StampaQuotidiana ,
Trent
'
anni
sono
passati
dalla
sua
morte
e
ormai
,
in
questi
tre
decenni
,
sono
andati
scomparendo
quasi
tutti
coloro
che
conobbero
Eleonora
e
l
'
ascoltarono
nel
tempo
della
sua
più
fervida
stagione
che
,
vista
adesso
nella
prospettiva
della
storia
,
non
sembra
sia
stata
quella
dannunziana
,
anche
se
questa
fu
la
più
folta
di
eventi
e
di
cronaca
.
Nel
teatro
di
D
'
Annunzio
,
probabilmente
,
la
Duse
esaurì
la
sua
forza
vitale
non
tanto
per
le
vicissitudini
di
una
passione
che
ebbe
molte
illuminazioni
,
ma
anche
molti
disinganni
,
quanto
perché
,
prima
di
D
'
Annunzio
,
nei
testi
che
recitava
c
'
era
sempre
stata
,
bene
o
male
,
la
vita
,
mentre
,
dal
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
in
poi
,
il
teatro
di
Gabriele
le
offrì
più
che
altro
perfettissime
parole
d
'
oro
.
La
Duse
apparteneva
-
o
la
precedeva
di
poco
-
alla
generazione
del
verismo
venuta
al
mondo
delle
scene
italiane
quasi
in
reazione
ai
tragici
paludamenti
di
Adelaide
Ristori
e
al
«
velluto
»
e
al
«
tuono
»
di
Ernesto
Rossi
e
di
Tommaso
Salvini
.
La
famiglia
da
cui
usciva
era
di
attori
dialettali
,
originariamente
chioggiotti
:
figli
cioè
di
una
razza
popolana
in
cui
le
tradizioni
fondamentali
sono
quelle
della
povertà
e
della
delusa
melanconia
.
Agli
attori
dalle
voci
d
'
oro
e
dai
polmoni
di
bronzo
che
essa
avrebbe
dovuto
considerare
i
suoi
maestri
,
sembrò
sempre
una
«
nevrotica
»
,
una
creatura
debole
e
inquieta
.
Essi
erano
abituati
a
dar
voce
ai
giganti
:
a
Ree
Regine
,
e
non
a
gente
di
tutti
i
giorni
,
i
cui
sentimenti
non
erano
di
misura
«
eroica
»
,
ma
,
tutt
'
al
più
,
di
drammaticità
quotidiana
.
Tommaso
Salvini
,
titano
della
scena
ottocentesca
,
la
collocava
un
gradino
più
in
alto
di
Sarah
Bernhardt
,
che
egli
considerava
una
«
meticcia
»
perché
,
non
figlia
d
'
arte
,
e
come
tale
,
quasi
quasi
,
una
grandissima
dilettante
.
Alla
Duse
,
anche
come
figlia
d
'
arte
,
riconosceva
il
diritto
d
'
esser
considerata
un
'
attrice
«
di
razza
»
,
ammirevole
in
un
preciso
gruppo
di
caratteri
,
dai
quali
la
consigliava
di
non
uscire
mai
,
ammirevole
nell
'
esprimere
l
'
amore
contrastato
,
la
gelosia
,
il
dispetto
,
il
rancore
,
la
recriminazione
repressa
dei
torti
ricevuti
,
il
rammarico
o
un
intenso
dolore
,
ma
non
adatta
ai
sentimenti
«
alteri
,
grandi
,
maestosi
»
.
Attrice
della
realtà
drammatica
borghese
e
non
della
misura
tragica
,
attrice
che
,
spiritualmente
e
tecnicamente
,
precedeva
il
gusto
del
Théâtre
Libre
alla
Antoine
,
l
'
incontro
con
D
'
Annunzio
la
convinse
di
aver
trovato
l
'
approdo
al
porto
di
un
superiore
teatro
di
poesia
.
L
'
inchiostro
del
giudizio
di
Tommaso
Salvini
,
che
contiene
forse
non
pochi
elementi
di
saggezza
,
era
ancora
fresco
quando
,
nel
1898
,
con
il
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
,
Eleonora
pensò
di
salire
un
gradino
più
in
alto
del
suo
destino
di
interprete
di
anime
«
borghesi
»
.
A
trent
'
anni
dalla
sua
morte
,
gli
spettatori
contemporanei
della
sua
grande
stagione
sono
tutti
scomparsi
.
Restano
,
fra
i
critici
e
gli
storici
del
teatro
,
solo
coloro
stessi
che
l
'
hanno
udita
quasi
esclusivamente
nel
periodo
dannunziano
e
hanno
dovuto
aspettare
il
suo
ritorno
alle
scene
nel
1921
,
ormai
stanca
e
canuta
,
per
riscoprirla
,
dopo
quattordici
anni
di
«
esilio
»
,
negli
accenti
del
dramma
ibseniano
e
del
realismo
venato
di
patetico
romanticismo
di
Praga
.
Nel
tempo
della
riscoperta
della
Duse
-
e
della
sua
scoperta
per
gli
spettatori
che
avevano
poco
più
di
vent
'
anni
quando
essa
uscì
dal
suo
lunghissimo
silenzio
-
la
sua
leggenda
era
già
formata
.
Da
una
parte
,
c
'
era
il
gruppo
degli
anziani
e
dei
vecchi
che
,
pur
ammirandola
,
l
'
avevano
definita
«
nevrotica
»
e
«
pososa
»
,
dall
'
altra
quelli
che
,
parteggiando
per
il
suo
lungo
e
dolente
romanzo
d
'
amore
e
per
il
sacrificio
ch
'
essa
aveva
fatto
al
sogno
di
un
teatro
«
di
poesia
»
-
termine
su
cui
è
difficilissimo
intendersi
-
parlavano
di
lei
come
della
«
santa
»
e
della
«
martire
»
.
Solamente
Santa
Teresa
di
Lisieux
,
solamente
Bernadette
hanno
avuto
biografi
esaltati
e
lagrimanti
come
lo
furono
,
per
la
Duse
,
il
francese
Schneider
e
Matilde
Serao
.
D
'
Annunzio
stesso
,
che
per
una
fatalità
di
temperamenti
l
'
aveva
così
mal
compresa
,
l
'
aveva
chiamata
«
la
Divina
»
.
Le
ciocche
dei
capelli
bianchi
quasi
incolte
,
la
vita
in
ombra
per
tanti
anni
,
una
vaga
aspirazione
religiosa
,
il
suo
sognare
di
essere
maestra
di
giovani
,
la
sua
povertà
nomade
dall
'
uno
all
'
altro
rifugio
segreto
,
la
sua
dichiarazione
,
una
volta
,
di
voler
recitare
solamente
invisibile
,
per
dar
voce
alle
marionette
del
Teatro
dei
Piccoli
nella
Tempesta
di
Shakespeare
,
la
sua
riluttanza
a
mostrare
il
volto
all
'
obbiettivo
di
Cenere
perché
per
lo
schermo
dovevano
bastare
le
sue
sole
mani
,
le
sue
lettere
scritte
in
inchiostro
viola
,
a
velocità
frenetica
,
disseminate
di
puntini
di
sospensione
e
di
sottolineature
,
i
veli
quasi
monastici
e
vagamente
languidi
dei
suoi
cappellini
estivi
,
la
sua
gracilità
,
la
sua
tosse
,
la
sua
febbre
erano
tutti
elementi
della
leggenda
alla
quale
si
affacciarono
nel
1921
gli
spettatori
poco
più
che
ventenni
.
Si
andava
a
sentire
una
donna
o
una
santa
?
Dovevamo
pensare
al
suo
lontano
passato
di
donna
o
dimenticarlo
?
Dovevamo
vederla
solo
come
avesse
avuto
il
capo
coperto
dalla
cenere
dei
deludenti
fuochi
dannunziani
?
La
fortuna
ci
aiutò
:
la
donna
che
,
tra
il
1895
e
il
1921
,
aveva
dato
se
stessa
,
con
l
'
arte
prima
e
poi
con
il
silenzio
,
a
D
'
Annunzio
,
ci
apparve
senza
le
tracce
e
senza
le
cicatrici
gloriose
del
suo
sacrificio
alla
«
bella
parola
»
che
tanto
a
lungo
l
'
aveva
incantata
.
Ci
apparve
,
nella
Donna
del
mare
e
nella
Porta
chiusa
,
la
donna
che
essa
era
stata
nelle
sue
giovanili
ore
grandissime
,
tutta
immersa
nella
Vita
,
in
un
suo
trasumanato
realismo
.
E
non
ci
sembrò
una
semplice
coincidenza
che
Eleonora
fosse
nata
nel
1859
,
tre
anni
dopo
che
Flaubert
aveva
messo
al
mondo
Madame
Bovary
.
Emma
è
del
1856
,
Eleonora
del
1859
.
Si
può
imputare
alla
Duse
d
'
avere
creduto
,
oltre
che
alla
sua
nativa
realtà
poetica
,
in
una
poesia
al
di
fuori
del
«
vero
»
che
le
sembrò
più
alta
della
prima
,
e
di
non
aver
inteso
la
differenza
tra
«
cosa
»
e
«
parola
»
?
Non
era
caduto
nello
stesso
errore
Flaubert
,
scrivendo
la
rimbombante
Salammbô
e
le
Tentazioni
di
Sant
'
Antonio
?
La
sua
crisi
e
il
suo
dramma
segreto
furono
una
crisi
e
un
dramma
di
valutazioni
sbagliate
sotto
l
'
impeto
di
un
entusiasmo
d
'
amore
.
Figlia
della
grande
generazione
della
Bovary
,
dobbiamo
stupirci
che
essa
,
ad
un
certo
momento
,
abbia
creduto
più
nelle
«
atmosfere
»
di
Francesca
e
della
Città
morta
che
in
quelle
del
realismo
e
del
naturalismo
in
cui
,
con
reazione
antiromantica
,
era
nata
?
Essa
fu
certamente
l
'
unica
attrice
degna
di
essere
definita
«
flaubertiana
»
,
la
grande
sorella
italiana
di
Emma
Bovary
e
,
facendo
un
passo
più
avanti
nel
tempo
,
di
Anna
Karenina
.
Ebbe
maestri
?
Figlia
di
attori
oscurissimi
,
sua
prima
maestra
fu
certamente
la
povertà
dei
nomadi
che
le
dette
la
coscienza
di
quel
dovere
ch
'
essa
chiamò
,
umilmente
,
il
lavoro
.
Forse
,
nell
'
infanzia
e
nella
prima
adolescenza
recitò
anche
diversamente
da
come
le
avrebbe
comandato
il
suo
istinto
,
così
come
volevano
attorno
a
lei
la
voce
e
la
cadenza
dei
compagni
.
Nessuno
pensava
che
si
avvicinasse
il
tramonto
del
tempo
romantico
,
e
fanciulla
,
dicendo
quasi
senza
capirle
le
battute
dei
grandi
testi
d
'
amore
,
un
'
eco
romantica
passò
nella
sua
voce
.
Nelle
tragedie
come
la
Francesca
da
Rimini
di
Silvio
Pellico
,
giovinetta
,
declamò
come
poi
non
fece
mai
.
La
liberazione
del
suo
istinto
cominciò
con
le
parole
di
Giulietta
,
nel
dialogo
d
'
amore
con
Romeo
,
con
una
rosa
sfogliata
quasi
ad
ogni
parola
.
La
morte
della
madre
le
aveva
aperto
l
'
anima
alla
verità
del
dolore
.
Negli
anni
del
suo
debutto
,
quella
di
Eleonora
è
una
storia
di
stenti
,
di
lunghe
miserie
,
di
molta
autentica
fame
,
di
abiti
poverissimi
,
di
teatri
squallidi
,
di
inverni
gelidi
,
di
lunghi
notturni
estenuanti
colpi
di
tosse
.
Era
piccola
,
magra
,
bruna
,
fu
detto
,
come
una
calabrese
.
Talvolta
la
sua
gracile
bellezza
fioriva
in
un
improvviso
turgore
dell
'
adolescenza
,
ma
poi
già
si
velava
d
'
ombre
,
si
scavava
intensamente
nelle
guance
dagli
zigomi
risentiti
.
L
'
alto
arco
delle
sopracciglia
sembrava
,
sugli
occhi
vasti
,
profondi
,
un
nido
di
interrogazioni
.
Ebbe
in
verità
,
come
le
maschere
del
Teatro
Antico
,
due
volti
:
l
'
uno
forte
,
sereno
,
anche
ridente
,
perché
non
sempre
la
sua
anima
era
solamente
dolore
;
l
'
altro
scolpito
con
i
segni
della
delusione
come
in
una
cera
scura
,
nella
cera
della
sofferenza
.
Il
volto
della
Locandiera
il
primo
:
quello
della
Signora
delle
camelie
,
il
secondo
.
Illusione
e
delusione
furono
in
modo
sovrano
le
due
espressioni
dominanti
di
quel
viso
che
diventò
celebre
in
tutto
il
mondo
;
reclinato
e
come
concentrato
sulla
fiamma
di
un
sorriso
che
dava
un
fremito
alla
bella
bocca
ampia
:
in
alto
nelle
interrogazioni
del
dolore
come
sotto
al
soffio
di
un
vento
che
volesse
tutto
rimodellarlo
,
in
un
sospiro
o
in
un
gemito
.
Diventò
donna
,
e
recitò
tutto
.
Non
poteva
permettersi
una
scelta
,
né
di
compagni
né
di
repertorio
.
Pareva
dovesse
restare
sempre
una
genericuccia
,
dicevano
che
non
aveva
voce
né
scatto
né
energia
di
dizione
:
pareva
non
avesse
mestiere
,
e
tanto
meno
,
davanti
a
sé
,
un
destino
.
A
Trieste
il
pubblico
fu
duro
:
chiese
che
venisse
cancellata
dalla
locandina
.
Poi
fu
un
primo
passo
avanti
,
recitando
vicino
al
Belli
-
Blanes
,
a
Giovanni
Emanuel
,
a
Giacinta
Pezzana
,
a
Cesare
Rossi
.
A
Napoli
,
una
sera
,
il
pubblico
ebbe
l
'
impressione
di
vedere
per
la
prima
volta
in
scena
la
vera
Ofelia
che
andava
verso
la
morte
.
Rossi
,
Emanuel
,
Giacinta
Pezzana
sono
i
primi
maestri
,
e
subito
la
Duse
diventa
una
loro
pari
.
Eleonora
è
portata
dalla
sorte
a
non
dovere
più
ripetere
l
'
accento
dei
vecchi
modesti
compagni
che
andavano
orecchiando
di
maniera
le
intonazioni
e
il
gesto
dei
grandi
attori
romantici
come
Salvini
e
la
Ristori
.
Rossi
,
Emanuel
e
la
grandissima
Pezzana
le
confermano
che
il
teatro
ha
una
voce
nuova
,
che
cammina
verso
una
verità
più
meditata
,
più
acuta
,
più
intensa
.
L
'
attrice
che
reciterà
Teresa
Raquin
scoprirà
che
il
romanticismo
è
finito
e
che
il
«
vero
»
sta
arrivando
alla
ribalta
.
La
sua
ansia
di
verità
non
chiede
altro
.
Scoperta
la
via
,
riconosce
che
è
quella
verso
cui
la
portava
il
suo
istinto
e
su
cui
la
guida
la
sua
giovanile
meditazione
.
Viene
l
'
ora
di
quelle
che
saranno
le
prime
grandi
creazioni
:
cominciano
gli
anni
vertiginosi
della
Principessa
di
Bagdad
,
della
Moglie
di
Claudio
,
della
Signora
delle
camelie
.
A
ventitré
anni
qualcuno
la
paragonava
già
alla
Bernhardt
.
Amò
.
Ma
l
'
uomo
della
leggenda
era
ancora
un
giovinetto
e
apparve
quando
già
la
giovinezza
di
Eleonora
cominciava
a
sfiorire
.
Amò
come
ogni
altra
donna
uomini
della
sua
vita
di
tutti
i
giorni
:
un
giornalista
napoletano
:
la
lasciò
con
un
figlio
in
grembo
che
doveva
morire
nascendo
.
Fu
sposa
,
ma
senza
torridi
fuochi
d
'
amore
,
di
un
compagno
d
'
arte
,
Tebaldo
Checchi
.
Amò
,
con
un
improvviso
ardore
,
il
compagno
d
'
arte
Flavio
Andò
che
recitava
con
lei
nella
Signora
delle
camelie
.
Per
lui
creò
il
grido
«
Armando
!
Armando
!...»,
che
diventò
leggenda
.
Ma
di
tutto
questo
,
sia
nelle
illusioni
che
negli
errori
-
come
il
distacco
dal
marito
che
lasciò
a
lei
la
cura
della
figlia
Enrichetta
-
si
parlava
,
a
quei
tempi
,
a
bassa
voce
.
La
storia
dei
«
palpiti
»
della
giovane
attrice
,
che
sta
già
conquistando
la
sua
celebrità
nel
mondo
,
non
giunge
che
sommessamente
al
di
là
del
sipario
.
Non
diventa
cronaca
.
Di
amore
,
per
lei
,
devono
parlare
palesemente
al
mondo
solo
i
personaggi
,
ed
ecco
la
Duse
creare
,
come
forse
nessuno
prima
di
lei
aveva
potuto
,
il
personaggio
a
cento
volti
che
sarà
per
tutta
la
vita
quello
della
grande
innamorata
.
La
donna
,
insomma
,
in
funzione
della
passione
,
della
gelosia
,
del
peccato
,
della
espiazione
,
dell
'
abbandono
quasi
allucinante
del
cuore
e
dei
sensi
:
in
funzione
anche
della
perfidia
,
della
civetteria
,
della
crudeltà
.
Non
più
l
'
eroismo
modellato
dalle
grandi
voci
del
romanticismo
,
ma
quello
della
quotidiana
verità
della
natura
umana
.
Verismo
o
cosiddetto
verismo
?
In
molti
casi
,
si
tratta
di
teatro
borghese
,
adattamento
«
domenicale
»
della
verità
,
in
modo
persino
vieto
e
frusto
.
La
Duse
non
amò
le
Odette
e
le
Fernande
.
Ma
essa
sapeva
essere
più
in
alto
dei
testi
che
recitava
,
più
forte
delle
«
battute
»
e
delle
«
scene
madri
»
,
perché
il
suo
lavoro
era
fatto
tutto
di
approfondimento
nell
'
interno
del
personaggio
,
o
,
come
amava
dire
,
nelle
sue
«
fodere
»
.
Cosa
trovava
là
dentro
?
Trovava
se
stessa
,
il
suo
io
di
donna
sempre
pronto
a
rivelarsi
e
a
moltiplicarsi
in
cento
aspetti
.
Non
più
adattamento
da
teatro
domenicale
,
ma
una
sua
verità
che
poteva
assomigliare
,
appunto
,
a
quella
di
Emma
Bovary
o
di
Anna
Karenina
.
L
'
ansia
per
un
«
vero
»
fatto
di
poesia
e
di
meditazione
l
'
agita
sempre
più
intensamente
.
Su
questa
strada
arriverà
a
Ibsen
,
e
sarà
un
giorno
,
a
trent
'
anni
,
l
'
interprete
di
Casa
di
bambola
.
Aveva
già
amato
un
poeta
.
Ma
l
'
amore
per
Boito
fu
probabilmente
l
'
unione
con
un
«
compagno
d
'
intelligenza
»
.
L
'
attrice
è
celebre
ormai
in
tutto
il
mondo
quando
incontra
quello
che
sarà
l
'
uomo
del
suo
destino
.
Per
D
'
Annunzio
fu
«
obbedienza
infiammata
»
.
Non
si
vuole
fare
il
processo
al
«
superuomo
»
.
Ella
stessa
non
lo
fece
mai
.
Sognò
per
lui
ogni
impresa
,
affrontò
ogni
sacrificio
,
lo
stimolò
a
creare
,
lo
difese
contro
il
pubblico
,
modificò
il
proprio
stile
per
adattarlo
alla
sua
parola
,
perdonò
certe
pagine
del
Fuoco
che
l
'
avevano
amareggiata
.
Per
lui
,
più
giovane
di
cinque
anni
,
la
Duse
combatte
la
battaglia
d
'
amore
della
donna
che
sente
già
la
propria
giovinezza
dileguare
.
Di
volta
in
volta
,
si
esalta
e
si
rattrista
e
in
segreto
si
umilia
.
Vuole
amare
le
cose
che
egli
ama
,
leggere
i
libri
ch
'
egli
legge
,
prediligere
le
pitture
,
i
luoghi
,
le
spiagge
che
quel
gran
«
cicerone
»
le
fa
conoscere
.
Anch
'
egli
l
'
ama
,
ma
non
con
devozione
eguale
.
La
Duse
ha
quarantacinque
anni
,
quando
D
'
Annunzio
scrive
la
Figlia
di
Jorio
.
Ma
il
canto
disperato
di
Mila
non
sarà
più
per
lei
dal
momento
in
cui
l
'
attrice
scopre
che
il
castello
dell
'
amore
si
è
incenerito
e
che
davanti
all
'
inganno
bisogna
uscirne
come
una
donna
velata
.
Sono
,
adesso
,
ancora
nuove
strade
,
nuovi
viaggi
,
nuove
esperienze
nei
nomi
di
Ibsen
,
di
Maeterlinck
,
di
Gor
'
kij
.
Essa
è
sempre
più
«
l
'
attrice
del
mondo
»
,
pallida
malata
,
con
un
viso
da
esilio
per
un
dolore
di
cui
non
parla
mai
.
Si
ritira
.
Comincia
il
grande
silenzio
.
Quattordici
anni
e
la
povertà
le
dice
:
«
Bisogna
ritornare
...
»
.
Ormai
la
sua
salute
è
minata
,
un
filo
d
'
aria
fredda
basta
a
ferirla
.
La
sera
del
grande
ritorno
una
specie
di
galleria
di
tela
si
dice
la
protegga
dalle
correnti
d
'
aria
quando
esce
dal
camerino
per
entrare
in
scena
.
Ha
i
capelli
bianchi
,
non
ha
voluto
nemmeno
un
filo
di
cipria
«
per
non
mentire
»
.
I
fiori
saranno
,
da
allora
in
poi
,
sempre
per
una
chiesa
.
«
Dammi
,
Signore
,
un
cuore
vigilante
in
modo
che
nessun
pensiero
estraneo
mi
porti
lontano
da
te
...
»
,
diceva
una
preghiera
che
le
era
cara
.
Ormai
era
tutta
nella
fede
.
Ancora
l
'
Europa
,
ancora
l
'
America
,
sempre
più
stanca
,
sempre
più
fragile
,
finché
basta
uno
scroscio
di
pioggia
,
sulla
porta
chiusa
del
teatro
di
Pittsburgh
,
per
spegnerla
.
Così
basta
poco
per
morire
alle
bambine
malate
del
paese
dei
suoi
avi
sui
canali
di
Chioggia
battuti
dal
vento
dell
'
Adriatico
,
là
nel
paese
dove
,
a
quattro
anni
,
aveva
recitato
la
parte
di
Cosetta
in
una
riduzione
dei
Miserabili
.