StampaQuotidiana ,
Esce
postumo
il
romanzo
di
uno
sconosciuto
,
Il
gattopardo
di
Giuseppe
Tomasi
di
Lampedusa
(
edizione
Feltrinelli
)
:
un
libro
per
molti
versi
più
che
notevole
,
un
libro
d
'
eccezione
nel
miglior
senso
della
parola
,
tale
da
costituire
non
soltanto
un
caso
ma
da
autorizzare
il
senso
di
una
rivelazione
,
soprattutto
se
si
tengono
presenti
le
condizioni
della
nostra
narrativa
.
Giuseppe
Tomasi
,
duca
di
Palma
e
principe
di
Lampedusa
-
questo
è
il
nome
intero
di
tutti
i
titoli
-
,
morto
a
Roma
l
'
anno
scorso
,
era
nato
a
Palermo
nel
1896
.
Grazie
alle
notizie
che
ci
fornisce
il
suo
profeta
,
Giorgio
Bassani
,
sappiamo
anche
che
il
Tomasi
a
vent
'
anni
dovette
interrompere
gli
studi
per
correre
al
fronte
e
da
allora
direttamente
(
egli
rimase
in
carriera
fino
al
1925
)
o
indirettamente
(
occupandosi
di
studi
militari
,
specialmente
di
Clausewitz
)
il
suo
mestiere
fu
quello
dell
'
ufficiale
.
Durante
il
fascismo
preferì
fare
dei
lunghi
viaggi
e
soggiorni
all
'
estero
,
inutile
aggiungere
che
nella
triste
guerra
del
'40
tornò
al
suo
posto
e
ancora
una
volta
indossò
la
divisa
.
Notizie
esteriori
che
riflettono
la
parte
morta
della
sua
carriera
,
il
lettore
potrà
invece
avere
l
'
immagine
sicura
del
Tomasi
non
perdendo
di
vista
il
protagonista
del
romanzo
,
il
principe
Fabrizio
Salina
.
Nello
stemma
gentilizio
-
il
gattopardo
-
non
è
difficile
scovare
il
ritratto
appena
velato
,
appena
romanzato
del
Tomasi
:
così
come
non
è
difficile
trovare
nell
'
impronta
del
felino
il
segno
dell
'
unghia
dello
scrittore
.
Sembra
-
lo
ha
confidato
la
vedova
che
il
Tomasi
abbia
per
molti
anni
vagheggiato
di
scrivere
un
romanzo
storico
sullo
sbarco
garibaldino
a
Marsala
,
centrato
su
un
suo
antenato
astronomo
.
E
non
c
'
è
dubbio
che
da
questa
lunga
incubazione
su
una
fragile
trama
e
più
attraverso
la
meditazione
sull
'
essenza
della
vita
il
Tomasi
sia
approdato
di
sorpresa
a
un
romanzo
scritto
di
getto
:
non
si
trattava
di
un
caso
ma
di
una
conclusione
,
di
un
frutto
maturato
naturalmente
e
lentamente
.
Il
romanzo
è
opera
singolare
per
il
rapporto
vitale
che
lo
anima
:
Il
gattopardo
obbedisce
alle
regole
classiche
del
genere
e
in
questo
senso
è
un
buon
esercizio
,
dove
invece
ci
colpisce
è
nella
parte
di
testamento
,
di
meditazione
oggettivata
.
Mentre
lo
scrittore
segue
i
fatti
,
trova
modo
di
inserire
senza
stridori
e
quasi
senza
umori
polemici
la
verità
strappata
al
lungo
colloquio
con
le
cose
.
Vediamone
un
momento
la
struttura
:
il
protagonista
Fabrizio
Salina
,
il
nipote
(
figlio
di
una
sorella
del
principe
)
Tancredi
Falconeri
e
dietro
di
loro
la
grossa
nobiltà
palermitana
sorpresa
dallo
sbarco
dei
garibaldini
,
pardon
dei
«
piemontesi
»
e
ancor
prima
dai
sentori
di
libertà
,
cioè
il
quadro
di
una
classe
con
tutto
il
carico
di
tradizioni
,
abusi
e
privilegi
e
di
fronte
la
classe
nuova
che
sorge
dalla
rovina
dell
'
altra
,
impersonata
da
don
Calogero
Sedara
,
padre
di
Angelica
.
Questi
quattro
personaggi
rappresentano
il
giuoco
di
passaggio
e
di
sostituzione
,
l
'
avvicendamento
delle
classi
al
potere
.
Il
romanzo
non
subisce
la
facile
polemica
delle
opposizioni
,
il
Tomasi
crede
alla
storia
che
si
fa
per
passi
,
soprattutto
per
accomodamenti
e
quindi
è
naturale
che
la
trama
sopporti
questa
concezione
:
Tancredi
sposerà
Angelica
,
diventerà
deputato
al
parlamento
italiano
,
otterrà
incarichi
diplomatici
.
Tutto
si
svolge
nel
giro
di
vent
'
anni
o
poco
più
,
conosciamo
il
principe
nel
1860
,
di
cinquant
'
anni
,
ancora
vigoroso
e
bello
come
un
dio
greco
e
lo
lasciamo
morente
sulla
terrazza
di
un
albergo
a
Palermo
nel
1883
:
il
libro
ha
un
'
appendice
(
inutile
come
altre
parti
del
romanzo
)
che
probabilmente
,
nell
'
intenzione
dell
'
autore
,
doveva
rendere
più
sensibile
l
'
usura
del
tempo
,
presentandoci
la
fine
dei
sogni
dei
personaggi
,
la
decadenza
della
famiglia
Salina
,
la
rovina
dei
sentimenti
(
per
esempio
,
la
condotta
di
Angelica
era
prevista
ma
il
Tomasi
ha
sentito
il
bisogno
di
sottolinearla
)
.
Una
trama
delle
più
semplici
ma
sufficiente
a
tradurre
l
'
idea
prima
del
Tomasi
,
per
cui
i
fatti
vanno
interpretati
e
corretti
,
non
potendo
modificarli
o
,
peggio
ancora
,
vincerli
.
Questa
lotta
segreta
che
accompagna
la
storia
privilegiata
di
Salina
costituisce
la
vera
musica
del
libro
.
Il
protagonista
fa
pensare
al
don
Cesare
della
Loi
del
Vailland
ma
quanto
quel
personaggio
sposava
e
subiva
l
'
ideologia
dello
scrittore
francese
,
altrettanto
questo
del
Tomasi
dimostra
di
possedere
un
'
autonomia
e
quella
libertà
che
nasce
dall
'
accordo
perfetto
fra
educazione
superiore
,
intelligenza
e
senso
del
limite
.
Il
principe
è
uno
scienziato
,
è
in
corrispondenza
con
Arago
,
è
premiato
in
Sorbona
:
cita
Baudelaire
letto
fra
le
pagine
a
Parigi
e
autori
letti
con
più
agio
nelle
sue
ville
,
vive
con
un
padre
spirituale
a
fianco
,
il
gesuita
Pirrone
,
è
un
buon
padre
di
famiglia
ma
cede
ancora
alle
tentazioni
della
carne
e
conosce
il
pericolo
delle
dilettazioni
insistite
.
Tutto
quello
che
ha
avuto
per
nascita
,
per
studio
,
per
osservazione
velata
della
realtà
lo
ha
portato
alla
fine
a
una
specie
di
filosofia
o
meglio
a
poter
interpretare
la
vita
nel
miglior
modo
possibile
,
senza
troppi
dolori
,
con
paziente
ironia
.
Fra
romanziere
e
personaggio
c
'
è
un
'
assoluta
identità
di
vedute
per
cui
il
lettore
trasferisce
liberamente
argomentazioni
e
giudizi
da
una
bocca
all
'
altra
,
finendo
per
stabilire
un
'
unica
visione
del
mondo
.
Si
misuri
quello
che
i
due
principi
dicono
della
Sicilia
e
dei
siciliani
,
non
si
tratta
di
impressioni
,
di
umori
,
sono
cose
sperimentate
e
sofferte
.
Esatta
l
'
individuazione
della
meccanica
del
machiavellismo
astratto
dei
siciliani
,
giusta
la
mozione
di
impenetrabilità
agli
affanni
altrui
e
della
pretesa
fierezza
che
è
soltanto
cecità
.
I
siciliani
giudicano
peccato
il
«
fare
»
,
non
hanno
desiderio
(
altro
che
volontà
)
di
migliorare
perché
si
credono
degli
dèi
,
uomini
diversi
e
superiori
.
Il
romanzo
corre
su
questo
filo
segreto
,
su
questa
obbedienza
rispettata
da
tutte
le
classi
di
quel
mondo
:
il
sogno
è
«
che
tutto
rimanga
com
'
è
»
,
che
non
sia
rotto
lo
stato
di
dormiveglia
,
di
sonno
.
Qui
il
Tomasi
non
teme
di
fare
un
salto
,
passando
dal
'60
all'80
,
poi
al
1910
e
quindi
al
fascismo
e
infine
alla
Sicilia
d
'
oggi
,
pur
così
attiva
,
americanizzata
,
la
Sicilia
del
petrolio
.
Il
colore
di
fondo
non
cambierà
mai
,
cambierà
solo
il
colore
delle
camicie
(
dal
rosso
garibaldino
al
nero
dei
fascisti
,
al
bianco
d
'
oggi
)
.
Chi
accusare
?
I
siciliani
perché
vogliono
passare
la
vita
in
dormiveglia
,
i
settentrionali
perché
li
hanno
ingannati
e
traditi
(
si
veda
la
pagina
altissima
sul
primo
plebiscito
)
?
Risponde
Tomasi
:
no
,
si
può
,
si
deve
accusare
soltanto
l
'
eternità
.
Strana
bestemmia
sapientemente
avvolta
nelle
carte
dei
compromessi
millenari
,
degli
accomodamenti
,
che
scoppia
in
un
mondo
ancora
composto
nel
rispetto
della
Chiesa
e
nella
fede
testimoniata
da
padre
Pirrone
.
È
un
mondo
senza
speranze
che
crolla
lentamente
,
mai
per
vie
dirette
(
non
ci
saranno
rivoluzioni
)
ma
attraverso
complicatissime
operazioni
di
usura
,
di
stanchezza
.
È
chiaro
che
questa
parte
di
sconforto
,
di
amarezza
,
questa
sensazione
di
«
più
»
ce
l
'
ha
aggiunta
il
Tomasi
:
il
nostro
tempo
ha
potuto
aggiungere
qualcosa
alla
pena
equilibrata
di
Salina
.
E
gli
uomini
?
Quale
giudizio
dare
?
Condannarli
,
assolverli
?
Risponde
qui
il
primo
principe
:
no
,
non
si
possono
condannare
,
a
volte
si
può
averne
disgusto
ma
subito
dopo
si
è
presi
da
compassione
.
Tutto
l
'
episodio
del
ballo
(
dove
il
richiamo
a
Proust
non
è
eccessivo
)
è
pervaso
da
questo
senso
di
umanità
,
di
misura
,
dalla
capacità
di
vedere
negli
altri
noi
stessi
,
dall
'
ultima
coscienza
che
non
lascia
nessuno
di
noi
vincitore
sull
'
altro
ma
tutti
ugualmente
schierati
nell
'
esercito
degli
sconfitti
,
nell
'
esercito
degli
uomini
.
Di
dove
derivava
Salina
questa
rara
scienza
?
Da
un
'
operazione
che
dovrebbe
essere
praticata
da
ogni
vero
uomo
e
che
il
nipote
Tancredi
chiamava
fra
l
'
ironico
e
il
pittoresco
«
corteggiare
la
morte
»
.
Quando
il
principe
morente
fa
il
bilancio
dei
suoi
settantatré
anni
,
ne
salva
tre
nel
porto
dell
'
amore
,
della
famiglia
e
delle
meditazioni
,
ma
tutto
il
resto
?
«
E
i
dolori
,
la
noia
,
quanti
erano
stati
?
Inutile
sforzarsi
a
contare
:
tutto
il
resto
:
settant
'
anni
»
.
Come
tutte
le
opere
di
peso
,
anche
il
romanzo
dell
'
isolato
Tomasi
deriva
il
suo
pregio
da
questo
costante
e
profondo
rapporto
con
la
morte
e
proprio
per
questa
ragione
tocca
un
altro
piano
.
Non
è
soltanto
una
prova
letteraria
curiosa
,
più
o
meno
riuscita
(
il
libro
ha
certo
i
suoi
difetti
,
non
tutto
è
necessario
e
spesso
ha
cadute
di
tono
,
di
gusto
)
,
il
romanzo
vale
come
testimonianza
di
vita
ben
spesa
,
se
si
spende
bene
il
tempo
a
cercare
di
capire
le
cose
nella
luce
della
poesia
e
in
quella
della
morte
.
Gli
stessi
riferimenti
letterari
che
si
possono
fare
(
De
Roberto
,
l
'
ultimo
Brancati
,
Proust
,
Montale
ecc
.
)
non
servono
,
caso
mai
aiutano
a
limitare
la
portata
del
romanziere
.
Il
Tomasi
si
è
servito
del
romanzo
per
confessare
la
sua
esperienza
umana
,
solo
questo
ma
questo
poco
o
tanto
(
ognuno
sceglie
secondo
i
suoi
gusti
)
l
'
ha
fatto
con
tanta
sicurezza
da
lasciarci
sorpresi
e
arricchiti
.
Di
quanti
romanzi
si
può
dire
altrettanto
?