StampaQuotidiana ,
Cominciarono
a
mitragliare
subito
dopo
Natale
:
Cosa
fate
l
'
ultimo
dell
'
anno
?
Chi
vedete
?
Con
chi
uscite
?
Avete
qualche
idea
?
E
subito
sotto
con
le
idee
:
si
potrebbe
cenare
giù
da
Enrico
,
un
po
'
caro
,
quindicimila
a
testa
,
oppure
andarci
,
già
cenati
,
e
consumare
,
diecimila
a
testa
,
un
po
'
caro
,
ma
l
'
ultimo
dell
'
anno
viene
una
volta
all
'
anno
,
o
magari
un
posticino
fuori
porta
,
alla
buona
,
un
'
ora
di
macchina
,
due
ore
di
macchina
,
o
sennò
da
Ubezio
,
ci
viene
anche
Salerno
,
ci
viene
anche
Cesarina
la
Pazza
,
ci
viene
anche
...
ma
voi
insomma
cosa
fate
l
'
ultimo
dell
'
anno
?
Non
facciamo
niente
.
Si
mette
al
fuoco
la
pentola
grossa
,
con
dentro
gallina
,
mezzo
chilo
di
biancostato
e
gli
odori
,
a
cuocere
pian
piano
,
così
per
cena
c
'
è
lesso
e
fior
di
brodo
e
avanza
anche
per
rifarci
i
tortellini
domani
.
Come
panettone
si
prende
quello
che
costa
meno
,
tanto
sono
tutti
eguali
,
e
il
formato
da
mezzo
chilo
,
tanto
mezzo
il
panettone
avanza
sempre
e
rinseccolito
farà
forse
bene
alla
gola
,
ma
più
giù
della
gola
,
non
scende
.
Si
guarda
la
televisione
,
un
programmino
in
stretta
economia
,
spezzoni
di
roba
vecchia
,
con
un
presentatore
anche
lui
in
economia
.
E
si
fanno
i
conti
,
dare
e
avere
,
fatto
e
malfatto
,
rammentato
e
scordato
.
Non
c
'
è
forse
un
amico
,
oramai
,
al
ministero
del
Bilancio
?
A
mezzanotte
si
suona
il
campanello
dei
coinquilini
,
anzi
dei
casigliani
,
e
si
stappa
con
loro
una
bottiglia
di
spumante
da
700
lire
.
E
si
fiondano
dalla
finestra
le
lampadine
fulminate
.
Come
botto
basta
e
avanza
.
Poi
a
dormire
.
Sarebbe
ora
di
chiudere
ragazzi
,
dice
pressappoco
uno
dei
nostri
più
valenti
poeti
nuovissimi
.
Sicuro
,
è
finito
il
miracolo
,
anzi
non
c
'
era
mai
stato
,
perché
i
miracoli
,
se
va
bene
,
li
fanno
i
santi
.
Comincia
l
'
anno
dell
'
austerità
e
della
programmazione
,
anche
spicciola
.
Allora
ragazzi
,
intesi
,
non
buttate
quattrini
dalla
finestra
,
dalla
finestra
casomai
si
buttano
le
lampadine
fulminate
.
State
buoni
e
fermi
.
Chi
ha
una
bella
casa
non
la
cambi
,
e
se
la
goda
,
non
ne
fugga
come
un
forsennato
a
ogni
festa
del
lunario
.
Chi
vuol
viaggiare
viaggi
,
ma
sul
serio
:
non
già
tutte
le
domeniche
ai
laghi
,
o
in
montagna
,
o
in
Riviera
,
bensì
un
mese
filato
a
Tokio
.
E
poi
un
mese
immobili
,
a
pensare
com
'
era
Tokio
,
perché
se
non
viaggia
il
cervello
è
come
se
non
viaggiasse
niente
.
Usate
pure
l
'
automobile
,
ma
ricordatevi
che
è
una
macchina
non
una
persona
.
Sentimenti
e
passioni
tornate
a
trasferirli
sul
giusto
oggetto
,
sulla
donna
vostra
,
che
se
lo
merita
.
E
lasciate
stare
le
donne
degli
altri
,
soprattutto
non
cercate
di
prenderle
a
prestito
.
A
prestito
anzi
,
se
vi
riesce
,
non
prendete
e
non
date
nulla
.
Andateci
piano
,
con
le
rate
,
e
basta
con
le
cambiali
.
Avete
mai
letto
bene
come
ci
è
scritto
?
Pagherò
.
Tempo
futuro
.
Gran
brutto
tempo
.
StampaQuotidiana ,
Un
tempo
la
Rosa
veniva
a
Milano
tutte
le
mattine
col
gamba
di
legno
,
a
lavorare
in
un
maglificio
.
Poi
il
maglificio
ha
chiuso
,
il
gamba
di
legno
non
cammina
più
,
ma
lei
a
Milano
viene
lo
stesso
,
tutte
le
mattine
presto
,
con
l
'
autobus
nuovo
.
Ora
fa
i
mestieri
nelle
case
dei
signori
al
grattacielo
,
e
forse
guadagna
di
più
,
pagata
un
tanto
a
ora
.
Va
dalla
signora
inglese
,
dal
proprietario
del
bar
napoletano
e
dal
signor
professore
.
In
realtà
,
la
signora
inglese
è
slava
(
inglese
semmai
è
suo
marito
)
,
quello
del
bar
non
è
di
Napoli
,
ma
di
Bitonto
,
il
professore
non
è
niente
,
ma
siccome
in
casa
ha
più
di
mille
libri
e
scrive
sempre
a
macchina
,
dev
'
essere
senz
'
altro
una
persona
istruita
.
Figuriamoci
che
,
quando
la
conobbe
e
seppe
da
dove
veniva
ogni
mattina
,
fece
:
«
To
'
ma
lo
sa
lei
,
signora
Rosa
,
che
a
Magenta
cento
anni
fa
fecero
una
grande
battaglia
?
»
.
Uno
che
senza
essere
di
Magenta
sa
queste
cose
,
dev
'
essere
senz
'
altro
un
professore
.
«
Lo
so
,
lo
so
»
,
rispose
lei
,
«
ma
poi
hanno
ricostruito
tutto
nuovo
.
»
Quando
arriva
nelle
case
,
suona
due
colpi
brevi
di
campanello
,
e
si
annuncia
:
«
La
Rosa
!
»
.
Poi
dà
anche
il
buongiorno
,
ma
il
professore
e
sua
moglie
sono
sempre
lì
che
battono
a
macchina
,
e
qualche
volta
si
dimenticano
di
rispondere
.
La
pagano
il
sabato
:
lei
arriva
puntuale
con
il
foglietto
,
il
conto
delle
ore
e
la
moltiplicazione
.
Ogni
tanto
alza
il
prezzo
,
senza
contrattarlo
,
per
conto
suo
.
Si
abbocca
con
le
altre
donne
,
cameriere
o
a
ore
come
lei
,
e
decidono
.
Decidono
di
non
dare
più
la
cera
a
mano
sui
pavimenti
:
fa
venire
il
«
prolascio
»
.
E
che
bisogna
comprare
il
«
respirapolvere
»
nuovo
.
O
il
nuovo
detersivo
:
lo
acquista
lei
stessa
dal
droghiere
e
fa
mettere
sul
conto
del
signor
professore
,
che
poverino
batte
sempre
su
quella
macchina
,
è
svelto
e
intelligente
,
ma
di
soldini
ne
vede
pochi
.
Bastano
appena
il
sabato
,
per
comprarsi
una
collanina
,
o
un
paio
di
pantofole
ricamate
,
ai
grandi
magazzini
.
E
così
ripiglia
l
'
autobus
per
Magenta
,
ben
vestita
come
una
signora
.
Fa
la
sua
figura
.
L
'
altro
giorno
un
signore
anziano
l
'
ha
fermata
per
strada
,
voleva
sapere
,
voleva
toccare
.
«
Signora
Mariuccia
,
una
donna
in
questi
casi
come
deve
comportarsi
?
È
vero
che
i
vecchi
danno
tanti
soldini
!
»
.
StampaQuotidiana ,
Qualche
volta
,
se
la
portiera
non
riesce
a
bloccarle
,
ti
arrivano
fin
sull
'
uscio
di
casa
.
Suonano
alle
otto
del
mattino
,
tu
apri
con
gli
occhi
gonfi
di
sonno
,
ed
eccola
lì
,
impalata
,
con
la
borsa
a
braccia
che
recita
:
«
Siamo
lieti
di
offrirle
questo
nuovo
prodotto
per
la
casa
,
di
cui
la
sua
signora
potrà
constatare
immediatamente
i
vantaggi
»
.
Ti
mette
in
mano
una
scatola
di
qualcosa
,
poi
continua
:
«
Per
aprire
la
scatola
basta
premere
sull
'
angolo
superiore
e
strappare
leggermente
»
.
Ci
sono
poi
quelle
dei
buoni
-
sconto
per
l
'
acquisto
di
un
dentifricio
anticarie
al
fluoro
superlativo
formato
medio
a
sole
lire
100
invece
di
130
.
Il
buono
è
valido
se
reca
:
il
timbro
del
fornitore
,
la
linguetta
di
chiusura
dell
'
astuccio
,
il
nome
,
il
cognome
e
l
'
indirizzo
del
mittente
.
Queste
ragazze
arrivano
fino
alla
cassetta
delle
lettere
e
te
l
'
imbottiscono
.
Girano
a
gruppi
di
tre
o
quattro
con
una
borsa
a
tracolla
,
un
modulo
,
una
penna
a
sfera
e
un
gessetto
.
Il
gessetto
serve
per
marcare
il
marciapiede
,
dinanzi
alla
casa
in
cui
entrano
,
con
una
sigla
,
cioè
due
lettere
,
di
cui
la
prima
è
l
'
iniziale
della
spettabile
ditta
,
la
seconda
il
contrassegno
della
ragazza
.
In
questo
modo
,
la
capogruppo
sa
momento
per
momento
dove
lei
è
.
E
quando
esce
,
accanto
alla
sigla
traccia
una
punta
di
freccia
,
orientata
secondo
la
parte
dove
s
'
incammina
.
Al
cantone
doppia
punta
di
freccia
,
segno
che
la
ragazza
ha
svoltato
.
L
'
altra
mattina
una
di
queste
povere
untorelle
batteva
viale
Ezio
,
dove
sono
più
che
altro
i
villini
dei
pensionati
di
trenta
anni
fa
.
Cercava
di
raggiungere
la
cassetta
,
appesa
al
muro
dalla
parte
di
dentro
,
dietro
il
cancellino
.
Ma
dietro
il
cancellino
c
'
era
,
a
guardia
,
un
cane
lupo
,
che
a
ogni
azzardo
della
manina
saltava
su
ringhiando
e
mostrando
le
zanne
.
Chissà
come
,
la
ragazza
ha
vinto
,
ha
imbucato
i
suoi
buoni
,
poi
si
è
chinata
a
tracciare
la
doppia
punta
di
freccia
,
perché
lì
viale
Ezio
(
generale
romano
)
finisce
e
si
va
in
Marco
Terenzio
Varrone
(
storico
romano
)
:
una
strada
privata
,
cioè
senza
asfalto
e
senza
luci
.
Dopo
buio
ci
vanno
altre
ragazze
,
che
fanno
ben
altro
mestiere
,
e
lasciano
per
terra
ben
altri
contrassegni
del
loro
passaggio
.
StampaQuotidiana ,
Spesso
capita
di
parlar
male
degli
attivisti
indigeni
,
ma
anche
quelli
d
'
importazione
non
scherzano
,
specialmente
i
romani
.
Sarà
forse
complesso
di
colpa
,
voglia
di
smentire
la
nomea
che
li
dice
pelandroni
,
fatto
sta
che
appena
arrivano
fra
le
nebbie
si
scatenano
.
Per
esempio
quelli
del
cinema
:
Giovanni
,
l
'
aiuto
-
regista
,
lavora
dodici
,
sedici
ore
al
giorno
,
e
la
sera
eccotelo
per
casa
,
con
gli
occhi
rossi
,
il
naso
intasato
dal
raffreddore
.
«
Sto
male
,
sto
male
»
,
fa
,
ma
comincia
subito
a
proporre
,
e
a
proporsi
altro
lavoro
.
Un
documentario
su
Milano
,
per
esempio
,
perché
Milano
è
stata
la
grande
scoperta
dei
cinematografari
,
proprio
non
se
l
'
aspettavano
,
quest
'
aria
(
bah
!
)
,
questa
luce
,
questa
nebbia
.
Un
documentario
,
dunque
,
sulla
mia
generazione
,
sulla
tua
generazione
,
sulla
nostra
generazione
,
le
speranze
,
le
illusioni
e
le
delusioni
:
tu
,
Maria
,
Lizzani
,
Guttuso
,
basta
che
parliate
,
e
io
registro
.
Avete
il
registratore
?
Prendilo
,
prendilo
,
questo
benedetto
registratore
,
e
forza
,
sveglia
,
pelandroni
,
lui
lavora
dodici
ore
al
giorno
eppure
eccolo
,
di
sera
,
pronto
a
lavorare
ancora
.
Negli
attimi
di
pausa
legge
un
giornale
di
dieci
anni
fa
che
ha
scoperto
in
un
cassetto
,
e
dice
che
è
interessante
.
Il
giorno
dopo
invece
arriva
Marcello
,
uomo
di
teatro
,
e
dice
che
bisogna
fare
un
documentario
in
dieci
,
dodici
puntate
su
Israele
,
dieci
,
dodici
storie
di
ebrei
,
purché
ci
sia
di
mezzo
l
'
Italia
,
anche
solo
un
passaggio
.
Oppure
un
film
a
episodi
sul
tipo
dei
Mostri
.
Ma
sulle
donne
.
Diciamo
pure
le
mostre
.
Ma
no
,
non
va
,
le
mostre
è
equivoco
,
fa
pensare
troppo
alla
pittura
.
Semmai
le
orche
,
neanche
,
la
censura
a
Roma
,
almeno
,
lo
proibirebbe
.
Le
orchesse
?
Sì
,
le
orchesse
andrebbe
bene
.
Oppure
un
film
compatto
,
la
storia
di
un
adulterio
.
Vediamo
praticamente
la
scena
.
Tu
rientri
da
una
trasferta
,
apri
la
porta
,
c
'
è
tua
moglie
che
t
'
aspetta
.
Come
state
,
cara
?
Bene
,
risponde
lei
.
Anzi
no
,
dice
subito
:
marito
mio
ti
ho
tradito
.
E
tu
come
ti
comporti
?
Sette
ipotesi
italiane
,
oggi
:
la
ammazzi
,
la
butti
fuori
di
casa
,
te
ne
vai
tu
,
la
prendi
a
botte
,
soffri
ma
resti
,
non
te
ne
importa
nulla
,
sei
contento
.
Anzi
,
meglio
,
prendiamo
un
personaggio
classico
e
riraccontiamolo
in
chiave
moderna
.
Per
esempio
,
Orlando
,
il
furioso
.
Chi
è
oggi
Orlando
?
È
il
difensore
delle
verità
costituite
che
parte
lancia
in
resta
contro
gli
infedeli
,
che
sono
tutti
,
dai
comunisti
ai
liberi
pensatori
,
agli
adulteri
.
Senza
macchia
e
senza
paura
.
Poi
un
bel
giorno
s
'
innamora
d
'
una
dattilografa
,
certa
Angelica
,
e
perde
il
senno
.
Il
suo
amico
dott.
Astolfi
si
rivolge
a
uno
psicanalista
che
abita
all
'
ultimo
piano
d
'
un
grattacielo
,
un
ambiente
irreale
,
lunare
.
E
Angelica
va
a
finire
fra
le
braccia
di
una
mezz
'
ala
di
serie
C
,
un
ragazzetto
biondo
e
un
poco
fesso
di
nome
Medoro
.
Ti
va
?
Me
lo
scrivi
tu
il
soggetto
,
due
cartellini
,
che
poi
io
parto
e
trovo
subito
il
produttore
.
Ritelefona
la
mattina
all
'
alba
:
«
Allora
,
quest
'
Orlando
,
come
andiamo
con
quest
'
Orlando
?
L
'
hai
scritto
il
soggetto
?
»
.
StampaQuotidiana ,
A
mezzogiorno
di
venerdì
17
,
il
campione
non
c
'
è
;
sta
mangiando
un
boccone
a
casa
sua
,
spiega
il
proprietario
del
bar
-
quasi
famoso
ormai
-
di
via
Fratti
,
dalle
parti
della
stazione
.
I1
bancone
,
pochi
tavoli
,
il
calcio
balilla
,
due
stanzucce
:
ha
un
nome
di
donna
,
Rita
,
ma
per
il
resto
è
identico
ai
centomila
baretti
di
periferia
dove
vanno
a
prendere
il
caffè
o
il
grappino
operai
e
artigiani
prima
e
dopo
il
lavoro
.
Naturalmente
c
'
è
il
juke
-
box
,
che
da
dieci
minuti
ripete
la
solita
solfa
.
E
ci
sono
quattro
o
cinque
giovanotti
coi
cartelli
che
attaccano
al
muro
e
appiccicano
ai
vetri
i
manifesti
pubblicitari
di
una
marca
di
caffè
,
la
stessa
ripetuta
sugli
scatoloni
di
latta
,
enormi
e
vuoti
,
posati
sul
bancone
.
Nell
'
altra
stanza
,
seduti
a
tavolino
,
due
signori
bassotti
,
atticciati
,
il
viso
scuro
,
hanno
tirato
fuori
una
carta
bollata
da
duecento
lire
e
ci
stanno
scrivendo
un
atto
di
procura
,
che
affida
a
uno
di
loro
l
'
esclusiva
di
tutta
la
pubblicità
che
possa
nascere
dall
'
impresa
:
battere
il
record
mondiale
di
resistenza
volontaria
al
sonno
,
sinora
detenuto
dallo
studente
californiano
sedicenne
Tandy
Gardner
.
Finalmente
eccolo
,
il
campione
nostrano
:
porta
una
cuffia
di
maglia
a
strisce
nere
e
azzurre
,
calata
fin
sotto
le
orecchie
,
che
gli
nasconde
mezza
faccia
;
in
più
ha
gli
occhiali
neri
,
una
sciarpa
colorata
al
collo
e
il
bavero
del
cappotto
rialzato
.
Insomma
,
gli
si
vede
solo
il
naso
,
piuttosto
sporgente
,
e
la
bocca
,
con
due
incisivi
scheggiati
che
formano
un
buco
triangolare
.
Porta
la
testa
in
su
,
buttata
un
po
'
all
'
indietro
,
come
se
fiutasse
l
'
aria
,
cammina
aggobbito
,
una
spalla
più
alta
,
a
passi
lunghi
e
dinoccolati
,
anzi
disossati
.
Somiglia
vagamente
,
da
quel
poco
che
si
vede
,
ad
Adriano
Celentano
,
e
quella
camminata
sembra
la
caricatura
del
modo
di
muoversi
del
famoso
urlatore
.
I
due
al
tavolo
riescono
a
farlo
sedere
,
e
lui
sta
lì
,
gobbo
,
quella
spalla
più
alta
che
ritmicamente
sale
ancora
più
su
,
come
per
una
contrazione
del
torace
,
involontaria
.
Gli
parlano
,
ma
non
sono
certi
neanche
loro
che
li
stia
a
sentire
,
perché
all
'
improvviso
si
alza
,
ricomincia
a
passeggiare
avanti
e
indietro
,
e
bisogna
prenderlo
per
la
manica
,
tirarlo
di
nuovo
a
sedere
.
Di
là
continuano
a
picchiare
col
martello
sul
muro
,
altri
manifesti
come
quello
lì
sul
muro
,
con
la
scatola
e
il
barattolo
,
miscela
speciale
,
o
come
l
'
altro
,
col
chicco
di
caffè
in
figura
umana
,
una
enorme
testa
bruna
ovoidale
che
sotto
ha
le
gambe
.
«
Ecco
»
,
gli
dice
uno
.
«
Quando
arriva
la
televisione
,
tu
prendi
la
tazzina
e
dici
:
Mi
tengo
su
con
del
caffè
T
.
Anzi
no
,
non
dici
l
'
aggettivo
caffè
,
perché
quelli
della
televisione
sulla
pubblicità
ci
speculano
,
fanno
i
caroselli
e
non
ti
permettono
di
dire
caffè
.
Dirai
solo
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Hai
capito
?
»
Per
maggiore
sicurezza
,
il
signore
bassotto
tira
fuori
un
pezzo
di
carta
,
con
su
scritte
queste
parole
:
Mi
tengo
su
con
del
caffè
T
.
Cancella
la
parola
caffè
e
porge
il
foglietto
al
campione
.
«
Ecco
,
ti
lascio
il
testo
perché
tu
possa
studiarlo
.
Hai
capito
bene
?
Mi
tengo
su
con
del
T
.
,
devi
dire
.
Se
poi
quello
della
televisione
ti
chiede
:
Ma
che
cosa
è
questo
T
.
?
,
tu
magari
puoi
aggiungere
:
Ma
diamine
,
è
un
buon
caffè
.
E
tieni
la
tazzina
in
mano
.
Anzi
,
facciamo
la
prova
»
.
È
arrivato
il
proprietario
del
bar
con
una
tazza
grande
da
caffè
,
che
ha
la
marca
da
una
parte
.
Ricomincia
la
lezione
:
«
Tu
tieni
sempre
questa
tazzina
in
mano
.
Così
,
con
la
mano
destra
,
in
questa
posizione
,
in
modo
che
la
marca
si
veda
bene
.
Non
la
lasciare
mai
,
altrimenti
te
ne
potresti
dimenticare
.
Sei
nel
tuo
diritto
,
capisci
,
questi
del
caffè
fanno
dei
sacrifici
,
ti
danno
cinquantamila
lire
per
queste
poche
parole
e
per
mostrare
la
marca
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Non
dire
il
sostantivo
caffè
,
perché
quelli
della
televisione
,
che
speculano
sulla
pubblicità
,
te
lo
potrebbero
impedire
.
Dunque
,
a
te
non
le
hanno
ancora
fatte
,
ma
a
quell
'
americano
,
a
quel
Gardner
,
sì
,
le
iniezioni
di
caffeina
.
Tu
prendi
il
caffè
,
e
basta
.
Proviamo
,
per
l
'
ennesima
volta
:
la
tazza
in
mano
,
non
la
lasciare
mai
,
e
ripeti
con
me
le
parole
:
Mi
tengo
su
con
del
T
.
Anzi
,
prendi
il
testo
e
studialo
»
.
Il
campione
prende
il
foglietto
,
se
lo
infila
in
tasca
e
s
'
alza
in
piedi
,
accennando
di
sì
,
che
ha
capito
,
ma
non
dice
una
parola
.
Ricomincia
a
passeggiare
,
avanti
e
indietro
,
come
un
fantoccio
di
gomma
,
quella
spalla
più
alta
che
gli
sale
ancora
di
più
,
ogni
volta
che
tira
il
fiato
,
e
i
due
bassotti
lo
stanno
a
guardare
,
poi
lo
riagguantano
per
la
manica
,
lo
fanno
sedere
,
gli
danno
una
penna
per
firmare
quella
carta
bollata
della
procura
.
Gli
guidano
la
mano
perché
trovi
il
rigo
giusto
.
All
'
amico
che
mi
ha
portato
in
macchina
fino
a
Parma
,
chiedo
se
per
caso
non
ha
appetito
,
e
lui
mi
risponde
subito
di
sì
:
poi
si
potrebbe
anche
andarcene
a
vedere
la
mostra
di
Guttuso
,
aggiunge
.
Dopo
pranzo
il
campione
s
'
è
levato
la
cuffia
e
,
davanti
allo
specchio
,
nel
cerchio
di
amici
che
lo
stanno
a
guardare
,
si
pettina
:
ha
i
capelli
di
almeno
quattro
mesi
,
castani
,
una
lieve
peluria
sotto
il
naso
prominente
,
le
guance
quasi
glabre
,
gli
zigomi
più
gonfi
di
come
l
'
avevo
visto
nelle
fotografie
,
gli
occhi
in
fuori
,
un
colorito
tra
la
cera
e
la
terra
.
Si
chiama
Giuliano
Fantoni
,
diciannovenne
,
di
professione
imbianchino
e
verniciatore
.
Non
dorme
da
centottantatré
ore
,
e
intende
continuare
per
altre
centocinque
,
fino
a
mezzanotte
di
martedì
prossimo
,
per
un
totale
di
duecento
e
ottantotto
ore
.
Per
adesso
il
record
è
dello
studente
californiano
,
record
mondiale
di
resistenza
volontaria
al
sonno
:
duecentosessantaquattro
ore
.
Il
nostro
campione
è
uscito
dal
bar
e
passeggia
alla
sua
solita
maniera
sul
marciapiede
,
fiutando
l
'
aria
.
Bisogna
che
stia
così
,
in
piedi
o
seduto
;
se
si
stende
,
anche
per
terra
,
anche
sui
chiodi
,
dorme
.
Di
notte
va
in
un
garage
lì
vicino
,
dove
lo
ospita
il
guardiano
notturno
,
e
dove
vanno
a
fargli
compagnia
gli
amici
;
di
giorno
sta
sempre
qui
,
al
bar
Rita
di
via
Fratti
,
e
s
'
allontana
soltanto
,
e
in
compagnia
,
per
i
pasti
.
Prende
più
che
altro
latte
,
uova
col
limone
,
succhi
di
frutta
,
carne
di
cavallo
cruda
,
tritata
.
A
parte
il
caffè
,
assicurano
che
non
piglia
eccitanti
,
e
anzi
ha
smesso
di
fumare
.
Ha
già
avuto
due
volte
la
crisi
,
che
qui
chiamano
«
balordon
»
:
tremarella
,
sudore
freddo
,
conati
di
vomito
.
E
continua
ad
andare
su
e
giù
con
quell
'
andatura
da
orso
.
Apriamo
un
testo
di
medicina
:
Dopo
circa
60-90
ore
di
veglia
forzata
(
da
quattro
a
sei
volte
l
'
arco
normale
di
16-17
ore
)
l
'
effetto
più
palese
è
un
'
estrema
stanchezza
muscolare
.
Chi
si
sottoponga
a
un
simile
esperimento
desidera
soprattutto
chiudere
gli
occhi
e
stendersi
,
ma
proprio
questa
forzata
attività
muscolare
gli
permette
di
rimanere
sveglio
.
Altri
aspetti
caratteristici
della
veglia
forzata
sono
:
irritabilità
fino
al
limite
dell
'
iracondia
anche
in
soggetti
normalmente
pacifici
,
e
disorganizzazione
mentale
che
si
manifesta
in
varie
forme
-
sogni
a
occhi
aperti
,
allucinazioni
,
automatismo
della
condotta
,
temporanea
pazzia
.
Ecco
perché
col
cosiddetto
metodo
del
«
terzo
grado
»
-
continui
interrogatori
per
molte
ore
senza
concedere
al
soggetto
la
possibilità
di
dormire
-
si
riesce
a
ottenere
una
confessione
anche
da
un
individuo
innocente
,
il
quale
non
desidera
altro
ormai
che
chiudere
gli
occhi
,
e
non
capisce
nemmeno
più
la
gravità
della
sua
autoaccusa
.
Il
cerchio
degli
amici
sta
a
guardare
il
campione
,
e
sono
occhi
protettivi
,
preoccupati
,
vigili
.
Evitano
di
rispondere
alle
domande
,
e
fare
domande
a
lui
mi
parrebbe
un
'
inutile
crudeltà
.
Ma
si
riesce
ugualmente
a
capire
come
sono
andate
le
cose
.
Giuliano
è
un
bravo
ragazzo
,
un
compagnone
,
uno
dei
tanti
giovani
che
si
sentono
a
loro
agio
soltanto
fuori
casa
,
fra
gli
amici
,
uno
di
quelli
insomma
che
«
tengono
banco
»
.
Una
volta
ballò
il
twist
per
due
ore
di
seguito
,
poi
scommise
che
non
si
sarebbe
fatto
più
tagliare
i
capelli
.
A
Capodanno
era
sempre
fuori
,
da
una
festa
all
'
altra
dal
bar
alla
balera
.
«
Son
due
giorni
che
non
chiudo
occhio
»
,
disse
una
mattina
.
«
Figurati
»
,
gli
rispose
uno
mostrandogli
la
fotografia
di
un
giovanotto
americano
,
biondo
sorridente
,
occhialuto
,
l
'
indice
e
il
medio
sollevati
nel
segno
della
vittoria
.
«
Figurati
.
Quest
'
americano
non
ha
dormito
per
undici
giorni
di
seguito
»
.
«
Con
quella
faccia
?
Ma
allora
son
capace
anch
'
io
.
Anzi
,
starò
sveglio
dodici
giorni
,
così
divento
campione
mondiale
»
.
In
provincia
-
o
in
periferia
che
è
lo
stesso
-
non
di
rado
succedono
queste
sfide
assurde
:
a
chi
mangia
più
tortellini
(
fino
a
scoppiare
)
,
a
chi
scola
una
bottiglia
di
grappa
in
un
sorso
solo
(
a
rischio
di
restarci
secco
)
,
a
chi
s
'
ingozza
più
pastasciutta
con
le
mani
legate
dietro
la
schiena
.
La
sfida
nasce
nelle
lunghe
ore
di
noia
al
caffè
,
quando
non
si
sa
più
che
altro
fare
e
che
altro
dire
,
perché
ormai
si
è
fatto
e
detto
tutto
quel
che
c
'
era
da
dire
e
fare
,
e
la
fantasia
non
suggerisce
altro
,
non
suggerisce
di
meglio
.
Questo
soltanto
,
mi
pare
:
non
c
'
è
smania
di
pubblicità
,
anche
se
la
pubblicità
,
nella
forma
balorda
che
si
è
visto
cominciando
(
chi
rifiuta
il
caffè
non
dice
forse
«
grazie
no
,
che
poi
non
dormo
»
?
)
,
cerca
di
impadronirsi
del
fenomeno
e
di
adoperarlo
.
Mi
tengo
su
col
caffè
T
.
Ma
la
televisione
non
è
arrivata
,
non
possiamo
controllare
se
Giuliano
si
ricorda
quelle
parole
,
e
sarà
meglio
andarsene
.
Dopo
il
freddo
della
strada
,
dentro
la
macchina
viene
la
sonnolenza
.
Ecco
il
guaio
dei
servizi
fuori
Milano
e
col
rientro
in
giornata
:
non
ti
puoi
stendere
un
po
'
dopo
mangiato
.
StampaQuotidiana ,
La
forza
di
una
lingua
si
misura
anche
dalla
sua
capacità
di
ammaliare
le
parole
straniere
:
noi
oggi
diciamo
ponce
,
Parigi
,
Londra
,
e
un
tempo
Benvenuto
Cellini
diceva
,
beato
lui
,
Fontana
Beliò
,
e
intendeva
Fontainebleau
.
I
giornalisti
sportivi
dicono
stoppare
e
dribblare
,
e
forse
troveranno
il
modo
di
italianizzare
anche
il
tackle
.
Gli
italiani
d
'
America
dicono
carro
per
auto
,
giobba
per
lavoro
,
gelle
per
carcere
,
bisinesse
per
affare
.
Dicono
,
come
tutti
sanno
,
Broccolino
.
Non
tutti
invece
hanno
sentito
una
madre
chiamare
il
figlio
Vasintone
,
eppure
succede
:
in
Romagna
e
in
Toscana
,
troviamo
Vasintone
,
Vilsone
e
Bicchesio
,
cioè
Washington
,
Wilson
,
Bixio
.
Gli
arredatori
dicono
bovindo
per
indicare
un
tipo
di
finestra
che
aggetta
rispetto
al
muro
.
Parola
nuovissima
e
inusitata
-
non
se
ne
aveva
notizia
prima
del
gennaio
1964
-
è
triggerare
.
La
si
legge
nel
manifesto
invito
per
una
mostra
di
Nanda
Vigo
.
I1
contesto
:
«
Ritengo
quindi
che
dovendo
tradurre
esteticamente
un
codice
di
comando
atto
a
triggerare
un
'
informazione
con
una
scelta
precisa
,
queste
forme
siano
le
più
atte
a
concretizzarlo
in
armonia
con
il
postulato
cronotopico
»
.
Il
senso
generale
del
discorso
dev
'
essere
abbastanza
complicato
,
ma
non
ci
interessa
in
questa
sede
.
Qui
preme
cogliere
a
frullo
il
neologismo
,
questa
deverbazione
da
una
parola
straniera
,
e
cioè
trigger
.
Dice
lo
Webster
:
«
Leva
collegata
a
un
ritegno
,
e
che
serve
a
liberarlo
»
.
Nelle
armi
da
fuoco
,
il
trigger
è
la
parte
che
,
premuta
dal
dito
,
libera
il
percussore
.
E
to
trigger
significherà
far
scattare
il
grilletto
.
Deverbale
dall
'
italiano
era
difficile
,
certo
:
«
sgrillettare
»
suonerebbe
male
.
Perciò
ecco
«
triggerare
»
qualcuno
dirà
che
sarebbe
stato
più
giusto
«
trigherare
»
,
ma
sono
pedanterie
.
Qualcun
altro
dirà
che
si
poteva
anche
scegliere
un
«
far
scattare
»
,
un
«
dar
la
via
»
,
un
«
dar
le
mosse
»
,
o
ancora
,
restando
nel
gergo
meccanico
:
«
mollare
»
,
«
scatenare
»
,
«
sparare
»
.
Chi
avesse
bisogno
di
altre
notizie
si
rivolga
a
Nanda
Vigo
:
nata
a
Milano
,
nel
1936
,
laureata
in
architettura
all
'
Institute
Polithecnique
de
Lausanne
,
ha
lavorato
in
California
,
Jugoslavia
e
Milano
,
poi
,
dopo
aver
assimilato
varie
proposte
stilistiche
,
nel
1961
iniziò
la
formulazione
plastica
che
si
caratterizza
nei
cronotopi
esposti
nel
1962
.
Così
almeno
sta
scritto
sull
'
invito
.
StampaQuotidiana ,
I
D
'
Orlando
,
madre
e
figlio
,
abitano
in
una
traversa
di
via
Paolo
Sarpi
a
Milano
;
un
quartiere
popolare
,
di
costruzioni
vecchie
,
al
massimo
a
tre
piani
,
coi
fondi
tutti
occupati
da
una
fila
continua
di
negozi
e
qualche
bottega
imprevista
,
come
quella
dove
ancora
fabbricano
a
mano
ceri
e
candele
di
tutte
le
misure
.
Loro
due
stanno
a
un
quarto
piano
di
una
casa
non
diversa
dalle
altre
:
nel
cortile
la
fila
di
bidoni
della
spazzatura
,
la
scala
stretta
ed
erta
,
umida
fino
a
sapere
di
muffa
,
le
file
degli
usci
che
si
aprono
sul
ballatoio
,
rimasto
come
ai
tempi
in
cui
l
'
appartamento
si
riduceva
a
una
stanza
e
i
«
servizi
»
erano
in
comune
,
giù
in
fondo
.
Sulla
porta
di
casa
,
sotto
il
nome
a
caratteri
rossi
,
stampati
-
di
certo
il
ritaglio
d
'
un
catalogo
di
mostra
-
c
'
è
un
altro
cartiglio
,
scritto
a
mano
,
che
dice
:
«
Gordon
Vernon
,
B.A.
Teacher
of
English
»
.
Aprono
e
sono
due
stanzucce
:
un
tramezzo
nella
prima
isola
il
cucinino
,
col
fornello
a
gas
,
l
'
acquaio
e
un
piccolo
frigorifero
,
e
basta
appena
a
contenere
un
armadio
e
una
rete
di
letto
col
materasso
e
la
coperta
alla
militare
.
Nell
'
altra
,
l
'
unica
vera
camera
,
due
brande
:
ci
dormono
appunto
Pasquale
D
'
Orlando
e
l
'
amico
suo
baccelliere
che
dà
lezioni
private
d
'
inglese
,
poi
due
tavoli
,
una
scrivania
accostata
al
muro
,
uno
scaffaletto
pei
libri
e
in
un
angolo
,
ammucchiati
,
barattoli
vuoti
di
colore
e
di
tè
.
I
telai
delle
finestre
sono
dipinti
di
rosso
vivo
.
Pasquale
è
un
ragazzo
robusto
e
paffuto
,
che
non
dimostra
i
suoi
ventisette
anni
.
Come
accade
spesso
nei
napoletani
-
e
contro
un
luogo
comune
che
li
vuole
scuri
,
anzi
bluastri
-
lui
ha
gli
occhi
chiari
,
le
guance
rosee
,
la
barba
scarsa
.
Più
tardi
entra
un
suo
amico
piccoletto
,
biondo
,
fine
nei
lineamenti
,
e
lo
scambio
per
il
coinquilino
inglese
,
mentre
invece
è
napoletano
anche
lui
.
Ma
finalmente
eccola
,
la
madre
,
Maria
D
'
Orlando
:
è
molto
piccola
,
tonda
,
con
la
faccia
piena
,
i
capelli
grigi
raccolti
a
ciuffo
,
un
occhio
velato
e
semichiuso
.
Sulla
veste
turchina
porta
uno
zinale
nero
e
tiene
le
gambe
in
certi
calzerotti
di
lana
grossa
,
grigi
.
Quando
si
accomoda
a
sedere
il
figlio
deve
metterle
sotto
i
piedi
un
barattolo
vuoto
,
altrimenti
non
arriva
a
toccare
terra
.
Le
domando
per
curiosità
la
sua
statura
,
e
lei
va
a
prendere
dentro
l
'
armadio
,
in
una
custodia
di
plastica
insieme
ad
altri
documenti
,
la
carta
d
'
identità
:
Maria
Zarrillo
in
D
'
Orlando
,
vedova
,
nata
a
Torre
del
Greco
nel
1897
,
statura
bassa
.
Infatti
,
così
a
occhio
,
non
dovrebbe
superare
il
metro
e
quaranta
.
Eppure
quando
sorride
diventa
bella
,
con
quei
bei
denti
sani
e
bianchi
:
fa
accomodare
anche
me
e
Sergio
Cossu
,
che
è
ritornato
per
fare
altre
fotografie
,
ma
anche
,
mi
pare
,
perché
ormai
si
considera
di
casa
e
ci
viene
volentieri
,
ci
offre
un
bicchierino
stravecchio
(
l
'
etichetta
dice
ancora
cognac
)
,
e
ci
dà
il
tempo
di
guardare
intorno
.
Appesi
al
muro
quadri
,
del
figlio
e
suoi
.
Questi
ultimi
si
riconoscono
subito
,
per
la
violenza
dei
colori
e
il
piglio
deciso
dei
tratti
:
figure
umane
,
fiori
,
un
carretto
,
cavalli
;
su
tela
,
su
compensato
,
su
carta
,
e
ciascuno
ha
in
un
angolo
,
a
mo
'
di
firma
,
la
croce
.
Infatti
Maria
D
'
Angelo
non
ha
mai
imparato
a
scrivere
,
né
sa
leggere
.
Ha
imparato
invece
a
dipingere
:
basta
una
scorsa
alle
due
grosse
cartelle
che
il
figlio
sta
voltando
sul
tavolo
.
f
)
ai
primi
abbozzi
con
la
penna
a
sfera
,
ai
quadri
appesi
,
ai
fogli
di
queste
ultime
settimane
c
'
è
un
'
evoluzione
evidente
,
pur
restando
identici
i
temi
,
insistiti
tenacemente
;
ancora
figure
umane
,
ancora
cavalli
,
ancora
carretti
.
E
lei
spiega
:
questi
sono
due
bambini
che
portano
i
fiori
alla
mamma
;
e
anche
la
mamma
sta
mutandosi
in
pianta
,
le
nascono
dentro
rami
e
foglie
.
Questo
è
un
bambino
travolto
da
un
cavallo
:
ma
il
cavallo
sta
mettendo
una
coda
di
pavone
,
coloritissima
.
Questo
è
un
uomo
che
spinge
un
carretto
,
ma
le
ruote
son
viste
,
per
così
dire
,
in
sviluppo
,
sono
due
fondi
accanto
al
rettangolo
del
carretto
.
In
tutto
Maria
D
'
Orlando
ha
da
mostrare
cinquecento
opere
.
Ma
come
è
stata
,
questa
scoperta
della
pittura
?
Lo
spiega
il
figlio
Pasquale
,
di
professione
pittore
:
volle
fare
lui
una
specie
di
esperimento
,
mettere
in
mano
alla
madre
analfabeta
quest
'
altro
modo
di
esprimersi
,
vedere
il
comportamento
d
'
una
creatura
«
primitiva
»
,
d
'
una
donna
di
sessantacinque
anni
,
carica
di
esperienza
,
ma
rimasta
culturalmente
bambina
.
Non
le
diede
alcun
consiglio
,
di
nessun
genere
,
anzi
oggi
è
lei
che
-
mi
spiega
Pasquale
-
dà
al
figlio
avvertimenti
su
come
scegliere
e
accostare
i
colori
:
i
suoi
sono
squillanti
,
arditi
,
suggestivi
,
sottolineano
i
simboli
già
così
chiari
del
disegno
.
Come
mai
,
le
chiedo
,
occhi
così
grandi
e
così
rossi
,
in
quella
figura
maschia
,
anzi
virile
,
perché
su
questo
punto
il
disegno
non
lascia
davvero
dubbio
alcuno
.
Lei
sorride
,
alza
gli
occhi
per
guardami
in
faccia
(
col
sommo
della
testa
mi
arriva
di
poco
sopra
il
gomito
)
e
fa
:
«
Eh
,
voi
capite
,
non
mi
piace
la
cosa
meschina
,
piccirella
.
L
'
uomo
è
grande
»
.
Per
esempio
Giovanni
,
il
povero
marito
suo
,
morto
nel
quarantaquattro
:
lo
chiamavano
di
soprannome
Scialone
,
perché
era
un
gigante
,
fortissimo
,
capace
di
spingere
su
un
carretto
dodici
quintali
di
farina
lungo
una
salita
.
Si
spargeva
la
voce
che
Scialone
spingeva
dodici
quintali
,
e
la
gente
usciva
dalle
case
per
assistere
allo
spettacolo
.
E
pensare
che
s
'
era
scelto
per
moglie
una
donna
così
piccola
,
e
per
giunta
figlia
della
Madonna
.
Qualcuno
la
prese
con
sé
,
ma
non
ebbe
mai
una
madre
e
un
padre
,
neanche
adottivi
:
anzi
,
a
dieci
anni
già
l
'
avevano
messa
a
guardare
le
bestie
giù
in
una
masseria
dalle
parti
di
Cassino
.
Lei
non
ci
stava
volentieri
,
così
un
bel
giorno
scappò
:
andò
alla
stazione
,
vestita
come
una
«
pacchianella
»
e
lì
trovò
un
soldatino
che
,
saputa
la
storia
,
le
mise
in
mano
due
lire
,
e
le
dette
questo
consiglio
:
salita
in
treno
,
al
controllore
doveva
dire
esattamente
:
tengo
due
lire
e
dieci
anni
,
e
sono
figlia
della
Madonna
.
Se
volete
che
scenda
,
io
scendo
.
Ma
chi
poteva
avere
il
cuore
di
buttar
giù
dal
treno
una
figlia
della
Madonna
?
Le
diedero
un
lavoro
migliore
,
e
per
tutta
la
vita
Maria
lavorò
:
il
marito
facchino
lei
col
carretto
delle
erbe
e
delle
verdure
.
Ebbe
due
figli
,
ma
altri
ne
perse
durante
la
gravidanza
,
perché
le
crescevano
in
grembo
troppo
grossi
,
e
poi
una
volta
ci
fu
lo
spavento
d
'
un
cavallo
imbizzarrito
,
quello
appunto
che
ritorna
tanto
spesso
nella
sua
pittura
.
Morto
Scialone
nel
'44
,
con
la
guerra
appena
finita
,
furono
anni
di
fame
.
Il
figlio
maggiore
se
ne
andò
in
Francia
,
«
passò
le
montagne
»
e
anche
lì
trovò
vita
difficile
,
la
polizia
arrivò
al
punto
di
fargli
mangiare
il
sapone
,
per
tormento
e
dispetto
contro
questo
«
terrone
»
che
osava
venirsene
a
rubare
il
pane
ai
cittadini
francesi
,
e
lui
,
per
farsi
condurre
finalmente
dal
console
italiano
,
fece
diciassette
giorni
di
sciopero
della
fame
.
Al
figlio
più
piccolo
,
Pasquale
,
questo
,
fece
in
modo
di
assicurare
il
pane
mettendolo
in
una
casa
di
rieducazione
a
Urbino
,
dove
i
metodi
rieducativi
erano
quelli
vecchi
,
botte
sulle
mani
con
una
cinghia
di
cuoio
bagnata
.
Eppure
a
Urbino
lui
fece
i
suoi
primi
studi
d
'
arte
,
pittura
,
ceramica
,
grafica
,
e
quando
fu
in
età
da
andare
soldato
,
rinunciò
all
'
esonero
che
gli
spettava
e
trovò
il
modo
,
dopo
il
CAR
di
Pesaro
,
di
farsi
mandare
a
Milano
,
perché
Milano
era
-
ed
è
-
la
capitale
dell
'
arte
moderna
in
Italia
.
Aviatore
,
durante
la
libera
uscita
cominciò
a
frequentare
i
bar
intorno
a
Brera
,
e
lì
conobbe
i
suoi
amici
di
oggi
,
questi
stessi
che
,
come
Grippa
,
Dova
,
Fontana
,
sono
venuti
a
vedere
i
dipinti
della
madre
Maria
,
e
ne
parlano
con
schietto
entusiasmo
,
come
d
'
un
bell
'
esempio
di
pittura
naïve
.
A
Milano
Pasquale
volle
restare
anche
dopo
il
congedo
,
tirando
la
cinghia
ma
senza
mai
rinunciare
al
suo
sogno
,
d
'
essere
pittore
e
basta
.
Anzi
,
appena
possibile
chiamò
con
sé
la
madre
,
e
adesso
nelle
due
stanzucce
al
quarto
piano
di
via
Messina
6
sono
in
due
ad
adoperare
il
pennello
,
non
sono
rose
neanche
ora
:
l
'
affitto
è
sulle
ventimila
lire
al
mese
,
come
riscaldamento
c
'
è
solo
una
stufetta
di
ghisa
che
mangia
altre
ventimila
lire
fra
carbone
e
legna
.
Che
proprio
saltino
i
pasti
non
si
può
dire
,
ma
capita
che
qualche
sera
lei
sia
costretta
a
«
inventare
»
la
cena
ed
è
una
brava
cuoca
.
Quando
cucina
ha
gli
stessi
gesti
di
quando
dipinge
,
o
forse
è
vero
il
contrario
:
foglio
di
carta
sul
tavolo
,
apre
i
barattoli
dei
colori
con
la
stessa
amorosa
precisione
con
cui
dosa
il
sale
nella
pentola
,
e
traffica
con
il
pennello
come
se
rimestasse
una
minestra
coi
«
pulpetielli
»
.
I
quadri
li
abbiamo
visti
,
il
brodo
di
polpi
,
ancora
polpi
per
secondo
piatto
,
conditi
a
olio
e
limone
,
li
verremo
ad
assaggiare
un
'
altra
volta
,
senza
impegni
di
lavoro
,
da
buoni
amici
di
casa
,
Cossu
ed
io
.
Ma
intanto
facciamo
queste
altre
fotografie
,
montiamole
un
po
'
.
Ecco
bisognerà
fissare
alla
porta
,
con
qualche
chiodino
,
i
disegni
già
scelti
,
e
poi
mettere
lei
seduta
su
quello
sfondo
,
magari
mentre
pela
le
patate
,
ché
tanto
le
deve
pelare
per
cuocerle
a
tocchettini
nel
brodo
.
Forse
i
disegni
sono
troppi
,
e
lei
interviene
:
«
Sergio
,
state
a
sentire
a
mammà
.
Qui
risulta
troppa
confusione
,
nevvero
?
Levate
,
levate
»
.
E
si
siede
,
con
il
barattolo
vuoto
a
fare
da
poggiapiedi
altrimenti
non
tocca
terra
.
Prima
del
congedo
vuole
abbracciare
tutti
e
tre
,
anche
il
figlio
che
pure
rimane
in
casa
.
«
Prima
che
il
Signore
mi
chiama
voglio
lasciare
un
milione
di
lavoro
»
,
gli
dice
.
E
siccome
il
figlio
scatta
su
a
rispondere
che
non
sono
i
quattrini
la
cosa
più
importante
,
lei
precisa
:
«
Un
milione
di
lavoro
,
un
milione
di
quadri
.
Li
lascio
al
figlio
,
ma
la
consolazione
è
mia
:
quando
faccio
un
quadro
sono
consolata
»
.
StampaPeriodica ,
Nomadelfia
,
febbraio
-
Don
Zeno
ricevette
la
lettera
di
monsignor
Borgongini
Duca
con
l
'
invito
di
recarsi
al
Santo
Uffizio
i13
febbraio
,
mentre
si
trovava
a
Nomadelfia
in
provincia
di
Grosseto
.
Era
già
qualche
tempo
che
aspettava
un
invito
del
genere
.
Non
sapeva
che
cosa
si
nascondesse
dietro
le
parole
del
nunzio
apostolico
che
lo
chiamavano
a
Roma
,
ma
già
dall
'
autunno
scorso
sentiva
che
qualche
cosa
di
nuovo
stava
per
accadere
.
La
vita
di
Nomadelfia
,
nonostante
le
difficoltà
e
i
numerosi
debiti
,
si
avviava
sulla
strada
buona
.
Il
numero
degli
amici
e
dei
protettori
grandi
e
piccoli
era
in
aumento
.
Giusto
in
quei
giorni
,
a
Milano
un
gruppo
di
industriali
aveva
regalato
a
Nomadelfia
un
frantoio
e
un
camion
,
e
sembrava
che
il
governo
stesse
prendendo
la
decisione
di
pagare
i
cento
milioni
circa
che
,
per
la
legge
sull
'
assistenza
,
doveva
alla
città
dei
Piccoli
Apostoli
.
E
tuttavia
,
anzi
,
proprio
perché
le
prospettive
per
il
1952
si
annunciavano
migliori
,
don
Zeno
non
era
tranquillo
.
Il
Papa
l
'
aveva
ricevuto
,
aveva
parlato
a
lungo
con
lui
e
prima
di
congedarlo
l
'
aveva
abbracciato
dicendogli
:
«
Don
Zeno
,
faccia
,
continui
a
fare
e
faccia
presto
»
.
Queste
parole
e
la
commozione
che
aveva
visto
sul
viso
di
Pio
XII
dovevano
essere
una
garanzia
;
e
tuttavia
don
Zeno
,
anche
ripensando
a
questo
incontro
,
che
aveva
tutte
le
caratteristiche
di
un
riconoscimento
,
non
era
capace
di
pensare
all
'
avvenire
della
sua
città
evangelica
con
ottimismo
.
Per
sentirsi
sereno
doveva
stare
in
mezzo
ai
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
e
di
Grosseto
,
vedere
i
grandi
che
lavoravano
nei
campi
o
nei
laboratori
e
i
piccoli
che
giocavano
al
gioco
di
padre
Girolamo
nelle
strade
dal
fondo
sconnesso
del
villaggio
.
I
Piccoli
Apostoli
dimostravano
di
avere
più
fede
di
lui
.
Il
5
febbraio
don
Zeno
andò
a
Roma
in
automobile
.
Indossava
la
solita
tonaca
di
tutti
i
giorni
un
po
'
lisa
e
impataccata
dalla
quale
spuntavano
il
collo
e
i
polsi
di
un
maglione
azzurro
,
salì
in
fretta
le
scale
del
Santo
Uffizio
.
Borgongini
Duca
lo
ricevette
subito
;
lo
guardò
,
accennò
a
parlare
,
ma
non
disse
nulla
e
subito
infilò
una
mano
nella
veste
traendone
un
foglio
ripiegato
.
Il
nunzio
apostolico
avrebbe
voluto
preparare
il
visitatore
alla
notizia
;
ma
don
Zeno
lo
stava
guardando
fissamente
col
capo
leggermente
curvo
e
sembrava
gli
avesse
già
letto
dentro
.
«
Con
lei
»
disse
il
nunzio
«
sono
inutili
i
preamboli
»
.
E
gli
consegnò
il
foglio
sul
quale
era
scritta
la
decisione
con
la
quale
il
Santo
Uffizio
ordinava
a
don
Zeno
di
allontanarsi
da
Nomadelfia
e
di
mettersi
a
disposizione
del
suo
vescovo
.
«
Anche
io
»
disse
don
Zeno
dopo
aver
letto
«
non
voglio
farle
perdere
tempo
in
discussioni
»
.
Prese
il
foglio
,
lo
appoggiò
a
una
mensola
e
restando
in
piedi
scrisse
,
sotto
la
firma
del
cardinale
Pizzardo
,
segretario
del
Santo
Uffizio
,
queste
parole
:
«
Eminenza
,
ringrazio
il
Signore
che
mi
fa
il
dono
di
compiere
un
atto
di
obbedienza
.
Obbedisco
in
Corde
lesti
.
Mi
prostro
al
bacio
del
S
.
Anello
.
Dev.mo
sac
.
Zeno
Saltini
»
.
Poi
restituì
il
foglio
al
nunzio
.
Allora
Borgongini
Duca
si
mise
a
piangere
e
l
'
abbracciò
.
Poi
disse
:
«
Voglio
che
lei
sappia
che
il
mio
pensiero
non
coincide
con
quello
del
Santo
Uffizio
»
.
Don
Zeno
ripartì
subito
da
Roma
.
Guidava
la
macchina
un
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
,
un
giovane
di
circa
venti
anni
,
e
don
Zeno
gli
sedeva
accanto
in
silenzio
mentre
í
suoi
occhi
fissavano
,
oltre
il
vetro
,
il
nastro
della
strada
.
Per
quanto
si
sforzasse
di
aguzzare
lo
sguardo
,
ogni
tanto
il
fondo
della
strada
si
confondeva
come
in
una
nebbia
e
lui
era
costretto
a
strofinarsi
le
palpebre
con
la
mano
per
schiarirsi
la
vista
.
Più
di
una
volta
le
lacrime
gli
scivolarono
lungo
le
guance
fermandosi
fra
i
peli
grigi
della
barba
mal
fatta
.
Azio
,
è
questo
il
nome
del
Piccolo
Apostolo
di
Fossoli
che
guida
le
automobili
di
Nomadelfia
e
che
quel
giorno
riportava
don
Zeno
da
Roma
,
si
voltava
a
guardare
il
sacerdote
,
ma
non
aveva
il
coraggio
di
chiedergli
nulla
.
Gli
dava
un
'
occhiata
timorosa
e
poi
tornava
a
guardare
davanti
a
sé
perché
c
'
era
il
ghiaccio
sulla
strada
ed
era
pericoloso
distrarsi
.
Quando
la
macchina
cominciò
a
scalare
le
rampe
della
Futa
,
don
Zeno
disse
ad
Azio
di
fermarsi
.
L
'
automobile
si
arrestò
lentamente
sul
margine
della
strada
in
un
punto
da
cui
si
vedeva
in
basso
la
vallata
del
Mugello
che
cominciava
a
velarsi
di
nebbia
.
Era
sera
;
qua
e
là
brillavano
i
lumi
delle
case
sparse
nella
campagna
.
Don
Zeno
guardò
fuori
del
finestrino
,
poi
disse
:
«
Non
volevo
parlare
;
ma
è
inutile
,
tanto
lo
dovete
sapere
»
.
Poi
raccontò
brevemente
al
ragazzo
quello
che
era
successo
.
Azio
piegò
il
viso
sul
volante
e
non
disse
nulla
.
Così
rimasero
qualche
minuto
in
silenzio
.
«
È
un
abbraccio
della
Chiesa
»
disse
poi
Azio
.
Con
questo
voleva
far
capire
al
suo
maestro
di
avere
bene
imparato
la
massima
dell
'
ubbidienza
che
sta
alla
base
della
Chiesa
e
della
comunità
di
Nomadelfia
.
«
Non
cambierà
nulla
»
aggiunse
.
Infatti
la
decisione
del
Santo
Uffizio
non
poteva
in
alcun
modo
cambiare
la
strada
della
loro
città
.
Nomadelfia
è
una
libera
comunità
di
laici
e
non
un
orfanotrofio
;
non
è
un
ente
morale
soggetto
alla
legislazione
della
Chiesa
.
I
suoi
membri
anziani
sono
liberi
di
restare
o
di
andarsene
.
Sono
loro
che
hanno
il
governo
della
città
e
don
Zeno
,
che
l
'
aveva
fondata
e
diretta
per
quasi
venti
anni
,
formalmente
,
negli
ultimi
tempi
,
era
soltanto
un
consigliere
.
Azio
era
commosso
ma
quando
avviò
il
motore
della
macchina
i
suoi
movimenti
non
rivelarono
traccia
d
'
impazienza
.
Guardandolo
don
Zeno
non
poté
frenare
un
moto
d
'
orgoglio
.
Il
Piccolo
Apostolo
aveva
imparato
bene
anche
l
'
altra
massima
fondamentale
del
cristianesimo
e
di
Nomadelfia
:
quella
della
fede
.
Azio
guidava
la
macchina
sulle
difficili
curve
senza
uno
sbandamento
,
sicuro
come
sempre
.
Arrivarono
a
Fossoli
che
era
notte
.
Nomadelfia
dormiva
.
L
'
automobile
varcò
il
cancello
oggi
sempre
aperto
e
si
fermò
accanto
alla
prima
casa
della
città
.
Nomadelfia
a
Fossoli
è
interamente
ricostruita
sulla
pianta
del
vecchio
campo
di
concentramento
.
Al
posto
delle
baracche
che
avevano
soltanto
le
pareti
esterne
in
muratura
stanno
adesso
le
case
a
un
piano
il
cui
interno
è
diviso
in
camere
da
letto
,
cucine
,
stanze
di
soggiorno
.
Le
finestre
hanno
gli
infissi
,
i
vetri
,
e
in
alcuni
casi
le
tendine
e
i
vasi
di
fiori
sul
davanzale
.
Ogni
famiglia
ha
un
appartamento
per
suo
conto
e
la
coabitazione
,
tollerata
come
una
necessità
,
è
rara
.
Nell
'
ora
in
cui
don
Zeno
e
Azio
arrivavano
le
famiglie
dei
Piccoli
Apostoli
erano
quasi
tutte
a
dormire
.
A
una
finestra
brillava
un
lume
.
Don
Zeno
batté
a
quella
porta
.
Prima
di
lasciare
Nomadelfia
,
ubbidendo
agli
ordini
del
Santo
Uffizio
,
voleva
salutare
qualcuno
dei
suoi
amici
.
L
'
addio
fu
molto
breve
.
Azio
andò
a
battere
alla
porta
di
Dario
,
che
è
il
presidente
del
Consiglio
degli
anziani
cui
è
affidata
la
direzione
di
Nomadelfia
,
e
in
poco
tempo
,
intorno
a
don
Zeno
furono
riunite
sette
persone
,
quattro
uomini
e
tre
donne
,
quattro
Piccoli
Apostoli
babbi
e
tre
Piccoli
Apostoli
mamme
.
«
Cosa
dobbiamo
fare
?
»
chiesero
tutti
al
loro
protettore
.
Don
Zeno
rispose
che
loro
erano
liberi
.
«
La
vostra
legge
»
disse
«
è
diversa
dalla
mia
.
»
Essi
non
avevano
nessun
obbligo
davanti
al
Santo
Uffizio
;
e
intanto
per
cominciare
,
la
decisione
che
lo
aveva
colpito
non
li
riguardava
.
«
Io
non
posso
darvi
nessun
consiglio
»
disse
.
«
Qualunque
cosa
vi
dicessi
di
fare
potrebbe
essere
un
errore
.
Voi
avete
una
guida
che
è
assai
più
sicura
di
me
.
»
Quando
don
Zeno
lasciò
Nomadelfia
era
ancora
notte
.
L
'
automobile
percorse
la
strada
che
a
svolte
ampie
e
bene
asfaltate
porta
da
Carpi
a
Modena
.
Poi
imboccò
la
via
Emilia
diretta
verso
il
Nord
.
Il
decreto
che
allontana
don
Zeno
da
Nomadelfia
è
stato
preso
al
termine
di
una
discussione
che
ha
coinvolto
alcune
delle
maggiori
personalità
del
Vaticano
.
Monsignor
Montini
appoggiava
l
'
opera
di
don
Zeno
e
di
Nomadelfia
,
ma
infine
ha
prevalso
il
parere
dei
cardinali
Canali
e
Pizzardo
.
Quest
'
ultimo
è
il
segretario
del
Santo
Uffizio
,
da
cui
dipende
appunto
,
fra
l
'
altro
,
il
controllo
delle
istituzioni
e
delle
iniziative
che
costituiscono
una
novità
per
il
secolo
.
Come
novità
Nomadelfia
preoccupava
già
da
qualche
anno
gli
ambienti
vaticani
,
e
specialmente
il
cardinale
Pizzardo
giudicava
che
questa
città
evangelica
rasentasse
in
alcuni
punti
l
'
eresia
.
L
'
anno
scorso
il
cardinale
Pizzardo
aveva
avuto
una
spiegazione
personale
con
don
Zeno
.
Il
colloquio
fu
piuttosto
vivace
.
Erano
di
fronte
due
personalità
di
grande
carattere
che
interpretavano
il
significato
e
la
missione
della
Chiesa
in
maniera
contrastante
.
Da
un
lato
il
cardinale
Pizzardo
si
faceva
interprete
del
bisogno
che
ha
la
Chiesa
di
mantenere
la
sua
unità
in
un
momento
difficile
di
lotta
politica
;
dall
'
altra
parte
don
Zeno
,
pur
protestando
la
sua
fedeltà
alla
Chiesa
,
insisteva
sul
messaggio
di
carità
e
di
solidarietà
umana
del
Vangelo
.
Il
cardinale
Pizzardo
concludeva
le
sue
tesi
con
un
'
argomentazione
il
cui
significato
era
questo
.
La
miseria
e
il
male
sono
inerenti
dall
'
origine
alla
natura
umana
e
non
possono
essere
estirpati
nel
corso
della
vita
terrena
.
Ma
per
volontà
di
Dio
,
è
scesa
nel
mondo
la
grazia
,
cioè
la
possibilità
data
a
tutti
gli
uomini
,
umili
e
potenti
,
poveri
e
ricchi
,
di
salvarsi
.
Bisogna
avere
fede
.
Alla
fine
dei
secoli
tutti
i
torti
saranno
riparati
e
la
giustizia
divina
trionferà
sulla
malvagità
degli
uomini
.
Don
Zeno
ascoltò
attentamente
le
parole
del
cardinale
e
quando
questi
ebbe
finito
esclamò
:
«
Ma
lei
eminenza
è
un
luterano
!
»
.
Il
cardinale
Pizzardo
si
scandalizzò
.
Era
la
prima
volta
che
gli
capitava
di
essere
accusato
di
eresia
e
chiese
spiegazioni
.
«
Lei
è
un
luterano
»
insisté
don
Zeno
,
«
perché
,
con
quello
che
dice
,
viene
a
negare
il
valore
delle
opere
,
dando
ogni
potere
di
salvezza
alla
fede
,
E
questa
è
appunto
la
tesi
di
Martin
Lutero
.
»
«
Ma
cosa
vorrebbe
fare
lei
allora
?
»
chiese
arrabbiandosi
il
cardinale
.
«
Pretenderebbe
di
salvare
tutti
i
bambini
poveri
e
abbandonati
di
questo
mondo
?
Vorrebbe
andare
ad
aiutare
anche
quelli
che
sono
in
India
c
che
muoiono
di
fame
a
centinaia
di
migliaia
?
»
«
Io
no
»
rispose
prontamente
don
Zeno
.
«
Io
non
voglio
niente
.
Dipendesse
da
me
andrei
a
mangiarmi
una
pastasciutta
.
Ma
è
Gesù
che
lo
vuole
»
.
Dopo
questa
conversazione
non
ci
fu
dubbio
per
il
cardinale
Pizzardo
che
don
Zeno
fosse
un
eretico
.
Il
suo
pensiero
era
condiviso
da
altre
personalità
vaticane
.
Nomadelfia
non
contrastava
con
nessun
principio
delle
Sacre
Scritture
,
della
teologia
e
della
morale
cristiana
.
Ma
quel
modello
di
una
comunità
dove
tutto
è
di
tutti
e
dove
nessun
membro
si
può
dire
padrone
di
qualcosa
,
nemmeno
dei
suoi
abiti
,
impensieriva
alcuni
ambienti
della
Chiesa
.
Nomadelfia
era
un
esempio
,
un
invito
che
,
non
essendo
seguito
,
poteva
portare
a
fare
dei
confronti
.
C
'
era
poi
la
questione
della
famiglia
.
Le
famiglie
di
Nomadelfia
si
fondano
non
sul
vincolo
del
sangue
ma
su
quello
spirituale
dell
'
adozione
.
In
Nomadelfia
tutti
hanno
una
mamma
,
anche
quelli
che
non
hanno
mai
conosciuto
quella
naturale
,
e
questo
fatto
non
è
soltanto
una
novità
ma
anche
un
rimprovero
al
modo
ristretto
e
in
un
certo
senso
egoistico
nel
quale
è
concepita
la
famiglia
non
soltanto
dalla
legge
civile
ma
anche
dalla
Chiesa
.
Per
mettere
gli
uomini
su
un
piano
di
assoluta
uguaglianza
,
Nomadelfia
abolisce
anche
í
cognomi
.
Di
altro
genere
ma
altrettanto
gravi
erano
le
preoccupazioni
che
Nomadelfia
destava
nel
governo
e
nei
Comitati
civici
di
Gedda
.
I
rapporti
fra
don
Zeno
e
Scelba
erano
decisamente
pessimi
.
Il
ministro
e
il
sacerdote
si
erano
incontrati
tre
volte
,
e
í
loro
colloqui
non
erano
mai
stati
troppo
cordiali
;
c
'
erano
poi
due
episodi
che
avevano
esasperato
il
ministro
.
Uno
era
avvenuto
nel
'49
,
l
'
altro
l
'
anno
scorso
a
giugno
durante
le
elezioni
amministrative
.
Un
giorno
del
'49
don
Zeno
piombò
con
tutti
i
Piccoli
Apostoli
di
Fossoli
a
Modena
.
Non
avevano
da
mangiare
.
Invasero
la
piazza
della
prefettura
e
don
Zeno
salì
dal
prefetto
.
«
Se
non
mi
riceve
»
disse
al
segretario
che
protestava
,
«
faccio
un
segno
e
tutta
la
gente
che
è
in
piazza
entra
subito
nel
palazzo
.
»
Il
prefetto
voleva
chiamare
la
polizia
.
«
È
inutile
»
rispose
don
Zeno
.
«
Cosa
potrebbe
fare
?
Non
crederà
mica
che
gli
agenti
si
presterebbero
a
sparare
su
dei
ragazzi
?
Potrebbe
finire
male
.
Invece
lei
ha
una
via
molto
più
facile
.
Telefoni
subito
a
Scelba
e
gli
chieda
dieci
milioni
.
»
Scelba
quel
giorno
fu
costretto
a
cedere
.
«
Don
Zeno
»
disse
il
prefetto
alla
fine
del
colloquio
,
«
ho
fatto
il
questore
e
non
ho
mai
avuto
paura
di
nessuno
.
Ma
lei
stamane
mi
ha
fatto
cadere
il
sangue
nelle
scarpe
.
»
Alle
elezioni
amministrative
del
1951
Scelba
e
i
Comitati
civici
accusarono
un
colpo
forse
più
grave
.
Il
Consiglio
degli
anziani
di
Nomadelfia
decise
che
soltanto
gli
oratori
democristiani
avrebbero
avuto
il
permesso
di
parlare
nella
loro
città
.
Ma
sulle
schede
i
Piccoli
Apostoli
invece
di
segnare
la
lista
dello
scudo
crociato
scrissero
la
parola
amore
,
spiegando
che
,
siccome
nessuno
dei
partiti
rispecchiava
la
parola
di
Cristo
,
essi
si
astenevano
dal
voto
.
Un
gesto
del
genere
,
dato
in
una
zona
dove
i
socialcomunisti
hanno
circa
l
'
ottanta
per
cento
dei
suffragi
,
era
intollerabile
.
Per
Scelba
,
e
per
Gedda
,
Nomadelfia
non
era
soltanto
un
'
eresia
dal
punto
di
vista
religioso
ma
un
pericolo
dal
punto
di
vista
politico
.
Bisognava
correre
ai
ripari
.
Eliminato
don
Zeno
pensavano
che
la
comunità
sarebbe
stata
inquadrata
più
agevolmente
nella
legge
della
Chiesa
e
nelle
direttive
politiche
della
DC
e
dei
Comitati
civici
.
Scelba
conosceva
personalmente
don
Zeno
e
sapeva
che
non
era
uomo
da
piegarsi
.
Con
Gedda
don
Zeno
,
invece
,
non
s
'
è
mai
incontrato
.
L
'
ha
visto
la
prima
volta
in
un
film
documentario
in
cui
l
'
attuale
capo
dell
'
Azione
Cattolica
era
al
volante
di
un
trattore
regalato
dagli
americani
al
pontefice
,
in
un
podere
di
Castel
Gandolfo
.
Gedda
guidava
la
macchina
con
molta
decisione
in
mezzo
a
un
centinaio
di
persone
che
applaudivano
.
Il
viso
del
pilota
,
il
trattore
e
i
campi
evocavano
nella
memoria
del
sacerdote
un
passato
che
non
gli
era
mai
piaciuto
.
Nomadelfia
,
febbraio
.
Il
Piccolo
Apostolo
Dario
,
propatriarca
di
Nomadelfia
,
saputa
da
don
Zeno
la
decisione
del
Santo
Uffizio
,
aspettò
tre
giorni
prima
di
comunicarla
a
tutti
i
Piccoli
Apostoli
.
Ma
il
10
febbraio
,
di
domenica
,
apparve
il
testo
della
lettera
di
don
Zeno
pubblicata
dal
«
Corriere
della
Sera
»
,
e
quindi
non
fu
più
possibile
tacere
.
Allora
radunò
tutti
i
capifamiglia
nella
chiesa
e
spiegò
loro
quanto
era
successo
.
Mentre
i
Piccoli
Apostoli
,
babbi
e
mamme
,
parlavano
,
fuori
i
bambini
non
avevano
smesso
di
giocare
.
Loro
non
sapevano
niente
.
Un
gruppo
giocava
al
«
padre
Girolamo
»
,
proprio
accanto
al
muro
della
chiesa
dove
si
svolgeva
la
riunione
.
Il
«
padre
Girolamo
»
è
il
gioco
preferito
dai
ragazzi
di
Nomadelfia
ed
è
anche
il
più
economico
,
perché
non
richiede
che
una
striscia
di
stoffa
,
possibilmente
pesante
e
doppia
,
lunga
poco
più
di
mezzo
metro
,
che
ogni
ragazzo
si
può
procurare
in
famiglia
.
Impugnando
la
striscia
,
e
saltando
su
un
piede
solo
,
chi
fa
la
parte
del
padre
Girolamo
va
alla
caccia
dei
compagni
,
anch
'
essi
muniti
di
strisce
ma
che
possono
correre
su
tutti
e
due
i
piedi
.
Il
padre
Girolamo
,
finché
salta
su
un
piede
,
è
invulnerabile
,
e
intanto
può
menare
colpi
a
destra
e
a
sinistra
.
Chi
è
colpito
diventa
suo
prigioniero
.
Ma
se
,
nello
slancio
,
il
padre
Girolamo
posa
anche
l
'
altro
piede
a
terra
,
allora
può
essere
a
sua
volta
colpito
e
messo
fuori
gara
.
Il
muro
è
zona
neutra
,
e
finché
uno
ci
sta
attaccato
è
salvo
.
I
bambini
giocavano
ancora
al
«
padre
Girolamo
»
,
quando
i
Piccoli
Apostoli
babbi
e
mamme
uscirono
dalla
chiesa
commentando
la
decisione
del
Santo
Uffizio
.
Erano
addolorati
ma
non
mostravano
alcuna
preoccupazione
.
Guardarono
i
bambini
e
senza
bisogno
di
intendersi
decisero
di
lasciarli
giocare
senza
dir
loro
una
parola
.
Poi
tornarono
alle
loro
occupazioni
.
Erano
tutti
convinti
che
non
sarebbe
cambiato
niente
.
Anche
senza
il
loro
ex
patriarca
avrebbero
saputo
continuare
sulla
strada
intrapresa
.
La
strada
che
dovranno
percorrere
i
padri
salesiani
,
ai
quali
il
Santo
Uffizio
ha
affidato
la
direzione
di
Nomadelfia
,
è
invece
assai
più
difficile
.
Infatti
i
padri
stessi
non
sanno
cosa
dovranno
fare
.
Cosa
significa
direzione
,
nel
caso
della
città
evangelica
di
Nomadelfia
?
Don
Zeno
era
forse
il
direttore
di
un
istituto
di
beneficenza
che
può
essere
rimosso
dai
superiori
perché
la
sua
amministrazione
o
i
suoi
criteri
pedagogici
lasciano
a
desiderare
?
Probabilmente
gli
stessi
padri
salesiani
che
da
molti
anni
dirigono
orfanotrofi
e
altri
istituti
non
sanno
molto
bene
cosa
sia
Nomadelfia
.
Essi
potranno
entrare
nella
città
(
nessuno
dei
Piccoli
Apostoli
farà
opposizione
)
,
dire
Messa
nella
chiesa
,
fare
dottrina
,
dare
assistenza
spirituale
,
ma
non
potranno
intervenire
in
nessun
modo
nella
direzione
della
comunità
perché
Nomadelfia
non
è
un
istituto
di
beneficenza
,
non
è
un
orfanotrofio
,
e
non
è
nemmeno
un
ente
morale
.
È
un
'
associazione
di
fatto
,
di
persone
che
accettano
di
vivere
secondo
certe
regole
(
che
poi
si
riassumono
in
una
sola
,
quella
della
carità
fraterna
)
,
e
che
si
governa
da
sé
.
Terreni
,
case
,
baracche
,
laboratori
,
attrezzi
,
macchine
,
animali
,
che
in
tutto
rappresentano
un
valore
di
settecento
milioni
circa
,
sono
di
proprietà
comune
dei
Piccoli
Apostoli
,
che
individualmente
non
possiedono
nulla
.
Cosa
possono
fare
di
nuovo
i
padri
salesiani
,
se
lo
stesso
don
Zeno
e
gli
altri
sacerdoti
,
in
questi
ultimi
mesi
,
erano
,
a
norma
dello
statuto
della
repubblica
cristiana
dei
Piccoli
Apostoli
,
esclusi
dal
governo
?
Nomadelfia
è
una
città
laica
,
di
uomini
cristiani
che
non
intendono
disubbidire
alla
Chiesa
.
Ma
cosa
può
ordinare
loro
il
vescovo
,
o
la
suprema
autorità
del
Pontefice
?
Possono
il
vescovo
e
il
Pontefice
ordinare
a
un
gruppo
di
cittadini
che
abita
ad
esempio
a
Parma
,
di
disperdersi
e
andare
ad
abitare
ciascuno
per
suo
conto
?
Quando
nel
1931
l
'
avvocato
Zeno
Saltini
si
fece
prete
,
perché
,
nella
sua
professione
,
era
stato
colpito
dal
problema
della
delinquenza
minorile
,
non
aveva
in
mente
di
creare
un
istituto
nel
quale
raccogliere
i
bambini
abbandonati
dai
genitori
e
avviati
sulla
strada
del
male
.
Se
così
fosse
stato
la
sua
missione
sarebbe
stata
molto
più
semplice
e
oggi
non
avrebbe
preoccupato
le
autorità
del
Santo
Uffizio
e
dell
'
Azione
Cattolica
.
Zeno
Saltini
,
diventato
don
Zeno
,
vide
subito
in
quei
ragazzi
ripudiati
le
pietre
di
una
nuova
costruzione
sociale
.
Siccome
la
famiglia
naturale
li
abbandonava
egli
ne
avrebbe
data
loro
un
'
altra
basata
non
sul
vincolo
del
sangue
,
ma
su
quello
dell
'
adozione
;
siccome
la
società
li
respingeva
condannandoli
a
vivere
di
ripieghi
e
di
delitti
,
egli
li
avrebbe
fatti
membri
di
una
nuova
società
,
basata
non
sulla
concorrenza
ma
sulla
solidarietà
,
non
sulla
proprietà
privata
,
ma
sulla
comunione
del
lavoro
e
dei
beni
,
non
sul
tornaconto
individuale
ma
sulla
legge
fraterna
del
Vangelo
.
Non
aveva
intenzione
con
questo
di
rivoluzionare
il
mondo
e
di
rifarlo
secondo
un
suo
ideale
cristiano
.
Ma
poiché
il
mondo
,
nella
sua
storia
,
lasciava
dietro
di
sé
una
scia
di
dispersi
egli
li
raccoglieva
e
,
invece
di
farli
vivere
con
la
carità
di
chi
anche
involontariamente
li
aveva
colpiti
e
abbandonati
,
voleva
dare
loro
un
nuovo
mondo
basato
su
una
legge
diversa
che
essierano
i
più
adatti
a
comprendere
.
Questo
era
Nomadelfia
già
quando
,
prima
della
guerra
,
don
Zeno
aveva
con
sé
soltanto
molti
bambini
Piccoli
Apostoli
e
nemmeno
un
babbo
o
una
mamma
.
Furono
i
giorni
più
difficili
.
Don
Zeno
non
aveva
mezzi
per
dare
da
mangiare
a
quei
ragazzi
che
aveva
trovato
sulla
strada
.
Ma
il
male
peggiore
era
che
non
riusciva
ancora
a
dar
loro
una
famiglia
.
Quando
li
lasciava
soli
nella
casa
di
San
Giacomo
Roncole
dove
nacque
il
movimento
,
diceva
al
più
grande
di
essi
:
«
Adesso
tu
sei
la
loro
mamma
.
Ma
non
abbiate
paura
:
la
vostra
mamma
verrà
»
.
La
prima
che
arrivò
si
chiamava
Irene
.
Era
una
studentessa
che
aveva
poco
più
di
venti
anni
e
che
dimenticò
subito
il
suo
cognome
.
Infatti
nella
legge
di
Nomadelfia
,
perché
sia
abolita
l
'
avvilente
definizione
di
figlio
di
N.N.
,
non
esistono
che
nomi
propri
.
Oggi
Nomadelfia
è
una
comunità
che
conta
più
di
mille
membri
in
maggioranza
sotto
i
venti
anni
divisi
nelle
due
località
di
Fossoli
,
in
provincia
di
Modena
,
e
di
Rosellana
,
vicino
a
Grosseto
.
Ma
la
legge
è
una
sola
.
Tutti
i
membri
,
grandi
e
piccoli
si
chiamano
Piccoli
Apostoli
;
hanno
solo
il
nome
proprio
,
si
danno
tutti
del
tu
,
e
non
sono
proprietari
di
nulla
,
a
titolo
individuale
,
nemmeno
dell
'
abito
che
indossano
.
La
comunità
è
divisa
in
famiglie
composte
di
figli
veri
e
di
figli
adottivi
e
distribuite
in
piccole
case
.
I
babbi
e
le
mamme
sono
anch
'
essi
Piccoli
Apostoli
,
alcuni
dei
quali
erano
già
sposati
prima
di
entrare
nella
comunità
,
mentre
altri
si
sono
sposati
a
Nomadelfia
.
Alcune
famiglie
però
hanno
soltanto
la
mamma
,
trattandosi
di
una
donna
che
ha
fatto
voto
di
non
sposare
.
Nessuna
distinzione
è
ammessa
tra
i
figli
veri
e
quelli
adottivi
.
Dire
figli
«
veri
»
è
anzi
la
più
grave
eresia
per
un
cittadino
di
Nomadelfia
.
La
direzione
della
città
spetta
al
Consiglio
degli
anziani
eletto
dai
capifamiglia
che
nomina
un
presidente
o
propatriarca
.
Gli
anziani
sono
sette
e
il
loro
presidente
si
chiama
Dario
.
Essi
reggono
la
vita
pubblica
della
città
,
dirigono
il
lavoro
,
gestiscono
le
finanze
,
controllano
l
'
educazione
.
I
maestri
che
insegnano
alle
scuole
elementari
di
Nomadelfia
sono
nei
ruoli
dello
Stato
,
e
i
programmi
sono
gli
stessi
delle
scuole
governative
;
ma
gli
anziani
hanno
un
controllo
sui
libri
di
testo
,
che
vengono
purgati
di
tutto
ciò
che
può
alludere
all
'
egoismo
della
società
.
Le
parole
«
mio
»
e
«
tuo
»
sono
abolite
come
è
abolito
il
denaro
.
Nessuno
possiede
denari
in
proprio
.
Il
lavoro
,
quello
dei
campi
o
quello
dei
laboratori
,
non
è
retribuito
,
ma
nessuno
paga
niente
per
avere
ciò
che
è
necessario
alla
famiglia
per
mangiare
,
per
vestirsi
e
per
divagarsi
.
Il
denaro
è
gestito
soltanto
dall
'
economo
per
gli
acquisti
che
deve
fare
all
'
esterno
.
Nomadelfia
è
ancora
lontana
dall
'
indipendenza
economica
.
La
terra
che
possiede
,
non
ancora
interamente
bonificata
,
non
produce
nemmeno
la
metà
del
consumo
;
e
anche
per
tutti
gli
altri
generi
i
Piccoli
Apostoli
dipendono
dal
mondo
del
denaro
da
cui
si
difendono
.
L
'
amministrazione
ha
fatto
molti
debiti
,
e
forse
,
come
sostengono
quelli
che
vogliono
dare
a
Nomadelfia
un
nuovo
indirizzo
,
ha
commesso
qualche
irregolarità
.
Ma
qui
bisogna
stare
attenti
a
giudicare
.
Infatti
ciò
che
è
irregolare
nella
società
in
cui
noi
viviamo
non
lo
è
per
la
morale
di
Nomadelfia
e
viceversa
.
Commise
una
irregolarità
don
Zeno
il
giorno
ad
esempio
in
cui
,
mentre
celebrava
la
Messa
,
si
accorse
che
il
Piccolo
Apostolo
che
lo
serviva
era
pallido
perché
non
aveva
mangiato
e
allora
interruppe
la
funzione
e
consegnò
al
Piccolo
Apostolo
il
calice
e
i
paramenti
sacri
perché
li
andasse
a
vendere
?
A
volte
quando
un
creditore
arrivava
per
esigere
il
suo
credito
,
don
Zeno
invece
di
scusarsi
di
non
poter
pagare
diceva
:
«
Dovresti
ringraziarmi
perché
non
ti
posso
ancora
restituire
quello
che
ci
hai
dato
,
invece
di
lamentarti
.
Sei
tu
che
sei
in
debito
con
noi
»
.
Don
Zeno
oggi
ha
cinquantadue
anni
.
È
un
uomo
di
media
statura
,
grigio
e
leggermente
curvo
.
Ha
i
polsi
grossi
come
quelli
di
un
operaio
e
quando
si
rivolge
a
Dio
si
esprime
in
dialetto
,
come
un
uomo
del
popolo
.
La
sua
conversazione
è
così
semplice
che
sembra
,
alla
prima
,
quasi
astrusa
.
Anche
nel
linguaggio
Nomadelfia
e
la
società
non
si
somigliano
.
StampaQuotidiana ,
In
Italia
,
in
Francia
,
in
Svizzera
,
in
Austria
,
in
Inghilterra
i
cosiddetti
«
dischi
volanti
»
appaiono
,
ormai
,
con
una
regolarità
che
gli
osservatori
definiscono
sconcertante
.
Pochi
giorni
fa
due
ragazzi
svizzeri
raccontarono
d
'
aver
colpito
,
a
sassate
,
uno
straordinario
ordigno
metallico
disceso
,
senza
dubbio
,
dal
cielo
perché
la
macchina
,
non
appena
bersagliata
dai
proiettili
,
riguadagnò
le
vie
dell
'
aria
con
un
rapido
balzo
pressoché
verticale
.
Le
autorità
elvetiche
comunicarono
,
poi
,
che
i
due
frombolieri
non
avevano
letto
mai
racconti
a
«
fumetti
»
,
né
assistito
a
film
avventurosi
e
fantasiosi
;
la
loro
«
relazione
»
,
quindi
,
poteva
essere
presa
in
qualche
considerazione
.
Altri
episodi
del
genere
vengono
riferiti
dalla
stampa
;
ma
assai
più
degni
di
fede
appaiono
gli
avvistamenti
in
cielo
.
Circa
l
'
autenticità
di
una
buona
parte
di
queste
osservazioni
casuali
non
vi
sarebbero
dubbi
.
Molti
riferiscono
di
aver
«
visto
»
per
fantasia
o
suggestione
.
Spesso
una
comune
apparizione
meteorica
viene
scambiata
per
il
balenante
transito
di
una
miracolosa
aeronave
.
Alcune
persone
,
però
-
non
influenzabili
,
anzi
scettiche
proprio
per
motivi
professionali
-
ebbero
,
in
questi
ultimi
tempi
,
la
ventura
d
'
osservare
il
«
fenomeno
»
,
di
controllarne
,
con
calma
,
le
fasi
,
di
trarne
qualche
deduzione
interessante
.
Particolarmente
degno
di
considerazione
il
parere
dell
'
ingegner
Luigi
Nardi
,
progettista
d
'
aeroplani
da
oltre
vent
'
anni
,
uomo
abituato
a
guardar
in
aria
e
a
non
scambiar
comete
per
aviogetti
.
È
particolarmente
curiosa
,
anche
,
la
coincidenza
delle
osservazioni
casuali
fatte
a
Milano
,
dall
'
aeroporto
Forlanini
,
con
quelle
,
altrettanto
casuali
,
compiute
da
funzionari
dell
'
aeroporto
di
Ciampino
,
dagli
scienziati
di
Monte
Mario
,
dai
tecnici
della
stazione
radar
di
Pratica
di
Mare
.
11
giorno
17
settembre
,
dunque
,
verso
le
19.30
,
l
'
ingegner
Luigi
Nardi
,
suo
fratello
Elto
,
l
'
ingegner
Mori
,
il
signor
Maricotti
ed
io
uscivamo
dallo
stabilimento
aeronautico
sito
ai
confini
dell
'
aeroporto
Forlanini
,
a
Linate
.
Ci
attardammo
nel
piazzale
dello
stabilimento
ammirando
,
nel
cielo
limpidissimo
,
i
cortei
trionfali
delle
stelle
.
Ad
un
tratto
l
'
ingegner
Nardi
esclamò
:
«
Guardate
lassù
!...»
e
indicò
verso
est
ad
un
'
altezza
,
sull
'
orizzonte
,
di
circa
trenta
gradi
.
Tutti
noi
-
piuttosto
sbalorditi
-
avvistammo
immediatamente
un
«
corpo
luminoso
»
che
,
provenendo
appunto
da
est
,
navigava
a
fortissima
velocità
puntando
,
idealmente
,
sul
Forlanini
.
S
'
avvicinò
,
infatti
,
all
'
aeroporto
sino
a
raggiungere
un
'
altezza
,
sull
'
orizzonte
,
di
circa
60
gradi
.
In
un
primo
momento
la
forma
dell
'
oggetto
volante
parve
sferica
:
poi
,
gradualmente
ingrandendo
(
durante
la
marcia
d
'
avvicinamento
)
la
forma
mutò
,
delineandosi
con
sufficiente
chiarezza
.
Un
disco
color
rosso
cupo
,
applicato
,
anteriormente
,
ad
un
corpo
centrale
pressoché
conico
e
di
color
rosso
blando
;
all
'
estremità
del
fuso
un
altro
disco
,
di
minori
proporzioni
,
e
di
colore
,
anch
'
esso
,
rosso
cupo
.
Dopo
un
rapido
volo
,
con
direttrice
uniforme
e
rettilinea
,
l
'
oggetto
modificò
la
rotta
;
la
manovra
,
improvvisa
,
ci
impedì
di
stabilire
se
esso
avesse
fatto
una
strettissima
«
virata
»
o
fosse
ruotato
,
addirittura
,
sul
suo
asse
verticale
.
Eseguita
una
traiettoria
disordinata
,
a
zig
zag
,
l
'
oggetto
mosse
verso
nord
-
est
,
aumentando
la
velocità
e
assumendo
nuovamente
la
primitiva
forma
sferica
;
poi
perdendo
sensibilmente
quota
abbandonò
la
direttrice
nord
-
est
,
scomparendo
verso
sud
-
est
.
L
'
osservazione
durò
dalle
19.50
alle
20.10
circa
.
Quasi
venti
minuti
.
Nello
stesso
giorno
,
alle
19.28
,
un
«
corpo
luminoso
»
-
descritto
dagli
osservatori
in
termini
identici
ai
nostri
-
lasciò
il
cielo
di
Ciampino
,
dopo
aver
manovrato
a
lungo
tra
Ciampino
e
Pratica
di
Mare
.
Ora
se
il
«
corpo
luminoso
»
-
captato
dall
'
osservatorio
di
Monte
Mario
e
a
Linate
-
fosse
lo
stesso
,
potremmo
stabilire
la
velocità
minima
del
misterioso
oggetto
volante
:
avrebbe
collegato
Roma
a
Milano
in
22
minuti
alla
velocità
media
di
circa
1500
chilometri
all
'
ora
.
Tre
giorni
dopo
l
'
ingegner
Nardi
,
alle
ore
20
circa
,
assistette
,
per
la
seconda
volta
,
e
sempre
a
Linate
,
a
nuove
evoluzioni
dell
'
oggetto
volante
.
E
confermò
le
osservazioni
precedenti
.
Il
lettore
,
a
questo
punto
,
si
chiederà
:
«
Ma
di
che
cosa
si
tratta
?
D
'
un
"
mezzo
"
marziano
?
D
'
una
meteora
?
D
'
un
missile
?
»
.
Una
risposta
esauriente
è
impossibile
.
Non
si
tratta
,
però
,
di
un
corpo
celeste
.
Un
articolista
volle
collocare
il
fenomeno
tra
quelli
provocati
dagli
sciami
meteorici
,
ossia
dai
residui
di
comete
disfatte
,
attratti
dalla
Terra
e
che
si
incendiano
,
per
attrito
,
nell
'
attimo
in
cui
penetrano
nell
'
atmosfera
.
Una
stella
cadente
,
insomma
.
Ciò
è
da
escludere
,
perché
il
«
corpo
luminoso
»
osservato
volò
con
precisa
direttrice
orizzontale
,
diminuendo
o
aumentando
la
velocità
e
,
infine
,
invertendo
addirittura
la
rotta
!
Le
stelle
cadenti
sono
bolidi
che
precipitano
,
disperdendosi
e
,
talvolta
,
raggiungendo
la
superficie
terrestre
.
Nessun
astronomo
ha
mai
assistito
a
«
grandi
manovre
»
aeree
organizzate
da
comete
o
da
stelle
cadenti
.
Si
tratta
,
allora
,
di
una
nuova
,
eccezionale
,
macchina
aerea
?
Molto
probabilmente
:
ma
un
particolare
stupisce
i
tecnici
.
Come
mai
,
durante
le
evoluzioni
,
visibilissime
,
non
venne
mai
percepito
nessun
rumore
?
È
noto
che
gli
apparecchi
con
propulsione
a
reazione
,
anche
se
in
quota
elevata
,
fanno
considerevole
fracasso
,
e
così
dicasi
dei
grossi
quadrimotori
con
motore
a
pistone
.
I
casi
sono
due
:
o
il
«
corpo
luminoso
»
marcia
sfruttando
una
nuova
fonte
d
'
energia
non
ancora
applicata
dall
'
aviazione
moderna
,
o
vola
ad
una
quota
talmente
elevata
che
il
rumore
del
suo
o
dei
suoi
motori
diviene
praticamente
impercettibile
.
A
questo
punto
,
però
,
i
tecnici
si
chiedono
:
quali
proporzioni
vanta
questa
nave
aerea
?
Se
dovessimo
considerare
il
«
corpo
luminoso
»
osservato
a
Linate
(
e
a
Roma
)
pari
ad
un
«
Constellation
»
(
il
grande
quadrimotore
civile
)
la
sua
quota
non
dovrebbe
essere
superiore
ai
3000
,
3500
metri
.
Ma
se
il
«
corpo
luminoso
»
si
fosse
trovato
oltre
i
12.000
metri
,
le
sue
dimensioni
dovrebbero
risultare
eccezionali
.
In
definitiva
si
tratterebbe
di
una
macchina
manovrata
da
pilota
o
radiocomandata
(
l
'
antenna
di
bordo
è
stata
localizzata
dalla
stazione
di
Pratica
di
Mare
)
dotata
di
grande
velocità
e
di
particolare
autonomia
,
d
'
una
macchina
,
però
,
non
apparentata
con
gli
aeroplani
ufficialmente
conosciuti
.
E
nessun
elemento
ci
può
illuminare
circa
la
provenienza
dello
straordinario
«
corpo
»
volante
:
vogliamo
dire
che
-
se
si
escludono
le
teorie
fantastiche
care
agli
amici
e
ai
nemici
di
Marte
-
non
è
possibile
,
per
ora
,
stabilire
la
nazionalità
di
queste
aeronavi
misteriose
.
StampaQuotidiana ,
Alla
stazione
,
quando
chiedo
a
un
ferroviere
se
per
favore
sa
dove
abita
(
anzi
«
dove
sta
di
casa
»
)
Renato
Ciandri
,
quello
mi
guarda
strizzando
un
po
'
gli
occhi
,
come
uno
che
non
ha
capito
bene
.
«
Ciani
?
»
chiede
a
sua
volta
.
No
,
Ciandri
,
Renato
Ciandri
,
quello
del
libro
,
quello
del
film
,
insomma
della
Ragazza
di
Bube
.
«
Ah
,
ho
capito
.
Dovrebbero
essere
tornati
a
casa
di
lei
»
.
La
prima
a
destra
,
poi
a
sinistra
su
per
la
salita
,
si
scende
,
si
trova
una
piazza
,
si
va
ancora
avanti
,
tino
alla
seconda
piazza
,
quella
grande
con
l
'
obelisco
e
proprio
di
faccia
stanno
loro
due
.
Al
primo
piano
,
in
cima
a
una
rampa
di
scale
breve
e
ripida
,
sull
'
uscio
ci
sono
i
nomi
,
Giorni
-
Ciandri
.
Viene
ad
aprire
lei
in
persona
,
è
una
bella
donna
,
con
la
faccia
matura
,
aperta
,
piena
,
sotto
i
capelli
nerissimi
che
serbano
una
traccia
di
cotonatura
:
un
viso
toscano
,
non
c
'
è
che
dire
,
ospitale
e
insieme
interrogativo
e
leggermente
ironico
.
Le
solite
spiegazioni
:
vengo
da
Milano
e
ci
lavoro
,
ma
come
lei
sente
non
ci
sono
nato
,
sono
di
Grosseto
.
«
Amico
di
Cassola
,
allora
»
interviene
e
avverto
subito
la
leggera
impennata
della
voce
.
A
pranzo
con
me
e
con
Claus
Fischer
,
che
se
ne
sta
zitto
e
non
osa
tirar
fuori
la
macchina
dalla
borsetta
.
«
Lei
mi
capirà
,
siamo
piuttosto
guardati
,
di
questi
tempi
.
»
E
poi
Renato
,
il
marito
,
non
ritorna
a
casa
per
il
pranzo
,
rimane
a
Firenze
perché
riattacca
alle
due
,
là
al
centro
-
carni
dove
lavora
da
facchino
.
Smette
alle
cinque
,
e
va
subito
dall
'
avvocato
tutte
le
sere
.
Ha
lasciato
detto
così
:
se
viene
qualcuno
per
via
del
film
,
mandalo
dritto
dall
'
avvocato
,
se
invece
è
per
altre
ragioni
là
al
centro
-
carni
.
Lasciano
entrare
,
sicuro
.
«
Posso
offrire
qualcosa
?
»
Dalla
vetrina
tira
fuori
una
bottiglia
d
'
un
liquorino
dolce
,
che
non
avevo
mai
assaggiato
,
e
ce
lo
offre
;
poi
dall
'
altra
stanza
arrivano
gli
strilli
di
Moreno
(
«
cinque
mesi
e
mezzo
»
,
precisa
)
e
bisognerà
che
la
scusiamo
,
ma
i
bimbi
non
possono
aspettare
,
specialmente
se
si
tratta
di
mangiare
.
No
,
il
film
non
l
'
ha
visto
,
e
neanche
ci
tiene
.
«
Caso
mai
voleste
fare
una
chiacchieratine
,
un
po
'
più
lunga
,
venite
domani
con
calma
,
che
è
domenica
e
c
'
è
anche
mio
marito
»
.
Ci
fa
vedere
la
fotografia
di
Moreno
,
la
camera
coi
mobili
nuovi
e
la
televisione
(
«
tutta
col
nostro
lavoro
»
precisa
)
e
ci
riaccompagna
sul
pianerottolo
.
Sono
passati
dieci
minuti
appena
,
e
ora
bisognerà
,
dopo
aver
mangiato
al
Girarrosto
,
ripigliare
il
treno
di
Firenze
e
poi
un
altro
mezzo
che
ci
porti
in
via
Circondaria
,
dove
si
trova
questo
benedetto
centro
-
carni
,
che
sarebbe
come
a
dire
i
macelli
.
Per
un
pelo
non
lo
perdiamo
:
appena
oltre
il
cancello
eccolo
lì
che
a
passo
svelto
va
verso
la
motocicletta
.
Me
l
'
ero
immaginato
,
leggendo
il
libro
e
poi
vedendo
Chakiris
nel
film
,
proprio
ieri
sera
,
più
piccolo
,
più
basso
.
Sul
metro
e
settantacinque
,
asciutto
,
dritto
,
porta
un
paio
di
calzoni
di
velluto
a
coste
sopra
quelli
buoni
,
proprio
per
andare
in
motocicletta
.
La
giacca
è
grigia
,
principe
di
Galles
,
mi
pare
che
si
dica
,
non
porta
la
camicia
né
la
cravatta
,
ha
invece
una
maglietta
di
lana
scura
.
E
i
baffi
,
naturalmente
,
neri
come
i
capelli
;
gli
occhi
sono
fra
il
castano
e
il
verde
,
in
fossati
,
vivacissimi
.
Dovrebbe
proprio
andarsene
,
e
invece
rimane
lì
con
le
mani
sul
manubrio
della
moto
,
toccando
a
tratti
con
la
scarpa
il
pedale
dell
'
avvio
.
«
Ah
,
amico
di
Cassola
?
»
Certo
,
amico
di
Cassola
,
e
anche
di
Silvano
Ceccherini
,
che
lui
dovrebbe
aver
conosciuto
in
carcere
a
San
Gimignano
.
Infatti
,
e
mi
ripete
preciso
preciso
quel
che
a
suo
tempo
mi
aveva
raccontato
Ceccherini
,
dopo
avere
scritto
La
traduzione
,
gliela
fece
leggere
e
fu
appunto
lui
che
gli
consigliò
di
mandarla
a
Cassola
,
il
suo
amico
scrittore
,
perché
si
interessasse
di
farla
avere
a
qualche
editore
di
Milano
.
«
Anzi
,
guardi
,
ho
qui
in
tasca
un
ritaglio
di
giornale
che
racconta
tutta
la
storia
.
»
Lo
tira
fuori
,
ed
è
un
mio
vecchio
articolo
.
Ora
si
può
parlare
meglio
,
lasciar
perdere
la
moto
,
fare
insieme
due
passi
intorno
all
'
isolato
,
e
Claus
Fischer
,
silenzioso
biondino
di
Dresda
,
finalmente
tira
fuori
la
macchina
,
ci
precede
di
qualche
metro
e
comincia
a
scattare
.
Ciandri
non
ci
ha
nulla
da
ridire
,
e
così
veniamo
al
dunque
.
La
ragazza
di
Bube
uscì
mentre
Renato
Ciandri
era
ancora
in
carcere
per
il
fatto
di
sangue
di
undici
anni
prima
:
il
successo
del
libro
,
e
l
'
interessamento
di
Cassola
gli
giovarono
certamente
ad
avere
una
quindicina
di
mesi
di
condono
.
«
Gliene
sono
ancora
grato
»
,
fa
lui
fissandomi
,
«
anche
se
subito
dopo
averlo
letto
dissi
che
non
eravamo
d
'
accordo
su
come
ci
aveva
trattati
»
.
Specialmente
Nada
,
la
moglie
:
tutta
inventata
la
storia
di
Stefano
,
il
giovanotto
serio
e
un
po
'
retorico
che
fa
la
corte
a
Mara
mentre
Bube
è
via
;
tutto
inventato
l
'
attacco
del
libro
,
con
lei
così
ragazzina
e
un
po
'
civetta
;
tutto
inventato
persino
che
lei
non
sa
portare
tacchi
a
spillo
.
D
'
accordo
,
c
'
è
l
'
invenzione
letteraria
,
uno
che
scrive
ha
il
diritto
di
pigliare
certi
fatti
veri
e
di
ricamarci
sopra
con
la
fantasia
.
Ma
intanto
quando
lui
uscì
di
carcere
,
tutti
seppero
che
quella
era
la
storia
sua
.
«
Guardi
.
Io
non
sono
un
beduino
,
una
ragazza
secondo
me
può
avere
un
fidanzato
prima
di
sposarsi
con
un
altro
uomo
.
Ma
la
storia
di
Stefano
non
è
vera
.
Sì
,
lo
so
,
daccapo
,
lo
scrittore
inventa
,
ma
io
non
campo
mica
in
mezzo
ai
letterati
.
Queste
cose
le
capiscono
i
letterati
,
e
le
capisco
anche
io
che
un
poco
ho
letto
,
in
quegli
undici
anni
.
Ora
molto
meno
,
perché
il
lavoro
è
faticoso
,
e
quando
torno
a
casa
,
fra
il
bagno
,
la
cena
,
un
po
'
di
televisione
,
si
fa
presto
ad
addormentarsi
.
Cosa
ho
letto
!
Mah
,
soprattutto
romanzi
sociali
,
Victor
Hugo
,
Zola
,
Jack
London
,
specialmente
Il
tallone
di
ferro
,
che
è
il
più
bel
romanzo
sociale
.
Anche
Cronin
,
si
capisce
,
E
le
stelle
stanno
a
guardare
,
poi
La
cittadella
,
Il
castello
del
cappellaio
.
Gli
italiani
?
Le
dico
la
verità
,
gli
italiani
non
mi
sfagiolano
mica
tanto
,
sa
»
.
Veramente
quest
'
uomo
non
è
affatto
come
me
l
'
ero
immaginato
.
Non
è
Bube
,
ecco
:
quel
romanzo
di
Cronin
,
per
esempio
,
potrebbe
leggerlo
più
verosimilmente
Stefano
che
Bube
.
E
poi
,
man
mano
che
il
discorso
s
'
infittisce
,
ecco
che
gli
scrittori
italiani
lui
non
li
ignora
affatto
,
parla
di
Pasolini
,
parla
di
Calvino
,
soprattutto
parla
di
Cassola
,
e
m
'
accorgo
che
l
'
ha
letto
tutto
,
e
che
lo
giudica
con
affettuoso
distacco
,
come
se
questa
brutta
storia
delle
carte
bollate
,
del
sequestro
eccetera
,
non
lo
riguardasse
nemmeno
più
.
Si
fece
vivo
,
appena
seppe
che
il
film
entrava
in
lavorazione
:
il
libro
è
uscito
,
ha
avuto
il
successo
che
ha
avuto
,
contiene
la
loro
storia
e
loro
due
non
sono
d
'
accordo
su
come
è
raccontata
.
Pace
.
Acqua
passata
.
Ma
ora
anche
il
film
,
no
.
Un
libro
lo
leggono
,
quando
va
bene
come
è
andato
bene
questo
,
centocinquanta
,
duecentomila
persone
.
Ma
se
poi
ne
fanno
anche
un
film
,
la
storia
la
risanno
tutti
,
anche
chi
non
ha
mai
imparato
a
leggere
,
anche
chi
non
sa
,
non
vuole
distinguere
fra
verità
e
invenzione
,
soprattutto
quelli
anzi
,
e
parlano
,
parlano
,
parlano
.
Non
che
a
Pontassieve
qualcuno
abbia
osato
dirgli
qualcosa
in
faccia
,
no
.
Anzi
,
sono
discreti
e
corretti
,
ma
le
chiacchiere
si
sentono
a
fiuto
,
che
girano
nell
'
aria
come
mosconi
.
Così
si
fece
vivo
con
la
produzione
,
avvisandoli
che
non
era
d
'
accordo
,
che
si
fermassero
.
E
quelli
risposero
facendo
i
meravigliati
:
non
capivano
proprio
il
perché
.
Invece
c
'
era
,
il
suo
perché
.
«
Quella
è
la
storia
mia
,
l
'
hanno
detto
e
ripetuto
proprio
loro
,
Cassola
è
un
grande
scrittore
e
un
uomo
onesto
,
ma
è
anche
un
ingenuo
,
quando
dice
di
non
capire
.
È
una
storia
di
vent
'
anni
fa
,
e
venti
anni
fa
il
mondo
,
l
'
Italia
,
era
diversa
.
I
fatti
di
allora
,
raccontati
oggi
,
pigliano
tutto
un
altro
verso
.
Venti
anni
fa
,
per
esempio
,
la
rapina
a
mano
armata
non
era
un
fatto
grave
come
sarebbe
oggi
.
Oggi
,
i
giovani
che
a
quei
tempi
non
erano
nati
,
o
non
potevano
capire
,
se
vedono
raccontata
la
mia
storia
con
la
mentalità
di
oggi
,
travisano
tutto
,
non
possono
convincersi
che
allora
era
differente
.
Io
mi
sono
rifatta
una
vita
,
lavoro
qui
ai
macelli
,
e
quel
che
guadagno
mi
basta
per
campare
,
per
mangiare
,
per
le
sigarette
.
E
anzi
ne
fumo
anche
troppe
.
Perciò
mi
lascino
in
pace
,
la
smettano
con
questa
storia
di
Bube
»
.
«
Ehi
,
Bube
»
,
lo
chiama
da
dietro
un
suo
compagno
di
lavoro
,
piccoletto
,
sorridente
,
che
subito
si
aggrega
,
e
volentieri
sta
in
posa
davanti
all
'
obbiettivo
di
Claus
Fischer
.
Già
che
ci
siamo
,
si
va
tutti
a
bere
qualcosa
lì
all
'
angolo
,
una
botteguccia
dove
sono
soliti
ritrovarsi
tutti
i
facchini
dei
macelli
.
Il
piccoletto
si
chiama
Guani
,
poi
viene
anche
uno
anziano
che
ha
un
nome
illustre
,
Puccini
,
e
cominciano
a
girare
i
mezzi
litri
.
Ciandri
e
io
seduti
vicini
,
Fischer
in
piedi
dietro
il
banco
che
spara
come
una
mitragliatrice
.
E
si
riattacca
a
parlare
di
letteratura
:
una
scena
del
Soldato
,
se
è
giusta
l
'
impostazione
politica
di
Fausto
e
Anna
,
il
personaggio
di
Guglielmo
nel
luglio
del
bosco
,
il
dolore
calato
nel
paesaggio
,
la
scrittura
così
scorrevole
dell
'
Entrata
in
guerra
.
No
,
proprio
non
è
come
me
l
'
ero
immaginato
questo
Ciandri
Renato
di
Volterra
,
classe
1924
,
detto
Bube
,
che
è
poi
il
soprannome
di
famiglia
,
nonno
,
padre
e
lui
,
già
alabastraio
,
poi
partigiano
Baffo
(
questo
il
nome
di
battaglia
,
e
non
già
Vendicatore
)
.
Me
l
'
ero
immaginato
parco
di
parole
,
rigido
,
semplice
,
elementare
,
e
invece
qua
nessuno
poi
è
semplice
,
neanche
il
Guani
che
scherza
sempre
(
anzi
«
fa
il
chiasso
»
)
e
si
scusa
se
qualche
volta
«
nel
discorrere
si
sbarroccia
un
po
'
.
Sa
siamo
gente
alla
buona
,
senza
istruzione
.
lo
ho
fatto
appena
la
quarta
,
e
parlo
come
mi
viene
.
Certe
parole
difficili
come
le
scrivete
voi
,
io
non
le
capirei
nemmeno
»
.
E
continua
per
un
po
'
a
fare
il
chiasso
,
cioè
a
canzonarmi
,
con
questa
storia
delle
parole
difficili
.
Altre
parole
difficili
,
e
stridenti
,
mi
sta
dicendo
Renato
:
sequestro
,
azione
civile
,
azione
penale
,
comparizione
.
Cioè
tra
qualche
giorno
si
dovranno
incontrare
le
due
parti
dinanzi
al
giudice
.
Ma
loro
cosa
chiedono
,
cosa
vogliono
?
«
Levare
di
mezzo
il
film
sarebbe
la
cosa
migliore
.
O
almeno
che
si
arrivasse
ai
tagli
indispensabili
:
tutta
la
storia
di
Stefano
,
per
esempio
,
via
.
Questione
di
soldi
non
s
'
è
mai
fatta
,
non
se
n
'
è
mai
parlato
.
Però
se
non
ci
fosse
altra
via
d
'
uscita
,
allora
dividiamo
la
torta
.
Perché
sulla
nostra
storia
ci
dovrebbero
guadagnare
solamente
gli
altri
?
Meglio
di
tutto
,
eliminare
il
film
;
sennò
i
tagli
.
AI
peggio
,
dividiamo
la
torta
,
mi
diano
quel
che
ci
vuole
per
cambiare
posto
e
vita
»
.
Lo
dice
senz
'
ira
,
senza
nemmeno
emozione
.
Davanti
al
pretore
fu
proprio
così
,
mi
spiega
distaccato
,
quasi
assente
.
E
volentieri
cambia
discorso
,
dice
che
il
film
non
l
'
ha
visto
,
ottocento
lire
sono
troppe
,
aspetta
caso
mai
che
venga
a
Pontassieve
,
dove
cento
bastano
.
Preferisce
discorrere
ancora
di
letteratura
,
fino
al
momento
di
andarsene
,
si
è
infilato
il
cappotto
,
col
bavero
su
per
il
primo
freddo
del
crepuscolo
,
dà
un
colpo
di
pedale
,
avvia
,
parte
diritto
e
sicuro
in
mezzo
al
traffico
di
via
Circondaria
.