StampaPeriodica ,
Eravamo
tutti
contenti
ed
orgogliosi
,
quando
Mino
fu
chiamato
a
Milano
:
ed
in
verità
fa
sempre
piacere
che
per
un
lavoro
importante
,
com
'
era
quello
,
avessero
scelto
proprio
uno
di
noi
,
della
provincia
,
la
provincia
che
tante
energie
ha
dato
alla
città
,
alla
nazione
,
senza
nulla
ricevere
o
chiedere
in
cambio
.
Così
,
appunto
,
diceva
Mino
,
ogni
volta
che
la
discussione
(
e
capitava
spesso
)
cadeva
su
questo
punto
.
Poi
ci
dispiacque
,
perché
il
vuoto
era
incolmabile
.
Ora
chi
avrebbe
ricevuto
gli
intellettuali
,
quelli
di
Firenze
o
di
Roma
,
quando
venivano
per
una
conferenza
,
per
esempio
?
Chi
ci
avrebbe
organizzato
,
in
poche
parole
,
la
vita
culturale
?
Mino
era
stato
un
personaggio
,
in
città
,
fin
dagli
anni
del
ginnasio
;
al
liceo
addirittura
riuscì
a
fondare
una
rivista
,
con
un
bel
nome
etrusco
sulla
copertina
,
che
faceva
un
bell
'
effetto
.
Una
volta
,
ricordo
,
non
avevo
i
soldi
per
comprare
il
numero
due
,
della
rivista
.
Andai
alla
redazione
,
che
era
in
casa
di
un
certo
Bianchi
,
chiesi
se
me
la
prestavano
,
ma
loro
dissero
che
non
avevano
tempo
da
perdere
con
i
ragazzi
(
avevano
tutti
tre
o
quattro
anni
più
di
me
)
e
che
me
ne
andassi
.
Mino
,
invece
,
il
giorno
dopo
mi
fermò
e
mi
disse
:
«
Scusa
,
per
ieri
sera
,
sai
,
e
passa
da
me
,
verso
le
quattro
.
Vedremo
se
si
può
fare
qualcosa
»
.
Così
tutti
gli
volevano
bene
,
anche
perché
era
serio
,
opportuno
,
attento
a
quel
che
diceva
;
mai
apriva
bocca
a
caso
.
Il
sindaco
lo
stimava
,
e
si
faceva
scrivere
da
lui
i
manifesti
di
maggior
impegno
,
quelli
per
la
festa
degli
alberi
,
per
esempio
.
Il
federale
anche
,
sebbene
non
fosse
ignoto
a
nessuno
l
'
antifascismo
dottrinario
di
Mino
.
«
È
un
bravo
ragazzo
»
,
diceva
il
federale
,
«
e
poi
,
culturalmente
,
è
un
valore
.
Bisogna
lasciarli
un
po
'
stare
questi
intellettuali
.
»
Così
era
ovvio
che
,
morendo
il
vecchio
prete
bibliotecario
,
il
posto
,
una
volta
laureato
,
toccava
a
lui
;
ed
anche
qui
Mino
si
distinse
,
le
riviste
specializzate
gli
chiedevano
la
collaborazione
,
ai
congressi
non
mancava
mai
e
prendeva
ogni
volta
la
parola
,
preciso
,
puntuale
,
breve
.
Ed
intanto
preparava
il
saggio
.
E
poi
partì
per
Milano
.
Ed
era
naturale
:
gente
come
lui
non
può
restare
qui
,
e
poi
lassù
si
sarebbe
fatto
una
posizione
,
certamente
.
«
Faglielo
vedere
,
tu
»
,
gli
dicemmo
alla
stazione
,
«
che
gente
nasce
in
provincia
.
»
Ogni
tanto
vedo
Mino
,
ed
ormai
son
passati
cinque
o
sei
anni
da
quando
se
ne
andò
.
Ogni
volta
lo
trovo
più
pingue
,
stempiato
,
ma
in
fondo
è
sempre
lo
stesso
.
Lo
incontro
,
di
solito
,
negli
atri
degli
alberghi
dove
si
tengono
conferenze
culturali
,
dibattiti
,
convegni
,
premi
letterari
.
Mi
riconosce
subito
,
e
mi
viene
incontro
,
sorridente
,
con
la
mano
tesa
:
«
Ciao
,
caro
»
,
mi
dice
sempre
,
«
come
va
?
Cosa
fai
di
bello
?
E
laggiù
da
voi
cosa
fate
?
»
.
Io
gli
spiego
tutto
per
filo
e
per
segno
,
e
lui
mi
sta
ad
ascoltare
,
assentendo
col
capo
.
E
quando
mi
lascia
mi
stringe
ancora
la
mano
:
«
Ciao
,
caro
,
scusami
ma
ho
da
fare
.
Ci
vediamo
dopo
.
E
scrivimi
qualche
volta
»
.
Io
gli
scrivo
,
infatti
,
lunghe
lettere
dove
gli
racconto
quel
che
succede
in
provincia
,
e
gli
chiedo
consigli
,
per
una
iniziativa
,
o
gli
propongo
di
venire
a
fare
qualche
conferenza
,
su
Graham
Greene
,
per
esempio
,
o
su
Moravia
.
E
lui
risponde
sempre
.
Scusandosi
perché
è
tanto
occupato
,
ha
da
fare
.
Prepara
il
saggio
.
Di
lui
sento
parlar
bene
da
tutti
:
«
È
un
giovane
critico
su
cui
possiamo
contare
.
Prenderà
il
posto
di
Pancrazi
»
.
L
'
ho
ritrovato
quest
'
estate
in
un
albergo
balneare
,
dove
assegnavano
un
premio
:
era
nella
giuria
.
Mi
venne
incontro
lui
,
anche
questa
volta
,
sorridente
e
con
la
mano
tesa
:
«
Ciao
,
caro
,
come
va
?
Tua
moglie
?
Avete
bambini
?
E
cosa
fate
,
laggiù
da
voi
?
»
.
Io
gli
rispondevo
puntualmente
:
sto
bene
,
anche
lei
sta
bene
,
sì
ne
abbiamo
uno
di
cinque
anni
.
E
laggiù
,
si
sa
,
la
solita
vita
,
la
provincia
;
almeno
fosse
tornato
lui
,
qualche
volta
,
a
farci
una
bella
conferenza
su
Moravia
o
su
Graham
Greene
.
«
Eh
,
caro
,
cosa
vuoi
farci
,
gli
impegni
,
il
lavoro
.
Anzi
,
scusami
,
ho
da
fare
,
ci
vediamo
dopo
»
.
Rimasi
lì
tre
giorni
,
e
lo
vedevo
sempre
affaccendato
per
l
'
atrio
dell
'
albergo
,
guardandosi
attorno
,
sorridente
.
Prima
di
partire
mi
chiamò
:
era
con
Diego
V
.
«
Permetti
,
Diego
»
disse
,
«
ti
presento
questo
giovane
,
un
bravo
giovane
,
un
certo
...
»
e
dopo
una
breve
pausa
disse
il
mio
nome
.
Mi
fece
anche
un
sacco
di
elogi
,
ed
io
un
po
'
,
per
la
verità
,
mi
vergognavo
e
tenevo
gli
occhi
bassi
.
«
È
un
bravo
giovane
,
che
vive
in
provincia
,
ha
fatto
molto
bene
,
laggiù
.
»
E
continuava
gli
elogi
.
«
Eh
,
caro
Diego
,
noi
spesso
abbiamo
il
torto
di
ignorarlo
,
un
grosso
torto
,
ma
in
provincia
si
fanno
tante
cose
belle
,
veramente
»
.
StampaPeriodica ,
È
in
distribuzione
,
in
questi
giorni
,
il
numero
speciale
,
natalizio
,
di
Colloqui
.
E
il
numero
8
:
sin
dallo
scorso
aprile
la
rivista
è
giunta
nelle
case
milanesi
gratuitamente
,
una
bella
rivista
,
con
molte
fotografie
e
scritti
interessanti
.
Piacciono
soprattutto
,
al
pubblico
,
gli
articoli
dedicati
alla
vita
cittadina
,
alla
Milano
di
un
tempo
,
agli
spettacoli
lirici
e
di
prosa
.
Spesso
il
pubblico
si
chiede
anche
chi
invia
gratuitamente
il
fascicolo
ogni
mese
,
ma
non
ha
mai
trovato
una
risposta
definitiva
;
non
riesce
nemmeno
a
spiegarsi
chi
possa
avere
dato
nomi
e
indirizzi
alla
direzione
.
Il
valore
di
mercato
dell
'
omaggio
(
trentaquattro
pagine
a
colori
)
non
dovrebbe
essere
di
molto
inferiore
alle
cinquanta
lire
:
il
suo
pubblico
comprende
almeno
duecento
o
forse
trecentomila
persone
,
praticamente
tutte
le
famiglie
che
usufruiscono
dei
servizi
di
luce
e
gas
della
Edison
.
Gli
indirizzi
,
evidentemente
,
son
quelli
delle
bollette
mensili
,
ed
il
presunto
omaggio
ha
in
realtà
un
costo
invisibile
,
ma
nascosto
proprio
dentro
le
sibilline
colonne
della
bolletta
.
In
realtà
anche
il
lettore
attento
stenta
a
comprendere
la
provenienza
di
Colloqui
.
Il
nome
della
Edison
,
con
l
'
avvertenza
che
la
rivista
non
è
in
vendita
,
compare
solo
,
in
minuti
caratteri
,
in
fondo
al
sommario
,
in
seconda
di
copertina
.
Al
massimo
può
accadere
di
imbattersi
(
e
nel
numero
2
)
in
una
lettera
del
direttore
ad
Antonietta
,
figlia
di
alluvionati
calabresi
,
una
lettera
che
ricorda
le
scoperte
che
la
bambina
ha
fatto
«
allora
»
:
«
la
minestra
di
riso
,
le
magliette
di
lana
azzurra
,
le
docce
(
che
emozione
la
prima
volta
!
)
,
i
libri
delle
favole
,
il
cinematografo
»
.
Dove
,
quando
,
perché
queste
scoperte
?
Una
minuta
didascalia
,
in
fondo
alla
pagina
,
avverte
:
«
La
società
Edison
ha
ospitato
,
nella
sua
colonia
di
Suna
,
200
bambini
provenienti
dalle
zone
alluvionate
della
Calabria
»
.
Una
caratteristica
importante
della
rivista
,
dunque
,
è
l
'
abilità
con
cui
i
finanziatori
evitano
di
mostrarsi
allo
scoperto
,
quasi
per
invitare
il
lettore
a
far
da
sé
la
sua
scoperta
,
a
poco
a
poco
.
Anche
le
connessioni
dirette
con
la
precedente
attività
della
Edison
,
son
molto
larghe
ed
approssimative
.
Un
articolo
sull
'
ufficio
reti
della
Edison
(
è
nel
numero
6
)
,
oltre
a
non
citare
mai
la
società
,
è
condotto
col
tono
della
cronaca
di
varietà
,
vivace
,
con
qualche
civetteria
letteraria
.
Ogni
numero
contiene
del
resto
uno
scritto
sull
'
elettricità
o
sul
gas
,
e
la
pagina
dell
'
arredamento
insiste
spesso
sui
criteri
e
sui
mezzi
migliori
di
illuminare
la
casa
:
luci
indirette
,
paralumi
a
parabola
e
tubi
catodici
.
Ma
tutto
a
piccole
dosi
e
non
più
di
quanto
all
'
argomento
dedichino
i
normali
settimanali
illustrati
,
dei
quali
Colloqui
segue
quasi
costantemente
la
falsariga
.
E
la
ragione
è
chiara
:
il
direttore
,
Enzo
Biagi
,
è
anche
caporedattore
di
Epoca
e
della
maggior
rivista
segue
costantemente
schemi
e
criteri
.
La
caratterizzazione
specifica
è
data
,
semmai
,
da
un
più
accentuato
tono
cittadino
,
non
manca
mai
(
anzi
,
è
quasi
sempre
quello
d
'
apertura
)
l
'
articolo
sulla
vita
di
Milano
,
sulla
storia
della
città
,
sugli
spettacoli
alla
Scala
o
negli
altri
teatri
.
Ogni
numero
contiene
una
novella
,
di
solito
ben
illustrata
.
I
nomi
che
ricorrono
son
piuttosto
grossi
,
sicuri
:
Corrado
Alvaro
,
Achille
Campanile
,
Alba
De
Cespedes
,
e
,
fra
i
giovani
,
Michele
Prisco
,
Vittorio
Pozzo
e
Bruno
Roghi
hanno
lo
sport
,
Domenico
Meccoli
il
cinema
,
Eligio
Possenti
il
teatro
.
Gli
articoli
di
cronaca
portano
firme
come
quelle
di
Titta
Rosa
,
Orio
Vergani
,
Giovanni
Comisso
,
Filippo
Sacchi
,
Giorgio
Vecchietti
,
Enrico
Emanuelli
e
,
naturalmente
,
Indro
Montanelli
.
Nell
'
ultima
pagina
c
'
è
una
rubrica
fissa
,
infortunistica
.
Si
intitola
Le
avventure
di
Elettrino
,
un
pupazzetto
costantemente
alle
prese
con
cavi
e
apparecchi
elettrici
.
Per
mezzo
di
sei
o
sette
vignette
con
didascalia
ritmata
si
spiega
all
'
utente
,
poniamo
,
che
è
pericoloso
cacciar
le
dita
in
una
presa
di
corrente
,
o
addormentarsi
con
il
gas
aperto
.
In
questi
ultimi
tempi
i
giornali
della
sera
son
stati
pieni
di
notizie
su
gente
intossicata
dal
gas
,
e
la
causa
,
che
tutti
ammettevano
,
era
una
sola
:
il
cattivo
stato
delle
tubazioni
,
ormai
vecchie
di
decenni
.
Vero
è
che
quei
giornali
evitavano
di
nominare
la
società
che
distribuisce
il
gas
;
ma
l
'
opinione
pubblica
è
,
a
dir
poco
,
risentita
contro
la
Edison
,
la
quale
deve
in
qualche
modo
far
fronte
alle
pretese
sempre
più
decise
del
pubblico
.
Ma
ci
son
forse
altre
ragioni
,
meno
contingenti
,
non
dissimili
da
quelle
che
hanno
indotto
molti
industriali
del
nord
a
farsi
mecenati
di
cultura
,
a
comperare
giornali
in
pura
perdita
,
a
elargire
premi
agli
artisti
.
È
insieme
un
abbozzo
di
politica
culturale
,
di
tipo
chiaramente
riformistico
,
e
un
«
magnificent
hobby
»
:
i
nuovi
principi
che
non
possono
più
comprarsi
un
blasone
,
comprano
una
squadra
di
calcio
,
o
un
mazzetto
di
intellettuali
,
per
farsene
una
corte
.
Da
qui
il
tono
generale
della
rivista
.
Il
lettore
non
è
mai
infastidito
da
problemi
veri
:
anche
quando
si
parla
di
scienza
,
il
piano
è
quello
della
divulgazione
piacevole
e
brillante
;
i
consigli
sulla
casa
e
sull
'
allevamento
dei
bambini
hanno
un
sottinteso
fondo
ottimistico
;
i
cenni
a
esperimenti
,
scoperte
,
innovazioni
straniere
,
son
sempre
scelti
dall
'
industria
e
dalla
scienza
americana
.
L
'
America
,
anche
qui
,
è
il
paese
di
Dio
.
Quanto
all
'
altra
parte
del
mondo
,
non
se
ne
parla
mai
.
La
rivistina
avrà
senza
dubbio
uno
sviluppo
,
uscirà
dalla
genericità
di
oggi
,
prenderà
posizione
,
abbiamo
sempre
visto
questo
cammino
,
nei
vari
«
digest
»
(
la
formula
fondamentale
è
quella
)
;
ma
non
è
facile
dire
,
per
ora
,
quale
sarà
il
suo
effetto
sugli
utenti
.
StampaPeriodica ,
Carissimi
,
dovevo
proprio
raccontarvi
una
volta
o
l
'
altra
,
quel
che
ho
visto
e
quel
che
ho
capito
,
in
questi
primi
sei
mesi
milanesi
,
soprattutto
sentivo
e
sento
il
bisogno
di
esporvi
,
di
questo
bilancio
,
la
parte
negativa
,
la
più
grossa
,
di
dirvi
insomma
quel
che
non
ho
capito
,
o
addirittura
non
visto
.
Voi
sapete
bene
che
cosa
ero
e
che
cosa
facevo
,
prima
di
venire
quassù
.
Sono
nato
e
sono
vissuto
in
provincia
,
per
trent
'
anni
,
e
proprio
nel
momento
in
cui
un
uomo
sui
trent
'
anni
si
trova
di
fronte
alla
solita
inevitabile
crisi
(
di
crescenza
,
speriamo
)
ho
fatto
il
salto
,
sono
venuto
a
lavorare
quassù
.
Posso
dire
di
conoscere
e
di
aver
capito
la
mia
provincia
,
la
Maremma
.
Si
è
già
detto
che
la
provincia
,
come
campo
d
'
indagine
,
offre
notevoli
vantaggi
rispetto
alla
città
:
è
un
campo
d
'
osservazione
assai
più
semplice
e
ristretto
.
Le
sue
linee
strutturali
sono
in
genere
nette
e
schematiche
,
mentre
nella
città
esse
sono
,
innanzi
tutto
,
più
numerose
,
e
poi
intrecciate
,
accavallate
,
coincidenti
a
volte
.
Anche
per
un
uomo
sostanzialmente
comune
,
quale
io
sono
,
non
è
stato
difficile
,
nella
provincia
in
cui
sono
nato
e
cresciuto
,
capire
abbastanza
chiaramente
,
pur
senza
la
scelta
d
'
un
partito
politico
,
come
stanno
le
cose
,
in
Italia
,
chi
ha
ragione
e
chi
ha
torto
.
Nel
caso
mio
hanno
ragione
i
badilanti
,
e
hanno
ragione
i
minatori
,
hanno
torto
i
latifondisti
,
e
ha
torto
la
Montecatini
.
Basta
muoversi
appena
un
poco
,
vedere
come
questa
gente
vive
(
e
muore
)
e
la
scelta
viene
da
sé
.
Sui
libri
si
troverà
,
semmai
,
la
conferma
di
quel
che
si
è
visto
e
di
quel
che
si
è
deciso
,
e
si
stabilirà
,
da
allora
in
avanti
,
di
servirsi
dei
libri
per
aiutare
chi
ha
ragione
ad
averla
nei
fatti
,
oltre
che
nei
diritti
.
Non
c
'
è
dubbio
.
Perciò
,
quando
mi
proposero
di
venire
quassù
,
io
mi
chiesi
se
era
giusto
lasciare
i
badilanti
e
i
minatori
,
della
cui
vicinanza
sentivo
molto
il
bisogno
e
il
significato
.
Non
solo
,
pensai
anche
che
la
lotta
,
quassù
,
si
poteva
condurre
con
mezzi
migliori
,
più
affinati
,
e
a
contatto
diretto
con
il
nemico
.
Mi
pareva
anzi
che
quassù
il
nemico
dovesse
presentarsi
più
scoperto
e
visibile
.
A
Niccioleta
la
Montecatini
non
ha
altra
faccia
se
non
quella
delle
guardie
giurate
,
povera
gente
che
cerca
di
campare
,
o
quella
del
direttore
,
un
ragazzo
della
mia
età
,
che
potrebbe
aver
fatto
con
me
il
liceo
,
o
giocato
a
pallone
.
A
Milano
invece
la
Montecatini
è
una
realtà
tangibile
,
ovvia
,
cioè
si
incontra
per
strada
,
la
Montecatini
è
quei
due
palazzoni
di
marmo
,
vetro
e
alluminio
,
dieci
,
dodici
piani
,
all
'
angolo
fra
via
Turati
e
via
della
Moscova
.
A
Milano
la
Montecatini
ha
il
cervello
,
quindi
dobbiamo
anche
noi
spostare
il
nostro
cervello
quassù
,
e
cercare
di
migliorarlo
,
di
farlo
funzionare
nella
maniera
e
nella
direzione
giusta
.
Così
ragionavo
,
e
per
questo
mi
decisi
.
Mi
avevano
detto
che
avrei
trovato
una
città
dura
,
chiusa
,
serrata
.
Milano
è
forse
l
'
unica
città
d
'
Italia
in
cui
i
portoni
sulle
strade
si
chiudono
contemporaneamente
e
inderogabilmente
alle
dieci
di
sera
.
E
si
chiudono
sul
serio
,
di
dentro
e
di
fuori
,
sì
che
senza
chiave
non
solo
non
si
entra
,
ma
nemmeno
si
esce
di
casa
.
Milano
è
la
città
d
'
Italia
in
cui
forse
è
più
difficile
che
sorgano
rapporti
umani
costanti
e
profondi
:
provate
a
viverci
qualche
tempo
(
diciamo
come
me
,
sei
mesi
)
e
vedrete
quante
poche
volte
una
famiglia
di
conoscenti
vi
inviterà
a
cena
,
o
a
prendere
il
caffè
.
Anche
visivamente
:
Milano
è
una
sorta
di
labirinto
di
griglie
scure
,
fra
le
quali
scorrono
lunghe
,
eguali
,
monotone
le
strade
.
Le
strade
che
quassù
,
a
differenza
di
tutte
quelle
d
'
Italia
,
non
sono
luoghi
,
ma
strumenti
,
rotaie
su
cui
si
viaggia
a
velocità
notevole
,
è
vero
,
ma
uniforme
.
Ed
è
questa
la
ragione
per
cui
il
traffico
,
molto
più
denso
rispetto
a
quello
romano
,
finisce
col
non
avvertirsi
,
e
col
dare
la
sensazione
della
solitudine
e
del
silenzio
.
Ma
questo
è
colore
.
Altre
cose
,
e
più
importanti
,
si
vedono
assai
presto
.
L
'
assenza
,
palese
,
degli
operai
.
Gli
operai
non
ci
sono
,
almeno
in
quella
Milano
che
è
compresa
nel
raggio
del
movimento
mio
e
dei
miei
colleghi
,
non
entrano
mai
nel
nostro
rapporto
di
lavoro
.
Gli
ultimi
operai
che
ho
visto
,
nel
giugno
scorso
,
erano
quelli
di
Sesto
.
E
inatti
sono
a
Sesto
,
a
Monza
,
alla
Bovisa
,
a
Niguarda
,
non
qui
.
Qui
ci
sono
i
ragionieri
.
Guardate
bene
,
non
è
il
solito
termine
folcloristico
di
comodo
.
Voglio
dire
proprio
i
ragionieri
,
quelli
col
diploma
:
come
si
spiegherebbe
,
altrimenti
,
proprio
a
Milano
,
una
istituzione
come
l
'
Università
Bocconi
?
Provatevi
a
pensarla
a
Roma
:
a
Roma
,
semmai
,
sarebbe
pensabile
un
'
ipotetica
università
per
soli
funzionari
ministeriali
.
E
sono
questi
,
i
ragionieri
,
che
fanno
il
tono
umano
della
città
,
quelli
che
incontrate
in
tram
,
per
strada
,
la
mattina
alle
nove
,
che
camminano
allineati
e
coperti
,
con
la
loro
divisa
,
il
completo
grigio
,
la
camicia
bianca
,
la
cravatta
azzurra
.
Sono
quelli
che
,
borsa
di
pelle
sotto
il
braccio
,
la
mattina
,
accanto
a
voi
nel
bar
,
si
«
tirano
su
»
col
bicchierino
di
grappa
,
la
faccia
scavata
sotto
le
occhiaie
da
un
solco
diritto
che
raggiunge
gli
angoli
della
bocca
(
è
la
«
faccia
milanese
»
,
dicono
)
.
Ma
nessuno
di
loro
,
fra
l
'
altro
,
è
milanese
.
Anche
nel
parlare
voi
lo
avvertite
,
in
quell
'
anonimo
birignao
assai
diverso
dall
'
asciutto
e
saporito
dialetto
che
raramente
,
e
con
gioia
,
accade
di
sentire
.
Non
sono
milanesi
.
Direi
che
almeno
due
terzi
di
questo
milione
e
mezzo
di
milanesi
non
sono
nati
qua
,
sono
venuti
dalla
provincia
,
vicina
e
lontana
(
i
«
napoletani
a
Milano
»
sono
ormai
un
luogo
comune
)
e
sono
venuti
perché
a
Milano
«
gh
'
è
el
pan
,
gh
'
è
la
grana
»
,
i
soldi
,
l
'
industria
.
Loro
l
'
industria
non
la
vedranno
mai
,
faranno
parte
della
Milano
interna
(
ripeto
,
l
'
unica
che
io
e
i
miei
amici
possiamo
toccare
con
mano
,
ogni
giorno
)
,
della
Milano
che
non
produce
nulla
,
ma
vende
e
baratta
.
Questi
milanesi
di
accatto
,
che
sono
la
maggioranza
,
sono
venuti
a
costituire
la
burocrazia
del
commercio
,
una
burocrazia
assai
poco
nota
e
visibile
,
ma
molto
peggiore
di
quella
ministeriale
,
romana
,
perché
più
di
questa
superciliosa
e
arrogante
:
non
solo
,
ma
anche
superba
del
suo
mito
.
Quando
a
Roma
la
gente
,
di
tipi
simili
,
dice
«
fanatico
»
,
inavvertitamente
mette
in
chiaro
il
fondo
mentale
monologico
,
religioso
,
che
sostiene
il
loro
costume
.
Come
non
ho
visto
gli
operai
(
e
i
preti
.
Questo
anche
,
già
detto
fra
parentesi
,
vorrei
che
gli
amici
milanesi
mi
chiarissero
:
perché
a
Milano
non
si
vede
mai
un
prete
in
giro
?
Che
il
rito
ambrosiano
sia
qualcosa
di
più
di
una
particolare
liturgia
?
)
,
come
,
dicevo
,
non
ho
visto
gli
operai
,
così
non
ho
ancora
visto
gli
intellettuali
.
Li
ho
visti
,
s
'
intende
,
e
li
vedo
ogni
mattina
,
come
singoli
,
ma
mai
come
gruppo
.
Non
riescono
a
formarlo
,
e
ad
influire
come
tale
sulla
vita
cittadina
.
L
'
unico
gruppo
in
qualche
modo
compatto
è
quello
che
forma
la
desolata
«
scapigliatura
»
di
via
Brera
.
Gli
altri
fanno
i
funzionari
d
'
industria
,
chiaramente
.
Basta
vedere
come
funziona
una
casa
editrice
:
c
'
è
una
redazione
di
funzionari
,
che
organizza
:
alla
produzione
lavorano
gli
altri
,
quelli
di
via
Brera
,
che
leggono
,
recensiscono
,
traducono
,
reclutati
volta
a
volta
,
come
braccianti
per
le
«
faccende
»
stagionali
.
Vi
ho
detto
che
persino
quel
che
mi
pareva
chiaro
,
la
posizione
del
nemico
nei
palazzoni
di
dieci
piani
,
fra
via
Turati
e
via
della
Moscova
,
a
Milano
non
mi
è
parso
più
tanto
chiaro
.
Perché
qui
le
acque
si
mischiano
e
si
confondono
.
L
'
intellettuale
diventa
un
pezzo
dell
'
apparato
burocratico
commerciale
,
diventa
un
ragioniere
.
Fate
il
conto
di
quanti
scrittori
,
giornalisti
,
pittori
,
fotografi
,
lavorano
per
la
pubblicità
di
qualcosa
.
Quella
pubblicità
,
guardate
bene
,
che
insegna
che
si
ha
successo
nella
vita
,
e
negli
affari
,
usando
quel
lucido
da
scarpe
e
quel
rasoio
elettrico
,
comparendo
bene
,
presentandosi
bene
.
Appunto
perché
questa
non
è
la
Milano
che
produce
,
ma
quella
che
vende
e
baratta
,
e
in
questa
società
si
vende
e
si
baratta
proprio
presentandosi
col
volto
ben
rasato
,
le
scarpe
lucide
ecc.
Per
questo
una
delle
preoccupazioni
maggiori
degli
intellettuali
,
di
questi
intellettuali
,
è
proprio
quella
di
ben
comparire
,
di
non
fare
brutte
figure
.
Per
questo
non
si
sbilanciano
,
non
danno
giudizi
definitivi
,
non
si
aprono
,
non
dicono
sciocchezze
(
come
tutti
amiamo
fare
,
perché
è
la
maniera
,
o
almeno
una
maniera
,
per
dire
anche
qualche
cosa
seria
)
.
Per
questo
,
qui
fra
noi
,
è
così
frequente
la
figura
dell
'
autorevole
.
E
ci
sono
anche
altre
cose
,
peggiori
e
più
tristi
,
di
cui
ora
non
voglio
parlare
,
e
di
queste
cose
tristi
c
'
è
persino
la
teorizzazione
.
La
lotta
per
la
vita
,
dicono
,
il
rapporto
delle
forze
,
resistenza
come
una
grande
scacchiera
su
cui
tutti
ci
muoviamo
,
e
su
cui
è
necessario
«
mangiare
il
pezzo
»
che
sta
sulla
casella
che
piace
a
noi
.
Non
li
credo
in
malafede
,
tutt
'
altro
.
E
nemmeno
li
credo
fatui
e
privi
di
problemi
.
Anzi
!
In
questi
sei
mesi
la
parola
problema
è
quella
che
più
di
tutte
ho
sentita
dire
.
Mi
è
capitato
,
dopo
ore
di
discussione
collettiva
,
di
sentire
un
collega
intervenire
osservando
:
«
lo
penso
che
il
problema
sia
un
altro
»
.
Esiste
insomma
persino
il
problema
del
problema
.
Cioè
esiste
,
soprattutto
,
una
notevole
confusione
.
E
questo
è
male
,
perché
,
al
l
'
opposto
,
chi
dirige
la
burocrazia
commerciale
milanese
,
chi
dirige
ragionieri
e
funzionari
(
anche
gli
intellettuali
,
perciò
)
sa
invece
assai
bene
quello
che
vuole
;
non
solo
,
ma
va
a
nozze
quando
vede
la
confusione
che
c
'
è
dall
'
altra
parte
.
...
E
questo
è
male
.
È
male
perché
,
se
le
cose
continuano
così
,
là
dalle
mie
parti
i
badilanti
continueranno
a
vivere
di
pane
e
cipolla
,
i
minatori
a
morire
di
silicosi
odi
grisou
.
Ora
,
mi
pare
chiaro
che
non
può
continuare
a
essere
questa
la
nostra
funzione
.
In
termini
politici
(
e
scusate
se
li
adopero
male
,
ma
questo
non
è
il
mio
linguaggio
)
si
direbbe
:
il
capitale
milanese
agisce
in
senso
riformistico
e
provoca
il
distacco
,
non
di
rado
l
'
ostilità
aperta
fra
la
piccola
borghesia
e
la
classe
operaia
.
Compito
degli
intellettuali
moderni
,
e
veri
,
dovrebbe
essere
quello
di
tentare
la
composizione
di
queste
forze
ingiustamente
divise
.
Insomma
i
ragionieri
non
dovrebbero
più
pensare
che
i
tranvieri
o
gli
operai
di
Sesto
hanno
torto
,
quando
scioperano
.
Non
dovrebbero
più
rispondere
«
mica
male
»
quando
chiedete
loro
come
va
la
vita
.
E
toccherebbe
a
noi
far
capire
a
questa
gente
che
ha
torto
,
e
che
han
ragione
gli
altri
e
che
la
vita
va
proprio
male
.
Ma
se
noi
continuiamo
a
vivere
nel
centro
,
se
continuiamo
a
vivere
accanto
ai
ragionieri
,
come
i
ragionieri
,
mentre
gli
operai
sono
alla
Bovisa
,
o
a
Niguarda
,
come
potremo
fare
il
nostro
lavoro
?
lo
vorrei
proprio
che
voi
,
amici
romani
,
mi
spiegaste
,
più
semplicemente
che
potete
,
come
si
deve
fare
.
Vorrei
che
me
lo
spiegassero
gli
amici
milanesi
,
soprattutto
.
E
che
non
mi
rispondessero
,
per
carità
,
cominciando
a
dire
che
«
il
problema
è
un
altro
»
.
No
,
il
problema
è
proprio
questo
.
Ogni
volta
che
torno
a
Niccioleta
mi
convinco
che
è
proprio
così
.
StampaPeriodica ,
Il
panettone
cominciò
a
diffondersi
fuori
di
Milano
dopo
il
1930
,
e
un
'
accorta
campagna
pubblicitaria
lo
lanciò
appunto
in
quegli
anni
,
che
erano
anni
di
autarchia
,
come
«
il
dolce
degli
italiani
»
,
uno
slogan
nazionalistico
a
cui
si
affiancava
l
'
altro
,
misticheggiante
,
del
bianco
natale
,
col
presepe
e
le
pecorelle
.
Motta
riuscì
a
far
questo
.
Riuscì
a
far
credere
agli
italiani
che
il
panettone
fosse
il
loro
dolce
(
tanto
vero
che
potevano
concederselo
solo
una
volta
l
'
anno
,
a
quel
prezzo
)
e
riuscì
anche
a
convincerli
che
esso
faceva
parte
di
una
tradizione
,
che
di
fatto
non
esisteva
.
E
il
panettone
,
un
dolce
inventato
nel
1919
e
lanciato
negli
anni
trenta
,
invase
il
mercato
bruciando
letteralmente
altri
dolci
,
che
avevano
davvero
una
loro
tradizione
:
si
pensi
al
panforte
senese
o
alla
cassata
siciliana
.
Quanto
a
Milano
,
Motta
si
trovava
veramente
di
fronte
a
un
dolce
tradizionale
:
si
parla
,
quanto
alle
origini
del
panettone
,
di
tempi
distanti
almeno
cinque
secoli
.
Solo
che
il
panettone
di
un
tempo
aveva
forma
,
aspetto
e
struttura
assai
umili
e
popolari
:
rotondo
,
ma
basso
e
poco
sfocato
,
pareva
né
più
né
meno
,
una
pagnotta
casalinga
.
Angelo
Motta
era
venuto
a
Milano
negli
anni
precedenti
la
Prima
guerra
mondiale
,
come
garzone
di
fornaio
;
nel
dopoguerra
si
era
già
fatto
un
forno
proprio
;
tutti
i
forni
di
allora
,
sotto
le
feste
di
Natale
,
facevano
il
panettone
,
e
di
solito
lo
regalavano
ai
clienti
più
affezionati
.
Motta
fiutò
le
possibilità
commerciali
di
questo
dolce
,
e
lo
rifece
di
sana
pianta
.
Ne
cambiò
la
forma
:
fece
cuocere
la
pasta
tenendola
stretta
in
una
specie
di
canestro
di
carta
spessa
,
in
modo
che
,
lievitando
si
sviluppasse
in
altezza
e
prendesse
quell
'
aspetto
lussuoso
e
troneggiante
,
che
ha
ancora
oggi
.
Lo
arricchì
di
uvetta
e
di
frammenti
di
candito
:
la
trovata
ebbe
successo
e
Motta
cominciò
ad
aprire
un
negozio
più
grande
,
poi
ad
acquistarne
un
altro
,
poi
un
altro
ancora
.
La
guerra
,
anzi
,
il
dopoguerra
,
gli
aveva
portato
fortuna
,
grazie
anche
alla
sua
innegabile
abilità
di
orientarsi
nella
confusione
del
mercato
nero
.
Intorno
al
'30
era
in
grado
di
affrontare
il
mercato
nazionale
.
Aveva
industrializzato
il
panettone
,
fino
ad
allora
prodotto
solo
artigianalmente
.
Molto
più
recente
è
la
scoperta
,
da
parte
di
Motta
,
di
un
'
altra
«
tradizione
»
italiana
:
quella
della
colomba
pasquale
,
un
prodotto
assai
simile
al
panettone
(
si
tratta
in
entrambi
i
casi
di
pasta
lievitata
)
.
Recentissimi
,
postbellici
,
sono
invece
i
gelati
da
passeggio
e
le
«
caramelle
col
buco
»
,
di
cui
Motta
ha
l
'
esclusiva
per
tutta
l
'
Europa
;
non
è
stato
possibile
inserire
gli
uni
e
le
altre
in
una
qualche
«
tradizione
italiana
»
e
oltretutto
non
sarebbe
nemmeno
stato
troppo
utile
;
in
tempo
di
inondante
americanismo
,
conveniva
meglio
di
parlare
di
ice
cream
e
di
life
savers
.
Motta
,
come
si
è
detto
,
ha
in
mano
il
complesso
più
grande
,
ma
non
ancora
il
monopolio
:
solo
a
Milano
esistono
95
imprese
a
carattere
industriale
,
con
oltre
6000
dipendenti
,
e
alcune
di
esse
hanno
un
peso
non
trascurabile
:
si
pensi
a
Besana
,
a
Frontini
,
a
Zaini
,
alla
Ligure
Lombarda
,
alla
Dulciora
e
soprattutto
ad
Alemagna
.
Alemagna
,
da
buon
secondo
,
ha
sempre
adottato
la
strategia
di
seguire
pedissequamente
Motta
in
ogni
innovazione
:
dopo
Motta
,
e
sul
suo
esempio
,
ha
lanciato
successivamente
il
panettone
,
la
colomba
,
il
gelato
da
passeggio
,
e
la
caramella
,
questa
volta
senza
buco
,
ma
pur
sempre
di
importazione
americana
:
si
chiama
charms
.
Alemagna
ha
in
Milano
cinque
negozi
,
ma
cerca
di
rifarsi
nella
qualità
e
nella
mole
.
Attualmente
,
per
ampliare
il
suo
negozio
in
Galleria
,
ha
comprato
il
Vittorio
Emanuele
,
il
vecchio
bar
degli
sportivi
milanesi
,
pagando
,
a
quanto
si
dice
,
250
milioni
solo
per
la
licenza
di
esercizio
.
Gli
arredamenti
di
Alemagna
passano
,
per
il
pubblico
medio
milanese
,
per
i
più
fastosi
ed
eleganti
,
non
senza
qualche
pretesa
culturale
.
Per
fare
un
esempio
:
ora
che
a
Milano
è
aperta
una
mostra
dell
'
arte
etrusca
,
Alemagna
ha
esposto
,
nelle
sue
vetrine
di
via
Manzoni
,
certe
torte
glassate
con
la
riproduzione
dell
'
Apollo
di
Vejo
e
di
dipinti
tarquinesi
.
Fece
un
certo
rumore
a
Milano
,
l
'
accesa
polemica
,
con
conseguenze
giuridiche
tuttora
in
corso
,
fra
Motta
e
Alemagna
a
proposito
del
premio
Oren
.
Fu
sotto
Natale
:
la
Oren
,
che
è
una
fantomatica
associazione
parigina
o
americana
,
scrisse
prima
a
Motta
e
poi
ad
Alemagna
offrendo
un
premio
mondiale
per
la
migliore
industria
dolciaria
.
Il
premio
consisteva
nell
'
attestato
di
questa
superiorità
assoluta
:
Motta
,
a
quanto
pare
,
fiutò
il
«
bidone
»
e
non
abboccò
;
Alemagna
invece
accettò
il
titolo
mondiale
e
ne
fece
ampio
uso
per
il
lancio
natalizio
.
Motta
allora
denunciò
sulla
stampa
il
fatto
e
citò
la
ditta
rivale
per
concorrenza
sleale
.
Ma
a
ben
guardare
,
se
c
'
è
una
lotta
dei
due
grandi
contro
la
produzione
minore
,
e
specialmente
contro
quella
artigianale
,
che
lentamente
è
costretta
a
vedere
ed
a
partire
,
tranne
che
su
questo
piano
minore
e
con
un
certo
piglio
sportivo
,
sul
piano
del
negozio
più
bello
e
del
titolo
mondiale
(
che
servono
soprattutto
alla
propaganda
)
,
Motta
e
Alemagna
finiscono
in
realtà
per
agire
,
se
non
in
perfetto
accordo
,
almeno
su
linee
parallele
:
non
esistono
per
il
momento
possibilità
di
creare
il
monopolio
assoluto
,
quindi
è
meglio
coesistere
e
tirare
a
campare
.
Basta
guardare
i
prezzi
dei
prodotti
.
È
difficile
calcolare
quali
siano
i
profitti
del
maggiore
complesso
di
produzione
dolciaria
milanese
.
Le
denunce
di
Motta
sono
cresciute
in
questa
misura
,
negli
ultimi
anni
:
22,23
milioni
nel
1949;
30,13
nel
'51;
52,62
nel
'52;
63
nel
'53
.
L
'
ultima
denuncia
recava
per
Motta
112
milioni
di
lire
.
Ma
tutti
sanno
che
cos
'
è
in
italiano
la
denuncia
dei
redditi
:
nel
1952
Motta
destinava
al
fondo
ammortamenti
d
'
azienda
704
milioni
.
Una
cifra
palesemente
sproporzionata
e
contestata
dal
fisco
.
Ma
anche
allora
Motta
se
la
cavò
,
girando
65,4
milioni
sotto
la
voce
«
fondo
di
riserva
straordinaria
»
.
L
'
anno
successivo
,
con
63
milioni
di
utili
denunciati
e
distribuiti
,
Motta
destinava
al
fondo
ammortamenti
407,2
milioni
,
girandone
poi
alla
riserva
straordinaria
65,7
.
Sempre
nel
'53
,
ha
investito
640
milioni
nell
'
impianto
di
nuovi
macchinari
,
seguendo
in
questo
caso
la
redditizia
tecnica
degli
auto
-
finanziamenti
.
Non
molto
diverso
è
il
comportamento
delle
altre
grandi
aziende
.
È
chiaro
che
la
politica
commerciale
dei
dolciari
milanesi
mira
a
realizzare
i
maggiori
utili
col
minore
sforzo
.
Non
impressionino
gli
80mila
quintali
di
paste
lievitate
prodotte
da
Motta
nel
1953
.
Nei
grossi
capannoni
di
viale
Corsica
21
Motta
ha
gli
impianti
più
moderni
e
più
potenti
d
'
Europa
.
Può
produrre
nelle
24
ore
1.200
quintali
di
panettone
,
il
che
significa
che
la
produzione
annua
potrebbe
essere
più
che
quadruplicata
rispetto
alla
media
attuale
,
se
si
utilizzassero
in
pieno
tutti
gli
impianti
.
In
realtà
,
la
produzione
piena
si
ha
soltanto
per
due
mesi
all
'
anno
,
a
Natale
e
a
Pasqua
,
quando
Motta
assume
dai
1.800
ai
2.000
lavoratori
stagionali
.
Il
panettone
potrebbe
entrare
sul
mercato
a
prezzo
fortemente
inferiore
se
con
la
utilizzazione
integrale
degli
impianti
si
arrivasse
a
una
produzione
di
massa
,
e
se
si
riducessero
insieme
le
notevoli
spese
della
confezione
.
In
questo
modo
cesserebbe
la
triste
condizione
degli
«
stagionali
»
e
il
panettone
,
non
più
dolce
«
tradizionalmente
natalizio
»
potrebbe
comparire
sulle
nostre
mense
almeno
una
volta
al
mese
.
Si
pensi
per
esempio
,
che
il
consumo
annuo
di
dolciumi
(
genere
voluttuario
e
perciò
soggetto
a
tasse
assai
gravose
)
è
in
Italia
,
di
chilogrammi
2,7
a
persona
,
quantità
irrisoria
rispetto
ai
28
chilogrammi
degli
inglesi
e
ai
35
degli
statunitensi
.
Come
si
è
detto
,
esistono
a
Milano
95
imprese
dolciarie
a
carattere
industriale
,
con
più
di
6000
operai
impiegati
,
oltre
ad
aziende
minori
,
a
carattere
artigianale
e
familiare
;
un
quinto
,
insomma
,
dell
'
intera
attrezzatura
nazionale
.
I
complessi
maggiori
sono
,
evidentemente
,
quelli
di
Motta
e
di
Alemagna
.
Il
primo
impiega
mille
operai
fissi
,
con
regolare
contratto
,
350-400
assunti
con
contratto
a
termine
,
rinnovabile
di
tre
mesi
in
tre
mesi
,
e
circa
2.000
stagionali
,
assunti
per
quaranta
giorni
a
Natale
o
a
Pasqua
:
in
maggioranza
si
tratta
di
donne
,
che
provengono
da
tutte
le
categorie
,
ma
soprattutto
casalinghe
.
Alemagna
impiega
500
operai
fissi
,
300
con
contratto
a
termine
e
1500
stagionali
.
Le
altre
imprese
hanno
maestranze
molto
inferiori
:
sui
450
alla
Dulciora
,
sui
200
alla
Zaini
e
alla
Ligure
Lombarda
,
poco
più
di
cento
alla
Befana
e
alla
Frontini
.
Sulla
divisione
fra
gli
operai
fissi
,
quelli
a
termine
e
gli
stagionali
,
fa
leva
soprattutto
il
padronato
:
i
lavoratori
che
hanno
un
vero
e
proprio
contratto
di
lavoro
formano
appena
un
quarto
dell
'
intera
maestranza
,
e
sono
perciò
un
gruppo
relativamente
privilegiato
,
rispetto
agli
altri
.
Quelli
con
contratto
a
termine
lavorano
sotto
la
continua
e
pressante
minaccia
di
non
vederselo
rinnovare
,
e
nella
vana
speranza
di
essere
assunti
come
stabili
;
gli
altri
,
gli
«
stagionali
»
sono
una
sottocategoria
raccogliticcia
,
una
specie
di
bracciantato
industriale
reclutato
per
le
«
faccende
»
natalizie
e
pasquali
.
La
vita
sindacale
è
sporadica
e
incerta
:
lo
stabilimento
di
Motta
solo
da
un
anno
ha
una
Commissione
Interna
,
composta
di
due
operai
aderenti
alla
CGIL
,
tre
alla
CISL
e
due
eletti
su
una
lista
«
indipendente
»
,
cioè
padronale
.
Solo
dal
1954
c
'
è
qualche
segno
di
ripresa
dopo
il
famoso
sciopero
di
75
giorni
nell
'
estate
del
'48
.
Gli
operai
erano
entrati
in
agitazione
per
protestare
contro
la
minaccia
di
duecento
licenziamenti
:
ebbero
la
peggio
e
Motta
,
per
rappresaglia
,
finì
con
licenziarne
ben
850
.
Fu
un
fatto
enorme
,
che
impressionò
anche
il
padronato
del
settore
:
dopo
di
allora
per
sei
mesi
non
ci
fu
più
un
licenziamento
nella
categoria
degli
alimentaristi
.
Del
resto
Motta
(
o
forse
per
lui
il
consigliere
delegato
,
dr.
Ferrante
)
si
è
sempre
distinto
per
la
particolare
durezza
della
sua
politica
aziendale
,
mentre
Alemagna
preferisce
ricorrere
ai
metodi
paternalistici
.
Sotto
le
feste
del
Natale
scorso
,
mentre
la
categoria
era
impegnata
nel
rinnovo
del
contratto
nazionale
di
lavoro
,
gli
operai
entrarono
in
agitazione
per
ottenere
un
miglioramento
salariale
.
Alemagna
ha
acconsentito
,
concedendo
spontaneamente
aumenti
orari
dalle
5
alle
25
lire
,
sia
ai
lavoratori
fissi
,
che
a
gran
parte
di
quelli
a
termine
;
ma
intanto
faceva
diffondere
la
voce
che
non
avrebbe
gradito
una
interruzione
del
lavoro
proprio
in
quel
periodo
di
punta
.
Motta
,
dal
canto
suo
,
fece
soltanto
promesse
.
I
suoi
metodi
sono
improntati
alla
più
rigorosa
sorveglianza
,
alla
persecuzione
e
alla
rappresaglia
,
specialmente
a
danno
degli
aderenti
alla
CGIL
,
i
quali
vengono
spesso
esclusi
da
eventuali
aumenti
e
migliorie
e
isolati
dagli
altri
operai
,
mentre
rapide
carriere
sono
aperte
ai
membri
della
Commissione
Interna
eletti
nelle
liste
della
cast
,
o
in
quelle
padronali
.
Un
notevole
numero
di
lavoratori
sono
impiegati
nel
settore
vendite
di
Motta
e
Alemagna
,
il
primo
ne
ha
alle
sue
dipendenze
circa
un
migliaio
inquadrati
in
un
complicato
sistema
di
qualifiche
:
barista
,
gelatiere
,
banconiere
,
cantiniere
,
caffettiere
,
spillatore
,
ecc.
un
complesso
di
quaranta
voci
che
corrispondono
ad
altrettante
gradazioni
di
stipendio
:
dalle
17.498
lire
mensili
dell
'
apprendista
inferiore
ai
sedici
anni
,
alle
66.631
del
direttore
di
categoria
A
.
Nel
settore
vendite
la
pressione
del
padronato
è
ancora
più
accentuata
.
Essa
si
fa
forte
proprio
di
questo
sminuzzamento
della
categoria
in
gruppi
minimi
che
è
facile
dividere
e
contrapporre
.
Il
direttore
di
un
bar
ha
alle
proprie
dipendenze
non
più
di
20
o
30
persone
,
delle
quali
sa
tutto
e
sulle
quali
può
esercitare
una
vigilanza
continua
e
diretta
.
Il
personale
di
una
bar
è
composto
quasi
completamente
da
ragazze
che
provengono
in
generale
dalla
piccola
borghesia
o
da
famiglie
operaie
esposte
quindi
,
in
una
città
come
Milano
,
alle
facili
sollecitazioni
dei
miti
dell
'
esistenza
in
una
società
«
moderna
»
.
Gelosie
,
rivalità
,
piccoli
ricatti
,
soprusi
;
difficile
che
in
un
ambiente
simile
nasca
la
solidarietà
,
e
di
conseguenza
il
personale
è
nettamente
scoperto
,
sprovveduto
,
esposto
alle
pressioni
padronali
.
Assai
scarsa
la
partecipazione
alla
vita
sindacale
:
qualche
iscritto
alla
CGIL
,
le
altre
organizzazioni
sono
del
tutto
assenti
.
Tanto
Motta
che
Alemagna
sono
stati
denunciati
dal
Sindacato
di
categoria
per
non
aver
applicato
la
legge
n
.
90
del
30/4/1954
,
la
quale
estende
ai
dipendenti
dei
pubblici
esercizi
il
godimento
delle
festività
infrasettimanali
.
La
denuncia
ha
avuto
i
suoi
effetti
e
le
due
grandi
ditte
stanno
pagando
sia
le
spettanze
arretrate
,
che
la
multa
per
inadempienza
.
Le
punizioni
al
personale
variano
dalla
multa
alla
sospensione
,
fino
al
licenziamento
in
tronco
.
Per
fare
un
esempio
:
una
commessa
colpevole
di
aver
mangiato
«
due
tartine
gelatinate
»
ha
avuto
tre
giorni
di
sospensione
.
Un
fattorino
che
si
è
mangiato
due
marrons
glacées
è
stato
licenziato
in
tronco
.
Sostengono
alcuni
che
il
Duomo
di
Milano
fu
costruito
con
la
prospettiva
che
dovesse
servire
,
un
giorno
,
a
far
da
sfondo
al
panettone
,
sui
cartelloni
pubblicitari
,
c
in
qualche
misura
questo
è
vero
.
La
produzione
dolciaria
milanese
,
che
non
impegna
più
di
seimila
lavoratori
,
può
forse
sembrare
poca
cosa
,
confrontata
coi
massicci
complessi
industriali
lombardi
.
Pure
essa
è
un
simbolo
compendioso
della
situazione
milanese
:
è
un
monopolio
giovane
in
formazione
.
StampaPeriodica ,
La
periferia
di
corso
Lodi
si
perde
a
poco
a
poco
in
un
disordine
di
sterrati
,
depositi
di
rottami
,
piccole
fabbriche
di
vernici
,
concerie
,
e
intanto
si
profila
,
sotto
la
foschia
del
primo
mattino
,
la
campagna
lombarda
,
intirizzita
dal
gelo
:
i
campi
bianchi
di
brina
,
i
pioppi
scheletrici
,
un
fosso
d
'
acqua
sporca
e
turbinosa
,
che
fuma
all
'
aria
tesa
e
frizzante
.
Quel
fossaccio
che
poi
,
mi
dicono
,
è
uno
dei
canali
di
scolo
delle
fogne
milanesi
,
fiancheggia
la
via
Emilia
per
tutto
il
nostro
viaggio
.
Il
comune
di
San
Donato
,
il
primo
fuori
di
Milano
sulla
strada
di
Lodi
,
non
ha
l
'
aria
di
un
vero
e
proprio
villaggio
.
S
'
incontrano
all
'
improvviso
poche
case
raccolte
attorno
a
una
vecchia
chiesa
:
casette
vecchie
e
povere
,
uno
o
due
piani
al
massimo
.
Una
serve
da
municipio
,
a
un
pianterreno
c
'
è
un
negozietto
che
vende
un
po
'
di
tutto
,
dagli
alimentari
agli
utensili
domestici
.
Il
nome
sulla
porta
è
vecchio
e
sbiadito
.
«
Posteria
»
.
Si
stenta
a
credere
che
questo
comune
di
San
Donato
milanese
conti
quasi
cinquemila
abitanti
;
ci
si
chiede
dove
siano
,
dove
abitino
.
Eppure
è
così
.
San
Donato
milanese
è
un
grosso
comune
;
non
solo
,
è
un
comune
in
continua
crescita
.
Ecco
come
si
è
sviluppata
la
popolazione
in
soli
cinque
anni
:
1951
:
2663;
1952
:
2762;
1953
:
2920;
1954
:
3255;
1955
:
3983;1956
:
4954
.
Non
solo
;
si
afferma
che
entro
tre
anni
la
popolazione
sarà
ancora
moltiplicata
,
con
l
'
insediamento
di
10-12
mila
nuovi
abitanti
.
Secondo
previsioni
attendibili
,
in
breve
tempo
tutta
la
zona
raggiungerà
complessivamente
i
quarantamila
abitanti
.
Qualche
frazione
vicina
(
che
un
tempo
era
soltanto
un
piccolo
nucleo
di
casupole
e
di
cascine
)
è
repentinamente
cresciuta
,
come
gonfiata
da
un
'
improvvisa
idropisia
edilizia
:
ecco
la
Certosa
,
per
esempio
,
così
simile
ad
una
periferia
di
provincia
,
con
le
case
che
vengono
su
a
fungaia
,
alte
e
basse
,
coi
colori
degli
intonachi
balordi
e
contraddittori
,
e
con
la
solita
proliferazione
di
baracche
e
di
abitazioni
fortunose
.
Ma
San
Donato
,
voglio
dire
il
centro
amministrativo
,
pare
rimasto
tale
e
quale
.
Dov
'
è
dunque
la
novità
?
Non
è
difficile
rendersene
conto
:
basta
fare
due
e
trecento
metri
,
ed
ecco
Metanopoli
,
che
compare
in
mezzo
alla
campagna
,
improvvisa
,
come
dipinta
su
di
un
fondale
da
un
urbanista
megalomane
.
Proprio
sulla
strada
,
sulla
via
Emilia
,
una
serie
di
box
dove
sostano
macchine
ed
autocarri
carichi
di
bombole
vuote
:
è
,
come
avverte
un
gran
cartello
,
la
stazione
di
rifornimento
del
metano
.
Poi
,
poco
più
avanti
,
si
spalanca
un
piazzale
immenso
,
tutto
lastricato
a
cubetti
di
porfido
,
che
disegnano
per
terra
,
a
perdita
d
'
occhio
,
una
interminabile
serie
di
volute
.
Il
piazzale
è
chiuso
,
giù
in
fondo
,
dal
basso
e
lunghissimo
edificio
che
ospita
la
stazione
di
servizio
per
gli
autocarri
:
aria
,
acqua
,
garage
e
riparazioni
.
E
una
stazione
di
sosta
per
automezzi
,
un
'
enorme
stazione
,
all
'
uscita
di
Milano
,
dove
comincia
la
via
Emilia
e
dove
comincerà
la
«
Strada
del
sole
»
.
Proprio
lì
davanti
un
cartello
avvisa
che
siamo
al
capolinea
milanese
della
famosa
autostrada
,
che
per
ora
,
tuttavia
,
è
solo
un
cartello
,
un
progetto
,
un
esiguo
recinto
di
filo
spinato
,
con
dentro
uno
sterro
sconvolto
dai
bulldozer
.
Sul
ciglio
della
strada
un
cartello
dice
:
«
Motel
:
albergo
ristorante
Metanopoli
»
.
C
'
è
tutto
:
mensa
,
alloggio
,
bagno
,
piscina
,
lustrascarpe
.
Motel
è
voce
americana
e
diffusa
in
Italia
dal
film
Niagara
e
dal
diario
statunitense
di
Simone
de
Beauvoir
.
Sta
a
indicare
l
'
albergo
di
transito
sulle
grandi
strade
continentali
,
formato
da
una
o
due
stanzette
,
con
annesso
il
garage
per
l
'
auto
e
per
la
roulotte
.
A
rigore
questo
dunque
non
è
un
motel
,
ma
un
normale
albergo
di
transito
,
di
ambiziosa
fattura
,
con
un
atrio
lustro
e
comodo
,
e
dappertutto
legno
,
nichel
e
materie
plastiche
.
Dovrebbe
essere
una
costruzione
«
moderna
»
;
in
realtà
,
essa
si
limita
ad
esibire
uno
stile
tra
«
tirolo
»
e
«
far
-
west
»
,
del
tutto
incomprensibile
nel
paesaggio
lombardo
.
Al
ristorante
si
mangia
abbastanza
bene
anche
con
cinquecento
lire
.
La
città
è
dietro
il
piazzale
:
si
apre
un
vialone
larghissimo
,
spalancato
al
vento
tagliente
di
gennaio
,
coi
pali
della
luce
,
che
,
dai
due
lati
,
incombono
arditamente
verso
il
centro
.
Da
una
parte
un
lunghissimo
muro
,
dall
'
altra
tante
costruzioni
tutte
uguali
.
Il
vialone
porta
il
nome
di
Alcide
De
Gasperi
,
le
strade
minori
,
fra
una
fila
di
edifici
e
l
'
altra
,
s
'
intitolano
a
Galilei
,
a
Fermi
,
ai
nomi
di
altri
scienziati
poco
noti
ai
profani
.
Ci
vuol
poco
a
capire
che
da
questa
parte
c
'
è
la
zona
operante
della
città
.
Dalle
finestre
infatti
s
'
intravedono
strumenti
di
laboratorio
,
macchine
,
tubi
.
Qui
la
SNAM
ha
i
suoi
centri
di
studio
,
alcuni
collegati
con
il
Politecnico
di
Milano
.
Non
zona
industriale
,
dunque
,
ma
centro
di
ricerca
:
è
probabilmente
una
città
di
tecnici
,
non
di
operai
,
e
l
'
aspetto
borghese
della
zona
residenziale
ce
lo
conferma
.
Percorrendo
il
vialone
Alcide
De
Gasperi
,
si
trova
,
in
fondo
,
piazza
Santa
Barbara
,
protettrice
,
come
è
noto
,
di
minatori
,
artiglieri
,
e
di
tutti
coloro
che
abbiano
a
che
fare
con
roba
esplosiva
;
anche
quelli
del
metano
,
dunque
.
Un
'
altra
piazza
immensa
,
interrotta
però
,
questa
,
da
brevi
strisce
di
aiole
verdi
,
molto
curate
.
Ogni
pochi
metri
ecco
spuntare
da
terra
un
tubo
ricurvo
,
dipinto
in
giallo
;
serve
,
mi
spiegano
,
per
l
'
irrigazione
delle
aiole
.
La
piazza
è
dominata
dalla
più
straordinaria
chiesa
che
mi
sia
mai
accaduto
di
vedere
.
È
un
edificio
monumentale
e
insieme
semplicissimo
:
una
specie
di
capannone
col
timpano
altissimo
e
acuto
,
come
per
suggerire
una
elevazione
che
di
fatto
non
c
'
è
.
Ai
quattro
lati
sorgono
altrettante
gugliette
appuntite
,
color
verde
tenero
.
I
colori
sono
la
cosa
meno
prevedibile
di
questo
duomo
di
Metanopoli
.
Pare
come
se
sulla
facciata
bianca
fossero
stati
applicati
dei
pannelli
rettangolari
,
quale
verde
tenero
,
come
le
guglie
,
quale
rosa
pallido
,
quale
cinerino
.
Le
strade
dietro
la
chiesa
,
nella
zona
residenziale
,
son
tutte
alberate
e
divise
da
aiole
verdi
.
Gli
alberi
sovente
sono
dei
pioppi
:
il
pioppo
è
la
pianta
tipica
della
pianura
padana
,
di
cui
rompe
la
piattezza
con
la
sua
acuta
spinta
al
cielo
.
Ma
qui
sono
pioppi
di
trapianto
in
attesa
che
rinsaldino
le
radici
li
hanno
legati
con
quattro
filo
di
ferro
,
presto
arrugginiti
all
'
aria
umida
della
zona
.
Le
case
son
tutte
belle
e
tutte
uguali
,
con
pochi
segni
palesi
di
vita
interna
.
In
mezzo
alle
case
,
quasi
in
fondo
a
via
Soresina
,
la
lunga
e
bassa
costruzione
che
ospita
i
negozi
,
alcuni
ancora
interminati
e
vuoti
.
La
città
di
Metanopoli
è
dunque
di
Fondazione
recentissima
,
anzi
,
non
è
ancora
terminata
:
via
Enrico
Fermi
esiste
,
per
esempio
,
soltanto
di
nome
,
e
proprio
all
'
ingresso
della
città
,
quasi
stilla
strada
,
sorge
lo
scheletro
di
un
altissimo
edificio
poligonale
,
con
le
strutture
portanti
di
ferro
,
rosso
di
minio
fresco
,
ed
i
piani
di
cemento
e
mattoni
forati
.
il
primo
dei
grattacieli
di
Metanopoli
;
di
un
secondo
si
inizierà
presto
la
costruzione
.
La
città
è
stata
fondata
dalla
SNAM
,
che
è
poi
una
filiazione
dell
'
ENI
sorta
per
lo
sfruttamento
del
metano
.
Qui
,
come
si
è
detto
,
non
vi
sono
stabilimenti
di
produzione
o
di
trasformazione
,
ma
soltanto
un
centro
studi
.
Tanto
vero
che
la
SNAM
non
paga
al
comune
di
San
Donato
l
'
Icap
,
l
'
imposta
che
grava
sulle
attività
industriali
,
commerciali
,
professionali
e
artigiane
.
Ha
preferito
edificare
la
sua
città
a
San
Donato
per
due
ragioni
:
per
tenersi
vicinissima
a
Milano
,
ma
fuori
dei
confini
comunali
,
e
pagare
così
minori
imposte
,
e
poi
per
tenersi
al
capolinea
di
due
grandi
vie
di
comunicazione
,
l
'
Emilia
e
la
futura
strada
del
sole
.
Del
comune
di
San
Donato
la
SNAM
,
cioè
l
'
ENI
,
possiede
mille
pertiche
,
cioè
654.000
metri
quadrati
,
pari
a
circa
un
terzo
della
superficie
totale
del
comune
stesso
.
Il
terreno
,
in
conseguenza
di
questo
acquisto
massiccio
e
dell
'
incremento
edilizio
,
è
salito
enormemente
di
prezzo
.
Quasi
dieci
volte
e
più
:
dalle
sei
-
settecento
lire
al
metro
quadrato
del
1950
siamo
ora
sulle
cinquemila
,
con
punte
sulle
ottomila
lire
al
metro
quadrato
.
La
popolazione
di
Metanopoli
non
è
mai
indigena
:
la
SNAM
ha
reclutato
altrove
i
suoi
dipendenti
,
che
son
divenuti
suoi
abitanti
.
Dal
Veneto
,
dalla
Toscana
,
dal
Lazio
,
dal
Napoletano
,
dalle
Puglie
:
dalle
regioni
insomma
che
tradizionalmente
danno
la
maggior
quota
di
migrazione
verso
Milano
.
Gli
abitanti
vecchi
,
quelli
di
San
Donato
e
delle
frazioni
vicine
,
li
chiamano
tutti
«
terroni
»
ed
hanno
ribattezzato
,
per
conto
loro
,
la
città
nuova
col
nome
di
Metanopoli
.
Ma
rapporti
,
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
fra
i
vecchi
ed
i
nuovi
,
fra
i
metanopolitani
ed
i
sandonatesi
,
se
ne
stabiliscono
di
rado
,
i
sandonatesi
erano
in
origine
salariati
,
operai
della
campagna
;
qualcuno
addirittura
giornaliero
.
Poi
hanno
cominciato
a
cambiar
mestiere
,
ed
oggi
più
della
metà
sono
operai
;
ma
lavorano
a
Milano
.
A
Metanopoli
nessuno
di
loro
è
entrato
come
dipendente
stabile
e
come
abitatore
delle
nuove
case
.
La
vita
di
Metanopoli
è
chiusa
,
pertanto
,
anche
fisicamente
,
all
'
ambiente
esterno
,
alla
campagna
lombarda
.
Gli
abitanti
di
San
Donato
,
abitano
accanto
alla
città
del
metano
,
ma
non
hanno
ancora
il
gas
in
casa
,
nonostante
lo
chiedano
da
tre
anni
.
Non
ancora
,
prima
e
oltre
il
metano
,
troppe
altre
cose
che
servono
a
dar
la
base
del
vivere
civile
:
basti
pensare
alle
tristissime
condizioni
igieniche
delle
vecchie
cascine
sandonatesi
,
non
è
sovrapponendo
un
'
isola
di
razionalità
(
astratta
razionalità
)
urbanistica
che
si
fa
progredire
la
civiltà
nella
campagna
milanese
.
StampaPeriodica ,
«
Guardi
,
diceva
un
minatore
muovendo
in
giro
la
mano
tesa
,
tutto
quello
che
lei
vede
è
della
Montecatini
.
Non
si
può
sbagliare
.
»
La
Montecatini
,
qua
a
Niccioleta
,
possiede
le
case
,
le
strade
,
gli
spacci
aziendali
,
i
mezzi
di
trasporto
,
le
sedi
dei
partiti
politici
,
il
terreno
circostante
.
Della
Montecatini
sono
i
grossi
casamenti
gialli
,
sparsi
in
disordine
per
le
pendici
di
questi
colli
scabri
,
collegati
appena
da
un
sentiero
scosceso
,
con
larghi
improvvisi
sterrati
nudi
;
il
palazzotto
del
dopolavoro
,
una
costruzione
pseudo
-
razionale
,
di
taglio
littorio
,
stile
900
,
come
si
diceva
nel
ventennio
;
e
la
chiesa
,
un
altro
scatolone
con
una
specie
di
pronao
rettangolare
,
che
fa
pensare
ad
una
palestra
di
boxe
.
Son
della
Montecatini
le
grigie
e
scialbe
casette
degli
impiegati
,
e
la
mediocre
villa
della
contadina
,
ed
i
più
vecchi
amano
ancora
,
dopo
la
miniera
,
coltivare
un
pezzetto
di
terra
,
per
cavarne
ortaggi
,
od
allevarvi
un
coniglio
,
un
paio
di
galline
.
Molti
operai
non
abitano
qui
,
ma
nei
villaggi
vicini
,
a
Prata
,
a
Monterotondo
,
o
vengono
addirittura
da
Massa
Marittima
:
tutti
su
automezzi
della
Montecatini
;
prima
della
guerra
venivano
in
bicicletta
,
e
non
pochi
a
piedi
,
dieci
chilometri
di
strada
e
dopo
il
lavoro
.
Al
paese
alcuni
conservano
un
orto
,
una
vigna
,
a
cui
si
dedicano
nelle
ore
libere
dal
lavoro
,
e
persino
nei
giorni
di
sciopero
.
La
sovrapposizione
delle
due
economie
,
e
la
progressiva
scomparsa
di
quella
più
antica
,
l
'
agricola
,
sotto
il
peso
della
moderna
,
la
mineraria
,
qui
è
palese
:
qui
sta
accadendo
quel
che
in
Inghilterra
si
verificò
alla
fine
del
Settecento
,
ed
il
processo
è
ancora
in
corso
.
L
'
agricoltura
di
collina
scompare
a
poco
a
poco
,
poiché
la
miniera
ne
ha
assorbito
la
mano
d
'
opera
,
ed
i
giovani
non
seguono
più
l
'
esempio
degli
anziani
.
A
Niccioleta
abitano
circa
millecinquccento
persone
,
fra
operai
e
familiari
,
ma
ci
sono
anche
gli
scapoli
,
giù
ai
«
camerotti
»
,
specie
di
casermette
basse
ed
allungate
,
divise
in
tante
stanze
quadrate
ciascuna
delle
quali
ospita
sei
o
sette
operai
,
con
le
brande
e
gli
armadietti
metallici
.
L
'
aria
di
caserma
è
evidente
anche
all
'
interno
:
accenti
meridionali
,
cartoline
e
ritratti
appiccicati
al
muro
,
la
Madonna
di
Loreto
,
il
golfo
di
Napoli
,
la
fidanzata
,
Togliatti
,
il
calendario
dell
'
ANPI
,
Una
diva
americana
.
Sopra
gli
armadietti
c
'
è
sempre
una
cassetta
di
legno
,
col
lucchetto
:
è
l
'
unica
proprietà
privata
degli
operai
,
il
resto
,
brande
,
armadietti
,
ed
i
camerotti
stessi
,
è
della
Montecatini
.
La
sensazione
insomma
è
che
la
Montecatini
qui
non
sia
soltanto
proprietaria
assoluta
di
ogni
cosa
,
ma
goda
di
una
sorta
di
diritto
di
extraterritorialità
,
che
governi
,
insomma
,
con
leggi
,
costumi
,
e
riti
suoi
propri
.
Può
accadere
,
per
esempio
,
che
il
forestiero
si
senta
chiedere
i
documenti
,
non
appena
scende
di
macchina
ed
entra
in
un
bar
per
prendere
il
caffè
.
«
Lei
,
permetta
,
quale
attività
svolge
?
Può
dimenticarla
?
Su
che
cosa
intende
scrivere
?
Quale
è
il
suo
giornale
?
»
Sono
domande
che
un
brigadiere
dei
carabinieri
,
a
Niccioleta
,
rivolge
con
estrema
naturalezza
.
La
Montecatini
,
qui
,
nei
suoi
locali
,
ha
una
stazione
dei
carabinieri
,
ha
le
guardie
di
pubblica
sicurezza
,
ed
ha
anche
tuia
sua
milizia
privata
,
di
guardie
giurate
,
con
una
loro
divisa
nera
,
che
fan
servizio
dentro
la
miniera
,
intorno
alla
miniera
,
in
paese
.
La
strada
che
conduce
ai
pozzi
è
sbarrata
ad
un
tratto
da
una
traversa
bianca
e
nera
;
accanto
c
'
è
una
garitta
,
con
dentro
la
guardia
per
controllare
chi
entra
e
chi
esce
.
Non
si
passa
di
là
senza
il
permesso
del
direttore
:
alla
fine
dei
turni
suona
la
sirena
ed
i
minatori
escono
alla
spicciolata
oltre
la
barriera
.
Son
diversi
dal
cliché
usuale
che
del
minatore
ciascuno
di
noi
,
anche
inconsapevolmente
,
si
porta
in
testa
,
il
cliché
del
minatore
grande
e
membruto
,
come
lo
si
vede
nei
manifesti
di
propaganda
.
La
cronaca
recente
,
fra
l
'
altro
,
si
è
occupata
del
caso
del
giovane
Milo
Malagoli
,
un
ragazzo
alto
oltre
due
metri
e
grosso
in
proporzione
,
il
«
gigante
di
Niccioleta
»
,
come
è
stato
definito
.
Ma
in
realtà
nessun
minatore
somiglia
al
Malagoli
.
Quasi
tutti
di
statura
inferiore
alla
media
(
le
grandi
stature
,
oltre
tutto
,
sono
antieconomiche
nei
lavori
del
sottosuolo
)
son
uomini
pallidi
e
curvi
,
dal
passo
pesante
e
stanco
:
vestiti
senza
uniformità
,
portano
spesso
in
testa
un
elmetto
di
materia
plastica
,
foggiato
come
quello
d
'
acciaio
dei
soldati
inglesi
.
Al
vecchio
tascapane
si
va
sostituendo
la
«
panierina
»
,
una
cassetta
di
zinco
,
con
una
tracolla
di
tela
,
che
serve
per
portare
il
pasto
.
Fino
ad
un
paio
di
anni
or
sono
era
caratteristico
,
in
mano
agli
operai
alla
fine
dei
turni
,
il
«
tròppolo
»
,
cioè
un
pezzo
di
legno
,
frammento
delle
armature
di
galleria
,
che
la
società
concedeva
ogni
giorno
a
ciascun
dipendente
:
doveva
servire
per
gli
usi
domestici
,
per
il
riscaldamento
o
la
cucina
.
Ora
prelevare
il
«
tròppolo
»
è
proibito
,
e
le
guardie
giurate
qualche
volta
ispezionano
persino
i
tascapane
e
le
panierine
,
perché
dalla
miniera
non
deve
uscire
niente
.
E
non
deve
entrare
nulla
che
non
sia
mano
d
'
opera
e
materiale
di
lavoro
.
Subito
dopo
la
fine
della
guerra
era
relativamente
facile
accedere
ai
piazzali
,
alla
laveria
,
alle
officine
,
persino
alla
grande
galleria
di
accesso
al
pozzo
maggiore
.
Ricordo
che
fu
sufficiente
la
parola
di
un
operaio
,
e
l
'
approvazione
di
un
sorvegliante
.
Oggi
non
c
'
è
da
sperarlo
:
il
direttore
dirà
che
occorre
il
permesso
della
direzione
centrale
,
e
farà
anche
intendere
,
in
tutta
confidenza
,
che
è
inutile
chiederlo
.
Bisogna
contentarsi
di
raggiungere
il
ciglio
della
collina
:
di
fronte
,
oltre
la
vallata
,
sul
fianco
ripido
del
colle
contrapposto
,
si
addossa
tutto
l
'
apparato
della
laveria
.
In
alto
i
rompitori
che
frantumano
il
minerale
,
più
giù
tutta
la
serie
dei
canali
e
dei
traballatori
.
La
pirite
è
un
bisolfuro
di
ferro
,
che
cristallizza
in
dodecaedri
,
di
color
giallo
lucido
;
nel
passato
veniva
usata
solo
per
costruire
acciarini
,
ma
oggi
,
con
il
processo
delle
camere
di
piombo
,
fornisce
l
'
acido
solforico
,
elemento
fondamentale
per
fabbricare
,
fra
l
'
altro
,
esplosivi
e
concimi
chimici
.
La
miniera
di
Niccioleta
,
sul
versante
meridionale
delle
Colline
Metallifere
(
una
vasta
zona
montuosa
al
confine
fra
le
province
di
Siena
,
Pisa
e
Grosseto
)
,
è
solo
una
delle
cinque
che
lavorano
nella
zona
:
le
altre
sono
a
Boccheggiano
,
Gerfalco
,
Ravi
,
Gavorrano
e
recenti
sondaggi
,
anche
superficiali
,
han
dimostrato
che
la
pirite
si
trova
un
po
'
dappertutto
,
sì
che
non
è
azzardato
ritenere
che
le
cinque
miniere
lavorino
su
di
un
unico
enorme
giacimento
,
di
capacità
pressoché
inesauribile
.
Del
resto
la
pirite
si
estrae
anche
all
'
isola
del
Giglio
,
ed
al
non
lontano
promontorio
dell
'
Argentario
si
è
localizzato
un
giacimento
che
potrebbe
dare
non
meno
di
dieci
milioni
di
tonnellate
.
Allo
stato
attuale
delle
cose
il
giacimento
maremmano
produce
oltre
l
'
ottanta
per
cento
della
pirite
italiana
,
che
è
quasi
completamente
nelle
mani
della
Montecatini
.
La
miniera
di
Niccioleta
produce
quasi
un
terzo
esatto
della
pirite
maremmana
.
Nel
1953
la
produzione
è
stata
di
436.969,90
tonnellate
.
Ciò
equivale
,
al
netto
,
a
un
prodotto
di
circa
250mila
tonnellate
«
mercantili
»
,
commerciabili
.
Non
è
difficile
calcolare
i
costi
di
produzione
.
Le
maestranze
impiegate
raggiungono
il
numero
di
1.441
dipendenti
.
Ecco
le
loro
tabelle
salariali
:
Donne
:
16-18
anni
,
lire
573;
18-20
anni
,
650,80;
terza
categoria
,
755,80;
seconda
categoria
,
803,50;
prima
categoria
,
847,20
.
Uomini
:
16-18
anni
,
lire
681,80;
18-20
anni
,
866,50;
manovali
adulti
,
928,80;
operai
comuni
,
995,20;
operai
qualificati
,
1.055,50;
operai
specializzati
,
1.184,10
.
A
queste
somme
va
aggiunta
un
'
indennità
di
caro
-
pane
variabile
da
20
a
60
lire
giornaliere
,
proporzionalmente
alle
condizioni
di
lavoro
,
ed
una
indennità
di
sottosuolo
(
che
spetta
solo
agli
interni
)
di
92
lire
.
Non
si
è
potuto
appurare
quale
sia
lo
stipendio
degli
impiegati
;
ma
un
calcolo
generale
piuttosto
largo
,
e
ammesso
come
verosimile
dalla
società
,
ci
fa
ritenere
che
il
costo
complessivo
(
retribuzioni
ed
oneri
sociali
)
sia
,
per
ogni
dipendente
,
di
2.200
lire
per
giornata
lavorativa
.
Fa
,
in
tutto
,
un
onere
mensile
di
79.255.000lire
,
ed
annuo
di
951.060.000lire
.
Gli
altri
costi
,
eccedenti
la
mano
d
'
opera
,
non
sono
,
naturalmente
,
resi
noti
,
ma
si
possono
valutare
in
non
più
del
35
per
cento
dei
costi
totali
,
che
salgono
così
a
1.463.169.228
lire
.
Il
calcolo
si
fa
più
difficile
quando
si
tratti
di
mettere
a
confronto
i
costi
di
produzione
con
il
ricavato
.
La
Montecatini
dichiara
ufficialmente
che
la
pirite
si
vende
a
7
000
lire
la
tonnellata
;
su
questa
base
si
deduce
un
ricavo
annuo
di
1.712.921
lire
dalla
sola
miniera
di
Niccioleta
;
ciò
che
dà
un
profitto
che
si
aggira
sul
quarto
di
miliardo
.
Ma
il
fatto
è
che
la
Montecatini
non
vende
la
pirite
,
ma
la
utilizza
nei
suoi
stessi
stabilimenti
,
sì
che
il
vero
profitto
si
realizza
solo
alla
fine
del
ciclo
di
produzione
,
nella
vendita
dei
concimi
chimici
.
Il
prezzo
serve
solo
per
battere
l
'
eventuale
concorrenza
di
altri
produttori
di
pirite
:
è
il
caso
della
miniera
del
Giglio
,
che
la
Montecatini
ha
assorbito
con
quel
sistema
;
e
la
Marchi
di
Ravi
,
come
la
STIMA
di
Gerfalco
(
che
possiedono
,
del
resto
,
le
miniere
più
piccole
)
reggono
solo
finché
e
come
la
Montecatini
vuole
.
Che
il
profitto
si
realizzi
solo
alla
fine
del
ciclo
produttivo
è
confermato
dall
'
alto
prezzo
dei
concimi
chimici
(
fino
a
22mila
lire
il
quintale
)
e
,
di
conseguenza
,
dallo
scarso
uso
che
ne
fa
l
'
agricoltura
italiana
:
16
milioni
di
quintali
annui
contro
una
media
europea
di
almeno
50
.
Il
profitto
della
Montecatini
,
a
Niccioleta
,
non
dovrebbe
essere
in
realtà
inferiore
al
triplo
di
quello
qui
calcolato
sui
dati
ufficiali
,
ed
in
tutta
la
Maremma
dovrebbe
aggirarsi
sui
2
miliardi
annui
.
La
miniera
,
in
Maremma
,
ha
preso
dall
'
agricoltura
la
mano
d
'
opera
,
e
sull
'
agricoltura
preme
per
realizzare
i
suoi
profitti
.
Sui
minatori
e
sul
loro
modo
di
vita
c
'
è
un
altro
pregiudizio
,
assai
diffuso
nel
ceto
piccolo
borghese
paesano
e
cittadino
:
lo
abbiamo
sentito
ripetere
,
anche
in
buona
fede
,
da
oratori
di
vari
partiti
,
durante
l
'
ultima
campagna
elettorale
.
I
minatori
sarebbero
dei
privilegiati
,
rispetto
alle
altre
categorie
di
lavoratori
maremmani
:
«
Hanno
persino
la
radio
,
la
cucina
economica
e
la
"
Lambretta
"
:
Dunque
(
e
questa
è
la
conclusione
politica
che
se
ne
trae
)
perché
si
lamentano
,
perché
si
agitano
?
»
.
Ora
,
è
indubbio
che
,
rispetto
all
'
anteguerra
,
e
con
la
potente
spinta
che
seguì
la
liberazione
,
i
minatori
realizzarono
grandi
progressi
:
si
rivalutarono
i
salari
,
e
si
ebbero
,
come
si
hanno
oggi
,
punte
che
si
avvicinano
alle
70-75mila
lire
mensili
.
Va
tenuto
presente
,
però
,
che
tali
limiti
massimi
sono
accessibili
ad
un
esiguo
drappello
di
cottimisti
,
che
tiran
fuori
dal
monte
quantità
di
pirite
superiori
alla
norma
:
un
lavoro
arduo
ed
estenuante
.
I
salari
fondamentali
,
che
son
poi
quelli
della
maggioranza
,
parlano
chiaro
:
il
privilegio
non
c
'
è
.
C
'
è
invece
il
rischio
,
ed
il
peso
di
un
lavoro
professionalmente
assai
pericoloso
.
Gli
incidenti
non
mancano
in
nessuna
miniera
,
e
nel
caso
della
pirite
è
presente
un
altro
pericolo
,
quello
della
silicosi
,
che
attacca
immancabilmente
tutti
gli
operai
interni
.
La
perforazione
delle
pareti
di
«
piastra
»
,
cioè
degli
scisti
permici
che
separano
i
filoni
di
pirite
,
provoca
un
sottile
e
denso
pulviscolo
che
,
respirato
,
attacca
meccanicamente
i
polmoni
(
lei
minatori
,
provocando
irritazione
e
traumi
:
conseguenza
collaterale
,
la
tubercolosi
.
La
capacità
respiratoria
ne
risulta
diminuita
(
una
percentuale
ciel
35
per
cento
dà
diritto
alla
pensione
)
.
L
'
uso
della
maschera
può
attenuarne
gli
effetti
,
ma
non
può
impedire
il
passaggio
dei
granelli
silicei
di
più
minute
proporzioni
,
uno
o
due
micron
,
che
son
poi
i
più
pericolosi
.
Una
statistica
del
settembre
1953
ci
dà
,
fra
i
tbc
del
Sanatorio
di
Grosseto
,
una
percentuale
di
minatori
variante
dal
18
al
25
per
cento
.
Si
può
dire
,
semmai
,
che
in
Maremma
il
minatore
è
l
'
operaio
più
moderno
(
e
la
sua
retribuzione
è
quindi
superiore
a
quella
dell
'
operaio
tradizionale
,
il
bracciante
)
più
evoluto
e
più
combattivo
.
Staccato
a
forza
dall
'
agricoltura
,
abbandona
necessariamente
la
tipica
mentalità
del
contadino
toscano
,
che
ancora
permane
,
in
qualche
misura
,
fra
gli
operai
più
anziani
,
e
trascina
con
sé
nella
lotta
anche
alcuni
gruppi
di
tecnici
.
Ecco
una
ultima
serie
di
cifre
.
Si
tratta
dei
risultati
nella
elezione
della
commissione
interna
(
sempre
nel
1953
)
:
su
1168
voti
validi
degli
operai
,
887
(
con
7
seggi
in
commissione
)
sono
andati
alla
CGIL
,
284
alla
UIL
(
2
seggi
)
;
su
49
voti
validi
dei
tecnici
,
34
alla
CGIL
,
e
15
alla
UIL
;
su
17
voti
validi
degli
impiegati
amministratori
,
17
alla
UIL
(
la
CGIL
non
ha
presentato
la
lista
)
.
Ed
è
anche
ovvio
che
un
mutamento
nel
modo
di
vita
si
sta
in
effetti
realizzando
:
se
i
più
anziani
non
conoscono
altra
«
cultura
»
che
non
sia
il
bicchiere
di
vino
all
'
osteria
e
la
partita
a
briscola
,
i
giovani
cercano
di
allargare
il
proprio
interesse
umano
e
sociale
.
La
tanto
deprecata
«
lambretta
»
,
che
agli
occhi
dei
piccoli
borghesi
rappresenta
lo
scandalo
maggiore
,
è
in
fondo
una
innocente
evasione
dalla
bettola
,
dall
'
abbruttimento
(
anch
'
esso
scandaloso
,
per
la
gente
per
bene
)
.
Ma
dove
c
'
è
maggior
coesione
,
e
dove
son
possibili
rapporti
umani
con
i
ceti
più
evoluti
,
ecco
sorgere
biblioteche
,
circoli
del
cinema
,
iniziative
di
carattere
culturale
.
La
Montecatini
se
n
'
è
accorta
,
e
dal
canto
suo
organizza
i
suoi
circoli
,
peraltro
riservati
a
dirigenti
ed
a
impiegati
.
A
Massa
Marittima
,
una
antica
cittadina
piena
di
tesori
d
'
arte
medievale
,
e
che
oggi
è
in
certo
senso
la
capitale
della
Maremma
mineraria
,
gli
operai
hanno
realizzato
concreti
e
solidi
rapporti
di
alleanza
con
certi
gruppi
di
intellettuali
.
Il
loro
circolo
ha
un
'
attiva
e
ben
fornita
bibliotechina
,
e
gestisce
anche
il
maggior
cinema
cittadino
.
Spesso
organizzano
conferenze
,
letture
,
dibattiti
culturali
.
Il
responsabile
del
circolo
,
che
è
un
giovane
universitario
,
mi
mostra
orgoglioso
le
statistiche
delle
letture
:
in
testa
è
Vasco
Pratolini
,
che
lo
scorso
anno
venne
quassù
di
persona
,
per
parlare
del
suo
lavoro
.
Ora
che
è
uscito
il
film
di
Lizzani
sulle
Cronache
di
poveri
amanti
,
il
circolo
minatori
intende
farne
una
presentazione
di
gala
,
invitando
il
regista
e
gli
attori
.
Dopo
tutto
,
chissà
che
a
qualcuno
non
venga
in
mente
di
girare
un
film
proprio
in
quest
'
ambiente
?
StampaPeriodica ,
Valdagno
,
aprile
-
Il
palazzotto
dei
conti
di
Valdagno
è
una
moderna
costruzione
massiccia
di
pietra
biancastra
,
con
due
avancorpi
che
sporgono
e
fan
pensare
a
torri
d
'
angolo
rimaste
incomplete
,
ed
una
decorazione
di
falsi
merli
.
Grandi
alberi
verdi
chiudono
la
corte
silenziosa
,
dove
si
intravedono
due
grossi
cani
che
si
disputano
un
osso
ed
a
tratti
la
divisa
di
tela
coloniale
di
una
guardia
giurata
.
Gira
tutto
intorno
un
alto
muro
,
rotto
a
tratti
da
cancelli
chiusi
.
Il
castello
si
leva
sulla
cima
di
una
breve
collinetta
,
che
domina
il
grigio
complesso
degli
stabilimenti
,
e
la
cittadina
,
distesa
sulle
rive
dell
'
Agno
,
un
torrentaccio
sassoso
che
percorre
tutta
la
vallata
,
per
gettarsi
da
sinistra
nel
Bacchiglione
.
Valdagno
deve
il
suo
nome
alla
posizione
centrale
in
questa
lunga
vallata
verde
,
chiusa
in
fondo
alla
mole
grigia
del
Pasubio
.
Sulla
destra
c
'
è
il
paese
vecchio
,
sulla
sinistra
la
cittadina
nuova
,
tutta
lucida
,
pulita
ed
anonima
.
Si
chiama
Valdagno
Nuova
:
qui
sorgono
i
grossi
edifici
che
capitano
le
istituzioni
sociali
di
Marzotto
,
le
scuole
,
tutte
intestate
a
V.E.
Marzotto
(
fa
eccezione
il
Liceo
Classico
,
che
,
grazie
alle
celebrazioni
di
un
centenario
,
ha
avuto
in
sorte
il
nome
del
Trissino
)
,
lo
stadio
dei
fiori
,
la
tenuta
«
Favorita
»
,
la
grande
piazza
chiusa
in
fondo
dal
cinema
Rivoli
,
di
cui
scintilla
al
sole
l
'
immensa
facciata
di
maiolica
verde
.
Un
vento
freddo
che
vien
giù
dalle
piccole
Dolomiti
infila
le
strade
ed
il
lungofiume
,
deserti
.
I
locali
pubblici
sono
vuoti
:
il
vasto
salone
del
circolo
ENAL
è
pieno
di
tavoli
e
di
poltroncine
nichelate
,
disposte
in
bell
'
ordine
geometrico
,
ma
non
c
'
è
nessuno
a
sedere
.
Due
operai
in
un
angolo
,
giocano
silenziosamente
a
carte
.
Di
sopra
c
'
è
la
palestra
e
la
piscina
coperta
,
da
qualche
tempo
chiusa
,
e
forse
per
sempre
.
Un
giovane
negoziante
mi
spiega
che
nessuno
la
frequenta
mai
,
che
con
gli
incassi
non
recuperavano
nemmeno
un
decimo
delle
spese
per
riscaldare
l
'
acqua
,
e
perciò
han
deciso
di
chiuderla
.
Anche
lo
spazio
delle
bocce
è
deserto
.
B
mezzogiorno
di
domenica
,
ed
a
Valdagno
nuova
non
si
vede
nessuno
.
Da
qualsiasi
parte
il
visitatore
giunga
a
Valdagno
,
non
mancherà
di
scontrarsi
con
l
'
onda
circolare
del
mito
dei
Marzotto
:
i
loro
stabilimenti
,
le
loro
previdenze
sociali
,
l
'
impresa
agricola
di
Portogruaro
,
la
squadra
di
calcio
in
serie
D
,
le
rendite
immense
.
La
scuderia
di
macchine
da
corsa
,
il
premio
letterario
,
gli
alberghi
Jolly
,
i
saponi
di
bellezza
,
l
'
alta
dichiarazione
di
redditi
,
il
figlio
più
giovane
che
danza
con
la
Pampanini
.
L
'
onda
del
mito
qualche
volta
ci
arriva
anche
riflessa
,
ed
ecco
infatti
cosa
scrive
su
di
un
numero
di
Le
Monde
(
4
novembre
'53
)
Marcel
Chaminade
:
«
Tutto
è
chiaro
e
pulito
,
immacolato
,
come
un
giocattolo
nuovo
appena
tirato
fuori
dalla
scatola
.
Un
giocattolo
nuovo
,
appunto
,
che
non
diverte
nessuno
.
Questa
cittadina
lucida
,
anonima
e
triste
ci
sembra
di
conoscerla
già
,
di
averla
letta
da
qualche
parte
:
ecco
,
pare
una
cittadina
sovietica
,
conce
la
descriverebbe
un
"
liberale
di
sinistra
"
.
La
fortuna
di
Marzotto
cominciò
più
di
cento
anni
or
sono
,
nel
1838
,
quando
il
fondatore
,
nonno
ed
omonimo
dell
'
attuale
conte
di
Valdagno
,
mise
su
una
piccola
fabbrica
di
12
operai
,
con
un
capitale
di
2.000
lire
;
a
quel
tempo
Valdagno
era
un
paesino
di
3.000
abitanti
.
Quarant
'
anni
dopo
la
popolazione
era
raddoppiata
,
e
gli
operai
erano
saliti
a
400
.
Tre
anni
più
tardi
,
nel
1879
,
un
altro
stabilimento
fu
aperto
nella
frazione
di
Maglio
,
ed
al
principio
del
secolo
l
'
industria
di
Marzotto
aveva
già
una
consistenza
notevole
,
con
1.700
operai
,
che
salivano
a
3.000
nel
1920
ed
a
6.000
nel
1931
,
quando
si
aprirono
altri
stabilimenti
a
Manerbio
,
Brugherio
,
Mortara
.
Finalmente
,
all
'
inizio
della
seconda
guerra
mondiale
,
si
aprivano
anche
le
fabbriche
di
Brebbio
e
di
Pisa
.
Oggi
,
Valdagno
,
con
le
vicine
frazioni
,
è
una
cittadina
di
quasi
trentamila
abitanti
,
che
lavorano
tutti
,
direttamente
o
no
,
per
i
Marzotto
.
Gli
stabilimenti
producono
diciassette
chilometri
di
tessuti
al
giorno
,
impiegando
oltre
7000
operai
e
500
impiegati
.
Gli
operai
sono
quasi
tutti
di
recente
origine
contadina
;
molti
conservano
una
loro
piccola
proprietà
al
paese
di
provenienza
,
Cornedo
,
Castelgamberto
,
Trissino
,
Brogliano
,
Recoaro
:
quasi
duemilacinquecento
in
tutto
,
che
ogni
giorno
vengono
al
lavoro
con
il
treno
di
Marzotto
,
o
con
gli
autobus
di
Marzotto
.
Agli
inizi
del
'52
la
direzione
mise
in
programma
il
licenziamento
di
1500
operai
:
impianti
più
moderni
consentivano
la
stessa
produzione
con
6.000
operai
.
I
licenziamenti
non
si
fecero
,
ma
in
cambio
oggi
metà
del
personale
lavora
ad
orario
ridotto
,
4
o
6
ore
:
sono
i
reparti
di
filatura
,
cardatura
,
pettinatura
,
mentre
i
tessitori
lavorano
a
pieno
regime
,
anzi
,
hanno
turni
quotidiani
di
nove
ore
.
Il
lavoro
dei
tessitori
è
pagato
in
ragione
di
46,70
lire
per
ora
,
oltre
la
contingenza
,
purché
sia
raggiunta
la
norma
giornaliera
di
30mila
battiti
:
sopra
la
norma
si
retribuisce
il
cottimo
,
sotto
la
norma
si
applicano
multe
.
In
complesso
,
lavorando
a
ritmo
di
cottimo
,
l
'
operaio
qualificato
Lorenzo
Griffani
mi
dice
che
raggiungeva
,
con
moglie
ed
un
figlio
a
carico
,
le
45.000
lire
mensili
.
Il
giovane
Carpanini
,
che
fa
i
il
magazziniere
,
e
che
è
stato
campione
veneto
dei
pesi
piuma
,
mi
mostra
il
foglio
paga
:
mamma
e
sorella
a
carico
,
il
totale
è
di
35.929
lire
.
Si
tratta
insomma
dei
minimi
contrattuali
.
Diversa
è
la
situazione
degli
impiegati
,
che
si
staccano
nettamente
dagli
operai
per
una
sorta
di
partecipazione
agli
utili
,
per
mezzo
di
un
premio
mensile
di
produzione
.
Un
impiegato
amministrativo
,
diti
categoria
,
riceve
ogni
mese
circa
60mila
lire
,
oltre
al
premio
che
si
aggira
sulle
15mila
.
Man
mano
che
si
sale
nella
scala
gerarchica
dell
'
apparato
burocratico
,
che
è
massiccio
,
e
forse
sproporzionato
(
500
impiegati
,
oltre
a
200
guardie
giurate
)
crescono
anche
gli
stipendi
,
in
misura
geometrica
,
e
di
conseguenza
cresce
anche
il
tono
della
vita
e
del
costume
.
Gli
impiegati
di
grado
più
alto
ed
i
dirigenti
di
azienda
hanno
le
loro
villette
,
dai
nomi
esotici
(
«
Candia
»
,
«
Capri
»
,
«
Marocco
»
)
possiedono
una
macchina
,
frequentano
locali
riservati
,
si
cimentano
,
ogni
domenica
,
nel
tiro
a
volo
,
in
cima
al
monte
Miravalle
.
Agli
operai
sono
riservate
le
istituzioni
sociali
e
ricreative
,
il
maggior
vanto
sociale
dei
Marzotto
.
Alcune
sono
a
Valdagno
,
come
la
maternità
,
l
'
asilo
nido
,
l
'
orfanotrofio
,
la
poliambulanza
,
la
casa
di
riposo
,
il
ricreatorio
femminile
,
il
circolo
operaio
,
la
scuola
di
musica
,
solfeggio
,
canto
e
giardinaggio
;
altre
sono
in
montagna
,
come
la
colonia
alpina
«
Dolomiti
»
,
od
al
mare
come
il
villaggio
di
Fesolo
.
Grande
posto
si
è
fatto
alle
istituzioni
sportive
:
la
palestra
,
la
squadra
ciclistica
,
quella
di
hockey
a
rotelle
,
quella
di
pallacanestro
,
il
circolo
alpinistico
,
i
campi
di
tennis
,
la
sezione
di
scherma
,
il
gruppo
pugilistico
,
le
due
piscine
per
il
nuoto
ed
i
tuffi
,
le
bocce
ed
il
ping
-
pong
.
In
complesso
circa
400
giovani
sono
interessati
a
questa
attività
sportiva
.
Stranamente
limitata
è
invece
la
piccola
e
disorganica
biblioteca
del
CRAL
:
4.100
volumi
,
in
gran
parte
di
inferiore
od
infima
narrativa
:
una
recente
deliberazione
consiliare
l
'
ha
tolta
al
circolo
operaio
,
per
costituire
il
primo
nucleo
della
Biblioteca
Comunale
,
che
si
chiamerà
,
naturalmente
,
«V.E
.
Marzotto
»
.
Tutto
il
complesso
di
attività
sociali
e
ricreative
ha
avuto
,
nel
'49-'50
,
un
bilancio
di
circa
120
milioni
,
coperti
per
due
terzi
dai
rimborsi
degli
operai
,
per
un
terzo
dalla
direzione
.
Ogni
operaio
ha
diritto
ad
un
appartamento
di
quattro
o
cinque
stanze
,
per
cui
paga
60.000
lire
annue
:
il
licenziamento
provoca
automaticamente
,
a
distanza
di
quattro
mesi
,
la
rescissione
del
contratto
d
'
affitto
.
Su
che
cosa
si
fonda
,
in
definitiva
,
il
mito
dei
Marzotto
,
perché
tale
,
ormai
,
lo
possiamo
considerare
?
Marzotto
ha
potuto
creare
la
sua
industria
,
con
i
suoi
metodi
,
in
questa
lontana
valle
del
vicentino
,
quasi
ai
confini
con
il
Trentino
;
i
suoi
esperimenti
in
altre
parti
d
'
Italia
,
per
esempio
in
Toscana
,
hanno
dato
,
e
non
poteva
essere
diversamente
,
risultati
negativi
.
Ha
potuto
far
questo
in
una
provincia
italiana
storicamente
assuefatta
alla
scarsa
autonomia
,
ed
alla
soggezione
,
fosse
quella
dei
Longobardi
,
dei
Da
Romano
,
di
Padova
,
di
Venezia
,
degli
Asburgo
.
L
'
infanzia
della
Controriforma
,
ed
in
generale
del
clero
cattolico
,
si
è
fatta
e
si
fa
sentire
in
maniera
determinante
.
Le
crociate
antiblasfeme
che
ancor
oggi
si
organizzano
con
successo
nel
vicentino
,
sarebbero
incomprensibili
in
altre
parti
d
'
Italia
.
I
cartelli
che
propongono
di
sostituire
la
bestemmia
con
espressioni
foneticamente
simili
,
ma
innocue
(
Orcocane
,
Sallustio
,
Sacripante
)
farebbero
ridere
altrove
:
qui
le
prendon
sul
serio
,
pro
o
contro
,
quasi
tutti
.
E
Marzotto
non
a
caso
ha
affidato
a
preti
e
monache
la
direzione
dei
suoi
istituti
sociali
.
A
Valdagno
si
contano
otto
parrocchie
,
ciascuna
con
almeno
tre
sacerdoti
.
l
;
arcipretura
è
una
carica
assai
ambita
,
anche
perché
due
ex
arcipreti
sono
diventati
vescovi
a
Reggio
Emilia
ed
a
Pordenone
.
La
popolazione
,
come
si
è
detto
,
è
tutta
di
formazione
contadina
:
ancor
oggi
si
dice
,
fra
gli
operai
,
«
andare
a
far
opera
»
per
significare
«
recarsi
in
fabbrica
»
:
un
'
espressione
tolta
di
peso
dal
gergo
della
campagna
.
«
Servo
»
e
«
serva
»
per
«
operaio
«
è
di
uso
comune
;
e
per
nulla
offensivo
.
Non
c
'
è
un
tono
di
rimpianto
in
questa
frase
,
che
leggiamo
in
una
pubblicazione
ufficiale
commemorativa
:
«
L
'
arte
della
lana
aveva
ottenuto
dalla
chiesa
che
i
preti
raccomandassero
dall
'
altare
il
lavoro
bel
fatto
-
pena
-
in
caso
contrario
-
un
'
ammonizione
,
una
seconda
ammonizione
e
poi
addirittura
la
scomunica
,
oltre
a
una
multa
da
portare
in
chiesa
,
specialmente
se
s
'
era
commesso
il
reato
di
annaspare
la
matassa
con
più
di
un
filo
»
.
La
corporazione
della
lana
appunto
:
si
tende
,
licenziando
un
operaio
,
a
sostituirgli
un
altro
membro
della
sua
stessa
famiglia
,
meglio
se
dell
'
altro
sesso
:
la
percentuale
delle
donne
supera
già
largamente
la
metà
,
e
tende
a
crescere
.
Le
donne
,
oltre
che
economicamente
più
utili
,
sono
anche
più
facili
a
governare
;
gli
uomini
è
meglio
che
restino
legati
alla
terra
,
a
coltivare
il
poderetto
.
In
seno
alla
corporazione
si
tende
a
creare
la
casta
chiusa
:
in
questo
senso
vogliono
avere
le
alte
retribuzioni
degli
impiegati
,
ed
i
risultati
finora
raggiunti
,
cioè
l
'
isolamento
rispetto
agli
operai
,
ne
sono
una
conferma
.
Nell
'
interno
della
categoria
si
mira
a
diffondere
uno
spirito
particolare
.
La
direzione
ha
redatto
una
sorta
di
vademecum
dell
'
impiegata
modello
,
con
una
serie
di
consigli
,
seguiti
da
un
quiz
sul
quale
l
'
impiegata
può
controllare
il
suo
grado
di
perfezione
,
e
cercare
di
elevarlo
:
«
Se
non
ti
senti
di
farlo
non
elogiare
il
tuo
superiore
,
perché
noi
qui
non
ti
si
dice
di
essere
ipocrita
;
ma
se
ricorderai
che
gli
elogi
schietti
fanno
sempre
piacere
a
tutti
,
non
lascerai
occasione
favorevole
per
parlare
bene
di
lui
»
.
E
più
avanti
:
«
Se
devi
rispondere
al
telefono
ricordati
che
in
quel
momento
tu
sei
la
voce
della
ditta
e
quindi
devi
dare
ad
essa
la
massima
musicalità
»
.
La
norma
che
riguarda
il
parlare
al
telefono
è
seguita
da
un
'
altra
,
che
raccomanda
il
silenzio
:
«
Una
buona
norma
per
vivere
tranquilla
è
tacere
.
Taci
sui
tuoi
dispiaceri
personali
,
sui
pettegolezzi
d
'
ufficio
e
non
di
ufficio
.
TACI
PRINCIPALMENTE
sui
segreti
del
tuo
lavoro
.
Se
vieni
a
conoscenza
di
qualche
notizia
o
di
qualche
rapporto
confidenziale
non
divulgarlo
.
Questa
è
una
buona
norma
per
far
carriera
e
per
farsi
benvolere
»
.
L
'
opuscolo
è
dedicato
«
a
tutte
le
impiegate
d
'
Italia
»
che
desiderano
«
far
carriera
e
guadagnare
»
.
È
l
'
unica
vera
forma
di
cultura
che
Marzotto
riesca
ad
elaborare
.
Del
premio
letterario
che
è
una
manifestazione
grossolana
,
mastoide
e
culturalmente
insignificante
,
anche
se
ben
dotata
di
milioni
,
gli
operai
non
hanno
avuto
tempo
e
modo
di
occuparsi
.
Ricordano
appena
che
quella
sera
,
sulla
piazza
principale
,
c
'
erano
molte
macchine
in
più
e
che
a
notte
alta
arrivò
Alida
Valli
.
Mettere
Marzotto
sulla
stessa
linea
di
Olivetti
o
di
Pellizzari
sarebbe
un
grave
errore
d
'
impostazione
.
Sugli
operai
si
agisce
fomentando
un
facile
campanilismo
.
Le
imprese
sociali
son
quasi
tutte
ristrette
alla
valle
dell
'
Agro
,
e
son
tutte
di
chiaro
intento
propagandistico
:
la
squadra
di
calcio
che
gioca
in
serie
il
è
ciò
che
entusiasma
i
tifosi
valdagnesi
,
e
si
realizzano
infatti
incassi
da
grande
città
.
Quando
c
'
è
la
partita
con
la
squadra
di
Vicenza
,
comperata
di
recente
dalle
lane
Rossi
,
un
'
industria
concorrente
,
alla
normale
onda
di
tifo
della
provincia
contro
il
capoluogo
si
accavallano
motivi
di
rivalità
industriale
.
La
fortuna
politica
di
uno
dei
Marzotto
,
recentemente
eletto
alla
Camera
,
si
fonda
anche
su
questo
:
«
Se
Marzotto
non
vince
,
porta
via
gli
stabilimenti
»
.
La
campagna
fu
condotta
in
maniera
che
è
rimasta
proverbiale
,
a
base
di
fiaschi
di
vino
,
pacchetti
di
sigarette
,
e
democratiche
manate
sulle
spalle
.
Tutto
il
resto
è
magnificenza
,
che
sta
fra
il
fasto
di
una
corte
rinascimentale
e
gli
hobbies
di
un
industriale
americaneggiante
;
chi
ritiene
che
,
con
la
candidatura
del
figlio
Vittorio
,
il
vecchio
conte
abbia
voluto
crearsi
una
piattaforma
per
sostenere
la
sua
politica
industriale
,
probabilmente
sbaglia
.
Marzotto
,
che
riceve
normalmente
in
casa
sua
onorevoli
,
ministri
,
alti
prelati
,
e
persino
il
presidente
della
Repubblica
,
ha
ben
altre
maniglie
a
portata
di
mano
.
La
realtà
è
che
il
conte
ha
aspirato
invano
,
per
anni
,
durante
e
dopo
il
fascismo
,
al
laticlavio
:
non
ottenendolo
,
la
presenza
alla
Camera
di
uno
dei
figli
lo
compensa
in
qualche
modo
della
sua
assenza
fra
i
padri
coscritti
.
Anche
le
prodezze
automobilistiche
di
Giannino
,
che
han
scandalizzato
la
ben
pensante
borghesia
vicentina
,
a
conti
fatti
sono
una
forma
di
magnificenza
che
si
traduce
in
mito
,
ed
in
tanta
efficace
pubblicità
.
Un
giovane
intellettuale
di
Valdagno
,
che
è
consigliere
comunale
di
parte
socialdemocratica
,
mi
dice
che
i
bilanci
del
comune
son
sempre
in
sospeso
perché
non
si
sa
quanto
pagherà
il
maggior
contribuente
:
il
conte
infatti
non
riceve
,
come
tutti
i
cittadini
,
la
normale
cartella
delle
imposte
,
compilata
dall
'
ufficio
.
Lui
stesso
stabilisce
quanto
darà
;
ed
ogni
anno
aggiunge
,
munificamente
,
un
regalo
extra
,
per
far
la
scuola
nuova
,
od
illuminare
una
strada
.
La
lotta
politica
a
Valdagno
è
scialba
,
ed
in
pratica
i
partiti
politici
,
eccettuato
quello
comunista
,
che
è
un
gruppo
piuttosto
piccolo
,
ma
abbastanza
attivo
,
non
esistono
.
La
Democrazia
cristiana
ha
il
suo
punto
di
forza
nell
'
azione
delle
parrocchie
:
ottenne
più
di
10mila
voti
nel
'45
,
ma
il
7
giugno
se
li
vide
dimezzare
dalla
concorrenza
dei
liberali
,
e
cioè
da
Marzotto
,
la
cui
presenza
nella
campagna
elettorale
determinò
anche
lo
sfasciamento
dei
socialdemocratici
,
che
puntarono
nelle
amministrative
del
'51
e
avevano
avuto
più
di
3.000
suffragi
,
e
si
son
ridotti
a
prenderne
162
.
I
5.370
voti
di
Marzotto
sono
chiaramente
voti
padronali
;
il
Blocco
Nazionale
,
infatti
,
non
ottenne
,
il
18
aprile
,
più
di
200
voti
.
I
partiti
di
sinistra
hanno
ottenuto
circa
duemila
voti
,
quattrocento
in
più
rispetto
al
18
aprile
.
Ed
ecco
la
situazione
sindacale
.
Nelle
ultime
elezioni
,
per
la
Commissione
Interna
,
si
sono
avuti
5.605
votanti
(
altissimo
perciò
il
numero
degli
astenuti
)
e
4.989
voti
validi
(
260
schede
nulle
e
356
bianche
)
.
La
CISL
ha
raccolto
2205
voti
;
1941
sono
andati
alla
FIOT
(
aderente
alla
CGIL
)
:
343
ad
una
lista
indipendente
,
chiaramente
sostenuta
dalla
direzione
;
per
la
prima
volta
,
e
solo
nella
sezione
elettorale
di
Valdagno
,
ha
fatto
capolino
la
lista
fascista
della
CISNAL
,
ottenendo
305
voti
.
I
seggi
in
Commissione
Interna
sono
così
divisi
:
10
alla
CISL
,
9
alla
CGIL
,
2
agli
indipendenti
ed
1
alla
CISNAL
.
La
lista
indipendente
,
come
era
da
prevedersi
,
ha
avuto
largo
successo
(
quasi
la
maggioranza
)
fra
gli
impiegati
.
I
poteri
della
Commissione
Interna
,
come
sta
accadendo
in
quasi
tutte
le
industrie
italiane
,
si
van
restringendo
:
uno
dei
membri
della
vecchia
CI
,
l
'
operaio
specializzato
Lorenzo
Griffani
,
è
stato
sospeso
di
recente
per
aver
attaccato
la
direzione
sudi
un
foglio
di
partito
.
Aspetta
il
licenziamento
.
Manca
qualsiasi
forma
di
direzione
operaia
nelle
istituzioni
sociali
e
ricreative
;
al
Circolo
ENAL
non
elegge
un
comitato
direttivo
sin
dal
1945
ed
a
conti
fatti
è
questa
la
ragione
per
cui
gli
operai
non
si
divertono
con
il
giocattolo
n
uovo
di
papà
Marzotto
.
A
mano
a
mano
che
diventano
maggiorenni
,
decidono
di
scegliere
da
sé
i
loro
divertimenti
e
tutta
la
loro
vita
.
StampaPeriodica ,
Sono
arrivato
a
Ribolla
la
mattina
del
4
maggio
alle
undici
.
Due
ore
e
mezza
dopo
la
esplosione
questo
triste
villaggio
di
minatori
stenta
ancora
a
credere
.
Per
le
strade
si
aggira
una
folla
stordita
,
che
si
muove
incerta
qua
e
là
,
muta
,
senza
saper
che
fare
,
dove
andare
.
Non
è
facile
capire
quel
che
realmente
è
successo
.
Una
piccola
folla
di
donne
si
accalca
dinanzi
al
cancello
dell
'
infermeria
,
ne
esce
un
'
auto
con
a
bordo
un
uomo
svenuto
,
la
testa
reclinata
sui
cuscini
:
ma
non
è
un
ferito
.
Faceva
parte
delle
prime
squadre
di
soccorso
,
quelle
che
son
calate
giù
all
'
improvviso
,
senza
mezzi
di
protezione
,
e
dopo
mezz
'
ora
son
tornati
fuori
così
,
bianchi
come
cenci
.
Carabinieri
,
poliziotti
,
guardie
giurate
cercano
di
trattenere
la
gente
,
che
man
mano
cresce
e
preme
:
è
stata
la
prima
cura
della
direzione
,
quella
dell
'
ordine
pubblico
.
L
'
allarme
è
venuto
solo
dopo
le
undici
,
e
fino
ad
allora
negli
altri
pozzi
si
è
lavorato
,
come
tutti
i
giorni
.
E
quasi
l
'
una
quando
arrivano
i
respiratori
dei
vigili
del
fuoco
,
e
si
organizza
il
soccorso
.
Dalla
lampisteria
un
altoparlante
chiama
a
raccolta
volontari
,
e
la
risposta
è
immediata
:
anche
dalle
altre
miniere
vengono
giù
con
gli
autocarri
.
Sfila
,
inquadrato
,
un
gruppo
di
operai
di
Niccioleta
:
scenderanno
fra
poco
,
mi
dice
in
fretta
uno
di
loro
.
Ai
pozzi
si
giunge
per
un
viottolo
tortuoso
e
pieno
di
fango
,
che
a
tratti
traversa
un
campo
di
grano
,
e
poi
costeggia
i
binari
dei
décauville
,
i
mucchi
di
detriti
di
miniera
,
dominati
dalle
alte
impalcature
scure
degli
ascensori
.
Questo
è
il
«
Raffo
»
,
ad
un
chilometro
in
linea
d
'
aria
si
vede
il
«
Camorra
»
.
Qui
si
lavora
febbrilmente
:
vibrano
le
corde
d
'
acciaio
,
ronzando
,
calano
giù
legname
da
armatura
,
tubi
di
aerazione
,
ed
uomini
.
La
gente
sta
a
guardare
in
silenzio
,
un
gruppo
di
donne
,
in
piedi
su
di
un
greppo
,
attende
.
Un
maresciallo
dei
carabinieri
vuoi
far
sgombrare
,
alza
la
voce
,
ma
nessuno
lo
ascolta
.
Lì
accanto
si
vede
un
gran
cartello
giallo
,
ammonisce
che
è
vietato
scendere
in
miniera
senza
i
pantaloni
lunghi
e
la
maglietta
«
almeno
con
le
mezze
maniche
»
.
Un
giovane
ingegnere
del
Distretto
Minerario
è
venuto
su
da
Grosseto
:
gli
hanno
dato
una
tuta
blu
,
le
scarpe
grosse
da
minatore
,
l
'
elmetto
di
materia
plastica
,
tutta
roba
nuova
,
con
ancora
le
pieghe
della
stiratura
sui
pantaloni
.
Così
,
e
con
gli
occhiali
,
è
goffo
e
impacciato
.
C
'
è
anche
il
medico
della
miniera
,
con
un
largo
mantello
impermeabile
,
di
tela
cerata
,
e
gli
infermieri
accanto
all
'
ambulanza
,
pronta
,
con
lo
sportellone
aperto
e
la
barella
lì
per
terra
.
Quando
suona
il
campanello
dell
'
arganista
il
silenzio
si
fa
ancora
più
grave
,
perché
vuoi
dire
che
arriva
la
gabbia
.
La
gabbia
,
affiorando
,
sferraglia
contro
le
guide
di
acciaio
e
si
blocca
:
ne
scende
un
ragazzo
,
pallido
in
volto
pur
sotto
la
maschera
di
polvere
nera
,
qualcuno
gli
si
fa
incontro
,
vuoi
sapere
cosa
succede
laggiù
,
ma
la
guardia
della
Montecatini
lo
afferra
sotto
il
braccio
e
lo
trascina
,
barcollante
,
dentro
la
cabina
dell
'
arganista
,
e
grida
:
«
Via
,
via
!
»
.
Ma
la
voce
si
è
già
sparsa
,
arrivano
tre
corpi
.
Gli
infermieri
si
avvicinano
alla
bocca
del
pozzo
brandendo
tre
coperte
di
tipo
militare
.
Il
medico
dà
ordini
a
bassa
voce
.
Appena
la
gabbia
affiora
di
nuovo
si
fanno
avanti
,
coprono
qualcosa
,
è
un
cadavere
,
e
lo
trascinano
come
un
sacco
sulla
barella
.
Riesco
a
vedere
appena
uno
scarpone
,
uno
solo
.
Dicono
che
al
«
Raffo
»
ne
han
tirati
fuori
altri
quattro
.
Quando
torno
in
paese
si
è
scatenata
l
'
onda
del
terrore
,
e
le
donne
son
scese
in
strada
,
così
come
si
trovavano
,
con
quattro
stracci
addosso
:
urlano
davanti
alla
saracinesca
abbassata
del
garage
,
dove
trasportano
i
cadaveri
,
man
mano
che
li
trovano
.
Due
poliziotti
,
a
tratti
,
alzano
quanto
basta
perché
entri
un
uomo
,
una
barella
.
Un
vecchio
cammina
avanti
e
indietro
gridando
solo
una
bestemmia
,
sempre
quella
.
Fa
:
«
Dio
-
lùpo
,
diolùpo
,
diolùpo
»
.
Il
lutto
sul
viso
di
tutti
:
amici
,
incontrandosi
,
appena
si
salutano
con
un
cenno
del
capo
.
È
arrivato
il
procuratore
della
Repubblica
,
con
il
giudice
istruttore
.
Gli
operai
più
anziani
gli
si
fanno
incontro
per
raccontare
:
«
L
'
avevamo
detto
tante
volte
,
che
doveva
succedere
,
ed
è
successo
»
.
Un
vecchio
parla
di
tempi
passati
:
«
Ci
s
'
aveva
i
nostri
lavori
belli
comodi
,
freschi
.
Si
stava
tanto
bene
»
.
Vuoi
dire
gli
anni
della
guerra
.
Cominciano
ad
arrivare
i
giornalisti
,
con
le
macchine
fotografiche
:
erano
nella
zona
per
«
Italic
Sky
»
,
le
manovre
di
sbarco
della
NATO
,
ed
hanno
i
rotolini
già
per
metà
impressionati
coi
reattori
,
i
marines
,
i
generali
:
chissà
se
qui
in
paese
troveranno
altra
pellicola
?
A
tarda
sera
arrivano
le
autorità
,
visibilmente
preoccupate
per
la
grossa
grana
.
Arriva
anche
il
ministro
Vigorelli
:
entra
in
direzione
,
fa
dichiarazioni
di
cordoglio
ai
giornalisti
e
conclude
promettendo
«
contribuzioni
straordinarie
e
immediate
varianti
dalle
60
alle
100
mila
lire
.
Naturalmente
ciò
non
incide
per
niente
sul
trattamento
previdenziale
dell
'
INAIL
che
resta
invariato
»
.
Dirige
i
lavori
,
giù
ai
pozzi
,
l
'
ing.
Carli
,
con
il
capo
-
servizio
Marcon
.
Non
si
è
ancora
visto
il
direttore
della
miniera
:
dicono
che
è
ammalato
,
che
è
a
Milano
,
che
è
a
Roma
.
Non
si
è
visto
il
dott.
Riccardi
,
capo
dei
servizi
assistenziali
.
Un
anno
fa
,
al
«
Camorra
»
,
arrestarono
45
operai
che
si
erano
calati
giù
e
non
volevano
uscire
,
per
protesta
contro
un
'
ondata
di
licenziamenti
.
Riccardi
,
allora
,
al
«
Camorra
»
,
diresse
la
polizia
:
volle
che
dal
pozzo
gli
operai
uscissero
ammanettati
,
«
per
dare
l
'
esempio
»
.
A
notte
comincia
a
piovere
,
e
l
'
alba
si
leva
più
livida
e
grigia
su
Ribolla
.
Giù
ai
pozzi
han
lavorato
tutta
la
notte
ed
il
numero
dei
cadaveri
,
nel
garage
,
va
crescendo
ora
per
ora
.
Dopo
l
'
identificazione
li
incassano
e
li
portano
nel
cinema
.
Son
salito
in
galleria
con
Antonio
Palandri
,
segretario
della
Federazione
Minatori
.
Palandri
è
stato
minatore
,
e
qui
lo
conoscono
tutti
.
Per
le
scale
incontriamo
una
donna
,
quando
lo
vede
si
mette
a
piangere
e
lo
abbraccia
:
«
Le
nostre
lotte
,
Tonino
,
le
nostre
lotte
»
.
Di
quassù
si
vede
tutta
la
sala
:
sotto
lo
schermo
han
montato
un
altarino
,
con
due
candele
e
un
crocifisso
,
ai
lati
tutte
bandiere
rosse
.
Sopra
ogni
bara
c
'
è
un
mazzo
di
fiori
,
e
l
'
elmetto
del
minatore
ucciso
:
si
direbbe
un
manipolo
di
soldati
,
e
forse
è
davvero
così
.
Il
dolore
è
più
composto
,
qua
dentro
.
Una
sposa
meridionale
sfoga
la
sua
pena
con
un
lungo
lamento
ritmico
,
nel
quale
ricorda
le
virtù
del
suo
uomo
e
gli
chiede
perdono
di
qualcosa
.
Quanti
modi
di
piangere
a
Ribolla
!
Una
vecchia
maremmana
sta
immobile
,
con
gli
occhi
arrossati
fissi
nel
vuoto
.
E
sopra
,
accanto
a
noi
,
si
addensa
tutta
la
gente
di
Ravi
,
di
Caldana
,
di
Tatti
,
di
Sassofortino
,
di
Roccatederighi
,
di
Roccastrada
,
di
Montemassi
,
questi
scuri
paesi
aggrappati
alla
vetta
dei
colli
circostanti
.
Di
là
ogni
mattina
scendevano
per
il
lavoro
questi
che
son
morti
.
Alla
porta
fan
servizio
d
'
ordine
i
minatori
,
la
polizia
non
c
'
è
più
.
Un
telegramma
del
sindaco
ha
invitato
i
rappresentanti
dei
partiti
politici
,
delle
organizzazioni
sindacali
,
di
vari
enti
,
per
costituire
un
comitato
che
provveda
alle
onoranze
.
Infatti
,
a
sera
,
arrivano
quattro
ragazzi
:
«
Dicci
»
,
dicono
,
«
ACLI
,
CISL
,
PRI
»
.
Il
ragazzo
del
un
giovane
avvocato
,
spiega
che
i
«
saragattiani
»
non
son
venuti
perché
forse
,
a
quell
'
ora
,
in
federazione
non
c
'
era
nessuno
.
Ha
visto
l
'
avviso
del
telegramma
infilato
sotto
la
porta
.
Alle
onoranze
non
parteciperà
la
Montecatini
.
La
società
offre
«
assegni
assistenziali
»
di
500mila
lire
e
di
un
milione
,
«
secondo
i
relativi
carichi
familiari
»
.
Comunica
ai
giornalisti
che
le
spese
dei
funerali
saranno
a
suo
carico
,
«
secondo
una
vecchia
tradizione
»
.
Ma
il
governo
ha
già
comunicato
che
sarà
lo
Stato
a
pagare
queste
spese
.
Intanto
si
cominciano
a
vedere
i
manifesti
listati
a
lutto
:
su
quello
dei
repubblicani
si
legge
:
«
Ancora
una
volta
,
nel
crudo
,
necessario
,
eterno
dialogo
dell
'
Uomo
con
la
Materia
,
gli
oscuri
avamposti
della
insonne
fatica
son
caduti
nel
puro
silenzio
dei
martiri
»
.
La
mattina
dei
funerali
è
comparso
il
sole
.
La
folla
delle
bandiere
,
le
auto
,
i
fiori
,
si
vanno
ammassando
per
le
esequie
.
Riconosco
la
voce
dell
'
altoparlante
che
dirige
ogni
spostamento
.
E
Ivo
Tocco
.
Dice
,
a
un
certo
punto
:
«
I
carabinieri
tengano
sgombro
il
marciapiede
.
Si
presenti
subito
un
commissario
di
Pubblica
Sicurezza
»
.
Ivo
Tocco
è
un
giovane
funzionario
comunista
.
Fa
caldo
,
su
questa
collinetta
di
detriti
della
miniera
:
qua
e
là
il
terreno
fuma
,
perché
le
scorie
di
minerale
,
al
contatto
con
l
'
aria
,
si
incendiano
.
Alle
spalle
,
là
dietro
si
vede
lontanissimo
,
il
pozzo
«
Camorra
»
,
davanti
c
'
è
Montemassi
.
Stamani
,
venendo
su
,
ho
incontrato
Bandinelli
!
Mi
ricordo
che
a
Siena
,
una
volta
,
Bandinelli
parlava
a
una
riunione
in
palazzo
comunale
,
nella
sala
dove
c
'
è
l
'
affresco
di
Simone
Martini
,
quello
famoso
di
Guidoriccio
da
Fogliano
che
si
reca
all
'
assedio
di
Montemassi
.
Mi
chiedo
perché
sto
pensando
a
queste
cose
.
Le
parole
accorate
di
Di
Vittorio
calano
sulla
gran
folla
,
e
mi
pare
giusto
che
sia
un
contadino
pugliese
a
parlare
ai
minatori
maremmani
.
Non
vogliono
far
parlare
Viglianesi
.
Qua
,
per
i
minatori
,
l
'
un
,
è
il
sindacato
della
Montecatini
,
e
la
Montecatini
non
è
ai
funerali
.
Nessuno
,
nemmeno
le
guardie
giurate
,
ha
voluto
portare
le
sue
corone
.
La
direzione
è
presidiata
dai
carabinieri
.
Poi
la
cerimonia
si
scioglie
:
le
bare
partono
con
i
furgoni
,
seguiti
dalle
auto
piene
di
donne
vestite
di
nero
.
La
gente
se
ne
va
,
in
una
grande
confusione
di
grida
,
clacson
,
motori
.
Le
auto
nere
targate
Roma
e
Milano
entrano
nei
cancelli
della
direzione
:
ne
scendono
industriali
,
prelati
,
ministri
,
sindacalisti
liberi
.
Si
torna
alla
normalità
:
partono
i
carabinieri
ed
arriva
la
«
celere
»
.
Mi
trovo
solo
a
girare
per
le
strade
polverose
,
e
non
riesco
a
credere
che
sia
proprio
tutto
finito
e
che
non
ci
sia
niente
da
fare
.
StampaPeriodica ,
MILANO
,
giugno
-
Sono
stati
lieti
,
quasi
festosi
i
giorni
di
Sesto
San
Giovanni
.
L
'
annuncio
dello
sciopero
è
giunto
come
una
notizia
attesa
come
la
conferma
di
una
determinazione
che
era
già
maturata
negli
operai
:
ne
parlavano
a
voce
alta
nei
loro
circoli
a
pranzo
,
per
strada
,
nella
sala
d
'
aspetto
della
stazione
e
sul
marciapiede
mentre
aspettavano
il
treno
.
Si
affollavano
intorno
a
noi
:
gli
operai
ed
i
loro
dirigenti
politici
e
sindacali
sapevano
di
avere
di
fronte
i
«
giornalisti
di
Roma
»
e
volevano
che
riportassimo
a
casa
,
con
le
notizie
,
una
buona
impressione
di
Sesto
San
Giovanni
.
La
mattina
dello
sciopero
erano
tutti
al
loro
posto
di
agitazione
,
durante
la
notte
pochi
avevano
potuto
dormire
,
perché
in
poche
ore
avevano
dovuto
organizzare
i
picchetti
,
stampare
i
manifesti
,
fare
le
scritte
.
Ma
erano
contenti
:
facevano
siepe
dinnanzi
all
'
ingresso
degli
stabilimenti
,
fronteggiati
dallo
schieramento
della
polizia
.
Non
ci
furono
incidenti
:
anche
per
i
crumiri
sparuti
e
visibilmente
convinti
di
star
facendo
una
cattiva
figura
,
ci
furono
solo
lunghi
,
pazienti
discorsi
,
ed
appena
qualche
lazzo
.
«
Venduti
,
cornuti
e
sordomuti
»
gridavano
a
tratti
,
e
cioè
incapaci
di
sentire
e
di
giustificarsi
.
Volevano
chiarire
alcune
cose
,
anche
a
noi
:
il
ridicolo
degli
aumenti
accettati
dai
sindacati
scissionisti
,
la
grave
provocazione
politica
contenuta
nell
'
accordo
«
truffa
»
,
il
fatto
che
l
'
accordo
si
firmasse
a
Milano
,
l
'
ignobile
connubio
con
i
fascisti
della
CISNAL
.
«
Quel
di
Loreto
»
,
diceva
un
vecchio
operaio
.
E
per
tutto
il
giorno
fu
un
febbrile
spandersi
di
notizie
,
un
accorrere
di
staffette
improvvisate
che
venivano
al
«
rondò
»
da
ogni
parte
di
Sesto
,
dalla
Breda
,
dai
Magneti
,
dalla
Ercole
Marelli
,
dalla
Falk
:
i
dirigenti
raccoglievano
le
notizie
,
i
dati
percentuali
(
uno
di
loro
manovrava
rapidamente
un
regolo
calcolatore
)
e
ce
ne
spiegavano
il
significato
in
termini
definitivi
.
Il
loro
linguaggio
,
rigidamente
politico
,
e
che
in
altra
situazione
avrebbe
anche
potuto
apparire
schematico
,
pareva
qui
perfettamente
giustificato
.
E
un
linguaggio
sorto
da
questi
luoghi
,
un
linguaggio
carico
di
storia
.
Un
secolo
fa
,
Sesto
era
ancora
un
borgo
di
campagna
,
buono
per
la
villeggiatura
della
borghesia
milanese
:
il
clima
era
mite
,
«
il
beato
di
Sesto
aer
sereno
»
che
piacque
al
Monti
(
oggi
è
diverso
,
vi
domina
l
'
afa
caliginosa
di
tutti
i
centri
industriali
)
.
Anche
i
più
giovani
ricordano
i
tempi
del
tram
a
cavalli
,
che
proprio
qui
davanti
faceva
un
largo
giro
,
per
rientrare
a
Milano
:
ne
è
rimasta
traccia
nel
nome
di
questa
piazza
,
che
ancor
oggi
si
chiama
«
rondò
»
.
Il
primo
inizio
dell
'
attività
industriale
è
del
1840
,
con
le
filande
dei
Puricelli
Guerra
e
dei
Gaslini
.
Ma
è
stato
nel
ventennio
,
con
due
guerre
mondiali
e
l
'
autarchia
,
che
Sesto
si
è
enormemente
accresciuta
:
dai
4189
abitanti
del
1861
siamo
oggi
a
quasi
50mila
:
il
terzo
comune
di
tutta
la
provincia
,
dopo
Milano
e
Monza
,
più
di
duemilasettecento
abitanti
per
chilometro
quadrato
.
In
quel
periodo
si
formò
la
fortuna
dei
Falk
,
una
famiglia
di
ingegneri
tedeschi
,
sagaci
organizzatori
di
matrimoni
a
sfondo
industriale
,
dei
Breda
e
dei
Marelli
.
Ercole
Marelli
si
chiama
una
delle
vie
cittadine
.
Le
maestranze
impiegate
raggiunsero
persino
le
40
mila
unità
,
prima
della
smobilitazione
della
Breda
:
a
quel
tempo
,
cioè
negli
anni
successivi
al
'47
,
ci
fu
una
lotta
assai
dura
,
di
cui
restano
palesi
tracce
nelle
grandi
scritte
che
ancora
restano
sui
muri
:
incitano
gli
operai
a
salvare
la
Breda
,
e
con
essa
l
'
economia
lombarda
.
Ne
furono
licenziati
l0mila
,
che
oggi
si
son
riversati
nell
'
edilizia
,
o
sono
stati
riassunti
a
termine
(
veri
contratti
capestro
)
o
son
finiti
nella
miseranda
schiera
dei
venditori
ambulanti
e
nel
declassamento
.
Ne
abbiamo
conosciuto
uno
,
un
ragazzo
della
Breda
,
che
ha
fatto
un
po
'
tutti
i
mestieri
,
ed
ora
è
finito
male
;
ma
lo
racconta
con
una
residua
fierezza
,
né
diserta
il
suo
circolo
,
e
partecipa
moralmente
allo
sciopero
.
Gli
operai
di
Sesto
son
oggi
30
000
circa
,
di
cui
seimila
donne
.
Di
essi
6946
lavorano
alla
Falk
,
che
oggi
è
il
complesso
più
forte
,
e
non
solo
numericamente
.
6700
alla
Breda
,
5200
alla
Ercole
Marelli
,
4800
alla
Magneti
.
Gli
altri
son
distribuiti
nelle
fabbriche
minori
(
minori
solo
per
modo
di
dire
,
perché
spesso
superano
i
duemila
dipendenti
,
cioè
alla
OSVA
,
alla
Pirelli
,
ecc
.
)
.
Non
tutti
gli
operai
abitano
a
Sesto
:
alla
fine
del
turno
prendono
il
treno
per
Milano
,
per
Monza
,
e
addirittura
per
i
paesi
del
Cremasco
,
del
Bergamasco
,
della
Brianza
,
vanno
a
Brugherio
,
Usmate
,
Agrate
.
I
brianzoli
sono
gli
operai
più
recenti
,
quasi
tutti
ex
contadini
,
e
si
distinguono
facilmente
dagli
altri
,
non
solo
per
il
loro
dialetto
cupo
ed
incomprensibile
,
ma
anche
per
una
sostanziale
differenza
nell
'
aspetto
fisico
,
nel
modo
di
vestire
,
di
muoversi
,
di
gestire
.
Lavorano
quasi
tutti
alla
Falk
,
nel
reparto
siderurgico
.
La
Falk
infatti
ha
un
ciclo
di
lavorazione
completo
,
dalla
siderurgia
alla
metallurgia
,
e
produce
ghisa
,
ferro
,
acciaio
,
laminati
.
La
Breda
ha
quattro
reparti
distinti
,
anche
nella
produzione
:
macchine
elettriche
il
primo
,
materiale
ferroviario
il
secondo
;
il
terzo
,
che
si
chiama
eufemisticamente
sezione
fucina
,
è
in
realtà
di
produzione
bellica
,
soprattutto
proiettili
da
cannone
,
mentre
il
quarto
è
un
reparto
siderurgico
.
Apparecchi
elettrici
ed
elettrodomestici
si
producono
nei
due
stabilimenti
Marelli
.
Le
paghe
medie
degli
operai
di
Sesto
superano
spesso
quelle
di
altre
maestranze
.
Un
operaio
di
medio
livello
,
con
moglie
e
due
figli
,
riceve
oggi
735
007
lire
annue
(
nel
computo
è
compreso
,
oltre
alla
paga
base
,
il
caropane
,
la
gratifica
natalizia
,
gli
assegni
familiari
,
l
'
indennità
di
mensa
,
insomma
qualsiasi
somma
percepita
a
qualsiasi
titolo
)
.
Confrontata
con
la
paga
del
primo
luglio
1938
,
che
era
di
8095,20
questa
(
l
'
oggi
appare
rivalutata
nella
misura
di
90,80
volte
.
Se
alla
paga
sommiamo
gli
oneri
sociali
,
troveremo
che
un
operaio
medio
costa
annualmente
alla
ditta
920
183
lire
,
contro
le
9042
del
1938;
la
rivalutazione
,
in
questo
caso
,
è
di
101,76
volte
.
Questa
differenza
di
dieci
punti
significa
che
la
rivalutazione
dei
salari
non
è
stata
congrua
,
rispetto
alle
richieste
rivalutative
degli
enti
statali
di
assistenza
sociale
.
Ed
ecco
la
situazione
degli
impiegati
e
dei
tecnici
(
complessivamente
circa
diecimila
dipendenti
,
a
Sesto
)
:
13.283,30
lire
nel
1938
contro
10.194,65
lire
di
oggi
(
si
parla
sempre
di
impiegato
medio
con
carico
familiare
tipico
,
cioè
moglie
e
due
figli
)
.
Il
costo
totale
di
un
impiegato
medio
,
compresi
gli
oneri
sociali
,
è
oggi
di
1.297.092
lire
,
contro
le
13.342,72
del
1938
.
La
rivalutazione
degli
stipendi
si
è
fatta
quindi
nella
misura
di
75,75
volte
,
quella
dei
costi
totali
invece
nella
misura
di
84,54
volte
.
Lo
scarto
fra
l
'
una
e
l
'
altra
rivalutazione
rimane
perciò
costante
;
ma
in
linea
generale
è
chiaro
che
gli
impiegati
non
hanno
realizzato
i
progressi
degli
operai
,
e
sono
proporzionalmente
trattati
peggio
.
Ciò
dipende
dalla
loro
minore
combattività
e
da
un
malinteso
spirito
di
categoria
,
che
li
stacca
spesso
dalle
lotte
delle
maestranze
:
le
direzioni
degli
stabilimenti
mirano
a
conservare
e
peggiorare
questa
situazione
.
Un
recente
viaggio
«
d
'
istruzione
»
in
America
a
cui
hanno
partecipato
tecnici
ed
impiegati
della
Falk
mirava
proprio
a
questo
.
Questo
va
tenuto
presente
,
se
si
vuol
comprendere
la
situazione
sindacale
di
Sesto
.
Su
di
essa
influiscono
numerosi
e
diversi
elementi
:
l
'
origine
sociale
delle
maestranze
,
la
provenienza
geografica
,
il
tipo
della
lavorazione
.
Diamo
una
scorsa
ai
risultati
più
recenti
per
la
elezione
della
commissione
interna
.
Cerchiamo
di
interpretarli
:
all
'
osservatore
astratto
può
forse
sembrare
strano
che
l
'
UIL
,
sia
quasi
sempre
assente
dalla
competizione
elettorale
per
la
CI
.
L
'
opinione
diffusa
è
che
la
socialdemocrazia
milanese
dovrebbe
ottenere
ben
altri
risultati
;
ma
è
un
'
opinione
astratta
.
In
realtà
i
voti
che
Saragat
raccoglie
nel
milanese
son
voti
di
bottegai
e
di
impiegati
.
Il
padronato
industriale
punta
sulla
CISL
,
la
quale
ha
alle
sue
spalle
il
peso
della
tradizione
cattolica
e
dell
'
appoggio
del
clero
.
Non
a
caso
le
percentuali
più
alte
son
quelle
ottenute
alla
Falk
,
ed
in
particolare
nei
reparti
siderurgici
,
che
occupano
prevalentemente
maestranze
della
Brianza
,
cattoliche
e
di
recente
origine
contadina
.
I
dirigenti
della
Falk
conoscono
benissimo
l
'
importanza
di
queste
cose
,
e
perciò
finanziano
le
parrocchie
,
ottenendo
in
cambio
pubblici
elogi
dall
'
altare
,
ogni
domenica
al
momento
del
Vangelo
.
Per
questo
si
son
preoccupati
di
far
giungere
gratuitamente
ad
ogni
operaio
una
copia
di
Nuovi
martiri
cristiani
del
Pisoni
,
insieme
,
naturalmente
,
a
Ho
scelto
la
libertà
.
La
punta
massima
raggiunta
dalla
CISL
la
troviamo
alla
Falk
Ge.Va
.
:
una
sigla
che
significa
«
servizi
generali
e
vari
»
,
cioè
mensa
,
pulizia
dei
reparti
,
magazzinaggio
ecc.
È
insomma
il
reparto
più
lontano
dalla
produzione
,
meno
legato
al
ritmo
del
lavoro
complessivo
,
quello
che
raccoglie
in
più
larga
misura
raccomandati
e
confidenti
del
padrone
.
Nello
schieramento
padronale
è
alla
Falk
il
punto
più
avanzato
,
quello
su
cui
si
concentra
tutta
la
spinta
organizzata
di
ogni
genere
di
pressioni
,
della
corruzione
,
della
propaganda
differenziata
.
Falk
si
pone
più
di
ogni
altro
il
problema
dei
cosiddetti
human
relations
,
e
lo
risolve
da
par
suo
:
ha
creato
due
villaggi
operai
,
l
'
Edison
e
il
Diaz
:
può
minacciare
di
sfratto
gli
operai
che
si
rendano
sgraditi
.
Ha
organizzato
un
asilo
infantile
,
di
tipo
montessoriano
:
l
'
importanza
di
iniziative
verso
l
'
infanzia
non
può
sfuggire
a
nessuno
,
se
si
pensa
che
un
sesto
delle
maestranze
è
costituito
da
donne
.
Svolge
attività
assistenziale
e
«
culturale
»
,
cioè
gite
,
squadre
sportive
,
qualche
mostra
di
pittura
.
In
genere
i
padroni
non
si
pongono
mai
seriamente
il
problema
di
una
vita
culturale
fra
gli
operai
:
la
cultura
,
qualunque
essa
sia
,
è
sempre
in
qualche
modo
rivoluzionaria
.
A
detta
di
qualche
operaio
,
oggi
si
fa
meno
,
in
quel
settore
,
che
sotto
il
fascismo
.
La
mediocre
leggenda
della
«
Stalingrado
d
'
Italia
»
(
che
,
guardata
da
vicino
,
non
significa
assolutamente
nulla
)
è
di
elaborazione
padronale
,
ed
infatti
si
è
diffusa
attraverso
la
stampa
milanese
.
Gli
operai
,
in
qualche
misura
,
han
commesso
l
'
ingenuità
di
accettarla
.
L
'
azione
repressiva
si
svolge
in
forme
ormai
consuete
,
nelle
fabbriche
italiane
:
c
'
è
il
tempo
di
polizia
(
«
un
reggimento
»
,
dicono
gli
operai
)
organizzato
alla
militare
,
con
una
bella
divisa
di
panno
blu
;
si
convocano
le
mogli
degli
operai
per
premere
sui
mariti
,
si
punisce
e
si
licenzia
per
aver
propagato
«
notizie
false
e
tendenziose
»
,
cioè
per
aver
criticato
l
'
opera
delle
direzioni
.
Si
taralo
firmare
,
specialmente
alle
donne
,
contratti
contenenti
clausole
che
impegnano
a
non
partecipare
a
scioperi
,
o
addirittura
a
non
prendere
marito
.
I
Falk
sono
ormai
specializzati
,
in
questo
tipo
di
attività
.
Per
questo
,
in
quei
giorni
lieti
e
quasi
festosi
di
Sesto
San
Giovanni
,
le
notizie
che
venivano
dai
cancelli
della
Falk
erano
le
più
attese
:
le
percentuali
furono
buone
sin
dal
mattino
,
ma
crebbero
nel
pomeriggio
e
raggiunsero
nell
'
ultimo
turno
punte
mai
viste
.
Allora
han
fatto
festa
,
perché
i
«
falchetti
»
si
eran
comportati
bene
.
Siamo
rientrati
a
Milano
con
il
treno
:
tram
ed
autobus
crumiri
passavano
rari
,
tristi
ed
affollati
,
col
fattorino
scortato
dalla
polizia
.
Davanti
al
finestrino
scorreva
il
duro
paesaggio
di
Sesto
,
le
alte
muraglie
plumbee
,
i
massicci
edifici
degli
stabilimenti
,
la
lunga
strada
di
Monza
che
taglia
in
due
l
'
abitato
.
È
un
luogo
comune
quello
che
fa
di
Sesto
la
periferia
industriale
di
Milano
.
Forse
era
vero
sino
a
qualche
anno
fa
:
Sesto
è
cresciuta
a
casaccio
,
case
e
fabbriche
accavallate
ai
fianchi
di
un
'
unica
via
congestionata
di
traffico
;
la
stazione
ferroviaria
è
rimasta
quella
di
un
tempo
,
un
casotto
giallo
,
come
di
villaggio
campagnolo
.
I
diretti
neppure
si
fermano
,
sferragliano
fischiando
tra
le
banchine
affollate
di
operai
in
attesa
.
Ma
qualcosa
,
e
non
solo
dal
punto
di
vista
urbanistico
,
sta
cambiando
.
Gli
amministratori
del
comune
vogliono
far
di
Sesto
una
cittadina
moderna
,
con
una
sua
precisa
fisionomia
.
Per
questo
hanno
riorganizzato
i
servizi
pubblici
,
le
fognature
e
le
strade
,
han
costruito
i
marciapiedi
(
e
questa
è
stata
una
grossa
novità
per
tutti
)
hanno
aperto
al
pubblico
un
bel
parco
verde
,
ed
hanno
acquistato
la
villa
Zorn
per
farne
un
centro
di
riposo
e
di
svago
.
A
villa
Zorn
è
ospitata
la
biblioteca
di
Sesto
,
che
è
una
grata
eccezione
nel
panorama
generale
delle
biblioteche
italiane
(
istituti
settecenteschi
ancora
,
nella
struttura
e
nel
funzionamento
)
.
La
biblioteca
di
Sesto
,
che
ha
appena
tre
anni
di
vita
,
è
un
centro
di
diffusione
culturale
,
dove
si
tengono
conferenze
,
discussioni
,
mostre
di
arte
,
scuole
di
pittura
,
audizioni
musicali
.
Si
potrebbe
pensare
che
tutto
questo
non
è
poi
di
grande
utilità
,
visto
che
la
capitale
lombarda
è
a
dieci
minuti
di
treno
.
Ma
il
bibliotecario
,
che
è
un
giovane
insegnante
cattolico
,
spiega
che
è
giusto
ed
indispensabile
,
invece
,
questo
legame
culturale
degli
operai
(
e
di
tutti
)
con
la
vita
di
Sesto
,
con
il
lavoro
e
la
produzione
di
Sesto
.
Vogliono
creare
il
centro
civico
,
in
una
grande
nuovissima
piazza
che
farà
centro
intorno
alla
casa
comunale
e
che
si
chiamerà
«
Piazza
della
Resistenza
»
.
Stanno
per
ottenere
dal
Ministero
dell
'
Interno
il
titolo
di
città
,
e
ne
sono
orgogliosi
.
In
altra
situazione
sarebbe
ovvio
pensare
ad
una
forma
provinciale
di
campanilismo
,
ma
Sesto
è
diverso
.
Un
giovane
funzionario
comunista
mi
fa
vedere
la
raccolta
di
un
settimanale
che
un
gruppo
di
operai
fondò
e
diresse
fino
a
qualche
anno
fa
.
È
un
foglio
agile
ed
elegante
,
persino
pretenzioso
,
forse
.
Sesto
Rondò
,
e
cioè
vuol
alludere
sin
dal
titolo
,
ad
un
aspetto
antico
e
tradizionale
della
vita
sestese
.
Questo
non
è
,
ripetiamo
,
campanilismo
o
nostalgia
assurda
,
oltre
tutto
,
in
uomini
giovani
e
seriamente
moderni
come
son
questi
.
La
verità
è
che
Sesto
conquista
in
questo
modo
la
sua
maturità
,
staccandosi
,
anche
nel
costume
,
dal
feudo
del
capitale
milanese
:
ora
che
si
son
fatti
adulti
i
cittadini
di
Sesto
vogliono
essere
tali
.
Non
sono
più
di
periferia
di
Milano
.
StampaPeriodica ,
A
Viareggio
tutti
sanno
dirci
che
la
stagione
finisce
a
Ferragosto
,
immancabilmente
:
infatti
,
nei
giorni
che
precedettero
la
premiazione
,
il
tempo
fu
quanto
mai
instabile
e
minaccioso
.
La
stessa
temperie
negli
androni
del
Grand
Hotel
Royal
,
dove
la
giuria
sedeva
in
permanenza
:
notizie
nuove
e
contraddittorie
filtravano
d
'
ora
in
ora
,
ed
almeno
due
volte
al
giorno
giungeva
,
nemmeno
troppo
attenuata
,
l
'
eco
di
scontri
verbali
,
discussioni
,
litigi
.
Ad
un
certo
momento
la
situazione
fu
così
calda
che
(
incredibile
a
dirsi
)
Luigi
Russo
fu
chiamato
a
far
da
paciere
.
Calmissimi
e
ridenti
erano
invece
Ungaretti
e
Jahier
:
avevano
avuto
in
dono
due
bei
pugnali
da
pesca
subacquea
,
li
portavano
appesi
alla
cintura
,
a
tratti
sguainandoli
ed
urlando
.
Era
triste
invece
,
con
in
volto
un
'
espressione
muta
ed
abbottonata
,
Ignazio
Weiss
,
direttore
della
pubblicità
olivettiana
,
membro
della
giuria
e
occhio
di
lince
:
pareva
costantemente
in
timorosa
attesa
di
qualche
spiacevole
sinistro
.
Si
sbottonò
(
ma
solo
uno
spiraglio
)
la
mattina
precedente
la
premiazione
,
a
Collodi
.
La
giuria
era
salita
lassù
per
una
visita
allo
storico
giardino
,
ed
al
non
meno
famoso
bozzetto
per
il
monumento
a
Pinocchio
.
Nel
giardino
c
'
è
anche
un
labirinto
verde
,
che
conduce
ad
un
grande
albero
di
magnolia
:
erano
tutti
entusiasti
,
e
Weiss
sorrise
.
Ma
,
incautamente
,
era
passato
accanto
a
certi
ben
celati
zampilli
di
un
gioco
d
'
acqua
:
Repaci
,
che
lo
sorvegliava
da
un
ponticello
sovrastante
,
azionò
la
leva
e
lo
bagnò
nei
pantaloni
.
Allora
Weiss
si
riabbottonò
.
La
sera
del
premio
la
giuria
era
schierata
al
completo
sudi
un
palchetto
,
sotto
la
luce
di
due
grossi
riflettori
:
somigliavano
straordinariamente
alle
caricature
di
Uberto
Bonetti
,
appese
tutte
in
giro
,
in
cornici
di
cartapesta
dorata
.
C
'
era
un
pubblico
assortito
ed
elegante
:
due
avvocati
di
Pisa
,
il
maestro
calzettaio
Pilade
Franceschi
,
Carlo
Levi
,
alcune
poetesse
.
Poi
la
massa
:
salumai
di
Firenze
,
figli
e
nipoti
di
arrisicatori
livornesi
,
qualche
vitellone
,
industriali
milanesi
,
fabbricanti
di
polveri
insetticide
con
moglie
e
figlie
in
gran
toilette
.
Ascoltarono
tutti
pazientemente
la
relazione
della
giuria
:
due
milioni
,
un
milione
,
mezzo
milione
,
un
quarto
di
milione
,
gli
assegni
passavano
dalle
mani
di
Repaci
a
quelle
dei
premiati
.
Parlò
Carlo
Levi
,
ricordando
Rocco
Scotellaro
,
parlò
Raimondi
,
parlò
Giarrizzo
,
che
fece
una
dichiarazione
di
fede
in
Croce
,
Omodeo
,
De
Ruggiero
e
Chabod
,
parlò
Luporini
,
parlò
la
Giorgetti
,
rifiutando
la
parola
,
parlò
anche
Montella
,
che
raccontò
come
era
venuto
a
sapere
del
premio
toccatogli
,
e
di
come
se
lo
vide
dimezzare
fra
le
mani
,
all
'
ultimo
momento
.
Parlò
Mondadori
e
parlò
Paone
,
parlarono
tutti
,
insomma
,
anche
perché
la
relazione
della
giuria
fu
letta
a
brani
.
Poi
dettero
il
via
a
Nino
Taranto
,
anche
lui
parziale
vincitore
del
premio
Viareggio
:
si
ebbe
infatti
quattrocento
carte
da
mille
per
alcune
sue
vecchie
macchiette
,
pornografiche
nella
forma
e
qualunquiste
nel
contenuto
.
Ma
la
gente
era
lietissima
,
applaudiva
,
mostrava
di
capire
i
doppi
sensi
e
chiese
perfino
alcuni
bis
.
Comunque
Taranto
si
inseriva
da
par
suo
nella
«
napoletanità
»
del
ventiquattresimo
«
Viareggio
»
:
dai
contadini
lucani
ai
parenti
pugliesi
,
giù
,
giù
attraverso
i
proverbi
siciliani
,
fino
a
Carlo
Mazza
,
si
è
creduto
forse
di
riaffermare
l
'
impegno
meridionale
della
nostra
cultura
d
'
oggi
.
Poi
le
danze
:
si
pensò
bene
di
organizzare
un
supplemento
di
premio
,
per
la
donna
più
bella
,
più
elegante
,
più
intelligente
.
Consegnarono
vasi
da
fiori
,
un
paralume
di
tulle
rosa
,
boccette
di
profumo
e
di
lozione
per
dopobarba
.
Ma
finalmente
esplose
il
temporale
,
pieno
e
festoso
,
un
temporale
,
come
dicono
a
Viareggio
,
senza
babbo
né
mamma
.
Alle
tre
in
punto
un
fulmine
guastò
l
'
impianto
elettrico
e
la
gente
,
rimasta
al
buio
,
sfollò
lentamente
.
Quelli
dell
'
orchestra
riposero
in
fretta
gli
strumenti
nei
loro
astucci
e
se
ne
andarono
sbadigliando
.
In
albergo
rimasero
solo
alcuni
quarantenni
industriali
padani
,
con
le
loro
giovani
donne
dipinte
:
ordinarono
un
risotto
.
L
'
acquazzone
cresceva
,
denso
e
pieno
,
battendo
la
scenografia
dei
lungomare
viareggini
,
ripulendo
ogni
cosa
,
così
freddo
e
sonoro
nel
gran
silenzio
della
notte
oscura
.
La
stagione
era
finita
davvero
.