StampaPeriodica ,
Come
dobbiamo
giudicare
il
centro
-
sinistra
in
rapporto
ai
fini
socialisti
del
nostro
partito
?
Quali
risultati
e
vantaggi
dobbiamo
ripromettercene
per
poterlo
considerare
un
concreto
avanzamento
verso
il
socialismo
?
È
per
noi
uno
scopo
plausibile
e
ragionevole
l
'
unificazione
politica
del
movimento
operaio
in
un
solo
partito
?
Ecco
le
questioni
che
stanno
in
fondo
alla
polemica
svoltasi
fra
Paolicchi
e
Settembrini
sulle
pagine
di
questa
rivista
.
Credo
che
questa
polemica
abbia
sin
d
'
ora
almeno
due
meriti
incontestabili
:
la
volontà
di
sottrarre
questi
temi
alle
molte
improvvisazioni
giornalistiche
e
propagandistiche
che
vi
hanno
sparso
sopra
una
cortina
fumogena
,
e
il
fermo
proposito
di
avviare
una
ricerca
cooperante
intorno
ad
essi
,
senza
troppi
riguardi
per
i
codificati
luoghi
comuni
di
corrente
.
Il
che
ha
avuto
subito
dei
resultati
positivi
.
Il
primo
è
che
,
finalmente
,
si
stabilisce
e
si
accetta
come
base
di
discussione
che
,
comunque
sia
,
in
Italia
oggi
non
si
può
andare
avanti
se
non
passando
attraverso
il
centro
-
sinistra
.
Il
secondo
è
d
'
avere
concordemente
sbarazzato
il
terreno
dal
dilemma
,
fuorviante
finché
svolto
come
esercitazione
definitoria
-
nominalistica
:
assestamento
neo
-
capitalistico
o
avvio
al
socialismo
?
Sicché
in
luogo
di
sentir
disquisire
,
con
pudibondo
settarismo
,
se
convenga
al
movimento
operaio
impegnarsi
come
forza
di
sostegno
o
con
dirette
responsabilità
politiche
in
una
operazione
riformistica
che
negli
intendimenti
dei
nostri
interlocutori
mira
certamente
a
indebolire
le
forze
socialiste
,
potremo
ormai
discutere
concretamente
di
ciò
che
ci
convenga
fare
perché
,
malgrado
quegli
intendimenti
,
la
svolta
si
risolva
invece
nella
creazione
di
strumenti
e
di
condizioni
che
accelerino
e
facilitino
l
'
assunzione
del
potere
da
parte
di
queste
forze
.
Senonché
la
polemica
ha
anche
mostrato
come
,
pur
quando
si
ristabilisca
l
'
accordo
su
questi
punti
e
pur
all
'
interno
di
una
comune
accettazione
della
svolta
,
non
sian
pochi
i
temi
su
cui
permangono
dissensi
abbastanza
rilevanti
:
temi
su
cui
,
fra
l
'
altro
,
regna
talora
nelle
nostre
file
una
pericolosa
confusione
.
Che
si
deve
pensare
quando
fra
noi
,
sia
pure
in
dibattiti
orali
,
si
è
costretti
a
dover
prendere
seriamente
in
considerazione
timori
e
preoccupazioni
di
compagni
che
si
domandano
se
,
per
avventura
,
il
rapido
possente
sviluppo
delle
lotte
di
massa
non
rischi
di
scuotere
le
basi
della
nuova
formula
governativa
;
sicché
(
talora
neppure
ci
si
accontenta
di
sottintenderlo
)
il
nostro
compito
dovrebbe
essere
un
po
'
quello
di
Ferrer
,
onde
evitare
che
scelte
travagliate
o
scosse
troppo
rudi
facciano
mancare
prematuramente
il
terreno
sotto
i
piedi
alla
storica
svolta
,
spaurendo
quei
nostri
partners
che
,
invece
,
dall
'
esperimento
si
ripromettono
un
temperamento
della
lotta
di
classe
,
e
fornendo
loro
pretesti
per
ritrarsene
e
lasciare
a
mezzo
l
'
esecuzione
degli
impegni
?
E
che
dire
di
quei
compagni
che
assegnano
alla
nuova
formula
una
prospettiva
pluridecennale
e
vanno
additando
le
tappe
che
essa
potrebbe
percorrere
,
poniamo
,
fra
quindici
anni
?
O
dei
diffusi
,
più
o
meno
ingenui
,
entusiasmi
per
l
'
«
apertura
»
,
la
a
modernità
»
etc
.
,
di
molti
gruppi
cattolici
?
Non
v
'
è
dubbio
che
è
in
atto
nel
partito
,
o
almeno
in
certi
suoi
settori
,
una
pericolosa
contaminazione
dei
nostri
fini
specificamente
socialisti
con
quelli
che
al
centro
-
sinistra
assegnano
invece
le
forze
politiche
con
cui
stiamo
collaborando
.
Se
è
così
,
urge
fra
noi
una
rigorosa
opera
correttiva
;
ed
è
auspicabile
che
la
polemica
iniziata
offra
il
destro
a
numerosi
e
autorevoli
interventi
chiarificatori
su
queste
questioni
.
Non
vedo
perché
si
dovrebbe
lasciare
solo
ai
compagni
della
sinistra
l
'
esclusiva
di
denunziare
e
criticare
gli
equivoci
che
possono
rampollare
da
una
indiscriminata
adesione
al
nuovo
corso
.
Ecco
intanto
un
punto
preliminare
.
Il
centro
-
sinistra
non
è
il
socialismo
,
consentono
Paolicchi
e
Settembrini
.
Ciò
implica
per
entrambi
,
se
non
erro
,
che
esso
deve
essere
considerato
una
fase
il
più
possibile
transitoria
,
giustificabile
in
quanto
generi
appunto
condizioni
più
idonee
alla
nostra
lotta
socialista
.
Vedremo
più
avanti
quali
conseguenze
si
possono
ricavare
da
queste
premesse
.
Per
il
momento
è
il
caso
invece
di
chiedersi
se
vi
può
essere
qualcosa
in
comune
fra
questa
tesi
e
quella
adombrata
su
questa
stessa
rivista
dal
compagno
De
Martino
(
n
.
3
,
1962
,
pp.
1-4
)
.
Parte
questi
dalla
generica
premessa
che
tutte
le
conquiste
democratiche
costituiscono
progressi
verso
il
socialismo
;
e
sostiene
più
avanti
che
oggi
la
lotta
per
la
democrazia
si
può
e
si
deve
condurre
in
Italia
col
partito
cattolico
;
poiché
fra
noi
e
questo
non
vi
sono
insuperabili
antagonismi
di
classe
.
Così
poste
,
queste
affermazioni
possono
avere
una
sola
conclusione
,
non
espressa
dall
'
autore
ma
evidente
dal
contesto
:
che
ormai
noi
possiamo
condurre
(
o
addirittura
stiamo
già
conducendo
?
)
una
lotta
per
il
socialismo
in
solidale
concordia
con
la
democrazia
cristiana
,
senza
trovare
in
questo
partito
alcun
impedimento
sostanziale
e
senza
che
si
renda
necessaria
una
radicale
modificazione
della
sua
struttura
e
dei
suoi
programmi
.
Il
De
Martino
si
è
irritato
per
un
fraintendimento
del
Settembrini
;
ma
quale
altro
succo
si
può
ricavare
da
questo
,
e
ancor
più
dall
'
altro
suo
articolo
in
cui
egli
si
compiace
visibilmente
che
nelle
ultime
elezioni
la
democrazia
cristiana
non
abbia
sostanzialmente
perso
voti
?
(
Mondo
operaio
,
1962
,
n
.
6
,
pp.
1-2
)
.
È
evidente
in
ogni
caso
che
per
lui
la
riduzione
del
peso
elettorale
della
democrazia
cristiana
ha
cessato
di
essere
,
almeno
dichiaratamente
,
un
compito
preminente
della
nostra
lotta
,
una
condizione
preliminare
per
un
ulteriore
sviluppo
della
democrazia
in
Italia
.
Se
la
DC
è
una
forza
democratica
sostanzialmente
omogenea
a
noi
ecco
che
una
prosecuzione
indefinita
e
un
'
estensione
quantitativa
della
nostra
collaborazione
con
essa
è
ipotizzabile
come
condizione
idonea
e
sufficiente
a
pacifiche
e
definitive
conquiste
democratiche
,
e
non
solo
democratiche
ma
socialiste
.
De
Martino
replica
a
Settembrini
di
essere
ben
consapevole
del
vario
prevalere
,
all
'
interno
della
DC
e
del
movimento
cattolico
,
di
correnti
di
volta
in
volta
democratiche
o
conservatrici
,
o
anche
reazionarie
.
Ciò
che
importa
però
-
egli
implica
-
è
creare
le
condizioni
per
un
trionfo
delle
prime
;
e
la
condizione
massima
è
evidente
,
anche
per
lui
,
un
atteggiamento
nostro
che
offra
ad
esse
la
possibilità
di
collaborare
,
e
dal
quale
possano
trarre
coraggio
e
forza
.
Non
credo
però
che
si
possa
ricavare
grande
profitto
da
questa
generalità
sulla
quale
tutti
possiamo
essere
d
'
accordo
.
Si
tratta
infatti
di
vedere
cosa
possiamo
aspettarci
concretamente
dalla
democrazia
cristiana
finché
essa
mantiene
il
suo
quadro
interclassista
.
È
certamente
possibile
che
la
DC
assuma
un
atteggiamento
assai
più
sollecito
e
attivo
verso
i
problemi
delle
classi
lavoratrici
;
è
possibile
che
essa
porti
avanti
alcune
riforme
,
anche
affrontando
attriti
con
quelle
frazioni
del
capitalismo
nazionale
che
testardamente
tentassero
di
ostacolare
questo
suo
disegno
.
È
possibile
che
essa
giunga
a
liquidare
gradualmente
il
personale
politico
più
provinciale
e
inadatto
a
interpretare
una
società
tecnicamente
avanzata
,
o
lo
releghi
in
posizioni
marginali
.
È
possibile
anche
,
lì
dentro
,
che
in
certe
circoscritte
situazioni
di
punta
trionfino
posizioni
come
quelle
di
Donat
Cattin
,
quando
il
seguire
una
strada
diversa
rischierebbe
di
far
franare
la
base
elettorale
del
partito
.
Ma
una
cosa
non
è
possibile
alla
DC
finché
essa
,
nella
selezione
del
personale
politico
,
nel
quadro
ideologico
etc
.
,
manterrà
fermo
il
suo
interclassismo
programmatico
:
non
è
possibile
il
coordinamento
istituzionale
e
organico
di
tutto
il
partito
alle
esigenze
del
mondo
del
lavoro
,
in
modo
da
assegnare
ad
esso
la
supremazia
nei
fini
sociali
e
da
condurlo
alla
direzione
politica
ed
economica
della
società
nazionale
.
E
ciò
non
è
possibile
perché
l
'
interclassismo
della
DC
non
è
il
tentativo
di
trovare
una
mediazione
e
un
raccordo
fra
gli
interessi
di
diverse
classi
lavoratrici
(
in
questo
senso
anche
il
PSI
e
il
PCI
sono
interclassisti
,
ed
è
bene
che
lo
siano
)
,
ma
è
una
mediazione
programmatica
fra
gli
interessi
delle
classi
lavoratrici
da
un
Iato
e
quelli
,
dall
'
altro
,
delle
oligarchie
capitalistiche
,
non
solo
,
ma
anche
,
per
molti
aspetti
,
delle
retrive
e
parassitarie
aggressioni
d
'
interessi
.
Non
vi
è
nessuna
possibilità
che
questa
forma
di
interclassismo
venga
mai
abbandonata
spontaneamente
dai
gruppi
dirigenti
della
DC
.
E
ciò
per
una
ragione
elementare
forse
ma
sostanziale
:
che
nessuna
forza
politica
molla
mai
spontaneamente
lo
strumento
precipuo
del
proprio
potere
elettorale
.
Né
va
dimenticato
un
altro
limite
delle
possibilità
democratiche
della
DC
:
che
essa
istituzionalmente
,
come
partito
di
cattolici
,
si
fa
strumento
per
la
conformazione
della
compagine
sociale
a
fini
eterogenei
normativamente
fissati
dalla
Chiesa
ai
credenti
per
es.
sul
piano
del
costume
(
ma
non
solo
su
quello
)
.
Perciò
essa
rappresenta
positivamente
un
ostacolo
alla
attuazione
di
alcune
conquiste
civili
che
,
farebbe
bene
sentirlo
rammentare
ogni
tanto
dalla
nostra
stampa
,
costituiscono
fattori
irrinunziabili
di
una
evoluzione
,
non
dico
socialista
,
ma
autenticamente
democratica
della
società
italiana
:
il
divorzio
e
la
supremazia
della
scuola
statale
laica
,
tanto
per
fare
qualche
esempio
.
Questione
del
tutto
diversa
è
naturalmente
la
possibilità
che
i
cattolici
,
anche
moltissimi
cattolici
,
raggiungano
individualmente
per
autonomo
processo
di
coscienza
,
posizioni
avanzatissime
nelle
materie
sociali
e
politiche
;
che
essi
giungano
anzi
a
porsi
il
problema
dello
svincolamento
dalle
direttive
politiche
-
sociologiche
della
Chiesa
,
qualora
queste
sembrino
loro
sacrificare
esigenze
insopprimibili
dello
sviluppo
sociale
,
con
grave
danno
per
la
stessa
influenza
evangelica
della
Chiesa
.
Personalmente
penso
anzi
che
In
visione
religiosa
del
mondo
contenga
in
sé
indefinite
capacità
di
alimentare
la
rivolta
della
coscienza
morale
contro
l
'
ingiustizia
e
l
'
oppressione
:
ciò
naturalmente
non
vale
per
i
sepolcri
imbiancati
e
i
mercanti
nel
tempio
.
Evoluzioni
cosiffatte
però
non
sono
possibili
entro
il
quadro
interclassista
della
DC
:
esse
non
vi
si
sviluppano
per
partenogenesi
.
Anzi
incontrano
là
dentro
il
terreno
più
ostico
e
spinoso
.
È
nostro
compito
centrale
,
evidentemente
,
rendere
possibile
quel
trionfo
definitivo
e
irreversibile
delle
tendenze
democratiche
del
cattolicesimo
italiano
,
che
non
è
attuabile
per
maturazione
autonoma
della
democrazia
cristiana
.
Paolicchi
afferma
che
nostro
scopo
è
promuovere
,
mediante
il
centro
-
sinistra
,
una
modificazione
del
generale
quadro
politico
italiano
;
e
precisa
che
però
non
possiamo
determinare
se
questo
debba
avvenire
per
mutamento
degli
indirizzi
dei
partiti
o
per
ridimensionamento
elettorale
.
Ecco
il
primo
dei
due
punti
su
cui
non
sono
d
'
accordo
con
le
idee
da
lui
espresse
.
Altra
cosa
è
poter
prevedere
un
risultato
,
altra
formulare
con
rigore
un
fine
politico
e
perséguirlo
con
ogni
sforzo
.
Ritengo
che
per
quanto
riguarda
la
DC
il
fine
da
perseguire
come
condizione
essenziale
per
modificare
sostanzialmente
a
nostro
vantaggio
il
quadro
politico
italiano
sia
il
ridimensionamento
elettorale
.
Senza
di
questo
,
non
solo
non
possiamo
estendere
la
fiducia
nelle
possibilità
democratiche
della
DC
alla
fase
del
passaggio
al
socialismo
(
sul
che
Paolicchi
è
d
'
accordo
)
;
ma
dobbiamo
limitarla
drasticamente
anche
per
la
fase
attuale
di
riforme
democratiche
o
d
'
avvio
e
preparazione
degli
strumenti
per
la
programmazione
economica
.
Per
ridimensionamento
intendo
appunto
la
riduzione
della
base
sociologica
ed
elettorale
del
partito
cattolico
a
termini
che
rendano
possibile
quel
trionfo
definitivo
e
irreversibile
dei
nuclei
democratici
,
a
cui
ho
fatto
cenno
.
Questo
era
sessanta
anni
fa
il
programma
del
Murri
:
non
vedo
perché
non
debba
essere
per
noi
uno
scopo
da
perseguire
ad
ogni
costo
.
Ogni
contatto
che
forze
esterne
hanno
stabilito
col
movimento
cattolico
nel
suo
insieme
prendendolo
come
interlocutore
globalmente
valido
,
senza
prefiggersi
e
perseguire
tale
fine
,
ha
finito
per
concludersi
non
già
con
un
rafforzamento
bensì
con
un
indebolimento
e
un
soffocamento
dei
nuclei
più
avanzati
operanti
nel
suo
interno
.
Sarebbe
paradossale
se
,
partiti
dal
giusto
concetto
di
dar
forza
e
coraggio
alla
sinistra
cattolica
,
finissimo
per
creare
le
condizioni
per
una
sua
ennesima
sconfitta
.
Per
chiarir
questo
punto
occorre
(
mettendo
da
parte
le
sviolinate
sulla
«
lealtà
»
di
Moro
etc
.
)
determinare
con
precisione
,
e
dire
chiaramente
al
partito
che
cosa
si
propone
la
democrazia
cristiana
e
cosa
si
aspetta
dall
'
attuale
esperimento
.
La
pronta
,
entusiastica
risposta
che
si
ode
di
frequente
nelle
nostre
file
è
:
riscoprendo
la
sua
vocazione
democratica
e
popolare
,
essa
si
propone
alcune
fondamentali
riforme
etc.
Cerchiamo
di
non
confondere
i
mezzi
col
fine
.
Finché
ha
potuto
governare
senza
quelle
riforme
la
DC
ne
ha
fatto
volentieri
a
meno
:
i
gruppi
politici
,
si
sa
,
sono
particolarmente
immobilisti
.
In
realtà
,
fa
sorridere
doverlo
rammentare
e
non
vederlo
invece
quotidianamente
scritto
sull
'
Avanti
!
,
la
DC
si
prefigge
mediante
tali
riforme
,
di
conservare
e
,
se
possibile
,
estendere
il
proprio
controllo
sulle
leve
del
potere
statale
e
sulle
varie
istanze
della
società
civile
;
e
sarebbe
assai
inetta
se
invece
si
prefiggesse
il
contrario
!
Le
riforme
appunto
a
questo
le
servono
:
a
edificare
una
base
più
salda
e
normale
al
proprio
predominio
politico
,
liquidando
quanto
più
è
possibile
delle
tare
,
disfunzioni
,
anchilosi
del
sistema
capitalistico
che
cominciavano
a
rendere
precaria
la
stabilità
del
potere
.
Certo
per
effettuare
tale
dislocazione
essa
deve
patteggiare
con
noi
;
deve
anche
suscitare
i
furori
di
molti
nuclei
capitalistici
.
Ma
questo
rientra
tra
i
mezzi
non
tra
i
fini
.
In
ogni
caso
il
suo
scopo
,
dichiarato
del
resto
,
è
ristabilire
su
basi
nuove
e
più
avanzate
la
propria
funzione
mediatrice
fra
classi
antagonistiche
.
Se
si
potesse
compendiare
in
un
quadro
sommario
l
'
ideale
normativo
che
guida
il
ceto
dirigente
democristiano
,
il
modello
sociale
che
questo
pone
come
termine
dell
'
esperimento
in
corso
,
credo
che
l
'
immagine
che
si
ricava
dalla
Mater
et
Magistra
possa
essere
assai
indicativa
a
tal
fine
.
Una
società
indubbiamente
diversa
da
quella
patriarcale
vagheggiata
fino
a
qualche
tempo
fa
,
economicamente
sviluppata
,
tecnicamente
efficiente
,
con
settori
di
economia
pubblica
atti
a
fungere
da
regolatori
e
garanti
del
più
organico
e
stabile
funzionamento
di
una
macchina
economica
rimasta
privatistica
nelle
sue
mura
maestre
;
una
società
con
benessere
diffuso
,
in
cui
possano
sussistere
forse
anche
particolari
forme
di
intervento
conclusivo
degli
organismi
sindacali
dei
lavoratori
;
ma
in
cui
più
estesamente
ed
efficacemente
che
mai
,
tutto
il
complesso
delle
differenti
istanze
sociali
sia
,
per
così
dire
,
gestito
e
regiato
da
una
sorta
di
tecnocrazia
di
formazione
cattolica
,
garante
del
mantenimento
dell
'
equilibrio
politico
interclassista
,
capace
di
riassumere
e
di
conciliare
con
un
compromesso
permanente
le
istanze
democratiche
delle
classi
lavoratrici
e
l
'
impalcatura
gerarchico
-
autoritaria
e
antidemocratica
imposta
dal
collegamento
organico
con
le
grandi
centrali
del
potere
economico
.
Non
è
difficile
scorgere
che
questo
modello
presenta
tutti
i
caratteri
di
una
delle
tipiche
società
opulente
dell
'
occidente
,
economicamente
efficienti
ma
socialmente
e
politicamente
sclerotiche
,
rigidamente
classiste
e
gerarchizzate
:
una
società
corporativa
ad
alto
livello
insomma
,
di
un
corporativismo
che
non
ha
bisogno
di
ricorrere
alle
forme
esternamente
coattive
di
quello
fascista
.
La
condizione
suprema
per
realizzare
questo
schema
è
naturalmente
che
la
DC
e
la
classe
dirigente
cattolica
mantengano
saldamente
in
pugno
per
tutta
la
fase
del
trapasso
,
tutte
le
leve
veramente
determinanti
del
potere
e
insieme
gli
strumenti
formativi
e
orientativi
dello
spirito
pubblico
.
Su
tali
condizioni
la
DC
non
ammette
transazioni
.
Non
occorre
ricordare
la
ferrea
intransigenza
di
cui
ha
dato
prova
in
occasione
dell
'
elezione
presidenziale
.
Fare
certe
riforme
è
un
conto
:
servono
a
noi
è
vero
ma
servono
anche
ad
essa
,
ciascuno
le
interpreti
come
gli
garba
;
mollare
strumenti
reali
del
potere
è
un
altro
,
e
su
questo
non
si
discute
.
Ma
un
esempio
vivente
è
la
sua
politica
scolastica
,
perché
nella
creazione
del
suo
tipo
di
scuola
,
di
una
scuola
conforme
alla
sua
ideologia
,
essa
scorge
non
a
torto
la
condizione
principale
per
la
formazione
di
una
classe
dirigente
atta
ai
compiti
che
si
prefigge
.
La
scuola
italiana
,
si
sa
,
è
una
ruina
mesta
.
La
DC
vuole
però
in
primo
luogo
far
passare
il
principio
della
libertà
e
parità
della
scuola
confessionale
;
questo
è
per
lei
il
fine
essenziale
dinanzi
al
quale
l
'
apprestamento
di
una
riforma
e
di
un
risanamento
organico
dell
'
edificio
scolastico
(
di
cui
ogni
mese
che
passa
fa
crollare
irrimediabilmente
un
nuovo
muro
)
è
una
cosa
che
può
aspettare
indefinitamente
,
se
per
intraprendere
oggi
l
'
opera
di
ricostruzione
bisogna
accedere
a
un
compromesso
sui
principi
con
forze
di
orientamento
opposto
.
E
infatti
,
come
se
i
quindici
anni
di
sgretolamento
e
di
crisi
non
bastassero
,
l
'
inizio
di
organici
provvedimenti
di
riforma
scolastica
viene
rimandato
al
'65
,
garantendosi
intanto
alcuni
precedenti
preziosi
perché
in
quel
momento
la
riforma
possa
corrispondere
interamente
ai
fini
suddetti
.
Il
mantenimento
dell
'
egemonia
politica
è
un
principio
sacramentale
per
la
democrazia
cristiana
,
e
condiziona
non
solo
i
fini
generali
che
essa
assegna
alla
svolta
intrapresa
,
ma
anche
i
modi
in
cui
questa
avviene
,
le
cautele
e
le
ambiguità
attraverso
cui
procede
.
La
svolta
,
si
è
detto
,
significa
per
la
DC
una
dislocazione
delle
basi
del
potere
,
promuovendo
nuove
riforme
di
direzione
e
liquidando
quelle
tare
funzionali
del
sistema
economico
che
rischiavano
di
vanificare
la
possibilità
di
una
direzione
politica
interclassista
.
Se
il
trasferimento
delle
basi
del
potere
,
negli
intendimenti
del
partito
cattolico
,
si
proponesse
,
sia
pur
mantenendo
in
vita
centri
autonomi
di
gestione
economica
privatistica
,
il
che
è
certo
inevitabile
in
una
economia
mista
,
di
ingabbiarne
però
saldamente
l
'
arbitrio
entro
un
quadro
vincolante
che
riservi
allo
stato
la
fissazione
dei
fini
produttivi
generali
e
delle
fondamentali
scelte
sociali
e
la
coordinazione
di
questi
agli
interessi
delle
classi
lavoratrici
;
se
insomma
il
trasferimento
delle
basi
del
potere
accettasse
a
cuor
leggero
la
rottura
del
quadro
interclassista
del
partito
,
l
'
operato
della
DC
sarebbe
assai
più
rapido
,
deciso
,
rettilineo
.
Invece
essa
non
vuole
né
può
permettersi
di
perdere
i
contatti
con
nessuna
frazione
del
corpo
sociale
,
e
soprattutto
non
vuole
urtarne
troppe
nello
stesso
momento
.
Irrita
gli
elettrici
ma
deve
rassicurare
gli
altri
che
ormai
di
nazionalizzazioni
non
se
ne
parlerà
più
;
e
questo
potrebbe
anche
giustificarsi
tatticamente
in
particolari
circostanze
.
Ma
ciò
che
più
urta
in
questa
tortuosa
,
equilibristica
opera
di
riassestamento
politico
è
il
vedere
da
molti
segni
che
non
sono
solo
i
grandi
monopoli
i
gruppi
con
cui
la
DC
non
vuol
perdere
i
contatti
:
ma
sono
tanti
e
tali
settori
della
società
italiana
da
indurre
a
chiedersi
quale
potrà
essere
mai
il
rinnovamento
prefigurato
da
consimili
complicità
,
tolleranze
,
solidarietà
persistenti
.
La
DC
ha
bisogno
di
non
perdere
le
simpatie
della
parte
più
intimamente
reazionaria
della
polizia
e
delle
forze
armale
e
dà
la
medaglia
ai
fucilatovi
di
Modena
;
ha
bisogno
di
non
perdere
i
contatti
rum
le
peggiori
clientele
camorristiche
,
e
fa
la
giunta
coi
lamini
;
ha
bisogno
di
essere
sostenuta
persino
dalle
infime
sottospecie
di
capitalismo
parassitario
e
cerca
dii
farsi
perdonare
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
difendendo
a
suon
di
mitra
dagli
operai
in
sciopero
un
industrialotto
di
provincia
.
E
non
vorrei
anticipare
giudizi
su
ciò
che
essa
sarà
capace
di
fare
contro
i
criminali
che
si
arricchiscono
mediante
l
'
avvelenamento
sistematico
di
milioni
di
consumatori
.
Quando
questo
scritto
uscirà
tutti
avranno
avuto
modo
di
giudicare
quanto
del
fervore
verbale
di
questi
giorni
potrà
essere
trapassato
nella
legge
che
si
sta
predisponendo
contro
le
frodi
alimentari
.
I
fini
specifici
che
la
DC
propone
all
'
operazione
in
corso
,
i
modi
attraverso
cui
tenta
di
raggiungerli
,
confermano
che
la
permanenza
del
piano
politico
interclassista
limita
le
possibilità
democratiche
di
questo
partito
non
solo
per
la
fase
in
cui
potremo
affrontare
la
costruzione
delle
basi
di
un
regime
socialista
,
ma
anche
nel
breve
esperi
mento
attuale
.
Sembrerebbe
a
questo
punto
che
ci
trovassimo
risospinti
nel
bel
mezzo
delle
vecchie
discussioni
sulla
DC
come
pericolosa
interprete
nel
suo
complesso
del
più
ingannevole
e
più
agguerrito
piano
neocapitalistico
etc.
etc.
Sembrerebbe
che
si
ritornasse
all
'
alternativa
secondo
cui
i
partiti
sono
o
conservatori
o
socialisti
;
al
che
Paolicchi
osserva
giustamente
che
vi
sono
molte
possibilità
intermedie
e
che
la
realtà
non
è
così
schematica
.
Ma
è
un
discorso
interamente
diverso
quello
che
qui
si
sta
facendo
.
Io
do
per
scontata
la
volontà
democratica
di
una
parte
della
DC
,
di
quella
parte
,
poniamo
,
più
direttamente
collegata
al
mondo
del
lavoro
,
più
capace
di
intendere
e
soffrire
i
problemi
del
mondo
di
oggi
;
non
credo
che
per
questa
parte
si
possa
parlare
neppure
di
un
piano
machiavellico
per
disfare
il
movimento
operaio
.
Ciò
che
contesto
e
nego
recisamente
è
:
1
)
che
essa
abbia
raggiunto
la
coscienza
che
la
condizione
essenziale
per
la
vittoria
delle
proprie
esigenze
sia
la
dissociazione
dalla
parte
conservatrice
e
reazionaria
del
proprio
partito
;
che
insomma
essa
sia
uscita
dal
cerchio
magico
della
sociologia
interclassista
;
2
)
che
sia
possibile
un
avanzamento
reale
della
democrazia
nel
nostro
paese
.
la
creazione
di
una
società
e
di
uno
stato
autenticamente
democratici
,
senza
che
sia
frantumato
per
sempre
nelle
mani
della
destra
lo
strumento
formidabile
che
le
è
dato
dal
poter
coordinare
in
permanenza
entro
un
solo
partito
politico
le
spinte
delle
classi
lavoratrici
e
l
'
egemonia
dei
monopoli
.
Non
nego
che
un
partito
di
cattolici
possa
e
debba
essere
partner
inevitabile
,
anzi
necessario
,
nella
lotta
per
la
democrazia
,
nella
lotta
stessa
per
il
socialismo
.
Nego
invece
che
esso
possa
essere
un
partito
interclassista
nel
senso
in
cui
lo
è
la
DC
.
Finché
l
'
ipotesi
della
rottura
di
questo
interclassismo
non
è
giunta
a
diventare
un
piano
politico
consapevole
da
parte
dei
cattolici
democratici
ogni
chiarificazione
là
dentro
incontrerà
dei
limiti
invalicabili
.
Se
questi
limiti
sono
veri
,
che
senso
ha
allora
,
come
fa
De
Martino
,
dire
che
fra
noi
e
la
DC
,
data
la
base
di
massa
di
questo
partito
,
non
esistono
insuperabili
contrasti
di
classe
,
e
che
la
stessa
sociologia
cristiana
non
può
essere
considerata
da
noi
marxisti
alla
stregua
del
liberalismo
tradizionale
?
Se
contrasti
di
classe
non
esistono
fra
noi
e
la
DC
perché
la
dentro
ci
sono
contadini
,
operai
etc.
allora
non
ne
esistono
neppure
fra
noi
e
il
MSI
.
Non
è
la
base
sociologica
che
decide
della
natura
di
un
partito
quanto
piuttosto
i
metodi
di
direzione
,
le
finalità
politiche
,
il
carattere
del
personale
dirigente
.
Finché
la
DC
è
un
partito
interclassista
e
tulle
le
sue
scelte
politiche
,
anche
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
,
sono
coordinate
al
mantenimento
di
questo
quadro
interclassistico
del
potere
,
è
mai
possibile
affermare
che
non
vi
sono
insanabili
contrasti
fra
noi
ed
essa
?
E
non
riconosce
altrove
De
Martino
che
dentro
la
DC
vi
è
una
lotta
incessante
fra
correnti
democratiche
e
reazionarie
?
A
che
serve
dimenticare
che
la
caratteristica
paradossale
dell
'
attuale
esperimento
è
che
il
nostro
partner
principale
è
nel
contempo
il
nostro
principale
avversario
finché
rimane
il
ricettacolo
dei
gruppi
più
strenuamente
e
irriducibilmente
ostili
a
uno
sviluppo
democratico
e
socialista
della
società
italiana
?
Vogliamo
nascondere
che
la
nostra
alleanza
con
esso
non
si
giustifica
se
non
è
ogni
momento
volta
consapevolmente
a
far
esplodere
la
contraddizione
immanente
in
questa
bivalenza
?
Circa
poi
la
speciale
considerazione
che
meriterebbe
la
sociologia
cattolica
in
confronto
a
quella
liberale
,
vogliamo
trascurare
che
,
in
fin
dei
conti
,
di
questo
vituperato
liberalismo
il
socialismo
costituisce
pur
sempre
la
più
legittima
filiazione
storica
;
che
senza
le
conquiste
fondamentali
che
il
liberalismo
ha
realizzato
nel
campo
delle
libertà
civili
non
esiste
democrazia
modernamente
intesa
;
che
senza
tali
conquiste
un
ideale
di
giustizia
sociale
,
come
quello
del
cattolicesimo
sociale
,
specie
nella
sua
forma
italiana
,
tende
a
ridursi
a
una
norma
di
pura
giustizia
distributiva
che
dista
dal
socialismo
certo
assai
più
del
liberalismo
nelle
sue
forme
più
mature
dell
'
occidente
;
che
infine
la
sociologia
cattolica
,
ove
riuscisse
a
confermare
incontrastatamente
un
corpo
sociale
,
non
lascerebbe
posto
appunto
a
più
d
'
una
di
quelle
conquiste
liberali
che
per
noi
sono
parte
integrante
di
un
programma
socialista
,
che
,
come
appunto
la
supremazia
della
scuola
laica
,
il
divorzio
etc
.
,
sono
inscindibili
da
ogni
democrazia
seria
?
Vi
sono
certo
molte
vie
di
mezzo
fra
un
partito
reazionario
e
uno
socialista
:
la
DC
non
è
né
l
'
uno
né
l
'
altro
,
certo
.
Ma
allora
determiniamo
chiaramente
che
cosa
implica
avere
a
che
fare
con
un
partito
interclassista
,
quali
limiti
e
quali
possibilità
si
prospettano
.
I
limiti
sono
ben
noti
-
si
afferma
solitamente
-
;
le
possibilità
sono
quelle
di
mandare
avanti
certe
riforme
e
,
soprattutto
,
di
rafforzare
e
incoraggiare
la
sinistra
cattolica
a
liberarsi
dall
'
ipoteca
conservatrice
.
Le
tendenze
negative
implicite
nell
'
interclassismo
-
questo
è
l
'
argomento
più
divulgato
-
sono
bilanciate
nella
misura
in
cui
la
DC
è
costretta
a
contrattare
con
noi
,
a
concedere
qualcosa
alle
spinte
democratiche
interpretate
da
noi
e
dalla
sua
sinistra
,
nella
misura
in
cui
è
condizionata
dalla
necessità
di
collaborare
con
il
PSI
e
la
sinistra
democratica
.
Noi
possiamo
così
influire
in
modo
sostanziale
sulle
scelte
del
governo
e
giungere
a
una
graduale
neutralizzazione
delle
forze
antidemocratiche
insite
nella
DC
.
Intanto
è
essenziale
non
perdere
i
contatti
con
essa
.
Se
questa
è
la
nostra
prospettiva
politica
è
intanto
evidente
che
condizione
essenziale
per
la
sua
attuazione
(
condizione
non
propagandistica
ma
politica
)
è
proclamare
ai
quattro
venti
che
la
collaborazione
con
la
DC
non
è
per
noi
un
fine
ma
un
mezzo
e
che
la
prosecuzione
organica
dell
'
esperimento
è
per
noi
condizionata
rigorosamente
a
una
scelta
politica
definitiva
da
parte
di
questo
partito
.
Ma
vediamo
concretamente
come
può
attuarsi
questo
piano
,
questa
forma
di
condizionamento
della
DC
.
L
'
attuale
formula
di
governo
è
palesemente
una
combinazione
in
cui
una
minoranza
vuole
e
promuove
attivamente
delle
riforme
,
e
una
maggioranza
le
tollera
passivamente
e
ostilmente
,
solo
finché
abbia
la
garanzia
che
esse
non
lederanno
certi
interessi
fondamentali
di
cui
si
sente
interprete
,
non
comprometteranno
un
certo
equilibrio
,
non
trasferiranno
irrimediabilmente
certe
leve
del
potere
.
La
politica
della
direzione
DC
consiste
proprio
nel
promuovere
quelle
riforme
dando
nel
contempo
queste
garanzie
.
La
principale
di
queste
garanzie
è
,
come
si
sa
,
l
'
affermazione
di
non
voler
essere
condizionata
ma
di
voler
condizionare
,
l
'
insistenza
che
,
attraverso
questa
via
,
si
mira
a
un
indebolimento
dell
'
opposizione
,
a
un
nuovo
rafforzamento
del
partito
,
etc.
La
nostra
possibilità
di
condizionamento
giunge
quindi
lino
a
un
preciso
limite
:
quello
dato
dalla
necessità
,
e
dalla
volontà
insieme
,
della
direzione
DC
di
non
rompere
questo
equilibrio
e
di
non
indebolire
così
la
forza
complessiva
del
partito
.
Queste
garanzie
fornite
alla
maggioranza
che
segue
con
le
buone
disposizioni
che
tutti
sanno
,
consistono
non
in
proclamazioni
e
contentini
verbali
,
ma
bensì
nel
non
toccare
realmente
certi
punti
,
nel
non
andare
realmente
oltre
certi
limiti
,
etc.
Non
la
spartizione
del
potere
con
forze
che
abbiano
fini
diversi
e
che
usino
il
potere
per
realizzarli
,
ma
l
'
associazione
di
altre
forze
a
un
tipo
di
potere
mediatore
ed
equilibratore
come
quello
che
è
indispensabile
alla
DC
per
poter
continuare
a
dare
quelle
garanzie
:
ecco
la
chiave
di
volta
di
questo
piano
politico
.
In
questa
concezione
ogni
rapporto
con
forze
esterne
non
può
e
non
deve
significare
in
nessun
modo
una
rottura
con
la
palude
interna
del
partito
.
Chi
vuole
contrattare
stabilmente
con
noi
deve
contrattare
,
attraverso
la
nostra
direzione
,
con
l
'
estrema
destra
del
nostro
partito
:
questa
è
la
formula
della
segreteria
attuale
di
Moro
.
Fino
a
quando
può
durare
questo
rapporto
mediato
,
fra
il
partito
socialista
e
l
'
estrema
destra
dorotea
?
Indefinitamente
senza
dubbio
,
se
uno
dei
due
interlocutori
intende
rinunziare
a
difendere
precisi
interessi
di
classe
e
può
farlo
impunemente
.
Non
molto
a
lungo
in
caso
contrario
.
La
DC
può
urtarsi
con
De
Biasi
,
ma
non
può
fare
ciò
che
non
sia
almeno
tollerato
dalla
sua
destra
;
e
ciò
che
non
può
essere
tollerato
da
questa
(
e
quindi
dalla
DC
finché
vuoi
rimanere
unita
)
è
tutto
ciò
appunto
che
corre
il
rischio
di
mettere
fuori
dall
'
orbita
del
partito
quelle
forze
sociali
alle
quali
essa
non
può
rinunziare
senza
divenire
un
partito
di
lavoratori
e
non
più
,
quale
è
,
un
partito
che
aduna
e
concilia
lavoratori
e
capitalisti
.
Inversamente
ciò
che
essa
chiede
ai
suoi
collaboratori
,
o
almeno
ciò
che
vuole
ottenere
dalla
collaborazione
a
sinistra
,
è
l
'
eliminazione
del
pericolo
che
lo
schieramento
delle
classi
lavoratrici
divenga
così
forte
da
far
tracollare
da
questa
parte
l
'
equilibrio
del
potere
annullando
la
sua
funzione
di
arbitra
e
mediatrice
.
Ecco
perché
essa
insiste
ossessivamente
per
una
«
chiarificazione
»
da
parte
nostra
.
E
si
sa
in
che
cosa
consisterebbe
tale
«
chiarificazione
»
:
in
una
ulteriore
rottura
dell
'
unità
sindacale
che
renderebbe
ancora
più
debole
la
forza
d
'
urto
contrattuale
e
soprattutto
politica
,
e
la
coscienza
di
classe
del
movimento
operaio
e
faciliterebbe
le
forme
di
compromesso
corporativo
di
certo
sindacalismo
;
nell
'
impegno
di
far
giunte
solo
con
la
DC
,
il
che
ci
impedirebbe
ogni
forma
di
alternativa
qualora
,
per
esempio
,
fare
un
'
amministrazione
con
essa
ci
dovesse
assoggettare
all
'
umiliante
dovere
di
fare
manifesti
in
cui
ci
associano
alla
proclamata
difesa
dei
valori
spirituali
,
contro
il
materialismo
etc
.
;
nella
delega
totale
della
politica
estera
alla
DC
;
e
così
via
.
La
chiarificazione
le
deve
dare
la
garanzia
che
noi
ci
associamo
alla
sua
formula
di
mediazione
interclassista
,
rinunziando
sia
ad
aumentare
con
il
libero
giuoco
e
la
manovra
politica
il
nostro
peso
comparativo
nell
'
alleanza
,
sia
,
ancor
di
più
,
a
fare
della
fase
attuale
la
piattaforma
per
la
preparazione
di
forme
socialiste
di
gestione
della
società
e
dello
stato
.
Si
potrebbe
affermare
che
,
poiché
noi
stessi
prevediamo
una
fase
di
economia
mista
,
in
cui
per
un
certo
tempo
un
forte
settore
statale
dovrà
pur
convivere
e
armonizzarsi
con
una
struttura
economica
ancora
prevalentemente
privatistica
,
una
combinazione
politica
di
questa
fatta
è
l
'
unica
formula
valida
,
visto
che
una
costante
conciliazione
fra
diversi
interessi
di
classe
dovrà
pur
essere
esperita
.
Non
c
'
è
dubbio
che
la
fase
dell
'
economia
programmata
implica
fatalmente
un
certo
compromesso
,
una
certa
conciliazione
di
spinte
differenti
e
spesso
opposte
.
Ma
a
questo
punto
sorge
veramente
il
problema
del
quadro
politico
in
cui
questa
mutevole
combinazione
si
svolge
.
Quale
forza
fornirà
la
cornice
generale
in
cui
la
politica
di
piano
dovrà
attuarsi
?
Sarà
la
programmazione
democratica
a
condizionare
l
'
indirizzo
del
settore
privato
dell
'
economia
,
o
il
settore
privato
a
condizionare
la
programmazione
e
la
politica
di
piano
?
Non
c
'
è
dubbio
che
la
programmazione
che
noi
vogliamo
deve
avere
il
proposito
di
rafforzare
sempre
più
il
settore
pubblico
e
il
potere
di
direzione
politico
-
economica
delle
classi
lavoratrici
,
intaccando
in
misura
decisiva
la
logica
dei
monopoli
e
subordinando
la
loro
tendenza
al
profitto
ai
fini
d
'
interesse
sociale
generale
,
determinati
dalle
forze
che
rappresentano
direttamente
le
grandi
masse
dei
lavoratori
.
E
neppure
c
'
è
dubbio
che
la
programmazione
,
come
è
intesa
dai
monopoli
(
nella
misura
in
cui
la
parte
più
retriva
della
classe
capitalistica
non
perde
il
senno
al
solo
sentirne
parlare
)
,
deve
avere
una
funzione
antitetica
,
cioè
di
facilitare
lo
svolgimento
della
logica
interna
e
delle
scelte
del
settore
privato
,
di
equilibrarlo
e
di
garantirne
il
più
stabile
e
continuo
funzionamento
.
$
persino
superfluo
doverlo
rammentare
.
Ora
se
fra
questi
due
modi
di
pianificazione
è
chiara
la
nostra
scelta
non
così
si
può
dire
della
democrazia
cristiana
.
Anzi
ogni
suo
studio
è
stato
posto
sin
qui
nell
'
evitare
ogni
chiarimento
su
questo
punto
;
di
più
,
nell
'
escludere
ogni
estensione
dell
'
intervento
statale
che
possa
«
preoccupare
gli
operatori
economici
»
.
Come
ha
osservato
Giolitti
oggi
tutti
usano
la
parola
piano
,
ma
con
contenuti
e
intendimenti
non
solo
differenti
ma
spesso
opposti
.
Né
è
certo
casuale
questo
equivoco
della
democrazia
cristiana
.
Ciascuno
dei
due
tipi
di
programmazione
implica
una
precisa
scelta
dì
classe
.
E
se
è
vero
che
più
di
un
democristiano
vuole
una
programmazione
democratica
,
non
è
meno
vero
che
una
parte
prevalente
del
partito
sarebbe
disposta
a
tutto
pur
d
'
impedirla
.
Questo
è
però
un
punto
su
cui
l
'
equivoco
direzionale
non
può
essere
mantenuto
a
lungo
:
nel
senso
che
malgrado
tutte
le
ambagi
sibilline
in
cui
sono
specialisti
Moro
e
compagni
,
dovrà
essere
deciso
presto
che
strumenti
mettere
in
opera
per
avviare
la
politica
di
piano
.
Ma
qui
certamente
non
vi
sono
vie
di
mezzo
.
Sceglierà
la
DC
una
programmazione
democratica
,
acconsentirà
anzi
che
noi
operiamo
all
'
interno
di
questa
politica
con
una
precisa
finalità
socialista
?
Allora
sarebbe
evidente
che
avrebbe
scelto
la
rottura
dell
'
interclassismo
e
la
messa
fuori
gioco
di
tutta
la
potentissima
fortezza
interna
dorotea
.
Ma
di
questo
non
si
vedono
segni
,
finora
,
anzi
i
segni
sono
del
tutto
opposti
.
I
segni
inducono
a
pensare
che
essa
si
muova
nel
senso
di
voler
associare
noi
al
continuo
condizionamento
a
cui
la
sua
destra
interna
non
rinunzierà
mai
a
sottoporre
tutta
la
linea
del
partito
.
Questa
è
stata
finora
tutta
la
politica
di
Moro
.
In
questa
direzione
ci
può
essere
anche
una
nostra
collaborazione
al
potere
,
una
nostra
partecipazione
ad
esso
;
ma
non
sarà
una
partecipazione
per
usarlo
in
conformità
ai
fini
socialisti
che
ci
sono
propri
,
e
ai
quali
non
possiamo
rinunziare
senza
perdere
ogni
giustificazione
storica
(
Giolitti
)
.
Sarà
appunto
una
copertura
del
permanente
monopolio
del
potere
da
parte
di
forze
che
sono
e
rimangono
le
avversarie
dirette
della
democrazia
e
del
socialismo
.
Non
è
infatti
pensabile
che
una
minoranza
possa
all
'
interno
di
una
compagine
governativa
condizionare
seriamente
la
maggioranza
.
E
maggioranza
sarebbe
infatti
tutta
la
democrazia
cristiana
di
fronte
a
noi
,
malgrado
le
velleità
di
tutti
i
possibili
gruppi
della
sua
sinistra
,
ove
essa
nel
suo
complesso
rinunziasse
a
una
misura
per
noi
essenziale
in
seguito
al
veto
della
sua
destra
per
non
sacrificare
l
'
unità
del
partito
.
Il
veto
della
sua
destra
diventerebbe
rosi
paralisi
e
Impedimento
permanente
di
ogni
nostra
conquista
e
affermazione
specifica
all
'
interno
della
compagine
governativa
,
veto
all
'
esercizio
del
potere
secondo
le
finalità
democratiche
e
socialiste
del
nostro
partito
.
Non
dimentichiamo
mai
l
'
avvertimento
di
Schumpeter
che
le
riforme
ricevono
il
carattere
e
l
'
impronta
assai
più
dalle
intenzioni
e
dal
personale
con
cui
son
fatte
che
dal
loro
contenuto
.
E
,
per
lasciare
anche
da
parte
ogni
altra
considerazione
,
come
potrebbe
in
condizioni
siffatte
una
riforma
avere
un
qualsiasi
valore
democratico
e
socialista
,
o
almeno
di
avvio
al
socialismo
,
se
,
ad
esempio
viene
esclusa
a
priori
,
non
dalla
volontà
nostra
(
potremmo
magari
illuderci
di
aver
fatto
un
passo
avanti
nella
direzione
voluta
)
ma
dalla
combinazione
oggettiva
delle
forze
,
ogni
possibilità
di
compiere
un
'
operazione
sacrosanta
,
senza
la
quale
anche
grosse
riforme
diventano
una
burletta
:
di
toglier
cioè
di
mezzo
concretamente
un
certo
personale
,
di
togliere
ogni
potere
ai
mille
Tizio
Caio
e
Sempronio
che
sono
la
negazione
vivente
di
ogni
riforma
democratica
,
di
spodestare
il
noto
ladro
x
,
il
famigerato
profittatore
y
,
il
mestatore
z
?
Se
non
è
possibile
colpire
direttamente
certi
gruppi
di
potere
e
aggregati
d
'
interessi
,
perché
colpirli
significa
appunto
frantumare
il
coacervo
democristiano
che
invece
,
illudendosi
di
modificarlo
,
si
è
accettato
preventivamente
di
digerire
in
blocco
?
Ultimata
la
fase
delle
cose
effettivamente
volute
o
almeno
sopportate
dalla
DC
nel
suo
insieme
,
il
nostro
posto
là
dentro
sarebbe
effettivamente
un
posto
totalmente
subalterno
e
di
pura
copertura
a
sinistra
dei
monopoli
e
delle
forze
clericali
.
Questa
questione
del
personale
è
assai
delicata
e
a
trattarla
a
fondo
si
rischia
di
essere
accusati
di
piccino
moralismo
e
di
ignoranza
della
dura
realtà
della
politica
.
Non
c
'
è
dubbio
che
nelle
alleanze
politiche
non
si
può
guardare
tanto
per
il
sottile
a
certe
cose
.
Ma
noi
socialisti
non
possiamo
e
non
dobbiamo
dimenticare
che
la
marcia
per
il
socialismo
o
anche
solo
per
una
più
compiuta
democrazia
nel
nostro
paese
,
il
momento
atteso
per
decenni
in
cui
i
rappresentanti
del
movimento
operaio
potranno
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
avere
una
certa
influenza
nella
gestione
del
potere
,
il
generale
processo
politico
che
a
tale
risultato
dà
luogo
,
non
possono
essere
scompagnati
dal
proposito
,
e
dalla
lotta
anche
,
per
un
rinnovamento
del
costume
della
classe
dirigente
,
per
una
liquidazione
del
profondo
malcostume
politico
e
amministrativo
che
ha
contraddistinto
negli
anni
del
monopolio
democristiano
la
vita
pubblica
italiana
.
Non
possiamo
ignorare
che
abbiamo
a
che
fare
con
una
burocrazia
largamente
infetta
dalla
tabe
della
corruzione
,
del
servilismo
di
fronte
al
potente
,
della
parzialità
,
della
inefficienza
complice
o
colpevole
.
Non
possiamo
dimenticare
che
sotto
i
piedi
del
mondo
ufficiale
brulica
intatto
(
nulla
è
cambiato
certo
in
dieci
mesi
)
tutto
il
verminaio
della
corruzione
e
del
traffico
sottogovernativo
a
cui
tanti
anni
di
governi
centristi
hanno
dato
vita
.
Non
dimentichiamo
neppure
che
quella
parte
della
democrazia
cristiana
che
rappresenta
appunto
il
nucleo
della
resistenza
e
del
condizionamento
a
destra
dell
'
attuale
esperimento
(
nucleo
però
che
l
'
interclassismo
porterebbe
a
ranghi
pieni
in
una
fase
successiva
fors
'
anche
da
noi
voluta
e
intesa
come
fase
di
estensione
delle
conquiste
democratiche
)
,
è
folta
di
nomi
che
sono
stati
mescolati
in
tutti
gli
innumerevoli
scandali
che
hanno
deturpato
la
vita
italiana
da
quindici
anni
a
questa
parte
,
di
nomi
su
cui
son
potuti
gravare
,
senza
essere
mai
interamente
dissipati
,
ignominiosi
sospetti
.
Se
l
'
esperimento
a
cui
stiamo
avviandoci
vuole
avere
un
senso
,
se
vuole
rappresentare
un
fattore
di
innalzamento
e
di
edificazione
della
coscienza
etico
-
politica
del
paese
e
di
rinnovamento
della
classe
dirigente
,
non
può
non
essere
programmaticamente
promotore
e
affermatore
di
una
nuova
moralità
civile
.
Il
popolo
italiano
non
deve
avere
l
'
ennesima
conferma
della
sua
secolare
persuasione
che
,
comunque
vada
,
le
canaglie
,
quando
son
potenti
,
rimangono
sempre
a
galla
.
Il
rigore
morale
deve
cominciare
a
non
essere
ridicolo
nel
nostro
paese
,
e
a
non
trovare
nella
vita
pubblica
un
teatro
pressoché
impraticabile
per
le
proprie
istanze
.
Le
giovani
generazioni
non
devono
essere
educate
anch
'
esse
alla
lezione
del
fortunato
trasformismo
dei
potenti
e
dei
disonesti
.
Ma
vi
è
anche
una
ragione
più
strettamente
politica
.
Un
piano
non
può
andare
avanti
senza
un
personale
formato
in
un
certo
modo
.
Abbiamo
bisogno
di
centinaia
di
migliaia
di
tecnici
e
di
burocrati
che
sentano
personalmente
la
necessità
di
certe
scelte
economiche
,
che
abbiano
dinanzi
agli
occhi
una
prospettiva
diversa
,
un
metro
di
valori
diverso
da
quello
della
società
attuale
,
che
non
siano
ligi
a
tutti
gli
ossequi
e
a
tutte
le
transazioni
,
ma
siano
capaci
di
imporre
fermamente
in
tutte
le
istanze
della
macchina
statale
e
dell
'
organismo
economico
gli
intendimenti
e
le
finalità
che
noi
vogliamo
imprimere
a
un
certo
tipo
di
programmazione
.
Abbiamo
bisogno
di
esecutori
che
credano
nella
pianificazione
democratica
e
non
la
barattino
con
una
bustarella
.
Nulla
è
più
giusto
a
questo
proposito
di
quanto
ha
scritto
recentemente
Giolitti
:
«
Prima
viene
la
scelta
politica
,
che
è
anche
-
non
esitiamo
a
dirlo
-
una
scelta
ideale
.
Partiamo
dal
rifiuto
di
questo
tipo
di
società
e
tendiamo
a
una
società
radicalmente
diversa
,
nella
quale
i
valori
determinanti
siano
quelli
della
libertà
e
della
uguaglianza
anziché
quelli
della
ricchezza
e
della
potenza
.
Se
questa
è
un
'
utopia
,
ebbene
non
abbiamo
paura
di
dire
che
oggi
il
socialismo
ha
proprio
bisogno
di
rinvigorire
i
suoi
elementi
di
"
utopia
"
,
i
suoi
motivi
ideali
,
il
disegno
finalistico
di
una
nuova
società
,
le
priorità
di
ordine
culturale
e
morale
.
Il
rifiuto
della
alienazione
,
di
cui
tanto
si
parla
anche
a
vanvera
,
è
anzitutto
un
impulso
morale
,
prima
di
essere
una
diagnosi
scientifica
della
società
industriale
»
.
Ma
considerazioni
non
meno
gravi
possono
essere
fatte
per
quanto
riguarda
la
natura
e
il
contenuto
più
specificamente
economico
della
politica
di
piano
.
E
si
tratta
di
questioni
che
,
pur
concernendo
misure
che
dovranno
essere
prese
nella
prossima
legislatura
,
debbono
essere
discusse
subito
fra
noi
perché
investono
appunto
l
'
indirizzo
programmatico
con
cui
arriveremo
alle
elezioni
.
Queste
questioni
sono
poste
con
la
massima
urgenza
da
una
serie
di
processi
degenerativi
ormai
chiaramente
in
atto
nell
'
economia
italiana
,
dei
quali
non
può
sfuggire
l
'
effetto
sconvolgente
che
esercitano
su
ogni
possibilità
di
pianificazione
democratica
e
di
previsione
programmata
dei
termini
futuri
dello
sviluppo
economico
.
Mi
riferisco
alla
ben
nota
spinta
al
rialzo
dei
prezzi
delle
abitazioni
e
dei
generi
alimentari
che
sta
corrodendo
assai
rapidamente
una
parte
cospicua
degli
aumenti
dei
salari
e
degli
stipendi
realizzati
dalle
classi
lavoratrici
con
le
lotte
di
questo
ultimo
anno
.
Si
può
lasciare
subito
da
parte
per
comodità
la
questione
se
e
in
quale
misura
in
tali
processi
entri
una
precisa
manovra
di
certe
grandi
forze
economiche
per
esautorare
il
nuovo
corso
,
fargli
mancare
il
terreno
sotto
i
piedi
,
creare
un
diffuso
disagio
di
massa
orientabile
in
senso
qualunquistico
o
anti
centro
-
sinistra
.
Quali
strumenti
si
vanno
approntando
per
bloccare
l
'
operare
«
spontaneo
»
di
certe
forze
e
per
controllarne
gli
effetti
eversivi
su
tutto
l
'
organismo
economico
,
impedendo
che
una
parte
rilevante
dei
redditi
di
lavoro
,
anziché
estendere
e
sostenere
il
mercato
dei
beni
reali
,
o
incoraggiare
la
formazione
di
nuovi
orientamenti
del
mercato
,
venga
assorbita
dai
lucri
parassitari
dei
proprietari
di
aree
e
dei
mediatori
strozzini
?
Esiste
da
parte
della
democrazia
cristiana
un
piano
preciso
e
la
volontà
di
approntare
gli
strumenti
per
mettere
interamente
fuori
causa
come
elementi
con
cui
si
debbano
fare
i
conti
i
gruppi
interamente
parassitari
,
che
appaiono
sin
d
'
ora
fattori
di
disturbo
e
di
intralcio
,
non
dico
per
una
politica
di
piano
,
ma
anche
soltanto
per
una
sana
e
normale
economia
di
mercato
?
Neutralizzazione
che
non
può
far
parte
della
fase
di
programmazione
in
senso
stretto
,
ma
appunto
di
questa
fase
preliminare
.
E
gli
interrogativi
si
estendono
e
si
aggravano
per
la
fase
successiva
,
quella
della
pianificazione
vera
e
propria
.
Non
possiamo
nasconderci
che
una
pianificazione
che
voglia
sanare
alcuni
squilibri
della
società
italiana
che
non
tarderebbero
neppure
molti
anni
a
rivelarsi
rovinosamente
un
fattore
di
permanente
degradazione
e
inferiorità
della
nostra
società
civile
,
deve
invertire
drasticamente
e
radicalmente
alcune
tendenze
economiche
di
fondo
imposte
dai
monopoli
,
deve
affrontare
di
petto
la
forza
di
questi
e
piegarne
senza
compromessi
gli
orientamenti
agli
interessi
collettivi
interpretati
dalle
forze
statali
.
Cito
alla
rinfusa
alcuni
fra
i
fatti
che
stanno
rendendo
sempre
più
incivile
e
disumana
la
nostra
vita
associata
.
Abbiamo
la
scuola
più
devastata
d
'
Europa
,
la
più
inetta
per
insufficienza
di
mezzi
e
fuga
inarrestabile
di
personale
a
far
fronte
ai
bisogni
giganteschi
che
mille
indagini
hanno
illustrato
.
Fra
due
anni
il
personale
non
basterà
neppure
ai
quattro
quinti
delle
scuole
esistenti
!
Abbiamo
un
sistema
ospedaliero
che
è
il
peggiore
d
'
Europa
.
L
'
inefficienza
ed
inadeguatezza
dei
nostri
trasporti
pubblici
maciulla
quotidianamente
la
vita
di
milioni
di
lavoratori
.
Abbiamo
una
burocrazia
che
per
insufficienza
di
mezzi
e
per
bassi
stipendi
non
riesce
neppure
a
costituire
una
rete
di
vigilanza
organica
sulle
molte
frodi
con
cui
gli
avvelenatori
attentano
alla
vita
dei
cittadini
.
E
dall
'
altra
parte
abbiamo
i
televisori
,
le
macchine
,
i
consumi
ostensivi
che
aumentano
trionfalmente
.
Sono
migliaia
e
migliaia
di
miliardi
che
debbono
essere
trasferiti
nel
giro
di
due
e
tre
anni
da
un
settore
ad
un
altro
,
se
si
vogliono
appena
arginare
gli
effetti
disastrosi
che
conseguirebbero
alla
prosecuzione
delle
tendenze
attuali
.
Sono
tendenze
potentissime
che
debbono
essere
bloccate
e
invertite
.
E
per
questo
occorre
un
potere
politico
che
si
faccia
forte
di
una
base
salda
ed
entusiastica
fra
le
classi
lavoratrici
interessate
al
nuovo
corso
e
alla
fissazione
di
nuovi
fini
sociali
.
Un
partito
interclassista
che
tutto
subordini
al
mantenimento
di
rapporti
organici
di
fiducia
con
il
grande
capitalismo
,
che
abbia
come
fine
essenziale
la
conservazione
della
maggioranza
relativa
dei
suffragi
,
ha
la
capacità
di
spiegare
questa
energia
?
Un
governo
dominato
dalle
finalità
interclassiste
del
suo
maggior
membro
può
veramente
piegare
il
capitalismo
ad
accettare
che
sia
fissato
in
sede
di
commissione
pianificatrice
il
livello
e
la
qualità
degli
investimenti
,
le
dimensioni
dei
profitti
,
le
priorità
fondamentali
?
Di
fronte
a
un
partito
che
pensa
seriamente
di
conciliare
la
programmazione
statale
con
la
libertà
incontrastata
dell
'
iniziativa
privata
(
quando
non
si
propone
invece
di
non
andare
oltre
un
piano
puramente
orientativo
)
come
si
fa
a
non
sentirsi
d
'
accordo
col
prof.
Corbino
,
quando
scrive
che
queste
le
son
tutte
chiacchiere
,
e
che
in
realtà
non
ci
sono
vie
di
mezzo
e
che
in
una
economia
mista
l
'
impianto
globale
delle
scelte
economiche
,
le
scelte
orientative
,
o
le
fa
lo
stato
o
le
fanno
gli
imprenditori
privati
:
o
questi
comandano
allo
Stato
o
lo
Stato
comanda
a
questi
?
Credo
che
sia
ora
di
trarre
qualche
conclusione
.
La
chiave
di
volta
di
una
retta
valutazione
dell
'
attuale
situazione
politica
e
delle
possibilità
che
si
aprono
al
movimento
operaio
è
nel
giudizio
sul
carattere
peculiare
,
sulla
natura
dell
'
interclassismo
democristiano
.
Lasciamo
stare
le
definizioni
o
disquisizioni
nominalistiche
e
facciamo
la
politica
tenendo
d
'
occhio
le
realtà
concrete
;
perciò
non
impelaghiamoci
nel
disquisire
se
la
DC
sia
un
partito
democratico
o
no
.
Ci
servono
giudizi
pragmatici
non
definitori
.
Si
sa
che
lì
dentro
,
ci
sono
democratici
e
reazionari
.
Vediamo
invece
qual
è
l
'
oggettivo
operare
di
questo
partito
come
risultato
della
combinazione
di
tendenze
riassunte
e
regiate
dalla
direzione
.
Esso
vuole
certe
riforme
perché
è
dimostrata
l
'
impossibilità
di
continuare
a
governare
senza
di
esse
e
senza
una
contrattazione
col
Partito
Socialista
.
Esso
sa
anche
che
vi
sono
due
possibili
sbocchi
di
queste
riforme
.
O
un
aumento
del
potere
politico
delle
classi
lavoratrici
attraverso
i
partiti
che
più
direttamente
le
rappresentano
e
che
,
qualora
serbino
fede
alla
propria
ispirazione
,
attraverso
queste
riforme
continuano
a
mirare
alla
società
socialista
,
con
tutto
ciò
che
essa
comporta
;
oppure
un
nuovo
equilibrio
,
in
cui
le
concessioni
fatte
nel
frattempo
alle
classi
lavoratrici
saranno
servite
non
a
potenziare
queste
ultime
e
ad
aprire
nuove
strade
per
una
marcia
socialista
,
ma
al
contrario
a
far
rinunziare
la
classe
operaia
a
un
rovesciamento
radicale
delle
forme
di
potere
pubblico
e
di
gestione
economica
.
La
DC
sa
anche
che
,
malgrado
possibili
attriti
,
non
perderà
l
'
appoggio
delle
classi
padronali
,
se
almeno
la
parte
più
moderna
di
queste
riesce
ad
avere
nel
corso
del
processo
la
certezza
che
esso
si
sta
svolgendo
in
conformità
dei
propri
interessi
fondamentali
,
che
cioè
nel
conto
complessivo
della
partita
esso
non
si
risolverà
in
una
perdita
secca
di
potere
e
in
un
trasferimento
di
questo
alle
forze
di
classe
più
direttamente
antagonistiche
.
Sa
infine
che
,
se
tali
classi
avessero
questa
sensazione
,
avrebbe
assai
poco
tempo
per
decidere
se
rinunziare
al
loro
appoggio
o
dare
invece
l
'
indirizzo
richiesto
all
'
esperimento
riformistico
.
Per
questo
essa
preliminarmente
ha
scelto
di
non
uscire
dal
quadro
interclassista
;
e
,
malgrado
le
intenzioni
di
molti
suoi
membri
,
l
'
esperimento
in
corso
mira
appunto
a
far
rinunziare
la
classe
operaia
a
inserire
nel
processo
concreto
finalità
che
lo
superino
e
predispongano
strumenti
socialisti
.
Il
nostro
compito
non
può
essere
soltanto
aiutare
a
mandare
avanti
certe
riforme
nella
situazione
attuale
pensando
che
,
data
la
relativa
debolezza
del
movimento
operaio
,
è
comunque
già
molto
se
riusciamo
a
promuovere
uno
svecchiamento
della
macchina
,
a
creare
certi
strumenti
che
,
anche
se
non
usati
ora
in
senso
tendenzialmente
socialista
,
rimarrebbero
per
sempre
condizioni
«
oggettive
»
,
«
strutturali
»
del
socialismo
.
Questo
equivarrebbe
a
pensare
che
anche
il
rafforzamento
dei
monopoli
sia
un
passo
avanti
«
oggettivo
»
verso
il
socialismo
.
Io
credo
che
sia
meglio
lasciare
il
più
possibile
in
disparte
questa
sorta
di
metafisica
strutturale
.
E
penso
molto
rozzamente
clic
invece
solo
un
aumento
concreto
di
potere
,
l
'
uso
effettivo
di
certe
leve
del
potere
in
conformità
ai
propri
fini
da
parte
di
un
partito
socialista
sia
un
passo
avanti
oggettivo
verso
il
socialismo
.
Se
le
riforme
non
si
risolvessero
in
un
accrescimento
del
nostro
potere
,
concretamente
e
attualmente
esercitato
,
questo
sarebbe
un
regresso
non
un
avanzamento
.
La
politica
non
ammette
di
tali
sacrifici
disinteressati
ai
processi
oggettivi
!
Ecco
perché
l
'
attuale
esperimento
,
per
non
risolversi
in
una
nostra
sconfitta
,
deve
rispondere
a
questa
precisa
condizione
politica
:
deve
cioè
garantirci
in
ogni
sua
tappa
e
realizzazione
una
limitazione
del
potere
per
le
classi
capitalistiche
,
una
concreta
autonoma
affermazione
del
potere
di
classe
,
l
'
uso
democratico
e
con
finalità
socialiste
degli
strumenti
messi
in
atto
dalle
riforme
.
Per
questo
verso
l
'
intenzione
e
le
finalità
che
noi
apportiamo
nell
'
esperimento
in
corso
sono
nettamente
antitetiche
a
quelle
della
DC
,
in
quanto
nostra
interlocutrice
politicamente
unita
.
Due
sono
le
possibilità
purché
siano
le
nostre
a
trionfare
:
che
la
DC
tutta
le
accetti
nel
suo
complesso
;
e
vorrei
dire
a
Paolicchi
che
una
chiarificazione
siffatta
è
impensabile
nella
DC
;
oppure
che
le
accetti
quella
parte
di
essa
la
quale
per
impianto
ideologico
o
radici
di
classe
,
radicalismo
di
pensiero
o
chiarezza
morale
,
o
quel
che
si
vuole
,
sia
suscettibile
di
subire
,
sia
pure
travagliosamente
e
sotto
l
'
urgenza
degli
eventi
,
tale
evoluzione
.
Per
quanto
difficile
questa
è
l
'
unica
forma
di
chiarificazione
interna
della
DC
che
noi
dobbiamo
prefiggerci
.
Infrangere
il
disegno
interclassista
della
direzione
moro
-
dorotea
è
la
condizione
principale
perché
l
'
attuale
processo
politico
si
risolva
in
una
vittoria
per
noi
,
in
un
passo
avanti
per
la
democrazia
,
in
una
effettiva
liberazione
delle
forze
democratiche
insite
nel
movimento
cattolico
.
Per
questo
non
diciamo
come
fa
De
Martino
,
che
la
lotta
è
fra
democratici
laici
e
cattolici
da
un
lato
,
e
conservatori
di
tutti
i
registri
dall
'
altro
;
questa
affermazione
impedisce
assolutamente
di
veder
chiaro
che
la
sostanza
della
lotta
è
qualcosa
che
va
ben
al
di
là
dell
'
urto
contingente
fra
chi
vuole
la
nazionalizzazione
dell
'
energia
e
chi
non
la
vuole
.
Poiché
praticamente
tutta
la
DC
voterà
questo
provvedimento
la
lotta
sarebbe
quindi
solo
contro
l
'
estrema
destra
parlamentare
!
C
'
è
da
meravigliarsi
poi
se
,
prendendo
sulla
parola
De
Martino
,
si
può
argomentare
che
egli
non
fa
nessuna
distinzione
di
fini
fra
noi
e
la
DC
nel
suo
complesso
;
che
ritiene
tutta
la
DC
suscettibile
di
associarsi
a
una
lotta
democratica
radicale
;
che
considera
l
'
alleanza
organica
con
questo
partito
per
un
tempo
indeterminato
come
unica
prospettiva
politica
aperta
dinanzi
a
noi
;
che
non
vede
più
una
necessità
politica
nella
spaccatura
della
DC
,
e
,
via
via
,
che
ritiene
tutte
le
concessioni
che
si
possano
fare
ad
essa
come
normali
contrattazioni
necessarie
a
perpetuare
una
alleanza
i
cui
vantaggi
superano
largamente
gli
svantaggi
?
Diciamo
dunque
che
,
se
non
abbiamo
rinunziato
alle
prospettive
socialiste
,
la
vera
lotta
è
oggi
fra
chi
vuol
avviare
il
centro
-
sinistra
a
una
sconfitta
del
socialismo
,
a
un
inserimento
delle
sue
istanze
in
un
quadro
tecnocratico
-
neocapitalistico
,
e
chi
invece
vuole
avviarlo
e
edificare
le
basi
di
un
potere
socialista
.
Condivido
perciò
quanto
scrive
il
Settembrini
:
«
Non
ci
sono
vie
di
mezzo
:
se
il
PSI
rinunzia
a
porsi
l
'
obbiettivo
di
spezzare
la
DC
e
a
condizionare
ad
esso
i
suoi
rapporti
con
questo
partito
,
sarà
fatalmente
portato
all
'
estremo
opposto
,
a
preoccuparsi
cioè
di
preservare
l
'
unità
d0mocristiana
da
scosse
che
potrebbero
esserle
fatali
,
per
non
perdere
un
prezioso
alleato
»
.
L
'
alleanza
con
la
DC
non
è
per
noi
un
fine
ma
un
mezzo
,
e
sarebbe
rovinoso
se
cedessimo
su
qualche
punto
fondamentale
del
nostro
programma
,
se
indulgessimo
all
'
interclassismo
per
non
perdere
un
contatto
e
un
'
alleanza
politica
con
la
quale
speriamo
di
poter
mandare
comunque
avanti
una
riforma
iniziata
.
Non
dimentichiamo
che
se
la
DC
stenta
ad
andare
avanti
e
molto
rischia
a
farlo
,
assai
di
più
rischierebbe
ad
affrontare
il
contraccolpo
di
dover
frenare
,
arrestare
,
invertire
il
processo
iniziato
.
In
questo
caso
non
dobbiamo
esitare
a
lasciarla
sola
con
le
sue
responsabilità
dinanzi
all
'
opinione
pubblica
;
né
a
portare
al
limite
della
rottura
il
contrasto
,
anche
se
la
DC
ci
invita
alla
moderazione
e
alla
cautela
agitando
lo
spettro
di
una
crisi
interna
che
potrebbe
risospingerla
verso
il
centrismo
,
paralizzare
e
sospendere
le
misure
in
corso
,
rispostarci
tutti
all
'
immobilismo
centrista
.
L
'
immobilismo
centrista
non
è
più
possibile
e
la
DC
lo
sa
bene
.
La
brusca
rottura
su
un
veto
della
destra
Non
riporterebbe
all
'
immobilismo
ma
rinnoverebbe
e
aggraverebbe
dinanzi
alla
DC
,
in
condizioni
più
critiche
che
per
il
passato
(
migliori
per
noi
)
,
la
necessità
di
scelte
più
chiare
e
ne
inasprirebbe
la
tensione
interna
.
Dobbiamo
far
di
tutto
per
accelerare
non
per
ritardare
o
risparmiare
alla
DC
il
momento
delle
scelte
decisive
.
Per
questo
non
concordo
con
Paolicchi
quando
dice
che
le
modificazioni
che
ci
attendiamo
dal
centro
-
sinistra
debbono
avvenire
in
un
arco
di
tempo
necessariamente
lungo
.
La
rapidità
del
processo
dipende
grandemente
da
noi
;
dipende
dalla
intensità
o
dalla
potenza
delle
pressioni
che
la
società
potrà
esercitare
sul
governo
,
dalla
quantità
dei
nodi
che
verranno
al
pettine
in
un
breve
lasso
di
tempo
.
Oggi
in
tutti
i
settori
dell
'
apparato
economico
e
della
pubblica
amministrazione
sono
in
corso
potenti
azioni
rivendicative
.
E
non
a
caso
:
si
direbbe
che
mille
esigenze
,
mille
bisogni
delle
più
diverse
zone
sociali
,
compressi
e
sacrificati
da
anni
e
anni
di
immobilismo
conservatore
,
stiano
venendo
alla
ribalta
con
urgente
ed
esplosiva
contemporaneità
,
che
denunzia
non
-
come
si
pretende
-
un
'
obliqua
trama
di
non
meglio
identificati
provocatori
,
ma
piuttosto
quante
lacerazioni
,
squilibri
,
intralci
,
disfunzioni
abbia
accumulato
il
sistema
politico
edificato
dalla
democrazia
cristiana
,
e
quale
ottusa
incomprensione
questo
partito
abbia
opposto
alle
istanze
e
alle
necessità
di
sviluppo
e
adeguamento
istituzionale
poste
dall
'
evoluzione
economica
e
sociale
del
paese
.
Proprio
per
questa
ragione
non
vi
è
una
di
queste
lotte
che
non
contenga
in
germe
un
indefinito
potenziale
democratico
,
una
carica
politica
preziosa
per
noi
.
Oggettivamente
,
anche
quando
si
presentano
come
pure
lotte
rivendicative
ed
economico
-
corporative
,
queste
spinte
hanno
un
contenuto
politico
perché
rappresentano
la
prima
presa
di
coscienza
e
la
prima
forma
di
reazione
a
una
serie
di
situazioni
intollerabili
create
da
precise
scelte
politiche
,
rovinose
per
il
progresso
del
paese
,
compiute
in
passato
dalla
democrazia
cristiana
.
L
'
agitazione
degli
impiegati
dello
stato
è
oggettivamente
la
reazione
a
quella
situazione
di
precarietà
,
di
inefficienza
,
di
impotenza
e
confusione
in
cui
è
stato
lasciato
l
'
apparato
amministrativo
dello
Stato
,
e
di
cui
l
'
inferiorità
retributiva
dei
pubblici
impiegati
era
solo
l
'
aspetto
più
appariscente
:
condizioni
fin
troppo
scoperte
della
devastatoria
opera
di
intervento
,
pressione
,
deteriore
strumentalizzazione
politica
compiuta
dalla
DC
sulla
burocrazia
.
Gli
scioperi
dei
metalmeccanici
e
di
altre
categorie
della
classe
operaia
sono
stati
palesemente
una
rivolta
contro
il
sistema
della
pressione
discriminatoria
,
del
controllo
poliziesco
,
contro
il
clima
di
incivile
immunità
extracostituzionale
che
,
con
la
complicità
della
DC
e
in
nome
dell
'
anticomunismo
di
stato
,
è
stato
creato
nelle
fabbriche
.
Gli
scioperi
di
tutte
le
categorie
di
insegnanti
scaturivano
dall
'
indignazione
per
la
distruzione
e
l
'
umiliazione
permanente
della
scuola
in
tutti
i
suoi
ordini
e
gradi
,
perseguita
da
una
classe
politica
inetta
a
comprendere
che
in
questo
settore
si
decide
la
sopravvivenza
civile
di
una
nazione
.
Tocca
a
noi
far
sì
che
questa
nuova
germinale
coscienza
politica
delle
classi
lavoratrici
,
favorita
indubbiamente
dalla
svolta
,
non
trovi
entro
di
questa
la
sua
tomba
.
Ognuna
di
queste
lotte
è
infatti
suscettibile
di
ricevere
una
forma
e
un
orientamento
politico
che
possono
essere
decisivi
per
uno
sviluppo
democratico
della
situazione
attuale
:
decisivi
per
favorire
la
creazione
di
una
stabile
base
di
massa
alla
prospettiva
politica
socialista
che
vogliamo
e
dobbiamo
inserire
in
questo
esperimento
,
e
per
condizionare
in
senso
risolutamente
rinnovatore
l
'
elaborazione
delle
misure
riformatrici
che
si
impongono
,
spazzando
via
tutti
i
compromessi
,
le
frodi
,
le
mutuazioni
nominali
e
non
di
sostanza
che
i
nostri
interlocutori
politici
vorranno
introdurvi
.
A
nessuno
che
abbia
seguito
da
vicino
le
lotte
di
quest
'
anno
può
essere
sfuggita
la
disponibilità
politica
,
la
rapida
maturazione
politica
che
le
masse
impegnate
attraversavano
,
e
il
terreno
fecondo
che
avrebbe
potuto
trovarvi
una
più
decisa
e
coerente
azione
nostra
.
Mi
limiterò
ad
esempi
che
ho
potuto
seguire
direttamente
.
I
cinque
scioperi
degli
insegnanti
che
hanno
avuto
luogo
quest
'
anno
sono
stati
preceduti
da
imponenti
assemblee
,
fra
le
prime
e
le
ultime
delle
quali
(
da
novembre
a
maggio
)
fu
possibile
constatare
un
'
interessante
evoluzione
.
Mentre
nelle
prime
gran
cura
veniva
posta
nell
'
evitare
ogni
riferimento
extra
-
sindacale
e
nel
sottolineare
che
la
categoria
si
batteva
soltanto
per
più
decorosi
stipendi
;
via
via
che
venivano
in
chiaro
le
ragioni
squisitamente
politiche
della
testarda
resistenza
del
governo
,
le
discussioni
erano
sempre
più
folte
di
voci
che
si
levavano
a
denunziare
il
nesso
fra
le
retribuzioni
riservate
agli
insegnanti
e
lo
stato
generale
della
scuola
,
l
'
assurdità
dei
programmi
,
il
sovrappopolamento
paralizzante
delle
classi
,
la
mancanza
di
mezzi
,
l
'
anchilosi
burocratica
,
l
'
irrazionalità
vessatoria
della
legislazione
sul
personale
,
la
piaga
dei
fuori
ruolo
,
il
sistema
dei
concorsi
,
etc
.
:
insomma
tutto
quel
complesso
di
condizioni
con
cui
la
DC
ha
deliberatamente
devastato
e
umiliato
per
anni
la
scuola
di
stato
.
E
alla
fine
le
assemblee
si
risolvevano
in
veri
processi
alla
DC
e
alla
sua
politica
scolastica
,
durante
i
quali
veniva
subissato
chiunque
azzardasse
qualche
timida
difesa
di
questa
.
Terreno
su
cui
la
nostra
parola
,
se
vi
fosse
stato
un
piano
cosiffatto
,
avrebbe
potuto
far
cadere
proficuamente
tutti
i
temi
di
una
generale
riforma
scolastica
democratica
,
imperniata
sulla
supremazia
della
scuola
statale
;
e
avvalersi
della
spinta
irresistibile
che
era
sorta
per
creare
una
salda
base
ad
una
azione
politica
in
questo
senso
.
Invece
in
quei
giorni
,
gli
ultimi
e
decisivi
della
agitazione
,
agli
insegnanti
socialisti
toccò
affrontare
umilianti
discussioni
interne
sull
'
asserito
carattere
provocatorio
dello
sciopero
,
sulle
supposte
mene
delle
destre
che
avrebbero
mirato
a
far
abortire
con
esso
la
storica
svolta
,
sull
'
opera
mitigatrice
che
essi
avrebbero
dovuto
sentire
il
dovere
di
esercitare
fra
gli
scalmanati
professori
;
in
quei
giorni
toccò
loro
arrabbattarsi
per
far
assumere
l
'
impegno
(
assunto
ma
non
mantenuto
)
di
ritirare
l
'
appoggio
socialista
al
progetto
,
esso
si
veramente
provocatorio
,
del
doposcuola
;
e
,
per
colmo
di
tutto
,
sentire
da
autorevolissima
fonte
del
nostro
partito
,
definire
viziata
da
infantilismo
e
irresponsabilità
l
'
agitazione
degli
insegnanti
.
Così
pure
chi
abbia
assistito
a
una
fra
le
assemblee
di
metalmeccanici
,
nelle
quali
appariva
chiaro
come
la
forza
di
lotta
della
classe
operaia
fosse
sul
punto
di
travolgere
ogni
equilibrismo
moderatore
delle
centrali
sindacali
,
non
può
non
esserci
domandato
perché
mai
in
questa
atmosfera
arroventata
e
propizia
non
si
facesse
cadere
la
richiesta
del
disarmo
delle
forze
di
polizia
nei
conflitti
del
lavoro
,
costringendo
a
un
impegno
preciso
su
ciò
i
sindacalisti
democristiani
in
quelle
sedi
in
cui
ogni
tentativo
di
scansare
una
scelta
politica
come
quella
sarebbe
stato
catastrofico
per
essi
;
anziché
limitarsi
a
platoniche
dichiarazioni
giornalistiche
e
agli
appelli
alla
buona
volontà
altrui
.
Insomma
in
tutto
il
corso
della
lotta
di
classe
,
quale
si
sta
svolgendo
in
questi
ultimi
mesi
,
possono
essere
coerentemente
radicati
temi
e
prospettive
che
rendano
il
più
possibile
rapida
la
maturazione
della
coscienza
che
è
necessaria
una
svolta
radicale
nella
vita
politica
italiana
,
e
forniscano
le
premesse
per
una
caratterizzazione
non
interclassistica
o
equilibristica
ma
democratica
-
socialista
del
nuovo
corso
politico
.
Per
tutto
questo
però
è
necessaria
la
volontà
precisa
di
non
fare
da
paraurti
alla
DC
,
di
non
cavarle
neppure
una
castagna
dal
fuoco
;
è
necessaria
anzi
,
al
contrario
,
la
volontà
di
farle
scontare
duramente
,
ora
che
i
nodi
vengono
al
pettine
,
tutte
le
colpe
politiche
passate
,
di
approfondire
il
solco
fra
essa
e
i
lavoratori
che
cominciano
a
capire
cosa
c
'
è
da
fare
in
Italia
,
di
chiarire
volta
per
volta
il
carattere
compromissorio
ed
elusivo
delle
soluzioni
che
le
vengono
dettate
dal
suo
piano
inter
-
classistico
,
insomma
indispensabile
una
netta
delimitazione
dei
nostri
fini
specifici
,
un
chiarimento
della
differenza
qualitativa
di
essi
rispetto
a
quelli
della
DC
;
e
non
semplici
varianti
e
correzioni
marginali
:
elaborazione
programmatica
della
quale
non
si
vede
ancora
traccia
fra
noi
.
Senza
questa
contrapposizione
,
non
puramente
propagandistica
ma
politica
,
non
esiste
nessuna
consistente
possibilità
di
ridurre
il
peso
elettorale
della
DC
e
di
modificare
apprezzabilmente
il
quadro
politico
italiano
.
La
DC
ha
già
detto
ciò
che
non
intende
fare
nella
prossima
legislatura
;
tocca
a
noi
dire
che
cosa
pretendiamo
che
faccia
se
vuole
avere
il
nostro
appoggio
.
È
evidente
infatti
che
nessuno
sviluppo
serio
dell
'
esperimento
in
corso
è
possibile
,
qualora
non
si
realizzino
queste
due
condizioni
fondamentali
:
una
riduzione
della
DC
e
un
parallelo
aumento
del
complesso
delle
sinistre
,
in
primo
luogo
ovviamente
del
nostro
partito
.
Non
occorre
dimostrare
che
,
con
una
DC
in
aumento
e
il
nostro
partito
stazionario
,
si
ridurrebbe
a
nulla
la
nostra
forza
contrattuale
,
all
'
interno
di
un
'
eventuale
alleanza
:
là
dentro
potremmo
anche
starci
,
ma
solo
per
coprire
a
sinistra
la
DC
,
come
ha
fatto
per
anni
il
partito
socialdemocratico
.
Ma
a
ragion
veduta
ho
detto
«
un
aumento
del
complesso
delle
sinistre
»
.
Entra
qui
inevitabilmente
la
questione
della
necessità
di
una
alternativa
a
sinistra
e
della
prospettiva
di
un
partito
unico
della
classe
operaia
,
il
secondo
dei
temi
dibattuti
nella
polemica
Paolicchi
-
Settembrini
.
Dovrebbe
essere
chiaro
anche
ai
bambini
che
se
diminuisce
globalmente
il
peso
delle
sinistre
,
diminuisce
proporzionalmente
lo
stimolo
principale
a
ogni
forma
di
dinamismo
riformistico
della
democrazia
cristiana
e
viene
meno
la
giustificazione
massima
delle
sue
correnti
di
sinistra
nel
voler
promuovere
riforme
che
vengono
,
come
si
sa
,
concepite
e
presentate
alla
grande
palude
del
partito
come
il
mezzo
più
efficace
per
combattere
il
pericolo
di
una
maggioranza
socialista
.
E
solo
la
concreta
,
permanente
minaccia
di
una
maggioranza
alternativa
di
sinistra
può
piegare
veramente
la
DC
a
patti
in
cui
non
sia
essa
sola
a
dettare
le
condizioni
,
in
cui
si
possa
sperare
di
introdurre
e
far
rispettare
alcuni
capisaldi
essenziali
del
nostro
programma
.
E
se
è
vero
che
nessuna
possibilità
neppure
oggettiva
,
esisteva
che
una
tale
maggioranza
toccasse
il
traguardo
del
50%
,
finché
lo
schieramento
delle
sinistre
serbava
carattere
frontista
ed
era
sotto
l
'
egemonia
di
un
partito
comunista
incapace
di
elaborare
una
via
nazionale
al
socialismo
;
se
è
vero
che
neppure
noi
stessi
avremmo
potuto
permettere
che
tale
schieramento
giungesse
al
potere
guidato
da
un
PCI
incapace
di
dare
garanzie
democratiche
ai
suoi
stessi
alleati
;
è
altresì
vero
però
che
il
peso
globale
delle
sinistre
è
,
nel
corso
di
quindici
anni
costantemente
aumentato
tendendo
con
lenta
progressione
proprio
verso
quella
percentuale
che
la
DC
aveva
ragione
di
ritenere
catastrofica
per
il
proprio
monopolio
del
potere
.
Una
DC
che
,
con
forze
intatte
,
si
trovasse
dinanzi
uno
schieramento
di
voti
a
motivazione
dichiaratamente
socialista
ridotto
di
numero
,
avrebbe
bisogno
di
alleati
forse
,
ma
certo
solo
per
farsene
copertura
.
Non
è
un
caso
che
lo
scopo
dichiarato
e
angosciosamente
riproposto
ogni
giorno
al
dibattito
interno
della
DC
sia
:
o
la
riduzione
totale
delle
forze
complessive
della
sinistra
,
mediante
ciò
che
si
suol
chiamare
«
riassorbimento
democratico
delle
forze
del
PCI
»
(
e
che
è
cosa
del
tutto
diversa
da
quella
che
anche
noi
dobbiamo
non
solo
volere
ma
procurare
,
e
cioè
la
sottrazione
delle
masse
comuniste
all
'
influenza
del
nullismo
mitologico
della
loro
direzione
,
a
favore
però
di
un
'
effettiva
lotta
socialista
)
;
o
la
messa
fuori
giuoco
totale
del
PCI
,
mediante
l
'
approfondimento
del
solco
esistente
fra
noi
ed
esso
e
l
'
organico
nostro
inserimento
in
una
maggioranza
da
essa
condizionata
:
cose
su
cui
non
passa
giorno
che
la
DC
non
ci
inviti
ad
impegnarci
.
Nell
'
un
caso
e
nell
'
altro
essa
avrebbe
la
garanzia
di
conservare
indefinitamente
il
potere
;
poiché
avrebbe
indebolito
o
ulteriormente
diviso
,
le
forze
complessive
della
classe
operaia
adunate
sotto
programmi
e
finalità
socialiste
:
combinazione
in
cui
essa
scorge
a
ragione
l
'
unico
antagonista
reale
nella
lotta
per
il
potere
,
temibile
antagonista
per
l
'
attrazione
che
gli
ideali
di
rinnovamento
sociale
che
gli
non
peculiari
esercitano
nella
sua
stessa
base
.
La
DC
sa
che
,
in
un
caso
e
nell
'
altro
,
la
nostra
possibilità
di
influenza
all
'
interno
di
una
alleanza
con
essa
sarebbe
ridotta
a
dimensioni
irrisorie
poiché
noi
avremmo
cessato
di
costituire
una
forza
che
può
molto
chiedere
perché
può
,
volendo
,
puntare
su
un
'
altra
maggioranza
potenziale
.
Quanto
a
noi
,
dovremmo
tener
costantemente
presente
che
,
se
questo
disegno
della
democrazia
cristiana
riuscisse
,
sarebbe
per
lungo
tempo
irrealizzabile
quella
che
,
al
di
là
di
tutte
le
illusioni
,
rimane
la
condizione
massima
e
assolutamente
imprescindibile
,
anzi
l
'
unica
condizione
pensabile
per
la
fondazione
di
un
regime
socialista
:
e
cioè
la
conquista
di
una
maggioranza
democratica
di
persone
che
,
consapevolmente
,
intendono
affidare
il
potere
a
partiti
che
in
un
modo
o
nell
'
altro
si
rifacciano
agli
ideali
e
ai
fini
socialisti
.
Tatticamente
e
strategicamente
noi
socialisti
abbiamo
un
preciso
interesse
al
fallimento
di
questo
disegno
della
DC
.
Se
vogliamo
mantenere
aperta
una
prospettiva
socialista
,
il
nostro
vero
interesse
è
,
al
contrario
,
la
massima
estensione
quantitativa
e
la
massima
unificazione
qualitativa
.
negli
intenti
e
nei
procedimenti
,
delle
forze
che
si
richiamano
agli
ideali
socialisti
;
il
nostro
compito
è
operare
perché
un
maggior
numero
di
uomini
lottino
per
fini
socialisti
e
perché
sempre
minori
siano
fra
essi
i
dissensi
di
metodo
nell
'
azione
.
Se
è
un
preciso
interesse
per
la
DC
mettere
totalmente
fuori
giuoco
la
forza
,
malgrado
tutto
,
socialista
rappresentata
dal
PSI
,
è
invece
interesse
di
chi
vuole
il
socialismo
operare
perché
essa
sia
trascinata
nel
gioco
in
condizioni
che
travolgano
e
liquidino
tutti
gli
ostacoli
e
gli
impedimenti
intollerabili
che
la
sua
struttura
e
la
sua
ideologia
frappongono
a
una
piena
valorizzazione
democratica
e
socialista
delle
masse
popolari
che
essa
raduna
.
Quando
dico
che
bisogna
trascinare
nel
gioco
la
forza
comunista
non
intendo
dire
soltanto
che
bisogna
saper
utilizzare
spregiudicatamente
i
suoi
voti
tutte
le
volte
che
ve
ne
fosse
bisogno
per
promuovere
una
legge
pericolante
.
Ma
neppure
intendo
dire
che
si
debba
procurare
di
far
entrare
a
tutti
i
costi
i
comunisti
nell
'
attuale
contratto
politico
,
il
che
,
dato
appunto
il
carattere
di
questo
,
non
avrebbe
senso
.
E
condivido
anzi
pienamente
il
giudizio
di
Settembrini
sulla
inaccettabilità
dei
metodi
(
sostanzialmente
frontisti
)
proposti
e
applicati
dalla
nostra
sinistra
per
non
isolare
il
PCT
:
in
fondo
ai
quali
vi
è
la
giusta
intuizione
che
sarebbe
suicida
,
per
chi
vuole
veramente
il
socialismo
,
cooperare
allo
sforzo
democristiano
per
mettere
totalmente
fuori
giuoco
questa
forza
,
ma
nei
quali
,
d
'
altra
parte
,
manca
poi
la
coscienza
che
l
'
unica
condizione
efficace
per
sbloccarla
e
ricoinvolgerla
con
qualche
successo
e
in
forma
storicamente
valida
in
una
lotta
reale
per
la
democrazia
e
il
socialismo
,
è
un
radicale
rimaneggiamento
dei
suoi
modi
di
direzione
e
una
spietata
revisione
dell
'
ideologia
comunista
;
e
manca
anche
,
troppo
spesso
,
la
volontà
d
'
operare
con
la
necessaria
intransigenza
e
severità
critica
per
favorire
,
condizionare
e
imporre
questo
processo
.
Dirò
di
più
:
è
inutile
nascondersi
come
,
sui
temi
fondamentali
su
cui
la
natura
del
PCI
costituisce
un
ostacolo
obbiettivo
alla
massima
unità
possibile
di
forze
democratiche
nella
lotta
per
il
socialismo
,
un
vero
processo
di
revisione
rivoluzionaria
dei
miti
attendistici
,
malgrado
tutte
le
chiacchiere
,
non
è
neppure
cominciata
dentro
quel
partito
.
Esso
è
paralizzato
ancora
da
quella
che
è
stata
chiamata
l
'
emiplegia
della
verità
;
in
mezzo
a
tutte
le
disinvolte
giravolte
tattiche
,
sostanzialmente
intatti
vi
sono
rimasti
il
servilismo
verso
L
'
URSS
e
il
cosiddetto
«
centralismo
democratico
»
.
Nessuna
simpatia
,
nessun
benevolo
apprezzamento
possono
suscitare
i
suoi
recentissimi
adeguamenti
sul
MEC
:
anche
stavolta
il
a
passo
avanti
»
comunista
è
stato
compiuto
quando
già
le
forze
antisocialiste
d
'
Europa
ne
avevano
fatto
dieci
.
E
non
possiamo
farci
alcuna
illusione
e
tanto
meno
tentare
alcuna
giustificazione
per
questo
partito
,
se
pensiamo
quale
pauroso
spreco
di
energie
intellettuali
è
stato
fatto
là
dentro
fino
all
'
altro
ieri
per
dimostrare
a
scientificamente
»
il
contrario
di
ciò
che
i
fatti
rendevano
evidente
anche
alle
menti
più
sprovvedute
,
e
a
quale
servile
mansione
siano
state
ridotte
in
questo
modo
le
attitudini
scientifiche
che
pur
non
mancano
in
esso
;
se
pensiamo
che
,
per
l
'
ennesima
volta
,
questa
revisione
è
stata
promossa
e
condizionata
dalle
mutate
esigenze
politiche
del
blocco
sovietico
;
e
se
consideriamo
infine
quale
paurosa
e
talora
immedicabile
sedimentazione
di
incomprensioni
ottuse
,
pregiudizi
subalterni
,
disorientamenti
e
scoramenti
,
questo
sistematico
codismo
critico
lascia
ogni
volta
fra
la
classe
operaia
.
Non
giova
a
nessuno
nascondere
o
attenuare
la
gravità
del
male
che
paralizza
il
PCI
,
la
sua
colpevole
renitenza
a
rendersi
disponibile
per
una
autentica
lotta
socialista
.
Ma
questa
renitenza
non
può
giustificare
in
nessun
modo
una
nostra
associazione
ai
fini
che
la
DC
si
prefigge
nei
confronti
del
partito
comunista
;
o
anche
solo
una
nostra
neutralità
di
fronte
ad
essi
.
Oltre
tutto
,
non
dimentichiamolo
,
mettere
fuori
gioco
un
partito
comunista
non
significa
davvero
sottrargli
la
base
di
massa
,
indebolirlo
numericamente
;
né
,
ancora
meno
poter
seriamente
agire
su
questa
base
per
trasformarla
in
un
fattore
attivo
di
una
via
nazionale
per
il
socialismo
.
Un
partito
comunista
fuori
giuoco
,
considerato
elemento
estraneo
da
non
mettere
in
conto
,
più
che
mai
arroccherebbe
in
un
settarismo
sterile
masse
fondamentali
delle
classi
lavoratrici
,
più
che
mai
si
avvarrebbe
delle
vittorie
elettorali
che
gli
errori
altrui
saprebbero
costantemente
regalargli
,
per
non
cambiar
nulla
,
per
continuare
a
ritenere
intangibili
la
propria
struttura
e
la
propria
ideologia
.
Se
lasciamo
solo
ad
esso
il
compito
di
tener
desta
l
'
agitazione
nel
paese
,
se
rinunziamo
a
impegnare
un
diretto
,
serrato
colloquio
polemico
con
questo
partito
sui
temi
della
via
italiana
al
socialismo
,
e
a
mostrare
alle
masse
che
lo
seguono
che
noi
stiamo
lottando
non
per
isolarle
ma
per
aprire
ad
esse
strade
nuove
e
migliori
da
quelle
percorse
dal
PCI
,
noi
contribuiamo
insieme
ad
isolare
questo
partito
ma
anche
a
rafforzare
la
sua
base
di
massa
e
la
sua
forza
numerica
.
$
perfettamente
legittimo
operare
per
travasare
voti
ed
energie
dal
PCI
al
nostro
partito
:
ma
anche
per
raggiungere
questo
scopo
è
un
sistema
sbagliato
quello
di
isolarlo
.
L
'
unico
modo
per
rompere
le
barriere
che
impediscono
a
quei
sette
milioni
di
socialisti
di
contare
per
quanto
potrebbero
e
dovrebbero
nella
vita
politica
italiana
,
è
appunto
mostrare
ad
essi
che
,
non
solo
noi
non
ci
associamo
,
neanche
tatticamente
,
a
un
disegno
di
ulteriore
divisione
e
indebolimento
dello
schieramento
operaio
e
socialista
,
ma
che
,
al
contrario
,
abbiamo
un
piano
strategico
più
avanzato
dei
loro
dirigenti
:
e
questo
piano
può
essere
solo
quello
di
ricostruire
a
un
livello
più
alto
e
maturo
l
'
unità
politica
della
classe
operaia
.
Questo
è
l
'
unico
tipo
di
pressione
esterna
che
possa
favorire
e
accelerare
sostanziali
processi
di
rinnovamento
dentro
il
PCI
:
poiché
solo
esso
chiarirebbe
l
'
assurdità
di
linee
divisorie
che
già
da
oggi
sono
date
non
da
alternative
di
politica
interna
(
cosa
ha
il
PCI
da
contrapporre
a
noi
in
questo
campo
?
)
,
ma
da
tutta
una
serie
di
miti
assolutamente
inutili
alla
via
nazionale
per
il
socialismo
,
inutili
anzi
a
ciò
che
ai
dirigenti
comunisti
sembra
invece
di
poter
tutelare
con
essi
,
cioè
l
'
internazionalismo
proletario
.
Di
fronte
a
un
piano
nostro
ordinato
a
quel
fine
la
base
comunista
scoprirebbe
veramente
che
l
'
unico
residuo
ostacolo
a
una
maggioranza
socialista
in
Italia
è
proprio
il
modo
di
organizzazione
interna
del
proprio
partito
e
la
dipendenza
dai
suoi
dirigenti
dalla
politica
sovietica
.
Una
pressione
esterna
sul
PCI
per
l
'
unità
politica
della
classe
operaia
è
oggi
in
Italia
oggettivamente
l
'
unico
modo
di
operare
per
spazzar
via
l
'
ostacolo
che
In
struttura
e
l
'
ideologia
di
questo
partito
rappresentano
alla
via
italiana
per
il
socialismo
.
Perciò
non
solo
essa
sarebbe
cosa
del
tutto
diversa
dal
frontismo
c
dal
fusionismo
di
cui
parla
Paolicchi
:
ma
sarebbe
appunto
un
coefficiente
fondamentale
per
quella
modificazione
del
generale
quadro
politico
italiano
che
,
come
egli
ben
scrive
,
è
indispensabile
per
aprire
condizioni
nuove
e
più
favorevoli
alla
lotta
socialista
nel
nostro
paese
.
Che
tutto
questo
non
sia
solo
questione
di
tattica
;
che
anzi
,
al
punto
a
cui
è
giunta
la
crisi
e
lo
sfacelo
di
tutto
il
socialismo
europeo
,
questo
disegno
politico
imponga
una
revisione
critica
globale
del
contenuto
intellettuale
,
dei
metodi
operativi
,
delle
prospettive
strategiche
di
tutte
le
forze
socialiste
;
che
tale
revisione
debba
farsi
programmaticamente
entro
un
quadro
continentale
,
sotto
pena
di
una
sconfitta
,
ciò
è
una
questione
diversa
:
e
anch
'
essa
deve
essere
discussa
fra
noi
.
Quanto
prima
cominceremo
meglio
sarà
.