StampaPeriodica ,
Chi
è
stato
a
tradirlo
?
Dove
è
stato
ucciso
?
Come
?
E
quando
?
La
grande
maggioranza
dei
siciliani
non
crede
alla
descrizione
ufficiale
del
conflitto
nel
quale
ha
trovato
la
morte
Salvatore
Giuliano
.
E
anche
noi
dobbiamo
confessare
di
avere
inutilmente
tentato
di
mettere
d
'
accordo
parecchi
particolari
di
quella
relazione
con
i
luoghi
;
le
circostanze
,
il
racconto
di
chi
quella
notte
vegliava
a
pochi
passi
di
distanza
dal
tragico
cortile
in
cui
si
è
svolto
l
'
epilogo
del
dramma
o
è
stato
svegliato
dal
fracasso
delle
fucilate
.
Tutto
ciò
si
chiamerà
forse
cercare
il
pelo
nell
'
uovo
,
ma
l
'
esame
delle
incongruenze
,
dei
punti
oscuri
dei
dubbi
che
inevitabilmente
nascono
nella
mente
di
chi
abbia
tentato
sul
posto
di
ricostruire
la
scena
non
cesserà
per
questo
di
essere
interessante
.
A
Castelvetrano
,
alle
15,15
del
5
luglio
,
il
capitano
Perenze
,
il
brigadiere
Catalano
,
i
carabinieri
Renzi
e
Giuffrida
(
dice
la
relazione
ufficiale
)
hanno
riconosciuto
da
lontano
il
capobanda
mentre
assieme
a
uno
dei
suoi
uomini
percorreva
la
via
Gagini
.
Vistisi
sorpresi
,
i
due
si
sono
dati
alla
fuga
in
direzioni
diverse
e
il
gregario
è
riuscito
facilmente
a
dileguarsi
.
Giuliano
invece
è
stato
inseguito
attraverso
le
vie
della
città
.
Contro
di
lui
è
stato
fatto
fuoco
,
ripetutamente
,
un
proiettile
lo
ha
raggiunto
alla
spalla
,
il
fuggitivo
ha
risposto
a
sua
volta
con
la
pistola
e
col
mitra
.
Giunto
in
via
Mannone
,
il
brigante
ha
sperato
di
trovare
scampo
entrando
in
un
cortile
,
e
là
,
mentre
tentava
di
dare
la
scalata
al
muro
di
cinta
,
oltre
il
quale
c
'
è
un
piccolo
orto
e
poi
la
campagna
,
è
stato
freddato
con
una
raffica
di
mitra
dal
capitano
.
Dunque
nessuno
poteva
immaginare
in
anticipo
che
Salvatore
Giuliano
sarebbe
entrato
in
quel
cortile
.
Eppure
parecchi
civili
delle
case
confinanti
affermano
d
'
aver
inteso
fin
dalla
mezzanotte
un
rumore
di
tegole
smosse
e
un
bisbigliare
come
se
vi
fosse
gente
sui
tetti
.
Stettero
un
poco
in
ascolto
,
ma
quello
strano
trambusto
dopo
un
quarto
d
'
ora
si
chetò
.
Nessuno
diede
peso
alla
cosa
e
di
lì
a
poco
in
via
Mannone
tutti
ripresero
a
dormire
,
eccetto
tre
uomini
che
per
le
esigenze
del
loro
mestiere
dovevano
già
essere
a
bottega
:
il
proprietario
e
i
due
garzoni
del
forno
Lo
Bello
,
che
è
sullo
stesso
lato
della
strada
a
20
metri
dall
'
ingresso
del
cortile
.
Era
una
notte
afosa
,
e
nell
'
interno
del
panificio
il
caldo
era
insopportabile
.
I
due
garzoni
che
avevano
finito
di
impastare
il
pane
e
aspettavano
che
lievitasse
erano
usciti
sulla
via
e
stavano
chiacchierando
accovacciati
sul
marciapiedi
,
con
le
schiene
nude
appoggiate
agli
stipiti
.
Ma
la
prima
sigaretta
che
essi
avevano
acceso
non
era
ancora
finita
quando
due
carabinieri
,
spuntando
dall
'
ombra
,
si
avvicinarono
e
intimarono
di
ritirarsi
e
di
sprangare
la
porta
.
L
'
ingiunzione
era
stata
fatta
con
il
tono
di
chi
non
ammette
repliche
.
È
molto
probabile
tuttavia
che
il
mattino
seguente
le
clienti
del
fornaio
Lo
Bello
abbiano
trovato
da
ridire
sulla
confezione
del
pane
.
La
curiosità
di
sapere
quello
che
stava
per
accadere
sulla
strada
non
poteva
certo
permettere
ai
panettieri
di
attendere
con
diligenza
al
consueto
lavoro
.
Avevano
lasciato
i
battenti
un
pochino
socchiusi
e
di
tanto
in
tanto
andavano
ad
origliare
.
Così
non
sarà
esagerato
dire
che
l
'
aria
lacerata
dal
primo
sparo
vibrava
ancora
quando
gli
occhi
dei
fornai
erano
già
incollati
alla
fessura
.
Sembrò
loro
che
la
via
fosse
deserta
...
Non
videro
dunque
entrare
nessuno
nel
cortile
.
Scorsero
invece
un
uomo
che
ne
usciva
,
che
passò
correndo
sotto
un
lampione
.
Lo
videro
di
spalle
per
un
attimo
e
tutto
quello
che
seppero
dire
di
lui
è
che
si
trattava
di
un
uomo
forse
giovane
,
tarchiato
,
che
camminava
a
piedi
nudi
.
Ma
vedremo
dopo
quale
parte
attribuisca
la
fantasia
popolare
a
questo
personaggio
.
Nessuno
ha
sentito
La
via
Mannone
parte
dalla
piazza
del
mercato
,
taglia
in
linea
retta
il
rione
orientale
del
paese
e
finisce
nella
campagna
.
Nel
tratto
che
va
dal
mercato
al
cortile
non
ci
sono
trasversali
.
Da
che
parte
ci
arrivò
Giuliano
fuggendo
da
via
Gagini
?
Dal
mercato
dopo
aver
attraversato
la
piazza
della
torre
,
dove
sono
ininterrottamente
di
fazione
due
agenti
,
dal
corso
dove
a
qualunque
ora
c
'
è
sempre
gente
scamiciata
che
passeggia
,
dal
verziere
dove
c
'
è
un
grande
negozio
di
fruttivendolo
che
resta
aperto
tutta
la
notte
con
le
luci
accese
e
dove
attorno
ai
banchi
e
ai
cumuli
di
ceste
che
non
vengono
mai
rimossi
passeggiano
continuamente
i
guardiani
?
Evidentemente
no
,
perché
nessuno
ha
visto
né
lui
né
gli
inseguitori
.
Allora
è
venuto
dalla
via
Gioberti
,
che
è
dalla
parte
opposta
e
,
giunto
al
crocicchio
di
dove
poteva
scorgere
davanti
a
sé
le
prime
siepi
e
i
primi
alberi
della
campagna
,
ha
piegato
invece
in
via
Mannone
verso
il
centro
del
paese
.
L
'
illogicità
di
questa
decisione
stupisce
molti
.
Il
lettore
tuttavia
non
ci
faccia
troppo
caso
perché
sono
tante
le
ragioni
che
possono
avere
spinto
il
fuggitivo
ad
abbandonare
la
via
più
facile
per
quella
più
rischiosa
.
È
stato
detto
piuttosto
che
la
sparatoria
era
cominciata
in
via
Gagini
ed
era
continuata
da
una
parte
e
dall
'
altra
lungo
tutto
il
percorso
.
Ma
per
quanto
si
siano
interrogati
molti
abitanti
di
quella
zona
non
si
è
trovato
nessuno
che
ricordasse
di
aver
udito
un
solo
sparo
.
Eppure
le
finestre
erano
spalancate
per
il
caldo
opprimente
.
La
notte
in
quel
rione
è
silenziosa
.
Una
pistolettata
o
una
scarica
di
mitra
avrebbero
dovuto
destare
anche
chi
ha
il
sonno
più
duro
.
Gli
abitanti
di
via
Mannone
invece
hanno
sentito
.
La
loro
testimonianza
però
è
in
contrasto
con
la
versione
ufficiale
.
Non
aveva
l
'
orologio
Questa
dice
che
il
brigante
esplose
52
colpi
col
moschetto
mitragliatore
,
che
al
53
°
si
inceppò
.
Giuliano
buttò
a
terra
il
mitra
quando
era
già
nel
cortile
e
impugnò
la
pistola
,
ma
il
capitano
dei
carabinieri
lo
prevenne
scaricandogli
addosso
per
primo
un
intero
caricatore
del
suo
Thompson
.
Gli
spari
insomma
avrebbero
dovuto
susseguirsi
in
quest
'
ordine
:
raffiche
di
mitra
più
o
meno
lontane
(
Giuliano
che
spara
sulla
strada
)
,
altra
raffica
dopo
una
pausa
di
silenzio
(
Perenze
che
fa
fuoco
all
'
ingresso
del
cortile
)
;
subito
dopo
forse
qualche
colpo
di
pistola
(
Giuliano
che
,
prima
di
stramazzare
a
terra
,
tenta
l
'
ultima
difesa
)
,
forse
il
Thompson
che
risponde
ancora
(
Perenze
che
ha
innestato
il
caricatore
nuovo
)
.
Invece
gli
abitanti
di
via
Mannone
(
trascureremo
i
nomi
della
gente
minuta
facile
ad
accettare
ed
a
ripetere
come
esperienza
propria
il
racconto
altrui
e
citeremo
soltanto
il
pretore
di
Castelvetrano
,
avvocato
Giovanni
De
Simone
e
il
colonnello
a
riposo
Santorre
Vizzinisi
)
sono
unanimi
nel
ripetere
che
si
sentirono
prima
cinque
o
sei
colpi
di
pistola
sparati
sotto
l
'
arco
di
ingresso
o
nel
cortile
,
poi
due
raffiche
di
mitra
distanziate
da
un
breve
intervallo
.
Subito
dopo
si
udì
la
voce
del
capitano
che
gridava
a
qualcuno
di
portare
un
po
'
d
'
acqua
per
il
ferito
e
il
furioso
martellare
del
calcio
del
moschetto
alla
porta
dell
'
unica
abitazione
che
si
apre
sul
cortile
.
Parleremo
in
seguito
dell
'
interpretazione
che
la
fantasia
dei
diffidenti
siciliani
dà
a
questo
particolare
.
Sarà
bene
tuttavia
citare
sin
d
'
ora
l
'
obiezione
più
comune
:
che
i
feriti
siano
tormentati
dalla
sete
è
una
di
quelle
nozioni
elementari
che
anche
il
più
rozzo
dei
pastori
possiede
.
È
tra
l
'
altro
un
vecchio
motivo
della
retorica
popolare
.
Ma
questa
arsura
viene
immediatamente
appena
uno
è
colpito
,
oppure
è
conseguenza
del
dissanguamento
,
della
febbre
provocata
dalle
ferite
e
sopraggiunge
dopo
un
certo
periodo
di
tempo
?
E
perché
Giuliano
non
aveva
un
soldo
addosso
?
Perché
portava
una
semplice
canottiera
,
lui
così
ambizioso
e
a
suo
modo
elegante
?
Perché
non
aveva
l
'
orologio
al
polso
,
quel
grosso
cronometro
d
'
oro
per
il
quale
aveva
una
bambinesca
affezione
e
,
lo
hanno
testimoniato
molti
,
era
l
'
ultima
cosa
che
si
togliesse
coricandosi
,
la
prima
che
cercasse
al
risveglio
?
C
'
erano
poi
altri
particolari
che
alimentavano
il
dubbio
e
,
apparentemente
,
con
maggiore
evidenza
:
alcune
ferite
,
specie
quella
sotto
l
'
ascella
destra
,
sembravano
tumefatte
come
se
risalissero
a
qualche
tempo
prima
;
altre
erano
a
contorni
nitidi
e
apparivano
più
fresche
.
Due
o
tre
pallottole
lo
avevano
raggiunto
al
fianco
e
avevan
prodotto
quei
fori
grandi
a
contorni
irregolari
tipici
dei
colpi
sparati
a
bruciapelo
:
altre
erano
entrate
nella
carne
lasciando
un
forellino
minuscolo
perfettamente
rotondo
.
Il
tessuto
della
canottiera
appariva
intriso
di
sangue
dal
fianco
alla
metà
della
schiena
,
e
sotto
quella
grossa
macchia
(
aveva
oltre
due
palmi
di
diametro
)
non
c
'
erano
ferite
.
Era
logico
pensare
che
il
corpo
del
bandito
anziché
bocconi
fosse
rimasto
per
qualche
tempo
in
posizione
supina
,
perché
tutto
quel
sangue
doveva
essere
sgorgato
dalle
ferite
sotto
l
'
ascella
e
certamente
era
sceso
,
non
poteva
essere
andato
in
su
.
Le
avventure
di
Paperino
Da
Trapani
a
Sciacca
,
a
Santa
Ninfa
,
a
Partanna
non
c
'
è
uno
che
non
sorrida
quando
gli
si
parla
del
famoso
furgone
sul
quale
gli
uomini
del
colonnello
Luca
,
travestiti
da
cinematografari
,
percorrevano
le
campagne
e
sostavano
nei
paesi
fingendo
di
girare
un
documentario
,
perché
Salvatore
Giuliano
,
tradito
dall
'
ambizione
e
dalla
smania
di
pubblicità
,
lasciasse
le
sue
montagne
e
cadesse
nella
trappola
.
Per
quanto
avesse
incollato
su
una
fiancata
due
grosse
strisce
con
le
scritte
:
«
Gazzetta
dello
Sport
»
,
«
Il
Paese
»
,
e
su
una
terza
striscia
di
carta
dipinta
a
mano
che
attraversava
di
sbieco
il
lato
opposto
si
leggesse
«
Le
avventure
di
Paperino
»
,
tutti
,
anche
i
ragazzini
,
sapevano
che
si
trattava
di
una
radio
trasmittente
mobile
della
polizia
capace
di
collegare
Trapani
a
Palermo
.
Cosa
che
tra
l
'
altro
era
dimostrata
con
evidenza
dall
'
antenna
molto
alta
che
non
si
poteva
certo
né
sopprimere
né
camuffare
.
Proprio
Giuliano
avrebbe
dovuto
farsi
ingannare
da
un
trucco
così
grossolano
?
E
allora
?
È
forse
possibile
rispondere
alle
domande
che
sono
state
poste
al
principio
del
discorso
?
Si
può
tentare
.
Per
un
buon
tratto
di
strada
cammineremo
su
un
terreno
sicuro
e
,
quando
usciremo
dalla
realtà
della
cronaca
per
riferire
le
congetture
che
molti
fanno
,
avvertiremo
onestamente
il
lettore
.
È
certo
che
non
si
manca
affatto
di
rispetto
al
colonnello
Luca
né
a
chi
sulla
scala
gerarchica
sta
più
in
alto
o
più
in
basso
di
lui
dicendo
che
la
relazione
ufficiale
sulla
morte
di
Salvatore
Giuliano
è
camuffata
,
reticente
su
certi
punti
,
su
altri
imprecisa
.
Poco
o
molto
,
tutti
i
rapporti
che
la
polizia
rende
noti
al
pubblico
devono
essere
necessariamente
così
.
Vi
sono
circostanze
che
non
possono
essere
rivelate
,
promesse
che
è
giusto
mantenere
,
uomini
che
bisogna
salvare
dalla
vendetta
.
Perfino
davanti
al
giudice
e
nei
casi
più
gravi
la
legge
concede
al
funzionario
di
polizia
il
diritto
di
tacere
la
verità
:
quando
gli
si
chiede
il
nome
del
confidente
,
di
chi
lo
ha
messo
sulle
tracce
,
lo
ha
aiutato
a
formulare
l
'
accusa
,
ad
arrestare
il
colpevole
.
Il
furgone
con
l
'
etichetta
«
Le
avventure
di
Paperino
»
non
ha
alcuna
parte
nel
dramma
.
Il
più
grande
aiuto
allo
sterminio
della
banda
di
Montelepre
e
del
suo
capo
è
venuto
dalla
mafia
,
ed
è
chiaro
che
ciò
non
significa
affatto
che
la
polizia
abbia
sollecitato
o
anche
incoraggiato
quell
'
aiuto
.
L
'
alleanza
tra
Giuliano
e
i
mafiosi
era
nata
naturalmente
al
principio
della
carriera
del
brigante
.
Turiddu
aveva
bisogno
dell
'
appoggio
dell
'
«
onorata
società
»
e
a
quegli
altri
era
comodo
speculare
sulla
paura
che
il
nome
del
brigante
incuteva
.
Ma
poi
i
capimafia
,
che
erano
stati
i
primi
esattori
della
banda
,
esagerarono
.
Imposero
riscatti
che
erano
cinque
volte
superiori
a
quelli
che
il
bandito
intendeva
richiedere
e
intascarono
la
differenza
.
Cominciarono
a
molestare
,
sempre
trincerandosi
dietro
quel
terribile
nome
,
alcuni
che
avevano
reso
grossi
servigi
a
Giuliano
e
che
ne
avevano
avuto
promesse
di
protezione
.
Il
contrasto
si
aggravò
al
punto
che
Turiddu
,
assieme
a
pochi
dei
suoi
uomini
,
tra
i
più
fedeli
,
scese
sulla
piazza
di
Partinico
e
in
pieno
giorno
vi
uccise
a
pistolettate
i
più
alti
capi
dell
'
associazione
criminosa
e
segreta
.
Le
vittime
non
avevano
però
un
grosso
prestigio
oltre
l
'
ambito
del
loro
paese
,
perché
oggi
non
esiste
più
una
mafia
unica
che
abbia
giurisdizione
su
tutta
l
'
isola
,
ma
tante
mafie
locali
autonome
e
spesso
nemiche
.
Forse
il
brigante
sperava
di
giocare
su
queste
rivalità
territoriali
e
in
parte
ci
riuscì
:
infatti
fu
condannato
a
morte
dalla
sola
mafia
di
Partinico
mentre
le
altre
sembrò
che
continuassero
ad
essergli
amiche
;
e
invece
era
soltanto
una
maniera
di
temporeggiare
aspettando
il
momento
opportuno
per
liberarsi
di
lui
.
Per
cinque
anni
i
rapporti
tra
le
due
forze
della
delinquenza
siciliana
seguirono
così
alterne
vicende
:
Giuliano
,
per
tenersi
buoni
quei
pericolosi
vicini
si
buttò
talvolta
in
imprese
rischiose
dalle
quali
non
avrebbe
potuto
trarre
un
utile
diretto
(
tra
le
altre
si
dice
l
'
eccidio
di
Portella
della
Ginestra
)
:
la
mafia
gli
guardò
le
spalle
,
lo
garantì
dalle
delazioni
.
Ma
è
difficile
che
due
galli
nello
stesso
pollaio
possano
vivere
uno
accanto
all
'
altro
senza
cavarsi
gli
occhi
.
L
'
equilibrio
era
mantenuto
soltanto
dalla
straordinaria
potenza
di
Giuliano
.
Il
giorno
che
questa
decadde
,
la
sentenza
di
Partinico
fu
omologata
e
sottoscritta
da
tutte
le
mafie
.
Si
ricordi
tra
l
'
altro
che
proprio
in
questi
giorni
si
sta
svolgendo
a
Viterbo
il
processo
per
l
'
eccidio
di
Portella
della
Ginestra
.
Si
voleva
prendere
Giuliano
,
ma
era
sempre
rischioso
mandargli
un
sicario
secondo
il
classico
sistema
.
Per
farlo
cadere
cominciarono
a
togliere
la
protezione
ai
suoi
rompendo
la
legge
dell
'
omertà
.
Imposero
che
quelli
della
banda
,
dovunque
fossero
,
dovessero
essere
segnalati
alla
polizia
.
Così
uno
a
uno
furono
arrestati
molti
dei
fuorilegge
,
i
più
sicuri
scherani
della
banda
di
Montelepre
.
Quasi
sempre
chi
si
lasciava
scappare
una
preziosa
confidenza
non
era
un
affiliato
alla
mafia
,
ma
era
stato
costretto
dalla
mafia
a
ingoiare
la
paura
e
farsi
delatore
.
Il
27
giugno
scorso
,
poco
prima
di
mezzogiorno
,
un
carrettiere
mafioso
che
percorreva
la
provinciale
per
Trapani
con
un
carico
di
pomodori
,
giunto
in
località
Lo
Zucco
,
a
pochi
chilometri
da
Partinico
,
vide
sbucare
da
un
cespuglio
due
uomini
che
gli
mossero
incontro
e
gli
intimarono
di
fermarsi
.
Erano
Frank
Mannino
e
Nunzio
Badalamenti
,
l
'
amministratore
e
il
più
spietato
sicario
della
banda
Giuliano
,
che
ormai
poteva
disporre
di
non
più
di
sette
od
otto
gregari
.
I
tre
si
conoscevano
da
molto
tempo
,
perché
il
carrettiere
aveva
avuto
modo
in
passato
di
rendere
qualche
buon
servigio
ai
briganti
.
Mannino
e
Badalamenti
erano
usciti
dal
nascondiglio
avendo
appunto
ravvisato
in
lui
un
amico
.
Domandarono
:
«
Va
verso
Castelvetrano
vossìa
?
»
.
L
'
uomo
rispose
di
sì
.
I
briganti
gli
chiesero
allora
di
nasconderli
sul
carro
e
di
portarli
fino
alle
porte
del
paese
.
Così
furono
vuotate
due
ceste
(
quelle
che
si
usano
in
Sicilia
per
il
trasporto
dei
pomodori
sono
molto
grandi
,
a
tronco
dicono
,
alte
un
metro
e
cinquanta
,
e
larghe
alla
sommità
quasi
altrettanto
)
.
I
banditi
vi
si
accovacciarono
dentro
e
furono
coperti
coi
pomodori
.
Là
sotto
è
chiaro
che
riuscivano
a
respirare
ma
non
potevano
certo
vedere
.
E
di
lì
a
poco
,
quando
sentirono
il
cavallo
fermarsi
;
accettarono
per
vere
le
rassicuranti
spiegazioni
del
carrettiere
.
Il
veicolo
invece
sì
trovava
in
quel
momento
davanti
alla
caserma
dei
carabinieri
di
Alcamo
e
non
è
necessario
dire
come
finisse
la
storia
.
La
polizia
tenne
segreto
l
'
accaduto
,
Giuliano
non
seppe
che
altri
due
dei
suoi
uomini
erano
caduti
in
trappola
.
Ora
bisognerà
passare
sul
terreno
delle
congetture
.
Mannino
e
Badalamenti
andavano
a
Castelvetrano
.
A
fare
che
cosa
?
Conoscendo
l
'
epilogo
di
questa
storia
è
facile
arguire
che
ci
andassero
convocati
dal
loro
capo
e
quindi
che
sapessero
dove
questi
si
teneva
nascosto
.
In
carcere
possono
essere
stati
indotti
a
cantare
.
Uno
dei
due
(
Mannino
?
)
può
essersi
lasciato
convincere
a
tradire
il
suo
capo
,
a
consegnarlo
vivo
o
morto
.
Ecco
chi
era
il
compagno
di
Giuliano
la
notte
del
5
luglio
,
e
che
si
sia
parlato
di
quella
sua
misteriosa
scomparsa
subito
dopo
l
'
avvistamento
della
pattuglia
è
cosa
ovvia
.
Può
darsi
invece
che
la
verità
sia
un
'
altra
.
Il
traditore
non
si
sarebbe
affatto
allontanato
dal
suo
capo
,
ma
gli
sarebbe
stato
al
fianco
facendogli
da
guida
.
Lo
ha
portato
in
trappola
nel
luogo
prestabilito
,
dove
i
carabinieri
lo
attendevano
in
agguato
.
Giunti
i
due
sulla
soglia
del
cortile
la
situazione
si
faceva
oltremodo
difficile
e
pericolosa
:
se
la
guida
continuava
a
stare
vicina
al
capo
,
c
'
era
modo
di
finire
sotto
le
pallottole
degli
agenti
;
se
proprio
in
quel
momento
tentava
di
sganciarsi
da
lui
,
c
'
era
caso
che
,
intuendo
il
tradimento
,
Giuliano
facesse
fuoco
su
di
lui
.
Il
modo
migliore
di
cavarsela
per
un
'
anima
perversa
era
di
sparare
a
bruciapelo
sulla
pistola
del
capo
.
Ecco
così
spiegata
la
sequenza
dei
colpi
,
le
ferite
più
grosse
,
slabbrate
,
al
fianco
,
l
'
ombra
che
esce
di
corsa
dal
cortile
e
si
avvia
verso
la
campagna
,
dove
l
'
attende
un
'
auto
della
polizia
,
è
comprensibile
la
sua
fretta
di
tornare
in
carcere
.
Ma
la
grossa
macchia
di
sangue
sulla
schiena
,
la
tumefazione
di
alcune
ferite
e
la
freschezza
di
altre
,
l
'
essere
Giuliano
in
maglietta
senza
denaro
e
senza
orologio
sono
circostanze
che
non
si
spiegano
affatto
con
questa
storia
.
Allora
facciamo
un
passo
più
in
là
e
ascoltiamo
le
congetture
di
qualcuno
a
cui
non
piace
di
mettere
il
morso
alla
propria
fantasia
.
Mannino
o
Badalamenti
,
o
chiunque
sia
stato
il
traditore
,
entrò
nella
camera
dov
'
era
nascosto
Salvatore
Giuliano
,
ma
gli
mancò
il
coraggio
di
svegliarlo
e
di
condurlo
fuori
.
Preferì
sparargli
a
bruciapelo
nel
sonno
.
Poi
,
si
sa
:
a
nessuno
poteva
far
piacere
che
si
venisse
a
conoscere
un
così
brutto
episodio
.
Forse
anche
colui
che
ospitava
il
brigante
era
a
parte
del
primitivo
progetto
,
aveva
aderito
a
facilitare
la
cattura
e
non
si
poteva
ripagarlo
lasciandogli
in
casa
il
cadavere
(
quel
cadavere
)
fino
al
momento
in
cui
sarebbero
venuti
il
giudice
,
i
fotografi
,
i
becchini
.
Allora
lo
portarono
nel
cortile
di
via
Mannone
.
Spararono
.
Il
capitano
andò
a
bussare
alla
porta
e
gridò
che
gli
portassero
dell
'
acqua
per
un
ferito
perché
tutti
sentissero
che
Giuliano
non
era
morto
ancora
.
Queste
storie
si
sentono
raccontare
ad
ogni
ora
del
giorno
e
della
notte
per
le
strade
della
Sicilia
.
È
difficile
accertarle
.
Però
uno
che
sia
stato
sul
luogo
,
che
si
sia
chinato
a
guardare
il
corpo
di
Salvatore
Giuliano
steso
bocconi
in
mezzo
al
cortile
,
che
abbia
chiacchierato
un
poco
con
la
gente
di
via
Mannone
,
è
costretto
,
di
tanto
in
tanto
,
a
pensarci
.
StampaPeriodica ,
Torino
,
aprile
-
Ogni
tre
minuti
,
una
piccola
automobile
utilitaria
esce
dalle
sale
di
montaggio
della
FIAT
-
Mirafiori
.
La
portano
,
per
il
collaudo
,
sul
tetto
dello
stabilimento
,
dove
è
la
pista
di
prova
.
Ridiscende
nel
cortile
,
per
l
'
ultimo
controllo
.
Un
'
ora
dopo
la
caricano
su
un
autotreno
a
due
piani
che
ne
trasporta
trenta
alla
volta
;
o
su
uno
dei
vagoni
che
attendono
alla
stazione
del
Lingotto
.
Gli
autotreni
ed
i
carri
merci
partono
,
a
brevi
intervalli
,
con
il
loro
carico
di
macchine
nuove
,
e
c
'
è
sempre
qualche
operaio
che
s
'
affaccia
per
fare
un
gesto
festoso
di
saluto
.
Nelle
strade
più
vicine
allo
stabilimento
,
anche
le
donne
che
vanno
per
la
spesa
al
mercato
di
via
Nizza
si
voltano
soddisfatte
a
guardare
le
macchine
fresche
di
vernice
che
passano
,
affiancate
sui
due
piani
di
un
autocarro
,
minuscole
e
lucenti
come
giocattoli
.
Per
la
gente
del
Lingotto
,
il
successo
della
600
è
un
fatto
di
enorme
importanza
.
Un
motivo
d
'
orgoglio
.
Alla
costruzione
di
quelle
piccole
utilitarie
lavorano
,
direttamente
o
indirettamente
,
almeno
due
su
tre
dei
cinquantaseimila
dipendenti
della
grande
fabbrica
d
'
automobili
.
A
Torino
,
si
sente
dire
da
molti
che
la
clamorosa
vittoria
dei
sindacati
liberi
,
nelle
recenti
elezioni
delle
Commissioni
interne
della
FIAT
,
è
tutto
merito
della
600
.
Non
è
,
certo
,
un
'
affermazione
da
prendersi
alla
lettera
.
C
'
è
del
vero
,
tuttavia
.
Le
ragioni
che
hanno
fatto
perdere
tanti
voti
ai
candidati
comunisti
sono
parecchie
;
ed
alcune
hanno
avuto
,
senza
dubbio
,
molto
maggior
peso
.
Ma
ci
si
consenta
di
cominciare
di
qui
.
È
la
pagina
più
bella
di
questa
storia
.
Forse
,
la
più
confortante
.
I
dirigenti
della
FIAT
dicono
che
il
rendimento
delle
maestranze
è
notevolmente
aumentato
,
in
ogni
reparto
,
dal
giorno
in
cui
è
cominciata
la
costruzione
in
serie
della
600
.
La
grande
maggioranza
degli
operai
mostra
di
lavorare
con
entusiasmo
e
con
molto
maggiore
impegno
.
E
il
mutamento
è
così
profondo
che
non
basta
a
spiegarlo
la
promessa
di
premio
di
produzione
la
cui
entità
,
per
bene
che
vadano
le
cose
,
dovrà
essere
necessariamente
modesta
.
È
rimasto
lo
«
spirito
di
fabbrica
»
.
Li
esalta
e
li
inorgoglisce
il
successo
che
ha
incontrato
,
ovunque
,
la
vettura
utilitaria
.
Provatevi
a
dire
,
parlando
con
uno
del
Lingotto
,
che
la
600
è
una
trappoletta
!
Non
è
un
'
automobile
di
lusso
che
nasce
dalla
loro
fabbrica
,
ma
una
vetturetta
popolare
,
un
mezzo
di
lavoro
e
di
svago
che
anche
gente
di
condizioni
modeste
si
potrà
concedere
,
senza
eccessivi
sacrifici
.
Anche
il
piccolo
impiegato
,
l
'
operaio
specializzato
della
FIAT
:
perché
no
?
Quasi
tremila
di
essi
si
sono
già
prenotati
.
La
fabbrica
accorderà
loro
agevolazioni
speciali
e
una
più
lunga
rateizzazione
.
Andranno
allo
stabilimento
in
macchina
,
come
fanno
gli
operai
americani
.
Insomma
,
ogni
volta
che
stringono
un
bullone
o
spruzzano
una
«
mano
»
di
vernice
,
è
come
se
lavorassero
per
la
«
loro
»
automobile
.
Che
c
'
entra
,
questo
,
con
lo
scacco
della
FIOM
?
Ecco
:
sembra
che
i
sindacati
comunisti
pensassero
di
sabotare
la
costruzione
della
600;
della
vetturetta
che
ognuno
di
essi
sogna
di
possedere
,
che
già
considera
sua
.
La
votazione
per
la
nomina
delle
Commissioni
interne
ebbe
inizio
alla
mezzanotte
del
lunedì
,
nei
reparti
delle
Fonderie
,
dove
lavorano
tremilacinquecento
operai
e
più
di
quattrocento
impiegati
.
È
continuata
,
nelle
altre
fabbriche
,
per
tutta
la
giornata
seguente
,
senza
incidenti
di
rilievo
.
Era
un
fatto
grosso
;
e
le
organizzazioni
sindacali
avevano
iniziato
da
tempo
la
propaganda
elettorale
,
con
grande
impegno
e
con
insolita
larghezza
di
mezzi
.
Le
facciate
delle
case
torinesi
,
in
parecchi
quartieri
periferici
,
come
al
Lingotto
,
in
via
Nizza
,
o
alla
Madonna
di
Campagna
,
erano
coperte
di
manifesti
.
Nelle
ultime
settimane
erano
stati
tenuti
molti
comizi
ai
quali
,
in
genere
,
aveva
assistito
un
pubblico
scarso
e
distratto
.
Gli
agit
-
prop
lavoravano
,
da
un
pezzo
,
negli
stabilimenti
;
giravano
casa
per
casa
;
e
non
è
necessario
ripetere
di
quali
argomentazioni
si
servissero
.
È
stata
una
grossa
battaglia
,
insomma
,
condotta
da
entrambe
le
parti
,
con
ostinazione
e
con
irruenza
.
Ed
era
lecito
prevedere
che
i
sindacati
comunisti
avrebbero
perduto
terreno
anche
questa
volta
:
dall'80
per
cento
dei
voti
,
raccolto
nel
'48
,
erano
scivolati
al
66
per
cento
,
nel
'53;
al
63
per
cento
,
nel
1954
.
Quest
'
anno
,
forse
,
pensavano
i
più
informati
,
la
FIOM
,
filiazione
della
Confederazione
generale
del
lavoro
,
avrebbe
ottenuto
il
58
o
il
60
per
cento
dei
voti
.
Avrebbe
conservato
,
comunque
,
la
maggioranza
assoluta
.
È
stato
,
invece
,
il
tracollo
.
Soltanto
18.919
dipendenti
della
FIAT
hanno
votato
per
i
candidati
estremisti
;
mentre
le
liste
dei
sindacati
liberi
,
cioè
della
CISL
e
della
UIL
,
hanno
ottenuto
complessivamente
poco
meno
di
cinquantaduemila
voti
.
Il
successo
della
600
ed
il
rinato
«
spirito
di
fabbrica
»
,
come
si
è
detto
più
sopra
,
hanno
senza
dubbio
contribuito
alla
vittoria
dei
sindacalisti
democratici
nelle
elezioni
della
FIAT
;
ma
,
certo
,
non
è
lecito
pensare
che
siano
state
le
sole
cause
dell
'
imprevisto
capovolgimento
.
E
nemmeno
le
più
importanti
.
Fino
a
non
molto
tempo
fa
i
caporioni
comunisti
avevan
potuto
tenere
in
soggezione
i
compagni
di
lavoro
con
la
violenza
.
C
'
era
una
squadraccia
,
in
ogni
reparto
;
e
chi
non
accettava
supinamente
quell
'
umiliante
servitù
doveva
aspettarsi
ogni
sorta
di
angherie
.
Chi
osava
ribellarsi
in
maniera
più
aperta
;
i
crumiri
;
quelli
sui
quali
cadeva
il
sospetto
di
«
fare
il
gioco
dei
padroni
»
venivano
bastonati
al
primo
pretesto
.
E
molti
avevano
preso
la
tessera
del
partito
o
della
FIOM
,
per
paura
.
I
nomi
dei
pochi
iscritti
alla
CISL
ed
alla
UIL
erano
scritti
a
grossi
caratteri
su
cartelli
esposti
nelle
officine
;
e
sotto
all
'
elenco
c
'
erano
frasi
di
scherno
e
di
minaccia
.
Ma
la
disciplina
e
il
rispetto
della
libertà
,
a
poco
a
poco
,
erano
stati
di
nuovo
imposti
dagli
agenti
ai
quali
è
affidata
la
sorveglianza
delle
fabbriche
,
all
'
interno
;
e
dalle
squadre
di
poliziotti
che
,
nelle
giornate
di
torbidi
,
presidiano
i
piazzali
esterni
e
le
vie
di
accesso
.
Accadeva
sempre
più
di
rado
che
si
malmenasse
un
crumiro
,
che
si
sbarrasse
la
strada
ad
un
propagandista
della
CISL
o
della
UIL
.
Qualcuno
,
sentendosi
protetto
,
si
era
rifiutato
di
rinnovare
una
tessera
che
aveva
chiesto
senza
convinzione
,
a
scanso
di
guai
;
e
si
era
visto
che
,
nella
maggioranza
dei
casi
,
anche
i
più
accesi
attivisti
avevano
dovuto
rinunciare
a
mettere
in
atto
le
minacce
di
rappresaglia
.
Le
squadracce
facevano
sempre
meno
paura
.
Al
termine
di
una
settimana
di
disordini
,
molti
che
fino
allora
si
erano
supinamente
assoggettati
alla
dittatura
del
capocellula
cominciavano
ad
accorgersi
che
non
era
più
tanto
facile
trovare
una
risposta
valida
alle
lamentele
della
moglie
da
quando
,
due
anni
fa
,
la
FIAT
aveva
deciso
di
corrispondere
un
premio
di
duemila
lire
a
chi
si
fosse
recato
al
lavoro
,
nelle
giornate
di
sciopero
.
Le
donne
,
in
nove
casi
su
dieci
,
non
intendevano
ragioni
.
Anche
le
«
progressiste
»
mostravano
di
preferire
una
busta
paga
un
po
'
più
gonfia
del
consueto
alle
poche
centinaia
di
lire
del
sussidio
.
Poi
,
la
lotta
contro
i
sobillatori
comunisti
è
entrata
in
una
fase
più
dura
.
Per
arrivare
a
disfarsi
dei
più
scalmanati
la
FIAT
non
ha
dovuto
ricorrere
,
in
maniera
palese
,
a
pericolose
discriminazioni
.
Il
che
non
significa
che
abbia
sempre
agito
con
mano
leggera
.
Ma
era
nel
suo
diritto
,
dopo
tutto
.
In
parecchi
reparti
della
Grandi
Motori
,
qualche
mese
fa
,
sono
stati
dimezzati
í
turni
di
lavoro
.
Le
commesse
non
bastavano
,
per
mantenere
l
'
intero
stabilimento
in
piena
attività
.
Un
periodo
di
temporanea
disoccupazione
al
quale
,
si
diceva
,
dovevano
assoggettarsi
senza
distinzione
sia
gli
operai
devoti
che
i
riottosi
.
Ed
,
entro
il
termine
previsto
,
erano
state
concluse
,
infatti
,
trattative
per
importanti
forniture
.
Ma
soltanto
una
parte
delle
maestranze
era
stata
richiamata
;
nessuna
delle
pecore
nere
era
tornata
a
varcare
i
cancelli
della
fabbrica
:
per
esse
era
sempre
tempo
di
crisi
.
Ed
era
chiaro
che
sarebbe
durato
in
eterno
.
È
su
questo
episodio
che
poggiano
le
accuse
di
intimidazione
mosse
dai
giornali
comunisti
all
'
indomani
della
sconfitta
.
In
realtà
,
tra
le
maestranze
della
FIAT
era
nata
una
nuova
paura
.
Si
diceva
che
,
con
quello
stesso
sistema
,
sarebbe
stata
attuata
una
vasta
epurazione
in
tutti
gli
stabilimenti
del
grande
complesso
industriale
.
Non
era
certo
lecito
credere
che
si
potessero
licenziare
tutti
i
sessantatremila
dipendenti
che
,
nel
'54
,
avevano
dato
la
loro
adesione
alla
FIOM
;
ma
lo
spettro
della
disoccupazione
faceva
tremare
molti
;
e
più
degli
altri
,
forse
,
proprio
i
meno
compromessi
,
i
più
deboli
,
quelli
che
non
avevano
mai
avuto
una
convinzione
politica
.
Una
massa
,
cioè
,
di
molte
migliaia
.
Le
organizzazioni
comuniste
che
avevano
ottenuto
,
d
'
altra
parte
,
con
gli
scioperi
e
le
violenze
?
Durante
il
1954
,
nulla
.
Non
una
delle
rivendicazioni
da
esse
propugnate
era
stata
accolta
.
La
FIAT
,
invece
,
aveva
fatto
molte
concessioni
alla
CISL
ed
alla
UIL
.
Per
l
'
intervento
dei
sindacati
liberi
aveva
stipulato
accordi
sui
«
fuori
orario
»
e
sui
tempi
di
lavorazione
più
favorevoli
alle
maestranze
;
aveva
concesso
un
premio
straordinario
di
18.500
lire
;
aveva
promesso
di
costruire
duemilacinquecento
appartamenti
operai
,
con
una
spesa
di
otto
miliardi
.
Aveva
stanziato
in
bilancio
sette
miliardi
per
le
opere
assistenziali
,
invece
dei
tre
che
avrebbe
dovuto
versare
per
legge
.
A
provocare
il
crollo
della
FIOM
è
stata
la
paura
dell
'
epurazione
?
Sono
stati
quei
miliardi
?
Questo
,
forse
,
non
sarebbe
bastato
ad
aprire
una
così
larga
breccia
.
Gli
operai
torinesi
non
potevano
seguitare
a
fare
i
gradassi
senza
capire
che
,
a
lungo
andare
,
ne
sarebbero
stati
essi
stessi
le
vittime
.
Si
sono
stancati
.
Hanno
compreso
che
la
fortuna
della
loro
fabbrica
è
anche
la
loro
fortuna
.
Molte
migliaia
di
essi
sono
passate
risolutamente
dall
'
altra
parte
:
vogliono
lavorare
in
pace
.
Anche
perché
con
le
agitazioni
politiche
,
con
gli
scioperi
,
con
le
poche
centinaia
di
lire
del
sussidio
non
si
arriva
,
certo
,
a
pagare
le
rate
della
600
.