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> anno_i:[1940 TO 1970}
Garbo Greta ( Vergani Orio , 1953 )
StampaQuotidiana ,
Ogni tanto , la Divina passa sotto alla mia finestra nella piazzetta del porticciolo di Portofino . La Divina è « diventata di casa » . Domani o dopodomani - mi ha detto lo scrittore americano Truman Capote - tornerà qui per qualche giorno . L ' altra sera , si dimostrava più acclimatata o più fiduciosa nella discrezione della gente : aveva riposto nella borsa i suoi grandi occhiali neri , e , passando davanti al gelataio o davanti alla vetrina della piccola friggitoria , non affrettava il passo , e lasciava che , sia pure in una cauta distanza , il riverbero della modesta luce dei due spacci le sfiorasse il volto . Nemmeno per lei ha una qualche eccezione la regola della piazzetta : le automobili non possono entrare . Anche la Divina deve obbedire al divieto marcato da una vecchia catena : l ' auto dei suoi ospiti sosta cinquanta metri più in là , nel posteggio scavato nella gola della valle . Anche lei deve attraversare la piazza a piedi , andare a piedi alla Calata , o salire a piedi per il viottolo scosceso che sale a San Giorgio . La catena non è stata abbassata , nessun baldo giovane in maglietta da marinaio posticcio si è fatto avanti per portarla in collo , così come essa , quasi trent ' anni or sono , in una scena della Carne e il diavolo si faceva portare con un abbandono d ' amore che la memoria fa sembrare incomparabile . La Divina , se desidera evitare la troppa luce delle trattorie e dei caffè , i troppi sguardi curiosi deve fidarsi solo delle proprie gambe e dei propri zoccoli camminando là dove , forse , l ' acciottolato è più rude . Là era la penombra , e nel suo filo ultimo , al di là del quale si iniziava il buio della notte , la Divina camminava appartata , equilibrandosi sugli zoccoli che le signore dei caffè giudicavano , con una rapida occhiata , assai fuori moda . In quel filo di penombra dove la luce sfuma e dove il buio ancora non nasconde , passa dunque colei che fu chiamata la Divina così come Eleonora Duse fu chiamata , dai suoi compagni d ' arte , la Signora . Da quel filo di penombra , ogni giorno un millimetro , essa va lentamente portandosi verso l ' ombra dove più non entra che la luce della storia . La sua è la storia di uno sguardo , di un volto , di un sorriso , di un palpito melanconico delle pupille , di un bacio e , forse più che di un bacio , di un sospiro . È la storia del volto che lei ha dato alla Signora delle Camelie e ad Anna Karenina : un volto che ormai , per la nostra generazione , non si separa più dai due volti immortali modellati dalla poesia teatrale e dal romanzo . Quel volto sta adesso all ' ultima ribalta della penombra : presto verrà l ' età con i suoi colpi di lima pesanti ; la luce di quegli occhi si attenuerà ; l ' enigma di quelle pupille sembrerà , a chi non sappia ritrovarne l ' impallidito mistero , un modesto rebus da vecchia raccolta di ingialliti settimanali dei padri e dei nonni . Io , mentre Greta passa in quella penombra , o nel breve riflesso della piccola festosa luce della botteguccia del gelataio sotto alla mia finestra , penso alla immensa fatica e forse all ' immensa noia e certo alla fatale tristezza di portare in giro quel volto che con il tempo si farà stanco , che già oggi è un po ' stanco , e di sentir su di esso il peso , il carico , il giogo di infiniti , di innumerevoli sguardi , curiosi , avidi e persino spietati . Questo è il destino di chi , volendo tornare forse ad essere una donna come tante altre e , anzi , a differenza delle altre desiderosa solamente di non essere guardata , porta , sotto il cappellaccio di paglia o sotto il fazzoletto malamente annodato , un volto che fa parte della storia del Novecento , di questo strano secolo in cui , forse più di ogni altra cosa il dominio dell ' Immagine ci lega alle misteriose catene della poesia e della bellezza . Il suo destino è stato di non avere un « romanzo » , pure avendo dato il suo viso alle protagoniste di venti o trenta romanzi . Avrebbe potuto essere tutte le donne : le donne vere e le donne immaginarie , le donne della poesia e le donne della cronaca , Laura de Sade , Ilaria del Carretto , Emma Bovary , Maria Tarnowska , Hedda Gabler , e persino Nanà e persino Zazà . Dove passa lei , sono esse che passano . Ma lei , la Divina , lei Greta Garbo mi sembra che là , nella penombra , vada come appesantita dal corteo che quelle , invisibili , fanno alla sua figura , ormai più che fragile , un po ' affaticata : le altre che le hanno rapito il diritto di avere un ' anima solamente sua , come nel racconto di Poe del pittore che , per dipingere il Ritratto ovale , ogni giorno con un colpo di pennello porta via qualcosa dall ' anima della sua modella . Dal caffè , dai tavoli delle trattorie , dalle pietre del molo della Calata , dalle finestre , dai terrazzini , o fra le siepi leggere illuminate a festa , o fra i sartiami dei velieri o fra le sagome bianche degli yachts dove le accada di salire , le donne , le giovinette la guardano . L ' altra sera , era sulla illuminatissima barca del duca di Windsor che non volle essere re e imperatore . Gli sguardi hanno potuto contare quante volte ha vuotato , prima di mezzanotte , il suo bicchiere di whisky . Si sa tutto : l ' hanno vista a pranzo nella loggia di una trattoria del molo , e si sa , fino al più minuscolo boccone , cosa ha mangiato . Si sa che ha rifiutato , con uno strano riso , di firmare un album . Da una settimana , da dieci giorni ci si domanda : « È bella ? » . E la stessa domanda ricomincerà , fra un tavolino e l ' altro dei caffè , fra due giorni , quando ritornerà . Si sente dire : « Io trovo ancora bellissima la fronte ... Per me , la bocca è un po ' stanca ... Io non posso perdonarle quei calzoni ... E io non le perdono quella maglietta ... Lei , avvocato , le ha guardato i piedi ? » . Quando , l ' altra sera , ha attraversato la piazzetta al braccio dell ' attrice Lilli Palmer , le signore di Portofino hanno affrettato il passo per poter confrontare la loro statura con la sua . Gruppi di ragazzette hanno abbandonato i tavolini del gelataio per vederla da vicino e sono tornate sghignazzando , dicendo che è brutta . Mi è passata accanto . L ' antica , prodigiosa bellezza è ancora evidente sotto al velo di melanconia dell ' età che sembra consumarla dal di dentro . Le tempie , lo zigomo , l ' arco dell ' orbita sono ancora perfetti anche se tendono ad appassire . Parlava a bassa voce , ridendo donnescamente , con l ' amica che le dava il braccio . È sparita nella penombra . Ho pensato che , mentre è facile , è quasi istintivo immaginare nude le donne , è difficile immaginare nuda Greta Garbo . Non so se questo sia più segno di rispetto o melanconia d ' amore .
CONTRO IL MONOCOLO ( - , 1940 )
StampaPeriodica ,
Il camerata Federico AIfredo Riolo ci ha scritto da Milano : Per amor del vero devo dire subito che a pagina 11 del n . 15 della Difesa della Razza ho visto qualcosa che veramente non mi è piaciuta e non è piaciuta a nessuno di noi . È una bella cosa la fotografia dei tipi razziali soprattutto quando si tratta del volto aperto e sano del popolo , ma francamente quel tipo col monocolo incastrato nell ' occhio è in stridente contrasto con gli altri tipi razziali . Credevo che l ' ora del monocolo fosse passata per sempre , che fosse finito sotto l ' urto del solido muscolo plebeo , che si fosse spezzato sotto la scarpa del fante , ed invece eccotelo proprio sulla Difesa della Razza . Così ha scritto Riolo . Ma egli sa benissimo che cosa ne possiamo pensare di quelli che portano la caramella e dell ' epoca alla quale si ostinano ad appartenere . Sol che la questione è un ' altra . Si tratta che l ' illustre scienziato e camerata Clauss ha giudicato rispondente al tipo , ch ' egli voleva illustrare , quella fotografia , per la struttura del volto , non certo per il monocolo .
NELLA RUSSIA BOLSCEVICA ( MODICA ALDO , 1941 )
StampaPeriodica ,
Il bolscevismo è una ideologia , deteriore dal punto di vista umano , che è nata in modo diretto dal modo di essere ideologico , animico , spirituale , politico , razziale degli ebrei : com ' è noto , derivando esso dal materialismo storico e dall ' economicismo sostenuto dai filosofi e dagli economisti nonché dai finanzieri ed industriali ebrei od ebraizzati dello scorso secolo , non può , senza distruggersi , essere contro il modo di essere ebraico , e quindi alimentare una politica antigiudaica o soltanto razzista anche nel senso gerarchico della espressione . Non potevano dunque essere interpetrati sotto l ' angolo visuale del razzismo ariano i varii fatti che sono caduti sotto gli occhi dei sociologhi e degli studiosi europei a proposito di pretese reazioni o meno dell ' elemento russo contro l ' elemento eterorazziale . La nuova costituzione russa del dicembre 1936 , all ' art . 123 infatti ribadiva : “ L ' eguaglianza giuridica dei cittadini dell ' URSS senza distinzione di nazionalità e di razza , in tutti i campi della vita economica , pubblica , culturale , sociale e politica è una nuova legge assoluta . Ogni restrizione diretta od indiretta dei diritti , come pure l ' istituzione di privilegi diretti o indiretti per i cittadini secondo la razza e la nazionalità ... , e così ogni propaganda di esclusivismo , di odio e di sdegno razzista o nazionalista , è punita dalla legge . ” Così l ' azione apparente del 1928 veniva smentita dal fatto della nuova costituzione che poi all ' art . 135 dava a tutti i cittadini il diritto elettorale " indipendentemente dalla loro razza o nazionalità " senza escludere naturalmente gli ebrei . L ' anno successivo poiché il trozchismo , aspetto estremo e messianicamente giudaico del bolscevismo , assumeva proporzioni allarmanti per le formazioni capitalistiche e politiche ebraiche od ebraizzate delle metropoli russe , si incominciò la nota persecuzione poliziesca . Senza dubbio si è trattato di uno di quei fenomeni di rivalità del possesso della cosa pubblica e di monopolio della verità di stato che sono frequenti un po ' in tutte le classi politiche o politicanti umane e dai quali certamente la razza ebraica e le sue consorterie non vanno esenti . Stalin infatti pensava sempre alla maniera ebraica e societaria e lo prova un tratto della relazione da lui stesso compilata al progetto per la suddetta magna carta del 1936 . " Il progetto del nuovo statuto dell ' URSS è invece profondamente internazionalista . Parte infatti dal principio che tutte le nazioni e tutte le razze sono eguali di fronte al diritto . Parte dal principio che la differenza di colore o di linguaggio , di livello culturale o di livello di sviluppo fisico , così come ogni altra differenza fra nazioni e razze non può servire a giustificare l ' ineguaglianza di diritto fra le nazioni . Parte dal principio che tutte le nazioni o razze indipendentemente dalla loro forza e dalla loro debolezza debbono godere diritti identici in tutte le sfere della vita economica , sociale , statale e culturale delle società . " Ciò che ideologicamente coincide con quanto lo stesso Stalin nel 1932 ( citato in Voks , n . 5-6 ) aveva detto a proposito della politica culturale dell ' URSS : " Un completo aiuto dovrà esser dato allo sviluppo delle culture , nazionali per la forma e proletarie per il contenuto . " Si deve ricordare che non è senza significato , ai fini di dimostrare la continuità storica del fenomeno , che ebrea era la moglie di Lenin : Krupskaja , ed ebree sono le mogli di Stalin e di Molotov mentre oramai ebraico si è rivelato tutto il meccanismo che sostiene l ' opera del Cremlino , come israeliti sono gli uomini che costituiscono le entità più influenti del Comintern a meno che non siano ammogliati ad ebree o sotto l ' erotica influenza delle medesime , alla stessa maniera di come sui ventotto compagni che penetrarono in Russia nel 1917 , chiusi nello storico vagone piombato insieme a Lenin , ventuno erano ebrei e soltanto sette russi asiatici . Calcoli espletati da fonte ebraica nel 1933 facevano ascendere a più di un terzo del totale il numero dei funzionari dello Stato di razza ebraica in Russia ( " The Jewish Chronicle " ibd . ) , ciò che in relazione al numero degli ebrei nello Stato sovietico appariva enorme anche agli stessi giudei . ( Circa 160 milioni di slavo - russi contro sette milioni e 800 mila ebrei . ) Successivamente , tolti quei funzionari sospetti di trozchismo i quali per caso fossero anche ebrei , tali proporzioni non sono state alterate malgrado un certo indirizzo ufficiale ad uso di esportazione che debolmente postulava la separazione degli ebrei sotto forma sionistica . D ' altra parte nel campo puramente scientifico devesi negare ( e del resto lo sottolineò la stessa " Moscow Daily News " del 5 novembre 1932 in un suo numero commemorativo della " rivoluzione " del 1917 ) , in ciò che particolarmente riguarda il settore antropologico , che si siano fatte comunque ricerche nel senso razzista . Gli antropologi bolscevichi hanno studiato le etnorazze delle varie regioni dell ' URSS promovendo esplorazioni e rilievi nell ' immenso territorio al solo fine di fornire documentate relazioni al Comitato Centrale il quale se ne poteva servire per analizzare quali erano i punti deboli delle popolazioni onde sfruttarli a scopo politico ed , ove occorresse , per ricercare i mezzi scientifici per la eliminazione di peculiarità umane che contrastassero con il piano distruttivo del livellamento israelitico . Gli ultimi fatti politici , tra i quali la riapparizione dell ' ebreo Litvinov ad arbitro delle relazioni con la Gran Bretagna e con gli Stati Uniti , ed i palesi legami con personalità del mondo plutocratico giudaico anglo - americano da parte dei dirigenti sovietici , riprovano che la furberia bolscevica ha saputo speculare su alcuni feroci contrasti interni dell ' ebraismo comunista per sostenere , dinanzi al mondo ariano , un suo antigiudaismo ed un suo razzismo contraffatto , onde ciò fosse utile ad imbrogliare i giudizi .
Gerusalemme ( Vergani Orio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Restai sgomento , la prima volta che - era il settembre del 1929 - entrai nella chiesa del Santo Sepolcro : e , ripetendo come una bestemmia le parole con le quali l ' Angelo annunciò a Maria di Magdala la Resurrezione , stavo per dire : « Non est hic ! Non è qui ! » . L ' attesa di quell ' istante metteva a nudo il cuore . L ' ospite inquieto che accompagnavo giù per gli acciottolati della via del Mercato , era l ' anima . E io portavo quei giorni la mia anima , solitario , per le strade di Gerusalemme . La mia anima era stata a lungo offesa : per le vie si era combattuto , avevo visto uomini inseguirsi e pugnalarsi ai crocicchi : colpi di fucile partivano dalle terrazze : solo dopo tre giorni gli spari erano cessati e io avevo potuto concedermi una mattinata per entrare nella città vecchia a visitare il Santo Sepolcro . Lo stato d ' assedio continuava : alla Porta di David mi avevano fatto sostare fra i contadini arabi che recavano con i somarelli gli ortaggi al Mercato . I gendarmi inglesi avevano perquisito minuziosamente loro e me . Portavo pistole o bombe ? Il gendarme che si chinava a palparmi le tasche mandava odore di sigaretta virginia . La mia anima era nuda come una vena scoperta . La giornata non era bella : il cielo era insolitamente grigio . Bisogna rendersi conto che , per quanto raramente , piove anche a Gerusalemme , e il suo scenario può colorirsi di grigio e di fango . Tutta la pittura sacra è invece una serie di immagini senza piogge e senza fango . Quel cielo grigio dopo tre giornate di spari e di uccisioni , trovava il mio spirito impreparato . All ' albergo ero stato assediato dagli inviti a recarmi al disseppellimento di alcuni israeliti uccisi dagli arabi nei complotti di quei giorni , e sepolti frettolosamente dopo essere stati evirati . Ero fuggito dall ' albergo , ma mi pareva d ' essere inseguito dall ' odore di quelle lugubri fosse . L ' anima era stata lungamente e profondamente offesa . Beata , mi dicevo , la dolce cecità di chi altro non vede che la meta : beata l ' ansia innamorata di chi altro non conosce che la pietra dell ' arrivo : beata la verginità di spirito di chi non discerne il peccato difeso dallo scudo dell ' innocenza . Tristezza inconscia dell ' abito mentale dello scrittore che viaggia e che misura le proprie impressioni in rapporto all ' attesa che di esse possono rendere , quando sono inquadrate in una pagina . Io ero , insomma , in quell ' anno lontano , « colui il quale » si reca , più che a vedere , a constatare se ciò che si vede è « superiore all ' attesa » . Io ero il disprezzato scrittore di mestiere che teme la « disillusione » . E , andando , chiedevo di tutto ciò perdono ; ma la prova dell ' umiltà era dura , perché i richiami della vita erano aspri , e continui gli oltraggi lungo il cammino . Avrei dovuto passar per la città bendato , come le ambascerie che passano per i campi nemici . E ad un certo punto anche la febbre di vedere e l ' affanno di giungere mi sembravano , se non un insulto , un errore . Ma andavo egualmente entro i vicoli del bivacco saracino che apre i suoi fetidi mercati fin sulla soglia , in su e in giù per le rampe che inabissano il mercato ed elevano il tempio . Il vicolo immondo rovesciava sulle soglie la frutta imputridita dal fiato dell ' estate , le carni biancastre e il sangue raggrumato e il grano maculato di giallo delle pecore macellate all ' ombra del tugurio . Andavo per il sentiero che sapeva di stalla e di fieno , fra le risciacquature dei piccoli caffè riaperti pigramente dopo i tre giorni di eccidio e il tanfo delle friggitorie , tra il sentore dei dolciumi e quello delle uve calpestate da piedi distratti , in mezzo al traffico dei somarelli che piegavano le ginocchia sotto il peso , dei vasi d ' olio o dei bidoni di benzina o dei sacchi di farina che incipriavano il lastrico , o che recavano a bisdosso , come sacchi umani , i cenci , i piedi sporchi , le braccia legnose , le grinte rabbiose dei beduini . Urtavo nell ' indolenza dei panciuti passeggiatori arabi vestiti di azzurre palandrane , nella fretta dei portatori che recavano , con un cingolo teso sulla fronte , carichi di ferro , di tavole e mobili e casse . Gli occhi vagavano sulle camicie sventolanti dei ragazzi rissosi , sugli sguardi insanguinati dei tracomatosi , sugli arti rattrappiti dei mendicanti paralitici , sui panni bisunti del vecchio ebreo che scivolava via , in quella falsa quiete di armistizio , cercando di non farsi riconoscere , sul velo nero dell ' araba dal corpo intriso di caldo profumo di muschio , sul canestro recato in capo dalla beduina chiusa in sette gonnelle , sul calcio del moschetto del poliziotto inglese seduto ai crocicchi , sul velo bianco della vecchia dama che insisteva a portare il costume coloniale delle turiste inglesi da operetta . I sarti ebrei , con le labbra piene di aghi e di gugliate di filo , misuravano all ' aria aperta giacche e camicie ; i ciceroni siriaci cominciano a venir fuori dai loro nascondigli , i ragazzini mi davano la caccia , per accompagnarmi alla Pietra dell ' Unzione . Ipocriti figuri - respinti per le vie , riapparsi nel mezzo della Chiesa - erano decisi ad approfittare di ogni mio attimo di incertezza , di ogni mio segno di disorientamento per offrirmi i loro servizi e per porgermi una canna con la quale mi sarebbe stato possibile toccare , attraverso un pertugio nel muro dell ' altare , la colonna della Flagellazione . La piccola umanità assetata di mance mi inseguiva sino alla Pietra della Tomba , e mi aveva visto entrare , senza che quasi me ne accorgessi , in quello strano paesaggio di pietre che è la chiesa del Santo Sepolcro . La difficoltà di liberarmi dagli intrusi , ciceroni , guide , monelli , mendicanti e dragomanni con i giubbetti ricamati d ' argento mi aveva spezzato i nervi . Dimenticavo che i giorni di battaglia e lo stato d ' assedio avevano fatto stare per sette giorni quasi digiuni i miei persecutori . L ' impresa di rinserrare un mondo in uno scrigno di pietre , di mosaici e di bronzi isterilisce in un attimo , alla prima visione , la terra più feconda , la terra che il passo di Gesù ha reso divina . Pietre , navate , ambulacri , pareti di mosaico , foreste di candelieri , vigneti metallici carichi di grappoli di lampade , la schiera fitta dei cordami che pendono come sartie di navi per la manovra dell ' illuminazione , tutta un ' atmosfera mista di stiva , di magazzino e di fondaco , le incrostature di marmi , di smalti , di placche d ' argento , e le incorniciature d ' oro , i cancelli , le ringhiere , i ballatoi , le cripte , i sottopassaggi , le tane degli spogliatoi , le decorazioni di perline , di nastri rossi , di madreperla e persino di noci di cocco , il soqquadro e la confusione e la rissa fra i colori e le architetture e le sagome , fra altari di un rito e controaltari di un altro , e , da ogni parte , il richiamo di un cicerone inoperoso e l ' urlare di un altro che indica ad una comitiva i luoghi della Via Crucis : « Qui stava la Madonna ! Qui è apparso l ' Angelo ! Lassù i soldati hanno giocato ai dadi la veste , del Redentore ! » . Ecco quello che io vedevo , che sentivo , che indovinavo nell ' atto di entrare . Quindici secoli di culti opposti , quindici secoli di guerre , di persecuzioni , di capricci architettonici , di ire e di gelosie ecclesiastiche , di devozioni che volevano quasi imbarbarire il simbolo , di litigi , di mercati , di abusi , di risse fra sagrestani hanno qui la loro testimonianza . La Terra Santa , sepolta sotto ai marmi e ai conflitti , è invisibile . E mi dissi : « Il Suo spirito non è qui ... » . Ed è qui , invece . Salii per una scaletta ripida e consunta sulle mura del Golgota . La collina del Martirio è chiusa entro il muro , squadrata e foderata di marmi in modo da formare , ora , un altare pensile , tenebroso sotto ai riflessi degli ottoni e degli argenti dei lampadari . In terra , buttato carponi , sotto l ' altare del rito greco , entro un focolare di lampade , toccai il foro , incorniciato d ' argento entro il pavimento di marmo , dove fu piantata la Croce . Qui stavano , mi dissero , le croci dei due ladroni . L ' aria sapeva , quel giorno , di incenso , di cera , di olio , e io , in quell ' aria di cappella tenebrosa , dovevo figurarmi il cielo del tragico tramonto sulle tre croci e il gesto beffardo del legionario guercio che trafisse con la lancia il costato di Cristo . Qui era la nuda terra del disperato campo fuori dalle mura della città , e laggiù era il breve giardino di Giovanni d ' Arimatea , cinto da un fragile muricciolo a secco . Poche piante ; forse nessuna : un ' erba rara e gialla , e polvere , e la roccia affiorante del Golgota . Tutto è stato incoronato di pietre : tutto è diventato altare . Ma lo spirito è qui . Indietreggiai , percorrendo i dieci metri di questa terrazza ornata di alabastri e d ' oro e d ' argento , che una volta era il nudo Calvario , la rupe senz ' erba , e mi affacciai alla balaustra che guarda sul labirinto della Chiesa . Lì sotto era la pietra dell ' Unzione , dove il Corpo deposto fu avvolto nel Sudario . Attorno ad una cosa che non avevo ancora vista , difesa solamente da un piccolo cancello circolare , con tre o quattro ceri sottili come un mignolo , attorno a quel segno trascurato di marmo , così dimesso nella povertà e nell ' oblio , non conteso da nessun rito , solitario nel suo ricordo , la visione si trasformava , le mura ad un tratto si facevano sottili , le architetture trasparenti e tutta la costruzione semibarbarica e litigiosa delle mura contese e ripartite fra quattro riti si dissolveva , spariva , liberava d ' un tratto il suolo , il cielo , le rocce , gli alberelli del giardino di Giovanni d ' Arimatea , la buca del Sepolcro , i sentieri , le gramigne , la polvere , i sassi , gli scoscendimenti del luogo sinistro e dolcissimo . Attorno a quel segno solitario e trascurato nel giro di poche fiammelle , sparivano d ' un tratto , i quasi duemila anni trascorsi dall ' ora del Sacrificio e la Terra Santa riappariva attorno al luogo dove , inginocchiata , Maria aveva assistito al Supplizio . E vidi sorgere , là dove le mura erano sparite , l ' ora terribile e divina del Sacrificio . Vidi la carne fustigata e sanguinante , cerea , sospesa alla Croce nel silenzio della agonia . Il tramonto d ' Oriente recava la voce roca della folla in sudore . Era l ' ora in cui i colori si spengono e si spegneva anche il tenue verde del piccolo giardino di Giovanni d ' Arimatea . Quella fossa che io adesso vedevo , tagliata nella roccia , là , dentro al piccolo orto era quella che Giovanni aveva fatto intagliare nel sasso per sé , era quella destinata a divenire il Sepolcro della Resurrezione . E vidi i soldati , che già avevano tratto dai vestiti del Crocefisso una moneta per il vino e una moneta forse per il lupanare , allontanarsi in drappello , lasciando soli gli uomini della guardia . E vidi la folla , dissetata della sua sete di sangue , tornare per i sentieri bruni della sera alla città , agli ozi del sabato festivo , ai litigi sui gradini del tempio .
DAL NAZIONALISMO AL RAZZISMO ( SANTARELLI ENZO , 1941 )
StampaPeriodica ,
Al Fascismo , non sfuggì sin dai suoi primi momenti di vita spirituale l ' esistenza di un quid concreto , materiale , base della nazione come dello Stato . Alla vaga percezione di questo quid seguì la sua individuazione , al fondo dei concetti già tanto discussi e della storia umana . L ' antichissima confusa conoscenza di questo " reale " doveva per forza chiarificarsi ed entrare a far parte del sistema dottrinale fascista , perché fosse completo ed organico . Questo quid , questo reale , fu indicato dal termine razza . Il concetto di razza , al quale si pervenne in Italia dopo lo svolgimento della teoria nazionalista ed il primo periodo della dottrina fascista , fu quello di razza storica . Risultò insomma dallo sviluppo graduale di concetti già impliciti nelle premesse e nelle posizioni ideali dell ' azione nazionalista e fascista . Il concetto di razza che in Mussolini si ritrova più che mai distinto è un potenziamento di quello di Nazione . Il termine razza che lo indica , riunisce in sé i significati storici , ideali , filosofici dei termini Nazione , stato e razza , nella sua accezione scientifica ... Così lo stato fascista , concepito come stato volontà di potenza , come stato idea - forza si presta ad una nuova esegesi ; in esso l ' idea non sarebbe altro che la nazione , tutta spiritualità , passato e avvenire , resistenza ed espansione , rivoluzione e reazione , la forza la base materiale di questa idea , il complesso fisico sottoposto alle leggi di ereditarietà e di influenza ambientale . A superamento di questa interpretazione analitica interviene il concetto di razza che sintetizza quello di spiritualità e di materialità fondendo quanto è simbolizzato dallo spirito e dal sangue . Infine si perviene , in seguito all ' introduzione del concetto chiarificatore di razza , a quella triadica affermazione i cui elementi , razza , stato , Nazione , stanno fra loro in reciproci rapporti dinamici e tecnici , in cui converte in ultima analisi , l ' essenza del nostro razzismo . Razzismo che si potrebbe definire come nazionalismo totalitario , tendente al potenziamento spirituale e fisico , cioè al potenziamento integrale della stirpe , quasi in conseguenza dell ' approfondimento dei primigeni indigeni concetti di Nazione e di stato .
Beniamino Gigli ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Qual è l ' anno di nascita di un tenore ? È quello del giorno in cui , nascendo , manda i primi strilli , la prima voce di pianto alla luce ? O è l ' altro , del misterioso giorno in cui egli scopre , in se stesso , la prima gioia del canto ? Lo domandai tre o quattro anni fa , a Beniamino Gigli . Avevo appuntamento con lui , nella sua villa di Roma , per una intervista . Lo avevo udito infinite volte , ma non lo avevo conosciuto mai : e non ero contento di scrivergli e di chiedergli quell ' intervista . Il tema di questo « servizio » era stato suggerito da una notizia : Beniamino Gigli aveva annunciato di dover mettere fine alla propria carriera . Era stanco e probabilmente era già molto ammalato . Il suo cuore era ammalato e - tragico a dirlo - il grande tenore sapeva di essere , in un certo senso , la tomba della propria voce . Il corpo , gli occhi , il pensiero , l ' animo erano vivissimi : ma la voce era ormai costretta a tacere , profondamente sigillata dalla catena delle arterie affaticate . Uno sforzo per sprigionarla poteva voler dire la morte . Di tutto ciò , naturalmente , nella intervista non si sarebbe parlato . Io ero un poco nella situazione del medico che deve sempre sorridere davanti all ' ammalato . Dovevo « mentire » con lui , sorridere contraddicendo ad una sua eventuale melanconia , mostrarmi sicuro di un suo « ritorno » . Ero un giornalista : non un confessore . Scrivere ? Sì : avrei scritto ; ma pensando che lui , l ' intervistato , avrebbe letto le mie parole . Queste , per non allarmarlo , avrebbero dovuto essere tutte « color di rosa » : piene di una purezza e di una certezza che non potevano assolutamente trovare un logico spazio nel mio animo , dopo quanto alcuni intimi mi avevano rivelato sulla verità delle sue condizioni . La villa di Gigli doveva essere stata costruita venticinque anni prima , in un quartiere non ancora affollato . Era , se ben ricordo , costruita in uno stile fra quattrocentesco e cinquecentesco , come s ' era usato per tanti anni , con riflessi di architettura bramantesca . Era una casa solida , « ricca » . All ' ingresso si saliva per una scaletta esterna di taglio un po ' romantico , tipo « Giulietta e Romeo » . L ' espandersi della città l ' aveva un po ' soffocata . Lontano si sentiva lo stridore dei tram . Per il viale correva un fiume di automobili e non c ' era una « zona del silenzio » attorno alla casa dell ' uomo dalla « voce di oro » . Il giardino aveva vialetti inghiaiati : una lunga siepe di piante fiorite lo divideva dalla strada . Queste ville , troppo grandi , troppo « impegnative » per una famiglia sola , di solito siamo abituati a vederle trasformate in cliniche private di lusso . Ebbi anche questo pensiero triste quando mi trovai davanti al cancelletto dove , su una targhetta d ' ottone , era inciso il nome del più famoso , del massimo interprete del melodramma italiano . Gigli mi aspettava in giardino , seduto su una poltrona di giunco , collocata vicino alla romantica scaletta . Erano con lui alcuni amici . Un cane stava quieto quieto accovacciato sulla ghiaia . Il tenore aveva perduto la floridezza del volto e della figura , per quanto apparisse ancora massiccio . C ' era qualcosa di stanco nelle sue guance , nel collo , negli stessi abiti , come se il corpo si fosse all ' improvviso infiacchito . Era autunno , ma un autunno estremamente mite . Dietro alla siepe si sentivano , sul marciapiede , voci di ragazzini e ragazzine che correvano sui pattini a rotelle . Gigli parlava con voce piuttosto bassa , come vigilando per non affaticarsi . Lo guardavo in viso : le guance nascondevano a mala pena un tono cinerino : la sclerotica dell ' occhio era troppo bianca . Il respiro non appariva faticoso ; ma la sua voce non aveva gaiezza . Mi spiegò che tutta la mattina aveva parlato con la moglie di Ignazio Silone che l ' aiutava nella stesura , in lingua inglese , delle sue memorie per un editore di Londra . Disse : « Divento scrittore , come lei vede ... segno che il tenore è stanco ... » . Poi , mi spiegò con termini quasi tecnici quale sia il problema del respiro , per un cantante : « Si dice che cantiamo con il cuore . È vero , e il cuore è , di me , il primo ad affaticarsi . Ma non rida ! Cantiamo soprattutto con il ventre . È il diaframma che lavora come un mantice : è lui , più che i polmoni , a regolare la potenza e la durata dei respiri e a calibrare i fiati ... Il cuore è un po ' stanco , e il diaframma è come un organista che non sa più regolare l ' afflusso dell ' aria nei mantici . Io di organi me ne intendo . Mio padre era sagrestano a Recanati : io cominciai da bambino a cantare , in chiesa , vicino all 'organo...» . La data di nascita della voce ? « Se , come dice , un tenore nasce quando per la prima volta scopre la gioia del canto , lei non mi ringiovanisce troppo . Sono nato nel 1890 , secondo l ' anagrafe : cinque o sei anni più tardi , secondo la musica ... Come vede , di annetti ne ho abbastanza , sia in un senso che nell 'altro...» . Aveva la bella , ampia , pacata pronuncia dei marchigiani . Glielo feci notare , benché l ' osservazione fosse ovvia , essendo lui nato a Recanati . Aggiunsi : « Sa cosa ho pensato ? Che Leopardi , bambino , doveva avere la stessa pronuncia del piccolo Beniamino Gigli ... » . Sorrise : e commentò : « Oggi ho tutt ' al più la voce del papà di Leopardi , del vecchio conte Monaldo ! » . Aveva cominciato a cantare da bambino . Da chi aveva ereditato la voce ? Disse : « Non lo so : ma penso spesso di averla ereditata da mia mamma . Quand ' ero piccino , ogni sera , prima di mettermi a letto , mi faceva cantare una canzoncina paesana , che in un certo modo serviva anche da ninnananna . Mi aiutava a spogliarmi e , quando restavo in camicia , cantavo : S ' io fossi una formica queste mura vorrei varcar , le varcherei senza paura , la mia bella a riveder . A questo punto era mia mamma che attaccava , con una voce piccolina , ma soave e melodiosa : La mia mamma è una contessa il mio babbo un cavaliere . E poi si finiva cantando , insieme : Ed io povera meschinella son rinchiusa in monaster . Vuol saperlo ? Adesso che i medici mi hanno proibito di cantare , almeno per parecchio tempo , e sono come un vecchio pensionato , quando vado a letto , a bassa voce per non svegliare nessuno , prima di coricarmi , canto ancora : Ed io , povera meschinella son rinchiusa , in monaster ... Come vede , fra il monastero e la casa di un tenore che non può più cantare non c ' è , in verità , una grande differenza ... » . Si parlò della povertà di quand ' era bambino : ma ne parlava come si parla di una favola lontana : come delle storie di Puccettino . Il padre sagrestano arrotondava la sua magra paga facendo il ciabattino : con sette figli c ' era poco da scherzare . Probabilmente , quando il figlio fu mandato a sette anni alla Schola Cantorum di Recanati , sulla decisione contribuì il fatto che ogni prestazione dei piccoli cantori era ricompensata con dieci centesimi , con due soldi che Beniamino portava a casa nella tasca del grembiule . Ma nessuno in casa si illudeva che quella paga potesse mai aumentare ; per questo , a dieci anni lo avviarono ad un mestiere più « serio » , affidandolo ad un falegname . Per ore e ore , Beniamino scaldava il pentolino della colla e sceglieva i chiodi , nel cassetto . Era arrivato , in un paio di anni , a saper lavorare di pialla . Sua madre pensò ad un mestiere più pacifico e il piccolo Beniamino passò nella bottega di un sarto , e di qui , come garzoncello , nella farmacia di Recanati . Fu il tempo in cui Beniamino imparò a pesare i cartocci di bicarbonato , a preparare l ' elisir di china , a versare l ' oncia , o le due once di olio di ricino nei bicchieri portati dalle madri di famiglia che dovevano purgare i loro figli . Disse : « Ho appreso allora molti nomi delle medicine che mi fanno inghiottire adesso » . La storia del suo debutto è nota e risale al 1905 . Lo scoprirono alcuni studenti di Macerata . Mettevano su , per carnevale , una specie di piccola rivista che aveva anche una parte femminile . A Macerata non c ' era nessuna signorina - erano tempi di grande prudenza - che osasse partecipare ad uno spettacolo goliardico . Uno degli studenti parlò di un ragazzo che cantava a Recanati con una voce perfetta di soprano . Partirono , convinsero Beniamino a interpretare la parte di Angelica nella rivistina che si intitolava La fuga di Angelica . Vestito da ragazza in piquet bianco , con castissimo sottanone lungo sino a coprire i piedi , la testa coperta da un parruccone che pareva fatto con la stoppia del grano turco , Gigli ebbe il suo primo trionfo . Il sogno del teatro non doveva abbandonarlo più . La voce di « fanciulla » stava per scomparire e al suo posto nasceva una bella voce di tenore . La famiglia si indebitò per mandare il ragazzo a studiare , a Roma : la spesa del viaggio e del trasferimento - sessanta lire per lui e per il fratello Catervo che sarebbe andato a bottega da uno scultore marchigiano - sembrò folle . I due ragazzi « sbarcarono » a Roma con qualche provvista alimentare nella valigia . Il pane a Beniamino non sarebbe mancato perché un farmacista romano aveva accettato di assumerlo come fattorino - commesso . La leggenda di Gigli si inizia in un dedalo di viuzze romane ; tante ore al giorno in farmacia , dal momento in cui sollevava le saracinesche fino a quello in cui le chiudeva : un lavoro paziente nella retrobottega , a impastar pillole e a preparare pastiglie per la tosse . Alla sera , cinque piani di scale per andare da una vecchia cantante che gli dava le lezioni . A quei tempi si studiava ancora il canto per sette , otto , nove anni : sembra non ne occorressero di meno per diventare padroni della voce . Gigli mi disse : « Dovrebbe essere così anche oggi » . Finché venne , nel 1912 , il tempo di andare ad un corso di perfezionamento , all ' Accademia di Santa Cecilia , dal maestro Cotogni . A questo punto parlai io , per dire che proprio in un giorno di uno di quegli ultimi due anni di studio , lo avevo sentito cantare accompagnato al piano da Cotogni . Gli raccontai come io fossi salito un giorno lassù , al terzo piano dell ' Accademia in via dei Greci , per accompagnare Vittorio Podrecca che era segretario dell ' Accademia e che , come tale , doveva infatti controfirmare il diploma al termine degli studi . Ascoltare le lezioni era proibito , ma Vittorio Podrecca sapeva che , a me , suo nipote , era noto il passato di Antonio Cotogni . Il vecchio baritono aveva quasi ottant ' anni , era stato il primo interprete del Don Carlos di Verdi : Verdi aveva pianto quando l ' ignoto baritono trasteverino era andato a Sant ' Agata a cantare la romanza del marchese di Posa . Io volevo vedere chi « aveva fatto piangere Verdi » . Mi avevano detto che , durante le lezioni , qualche volta Cotogni accennava ancora qualche battuta di canto . Chissà ! I sogni dei ragazzini sono singolari : forse speravo di lagrimare anch ' io , al suono di quella voce . Era estate , nei giorni che precedevano gli esami : e Roma , dalle finestre dell ' ultimo piano del palazzo di via dei Greci , era già torrida . L ' estate d ' oro batteva sui vecchi tetti del Babuino e di via Margutta : il bastione del Pincio saliva come un sipario antico con le sue ghirlande di verde . Io ero appiattato dietro ad una porta , nell ' ombra di un corridoio . Nella sala Antonio Cotogni stava al pianoforte : vedevo le sue solide spalle , i suoi tenui capelli bianchi , la « voglia » bruna che gli macchiava una tempia . Vicino a lui stava un giovane basso e forte , in maniche di camicia , cui il maestro aveva permesso di slacciare il colletto inamidato . Era lo « studente Gigli » che si preparava a ripassare una delle romanze dell ' esame . Cosa avrebbe cantato ? O paradiso dell ' Africana ? Celeste Aida ? Spirto gentil ? Che gelida manina ? Cantò la romanza di Edgardo nella Lucia di Lammermoor . Al vecchio tenore , seduto nella sua melanconica poltrona di giunco , avrei dovuto dirgli che ricordavo benissimo le prime parole di quella romanza . Ma davanti al suo volto così segretamente velato di grigio , davanti agli occhi dalla sclerotica troppo bianca , non ebbi l ' animo di riferire quel verso melanconico che dice Tombe degli avi miei ... Temetti per la sua melanconia : e mentii : « Non mi dimenticherò mai , caro Gigli , come ha battuto il mio cuore di ragazzo di quattordici anni quando lei ha attaccato Che gelida manina . Gigli sorrise come preso nel ricordo di quel canto d ' amore . Taceva .
StampaPeriodica ,
Non deve , la mescolanza delle razze , essere considerata più che l ' omicidio : il quale distrugge soltanto l ' individuo : mentre quella distrugge , o contamina , tutta la a discendenza ? Non deve , un popolo sano , averla di più in orrore : vedendovi un attentato a qualcosa di alto , assai più che la persona ? Una volta i popoli , non davano il peso , che oggi viene dato , alla vita dei singoli : ma , con grandissima cura , proibivano le mescolanze : questo era il segno della loro giovinezza : ora che alcuni popoli trovano in loro stessi , un ' altra volta la giovinezza , è possibile che non sentano di dovere agire in questo modo ? Infatti , agiscono : leggi e pene , più o meno gravi sono state già stabilite : è stato proclamato il diritto dello Stato di giudicare , e di reprimere , anche siffatto genere di delitti . Ma una cosa , forse , abbastanza non s ' è fatta : cioè porre l ' accento sul loro più profondo carattere , che non è soltanto antistatale ed antisociale , ma rivolto addirittura contro l ' umanità , e contro la vita ; o , che è lo stesso , contro l ' ordine fondamentale e divino delle cose . Quello che oggi occorre , accanto alla legislazione , per renderla ancora più efficace e salutare , è soprattutto , una manifestazione pubblica di riprovazione sotto questo aspetto . Ciò indipendentemente dalle sanzioni legali . Che cosa , infatti , oggi , si vuole ? Risvegliare un sentimento che c ' è , che hanno tutti : che ha bisogno solo di occasioni . Ora , nessuna occasione può così efficacemente risvegliarlo , come il trovarsi dinanzi a un fatto che lo offenda , e il vedere bene individuato e bollato l ' offensore . La tolleranza e l ' indifferentismo non si debbono ammettere ... L ' insensibilità nei riguardi del meticciato è il prodromo sicuro della fine di alcuni popoli . È come quando , durante una malattia , d ' un tratto il termometro cessa di segnare la febbre . Ogni reazione è caduta , l ' organismo ha finito di lottare e di resistere . Nessuna cosa è più triste che vedere un popolo in tali condizioni : un popolo civile , coltivato , di alta razza , confondersi , senza lotta con un popolo molto inferiore ; cedergli con indifferenza le proprie donne ; tollerare senza batter ciglio , promiscuità anche pubbliche . Se ne ha l ' impressione dello sfacelo ; e , quel che è peggio , della incapacità di opporvisi , della volontà di non opporvisi , d ' un lento e cosciente suicidio ...
«Lascia o raddoppia?» ( Vergani Orio , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Nel mio mestiere di « spettatore pagato » , di cronista teatrale , l ' unica poltrona comoda è quella da cui , in casa mia , assisto al solo spettacolo per il quale io pure sono spettatore pagante . In quella poltrona , che nelle altre ore accoglie , per ormai riconosciuto dominio , i riposi del mio cane , anch ' io , a mio modo , mi acciambello , spettatore senza bretelle e senza cravatta : mi crogiolo nell ' ozio , padre di pigri pensieri : il cane si accovaccia ai miei piedi , come nelle antiche statue , emblema della fedeltà , e ogni tanto , più per farsi ricordare che per vera smania della sua giovane candida dentatura , mordicchia delicatamente una mia pantofola . Me ne sto , come si diceva nell ' Ottocento , in panciolle . Ho vicino un posacenere che , dal bracciolo della poltrona , la mia mano può raggiungere descrivendo appena un decimo o un dodicesimo di semicerchio : e , se il segnale dell ' inizio di Lascia o raddoppia ? ha affrettato la fine del pranzo , ho vicino a me , in una bonaria natura morta , il bicchiere , l ' ultimo modesto « gotto » serale di vino . Come per milioni di italiani Lascia o raddoppia ? ha sostituito per me , una volta alla settimana , il caminetto , con le sue quiete fantasie covate nello spettacolo della fiamma e della brace , ha sostituito quelli che , al tempo dei nonni , erano gli interminabili romanzi di appendice con i loro colpi di scena con i loro puntini di sospensione , con il loro « Il seguito a domani » . Lascia o raddoppia ? è uno dei pochi giochi che , nella sua elementarità , non susciti , verso i suoi personaggi , invidie e che non ci spinga sul sentiero della malignità . Mike Bongiorno va e viene per casa nostra , e anche per casa mia , come fosse il figlio , che abbiamo visto crescere , del nostro vicino di pianerottolo : ci sembra addirittura , ormai , di averlo visto bambino pedalare sul triciclo dell ' onomastico . Avevamo per molto tempo dubitato che quel simpatico ragazzino potesse trovare la sua strada , nella vita , con quel suo futuro volto da « primo impiego » . Quanto a Edy Campagnoli , vorremmo dire che abbiamo visto anche lei crescere sulle nostre scale , pupetta , scolaretta con le caldarroste nel grembiule , e , alla fine , bella ragazza che ci è sembrato tante volte di intravedere dietro ai cristalli di un negozio di profumeria ? No . Con la Campagnoli , come con le giovani donne in genere , le vie della confidenza sono più difficili : ogni donna ha il suo tout petit mystère : ogni donna sta al centro di un piccolo o grande labirinto : la sua scarsa eloquenza iniziale non era quella della Sfinge e non ci aiutava a conoscerla : il suo garbo discreto era per noi simile a quello di una bella giovane infermiera di un dentista che assista con un « sorriso di giacinto » all ' estrazione di un nervo da un dente cariato . Personaggi di casa dunque : anche il notaio , laggiù ; anche gli assistenti al tavolo di fondo , un po ' incolori ; anche i valletti , esattamente neutri . Personaggi di un romanzo a dispense che ad ogni capitolo regala milioni , attraverso quei gettoni d ' oro che nelle fotografie sembrano dischetti di cartone senza peso . Lascia o raddoppia ? è un gioco castissimo : i décolletés , che hanno invaso anche le copertine dei libri gialli , vi sono rigorosamente esclusi : resteranno memorabili i gesti con cui la Campagnoli ha coperto con una mano lo scollo , una sera che dovette chinarsi a raccattare qualcosa , e quello con cui evitò che , a puntarle un distintivo sul petto , si avvicinasse la mano di un concorrente . Spettacolo castissimo . Spettacolo che talvolta sfiora una periferia dickensiana , più spesso quella di Sans famille di Hector Malot , talvolta quella dell ' ottocentesco Volere è potere tratto da Carattere dell ' inglese Smiles , libro educativo che un poco zuppificò , un poco esaltò l ' infanzia di tanti miei coetanei . Davanti al vecchio problema se sia l ' arte che imita la vita , o la vita che imita l ' arte , il gioco della televisione allinea i suoi concorrenti come i personaggi di una bibliotechina , prevalentemente rosea , nella quale , di volta in volta , troviamo personaggi alla Fucini e alla Paolieri , certi toni alla Guareschi o addirittura delle settecentesche pièces larmoyantes . Certe volte una paginetta di Carolina Invernizio o di Anna Vertua Gentile : altre volte un po ' di Tutta Frusaglia : certi contadini toscani discesi pari pari da un capitolo di Ildefonso Nieri , gastronomi alla Jarro , esperti di teatro che risalgono agli atti unici dialettali di Gino Rocca . Lascia o raddoppia ? ha avuto persino in qualche personaggio il riflesso di certi capitoli di Moravia . Ha avuto i suoi testardi , i suoi caparbi , i suoi litigiosi , i suoi misantropi molieriani : persino l ' americano gentile come lo sognano molte ragazze . Pírandello è il grande assente : Mike Bongiorno sta cercando in questi giorni di creare , attraverso un concorrente siciliano , un personaggio del Musco minore con qualche sommesso accenno al « gallismo » di Brancati . Immensa , forse troppo abbondante la schiera dei « figli di Emilio Colombo » , il Pindaro del pedale e del gol , guidati dal lungocrinito Lauro Bordin .
Zarah Leander ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
È una donna ancora molto bella , Zarah Leander . Anche se la prima giovinezza sta staccandosi se pure molto dolcemente da lei , il suo volto ne ha acquistato un rilievo drammatico profondo . I suoi occhi sono stati e sono molto famosi , leggendariamente inquietanti . Ieri sera al Mediolanum , eccoli gli occhi di questa signora vestita di bianco che , quasi immobile davanti al microfono , cantava alcune canzoni in francese e in svedese . Non sono occhi particolarmente grandi , o particolarmente splendenti . Il loro colore , nella piena luce della ribalta , è mescolato d ' oro cupo e di qualche nota azzurra . Sono occhi difficili da raccontare : occhi d ' attrice come li vide un tempo , intensi , De Nittis in Sarah Bernhardt e Albert Besnard in Réjane : occhi un poco distanti e dallo sguardo raramente afferrabile . Anche Colette ha di questi occhi vibrati , fatti più per la malinconia che per il sorriso : occhi , direi , da confessione drammatica . Il canto di Zarah Leander è , come il suo sguardo , vibrato . È il canto in tono di contralto di una dicitrice dalla concitata veemenza , quasi virile , che in certi momenti spalanca brutalmente le porte sulla verità . Una voce inattesa per il nostro orecchio latino abituato alle tonalità canore definite e a un modellato delle parole meno rapinoso e meno sferzante . Raquel Meller - arrivata anche lei venticinque anni fa , alla fine della prima guerra mondiale , al music - hall dopo le esperienze del cinema - aveva nel canto la stessa virtù plastica , anche se la musica della Violetera , che fu la sua grande creazione , era di sentimenti meno neo - realisti di quelli delle canzoni francesi che la Leander canta come in un soliloquio di disperata confessione femminile , così come si può immaginare che una donna parli solo quando è sicura di essere assolutamente sola .
StampaPeriodica ,
Tanto il Wassermann che il Ruppin concordano nell ' affermare che la principale differenza tra la criminalità degli ebrei e quella degli ariani sta nel fatto che nei primi sono più numerosi i delitti con frode e nei secondi quelli con violenza . Inoltre la criminalità ebraica è particolarmente diretta contro la proprietà . L ' ebreo Wassermann stesso , del resto , mette nel seguente ordine le varie categorie di delitti per i quali gli ebrei dimostrano una particolare tendenza : 1 ) Estorsione ; 2 ) Truffa ; 3 ) Mancanza di fede e di senso del dovere nell ' amministrazione di una azienda ; 4 ) Falsificazione di merci ; 5 ) Falsificazione di documenti ; 6 ) Bancarotta fraudolenta ; 7 ) Bancarotta ; 8 ) Delitti vari in occasione di fallimenti ; 9 ) Usura ; 10 ) Imbrogli nei giuochi d ' azzardo ; 11 ) Delitti contro la proprietà intellettuale ; 12 ) Altri delitti contro la proprietà . È interessante poi osservare come negli ebrei la maggioranza dei delitti abbia uno spiccato aspetto professionale : come difatti ricorda il Ruppin , le usure , le bancarotte , i delitti contro la proprietà intellettuale ecc . , vengono quasi sempre compiuti dagli ebrei durante l ' esercizio stesso della loro professione . Se si tiene conto che durante la sua attività professionale l ' ebreo infrange le leggi almeno sette volte di più dell ' ariano , si vede chiaramente come sono giustificati i provvedimenti per cui gli ebrei ai nostri giorni vengono allontanati da diverse branche di attività .