StampaPeriodica ,
Il
caso
di
Adriano
Olivetti
può
dirsi
unico
nel
quadro
generale
della
grande
industria
italiana
,
e
per
trovarvi
un
precedente
nell
'
industria
europea
del
Novecento
occorre
risalire
,
come
giustamente
è
stato
già
rilevato
,
alla
grande
e
malinconica
figura
dell
'
ebreo
tedesco
Walter
Rathenau
.
È
poco
probabile
che
un
uomo
così
bene
informato
com
'
è
Olivetti
non
abbia
già
fatto
per
suo
conto
una
scoperta
così
evidente
.
Come
Rathenau
,
Olivetti
è
figlio
di
un
ebreo
,
e
,
come
il
padre
di
Rathenau
,
anche
suo
padre
non
aveva
dietro
di
sé
che
una
ascendenza
di
piccoli
ebrei
dediti
al
piccolo
commercio
.
La
vera
fortuna
del
casato
dei
Rathenau
comincia
con
Emilio
,
padre
di
Walter
,
e
fondatore
dell
'
arcipotente
Allgemeine
Elektrizitäts
-
Gesellschaft
,
che
passò
al
comando
di
suo
figlio
allo
scoppiare
della
Prima
guerra
mondiale
,
così
come
la
Olivetti
,
fondata
da
Camillo
,
passò
nelle
mani
di
Adriano
virtualmente
allo
scoppiare
della
Seconda
guerra
.
Ma
queste
coincidenze
biografiche
non
importerebbero
molto
al
di
là
dell
'
informazione
curiosa
,
se
le
affinità
tra
i
due
uomini
non
fossero
più
profonde
e
compromettenti
e
non
c
'
interessassero
più
da
vicino
.
Rathenau
era
quel
che
allora
si
diceva
un
idealista
,
nutrito
di
studi
e
meditazioni
filosofiche
.
Questo
non
gli
impedì
di
dirigere
la
sua
industria
con
mano
ferma
e
con
successo
e
di
essere
ricordato
come
uno
dei
più
grandi
ministri
degli
Esteri
che
abbia
avuto
la
Germania
moderna
.
Eppure
era
idealista
,
fino
a
rasentare
l
'
utopismo
.
Qual
era
l
'
utopia
o
,
se
vogliamo
,
l
'
ansia
,
l
'
attesa
di
Rathenau
?
Era
l
'
antica
attesa
ebraica
dell
'
avvento
dello
spirito
in
terra
.
E
poiché
era
un
industriale
,
si
occupava
cioè
di
macchine
,
delle
cose
più
pesanti
,
sorde
e
prive
di
spirito
che
ci
siano
,
da
questa
attività
gliene
veniva
come
un
sentimento
di
colpa
e
sognava
un
mondo
di
macchine
trasfigurate
,
divenute
belle
,
superbe
per
la
forza
dello
spirito
che
le
avrebbe
mosse
.
Nelle
memorie
di
uno
degli
assassini
di
Walter
Rathenau
,
I
proscritti
di
Ernst
von
Salomon
,
è
descritta
a
un
certo
punto
una
notte
spesa
tutta
dal
narratore
nella
lettura
di
un
libro
famoso
di
Rathenau
:
Cose
avvenire
.
Il
giovane
fanatico
lesse
fino
all
'
alba
,
stregato
dalla
fredda
veemenza
dell
'
idealista
e
profeta
:
«
Era
quello
un
libro
straordinario
»
scrive
il
Salomon
,
«
e
straordinaria
era
la
previsione
che
evocava
:
il
regno
del
mondo
meccanico
e
la
forza
dello
spirito
che
lo
preparava
alle
Cose
avvenire
»
.
Fu
per
sottrarsi
al
fascino
di
quell
'
uomo
,
al
suo
idealismo
,
alla
sua
ragione
,
alla
sua
ardente
democrazia
,
che
lo
uccisero
.
Non
si
può
dire
che
da
Adriano
Olivetti
emani
immediatamente
lo
stesso
fascino
.
È
un
conversatore
stentato
,
scrittore
difficile
,
spesso
oscuro
,
i
suoi
modi
sono
estremamente
cortesi
ma
freddi
,
ed
è
fredda
,
lontana
,
la
luce
dei
suoi
occhi
chiari
che
guardano
in
un
punto
indeterminato
al
di
là
o
al
di
qua
della
zona
in
cui
si
trova
l
'
interlocutore
.
Una
conversazione
uguale
,
illuminata
da
quello
sguardo
vago
,
distratto
di
intellettuale
,
che
lì
per
lì
ingenera
un
senso
di
stanchezza
nell
'
ascoltatore
,
perché
sembra
quasi
escluderlo
e
ignorarlo
.
Ma
seguendo
la
direzione
di
quello
sguardo
dal
di
fuori
verso
dentro
,
risalendo
all
'
ispirazione
di
quel
parlare
inceppato
,
arriva
un
momento
in
cui
l
'
ascoltatore
,
solo
che
ci
metta
un
po
'
d
'
attenzione
,
finisce
per
scoprire
il
segreto
che
eccita
e
muove
quest
'
uomo
.
Suo
padre
era
dunque
ebreo
,
e
un
fratello
di
suo
nonno
rabbino
.
Sua
madre
era
invece
di
fede
valdese
e
il
padre
di
lei
pastore
della
stessa
fede
.
Ma
l
'
ambiente
familiare
non
basta
a
spiegare
la
tensione
morale
e
la
carica
religiosa
di
Adriano
Olivetti
,
o
almeno
l
'
indirizzo
che
presero
a
un
certo
punto
.
Fu
la
fabbrica
paterna
,
in
quel
cantuccio
silenzioso
del
Piemonte
che
è
il
Canavese
,
in
quell
'
appartata
e
un
po
'
triste
Ivrea
,
fu
la
vita
e
la
carriera
di
fabbrica
che
egli
percorse
incominciando
dalla
gavetta
come
un
operaio
qualsiasi
,
ad
aprirgli
gli
occhi
sulla
sua
missione
.
Ogni
industriale
che
abbia
,
come
Adriano
Olivetti
,
un
'
eredità
religiosa
e
morale
così
vistosa
,
a
lungo
andare
finisce
per
sentirsi
responsabile
,
per
la
parte
che
gli
tocca
,
delle
brutture
del
macchinismo
moderno
,
e
si
sforza
di
riscattarle
in
una
maniera
o
nell
'
altra
.
Ma
,
nella
misura
in
cui
tale
riscatto
non
si
riesce
a
realizzarlo
o
si
realizza
imperfettamente
,
egli
si
sente
oscuramente
in
colpa
e
in
debito
verso
lo
spirito
.
Nella
polemica
antimacchinista
che
si
trascina
da
più
di
un
secolo
,
le
macchine
,
e
tutto
ciò
che
ad
esse
è
legato
,
sono
responsabili
:
di
essere
brutte
,
di
deprimere
la
gioia
di
vivere
e
l
'
originalità
vitale
degli
uomini
che
ad
esse
accudiscono
,
e
di
incoraggiare
l
'
avidità
e
la
grettezza
degli
uomini
che
da
esse
traggono
i
maggiori
profitti
.
Per
riscattarle
da
queste
terribili
accuse
la
parte
più
progredita
e
progressiva
dell
'
industria
moderna
spende
il
meglio
delle
proprie
forze
e
della
propria
inventiva
.
Adriano
Olivetti
è
certamente
nella
pattuglia
di
punta
di
questa
avanguardia
industriale
.
Egli
crede
,
e
non
immagina
neppure
che
un
uomo
moderno
possa
pensare
diversamente
,
che
un
oggetto
il
quale
ubbidisca
perfettamente
allo
scopo
cui
è
destinato
non
può
non
essere
bello
.
Il
primo
dei
suoi
articoli
di
fede
nella
costruzione
delle
sue
macchine
per
scrivere
è
dunque
questo
:
l
'
armonia
del
prodotto
in
vista
del
suo
fine
,
e
l
'
armonia
di
ciò
che
a
quel
prodotto
s
'
ispira
e
che
quel
prodotto
serve
,
infine
l
'
armonia
reciproca
di
tutti
gli
elementi
che
costituiscono
il
ciclo
della
produzione
.
Non
è
vero
che
le
macchine
siano
brutte
in
se
stesse
.
Esse
saranno
belle
,
bellissime
se
l
'
architetto
che
ne
immaginerà
la
linea
s
'
ispirerà
agli
stessi
criteri
di
armonia
cui
ubbidisce
un
architetto
di
genio
nel
disegnare
il
progetto
di
una
chiesa
.
Così
,
a
forza
di
pretendere
rigore
e
armonia
funzionali
dai
suoi
disegnatori
,
egli
è
riuscito
a
costruire
una
macchina
per
scrivere
,
la
Lexicon
80
,
che
ora
è
esposta
nel
Museo
d
'
Arte
Moderna
di
New
York
,
come
uno
dei
prodotti
significativi
della
civiltà
industriale
di
oggi
.
E
non
è
neppure
vero
che
i
muri
di
una
fabbrica
non
possano
essere
che
squallidi
e
tristi
.
La
facciata
del
fabbricato
principale
della
Olivetti
a
Ivrea
,
un
'
immensa
vetrata
di
non
so
più
quante
migliaia
di
metri
quadrati
di
cristallo
che
riflettono
i
monti
circostanti
e
le
nevi
azzurrognole
,
e
che
parve
persino
una
sfida
al
buon
senso
quando
fu
innalzata
,
non
solo
allieta
e
illumina
la
vita
degli
operai
che
lavorano
lì
dentro
,
ma
fa
più
lieto
persino
il
paesaggio
che
vi
si
riflette
dentro
.
Così
è
dei
mobili
,
così
della
pubblicità
Olivettí
citata
ad
esempio
nelle
più
grandi
riviste
della
produzione
,
come
l
'
americana
,
autorevolissima
«
Fortune
»
.
In
questa
concezione
unitaria
di
riscatto
della
macchina
dalla
sua
originaria
bruttezza
rientra
anche
l
'
ufficio
letterario
della
Olivetti
,
che
dà
gli
slogans
alla
pubblicità
e
i
nomi
alle
macchine
:
Lexicon
80
,
Studio
42
,
Lettera
22
,
Divisumma
,
Multisumma
.
E
,
per
quanto
è
nelle
forze
di
un
imprenditore
moderno
e
nei
limiti
del
bilancio
aziendale
,
Adriano
Olivetti
fa
di
tutto
per
smentire
la
pessima
fama
che
hanno
la
macchina
e
la
fabbrica
di
deprimere
l
'
autonomia
individuale
e
la
gioia
di
vivere
.
Le
ultime
case
costruite
per
gli
operai
della
fabbrica
posseggono
persino
un
garage
per
appartamento
,
oltre
all
'
orto
e
allo
spiazzo
per
farvi
giocare
i
bambini
.
Il
nuovo
quartiere
possiede
anche
l
'
asilo
,
la
scuola
elementare
,
la
palestra
,
il
cinematografo
,
un
circolo
culturale
ricreativo
,
l
'
ambulatorio
,
la
chiesa
,
due
giardini
destinati
al
gioco
dei
bimbi
,
attrezzature
sportive
ecc.
Le
biblioteche
Olivetti
sono
tre
,
la
tecnica
,
la
ricreativa
e
la
culturale
,
quest
'
ultima
soltanto
con
tredicimila
volumi
;
schedari
modernissimi
,
bollettini
bibliografici
,
conferenze
divulgative
,
scaffali
delle
novità
.
Senza
parlare
degli
spettacoli
teatrali
,
delle
mostre
d
'
arte
.
Chi
vuol
salvarsi
l
'
anima
in
un
ambiente
siffatto
ha
tutte
le
occasioni
e
í
mezzi
per
farlo
.
Gl
'
intellettuali
della
Olivetti
lo
dicono
esplicitamente
:
«
Portare
un
operaio
da
Salgari
a
Tolstoi
equivale
in
realtà
a
salvare
un
'
anima
»
.
Si
bada
a
tutto
e
a
tutti
i
bisogni
e
persino
capricci
.
I
francobolli
dei
paesi
forestieri
sulle
lettere
che
affluiscono
ogni
giorno
a
centinaia
da
ogni
parte
del
mondo
alla
centrale
di
Ivrea
sono
messi
a
disposizione
del
centro
filatelico
e
praticamente
dei
collezionisti
.
Ci
sono
poi
le
scuole
Olivetti
per
sollecitare
,
scoprire
,
avviare
,
formare
i
nuovi
tecnici
,
per
«
inventare
gli
uomini
»
,
come
ama
dire
Adriano
,
prendendoli
un
po
'
dappertutto
,
nella
fabbrica
e
fuori
,
e
c
'
è
l
'
assistenza
alle
madri
e
ai
bambini
,
ci
sono
i
prestiti
senza
interesse
,
le
sovvenzioni
gratuite
e
tutto
il
resto
.
Ma
se
,
malgrado
tanti
sforzi
,
malgrado
che
si
chiamino
a
raccolta
ad
Ivrea
poeti
pitagorici
dall
'
Italia
meridionale
e
pittori
neorealisti
da
Roma
,
e
astrattisti
da
Milano
e
seguaci
intransigenti
dell
'
architettura
organica
e
tecnici
di
urbanistica
dell
'
avvenire
,
e
sociologi
,
se
malgrado
tutto
ciò
,
il
riscatto
della
materia
,
della
macchina
da
parte
dello
spirito
rimane
imperfetto
,
e
nella
misura
in
cui
rimane
imperfetto
,
quel
sentimento
di
colpa
si
rifà
vivo
in
un
uomo
con
una
sì
forte
carica
morale
e
religiosa
come
Adriano
Olivetti
,
che
fare
allora
!
La
Olivetti
è
la
più
grande
fabbrica
europea
di
macchine
per
scrivere
od
affini
.
Produce
attualmente
quasi
duecentomila
macchine
in
un
anno
e
il
settanta
per
cento
di
esse
è
destinato
all
'
esportazione
.
Più
di
cinquemila
sono
i
dipendenti
,
di
cui
un
migliaio
tra
impiegati
e
tecnici
di
concetto
.
Ma
i
profitti
dell
'
impresa
non
vanno
tutti
a
ingrossare
il
conto
personale
di
Adriano
Olivetti
.
Solo
un
decimo
dell
'
azienda
gli
appartiene
.
Camillo
Olivetti
ebbe
sei
figli
,
tre
maschi
e
tre
femmine
,
e
ad
essi
,
morendo
,
lasciò
il
sessanta
per
cento
delle
azioni
della
società
,
diviso
in
parti
uguali
.
L
'
altro
quaranta
per
cento
è
posseduto
da
duecento
azionisti
.
Ma
anche
quel
decimo
dei
profitti
che
finisce
in
tasca
di
Adriano
Olivetti
ne
esce
quasi
subito
e
quasi
tutto
per
tenere
in
vita
il
movimento
di
Comunità
,
la
rivista
«
Comunità
»
,
le
edizioni
di
Comunità
,
per
creare
nuovi
centri
comunitari
,
oltre
a
quelli
che
già
esistono
nel
Canavese
,
a
Roma
,
a
Napoli
,
centri
di
attività
spontanea
ma
svolta
in
comune
per
smentire
l
'
accusa
più
grave
che
si
fa
al
tempo
nostro
,
di
non
saper
conciliare
le
esigenze
della
vita
individuale
con
quelle
della
vita
collettiva
.
Così
corre
di
qua
e
di
là
questo
curioso
missionario
,
questo
curioso
presidente
e
amministratore
delegato
di
una
delle
più
grandi
industrie
europee
,
con
un
piede
nell
'
impossibile
e
un
altro
nella
più
rigorosa
realtà
.
Olivetti
corre
,
da
presidente
dell
'
Istituto
italiano
di
urbanistica
,
a
Matera
per
dare
agli
sbalorditi
cavernicoli
di
quella
città
abitazioni
razionali
,
costruite
cioè
secondo
il
loro
paesaggio
e
il
loro
lavoro
;
corre
,
da
democratico
per
la
vita
e
per
la
morte
,
a
Roma
per
intendersi
con
gli
amici
politici
,
per
consigliare
,
per
incoraggiare
,
per
sovvenzionare
nella
lotta
per
la
vita
e
per
la
morte
che
la
democrazia
conduce
in
questi
giorni
;
corre
,
da
innamorato
filosofico
del
Sud
e
del
mare
,
a
Napoli
e
a
Sorrento
per
scoprirvi
l
'
armonia
degli
antichi
.
L
'
unico
posto
dove
lo
si
vede
poco
è
alla
Confindustria
.
Vi
fa
parte
perché
non
può
farne
a
meno
,
ma
non
ne
condivide
gli
indirizzi
generali
e
meno
che
mai
la
politica
.
Del
resto
se
la
fa
pochissimo
con
gli
altri
grandi
industriali
del
Nord
,
e
molti
di
essi
li
ha
conosciuti
di
persona
soltanto
in
occasione
del
recente
congresso
di
New
York
al
quale
convennero
i
rappresentanti
più
cospicui
dell
'
industria
europea
.
Nei
quadri
della
nostra
industria
è
l
'
uomo
che
sta
più
a
sinistra
o
che
più
detesta
le
formazioni
di
destra
.
Vede
piuttosto
nero
nell
'
avvenire
,
non
perché
ci
siano
troppi
fascisti
nel
Sud
ma
perché
essi
trovano
tanto
conforto
nel
Nord
.
Nel
Nord
credono
di
essere
furbi
confortando
all
'
uso
antico
i
fascisti
del
Sud
.
Sono
invece
ciechi
e
sciocchi
.
Insidiano
la
democrazia
.
«
Non
si
rendono
conto
che
il
salvataggio
della
democrazia
è
l
'
unica
via
di
progresso
,
e
diciamo
pure
,
di
conservazione
di
un
modo
di
vita
»
.