StampaQuotidiana ,
I
D
'
Orlando
,
madre
e
figlio
,
abitano
in
una
traversa
di
via
Paolo
Sarpi
a
Milano
;
un
quartiere
popolare
,
di
costruzioni
vecchie
,
al
massimo
a
tre
piani
,
coi
fondi
tutti
occupati
da
una
fila
continua
di
negozi
e
qualche
bottega
imprevista
,
come
quella
dove
ancora
fabbricano
a
mano
ceri
e
candele
di
tutte
le
misure
.
Loro
due
stanno
a
un
quarto
piano
di
una
casa
non
diversa
dalle
altre
:
nel
cortile
la
fila
di
bidoni
della
spazzatura
,
la
scala
stretta
ed
erta
,
umida
fino
a
sapere
di
muffa
,
le
file
degli
usci
che
si
aprono
sul
ballatoio
,
rimasto
come
ai
tempi
in
cui
l
'
appartamento
si
riduceva
a
una
stanza
e
i
«
servizi
»
erano
in
comune
,
giù
in
fondo
.
Sulla
porta
di
casa
,
sotto
il
nome
a
caratteri
rossi
,
stampati
-
di
certo
il
ritaglio
d
'
un
catalogo
di
mostra
-
c
'
è
un
altro
cartiglio
,
scritto
a
mano
,
che
dice
:
«
Gordon
Vernon
,
B.A.
Teacher
of
English
»
.
Aprono
e
sono
due
stanzucce
:
un
tramezzo
nella
prima
isola
il
cucinino
,
col
fornello
a
gas
,
l
'
acquaio
e
un
piccolo
frigorifero
,
e
basta
appena
a
contenere
un
armadio
e
una
rete
di
letto
col
materasso
e
la
coperta
alla
militare
.
Nell
'
altra
,
l
'
unica
vera
camera
,
due
brande
:
ci
dormono
appunto
Pasquale
D
'
Orlando
e
l
'
amico
suo
baccelliere
che
dà
lezioni
private
d
'
inglese
,
poi
due
tavoli
,
una
scrivania
accostata
al
muro
,
uno
scaffaletto
pei
libri
e
in
un
angolo
,
ammucchiati
,
barattoli
vuoti
di
colore
e
di
tè
.
I
telai
delle
finestre
sono
dipinti
di
rosso
vivo
.
Pasquale
è
un
ragazzo
robusto
e
paffuto
,
che
non
dimostra
i
suoi
ventisette
anni
.
Come
accade
spesso
nei
napoletani
-
e
contro
un
luogo
comune
che
li
vuole
scuri
,
anzi
bluastri
-
lui
ha
gli
occhi
chiari
,
le
guance
rosee
,
la
barba
scarsa
.
Più
tardi
entra
un
suo
amico
piccoletto
,
biondo
,
fine
nei
lineamenti
,
e
lo
scambio
per
il
coinquilino
inglese
,
mentre
invece
è
napoletano
anche
lui
.
Ma
finalmente
eccola
,
la
madre
,
Maria
D
'
Orlando
:
è
molto
piccola
,
tonda
,
con
la
faccia
piena
,
i
capelli
grigi
raccolti
a
ciuffo
,
un
occhio
velato
e
semichiuso
.
Sulla
veste
turchina
porta
uno
zinale
nero
e
tiene
le
gambe
in
certi
calzerotti
di
lana
grossa
,
grigi
.
Quando
si
accomoda
a
sedere
il
figlio
deve
metterle
sotto
i
piedi
un
barattolo
vuoto
,
altrimenti
non
arriva
a
toccare
terra
.
Le
domando
per
curiosità
la
sua
statura
,
e
lei
va
a
prendere
dentro
l
'
armadio
,
in
una
custodia
di
plastica
insieme
ad
altri
documenti
,
la
carta
d
'
identità
:
Maria
Zarrillo
in
D
'
Orlando
,
vedova
,
nata
a
Torre
del
Greco
nel
1897
,
statura
bassa
.
Infatti
,
così
a
occhio
,
non
dovrebbe
superare
il
metro
e
quaranta
.
Eppure
quando
sorride
diventa
bella
,
con
quei
bei
denti
sani
e
bianchi
:
fa
accomodare
anche
me
e
Sergio
Cossu
,
che
è
ritornato
per
fare
altre
fotografie
,
ma
anche
,
mi
pare
,
perché
ormai
si
considera
di
casa
e
ci
viene
volentieri
,
ci
offre
un
bicchierino
stravecchio
(
l
'
etichetta
dice
ancora
cognac
)
,
e
ci
dà
il
tempo
di
guardare
intorno
.
Appesi
al
muro
quadri
,
del
figlio
e
suoi
.
Questi
ultimi
si
riconoscono
subito
,
per
la
violenza
dei
colori
e
il
piglio
deciso
dei
tratti
:
figure
umane
,
fiori
,
un
carretto
,
cavalli
;
su
tela
,
su
compensato
,
su
carta
,
e
ciascuno
ha
in
un
angolo
,
a
mo
'
di
firma
,
la
croce
.
Infatti
Maria
D
'
Angelo
non
ha
mai
imparato
a
scrivere
,
né
sa
leggere
.
Ha
imparato
invece
a
dipingere
:
basta
una
scorsa
alle
due
grosse
cartelle
che
il
figlio
sta
voltando
sul
tavolo
.
f
)
ai
primi
abbozzi
con
la
penna
a
sfera
,
ai
quadri
appesi
,
ai
fogli
di
queste
ultime
settimane
c
'
è
un
'
evoluzione
evidente
,
pur
restando
identici
i
temi
,
insistiti
tenacemente
;
ancora
figure
umane
,
ancora
cavalli
,
ancora
carretti
.
E
lei
spiega
:
questi
sono
due
bambini
che
portano
i
fiori
alla
mamma
;
e
anche
la
mamma
sta
mutandosi
in
pianta
,
le
nascono
dentro
rami
e
foglie
.
Questo
è
un
bambino
travolto
da
un
cavallo
:
ma
il
cavallo
sta
mettendo
una
coda
di
pavone
,
coloritissima
.
Questo
è
un
uomo
che
spinge
un
carretto
,
ma
le
ruote
son
viste
,
per
così
dire
,
in
sviluppo
,
sono
due
fondi
accanto
al
rettangolo
del
carretto
.
In
tutto
Maria
D
'
Orlando
ha
da
mostrare
cinquecento
opere
.
Ma
come
è
stata
,
questa
scoperta
della
pittura
?
Lo
spiega
il
figlio
Pasquale
,
di
professione
pittore
:
volle
fare
lui
una
specie
di
esperimento
,
mettere
in
mano
alla
madre
analfabeta
quest
'
altro
modo
di
esprimersi
,
vedere
il
comportamento
d
'
una
creatura
«
primitiva
»
,
d
'
una
donna
di
sessantacinque
anni
,
carica
di
esperienza
,
ma
rimasta
culturalmente
bambina
.
Non
le
diede
alcun
consiglio
,
di
nessun
genere
,
anzi
oggi
è
lei
che
-
mi
spiega
Pasquale
-
dà
al
figlio
avvertimenti
su
come
scegliere
e
accostare
i
colori
:
i
suoi
sono
squillanti
,
arditi
,
suggestivi
,
sottolineano
i
simboli
già
così
chiari
del
disegno
.
Come
mai
,
le
chiedo
,
occhi
così
grandi
e
così
rossi
,
in
quella
figura
maschia
,
anzi
virile
,
perché
su
questo
punto
il
disegno
non
lascia
davvero
dubbio
alcuno
.
Lei
sorride
,
alza
gli
occhi
per
guardami
in
faccia
(
col
sommo
della
testa
mi
arriva
di
poco
sopra
il
gomito
)
e
fa
:
«
Eh
,
voi
capite
,
non
mi
piace
la
cosa
meschina
,
piccirella
.
L
'
uomo
è
grande
»
.
Per
esempio
Giovanni
,
il
povero
marito
suo
,
morto
nel
quarantaquattro
:
lo
chiamavano
di
soprannome
Scialone
,
perché
era
un
gigante
,
fortissimo
,
capace
di
spingere
su
un
carretto
dodici
quintali
di
farina
lungo
una
salita
.
Si
spargeva
la
voce
che
Scialone
spingeva
dodici
quintali
,
e
la
gente
usciva
dalle
case
per
assistere
allo
spettacolo
.
E
pensare
che
s
'
era
scelto
per
moglie
una
donna
così
piccola
,
e
per
giunta
figlia
della
Madonna
.
Qualcuno
la
prese
con
sé
,
ma
non
ebbe
mai
una
madre
e
un
padre
,
neanche
adottivi
:
anzi
,
a
dieci
anni
già
l
'
avevano
messa
a
guardare
le
bestie
giù
in
una
masseria
dalle
parti
di
Cassino
.
Lei
non
ci
stava
volentieri
,
così
un
bel
giorno
scappò
:
andò
alla
stazione
,
vestita
come
una
«
pacchianella
»
e
lì
trovò
un
soldatino
che
,
saputa
la
storia
,
le
mise
in
mano
due
lire
,
e
le
dette
questo
consiglio
:
salita
in
treno
,
al
controllore
doveva
dire
esattamente
:
tengo
due
lire
e
dieci
anni
,
e
sono
figlia
della
Madonna
.
Se
volete
che
scenda
,
io
scendo
.
Ma
chi
poteva
avere
il
cuore
di
buttar
giù
dal
treno
una
figlia
della
Madonna
?
Le
diedero
un
lavoro
migliore
,
e
per
tutta
la
vita
Maria
lavorò
:
il
marito
facchino
lei
col
carretto
delle
erbe
e
delle
verdure
.
Ebbe
due
figli
,
ma
altri
ne
perse
durante
la
gravidanza
,
perché
le
crescevano
in
grembo
troppo
grossi
,
e
poi
una
volta
ci
fu
lo
spavento
d
'
un
cavallo
imbizzarrito
,
quello
appunto
che
ritorna
tanto
spesso
nella
sua
pittura
.
Morto
Scialone
nel
'44
,
con
la
guerra
appena
finita
,
furono
anni
di
fame
.
Il
figlio
maggiore
se
ne
andò
in
Francia
,
«
passò
le
montagne
»
e
anche
lì
trovò
vita
difficile
,
la
polizia
arrivò
al
punto
di
fargli
mangiare
il
sapone
,
per
tormento
e
dispetto
contro
questo
«
terrone
»
che
osava
venirsene
a
rubare
il
pane
ai
cittadini
francesi
,
e
lui
,
per
farsi
condurre
finalmente
dal
console
italiano
,
fece
diciassette
giorni
di
sciopero
della
fame
.
Al
figlio
più
piccolo
,
Pasquale
,
questo
,
fece
in
modo
di
assicurare
il
pane
mettendolo
in
una
casa
di
rieducazione
a
Urbino
,
dove
i
metodi
rieducativi
erano
quelli
vecchi
,
botte
sulle
mani
con
una
cinghia
di
cuoio
bagnata
.
Eppure
a
Urbino
lui
fece
i
suoi
primi
studi
d
'
arte
,
pittura
,
ceramica
,
grafica
,
e
quando
fu
in
età
da
andare
soldato
,
rinunciò
all
'
esonero
che
gli
spettava
e
trovò
il
modo
,
dopo
il
CAR
di
Pesaro
,
di
farsi
mandare
a
Milano
,
perché
Milano
era
-
ed
è
-
la
capitale
dell
'
arte
moderna
in
Italia
.
Aviatore
,
durante
la
libera
uscita
cominciò
a
frequentare
i
bar
intorno
a
Brera
,
e
lì
conobbe
i
suoi
amici
di
oggi
,
questi
stessi
che
,
come
Grippa
,
Dova
,
Fontana
,
sono
venuti
a
vedere
i
dipinti
della
madre
Maria
,
e
ne
parlano
con
schietto
entusiasmo
,
come
d
'
un
bell
'
esempio
di
pittura
naïve
.
A
Milano
Pasquale
volle
restare
anche
dopo
il
congedo
,
tirando
la
cinghia
ma
senza
mai
rinunciare
al
suo
sogno
,
d
'
essere
pittore
e
basta
.
Anzi
,
appena
possibile
chiamò
con
sé
la
madre
,
e
adesso
nelle
due
stanzucce
al
quarto
piano
di
via
Messina
6
sono
in
due
ad
adoperare
il
pennello
,
non
sono
rose
neanche
ora
:
l
'
affitto
è
sulle
ventimila
lire
al
mese
,
come
riscaldamento
c
'
è
solo
una
stufetta
di
ghisa
che
mangia
altre
ventimila
lire
fra
carbone
e
legna
.
Che
proprio
saltino
i
pasti
non
si
può
dire
,
ma
capita
che
qualche
sera
lei
sia
costretta
a
«
inventare
»
la
cena
ed
è
una
brava
cuoca
.
Quando
cucina
ha
gli
stessi
gesti
di
quando
dipinge
,
o
forse
è
vero
il
contrario
:
foglio
di
carta
sul
tavolo
,
apre
i
barattoli
dei
colori
con
la
stessa
amorosa
precisione
con
cui
dosa
il
sale
nella
pentola
,
e
traffica
con
il
pennello
come
se
rimestasse
una
minestra
coi
«
pulpetielli
»
.
I
quadri
li
abbiamo
visti
,
il
brodo
di
polpi
,
ancora
polpi
per
secondo
piatto
,
conditi
a
olio
e
limone
,
li
verremo
ad
assaggiare
un
'
altra
volta
,
senza
impegni
di
lavoro
,
da
buoni
amici
di
casa
,
Cossu
ed
io
.
Ma
intanto
facciamo
queste
altre
fotografie
,
montiamole
un
po
'
.
Ecco
bisognerà
fissare
alla
porta
,
con
qualche
chiodino
,
i
disegni
già
scelti
,
e
poi
mettere
lei
seduta
su
quello
sfondo
,
magari
mentre
pela
le
patate
,
ché
tanto
le
deve
pelare
per
cuocerle
a
tocchettini
nel
brodo
.
Forse
i
disegni
sono
troppi
,
e
lei
interviene
:
«
Sergio
,
state
a
sentire
a
mammà
.
Qui
risulta
troppa
confusione
,
nevvero
?
Levate
,
levate
»
.
E
si
siede
,
con
il
barattolo
vuoto
a
fare
da
poggiapiedi
altrimenti
non
tocca
terra
.
Prima
del
congedo
vuole
abbracciare
tutti
e
tre
,
anche
il
figlio
che
pure
rimane
in
casa
.
«
Prima
che
il
Signore
mi
chiama
voglio
lasciare
un
milione
di
lavoro
»
,
gli
dice
.
E
siccome
il
figlio
scatta
su
a
rispondere
che
non
sono
i
quattrini
la
cosa
più
importante
,
lei
precisa
:
«
Un
milione
di
lavoro
,
un
milione
di
quadri
.
Li
lascio
al
figlio
,
ma
la
consolazione
è
mia
:
quando
faccio
un
quadro
sono
consolata
»
.