StampaQuotidiana ,
Il
Bembo
aveva
ragione
:
che
il
Boccaccio
,
«
come
che
in
verso
altresì
molte
cose
componesse
,
nondimeno
assai
apertamente
si
conosce
che
solamente
nacque
alla
prosa
»
.
O
,
per
meglio
dire
,
di
quanto
arricchì
la
sua
prosa
,
d
'
altrettanto
smorzò
e
impoverì
la
poesia
.
E
proprio
cominciò
a
comporre
in
prosa
,
riportando
su
un
piano
tanto
più
alto
una
vicenda
popolaresca
,
con
suoi
caratteri
ben
netti
.
Parlo
del
Filocolo
,
trascrizione
piuttosto
infarcita
d
'
un
tema
e
d
'
una
storia
come
quella
di
Florio
e
Biancofiore
:
l
'
opera
«
giovanile
»
del
Boccaccio
,
che
,
secondo
il
Battaglia
,
rappresenterebbe
«
il
momento
romantico
di
uno
scrittore
che
col
volgere
degli
anni
avrebbe
educato
la
sua
grande
arte
al
più
schietto
realismo
»
.
Ma
,
dire
«
romantico
»
è
dir
troppo
;
e
contentiamoci
di
battere
l
'
accento
sulla
più
semplice
definizione
«
giovanile
»
;
e
spieghiamoci
così
quel
che
di
intemperante
e
di
folto
passò
tra
le
fila
di
quella
vicenda
romanzesca
,
e
che
furono
specialmente
ricordi
di
letture
,
e
di
poetiche
letture
;
tutto
,
insomma
,
un
mondo
classico
mescolato
confusamente
a
personali
esperienze
,
personali
affetti
,
e
avvisi
del
tempo
nuovo
.
Tra
il
Filocolo
e
l
'
Ameto
passarono
all
'
incirca
dieci
anni
;
e
ne
passeranno
poco
meno
dal
principio
della
composizione
del
Decamerone
,
e
un
poco
più
dal
suo
compimento
.
La
Fiammetta
è
un
'
eccezione
:
l
'
ultima
opera
di
prosa
,
e
si
può
dire
l
'
unica
,
avanti
il
Decamerone
,
dove
il
Boccaccio
parve
,
in
una
volta
,
cantare
e
licenziare
le
memorie
della
sua
vita
.
L
'
Ameto
,
dunque
,
sta
in
mezzo
,
e
anche
idealmente
occupa
il
giusto
mezzo
e
,
composto
com
'
è
di
prosa
e
di
verso
,
ripropone
più
sensibilmente
il
confronto
tra
prosa
e
poesia
boccaccesca
(
noi
non
accenneremo
neppure
alla
storia
di
queste
opere
miste
,
né
a
Boezio
né
a
Marziano
Capella
né
ad
Alano
da
Lilla
né
a
Dante
)
.
E
prendiamo
un
dato
solo
di
stile
.
Si
sa
quanto
il
Boccaccio
studiasse
e
imitasse
Dante
,
e
proprio
il
Dante
della
Commedia
.
Così
nel
Filocolo
,
così
nell
'
Ameto
.
Ma
non
già
,
nell
'
Ameto
,
per
sostenere
il
verso
;
sibbene
per
alzare
ancora
più
il
tono
della
prosa
,
di
quell
'
«
apparente
prosa
che
è
poesia
»
.
E
per
converso
,
in
prosa
,
egli
non
avrebbe
mai
toccato
modi
siffatti
(
«
Con
queste
bianche
e
rosse
come
foco
Ti
serbo
gelse
,
mandorle
e
susine
,
Fravole
e
bozzacchioni
in
questo
loco
,
Belle
peruzze
e
fichi
senza
fine
;
E
di
tortole
ho
preso
una
nidiata
,
Le
più
belle
del
mondo
,
piccoline
,
Colle
quai
tu
potrai
lunga
fiata
Prender
sollazzo
;
e
ho
due
leprettini
,
Pur
testé
tolti
alla
madre
piagata
ecc
.
»
)
;
e
per
l
'
appunto
in
terzine
stemperate
,
avvilite
direi
,
dove
c
'
è
già
un
sentore
di
ottava
,
dell
'
ottava
enumerativa
boccaccesca
,
e
poi
dell
'
altra
concertante
del
Poliziano
.
Proprio
quando
,
nella
prosa
dell
'
Ameto
,
tentava
un
maggior
arricchimento
e
un
periodare
più
complesso
.
E
l
'
aggettivo
il
peso
morto
della
prosa
boccaccesca
,
il
segno
della
sua
stanchezza
.
L
'
aggettivo
con
valore
attributivo
quasi
sempre
preposto
al
nome
,
e
che
nei
poeti
,
specie
nei
poeti
elegiaci
e
melici
,
forma
quel
finissimo
«
legato
»
,
(
diciamolo
un
'
altra
volta
con
un
termine
musicale
)
che
è
l
'
elemento
base
del
loro
melodizzare
,
l
'
affettuoso
connettivo
del
canto
;
dove
l
'
una
nota
par
tenuta
per
colorare
di
sé
l
'
altra
,
dar
senso
all
'
altra
,
mentre
questa
la
sostanzia
e
quasi
si
scioglie
in
essa
.
Proprio
su
questo
massimo
di
durata
,
su
questa
unità
armonica
,
s
'
appoggia
e
si
rinnova
di
tempo
in
tempo
,
e
direi
si
slancia
,
il
discorso
poetico
(
«
Quel
vago
impallidir
,
che
'
l
dolce
riso
D
'
un
'
amorosa
nebbia
ricoperse
»
.
«
Se
dell
'
eterne
idee
L
'
una
sei
tu
,
cui
di
sensibil
forma
Sdegni
l
'
eterno
senno
esser
vestita
,
O
fra
caduche
spoglie
Provar
gli
affanni
di
funerea
vita
»
)
;
e
vi
s
'
accorda
l
'
altro
elemento
,
con
l
'
aggettivo
posposto
al
nome
,
che
è
lo
«
staccato
»
(
e
anche
questa
volta
ricorreremo
alla
musica
)
,
e
serve
come
chiaroscuro
,
più
e
men
forte
,
sopra
tutto
nelle
riprese
,
nelle
chiuse
,
e
vive
unicamente
del
suo
contrario
(
«
e
fia
compagna
D
'
ogni
mio
vago
immaginar
,
di
tutti
I
miei
teneri
sensi
,
i
tristi
e
cari
-
Moti
del
cor
la
rimembranza
acerba
»
)
.
Nella
prosa
è
il
caso
inverso
,
quanto
più
il
gusto
della
prosa
progredisce
e
s
'
affina
.
Ed
è
lo
«
staccato
»
a
dare
il
colore
,
l
'
accento
,
la
forte
scansione
;
mentre
,
in
momenti
rari
,
in
toni
un
poco
più
alti
,
anch
'
essa
«
lega
»
col
finissimo
artificio
che
s
'
è
detto
.
Sarà
dunque
nel
Boccaccio
,
questo
continuo
«
legare
»
,
la
riprova
più
valida
di
quella
sua
«
apparente
prosa
che
è
poesia
»
?
Ma
si
osserverà
:
Boccaccio
tolse
quest
'
uso
dal
latino
.
Che
,
in
verità
,
non
distrugge
il
dato
stilistico
,
né
il
suo
particolare
valore
.
E
poi
sta
il
fatto
che
il
Boccaccio
,
specie
sul
principio
,
se
ne
appropriò
in
un
suo
periodare
monotono
,
per
successioni
,
per
addizioni
,
solo
più
tardi
arrivato
a
una
maggior
finezza
di
sintassi
.
Si
pensi
al
Novellino
,
alla
varietà
del
suo
parlare
,
per
cenni
,
alla
scrittura
magra
,
con
sensibili
contrasti
e
,
nell
'
uso
dell
'
aggettivo
,
appunto
,
con
inattese
libertà
.
Qui
davvero
non
si
compone
per
serie
,
ma
in
un
modo
tutto
inventivo
,
anche
se
corto
.
E
cessato
quell
'
inventare
,
il
discorso
svolta
e
varia
.
Disse
il
Foscolo
che
il
Boccaccio
vedeva
«
in
ogni
parola
una
vita
che
fosse
propria
,
né
bisognosa
altrimenti
d
'
essere
animata
dall
'
intelletto
»
.
E
badate
,
la
vena
di
certi
scrittori
spesso
consiste
non
di
parole
soltanto
,
ma
di
intere
frasi
e
cadenze
,
con
una
vita
loro
propria
,
né
bisognose
altrimenti
d
'
essere
animate
dall
'
intelletto
;
consiste
,
volevo
dire
,
in
una
sorta
di
elegantissimo
ozio
.
Come
nei
melodisti
a
oltranza
.
E
in
prosa
come
in
verso
solo
allora
si
tocca
la
perfezione
,
quando
l
'
inventare
e
l
'
ambito
compositivo
s
'
aiutano
e
si
condizionano
,
senza
squilibri
.
Il
Boccaccio
,
intanto
,
nell
'
Ameto
,
corresse
e
variò
certa
dovizia
aggettivale
,
studiò
più
accorte
collocazioni
(
«
e
le
rocche
fortissime
»
)
;
e
,
tirato
dal
suo
vivace
istinto
di
realista
,
sostituì
,
al
comporre
secondo
regole
e
cadenze
e
,
direi
,
secondo
un
ideale
ritmo
,
invenzioni
più
frequenti
,
vere
spezzature
o
discordanze
nel
suo
tessuto
prosastico
.
Ma
che
cosa
è
quest
'
Ameto
?
E
,
o
vuole
essere
,
la
rappresentazione
del
rinnovamento
dello
spirito
umano
per
mezzo
dell
'
amore
;
la
storia
di
Ameto
cacciatore
«
vagabondo
giovane
»
,
che
di
rozzo
e
selvaggio
,
ingentilito
dall
'
amore
,
e
aiutato
dalle
sette
virtù
,
s
'
innalza
alla
contemplazione
delle
verità
supreme
.
Questa
,
in
vero
,
è
la
macchina
del
libro
,
che
dà
la
spinta
al
libro
;
e
che
s
'
adatta
poi
,
via
facendo
,
alla
statura
e
al
gusto
dell
'
autore
.
Parrebbe
di
assistere
a
una
drammatica
«
riduzione
»
(
non
però
sofferta
,
s
'
intende
,
ma
che
non
cessa
d
'
esser
tale
)
d
'
un
'
alta
idea
,
viva
ancora
ai
tempi
del
Boccaccio
,
più
,
forse
,
come
ricordo
che
come
forza
attiva
,
e
che
nella
mente
del
Boccaccio
trova
un
suo
limite
,
e
,
per
questo
,
si
fa
a
suo
modo
vivente
.
Già
,
che
fosse
un
motivo
fortemente
sentito
,
lo
avvertì
fin
dal
principio
.
Vedi
Ameto
,
«
d
'
ogni
parte
carico
della
presa
preda
»
«
intorniato
da
'
cani
tornando
a
'
suoi
luoghi
»
«
vicino
a
quella
parte
ove
il
Mugnone
muore
con
le
sue
onde
»
,
fermarsi
ad
ascoltare
una
«
graziosa
voce
»
«
in
mai
più
non
udita
canzone
»
;
e
«
verso
quella
parte
,
ove
il
canto
estimava
,
porse
,
piegando
la
testa
sopra
la
manca
spalla
,
l
'
orecchio
ritto
»
(
ma
questa
punteggiatura
troppo
secondo
logica
,
troppo
minuta
,
per
il
sinuoso
periodare
boccaccesco
!
)
.
S
'
accosta
,
dunque
,
Ameto
,
e
vede
giovinette
,
«
alcuna
mostrando
nelle
basse
acque
i
bianchi
piedi
»
,
e
che
con
lento
passo
«
vagando
s
'
andavano
»
.
La
meraviglia
di
Ameto
vale
assai
più
delle
cose
che
descrive
,
rimane
come
un
vapore
sospeso
,
una
luce
primaverile
;
ché
le
cose
sono
sempre
le
stesse
,
e
un
poco
monotone
;
e
le
sette
virtù
,
anch
'
esse
troppo
uguali
,
Mopsa
,
Emilia
,
Adiona
,
Acrimonia
,
Agapes
,
Fiammetta
,
Lia
;
vere
donne
,
e
troppo
donne
.
E
Ameto
,
«
con
occhio
ladro
»
,
a
riguardare
«
l
'
aperte
bellezze
di
tutte
quante
»
.
Appunto
quest
'
occhio
di
Ameto
è
la
novità
del
libro
,
il
miracolo
che
trasforma
il
vario
nell
'
uno
;
e
la
pagina
ne
risulta
piena
d
'
infinite
sorprese
.
«
Con
fervente
disio
cercava
d
'
essere
Afron
o
di
mutarsi
in
Ibrida
o
divenire
Dioneo
o
parere
Apaten
o
Apiros
o
Caleone
»
.
E
il
circostante
mondo
di
natura
,
per
nulla
distinto
,
anzi
da
ogni
parte
mescolantesi
come
cosa
vivente
,
pieno
di
sensi
anch
'
esso
;
e
i
colori
presi
da
ogni
dove
,
dalla
realtà
e
dal
mondo
classico
e
dal
mito
.
Non
a
caso
,
nell
'
Ameto
,
spiccano
con
forte
rilievo
,
e
quasi
s
'
accordano
in
un
superiore
impegno
,
due
grandi
parti
:
una
minutissima
descrizione
d
'
un
orto
,
la
più
ricca
e
architettata
di
tutto
il
libro
;
e
una
storia
d
'
amore
,
quella
di
Agapes
,
che
altra
non
ne
scrisse
mai
,
avanti
il
Decamerone
,
con
penna
sì
ardita
,
e
con
la
sua
allegra
lascivia
.
Per
questo
vasto
accordo
,
quest
'
armonia
e
,
vorrei
dire
,
amorosa
prospettiva
,
l
'
Ameto
è
il
precedente
immediato
del
mondo
polizianesco
e
,
in
sé
,
segna
un
punto
assai
importante
nella
resurrezione
rinascimentale
.
Era
destino
che
lo
fissasse
prima
il
Boccaccio
.
Spiace
,
nella
pur
buona
edizione
che
Nicola
Bruscoli
ha
curato
dell
'
Ameto
per
l
'
editore
Laterza
,
trovare
una
dichiarazione
come
questa
:
«
L
'
autore
si
ripromette
di
tornare
in
seguito
sui
Manoscritti
dell
'
Ameto
,
aggiungendo
altri
dati
quali
sarà
possibile
ricavare
dall
'
esplorazione
di
nuovo
materiale
,
oggi
sotto
speciale
custodia
a
causa
dello
stato
di
guerra
»
.
E
chi
obbligava
mai
il
Bruscoli
a
pubblicare
con
una
tal
precipitazione
?
Ma
vorrei
dire
un
'
altra
cosa
ancora
,
ché
l
'
ho
appena
accennata
avanti
.
Sul
sistema
della
punteggiatura
adottato
per
questa
prosa
del
Boccaccio
,
come
sempre
tendente
,
con
una
leggera
enfasi
,
alla
poesia
.
Questa
interpunzione
,
così
spiccatamente
logica
,
non
pare
al
Bruscoli
che
debba
frastornare
un
poco
il
lettore
,
impedirgli
il
gusto
di
risentire
in
sé
quella
musica
che
è
del
periodare
boccaccesco
?
Eppure
il
Leopardi
,
nelle
Operette
morali
,
ci
aveva
lasciato
un
esempio
splendido
di
come
si
possa
con
la
interpunzione
aiutare
la
lettura
,
dividendo
secondo
pause
,
non
secondo
sintassi
,
o
secondo
una
più
interna
sintassi
.
Mi
si
potrebbe
rispondere
col
nome
del
Manzoni
.
Ma
già
la
prosa
del
Manzoni
è
ben
altra
da
quella
del
Boccaccio
,
e
non
è
poi
detto
che
il
Manzoni
,
qualche
volta
non
peccasse
in
minuziosità
,
per
iscrupolo
di
non
riuscire
mai
abbastanza
chiaro
,
affabile
.
E
un
'
ultima
osservazione
,
sull
'
uso
della
dieresi
.
Quest
'
uso
,
assai
intemperante
,
non
ha
portato
fortuna
,
e
s
'
è
visto
,
ad
altro
editore
del
Boccaccio
.
Davvero
che
un
verso
come
questo
«
stanti
all
'
ombra
d
'
un
fiorito
alloro
»
,
aveva
bisogno
della
dieresi
su
«
fiorito
»
(
così
:
«
fïorito
»
)
,
di
quest
'
errore
smaccato
,
di
questa
strascicatura
,
per
essere
un
verso
?
Ma
basterebbe
dividere
«
stanti
»
da
«
all
'
ombra
»
,
con
un
effetto
bellissimo
di
iato
,
e
l
'
endecasillabo
,
proprio
lì
,
si
slargherebbe
,
si
distenderebbe
;
e
s
'
avrebbe
proprio
dipinta
la
contentezza
di
stare
all
'
ombra
,
quieti
,
che
è
un
piacere
.
Se
questa
è
invenzione
nostra
,
del
nostro
strafare
,
chiediamo
venia
.