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IL VILLAGGIO RESISTE AL CONDOMINIO DI MASSA ( Bianciardi Luciano , 1965 )
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Sant ' Anna di Rapallo - Anche qui i metodi didattici si sono ammodernati : bando alle aste , scrivono parole fin dal primo giorno , a Natale le sanno già quasi tutte , e dopo le feste abbandonano la matita per impugnare la penna vera , quella che s ' inzuppa nell ' inchiostro . Le prime volte sono macchie , sbaffi , pasticci , anzi « pacciughi » . Escono alle cinque del pomeriggio , i diciotto alunni della maestra Luisa Solari , prima B , sdoppiata perché gli iscritti , contro le previsioni , furono quasi quaranta , l ' inverno è mite , e prima di rincasare sostano lì fra il cancello e la strada che va alle case dell ' INA , a giocare . Fra questi diciotto alunni , e fra gli altri scolari della « Giovanni Pascoli » , sono relativamente pochi i liguri , i Canepa , gli Assereto , i Costa : Marcellino per esempio si chiama Jatosti , che è un cognome abruzzese , forse di lontana origine polacca . È nato a Milano e abita coi suoi ( padre toscano , madre romana ) al terzo piano del condominio lì di fronte . I suoi comprarono l ' appartamento anche perché videro la comodità della scuola così vicina . Le due bambine , gemelle , sono Cariddi , Michele è un Tricarico . Renato è un Bellonzi , di madre napoletana e di padre ferrarese , cameriere giù a Rapallo , e abitano a Savagna , in collina , quindicimila mensili una casetta e un ettaro di terra . A tempo perso allevano polli e conigli di razza speciale , dal pelo fulvo . Gaetano sta accanto alla chiesa di Sant ' Anna , che dà nome al paesino . Di cognome fa De Luca : padre siciliano , già sarto , poi operaio , adesso allevatore anche lui di polli e conigli . La madre invece lavora al golf . Al golf , appunto , perché ormai quasi tutti dicono così : abito al golf , devo andare al golf , la corriera per il golf , il golf di Rapallo , nove buche , cioè la metà di un campo regolamentare , ma sembra che già comprino altre terre , fino a Valle Christi per arrivare alle fatidiche diciotto . Il campo naturalmente è assai bello e tenuto a dovere , costa carissimo come tutti i golf d ' Italia , dove lo sport non è affatto popolare , la sede del circolo è signorilmente arredata , ma vista da fuori sembra un palazzo della GIL , e non a caso lo costruirono in epoca fascista . Un tempo , al posto dei green e del bunker c ' era « la fanga » , ricordano i più anziani , c ' erano « e pusse de Sant ' Anna » . Pozze formate a furia di scavare argilla da mattoni , e che il torrente ( si chiamerebbe Bogo ma i villeggianti e le carte topografiche dicono Boato , imprevedibile e violento con le sue piene puntualmente allagava , e da Rapallo venivano fin qui con lo zatterino a pescare . Sant ' Anna a quei tempi era un borgo di fornaciai e di ortolani . Oggi le fornaci non ci sono più e c ' è invece il golf . Secondo le agenzie immobiliari ( compravendita , affitti e permute ) questa è zona verde con vista golfi una precisazione che dà tono , certo , ma i prezzi sono i più bassi , sulle novantamila al metroquadro . Man mano che si procede verso il mare i prezzi salgono : zona tranquilla , zona semicentrale , a cinque minuti dalla passeggiata ( ma cinque minuti di che cosa ? Di marcia o di automobile ? ) , zona centrale , zona centralissima , vista mare . Chi vuol vedere il mare paga più di tutti , fino a duecentottanta al metroquadro . Ma la domanda ristagna e ci sono i primi cenni del ribasso ( sulle diecimila al metroquadro in meno , dal cinque al dieci per cento ) . A Sant ' Anna il mare non si vede , il centro dista due chilometri , siamo insomma all ' estrema periferia di Rapallo , ed ecco perché vendesi a prezzi vantaggiosissimi , anche con mutuo . È appunto la fila dei condomini che percorre tutta la vallata del Bogo , identici l ' uno all ' altro ; progettati dallo stesso architetto , calcolati dallo stesso ingegnere : una gabbia di cemento armato su cui poi si tendono i foratoni , per i solai e per i muri . Altezza gronda in 17,50 , secondo i limiti del regolamento edilizio , ma spesso sopra la gronda cresce l ' attico o il superattico , e così si arriva ai metri 20,50; e ci entrano , a settantacinque metroquadri per famiglia , fino a cinquanta inquilini , ciascuno col suo bravo nome e titolo a stampatello sulla targa dei campanelli : Anzaghi , Carugati , Viganò , Terzi , Colombo , Garbagnati , poi qualche Codognotto e qualche Canessa . È la proprietà privata di massa . Parecchie tapparelle restano sempre chiuse , gli inquilini compaiono al massimo il venerdì sera , fanno la gitarella a Portofino o a Montallegro , e poi dopo cena si trovano tutti quanti a parlare di nebbia e di quattrini ( che non ci sono più ) . Meno male che lo hanno fatto in tempo , quest ' investimento di setto - otto milioni : hanno un posticino per le vacanze , il gruzzoletto è al sicuro , e possono sempre dire « la nostra villa in Riviera » . Dopo tutto non sono neanche lontane le villette vere , le « unifamiliari » con giardino : basta salire un po ' più su e la zona comincia a valorizzarsi : ampio panorama , splendida veduta , vista golfo . Da vedere il golf a vedere il golfo la differenza è del doppio preciso . La più bella di tutte si chiama « Villa Mia » , e il proprietario è il signor Osvaldo Menga : ampio terreno a parco con alberi pregiati , vialetti ghiaiosi , lampioni , finti pozzi , passeggiata archeologica con Veneri monche e putti , la piscina di maiolica verde . Ora è deserta , ma d ' estate ci danno splendide feste con orchestrina e cantanti , gare di tiro alla pistola e rinfreschi assortiti . Per questa popolazione saltuaria e lombarda , due o tre anni or sono , hanno allestito , in quindici giorni , comprese le fondamenta , una chiesa prefabbricata , che prende nome dal Sacro Cuore . L ' armatura è di montanti in lamiera traforata , che s ' imbullonano come i pezzi del Meccano , con sopra un rivestimento di materiale precompresso . Un ' unica grande navata col tetto uso rimessa , accanto all ' altare c ' è l ' usciolino della sacrestia , che ha uno sportello scorrevole , a coprire la grata del confessionale . Ci dicono messa soltanto la domenica , in inverno e debbono accendere le stufe dal sabato sera , altrimenti i fedeli scesi per lo « weekend » in Riviera « barbellano » dal freddo . I santannesi stanziali - sia gli indigeni che gli immigrati con fissa dimora - vanno , se ci vanno , all ' altra chiesa , che è il centro del vecchio borgo . È un minuscolo ma non brutto esempio di barocco genovese , con la cupola a tegole di ardesia , e sta per compiere trecento anni precisi . I borghigiani ne parlano con un certo orgoglio . La sezione ( anzi la sessione ) del Partito comunista è poco più sotto , in una baracchetta di legno , quasi di fronte all ' osteria di Giovannino Raffo da Sestri Levante . Qui la sera vengono a giocare a carte , a bersi un bicchiere , e a discorrere in quel loro curioso dialetto che sembra portoghese , gli adulti di Sant ' Anna , quelli che all ' ingrosso , hanno già fatto il militare e possiedono il fucile da caccia . Ma la selvaggina deve essere scarsa . I giovani invece vanno al bar del Porri , dove il mese scorso si tenne un memorabile torneo di boccette , con medaglia d ' oro . Davano per favorito il giovane Arminetti , detto « Canna » perché è alto e sottile , e invece vinse un altro , e ora « Canna » continua a mugugnare e a dire « belan » , pur essendo nato a Mimose , in Calabria . Ormai Sant ' Anna è un cuneo di case , serrato fra due sensi unici , coi condomini da una parte e il verde del golf dall ' altra , il vertice al ponticello sulla confluenza dei due torrenti che formano , appunto , il Bogo . Due bar , tre o quattro botteghe di alimentari , il macellaio , il vinaio , qualche officina , un coiffeur pour dames , le rimesse delle carrozze . Un tempo i vetturini tenevano i cavalli ( due , sempre , il grande e il pony , che può anche essere un somarello sardegnolo ) giù al mare , vicino ai grandi alberghi , a disposizione dei turisti stranieri , ma poi è sembrato più decoroso spostarli quassù . E oltre tutto le carrozze sono ridotte a una decina , i vetturini hanno ormai l ' età della pensione : il più popolare , ma non il più vecchio , ha sessantun anni . Si chiama Luigi Tasso , detto « Fante » ( qui il soprannome sembra obbligatorio , lo mettono persino sugli avvisi mortuari ) e diversi anni or sono , girandosi proprio a Rapallo un film con Peppino De Filippo , lo scelsero per una particina . A Sant ' Anna se ne parla ancora . A Sant ' Anna dunque c ' è una inconsapevole , forse , volontà di restare villaggio : si trovano al caffè , provano a chiamar per nome ( in attesa che s ' inventi il soprannome ) anche il forestiero , hanno la scuola e la posta . Manca invece la farmacia , e manca l ' edicola dei giornali . Eppure qualcuno è ottimista . Da un mese al bar del Pozzi c ' è una clientela nuova : gli operai che sparano le mine e guidano le ruspe dalle parti di San Pietro . Sono i lavori per l ' autostrada nuova , da Genova a Sestri , che sveltirà il traffico sulla Riviera di Levante . In due ore dalle brume lombarde all ' eterno tepore di qui : l ' imbocco sarà proprio a Sant ' Anna , e già s ' immagina il « movimento » che ci sarà , fra un paio d ' anni . Gente che va , gente che viene . E speriamo che si fermi . I ragazzini della scuola « Giovanni Pascoli » la smetteranno di gingillarsi lì davanti , finita la lezione . Potranno finalmente dire che abitano al casello di Rapallo .
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Sanremo , 1° febbraio - La mondanità rivierasca , grassa e un po ' sfatta , luccicava nel salone delle feste del Casinò , mescolandosi agli impiegati delle case editrici musicali che , insieme alle loro famiglie , stavano per concludere le vacanze « straordinarie » di Sanremo . Anche l ' VIII Festival della Canzone si avviava alla conclusione . La sala biancheggiava modestamente di biancospini ; il maestro Mario Ruccione aveva iniziato un ' azione legale ( per venti milioni di danni ) contro gli organizzatori del festival : e forse un cantante nuovo - Johnny Dorelli - era sul punto di sostituirsi definitivamente a Teddy Reno nelle simpatie del pubblico . E una canzone piacevole , d ' un genere insolito per Sanremo , era entrata in finale : Nel blu , dipinto di blu di Domenico Modugno , veleggiava verso la vittoria . Prima che cominciasse lo spettacolo , Fulvia Colombo e Gianni Agus hanno spiegato brevemente il meccanismo del Festival : avrebbero votato 110 persone in sala e 90 persone , presso le redazioni dei giornali , scelte per sorteggio fra gli abbonati alla RAI - TV . Il clima del festival era tale che le informazioni fornite dalla bionda Fulvia in abito rosa sono state accolte con moderato scetticismo . Alla parola sorteggio , qualcuno ha reagito vivacemente : « Staremo a vedere » hanno detto i più obiettivi , « se vince Nel blu , dipinto di blu significa che non ci sono stati imbrogli ... » . « Vi illudete » dicevano altri , « la canzone di Modugno merita di vincere , ma se vince è perché è ben appoggiata . » Saliva intanto alla ribalta Tonina Torrielli , per cantare la prima canzone di programma : Mille volte di Fabor . Tonina aveva un abito turchese , un bouquet di biancospini appuntato con grazia sullo stomaco . Mentre Tonina canta nella tribuna giornalisti arriva una donna giovane , dai capelli rossi e l ' abito drammatico . È Marisa Del Frate , che stasera non canta perché la sua canzone non è entrata in finale . Qualcuno le domanda : « Perché vieni qui ? » . « Non lo sapete » hanno risposto , « Marisa ha scritto la sua vita a puntate ed è stata iscritta nell ' elenco speciale dei pubblicisti . » Dopo Tonina Torrielli è arrivato sul palcoscenico un giovane ventenne , che i più sbrigativi definivano « la rivelazione del festival » : Johnny Dorelli . « È molto bravo e canta civile » come ha detto ieri una sua giovanissima fan . Qualcuno dice che il suo stile riecheggia quello di Yves Montand , altri parlano di Frank Sinatra . Gli intenditori rimproverano a Johnny di agitarsi quando canta , come un tenore di cinquant ' anni fa . Ma ha una bella voce ed è stato accolto , stasera , da applausi a scena aperta , prima di cominciare a cantare . La prima canzone di Dorelli era Fantastica , un motivo gradevole , sviolinato tuttavia eccessivamente dall ' orchestra Angelini . È stata eseguita subito dopo Timida serenata . « Ecco una canzone pericolosa » ha osservato qualcuno , « gli editori sono ricchi . » Timida serenata è stata cantata da Aurelio Fierro e da Gloria Christian . L ' una e l ' altro avevano la febbre , ma Fierro non ha rinunciato a bamboleggiare . Qualcuno gli ha gridato : « Via la manina dalla bocca » . La stessa è stata poi cantata , spiritosamente , da Gino Latilla e da Carla Boni . Claudio Villa aveva puntato su La campana di Santa Lucia . « Canta a fumetti , Claudio » ha osservato qualcuno , « ma il suo mestiere lo sa » . Nilla Pizzi ha interpretato L ' edera dimostrando una certa classe . Le hanno chiesto un bis e qualcuno ha gridato : « Abbiamo perso a Belfast , ma abbiamo te » . Nilla si è inchinata , tenendo gli occhi bassi . Quando è ricomparso Dorelli per cantare Nel blu , dipinto di blu ha avuto di nuovo un lungo applauso a scena aperta . Johnny ha cantato ancora meglio di ieri sera . Alla fine la gente , in piedi , sventolava i fazzoletti : e non soltanto per vanità ( in sala c ' erano le telecamere ) . Poi tutti hanno incominciato a cantare in coro con Johnny : « Nel blu , degli occhi tuoi blu , felice di stare quaggiù » . Anche per Domenico Modugno , che sa cantare forse più abilmente di Johnny la sua canzone , si sono ripetuti gli applausi . Alla fine , mescolandosi fra il pubblico che commentava l ' esito delle votazioni , il maestro Ruccione dichiarava : « Ho presentato una regolare diffida contro l ' ATA , società organizzatrice del festival , chiedendo un indennizzo per danni di venti milioni . Ci serviranno per organizzare un festival indipendente degli autori , l ' anno venturo » .
Il doppio commendatore ( Baldacci Gaetano , 1958 )
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Giovambattista Giuffrè , doppio commendatore come le « fettuccine al doppio burro » che nelle trattorie romane si servono appunto ai commendatori ( il Giuffrè è insignito sia dell ' Ordine della Repubblica che dell ' Ordine del Santo Sepolcro ) , costituisce uno degli enigmi più appassionanti del dopoguerra : lui , e tutti coloro che hanno giuocato al « presta e raddoppia » . Abbiamo veduto tanta gente arricchirsi improvvisandosi fabbricanti di macchine utensili , coi brevetti tedeschi caduti in pubblico dominio ed altri mezzi illeciti , ma l ' ex cassiere del Credito Romagnolo batte tutti per la perfezione del metodo escogitato . La cosa che più colpisce è il contrasto tra il fisico del Giuffrè , che è quello del bonaccione campagnolo , e l ' astuzia degna di un Luca Cortese . Costui ( pochi sanno chi fosse , anche dopo la pubblicazione del romanzo sulla sua vita scritto dal figlio : l ' attore Leonardo Cortese ) architettò nel primo decennio del secolo , se non ci inganniamo , qualcosa di simile : una « speculazione » ( diciamo così ) di tipo bancario illegale , destinata a fruttargli grossi guadagni . Ma il Cortese era una creatura dannunziana , teneva un party e regalava il portasigarette d ' oro o lo smeraldo ad ogni partecipante , amava follemente le donne e , come si cantava una volta , era dedito al « folle piacer ... » . Invece il Giuffrè viene definito « pio » , « benefico » , « anima generosa » . Gli attestati a favore della sua personalità morale non si contano . In uno si legge che « mille monumenti s ' innalzano in terra di Cesena al nome del Giuffrè : e sono i monasteri e i conventi , le chiese e gli asili , le case di azione cattolica e le sale di lettura , i teatri parrocchiali e i campi sportivi , le case degli operai e dei più umili lavoratori ... » . Si capisce come a questo punto si resti perplessi a definirlo : « maniaco della beneficenza » o « facchino della carità » ? L ' una cosa e l ' altra sono state dette di lui . Il badiale commendator Giuffrè ( veneto o siculo ? ) ha anche la fortuna di essere un portatore d ' affezione cardiopatica . Questo obbliga tutti ad un certo riguardo per risparmiargli emozioni che potrebbero riuscire fatali . E lui si rende ben conto del privilegio della malattia , al punto che ha sempre affettato un certo distacco dalle operazioni finanziarie e un vivo desiderio di ritirarsi presto dagli affari « per motivi di salute » . Il quadro è d ' una perfezione stupefacente ; il « tipo » di una validità secolare nella letteratura italiana . E tutti siamo qui esitanti a chiamare col suo vero nome il Giuffrè e il raggiro da lui immaginato . Raggiro ? Sentite qua : « Io non ho mai raccolto fondi , né ho mai incaricato alcuno a raccoglierli a mio nome ... Sono loro che me li portano ... » . Loro : chi ? Verrebbe voglia , per amore di paradosso , di prendere la difesa del commendator Giuffrè . Perché - qui sta il singolare di tutta la faccenda - finora non si è riusciti a capire dove sia la parte lesa . Giuffrè si arricchisce , compra la villa di Bartali , l ' automobile , dà modo al figliastro di sovvenzionare la squadra di pallacanestro e di mandarla ( in aereo ) in trasferta all ' estero ... I parroci possono costruire l ' asilo , la palestra , la sala cinematografica , restaurare la chiesa , aprire una nuova cappella ... I clienti ricevono l ' ingentissimo interesse ( dal 100 a130% ) sulle somme prestate , messe a frutto : e quale frutto ! E , se è vero che gli affari del doppio commendatore si estendevano anche in India e nel Giappone , c ' è caso che una mozione dei Paesi afroasiatici venga ad aggiungersi ai molti attestati a pro del « benefattore munifico e sapiente » . Noi stimiamo molto il ministro delle Finanze , onorevole Preti , e ammiriamo la sua coraggiosa fermezza : ma - ci consenta di chiederglielo - crede di poter fare , quale ministro delle Finanze , molto di più di ciò che ha già fatto contro il « moltiplicatore dei milioni » ? Egli ha il merito di aver spezzato la catena . Ora tocca al ministro degli Interni : e , da ieri sera , vi sono già i segni che non c ' è bisogno di sollecitare l ' intervento dell ' onorevole Tambroni . In fondo alla catena ci sono , infatti , le vittime del « presta e raddoppia » : coloro che ci rimetteranno le penne , che pagheranno per tutti . I truffati , in una parola . Non c ' è Giuffrè che tenga : questi miliardi , qualcuno ha da rimetterceli .
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Bergamo , 28 ottobre - « Sono quieto e tranquillo » aveva scritto alla nipote Enrica il cardinale Angelo Roncalli prima di entrare in Conclave . La gente di Sotto il Monte , questa lettera la conosceva a memoria e stasera la va recitando per le strade e le botteghe a voce alta , in dialetto . Sono poche righe di una calligrafia minuta e ordinata . La nipote prediletta del nuovo Pontefice le farà mettere in cornice perché ormai costituiscono un documento storico . Il comune di Sotto il Monte , dove il 25 novembre 1881 vide la luce Giovanni XXIII , conta appena novecento anime . È un grappolo di case rustiche , in prossimità del fiume Adda , ad una quindicina di chilometri da Bergamo . L ' abitazione della vecchia famiglia Roncalli si trova dalla parte della collina , in alto rispetto alla piazzetta del paese . La casa , in parte , è demolita . A Battista Agazzi , ottantenne , ex compagno di scuola del Pontefice Roncalli , sembra di ricordare che la stanza nella quale Marianna Mazzola diede alla luce il figlio primogenito sia quella ora adibita a deposito di attrezzi agricoli . La famiglia Roncalli era molto povera e le tracce di questa povertà sono ancora ben evidenti nelle abitazioni degli altri fratelli di Giovanni XXIII . A Sotto il Monte vivono tre fratelli di Papa Roncalli : Zaviero , di 75 anni , sposato senza figli ; Alfredo , di 69 anni , scapolo ; Giuseppe , di 84 anni , sposato con dieci figli . L ' anno scorso morì Giovanni , padre di otto figli molto attaccati all ' illustre zio . Fra il 1953 e il 1955 scomparvero anche tre sorelle . Dei diciotto nipoti di monsignor Roncalli , soltanto uno ha intrapreso la carriera ecclesiastica : si tratta di don Battista , curato di Fusignano , in provincia di Ravenna . La notizia della nomina di « don Angelo » a nuovo Pontefice è dilagata nella campagna bergamasca con la rapidità eccezionale delle grandi notizie . Le scene di esultanza sono state infinite . Al momento dell ' « Habemus Papam » , sia la frazione di Sotto il Monte sia la città di Bergamo erano davanti ai televisori . Traffico bloccato , lavoro interrotto . Appena è stato fatto il nome del cardinale Roncalli , tutte le campane delle chiese sono state sciolte . Si è visto , nei locali , per strada , gente abbracciarsi e saltare di gioia . Le finestre si sono imbandierate . In un caffè del centro di Bergamo , per l ' eccitazione gioiosa , è accaduto che siano stati fatti volare per aria sedie e vassoi . La confusione , insomma , è stata indescrivibile . Un moto spontaneo , incontenibile , di popolare esultanza si è propagato in città e in campagna . « Abbiamo il Papa buono ! » si è gridato a Sotto il Monte , mentre la popolazione si addensava nella vicinanza dell ' abitazione dei vecchi Roncalli , tutti contadini o piccoli proprietari terrieri . Papa Roncalli andò l ' ultima volta a Sotto il Monte il 27 agosto di quest ' anno . Arrivò con una macchina da Venezia , lo accompagnavano due suore bergamasche dell ' Ordine delle Poverelle . Le stesse suore lo hanno seguito a Roma quando è morto Pio XII . Al suo paese , il cardinale Roncalli s ' intrattenne appena due giorni , ospite della Villa Scotti . Di giorno lavorava al quinto volume di una sua opera intitolata : Gli atti della visita pastorale di san Carlo Borromeo nel Bergamasco ; verso il tramonto usciva a piedi e percorreva il paese fermandosi a conversare con i contadini . Mostrava di conoscere tutti e , incontrandoli , li chiamava per nome ... La gente si rivolgeva a lui chiamandolo semplicemente « don Angelo » , come quando era un semplice prete di campagna . Il 28 agosto , poche ore prima di ripartire per Venezia , il Patriarca venne avvertito della grave malattia che aveva colpito un povero contadino , padre di cinque bambini e comunista fervente . Interruppe i preparativi e , a piedi , volle andare a fargli visita . Trovò tutta la famiglia del contadino inginocchiata in cucina . L ' ammalato piangeva . Il cardinale si trattenne al suo capezzale quasi un ' ora , chiacchierando di politica , di lavoratori , di datori di lavoro , di progresso sociale : si mostrò molto comprensivo , aperto alle aspirazioni dei contadini e degli operai . Nella sperduta frazioncina di Sotto il Monte , questa sera , non si parla che del « Papa buono » , dei suoi umili genitori , della sua fanciullezza malinconica , dei suoi atti di bontà , della sua intelligenza , ed è significativo che se ne parli come di una figura avvolta già come da un alone di leggenda . In un ' osteria ho sentito un vecchio artigiano - sollecitato da un uditorio composto da povera gente dalle mani gonfie di calli - sillabare a fatica una cronaca lasciata da don Giovanni Birolini , che fu parroco di Sotto il Monte per trent ' anni . Dice questa cronaca , inserita tempo fa in un volumetto dedicato ai principali bergamaschi del principio di secolo : « Quando nacque don Angelo , i genitori , da buoni cristiani , provvidero subito al battesimo . Siccome il parroco don Francesco Rebuzzini era assente dalla parrocchia perché a Terno per la congrega , si dovette trasferire il battesimo a sera inoltrata , dopo l ' Ave Maria , quando tutto era in silenzio . Vento e pioggia tenevano rincasate le persone . Terminati gli studi elementari in Comune , ove si distingueva per assiduità e bontà , appena all ' età di 9 anni venne mandato presso un parente di Pontida e frequentò come alunno esterno il collegio di Celana ; poi si assoggettò a fare ogni giorno la strada a piedi da Celana a Sotto il Monte per circa 3 mesi . Ma il profitto in collegio non era molto . Essendo un giorno stato incaricato della consegna di una lettera al parroco di S . Gregorio , don Carlo Marinelli , il quale conosceva la famiglia Roncalli , nella quale lettera veniva avvisato detto Marinelli a dare un rimprovero al ragazzo Roncalli , questi non la consegnò . Fu poi tenuto a casa per esser mandato nel patrio seminario con grande sacrificio del padre e della madre che erano ricchi di bontà cristiana ma poverissimi finanziariamente . Per i suoi studi in seminario , come a Roma , fu aiutato finanziariamente da monsignor Moriani il quale pensò per i denari occorrenti » .
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Roma , 6 novembre - Questa notte , a Trastevere , Anita Ekberg ha ballato un infuriato charleston , a piedi nudi e con gli abiti cadenti ; dopo di lei una ballerina turca , Haisch Nanà , ha improvvisato uno strip - tease integrale , interrotto dall ' arrivo della polizia : tutto questo alla presenza di un pubblico d ' eccezione , centocinquanta tra i nomi più in vista dell ' aristocrazia , del cinema , della mondanità . L ' occasione è stato il ricevimento organizzato da Olghina di Robilant , per festeggiare il suo compleanno e la decisione di diventare attrice , e offerto da Peter Howard Vanderbilt al Rugantino . C ' erano moltissimi bien : Francesco Aldobrandini con la moglie Anne Marie La Cloche , Ascanio e Marina Branca , Sandro e Gea Pallavicini , Marimma Rodriguez , Marita Guglielmi Sanfelice di Vulci , Carlottina Del Pezzo , Annamaria Mussolini , Dindina Ciano , Nino Torlonia , Memè Borghese , Giovanna Del Drago , Nicolino Caracciolo , Eriprando Visconti di Modrone , Renzo Avanzo , Novella Parigini , Linda Christian , Andrea Hercolani , Elsa Martinelli con il marito Mancinelli Scotti , Carla Del Poggio , Eleonora Rossi Drago , Laura Betti . C ' era poi un gran numero di belle straniere , inglesi e americane , indossatrici e aspiranti attrici , accompagnate da Domenico Gnoli di Garrau , un pittore specializzato nel fare da guida alle belle straniere di passaggio . Il ricevimento è cominciato alle dieci , con una cena fredda a base di pollo arrosto , roast - beef e whisky scozzese in abbondanza . Gli invitati - in elegantissimi abiti da cocktail , le donne , e con molti gioielli , e in grigio scurissimo gli uomini - erano allegri , chiassosi . Mangiavano , ballavano e ridevano cercando di coprire i frastuoni dell ' orchestra jazz . Ogni tanto , qualcuno si alzava dal tavolo e andava a chiedere ai suonatori qualche ritmo lento , qualche slow per addolcire l ' atmosfera . Poco dopo sono arrivate Anita Ekberg e Linda Christian . In velluto nero , aderentissimo e molto scollato , con una stola di visone bianco gettata sulle spalle , Anita Ekberg era accompagnata da Gerard Haerter , un fotografo danese che abita a Roma . Era allegra , il suo arrivo ha fatto precipitare il ritmo della serata . Per contrasto , Linda Christian si teneva seria , quasi in disparte . Vestiva un largo abito di chiffon grigio , con una gran capigliatura bionda che la faceva sembrare imparruccata , perle nere alle orecchie e brillanti e perle rosa al collo : con lei era Mario Ruspoli , l ' ex fidanzato di Vivi Gioi . Le due attrici non si sono scambiate neppure un ' occhiata sedendosi ai due angoli opposti della piccola sala . Anita Ekberg per un po ' è rimasta al tavolo chic della serata , con Gea Pallavicini ed Elsa Martinelli , che tentava in ogni modo di farsi notare dall ' attrice svedese ; la Ekberg , però , non le ha rivolto la parola , conversando fitto solo con Gea . Improvvisamente si è alzata e si è buttata a ballare con Nicky Pignatelli e con Francesco Aldobrandini , che hanno lasciato le mogli , Luciana Malgeri e Anne Marie La Cloche , sole a chiacchierare tra loro . Erano già le due , quando Anita Ekberg si è stancata anche dei due aristocratici ed è tornata dal suo accompagnatore . Con Gerard Haerter ha cominciato uno sfrenato charleston . Il ritmo accelerava sempre di più , e le altre coppie si fermavano intorno a lei , allora Anita ha gettato via le scarpe , ha sollevato la gonna e ha proseguito da sola . È caduta , si è rialzata , è caduta ancora un paio di volte , riprendendo subito a ballare , con il vestito macchiato di polvere . In un angolo , contenutissima , Linda Christian faceva finta di nulla , ballando con dignità prima con Mario Ruspoli e poi con Baby Borea , flirt dell ' anno scorso . Quando Anita Ekberg , alla fine , si è fermata , mentre la gente ancora gridava e applaudiva , si è gettata nella pista da ballo una ragazza bruna , con i capelli sciolti . Sola , si è messa a ballare una languida danza del ventre : la sala si è scatenata . Gli uomini hanno fatto cerchio intorno a lei , battendo il tempo con gli applausi , e le donne si sedevano in terra , salivano sui tavoli per vedere meglio ; ha finito presto , e tutti hanno voluto sapere chi era e da dove veniva . Fino a quel momento era passata inosservata e adesso tutti volevano conoscere il suo nome , le promettevano scritture , contratti , ingaggi , purché ricominciasse a ballare . Seduta su una sedia , Anita Ekberg si stava facendo asciugare la schiena da Angelo Frontoni , un fotografo . Improvvisamente ha allontanato il fotografo , ha raggiunto la ballerina turca , l ' ha afferrata per una mano e , battendo i piedi nudi in terra per segnare il ritmo , ha gridato : « Come on , dance » . Adesso , Nanà faceva la preziosa : finalmente è intervenuta Novella Parigini che , quasi abbracciandola , l ' ha costretta a ripetere la danza del ventre . La ballerina turca , però , ha voluto mettere una condizione : è salita sul podio dell ' orchestrina e ha annunciato che avrebbe ballato solo se in terra ci fosse stata una « preghiera » , i piccoli tappeti dei musulmani . Novella Parigini , gridando frenetica , ha steso in terra alcune tovaglie . Ma non andavano bene . Allora Andrea Hercolani , principe del Sacro Romano Impero e marito di Laudomia Del Drago , ieri sera assente , si è tolto la giacca , stendendola ai piedi della ballerina turca . Memè Borghese e Nicky Pignatelli lo hanno subito imitato , stendendo per terra altre cinque giacche . Si è fatto silenzio , le luci si sono attenuate e Nanà è salita sul tappeto di giacche . Per prima cosa si è sciolta il vestito , facendolo cadere a terra lentamente . Poi , abbandonandosi al ritmo della musica , è rimasta in slip di seta nera con pizzi , calze e giarrettiere ; poi anche calze e giarrettiere sono cadute ; gli uomini erano a terra , intorno a lei ; dietro , inginocchiate , le ragazze , che gridavano , e le mogli . Anita Ekberg diceva forte , battendo le mani , per incitarla a continuare : « Come on , dance » . Dietro il gruppo che circondava la ballerina turca , c ' era una zona di buio e di silenzio . Carla Del Poggio , Eriprando Visconti di Modrone , Mario Ruspoli , Linda Christian , Marina Valdoni se ne sono andati al Club 84 per paura degli scandali . Nel ristorante c ' erano tre fotografi , che stavano riprendendo ogni particolare della tumultuosa serata . C ' erano anche due agenti in borghese del vicino Commissariato , ma è stato il direttore del locale a chiedere l ' intervento della polizia , per telefono . Gridando , alcuni volevano che Nanà facesse cadere anche lo slip e hanno spinto Novella Parigini contro la ballerina perché glielo strappasse mentre si contorceva . Le due donne sono rotolate per terra , in un groviglio di giacche e di tovaglie . C ' è stata una pausa e , improvvisamente , il contrabbassista dell ' orchestrina , Pino Liberati , ha afferrato una tovaglia , gettandola addosso a Nanà per coprirla . Qualcuno ha acceso la luce , mentre gli agenti intervenivano per por termine alla serata . Al proprietario del ristorante era stato dato il permesso di prorogare la chiusura di un ' ora . Il termine era trascorso da un pezzo e bisognava sgombrare . Nanà , svestita , è fuggita nella toletta , si è chiusa dentro e , battendo i pugni contro la porta , gridava che le riportassero il vestito . Ma nessuno l ' ha raccolto . Gli uomini afferravano le giacche , le donne si gettavano la pelliccia sulle spalle cercando di andarsene al più presto , coprendosi la faccia davanti ai flashes dei fotografi . Nanà è poi riuscita a eclissarsi ; a fronteggiare gli agenti nel tentativo di evitare la chiusura del locale , è rimasto , tra i cocci , il solo proprietario . Con un provvedimento del questore , nella giornata di oggi il Rugantino è stato chiuso a tempo indeterminato .
StampaQuotidiana ,
Roma , aprile - Allegro , ma con un ' aria leggermente facinorosa , Federico Fellini « gira » il suo nuovo film , La dolce vita . Chi racconterà la storia del dopoguerra cinematografico dovrà dire , alla fine , che vinsero non tanto gli ingegni più splendidi ma coloro che ebbero la testa più dura . Fellini , si intende , di ingegno ne ha da vendere . Ma cosa sarebbe diventato nella caotica produzione nostra senza quelle doti da mercante romagnolo , da indiano paziente , da prussiano caparbio che gli abbiamo , meravigliati , riconosciute in questi anni ? Quello di Fellini è infatti un caso esemplare . Ecco un regista famoso in tutto il mondo , carico di premi , e , ciò che più importa , i cui film si vendono a scatola chiusa , il quale è costretto , a ogni nuovo film , a « inventarsi » un produttore . Proprio come se fosse un novellino qualsiasi . L ' ostinazione dei « grossi » del nostro cinema a negargli fiducia è una delle cose più stravaganti ed esilaranti del costume cinematografico nazionale . Ennio Flaiano , che è il più costante soggettista delle opere felliniane , ci diceva che in margine del soggetto de I vitelloni il produttore aveva scritto : « Cretinate , cose dell ' altro mondo » ed altrettali . E pazienza che allora Fellini era alle prime armi o quasi . Poi è venuto il trionfo internazionale della Strada . Abbiamo sentito con i nostri orecchi delle francesine entusiaste entrare in un ristorante esclamando rivolte agli amici che le attendevano , in italiano : « È arrivato Zampanò ! » . Ebbene , per varare Cabiria , Federico Fellini prese contatto con undici produttori . Fatto il film , dovette correre a Genova a farlo vedere al Cardinal Siri , che benignamente lo approvò , per sfuggire ai fulmini della censura . Anche per La dolce vita le difficoltà si sono moltiplicate . Un noto produttore gli voleva imporre attori stranieri . « Se no non si vende negli Stati Uniti » affermava . E avrà avuto anche ragione . Ma come si fa ad affidare , senza snaturare il racconto , la parte di Mastroianni a uno straniero ? Gli stranieri ne La dolce vita sono il contorno , gli attributi , non la sostanza . In compenso , Anita Ekberg è una straniera per modo di dire . Naviga nelle paludi romane come un personaggio del Belli . Si muove fra via Veneto e piazza del Popolo come se fosse nata da queste parti invece che tra i fiordi dell ' estremo Settentrione . Del resto la selvaggia salute dei discendenti dei Vichinghi senza dubbio le giova . Resiste ai fotografi ossessivi , alle strippate di spaghetti , al vino , traditore , dei Castelli con una grazia disarmante . Non sembra neppure sospettare che questa vecchia città la vuole distruggere ; che la folla che le sta d ' attorno cerca di rimpinzarla di cibo pesante , di ingombrarle la mente di vini liquorosi per ridurla uno straccio . Potrebbe finir qua per sempre , ingoffita , spiegazzata , ignota tra ignoti . Ma non se ne dà pensiero . Entra nelle acque della fredda fontana di Trevi come nel bagno dell ' Excelsior . Beve un po ' d ' alcool per scaldarsi ; poi comincia a divertircisi , e non accenna a smettere . Quasi ignuda com ' è , potrebbe prendere un malanno . Fellini se ne preoccupa , e si dice contento . Ma Anita , ormai a ruota libera , ride a gola spiegata . La lasciassero fare , starebbe a mollo nell ' acqua tutta la notte . Invece incalzano altre scene . La dolce vita è allo stesso tempo un panorama e una satira della giungla di via Veneto , dei play boys e delle attricette , degli ex potentati e delle vamp dell ' altro ieri , dei fotoreporters , delle mannequins e di tutti coloro che cercano un po ' di sole economico , un po ' di ristoro alla vanità ferita , alla luce dei riflettori cinematografici . Allegro ed autorevole , Fellini coinvolge tutti , una ragazzina di tredici anni ed Annibale Ninchi . Purché giri la ruota della vita , e quel riflesso rapido della vita che la gente chiama cinematografo . Ora Anita Ekberg , che recita la parte di se stessa , è intervistata da un tale che fa finta di essere collaboratore di un ' austera rivista di estetica filmica . « Signorina Ekberg , cosa ne dice del neorealismo ? » Serena , volgendo attorno gli occhi di ghiaccio , la splendida donna chiede ai suoi amici fotografi , in un italiano stento ma limpido : « Il neorealismo ? Cos ' è il neorealismo ? » . « È un vino di Frascati » risponde un fotografo prendendola golosamente per il braccio nudo . « Andiamo da Gino in Trastevere a farci un piatto di fettuccine » .
Fred, l'uomo che cantava come un marine ( Fusco Gian Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Incontrai Fred Buscaglione , la prima volta , a Viareggio , nell ' estate del 1946 . A quel tempo dirigevo un night - club piuttosto importante , il vecchio Kursaal , al centro della passeggiata a mare . Stagione intensa , turbinosa . Americani negri e bianchi ciondolavano dappertutto . Avventurieri d ' ogni calibro , tipo ed età circolavano sul litorale tirrenico , fra Livorno e Forte dei Marmi , attirati da quella affascinante « fata morgana » ch ' erano gli enormi magazzini militari di Tombolo . Più che magazzini , una specie di metropoli polverosa , improvvisata fra la spiaggia e la via Aurelia : fatta di casse accatastate a centinaia di migliaia , di jeeps nuove di zecca allineate e coperte di teli mimetici , di camions , di cannoni , di gabinetti dentistici da campo , di tutti i materiali necessari a un esercito moderno . I biglietti grigi da 1000 « amlire » avevano , in quei giorni , il valore di stuzzicadenti . L ' estrema coda occidentale dell ' ex linea gotica era una specie di cornucopia traboccante di frutti succulenti . Gli affaristi del Nord , muniti di credenziali rilasciate dalle più bizzarre e impensate autorità partigiane , erano scesi in Versilia , e vi si erano stabiliti per arraffare e sperperare milioni . Nel mio locale , ancora spruzzato di schegge e arredato alla meglio , suonava il « Quintetto Gaio » , che più tardi emigrò in Brasile e tuttora è l ' orchestra numero 1 di Copacabana ; cantava e ballava una signorina di buona famiglia , pressoché debuttante , di nome Katina Ranieri ; intratteneva il pubblico , fra un ballo e l ' altro , con monologhi umoristici e barzellette , un giovane , indemoniato fantasista , magro , occhialuto , annunciato sui manifesti come « Mario Carotenuto - L ' irresistibile causeur » ; si esibiva Casoni , vestito mezzo in abito da sera femminile e mezzo in frac , il quale mandava in visibilio gli ufficiali americani , ballando un tango con se stesso , abbracciandosi , accarezzandosi . Fu appunto Casoni a presentarmi Buscaglione , torinese come lui . Mi trovai davanti , una sera , mentre i « Gai » suonavano Apri la porta , Riccardo , un giovanotto magro , dagli occhi fiammeggianti e dai capelli ricadenti sulla fronte in un ciuffo vagamente hitleriano . Suonava il piano , la tromba , eventualmente la batteria . Cantava . Sapeva « arrangiare » . All ' occorrenza , se la sarebbe cavata anche in pista , come ballerino . Fu l ' incontro di una sera , anzi di mezz ' ora , fra due whisky di dubbia origine . Nel mio locale non c ' era posto per quel giovanotto che un giorno ( chi poteva immaginarlo ? ) avrebbe avuto milioni di fans . Nell ' autunno del 1956 , quando anche in Italia dilagò , improvvisamente , la moda del juke - box , i distributori di macchine automatiche e di dischi notarono che molte monete da 50 e da 100 lire finivano nei loro ordigni in virtù di una voce strana , rauca , aggressiva , completamente diversa dal cliché nazionale , sia pure aggiornato dai primi « urlatori » di successo . Quella voce , sospesa fra il canto e la recitazione , rivelò ai patiti della musica leggera un nuovo idolo : Fred Buscaglione . Che bambola ! , coi suoi cinguettii e il suo gergo da « bulleria » periferica , si piazzò subito ai primi posti , nella graduatoria dei successi attentamente vigilata dagli editori musicali e dai fabbricanti di dischi . Pochissimi conoscevano quel bizzarro cantante - attore , dalla voce rauca , viziata , ossessiva . Per via del nome , Fred , molti credettero che si trattasse di un italo - americano : come Mike Bongiorno o Joe Di Maggio . In realtà , quel Fred , non si sa come , anziché stare per Federico , stava per Ferdinando e in America , Buscaglione , nato a Torino nel 1921 , non era mai stato . Erano stati gli americani a raggiungerlo , nell ' autunno del 1943 , quand ' era soldato in Sardegna , e preferiva divertire i commilitoni cantando alle esercitazioni di tiro e al percorso di guerra . Furono i marines statunitensi , preceduti da scrosci di bombe e immancabilmente seguiti da orchestre e da casse di whisky , a ribattezzarlo Fred , a suggerirgli lo stile « duro » , a insegnargli a bere . Aveva frequentato , quattordicenne , i corsi di violino e di viola al conservatorio Giuseppe Verdi di Torino . Dopo un biennio di scrupolosa fedeltà al « classico » , nel 1937 si accorse che la sua vera passione era il jazz . Una passione alimentata dalle riviste cinematografiche americane , dagli arrangiamenti « sinfonici » di Paul Whiteman , dai ritmi scanditi da Fred Astaire , il ballerino dai piedi di acciaio . Dopo 1'8 settembre 1943 , mentre i tedeschi si ritiravano verso la Maddalena e Olbia , per trasferirsi in Corsica , Buscaglione conquistò gli americani . Qualche settimana prima , nel penultimo « quadro » di una rivistina organizzata dal comando di Divisione per distrarre la truppa , aveva cantato Vincere : sull ' attenti , serio , su sfondo nero , illuminato da un riflettore « gentilmente » prestato per l ' occasione dal Genio fotoelettricisti . Ma non se ne ricordava già più . Ora , finalmente , era venuto il momento del boogie - woogie ( ritmo pari a giro « chiuso » ) , di Gilda , di T ' ho incontrata a Napoli . Il torinese Buscaglione assimilò presto il nuovo stile . Ritirò in gola la voce . Alzò il sopracciglio . Accentuò la strafottenza del ciuffo . Ma nonostante ciò , il venticinquenne cantante non ebbe il suo boom . Continuò a essere uno dei tanti orchestrali « con voce » da locale notturno dietro i divi di quel tempo : Nilla Pizzi , Norma Bruni , Natalino Otto , Oscar Carboni , Narciso Parigi , eccetera . Bruno Quirinetta importatore della « raspa » messicana , dominava nelle notti dell ' élite nazionale . Ci vollero dieci anni , perché il nome di Buscaglione , la sua voce ingolata e le sue trovate mimiche diventassero popolari . Dieci anni , la televisione e i juke - box . Che bambola ! , Eri piccola , Ho il whisky facile , Guarda che luna , Che notte ! , Teresa non sparare . Una serie ininterrotta di successi . Fino all ' ultima canzone : I sette spiriti . Girerà nelle macchine a gettone quando l ' autore sarà soltanto un ricordo .
A Genova due ore di battaglia ( Madeo Alfonso , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Genova , 30 giugno - Era prevedibile ed è accaduto . Per due ore e un quarto polizia e dimostranti antifascisti si sono dati battaglia per le strade in una successione drammatica di caroselli , assalti , corpo a corpo , sassaiole , manganellate , agguati , fughe , insulti , incendi , lanci di bombe lacrimogene . È difficile fare un bilancio esatto dei feriti e dei danni perché ci si è battuti ancora fino a tardi in via XX Settembre e nelle strade laterali . Cifre ufficiose parlano di cento feriti , alcuni dei quali con prognosi lunghe . Piazza De Ferrari , via Dante , via Petrarca , sebbene restituite ad una calma momentanea , stasera presentavano l ' aspetto di un campo di battaglia abbandonato dai contendenti . La fontana continua a gettare acqua , ma la vasca è ancora sporca di sangue ; l ' asfalto è coperto di sassi , pali , catenelle , piante , ruote di automobili , bossoli di candelotti , vetri ; in disparte fumigano le carcasse di tre camionette della Celere , rovesciate e incendiate dai dimostranti o scontratesi fra loro ; altre automobili bruciavano dietro via XX Settembre : macchine di privati che le avevano lasciate in parcheggio e che sono servite come barricate . L ' aria è appestata dai gas lacrimogeni e si circola piangendo , con i crampi allo stomaco e i fazzoletti sulla bocca ; le sirene delle autoambulanze ululano in continuazione . Lo spettacolo è impressionante . Ma più impressionante ancora è dover scrivere di Genova come di una città pervasa da fremiti rivoluzionari , esasperata , impazzita di indignazione , che grida : « Via ! Via ! » alle forze della Celere e ai missini , che sventola bandiere tricolori , che medica i suoi feriti , che applaude ai carabinieri , sebbene questi siano stati costretti , nella prima fase dei disordini , ad accorrere in aiuto degli agenti di PS che avevano letteralmente perduto il controllo della situazione . Come è accaduto ? Perché è accaduto ? Cosa esattamente è accaduto ? Il quadro degli avvenimenti non può essere facilmente ricostruito . Possiamo riferire quello che abbiamo visto e possiamo riferire quello che ufficialmente comunicano questura e Camera del Lavoro , in merito al numero delle vittime ( 30 fra le forze dell ' ordine , 70 fra i dimostranti ) , dei fermati , che sono una cinquantina , e in merito alla decisione di non far circolare fino a domani mattina gli autobus e i tram per timore che i dimostranti se ne servano per le barricate . Alle 14 comincia lo sciopero generale proclamato da comunisti , socialisti , repubblicani , socialdemocratici e radicali . Ma già da un ' ora prima , e forse più , Genova pullulava di uniformi militari . Davanti al Teatro Margherita - dove sabato si aprirà il 6° Congresso nazionale del MSI - e a fianco del sacrario dei Caduti della lotta di Liberazione , le autorità avevano schierato i carabinieri . Gli agenti della Celere vigilavano alla sommità del Ponte Monumentale , che sovrasta via XX Settembre , dalle finestre dei palazzi e in piazza De Ferrari , oltre che nelle vie laterali . Il sacrario era tutto coperto di fiori , deposti durante la mattinata dalle donne antifasciste di Genova , fra le quali alcune scampate ai campi di concentramento tedeschi . Ci sono anche le fotografie di alcune vittime dei fascisti . La questura , che ha autorizzato la manifestazione antifascista , ha lanciato due appelli dalle colonne dei quotidiani locali . « Sono proibiti gli atteggiamenti inneggianti al fascismo ; sono vietati gli assembramenti , salvo che non si tratti di riunioni , per le quali è stato chiesto il permesso in carta bollata da 100 lire » . Si abbassano le saracinesche . Si fermano gli autobus . I carabinieri piazzano otto camion davanti al Teatro Margherita . Si torna a raccomandare , da parte dei funzionari di polizia ai rappresentanti dei partiti , di far sciogliere il corteo davanti al sacrario . La prima corona di fiori che viene lasciata ai piedi del sacrario appartiene all ' Unione Cristiano - Sociale . Si levano battimani . Un organizzatore della manifestazione invita gruppetti di dimostranti a raggiungere il corteo che si sta formando in piazza dell ' Annunziata . Ogni tanto , sotto il ponte , sopraggiunge un ' automobile , sbarca una corona di fiori e riparte . Da Savona , che è scesa anch ' essa in sciopero , arrivano notizie confortanti : le cose si svolgono con ordine . Alle 16 il corteo sbuca in piazza De Ferrari , imbocca via XX Settembre a passo lento . In testa , gonfaloni , bandiere e scritte inneggianti alla Resistenza ( c ' è anche il gonfalone del Comune che , essendo retto da un commissario prefettizio , rappresenta il Governo : la DC si era astenuta dalla manifestazione ) ; poi un gruppetto di donne deportate in Germania ; poi i decorati , poi la moltitudine . Si canta , si battono le mani . Quanti saranno ? Migliaia . Forse trentamila . È una marea . Appena il tempo di sostare davanti al sacrario : la massa incalza . Allora i carabinieri capiscono che non è possibile rispettare gli ordini e incanalano i dimostranti verso piazza della Vittoria . Così si può constatare che tutta via XX Settembre stenta a contenere il corteo . Qualcuno fischia , passando davanti al Teatro Margherita . La maggioranza grida « Venduti ! » all ' indirizzo dei proprietari del teatro . Un cordone di dimostranti con la fascia tricolore al braccio fa siepe davanti ai carabinieri perché i malintenzionati non compiano gesti provocatori . « I carabinieri non si toccano » : è la parola d ' ordine a cui fa eco la folla : « Neppure le guardie di Finanza ! » Altri invece gridano : « Abbasso la Celere » . In piazza della Vittoria il corteo si scioglie . Molti si allontanano verso casa , quelli che erano venuti dalla periferia o dai centri vicini o da altre città . La maggioranza comincia a defluire ma , fatalmente , torna sui suoi passi . È una folla accaldata , già innervosita . Tuttavia , sfila davanti ai carabinieri e non succede nulla perché questi hanno avuto disposizione di lasciar correre se taluno , nell ' eccitazione , gli rivolge minacce o fischi . Si sa quanto possa essere irragionevole , a volte , la folla scatenata . Ma questa pare consapevole della situazione . Difatti , lungo tutta via XX Settembre non si verificano incidenti . È in piazza De Ferrari che si accende la rivolta : in piazza De Ferrari , dove si trovano i reparti della Celere . Nessuno saprà mai chi per primo ha preso l ' iniziativa . Probabilmente è bastato qualche fischio , qualche « abbasso » . Fatto è che , all ' improvviso , comincia il carosello delle camionette e un brivido percorre la folla immensa . Sono le 17.10 : l ' inizio delle « ore calde » a Genova . I dimostranti si raccolgono sotto i portici , alcuni sono rimasti bloccati intorno alla fontana dalla repentinità dell ' azione di polizia e adesso sono bersaglio degli idranti . Più tardi costoro saranno fermati o accompagnati al pronto soccorso . Un ufficiale , mentre tenta di acciuffarne uno , viene scaraventato in acqua e poi bastonato . In un baleno si organizzano le barricate , gettando le sedie del Caffè Borsa , le tende dei negozi vicini , i tavoli , i pali prelevati da un vicino cantiere di lavoro . La sassaiola si infittisce . Grida di dolore , grida di esasperazione . La folla scaccia dalla piazza la polizia che si rifugia in via XX Settembre . Anche le vie laterali sono già bloccate dalle barricate . Un fotografo viene malmenato dagli scioperanti . Si accendono falò , alimentati da cartelli e insegne pubbliche . La polizia torna alla carica . Si spara a scopo intimidatorio e un giovane si prende un colpo a una gamba . Tre , quattro barricate sorgono come d ' incanto lungo via XX Settembre : tuttavia è difficile sostenere che la cosa fosse preordinata . Poco prima , infatti , questa impressione era stata confortata dallo spettacolo dei dimostranti che , per sottolineare la loro protesta e in un certo modo annunciare come intendevano comportarsi il giorno dell ' apertura del congresso missino , si erano seduti per terra sotto il Ponte Monumentale davanti al Teatro Margherita e avevano intonato gli inni partigiani . I dimostranti non dispongono che di sassi presi qua e là . Essi sanno solo per istinto che quando le camionette attaccano è opportuno ripiegare nei vicoli . La tattica sembra producente . Appena la polizia però si ritirava , eccoli tutti all ' assalto . I gas lacrimogeni invadono piazze e vie , producendo fughe disastrose . Un candelotto mi esplode a un metro di distanza . Corro verso via Dante inseguito da due poliziotti . In via Dante la situazione è ancora più esasperata . Gli agenti hanno abbandonato le camionette , dopo che tre di esse si sono scontrate durante un carosello , e ingaggiano furibondi corpo a corpo con i genovesi . Tocca fuggire anche di lì perché non si respira , gli occhi lacrimano , la pelle brucia . Via Petrarca . Le barricate sono formate da tende verdi strappate ai negozi . Dietro una barricata brucia una camionetta e l ' odore di gomma si mescola al puzzo del gas . Ne risentono le conseguenze anche i poliziotti , dato che pochi sono muniti di occhiali da motociclisti ; la maggioranza si difende dalle esalazioni con i fazzoletti bagnati stretti fra i denti . In piazza De Ferrari i dimostranti catturano un ufficiale dei carabinieri . Subito dopo due di loro lo prendono in mezzo e , con bandiera bianca in testa , percorrono via XX Settembre , per riconsegnarlo . Un ragazzetto mi rotola fra i piedi sanguinante . Lo caricano su una camionetta per condurlo in questura . Urlano le sirene delle autoambulanze . Così per due ore e passa . Una rivoluzione senza mitra , senza morti . Finalmente , da via Dante , giunge a forte velocità una macchina scura con il segretario dell ' ANPI genovese a bordo . La macchina è preceduta da una camionetta che sbandiera un vessillo bianco . In questo momento i dimostranti sono accalcati in fondo a piazza De Ferrari . Il capo partigiano viene a parlamentare , per conto delle autorità . La folla applaude . È finita , come per miracolo . Ma è finita la prima fase soltanto , ché rimane la moltitudine rimasta al di là del Ponte Monumentale , dietro la siepe dei carabinieri di guardia davanti al Teatro Margherita . Della calma momentanea approfitta il prefetto per compiere un sopralluogo in piazza De Ferrari , accompagnato da alti ufficiali dei carabinieri . Ma , giunto a pochi passi dal sacrario , deve fare marcia indietro e dopo un po ' scompare . Dà l ' ordine di liberare tutta via XX Settembre . E giù candelotti fumogeni , giù altre manganellate . Riprendono i caroselli , riprendono pure le incursioni delle autoambulanze . Quando il campo è stato sgomberato , le autorità hanno fatto ritirare tutte le camionette della Celere . Non che questo abbia placato i genovesi , ma è bastato a contenere gli incidenti nella seconda fase entro limiti di tempo e di violenza . Alle 20.30 la calma è tornata al centro di Genova . Rimanevano solo in periferia isolate zone di disordine . Alle 21 , comunque , le « ore calde » sono finite . Alla Camera del Lavoro si è decisa la proclamazione di un altro sciopero generale nella giornata di sabato , data di inaugurazione del congresso missino ; dalle 6 alle 18 la città sarà paralizzata .
ProsaGiuridica ,
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione Re d ' Italia e di Albania Imperatore d ' Etiopia Il Senato e la Camera dei Fasci e delle Corporazioni , a mezzo delle loro Commissioni legislative , hanno approvato ; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue : Articolo unico L ' Ente di gestione e liquidazione immobiliare , istituito con l ' art . 11 del R . decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126 , convertito nella legge 2 giugno 1939-XVII , n . 739 , è autorizzato a delegare agli Istituti di credito fondiario , di cui all ' art . 12 del decreto medesimo , la gestione e la vendita dei beni immobili che a detto Ente siano attribuiti anche con provvedimenti successivi al citato R . decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126 . Gli Istituti indicati nel comma precedente sono autorizzati ad esercitare le funzioni di cui al comma stesso anche in deroga ai rispettivi ordinamenti o statuti . La presente legge entrerà in vigore nel giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno . Ordiniamo che la presente , munita del sigillo dello Stato , sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato . Dato a Roma , addì 24 febbraio 1941-XIX Vittorio Emanuele Mussolini , Di Revel Visto : ( ai sensi del R . decreto 20 febbraio 1941-XIX , n . 76 ) Mussolini
StampaPeriodica ,
Il caso di Adriano Olivetti può dirsi unico nel quadro generale della grande industria italiana , e per trovarvi un precedente nell ' industria europea del Novecento occorre risalire , come giustamente è stato già rilevato , alla grande e malinconica figura dell ' ebreo tedesco Walter Rathenau . È poco probabile che un uomo così bene informato com ' è Olivetti non abbia già fatto per suo conto una scoperta così evidente . Come Rathenau , Olivetti è figlio di un ebreo , e , come il padre di Rathenau , anche suo padre non aveva dietro di sé che una ascendenza di piccoli ebrei dediti al piccolo commercio . La vera fortuna del casato dei Rathenau comincia con Emilio , padre di Walter , e fondatore dell ' arcipotente Allgemeine Elektrizitäts - Gesellschaft , che passò al comando di suo figlio allo scoppiare della Prima guerra mondiale , così come la Olivetti , fondata da Camillo , passò nelle mani di Adriano virtualmente allo scoppiare della Seconda guerra . Ma queste coincidenze biografiche non importerebbero molto al di là dell ' informazione curiosa , se le affinità tra i due uomini non fossero più profonde e compromettenti e non c ' interessassero più da vicino . Rathenau era quel che allora si diceva un idealista , nutrito di studi e meditazioni filosofiche . Questo non gli impedì di dirigere la sua industria con mano ferma e con successo e di essere ricordato come uno dei più grandi ministri degli Esteri che abbia avuto la Germania moderna . Eppure era idealista , fino a rasentare l ' utopismo . Qual era l ' utopia o , se vogliamo , l ' ansia , l ' attesa di Rathenau ? Era l ' antica attesa ebraica dell ' avvento dello spirito in terra . E poiché era un industriale , si occupava cioè di macchine , delle cose più pesanti , sorde e prive di spirito che ci siano , da questa attività gliene veniva come un sentimento di colpa e sognava un mondo di macchine trasfigurate , divenute belle , superbe per la forza dello spirito che le avrebbe mosse . Nelle memorie di uno degli assassini di Walter Rathenau , I proscritti di Ernst von Salomon , è descritta a un certo punto una notte spesa tutta dal narratore nella lettura di un libro famoso di Rathenau : Cose avvenire . Il giovane fanatico lesse fino all ' alba , stregato dalla fredda veemenza dell ' idealista e profeta : « Era quello un libro straordinario » scrive il Salomon , « e straordinaria era la previsione che evocava : il regno del mondo meccanico e la forza dello spirito che lo preparava alle Cose avvenire » . Fu per sottrarsi al fascino di quell ' uomo , al suo idealismo , alla sua ragione , alla sua ardente democrazia , che lo uccisero . Non si può dire che da Adriano Olivetti emani immediatamente lo stesso fascino . È un conversatore stentato , scrittore difficile , spesso oscuro , i suoi modi sono estremamente cortesi ma freddi , ed è fredda , lontana , la luce dei suoi occhi chiari che guardano in un punto indeterminato al di là o al di qua della zona in cui si trova l ' interlocutore . Una conversazione uguale , illuminata da quello sguardo vago , distratto di intellettuale , che lì per lì ingenera un senso di stanchezza nell ' ascoltatore , perché sembra quasi escluderlo e ignorarlo . Ma seguendo la direzione di quello sguardo dal di fuori verso dentro , risalendo all ' ispirazione di quel parlare inceppato , arriva un momento in cui l ' ascoltatore , solo che ci metta un po ' d ' attenzione , finisce per scoprire il segreto che eccita e muove quest ' uomo . Suo padre era dunque ebreo , e un fratello di suo nonno rabbino . Sua madre era invece di fede valdese e il padre di lei pastore della stessa fede . Ma l ' ambiente familiare non basta a spiegare la tensione morale e la carica religiosa di Adriano Olivetti , o almeno l ' indirizzo che presero a un certo punto . Fu la fabbrica paterna , in quel cantuccio silenzioso del Piemonte che è il Canavese , in quell ' appartata e un po ' triste Ivrea , fu la vita e la carriera di fabbrica che egli percorse incominciando dalla gavetta come un operaio qualsiasi , ad aprirgli gli occhi sulla sua missione . Ogni industriale che abbia , come Adriano Olivetti , un ' eredità religiosa e morale così vistosa , a lungo andare finisce per sentirsi responsabile , per la parte che gli tocca , delle brutture del macchinismo moderno , e si sforza di riscattarle in una maniera o nell ' altra . Ma , nella misura in cui tale riscatto non si riesce a realizzarlo o si realizza imperfettamente , egli si sente oscuramente in colpa e in debito verso lo spirito . Nella polemica antimacchinista che si trascina da più di un secolo , le macchine , e tutto ciò che ad esse è legato , sono responsabili : di essere brutte , di deprimere la gioia di vivere e l ' originalità vitale degli uomini che ad esse accudiscono , e di incoraggiare l ' avidità e la grettezza degli uomini che da esse traggono i maggiori profitti . Per riscattarle da queste terribili accuse la parte più progredita e progressiva dell ' industria moderna spende il meglio delle proprie forze e della propria inventiva . Adriano Olivetti è certamente nella pattuglia di punta di questa avanguardia industriale . Egli crede , e non immagina neppure che un uomo moderno possa pensare diversamente , che un oggetto il quale ubbidisca perfettamente allo scopo cui è destinato non può non essere bello . Il primo dei suoi articoli di fede nella costruzione delle sue macchine per scrivere è dunque questo : l ' armonia del prodotto in vista del suo fine , e l ' armonia di ciò che a quel prodotto s ' ispira e che quel prodotto serve , infine l ' armonia reciproca di tutti gli elementi che costituiscono il ciclo della produzione . Non è vero che le macchine siano brutte in se stesse . Esse saranno belle , bellissime se l ' architetto che ne immaginerà la linea s ' ispirerà agli stessi criteri di armonia cui ubbidisce un architetto di genio nel disegnare il progetto di una chiesa . Così , a forza di pretendere rigore e armonia funzionali dai suoi disegnatori , egli è riuscito a costruire una macchina per scrivere , la Lexicon 80 , che ora è esposta nel Museo d ' Arte Moderna di New York , come uno dei prodotti significativi della civiltà industriale di oggi . E non è neppure vero che i muri di una fabbrica non possano essere che squallidi e tristi . La facciata del fabbricato principale della Olivetti a Ivrea , un ' immensa vetrata di non so più quante migliaia di metri quadrati di cristallo che riflettono i monti circostanti e le nevi azzurrognole , e che parve persino una sfida al buon senso quando fu innalzata , non solo allieta e illumina la vita degli operai che lavorano lì dentro , ma fa più lieto persino il paesaggio che vi si riflette dentro . Così è dei mobili , così della pubblicità Olivettí citata ad esempio nelle più grandi riviste della produzione , come l ' americana , autorevolissima « Fortune » . In questa concezione unitaria di riscatto della macchina dalla sua originaria bruttezza rientra anche l ' ufficio letterario della Olivetti , che dà gli slogans alla pubblicità e i nomi alle macchine : Lexicon 80 , Studio 42 , Lettera 22 , Divisumma , Multisumma . E , per quanto è nelle forze di un imprenditore moderno e nei limiti del bilancio aziendale , Adriano Olivetti fa di tutto per smentire la pessima fama che hanno la macchina e la fabbrica di deprimere l ' autonomia individuale e la gioia di vivere . Le ultime case costruite per gli operai della fabbrica posseggono persino un garage per appartamento , oltre all ' orto e allo spiazzo per farvi giocare i bambini . Il nuovo quartiere possiede anche l ' asilo , la scuola elementare , la palestra , il cinematografo , un circolo culturale ricreativo , l ' ambulatorio , la chiesa , due giardini destinati al gioco dei bimbi , attrezzature sportive ecc. Le biblioteche Olivetti sono tre , la tecnica , la ricreativa e la culturale , quest ' ultima soltanto con tredicimila volumi ; schedari modernissimi , bollettini bibliografici , conferenze divulgative , scaffali delle novità . Senza parlare degli spettacoli teatrali , delle mostre d ' arte . Chi vuol salvarsi l ' anima in un ambiente siffatto ha tutte le occasioni e í mezzi per farlo . Gl ' intellettuali della Olivetti lo dicono esplicitamente : « Portare un operaio da Salgari a Tolstoi equivale in realtà a salvare un ' anima » . Si bada a tutto e a tutti i bisogni e persino capricci . I francobolli dei paesi forestieri sulle lettere che affluiscono ogni giorno a centinaia da ogni parte del mondo alla centrale di Ivrea sono messi a disposizione del centro filatelico e praticamente dei collezionisti . Ci sono poi le scuole Olivetti per sollecitare , scoprire , avviare , formare i nuovi tecnici , per « inventare gli uomini » , come ama dire Adriano , prendendoli un po ' dappertutto , nella fabbrica e fuori , e c ' è l ' assistenza alle madri e ai bambini , ci sono i prestiti senza interesse , le sovvenzioni gratuite e tutto il resto . Ma se , malgrado tanti sforzi , malgrado che si chiamino a raccolta ad Ivrea poeti pitagorici dall ' Italia meridionale e pittori neorealisti da Roma , e astrattisti da Milano e seguaci intransigenti dell ' architettura organica e tecnici di urbanistica dell ' avvenire , e sociologi , se malgrado tutto ciò , il riscatto della materia , della macchina da parte dello spirito rimane imperfetto , e nella misura in cui rimane imperfetto , quel sentimento di colpa si rifà vivo in un uomo con una sì forte carica morale e religiosa come Adriano Olivetti , che fare allora ! La Olivetti è la più grande fabbrica europea di macchine per scrivere od affini . Produce attualmente quasi duecentomila macchine in un anno e il settanta per cento di esse è destinato all ' esportazione . Più di cinquemila sono i dipendenti , di cui un migliaio tra impiegati e tecnici di concetto . Ma i profitti dell ' impresa non vanno tutti a ingrossare il conto personale di Adriano Olivetti . Solo un decimo dell ' azienda gli appartiene . Camillo Olivetti ebbe sei figli , tre maschi e tre femmine , e ad essi , morendo , lasciò il sessanta per cento delle azioni della società , diviso in parti uguali . L ' altro quaranta per cento è posseduto da duecento azionisti . Ma anche quel decimo dei profitti che finisce in tasca di Adriano Olivetti ne esce quasi subito e quasi tutto per tenere in vita il movimento di Comunità , la rivista « Comunità » , le edizioni di Comunità , per creare nuovi centri comunitari , oltre a quelli che già esistono nel Canavese , a Roma , a Napoli , centri di attività spontanea ma svolta in comune per smentire l ' accusa più grave che si fa al tempo nostro , di non saper conciliare le esigenze della vita individuale con quelle della vita collettiva . Così corre di qua e di là questo curioso missionario , questo curioso presidente e amministratore delegato di una delle più grandi industrie europee , con un piede nell ' impossibile e un altro nella più rigorosa realtà . Olivetti corre , da presidente dell ' Istituto italiano di urbanistica , a Matera per dare agli sbalorditi cavernicoli di quella città abitazioni razionali , costruite cioè secondo il loro paesaggio e il loro lavoro ; corre , da democratico per la vita e per la morte , a Roma per intendersi con gli amici politici , per consigliare , per incoraggiare , per sovvenzionare nella lotta per la vita e per la morte che la democrazia conduce in questi giorni ; corre , da innamorato filosofico del Sud e del mare , a Napoli e a Sorrento per scoprirvi l ' armonia degli antichi . L ' unico posto dove lo si vede poco è alla Confindustria . Vi fa parte perché non può farne a meno , ma non ne condivide gli indirizzi generali e meno che mai la politica . Del resto se la fa pochissimo con gli altri grandi industriali del Nord , e molti di essi li ha conosciuti di persona soltanto in occasione del recente congresso di New York al quale convennero i rappresentanti più cospicui dell ' industria europea . Nei quadri della nostra industria è l ' uomo che sta più a sinistra o che più detesta le formazioni di destra . Vede piuttosto nero nell ' avvenire , non perché ci siano troppi fascisti nel Sud ma perché essi trovano tanto conforto nel Nord . Nel Nord credono di essere furbi confortando all ' uso antico i fascisti del Sud . Sono invece ciechi e sciocchi . Insidiano la democrazia . « Non si rendono conto che il salvataggio della democrazia è l ' unica via di progresso , e diciamo pure , di conservazione di un modo di vita » .