StampaPeriodica ,
Il
dibattito
su
«
socialismo
e
verità
»
che
si
è
svolto
sulle
pagine
di
«
Mondo
Operaio
»
durante
l
'
anno
1957
(
E
.
Agazzi
,
Socialismo
e
verità
,
«
Mondo
Operaio
»
,
1957
n
.
4;
G
.
Petronio
,
Ideologia
e
politica
,
ibid
.
,
n
.
5;
G
.
Tamburrano
,
Gli
intellettuali
e
la
«
via
democratica
»
,
ibid
.
,
n
.
7-8;
L
.
Della
Mea
,
Conoscenza
e
partecipazione
politica
,
ibid
,
n
.
9;
F
.
Diaz
,
Contro
lo
spirito
di
sistema
,
ibid
.
,
n
.
9;
G
.
Giannantoni
,
La
disputa
sulla
libertà
,
ibid
.
,
n
.
12
)
non
ha
,
a
dir
vero
,
acquistato
quella
profondità
e
soprattutto
quella
varietà
e
ampiezza
che
ci
si
sarebbe
potuto
attendere
,
data
l
'
urgenza
e
l
'
importanza
fondamentale
delle
questioni
in
gioco
.
E
anche
questo
può
essere
considerato
un
segno
assai
rivelatore
di
quel
«
ritardo
della
teoria
sulla
pratica
»
,
di
quella
«
inadeguatezza
delle
idee
alla
realtà
»
,
che
ad
esempio
Giuseppe
Tamburrano
e
Luciano
Della
Mea
hanno
rilevato
.
Sarebbe
stato
non
solo
auspicabile
,
ma
necessario
,
un
gran
numero
di
interventi
,
.
e
non
soltanto
da
parte
di
intellettuali
(
o
di
politici
che
sono
anche
intellettuali
)
,
ma
altresì
e
soprattutto
da
parte
degli
uomini
politici
che
più
degli
altri
hanno
il
peso
delle
attuali
responsabilità
.
Con
questa
considerazione
,
non
voglio
certo
mantenere
la
distinzione
tradizionale
,
giustamente
deprecata
da
Della
Mea
,
fra
intellettuali
e
politici
[
Mi
è
necessario
rilevare
che
,
contrariamente
a
quanto
ritiene
Della
Mea
non
è
stato
affatto
mia
intenzione
(
e
credo
neppure
quella
di
Tamburrano
)
distinguere
rigidamente
la
funzione
degli
intellettuali
da
quella
dei
politici
e
dei
militanti
;
ritengo
saper
ormai
riconoscere
di
primo
acchito
in
ogni
contrapposizione
del
genere
un
influsso
di
concezioni
liberali
(
Croce
insegni
!
)
.
La
funzione
degli
intellettuali
non
è
quindi
certo
quella
di
«
dare
profondità
e
lungimiranza
»
alle
«
operazioni
»
dei
politici
,
quasi
insegnandole
loro
dall
'
esterno
:
ma
di
sviluppare
,
collaborando
con
i
politici
e
i
militanti
apportando
in
tale
collaborazione
il
frutto
delle
loro
specializzazioni
tecniche
,
e
ricevendone
In
possibilità
di
mantenere
sempre
la
necessaria
concretezza
dell
'
impegno
pratico
-
politico
]
.
Ma
,
appunto
,
intendo
indicare
uno
dei
modi
di
avviare
a
quella
feconda
collaborazione
,
che
sola
permetterebbe
di
superare
,
nel
campo
della
prassi
sociale
,
tale
distinzione
,
che
di
fatto
tuttora
sussiste
anche
all
'
interno
delle
forze
del
movimento
proletario
.
Di
fatto
intellettuali
e
politici
sono
ancora
in
una
certa
misura
distinti
fra
loro
,
e
insieme
si
distinguono
ancora
dai
militanti
di
base
;
il
movimento
deve
operare
in
modo
riti
rendere
tali
distinzioni
sempre
meno
pesanti
e
rigide
,
mediandole
dialetticamente
,
in
un
processo
di
prassi
sociale
attraverso
cui
l
'
intellettuale
,
collaborando
col
politico
e
il
militante
,
riesca
sempre
più
a
divenire
egli
stesso
politico
,
egli
stesso
elemento
di
base
,
nella
stessa
misura
in
cui
gli
altri
divengono
intellettuali
.
Una
partecipazione
più
ampia
e
variata
a
questo
stesso
dibattito
,
presentando
diversi
punti
di
vista
,
permettendo
di
prendere
coscienza
di
problemi
ed
aspetti
che
possono
sfuggire
alla
prospettiva
necessariamente
unilaterale
dei
singoli
,
avrebbe
indubbiamente
potuto
permettere
di
conseguire
risultati
più
fecondi
e
impegnativi
.
Ad
ogni
modo
,
anche
con
queste
limitazioni
,
qualche
notevole
indicazione
sul
piano
della
teoria
è
pur
stata
raggiunta
,
qualche
problema
fondamentale
è
stato
posto
,
qualche
antitesi
si
è
venuta
delineando
.
In
primo
luogo
,
possiamo
constatare
un
generale
accordo
sulla
necessità
di
abbandonare
comode
formule
schematizzate
e
schematizzanti
,
per
riprendere
in
esame
i
problemi
del
socialismo
oggi
.
Tali
problemi
non
sono
stati
sollevati
di
bel
nuovo
dalla
crisi
verificatasi
nel
movimento
operaio
internazionale
ed
italiano
in
seguito
al
XX
Congresso
del
PCUS
e
al
«
rapporto
Krutsciov
»
(
anche
se
possiamo
ammettere
che
ne
siano
stati
riattualizzati
e
riacutizzati
)
.
Un
primo
ordine
di
problemi
da
affrontare
nuovamente
è
quindi
quello
derivante
dalla
fine
dello
stalinismo
,
col
mito
dello
stato
-
guida
e
del
modello
unico
di
ogni
partito
socialista
che
aspiri
a
conquistare
il
potere
e
a
divenire
stato
proletario
,
e
dalla
critica
delle
degenerazioni
burocratiche
dei
paesi
socialisti
dell
'
Europa
orientale
.
Le
stesse
esperienze
del
mondo
socialista
hanno
cioè
reso
necessaria
una
resa
dei
conti
,
un
'
analisi
critica
degli
aspetti
positivi
e
negativi
dei
metodi
seguiti
e
dei
risultati
raggiunti
,
onde
eliminare
il
pericolo
di
ricalcare
strade
che
si
sono
dimostrate
inefficaci
o
dannose
.
Un
secondo
ordine
di
problemi
,
è
quello
aperto
dallo
sviluppo
del
neocapitalismo
e
dei
nuovi
metodi
di
lotta
politica
e
sociale
da
esso
elaborati
:
che
rendono
necessario
adeguare
la
nostra
lotta
,
nella
strategia
e
nella
tattica
,
a
questa
svolta
decisiva
nella
politica
dell
'
avversario
,
il
quale
oggi
tende
a
non
servirsi
più
della
carta
fascista
,
ma
,
almeno
nelle
sue
espressioni
più
oculate
e
quindi
più
subdole
e
pericolose
,
del
«
trasformismo
»
o
«
riformismo
»
.
dell
'
acquisizione
di
strati
privilegiati
dell
'
aristocrazia
operaia
al
consolidamento
dell
'
egemonia
capitalistica
,
in
compenso
di
concessioni
che
possono
anche
avere
,
per
settori
limitati
,
una
abbastanza
notevole
ampiezza
.
In
secondo
luogo
si
è
avuto
,
in
generale
,
anche
l
'
accordo
sulla
esigenza
di
accettare
il
metodo
democratico
nella
costruzione
del
socialismo
.
Tuttavia
si
è
anche
posto
efficacemente
in
luce
la
necessità
di
non
ipostatizzare
determinati
concetti
storici
della
libertà
e
della
democrazia
in
ideali
eterni
,
in
forme
giuridiche
dichiarate
essenziali
non
a
un
certo
tipo
storico
di
democrazia
,
ma
alla
democrazia
tout
court
.
quasi
a
una
idea
perenne
di
democrazia
,
metastoricamente
sottratta
alle
diverse
vicissitudini
delle
società
umane
.
Si
è
invece
affermato
quasi
da
tutti
che
il
socialismo
dovrà
costruirsi
passo
a
passo
le
garanzie
giuridiche
formali
adatte
al
nuovo
tipo
di
democrazia
(
economico
-
sociale
,
e
non
meramente
politica
)
al
quale
esso
si
ispira
.
Con
ciò
si
è
dimostrato
di
saper
respingere
con
argomenti
estremamente
efficaci
l
'
accusa
tendenziosa
degli
avversari
del
socialismo
,
secondo
la
quale
(
come
sosteneva
il
Croce
)
per
i
socialisti
marxisti
libertà
e
democrazia
sarebbero
idee
borghesi
da
abbandonare
:
ciò
che
vogliamo
abbandonare
è
invece
soltanto
la
concezione
e
la
pratica
borghese
della
libertà
e
della
democrazia
,
che
non
risultano
in
alcun
modo
soddisfacenti
alle
nuove
esigenze
espresse
dal
proletariato
moderno
:
ciò
che
vogliamo
edificare
,
sono
appunto
le
tecniche
concretamente
atte
a
realizzare
un
nuovo
tipo
di
democrazia
la
democrazia
socialista
.
Per
questo
si
è
giustamente
insistito
sul
carattere
antisistematico
e
metodologico
del
materialismo
storico
,
e
quindi
,
implicitamente
e
anche
in
parte
esplicitamente
,
sulla
sua
continua
capacità
di
rielaborazione
e
correzione
,
non
secondo
un
eclettico
metodo
di
combinazione
riformistica
e
revisionistica
,
ma
attraverso
la
sempre
maggiore
consapevolezza
che
esso
va
prendendo
del
suo
carattere
,
appunto
,
di
metodologia
scientifica
.
E
nel
rilievo
sulla
necessità
di
impedire
ogni
irrigidimento
«
sistematico
»
,
attraverso
un
'
analisi
concretamente
storicistica
della
realtà
sociale
e
politica
(
resa
possibile
soltanto
dal
materialismo
storico
,
che
nelle
sue
più
critiche
formulazioni
è
la
forma
più
aperta
e
avanzata
di
pensiero
storicistico
)
,
appare
implicita
anche
la
condanna
di
quella
vera
e
propria
metafisicizzazione
del
metodo
marxistico
che
è
stato
(
ed
è
tuttora
)
il
materialismo
dialettico
,
nelle
forme
da
esso
assunte
,
e
imposte
,
nell
'
Unione
Sovietica
,
e
per
procura
all
'
interno
dei
partiti
di
stretta
osservanza
staliniana
.
Il
materialismo
dialettico
,
in
questa
sua
formulazione
particolarmente
sistematica
,
conduce
a
nuove
forme
di
dogmatismo
e
di
autoritarismo
,
che
sono
l
'
antitesi
completa
di
ciò
che
dobbiamo
intendere
per
democrazia
socialista
.
Un
disaccordo
,
di
fondamentale
importanza
,
si
è
però
manifestato
intorno
al
problema
delle
«
vie
al
socialismo
»
.
Infatti
Tamburrano
al
termine
di
una
breve
ma
precisa
analisi
degli
sviluppi
del
mondo
capitalistico
e
della
situazione
politica
internazionale
,
ha
scritto
:
«
I
mutamenti
avvenuti
nel
mondo
borghese
capitalistico
,
la
partecipazione
dei
lavoratori
alla
costruzione
dello
Stato
democratico
,
lo
stretto
legame
tra
attività
dello
Stato
e
del
capitale
,
la
importanza
sempre
maggiore
di
organismi
ed
istituti
pubblici
nella
economia
,
le
prospettive
del
progresso
tecnico
e
della
integrazione
economica
,
le
diverse
condizioni
internazionali
e
la
fine
dell
'
epoca
coloniale
,
hanno
fatto
tramontare
il
mito
,
che
ieri
fu
tattica
realistica
,
della
conquista
esterna
e
violenta
dello
Stato
.
Oggi
la
classe
lavoratrice
è
già
nell
'
interno
dello
Stato
democratico
borghese
:
deve
solo
appropriarsi
degli
istituti
politici
ed
economici
del
potere
per
usarlo
allo
scopo
di
creare
la
società
socialista
.
È
questo
il
senso
dell
'
accettazione
del
metodo
democratico
»
.
Ma
non
è
questa
proprio
una
ricaduta
nel
mito
giusnaturalistico
,
criticato
da
Giannantoni
,
che
nelle
forme
e
negli
istituti
assunti
dalla
democrazia
in
una
società
classista
borghese
crede
di
dover
trovare
il
modello
perenne
d
'
ogni
democrazia
,
indipendentemente
dal
carattere
peculiare
che
essa
assume
nel
suo
qualificarsi
variamente
come
democrazia
borghese
o
proletaria
?
Invero
lo
stesso
Tamburrano
dichiara
che
se
in
tal
modo
va
risolto
il
problema
del
dominio
,
il
problema
dell
'
egemonia
,
cioè
quello
della
costruzione
della
società
socialista
,
richiede
la
creazione
di
«
istituzioni
proletarie
capaci
di
assumere
in
proprio
la
maggior
parte
delle
iniziative
»
,
e
nel
frattempo
lo
sviluppo
dell
'
azione
educatrice
delle
masse
attraverso
organismi
collettivi
e
l
'
azione
individuale
,
onde
«
preparare
i
quadri
umani
e
gli
strumenti
organizzativi
necessari
alla
costruzione
socialista
,
per
sviluppare
il
"
consenso
attivo
"
al
socialismo
nella
società
civile
e
farne
un
fatto
popolare
non
solo
come
aspirazione
ma
nella
sua
concreta
realizzazione
»
.
Ma
se
la
struttura
politica
dello
Stato
non
è
,
rispetto
alle
forme
economiche
della
produzione
e
alle
forme
sociali
della
proprietà
,
che
una
sovrastruttura
(
la
quale
sarà
certamente
atta
a
garantire
il
buon
funzionamento
della
società
borghese
di
cui
è
frutto
,
ma
non
altrettanto
a
permettere
la
conquista
del
potere
da
parte
di
quelle
classi
che
la
società
borghese
stessa
vuole
anzitutto
tenere
perennemente
in
condizione
subalterna
)
,
non
è
facile
vedere
come
l
'
accettazione
del
metodo
democratico
intesa
in
questo
senso
permetterà
effettivamente
la
appropriazione
degli
istituti
politici
ed
economici
del
potere
.
Onde
la
replica
di
Della
Mea
,
che
accusa
questa
posizione
di
apriorismo
:
la
vita
democratica
al
socialismo
non
può
.
pena
il
suo
decadere
a
dogma
antistorico
,
essere
intesa
come
incondizionata
accettazione
delle
forme
storicamente
assunte
da
una
determinata
società
a
struttura
classista
,
ma
soltanto
come
«
ipotesi
di
lavoro
»
da
verificare
praticamente
e
scientificamente
,
nella
prassi
sociale
,
nell
'
esercizio
della
lotta
di
classe
.
Evidentemente
,
anche
questa
proposizione
andrà
intesa
in
un
senso
assai
circostanziato
e
determinato
.
Si
vorrà
dire
,
presumo
,
che
date
le
nuove
condizioni
sviluppantisi
oggi
nello
stesso
mondo
capitalistico
.
dati
i
nuovi
metodi
assunti
oggi
dall
'
avversario
di
classe
(
che
non
ricorre
più
alla
soluzione
antidemocratica
del
fascismo
,
ma
a
quella
che
,
almeno
formalmente
,
rispetta
le
regole
democratiche
del
riformismo
neocapitalistico
)
,
si
può
cercare
di
verificare
l
'
ipotesi
che
la
conquista
del
potere
da
parte
della
classe
operaia
possa
avvenire
utilizzando
le
medesime
forme
istituzionali
che
oggi
l
'
avversario
sta
adoperando
a
suo
vantaggio
.
Questa
stessa
ipotesi
della
possibilità
della
via
democratica
o
pacifica
al
socialismo
,
se
venisse
generalizzata
a
qualunque
tipo
di
tattica
e
strategia
usala
dall
'
avversario
e
a
qualunque
situazione
storica
,
assumerebbe
anch
'
essa
l
'
astrattezza
di
un
dogma
aprioristico
e
di
una
indebita
sistematizzazione
di
esperienze
circostanziate
,
e
per
di
più
sarebbe
retrospettivamente
falsificata
proprio
dal
fatto
che
fino
ad
ora
in
nessun
paese
del
mondo
la
società
socialista
ha
potuto
venir
edificata
attraverso
una
conquista
«
pacifica
»
del
potere
da
parte
del
proletariato
(
gli
stati
scandinavi
non
sono
ancora
affatto
stati
e
società
socialisti
,
anche
se
in
essi
la
democrazia
ha
assunto
decise
tendenze
sociali
)
.
La
questione
,
decisiva
,
che
a
questo
punto
si
pone
,
è
questa
:
la
svolta
riformistica
del
neocapitalismo
costituisce
obiettivamente
un
ostacolo
più
o
meno
,
difficile
da
superare
,
per
il
proletariato
,
sulla
via
della
conquista
del
potere
,
di
quello
che
era
costituito
dal
totalitarismo
fascista
?
La
risposta
a
questa
domanda
è
di
importanza
essenziale
:
perché
da
essa
dipende
la
decisione
se
il
tentativo
di
seguire
il
metodo
«
pacifico
»
per
conquistare
il
potere
economico
e
politico
possa
costituire
un
'
ipotesi
da
verificare
con
un
esperimento
che
costerebbe
certamente
anni
di
lunghe
e
difficili
lotte
,
oppure
un
'
ulteriore
maniera
di
perdere
occasioni
e
di
dilazionare
il
momento
della
costruzione
del
socialismo
in
un
indeterminato
e
problematico
futuro
,
acconciandosi
per
il
presente
a
svolgere
una
funzione
che
,
quali
che
fossero
le
formule
e
le
fraseologie
impiegate
con
maggiore
o
minore
abilità
rettorica
per
darle
vernice
di
socialismo
,
non
si
differenzierebbe
sostanzialmente
da
quella
ormai
tradizionalmente
e
miserevolmente
svolta
dalla
socialdemocrazia
tedesca
o
francese
(
per
non
parlare
neppure
di
quella
italiana
)
.
Resta
,
certamente
,
il
problema
della
maniera
onde
lo
stesso
proletariato
potrà
garantirsi
contro
le
degenerazioni
burocratiche
ed
antidemocratiche
,
una
volta
conquistato
il
potere
ed
iniziata
la
costruzione
della
società
socialista
:
problema
che
non
va
certamente
rinviato
a
dopo
la
conquista
del
potere
,
ma
affrontato
fin
d
'
ora
,
in
modo
da
precludere
l
'
eventualità
di
ripetere
gli
aspetti
negativi
degli
esperimenti
sovietici
,
denunciati
drammaticamente
al
XX
Congresso
del
PCUS
e
tragicamente
esplosi
nella
rivoluzione
ungherese
del
1956
.
E
in
questo
senso
ci
sembra
sostanzialmente
esatta
l
'
osservazione
di
Furio
Diaz
:
«
Oggi
noi
diciamo
che
,
a
seguito
di
certe
esperienze
della
stessa
conquista
del
potere
da
parte
del
movimento
socialista
,
il
rispetto
di
alcune
forme
democratiche
e
rappresentative
,
di
certe
norme
di
libertà
individuale
quali
si
sono
affermate
negli
Stati
borghesi
,
appare
indispensabile
per
assicurare
al
socialismo
stesso
la
sua
vittoria
,
secondo
quella
istanza
di
democrazia
e
di
superiore
libertà
umana
che
costituisce
il
suo
vero
fine
»
.
Sostanzialmente
esatta
,
ma
solo
se
intesa
nel
senso
che
si
tratta
,
appunto
,
di
alcune
forme
democratiche
e
rappresentative
,
di
certe
norme
di
libertà
individuale
:
non
del
sistema
democratico
borghese
in
blocco
,
quale
si
è
attuato
,
ad
esempio
,
in
Italia
attraverso
vicende
cui
spesso
la
democrazia
fu
presente
solo
di
nome
.
E
,
per
di
più
,
sottintendendo
che
,
qualora
le
organizzazioni
proletarie
potessero
elaborare
fin
d
'
ora
altri
metodi
di
controllo
democratico
atti
a
garantirla
contro
ogni
degenerazione
totalitaria
e
burocratica
,
esse
non
avrebbero
più
alcun
bisogno
di
rispettare
le
forme
della
democrazia
borghese
.
Per
il
proletariato
si
tratta
di
conquistare
il
potere
politico
garantendosi
contro
ogni
pericolo
di
cederlo
nuovamente
a
gruppi
burocratici
provenienti
dalle
sue
stesse
organizzazioni
.
Ma
questa
è
una
questione
che
riguarda
soltanto
il
proletariato
e
le
sue
organizzazioni
,
ed
alla
quale
la
borghesia
capitalistica
è
del
tutto
estranea
.
Ed
a
questo
problema
,
della
elaborazione
delle
nuove
istituzioni
proletarie
,
ben
diverso
da
quello
della
utilizzazione
delle
istituzioni
borghesi
da
parte
del
proletariato
,
era
dedicata
una
parte
essenziale
del
libro
di
Guiducci
,
dal
quale
il
dibattito
ha
preso
le
mosse
:
per
la
qual
ragione
esso
conserva
e
probabilmente
conserverà
a
lungo
un
valore
di
attualità
.