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D'ANNUNZIO MORTO ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
31 marzo . FIRENZE . È passato già un mese da quando l ' ho veduto nella corte del Vittoriale , disteso sotto un arco , all ' aria aperta , vestito da generale , il volto cereo senza labbra , le mani riunite sul grembo , le gambe coperte dal tricolore ; e prima d ' inginocchiarmi l ' ho baciato sulla fronte , più fredda del marmo . Una miseria dei molti anni è che davanti a un amico morto si cade senza volerlo a pensare a noi stessi , a confrontare l ' età sua con la nostra , i malanni che l ' hanno spento coi malanni che presto o tardi spegneranno noi . Davanti a lui , per fortuna , no . Sempre , chi gli ha voluto bene , l ' ha sentito d ' un ' altra razza e d ' un ' altra specie , intento in ogni gesto e parola a foggiare di sé stesso l ' immagine e la persona che dovevano sopravvivere . Ecco infatti la triste e cascante maschera che la vecchiaia gli aveva imposta , in meno d ' un mese scomparsa dalla mia memoria . Penso a lui , rileggo lui , sillabo Gabriele , allungando la prima e com ' egli stesso faceva quasi per assaporare il miele del suo nome ; e Gabriele mi riappare giovane fresco snello scattante agghindato profumato , una mano sul fianco stringendolo tra pollice e indice , la gamba destra un poco piegata , col piccolo piede ritto sopra la punta , come d ' un corridore sulla mossa . Aveva allora il gesto rapido a seguire il pensiero , la risata squillante a braccia levate , la voce di testa , nitida e acuta che accompagnava la parola fino all ' ultima vocale , tagliava la tua frase con una forbiciata , e poneva sùbito la conversazione un tono più su dell ' ordinario . Una punta di barbino biondo gli aguzzava il mento e metteva anche più distanza tra mento e orecchio , tra mento e zigomo : una distanza che a guardarlo di fronte non s ' immaginava , ma che dava al profilo di lui uno slancio aggressivo , un che del falchetto pronto a osare e a beccare . La bocca schiusa , le labbra scoperte , gli occhi lunghi d ' un color marrone chiaro che mutava in grigio , il naso forte , un po ' carnoso come erano le mani , e tra i due sopraccigli una piega verticale così fonda che , quando era stanco , sembrava una cicatrice . Siamo in molti ancora a ricordarcelo così ma , fossi io solo , mi sembra che tra cent ' anni , se non si trovasse più un ritratto di lui , da ciò ch ' egli ha scritto e ha fatto e dalle leggende in cui s ' è avvolto , un lettore attento se lo figurerebbe proprio quale adesso io lo rivedo . Come in questa troppo lunga Italia era già capitato pel trasporto di Carducci , quella mattina dietro a D ' Annunzio s ' era in tanto pochi scrittori che il poeta , tra ministri in divisa militare , marescialli , generali , ufficiali , legionari , soldati , portato su un affusto di cannone , pareva dimenticato : un condottiero , non un poeta . Eppure la guerra predicata , difesa e combattuta , e l ' occupazione di Fiume erano state il coronamento della sua poesia , il frutto di quel fiore . La notte avanti , a vederne la salma esposta all ' aria aperta come non avevo mai veduto altre salme , e a sentire l ' aura fresca e lieve che saliva dal lago , passava tra gli archi e gli alberi , s ' impregnava del profumo delle violette nelle ghirlande e sfiorava lui in un sospiro , m ' era tornata in mente una terzina sul principio dell ' Alcyone : Deterso d ' ogni umano lezzo in fonti gelidi , ei chiederà per la sua festa sol l ' anello degli ultimi orizzonti . Era con noi fedelmente dietro la salma Ruggero Ruggeri , in borghese , lui , come il Gabriele d ' una volta . Me ne avvidi sulla gradinata della chiesa di Cargnacco . D ' Annunzio in chiesa , benedetto con l ' aspersorio e l ' incensiere , davanti alla croce di Gesù : ecco l ' altra novità inaspettata , e questa , sì , ci annunciava l ' estrema pace . Se Ruggeri , che con la sua pronuncia lenta e precisa sembra leggendo una poesia confidare il segreto d ' un miracolo , ci avesse detto sottovoce dieci versi di lui , in quanti tra quella calca li avremmo riconosciuti ? Di quel trasporto due immagini mi stanno ancora negli occhi : Mussolini e donna Maria , l ' avvenire e il passato . Il volto di Mussolini era chiuso ma dolce ; le spalle quadrate , incrollabili ; il passo su per la salita sicuro uguale pesante : « Sta certo , sta certo , sta certo : con questo passo l ' Italia arriverà sulla vetta che io so , sulla vetta che tu poeta hai sognata » . Donna Maria d ' Annunzio procedeva alla destra di lui , dentro un lungo fitto velo nero , alta e sottile come quando si sposò e come Sartorio la ritrasse nel dittico delle Vergini savie e delle Vergini folli . Le avevo parlato poco prima ; anche lo sguardo era quello , anche la voce era rimasta quella , piana e soave tanto che nel pieno d ' una calca riusciva sempre a formare una zona di tranquilla intimità , quasi che la pace emanasse dalla sua grazia . A ogni svolta distinguevo sotto il velo il suo profilo affilato e le gote smunte . Vicini andavano i due figli , Mario e Gabrielino . Il cranio nudo di Mario pareva il cranio del padre . Fin nell ' occipite , dove la sutura sagittale si biforca , le due fossette erano calcate su quello . V ' era sole , ma velato . Una luce bianca e diffusa rischiarava tutto , il lago , la strada , gli ulivi , le case , senza un filo d ' ombra : una luce di limbo . I ricordi andavano e venivano , ora fugaci e sbiaditi perché non avevo la forza di trattenerli e definirli ; ora così netti che non vedevo più chi mi camminava allato . I tanti amici cui egli e io siamo stati legati e che lo hanno preceduto di là , De Bosis , Michetti , Conti , Scarfoglio , Matilde Serao , Morello , Sartorio , Jarro , Tenneroni , Trentacoste , Praga , Treves , Origo , passavano in quei ricordi . Erano molti , e quasi mi rimordeva di dimenticarne uno solo , in quel salire verso la tomba . Lo scalpiccio del corteo dietro a me , senza una parola , senza una voce , per un attimo l ' ho creduto di loro . Adolfo , Edoardo , Marco ... Un richiamo m ' ha scosso . Ero accanto al generale Moizo , tale e quale il Moizo aviatore del 1915 e del 1916; soltanto , canuto . Mi diceva sommesso : Vi ricordate ? Gabriele , ancora con la divisa di Novara cavalleria e il collo di panno bianco , non parlava ormai che d ' aviazione . Una sera a Gradisca , appena sceso dal Carso , alla mensa della brigata Toscana tra tutti fanti non sognava che ali : Domandatelo a Ugo che mi conosce da anni . Io le ali le ho avute sempre . Soltanto allora non mi si vedevano . Quando la salma è giunta presso la cima del colle , è cominciata la salva del cannone . Donna Maria ha alzato il volto come se quei colpi a rosario venissero dal cielo ; e un ricordo m ' è venuto al pensiero , da lontano lontano . Una sera di maggio a Roma pranzavamo sulla terrazza di Maria d ' Annunzio che allora abitava a Trinità dei Monti , con le finestre sulla scalinata verso piazza di Spagna . Anche Gabriele era invitato , ma arrivò tardi scusandosi con aria di mistero . Appena venne buio , condusse De Bosis e me nell ' anticamera , ci affidò due pacchi ed egli ne prese un terzo , più grande . Quando rientrò davanti ai convitati , avverti serio serio : Non toccate , sono pacchi di esplosivi . Erano fochetti artificiali , razzi , stelle , bengali , petardi , candele romane , e li cominciò a legare prestamente ai ferri della ringhiera , rimproverandoci di non essere così rapidi e capaci com ' era lui abruzzese . La testa , bada , verso piazza di Spagna . Se no , ti scoppia in bocca . A Francavilla qualunque ragazzo ne sa più di te . In pochi minuti la batteria era in ordine , ed egli con un cerino cominciò ad accendere . Nella conca della scalinata ogni scoppio rimbombava assordante . Finestre e logge si gremirono di spettatori . Dagli altri piani qualcuno cominciò a protestare , e Gabriele alla luce dei bengali spiegava felice , ridendo e saltando : Non abbiate paura , non sono che tipitappi , non sono che tipitappi . Quando dei fochetti non restò che il fumo , gli chiedemmo : Che sono i tipitappi ? Non sapete che cosa sono i tipitappi ? Ignoranti . Sono quello che i napoletani chiamano tricchitracchi , e non volle dire altro . Queste parole sono troppe , perché quel ricordo fu un lampo . Il corteo s ' era disperso . Il Duce era ripartito . Ma l ' Abruzzo quella mattina non doveva per fortuna lasciarmi più , ché la chiave di D ' Annunzio è nascosta lì davanti al mare , tra gli aguglioli della pineta alla foce del Pescara . Incontro Giacomo Acerbo , a capo d ' un manipolo d ' abruzzesi : il priore della nuova chiesa di Pescara , il preside della Provincia , una donna in capelli che reca in un ' olla la terra presa sulla tomba di donna Luisa , della madre del poeta , e v ' ha piantato su qualche fiore reciso per mettere un poco di luce su quel terriccio di morti . È un conforto ascoltarli , udire in quella parlata grave ed antica le notizie di D ' Annunzio e della sua casa e della sua chiesa , come s ' egli da laggiù fosse partito ieri . Vecchio infatti non l ' hanno veduto ; da vecchio egli laggiù non s ' è lasciato vedere . Ieri notte ero tornato per la terza volta al Vittoriale . M ' ero chiuso col dottor Duse e con Antonio Bruers a parlare degli ultimi momenti di lui . Bruers piangeva : L ' avesse veduto nel suo pigiama marrone , quando l ' hanno portato dalla poltrona sul letto . Il capo cadeva indietro , le braccia pendevano . Il comandante , capisce , il comandante , ridotto come un fantoccio . Atroce : come un fantoccio . Ed era ancora caldo , così caldo che io lo credevo svenuto , e affettuoso metteva la fronte sulla mia spalla e piangeva . Interrogavo Duse . Era proprio vero , Gabriele si voleva sempre curare da sé : per tre giorni non prendeva cibo , poi d ' un colpo tre o quattro uova . Noi in Abruzzo ci curiamo così , e si campa cent ' anni . Un pastore della Majella ne sa più di te . Fuori , davanti alla salma , era ancora un poco di gente . La campana della parrocchia continuava a rintoccare nell ' aria nera , col ritmo inesorabile d ' un palpito , come per misurare il nostro tempo mortale nel confronto con l ' immobile eternità dove egli era scomparso . Parlavano dell ' età di lui , della morte improvvisa . E uno , invisibile , ha detto : Ha lavorato tanto , e una voce di donna ha soggiunto con un sospiro materno : Poveromo . Il pastore della Majella , Aligi , che ieri ha cominciato a dormire per non svegliarsi più . Così m ' è venuto alla mente un ritratto donatomi da lui la prima volta che sono andato a Francavilla . Adesso l ' ho qui davanti agli occhi . Gabriele porta una mantella pesante e un berretto a punta , di maglia di lana , col fiocco in cima . Con la mantella ricopre anche la sua figliola Renata , incappucciata come lui , e un folto di riccioli le sfugge dal cappuccio . Renata , o Cicciuzza come allora la chiamava , avrà in questa fotografia quattro o cinque anni . È l ' infermiera del Notturno . Ho riaperto il libro . Anche il padre lì la rievoca a cinque anni , in quella casa bianca sul mare , dove fu fatto il ritratto che io guardo e dove ella gli « appariva senza rumore , come uno di quelli uccelli che si posano sopra un ramo leggiero e aspettano che esso cessi d ' oscillare per intraprendere il loro canto » . Quel giorno invece nel Notturno ella tornava presso il letto del padre infermo dopo la visita dei Sepolcri . « Su la sua veste bruna , mi sembra di fiutare un odore di ceri , un odore d ' erbe scolorate e di violacciocche . Il viso è più stretto , il mento è più affilato . È piccola , stasera . È una povera piccola stanca , affaticata dalle tenebre e dal profumo funebre , bisognosa di riposarsi . » Proprio così era stamane , dietro al feretro , pallida , stanca , vestita di lutto , sola coi suoi ricordi .
ROMA NUOVA ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
12 aprile . ROMA . Da quasi un anno per l ' esposizione mondiale del 1942 hanno cominciato a spianare di là dalla basilica di San Paolo le collinette verso il bosco d ' eucalitti che una volta difendeva dalla malaria l ' abazia delle Tre Fontane . Tempi preistorici : allora , quando eravamo ragazzi , andare alle Tre Fontane era un ' escursione per la quale si partiva da casa con la colazione o la merenda nel tascapane . Era un ' escursione e quasi un ' esplorazione perché a chi di noi s ' allontanava dalla strada Laurentina gli anziani annunciavano pericoli addirittura di morte per le buche e le frane delle cento vecchie cave di pozzolana , nascoste tra cardi e pruni , popolate di serpi e , alle prime piogge , di rospi e raganelle . Il mondo s ' è fatto più piccolo e , dicono , più sicuro . Per uguagliare questo pianoro di cinquecento ettari , lungo , presso a poco , quanto dal Campidoglio a piazza del Popolo , anzi fino al Ministero della Marina , e largo altrettanto , si dovranno smuovere cinque milioni e mezzo di metri cubi ; e già se n ' è smossa quasi la metà . Ma l ' importante è che , spenta e chiusa dopo sei mesi l ' esposizione , là non tornerà un arido deserto di calcinacci di cemento , con altrettanti trabocchetti e buche come quelle di terra che spianatori e costruttori trovano adesso e cólmano . Là resterà una città , un altro grande e comodo e monumentale quartiere di Roma , col suo lago , le sue strade , piazze , giardini , alberate , fontane , con la sua chiesa , i suoi musei , teatri , uffici e alberghi , a sette od otto minuti dal Colosseo : Roma nuova , come nella suddetta preistoria chiamavamo la Roma da via Nazionale in su . Insomma adesso il cómpito dato da Mussolini a Vittorio Cini è di preparare , sì , una grande e ricca e piacevole esposizione dove la gente abbia da imparare e da divertirsi senza affaticarsi , ma anche lo schema e l ' ossatura d ' una bella città . Il durevole , prima di succedere all ' effimero , deve intanto dargli , poiché siamo a Roma e si ragiona da romani , forma , comodità e maestà : problema , prima di tutto , d ' architettura . Per adesso , tutti d ' accordo , perché v ' è soltanto il nudo terreno , anzi il luogo dove uomini e macchine vanno preparando il terreno . A settentrione di là d ' un gran prato verde s ' intravvede di Roma un quartiere nuovo nuovo , non propriamente monumentale , ma una nebbiola bassa e azzurrina lo vela gentilmente ; e dietro il Gianicolo appare la cima della cupola di San Pietro , d ' argento opaco , come una luna che sorge . Il silenzio è rotto da fischi di locomotive , da brevi ànsiti di macchine scavatrici , fondi talvolta come ruggiti quando il raffio addenta terra e sassi e le catene cigolano . Ma l ' aria immobile ingoia d ' un colpo ogni suono e il silenzio torna padrone : un silenzio d ' eternità . Il suolo vulcanico su cui i re e la repubblica fondarono e aggrandirono Roma , è simile a questo , falda a falda : al sole un palmo o due di terra buona da seminare ; sotto questo po ' di terra , pozzolana bigia o rossa e tufo , buoni per murare e per costruire . Dove una volta le frane e adesso le macchine hanno tagliato il terreno , questi filoni orizzontali appaiono netti , sovrapposti regolarmente come gli strati di fondazione d ' un grande edificio . Poco da mangiare , molto da lavorare ; poco da godere , molto da costruire : non sono queste le basi morali dell ' antica Roma ? E senza questa miracolosa pozzolana laziale che con poco grassello di calce fa presa anche sott ' acqua , compatta per millenni più d ' una roccia , l ' architettura romana , la forma cioè e il volto di Roma , e l ' incrollabile prova della sua durata non esisterebbero . Bisogna diffidare , lo so , delle similitudini ; ma gli acquedotti e il Colosseo sono insieme fatti e idee . L ' aratro che adopera il senatore Cini non è per fortuna quello che adoperò Romolo tracciando il solco quadrato . È meccanico , va giù col vomere fino a settanta centimetri , rovescia terra e pezzi di tufo ; e la trattrice che lo trascina , sobbalza come un carro armato all ' assalto d ' una trincera . Talvolta lo sforzo è tanto che la corda d ' acciaio si strappa . Sùbito dietro l ' aratro , i badilanti caricano sui vagoncini la terra sconvolta , e appena i venti vagoncini sono colmi , la piccola locomotiva se li trascina via fischiettando , laggiù dove il terreno s ' ha da alzare e non da abbassare . Mille e cento sono adesso questi operai ; scamiciati , impolverati e contenti , nella certezza d ' avere lavoro per quattr ' anni . Uno s ' è ficcato tra l ' orecchio e la tempia una di queste piccole orchidee selvatiche , bianche e verdi come il fiore dell ' aglio , e mentre il rosario dei vagoncini parte con un fracasso di ferraglie sulle verghe malconnesse della decoville , s ' appoggia con le due mani sul manico del badile , guarda lontano e a mezza voce canta : Vivere senza malinconia , Vivere senza più gelosia ... Mentre canta , è più solo lui dei compagni silenziosi che allineati aspettano un ' altra fila di vagoncini , vuoti . Un minuto : arriva , e i manovali le si mettono a fianco . Una goccia di saliva sulla palma delle mani , e il lavoro ricomincia , così puntuale che si coglie il ritmo delle pale ficcate nella terra , della terra rovesciata nel carrello , del lampo bianco della pala in aria . Così ordinato fosse il lavoro di tutti noi , con quella pausa del fiore e del canto . La ragione sarà che io purtroppo non riesco a diventare ancora il vero uomo moderno , homo occidentalis mechanicus neobarbarus ; ma il fatto è che il lavoro d ' una macchina mi piace quando assomiglia nei gesti al lavoro umano , centuplicato , s ' intende , nella forza , e senza rischio mai di stanchezza perché la macchina con un poco di lubrificante è sempre giovane e sempre attenta . Insomma per me il modello del mondo resta ancora l ' uomo , e la macchina non è ancora diventata il modello dell ' uomo : difetto grave , e il peggio è che talvolta me ne vanto . Ora delle oneste macchine le quali lavorano qui , le più simpatiche mi sembrano le scavatrici . Una me la sono goduta stamane da vicino , e il soprastante che me ne spiegava i congegni , le sorrideva affettuoso come a un bel cavallo da circo , docile e lustro , e aveva ragione quando diceva : Le manca la parola , le manca . Quella infatti alzava il braccio con la benna , l ' avvicinava al greppo da mordere , contro gli puntava quattro lucide zanne d ' acciaio aguzze come pugnali , e oscillando un poco per lo sforzo gliele conficcava dentro fino in fondo . Poi le quattro zanne si rizzavano , e zolle , sassi , schegge , terriccio entravano nella benna giusto giusto , ché la scavatrice non ne aveva afferrato un pugno di troppo . Allora il braccio si girava e si fermava preciso sopra un carrello del trenino . La benna s ' apriva ed empiva il carrello ; e la macchina tornava a puntare i denti contro il costone da abbattere . L ' omino che era il cervello della macchina , maneggiava due leve con più leggerezza d ' un cavaliere quando tira a destra o a sinistra la briglia . Il soprastante accanto a me fissava l ' orologio : La benna contiene un metro cubo e venti . In ventisette secondi si riempie e si scarica . Dieci di queste macchine scavatrici lavorano a preparare il pianoro per l ' esposizione ; ma tanto pesano che bisogna saggiare bene il terreno prima di collocarle , non abbiano a sprofondare in uno di questi grottoni . Quando nel 1885 sul fianco settentrionale del Campidoglio si tentò di piantare le fondazioni del monumento a re Vittorio Emanuele , non s ' incontrarono che tane e cunicoli tagliati per cavar tufo o per difendere l ' arce ; e la somma che s ' era stanziata per erigere tutto il Vittoriano , bastò appena a riempire e consolidare quell ' alveare . Così qui . Il suolo traditore è provato continuamente dalle sonde , le quali ogni poco incontrano il vuoto . Quando s ' è determinato così il luogo d ' una caverna nascosta , si cinge subito con una stecconata quadra , perché carri o macchine non s ' avventurino là sopra . Sono chilometri e chilometri di gallerie da cavar pozzolana , alcune praticabili dai carretti , anche se adesso ostruite dagli scoscendimenti . A guardarle dall ' alto , profonde e cupe tra rovi e sterpi , sembrano rifugi di trogloditi o di banditi o , nei primi secoli dopo Cristo , di cristiani perseguitati . Talune catacombe sono infatti nate così , in questi antri . Tre aeroplani che volano alti a triangolo , mi fanno alzare gli occhi al cielo . Per godere un paesaggio la luce è quello ch ' è la voce per capire un uomo . Anche la luce ha un tono . Se mi trasportassero addormentato a Roma , a Firenze , a Venezia , a Milano e svegliandomi spalancassero la finestra sul cielo vuoto , io mi vanterei di saper dire , dalla luce , dove mi trovo ; ma forse è un ' illusione come quando , se odo uno parlare , mi provo a non badare al senso delle parole ma solo al suono e alla modulazione della voce , e a giudicarlo così , colui che parla , sincero o retore , affranto o audace , meschino o magnanimo . La mia guida m ' indica il punto verso Roma dove la via Imperiale taglierà il viale di pioppi delle Tre Fontane . La via Imperiale sarà l ' asse dell ' esposizione , si biforcherà per passare su due ponti il lago , attraverserà il bosco e dalla Porta del Mare filerà lucida e diritta verso Castel Fusano e il lido . Via , lago , bosco : tutto è ancora sulla carta , e laggiù verso mezzodì mi commuove la sorte d ' un bel ciuffo di pini a cupola perché essi sono già realtà . Si tenterà di trasportarli , diciamo così , in vaso . Morranno ? Vivacchieranno estenuati , sostenuti da tre puntelli ? Siamo venuti dentro una baracca a guardare la planimetria a colori dell ' esposizione : opera difficile meditatissima ed equilibrata cui per mesi e mesi ha atteso Marcello Piacentini . Ecco gli edifici che sopravviveranno , ecco le strade , ecco i luoghi di sosta per le automobili , ecco la stazione della ferrovia sotterranea , ecco i giardini , ecco la chiesa , ecco il lago della città futura . Quale altra città avrà un così bel lago , tra sponde di pietra , con un teatro aperto all ' uno dei capi , con una scalinata di marmo bianco e oro da cui l ' acqua scenderà sfavillando ? Meraviglie . Ma questa mattina ho anche meno fantasia del solito . La carta resta carta , il verde non riesce ai miei occhi a diventare bosco , né il turchino acqua . Il gran vuoto fuori della baracca , il cielo altissimo e quasi bianco negli eccelsi , i fischi rauchi delle piccole locomotive , la collinetta col bosco d ' eucalitti , ai nostri piedi le grotte nere aperte , chi sa , da secoli , laggiù quel folto di pini che stanno per morire ; questa solitudine che abbiamo appena cominciato a sconvolgere con metodo inesorabile e che tra un anno sarà irta di bianchi scheletri di case e di palazzi ; questa solitudine che , salvo qualche carrettiere e qualche cacciatore , era inviolata , anzi dimenticata da millenni , ecco quello che m ' attira stamane , soltanto perché non lo rivedrò più . Vivere senza malinconia ... cantava il manovale . Ma no , un poco di malinconia aiuta a vivere . La malinconia non è che l ' ombra della memoria .
CHE NE SARÀ DEL MULETTO? ( GRAMSCI ANTONIO , 1918 )
StampaQuotidiana ,
Stamane , verso le dieci , nei pressi di Cascina Vica , cioè a pochi passi da Rivoli , un muletto , impauritosi del tram che sopraggiungeva , corse attraverso al binario e , incespicando , si abbatté a terra , cosicché la motrice , invano frenata a tutta forza , gli fu sopra , stroncandolo completamente . All ’ improvviso sobbalzo che ne ricevette tutto il convoglio , si unirono le alte grida strazianti del fanciullo che custodiva ... così bene il muletto , per cui una vera folla di passeggeri , sgomenti , atterriti , credendo che il travolto fosse il fanciullo , precipitò dalle vetture ; qualche donna svenne , fu insomma un episodio di paura e di pietà . Accertata la realtà del caso , cominciarono i ragionari dei passeggeri , reduci dal bagno emotivo ; cominciò il quarto d ’ ora di storia del muletto , diventato vivo nella mente e nel cuore degli uomini ! Le donne specialmente con un lungo sospiro di soddisfazione mormoravano un « meno male ! si tratta soltanto di un muletto » . Un soldato fiorentino , solidamente imboscato , faceva notare invece , come ne facesse un commosso funebre elogio , ch ’ i muletto poteva , costare du boni fogli da mille ! Oh dimmi la verità , fiorentino spirito bizzarro sotto quel grigio - verde di imboscato eroico palpita un generoso cuore di negoziante di vaccine , cavalli e specie affini ! non me lo negare . Ed ora che sarà di te , povero muletto ? Non sei mai stato così vivo , come oggi che tu sei morto ! non altrimenti avviene per gli uomini , credilo . Domani tu sarai portato a Torino : il mercatante dirà di te che eri giovane , bello e gagliardo , che sei stato reciso da morte violenta , come un fiore , che tu non eri una rozza esausta , una bestia avvizzita , consunta dai malanni , come si suole portare al macello . Con quale eloquenza diranno le tue lodi i mercatanti , o povero muletto ! La tua giovinezza e floridezza sarà esaltata . E una nobiltà nuova ti attende sicuramente : tu entrerai , fatto a brani , in uno spaccio di carne equina ; ma che mulo ? cavallo , il nobile cavallo sarai , altro che mulo ; e sarai ricercato , pagato stupidamente bene , masticato anche da aristocratiche , ignoranti mascelle ; guarda un po ’ quanto onore ti attende ! E , ahimé , anche vitello tu diventerai ! e dico ahimé , perché , uso purtroppo agli intrugli del trattore , farse sarò una tua vittima anch ’ io . Ecco tu entrerai sotto forma di una bella portata di vitello , stufatino , in guazzetto , con certi intingoli da far gola all ’ Artusi e a Stecchetti . Cameriere ! ma questa carne è coriacea , è tigliosa , è immasticabile ! Ma che ? È vitello sano , giovanissimo , e che vuole ? tempi grami questi e poi c ’ è ancora il caldo , non si può tenere la carne sotto pelle , per la necessaria frollatura , ci vuole un po ’ di tolleranza , d ’ altronde , tenuto calcolo di questo difettuccio , noi non le facciamo pagare la porzione di vitello che miserabili dieci lire . Povero muletto , la morte ti ha conferito due gradi di dignità : di vitello e di cavallo , il nobile amico dell ’ uomo ; i mercatanti si contendono la tua spoglia , i consumatori ti pagano imperialmente : non rammaricarti di essere morto .
LA DUSE ( OJETTI UGO , 1938 )
StampaQuotidiana ,
26 luglio . Quante volte in questa rubrica ho già narrato ciò che ricordo d ' Eleonora Duse ? Oggi ho finito di leggere il libro d ' Olga Signorelli su lei . A ogni pagina altri ricordi mi apparivano davanti agli occhi . È un libro copioso , come ha detto Alfredo Panzini lodandolo ; ma certo è il libro più cordiale e probante finora scritto su quella memorabile donna . È infatti il solo libro che ce la mostra dall ' interno , non dall ' esterno . Eleonora Duse è stata un ' attrice stupenda e cordiale , ma quieta anche nella tragedia , di pochi gesti e di poche grida , tutta misura e ritegno , e solo con uno sguardo senza nemmeno muovere il volto otteneva ciò che altre non ottenevano con un balzo e con un urlo ; ma come donna è stata complicata , irrequieta ed ansiosa , spesso stonata e sfasata , ogni anno più schiava delle parole così da scambiarle per realtà , e innamorata del dolore , vero o immaginario , proprio o altrui , come l ' ape è innamorata del fiore . Del dolore aveva la curiosità e , oserei dire , il desiderio . Era la sua nobiltà : il suo solo snobismo . L ' arte è dolore ; l ' amore è dolore ; la gloria è dolore ; la ricchezza è dolore ; la potenza è dolore ; la vita , insomma , è dolore . Ed ella era colma di vita . La prima volta che vidi la signora Duse fuori di scena , quando cioè le fui presentato ( e deve essere stato verso il 1895 ) , la trovai per terra , distesa sopra un bel tappeto , tra molti cuscini . Mi invitò a sedermi accanto a lei su un altro tappeto : che , in Oriente forse , ma dalle parti nostre non è un esercizio comodo , specie quando ci s ' ha da rialzare . Vedendo che titubavo , m ' offrì a braccio teso uno dei suoi cuscini . S ' era in casa di fedeli e sottomesse amiche sue , in via Gregoriana : due tedesche , Elena Oppenheim e Maria Zernitz , l ' una magra e l ' altra grassa ; amiche anche di molti musicisti , Sgambati , Consolo , Gulli , Bossi , Baiardi , e d ' uno scultore , Chiaradia , quello della statua dorata di Vittorio Emanuele in mezzo al monumento capitolino . Spesso , se veniva a Roma e non recitava , la Duse scendeva da quelle amiche , padrona dispotica d ' ogni loro minuto , gesto e pensiero . Esse dovevano averle mostrato i titoli d ' uno o due articolucci miei di letteratura inglese . Supina , poggiando la nuca sopra le palme delle mani raccolte a conchiglia : Chi è il maggior poeta inglese vivente ? mi domandò guardando il soffitto . Swinburne , risposi . So che avete tradotto qualche cosa di lui . Recitatemelo . Non lo ricordo a memoria . Mi guardò di traverso , un occhio su e l ' altro giù , come per misurare la mia statura , seduto . Era tale e quale alla Duse in scena , senza tinture ; ma da vicino gli anni , trentasei o trentasette , le si vedevano tutti . Le mani ( l ' ombra di Gabriele d ' Annunzio mi perdoni ) non erano belle ; ma i piedi sì , piccoli , fini , ben calzati , e non stavano mai fermi . Si sa quanto è spietato lo sguardo d ' un giovane appena si posa sopra una donna matura , specialmente se fino allora egli ha potuto vederla solo da lontano su un trono o su una ribalta , e lodata e applaudita . Per capire la grande poesia bisogna avere sofferto . Voi siete troppo giovane per avere sofferto . Io , zitto , perché ero tentato di rispondere : « Grazie , per fortuna » , con una punta di impertinenza romanesca . Sentivo su me gli sguardi delle due tedesche , le quali abbozzavano un sorriso per suggerirmi che dovevo sorridere anch ' io . Nella pausa avevo preso una sigaretta . La signora Duse , sempre volta al soffitto , ricominciò l ' interrogatorio : Siete innamorato ? Me lo domandò con una voce bassa e grave , che stillava con fatica le meste sillabe . Un confessore che mi avesse domandato : Quante volte ? o un medico che avvicinando al lume il termometro scaldato dalla mia ascella , m ' avesse detto : Trentanove , e passa , non avrebbero avuto un tono così caldo , di compassione e insieme di conforto . Ma vedi l ' indifferenza e anche il pudore della gioventù : io ero seccato non lusingato . Risposi : Sarebbe , signora mia , un discorso molto lungo , e accesi la sigaretta . La Duse si rizzò a sedere d ' un colpo . Qui non si fuma , comandò . Le due amiche accorsero . Una portò in un ' altra camera la sigaretta irriverente . L ' altra aprì la finestra perché quel niente di fumo svanisse nel cielo di Roma . Io ero in piedi . Udii da terra una voce fievole quanto un sospiro : Che ore sono ? , e poco dopo : Tornate presto . M ' ha fatto piacere conoscervi . Me ne andai . Ogni parola e ogni gesto di quel nostro primo colloquio sul pavimento mi sono rimasti nella memoria perché se ne parlò e riparlò con le due ospiti della signora Duse e coi loro amici . Che cosa avrei mai dovuto rispondere a simili domande , inaspettate e , soggiungevo , materne ? Quelli m ' assicuravano che le indagini sulla capacità di patire e d ' amare erano in lei una palese prova di simpatia . L ' anno dopo , se non sbaglio , tornò a Roma per recitare al Valle : Fedora , Denise , Moglie di Claudio , Frou - Frou , Locandiera , Signora delle camelie . Non perdevo una recita , non perdevo una parola di lei . Li davvero ella era schietta , attenta a scarnire e a semplificare la sua recitazione , così che l ' anima del personaggio fosse nuda , e anche quando il personaggio mentiva , capace di farci sentire che , timido o spavaldo , mentiva . Anche nella menzogna perciò la amavamo , così lealmente ce la confidava . Tanto schietta , leale e nuda era in scena che fuori di scena , in un salotto o in una gita , in contatto con noi laici si sentiva che era impacciata , quasi provasse il pudore di non poter esser schietta e leale e nuda come quando recitava , cioè come quando era Margherita , Fedora , Magda o Cesarina . E si metteva a parlare difficile con parole d ' oracolo , prodigando a tutti consigli e conforti , e dimenticandosene un ' ora dopo . Fuori di scena , insomma , la Duse veramente recitava . Cogli anni , i capelli bianchi , l ' addio all ' amore e la solitudine , fu un ' altra cosa ; e certo ammirevole . In quella stagione , nel senso che alla parola stagione danno i teatranti , abitava al Grand Hôtel e il suo salotto luminoso era sull ' angolo tra la via delle Terme e la piazza delle Terme . Sopra ogni tavola , fiori e libri : libri di pensiero , molto Nietzsche e molto Maeterlinck quell ' anno , segnati sui margini da una matita impetuosamente ammirativa . L ' edizione Bocca di Così parlò Zaratustra , ricordo di averla veduta segnata con la matita turchina in tutte , dico tutte , le pagine , da capo a fondo : che doveva essere stata una bella fatica . Una mattina s ' andò a Tivoli . Ernesto Consolo e io salimmo a prendere la signora Duse all ' albergo . Ci accolse con questo ammonimento : Badate , oggi non voglio soffrire , e lo disse serrando labbra e mascelle come avrebbe potuto dirlo sedendosi dal dentista . Consolo mi guardò . Sapevamo che spesso era inutile risponderle perché ella già pensava ad altro . Fu gaia , giovanile , maliziosa : diciamo , Mirandolina . Dopo colazione si pensò , naturalmente , d ' andare a Villa d ' Este . Ve l ' ho dichiarato . Oggi non voglio soffrire . A Villa d ' Este ? Non capite niente : a Villa d ' Este io ci sono già stata , e sillabò le parole come dicesse che non bisognava destare i morti . Né l ' uno né l ' altro si osò domandarle : Con chi ? Aveva mutato faccia , s ' era alzata e ci aveva voltato le spalle perché non le leggessimo il volto . Deve avere riveduto Gabriele d ' Annunzio in quel tempo ( la Signorelli precisa , nell ' autunno del 1896 ) ; ma non è vero che andando a salutarla sul palcoscenico del Valle dopo la Signora delle camelie D ' Annunzio la apostrofasse con queste parole : Oh grande amatrice ! Fu una delle tante facezie dei romani sciccosi , oziosi e invidiosi contro D ' Annunzio trionfante e contro quello che allora essi stimavano il pomposo parlare di lui . Amatrice è un paesotto dell ' Aquilano presso Cittaducale , e matriciani allora erano chiamati a Roma gl ' incettatori e i venditori di erbaggi , dalle carote alle cipolle . Nemmeno credo che molti anni dopo , spento il fuoco , ritrovandola a Milano per caso in un albergo egli le dicesse come s ' afferma in questo libro : Quanto mi avete amato ! D ' Annunzio , per quanto sicuro e soddisfatto si mostrasse di sé , ha avuto sempre , parlando delle donne che ha amate , e specialmente se l ' amore era tramontato da anni , e più verso la signora Duse , un riguardo , anzi un rispetto inconciliabile con la fatua vanità di quella frase . Può darsi che a Olga Signorelli l ' abbia ripetuta la stessa Duse immaginandosi di averla proprio udita da quel crudele , tanto bene le parole riassumevano l ' abnegazione di lei e la finale indifferenza di lui . Così sono certo che D ' Annunzio mostrò alla Duse il manoscritto del Fuoco molto prima di pubblicarlo , e la persuase che ella , anche se l ' impresario Schurmann e altri pettegoli le dicevano il contrario , vi splendeva d ' una bellezza più durevole della bellezza fisica . Olga Signorelli pubblica la lettera di Eleonora Duse a Schurmann : « Poco fa non v ' ho detto la verità . Conosco il romanzo , e ne ho autorizzata la stampa , perché la mia sofferenza , qualunque essa sia , non conta quando si tratta di dare un altro capolavoro alla letteratura italiana . E poi ho quarant ' anni ... e amo ! » ( Molte lettere d ' Eleonora Duse sono pubblicate in questo libro , ansimanti e sgrammaticate . Anche nella scrittura par di vederla recitare , con quelle tante sottolineature per dire che lì alza la voce , con quei tanti a capo , che corrispondono a gesti recisi , con quei tanti puntini che significano le pause di silenzio o i sospiri . ) Nella primavera del '97 o del '98 ero a San Giacomo di Spoleto quando da Francavilla mi telegrafò D ' Annunzio d ' andare il giorno dopo a incontrarlo ad Assisi nell ' albergo del Subasio . Vi arrivai nelle prime ore del pomeriggio in bicicletta ( allora anche D ' Annunzio andava in bicicletta e nel '96 mi scriveva : « Son tornato da Milano con una bicicletta ! Con una Humber ! Dalla mattina alla sera vado pedalando . E verrò nell ' Umbria su questo leggero cavallo d ' acciaio . Ave » ) . Sulla porta del Subasio trovai Angelo Conti . Anch ' egli era stato convocato per telegrafo , e mi spiegò perché . Nell ' albergo era anche la Duse , e D ' Annunzio era venuto a mostrarle la prima parte del manoscritto del Fuoco , ravvolto , s ' intende , in un lembo di damasco rosso . Era stata lei a chiederglielo , poiché tutti già possedevamo le chiavi di quel romanzo e sapevamo che in Stelio era adombrato lo stesso poeta quale egli sperava d ' essere o d ' apparire , in Foscarina nomade e disperata la Duse , in Daniele Glauro Angelo Conti , in alcuni tratti di Donatella Arvale Giulietta Gordigiani , e via dicendo ? Oppure egli stesso , pensando che qualche frase sulla bellezza un poco sfiorita dell ' attrice potesse offenderla , e fidando nell ' intelligenza di lei e nella bellezza del monumento che con quel romanzo egli le innalzava e le offriva , aveva voluto prevenire e placare ogni risentimento della vanità ? « I segni delicati che partivano dall ' angolo degli occhi verso le tempie , e le piccole vene oscure che rendevano le palpebre simili alle violette , e l ' ondulazione delle gote e il mento estenuato e tutto quello che non poteva mai più rifiorire ... » Non le vedevano tutti queste prime offese degli anni ? E proprio Eleonora Duse che anche per entrare in scena rifiutava ogni liscio , ogni rossetto , ogni cipria , tanto amava la verità , anzi , com ' ella diceva , la sua verità , si sarebbe offesa ? A quale altra attrice sicura del proprio valore ma anche sicura di scomparire tutta dalla memoria degli uomini man mano che fossero morti e scomparsi coloro che l ' avevano veduta , ascoltata , applaudita e avevano per una sera creduto che la sua voce e il suo volto fossero la voce stessa e il volto stesso dell ' amore , della rivolta , della gioia , della fede , della voluttà , della speranza , il destino offriva insieme il compenso e l ' orgoglio di sapersi salvata per sempre in pagine tanto ardenti e sonanti ? A queste domande né quel giorno né poi ho saputo rispondere . Certo è che D ' Annunzio pregava Conti e me di aspettare in albergo una sua chiamata . Eravamo lì per calmare l ' ira e i sospetti della sua amica , o per tenere a lei e a lui un ' affettuosa e lieta compagnia ? S ' andò in San Francesco e si tornò . Hanno chiesto di noi ? No , hanno ordinato il tè . S ' andò a passeggio fino in piazza del Municipio , e si tornò . Hanno chiesto di noi ? No , pranzano in camera . Conti e io si pranzò sulla terrazza , poi si riuscì a passeggiare sul prato davanti alla basilica superiore , ché così il direttore sapeva occorrendo dove trovarci . A mezzanotte rientrammo . Non hanno chiamato più . La mattina dopo verso le undici dissi addio ad Angelo Conti : Se Gabriele ti domanda di me , digli che l ' ho aspettato per ventiquattr ' ore . Aspettalo fino a stasera . No , vado a colazione a Foligno da un amico . Sii buono , aspetta . Ma io me ne andai , ché in bicicletta giù per la discesa par di volare . Il Fuoco me lo sono letto due anni dopo , e della « sofferenza » della signora Duse per quelle che allora le tenere amiche di lei e i nemici di D ' Annunzio chiamavano ingiurie , ho pensato e penso che ella si sia consolata non solo in quelle ventiquattr ' ore di clausura assisiate col suo poeta , ma anche tutte le volte che poi , mettendosi una mano sul cuore , ella ha potuto parlare del suo dolore per quell ' affronto . Angelo Conti , cioè Daniele Glauro , parlando del Fuoco e della Duse , si grattava la barba rossa e bianca : Come fa la signora Duse a lagnarsi così ? Me , in questo libro , fino dalle prime pagine Gabriele m ' ha chiamato fervido e sterile . Mi lagno io ? Ma Angelo era filosofo e considerava le donne dipinte da Giorgione o da Tiziano , fossero anche state cortigiane , più sicure e più costanti delle donne vive anche illustri .
LA MORALE DELLA FAVOLA ( MICHELACCIO , 1934 )
StampaQuotidiana ,
Vi insegna più cose un modestissimo cronista che Senofonte coll ' Anabasi e la Catabasi o Tacito cogli Annali . La storia infatti , cosa naturalmente molto seria e contegnosa , si occupa di faccende importanti , di guerre e di rivoluzioni , di grandi sconvolgimenti , non può abbassarsi a incidere nelle sue tavole bronzee le bazzecole che il cronista va raccogliendo a piedi o in bicicletta lungo le strade o i vicoletti di una città . La storia vi insegna , ad esempio , chi fu che sconfisse veramente Napoleone a Waterloo e vi spiega il significato del leone che ricorda l ' epica battaglia , ma non vi insegna a suon d ' esempio che per la strada conviene guardarsi d ' attorno , che è pericoloso scendere dalla vettura in moto , o non vi mette in guardia contro l ' ineffabile giovane elegante che deve distribuire una valigia di biglietti da mille , e intanto vi domanda il portafogli mentre gli andate a comprar le pastiglie per la tosse . E queste son cose di una certa importanza ; la cronaca , la quale vi racconta a ogni piè sospinto del sessantenne che è investito , della signora borseggiata , del commerciante truffato , vi rende a poco a poco circospetto contro i pericoli e gli incidenti di cui è ricca la vita di tutti i giorni . Alle volte poi vi dà insegnamenti d ' alta moralità ; oggi , per esempio , vi dimostra come sia dannoso occuparsi dei fatti altrui e non aver adeguata cura dei propri . Ne sa qualcosa il tizio di cui la cronaca narra vita e miracoli , dove si dice di sessanta polli che fan parlare di sé . In certi pollai già da un po ' di tempo il coprifuoco trovava degli assenti ingiustificati . Non è il caso di parlar di permessi serali perché da che mondo è mondo i polli son sempre andati a letto « all ' ora dei polli » . Poi , caso mai , al mattino si sarebbero ritrovati . Diserzioni ? I polli non son meno intelligenti dell ' asino che ricorda Esopo : « Perché dovrei fuggire se arriva il nemico ? Con l ' uno o con l ' altro la mia sorte è sempre la stessa : portare la soma » . E i polli san benissimo che coll ' uno o coll ' altro c ' è sempre da rimetterci il collo ... Piuttosto si poteva parlare di dispersi : nel qual caso diventava interessante il sapere chi fosse colui che aveva trovati i sessanta polli dispersi . Cosa che appassionò i Carabinieri di Barriera Vittorio Emanuele i quali ci si misero con tanto impegno che in breve potevan notare nel taccuino nome , cognome e paternità del fortunato che aveva ospitato nelle capaci tasche i sessanta dispersi . Il difficile era farne la conoscenza personale . Perché il Dante Dall ' Asta aveva mangiata la foglia e si sapeva ricercato . Ma non sapeva però abbastanza che non bisogna occuparsi dei fatti altrui e che occorre pensar molto ai propri . Tant ' è vero che se lo avesse saputo non si sarebbe recato , spinto dalla curiosità , a sentir le faccende altrui in Pretura durante un ' udienza . Non avrebbe potuto attendere un giorno e leggere il resoconto sul giornale ? L ' insano desiderio di ficcare il naso negli affari degli altri gli fa dimenticare ogni precauzione : il Dante Dall ' Asta sa solo che in Pretura c ' è un disgraziato che deve render conto delle sue azioni alla Giustizia . Egli non ricorda più che è ricercato , non ricorda neppure che ha in tasca , oltre alle armi che non può portare , due polli già spennati , pronti per essere buttati in pentola . Si capisce che ai Carabinieri non parve vero di trovarselo lì , a portata di mano e di manette , e di prenderlo delicatamente per il bavero . Ecco l ' insegnamento che oggi vi dà la cronaca : pensate ai fatti vostri e trascurate gli altrui , se volete sempre trovarvi bene nella vita .
MALINCONIE DI STAGIONE ( MICHELACCIO , 1934 )
StampaQuotidiana ,
Possiamo benissimo mettere in dubbio la faccenda del sonno profondo del Principe di Condé , perché lo stesso Manzoni , persona rispettabilissima , nella Antica cronaca milanese da lui riveduta e corretta scrive semplicemente : « Si dice che il Principe di Condé dormisse profondamente la notte che precedette la battaglia di Rocroi » . Quello però che non possiamo assolutamente mettere in dubbio è quanto afferma , sempre in tema di sonno profondo , il nostro cronista nella sua recentissima cronaca di Parma , più o meno da lui riveduta e corretta . Nella villa di Basilicanova infatti c ' era gente che dormiva di gusto , ve lo possiamo assicurare ; il Principe di Condé stesso , per quanto avesse nell ' animo la più serena tranquillità e la più completa fiducia in sé e per quanto si accingesse a vincere una battaglia come quella di Rocroi , se gli fosse accaduto quel ch ' è successo nella villa di Basilicanova non avrebbe certo offerto motivo al Manzoni di ricordarlo dall ' alto di un Capitolo del suo monumento . E il nostro ottimo principe non avrebbe neppur vinta la battaglia perché un generale che marcia in testa alle truppe senza le gloriose medaglie e senza i più o meno decorosi calzoni dà fin dal primo istante l ' idea di uno che batta in ritirata . Ma procediamo con ordine , perché prima di arrivare alla sedia vicina al letto , i tre o quattro marioli che ieri mattina alle una si son trovati davanti alla già detta villa di Basilicanova han dovuto , anzitutto , provvedere a tranciare l ' inferriata di una finestra del pianterreno . La gente che è usa « entrar per la finestra » è la più pericolosa perché non sempre esce dalla porta di servizio col viatico di una pedata , ma spesso esce dal portone d ' onore colle spoglie dell ' ospite . Proprio come in questo caso ; infatti gli ignoti han visitato minutamente tutto il pianterreno , e tutti i cassetti dei mobili ; che fosser gente capace , oltre che a tagliar la corda , anche a tagliar la testa al toro lo dimostra il fatto che , trovato un cassetto che non voleva svelare le sue intime cose , i marioli prelevavano senz ' altro l ' intero tavolo , fracassandolo in un prato vicino a casa . Il tutto per la parte . Tutto questo fu fatto senza che i proprietari che dormivano al piano di sopra lo sognassero neppure ; visto che l ' ospitalità era più che confortante uno dei marioli saliva al primo piano , indi entrava nella stanza ove dormivano il sonno dei giusti uno dei proprietari e la sua signora . Anche qui l ' opera fu uniformata a criteri analoghi a quelli usati per il tavolino ; il tutto per la parte . Sulla sedia vicina al letto erano il panciotto e un paio di calzoni che vennero delicatamente prelevati con tutto il contenuto . « Si dice che il Principe di Condé dormisse profondamente la notte ... » eccetera , ma è da considerare che nessuno era entrato nella sua tenda a rubargli i calzoni . Perché , io credo , ognuno ha un subcosciente che mentre dormiamo veglia , se non sulle cose nostre che sono di natura esterna a noi , almeno sulla nostra dignità che è connaturata quasi sempre con noi . Altrimenti non si potrebbe spiegare il fatto che , dopo aver resistito a tutto il tramestio che i marioli avevan fatto al pianterreno , il sonno del signor Ferdinando venisse scosso dall ' impercettibile fruscio che il ladro fece prelevando i suoi calzoni . Il dormiente si sveglia e , alla poca luce del lumino a olio che arde nella camera davanti al santo protettore della casa , scorge il furfante , un uomo di alta statura , che calmo si allontana con gli indumenti . Qui la storia diventa comune : allarme , gente che accorre e , naturalmente , gente che scappa , gente che insegue e gente che non si lascia prendere . Poi verifica , indagini , inventario . Non rispondono all ' appello , oltre a una cinquantina di lire che eran nel panciotto , una catena e un orologio d ' oro , una bicicletta « Atla » , una medaglia del « Campionato Tori » , una della « Battaglia del grano » ; medaglia per la Stagionatura del formaggio ; Stella al merito pure per stagionatura formaggio ; e altre . Tutte insomma le onorificenze che la prospera azienda agricola aveva guadagnato durante la sua lunga attività . I tre o i quattro , fu accertato , entrati dalla finestra , uscivano dalla porta . Da gran signori . Ma questo non ha importanza ; quel che ci piace far noto è che il Principe di Condé , per aver dormito profondamente una certa notte , passò alla storia , mentre c ' è altra gente che , pur dormendo ben più profondamente di lui , ha la magra soddisfazione di farsi rubare i calzoni . Ingiustizie della vita .
StampaQuotidiana ,
L ' autorità politica di Milano ha creduto di dover proibire il comizio pro Fiume e Dalmazia italiana ch ' era stato annunciato per ieri sera alla Scala . Sui motivi particolari di questo provvedimento il lettore troverà notizie in altra parte del giornale . Ciò che conta è il motivo generale . Si temeva che la manifestazione non potesse svolgersi pacatamente , che le diverse opinioni dell ' una e dell ' altra parte del pubblico venissero a cozzi veementi , a disordinate esplosioni . In altri termini si temeva una ripetizione , forse ancora peggiorata , delle brutalità cui assistemmo con incoercibile disgusto la sera di sabato , quando la violenza dei partitanti riuscì a prevalere sulla onesta attenzione degli imparziali e a sovvertire le tradizioni di civile educazione di cui Milano si vanta . Un uomo immacolato che aveva dato tutta la sua vita a nobili idee e il suo sangue alla patria , un autorevole rappresentante del popolo che fino a pochi giorni innanzi era stato ministro , desiderava , com ' era suo diritto e suo dovere , spiegare davanti a un ' accolta di cittadini , in quella che usava chiamare la capitale morale d ' Italia , le cause del suo dissenso dal Governo e le sue concezioni della guerra e della pace e i modi in cui egli credeva necessario garantire al popolo reduce di trincea una pace che non fosse una tregua buona soltanto a prender fiato per ricominciare l ' eccidio . Alla cittadinanza che con incomparabile fervore aveva applaudito Wilson egli intendeva dire che non è lecito wilsoneggiare nelle parole salvo ad esasperare i più ciechi odi di razza e metter su le cataste pei nuovi incendi . Con patente premeditazione alcuni iracondi conculcarono , infierendo contro un uomo la cui superiorità rende ancora più imperdonabile l ' oltraggio , la libertà di parola : proibirono a Leonida Bissolati di dire le sue verità e i suoi errori , sicuri certo di domarlo con l ' insulto e col fischio che con le ragioni e i fatti . Non si commettono simili sopraffazioni senza esporsi alle conseguenze ; non si provoca senza suscitare reazione . Una parte della cittadinanza non intendeva , evidentemente , che rimanesse senza risposta la violenza fatta a Bissolati e che si falsasse la volontà di Milano comparando il pacifico e plaudente contegno che si sperava dal pubblico per la sera di martedì con la gazzarra che s ' era voluta inscenare tre sere innanzi e interpretando il contrasto come una prova plebiscitaria dell ' annessionismo integrale dei milanesi . Spieghiamo senza giustificare . Deploriamo profondamente che per timore di questa rappresaglia popolare sia stata vietata la parola , iersera , anche ad uomini a cui nessun milanese può aver pensato senza entusiastico consenso o senza accorato rispetto . Doveva parlare un oratore di Fiume . E non v ' è milanese , non v ' è italiano che non giudichi superiore ad ogni discussione l ' irredentismo fiumano . Dovevano parlare un oratore di Traù e uno di Spalato , ed esporre , certamente , la tesi della completa annessione dalmatica : tesi che non è la nostra , ma che rispettiamo perché dissimile dal Patto di Londra ove la Dalmazia è stroncata in due ed è abbandonato senza alcuna protezione tutto ciò che è italiano a Traù , a Spalato , a Ragusa , a Cattaro corrisponde almeno a un concetto organico e coerente ; tesi che rispettiamo vieppiù quando i suoi fautori vengono con commosso spirito di patria da quelle terre a noi per farci udire il loro grido di dolore . Qualunque debba essere il confine territoriale , quei nostri fratelli ci son sacri . Qualunque sia la volontà nazionale della Dalmazia , v ' è però , fuori d ' ogni contestazione , una italianità dalmatica , vi è una piccola , ma preziosa minoranza di dalmati italiani . Se può esser revocato in dubbio il loro diritto di chiedere che venga con - giunta all ' Italia una terra ove in immensa maggioranza vive un popolo di altra razza e di altra volontà che chiede di governarsi da sé , è certo però il loro diritto di chiedere che l ' Italia li tuteli , che non li abbandoni senza garanzie , che siano corretti in loro favore i trattati ufficiali . Che questi italiani di Fiume e di Dalmazia non abbiano potuto dire a Milano la loro sofferenza e la loro speranza è cosa profondamente triste ed iniqua . Il loro diritto alla parola , non può essere stato travolto da un ' animosità , che sarebbe stolta ed infame , verso i nostri fratelli dalmatici , ma dal turbine delle nefaste passioni politiche che i loro troppo zelanti amici vanno scatenando . E forse la loro esperienza non sarà stata invano . Forse essi potranno , con l ' autorità che viene dalla lontananza e dal dolore , persuadere i loro amici a più civili costumi politici , dimostrar loro il danno che viene alla causa nazionale ed alla dalmatica dal tentativo di trasformare Roma e Milano in due Zagabrie ; di abbassare il nostro paese al livello di quella Jugoslavia ove anche ieri un ministro negava perfino il diritto italiano su Trieste . Della grave iattura che minaccia al paese l ' imperversare di queste fazioni noi siamo , non da oggi , consapevoli . E non ci rassegniamo a credere che il frastuono debba a lungo sopprimere ogni volontà di meditazione , sopra tutto in una materia , come questa , atta come nessun ' altra a venir discussa alla luce calma dei dati , delle date , della geografia , della storia , del senno politico , e che gl ' ispiratori della parte avversa possano non presentire il peso delle responsabilità cui vanno incontro affocando una propaganda senza misura che falsifica i fatti , allucina le convinzioni , e confonde l ' indiscutibile rivendicazione di Fiume con le rivendicazioni di Spalato e di Traù che non solo tutti sanno escluse dal Patto di Londra , ma che nessuno può affermare siano oggi prese in pratica considerazione dal Governo o possano essere al Governo imposte con qualche probabilità di attuazione . È in errore chi crede che il disfattismo sia finito con la vittoria . Consapevole o inconsapevole , lavora praticamente a un fine disfattista chi fa ciò che è necessario e sufficiente perché nel giorno della pace questo popolo , che s ' è gloriosamente battuto e ha superbamente vinto e che ne avrà come compenso l ' unità nazionale , in - comparabili confini e prestigio internazionale ovunque e in ogni modo a dismisura accresciuto , sia piombato nella morbosa sensazione della disfatta . Chi convince il popolo italiano della necessità , della possibilità , della giustizia di un programma annessionistico di cui la realtà dei fatti e la situazione internazionale non ci garantiscono la realizzazione , lavora a defraudarlo della coscienza di aver vinto , la quale , di tutti i frutti della vittoria , è il più prezioso e il più fecondo . , I giusti e gli onesti di ogni partito dovrebbero , non meno che gli uomini di governo , sentire l ' imminenza e la serietà di questo pericolo , nel quale sono inclusi ed impliciti molti altri . Per conto nostro , continueremo imperturbati la nostra strada , sdegnosi di una falsa e momentanea popolarità della quale non esaminammo gli auspici quando ci dichiarammo antigermanici prima della Marna e quando non barcollammo dopo Caporetto . L ' Italia che chiedeva Trento e Trieste , che ancora tre mesi fa ripeteva questi due nomi come le parole di un ideale supremo compensatore di ogni sacrificio , sembrerebbe oggi , a prestar fede a certi gridi , non aver quasi attribuito pregio di difficoltà e di gloria a queste conquiste ed essersi battuta per le Alpi Dinariche e aver considerato come pace transattiva e parecchista quella che realizzasse il sogno secolare dei suoi giusti confini . Non ci lasceremo stordire da questo tumulto . Condannando , da qualunque parte vengano , l ' intolleranza e il disordine , vogliamo perseverare nel nostro costume di chiedere e ricambiare rispetto per le opinioni liberamente e ragionevolmente professate , di non scompagnare la fermezza nel pensare dalla temperanza e dalla civile moderazione nell ' esprimere il nostro pensiero . Su questi tristi fatti di cronaca vorremmo stendere l ' oblio . Ci chiama un còmpito più alto e più proficuo : il còmpito di documentare con le ragioni e coi fatti che ancora è necessario esporre il programma di pace che noi crediamo utile e giusto per l ' Italia .
TEOREMA E COROLLARIO ( MICHELACCIO , 1934 )
StampaQuotidiana ,
C ' è un teorema di geometria piana il quale dimostra come due parallele , anche prolungate all ' infinito , non si incontrino mai . Ricordo che il mio professore , per imprimerci meglio il concetto della curiosa vicenda , diceva sempre : « Figuriamoci che su una rotaia del tram cammini Tizio e sull ' altra Caio : potranno i due incontrarsi anche camminando cento anni ? » . E ricordo che noi tutti , sempre , rispondevamo in coro : « Nossignore ! » . Quindi , forse entusiasmati dalla matematica ma vibrante dimostrazione , chiedevamo in massa d ' andare al camerino . C ' è dunque un teorema che , da secoli , tiranneggia incontrastato sulle parallele . Esiste ed è perfettamente inutile inquietarsi se Tizio e Caio , camminando su due strade parallele , non riescono a incontrarsi . È una cosa inevitabile , necessaria . Matematica . Matematica , però , fino a quando lungo le dette strade parallele non camminino – anziché Tizio e Caio – Tizio e Caia : in questo caso , infatti , la regola crolla con sinistro fragore . Perché l ' amore è più forte anche della matematica . Un esempio ? Subito : ma , prego , che non succeda poi , alla fine della dimostrazione , quel che accadeva col mio professore di matematica . nell ' un dei quali procede Tizio e nel secondo Caia , io affermo che senza che ci sia bisogno dell ' intervento di un ' altra strada intersecante le due prime a un bel momento Tizio e Caia si incontrano . Impossibile dire il rituale « vedere per credere » perché quando Tizio si incontra con Caia non li può vedere nessuno . Per essere più precisi diremo : « Non li poteva vedere nessuno » : infatti la vicenda appartiene già al passato . Uscendo alfine dalla metafora per entrare nell ' argomento e per dare alla dimostrazione matematica sapore più piccante , diremo che qualche settimana fa giunse a una stimabilissima signora abitante nelle adiacenze di Porta Farini un misterioso bigliettino senza firma nel quale si diceva come « allora tale di ogni sera fisse possibile vedere uscire il signor Tale ( il marito della signora ) da una certa porta del borgo » che noi chiamammo « breve e diritto » . Il bigliettino parlava inoltre di una piacente sartina così e così della quale certamente la signora avrebbe fatto volentieri conoscenza , come , sembra , assai volentieri « aveva da parecchio tempo fatto conoscenza il marito » . Inutile dire che la signora , la sera dopo , all ' ora denunciata , era appostata nel borgo : ma inutilmente attese . Dalla porticina non uscì anima viva . Ripeté la sera dopo e per parecchie altre sere seguenti la manovra : neanche un ' ombra di marito . Convinta oramai trattarsi d ' un cattivo scherzo , la signora mise il cuore in pace quando ... Quando una bella mattina ecco un nuovo biglietto in cui si diceva tutto quanto era detto nel primo con la semplice variante che invece della porta numero tale del borgo da noi detto « breve e diritto » si trattava della porta numero talaltro del borgo da noi chiamato « parallelo » . Cosa importante : il mittente era diverso . Inutile dire che la signora tornò alla carica e si appostò ripetutamente nelle ombre del borgo « parallelo » . Ma non cavò un ragno dal buco . Dalla porticina non uscì nessuno . Anche questa volta la signora aveva deciso oramai di mettere il cuore in pace , quando ... Quando , eccole un nuovo bigliettino del primo ignoto mittente : poi dopo due giorni eccole un altro del secondo mittente . E l ' uno le consigliava di far la guardia nel borgo « breve e diritto » , e l ' altro di appostarsi nel borgo « parallelo » . Cominciò così una vita di guai , d ' inferno per la brava signora che aveva il cuore diviso fra la gelosia e l ' affetto e il corpo diviso fra due borghi . Finalmente nel suo cervello si accese , come nei cartoni di Topolino , una lampadina : « Idea ! » . Fu così che intervenne la madre della signora , ovvero la suocera del « presunto traditore fantasma » . E una sera , forse l ' altra sera , verso le 22 , davanti alla porta famosa del borgo « breve e diritto » ci si piantò in bella vista la suocera , e celata nelle ombre del borgo « parallelo » , davanti all ' altra non meno famosa porticina , ci si piazzò la consorte . E fu così che , a un bel momento , dopo un ' ora di attesa paziente , nel borgo « parallelo » si udì un urlo felino ; poi altre urla che fecero accorrere la vecchia signora appostata nel borgo vicino e tant ' altra gente che non vi dico . L ' azione era riuscita . Vista sbarrata l ' uscita sul borgo « breve e diritto » ( la suocera s ' era messa in piena luce ) , il galante marito e la sartina così e così avevano tentata una sortita dalla porta che dà sul borgo « parallelo » , non immaginando come , nell ' ombra , si celasse l ' insidia . Così , finì un amore . Mentre rinunciamo a raccontare la semplice cerimonia che , davanti a una ragguardevole folla , si svolse nel borgo « parallelo » , rinunciamo pure a spiegare come mai da sola la signora non fosse mai riuscita a pescare il colombo e la colombella . Tanto si capisce benissimo lo capì alla fine anche la signora – che la cameretta aveva due porte d ' accesso : una dal borgo breve e diritto vigilato da una torre snella , l ' altra dal borgo parallelo che si stacca pigramente dall ' ombra di un antico tempio per passare in rivista poche case . Due porticine che permettevano a Tizio e Caia , procedenti ogni sera per due strade parallele , di sfuggire alla legge inflessibile di un arcigno teorema e all ' occhio infallibile della malsana curiosità della gente . Come volevasi dimostrare .
SILENZIO ( - , 1934 )
StampaQuotidiana ,
A Collecchio , in una misera soffitta , abitava da molti anni un poveruomo che aveva oramai viste settantacinque primavere . Viveva del poco lavoro che le vecchie braccia gli permettevano , e della carità dei vicini . Poi , silenziosamente , morì . Storia antica come il mondo e dolorosa come tutte le cose del mondo . Il vecchio , Giuseppe Monica , fu visto tre o quattro giorni or sono rincasare , poi non fu più visto . Una coinquilina , l ' altra mattina , passando davanti alla porta della soffitta e non udendo alcun rumore , appressava l ' occhio alla toppa e intravedeva il vecchio immobile , sdraiato su un cumulo di cenci . Presto accorrevano i casigliani , i quali , rinvenuta la chiave che il vecchio era solito lasciare su un davanzale , aprirono la porta , chiusa solo dal cric della serratura . Pietoso spettacolo , si trovarono davanti a un cadavere già in decomposizione . Il medico , giunto assieme ai Regi Carabinieri , riscontrò che il vecchio era stato ucciso da una paralisi cardiaca .
StampaQuotidiana ,
Nel Salone del Circolo Interessi Industriali e Commerciali ha avuto luogo ieri un convegno per la costituzione dei fasci regionali fra gruppi di interventisti . Al Convegno parlarono l ' avv . Enzo Ferrari , il capitano degli arditi Vecchi e diversi altri . Il prof . Mussolini illustrò i capisaldi su cui dovrebbe svolgersi l ' azione dei fasci e cioè : valorizzazione della guerra e di chi la guerra ha combattuto , dimostrare che l ' imperialismo , di cui si fa colpa agli italiani , è l ' imperialismo voluto da tutti i popoli non escluso il Belgio ed il Portogallo , e perciò opposizione agli imperialismi esteri a danno del nostro paese ed opposizione ad un imperialismo italiano contro le altre nazioni ; infine accettare la battaglia elettorale sul « fatto » di guerra e quindi opporsi a tutti quei partiti e candidati che la guerra hanno avversata . Le proposte di Mussolini , dopo che ebbero parlato numerosi oratori , vennero approvate . Al Convegno erano rappresentate diverse città d ' Italia .