StampaQuotidiana ,
Roma
,
aprile
-
Allegro
,
ma
con
un
'
aria
leggermente
facinorosa
,
Federico
Fellini
«
gira
»
il
suo
nuovo
film
,
La
dolce
vita
.
Chi
racconterà
la
storia
del
dopoguerra
cinematografico
dovrà
dire
,
alla
fine
,
che
vinsero
non
tanto
gli
ingegni
più
splendidi
ma
coloro
che
ebbero
la
testa
più
dura
.
Fellini
,
si
intende
,
di
ingegno
ne
ha
da
vendere
.
Ma
cosa
sarebbe
diventato
nella
caotica
produzione
nostra
senza
quelle
doti
da
mercante
romagnolo
,
da
indiano
paziente
,
da
prussiano
caparbio
che
gli
abbiamo
,
meravigliati
,
riconosciute
in
questi
anni
?
Quello
di
Fellini
è
infatti
un
caso
esemplare
.
Ecco
un
regista
famoso
in
tutto
il
mondo
,
carico
di
premi
,
e
,
ciò
che
più
importa
,
i
cui
film
si
vendono
a
scatola
chiusa
,
il
quale
è
costretto
,
a
ogni
nuovo
film
,
a
«
inventarsi
»
un
produttore
.
Proprio
come
se
fosse
un
novellino
qualsiasi
.
L
'
ostinazione
dei
«
grossi
»
del
nostro
cinema
a
negargli
fiducia
è
una
delle
cose
più
stravaganti
ed
esilaranti
del
costume
cinematografico
nazionale
.
Ennio
Flaiano
,
che
è
il
più
costante
soggettista
delle
opere
felliniane
,
ci
diceva
che
in
margine
del
soggetto
de
I
vitelloni
il
produttore
aveva
scritto
:
«
Cretinate
,
cose
dell
'
altro
mondo
»
ed
altrettali
.
E
pazienza
che
allora
Fellini
era
alle
prime
armi
o
quasi
.
Poi
è
venuto
il
trionfo
internazionale
della
Strada
.
Abbiamo
sentito
con
i
nostri
orecchi
delle
francesine
entusiaste
entrare
in
un
ristorante
esclamando
rivolte
agli
amici
che
le
attendevano
,
in
italiano
:
«
È
arrivato
Zampanò
!
»
.
Ebbene
,
per
varare
Cabiria
,
Federico
Fellini
prese
contatto
con
undici
produttori
.
Fatto
il
film
,
dovette
correre
a
Genova
a
farlo
vedere
al
Cardinal
Siri
,
che
benignamente
lo
approvò
,
per
sfuggire
ai
fulmini
della
censura
.
Anche
per
La
dolce
vita
le
difficoltà
si
sono
moltiplicate
.
Un
noto
produttore
gli
voleva
imporre
attori
stranieri
.
«
Se
no
non
si
vende
negli
Stati
Uniti
»
affermava
.
E
avrà
avuto
anche
ragione
.
Ma
come
si
fa
ad
affidare
,
senza
snaturare
il
racconto
,
la
parte
di
Mastroianni
a
uno
straniero
?
Gli
stranieri
ne
La
dolce
vita
sono
il
contorno
,
gli
attributi
,
non
la
sostanza
.
In
compenso
,
Anita
Ekberg
è
una
straniera
per
modo
di
dire
.
Naviga
nelle
paludi
romane
come
un
personaggio
del
Belli
.
Si
muove
fra
via
Veneto
e
piazza
del
Popolo
come
se
fosse
nata
da
queste
parti
invece
che
tra
i
fiordi
dell
'
estremo
Settentrione
.
Del
resto
la
selvaggia
salute
dei
discendenti
dei
Vichinghi
senza
dubbio
le
giova
.
Resiste
ai
fotografi
ossessivi
,
alle
strippate
di
spaghetti
,
al
vino
,
traditore
,
dei
Castelli
con
una
grazia
disarmante
.
Non
sembra
neppure
sospettare
che
questa
vecchia
città
la
vuole
distruggere
;
che
la
folla
che
le
sta
d
'
attorno
cerca
di
rimpinzarla
di
cibo
pesante
,
di
ingombrarle
la
mente
di
vini
liquorosi
per
ridurla
uno
straccio
.
Potrebbe
finir
qua
per
sempre
,
ingoffita
,
spiegazzata
,
ignota
tra
ignoti
.
Ma
non
se
ne
dà
pensiero
.
Entra
nelle
acque
della
fredda
fontana
di
Trevi
come
nel
bagno
dell
'
Excelsior
.
Beve
un
po
'
d
'
alcool
per
scaldarsi
;
poi
comincia
a
divertircisi
,
e
non
accenna
a
smettere
.
Quasi
ignuda
com
'
è
,
potrebbe
prendere
un
malanno
.
Fellini
se
ne
preoccupa
,
e
si
dice
contento
.
Ma
Anita
,
ormai
a
ruota
libera
,
ride
a
gola
spiegata
.
La
lasciassero
fare
,
starebbe
a
mollo
nell
'
acqua
tutta
la
notte
.
Invece
incalzano
altre
scene
.
La
dolce
vita
è
allo
stesso
tempo
un
panorama
e
una
satira
della
giungla
di
via
Veneto
,
dei
play
boys
e
delle
attricette
,
degli
ex
potentati
e
delle
vamp
dell
'
altro
ieri
,
dei
fotoreporters
,
delle
mannequins
e
di
tutti
coloro
che
cercano
un
po
'
di
sole
economico
,
un
po
'
di
ristoro
alla
vanità
ferita
,
alla
luce
dei
riflettori
cinematografici
.
Allegro
ed
autorevole
,
Fellini
coinvolge
tutti
,
una
ragazzina
di
tredici
anni
ed
Annibale
Ninchi
.
Purché
giri
la
ruota
della
vita
,
e
quel
riflesso
rapido
della
vita
che
la
gente
chiama
cinematografo
.
Ora
Anita
Ekberg
,
che
recita
la
parte
di
se
stessa
,
è
intervistata
da
un
tale
che
fa
finta
di
essere
collaboratore
di
un
'
austera
rivista
di
estetica
filmica
.
«
Signorina
Ekberg
,
cosa
ne
dice
del
neorealismo
?
»
Serena
,
volgendo
attorno
gli
occhi
di
ghiaccio
,
la
splendida
donna
chiede
ai
suoi
amici
fotografi
,
in
un
italiano
stento
ma
limpido
:
«
Il
neorealismo
?
Cos
'
è
il
neorealismo
?
»
.
«
È
un
vino
di
Frascati
»
risponde
un
fotografo
prendendola
golosamente
per
il
braccio
nudo
.
«
Andiamo
da
Gino
in
Trastevere
a
farci
un
piatto
di
fettuccine
»
.