StampaQuotidiana ,
Non
so
se
molti
fra
coloro
che
hanno
scritto
saggi
o
tesi
di
laurea
sul
Carducci
si
siano
dati
la
pena
di
visitare
l
'
umile
,
quasi
inabitabile
casa
di
Valdicastello
in
cui
il
poeta
nacque
,
nel
1835
.
Di
là
all
'
università
il
volo
fu
breve
:
a
venticinque
anni
il
Carducci
era
già
in
cattedra
.
Viaggi
veri
e
propri
il
poeta
non
compì
mai
;
non
vide
mai
Parigi
,
meta
immancabile
di
ogni
intellettuale
moderno
.
Le
vie
di
comunicazione
,
in
quel
tempo
,
non
dovevano
esser
molto
diverse
da
quelle
che
permisero
all
'
Alfieri
di
trasferirsi
da
Asti
a
Firenze
.
Non
esistevano
radio
,
cinema
,
giornali
illustrati
,
edizioni
«
della
notte
»
;
le
lingue
straniere
bisognava
studiarsele
da
sé
,
a
lume
di
candela
.
Il
ritmo
della
vira
era
sicuramente
au
ralenti
.
Probabilmente
anche
le
stagioni
avevano
un
altro
peso
e
un
altro
senso
.
Aggiungete
a
queste
condizioni
di
vita
la
natura
stessa
della
terra
di
Toscana
,
satura
di
storia
e
di
civiltà
,
e
i
buoni
studi
umanistici
condotti
sotto
la
guida
dei
preti
d
'
allora
;
e
avrete
tutti
gli
addendi
che
sommati
insieme
(
non
dimenticando
il
talento
individuale
)
potevano
portare
al
risultato
ultimo
:
una
poesia
insieme
culturale
e
ingenua
.
Una
poesia
,
in
ogni
modo
,
che
par
fatta
apposta
per
permettere
alla
critica
di
tirar
fuori
i
ferri
del
mestiere
.
Quando
di
un
artista
si
sa
tutto
o
quasi
tutto
:
vita
,
opere
,
amicizie
,
ambiente
;
quando
insomma
è
relativamente
facile
fare
un
salto
indietro
e
ripercorrere
le
tracce
di
una
vita
che
ha
lasciato
reliquie
numerose
e
ancora
recenti
;
allora
è
fatica
abbastanza
agevole
quella
che
ci
propongono
i
critici
storicisti
,
di
rifarci
mentalmente
contemporanei
di
un
uomo
che
non
esiste
più
;
e
di
ripensare
un
'
opera
alla
stregua
delle
premesse
che
l
'
hanno
resa
non
solo
possibile
ma
necessaria
e
irripetibile
.
L
'
impresa
che
ho
rudimentalmente
descritto
(
e
che
consiste
nello
«
storicizzare
»
un
'
opera
e
un
autore
)
diventa
quanto
mai
ardua
nei
casi
in
cui
opere
e
uomini
si
allontanino
nel
tempo
e
nello
spazio
.
Dalla
storia
si
passa
,
qui
,
nella
metastoria
.
Si
lavora
su
qualcosa
che
è
esistito
ma
che
,
strada
facendo
,
si
è
arricchito
d
'
incrostazioni
d
'
ogni
genere
;
rimuovendo
le
quali
(
fosse
possibile
)
l
'
oggetto
in
esame
diverrebbe
non
già
più
chiaro
ma
presumibilmente
oscurissimo
.
Non
allontaniamoci
troppo
:
Medio
Evo
e
Rinascimento
(
pochi
secoli
,
un
batter
d
'
occhio
nella
vita
dell
'
umanità
)
sono
già
termini
in
discussione
,
origini
di
dibattiti
e
di
ipotesi
inconciliabili
;
e
se
dietro
a
queste
etichette
passiamo
alle
opere
(
opere
controverse
,
inattribuite
o
inattribuibili
,
opere
scomparse
o
falsificate
,
opere
gergali
di
cui
abbiamo
perduto
la
chiave
,
manufatti
di
cui
non
sapremo
mai
se
si
tratti
di
arte
o
di
industria
,
ecc
.
)
ci
convinceremo
di
quanto
sia
breve
il
raggio
d
'
illuminazione
che
è
consentito
all
'
indagine
storica
.
L
'
Ottocento
è
il
paradiso
di
tale
indagine
:
tempo
di
crescenza
,
diverso
di
decennio
in
decennio
,
tempo
vicino
a
noi
,
pienamente
comprensibile
e
ricostruibile
.
Ma
se
questa
crescenza
un
giorno
finisse
?
Se
la
velocità
della
vita
moderna
ingenerasse
secoli
e
secoli
di
apparente
stasi
?
Suppongo
che
una
macchina
lanciatissima
dia
quasi
il
senso
di
esser
ferma
;
ed
è
possibile
immaginare
un
'
umanità
futura
in
cui
il
progresso
,
sceso
per
li
rami
a
particolari
minutissimi
,
sembri
in
qualche
modo
immobile
,
non
più
in
divenire
.
È
possibile
pensare
un
tempo
in
cui
non
solo
da
un
decennio
all
'
altro
ma
da
un
secolo
all
'
altro
non
avvengano
più
mutazioni
apparenti
,
e
in
cui
il
figlio
sembri
eguale
al
padre
e
al
nonno
.
Anche
in
un
simile
caso
si
avrà
la
trasformazione
della
storia
in
metastoria
:
e
la
professione
di
critico
(
storico
)
di
arte
o
di
letteratura
non
sarà
delle
più
invidiabili
.
L
'
uomo
che
nasce
oggi
non
può
più
permettersi
il
lusso
-
o
la
perdita
di
tempo
-
che
fu
concesso
a
un
Carducci
.
A
vent
'
anni
non
sa
nulla
ma
in
certo
modo
sa
tutto
,
ha
vissuto
esperienze
che
farebbero
strabiliare
i
nostri
antenati
.
Ma
le
ha
vissute
svuotandole
,
rendendole
inutili
.
Rendersene
conto
,
strabiliarne
vorrebbe
dire
essere
per
metà
antichi
e
per
metà
moderni
,
e
il
risultato
non
potrebbe
essere
che
la
pazzia
.
È
probabile
che
lo
stato
di
collasso
nervoso
in
cui
vivono
giovani
e
vecchi
del
nostro
inoltrato
Novecento
sia
il
prodotto
di
un
inadattamento
,
di
uno
scompenso
.
L
'
uomo
nuovo
nasce
,
per
eredità
,
ancora
troppo
vecchio
per
poter
sopportare
il
nuovo
mondo
;
le
attuali
condizioni
di
vita
non
hanno
ancora
fatto
tabula
rasa
del
passato
,
si
corre
troppo
ma
si
sta
ancora
troppo
fermi
.
L
'
uomo
nuovo
è
,
in
altre
parole
,
tuttora
in
fase
sperimentale
.
O
decide
di
tornare
indietro
(
cosa
forse
impossibile
)
o
deve
correre
di
più
,
per
avere
il
beneficio
di
un
'
apparente
stasi
:
quella
dell
'
ultravelocità
.
Correre
di
più
vuol
dire
alleggerire
il
bagaglio
della
propria
cultura
,
gettar
via
la
zavorra
dei
propri
legami
col
mondo
antico
.
Vuol
dire
diventare
un
essere
di
cui
non
abbiamo
la
più
vaga
nozione
.
Qui
mi
fermo
perché
sento
di
essere
in
errore
.
Mi
basta
guardare
oltre
i
cancelli
della
pineta
da
cui
scrivo
per
convincermi
che
già
esistono
numerosi
campioni
di
un
'
umanità
divisa
fra
lavoro
e
loisirs
,
fra
lavoro
più
o
meno
meccanicizzato
e
ozi
più
o
meno
pianificati
,
non
forse
ingrati
ma
infecondi
.
Oggi
come
ieri
l
'
uomo
lavora
e
si
diverte
;
ma
il
lavoro
è
quello
che
compie
la
parte
di
un
ingranaggio
e
gli
ozi
sono
laboriosi
,
faticosi
e
talvolta
abbrutenti
.
Sono
in
ozio
gli
uomini
e
le
donne
che
vedo
sbarcare
da
macchine
di
lusso
dinanzi
alla
«
Grande
Chaumière
»
che
monopolizza
i
divertimenti
di
qui
?
Donne
dalle
pettinature
faraoniche
e
dai
calzoncini
attillati
,
a
tubo
,
fino
a
metà
del
polpaccio
;
uomini
che
hanno
brache
cascanti
e
maglie
arrotolate
e
annodate
sul
ventre
si
avviano
a
finire
nel
can
-
can
una
giornata
di
canasta
e
di
bridge
.
Non
sono
pochi
,
sono
milioni
in
tutto
il
mondo
,
sono
in
qualche
modo
la
parte
più
progredita
dell
'
umanità
.
Certo
il
progresso
ad
essi
deve
moltissimo
.
Non
è
gente
in
ozio
questa
:
è
gente
veloce
,
in
fuga
dal
tempo
,
dalle
responsabilità
e
dalla
storia
.
È
gente
che
smesso
il
lavoro
non
può
restare
in
compagnia
di
se
stessa
ed
ha
bisogno
-
in
qualsiasi
modo
-
di
«
far
qualcosa
»
per
riempire
il
vuoto
dal
quale
deve
difendersi
.
Non
sono
villeggianti
,
in
una
villa
morirebbero
di
noia
,
in
uno
di
questi
orti
non
saprebbero
accorgersi
del
lavoro
che
i
ragni
,
i
beccafichi
e
le
cetonie
compiono
sulla
più
zuccherina
frutta
del
mondo
,
sulla
pesca
noce
,
sull
'
uva
erbarola
e
sui
grappoli
dell
'
aleatico
.
Sono
estivants
,
gente
che
cerca
la
città
e
«
fa
città
»
dovunque
arriva
.
Ed
ora
sono
giunti
in
Versilia
che
fino
a
pochi
anni
fa
ne
era
immune
.
Li
accoglie
qui
un
collare
di
perle
,
la
delicata
illuminazione
notturna
che
dal
Cinquale
a
Fiumetto
distingue
questa
spiaggia
dalle
altre
;
ed
è
tutto
,
perché
all
'
alba
essi
non
sentono
certo
il
ronzio
dei
maggiolini
sulle
zinnie
,
lo
schiocco
dei
superstiti
merli
delle
pinete
.
Le
loro
camere
si
aprono
sull
'
asfalto
e
quando
scendono
sulla
spiaggia
(
quasi
asfaltata
)
coi
loro
costumi
a
due
pezzi
,
mezzogiorno
è
suonato
e
sulle
loro
teste
non
passa
che
un
aeroplano
che
sparge
manifestini
e
piccoli
paracadute
réclame
.
Il
giorno
che
tutti
avranno
lavoro
e
loisirs
a
sufficienza
e
siano
scomparsi
quegli
improduttivi
otia
che
permettevano
la
maturazione
della
grande
poesia
non
è
detto
che
anche
l
'
arte
venga
meno
sulla
faccia
della
terra
.
Una
totale
trasformazione
dell
'
uomo
in
macchina
non
è
immaginabile
.
Ma
si
accentuerà
nell
'
arte
futura
quel
carattere
preistorico
che
già
colpisce
nelle
odierne
manifestazioni
.
Avremo
«
pezzi
»
d
'
arte
pura
,
e
perciò
assolutamente
inspiegabile
;
pezzi
da
mettersi
accanto
ai
migliori
dell
'
arte
sumera
,
egiziana
,
maya
,
ecc
.
;
e
che
nessuno
vorrà
affaticarsi
a
porre
in
rapporto
con
una
figura
,
con
una
personalità
d
'
autore
;
pezzi
o
,
se
si
vuole
,
opere
che
non
sarà
possibile
inserire
in
una
storia
individuale
.
Ridotta
a
bocconi
anche
la
poesia
figurerà
nel
museo
immaginario
di
domani
.
E
forse
allora
nessuno
ricorderà
che
un
grande
filosofo
umanista
-
il
nostro
Croce
-
non
ammise
che
possa
darsi
storia
della
poesia
.
O
solo
qualche
erudito
ne
saprà
qualcosa
e
vedrà
in
questa
teoria
uno
dei
più
singolari
aspetti
della
lotta
del
nostro
tempo
contro
il
Tempo
.