che prima d ' andar su un altare fu « la veste de broccato d ' oro de le columbine » indossata da Beatrice d ' Este a Venezia quando nel 1493 Ludovico il Moro ve la mandò in missione . La sposina non aveva ancora dieciott ' anni ; ma era bella , fresca , briosa , di franca parola e di gusto sicuro , sempre tra musici e artisti , tanto elegante che più d ' ogni lode questa la faceva contenta , d ' essere chiamata novarum vestium inventrix , inventrice di mode nuove . In ciascuno dei rosoni d ' oro su quel rosso denso sta come nel caldo nido una colomba e reca nel becco un polizzino col motto sforzesco « a bon droit » . In quelli anni a Milano lavoravano a tessere velluti quindicimila operai . Vorrei che fosse di Beatrice , donatole dalla Serenissima , anche il mantelletto femminile di broccato d ' oro , tessuto negli stessi anni e mandato qui dalla Ca ' d ' Oro . Di grazia e di statura le andrebbe a pennello . Una volta , quando Gino Fogolari ordinava quel museo , l ' ho avuto tra mano : è leggero nonostante il tanto oro che v ' è contesto , e a guardarne da presso il biondo luccichio vi si scopre un minuto disegno di foglie e di fiori che a ogni piega scompare e riappare : un tessuto di sole . Lo imitasse oggi un gran setaiolo , sarebbe un trionfo ; e davvero italiano . Già prima dei ricami sono da ammirare questi tessuti figurati . Ogni monaca diligente può ritoccare un ricamo ; e anche i più belli e famosi sono restaurati e racconciati da cento rimendi e rappezzi . Che è originale in un ricamo giuntoci da secoli e secoli ? Si diffida d ' ogni filo . Ma in un tessuto , di seta liscia o di velluto operato , ogni rimendo si scorge a prima vista . La seta bisantina , forse di avanti il mille , della càsula detta del vescovo Ermanno , a grandi aquile ritte , nere sul fondo violetto , mandata dal museo di Bressanone ; quella coeva che dicevo pocanzi e che viene dal museo di Ravenna , tratta dal sepolcro di san Giuliano ; quelle tante di fabbrica lucchese , l ' una più rara dell ' altra , dugentesche , trecentesche , quattrocentesche , da chiese , da musei e dalle raccolte Sangiorgi di Roma , Abegg di Torino , Loewi di Venezia , con disegni che sanno di bisantino , di persiano , di cinese , ma dove i viticci , le rame , le palmette , le frutta e gli animali perdono nell ' aria toscana l ' astrazione araldica , s ' avvicinano al vero , prendono succo e sangue , vigore e palpito , come nel piviale diasprino del Museo industriale romano , come nella seta violetta cogli angeli broccati in oro del museo fiorentino del Bargello , come nelle cinque càsule prestate da Danzica ( il solo contributo straniero alla mostra ) , appena sono bucate o ragnate , chi le ripara ? Ne restano quei pochi palmi dal guardingo raccoglitore tesi tra due vetri , come l ' ala d ' una farfalla strappata dal turbine del tempo , schiacciata lì senza più speranza di giocar con la luce . Appena spunta la primavera del Rinascimento , s ' arriva a tessere figure e scene e a gareggiare , se non con la pittura , con la silografia che la riproduce . V ' è un fregio di paliotto dalla raccolta Sangiorgi , in oro a basso liccio su fondo rosa , con la scena ripetuta del Noli me tangere dove Cristo e Maddalena stanno su un prato verde fiorito e dietro a essi s ' apre un cielo stellato . V ' è , tessuta in oro su fondo rosso , la copia del bronzo del Verrocchio in Orsanmichele , con l ' Incredulità di san Tommaso . La difficoltà di rendere solo con l ' ordito e la trama scene siffatte dà ad esse una semplicità quasi di stampa popolare ; ma la finezza della materia e la delicatezza dei toni aggiungono come un profumo di fiori a tanta semplicità . S ' intende che nella gara con la pittura l ' ago facilmente trionfa sulla spola ; e in questa mostra si sono , anche in fatto di ricami , raccolti tesori . Se non sbaglio , il più antico è quello del pallio bisantino di Castell ' Arquato con la Consacrazione del pane e la Consacrazione del vino nell ' Ultima Cena . Sulla seta d ' un rosso di porpora figure , edifici , iscrizioni sono ricamate in bianco , in celeste , in oro , in argento ; e l ' oro in nove o dieci secoli s ' è come bruciato e l ' argento è come cenere . Nella composizione simmetrica e maestosa basta che una delle alte figure si volga appena o faccia un passo , e tutta la scena diventa drammatica . Le scritte greche sul cielo pallido sembrano comandi del Pantocrator . Nei volti dove il ricamo è logoro , la porpora della seta riappare come il sangue che circola sotto la pelle . Al confronto di tanto sobria e sacra solennità la stessa dalmatica detta di Carlomagno , che è bisantina del decimoterzo secolo e che è stata prestata dalla Basilica di San Pietro , sembra , forse pei tanti rifacimenti e rammendi , troppo folta e pesante , quasi trapunta . Di colore , sul fondo di turchino notturno dove le cento croci fanno da stelle , è sempre una meraviglia , e basta guardare nel dorso della dalmatica il vermiglio dei dodici raggi che escono dal bianco Cristo trionfante per riaffermare che il vero gusto non è fatto solo di discrezione ma anche di ardire . Il difficile è sapere , nello stesso ardire , mantenere la misura . Una delle bellezze quattrocentesche che m ' hanno più innamorato è il pallio delle colombe mandato dal duomo di San Gimignano : un velluto vermiglio ricamato in oro nel 1449 dalle suore della Santissima Annunziata , con tante colombelle raggianti ; e ogni colombella ha il capo dentro un ' aureola , e nell ' aureola è una crocetta rossa . Volano in ogni senso , a distanze uguali . Una sera ero chino a guardarlo da presso perché la luce s ' era fatta fioca . D ' un colpo si sono accese le lampade elettriche , e le colombe risplendenti per un attimo è sembrato che battessero le ali per volare via . Paliotto , pianete , càsule , dalmatiche , piviali : su dieci oggetti , otto sono di chiesa . E la folla domenicale procede in silenzio o parla sottovoce come in chiesa .
L'AMMONIMENTO ( - , 1919 )
StampaQuotidiana ,
Giova sperare che i legionari di Fiume o a dir meglio coloro che vorrebbero snaturare gli scopi della loro sedizione patriottica e portarli , oltre Fiume , ad avventurose stravaganze nelle quali essi avrebbero le beffe e la patria il danno , prendano atto dell ' atteggiamento assunto dall ' opinione pubblica italiana non appena fu possibile divulgare i loro nuovi propositi e gl ' inizi di attuazione . Non è affatto esagerato dire che un coro unanime di riprovazione s ' è levato da un capo all ' altro d ' Italia . Quasi tutti disapprovano la degenerazione dell ' impresa in quanto nuoce gravemente ai fini di politica estera e d ' integrazione territoriale ; ma tutti quelli che hanno senso di responsabilità la deplorano vivacemente , con cordoglio e con sdegno , in quanto spezza o mira a spezzare il cardine stesso dello Stato e dell ' unità e dell ' indipendenza nazionale : che è appunto la disciplina militare , infirmata dalle sobillazioni del Comando di Fiume , sconsacrata dal pronunciamento dell ' ammiraglio Millo , che ha creduto di servire la patria e il Re abiurando il suo giuramento di obbedienza alla patria e al Re . Pochissime , insignificanti , estremamente fiacche e tortuose sono le difese . Qualche interessato vuol far credere che i dannunziani si mossero a queste prodezze perché era imminente l ' attuazione del progetto Tittoni , il quale sacrifica , essi dicono , la massima parte della Dalmazia senza raggiungere una soddisfacente soluzione del problema di Fiume . Sia detto senza eufemismi che questa accusa è contraria alla verità . Il progetto di Tittoni , dal momento in cui Wilson lo respinse , non è mai stato vicino all ' attuazione , la nostra situazione adriatica è ancora tutta quanta in forse , e i recenti sviluppi della politica europea ed americana presenterebbero probabilità di equi miglioramenti , se le impulsive violenze dei « condottieri » non paralizzassero ogni volontà di giuste transazioni . Comunque , sia o non sia il progetto Fittoni prossimo ad essere attuato , spetta al paese , al Parlamento , al Governo del Re accettarlo o respingerlo , sanzionarlo o annullarlo . L ' Italia ha per capitale Roma , non Fiume , né Zara ; è governata dal suo popolo , non da una congiura che cuoce di dover chiamare militare a chiunque ricordi che il lealismo dell ' esercito nazionale fu da Novara a Vittorio Veneto , attraverso Custoza e Caporetto , il più augurale palladio della nostra fortuna , il più sicuro sostegno d ' Italia durante l ' avversità . Altri , turbati dal pericolo di corresponsabilità intollerabili , tentano di nascondere il sole con le cinque dita , di negare l ' evidenza dei detti e dei fatti e dei propositi confessi . Pretendono ( senza nemmen l ' ombra di una dimostrazione almeno indiziaria ) che le notizie dell ' altra sponda siano tendenziose e allarmiste . Ebbene , no . È inutile tergiversare quando i propositi di « propagare l ' incendio » e di far cominciare « il bello » furono dal Comando di Fiume propalati e vantati fin dalla metà di settembre , e poi sempre nel sèguito , tranne quella parentesi di sagge parole che ingannarono , senza addormentarli , quanti sperarono che la carità di patria e la saggezza fossero nei volontari di Ronchi più forti della faziosità senza legge . Non serve sofisticare quando i detti e i fatti e gli scritti di D ' Annunzio e di Millo sono sulle bocche di tutti . Non ha senso smentire quando quelli stessi che smentiscono conobbero e volentieri ripeterono le parole di colore non oscuro preferite dal Comando di Fiume . Queste scarse e inefficaci eccezioni non fanno che confermare la regola . La regola è , nella stampa e nell ' opinione pubblica , la deplorazione dei fatti e dei propositi manifestati a Fiume e a Zara , sopra tutto in quanto mandano in aria la disciplina dell ' esercito e della flotta e staccano la forza armata dal corpo della patria , facendone un moncherino convulso . Vi sono giornali , non sospetti di malanimo verso i legionari e i loro capi , che nello sfruttamento socialista dello spauracchio imperialista vedono una , e non l ' ultima , fra le cause della catastrofe elettorale del 16 novembre . Vi sono altri che sanno quanto l ' infatuazione sciovinista abbia nociuto ai fini di politica estera dell ' Italia ed al conseguimento di una giusta pace adriatica . I legionari di Fiume o , a dir meglio , i loro capi se lo tengano per detto . Ancora sono in tempo per far prevalere il bene che vogliono all ' Italia sul male che vorrebbero arrecarle , per farsi assolvere delle cattive intenzioni con l ' astenersi dalle pessime azioni .
CAPRI ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
17 marzo . A CAPRI sta per scoppiare la primavera . Il cielo è già d ' aprile . I primi mandorli e le prime violette sono fiorite , ma i limoni sono ancora coperti con le stoie , con le pagliarelle come dicono qui , e le glicine sono ancora in boccio . Tutta Capri dal monte Solaro alla villa di Giove è in boccio . Se t ' affacci al belvedere dei giardini , diciamo pure , d ' Augusto , se passi in barca tra punta Tragara e i Faraglioni e fermi un minuto i remi o il motore , sopra l ' asciutto odor del salmastro respiri a tratti un profumo dolce ma lontano , come un canto spezzato dal vento . S ' arriva di sera stanchi e distratti . Riusciremo a riposarci ? Sotto la luna e le poche stelle le case e le casette di gesso bianco , di gesso crema , di gesso rosa sulla piazza sembrano finte ; una messinscena per Cavalleria rusticana o per le Baruffe chiozzotte . Si va a dormire , sicuri intanto della solitudine e del silenzio ; e la mattina dopo , quando si spalanca la finestra sul mare , s ' è già diversi : curiosi , alacri , ilari , in pace con tutti , perfino con noi stessi . Una cinciallegra gorgheggia tra i rami d ' un pino . Atmosfera radiattiva , avvertono le guide . Svetonio , cui quest ' isola deve tanto per le favole di cui l ' ha incoronata , racconta che Augusto s ' innamorò di Capri anche perché al suo arrivo i rami secchi d ' un antico leccio a un tratto rinverdirono . All ' aggettivo nuovo e scientifico preferisco questa favola di Svetonio , visibile e tangibile . Non avevo mai compiuto il periplo dell ' isola . Da questo mare di zaffiri e brillanti che fa nel confronto illividire il cielo , chi visiti giro giro tutte le grotte , da quella Azzurra a quella Bianca e vi penetri finché l ' occhio s ' abitua all ' ombra e ai riflessi ; chi guardi dall ' acqua le altezze scoscese delle rupi dei monti e a un tratto ammiri dalla Marina piccola il biancheggiare delle ville , l ' affoltarsi degli alberi , dei parchi , dei vigneti , dei colonnati , delle arcate , di ripiano in ripiano , proprio in quel punto dove l ' isola si restringe e s ' avvalla come una donna alla cintola , i misteri dell ' incanto di Capri si svelano tutti ; e si possono dire tutti ad alta voce . Primo , il più elementare : che Capri è un ' isola , meglio una piccola isola , a distanza ragionevole da una grande città . S ' è isolati , ma non tanto ; protetti , ma non carcerati . Si sbarca a Palermo o a Messina , a Cagliari o a Golfo Aranci , e dopo dieci minuti di treno o d ' automobile il fatto d ' essere in un ' isola è solo una nozione , non più una sensazione . Ora , per essere commosso e sedotto , l ' uomo deve prima vedere che sentire , prima sentire che pensare . Qui ad ogni passo vediamo il mare , sentiamo il mare , l ' odore e il fiotto del mare che ci separa dal resto dell ' umanità . In chi viene qui , cresce con pochi giorni un orgoglio simile a quello del castellano dentro il suo castello nel mezzo dei suoi bastioni e fossati . Quelli infatti che vogliono raggiungere l ' isola , prima hanno da purificarsi in un lavacro almeno di vento e d ' azzurro ; e quando approdano sono i barbari , venuti in barca da oltre mare . Appena dal buco della funicolare escono al sole sulla piazza Umberto , i vecchi di Capri , anche se romani o milanesi , tedeschi o americani , li sbirciano con aria benevola ma distratta : E adesso che farà questo sperduto ? E adesso dove andrà questo spaesato ? Loro conoscono tutta Capri , che è un poco più di mezzo mondo ; e quel neonato ancora ha da imparare come si respira quest ' aria , ancora non sa che domani sarà un altro . Il facchino che gli porta le valige , gli parla con tenerezza come la nutrice al poppante . E si pensi che ogni anno passa da Capri un mezzo milione di forestieri e che un altro mezzo milione vi dorme almeno una notte : quelli che gli albergatori , con un termine tra ascetico e spiritico , chiamano le presenze . Certo chi arriva è preparato bene . Coloro che approdano a Capri , vengono da Napoli o da Sorrento : città e luoghi di quelli che in ogni angolo del mondo gl ' innamorati e i sapienti , i poeti e i politici , i mistici e gli epicurei , i malati con la speranza di fuggire la morte e i sani col proposito di raddoppiare la vita , èvocano tra un sospiro di rimpianto e un sorriso di speranza . Ma sono città di terraferma da dove si passa anche per necessità , senza pensare propriamente a ristorarsi e a curarsi anima e corpo . Capri invece , dall ' apparenza inviolabile , è la tebaide degli epicurei : epicurei , spero , nel senso buono ed autentico , che pongono cioè la rettitudine nel dire la verità , la verità nella concreta esperienza , la felicità del corpo , modestamente , nell ' assenza del dolore , e la felicità dell ' animo nella serenità della coscienza , anche a costo di tempestive rinunzie . Per questa vaga somiglianza con la Tebaide degli anacoreti , ma a portata di tutte le macchine fotografiche , Capri ha appunto i suoi monti deserti e dirupati che si sprofondano a picco nel mare per altre centinaia di metri e che soltanto le bigie spatole dei fichidindia , le chiazze cupe dei lentischi , i ciuffi azzurrastri dei ginepri e gli scheletri d ' antiche torri ravvivano ; e ha le sue cento grotte dagli echi infernali e dai riflessi insidiosi proprio come quelli che abbagliavano sedici secoli fa nel deserto tebaico gli occhi di Antonio e di Pacomio . Si pensi che per entrare nella Grotta azzurra dallo spacco tagliato o allargato dai romani s ' ha da chinare il capo o stendersi umili sul fondo della barchetta , e che destate nella gran calura molte bagnanti , vestite come tutti le vedono , vanno a immergervisi e a nuotare , con l ' illusione d ' entrare nel turchino del paradiso facendo semplicemente le morte sull ' acqua . Illusioni , ripeto , le quali talvolta arrivano all ' allucinazione ; ma sul cammino della virtù dovunque , specie a Capri dove ogni sentierucolo è forcuto come le corna del demonio , sperar di distinguere sùbito l ' illusione dalla realtà è quasi inumano . Si distingue dopo , quando , reclinato ancora una volta il capo in atto di penitenza , si riscivola verso l ' aperto sole , e le barchette verdi bianche turchine ci ballano attorno leggere come per congratularsi della nostra salvazione . Questa maestà , grandezza , rudezza o indifferenza della natura è necessaria all ' uomo che cerca la pace , e volentieri la chiama felicità . A Capri la trova presto : sulla terra dopo pochi passi , sul mare dopo poche bracciate . Sotto la rupe eccelsa e inaccessibile , ecco , egli si sente minimo , trascurabile , invisibile , dimenticato ; si sente cioè in libertà . Anche se sono in due , si sentono invisibili e in libertà , e stesi su uno scoglio polito dall ' onde o tappezzato di licheni , si crògiolano a occhi chiusi nell ' afa del mezzodì , si lasciano ventilare dalla bava che là sotto increspa l ' onda . Una lucertola . Una farfalla . Silenzio . Tutto il loquacissimo mondo è finalmente ammutolito . L ' umanità è di là dal mare . Lo sguardo più vicino è quello del sole ; la legge più vicina è quella del sole , che fa la notte e il giorno , e niente altro . Ma nell ' isola di Capri è un altro elemento che può sembrare misterioso e non lo è : la storia . Nessun paese del mondo è , in questo , più misterioso dell ' Italia la quale invece appare tutta limpida e assolata . Nessun paese è infatti formato di tante civiltà sovrapposte , l ' una nascosta dall ' altra ma anche l ' una nata dall ' altra . Civiltà fenicia , civiltà greca , civiltà etrusca , civiltà romana , civiltà bisantina , civiltà cristiana , civiltà musulmana , qui s ' intrecciano e si confondono tanto indissolubilmente , per formare dal mille in poi la civiltà italiana , che non v ' è mente umana capace di sciogliere il groviglio delle cento radici al piede di quest ' albero sovrano e sempre fiorito . Non v ' è bisogno che il viaggiatore sia un erudito per provare sotto questo incanto uno sgomento quasi religioso , come non occorre essere astronomi per sentire l ' infinito del cielo dietro il palpito delle stelle . Basta ch ' egli abbia gli occhi aperti e un cuore d ' uomo . Anche a Capri , in questa isoletta , sono passati fenici , greci , romani , bisantini , saraceni e , alla fine , i napoletani del Seicento e del Settecento , i secoli della musica e della passione ; e ancora cantano . Ma sopra tutti stanno Augusto e Tiberio , Timberio come lo chiamano qui . Non si vedono ? Dovunque si scava , alla Marina Grande o alla Certosa , su a Santa Maria del Soccorso o giù a Punta Tragara , anche dopo secoli di ladrerie straniere , blocchi di tufo , muraglie di piscine , fondamenti di ville , rocchi di colonne , lapidi schiantate tornano alla luce . Le rovine romane sul mare , gialle e rosse in mezzo all ' acqua , sembrano più resistenti degli scogli . L ' onda vi si rompe da secoli , e a mare mosso le copre ; torna la calma , e rieccole , lucide , regolari , solenni . Non è vero che il turista distratto e cronometrato rimanga indifferente alla vista di questi ruderi . Non si renderà conto a parole dell ' effetto che gli fanno , perché questo è il nostro destino dal primo vagito all ' ultimo addio : che di quanto veramente ci tocca nel profondo e ci forma e ci muta e ci uccide , l ' intelletto per lo più non s ' avveda perché non ha tempo o ha paura . Ma la vista di queste antichità dànno anche al passante , al gaudente e all ' ignorante il conforto d ' un sentimento che noi Italiani possiamo chiamare l ' immortalità dell ' Italia e che a uno straniero basta chiamare la certezza della durata . Egli sbarca qui , solo o in compagnia , stanco o ammalato o innamorato . Ha udito tanto parlare di Capri e del suo fascino . Capri , dieci chilometri quadrati : un ninnolo . Nuova York è molto più grande . Sul moletto di Sorrento , accanto alla garitta gialla e blu , un omino vende nacchere , le gitta destramente dalla riva nel battello , coglie a volo i soldi che gli pagano . È l ' Italiano , pel turista , stereotipato : ballerino , canterino , giocoliere , merciaio ambulante . Ma Capri s ' avvicina : monti rocciosi , nudi , scabri , rósi dal vento , ostili , e a fior d ' acqua muraglie immani , fatte d ' un reticolato a scacchi di tufo . - Che cosa ? Tiberio ? La piscina di Tiberio ? Quasi duemil ' anni ? Il peso dei millenni come il peso della rupe riducono anonimo e minimo lo straniero : uno , sperduto tra milioni . Cerca con lo sguardo l ' amico o l ' amica . Anch ' essi cercano lo sguardo di lui , ma senza appoggiarvisi , quasi che la troppa luce annebbi tutti gli occhi . I più restii puntano sulle rupi e sulle rovine la macchinetta fotografica : ne rapiscono un attimo , della loro misura . Poi anche essi si stancano di chiudere un occhio e di schiacciare l ' altro sulla spia , per veder piccolo ; e si lasciano invadere dalla luce e dalla grandezza , come chi si gitti a nuoto , finalmente , nel refrigerio del mare . Di preciso niente sanno . Vedono e sentono ; e basta . La forza degl ' imponderabili , come una volta i fisici chiamavano nientemeno l ' elettricità , il calore e la luce . Se la primavera fosse scoppiata , non s ' avrebbe più voglia di tessere queste tele di ragno che si chiamano ipotesi . Ma siamo proprio sulla soglia . Stamane , affacciandomi dal mio poggiolo sul giardino dell ' albergo , ho udito una voce femminile , di contralto , annunciare da giù in inglese a qualcuno che doveva guardare dal piano sopra al mio : John , John , sai che ho trovato ? Ho trovato due fiori d ' arancio . Una voce sarcastica e rugginosa ha risposto dall ' alto : Esagerata . Oh John ... La donna in giardino aveva la figura svelta e giovanile , il volto meno ; e indossava un paio di pantaloni turchini , tagliati a campana come quelli dei marinai . Ma non avevo badato all ' accento sull ' o di John , aperto o chiuso , e non ho capito se chi le rispondeva dall ' alto era una Joan o un John , una Giovanna o un Giovanni . Piccolezze .
IL SANGUE FRATERNO ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
Tre anni e mezzo di guerra contro il nemico secolare , sacrifici inenarrabili , una vittoria senza eguale , due anni di torbido e febbrile armistizio con tumulti , ire , miserie , amarezze di ogni genere . Finalmente il 12 novembre la pace è scritta . Quasi tutti gl ' italiani , e tutti gli stranieri a una voce la proclamano degna della vittoria . L ' Austria - Ungheria degli Absburgo è una morta senza resurrezione , i Jugoslavi che mirarono all ' Isonzo si ritraggono dietro il crinale delle Alpi Giulie ; Gorizia , Trieste , Pola , tutta l ' Istria , Zara son nostre ; Fiume è libera . Nell ' inevitabile dibattito gli Slavi cedono cinquecentomila loro fratelli all ' Italia , l ' Italia cede . poche decine di migliaia d ' italiani al vicino , ma li vuole protetti con effettive garanzie . Il 12 novembre pareva il principio di nuova storia , la data iniziale della pace e della ricostruzione . Ed ecco la nuova storia . Ecco la pace e la ricostruzione . Un figlio dell ' Italia , glorioso per opere scritte ed agite , esige che la sua gloria sia sopra a tutte le leggi e la sua volontà personale stia sopra ai Trattati . Egli rifiuta di sanzionare il Trattato di Rapallo sanzionato dal Governo , dai due rami del Parlamento , dal Re ; insulta ; minaccia ; semina lo spirito di sedizione fra le truppe dell ' esercito patrio e fra le unità della marina nazionale ; accoglie trionfalmente i marinai che gli portano in dono navi di cui non erano i padroni ; tollera che i suoi legionari versino il sangue fraterno ; respinge le lusinghe , le preghiere , le supplicazioni di tutto un popolo che sta quasi ai suoi piedi implorando che un figlio prediletto risparmi alla patria un lutto ed un ' onta incancellabili per sempre . Finalmente alla dichiarazione di blocco egli risponde con una dichiarazione di guerra in piena regola contro il Governo d ' Italia . Il sangue scorre ed è sangue italiano , di commilitoni che furono allo stesso fuoco e patirono le stesse ferite . D ' Annunzio pubblica un bollettino di guerra , in cui l ' esercito d ' Italia è chiamato l ' esercito avversario e dove , come dopo un ' azione contro lo straniero implacabile , il Comando di Fiume si vanta che le sue perdite siano « certamente di gran lunga inferiori a quelle subite dall ' avversario » . Ma l ' « avversario » marciava il più spesso con l ' ordine : avanti senza sparare ! Lo spettacolo è orrendo , e l ' animo se ne ritrae sbigottito . A Fiume , in questa che era l ' ultimogenita fra le città sacre dell ' Italia e per due anni di passione diventò la più cara , furono adunate armi contro l ' Italia ! Da Fiume si dirama un comunicato , il secondo di D ' Annunzio , anche più incredibile del primo , in cui gli alpini costretti a un duro dovere sono oltraggiati come ubriachi e gli ufficiali di marina sono vituperati come assassini e l ' Italia è trattata da un italiano con lo stesso stile che adoperavano i tedeschi , nei tempi del loro più truce orgoglio , contro gli spregevoli nemici . Prova di insania più lampante di quella che offre questo secondo bollettino di guerra civile non potrebbe né desiderarsi dai malvagi né temersi dai buoni . Gli occhi stessi non reggono alla lettura di queste intollerabili cronache . Quale spirito puro avrà la forza di commuovere l ' anima di Gabriele D ' Annunzio ? di persuadergli che non è umiliazione e vergogna , ma gloria suprema alzare bandiera bianca davanti all ’ « avversario » , quando l ' avversario è la patria ?