StampaQuotidiana ,
Quando
si
dice
che
il
mondo
contemporaneo
è
in
crisi
,
s
'
intende
,
giustamente
,
che
la
crisi
tocca
tutti
,
giovani
o
vecchi
,
nella
loro
condizione
di
uomini
,
non
in
quella
di
cittadini
,
registrati
a
un
'
anagrafe
.
Probabilmente
le
resistenze
psichiche
e
nervose
dell
'
uomo
d
'
oggi
sono
ancora
quelle
dell
'
uomo
di
ieri
e
non
hanno
potuto
adattarsi
alle
nuove
scoperte
della
scienza
,
alla
distruzione
delle
distanze
,
al
diverso
senso
del
tempo
e
ai
profondi
mutamenti
del
costume
.
Non
di
questa
crisi
voglio
parlare
(
quella
che
spiega
tanti
sovvertimenti
morali
,
sociali
e
familiari
)
perché
il
fenomeno
riguarda
meno
l
'
Italia
che
altri
paesi
.
Le
mie
osservazioni
saranno
limitate
soltanto
alla
situazione
della
presunta
«
intelligenza
»
italiana
nel
primo
e
nel
secondo
dopoguerra
di
cui
siamo
stati
vittime
e
attori
.
Il
fatto
che
più
tipicamente
caratterizzò
il
primo
dopoguerra
è
quel
«
viaggio
a
Roma
»
che
i
nostri
vecchi
ignoravano
e
che
dopo
il
'22
si
rese
periodicamente
indispensabile
a
chiunque
esercitasse
un
'
attività
economica
non
semplicemente
subalterna
o
artigiana
.
I
nuovi
Romei
,
se
erano
padri
,
si
recavano
a
Roma
non
già
per
ammirare
le
bellezze
dell
'
Urbe
o
per
umiliare
i
loro
omaggi
ai
piedi
del
Santo
Padre
,
ma
per
ungere
le
ruote
là
dove
fosse
necessario
farlo
ai
fini
dei
loro
affari
leciti
o
illeciti
(
ma
molto
spesso
lecitissimi
)
.
Accentratore
di
tutte
le
forme
della
vita
pubblica
ed
economica
,
il
fascismo
non
poteva
mancare
a
quelle
funzioni
dirigistiche
che
i
suddetti
ungimenti
erano
costretti
a
sollecitare
a
favore
dell
'
uno
piuttosto
che
dell
'
altro
.
I
figli
,
invece
,
andavano
a
Roma
anche
standosene
a
casa
:
ma
in
sostanza
attendevano
l
'
imbeccata
dall
'
alto
,
e
chiedevano
riconoscimenti
e
carriere
(
che
poi
ottennero
)
solo
per
il
fatto
che
obbedivano
a
una
parola
d
'
ordine
e
accettavano
di
non
dar
fastidi
.
Il
nuovo
dopoguerra
-
iniziatosi
nel
1945
-
non
sembra
,
per
qualche
aspetto
,
molto
diverso
dal
precedente
.
I
padri
vanno
a
Roma
come
prima
e
più
di
prima
,
e
la
periferia
,
anche
quella
elle
paga
le
tasse
per
tutti
,
ha
rinunziato
,
dopo
una
platonica
alzata
di
scudi
,
alla
velleità
di
farsi
sentire
;
ma
di
diverso
c
'
è
questo
,
che
i
figli
sono
delusi
e
amareggiati
di
esser
lasciati
soli
.
E
dal
punto
di
vista
materiale
non
hanno
tutti
i
torti
:
hanno
ereditato
una
situazione
difficile
.
Dalla
guerra
1914-18
uscimmo
vittoriosi
,
ma
con
l
'
animo
dei
vinti
,
senza
perciò
avere
neppure
i
vantaggi
psicologici
della
vittoria
.
11
caos
fu
apparentemente
evitato
perché
il
potere
passò
in
poche
mani
,
anzi
in
due
sole
,
il
Paese
s
'
indebitò
e
visse
di
rendita
consumando
le
sue
riserve
.
Rimandata
la
soluzione
di
tutti
i
problemi
di
fondo
era
naturale
che
í
nodi
venissero
al
pettine
dopo
la
sconfitta
;
la
quale
,
accompagnata
dall
'
inevitabile
svalutazione
della
lira
,
noi
produsse
nemmeno
quell
'
euforia
,
quel
vigore
di
ripresa
che
di
solito
è
uno
dei
vantaggi
dei
paesi
vinti
.
Alcune
note
tristi
sono
all
'
ordine
del
giorno
nella
nostra
stampa
periodica
:
decadenza
dell
'
istituto
familiare
,
rilassamento
dei
buoni
costumi
,
crisi
dei
giovani
,
sotto
-
impiego
o
disoccupazione
anche
nel
mondo
degli
intellettuali
.
È
improbabile
che
questi
siano
problemi
solamente
italiani
.
Ma
da
noi
si
avvertono
di
più
perché
l
'
Italia
non
ha
riserve
tali
da
permettersi
il
lusso
di
sprecare
il
superfluo
.
Il
fascismo
aveva
dispensato
i
giovani
dal
pensare
,
distribuendo
posti
e
prebende
a
coloro
che
mostravano
maggior
voglia
di
servire
o
maggiore
aggressività
biologica
.
Agli
esclusi
,
restava
la
soddisfazione
morale
di
essere
fuori
dal
gregge
,
di
essere
controcorrente
.
Se
per
alcuni
fascisti
in
buona
fede
il
fascismo
fu
una
sorta
di
religione
,
altrettanto
lo
fu
l
'
antifascismo
per
coloro
che
lo
professarono
con
vera
convinzione
.
Quale
fede
è
rimasta
ai
giovani
di
oggi
?
I
molti
che
hanno
aderito
al
comunismo
sono
passati
da
un
conformismo
a
un
altro
,
e
se
appartengono
alla
classe
degli
intellettuali
,
non
nascondono
la
loro
delusione
per
le
insolvenze
del
tic
nei
loro
riguardi
.
Il
partito
di
maggior
peso
,
la
Dc
,
non
è
tale
,
per
sua
natura
,
da
poter
accendere
l
'
entusiasmo
dei
giovani
:
manca
dell
'
alone
che
hanno
gli
altri
raggruppamenti
politici
ed
è
più
un
coacervo
di
interessi
creati
che
una
idea
-
forza
.
I
partiti
di
centro
,
poi
,
non
possono
soddisfare
che
piccole
clientele
e
sono
anch
'
essi
privi
di
ogni
attrazione
romantica
.
Non
si
esclude
che
il
cattolicismo
possa
rappresentare
una
fede
per
migliaia
di
giovani
,
ma
non
certo
una
fede
che
possa
dare
frutti
a
breve
scadenza
e
fornisca
mezzi
di
sussistenza
.
Il
cattolicismo
socialmente
attivo
è
travagliato
e
la
DC
ne
raccoglie
solo
un
'
aliquota
.
Non
c
'
è
da
noi
la
questione
dei
preti
operai
,
ma
non
mancano
i
segni
di
una
crescente
delusione
fra
i
giovani
che
credono
di
potersi
dire
cattolici
senza
essere
disposti
a
rinunziare
ai
loro
interessi
terreni
.
Anche
nel
campo
della
generale
Weltanschauung
filosofica
il
disorientamento
appare
completo
.
Dallo
storicismo
crociano
molti
sono
passati
al
materialismo
storico
e
poi
al
materialismo
dialettico
;
il
quale
,
però
,
è
incapace
di
provvedere
una
norma
di
giudizio
in
una
materia
,
l
'
Estetica
,
che
in
una
civiltà
visiva
e
spettacolare
come
la
nostra
,
ha
una
incalcolabile
importanza
.
Quali
sono
i
gusti
dei
giovani
d
'
oggi
?
Un
'
inchiesta
tipo
Gallup
,
se
fosse
seriamente
tentata
,
darebbe
risultati
sorprendenti
.
Il
primo
,
e
il
più
confortante
,
sarebbe
quello
di
appurare
l
'
esistenza
di
un
piccolo
nucleo
di
giovani
che
somigliano
in
tutto
e
per
tutto
ai
giovani
delle
vecchie
generazioni
,
che
lavorano
e
pensano
con
la
propria
testa
e
che
si
rifiutano
ad
ogni
sorta
di
«
intruppamento
»
.
E
a
questo
punto
si
potrebbe
essere
tentati
di
concludere
che
essi
solo
sono
i
veri
giovani
e
che
il
resto
va
abbandonato
al
suo
destino
.
Ma
sarebbe
una
conclusione
frettolosa
perché
una
cultura
ha
bisogno
di
comprimari
e
non
è
detto
che
talvolta
dalla
comparsa
non
possa
venir
fuori
un
personaggio
degno
di
figurare
tra
i
protagonisti
.
I
giovani
d
'
oggi
hanno
fretta
.
In
Italia
non
trovano
nulla
che
rassomigli
,
per
esempio
,
al
British
Council
,
la
garanzia
di
una
carriera
,
sia
pure
intellettuale
,
a
vasto
circolo
,
che
permetta
di
essere
,
contemporaneamente
,
«
dentro
e
fuori
dello
Stato
»
.
Chi
ha
un
papà
solvibile
,
chi
ha
fatto
studi
seri
,
chi
ha
una
vocazione
precisa
entra
in
una
professione
libera
;
chi
riesce
a
vincere
un
concorso
diventa
«
statale
»
per
poi
lamentarsene
tutta
la
vita
.
Ai
margini
,
una
pletora
di
inutili
laureati
accrescono
il
fenomeno
della
disoccupazione
intellettuale
.
Che
studi
hanno
fatto
questi
intellettuali
,
laureati
o
no
?
I
loro
padri
sapevano
almeno
,
più
o
meno
bene
,
il
francese
,
la
lingua
che
dall
'
illuminismo
in
poi
è
stata
il
latino
dei
moderni
.
I
figli
hanno
optato
per
l
'
inglese
,
che
non
s
'
impara
mai
e
che
non
ha
eguali
virtù
formative
.
Sanno
tutto
sulla
storia
del
jazz
,
forse
hanno
sentito
il
Wozzeck
ma
non
il
Trovatore
o
il
Don
Carlos
.
Pensano
che
la
letteratura
italiana
è
«
una
barba
»
.
Sono
grandi
frequentatori
di
cinema
e
lettori
di
giornali
a
rotocalco
.
Ogni
generazione
ha
i
suoi
falliti
ed
è
naturale
che
anche
la
nuova
ne
abbia
.
Ma
prescindendo
dalla
folla
dei
piccoli
arrivisti
,
ciò
che
impressiona
è
il
numero
degli
illusi
e
degli
scontenti
che
non
possiamo
dire
del
tutto
in
mala
fede
.
È
da
questa
parte
che
giungono
le
così
dette
istanze
del
«
realismo
»
che
dovrebbe
rinnovare
la
nostra
cultura
;
e
se
esse
ci
giungessero
solo
da
marxisti
di
professione
potremmo
trovarle
giustificabili
.
Si
ha
invece
l
'
impressione
ch
'
esse
giungano
soprattutto
da
parte
di
sprovveduti
di
ogni
cultura
.
Poiché
il
loro
processo
investe
soprattutto
il
campo
della
nostra
recente
letteratura
(
e
del
cinema
)
non
possiamo
negare
che
se
l
'
etichetta
del
realismo
conviene
a
film
senza
personaggi
,
a
film
volutamente
casuali
e
rapsodici
,
qui
il
realismo
italiano
(
che
sembra
già
a
corto
di
fiato
)
ha
ottenuto
qualche
risultato
.
E
se
realistica
tout
-
court
volete
chiamare
l
'
arte
narrativa
di
Pavese
vada
anche
per
il
realismo
pavesiano
.
Ma
in
sé
la
ricetta
del
neorealismo
è
povera
se
non
è
suffragata
da
un
nuovo
stile
e
da
una
nuova
apertura
d
'
anima
e
di
cultura
.
E
nemmeno
può
tornare
a
un
guazzabuglio
di
impressioni
cronistiche
in
pseudoversi
liberi
chi
voglia
disfarsi
dell
'
aborrito
ermetismo
,
un
indirizzo
che
almeno
in
qualche
caso
aveva
ritrovato
la
via
regia
della
nostra
poesia
,
e
che
in
ogni
modo
non
può
essere
superato
che
dall
'
interno
.
Che
i
giovani
intellettuali
si
sentano
disorientati
è
comprensibile
.
Se
la
euforia
della
liberazione
fosse
durata
a
lungo
e
se
fosse
sorto
qualche
giovane
capace
di
reggere
le
fila
di
un
gruppo
o
di
una
iniziativa
,
o
se
almeno
avessimo
avuto
qualche
nuovo
scrittore
capace
di
trascinarsi
dietro
un
buon
numero
di
satelliti
,
molti
giovani
si
sarebbero
ritrovati
da
sé
,
seguendo
tracce
altrui
.
Invece
gli
scrittori
che
contano
,
con
l
'
eccezione
di
Pavese
,
sono
ancora
quelli
di
ieri
,
che
ai
giovanissimi
d
'
oggi
sembrano
stranamente
sprovvisti
di
crisi
spirituali
,
compromessi
con
un
passato
di
cui
sono
invece
,
per
la
maggior
parte
,
irresponsabili
.
Peggiore
appare
la
situazione
nel
teatro
.
Dopo
il
trionfo
del
cinema
,
è
legge
che
ogni
spettacolo
sia
macchinoso
e
che
in
esso
conti
più
l
'
opera
della
regia
che
quella
dell
'
autore
.
E
infatti
la
regia
,
e
con
essa
quella
dell
'
inviato
speciale
di
tipo
registico
,
sembrano
essere
lesole
nuove
professioni
aperte
ai
giovani
che
hanno
fretta
.
Di
tipo
spettacolare
,
puramente
visivo
,
sembra
essere
la
pittura
non
realistica
e
neppur
figurativa
,
anzi
astratta
,
che
è
entrata
trionfalmente
anche
da
noi
.
Impressionismo
,
cubismo
e
altri
ismi
hanno
vinto
da
un
pezzo
la
loro
battaglia
con
l
'
aiuto
delle
arti
decorative
.
Ed
ora
tenteremo
di
tirare
le
somme
dai
nostri
sparsi
appunti
senza
indulgere
a
quei
toni
predicatori
che
molti
assumono
quando
le
«
generazioni
bruciate
»
si
presentano
alla
ribalta
della
società
.
Prima
di
tutto
bisogna
registrare
un
capovolgimento
se
non
di
valori
,
certo
di
giudizi
che
non
riguarda
solo
i
giovani
.
Immaginate
la
posizione
di
un
uomo
che
si
sia
affacciato
alla
vita
della
letteratura
e
dell
'
arte
appena
trenta
o
quaranta
anni
fa
.
I
Maestri
autorizzati
,
coloro
che
si
esprimevano
dalle
cattedre
,
erano
pronti
a
bollare
dell
'
accusa
di
«
decadentismo
»
qualsiasi
tentativo
di
rottura
e
di
rinnovamento
.
L
'
Italia
pareva
imprigionata
in
una
cultura
sua
,
difesa
da
compartimenti
stagni
;
se
qualcosa
veniva
immesso
dal
di
fuori
(
l
'
idealismo
tedesco
)
era
necessario
dimostrare
che
con
esso
l
'
Italia
tornava
alle
sue
vecchie
tradizioni
vichiane
.
E
in
arte
,
chissà
poi
perché
,
la
nostra
tradizione
era
indicata
come
anti
-
intellettuale
:
Ariosto
,
Verga
,
Di
Giacomo
erano
,
in
vario
modo
e
in
varia
misura
,
i
poeti
esemplari
.
La
Fantasia
creatrice
era
un
dominio
a
sé
,
anche
quando
scendeva
in
terra
col
Maupassant
e
col
Verga
.
Avvenute
le
prime
rotture
,
tornate
in
evidenza
le
ragioni
vitali
del
presunto
intellettualismo
,
i
custodi
della
(
recente
)
tradizione
furono
obbligati
a
laboriosi
processi
di
revisione
interna
.
Ma
più
contò
il
fatto
che
le
rotture
avvenissero
da
parte
di
scrittori
e
di
artisti
,
e
che
l
'
aria
della
nostra
letteratura
-
tra
il
1910
e
il
1940
-
tornasse
ad
essere
,
dopo
lunghissimi
anni
,
un
'
aria
europea
.
Oggi
questo
processo
sembra
da
noi
interrotto
e
coloro
che
vi
hanno
partecipato
sono
spesso
indicati
come
superstiti
esemplari
della
specie
dell
'
arcade
tradizionale
,
del
parruccone
.
Che
i
giovani
abbiano
fretta
nell
'
età
della
velocità
,
è
ben
comprensibile
.
Che
essi
non
si
meraviglino
di
vedere
a
loro
disposizione
un
incredibile
numero
di
giornali
e
riviste
,
con
l
'
aggiunta
della
radio
e
della
1v
,
e
una
vera
fungaia
di
premi
d
'
ogni
genere
,
di
cui
essi
prima
o
poi
dovranno
essere
i
beneficiari
,
è
pure
spiegabile
perché
chi
riceve
i
benefizi
è
indotto
a
sospettare
un
senso
di
colpa
in
chi
glieli
concede
.
Ma
ciò
che
ad
essi
si
deve
chiedere
è
di
comprendere
che
le
loro
difficoltà
non
sono
diverse
da
quelle
affrontate
dai
loro
zii
o
dai
loro
padri
.
Se
hanno
orrore
dei
partiti
che
oggi
sono
al
governo
,
concorrano
a
trasformarli
oppure
ne
fondino
di
nuovi
;
se
sono
uomini
d
'
azione
agiscano
nell
'
ordine
dei
quadri
e
delle
condizioni
esistenti
che
hanno
gran
bisogno
di
rinnovarsi
.
Se
sono
filosofi
,
creino
liberamente
le
loro
nuove
filosofie
;
ma
se
intendono
rinnovare
la
cultura
e
l
'
arte
attraverso
una
critica
puramente
negativa
,
la
via
che
seguono
è
sbagliata
.
Riconosciute
tutte
le
loro
ragioni
,
ciò
che
ad
essi
si
deve
chiedere
è
di
comprendere
prima
di
tutto
se
stessi
.
Appartenere
a
una
generazione
che
non
sa
più
credere
a
nulla
può
essere
un
titolo
d
'
orgoglio
a
chi
creda
all
'
ultima
nobiltà
,
all
'
oscura
esigenza
di
questo
vuoto
;
ma
non
dispensa
affatto
chi
voglia
trasformare
questo
vuoto
in
un
'
affermazione
paradossale
di
vita
,
dal
dovere
di
darsi
uno
stile
.
Se
molti
giovani
non
credono
né
in
Marx
né
nel
Dio
dei
cristiani
e
nemmeno
in
quello
della
democrazia
liberale
o
degli
Stati
Uniti
d
'
Europa
(
o
in
altre
ipotetiche
divinità
)
,
potrebbero
almeno
credere
nella
possibilità
di
esprimersi
in
forme
che
non
siano
di
contrabbando
.
Purtroppo
,
non
è
così
;
e
il
giorno
che
dalle
loro
file
uscirà
un
uomo
vero
,
un
vero
pensatore
,
un
vero
artista
,
i
suoi
giudici
più
severi
saranno
forse
i
suoi
frettolosi
coetanei
.