StampaQuotidiana ,
31
marzo
.
FIRENZE
.
È
passato
già
un
mese
da
quando
l
'
ho
veduto
nella
corte
del
Vittoriale
,
disteso
sotto
un
arco
,
all
'
aria
aperta
,
vestito
da
generale
,
il
volto
cereo
senza
labbra
,
le
mani
riunite
sul
grembo
,
le
gambe
coperte
dal
tricolore
;
e
prima
d
'
inginocchiarmi
l
'
ho
baciato
sulla
fronte
,
più
fredda
del
marmo
.
Una
miseria
dei
molti
anni
è
che
davanti
a
un
amico
morto
si
cade
senza
volerlo
a
pensare
a
noi
stessi
,
a
confrontare
l
'
età
sua
con
la
nostra
,
i
malanni
che
l
'
hanno
spento
coi
malanni
che
presto
o
tardi
spegneranno
noi
.
Davanti
a
lui
,
per
fortuna
,
no
.
Sempre
,
chi
gli
ha
voluto
bene
,
l
'
ha
sentito
d
'
un
'
altra
razza
e
d
'
un
'
altra
specie
,
intento
in
ogni
gesto
e
parola
a
foggiare
di
sé
stesso
l
'
immagine
e
la
persona
che
dovevano
sopravvivere
.
Ecco
infatti
la
triste
e
cascante
maschera
che
la
vecchiaia
gli
aveva
imposta
,
in
meno
d
'
un
mese
scomparsa
dalla
mia
memoria
.
Penso
a
lui
,
rileggo
lui
,
sillabo
Gabriele
,
allungando
la
prima
e
com
'
egli
stesso
faceva
quasi
per
assaporare
il
miele
del
suo
nome
;
e
Gabriele
mi
riappare
giovane
fresco
snello
scattante
agghindato
profumato
,
una
mano
sul
fianco
stringendolo
tra
pollice
e
indice
,
la
gamba
destra
un
poco
piegata
,
col
piccolo
piede
ritto
sopra
la
punta
,
come
d
'
un
corridore
sulla
mossa
.
Aveva
allora
il
gesto
rapido
a
seguire
il
pensiero
,
la
risata
squillante
a
braccia
levate
,
la
voce
di
testa
,
nitida
e
acuta
che
accompagnava
la
parola
fino
all
'
ultima
vocale
,
tagliava
la
tua
frase
con
una
forbiciata
,
e
poneva
sùbito
la
conversazione
un
tono
più
su
dell
'
ordinario
.
Una
punta
di
barbino
biondo
gli
aguzzava
il
mento
e
metteva
anche
più
distanza
tra
mento
e
orecchio
,
tra
mento
e
zigomo
:
una
distanza
che
a
guardarlo
di
fronte
non
s
'
immaginava
,
ma
che
dava
al
profilo
di
lui
uno
slancio
aggressivo
,
un
che
del
falchetto
pronto
a
osare
e
a
beccare
.
La
bocca
schiusa
,
le
labbra
scoperte
,
gli
occhi
lunghi
d
'
un
color
marrone
chiaro
che
mutava
in
grigio
,
il
naso
forte
,
un
po
'
carnoso
come
erano
le
mani
,
e
tra
i
due
sopraccigli
una
piega
verticale
così
fonda
che
,
quando
era
stanco
,
sembrava
una
cicatrice
.
Siamo
in
molti
ancora
a
ricordarcelo
così
ma
,
fossi
io
solo
,
mi
sembra
che
tra
cent
'
anni
,
se
non
si
trovasse
più
un
ritratto
di
lui
,
da
ciò
ch
'
egli
ha
scritto
e
ha
fatto
e
dalle
leggende
in
cui
s
'
è
avvolto
,
un
lettore
attento
se
lo
figurerebbe
proprio
quale
adesso
io
lo
rivedo
.
Come
in
questa
troppo
lunga
Italia
era
già
capitato
pel
trasporto
di
Carducci
,
quella
mattina
dietro
a
D
'
Annunzio
s
'
era
in
tanto
pochi
scrittori
che
il
poeta
,
tra
ministri
in
divisa
militare
,
marescialli
,
generali
,
ufficiali
,
legionari
,
soldati
,
portato
su
un
affusto
di
cannone
,
pareva
dimenticato
:
un
condottiero
,
non
un
poeta
.
Eppure
la
guerra
predicata
,
difesa
e
combattuta
,
e
l
'
occupazione
di
Fiume
erano
state
il
coronamento
della
sua
poesia
,
il
frutto
di
quel
fiore
.
La
notte
avanti
,
a
vederne
la
salma
esposta
all
'
aria
aperta
come
non
avevo
mai
veduto
altre
salme
,
e
a
sentire
l
'
aura
fresca
e
lieve
che
saliva
dal
lago
,
passava
tra
gli
archi
e
gli
alberi
,
s
'
impregnava
del
profumo
delle
violette
nelle
ghirlande
e
sfiorava
lui
in
un
sospiro
,
m
'
era
tornata
in
mente
una
terzina
sul
principio
dell
'
Alcyone
:
Deterso
d
'
ogni
umano
lezzo
in
fonti
gelidi
,
ei
chiederà
per
la
sua
festa
sol
l
'
anello
degli
ultimi
orizzonti
.
Era
con
noi
fedelmente
dietro
la
salma
Ruggero
Ruggeri
,
in
borghese
,
lui
,
come
il
Gabriele
d
'
una
volta
.
Me
ne
avvidi
sulla
gradinata
della
chiesa
di
Cargnacco
.
D
'
Annunzio
in
chiesa
,
benedetto
con
l
'
aspersorio
e
l
'
incensiere
,
davanti
alla
croce
di
Gesù
:
ecco
l
'
altra
novità
inaspettata
,
e
questa
,
sì
,
ci
annunciava
l
'
estrema
pace
.
Se
Ruggeri
,
che
con
la
sua
pronuncia
lenta
e
precisa
sembra
leggendo
una
poesia
confidare
il
segreto
d
'
un
miracolo
,
ci
avesse
detto
sottovoce
dieci
versi
di
lui
,
in
quanti
tra
quella
calca
li
avremmo
riconosciuti
?
Di
quel
trasporto
due
immagini
mi
stanno
ancora
negli
occhi
:
Mussolini
e
donna
Maria
,
l
'
avvenire
e
il
passato
.
Il
volto
di
Mussolini
era
chiuso
ma
dolce
;
le
spalle
quadrate
,
incrollabili
;
il
passo
su
per
la
salita
sicuro
uguale
pesante
:
«
Sta
certo
,
sta
certo
,
sta
certo
:
con
questo
passo
l
'
Italia
arriverà
sulla
vetta
che
io
so
,
sulla
vetta
che
tu
poeta
hai
sognata
»
.
Donna
Maria
d
'
Annunzio
procedeva
alla
destra
di
lui
,
dentro
un
lungo
fitto
velo
nero
,
alta
e
sottile
come
quando
si
sposò
e
come
Sartorio
la
ritrasse
nel
dittico
delle
Vergini
savie
e
delle
Vergini
folli
.
Le
avevo
parlato
poco
prima
;
anche
lo
sguardo
era
quello
,
anche
la
voce
era
rimasta
quella
,
piana
e
soave
tanto
che
nel
pieno
d
'
una
calca
riusciva
sempre
a
formare
una
zona
di
tranquilla
intimità
,
quasi
che
la
pace
emanasse
dalla
sua
grazia
.
A
ogni
svolta
distinguevo
sotto
il
velo
il
suo
profilo
affilato
e
le
gote
smunte
.
Vicini
andavano
i
due
figli
,
Mario
e
Gabrielino
.
Il
cranio
nudo
di
Mario
pareva
il
cranio
del
padre
.
Fin
nell
'
occipite
,
dove
la
sutura
sagittale
si
biforca
,
le
due
fossette
erano
calcate
su
quello
.
V
'
era
sole
,
ma
velato
.
Una
luce
bianca
e
diffusa
rischiarava
tutto
,
il
lago
,
la
strada
,
gli
ulivi
,
le
case
,
senza
un
filo
d
'
ombra
:
una
luce
di
limbo
.
I
ricordi
andavano
e
venivano
,
ora
fugaci
e
sbiaditi
perché
non
avevo
la
forza
di
trattenerli
e
definirli
;
ora
così
netti
che
non
vedevo
più
chi
mi
camminava
allato
.
I
tanti
amici
cui
egli
e
io
siamo
stati
legati
e
che
lo
hanno
preceduto
di
là
,
De
Bosis
,
Michetti
,
Conti
,
Scarfoglio
,
Matilde
Serao
,
Morello
,
Sartorio
,
Jarro
,
Tenneroni
,
Trentacoste
,
Praga
,
Treves
,
Origo
,
passavano
in
quei
ricordi
.
Erano
molti
,
e
quasi
mi
rimordeva
di
dimenticarne
uno
solo
,
in
quel
salire
verso
la
tomba
.
Lo
scalpiccio
del
corteo
dietro
a
me
,
senza
una
parola
,
senza
una
voce
,
per
un
attimo
l
'
ho
creduto
di
loro
.
Adolfo
,
Edoardo
,
Marco
...
Un
richiamo
m
'
ha
scosso
.
Ero
accanto
al
generale
Moizo
,
tale
e
quale
il
Moizo
aviatore
del
1915
e
del
1916;
soltanto
,
canuto
.
Mi
diceva
sommesso
:
Vi
ricordate
?
Gabriele
,
ancora
con
la
divisa
di
Novara
cavalleria
e
il
collo
di
panno
bianco
,
non
parlava
ormai
che
d
'
aviazione
.
Una
sera
a
Gradisca
,
appena
sceso
dal
Carso
,
alla
mensa
della
brigata
Toscana
tra
tutti
fanti
non
sognava
che
ali
:
Domandatelo
a
Ugo
che
mi
conosce
da
anni
.
Io
le
ali
le
ho
avute
sempre
.
Soltanto
allora
non
mi
si
vedevano
.
Quando
la
salma
è
giunta
presso
la
cima
del
colle
,
è
cominciata
la
salva
del
cannone
.
Donna
Maria
ha
alzato
il
volto
come
se
quei
colpi
a
rosario
venissero
dal
cielo
;
e
un
ricordo
m
'
è
venuto
al
pensiero
,
da
lontano
lontano
.
Una
sera
di
maggio
a
Roma
pranzavamo
sulla
terrazza
di
Maria
d
'
Annunzio
che
allora
abitava
a
Trinità
dei
Monti
,
con
le
finestre
sulla
scalinata
verso
piazza
di
Spagna
.
Anche
Gabriele
era
invitato
,
ma
arrivò
tardi
scusandosi
con
aria
di
mistero
.
Appena
venne
buio
,
condusse
De
Bosis
e
me
nell
'
anticamera
,
ci
affidò
due
pacchi
ed
egli
ne
prese
un
terzo
,
più
grande
.
Quando
rientrò
davanti
ai
convitati
,
avverti
serio
serio
:
Non
toccate
,
sono
pacchi
di
esplosivi
.
Erano
fochetti
artificiali
,
razzi
,
stelle
,
bengali
,
petardi
,
candele
romane
,
e
li
cominciò
a
legare
prestamente
ai
ferri
della
ringhiera
,
rimproverandoci
di
non
essere
così
rapidi
e
capaci
com
'
era
lui
abruzzese
.
La
testa
,
bada
,
verso
piazza
di
Spagna
.
Se
no
,
ti
scoppia
in
bocca
.
A
Francavilla
qualunque
ragazzo
ne
sa
più
di
te
.
In
pochi
minuti
la
batteria
era
in
ordine
,
ed
egli
con
un
cerino
cominciò
ad
accendere
.
Nella
conca
della
scalinata
ogni
scoppio
rimbombava
assordante
.
Finestre
e
logge
si
gremirono
di
spettatori
.
Dagli
altri
piani
qualcuno
cominciò
a
protestare
,
e
Gabriele
alla
luce
dei
bengali
spiegava
felice
,
ridendo
e
saltando
:
Non
abbiate
paura
,
non
sono
che
tipitappi
,
non
sono
che
tipitappi
.
Quando
dei
fochetti
non
restò
che
il
fumo
,
gli
chiedemmo
:
Che
sono
i
tipitappi
?
Non
sapete
che
cosa
sono
i
tipitappi
?
Ignoranti
.
Sono
quello
che
i
napoletani
chiamano
tricchitracchi
,
e
non
volle
dire
altro
.
Queste
parole
sono
troppe
,
perché
quel
ricordo
fu
un
lampo
.
Il
corteo
s
'
era
disperso
.
Il
Duce
era
ripartito
.
Ma
l
'
Abruzzo
quella
mattina
non
doveva
per
fortuna
lasciarmi
più
,
ché
la
chiave
di
D
'
Annunzio
è
nascosta
lì
davanti
al
mare
,
tra
gli
aguglioli
della
pineta
alla
foce
del
Pescara
.
Incontro
Giacomo
Acerbo
,
a
capo
d
'
un
manipolo
d
'
abruzzesi
:
il
priore
della
nuova
chiesa
di
Pescara
,
il
preside
della
Provincia
,
una
donna
in
capelli
che
reca
in
un
'
olla
la
terra
presa
sulla
tomba
di
donna
Luisa
,
della
madre
del
poeta
,
e
v
'
ha
piantato
su
qualche
fiore
reciso
per
mettere
un
poco
di
luce
su
quel
terriccio
di
morti
.
È
un
conforto
ascoltarli
,
udire
in
quella
parlata
grave
ed
antica
le
notizie
di
D
'
Annunzio
e
della
sua
casa
e
della
sua
chiesa
,
come
s
'
egli
da
laggiù
fosse
partito
ieri
.
Vecchio
infatti
non
l
'
hanno
veduto
;
da
vecchio
egli
laggiù
non
s
'
è
lasciato
vedere
.
Ieri
notte
ero
tornato
per
la
terza
volta
al
Vittoriale
.
M
'
ero
chiuso
col
dottor
Duse
e
con
Antonio
Bruers
a
parlare
degli
ultimi
momenti
di
lui
.
Bruers
piangeva
:
L
'
avesse
veduto
nel
suo
pigiama
marrone
,
quando
l
'
hanno
portato
dalla
poltrona
sul
letto
.
Il
capo
cadeva
indietro
,
le
braccia
pendevano
.
Il
comandante
,
capisce
,
il
comandante
,
ridotto
come
un
fantoccio
.
Atroce
:
come
un
fantoccio
.
Ed
era
ancora
caldo
,
così
caldo
che
io
lo
credevo
svenuto
,
e
affettuoso
metteva
la
fronte
sulla
mia
spalla
e
piangeva
.
Interrogavo
Duse
.
Era
proprio
vero
,
Gabriele
si
voleva
sempre
curare
da
sé
:
per
tre
giorni
non
prendeva
cibo
,
poi
d
'
un
colpo
tre
o
quattro
uova
.
Noi
in
Abruzzo
ci
curiamo
così
,
e
si
campa
cent
'
anni
.
Un
pastore
della
Majella
ne
sa
più
di
te
.
Fuori
,
davanti
alla
salma
,
era
ancora
un
poco
di
gente
.
La
campana
della
parrocchia
continuava
a
rintoccare
nell
'
aria
nera
,
col
ritmo
inesorabile
d
'
un
palpito
,
come
per
misurare
il
nostro
tempo
mortale
nel
confronto
con
l
'
immobile
eternità
dove
egli
era
scomparso
.
Parlavano
dell
'
età
di
lui
,
della
morte
improvvisa
.
E
uno
,
invisibile
,
ha
detto
:
Ha
lavorato
tanto
,
e
una
voce
di
donna
ha
soggiunto
con
un
sospiro
materno
:
Poveromo
.
Il
pastore
della
Majella
,
Aligi
,
che
ieri
ha
cominciato
a
dormire
per
non
svegliarsi
più
.
Così
m
'
è
venuto
alla
mente
un
ritratto
donatomi
da
lui
la
prima
volta
che
sono
andato
a
Francavilla
.
Adesso
l
'
ho
qui
davanti
agli
occhi
.
Gabriele
porta
una
mantella
pesante
e
un
berretto
a
punta
,
di
maglia
di
lana
,
col
fiocco
in
cima
.
Con
la
mantella
ricopre
anche
la
sua
figliola
Renata
,
incappucciata
come
lui
,
e
un
folto
di
riccioli
le
sfugge
dal
cappuccio
.
Renata
,
o
Cicciuzza
come
allora
la
chiamava
,
avrà
in
questa
fotografia
quattro
o
cinque
anni
.
È
l
'
infermiera
del
Notturno
.
Ho
riaperto
il
libro
.
Anche
il
padre
lì
la
rievoca
a
cinque
anni
,
in
quella
casa
bianca
sul
mare
,
dove
fu
fatto
il
ritratto
che
io
guardo
e
dove
ella
gli
«
appariva
senza
rumore
,
come
uno
di
quelli
uccelli
che
si
posano
sopra
un
ramo
leggiero
e
aspettano
che
esso
cessi
d
'
oscillare
per
intraprendere
il
loro
canto
»
.
Quel
giorno
invece
nel
Notturno
ella
tornava
presso
il
letto
del
padre
infermo
dopo
la
visita
dei
Sepolcri
.
«
Su
la
sua
veste
bruna
,
mi
sembra
di
fiutare
un
odore
di
ceri
,
un
odore
d
'
erbe
scolorate
e
di
violacciocche
.
Il
viso
è
più
stretto
,
il
mento
è
più
affilato
.
È
piccola
,
stasera
.
È
una
povera
piccola
stanca
,
affaticata
dalle
tenebre
e
dal
profumo
funebre
,
bisognosa
di
riposarsi
.
»
Proprio
così
era
stamane
,
dietro
al
feretro
,
pallida
,
stanca
,
vestita
di
lutto
,
sola
coi
suoi
ricordi
.
StampaQuotidiana ,
12
aprile
.
ROMA
.
Da
quasi
un
anno
per
l
'
esposizione
mondiale
del
1942
hanno
cominciato
a
spianare
di
là
dalla
basilica
di
San
Paolo
le
collinette
verso
il
bosco
d
'
eucalitti
che
una
volta
difendeva
dalla
malaria
l
'
abazia
delle
Tre
Fontane
.
Tempi
preistorici
:
allora
,
quando
eravamo
ragazzi
,
andare
alle
Tre
Fontane
era
un
'
escursione
per
la
quale
si
partiva
da
casa
con
la
colazione
o
la
merenda
nel
tascapane
.
Era
un
'
escursione
e
quasi
un
'
esplorazione
perché
a
chi
di
noi
s
'
allontanava
dalla
strada
Laurentina
gli
anziani
annunciavano
pericoli
addirittura
di
morte
per
le
buche
e
le
frane
delle
cento
vecchie
cave
di
pozzolana
,
nascoste
tra
cardi
e
pruni
,
popolate
di
serpi
e
,
alle
prime
piogge
,
di
rospi
e
raganelle
.
Il
mondo
s
'
è
fatto
più
piccolo
e
,
dicono
,
più
sicuro
.
Per
uguagliare
questo
pianoro
di
cinquecento
ettari
,
lungo
,
presso
a
poco
,
quanto
dal
Campidoglio
a
piazza
del
Popolo
,
anzi
fino
al
Ministero
della
Marina
,
e
largo
altrettanto
,
si
dovranno
smuovere
cinque
milioni
e
mezzo
di
metri
cubi
;
e
già
se
n
'
è
smossa
quasi
la
metà
.
Ma
l
'
importante
è
che
,
spenta
e
chiusa
dopo
sei
mesi
l
'
esposizione
,
là
non
tornerà
un
arido
deserto
di
calcinacci
di
cemento
,
con
altrettanti
trabocchetti
e
buche
come
quelle
di
terra
che
spianatori
e
costruttori
trovano
adesso
e
cólmano
.
Là
resterà
una
città
,
un
altro
grande
e
comodo
e
monumentale
quartiere
di
Roma
,
col
suo
lago
,
le
sue
strade
,
piazze
,
giardini
,
alberate
,
fontane
,
con
la
sua
chiesa
,
i
suoi
musei
,
teatri
,
uffici
e
alberghi
,
a
sette
od
otto
minuti
dal
Colosseo
:
Roma
nuova
,
come
nella
suddetta
preistoria
chiamavamo
la
Roma
da
via
Nazionale
in
su
.
Insomma
adesso
il
cómpito
dato
da
Mussolini
a
Vittorio
Cini
è
di
preparare
,
sì
,
una
grande
e
ricca
e
piacevole
esposizione
dove
la
gente
abbia
da
imparare
e
da
divertirsi
senza
affaticarsi
,
ma
anche
lo
schema
e
l
'
ossatura
d
'
una
bella
città
.
Il
durevole
,
prima
di
succedere
all
'
effimero
,
deve
intanto
dargli
,
poiché
siamo
a
Roma
e
si
ragiona
da
romani
,
forma
,
comodità
e
maestà
:
problema
,
prima
di
tutto
,
d
'
architettura
.
Per
adesso
,
tutti
d
'
accordo
,
perché
v
'
è
soltanto
il
nudo
terreno
,
anzi
il
luogo
dove
uomini
e
macchine
vanno
preparando
il
terreno
.
A
settentrione
di
là
d
'
un
gran
prato
verde
s
'
intravvede
di
Roma
un
quartiere
nuovo
nuovo
,
non
propriamente
monumentale
,
ma
una
nebbiola
bassa
e
azzurrina
lo
vela
gentilmente
;
e
dietro
il
Gianicolo
appare
la
cima
della
cupola
di
San
Pietro
,
d
'
argento
opaco
,
come
una
luna
che
sorge
.
Il
silenzio
è
rotto
da
fischi
di
locomotive
,
da
brevi
ànsiti
di
macchine
scavatrici
,
fondi
talvolta
come
ruggiti
quando
il
raffio
addenta
terra
e
sassi
e
le
catene
cigolano
.
Ma
l
'
aria
immobile
ingoia
d
'
un
colpo
ogni
suono
e
il
silenzio
torna
padrone
:
un
silenzio
d
'
eternità
.
Il
suolo
vulcanico
su
cui
i
re
e
la
repubblica
fondarono
e
aggrandirono
Roma
,
è
simile
a
questo
,
falda
a
falda
:
al
sole
un
palmo
o
due
di
terra
buona
da
seminare
;
sotto
questo
po
'
di
terra
,
pozzolana
bigia
o
rossa
e
tufo
,
buoni
per
murare
e
per
costruire
.
Dove
una
volta
le
frane
e
adesso
le
macchine
hanno
tagliato
il
terreno
,
questi
filoni
orizzontali
appaiono
netti
,
sovrapposti
regolarmente
come
gli
strati
di
fondazione
d
'
un
grande
edificio
.
Poco
da
mangiare
,
molto
da
lavorare
;
poco
da
godere
,
molto
da
costruire
:
non
sono
queste
le
basi
morali
dell
'
antica
Roma
?
E
senza
questa
miracolosa
pozzolana
laziale
che
con
poco
grassello
di
calce
fa
presa
anche
sott
'
acqua
,
compatta
per
millenni
più
d
'
una
roccia
,
l
'
architettura
romana
,
la
forma
cioè
e
il
volto
di
Roma
,
e
l
'
incrollabile
prova
della
sua
durata
non
esisterebbero
.
Bisogna
diffidare
,
lo
so
,
delle
similitudini
;
ma
gli
acquedotti
e
il
Colosseo
sono
insieme
fatti
e
idee
.
L
'
aratro
che
adopera
il
senatore
Cini
non
è
per
fortuna
quello
che
adoperò
Romolo
tracciando
il
solco
quadrato
.
È
meccanico
,
va
giù
col
vomere
fino
a
settanta
centimetri
,
rovescia
terra
e
pezzi
di
tufo
;
e
la
trattrice
che
lo
trascina
,
sobbalza
come
un
carro
armato
all
'
assalto
d
'
una
trincera
.
Talvolta
lo
sforzo
è
tanto
che
la
corda
d
'
acciaio
si
strappa
.
Sùbito
dietro
l
'
aratro
,
i
badilanti
caricano
sui
vagoncini
la
terra
sconvolta
,
e
appena
i
venti
vagoncini
sono
colmi
,
la
piccola
locomotiva
se
li
trascina
via
fischiettando
,
laggiù
dove
il
terreno
s
'
ha
da
alzare
e
non
da
abbassare
.
Mille
e
cento
sono
adesso
questi
operai
;
scamiciati
,
impolverati
e
contenti
,
nella
certezza
d
'
avere
lavoro
per
quattr
'
anni
.
Uno
s
'
è
ficcato
tra
l
'
orecchio
e
la
tempia
una
di
queste
piccole
orchidee
selvatiche
,
bianche
e
verdi
come
il
fiore
dell
'
aglio
,
e
mentre
il
rosario
dei
vagoncini
parte
con
un
fracasso
di
ferraglie
sulle
verghe
malconnesse
della
decoville
,
s
'
appoggia
con
le
due
mani
sul
manico
del
badile
,
guarda
lontano
e
a
mezza
voce
canta
:
Vivere
senza
malinconia
,
Vivere
senza
più
gelosia
...
Mentre
canta
,
è
più
solo
lui
dei
compagni
silenziosi
che
allineati
aspettano
un
'
altra
fila
di
vagoncini
,
vuoti
.
Un
minuto
:
arriva
,
e
i
manovali
le
si
mettono
a
fianco
.
Una
goccia
di
saliva
sulla
palma
delle
mani
,
e
il
lavoro
ricomincia
,
così
puntuale
che
si
coglie
il
ritmo
delle
pale
ficcate
nella
terra
,
della
terra
rovesciata
nel
carrello
,
del
lampo
bianco
della
pala
in
aria
.
Così
ordinato
fosse
il
lavoro
di
tutti
noi
,
con
quella
pausa
del
fiore
e
del
canto
.
La
ragione
sarà
che
io
purtroppo
non
riesco
a
diventare
ancora
il
vero
uomo
moderno
,
homo
occidentalis
mechanicus
neobarbarus
;
ma
il
fatto
è
che
il
lavoro
d
'
una
macchina
mi
piace
quando
assomiglia
nei
gesti
al
lavoro
umano
,
centuplicato
,
s
'
intende
,
nella
forza
,
e
senza
rischio
mai
di
stanchezza
perché
la
macchina
con
un
poco
di
lubrificante
è
sempre
giovane
e
sempre
attenta
.
Insomma
per
me
il
modello
del
mondo
resta
ancora
l
'
uomo
,
e
la
macchina
non
è
ancora
diventata
il
modello
dell
'
uomo
:
difetto
grave
,
e
il
peggio
è
che
talvolta
me
ne
vanto
.
Ora
delle
oneste
macchine
le
quali
lavorano
qui
,
le
più
simpatiche
mi
sembrano
le
scavatrici
.
Una
me
la
sono
goduta
stamane
da
vicino
,
e
il
soprastante
che
me
ne
spiegava
i
congegni
,
le
sorrideva
affettuoso
come
a
un
bel
cavallo
da
circo
,
docile
e
lustro
,
e
aveva
ragione
quando
diceva
:
Le
manca
la
parola
,
le
manca
.
Quella
infatti
alzava
il
braccio
con
la
benna
,
l
'
avvicinava
al
greppo
da
mordere
,
contro
gli
puntava
quattro
lucide
zanne
d
'
acciaio
aguzze
come
pugnali
,
e
oscillando
un
poco
per
lo
sforzo
gliele
conficcava
dentro
fino
in
fondo
.
Poi
le
quattro
zanne
si
rizzavano
,
e
zolle
,
sassi
,
schegge
,
terriccio
entravano
nella
benna
giusto
giusto
,
ché
la
scavatrice
non
ne
aveva
afferrato
un
pugno
di
troppo
.
Allora
il
braccio
si
girava
e
si
fermava
preciso
sopra
un
carrello
del
trenino
.
La
benna
s
'
apriva
ed
empiva
il
carrello
;
e
la
macchina
tornava
a
puntare
i
denti
contro
il
costone
da
abbattere
.
L
'
omino
che
era
il
cervello
della
macchina
,
maneggiava
due
leve
con
più
leggerezza
d
'
un
cavaliere
quando
tira
a
destra
o
a
sinistra
la
briglia
.
Il
soprastante
accanto
a
me
fissava
l
'
orologio
:
La
benna
contiene
un
metro
cubo
e
venti
.
In
ventisette
secondi
si
riempie
e
si
scarica
.
Dieci
di
queste
macchine
scavatrici
lavorano
a
preparare
il
pianoro
per
l
'
esposizione
;
ma
tanto
pesano
che
bisogna
saggiare
bene
il
terreno
prima
di
collocarle
,
non
abbiano
a
sprofondare
in
uno
di
questi
grottoni
.
Quando
nel
1885
sul
fianco
settentrionale
del
Campidoglio
si
tentò
di
piantare
le
fondazioni
del
monumento
a
re
Vittorio
Emanuele
,
non
s
'
incontrarono
che
tane
e
cunicoli
tagliati
per
cavar
tufo
o
per
difendere
l
'
arce
;
e
la
somma
che
s
'
era
stanziata
per
erigere
tutto
il
Vittoriano
,
bastò
appena
a
riempire
e
consolidare
quell
'
alveare
.
Così
qui
.
Il
suolo
traditore
è
provato
continuamente
dalle
sonde
,
le
quali
ogni
poco
incontrano
il
vuoto
.
Quando
s
'
è
determinato
così
il
luogo
d
'
una
caverna
nascosta
,
si
cinge
subito
con
una
stecconata
quadra
,
perché
carri
o
macchine
non
s
'
avventurino
là
sopra
.
Sono
chilometri
e
chilometri
di
gallerie
da
cavar
pozzolana
,
alcune
praticabili
dai
carretti
,
anche
se
adesso
ostruite
dagli
scoscendimenti
.
A
guardarle
dall
'
alto
,
profonde
e
cupe
tra
rovi
e
sterpi
,
sembrano
rifugi
di
trogloditi
o
di
banditi
o
,
nei
primi
secoli
dopo
Cristo
,
di
cristiani
perseguitati
.
Talune
catacombe
sono
infatti
nate
così
,
in
questi
antri
.
Tre
aeroplani
che
volano
alti
a
triangolo
,
mi
fanno
alzare
gli
occhi
al
cielo
.
Per
godere
un
paesaggio
la
luce
è
quello
ch
'
è
la
voce
per
capire
un
uomo
.
Anche
la
luce
ha
un
tono
.
Se
mi
trasportassero
addormentato
a
Roma
,
a
Firenze
,
a
Venezia
,
a
Milano
e
svegliandomi
spalancassero
la
finestra
sul
cielo
vuoto
,
io
mi
vanterei
di
saper
dire
,
dalla
luce
,
dove
mi
trovo
;
ma
forse
è
un
'
illusione
come
quando
,
se
odo
uno
parlare
,
mi
provo
a
non
badare
al
senso
delle
parole
ma
solo
al
suono
e
alla
modulazione
della
voce
,
e
a
giudicarlo
così
,
colui
che
parla
,
sincero
o
retore
,
affranto
o
audace
,
meschino
o
magnanimo
.
La
mia
guida
m
'
indica
il
punto
verso
Roma
dove
la
via
Imperiale
taglierà
il
viale
di
pioppi
delle
Tre
Fontane
.
La
via
Imperiale
sarà
l
'
asse
dell
'
esposizione
,
si
biforcherà
per
passare
su
due
ponti
il
lago
,
attraverserà
il
bosco
e
dalla
Porta
del
Mare
filerà
lucida
e
diritta
verso
Castel
Fusano
e
il
lido
.
Via
,
lago
,
bosco
:
tutto
è
ancora
sulla
carta
,
e
laggiù
verso
mezzodì
mi
commuove
la
sorte
d
'
un
bel
ciuffo
di
pini
a
cupola
perché
essi
sono
già
realtà
.
Si
tenterà
di
trasportarli
,
diciamo
così
,
in
vaso
.
Morranno
?
Vivacchieranno
estenuati
,
sostenuti
da
tre
puntelli
?
Siamo
venuti
dentro
una
baracca
a
guardare
la
planimetria
a
colori
dell
'
esposizione
:
opera
difficile
meditatissima
ed
equilibrata
cui
per
mesi
e
mesi
ha
atteso
Marcello
Piacentini
.
Ecco
gli
edifici
che
sopravviveranno
,
ecco
le
strade
,
ecco
i
luoghi
di
sosta
per
le
automobili
,
ecco
la
stazione
della
ferrovia
sotterranea
,
ecco
i
giardini
,
ecco
la
chiesa
,
ecco
il
lago
della
città
futura
.
Quale
altra
città
avrà
un
così
bel
lago
,
tra
sponde
di
pietra
,
con
un
teatro
aperto
all
'
uno
dei
capi
,
con
una
scalinata
di
marmo
bianco
e
oro
da
cui
l
'
acqua
scenderà
sfavillando
?
Meraviglie
.
Ma
questa
mattina
ho
anche
meno
fantasia
del
solito
.
La
carta
resta
carta
,
il
verde
non
riesce
ai
miei
occhi
a
diventare
bosco
,
né
il
turchino
acqua
.
Il
gran
vuoto
fuori
della
baracca
,
il
cielo
altissimo
e
quasi
bianco
negli
eccelsi
,
i
fischi
rauchi
delle
piccole
locomotive
,
la
collinetta
col
bosco
d
'
eucalitti
,
ai
nostri
piedi
le
grotte
nere
aperte
,
chi
sa
,
da
secoli
,
laggiù
quel
folto
di
pini
che
stanno
per
morire
;
questa
solitudine
che
abbiamo
appena
cominciato
a
sconvolgere
con
metodo
inesorabile
e
che
tra
un
anno
sarà
irta
di
bianchi
scheletri
di
case
e
di
palazzi
;
questa
solitudine
che
,
salvo
qualche
carrettiere
e
qualche
cacciatore
,
era
inviolata
,
anzi
dimenticata
da
millenni
,
ecco
quello
che
m
'
attira
stamane
,
soltanto
perché
non
lo
rivedrò
più
.
Vivere
senza
malinconia
...
cantava
il
manovale
.
Ma
no
,
un
poco
di
malinconia
aiuta
a
vivere
.
La
malinconia
non
è
che
l
'
ombra
della
memoria
.
StampaQuotidiana ,
Stamane
,
verso
le
dieci
,
nei
pressi
di
Cascina
Vica
,
cioè
a
pochi
passi
da
Rivoli
,
un
muletto
,
impauritosi
del
tram
che
sopraggiungeva
,
corse
attraverso
al
binario
e
,
incespicando
,
si
abbatté
a
terra
,
cosicché
la
motrice
,
invano
frenata
a
tutta
forza
,
gli
fu
sopra
,
stroncandolo
completamente
.
All
improvviso
sobbalzo
che
ne
ricevette
tutto
il
convoglio
,
si
unirono
le
alte
grida
strazianti
del
fanciullo
che
custodiva
...
così
bene
il
muletto
,
per
cui
una
vera
folla
di
passeggeri
,
sgomenti
,
atterriti
,
credendo
che
il
travolto
fosse
il
fanciullo
,
precipitò
dalle
vetture
;
qualche
donna
svenne
,
fu
insomma
un
episodio
di
paura
e
di
pietà
.
Accertata
la
realtà
del
caso
,
cominciarono
i
ragionari
dei
passeggeri
,
reduci
dal
bagno
emotivo
;
cominciò
il
quarto
d
ora
di
storia
del
muletto
,
diventato
vivo
nella
mente
e
nel
cuore
degli
uomini
!
Le
donne
specialmente
con
un
lungo
sospiro
di
soddisfazione
mormoravano
un
«
meno
male
!
si
tratta
soltanto
di
un
muletto
»
.
Un
soldato
fiorentino
,
solidamente
imboscato
,
faceva
notare
invece
,
come
ne
facesse
un
commosso
funebre
elogio
,
ch
i
muletto
poteva
,
costare
du
boni
fogli
da
mille
!
Oh
dimmi
la
verità
,
fiorentino
spirito
bizzarro
sotto
quel
grigio
-
verde
di
imboscato
eroico
palpita
un
generoso
cuore
di
negoziante
di
vaccine
,
cavalli
e
specie
affini
!
non
me
lo
negare
.
Ed
ora
che
sarà
di
te
,
povero
muletto
?
Non
sei
mai
stato
così
vivo
,
come
oggi
che
tu
sei
morto
!
non
altrimenti
avviene
per
gli
uomini
,
credilo
.
Domani
tu
sarai
portato
a
Torino
:
il
mercatante
dirà
di
te
che
eri
giovane
,
bello
e
gagliardo
,
che
sei
stato
reciso
da
morte
violenta
,
come
un
fiore
,
che
tu
non
eri
una
rozza
esausta
,
una
bestia
avvizzita
,
consunta
dai
malanni
,
come
si
suole
portare
al
macello
.
Con
quale
eloquenza
diranno
le
tue
lodi
i
mercatanti
,
o
povero
muletto
!
La
tua
giovinezza
e
floridezza
sarà
esaltata
.
E
una
nobiltà
nuova
ti
attende
sicuramente
:
tu
entrerai
,
fatto
a
brani
,
in
uno
spaccio
di
carne
equina
;
ma
che
mulo
?
cavallo
,
il
nobile
cavallo
sarai
,
altro
che
mulo
;
e
sarai
ricercato
,
pagato
stupidamente
bene
,
masticato
anche
da
aristocratiche
,
ignoranti
mascelle
;
guarda
un
po
quanto
onore
ti
attende
!
E
,
ahimé
,
anche
vitello
tu
diventerai
!
e
dico
ahimé
,
perché
,
uso
purtroppo
agli
intrugli
del
trattore
,
farse
sarò
una
tua
vittima
anch
io
.
Ecco
tu
entrerai
sotto
forma
di
una
bella
portata
di
vitello
,
stufatino
,
in
guazzetto
,
con
certi
intingoli
da
far
gola
all
Artusi
e
a
Stecchetti
.
Cameriere
!
ma
questa
carne
è
coriacea
,
è
tigliosa
,
è
immasticabile
!
Ma
che
?
È
vitello
sano
,
giovanissimo
,
e
che
vuole
?
tempi
grami
questi
e
poi
c
è
ancora
il
caldo
,
non
si
può
tenere
la
carne
sotto
pelle
,
per
la
necessaria
frollatura
,
ci
vuole
un
po
di
tolleranza
,
d
altronde
,
tenuto
calcolo
di
questo
difettuccio
,
noi
non
le
facciamo
pagare
la
porzione
di
vitello
che
miserabili
dieci
lire
.
Povero
muletto
,
la
morte
ti
ha
conferito
due
gradi
di
dignità
:
di
vitello
e
di
cavallo
,
il
nobile
amico
dell
uomo
;
i
mercatanti
si
contendono
la
tua
spoglia
,
i
consumatori
ti
pagano
imperialmente
:
non
rammaricarti
di
essere
morto
.
StampaQuotidiana ,
26
luglio
.
Quante
volte
in
questa
rubrica
ho
già
narrato
ciò
che
ricordo
d
'
Eleonora
Duse
?
Oggi
ho
finito
di
leggere
il
libro
d
'
Olga
Signorelli
su
lei
.
A
ogni
pagina
altri
ricordi
mi
apparivano
davanti
agli
occhi
.
È
un
libro
copioso
,
come
ha
detto
Alfredo
Panzini
lodandolo
;
ma
certo
è
il
libro
più
cordiale
e
probante
finora
scritto
su
quella
memorabile
donna
.
È
infatti
il
solo
libro
che
ce
la
mostra
dall
'
interno
,
non
dall
'
esterno
.
Eleonora
Duse
è
stata
un
'
attrice
stupenda
e
cordiale
,
ma
quieta
anche
nella
tragedia
,
di
pochi
gesti
e
di
poche
grida
,
tutta
misura
e
ritegno
,
e
solo
con
uno
sguardo
senza
nemmeno
muovere
il
volto
otteneva
ciò
che
altre
non
ottenevano
con
un
balzo
e
con
un
urlo
;
ma
come
donna
è
stata
complicata
,
irrequieta
ed
ansiosa
,
spesso
stonata
e
sfasata
,
ogni
anno
più
schiava
delle
parole
così
da
scambiarle
per
realtà
,
e
innamorata
del
dolore
,
vero
o
immaginario
,
proprio
o
altrui
,
come
l
'
ape
è
innamorata
del
fiore
.
Del
dolore
aveva
la
curiosità
e
,
oserei
dire
,
il
desiderio
.
Era
la
sua
nobiltà
:
il
suo
solo
snobismo
.
L
'
arte
è
dolore
;
l
'
amore
è
dolore
;
la
gloria
è
dolore
;
la
ricchezza
è
dolore
;
la
potenza
è
dolore
;
la
vita
,
insomma
,
è
dolore
.
Ed
ella
era
colma
di
vita
.
La
prima
volta
che
vidi
la
signora
Duse
fuori
di
scena
,
quando
cioè
le
fui
presentato
(
e
deve
essere
stato
verso
il
1895
)
,
la
trovai
per
terra
,
distesa
sopra
un
bel
tappeto
,
tra
molti
cuscini
.
Mi
invitò
a
sedermi
accanto
a
lei
su
un
altro
tappeto
:
che
,
in
Oriente
forse
,
ma
dalle
parti
nostre
non
è
un
esercizio
comodo
,
specie
quando
ci
s
'
ha
da
rialzare
.
Vedendo
che
titubavo
,
m
'
offrì
a
braccio
teso
uno
dei
suoi
cuscini
.
S
'
era
in
casa
di
fedeli
e
sottomesse
amiche
sue
,
in
via
Gregoriana
:
due
tedesche
,
Elena
Oppenheim
e
Maria
Zernitz
,
l
'
una
magra
e
l
'
altra
grassa
;
amiche
anche
di
molti
musicisti
,
Sgambati
,
Consolo
,
Gulli
,
Bossi
,
Baiardi
,
e
d
'
uno
scultore
,
Chiaradia
,
quello
della
statua
dorata
di
Vittorio
Emanuele
in
mezzo
al
monumento
capitolino
.
Spesso
,
se
veniva
a
Roma
e
non
recitava
,
la
Duse
scendeva
da
quelle
amiche
,
padrona
dispotica
d
'
ogni
loro
minuto
,
gesto
e
pensiero
.
Esse
dovevano
averle
mostrato
i
titoli
d
'
uno
o
due
articolucci
miei
di
letteratura
inglese
.
Supina
,
poggiando
la
nuca
sopra
le
palme
delle
mani
raccolte
a
conchiglia
:
Chi
è
il
maggior
poeta
inglese
vivente
?
mi
domandò
guardando
il
soffitto
.
Swinburne
,
risposi
.
So
che
avete
tradotto
qualche
cosa
di
lui
.
Recitatemelo
.
Non
lo
ricordo
a
memoria
.
Mi
guardò
di
traverso
,
un
occhio
su
e
l
'
altro
giù
,
come
per
misurare
la
mia
statura
,
seduto
.
Era
tale
e
quale
alla
Duse
in
scena
,
senza
tinture
;
ma
da
vicino
gli
anni
,
trentasei
o
trentasette
,
le
si
vedevano
tutti
.
Le
mani
(
l
'
ombra
di
Gabriele
d
'
Annunzio
mi
perdoni
)
non
erano
belle
;
ma
i
piedi
sì
,
piccoli
,
fini
,
ben
calzati
,
e
non
stavano
mai
fermi
.
Si
sa
quanto
è
spietato
lo
sguardo
d
'
un
giovane
appena
si
posa
sopra
una
donna
matura
,
specialmente
se
fino
allora
egli
ha
potuto
vederla
solo
da
lontano
su
un
trono
o
su
una
ribalta
,
e
lodata
e
applaudita
.
Per
capire
la
grande
poesia
bisogna
avere
sofferto
.
Voi
siete
troppo
giovane
per
avere
sofferto
.
Io
,
zitto
,
perché
ero
tentato
di
rispondere
:
«
Grazie
,
per
fortuna
»
,
con
una
punta
di
impertinenza
romanesca
.
Sentivo
su
me
gli
sguardi
delle
due
tedesche
,
le
quali
abbozzavano
un
sorriso
per
suggerirmi
che
dovevo
sorridere
anch
'
io
.
Nella
pausa
avevo
preso
una
sigaretta
.
La
signora
Duse
,
sempre
volta
al
soffitto
,
ricominciò
l
'
interrogatorio
:
Siete
innamorato
?
Me
lo
domandò
con
una
voce
bassa
e
grave
,
che
stillava
con
fatica
le
meste
sillabe
.
Un
confessore
che
mi
avesse
domandato
:
Quante
volte
?
o
un
medico
che
avvicinando
al
lume
il
termometro
scaldato
dalla
mia
ascella
,
m
'
avesse
detto
:
Trentanove
,
e
passa
,
non
avrebbero
avuto
un
tono
così
caldo
,
di
compassione
e
insieme
di
conforto
.
Ma
vedi
l
'
indifferenza
e
anche
il
pudore
della
gioventù
:
io
ero
seccato
non
lusingato
.
Risposi
:
Sarebbe
,
signora
mia
,
un
discorso
molto
lungo
,
e
accesi
la
sigaretta
.
La
Duse
si
rizzò
a
sedere
d
'
un
colpo
.
Qui
non
si
fuma
,
comandò
.
Le
due
amiche
accorsero
.
Una
portò
in
un
'
altra
camera
la
sigaretta
irriverente
.
L
'
altra
aprì
la
finestra
perché
quel
niente
di
fumo
svanisse
nel
cielo
di
Roma
.
Io
ero
in
piedi
.
Udii
da
terra
una
voce
fievole
quanto
un
sospiro
:
Che
ore
sono
?
,
e
poco
dopo
:
Tornate
presto
.
M
'
ha
fatto
piacere
conoscervi
.
Me
ne
andai
.
Ogni
parola
e
ogni
gesto
di
quel
nostro
primo
colloquio
sul
pavimento
mi
sono
rimasti
nella
memoria
perché
se
ne
parlò
e
riparlò
con
le
due
ospiti
della
signora
Duse
e
coi
loro
amici
.
Che
cosa
avrei
mai
dovuto
rispondere
a
simili
domande
,
inaspettate
e
,
soggiungevo
,
materne
?
Quelli
m
'
assicuravano
che
le
indagini
sulla
capacità
di
patire
e
d
'
amare
erano
in
lei
una
palese
prova
di
simpatia
.
L
'
anno
dopo
,
se
non
sbaglio
,
tornò
a
Roma
per
recitare
al
Valle
:
Fedora
,
Denise
,
Moglie
di
Claudio
,
Frou
-
Frou
,
Locandiera
,
Signora
delle
camelie
.
Non
perdevo
una
recita
,
non
perdevo
una
parola
di
lei
.
Li
davvero
ella
era
schietta
,
attenta
a
scarnire
e
a
semplificare
la
sua
recitazione
,
così
che
l
'
anima
del
personaggio
fosse
nuda
,
e
anche
quando
il
personaggio
mentiva
,
capace
di
farci
sentire
che
,
timido
o
spavaldo
,
mentiva
.
Anche
nella
menzogna
perciò
la
amavamo
,
così
lealmente
ce
la
confidava
.
Tanto
schietta
,
leale
e
nuda
era
in
scena
che
fuori
di
scena
,
in
un
salotto
o
in
una
gita
,
in
contatto
con
noi
laici
si
sentiva
che
era
impacciata
,
quasi
provasse
il
pudore
di
non
poter
esser
schietta
e
leale
e
nuda
come
quando
recitava
,
cioè
come
quando
era
Margherita
,
Fedora
,
Magda
o
Cesarina
.
E
si
metteva
a
parlare
difficile
con
parole
d
'
oracolo
,
prodigando
a
tutti
consigli
e
conforti
,
e
dimenticandosene
un
'
ora
dopo
.
Fuori
di
scena
,
insomma
,
la
Duse
veramente
recitava
.
Cogli
anni
,
i
capelli
bianchi
,
l
'
addio
all
'
amore
e
la
solitudine
,
fu
un
'
altra
cosa
;
e
certo
ammirevole
.
In
quella
stagione
,
nel
senso
che
alla
parola
stagione
danno
i
teatranti
,
abitava
al
Grand
Hôtel
e
il
suo
salotto
luminoso
era
sull
'
angolo
tra
la
via
delle
Terme
e
la
piazza
delle
Terme
.
Sopra
ogni
tavola
,
fiori
e
libri
:
libri
di
pensiero
,
molto
Nietzsche
e
molto
Maeterlinck
quell
'
anno
,
segnati
sui
margini
da
una
matita
impetuosamente
ammirativa
.
L
'
edizione
Bocca
di
Così
parlò
Zaratustra
,
ricordo
di
averla
veduta
segnata
con
la
matita
turchina
in
tutte
,
dico
tutte
,
le
pagine
,
da
capo
a
fondo
:
che
doveva
essere
stata
una
bella
fatica
.
Una
mattina
s
'
andò
a
Tivoli
.
Ernesto
Consolo
e
io
salimmo
a
prendere
la
signora
Duse
all
'
albergo
.
Ci
accolse
con
questo
ammonimento
:
Badate
,
oggi
non
voglio
soffrire
,
e
lo
disse
serrando
labbra
e
mascelle
come
avrebbe
potuto
dirlo
sedendosi
dal
dentista
.
Consolo
mi
guardò
.
Sapevamo
che
spesso
era
inutile
risponderle
perché
ella
già
pensava
ad
altro
.
Fu
gaia
,
giovanile
,
maliziosa
:
diciamo
,
Mirandolina
.
Dopo
colazione
si
pensò
,
naturalmente
,
d
'
andare
a
Villa
d
'
Este
.
Ve
l
'
ho
dichiarato
.
Oggi
non
voglio
soffrire
.
A
Villa
d
'
Este
?
Non
capite
niente
:
a
Villa
d
'
Este
io
ci
sono
già
stata
,
e
sillabò
le
parole
come
dicesse
che
non
bisognava
destare
i
morti
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altro
si
osò
domandarle
:
Con
chi
?
Aveva
mutato
faccia
,
s
'
era
alzata
e
ci
aveva
voltato
le
spalle
perché
non
le
leggessimo
il
volto
.
Deve
avere
riveduto
Gabriele
d
'
Annunzio
in
quel
tempo
(
la
Signorelli
precisa
,
nell
'
autunno
del
1896
)
;
ma
non
è
vero
che
andando
a
salutarla
sul
palcoscenico
del
Valle
dopo
la
Signora
delle
camelie
D
'
Annunzio
la
apostrofasse
con
queste
parole
:
Oh
grande
amatrice
!
Fu
una
delle
tante
facezie
dei
romani
sciccosi
,
oziosi
e
invidiosi
contro
D
'
Annunzio
trionfante
e
contro
quello
che
allora
essi
stimavano
il
pomposo
parlare
di
lui
.
Amatrice
è
un
paesotto
dell
'
Aquilano
presso
Cittaducale
,
e
matriciani
allora
erano
chiamati
a
Roma
gl
'
incettatori
e
i
venditori
di
erbaggi
,
dalle
carote
alle
cipolle
.
Nemmeno
credo
che
molti
anni
dopo
,
spento
il
fuoco
,
ritrovandola
a
Milano
per
caso
in
un
albergo
egli
le
dicesse
come
s
'
afferma
in
questo
libro
:
Quanto
mi
avete
amato
!
D
'
Annunzio
,
per
quanto
sicuro
e
soddisfatto
si
mostrasse
di
sé
,
ha
avuto
sempre
,
parlando
delle
donne
che
ha
amate
,
e
specialmente
se
l
'
amore
era
tramontato
da
anni
,
e
più
verso
la
signora
Duse
,
un
riguardo
,
anzi
un
rispetto
inconciliabile
con
la
fatua
vanità
di
quella
frase
.
Può
darsi
che
a
Olga
Signorelli
l
'
abbia
ripetuta
la
stessa
Duse
immaginandosi
di
averla
proprio
udita
da
quel
crudele
,
tanto
bene
le
parole
riassumevano
l
'
abnegazione
di
lei
e
la
finale
indifferenza
di
lui
.
Così
sono
certo
che
D
'
Annunzio
mostrò
alla
Duse
il
manoscritto
del
Fuoco
molto
prima
di
pubblicarlo
,
e
la
persuase
che
ella
,
anche
se
l
'
impresario
Schurmann
e
altri
pettegoli
le
dicevano
il
contrario
,
vi
splendeva
d
'
una
bellezza
più
durevole
della
bellezza
fisica
.
Olga
Signorelli
pubblica
la
lettera
di
Eleonora
Duse
a
Schurmann
:
«
Poco
fa
non
v
'
ho
detto
la
verità
.
Conosco
il
romanzo
,
e
ne
ho
autorizzata
la
stampa
,
perché
la
mia
sofferenza
,
qualunque
essa
sia
,
non
conta
quando
si
tratta
di
dare
un
altro
capolavoro
alla
letteratura
italiana
.
E
poi
ho
quarant
'
anni
...
e
amo
!
»
(
Molte
lettere
d
'
Eleonora
Duse
sono
pubblicate
in
questo
libro
,
ansimanti
e
sgrammaticate
.
Anche
nella
scrittura
par
di
vederla
recitare
,
con
quelle
tante
sottolineature
per
dire
che
lì
alza
la
voce
,
con
quei
tanti
a
capo
,
che
corrispondono
a
gesti
recisi
,
con
quei
tanti
puntini
che
significano
le
pause
di
silenzio
o
i
sospiri
.
)
Nella
primavera
del
'97
o
del
'98
ero
a
San
Giacomo
di
Spoleto
quando
da
Francavilla
mi
telegrafò
D
'
Annunzio
d
'
andare
il
giorno
dopo
a
incontrarlo
ad
Assisi
nell
'
albergo
del
Subasio
.
Vi
arrivai
nelle
prime
ore
del
pomeriggio
in
bicicletta
(
allora
anche
D
'
Annunzio
andava
in
bicicletta
e
nel
'96
mi
scriveva
:
«
Son
tornato
da
Milano
con
una
bicicletta
!
Con
una
Humber
!
Dalla
mattina
alla
sera
vado
pedalando
.
E
verrò
nell
'
Umbria
su
questo
leggero
cavallo
d
'
acciaio
.
Ave
»
)
.
Sulla
porta
del
Subasio
trovai
Angelo
Conti
.
Anch
'
egli
era
stato
convocato
per
telegrafo
,
e
mi
spiegò
perché
.
Nell
'
albergo
era
anche
la
Duse
,
e
D
'
Annunzio
era
venuto
a
mostrarle
la
prima
parte
del
manoscritto
del
Fuoco
,
ravvolto
,
s
'
intende
,
in
un
lembo
di
damasco
rosso
.
Era
stata
lei
a
chiederglielo
,
poiché
tutti
già
possedevamo
le
chiavi
di
quel
romanzo
e
sapevamo
che
in
Stelio
era
adombrato
lo
stesso
poeta
quale
egli
sperava
d
'
essere
o
d
'
apparire
,
in
Foscarina
nomade
e
disperata
la
Duse
,
in
Daniele
Glauro
Angelo
Conti
,
in
alcuni
tratti
di
Donatella
Arvale
Giulietta
Gordigiani
,
e
via
dicendo
?
Oppure
egli
stesso
,
pensando
che
qualche
frase
sulla
bellezza
un
poco
sfiorita
dell
'
attrice
potesse
offenderla
,
e
fidando
nell
'
intelligenza
di
lei
e
nella
bellezza
del
monumento
che
con
quel
romanzo
egli
le
innalzava
e
le
offriva
,
aveva
voluto
prevenire
e
placare
ogni
risentimento
della
vanità
?
«
I
segni
delicati
che
partivano
dall
'
angolo
degli
occhi
verso
le
tempie
,
e
le
piccole
vene
oscure
che
rendevano
le
palpebre
simili
alle
violette
,
e
l
'
ondulazione
delle
gote
e
il
mento
estenuato
e
tutto
quello
che
non
poteva
mai
più
rifiorire
...
»
Non
le
vedevano
tutti
queste
prime
offese
degli
anni
?
E
proprio
Eleonora
Duse
che
anche
per
entrare
in
scena
rifiutava
ogni
liscio
,
ogni
rossetto
,
ogni
cipria
,
tanto
amava
la
verità
,
anzi
,
com
'
ella
diceva
,
la
sua
verità
,
si
sarebbe
offesa
?
A
quale
altra
attrice
sicura
del
proprio
valore
ma
anche
sicura
di
scomparire
tutta
dalla
memoria
degli
uomini
man
mano
che
fossero
morti
e
scomparsi
coloro
che
l
'
avevano
veduta
,
ascoltata
,
applaudita
e
avevano
per
una
sera
creduto
che
la
sua
voce
e
il
suo
volto
fossero
la
voce
stessa
e
il
volto
stesso
dell
'
amore
,
della
rivolta
,
della
gioia
,
della
fede
,
della
voluttà
,
della
speranza
,
il
destino
offriva
insieme
il
compenso
e
l
'
orgoglio
di
sapersi
salvata
per
sempre
in
pagine
tanto
ardenti
e
sonanti
?
A
queste
domande
né
quel
giorno
né
poi
ho
saputo
rispondere
.
Certo
è
che
D
'
Annunzio
pregava
Conti
e
me
di
aspettare
in
albergo
una
sua
chiamata
.
Eravamo
lì
per
calmare
l
'
ira
e
i
sospetti
della
sua
amica
,
o
per
tenere
a
lei
e
a
lui
un
'
affettuosa
e
lieta
compagnia
?
S
'
andò
in
San
Francesco
e
si
tornò
.
Hanno
chiesto
di
noi
?
No
,
hanno
ordinato
il
tè
.
S
'
andò
a
passeggio
fino
in
piazza
del
Municipio
,
e
si
tornò
.
Hanno
chiesto
di
noi
?
No
,
pranzano
in
camera
.
Conti
e
io
si
pranzò
sulla
terrazza
,
poi
si
riuscì
a
passeggiare
sul
prato
davanti
alla
basilica
superiore
,
ché
così
il
direttore
sapeva
occorrendo
dove
trovarci
.
A
mezzanotte
rientrammo
.
Non
hanno
chiamato
più
.
La
mattina
dopo
verso
le
undici
dissi
addio
ad
Angelo
Conti
:
Se
Gabriele
ti
domanda
di
me
,
digli
che
l
'
ho
aspettato
per
ventiquattr
'
ore
.
Aspettalo
fino
a
stasera
.
No
,
vado
a
colazione
a
Foligno
da
un
amico
.
Sii
buono
,
aspetta
.
Ma
io
me
ne
andai
,
ché
in
bicicletta
giù
per
la
discesa
par
di
volare
.
Il
Fuoco
me
lo
sono
letto
due
anni
dopo
,
e
della
«
sofferenza
»
della
signora
Duse
per
quelle
che
allora
le
tenere
amiche
di
lei
e
i
nemici
di
D
'
Annunzio
chiamavano
ingiurie
,
ho
pensato
e
penso
che
ella
si
sia
consolata
non
solo
in
quelle
ventiquattr
'
ore
di
clausura
assisiate
col
suo
poeta
,
ma
anche
tutte
le
volte
che
poi
,
mettendosi
una
mano
sul
cuore
,
ella
ha
potuto
parlare
del
suo
dolore
per
quell
'
affronto
.
Angelo
Conti
,
cioè
Daniele
Glauro
,
parlando
del
Fuoco
e
della
Duse
,
si
grattava
la
barba
rossa
e
bianca
:
Come
fa
la
signora
Duse
a
lagnarsi
così
?
Me
,
in
questo
libro
,
fino
dalle
prime
pagine
Gabriele
m
'
ha
chiamato
fervido
e
sterile
.
Mi
lagno
io
?
Ma
Angelo
era
filosofo
e
considerava
le
donne
dipinte
da
Giorgione
o
da
Tiziano
,
fossero
anche
state
cortigiane
,
più
sicure
e
più
costanti
delle
donne
vive
anche
illustri
.
StampaQuotidiana ,
Vi
insegna
più
cose
un
modestissimo
cronista
che
Senofonte
coll
'
Anabasi
e
la
Catabasi
o
Tacito
cogli
Annali
.
La
storia
infatti
,
cosa
naturalmente
molto
seria
e
contegnosa
,
si
occupa
di
faccende
importanti
,
di
guerre
e
di
rivoluzioni
,
di
grandi
sconvolgimenti
,
non
può
abbassarsi
a
incidere
nelle
sue
tavole
bronzee
le
bazzecole
che
il
cronista
va
raccogliendo
a
piedi
o
in
bicicletta
lungo
le
strade
o
i
vicoletti
di
una
città
.
La
storia
vi
insegna
,
ad
esempio
,
chi
fu
che
sconfisse
veramente
Napoleone
a
Waterloo
e
vi
spiega
il
significato
del
leone
che
ricorda
l
'
epica
battaglia
,
ma
non
vi
insegna
a
suon
d
'
esempio
che
per
la
strada
conviene
guardarsi
d
'
attorno
,
che
è
pericoloso
scendere
dalla
vettura
in
moto
,
o
non
vi
mette
in
guardia
contro
l
'
ineffabile
giovane
elegante
che
deve
distribuire
una
valigia
di
biglietti
da
mille
,
e
intanto
vi
domanda
il
portafogli
mentre
gli
andate
a
comprar
le
pastiglie
per
la
tosse
.
E
queste
son
cose
di
una
certa
importanza
;
la
cronaca
,
la
quale
vi
racconta
a
ogni
piè
sospinto
del
sessantenne
che
è
investito
,
della
signora
borseggiata
,
del
commerciante
truffato
,
vi
rende
a
poco
a
poco
circospetto
contro
i
pericoli
e
gli
incidenti
di
cui
è
ricca
la
vita
di
tutti
i
giorni
.
Alle
volte
poi
vi
dà
insegnamenti
d
'
alta
moralità
;
oggi
,
per
esempio
,
vi
dimostra
come
sia
dannoso
occuparsi
dei
fatti
altrui
e
non
aver
adeguata
cura
dei
propri
.
Ne
sa
qualcosa
il
tizio
di
cui
la
cronaca
narra
vita
e
miracoli
,
dove
si
dice
di
sessanta
polli
che
fan
parlare
di
sé
.
In
certi
pollai
già
da
un
po
'
di
tempo
il
coprifuoco
trovava
degli
assenti
ingiustificati
.
Non
è
il
caso
di
parlar
di
permessi
serali
perché
da
che
mondo
è
mondo
i
polli
son
sempre
andati
a
letto
«
all
'
ora
dei
polli
»
.
Poi
,
caso
mai
,
al
mattino
si
sarebbero
ritrovati
.
Diserzioni
?
I
polli
non
son
meno
intelligenti
dell
'
asino
che
ricorda
Esopo
:
«
Perché
dovrei
fuggire
se
arriva
il
nemico
?
Con
l
'
uno
o
con
l
'
altro
la
mia
sorte
è
sempre
la
stessa
:
portare
la
soma
»
.
E
i
polli
san
benissimo
che
coll
'
uno
o
coll
'
altro
c
'
è
sempre
da
rimetterci
il
collo
...
Piuttosto
si
poteva
parlare
di
dispersi
:
nel
qual
caso
diventava
interessante
il
sapere
chi
fosse
colui
che
aveva
trovati
i
sessanta
polli
dispersi
.
Cosa
che
appassionò
i
Carabinieri
di
Barriera
Vittorio
Emanuele
i
quali
ci
si
misero
con
tanto
impegno
che
in
breve
potevan
notare
nel
taccuino
nome
,
cognome
e
paternità
del
fortunato
che
aveva
ospitato
nelle
capaci
tasche
i
sessanta
dispersi
.
Il
difficile
era
farne
la
conoscenza
personale
.
Perché
il
Dante
Dall
'
Asta
aveva
mangiata
la
foglia
e
si
sapeva
ricercato
.
Ma
non
sapeva
però
abbastanza
che
non
bisogna
occuparsi
dei
fatti
altrui
e
che
occorre
pensar
molto
ai
propri
.
Tant
'
è
vero
che
se
lo
avesse
saputo
non
si
sarebbe
recato
,
spinto
dalla
curiosità
,
a
sentir
le
faccende
altrui
in
Pretura
durante
un
'
udienza
.
Non
avrebbe
potuto
attendere
un
giorno
e
leggere
il
resoconto
sul
giornale
?
L
'
insano
desiderio
di
ficcare
il
naso
negli
affari
degli
altri
gli
fa
dimenticare
ogni
precauzione
:
il
Dante
Dall
'
Asta
sa
solo
che
in
Pretura
c
'
è
un
disgraziato
che
deve
render
conto
delle
sue
azioni
alla
Giustizia
.
Egli
non
ricorda
più
che
è
ricercato
,
non
ricorda
neppure
che
ha
in
tasca
,
oltre
alle
armi
che
non
può
portare
,
due
polli
già
spennati
,
pronti
per
essere
buttati
in
pentola
.
Si
capisce
che
ai
Carabinieri
non
parve
vero
di
trovarselo
lì
,
a
portata
di
mano
e
di
manette
,
e
di
prenderlo
delicatamente
per
il
bavero
.
Ecco
l
'
insegnamento
che
oggi
vi
dà
la
cronaca
:
pensate
ai
fatti
vostri
e
trascurate
gli
altrui
,
se
volete
sempre
trovarvi
bene
nella
vita
.
StampaQuotidiana ,
Possiamo
benissimo
mettere
in
dubbio
la
faccenda
del
sonno
profondo
del
Principe
di
Condé
,
perché
lo
stesso
Manzoni
,
persona
rispettabilissima
,
nella
Antica
cronaca
milanese
da
lui
riveduta
e
corretta
scrive
semplicemente
:
«
Si
dice
che
il
Principe
di
Condé
dormisse
profondamente
la
notte
che
precedette
la
battaglia
di
Rocroi
»
.
Quello
però
che
non
possiamo
assolutamente
mettere
in
dubbio
è
quanto
afferma
,
sempre
in
tema
di
sonno
profondo
,
il
nostro
cronista
nella
sua
recentissima
cronaca
di
Parma
,
più
o
meno
da
lui
riveduta
e
corretta
.
Nella
villa
di
Basilicanova
infatti
c
'
era
gente
che
dormiva
di
gusto
,
ve
lo
possiamo
assicurare
;
il
Principe
di
Condé
stesso
,
per
quanto
avesse
nell
'
animo
la
più
serena
tranquillità
e
la
più
completa
fiducia
in
sé
e
per
quanto
si
accingesse
a
vincere
una
battaglia
come
quella
di
Rocroi
,
se
gli
fosse
accaduto
quel
ch
'
è
successo
nella
villa
di
Basilicanova
non
avrebbe
certo
offerto
motivo
al
Manzoni
di
ricordarlo
dall
'
alto
di
un
Capitolo
del
suo
monumento
.
E
il
nostro
ottimo
principe
non
avrebbe
neppur
vinta
la
battaglia
perché
un
generale
che
marcia
in
testa
alle
truppe
senza
le
gloriose
medaglie
e
senza
i
più
o
meno
decorosi
calzoni
dà
fin
dal
primo
istante
l
'
idea
di
uno
che
batta
in
ritirata
.
Ma
procediamo
con
ordine
,
perché
prima
di
arrivare
alla
sedia
vicina
al
letto
,
i
tre
o
quattro
marioli
che
ieri
mattina
alle
una
si
son
trovati
davanti
alla
già
detta
villa
di
Basilicanova
han
dovuto
,
anzitutto
,
provvedere
a
tranciare
l
'
inferriata
di
una
finestra
del
pianterreno
.
La
gente
che
è
usa
«
entrar
per
la
finestra
»
è
la
più
pericolosa
perché
non
sempre
esce
dalla
porta
di
servizio
col
viatico
di
una
pedata
,
ma
spesso
esce
dal
portone
d
'
onore
colle
spoglie
dell
'
ospite
.
Proprio
come
in
questo
caso
;
infatti
gli
ignoti
han
visitato
minutamente
tutto
il
pianterreno
,
e
tutti
i
cassetti
dei
mobili
;
che
fosser
gente
capace
,
oltre
che
a
tagliar
la
corda
,
anche
a
tagliar
la
testa
al
toro
lo
dimostra
il
fatto
che
,
trovato
un
cassetto
che
non
voleva
svelare
le
sue
intime
cose
,
i
marioli
prelevavano
senz
'
altro
l
'
intero
tavolo
,
fracassandolo
in
un
prato
vicino
a
casa
.
Il
tutto
per
la
parte
.
Tutto
questo
fu
fatto
senza
che
i
proprietari
che
dormivano
al
piano
di
sopra
lo
sognassero
neppure
;
visto
che
l
'
ospitalità
era
più
che
confortante
uno
dei
marioli
saliva
al
primo
piano
,
indi
entrava
nella
stanza
ove
dormivano
il
sonno
dei
giusti
uno
dei
proprietari
e
la
sua
signora
.
Anche
qui
l
'
opera
fu
uniformata
a
criteri
analoghi
a
quelli
usati
per
il
tavolino
;
il
tutto
per
la
parte
.
Sulla
sedia
vicina
al
letto
erano
il
panciotto
e
un
paio
di
calzoni
che
vennero
delicatamente
prelevati
con
tutto
il
contenuto
.
«
Si
dice
che
il
Principe
di
Condé
dormisse
profondamente
la
notte
...
»
eccetera
,
ma
è
da
considerare
che
nessuno
era
entrato
nella
sua
tenda
a
rubargli
i
calzoni
.
Perché
,
io
credo
,
ognuno
ha
un
subcosciente
che
mentre
dormiamo
veglia
,
se
non
sulle
cose
nostre
che
sono
di
natura
esterna
a
noi
,
almeno
sulla
nostra
dignità
che
è
connaturata
quasi
sempre
con
noi
.
Altrimenti
non
si
potrebbe
spiegare
il
fatto
che
,
dopo
aver
resistito
a
tutto
il
tramestio
che
i
marioli
avevan
fatto
al
pianterreno
,
il
sonno
del
signor
Ferdinando
venisse
scosso
dall
'
impercettibile
fruscio
che
il
ladro
fece
prelevando
i
suoi
calzoni
.
Il
dormiente
si
sveglia
e
,
alla
poca
luce
del
lumino
a
olio
che
arde
nella
camera
davanti
al
santo
protettore
della
casa
,
scorge
il
furfante
,
un
uomo
di
alta
statura
,
che
calmo
si
allontana
con
gli
indumenti
.
Qui
la
storia
diventa
comune
:
allarme
,
gente
che
accorre
e
,
naturalmente
,
gente
che
scappa
,
gente
che
insegue
e
gente
che
non
si
lascia
prendere
.
Poi
verifica
,
indagini
,
inventario
.
Non
rispondono
all
'
appello
,
oltre
a
una
cinquantina
di
lire
che
eran
nel
panciotto
,
una
catena
e
un
orologio
d
'
oro
,
una
bicicletta
«
Atla
»
,
una
medaglia
del
«
Campionato
Tori
»
,
una
della
«
Battaglia
del
grano
»
;
medaglia
per
la
Stagionatura
del
formaggio
;
Stella
al
merito
pure
per
stagionatura
formaggio
;
e
altre
.
Tutte
insomma
le
onorificenze
che
la
prospera
azienda
agricola
aveva
guadagnato
durante
la
sua
lunga
attività
.
I
tre
o
i
quattro
,
fu
accertato
,
entrati
dalla
finestra
,
uscivano
dalla
porta
.
Da
gran
signori
.
Ma
questo
non
ha
importanza
;
quel
che
ci
piace
far
noto
è
che
il
Principe
di
Condé
,
per
aver
dormito
profondamente
una
certa
notte
,
passò
alla
storia
,
mentre
c
'
è
altra
gente
che
,
pur
dormendo
ben
più
profondamente
di
lui
,
ha
la
magra
soddisfazione
di
farsi
rubare
i
calzoni
.
Ingiustizie
della
vita
.
StampaQuotidiana ,
L
'
autorità
politica
di
Milano
ha
creduto
di
dover
proibire
il
comizio
pro
Fiume
e
Dalmazia
italiana
ch
'
era
stato
annunciato
per
ieri
sera
alla
Scala
.
Sui
motivi
particolari
di
questo
provvedimento
il
lettore
troverà
notizie
in
altra
parte
del
giornale
.
Ciò
che
conta
è
il
motivo
generale
.
Si
temeva
che
la
manifestazione
non
potesse
svolgersi
pacatamente
,
che
le
diverse
opinioni
dell
'
una
e
dell
'
altra
parte
del
pubblico
venissero
a
cozzi
veementi
,
a
disordinate
esplosioni
.
In
altri
termini
si
temeva
una
ripetizione
,
forse
ancora
peggiorata
,
delle
brutalità
cui
assistemmo
con
incoercibile
disgusto
la
sera
di
sabato
,
quando
la
violenza
dei
partitanti
riuscì
a
prevalere
sulla
onesta
attenzione
degli
imparziali
e
a
sovvertire
le
tradizioni
di
civile
educazione
di
cui
Milano
si
vanta
.
Un
uomo
immacolato
che
aveva
dato
tutta
la
sua
vita
a
nobili
idee
e
il
suo
sangue
alla
patria
,
un
autorevole
rappresentante
del
popolo
che
fino
a
pochi
giorni
innanzi
era
stato
ministro
,
desiderava
,
com
'
era
suo
diritto
e
suo
dovere
,
spiegare
davanti
a
un
'
accolta
di
cittadini
,
in
quella
che
usava
chiamare
la
capitale
morale
d
'
Italia
,
le
cause
del
suo
dissenso
dal
Governo
e
le
sue
concezioni
della
guerra
e
della
pace
e
i
modi
in
cui
egli
credeva
necessario
garantire
al
popolo
reduce
di
trincea
una
pace
che
non
fosse
una
tregua
buona
soltanto
a
prender
fiato
per
ricominciare
l
'
eccidio
.
Alla
cittadinanza
che
con
incomparabile
fervore
aveva
applaudito
Wilson
egli
intendeva
dire
che
non
è
lecito
wilsoneggiare
nelle
parole
salvo
ad
esasperare
i
più
ciechi
odi
di
razza
e
metter
su
le
cataste
pei
nuovi
incendi
.
Con
patente
premeditazione
alcuni
iracondi
conculcarono
,
infierendo
contro
un
uomo
la
cui
superiorità
rende
ancora
più
imperdonabile
l
'
oltraggio
,
la
libertà
di
parola
:
proibirono
a
Leonida
Bissolati
di
dire
le
sue
verità
e
i
suoi
errori
,
sicuri
certo
di
domarlo
con
l
'
insulto
e
col
fischio
che
con
le
ragioni
e
i
fatti
.
Non
si
commettono
simili
sopraffazioni
senza
esporsi
alle
conseguenze
;
non
si
provoca
senza
suscitare
reazione
.
Una
parte
della
cittadinanza
non
intendeva
,
evidentemente
,
che
rimanesse
senza
risposta
la
violenza
fatta
a
Bissolati
e
che
si
falsasse
la
volontà
di
Milano
comparando
il
pacifico
e
plaudente
contegno
che
si
sperava
dal
pubblico
per
la
sera
di
martedì
con
la
gazzarra
che
s
'
era
voluta
inscenare
tre
sere
innanzi
e
interpretando
il
contrasto
come
una
prova
plebiscitaria
dell
'
annessionismo
integrale
dei
milanesi
.
Spieghiamo
senza
giustificare
.
Deploriamo
profondamente
che
per
timore
di
questa
rappresaglia
popolare
sia
stata
vietata
la
parola
,
iersera
,
anche
ad
uomini
a
cui
nessun
milanese
può
aver
pensato
senza
entusiastico
consenso
o
senza
accorato
rispetto
.
Doveva
parlare
un
oratore
di
Fiume
.
E
non
v
'
è
milanese
,
non
v
'
è
italiano
che
non
giudichi
superiore
ad
ogni
discussione
l
'
irredentismo
fiumano
.
Dovevano
parlare
un
oratore
di
Traù
e
uno
di
Spalato
,
ed
esporre
,
certamente
,
la
tesi
della
completa
annessione
dalmatica
:
tesi
che
non
è
la
nostra
,
ma
che
rispettiamo
perché
dissimile
dal
Patto
di
Londra
ove
la
Dalmazia
è
stroncata
in
due
ed
è
abbandonato
senza
alcuna
protezione
tutto
ciò
che
è
italiano
a
Traù
,
a
Spalato
,
a
Ragusa
,
a
Cattaro
corrisponde
almeno
a
un
concetto
organico
e
coerente
;
tesi
che
rispettiamo
vieppiù
quando
i
suoi
fautori
vengono
con
commosso
spirito
di
patria
da
quelle
terre
a
noi
per
farci
udire
il
loro
grido
di
dolore
.
Qualunque
debba
essere
il
confine
territoriale
,
quei
nostri
fratelli
ci
son
sacri
.
Qualunque
sia
la
volontà
nazionale
della
Dalmazia
,
v
'
è
però
,
fuori
d
'
ogni
contestazione
,
una
italianità
dalmatica
,
vi
è
una
piccola
,
ma
preziosa
minoranza
di
dalmati
italiani
.
Se
può
esser
revocato
in
dubbio
il
loro
diritto
di
chiedere
che
venga
con
-
giunta
all
'
Italia
una
terra
ove
in
immensa
maggioranza
vive
un
popolo
di
altra
razza
e
di
altra
volontà
che
chiede
di
governarsi
da
sé
,
è
certo
però
il
loro
diritto
di
chiedere
che
l
'
Italia
li
tuteli
,
che
non
li
abbandoni
senza
garanzie
,
che
siano
corretti
in
loro
favore
i
trattati
ufficiali
.
Che
questi
italiani
di
Fiume
e
di
Dalmazia
non
abbiano
potuto
dire
a
Milano
la
loro
sofferenza
e
la
loro
speranza
è
cosa
profondamente
triste
ed
iniqua
.
Il
loro
diritto
alla
parola
,
non
può
essere
stato
travolto
da
un
'
animosità
,
che
sarebbe
stolta
ed
infame
,
verso
i
nostri
fratelli
dalmatici
,
ma
dal
turbine
delle
nefaste
passioni
politiche
che
i
loro
troppo
zelanti
amici
vanno
scatenando
.
E
forse
la
loro
esperienza
non
sarà
stata
invano
.
Forse
essi
potranno
,
con
l
'
autorità
che
viene
dalla
lontananza
e
dal
dolore
,
persuadere
i
loro
amici
a
più
civili
costumi
politici
,
dimostrar
loro
il
danno
che
viene
alla
causa
nazionale
ed
alla
dalmatica
dal
tentativo
di
trasformare
Roma
e
Milano
in
due
Zagabrie
;
di
abbassare
il
nostro
paese
al
livello
di
quella
Jugoslavia
ove
anche
ieri
un
ministro
negava
perfino
il
diritto
italiano
su
Trieste
.
Della
grave
iattura
che
minaccia
al
paese
l
'
imperversare
di
queste
fazioni
noi
siamo
,
non
da
oggi
,
consapevoli
.
E
non
ci
rassegniamo
a
credere
che
il
frastuono
debba
a
lungo
sopprimere
ogni
volontà
di
meditazione
,
sopra
tutto
in
una
materia
,
come
questa
,
atta
come
nessun
'
altra
a
venir
discussa
alla
luce
calma
dei
dati
,
delle
date
,
della
geografia
,
della
storia
,
del
senno
politico
,
e
che
gl
'
ispiratori
della
parte
avversa
possano
non
presentire
il
peso
delle
responsabilità
cui
vanno
incontro
affocando
una
propaganda
senza
misura
che
falsifica
i
fatti
,
allucina
le
convinzioni
,
e
confonde
l
'
indiscutibile
rivendicazione
di
Fiume
con
le
rivendicazioni
di
Spalato
e
di
Traù
che
non
solo
tutti
sanno
escluse
dal
Patto
di
Londra
,
ma
che
nessuno
può
affermare
siano
oggi
prese
in
pratica
considerazione
dal
Governo
o
possano
essere
al
Governo
imposte
con
qualche
probabilità
di
attuazione
.
È
in
errore
chi
crede
che
il
disfattismo
sia
finito
con
la
vittoria
.
Consapevole
o
inconsapevole
,
lavora
praticamente
a
un
fine
disfattista
chi
fa
ciò
che
è
necessario
e
sufficiente
perché
nel
giorno
della
pace
questo
popolo
,
che
s
'
è
gloriosamente
battuto
e
ha
superbamente
vinto
e
che
ne
avrà
come
compenso
l
'
unità
nazionale
,
in
-
comparabili
confini
e
prestigio
internazionale
ovunque
e
in
ogni
modo
a
dismisura
accresciuto
,
sia
piombato
nella
morbosa
sensazione
della
disfatta
.
Chi
convince
il
popolo
italiano
della
necessità
,
della
possibilità
,
della
giustizia
di
un
programma
annessionistico
di
cui
la
realtà
dei
fatti
e
la
situazione
internazionale
non
ci
garantiscono
la
realizzazione
,
lavora
a
defraudarlo
della
coscienza
di
aver
vinto
,
la
quale
,
di
tutti
i
frutti
della
vittoria
,
è
il
più
prezioso
e
il
più
fecondo
.
,
I
giusti
e
gli
onesti
di
ogni
partito
dovrebbero
,
non
meno
che
gli
uomini
di
governo
,
sentire
l
'
imminenza
e
la
serietà
di
questo
pericolo
,
nel
quale
sono
inclusi
ed
impliciti
molti
altri
.
Per
conto
nostro
,
continueremo
imperturbati
la
nostra
strada
,
sdegnosi
di
una
falsa
e
momentanea
popolarità
della
quale
non
esaminammo
gli
auspici
quando
ci
dichiarammo
antigermanici
prima
della
Marna
e
quando
non
barcollammo
dopo
Caporetto
.
L
'
Italia
che
chiedeva
Trento
e
Trieste
,
che
ancora
tre
mesi
fa
ripeteva
questi
due
nomi
come
le
parole
di
un
ideale
supremo
compensatore
di
ogni
sacrificio
,
sembrerebbe
oggi
,
a
prestar
fede
a
certi
gridi
,
non
aver
quasi
attribuito
pregio
di
difficoltà
e
di
gloria
a
queste
conquiste
ed
essersi
battuta
per
le
Alpi
Dinariche
e
aver
considerato
come
pace
transattiva
e
parecchista
quella
che
realizzasse
il
sogno
secolare
dei
suoi
giusti
confini
.
Non
ci
lasceremo
stordire
da
questo
tumulto
.
Condannando
,
da
qualunque
parte
vengano
,
l
'
intolleranza
e
il
disordine
,
vogliamo
perseverare
nel
nostro
costume
di
chiedere
e
ricambiare
rispetto
per
le
opinioni
liberamente
e
ragionevolmente
professate
,
di
non
scompagnare
la
fermezza
nel
pensare
dalla
temperanza
e
dalla
civile
moderazione
nell
'
esprimere
il
nostro
pensiero
.
Su
questi
tristi
fatti
di
cronaca
vorremmo
stendere
l
'
oblio
.
Ci
chiama
un
còmpito
più
alto
e
più
proficuo
:
il
còmpito
di
documentare
con
le
ragioni
e
coi
fatti
che
ancora
è
necessario
esporre
il
programma
di
pace
che
noi
crediamo
utile
e
giusto
per
l
'
Italia
.
StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
teorema
di
geometria
piana
il
quale
dimostra
come
due
parallele
,
anche
prolungate
all
'
infinito
,
non
si
incontrino
mai
.
Ricordo
che
il
mio
professore
,
per
imprimerci
meglio
il
concetto
della
curiosa
vicenda
,
diceva
sempre
:
«
Figuriamoci
che
su
una
rotaia
del
tram
cammini
Tizio
e
sull
'
altra
Caio
:
potranno
i
due
incontrarsi
anche
camminando
cento
anni
?
»
.
E
ricordo
che
noi
tutti
,
sempre
,
rispondevamo
in
coro
:
«
Nossignore
!
»
.
Quindi
,
forse
entusiasmati
dalla
matematica
ma
vibrante
dimostrazione
,
chiedevamo
in
massa
d
'
andare
al
camerino
.
C
'
è
dunque
un
teorema
che
,
da
secoli
,
tiranneggia
incontrastato
sulle
parallele
.
Esiste
ed
è
perfettamente
inutile
inquietarsi
se
Tizio
e
Caio
,
camminando
su
due
strade
parallele
,
non
riescono
a
incontrarsi
.
È
una
cosa
inevitabile
,
necessaria
.
Matematica
.
Matematica
,
però
,
fino
a
quando
lungo
le
dette
strade
parallele
non
camminino
anziché
Tizio
e
Caio
Tizio
e
Caia
:
in
questo
caso
,
infatti
,
la
regola
crolla
con
sinistro
fragore
.
Perché
l
'
amore
è
più
forte
anche
della
matematica
.
Un
esempio
?
Subito
:
ma
,
prego
,
che
non
succeda
poi
,
alla
fine
della
dimostrazione
,
quel
che
accadeva
col
mio
professore
di
matematica
.
nell
'
un
dei
quali
procede
Tizio
e
nel
secondo
Caia
,
io
affermo
che
senza
che
ci
sia
bisogno
dell
'
intervento
di
un
'
altra
strada
intersecante
le
due
prime
a
un
bel
momento
Tizio
e
Caia
si
incontrano
.
Impossibile
dire
il
rituale
«
vedere
per
credere
»
perché
quando
Tizio
si
incontra
con
Caia
non
li
può
vedere
nessuno
.
Per
essere
più
precisi
diremo
:
«
Non
li
poteva
vedere
nessuno
»
:
infatti
la
vicenda
appartiene
già
al
passato
.
Uscendo
alfine
dalla
metafora
per
entrare
nell
'
argomento
e
per
dare
alla
dimostrazione
matematica
sapore
più
piccante
,
diremo
che
qualche
settimana
fa
giunse
a
una
stimabilissima
signora
abitante
nelle
adiacenze
di
Porta
Farini
un
misterioso
bigliettino
senza
firma
nel
quale
si
diceva
come
«
allora
tale
di
ogni
sera
fisse
possibile
vedere
uscire
il
signor
Tale
(
il
marito
della
signora
)
da
una
certa
porta
del
borgo
»
che
noi
chiamammo
«
breve
e
diritto
»
.
Il
bigliettino
parlava
inoltre
di
una
piacente
sartina
così
e
così
della
quale
certamente
la
signora
avrebbe
fatto
volentieri
conoscenza
,
come
,
sembra
,
assai
volentieri
«
aveva
da
parecchio
tempo
fatto
conoscenza
il
marito
»
.
Inutile
dire
che
la
signora
,
la
sera
dopo
,
all
'
ora
denunciata
,
era
appostata
nel
borgo
:
ma
inutilmente
attese
.
Dalla
porticina
non
uscì
anima
viva
.
Ripeté
la
sera
dopo
e
per
parecchie
altre
sere
seguenti
la
manovra
:
neanche
un
'
ombra
di
marito
.
Convinta
oramai
trattarsi
d
'
un
cattivo
scherzo
,
la
signora
mise
il
cuore
in
pace
quando
...
Quando
una
bella
mattina
ecco
un
nuovo
biglietto
in
cui
si
diceva
tutto
quanto
era
detto
nel
primo
con
la
semplice
variante
che
invece
della
porta
numero
tale
del
borgo
da
noi
detto
«
breve
e
diritto
»
si
trattava
della
porta
numero
talaltro
del
borgo
da
noi
chiamato
«
parallelo
»
.
Cosa
importante
:
il
mittente
era
diverso
.
Inutile
dire
che
la
signora
tornò
alla
carica
e
si
appostò
ripetutamente
nelle
ombre
del
borgo
«
parallelo
»
.
Ma
non
cavò
un
ragno
dal
buco
.
Dalla
porticina
non
uscì
nessuno
.
Anche
questa
volta
la
signora
aveva
deciso
oramai
di
mettere
il
cuore
in
pace
,
quando
...
Quando
,
eccole
un
nuovo
bigliettino
del
primo
ignoto
mittente
:
poi
dopo
due
giorni
eccole
un
altro
del
secondo
mittente
.
E
l
'
uno
le
consigliava
di
far
la
guardia
nel
borgo
«
breve
e
diritto
»
,
e
l
'
altro
di
appostarsi
nel
borgo
«
parallelo
»
.
Cominciò
così
una
vita
di
guai
,
d
'
inferno
per
la
brava
signora
che
aveva
il
cuore
diviso
fra
la
gelosia
e
l
'
affetto
e
il
corpo
diviso
fra
due
borghi
.
Finalmente
nel
suo
cervello
si
accese
,
come
nei
cartoni
di
Topolino
,
una
lampadina
:
«
Idea
!
»
.
Fu
così
che
intervenne
la
madre
della
signora
,
ovvero
la
suocera
del
«
presunto
traditore
fantasma
»
.
E
una
sera
,
forse
l
'
altra
sera
,
verso
le
22
,
davanti
alla
porta
famosa
del
borgo
«
breve
e
diritto
»
ci
si
piantò
in
bella
vista
la
suocera
,
e
celata
nelle
ombre
del
borgo
«
parallelo
»
,
davanti
all
'
altra
non
meno
famosa
porticina
,
ci
si
piazzò
la
consorte
.
E
fu
così
che
,
a
un
bel
momento
,
dopo
un
'
ora
di
attesa
paziente
,
nel
borgo
«
parallelo
»
si
udì
un
urlo
felino
;
poi
altre
urla
che
fecero
accorrere
la
vecchia
signora
appostata
nel
borgo
vicino
e
tant
'
altra
gente
che
non
vi
dico
.
L
'
azione
era
riuscita
.
Vista
sbarrata
l
'
uscita
sul
borgo
«
breve
e
diritto
»
(
la
suocera
s
'
era
messa
in
piena
luce
)
,
il
galante
marito
e
la
sartina
così
e
così
avevano
tentata
una
sortita
dalla
porta
che
dà
sul
borgo
«
parallelo
»
,
non
immaginando
come
,
nell
'
ombra
,
si
celasse
l
'
insidia
.
Così
,
finì
un
amore
.
Mentre
rinunciamo
a
raccontare
la
semplice
cerimonia
che
,
davanti
a
una
ragguardevole
folla
,
si
svolse
nel
borgo
«
parallelo
»
,
rinunciamo
pure
a
spiegare
come
mai
da
sola
la
signora
non
fosse
mai
riuscita
a
pescare
il
colombo
e
la
colombella
.
Tanto
si
capisce
benissimo
lo
capì
alla
fine
anche
la
signora
che
la
cameretta
aveva
due
porte
d
'
accesso
:
una
dal
borgo
breve
e
diritto
vigilato
da
una
torre
snella
,
l
'
altra
dal
borgo
parallelo
che
si
stacca
pigramente
dall
'
ombra
di
un
antico
tempio
per
passare
in
rivista
poche
case
.
Due
porticine
che
permettevano
a
Tizio
e
Caia
,
procedenti
ogni
sera
per
due
strade
parallele
,
di
sfuggire
alla
legge
inflessibile
di
un
arcigno
teorema
e
all
'
occhio
infallibile
della
malsana
curiosità
della
gente
.
Come
volevasi
dimostrare
.
StampaQuotidiana ,
A
Collecchio
,
in
una
misera
soffitta
,
abitava
da
molti
anni
un
poveruomo
che
aveva
oramai
viste
settantacinque
primavere
.
Viveva
del
poco
lavoro
che
le
vecchie
braccia
gli
permettevano
,
e
della
carità
dei
vicini
.
Poi
,
silenziosamente
,
morì
.
Storia
antica
come
il
mondo
e
dolorosa
come
tutte
le
cose
del
mondo
.
Il
vecchio
,
Giuseppe
Monica
,
fu
visto
tre
o
quattro
giorni
or
sono
rincasare
,
poi
non
fu
più
visto
.
Una
coinquilina
,
l
'
altra
mattina
,
passando
davanti
alla
porta
della
soffitta
e
non
udendo
alcun
rumore
,
appressava
l
'
occhio
alla
toppa
e
intravedeva
il
vecchio
immobile
,
sdraiato
su
un
cumulo
di
cenci
.
Presto
accorrevano
i
casigliani
,
i
quali
,
rinvenuta
la
chiave
che
il
vecchio
era
solito
lasciare
su
un
davanzale
,
aprirono
la
porta
,
chiusa
solo
dal
cric
della
serratura
.
Pietoso
spettacolo
,
si
trovarono
davanti
a
un
cadavere
già
in
decomposizione
.
Il
medico
,
giunto
assieme
ai
Regi
Carabinieri
,
riscontrò
che
il
vecchio
era
stato
ucciso
da
una
paralisi
cardiaca
.
StampaQuotidiana ,
Nel
Salone
del
Circolo
Interessi
Industriali
e
Commerciali
ha
avuto
luogo
ieri
un
convegno
per
la
costituzione
dei
fasci
regionali
fra
gruppi
di
interventisti
.
Al
Convegno
parlarono
l
'
avv
.
Enzo
Ferrari
,
il
capitano
degli
arditi
Vecchi
e
diversi
altri
.
Il
prof
.
Mussolini
illustrò
i
capisaldi
su
cui
dovrebbe
svolgersi
l
'
azione
dei
fasci
e
cioè
:
valorizzazione
della
guerra
e
di
chi
la
guerra
ha
combattuto
,
dimostrare
che
l
'
imperialismo
,
di
cui
si
fa
colpa
agli
italiani
,
è
l
'
imperialismo
voluto
da
tutti
i
popoli
non
escluso
il
Belgio
ed
il
Portogallo
,
e
perciò
opposizione
agli
imperialismi
esteri
a
danno
del
nostro
paese
ed
opposizione
ad
un
imperialismo
italiano
contro
le
altre
nazioni
;
infine
accettare
la
battaglia
elettorale
sul
«
fatto
»
di
guerra
e
quindi
opporsi
a
tutti
quei
partiti
e
candidati
che
la
guerra
hanno
avversata
.
Le
proposte
di
Mussolini
,
dopo
che
ebbero
parlato
numerosi
oratori
,
vennero
approvate
.
Al
Convegno
erano
rappresentate
diverse
città
d
'
Italia
.