StampaQuotidiana ,
Gli
mancano
tre
esami
e
la
tesi
per
laurearsi
medico
,
entro
il
prossimo
anno
accademico
,
e
ce
la
farà
senz
'
altro
,
perché
gli
preme
,
perché
crede
in
questa
professione
come
in
un
modo
concreto
,
anzi
manuale
,
di
aiutare
chi
soffre
.
Intanto
,
a
ventisette
anni
,
ha
trovato
il
tempo
per
fare
un
mucchio
di
altre
cose
:
recita
al
«
Gerolamo
»
la
parte
dell
'
allampanato
Gervasino
,
ha
studiato
armonia
e
composizione
,
suonato
il
pianoforte
in
orchestrine
da
ballo
,
comparirà
in
un
film
di
produzione
romana
ma
di
ambiente
milanese
,
ogni
sera
ci
fa
sentire
le
sue
canzoni
in
un
locale
notturno
.
Sono
circa
due
anni
che
Enzo
Jannacci
scrive
canzoni
,
da
Il
cane
coi
capelli
,
che
era
un
garbato
(
e
goliardico
)
nonsense
,
alle
ultime
cose
,
che
sono
le
migliori
.
Nato
e
cresciuto
a
Milano
,
giù
verso
l
'
Idroscalo
-
è
figlio
di
un
aviatore
-
gli
indovini
subito
nel
colorito
e
nei
tratti
marcati
del
viso
l
'
ascendenza
pugliese
,
e
certe
sue
impennate
canore
,
che
paiono
astratte
,
ricordano
invece
i
toni
dell
'
ambulante
,
dell
'
erbivendolo
meridionale
da
poco
inurbato
,
e
tuttora
avvezzo
a
«
cantare
»
la
sua
merce
.
Jannacci
fa
,
oltre
tutto
,
un
lavoro
di
recupero
culturale
per
nulla
trascurabile
.
«
Non
so
se
è
la
prima
volta
che
sentite
questa
storia
...
»
È
il
tipico
incipit
del
cantastorie
.
Oppure
:
«
Dee
scusà
,
ma
mi
vori
canta
,
d
'
un
me
amis
che
l
'
era
andà
a
fa
'
l
bagn
,
su
el
stradun
per
andare
all
'
Idroscalo
;
l
'
era
lì
e
l
'
amore
lo
colpì
»
.
Qui
,
come
si
vede
,
il
dialetto
cede
alla
lingua
proprio
quando
l
'
immagine
,
e
il
concetto
,
è
di
natura
«
colta
»
:
l
'
informazione
data
a
un
passante
,
il
ricordo
di
una
frase
letta
o
sentita
.
L
'
amico
,
in
questo
caso
,
è
un
barbone
che
portava
le
scarpe
da
tennis
e
parlava
da
solo
,
innamorato
di
una
donna
«
bianca
e
rossa
che
pareva
il
tricolore
»
.
Ma
è
difficile
raccontare
una
canzone
di
Jannacci
,
perché
tutte
sono
legate
al
suo
modo
di
farle
sentire
,
che
è
inimitabile
:
bisogna
andarlo
a
vedere
.
Tiene
la
chitarra
dritta
,
orizzontale
,
sotto
il
mento
,
come
per
isolare
una
maschera
dura
e
immobile
;
inteccherito
quasi
ligneo
il
corpo
,
accenna
qualche
raro
passo
,
prima
della
strofa
finale
:
«
L
'
han
truvà
sota
a
un
mucc
de
cartun
;
l
'
han
guardà
,
el
pareva
nisun
;
l
'
han
tucà
,
el
pareva
che
durmiva
;
lassa
sta
che
l
'
è
roba
de
barbun
»
.
Poi
l
'
ultimo
ritornello
gli
esce
di
gola
come
un
urlo
rabbioso
quel
barbone
con
le
scarpe
da
tennis
morto
sotto
un
mucchio
di
cartone
è
veramente
suo
amico
.
La
gente
del
night
sempre
un
po
'
distratta
ride
,
ma
intanto
non
riesce
a
evitare
un
brivido
lungo
la
schiena
.
Ma
chi
è
dunque
Jannacci
,
questo
ragazzo
che
,
smessa
la
maschera
delle
sue
canzoni
,
ridiventa
mite
e
timido
e
compito
?
A
chi
somiglia
?
Ci
pensi
e
ti
viene
in
mente
il
nome
di
Petrolini
:
nessun
altro
.
Difficile
dire
,
oggi
,
se
Enzo
farà
altrettanto
;
se
diventerà
per
esempio
un
buon
medico
e
basta
.
Di
sicuro
però
la
stoffa
è
quella
.