StampaQuotidiana ,
Il
grande
airone
ha
chiuso
le
ali
.
Quante
volte
Fausto
Coppi
evocò
in
noi
l
'
immagine
di
un
grande
airone
lanciato
in
volo
con
il
battere
delle
lunghe
ali
e
sfiorare
valli
e
monti
,
spiagge
e
nevai
?
Fortissimo
e
fragile
al
tempo
stesso
,
qualche
volta
la
stanchezza
o
la
sfortuna
lo
abbattevano
e
lo
facevano
crollare
a
terra
,
sul
ciglio
di
una
strada
o
sull
'
erba
del
prato
di
un
velodromo
;
la
sua
figura
sembrava
spezzarsi
in
una
strana
geometria
,
come
quella
di
un
pantografo
,
e
una
volta
di
più
suscitava
l
'
immagine
di
un
airone
ferito
.
Altre
volte
,
era
l
'
immagine
di
una
tragica
conclusione
di
caccia
.
Quante
volte
,
di
lui
affranto
per
la
stanchezza
sull
'
erba
,
a
pochi
metri
da
un
traguardo
,
sentimmo
dire
:
«
Sembra
un
cervo
moribondo
!
»
.
L
'
occhio
galleggiava
immobile
,
con
la
pupilla
arrovesciata
al
limite
della
palpebra
:
le
guance
erano
scavate
,
le
labbra
anelanti
per
l
'
amara
fatica
:
le
lunghe
braccia
,
le
lunghe
gambe
come
buttate
là
,
senza
più
armonia
,
scompostamente
,
in
una
stanchezza
mortale
.
La
fragilità
fu
la
compagna
sinistra
di
quest
'
uomo
che
per
tanti
anni
sembrò
un
ragazzo
,
il
ragazzo
più
forte
di
tutti
,
sostenuto
da
una
energia
quasi
magica
,
una
forza
da
racconto
delle
fate
.
Il
trittico
su
cui
poggiava
il
misterioso
«
sistema
»
delle
sue
capacità
fisiche
-
cuore
,
polmoni
,
muscoli
-
nascondeva
,
quasi
invisibile
,
un
punto
di
estrema
vulnerabilità
.
Questa
era
la
vulnerabilità
dei
ragazzi
.
Coppi
era
rimasto
tale
:
sembrava
si
fosse
fermato
al
gradino
dei
sedici
anni
:
ossa
troppo
leggere
-
dicevano
:
«
uno
scheletro
di
canna
...
»
-
nervi
troppo
scoperti
,
un
ingenuo
palpitare
dei
sentimenti
,
un
difficile
equilibrio
fra
l
'
animo
del
ragazzotto
di
campagna
ch
'
egli
era
stato
e
l
'
uomo
che
la
vita
l
'
aveva
costretto
a
diventare
.
Un
abulico
che
poteva
scatenare
fulminei
scatti
di
lampeggiante
volontà
:
un
uomo
rimasto
per
tutta
la
vita
stranamente
melanconico
;
favorito
dalla
natura
,
perseguitato
-
bisogna
dirlo
anche
se
toccò
le
soglie
della
più
alta
fortuna
-
perseguitato
,
ripeto
,
dalla
sorte
.
Ora
che
le
ali
del
«
campionissimo
»
si
sono
chiuse
,
non
si
può
non
ricordare
quante
volte
la
sua
carriera
e
la
sua
vita
stessa
corsero
il
rischio
di
essere
spezzate
da
quello
che
si
chiama
abitualmente
un
«
banale
incidente
»
:
una
caduta
come
un
ragazzo
ne
fa
a
centinaia
,
cavandosela
con
una
sbucciatura
ad
un
gomito
o
ad
un
ginocchio
.
Non
mai
nella
forsennata
vertigine
della
corsa
,
quando
la
ruota
della
bicicletta
va
saettando
a
disegnare
il
filo
sospeso
fra
la
vita
e
la
morte
sul
ciglio
di
un
burrone
:
ma
a
metà
di
una
pedalata
senza
storia
,
a
passo
di
carovana
,
a
passo
di
trasferta
.
Anche
oggi
,
è
un
piccolo
,
misterioso
,
atroce
e
imponderabile
intervento
del
fato
-
dicono
l
'
insidia
invincibile
di
un
«
virus
»
tropicale
,
o
la
funesta
chimica
organica
di
una
per
ora
inesplicabile
intossicazione
-
quello
che
colloca
l
'
angosciosa
parola
della
fine
al
romanzo
della
sua
vita
.
Ricordate
?
Non
meno
rapido
fu
il
«
banale
incidente
»
che
,
una
decina
di
anni
or
sono
,
fece
morire
,
dopo
due
o
tre
ore
di
agonia
,
suo
fratello
Serse
.
I
due
fratelli
in
«
bianco
-
celeste
»
avevano
finito
di
correre
sulle
strade
sferzate
dalla
pioggia
il
Giro
del
Piemonte
.
La
gara
si
era
conclusa
sull
'
anello
di
cemento
del
velodromo
torinese
.
Tra
la
folla
che
si
assiepava
sul
viale
di
periferia
e
all
'
uscita
della
pista
,
Fausto
aveva
cercato
un
rifugio
-
troppi
applausi
,
troppi
abbracci
,
troppo
clamore
-
sull
'
automobile
della
casa
.
Serse
,
che
poteva
passare
tra
la
folla
inosservato
,
aveva
preferito
risalire
in
bicicletta
,
per
andarsene
all
'
albergo
al
piccolo
passo
.
Non
pioveva
più
,
l
'
asfalto
si
asciugava
.
Bastò
un
piccolo
scarto
della
ruota
.
Serse
cadde
,
toccò
appena
con
la
tempia
sul
cordone
di
un
marciapiede
.
Non
sentì
che
un
piccolo
colpo
:
le
dita
non
trovarono
nemmeno
una
goccia
di
sangue
.
Rimontò
in
sella
,
fece
senza
altri
pensieri
il
percorso
sul
lungo
viale
che
portava
all
'
albergo
:
salì
alla
sua
camera
senza
attendere
l
'
ascensore
,
si
spogliò
della
maglia
fangosa
,
andò
subito
alla
doccia
,
si
coricò
sul
letto
in
attesa
del
massaggio
.
Quando
il
masseur
girò
la
maniglia
della
porta
la
stanza
era
al
buio
:
Serse
pareva
addormentato
.
Invece
,
era
già
in
agonia
.
La
stessa
cosa
,
senza
nemmeno
la
spiegazione
di
una
piccola
caduta
,
è
avvenuta
adesso
,
nel
doloroso
Capodanno
di
Novi
Ligure
,
al
ritorno
da
una
tournée
sulle
strade
equatoriali
del
Centro
-
Africa
,
piccole
corse
da
kermesse
alternate
con
le
quattro
schioppettate
di
qualche
partita
di
caccia
grossa
.
Fausto
è
andato
a
ritrovare
Serse
.
La
loro
mamma
piange
due
figli
:
Serse
l
'
oscuro
,
Fausto
il
lampeggiante
.
E
nella
stessa
corsia
d
'
ospedale
piangono
due
donne
,
diversamente
e
tragicamente
uscite
dalla
sua
storia
d
'
uomo
,
in
quel
romanzo
d
'
amore
che
fece
tanto
e
così
triste
clamore
e
che
ebbe
anch
'
esso
-
ci
sembra
di
poterlo
dire
ora
-
la
sigla
del
destino
di
un
ragazzo
inquieto
condannato
dalla
stessa
fragilità
dei
suoi
nervi
agli
errori
di
coloro
la
cui
adolescenza
non
sa
concludersi
.
Inutile
dire
che
l
'
atleta
appartenne
alla
ristrettissima
schiera
dei
«
fenomeni
»
,
come
Paavo
Nurmi
,
come
Carpentier
,
come
Ladoumègue
,
come
Zatopek
.
Egli
-
nella
lunga
stagione
che
enumerò
i
nomi
deí
Ganna
,
dei
Girardengo
,
dei
Binda
,
dei
Guerra
,
dei
Bartali
,
tanto
per
nominare
solamente
gli
italiani
-
fu
veramente
«
l
'
atleta
del
secolo
»
.
In
altre
sedi
agonistiche
-
penso
alla
Spagna
,
e
agli
uragani
di
entusiasmo
delle
Plazas
de
Toros
-
i
suoi
«
gemelli
»
potevano
essere
i
grandi
espada
come
Juan
Belmonte
.
Sua
mamma
è
forse
la
sola
che
lo
ricorda
ragazzino
,
ai
tempi
della
sua
prima
bicicletta
,
la
vecchia
bicicletta
di
suo
padre
contadino
.
Quale
sarebbe
stato
il
suo
avvenire
?
Quale
il
mestiere
a
cui
si
sarebbe
avviato
?
Viver
sempre
tra
le
siepi
,
le
stalle
,
le
nebbie
della
piatta
campagna
?
Allora
,
Tortona
sembrò
la
«
metropoli
»
dove
il
ragazzino
Fausto
avrebbe
potuto
trovare
il
sentiero
di
una
nuova
vita
.
Era
un
ragazzo
gentile
,
timido
,
riservato
.
Sembrò
una
fortuna
ch
'
egli
trovasse
un
«
posto
»
come
garzoncello
di
salumeria
:
portava
i
pacchetti
a
domicilio
,
imparava
la
manovra
dell
'
affettatrice
automatica
,
abituava
l
'
occhio
a
misurare
l
'
etto
e
mezzo
o
i
due
etti
di
formaggio
.
Sono
molte
donne
di
Tortona
che
lo
ricordano
quando
,
ventitré
,
venticinque
anni
fa
,
con
il
grembiule
bianco
avvolto
alla
cintola
,
Fausto
arrivava
di
gran
carriera
sulla
rugginosa
bicicletta
di
suo
padre
,
e
suonava
un
colpetto
timido
di
campanello
...
È
la
storia
umile
,
quasi
crepuscolare
,
di
un
ragazzetto
di
campagna
che
portava
ogni
tanto
a
sua
madre
il
gruzzolo
delle
piccole
mance
.
La
sua
prima
vittoria
,
a
vent
'
anni
,
sull
'
Abetone
,
quando
«
scavalcò
»
sotto
alla
pioggia
di
una
tappa
del
Giro
d
'
Italia
il
«
solitario
delle
Dolomiti
»
,
e
suo
caposquadra
Gino
Barrali
?
Una
ragazzata
,
un
atto
di
quasi
fanciullesca
indisciplina
...
L
'
airone
di
Castellania
aveva
aperto
all
'
improvviso
le
ali
in
confronto
al
«
gallo
cedrone
»
di
Ponte
a
Ema
.
Lo
ricordo
mentre
andava
su
-
pareva
che
addirittura
corresse
fischiettando
-
su
per
le
svolte
delle
salite
,
sulla
strada
sparsa
degli
«
aghi
»
degli
abeti
,
sferzata
dal
taglio
gelido
della
pioggia
.
La
gente
ai
lati
della
strada
si
accucciava
sotto
gli
ombrelli
,
cercando
di
leggere
il
«
numero
»
stampato
sul
telaio
,
cercava
nel
giornale
il
nome
che
corrispondeva
a
quel
numero
...
Coppi
;
un
ignoto
...
Fausto
,
nome
ancora
più
ignoto
...
Fausto
vinse
sempre
senza
mai
sorridere
,
quasi
non
credendo
mai
totalmente
in
se
stesso
.
Sembrava
sempre
soprapensiero
:
come
stranamente
e
fissamente
in
ascolto
di
una
qualche
voce
interna
che
gli
andasse
mormorando
dentro
una
incomprensibile
parola
.
Quella
parola
segreta
non
era
:
«Fortuna...»
.
La
«
guigne
»
,
vecchia
parola
dei
tempi
lontanissimi
delle
antiche
corse
su
strada
,
ha
spezzato
il
filo
della
sua
vita
fragilissima
,
come
un
piccolo
soffio
di
vento
spezza
il
filo
di
una
tela
di
ragno
coperta
di
brina
,
là
,
sulle
siepi
invernali
del
suo
paese
di
campagna
.
Restano
una
mamma
desolata
:
e
due
donne
diversamente
ma
egualmente
infelici
:
una
bambina
che
non
lo
vedeva
da
anni
,
un
fanciulletto
che
,
come
lui
,
si
chiama
Fausto
.
Desolata
mattina
del
due
gennaio
...