StampaPeriodica ,
Nomadelfia
,
febbraio
-
Don
Zeno
ricevette
la
lettera
di
monsignor
Borgongini
Duca
con
l
'
invito
di
recarsi
al
Santo
Uffizio
i13
febbraio
,
mentre
si
trovava
a
Nomadelfia
in
provincia
di
Grosseto
.
Era
già
qualche
tempo
che
aspettava
un
invito
del
genere
.
Non
sapeva
che
cosa
si
nascondesse
dietro
le
parole
del
nunzio
apostolico
che
lo
chiamavano
a
Roma
,
ma
già
dall
'
autunno
scorso
sentiva
che
qualche
cosa
di
nuovo
stava
per
accadere
.
La
vita
di
Nomadelfia
,
nonostante
le
difficoltà
e
i
numerosi
debiti
,
si
avviava
sulla
strada
buona
.
Il
numero
degli
amici
e
dei
protettori
grandi
e
piccoli
era
in
aumento
.
Giusto
in
quei
giorni
,
a
Milano
un
gruppo
di
industriali
aveva
regalato
a
Nomadelfia
un
frantoio
e
un
camion
,
e
sembrava
che
il
governo
stesse
prendendo
la
decisione
di
pagare
i
cento
milioni
circa
che
,
per
la
legge
sull
'
assistenza
,
doveva
alla
città
dei
Piccoli
Apostoli
.
E
tuttavia
,
anzi
,
proprio
perché
le
prospettive
per
il
1952
si
annunciavano
migliori
,
don
Zeno
non
era
tranquillo
.
Il
Papa
l
'
aveva
ricevuto
,
aveva
parlato
a
lungo
con
lui
e
prima
di
congedarlo
l
'
aveva
abbracciato
dicendogli
:
«
Don
Zeno
,
faccia
,
continui
a
fare
e
faccia
presto
»
.
Queste
parole
e
la
commozione
che
aveva
visto
sul
viso
di
Pio
XII
dovevano
essere
una
garanzia
;
e
tuttavia
don
Zeno
,
anche
ripensando
a
questo
incontro
,
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
di
un
riconoscimento
,
non
era
capace
di
pensare
all
'
avvenire
della
sua
città
evangelica
con
ottimismo
.
Per
sentirsi
sereno
doveva
stare
in
mezzo
ai
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
e
di
Grosseto
,
vedere
i
grandi
che
lavoravano
nei
campi
o
nei
laboratori
e
i
piccoli
che
giocavano
al
gioco
di
padre
Girolamo
nelle
strade
dal
fondo
sconnesso
del
villaggio
.
I
Piccoli
Apostoli
dimostravano
di
avere
più
fede
di
lui
.
Il
5
febbraio
don
Zeno
andò
a
Roma
in
automobile
.
Indossava
la
solita
tonaca
di
tutti
i
giorni
un
po
'
lisa
e
impataccata
dalla
quale
spuntavano
il
collo
e
i
polsi
di
un
maglione
azzurro
,
salì
in
fretta
le
scale
del
Santo
Uffizio
.
Borgongini
Duca
lo
ricevette
subito
;
lo
guardò
,
accennò
a
parlare
,
ma
non
disse
nulla
e
subito
infilò
una
mano
nella
veste
traendone
un
foglio
ripiegato
.
Il
nunzio
apostolico
avrebbe
voluto
preparare
il
visitatore
alla
notizia
;
ma
don
Zeno
lo
stava
guardando
fissamente
col
capo
leggermente
curvo
e
sembrava
gli
avesse
già
letto
dentro
.
«
Con
lei
»
disse
il
nunzio
«
sono
inutili
i
preamboli
»
.
E
gli
consegnò
il
foglio
sul
quale
era
scritta
la
decisione
con
la
quale
il
Santo
Uffizio
ordinava
a
don
Zeno
di
allontanarsi
da
Nomadelfia
e
di
mettersi
a
disposizione
del
suo
vescovo
.
«
Anche
io
»
disse
don
Zeno
dopo
aver
letto
«
non
voglio
farle
perdere
tempo
in
discussioni
»
.
Prese
il
foglio
,
lo
appoggiò
a
una
mensola
e
restando
in
piedi
scrisse
,
sotto
la
firma
del
cardinale
Pizzardo
,
segretario
del
Santo
Uffizio
,
queste
parole
:
«
Eminenza
,
ringrazio
il
Signore
che
mi
fa
il
dono
di
compiere
un
atto
di
obbedienza
.
Obbedisco
in
Corde
lesti
.
Mi
prostro
al
bacio
del
S
.
Anello
.
Dev.mo
sac
.
Zeno
Saltini
»
.
Poi
restituì
il
foglio
al
nunzio
.
Allora
Borgongini
Duca
si
mise
a
piangere
e
l
'
abbracciò
.
Poi
disse
:
«
Voglio
che
lei
sappia
che
il
mio
pensiero
non
coincide
con
quello
del
Santo
Uffizio
»
.
Don
Zeno
ripartì
subito
da
Roma
.
Guidava
la
macchina
un
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
,
un
giovane
di
circa
venti
anni
,
e
don
Zeno
gli
sedeva
accanto
in
silenzio
mentre
í
suoi
occhi
fissavano
,
oltre
il
vetro
,
il
nastro
della
strada
.
Per
quanto
si
sforzasse
di
aguzzare
lo
sguardo
,
ogni
tanto
il
fondo
della
strada
si
confondeva
come
in
una
nebbia
e
lui
era
costretto
a
strofinarsi
le
palpebre
con
la
mano
per
schiarirsi
la
vista
.
Più
di
una
volta
le
lacrime
gli
scivolarono
lungo
le
guance
fermandosi
fra
i
peli
grigi
della
barba
mal
fatta
.
Azio
,
è
questo
il
nome
del
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
che
guida
le
automobili
di
Nomadelfia
e
che
quel
giorno
riportava
don
Zeno
da
Roma
,
si
voltava
a
guardare
il
sacerdote
,
ma
non
aveva
il
coraggio
di
chiedergli
nulla
.
Gli
dava
un
'
occhiata
timorosa
e
poi
tornava
a
guardare
davanti
a
sé
perché
c
'
era
il
ghiaccio
sulla
strada
ed
era
pericoloso
distrarsi
.
Quando
la
macchina
cominciò
a
scalare
le
rampe
della
Futa
,
don
Zeno
disse
ad
Azio
di
fermarsi
.
L
'
automobile
si
arrestò
lentamente
sul
margine
della
strada
in
un
punto
da
cui
si
vedeva
in
basso
la
vallata
del
Mugello
che
cominciava
a
velarsi
di
nebbia
.
Era
sera
;
qua
e
là
brillavano
i
lumi
delle
case
sparse
nella
campagna
.
Don
Zeno
guardò
fuori
del
finestrino
,
poi
disse
:
«
Non
volevo
parlare
;
ma
è
inutile
,
tanto
lo
dovete
sapere
»
.
Poi
raccontò
brevemente
al
ragazzo
quello
che
era
successo
.
Azio
piegò
il
viso
sul
volante
e
non
disse
nulla
.
Così
rimasero
qualche
minuto
in
silenzio
.
«
È
un
abbraccio
della
Chiesa
»
disse
poi
Azio
.
Con
questo
voleva
far
capire
al
suo
maestro
di
avere
bene
imparato
la
massima
dell
'
ubbidienza
che
sta
alla
base
della
Chiesa
e
della
comunità
di
Nomadelfia
.
«
Non
cambierà
nulla
»
aggiunse
.
Infatti
la
decisione
del
Santo
Uffizio
non
poteva
in
alcun
modo
cambiare
la
strada
della
loro
città
.
Nomadelfia
è
una
libera
comunità
di
laici
e
non
un
orfanotrofio
;
non
è
un
ente
morale
soggetto
alla
legislazione
della
Chiesa
.
I
suoi
membri
anziani
sono
liberi
di
restare
o
di
andarsene
.
Sono
loro
che
hanno
il
governo
della
città
e
don
Zeno
,
che
l
'
aveva
fondata
e
diretta
per
quasi
venti
anni
,
formalmente
,
negli
ultimi
tempi
,
era
soltanto
un
consigliere
.
Azio
era
commosso
ma
quando
avviò
il
motore
della
macchina
i
suoi
movimenti
non
rivelarono
traccia
d
'
impazienza
.
Guardandolo
don
Zeno
non
poté
frenare
un
moto
d
'
orgoglio
.
Il
Piccolo
Apostolo
aveva
imparato
bene
anche
l
'
altra
massima
fondamentale
del
cristianesimo
e
di
Nomadelfia
:
quella
della
fede
.
Azio
guidava
la
macchina
sulle
difficili
curve
senza
uno
sbandamento
,
sicuro
come
sempre
.
Arrivarono
a
Fossoli
che
era
notte
.
Nomadelfia
dormiva
.
L
'
automobile
varcò
il
cancello
oggi
sempre
aperto
e
si
fermò
accanto
alla
prima
casa
della
città
.
Nomadelfia
a
Fossoli
è
interamente
ricostruita
sulla
pianta
del
vecchio
campo
di
concentramento
.
Al
posto
delle
baracche
che
avevano
soltanto
le
pareti
esterne
in
muratura
stanno
adesso
le
case
a
un
piano
il
cui
interno
è
diviso
in
camere
da
letto
,
cucine
,
stanze
di
soggiorno
.
Le
finestre
hanno
gli
infissi
,
i
vetri
,
e
in
alcuni
casi
le
tendine
e
i
vasi
di
fiori
sul
davanzale
.
Ogni
famiglia
ha
un
appartamento
per
suo
conto
e
la
coabitazione
,
tollerata
come
una
necessità
,
è
rara
.
Nell
'
ora
in
cui
don
Zeno
e
Azio
arrivavano
le
famiglie
dei
Piccoli
Apostoli
erano
quasi
tutte
a
dormire
.
A
una
finestra
brillava
un
lume
.
Don
Zeno
batté
a
quella
porta
.
Prima
di
lasciare
Nomadelfia
,
ubbidendo
agli
ordini
del
Santo
Uffizio
,
voleva
salutare
qualcuno
dei
suoi
amici
.
L
'
addio
fu
molto
breve
.
Azio
andò
a
battere
alla
porta
di
Dario
,
che
è
il
presidente
del
Consiglio
degli
anziani
cui
è
affidata
la
direzione
di
Nomadelfia
,
e
in
poco
tempo
,
intorno
a
don
Zeno
furono
riunite
sette
persone
,
quattro
uomini
e
tre
donne
,
quattro
Piccoli
Apostoli
babbi
e
tre
Piccoli
Apostoli
mamme
.
«
Cosa
dobbiamo
fare
?
»
chiesero
tutti
al
loro
protettore
.
Don
Zeno
rispose
che
loro
erano
liberi
.
«
La
vostra
legge
»
disse
«
è
diversa
dalla
mia
.
»
Essi
non
avevano
nessun
obbligo
davanti
al
Santo
Uffizio
;
e
intanto
per
cominciare
,
la
decisione
che
lo
aveva
colpito
non
li
riguardava
.
«
Io
non
posso
darvi
nessun
consiglio
»
disse
.
«
Qualunque
cosa
vi
dicessi
di
fare
potrebbe
essere
un
errore
.
Voi
avete
una
guida
che
è
assai
più
sicura
di
me
.
»
Quando
don
Zeno
lasciò
Nomadelfia
era
ancora
notte
.
L
'
automobile
percorse
la
strada
che
a
svolte
ampie
e
bene
asfaltate
porta
da
Carpi
a
Modena
.
Poi
imboccò
la
via
Emilia
diretta
verso
il
Nord
.
Il
decreto
che
allontana
don
Zeno
da
Nomadelfia
è
stato
preso
al
termine
di
una
discussione
che
ha
coinvolto
alcune
delle
maggiori
personalità
del
Vaticano
.
Monsignor
Montini
appoggiava
l
'
opera
di
don
Zeno
e
di
Nomadelfia
,
ma
infine
ha
prevalso
il
parere
dei
cardinali
Canali
e
Pizzardo
.
Quest
'
ultimo
è
il
segretario
del
Santo
Uffizio
,
da
cui
dipende
appunto
,
fra
l
'
altro
,
il
controllo
delle
istituzioni
e
delle
iniziative
che
costituiscono
una
novità
per
il
secolo
.
Come
novità
Nomadelfia
preoccupava
già
da
qualche
anno
gli
ambienti
vaticani
,
e
specialmente
il
cardinale
Pizzardo
giudicava
che
questa
città
evangelica
rasentasse
in
alcuni
punti
l
'
eresia
.
L
'
anno
scorso
il
cardinale
Pizzardo
aveva
avuto
una
spiegazione
personale
con
don
Zeno
.
Il
colloquio
fu
piuttosto
vivace
.
Erano
di
fronte
due
personalità
di
grande
carattere
che
interpretavano
il
significato
e
la
missione
della
Chiesa
in
maniera
contrastante
.
Da
un
lato
il
cardinale
Pizzardo
si
faceva
interprete
del
bisogno
che
ha
la
Chiesa
di
mantenere
la
sua
unità
in
un
momento
difficile
di
lotta
politica
;
dall
'
altra
parte
don
Zeno
,
pur
protestando
la
sua
fedeltà
alla
Chiesa
,
insisteva
sul
messaggio
di
carità
e
di
solidarietà
umana
del
Vangelo
.
Il
cardinale
Pizzardo
concludeva
le
sue
tesi
con
un
'
argomentazione
il
cui
significato
era
questo
.
La
miseria
e
il
male
sono
inerenti
dall
'
origine
alla
natura
umana
e
non
possono
essere
estirpati
nel
corso
della
vita
terrena
.
Ma
per
volontà
di
Dio
,
è
scesa
nel
mondo
la
grazia
,
cioè
la
possibilità
data
a
tutti
gli
uomini
,
umili
e
potenti
,
poveri
e
ricchi
,
di
salvarsi
.
Bisogna
avere
fede
.
Alla
fine
dei
secoli
tutti
i
torti
saranno
riparati
e
la
giustizia
divina
trionferà
sulla
malvagità
degli
uomini
.
Don
Zeno
ascoltò
attentamente
le
parole
del
cardinale
e
quando
questi
ebbe
finito
esclamò
:
«
Ma
lei
eminenza
è
un
luterano
!
»
.
Il
cardinale
Pizzardo
si
scandalizzò
.
Era
la
prima
volta
che
gli
capitava
di
essere
accusato
di
eresia
e
chiese
spiegazioni
.
«
Lei
è
un
luterano
»
insisté
don
Zeno
,
«
perché
,
con
quello
che
dice
,
viene
a
negare
il
valore
delle
opere
,
dando
ogni
potere
di
salvezza
alla
fede
,
E
questa
è
appunto
la
tesi
di
Martin
Lutero
.
»
«
Ma
cosa
vorrebbe
fare
lei
allora
?
»
chiese
arrabbiandosi
il
cardinale
.
«
Pretenderebbe
di
salvare
tutti
i
bambini
poveri
e
abbandonati
di
questo
mondo
?
Vorrebbe
andare
ad
aiutare
anche
quelli
che
sono
in
India
c
che
muoiono
di
fame
a
centinaia
di
migliaia
?
»
«
Io
no
»
rispose
prontamente
don
Zeno
.
«
Io
non
voglio
niente
.
Dipendesse
da
me
andrei
a
mangiarmi
una
pastasciutta
.
Ma
è
Gesù
che
lo
vuole
»
.
Dopo
questa
conversazione
non
ci
fu
dubbio
per
il
cardinale
Pizzardo
che
don
Zeno
fosse
un
eretico
.
Il
suo
pensiero
era
condiviso
da
altre
personalità
vaticane
.
Nomadelfia
non
contrastava
con
nessun
principio
delle
Sacre
Scritture
,
della
teologia
e
della
morale
cristiana
.
Ma
quel
modello
di
una
comunità
dove
tutto
è
di
tutti
e
dove
nessun
membro
si
può
dire
padrone
di
qualcosa
,
nemmeno
dei
suoi
abiti
,
impensieriva
alcuni
ambienti
della
Chiesa
.
Nomadelfia
era
un
esempio
,
un
invito
che
,
non
essendo
seguito
,
poteva
portare
a
fare
dei
confronti
.
C
'
era
poi
la
questione
della
famiglia
.
Le
famiglie
di
Nomadelfia
si
fondano
non
sul
vincolo
del
sangue
ma
su
quello
spirituale
dell
'
adozione
.
In
Nomadelfia
tutti
hanno
una
mamma
,
anche
quelli
che
non
hanno
mai
conosciuto
quella
naturale
,
e
questo
fatto
non
è
soltanto
una
novità
ma
anche
un
rimprovero
al
modo
ristretto
e
in
un
certo
senso
egoistico
nel
quale
è
concepita
la
famiglia
non
soltanto
dalla
legge
civile
ma
anche
dalla
Chiesa
.
Per
mettere
gli
uomini
su
un
piano
di
assoluta
uguaglianza
,
Nomadelfia
abolisce
anche
í
cognomi
.
Di
altro
genere
ma
altrettanto
gravi
erano
le
preoccupazioni
che
Nomadelfia
destava
nel
governo
e
nei
Comitati
civici
di
Gedda
.
I
rapporti
fra
don
Zeno
e
Scelba
erano
decisamente
pessimi
.
Il
ministro
e
il
sacerdote
si
erano
incontrati
tre
volte
,
e
í
loro
colloqui
non
erano
mai
stati
troppo
cordiali
;
c
'
erano
poi
due
episodi
che
avevano
esasperato
il
ministro
.
Uno
era
avvenuto
nel
'49
,
l
'
altro
l
'
anno
scorso
a
giugno
durante
le
elezioni
amministrative
.
Un
giorno
del
'49
don
Zeno
piombò
con
tutti
i
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
a
Modena
.
Non
avevano
da
mangiare
.
Invasero
la
piazza
della
prefettura
e
don
Zeno
salì
dal
prefetto
.
«
Se
non
mi
riceve
»
disse
al
segretario
che
protestava
,
«
faccio
un
segno
e
tutta
la
gente
che
è
in
piazza
entra
subito
nel
palazzo
.
»
Il
prefetto
voleva
chiamare
la
polizia
.
«
È
inutile
»
rispose
don
Zeno
.
«
Cosa
potrebbe
fare
?
Non
crederà
mica
che
gli
agenti
si
presterebbero
a
sparare
su
dei
ragazzi
?
Potrebbe
finire
male
.
Invece
lei
ha
una
via
molto
più
facile
.
Telefoni
subito
a
Scelba
e
gli
chieda
dieci
milioni
.
»
Scelba
quel
giorno
fu
costretto
a
cedere
.
«
Don
Zeno
»
disse
il
prefetto
alla
fine
del
colloquio
,
«
ho
fatto
il
questore
e
non
ho
mai
avuto
paura
di
nessuno
.
Ma
lei
stamane
mi
ha
fatto
cadere
il
sangue
nelle
scarpe
.
»
Alle
elezioni
amministrative
del
1951
Scelba
e
i
Comitati
civici
accusarono
un
colpo
forse
più
grave
.
Il
Consiglio
degli
anziani
di
Nomadelfia
decise
che
soltanto
gli
oratori
democristiani
avrebbero
avuto
il
permesso
di
parlare
nella
loro
città
.
Ma
sulle
schede
i
Piccoli
Apostoli
invece
di
segnare
la
lista
dello
scudo
crociato
scrissero
la
parola
amore
,
spiegando
che
,
siccome
nessuno
dei
partiti
rispecchiava
la
parola
di
Cristo
,
essi
si
astenevano
dal
voto
.
Un
gesto
del
genere
,
dato
in
una
zona
dove
i
socialcomunisti
hanno
circa
l
'
ottanta
per
cento
dei
suffragi
,
era
intollerabile
.
Per
Scelba
,
e
per
Gedda
,
Nomadelfia
non
era
soltanto
un
'
eresia
dal
punto
di
vista
religioso
ma
un
pericolo
dal
punto
di
vista
politico
.
Bisognava
correre
ai
ripari
.
Eliminato
don
Zeno
pensavano
che
la
comunità
sarebbe
stata
inquadrata
più
agevolmente
nella
legge
della
Chiesa
e
nelle
direttive
politiche
della
DC
e
dei
Comitati
civici
.
Scelba
conosceva
personalmente
don
Zeno
e
sapeva
che
non
era
uomo
da
piegarsi
.
Con
Gedda
don
Zeno
,
invece
,
non
s
'
è
mai
incontrato
.
L
'
ha
visto
la
prima
volta
in
un
film
documentario
in
cui
l
'
attuale
capo
dell
'
Azione
Cattolica
era
al
volante
di
un
trattore
regalato
dagli
americani
al
pontefice
,
in
un
podere
di
Castel
Gandolfo
.
Gedda
guidava
la
macchina
con
molta
decisione
in
mezzo
a
un
centinaio
di
persone
che
applaudivano
.
Il
viso
del
pilota
,
il
trattore
e
i
campi
evocavano
nella
memoria
del
sacerdote
un
passato
che
non
gli
era
mai
piaciuto
.
Nomadelfia
,
febbraio
.
Il
Piccolo
Apostolo
Dario
,
propatriarca
di
Nomadelfia
,
saputa
da
don
Zeno
la
decisione
del
Santo
Uffizio
,
aspettò
tre
giorni
prima
di
comunicarla
a
tutti
i
Piccoli
Apostoli
.
Ma
il
10
febbraio
,
di
domenica
,
apparve
il
testo
della
lettera
di
don
Zeno
pubblicata
dal
«
Corriere
della
Sera
»
,
e
quindi
non
fu
più
possibile
tacere
.
Allora
radunò
tutti
i
capifamiglia
nella
chiesa
e
spiegò
loro
quanto
era
successo
.
Mentre
i
Piccoli
Apostoli
,
babbi
e
mamme
,
parlavano
,
fuori
i
bambini
non
avevano
smesso
di
giocare
.
Loro
non
sapevano
niente
.
Un
gruppo
giocava
al
«
padre
Girolamo
»
,
proprio
accanto
al
muro
della
chiesa
dove
si
svolgeva
la
riunione
.
Il
«
padre
Girolamo
»
è
il
gioco
preferito
dai
ragazzi
di
Nomadelfia
ed
è
anche
il
più
economico
,
perché
non
richiede
che
una
striscia
di
stoffa
,
possibilmente
pesante
e
doppia
,
lunga
poco
più
di
mezzo
metro
,
che
ogni
ragazzo
si
può
procurare
in
famiglia
.
Impugnando
la
striscia
,
e
saltando
su
un
piede
solo
,
chi
fa
la
parte
del
padre
Girolamo
va
alla
caccia
dei
compagni
,
anch
'
essi
muniti
di
strisce
ma
che
possono
correre
su
tutti
e
due
i
piedi
.
Il
padre
Girolamo
,
finché
salta
su
un
piede
,
è
invulnerabile
,
e
intanto
può
menare
colpi
a
destra
e
a
sinistra
.
Chi
è
colpito
diventa
suo
prigioniero
.
Ma
se
,
nello
slancio
,
il
padre
Girolamo
posa
anche
l
'
altro
piede
a
terra
,
allora
può
essere
a
sua
volta
colpito
e
messo
fuori
gara
.
Il
muro
è
zona
neutra
,
e
finché
uno
ci
sta
attaccato
è
salvo
.
I
bambini
giocavano
ancora
al
«
padre
Girolamo
»
,
quando
i
Piccoli
Apostoli
babbi
e
mamme
uscirono
dalla
chiesa
commentando
la
decisione
del
Santo
Uffizio
.
Erano
addolorati
ma
non
mostravano
alcuna
preoccupazione
.
Guardarono
i
bambini
e
senza
bisogno
di
intendersi
decisero
di
lasciarli
giocare
senza
dir
loro
una
parola
.
Poi
tornarono
alle
loro
occupazioni
.
Erano
tutti
convinti
che
non
sarebbe
cambiato
niente
.
Anche
senza
il
loro
ex
patriarca
avrebbero
saputo
continuare
sulla
strada
intrapresa
.
La
strada
che
dovranno
percorrere
i
padri
salesiani
,
ai
quali
il
Santo
Uffizio
ha
affidato
la
direzione
di
Nomadelfia
,
è
invece
assai
più
difficile
.
Infatti
i
padri
stessi
non
sanno
cosa
dovranno
fare
.
Cosa
significa
direzione
,
nel
caso
della
città
evangelica
di
Nomadelfia
?
Don
Zeno
era
forse
il
direttore
di
un
istituto
di
beneficenza
che
può
essere
rimosso
dai
superiori
perché
la
sua
amministrazione
o
i
suoi
criteri
pedagogici
lasciano
a
desiderare
?
Probabilmente
gli
stessi
padri
salesiani
che
da
molti
anni
dirigono
orfanotrofi
e
altri
istituti
non
sanno
molto
bene
cosa
sia
Nomadelfia
.
Essi
potranno
entrare
nella
città
(
nessuno
dei
Piccoli
Apostoli
farà
opposizione
)
,
dire
Messa
nella
chiesa
,
fare
dottrina
,
dare
assistenza
spirituale
,
ma
non
potranno
intervenire
in
nessun
modo
nella
direzione
della
comunità
perché
Nomadelfia
non
è
un
istituto
di
beneficenza
,
non
è
un
orfanotrofio
,
e
non
è
nemmeno
un
ente
morale
.
È
un
'
associazione
di
fatto
,
di
persone
che
accettano
di
vivere
secondo
certe
regole
(
che
poi
si
riassumono
in
una
sola
,
quella
della
carità
fraterna
)
,
e
che
si
governa
da
sé
.
Terreni
,
case
,
baracche
,
laboratori
,
attrezzi
,
macchine
,
animali
,
che
in
tutto
rappresentano
un
valore
di
settecento
milioni
circa
,
sono
di
proprietà
comune
dei
Piccoli
Apostoli
,
che
individualmente
non
possiedono
nulla
.
Cosa
possono
fare
di
nuovo
i
padri
salesiani
,
se
lo
stesso
don
Zeno
e
gli
altri
sacerdoti
,
in
questi
ultimi
mesi
,
erano
,
a
norma
dello
statuto
della
repubblica
cristiana
dei
Piccoli
Apostoli
,
esclusi
dal
governo
?
Nomadelfia
è
una
città
laica
,
di
uomini
cristiani
che
non
intendono
disubbidire
alla
Chiesa
.
Ma
cosa
può
ordinare
loro
il
vescovo
,
o
la
suprema
autorità
del
Pontefice
?
Possono
il
vescovo
e
il
Pontefice
ordinare
a
un
gruppo
di
cittadini
che
abita
ad
esempio
a
Parma
,
di
disperdersi
e
andare
ad
abitare
ciascuno
per
suo
conto
?
Quando
nel
1931
l
'
avvocato
Zeno
Saltini
si
fece
prete
,
perché
,
nella
sua
professione
,
era
stato
colpito
dal
problema
della
delinquenza
minorile
,
non
aveva
in
mente
di
creare
un
istituto
nel
quale
raccogliere
i
bambini
abbandonati
dai
genitori
e
avviati
sulla
strada
del
male
.
Se
così
fosse
stato
la
sua
missione
sarebbe
stata
molto
più
semplice
e
oggi
non
avrebbe
preoccupato
le
autorità
del
Santo
Uffizio
e
dell
'
Azione
Cattolica
.
Zeno
Saltini
,
diventato
don
Zeno
,
vide
subito
in
quei
ragazzi
ripudiati
le
pietre
di
una
nuova
costruzione
sociale
.
Siccome
la
famiglia
naturale
li
abbandonava
egli
ne
avrebbe
data
loro
un
'
altra
basata
non
sul
vincolo
del
sangue
,
ma
su
quello
dell
'
adozione
;
siccome
la
società
li
respingeva
condannandoli
a
vivere
di
ripieghi
e
di
delitti
,
egli
li
avrebbe
fatti
membri
di
una
nuova
società
,
basata
non
sulla
concorrenza
ma
sulla
solidarietà
,
non
sulla
proprietà
privata
,
ma
sulla
comunione
del
lavoro
e
dei
beni
,
non
sul
tornaconto
individuale
ma
sulla
legge
fraterna
del
Vangelo
.
Non
aveva
intenzione
con
questo
di
rivoluzionare
il
mondo
e
di
rifarlo
secondo
un
suo
ideale
cristiano
.
Ma
poiché
il
mondo
,
nella
sua
storia
,
lasciava
dietro
di
sé
una
scia
di
dispersi
egli
li
raccoglieva
e
,
invece
di
farli
vivere
con
la
carità
di
chi
anche
involontariamente
li
aveva
colpiti
e
abbandonati
,
voleva
dare
loro
un
nuovo
mondo
basato
su
una
legge
diversa
che
essierano
i
più
adatti
a
comprendere
.
Questo
era
Nomadelfia
già
quando
,
prima
della
guerra
,
don
Zeno
aveva
con
sé
soltanto
molti
bambini
Piccoli
Apostoli
e
nemmeno
un
babbo
o
una
mamma
.
Furono
i
giorni
più
difficili
.
Don
Zeno
non
aveva
mezzi
per
dare
da
mangiare
a
quei
ragazzi
che
aveva
trovato
sulla
strada
.
Ma
il
male
peggiore
era
che
non
riusciva
ancora
a
dar
loro
una
famiglia
.
Quando
li
lasciava
soli
nella
casa
di
San
Giacomo
Roncole
dove
nacque
il
movimento
,
diceva
al
più
grande
di
essi
:
«
Adesso
tu
sei
la
loro
mamma
.
Ma
non
abbiate
paura
:
la
vostra
mamma
verrà
»
.
La
prima
che
arrivò
si
chiamava
Irene
.
Era
una
studentessa
che
aveva
poco
più
di
venti
anni
e
che
dimenticò
subito
il
suo
cognome
.
Infatti
nella
legge
di
Nomadelfia
,
perché
sia
abolita
l
'
avvilente
definizione
di
figlio
di
N.N.
,
non
esistono
che
nomi
propri
.
Oggi
Nomadelfia
è
una
comunità
che
conta
più
di
mille
membri
in
maggioranza
sotto
i
venti
anni
divisi
nelle
due
località
di
Fossoli
,
in
provincia
di
Modena
,
e
di
Rosellana
,
vicino
a
Grosseto
.
Ma
la
legge
è
una
sola
.
Tutti
i
membri
,
grandi
e
piccoli
si
chiamano
Piccoli
Apostoli
;
hanno
solo
il
nome
proprio
,
si
danno
tutti
del
tu
,
e
non
sono
proprietari
di
nulla
,
a
titolo
individuale
,
nemmeno
dell
'
abito
che
indossano
.
La
comunità
è
divisa
in
famiglie
composte
di
figli
veri
e
di
figli
adottivi
e
distribuite
in
piccole
case
.
I
babbi
e
le
mamme
sono
anch
'
essi
Piccoli
Apostoli
,
alcuni
dei
quali
erano
già
sposati
prima
di
entrare
nella
comunità
,
mentre
altri
si
sono
sposati
a
Nomadelfia
.
Alcune
famiglie
però
hanno
soltanto
la
mamma
,
trattandosi
di
una
donna
che
ha
fatto
voto
di
non
sposare
.
Nessuna
distinzione
è
ammessa
tra
i
figli
veri
e
quelli
adottivi
.
Dire
figli
«
veri
»
è
anzi
la
più
grave
eresia
per
un
cittadino
di
Nomadelfia
.
La
direzione
della
città
spetta
al
Consiglio
degli
anziani
eletto
dai
capifamiglia
che
nomina
un
presidente
o
propatriarca
.
Gli
anziani
sono
sette
e
il
loro
presidente
si
chiama
Dario
.
Essi
reggono
la
vita
pubblica
della
città
,
dirigono
il
lavoro
,
gestiscono
le
finanze
,
controllano
l
'
educazione
.
I
maestri
che
insegnano
alle
scuole
elementari
di
Nomadelfia
sono
nei
ruoli
dello
Stato
,
e
i
programmi
sono
gli
stessi
delle
scuole
governative
;
ma
gli
anziani
hanno
un
controllo
sui
libri
di
testo
,
che
vengono
purgati
di
tutto
ciò
che
può
alludere
all
'
egoismo
della
società
.
Le
parole
«
mio
»
e
«
tuo
»
sono
abolite
come
è
abolito
il
denaro
.
Nessuno
possiede
denari
in
proprio
.
Il
lavoro
,
quello
dei
campi
o
quello
dei
laboratori
,
non
è
retribuito
,
ma
nessuno
paga
niente
per
avere
ciò
che
è
necessario
alla
famiglia
per
mangiare
,
per
vestirsi
e
per
divagarsi
.
Il
denaro
è
gestito
soltanto
dall
'
economo
per
gli
acquisti
che
deve
fare
all
'
esterno
.
Nomadelfia
è
ancora
lontana
dall
'
indipendenza
economica
.
La
terra
che
possiede
,
non
ancora
interamente
bonificata
,
non
produce
nemmeno
la
metà
del
consumo
;
e
anche
per
tutti
gli
altri
generi
i
Piccoli
Apostoli
dipendono
dal
mondo
del
denaro
da
cui
si
difendono
.
L
'
amministrazione
ha
fatto
molti
debiti
,
e
forse
,
come
sostengono
quelli
che
vogliono
dare
a
Nomadelfia
un
nuovo
indirizzo
,
ha
commesso
qualche
irregolarità
.
Ma
qui
bisogna
stare
attenti
a
giudicare
.
Infatti
ciò
che
è
irregolare
nella
società
in
cui
noi
viviamo
non
lo
è
per
la
morale
di
Nomadelfia
e
viceversa
.
Commise
una
irregolarità
don
Zeno
il
giorno
ad
esempio
in
cui
,
mentre
celebrava
la
Messa
,
si
accorse
che
il
Piccolo
Apostolo
che
lo
serviva
era
pallido
perché
non
aveva
mangiato
e
allora
interruppe
la
funzione
e
consegnò
al
Piccolo
Apostolo
il
calice
e
i
paramenti
sacri
perché
li
andasse
a
vendere
?
A
volte
quando
un
creditore
arrivava
per
esigere
il
suo
credito
,
don
Zeno
invece
di
scusarsi
di
non
poter
pagare
diceva
:
«
Dovresti
ringraziarmi
perché
non
ti
posso
ancora
restituire
quello
che
ci
hai
dato
,
invece
di
lamentarti
.
Sei
tu
che
sei
in
debito
con
noi
»
.
Don
Zeno
oggi
ha
cinquantadue
anni
.
È
un
uomo
di
media
statura
,
grigio
e
leggermente
curvo
.
Ha
i
polsi
grossi
come
quelli
di
un
operaio
e
quando
si
rivolge
a
Dio
si
esprime
in
dialetto
,
come
un
uomo
del
popolo
.
La
sua
conversazione
è
così
semplice
che
sembra
,
alla
prima
,
quasi
astrusa
.
Anche
nel
linguaggio
Nomadelfia
e
la
società
non
si
somigliano
.