StampaQuotidiana ,
Rileggo
Fenoglio
.
La
figura
del
piemontese
di
campagna
è
antica
,
e
assai
diversa
da
quella
del
piemontese
di
città
,
più
sfumata
e
rapida
nel
mettersi
al
passo
del
mondo
.
Testardaggine
e
diffidenza
,
orgoglio
e
pudicizia
,
senso
del
limite
e
segreta
ambizione
formano
,
nel
piemontese
di
campagna
,
un
nocciolo
di
resistenza
al
destino
,
alla
delusione
dei
fatti
quotidiani
,
resistenza
che
non
gli
viene
meno
neppure
negli
istanti
più
duri
.
Il
piemontese
di
campagna
è
capace
di
dannarsi
l
'
anima
in
lotta
perpetua
con
una
vigna
arida
;
e
con
uno
schioppo
in
mano
può
mettersi
freddamente
a
sparare
contro
un
carro
armato
tedesco
:
non
importa
la
palese
inferiorità
,
la
vigna
che
ti
imbroglia
o
il
carro
armato
che
neppure
si
accorge
dei
tuoi
pallini
da
lepre
.
Vuoi
dire
che
ti
butterai
nel
pozzo
,
a
dispetto
delle
viti
e
degli
eredi
,
o
sbatterai
la
testa
contro
le
lamiere
del
Tigre
.
È
destino
,
però
,
non
«
darla
mai
vinta
»
a
niente
e
a
nessuno
,
costi
quel
che
costi
fino
alla
fine
.
E
così
era
Beppe
Fenoglio
,
seppure
naturalmente
velato
da
una
raffinata
esperienza
di
cultura
.
Composto
di
questa
materia
,
non
poteva
non
vivere
duramente
,
e
duramente
morire
,
subendo
e
tacendo
,
in
immensa
solitudine
,
e
tuttavia
con
l
'
altissima
convinzione
di
colui
che
sa
come
,
coltivando
il
suo
pezzo
di
terra
e
coltivandolo
bene
,
senza
riposo
,
finisce
per
avvantaggiare
tutti
gli
altri
,
prima
ancora
che
se
stesso
.
A
un
certo
punto
,
il
traduttore
elegantissimo
di
Coleridge
,
il
lettore
di
Lawrence
e
Stevenson
,
l
'
uomo
moderno
che
sa
vedere
con
distacco
di
penna
un
acre
spiraglio
di
vita
contadina
o
di
guerra
,
tornava
vittima
di
un
mondo
feroce
-
qual
è
quello
contadino
,
ma
anche
borghese
,
del
più
chiuso
Piemonte
-
e
lo
subiva
in
silenzio
,
come
a
negare
qualsiasi
altra
possibilità
di
vivere
e
agire
,
al
di
fuori
di
quei
territori
ed
usanze
.
E
in
questo
modo
dava
terreno
non
casuale
alle
storie
da
fabbricare
,
dalla
Malora
allo
splendido
Giorno
di
fuoco
,
nutrendole
di
un
furore
narrativo
e
stilistico
che
sublimava
,
finalmente
,
i
residui
velenosi
dell
'
esistenza
e
in
astratto
intaccavano
come
perfezionatissimi
proietti
,
la
cupola
crudele
tesa
a
chiudere
la
vita
-
delle
Langhe
,
di
ieri
e
di
oggi
,
del
mondo
dei
rapporti
familiari
intrigati
dalla
presenza
costante
del
denaro
,
dell
'
invidia
,
del
dispetto
,
dell
'
aridità
di
cuore
-
impedendole
di
liberarsi
secondo
intelligenza
e
bontà
.
Imminenti
edizioni
e
riedizioni
dei
suoi
racconti
,
già
conosciuti
o
appena
usciti
dal
cassetto
,
faranno
conoscere
a
un
più
largo
pubblico
uno
scrittore
che
nel
suo
microcosmo
lavorò
più
a
fondo
dello
stesso
Pavese
,
perché
non
deviato
da
alcuna
mitologia
ma
perdutamente
teso
a
raggiungere
un
risultato
realistico
,
pulito
,
a
costo
di
profondere
ogni
riserva
intellettuale
e
di
cuore
.
Non
gli
ho
mai
detto
una
cosa
simile
,
lui
vivo
.
Non
me
lo
consentivano
i
nostri
scarsi
rapporti
,
la
nostra
scorbutica
amicizia
piemontese
,
la
rara
corrispondenza
.
E
ancora
adesso
mi
pento
di
non
aver
tentato
,
una
volta
per
tutte
,
di
sfondare
il
suo
orgoglioso
riserbo
,
o
almeno
,
consciamente
,
di
non
aver
gettato
olio
sul
fuoco
della
sua
estrema
consapevolezza
.
In
segreto
,
ne
avrebbe
avuta
una
qualche
consolazione
,
al
di
là
di
tante
amarezze
e
di
irrimediabili
solitudini
e
pietosi
infingimenti
.
Ci
resta
questo
:
trenta
o
quaranta
pagine
di
Fenoglio
,
qualunque
cosa
succeda
,
sono
già
stampate
in
quell
'
ideale
antologia
delle
lettere
italiane
di
questo
secolo
che
,
per
fortuna
,
deve
ancora
veder
nascere
i
suoi
curatori
.
Da
quelle
pagine
viene
fuori
non
solo
un
ritratto
magistrale
del
mondo
accoltellato
della
Langa
,
ma
in
filigrana
appare
il
narratore
stesso
,
quel
«
piemontese
di
campagna
»
tanto
più
trepido
quanto
più
sa
di
affondare
,
con
occhio
asciutto
,
nel
dolore
proprio
e
altrui
.