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> anno_i:[1940 TO 1970} > autore_s:"Grazzini Giovanni" > categoria_s:"StampaQuotidiana"
L'ape regina di Marco Ferreri ( Grazzini Giovanni , 1963 )
StampaQuotidiana ,
L ' ape regina è un curioso film , nato dall ' impasto fra il cattolicesimo inquieto di Goffredo Parise ( del quale è l ' idea , e che con il regista e Azcona ha collaborato alla sceneggiatura ) e l ' impegno cronachistico e ironico di un discepolo del realismo , che ama esercitare il proprio gusto deformante sull ' ambiente della media borghesia . Ambedue sembrano voler individuare certi punti deboli del costume contemporaneo , in ogni caso riferibili a una carenza di libera disponibilità umana per la pressione che sugli istituti e gli individui esercitano la tradizione e il conformismo ; ma poiché i loro interessi sono di natura assai diversa , Parise assumendo la « denuncia » in un clima di poetica amarezza , Ferreri soprattutto divertendosi nel guardare , riferire e ingigantire con un sorrisetto sardonico a mezza bocca , il film non raggiunge quell ' unità morale ed estetica cui certamente mirava , e che peraltro si deve dire altri vi trovano , tanto è vero che L ' ape regina è uno dei film invitati a rappresentare l ' Italia al prossimo Festival di Cannes : con tanti auguri . Il film è gradevole , per la comicità delle situazioni , il sarcasmo con cui descrive una famiglia clericale romana , tutta fatta di donne ( l ' unico uomo è un mezzo epilettico ; ce n ' è un altro , l ' attore Majeroni , ma è truccato da zia ) , imparentata con un parroco , amica di frati e di suore , per la pittura di un ambiente bigotto in cui viene a trovarsi Alfonsino , un commerciante sui 40 anni che sposa Regina , il casto fiore che la famiglia ha allevato nella devozione e nel rispetto per i principi cattolici . È indubbiamente divertente per i rapidi sviluppi della vicenda , che vede Alfonsino trascinato alla tomba dall ' insaziabile mogliettina , la quale , ovunque e in ogni momento , lo prende d ' assalto perché assolva i propri doveri coniugali , e si frena soltanto quando il fuco Alfonsino l ' ha fecondata , e allora , considerando esaurita la funzione matrimoniale , lo lascia in un canto , dove il poverino , esausto , si spegne alla vigilia della nascita del bambino . Gradevole e divertente , ripetiamo : non molto di più . Non quella chiara polemica contro l ' istituto matrimoniale cattolico , giudicato arcaico , che il film forse si riprometteva , e che la censura credette di trovarvi , né un ' accigliata presa di posizione contro la morale sessuale corrente . In Regina , così come ce la dipinge il film , noi non abbiamo trovato i segni d ' una morale cattolica tinta di Medioevo : il fatto che , concepito il suo bambino , non abbia più tanta voglia di dormire col marito , appartiene a un quadro psicologico femminile in cui il cattolicesimo c ' entra poco . E che poi releghi Alfonsino in una cameretta non è un gran delitto di ipocrisia da imputare soltanto alle ex - figlie di Maria . Vogliamo dire che la morale moderna e laica del film è un po ' tirata per i capelli . Più efficace , sebbene un po ' ovvia , è la lezione che se ne ritrae sulla tendenza di certe donne a inghiottire il marito , e a sostituirvisi anche negli affari : ma su ciò gli esempi più clamorosi vengono ancora dalla civiltà americana . È la sorte , questa di voler dire troppo , di ogni pellicola che forza la mano a ogni regista che sopravvaluti la propria vocazione narrativa , che in Ferreri è autentica , e che raggiunge i propri effetti migliori nel descrivere gli ambienti , nel tratteggiare ritratti , nel riprodurre la realtà forzandola fino al paradosso , anziché nel penetrarne le ragioni storiche e nel trarne originali conclusioni sul terreno della critica di costume . Dibattuto , reduce dalla Spagna in cui per El pisito e Los chicos ebbe altri guai con la censura , fra il desiderio di affrontare temi coraggiosi , moderni , come appunto il matrimonio nella società contemporanea , e la necessità di seguire il proprio temperamento di colorista incline al grottesco , Ferreri ci ha dato un film in cui la sua maturità di artista , cresciuta su un innesto fra Zavattini e Berlanga , e ormai avviata dopo El cochecito su un autonomo cammino di umorista derisorio , ha di gran lunga la meglio , per fortuna , sul fustigatore , lievemente snobistico , dei costumi contemporanei . Egli vuole offrire un ritratto critico della società , ma la sua indole lo porta al di là della satira , in una zona assurda e rarefatta in cui può cogliere frutti più sostanziosi . Marina Vlady , l ' ape che consuma il suo maschio , è molto bella e recita con duttilità ; Ugo Tognazzi , in sordina , fa benissimo la parte un po ' grigia dell ' uomo medio che ha rinnegato il suo passato di ganimede per avviarsi alla vecchiaia al fianco di una moglie affettuosa , e si trova invece vittima di un matriarcato soffocante . Al loro fianco , assai scialbo , Riccardo Fellini , fratello di Federico , che si prepara a sua volta alla regia , e qualche buon caratterista .