StampaQuotidiana ,
Non
so
in
quale
anno
Ojetti
,
romano
di
nascita
,
fiorentino
d
'
elezione
,
milanese
di
lavoro
,
abbia
comprato
il
Salviatino
.
Prima
,
mi
hanno
raccontato
,
aveva
una
villetta
su
un
viale
della
circonvallazione
-
brutto
nome
,
ma
bellissima
circonvallazione
,
quella
di
Firenze
,
appoggiata
subito
al
primo
gradino
dei
colli
-
e
,
se
non
sbaglio
,
la
vendette
telegraficamente
per
poter
comprare
un
bassorilievo
di
Jacopo
della
Quercia
che
aveva
scoperto
a
Londra
,
in
un
'
asta
.
Rimase
qualche
tempo
senza
casa
,
ma
con
un
pezzo
di
marmo
che
sta
nella
Storia
dell
'
Arte
.
Questo
può
dare
un
'
idea
dell
'
uomo
,
e
del
suo
amore
per
le
cose
belle
e
rare
.
Il
Marmo
di
Jacopo
è
ancora
su
al
Salviatino
,
dove
fu
poi
portato
,
in
una
vecchia
villa
dei
Salviati
che
sembrava
lo
specchio
dell
'
ordine
nelle
cose
e
nelle
idee
così
amato
dallo
scrittore
.
Il
Salviatino
diventò
,
con
gli
anni
,
una
specie
di
museo
prezioso
,
vi
si
raccolsero
una
biblioteca
foltissima
e
un
archivio
addirittura
monumentale
.
Vi
si
andava
come
ad
una
specie
di
amabile
Quirinale
.
Si
suonava
al
cancello
della
portineria
,
in
basso
,
aspettando
che
di
lassù
,
dalla
villa
,
oltre
il
parco
,
si
rispondesse
:
«
Passi
»
.
I
più
si
sforzavano
di
arrivarvi
in
taxi
o
in
tassì
come
aveva
insegnato
a
scrivere
Ugo
.
Federigo
Tozzi
,
nel
1910
,
ci
arrivò
in
bicicletta
,
da
Siena
,
vestito
come
un
girino
,
smaltato
di
fango
,
ma
fu
accolto
egualmente
con
affetto
.
Quando
io
,
venticinque
anni
fa
,
ci
capitavo
,
tremavo
sempre
all
'
idea
che
Ojetti
(
immancabile
lettore
della
terza
pagina
del
«
Corriere
»
)
mi
mettesse
con
garbo
sotto
gli
occhi
un
mio
articolo
segnato
con
un
lapis
sottile
a
tutti
i
francesismi
,
a
tutti
i
punti
e
virgola
sbagliati
,
a
tutti
gli
odiati
esclamativi
.
Caro
Ojetti
,
la
preoccupazione
della
lindura
e
del
finito
l
'
aveva
fatto
un
po
'
pignolo
:
ma
era
un
segno
dell
'
attenzione
con
cui
fra
i
cinquanta
e
i
sessant
'
anni
,
seppe
riconoscere
alcuni
giovani
scrittori
,
come
Piovene
,
Loria
,
Quarantotti
Gambini
,
Arrigo
Benedetti
,
la
cui
opera
,
più
tardi
,
doveva
dimostrare
che
Ojetti
non
era
facile
a
sbagliarsi
.
Nel
mezzanino
della
villa
lo
scrittore
aveva
il
suo
studio
.
La
grande
biblioteca
con
la
quadreria
stava
e
sta
al
primo
piano
:
gli
archivi
,
la
fototeca
,
le
collezioni
di
autografi
al
pianterreno
.
Nello
studio
era
raccolta
una
biblioteca
minore
,
divisa
in
tre
stanze
,
dove
potevi
trovare
,
a
colpo
sicuro
,
tutto
il
pubblicato
e
l
'
inedito
,
per
esempio
,
su
Diego
Martelli
,
amico
dei
Macchiaioli
,
e
combinare
una
perfetta
bibliografia
su
Amedeo
Modigliani
o
su
Ugo
Foscolo
.
Ojetti
non
era
un
improvvisatore
,
amava
documentarsi
all
'
estremo
e
non
fidarsi
della
memoria
.
Teneva
ogni
sera
aggiornato
un
diario
,
e
,
quand
'
era
in
viaggio
,
per
veder
meglio
una
certa
cosa
,
per
obbligare
l
'
occhio
a
una
più
accanita
attenzione
,
ritraeva
quella
cosa
con
qualche
appunto
di
disegno
.
Era
stato
,
in
gioventù
,
scrittore
anche
di
novelle
un
po
'
scorrevoli
,
ma
,
nella
maturità
,
aveva
imparato
a
scrivere
i
capitoli
delle
Cose
viste
in
tre
giorni
e
,
in
quei
giorni
,
non
rispondeva
nemmeno
al
telefono
.
Era
,
nella
conversazione
,
dallo
stile
francese
,
un
po
'
incline
all
'
aneddotica
per
il
gusto
del
ritrattino
d
'
uomo
e
di
ambiente
schizzato
con
pochi
tratti
,
come
certi
appunti
dei
taccuini
di
Boldini
;
ma
dietro
al
suo
scrivere
c
'
era
una
lunga
preparazione
.
Era
difficile
prenderlo
in
fallo
.
Giunto
presto
alla
fortuna
e
quasi
quasi
,
in
un
momento
,
alla
dittatura
delle
arti
e
delle
lettere
,
Ojetti
non
peccò
mai
,
come
capita
agli
arrivati
e
ai
dittatori
,
di
presunzione
.
Innanzi
all
'
artista
-
sia
che
di
questo
dovesse
leggere
un
libro
,
o
un
sottile
racconto
,
o
guardare
un
quadro
-
egli
era
sempre
in
posizione
di
affetto
e
di
rispetto
:
segno
della
sua
intima
civiltà
.
Questo
spiega
perché
egli
fosse
portato
come
scrittore
,
alla
«
cosa
vista
»
e
al
ritratto
:
proprio
in
un
tempo
in
cui
,
in
pittura
,
i
ritrattisti
venivano
,
in
un
certo
ambiente
critico
,
ridicolizzati
,
e
in
letteratura
si
andava
verso
l
'
indefinito
e
l
'
ermetico
,
quasi
cercando
sempre
di
camminare
un
palmo
sopra
terra
.
Dovendo
scrivere
,
un
giorno
,
degli
artisti
italiani
suoi
contemporanei
disegnò
dunque
dei
«
ritratti
»
e
non
volle
aggrovigliare
,
come
oggi
si
farebbe
,
una
lunga
matassa
di
teorie
estetiche
.
È
questo
un
merito
che
fa
ritrovare
ancora
vivi
,
dopo
tanti
anni
,
i
profili
dei
pittori
da
lui
conosciuti
e
amati
,
che
cominciò
a
pubblicare
nel
1911
,
così
come
sono
ancora
vivi
quelli
dei
letterati
di
cui
andò
alla
scoperta
più
di
cinquant
'
anni
fa
,
cominciando
addirittura
da
un
gustosissimo
ritrattino
del
canuto
decano
dell
'
Ottocento
,
Cesare
Cantù
.
Il
tempo
s
'
incaricherà
,
probabilmente
,
di
rivedere
tanto
il
gusto
del
tempo
di
Ojetti
,
quanto
quello
su
cui
con
troppa
sicurezza
si
giura
oggi
.
Importa
,
per
ora
,
che
i
ritratti
,
da
quelli
di
Michetti
e
di
Carena
a
quelli
di
Sartorio
e
di
Spadini
,
siano
fedeli
e
vivi
,
e
che
attorno
ad
essi
sia
vivo
,
come
sa
renderlo
Ojetti
,
l
'
ambiente
del
suo
tempo
anche
se
un
po
'
ottimistico
.
Molta
polvere
si
è
posata
sul
lucido
di
certe
glorie
:
hanno
però
fatto
bene
a
non
spolverarle
.
I
ritratti
ci
guadagnano
così
una
certa
patina
,
e
le
notizie
,
di
cui
Ojetti
era
avvedutissimo
raccoglitore
,
restano
essenziali
e
indicative
.
Magari
,
bisogna
dire
,
venissero
altri
ritrattisti
del
merito
e
dell
'
affetto
di
Ojetti
,
il
«
signore
del
Salviatino
»
.
Il
nostro
tempo
lascerà
ben
pochi
documenti
del
suo
travaglio
e
delle
sue
passioni
.
Non
è
stata
scritta
una
vita
di
Spadini
,
non
si
trova
un
editore
per
una
vita
di
Arturo
Martini
:
non
è
stata
scritta
una
«
cronaca
»
del
Futurismo
o
del
Novecento
o
del
movimento
rondista
:
è
inedito
l
'
epistolario
di
Giovanni
Fattori
.
Sui
pittori
si
pubblicano
sontuose
monografie
,
ma
con
prefazioni
il
cui
valore
informativo
,
per
i
posteri
,
sarà
probabilmente
nullo
.
Gli
Italiani
hanno
sempre
paura
di
non
scrivere
cose
abbastanza
importanti
,
e
,
pretendendo
di
parlare
all
'
eternità
,
finiscono
spesso
per
parlare
al
vuoto
o
ad
una
sola
chiesola
.