StampaQuotidiana ,
Nell
'
impubertà
,
avevo
due
spaventi
mitologici
:
quello
di
essere
sepolto
vivo
,
e
quello
di
essere
accusato
innocente
.
La
seconda
cosa
mi
è
tanto
accaduta
che
è
successo
l
'
incredibile
:
mi
ci
sono
abituato
.
Ora
sono
accusato
innocente
su
questioni
linguistiche
.
Per
fortuna
ho
un
alibi
,
come
si
dice
,
di
ferro
:
la
pubblicazione
delle
«
Nuove
questioni
linguistiche
»
per
intero
,
sulla
rivista
«
Rinascita
»
(
sabato
26
dicembre
1964
)
.
Del
resto
ho
anche
testimoni
che
mi
hanno
sentito
elogiare
con
fermezza
il
sublime
riassuntino
di
quella
mia
conferenza
,
sul
«
Corriere
della
Sera
»
.
Enrico
Emanuelli
-
che
,
dalle
colonne
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
mi
«
accusa
innocente
»
-
poteva
fidarsi
più
di
quel
sublime
riassuntino
che
dell
'
intervista
sul
«
Giorno
»
nel
corso
della
quale
,
con
impeto
e
toni
colloquiali
,
ho
sfiorato
tanti
altri
problemi
oltre
a
quelli
linguistici
.
Lo
stesso
Arbasino
,
quel
caro
pazzo
,
mi
ha
capito
male
.
Sì
,
capito
male
,
capito
male
:
proprio
come
un
ascoltatore
che
ascolta
un
conferenziere
noioso
.
(
Ma
se
avesse
dato
un
'
occhiata
ai
testi
di
Marx
e
Lenin
almeno
una
volta
nella
sua
vita
,
forse
mi
avrebbe
capito
meglio
:
non
sarebbe
ora
che
Arbasino
citasse
almeno
un
pezzettino
di
Marx
?
Magari
anche
quello
del
centro
-
sinistra
,
non
chiedo
molto
.
Manca
a
Arbasino
la
«
dimensione
classista
»
del
mondo
,
e
questo
infatti
appiattisce
il
suo
ultimo
libro
«
Certi
romanzi
»
fino
a
renderlo
una
specie
di
centone
medioevale
:
in
cui
tutti
trovano
posto
,
isofoni
,
isoglotti
,
isocefali
nella
grande
piramide
gerarchica
dei
valori
di
un
solo
mondo
:
quello
della
borghesia
.
)
Io
,
nella
mia
conferenza
,
avevo
,
certo
scoperto
un
uovo
di
Colombo
:
lo
ammetto
.
Ma
non
ammetto
,
con
Emanuelli
,
che
quest
'
uovo
di
Colombo
sia
stato
scoperto
prima
.
Egli
cita
la
mia
amica
,
e
cara
amica
,
la
Corti
.
Ma
quello
che
dice
la
Corti
a
proposito
della
possibile
e
in
parte
attuata
nazionalizzazione
della
lingua
italiana
-
e
che
Emanuelli
cita
a
distruzione
di
ogni
mia
novità
-
io
l
'
avevo
già
detto
e
scritto
(
certo
con
minor
competenza
)
cinque
o
sei
anni
fa
!
Tutti
allora
-
e
anche
prima
-
in
piena
cultura
neorealistica
e
impegnata
,
credevamo
che
la
nazionalizzazione
dell
'
italiano
sarebbe
avvenuta
attraverso
quella
cultura
,
e
lungo
la
lenta
e
sicura
via
nazional
-
burocratica
,
con
Roma
capitale
televisiva
d
'
Italia
!
C
'
è
stato
un
momento
di
ottimismo
,
in
quegli
anni
,
che
ora
arriva
con
un
certo
ritardo
nelle
Università
:
l
'
ottimismo
dell
'
impegno
,
della
scoperta
della
«
vera
»
Italia
,
la
floridezza
letteraria
e
cinematografica
,
il
Terzo
Programma
ecc.
ecc.
Spero
molto
che
la
Corti
-
e
gli
altri
filologi
che
Emanuelli
dice
al
lavoro
per
smentirmi
-
prendano
in
esame
il
reale
documento
del
mio
atto
battesimale
dell
'
«
italiano
nazionale
»
e
non
si
accontentino
di
referti
(
come
quello
veramente
celestiale
di
una
certa
Berlinzoni
o
Berlinghieri
del
«
Paese
-
Sera
»
,
in
cui
risulta
che
io
«
auspico
»
-
sic
-
una
nuova
lingua
)
.
Ma
il
lettore
ha
diritto
di
sapere
meglio
come
stanno
le
cose
.
Non
ho
la
sublime
capacità
sinottica
del
cronista
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
ma
proverò
a
riassumere
la
mia
conferenza
.
L
'
italiano
medio
non
è
una
lingua
«
nazionale
»
,
ma
è
sempre
stato
,
finora
,
la
lingua
della
borghesia
italiana
.
Essa
l
'
ha
formato
«
adattando
»
alla
vita
statale
una
lingua
puramente
letteraria
.
Ora
la
borghesia
italiana
è
sempre
stata
una
classe
«
dominante
»
retrograda
(
tanto
è
vero
che
ha
dato
il
fascismo
)
:
non
ha
mai
saputo
«
identificarsi
»
con
l
'
intera
nazione
.
Quindi
il
suo
potere
,
la
sua
cultura
e
la
sua
lingua
(
che
sono
una
cosa
sola
)
non
si
sono
mai
identificati
con
l
'
Italia
.
In
Francia
,
per
esempio
,
ci
sono
stati
due
momenti
realmente
«
egemonici
»
(
unità
di
potere
politico
,
cultura
e
lingua
)
:
la
monarchia
e
la
borghesia
rivoluzionaria
e
industrializzatrice
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
realmente
nazionale
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
profondamente
«
comunicativa
»
.
Dopo
il
fascismo
,
l
'
italiano
ha
risentito
una
prima
ondata
di
democraticità
.
La
Resistenza
è
stata
un
moto
popolare
:
ed
è
stata
l
'
Italia
popolare
,
dialettale
,
periferica
che
è
entrata
in
scena
.
Il
cinema
e
la
letteratura
se
ne
sono
impadroniti
:
ed
è
cominciata
quella
cultura
neorealistica
e
ottimistica
che
dicevo
prima
.
Essa
era
certa
di
una
lenta
modifica
della
lingua
italiana
attraverso
mezzi
puramente
culturali
e
letterari
:
era
certa
dell
'
unificazione
della
lingua
attraverso
un
democratico
arricchimento
linguistico
,
ottenuto
con
contributi
paritetici
da
tutti
i
livelli
culturali
,
religiosi
e
classisti
.
Pia
illusione
(
che
ora
si
perpetua
nelle
Università
)
.
Con
il
«
boom
»
le
cose
sono
violentemente
cambiate
.
Alla
vecchia
borghesia
italiana
paleocapitalistica
e
priva
di
ogni
tradizione
rivoluzionaria
,
si
è
sostituita
di
colpo
(
al
seguito
di
un
generale
avanzamento
del
capitalismo
europeo
in
questo
senso
)
una
nuova
borghesia
che
,
almeno
in
nuce
,
è
neocapitalistica
e
tecnocratica
.
L
'
Italia
del
Nord
si
è
posta
a
livello
decisamente
europeo
:
è
entrata
in
una
fase
di
completa
industrializzazione
,
e
ne
sono
nati
problemi
completamente
nuovi
per
l
'
Italia
.
Col
Sud
(
l
'
arcaico
Sud
,
partecipe
anche
esso
nel
dopoguerra
all
'
integrazione
dialettale
)
si
è
instaurato
un
rapporto
,
che
anziché
colonialistico
è
...
neocolonialistico
.
La
nuova
borghesia
delle
città
del
Nord
non
è
più
la
vecchia
classe
dominante
che
ha
imposto
stupidamente
dall
'
alto
l
'
unificazione
politica
,
culturale
e
linguistica
dell
'
Italia
:
ma
è
una
nuova
classe
dominante
il
cui
reale
potere
economico
le
consente
realmente
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
di
porsi
come
egemonica
.
E
quindi
irradiatrice
,
simultaneamente
,
di
potere
,
di
cultura
e
di
lingua
.
Un
esame
attento
dei
vari
sottolinguaggi
che
formano
una
lingua
,
dimostra
che
l
'
italiano
sta
infatti
subendo
una
profonda
modificazione
(
anche
se
non
siamo
che
ai
primi
vagiti
di
un
neonato
)
:
ossia
:
essendo
una
lingua
fondamentalmente
letteraria
,
l
'
italiano
è
sempre
stato
nella
sua
storia
«
conservatore
»
e
«
espressivo
»
.
Ogni
volta
che
succedeva
qualcosa
nella
società
o
nella
cultura
italiana
che
modificasse
la
lingua
,
le
nuove
stratificazioni
linguistiche
così
nate
venivano
«
ammassate
»
con
le
precedenti
,
conservate
,
e
usate
poi
in
funzione
espressiva
.
Ecco
perché
l
'
italiano
è
tanto
più
ricco
di
«
forme
»
di
ogni
altra
lingua
.
Ma
ora
succede
che
un
nuovo
«
spirito
»
(
a
sostituzione
dunque
di
quello
letterario
umanistico
)
investe
dal
profondo
la
nostra
lingua
.
È
lo
spirito
della
nuova
classe
egemonica
tecnocratica
:
lo
spirito
tecnico
.
Esso
tende
a
rendere
la
lingua
«
moderna
»
(
a
far
cadere
cioè
le
forme
e
le
stratificazioni
concorrenti
,
a
«
omologare
»
le
varietà
)
e
«
comunicativa
»
.
È
un
fenomeno
che
succede
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
anche
se
ancora
timidamente
,
perché
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
si
può
parlare
di
una
classe
egemonica
(
in
cui
il
tecnico
parla
come
il
tecnocrate
,
e
le
aziende
sostituiscono
i
monasteri
,
i
municipi
,
le
corti
e
le
università
come
centri
elaboratori
di
lingua
)
.
In
tutto
questo
non
c
'
è
nulla
di
anormale
:
è
così
-
e
non
nel
modo
previsto
ovviamente
alcuni
anni
fa
-
che
l
'
Italia
tende
a
diventare
una
nazione
moderna
ed
europea
.
E
mentre
l
'
avvento
della
tecnologia
e
del
suo
linguaggio
brutalmente
funzionale
,
nelle
altre
nazioni
avanzate
,
non
è
che
una
evoluzione
,
in
Italia
è
invece
una
«
rivoluzione
»
linguistica
:
«
perché
l
'
avvento
della
tecnologia
e
la
costituzione
di
una
classe
potenzialmente
egemonica
coincidono
»
.
Come
il
lettore
vede
bene
,
queste
non
sono
che
constatazioni
.
E
può
darsi
che
siano
constatazioni
sbagliate
(
schematiche
certamente
,
in
questo
riassuntino
)
:
e
allora
si
polemizzi
contro
le
mie
constatazioni
,
non
mi
si
«
accusi
innocente
»
di
desiderare
i
fenomeni
che
constato
.
Perché
al
contrario
-
umanista
elegiaco
come
sono
-
,
io
trovo
orrendo
un
futuro
tecnologico
:
ma
non
posso
nemmeno
,
però
,
fare
come
gli
struzzi
:
cioè
chiudere
gli
occhi
davanti
a
questa
realtà
.
Il
futuro
non
si
configura
come
una
lotta
tra
«
comunicatività
»
ed
«
espressività
»
:
ma
come
?
in
che
termini
?
con
che
mezzi
?
È
questa
la
serie
di
problemi
che
dobbiamo
affrontare
,
altro
che
tirar
fuori
Cattaneo
,
come
fa
Emanuelli
,
o
Dossi
,
come
fa
Arbasino
.
Essi
credono
che
la
letteratura
conti
qualcosa
,
come
se
non
sapessero
che
infine
non
ha
mai
contato
se
non
come
guida
spirituale
,
o
pretesto
,
o
paradigma
di
libertà
interiore
(
che
è
molto
,
molto
:
ma
non
è
nulla
contro
il
fatale
costituirsi
ed
evolversi
di
una
società
)
:
e
meno
ancora
conterà
nel
futuro
,
quando
l
'
industria
culturale
farà
ciò
che
vorrà
della
letteratura
(
e
già
comincia
:
dei
brutti
romanzi
sono
lanciati
come
prodotti
e
fatti
passare
come
prodotti
autentici
)
.
Quando
io
parlo
di
spostamento
linguistico
dall
'
asse
Roma
-
Firenze
all
'
asse
Torino
-
Milano
,
ne
parlo
con
dolore
.
Perché
non
si
tratta
di
recuperare
tradizioni
regionali
(
che
Dio
sa
quanto
io
amo
)
,
ma
si
tratta
di
stabilire
una
nuova
configurazione
dello
spirito
nazionale
italiano
.
Insomma
,
il
mito
della
tecnologia
,
l
'
hanno
le
avanguardie
.
Non
io
.
Sono
loro
che
da
qualche
anno
hanno
cominciato
a
mimare
il
«
parlato
»
dell
'
«
homo
technologicus
»
.
Pazzi
.
Lo
sanno
che
il
loro
mito
tecnologico
è
la
loro
distruzione
.
Ma
vogliono
distruggere
ed
essere
distrutti
.
Questa
è
la
situazione
pura
dell
'
ideologia
ideologica
delle
avanguardie
.
E
questo
loro
inserimento
in
un
momento
«
distruttivo
e
autodistruttivo
»
,
in
un
momento
«
zero
»
,
è
la
loro
autenticità
,
oggi
.
Sono
infatti
inattaccabili
:
e
ricordi
Emanuelli
la
penosa
tavola
rotonda
cui
egli
ha
partecipato
all
'
«
Espresso
»
.
La
realtà
è
che
un
borghese
non
può
attaccarli
,
se
non
identificandoli
con
certi
movimenti
d
'
avanguardia
del
passato
,
e
così
rimuovendoli
.
Una
nuova
mano
di
nero
sulla
coscienza
.
Quanto
a
me
,
ripeto
,
sono
in
piena
ricerca
.
Non
rinnego
affatto
il
mio
lavoro
degli
Anni
Cinquanta
,
e
non
accetto
le
critiche
moralistiche
che
in
nome
del
«
marxista
perfetto
»
mi
muovevano
gli
stalinisti
di
allora
.
Sento
tuttavia
superata
,
oggi
,
quell
'
operazione
di
scavo
in
materiali
sub
-
linguistici
che
è
stata
poi
l
'
operazione
principe
della
letteratura
impegnata
.
Occorrono
evidentemente
altri
strumenti
conoscitivi
:
ma
quali
?
Nell
'
intervista
citata
da
Emanuelli
parlavo
con
Barberis
,
l
'
intervistatore
,
del
linguaggio
tecnologico
come
allettante
,
è
vero
:
ma
semplicemente
in
questo
senso
.
Ho
in
mente
un
«
remake
»
dell
'
Inferno
dantesco
.
Si
tratta
di
un
'
opera
pamphlettistica
,
e
quindi
ironica
in
più
direzioni
:
e
,
siccome
del
Paradiso
in
costruzione
,
esistono
due
progetti
,
uno
marxista
e
uno
neocapitalistico
,
pensavo
di
esporre
il
progetto
neocapitalistico
in
una
lingua
italiana
futura
:
puramente
comunicativa
,
col
suo
principio
unificatore
e
omologatore
tecnologico
.
Tutto
qui
.
È
poco
,
lo
so
.
Siamo
ancora
a
Charlot
che
porta
l
'
antico
uomo
«
umano
»
dentro
la
fabbrica
disumana
.
Ma
finché
-
invece
di
collaborare
insieme
a
«
capire
»
il
nostro
futuro
-
ci
rinchiuderemo
nelle
nostre
competenze
coi
nostri
Cattaneo
o
i
nostri
Dossi
,
non
saremo
capaci
di
immaginare
altro
che
sotto
il
segno
di
un
umanesimo
con
la
bombetta
e
con
le
pezze
sul
sedere
.