StampaQuotidiana ,
Gino
Cervi
è
tornato
a
cingere
la
gran
pancia
di
Falstaff
come
nel
1939
quando
,
della
stessa
commedia
shakespeariana
,
diede
una
non
dimenticata
interpretazione
con
la
compagnia
dell
'
Eliseo
(
la
Morelli
,
la
Pagani
,
Stoppa
;
fu
un
fatto
teatrale
che
tutti
ricordano
)
e
la
regia
di
Pietro
Sharoff
,
come
oggi
.
Gino
Cervi
ha
,
per
il
personaggio
di
Falstaff
,
un
'
inclinazione
,
diremmo
,
eroicomica
,
come
per
il
personaggio
di
Cirano
(
stabilite
,
fra
il
primo
e
il
secondo
,
le
necessarie
proporzioni
,
s
'
intende
)
.
Ma
è
un
'
inclinazione
eroicomica
di
natura
borghese
;
mi
pare
proprio
che
,
anche
sotto
la
pancia
di
Falstaff
,
come
sotto
il
giustacuore
di
Cirano
,
il
Cervi
rimanga
quel
borghese
solido
e
dimesso
,
attivista
e
bonario
che
è
nei
personaggi
in
panni
moderni
,
non
dà
mai
nei
toni
del
tenore
o
del
baritono
e
si
porta
sempre
sulle
spalle
o
,
come
ieri
sera
,
nella
pancia
posticcia
,
il
suo
bravo
carico
di
concreta
malinconia
.
La
malinconia
di
Falstaff
,
e
lo
si
sente
nelle
ultime
battute
,
è
quella
del
grassone
beffato
e
velleitario
,
scorbacchiato
e
senile
;
e
ciò
che
appunto
l
'
interprete
sottolinea
in
modo
preciso
,
senza
per
questo
mandarla
al
tragico
.
E
ci
piace
assai
più
quest
'
ombra
,
che
è
nelle
sue
parole
,
di
tutta
l
'
alta
buffoneria
che
viene
prima
,
il
pancione
nella
cesta
della
biancheria
,
il
grosso
stolto
nel
parco
di
Windsor
,
con
in
testa
le
corna
di
cervo
e
ai
reni
i
pungoli
dei
beffeggiatori
travestiti
da
folletti
e
fate
del
bosco
,
il
deluso
amatore
costretto
a
camuffarsi
da
donna
senza
per
questo
riuscire
a
evitare
le
bastonate
del
marito
geloso
.
Ora
non
vi
intratterrò
sulle
Allegre
comari
di
Windsor
grande
commedia
sanguigna
e
ambigua
(
quelle
comari
,
quelle
borghesi
di
Windsor
,
che
si
prendono
gioco
di
Falstaff
perché
come
mogli
sono
oneste
,
sì
,
ma
il
diavolo
in
corpo
ce
l
'
hanno
lo
stesso
,
sarebbe
bello
da
vedere
se
,
a
insidiare
le
loro
virtù
fosse
non
già
il
ridicolo
grassone
ma
il
bel
Fanton
,
giovane
signore
)
;
non
vi
intratterrò
su
un
testo
reso
popolare
fra
l
'
altro
dalla
musica
di
Verdi
,
su
un
testo
che
,
a
stare
alla
tradizione
,
Shakespeare
scrisse
in
quindici
giorni
per
ubbidire
a
un
ordine
della
regina
Elisabetta
.
Detto
che
forse
,
come
personaggio
,
Sir
John
Falstaff
,
gentiluomo
pingue
,
squattrinato
e
spaccone
,
è
più
realizzato
nella
prima
e
nella
seconda
parte
dell
'
Enrico
IV
,
quando
,
in
chiave
di
burla
,
il
poeta
lo
mette
persino
a
sedere
,
per
qualche
minuto
,
sul
trono
d
'
Inghilterra
,
bisogna
aggiungere
che
qui
c
'
è
,
però
,
intorno
a
lui
,
la
commedia
,
la
descrizione
beffarda
delle
due
comari
e
di
quella
signora
Quickly
,
trafficona
e
pronuba
,
mezzana
e
complice
,
e
di
quel
Franco
Ford
che
è
proprio
un
«
cocu
»
mancato
,
e
di
quella
buffa
società
provinciale
;
c
'
è
insomma
la
grande
commedia
tratta
,
nell
'
articolazione
della
sua
vicenda
,
dalla
novellistica
italiana
,
dalle
Notti
dello
Straparola
;
Shakespeare
era
nei
suoi
anni
migliori
,
gli
anni
dell
'
Amleto
e
del
Giulio
Cesare
.
Parliamo
ora
dello
spettacolo
.
I
confronti
sono
sempre
odiosi
,
come
si
sa
,
ma
in
questo
caso
è
dovere
del
critico
minimamente
aggiornato
sui
più
recenti
fatti
teatrali
italiani
,
stabilire
un
parallelo
,
per
esempio
,
fra
questa
regia
di
Sharoff
e
quella
,
firmata
da
Luigi
Squarzina
,
al
Teatro
Stabile
di
Genova
,
di
un
'
altra
commedia
shakespeariana
,
quella
Misura
per
misura
che
non
era
mai
stata
rappresentata
in
Italia
e
che
l
'
anno
scorso
il
pubblico
genovese
e
quello
romano
poterono
conoscere
.
Sì
,
Misura
per
misura
è
un
'
opera
più
macchinosa
e
complessa
e
anche
meno
logorata
dalle
interpretazioni
e
si
presta
forse
di
più
alle
escogitazioni
registiche
,
alle
invenzioni
e
alle
fantasie
di
un
estro
spettacolare
;
ma
chi
per
avventura
abbia
assistito
a
tutt
'
e
due
le
realizzazioni
,
non
potrà
non
aver
constatato
quanto
lo
spettacolo
di
Genova
fosse
più
approfondito
e
preciso
,
come
rivelasse
la
ricerca
di
uno
stile
e
di
un
significato
che
andasse
al
di
là
dell
'
interesse
melodrammatico
della
trama
,
al
nocciolo
di
quello
Shakespeare
che
,
appunto
in
Misura
per
misura
,
nel
punto
più
alto
della
commedia
,
parla
della
«
stella
che
apre
gli
ovili
»
,
al
mattino
.
Nello
spettacolo
cui
abbiamo
assistito
ieri
sera
,
con
bei
costumi
e
buone
scene
(
ma
non
tutte
,
due
o
tre
non
ci
sono
piaciute
)
dovute
a
John
More
e
a
Veniero
Colasanti
,
c
'
è
qualcosa
di
approssimativo
,
di
non
ben
fuso
,
qualcosa
che
sa
un
poco
di
«
routine
»
vecchio
stile
;
restano
intatti
,
naturalmente
,
colore
e
buffoneria
.
Ciò
va
detto
,
per
scrupolo
di
verità
,
senza
togliere
una
briciola
del
suo
merito
a
un
'
interpretazione
,
come
quella
di
Cervi
,
che
non
potrebbe
essere
più
festante
e
fastosa
,
sempre
restando
ben
raccolta
,
come
una
polpa
,
intorno
a
quel
nocciolo
d
'
umanità
di
cui
si
diceva
all
'
inizio
;
accanto
a
lui
,
nelle
parti
delle
due
comari
,
un
'
Olga
Villi
irridente
e
ammiccante
e
una
Anna
Miserocchi
sostenuta
e
cauta
,
come
portata
per
forza
alla
beffa
dal
gioco
della
commedia
;
la
signora
Quickly
di
Vittorina
Benvenuti
,
pur
efficace
,
la
si
sarebbe
voluta
più
argutamente
caratterizzata
;
pastosamente
comico
Glauco
Mauri
,
veramente
a
suo
agio
nel
personaggio
di
Ford
;
degli
altri
,
sono
da
ricordare
Adriana
Vianello
,
amorosetta
un
poco
acerba
,
Ennio
Balbo
,
Tullio
Valli
,
Raoul
Grassilli
,
Armando
Bandini
,
pittoresco
ma
un
po
'
troppo
caricato
,
Gianfranco
Ombuen
,
Alfredo
Censi
e
Renato
Mori
.
Adattamenti
musicali
di
Gian
Luca
Tocchi
e
Bruno
Nicolai
,
una
bella
coreografia
finale
e
molti
applausi
.