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La società delle bocche cucite ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
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Quando , nella primavera del 1956 , la mafia volle fare intendere a don Carmelo Napoli che per lui era arrivato il momento di « pensare alla salute » , gli spedì un pacco postale contenente una testa di cane . Don Carmelo , impresario di pompe funebri , fioraio e maneggione in diverse « partite » , capì subito la portata dell ' avvertimento : « Se continui a mordere e ad abbaiare , farai la stessa fine » . Il tarchiato necroforo era quel che i palermitani chiamano « uomo di pancia » : poco disposto a lasciarsi intimidire o spaventare . Gettò la testa nel pozzo nero e attraverso l ' impalpabile telegrafo dei bassifondi fece sapere a quei « cornuti ammazzacani » che avrebbero avuto molto filo da torcere , prima di farla da padroni nella zona dei Mercati generali . Ma quindici giorni dopo , mentre don Carmelo se ne stava placidamente seduto nei pressi del suo negozio , in pieno giorno , in uno dei vicoli più centrali e popolati della vecchia Palermo , alcune lingue di fuoco saettarono dallo sportello di un ' utilitaria e gli saldarono il conto . La salma di don Carmelo era da poco tumulata , quando Tanuzzo Galatolo , « pezzo duro » del quartiere l ' Acquasanta , fu avvicinato per strada da un bambino scalzo e spettinato , il quale gli mise in mano una scatoletta dicendo : « Don Gaetano , cinquecento lire mi diedero perché ve la consegnassi » . « Chi fu , a incaricarti ? » , chiese Galatolo , rigirandosi in mano la scatola . Il bambino strinse le spalle , alzò gli occhi al cielo , allargò le braccia e tirò via di corsa . La scatoletta di cartone era di quelle che normalmente contengono fermagli metallici per riunire documenti ; ma Galatolo vi trovò soltanto tre noccioli d ' oliva ben ripuliti . Io e voi avremmo pensato a uno scherzo . Invece , il « ras » dell ' Acquasanta si accigliò . Se fra gli innamorati dell ' Ottocento esisteva un linguaggio dei fiori , nel mondo della mafia esiste un linguaggio dei noccioli : « Non ti resta altro da succhiare , compare . Mettiti l ' anima in pace » . Ventiquattro ore dopo , dietro i cancelli del mercato ortofrutticolo , Tano Galatolo cadde nel suo sangue . Testa di cane , noccioli d ' oliva , pettine rotto , lampadina fulminata ( i morti non hanno bisogno di luce ) , zampa di gatto , altri oggettini insignificanti , bastano ad annunciare le condanne capitali decretate dalla mafia . O meglio : da una « cosca » ( vale a dire « gang » ) di mafiosi decisi a sopprimere i membri di una « cosca » concorrente . Guerriglia interna . Quando , invece , la vittima designata non appartiene all ' « onorata famiglia » ( e in questo caso i « picciotti » incaricati dell ' esecuzione prendono ordini « dall ' alto » ) , è inutile farsi precedere da simboli di quel genere . Non verrebbero capiti . Per mettere sull ' avviso un « babbo » , un « babbeo » , cioè , estraneo alla « società » , e intimargli di non ficcare il naso in un certo affare , basta una visita della « masticogna » . Un certo giorno , un tipo in berretta qualsiasi suona alla porta della persona da mettere « a posto » , oppure la ferma per strada . Con aria molto deferente , quasi con umiltà , le tiene un discorsetto di questo genere : « Vossia deve farci un piacere . Non deve più intricarsi ( interessarsi ) di quell ' appalto » . Oppure : « Vuole un consiglio , voscenza ? Per qualche tempo non si faccia più vedere dalle nostre parti . C ' è gente molto nervosa » . Poche parole , formalmente inoffensive , tutt ' altro che minacciose , ma pronunciate con una tecnica speciale : una ben staccata dall ' altra , con forza , come se fossero altrettanti bocconi duri da masticare ( l ' espressione « masticogna » lo dice ) . Fu per uno di quegli « avvertimenti » angosciosi che Giuseppe Intravaia cambiò improvvisamente umore , nel novembre del 1953 , prima di sparire in modo tanto misterioso ? Intravaia era nato nel luglio del 1910 . Al momento della scomparsa , aveva da poco compiuto 43 anni . Bruno , distinto , vestito con una certa eleganza , capace di parlare e scrivere correntemente l ' inglese , il francese e il tedesco , nessuno avrebbe immaginato le sue origini modeste , gli umili mestieri della sua gioventù . Invece , a quindici anni , con addosso i suoi primi calzoni lunghi , era andato a lavorare in Inghilterra , come fattorino di albergo . Giuseppe Intravaia era preciso , ordinato , sentimentale . Annotava tutto su rettangolini di carta che portava in tasca , e ogni sera ricopiava quegli appunti su grossi quaderni . Con la moglie , Ninfa Grado , ch ' egli chiamava sempre Ninfina o Ninfuzza , era un marito perfetto . Idolatrava il figlio Piero , che nell ' autunno del '53 aveva otto anni , al punto che un giorno aveva detto alla moglie : « Stanotte ho sognato che il nostro bambino aveva venti anni e partiva per fare il soldato . Anche nel sonno , ho provato un dolore insopportabile . Ho deciso . Quando Piero andrà militare , noi andremo ad abitare nella città dove lo destineranno , per averlo vicino » . Cameriere di bordo sui bastimenti della Tirrenia , Intravaia si era pian piano elevato . Per alcuni anni aveva lavorato , in posizione assai modesta , con alcune ditte esportatrici di agrumi di Palermo . Finché non diventò uno dei maggiori esponenti di un importante « consorzio agrumario » in provincia di Messina . Nel maggio del 1952 , l ' Assessorato per l ' Industria e il Commercio della Regione siciliana lo nominò suo rappresentante ufficiale alle fiere di Nuova York e di Toronto , nel Canada . Restò al di là dell ' Atlantico circa due mesi . Forse , quel viaggio segnò nella sua vita ordinata e tranquilla una svolta fatale . Il 5 ottobre 1953 , Giuseppe Intravaia partì da Monreale . Era uno dei soliti viaggi di affari , per conto del Consorzio produttori Torrenova , con sede a Sant ' Agata di Militello . Viaggi che spesso lo portavano anche all ' estero : tanto da fargli ottenere con facilità il passaporto per tutti i paesi del mondo , compresa la Russia . Partì con due valigie e , come sempre , l ' ombrello ben arrotolato nella foderina di seta : come da ragazzo aveva visto in Inghilterra . Si fermò alcuni giorni a Messina , quindi proseguì per Genova . Era di umore perfettamente normale . A Genova , Intravaia sbrigò diverse faccende , appoggiandosi a un certo Catalano , suo corrispondente d ' affari . Verso il 15 ottobre , si trasferì a Basilea , dove , oltre ai commercianti che riforniva di agrumi , avvicinò due famiglie di turisti , conosciute nell ' estate del '52 a Giacalone , villeggiatura nei dintorni di Monreale . Ritornò a Genova il 31 ottobre 1953 . Ed è a cominciare da quel giorno che la sua figura si appanna ; acquista , attraverso qualche lettera scritta alla moglie e poche , vaghe testimonianze , un che di enigmatico , d ' inafferrabile . Al rientro dalla Svizzera , Intravaia appariva preoccupato . Quando il Catalano gli chiese se avesse qualche fastidio , qualche pensiero molesto , raccontò che durante la sua permanenza a Basilea si era fatto visitare da un buon internista , il dottor Erich Goldschmidt , della Friedrichstrasse , il quale gli aveva prescritto una certa dieta . Si trattava di una malattia grave ? No : qualche disordine all ' intestino ; ma non era , comunque , una cosa allegra . Eppure , agli occhi di Catalano , il commerciante di Monreale aveva un ' aria troppo triste e abbattuta , per essere spiegata a quel modo . Soltanto una diagnosi gravissima , addirittura infausta , avrebbe potuto giustificare i lunghi silenzi , le fissità distaccate di Giuseppe Intravaia . Cinque o sei giorni dopo , Intravaia decise improvvisamente di andare alla Spezia , dove abitava un fratello della moglie , l ' ingegner Grado . Prima di prendere il treno , con le due valigie e il fedele ombrello , chiese al Catalano un prestito di 40.000 lire . A Basilea aveva speso più del previsto ( soltanto al dottor Goldschmidt aveva versato un onorario di 220 franchi ) , ed era rimasto a corto di fondi . Conoscendo con che ordine scrupoloso l ' amico fosse solito organizzare la propria vita , Catalano restò alquanto sorpreso da quella richiesta . Alla Spezia , come d ' abitudine , Intravaia fu ospite del cognato ingegnere . Durante i suoi viaggi stagionali , passando da quelle parti , una breve sosta in casa dei parenti era solito farla . Quella volta , invece , si fermò a lungo . Pareva indeciso , restio a muoversi , quasi insabbiato . Spesso , a tavola , restava con gli occhi inchiodati alla finestra . Intanto , a Monreale , un giorno della prima decade di novembre , avvenne un fatto curioso . Un noto commerciante di agrumi palermitano si presentò all ' abitazione dell ' Intravaia , in via Veneziano , e chiese alla signora Ninfa di consegnargli alcune cose appartenenti al marito : un assegno di 125.000 lire , due libretti di risparmio al portatore , uno con 490.000 lire , l ' altro con 24.000 , e la chiavetta della cassetta postale n . 37 , di cui l ' Intravaia era titolare da un paio d ' anni . La signora , sapendo che il commerciante in questione aveva continui rapporti d ' affari col marito assente , non ebbe alcuna difficoltà a soddisfare la richiesta . Solo più tardi , ripensandoci , la trovò strana . I1 visitatore le aveva detto che quella roba andava subito spedita alla Spezia , su richiesta del marito . Ma a parte il fatto che Peppino avrebbe potuto rivolgersi direttamente a lei , per la quale non aveva mai avuto segreti : cosa poteva farsene , alla Spezia , di due libretti al portatore accesi sulla filiale palermitana della Commerciale , e soprattutto della chiavetta corrispondente a una cassetta postale lontana più di mille chilometri ? Il 23 novembre , ancora ospite del cognato , Giuseppe Intravaia ricevette dalla Sicilia una lettera azzurra . Con la sua calligrafia da terza elementare , il figlio Piero lo informava di essere indisposto . Una leggera febbre influenzale lo costringeva a letto da qualche giorno . Il commerciante scrisse immediatamente alla moglie un espresso , chiedendo particolari sulla malattia del bambino . Tre giorni dopo , il 26 novembre , giunse un telegramma di risposta : il piccolo Piero si era completamente rimesso . Ricevendo una notizia del genere , Intravaia avrebbe dovuto , logicamente , rallegrarsi . Senonché , in quel telegramma , vi era un particolare molto strano : non era firmato dalla signora Ninfa , e nemmeno da qualche altro parente più o meno prossimo . Era stato spedito e firmato da una ditta di agrumi con la quale Giuseppe Intravaia aveva avuto spesso rapporti d ' affari . Dopo quel telegramma , il commerciante , anziché apparire soddisfatto , sembrò colto dal panico , dall ' ansia di partire , di precipitarsi a casa . Infatti , la sera di quello stesso 26 novembre , prese il treno , con le sue valigie e l ' immancabile ombrello , ben stretto nella fodera . Il pomeriggio del giorno seguente , alle 7 , a Napoli , Intravaia si imbatté per caso in un cugino che da tempo non vedeva : il dottor Candido , commissario di Pubblica Sicurezza . Restò in sua compagnia circa un ' ora . Rifiutò fermamente un invito a cena , non accettò neppure un caffè , dicendo che il medico glielo aveva proibito . Qualche minuto dopo le 8 , si congedò dal cugino : « Scusami , ma debbo andare d ' urgenza alla posta per spedire un telegramma » . Aveva un ' espressione pensosa , preoccupata . Si allontanò giù per via Toledo a passi frettolosi . Il dottor Candido lo seguì un momento con lo sguardo . Fu l ' ultima persona al mondo che vide con certezza Giuseppe Intravaia . Perché la forma umana intravista qualche ora dopo , dal colonnello di Finanza in pensione Calogero La Ferla , in una cabina a due cuccette , a bordo della nave Città di Tunisi , poteva essere l ' Intravaia , ma anche tutt ' altra persona . La città di Tunisi , in servizio di linea fra Napoli e Palermo , salpò in perfetto orario , alle 20.30 del 27 novembre 1953 . Sul libro del commissario , la cabina di seconda classe n . 19 risultava occupata dal colonnello La Ferla e dal « commissionario » d ' agrumi Giuseppe Intravaia . Un cameriere di bordo sistemò in un angolo della cabina due grosse valigie e un ombrello strettamente arrotolato . Il colonnello in pensione , settantacinquenne , si coricò presto : prima che il compagno di viaggio si facesse vedere . I vecchi hanno il sonno leggero . Durante la notte , un certo tramestio svegliò l ' ex - ufficiale . Fra le palpebre socchiuse , vide un ' ombra che stava frugando febbrilmente in una valigia . « Si sente male ? » , chiese , a mezza voce , il colonnello . « Non posso dormire » , borbottò l ' ombra , rimise a posto la valigia ed uscì . La mattina dopo , all ' attracco di Palermo , nessuno ritirò le due valigie e l ' ombrello dalla cabina 19 . Quegli oggetti restarono lì un paio di giorni , finché un cameriere non li mise in un ripostiglio fra le cose dimenticate . Qualche giorno più tardi , quando la signora Ninfa , disperata , segnalò alla polizia l ' inesplicabile sparizione del marito , le valigie tornarono alla luce e furono rovistate . In mezzo alla biancheria da lavare , il commissario di P . S . in servizio portuale trovò due passaporti intestati a Giuseppe Intravaia , uno scaduto , pieno di visti di frontiera , l ' altro rinnovato , con un visto di espatrio per la Svizzera , in data 16 novembre 1953 . Partendo dalla Spezia , Intravaia aveva con sé due vestiti : uno marrone e uno grigio , nuovo , acquistato a Basilea . Aveva un impermeabile e un cappotto . In una delle due valigie , fu trovato il vestito marrone , e sotto di esso un campione di stoffa grigia corrispondente all ' abito acquistato in Svizzera . Dell ' impermeabile e del cappotto , nessuna traccia , né in valigia né altrove . In una valigia , fu trovato un guanto di pelle marrone . Il destro , Intravaia aveva tre dita della mano sinistra mutilate delle falangi superiori , perse in un incidente giovanile . D ' estate era solito applicare puntali di gomma ai moncherini del pollice , indice e medio della sinistra . D ' inverno portava i guanti . Dov ' era finito il guanto sinistro , che Intravaia , uomo ordinatissimo , si sfilava immancabilmente prima di coricarsi e riponeva , assieme all ' altro , sempre nel medesimo posto ? E se quella notte non si era coricato , perché il guanto destro , scompagnato , era rimasto chiuso in valigia ? In una delle sue valigie , fu rinvenuto anche un pezzetto di carta con su scritto : « Vado a Palermo per vedere mio figlio » ; sul retro , due cognomi : quello di un commerciante d ' agrumi napoletano e quello di una personalità politica isolana . Suicidio ? Come crederlo , con tutta la fretta che Intravaia aveva di rivedere il suo bambino ? E da Napoli , appena lasciato il cugino commissario di P . S . , non aveva forse telegrafato a un amico di andarlo a prendere all ' arrivo della città di Tunisi ? Amico che , peraltro , pur avendo ricevuto il telegramma diverse ore prima che la nave entrasse in porto , non si recò all ' appuntamento . Incidente ? Giuseppe Intravaia aveva fatto il militare nella Marina da guerra , per alcuni anni era stato cameriere sui piroscafi . Aveva dimestichezza con la vita di bordo , con le scalette , i boccaporti , le murate . Poteva finire in acqua , per una svista , tanto più che il mare , quella notte , era liscio come l ' olio ? Qualche tempo dopo la sua misteriosa sparizione , risultò che il modesto « commissionario » di agrumi Intravaia aveva conti piuttosto rilevanti intestati a suo nome in diverse banche della Siria , del Canada , di Londra , di Berna ; numerosi libretti di risparmio accesi in cinque o sei banche italiane ; grossi crediti esigibili da commercianti siciliani , napoletani , genovesi , svizzeri . Due valigie , un ombrello . Un vestito marrone , un po ' di biancheria sudicia , un guanto scompagnato . Un ' ombra nella notte , intenta a cercare qualcosa in una valigia . Un vecchio colonnello in pensione che si riaddormenta , cullato dalle vibrazioni dello scafo . Un bambino di otto anni , una moglie affranta , che ripete ancora , dopo cinque anni : « Il mio Peppino è stato ucciso ! » . Come , da chi , perché ? Dove finì la chiave della cassetta postale n . 37 ? Perché qualcuno si presentò a ritirarla ? Perché il telegramma del 26 novembre 1953 , rassicurante circa la salute del piccolo Piero , non era firmato , come sarebbe stato naturale , dalla signora Intravaia , ma da gente estranea alla famiglia ? Un telegramma tranquillizzante che mise in agitazione il destinatario . Questa è la storia romanzesca di Giuseppe Intravaia , l ' uomo che sparì , una notte del novembre '53 , come una bolla di sapone . Una storia già velata dalla polvere dell ' archivio . Una delle tante . È difficile non sentirvi , come un alito freddo , la presenza implacabile delle « bocche cucite » . Lunedì scorso , 13 ottobre , all ' imbrunire , in via dell ' Addolorata , a Corleone , è stato ucciso Carmelo Lo Bue . Non valsero i pattugliamenti straordinari dei carabinieri , su e giù per le antiche strade , sassose come torrenti in secca , a ritardare il suo appuntamento con la morte . Era nipote dell ' ottuagenario capomafia Calogero Lo Bue , sostituito tre anni fa dall ' italo - americano Vincent Collura , che fu « impiombato » nel febbraio del '57 . Tutto ciò non serve ad arrestare il « tritacarne » della mafia , e neppure a rallentarlo di un giro . La testa calva di Carmelo Lo Bue è rimasta a biancheggiare sui sassi grigi , al momento prestabilito . La sera del 13 ottobre , dopo l ' Avemaria , nella luce fiacca proiettata dalle botteghe , la gente di Corleone ha formato í soliti capannelli bisbiglianti . Come sempre , quando il paese è « fresco di morte » , le donne , vecchie e giovani , in lutto cronico , parlottavano voltando le spalle alla strada ; perché è bene , in certi casi , che le « femmine » non vedano quello che « sta capetando » . Scene uguali , la medesima atmosfera greve e sinistra , lo stesso « scirocco morale » fecero seguito a migliaia di omicidi , nell ' ultimo mezzo secolo . 11 17 maggio 1915 , quando l ' autore accertato o presunto degli ultimi delitti , Luciano Liggio , era ancora assai lontano dal nascere , i corleonesi si riunirono a commentare , senza muovere le labbra , l ' uccisione di Bernardino Verro , organizzatore di cooperative agricole . Anche allora , 43 anni fa , i rintocchi dell ' Avemaria si erano appena smorzati . Giovani siciliani di leva e anziani richiamati , crucciati nel grigioverde , si preparavano a fare la guerra . Nel cielo di tutto il mondo si addensava una bufera di sangue . Ma le « coppole storte » della mafia , obbedienti soltanto alla loro « legge » , avevano un solo obbiettivo : Bernardino Verro . Novembre 1918 . Anche nei più remoti villaggi della Sicilia , le campane squillanti a doppio salutarono l ' armistizio . Decine e decine di milioni di uomini , in venti nazioni , festeggiarono la pace . Ma nei dintorni di Corleone , proprio quel 4 novembre , due sicari silenziosi e duri , incuranti d ' ogni altra cosa , aguzzavano gli occhi d ' onice sulla curva solitaria di una certa trazzera . Aspettavano al varco Antonio Barbaccia . Barbaccia , da una decina di giorni , stava aspettando , con antica rassegnazione , la morte . La incontrò quel pomeriggio . Stramazzò mentre le campane del suo paese annunciavano la fine del primo macello mondiale . Né guerra , né pace , né passo di pattuglie , né lacrime di figli , né suppliche di madri , né interpellanze alla Camera : nulla può arrestare gli « uccisori » della mafia , quando arriva il momento di colpire . Forse non sono neppure feroci , nemmeno crudeli . Sono soltanto dei « robot » , la cui intima freddezza contrasta coi ciuffi meridionali e il lampeggiare degli occhi mediterranei . Forse , sotto un ' apparenza calda , meridionale , conservano fredde gocce di sangue normanno , o impassibili globuli di sangue levantino . I « grandi capi » del gangsterismo siculo - americano , a Chicago e Nuova York , tristi e laconici sotto pesanti cappelli di feltro garantito , da cento dollari , non hanno più nulla di latino . Marciano , implacabili , fra due taciturne guardie del corpo , come cavalieri di un ' Apocalisse moderna . Il vento dell ' enorme miseria patita in gioventù li spinge alle spalle . Impararono l ' uso del gabinetto a vent ' anni , spesso più tardi . Offrono a « bambole » come Virginia Hill , Liz Renay o Hope Dare , collane di diamanti degne di una regina , sanno perdere al gioco cifre colossali senza scomporsi ; lasciano cinquanta dollari di mancia ai camerieri del Morocco : ma continuano a chiamare il gabinetto « bacauso » . Perché í loro nonni e padri , quando arrivarono in America , non conoscevano altro gabinetto che il terreno incolto « dietro casa » Back - house . La ricchezza e la miseria generano , in modo diverso , la stessa solitudine . Non hanno patria . Obbediscono soltanto a due leggi : « fai paura » o « aver paura » . Tutto il resto , per le « coppole » di Corleone per i « feltri » di Nuova York , è riempitivo . Il delitto di Corleone del 13 ottobre , attribuito alla solita disparità d ' interessi fra i soci vivi e defunti dell ' « azienda armentizia » di Piano Scala , è la controprova , se ve ne fosse bisogno , che il regno della mafia attorno a Palermo , Caltanissetta , Agrigento e Trapani , è più forte che mai . Pensare di poterlo liquidare con le solite , vetuste repressioni poliziesche , con le deportazioni in massa , i blocchi permanenti , le leggi straordinarie ( si potrebbero anche chiamare « illegalità » eccezionali ) di cui andava impettito il prefetto Cesare Mori , fiero di aver mandato alle isole anche i bambini di dieci anni , sarebbe follia più che ingenuità . La mafia è , prima di tutto , in Sicilia come negli Stati Uniti , uno strumento troppo utile per soccombere ai risentimenti moralistici e alle operazioni della burocrazia militare . Dietro le spalle del funzionario o del generale incaricato di drastici provvedimenti possono maturare intese e accordi a più alto livello . Nel 1927 , mentre Cesare Mori , in giacca di fustagno e stivali gialli , polverizzava intere popolazioni , mute di sgomento e gialle di malaria , Mussolini strizzava l ' occhio ai grandi mafiosi , già muniti di tessera e scudetto . Il Machiavelli di Predappio , individuate le profonde infiltrazioni dell ' « onorata società » fra gli emigrati siciliani in Tunisia , stava servendosene per introdurre clandestinamente nell ' Africa Occidentale francese armi e munizioni , da impiegare in un ' eventuale rivolta filo - italiana . Attraverso la stessa identica rete di collegamenti che oggi alimenta il traffico delle sigarette americane e degli stupefacenti , gli agenti segreti di Mussolini riuscirono a piazzare nelle cantine di Tunisi e Biserta 30.000 moschetti , 12.000 pistole , 3 milioni di proiettili , 90 mitragliatrici e 3000 bombe a mano . Le spedizioni , in un ' atmosfera da scoglio di Quarto , partivano perlopiù da Trapani , Gela e Licata . È inutile dire che molte delle armi destinate alla nostra riscossa mediterranea restavano regolarmente in Sicilia , a sostituire gli arsenali sequestrati da Cesare Mori . Nel 1945 , quando i baroni crearono l 'E.V.I.S . ( Esercito Volontario Indipendenza Siciliana ) , spendendo più parole che quattrini , un nobiluomo palermitano si ricordò di avere ancora , nascoste in una villa di campagna , diverse armi sottratte ai carichi « irredentistici » di trenta anni fa . Per quanto un po ' muffite , Concetto Gallo , generale in seconda dell ' indipendentismo ( il primo , sulla carta , era Giuliano ) , le distribuì alle reclute in addestramento al Quartier Generale di San Mauro , sopra Caltagirone . Anche Mussolini , fautore di una « politica solare » , ripulitore di angolini , antepose la ragion politica alla distruzione radicale della mafia . E come lui , dopo di lui , l ' opportunismo politico , variamente colorato , spinse alcuni esponenti democratici della Sicilia occidentale a compromessi e patteggiamenti , più o meno segreti , coi capi delle « bocche cucite » . Ognuno per conto proprio , fingendo d ' ignorare le rispettive manovre , i candidati alle elezioni del '46 , del '48 e via dicendo , strinsero accordi coi medesimi « pezzi da 90» : distributori di voti « ciechi » , trasferibili , a decine di migliaia e con un semplice cenno , da un capo all ' altro dello schieramento elettorale . Prezzo dei voti , la promessa di favoritismi , vantaggi economici , tolleranza e impunità . Nel 1924 , in un famoso comizio per le elezioni di Palermo , Vittorio Emanuele Orlando dichiarò pubblicamente di apprezzare le « virtù virili » e le « alte qualità umane » dei mafiosi . Tali accenti suscitarono , allora , alte polemiche . Ma tutto sommato , malcostume a parte , le condizioni economiche e gli interessi prevalentemente agricoli dell ' Isola mantenevano le collusioni fra politici e mafia a un livello piuttosto modesto , a proporzioni paesane , di « cosca » e di famiglia . D ' altra parte , il gioco delle « clientele » elettorali era diffuso e scontato in tutto il Meridione . Anche nella Sicilia orientale , dove la mafia non ebbe mai radici , l ' influenza dei baroni creava o distruggeva , spesso a capriccio , la fortuna di un uomo politico . Celebre il caso di due candidati , Crisafulli Mondio , agrario , e di Cesarò , democratico sociale , ambedue condizionati dall ' appoggio del barone locale . Costui disponeva di 2999 voti . Si trovava in grande imbarazzo circa la loro assegnazione : non già per scrupoli di natura politica , ma perché i due gli erano egualmente cari e simpatici . Tagliò la testa al toro , una settimana prima delle elezioni , disponendo , tramite campieri , massari e uomini di fiducia , che 1499 voti andassero a un candidato e 1500 all ' altro . Oggi la mafia è assai diversa da quella che sosteneva alle urne Vittorio Emanuele Orlando . L ' aiuola siciliana produce frutti assai più ghiotti di quelli di una volta . Molti zeri si sono accodati alla cifra del reddito regionale . L ' « onorata società » , trasferitasi negli Stati Uniti , ha frequentato l ' università di « Tammany Hall » , centrale siculo - americana del partito democratico a Nuova York ; ha guardato a fondo nel meccanismo politico - mercantile del Paese più ricco e sanguigno del mondo ; ha imparato come si « controlla » un sindacato , un grande porto , come si può legare una fabbrica di abiti o di motori a una catena di alberghi o di case da gioco . Ha imparato , soprattutto , a maneggiare e impiegare il danaro con estrema disinvoltura : considerandolo un mezzo e non un fine . Ecco perché , attualmente , i legami fra la mafia e certi uomini politici dell ' Isola sono più pesanti e complessi ; ecco perché , prevedendo l ' aggravarsi di una situazione già purulenta negli anni dell ' immediato dopoguerra , la rivista « dossettiana » « Cronache Sociali » , già citata nel corso di questa rapida inchiesta , incitava caldamente la classe dirigente siciliana a sganciarsi dal vecchio carro , ad abbandonare le tradizionali combutte . L ' esortazione , oggi come oggi , è ancora più valida . Mai come in questo momento , mentre le sue antiche strutture economiche e sociali si stanno rapidamente evolvendo , la Sicilia ebbe necessità di rinnovare il proprio quadro sociale . Ciò che purtroppo non avvenne circa un secolo fa , con lo sbarco di Garibaldi , e l ' avvento dell ' unità nazionale affrettato dal forcipe franco - inglese , in funzione antitedesca , è oggi in via di realizzazione . Dal bozzolo confuso di una terra contadina e pastorile , allagata di solitudini e di silenzi , umiliata dalla trascuratezza dei governi , sta per uscire una farfalla industriale . L ' emancipazione delle province orientali , Messina , Catania , Siracusa , va estendendosi verso occidente . Se in questo processo di trasformazione , una vasta , profonda e coraggiosa revisione del costume politico non estrometterà dalla vita pubblica dell ' Isola l ' influenza corruttrice della mafia , l ' antica peste feudale s ' impossesserà delle fabbriche , delle miniere , degli uffici , dei trasporti , degli appalti . Dopo le paure di un Medioevo agrario , i siciliani conosceranno i terrori di un Medioevo industriale . Più forte di qualsiasi partito o corrente di partito . La Sicilia è una terra antica e generosa . La sua popolazione , cinque milioni di individui , un decimo di quella italiana , è il prodotto di molteplici incroci , di vicissitudini storiche che vanno dagli albori della civiltà umana allo sbarco alleato dell ' estate '43 . Genti del Nord , del Sud , dell ' Occidente e dell ' Oriente vi s ' incontrarono ; vi lasciarono lembi di linguaggio , usanze , tempeste d ' odio , furie d ' amore . Perfino la mafia , degenerata attraverso i secoli , ma specialmente negli ultimi quarant ' anni , in strumento di oppressione e d ' « intrallazzo » , nacque dal bisogno di sopperire in qualche modo alla deficienza e alla trascuratezza dei poteri centrali . Non è possibile che in un « humus » tanto ricco non si trovino , senza necessità di leggi umilianti e di battaglioni in assetto di guerra , le forze necessarie a vincere la malvivenza organizzata e il malcostume politico . Nel 1949 , Angelo Vicari , allora prefetto di Palermo , oggi prefetto di Milano , fece pervenire alle superiori autorità un coraggioso rapporto sul riprovevole comportamento di alcuni parlamentari siciliani , palesemente legati , se non addirittura affiliati alla mafia . Vicari era , allora , uno dei più giovani , forse il più giovane prefetto d ' Italia . Nato nella Sicilia orientale , a Sant ' Agata di Militello , in provincia di Messina , arrivò a Palermo in tempo per ereditare il peso di tutti gli intrighi , indipendentistici , separatistici , briganteschi , accumulatisi dal '43 alle elezioni del luglio '48 . Siciliano dell ' altra sponda , poco più che quarantenne , di idee vivaci e moderne , il prefetto mise decisamente il dito sulla piaga , o perlomeno su una delle piaghe principali . Consigliò di neutralizzare d ' urgenza alcuni uomini politici di primo piano . Il coraggioso rapporto , dopo aver ondeggiato come una foglia d ' autunno , scivolò nelle pieghe secolari della vita romana . Svanì . Oggi , dietro le belle casse da morto , con borchie di ottone e maniglie di bronzo , intagli e intarsi , dentro le quali i mafiosi trucidati viaggiano verso il cimitero , non è raro vedere , vestito di scuro , pallido e commosso , uno di quei parlamentari che il prefetto Vicari , nove anni or sono , nominò nel suo fantomatico rapporto . Il giorno che i « pezzi da 90» come Michele Navarra di Corleone e Vanni Sacco di Camporeale , come Gerolamo Vizzini e Ciccio Cottone , andranno al camposanto senza deputati , la Sicilia occidentale conoscerà , finalmente , una nuova stagione .
Rossano sarà Gabriele ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
È molto probabile che , nei prossimi mesi , il Biffi Scala perda , temporaneamente , uno dei suoi clienti più assidui . Sembra infatti che una Casa cinematografica americana abbia deciso di chiamare a Hollywood Tom Antongini , per affidargli la consulenza di un film imperniato sul tormentato amore di Eleonora Duse e Gabriele D ' Annunzio . Il nome di Antongini sarebbe stato suggerito ai produttori dal conte Rasponi , che vive da parecchi anni a Nuova York , dove si occupa di moda e di arredamenti . Il consiglio è perlomeno logico . A parte qualche inevitabile frangia letteraria , gli scritti dannunziani di Antongini sono i più ricchi e documentati dal punto di vista aneddotico . Il vecchio signore che tutte le sere entra al « Biffi » per l ' aperitivo , fu per molti anni accanto all ' Imaginifico , ne raccolse gli sfoghi e le confidenze minute . Se davvero gli verrà proposto di recarsi a Hollywood , quasi certamente accetterà . A meno che non preferisca , invece , gettarsi anima e corpo nella campagna elettorale , giacché il suo nome figura nella lista del Partito monarchico popolare . Circa il soggetto del film , non si hanno finora notizie precise . Da quanto è trapelato , dovrebbe avere come sfondo la vita artistica e mondana della Venezia fine Ottocento : quella che raccolse l ' ultimo respiro di Wagner e vide il naso rosso del miliardario Morgan sbucare dal portone dell ' Hòtel Danieli . La Venezia , lampeggiante di marmi e di cristalli , in cui D ' Annunzio e la Duse , fra due carezze , si divertivano ad aizzare levrieri dai nomi arcani : Crissa , Altair , Sirius , Piuchebella , Nerissa . La materia sarebbe già un osso duro per qualsiasi sceneggiatore e regista europeo . Figuriamoci cosa diventerà nelle mani sbrigative degli americani . Se è vero , del resto , che il buon giorno si vede dal mattino , basta la scelta degli attori che dovrebbero impersonare Gabriele ed Eleonora , per capire come andrà a finire : Rossano Brazzi e Marilyn Monroe . È già qualcosa , se si pensa che per via dell ' incipiente calvizie la parte di D ' Annunzio avrebbero potuto affidarla all ' ex - campione mondiale dei pesi medi Carmen Basilio . Tutto lascia prevedere che se andrà a Hollywood , Antongini rimpiangerà molto presto il Biffi Scala . Orson Welles è considerato l ' attore meno elegante del mondo . È il primo a riconoscerlo . « Assomiglio a un letto matrimoniale rifatto da una bambina di cinque anni » , ha detto tempo fa .
Una vacca preziosa ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Mi hanno raccontato la storia del lucchese Fantucchi . Risale a una quarantina d ' anni fa , quando le imprese dei lucchesi , nelle cinque parti del mondo , avevano ancora un sapore pionieristico . Il Fantucchi era tipo piuttosto . ruvido e di poche parole . I suoi concittadini , che lo avevano visto partire per l ' Argentina con due camicie in un fagotto , restarono piuttosto sorpresi vedendolo tornare ricco a milioni dopo pochissimi anni . Quanto ad abitudini , aveva conservato quelle d ' una volta . Gli piaceva giocare a scopone nelle osterie di Borgo Giannotti e di Pelleria , succhiando un sigaro . Solo quando partiva alla caccia di sciantose si metteva un impeccabile frac . Una sera , all ' osteria , un conoscente più ardito degli altri , gli chiese : « O Fantucchi , come mai c ' è tanti che per far quattrini nelle Americhe ci stanno una vita , e voi avete fatto così presto ? » Il Fantucchi trasferì il sigaro all ' altro angolo della bocca , poi , senza alzare gli occhi dal ventaglio delle carte , rispose : « Capitai a Mendoza col mio socio . Per un po ' restammo a vedere , poi , un giorno , prendemmo una vacca e le attaccammo un campanaccio al collo . Ci mettemmo dietro la bestia e andammo là là , per quelle pampe , e restammo fuori una decina di giorni . Quando tornammo a Mendoza , di vacche ne avevamo più di trecento » . « O Fantucchi » , fece l ' altro spalancando gli occhi , « ma allora le vacche le rubavate ! » Il Fantucchi non si scompose . Ritrasferì d ' angolo il sigaro , calò un quattro di danari , poi disse : « Macché rubbà e rubbà . S 'accodavino...» A Nuova York circolano le prime automobili private munite di radio - telefono . È severamente proibito adoperarlo quando la macchina è in marcia . Richiesto di definire i socialdemocratici , Antonio Delfini ha detto : « Sono quelli che danno il dolce alla donna di servizio » .
ProsaGiuridica ,
Il Duce della Repubblica Sociale Italiana Capo del Governo Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere ; Visto il decreto - legge 17 novembre 1938 , n . 1728 , contenente provvedimenti per la difesa della razza italiana ; Visto il decreto - legge 9 febbraio 1939 , n . 126 , convertito con modificazioni , nella legge 2 giugno 1939 , n . 739 , riguardante norme di attuazione ed integrazione delle disposizioni di cui all ' art . 10 del D . L . 17 novembre 1938 , n . 1728 , relative ai limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini italiani di razza ebraica ; Sentito il Consiglio dei Ministri ; Decreta : Art . 1 . I Cittadini italiani di razza ebraica o considerati come tali ai sensi dell ' art . 8 del decreto legge 17 novembre 1938 , n . 1728 , ancorché abbiano ottenuto il provvedimento di discriminazione di cui all ' art . 14 dello stesso decreto - legge , nonché le persone straniere di razza ebraica , anche se non residenti in Italia , non possono nel territorio dello Stato : a ) essere proprietari , in tutto o in parte , o gestori , a qualsiasi titolo , di aziende di qualunque natura , né avere di dette aziende la direzione , né assumervi comunque l ' ufficio di amministratore o di sindaco ; b ) essere proprietari di terreni , né di fabbricati e loro pertinenze ; c ) possedere titoli , valori , crediti e diritti di compartecipazione di qualsiasi specie , né essere proprietari di altri beni mobiliari di qualsiasi natura . Art . 2 . I debitori di persone di razza ebraica , ed i detentori di beni di qualsiasi natura appartenenti , in tutto o in parte , a persone di razza ebraica , devono presentare al Capo della Provincia competente per territorio , in ordine ai singoli beni , denuncia scritta sulla quale risultino : l ' importo dei debiti , il nome del creditore o del proprietario , la natura e l ' ammontare dei titoli e dei valori e la sommaria descrizione dei beni . La denuncia deve essere fatta entro 30 ( trenta ) giorni dalla data di applicazione del presente decreto e , per le obbligazioni sopravvenute , entro trenta giorni dalla data in cui queste siano sorte o divenute liquide . Sono tenuti alla denuncia di cui sopra le persone fisiche di nazionalità italiana , che hanno la residenza o il domicilio nel territorio dello Stato e tutti gli enti di natura privata ivi comprese le società commerciali , le associazioni e gli enti di fatto di nazionalità italiana , che hanno la loro sede principale nel territorio dello Stato . Sono inoltre tenuti alla stessa denuncia , anche quando non ricorrono le condizioni prevedute nel comma precedente , le persone fisiche o giuridiche qualunque sia la loro nazionalità , per i beni appartenenti a persone di razza ebraica , da esse detenuti nel territorio dello Stato , e per i debiti verso dette persone , afferenti ad attività commerciale da essi ivi esercitate . Art . 3 . Le Amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici che siano debitori di persone di razza ebraica e che detengano beni appartenenti a persona di razza ebraica e qualunque autorità che comunque debba disporre a favore delle persone stesse il pagamento di somme o la consegna di beni , debbono darne immediata comunicazione scritta al capo della provincia competente ai sensi dell ' art . 2 , e tenere in sospeso i pagamenti e le consegne in attesa del provvedimento da parte dello stesso capo della provincia . Art . 4 . Gli Istituti e le aziende di credito che hanno scomparti in impianti fissi di sicurezza , dati in locazione a persone di razza ebraica , sono tenuti a darne immediata notizia al Capo della provincia entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto . Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ad ogni specie di deposito chiuso esistente presso istituti o aziende di credito ed intestato a persone di razza ebraica . Dalla data di entrata in vigore del presente decreto , l ' apertura degli scomparti locati presso Istituti o aziende di credito di cittadini italiani di razza ebraica , come il ritiro o l ' apertura degli altri depositi chiusi intestati ai cittadini stessi , non può farsi se non nei modi stabiliti dal successivo art . 10 . Art . 5 . È vietato alle persone di nazionalità italiana , le quali siano debitrici , a qualunque titolo , di somme di denaro verso persone di razza ebraica , ovunque queste si trovino , ovvero siano tenute alla consegna , a favore di dette persone , di titoli , valori , ogni modo di adempimento delle obbligazioni , in attesa del provvedimento di cui all ' art . 8 del presente decreto . È vietata del pari alle persone di nazionalità italiana la consegna di beni , da essi detenuti appartenenti a persone di razza ebraica , salva la disposizione di cui al citato articolo 8 . Eguale divieto si applica agli stranieri per i beni appartenenti a persone di razza ebraica , da essi detenuti nel territorio dello Stato . In attesa dei provvedimenti di cui all ' art . 10 del presente decreto è inoltre vietato di procedere all ' apertura degli scomparti in impianti fissi di sicurezza dati in locazione a persone di razza ebraica presso Istituti od aziende di credito . Art . 6 . È nullo qualsiasi atto concluso posteriormente alla data del 30 novembre 1943 , che abbia per effetto il trasferimento di proprietà dei beni appartenenti a persone di razza ebraica , ovvero la costituzione sui beni stessi di diritti reali , od anche la locazione di tali beni con pagamento anticipato del canone per oltre un anno . Questa disposizione non si applica per gli atti compiuti dall ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare , né per i trasferimenti a causa di morte per successioni apertesi prima dell ' entrata in vigore del presente decreto , né per quelli effettuati per ordine dell ' Autorità . Su proposta dell ' Intendente di Finanza , il Capo della provincia può dichiarare nulle , con apposito decreto , le donazioni avvenute ai sensi dell ' art . 6 del decreto legge 3 febbraio 1939 , n . 126 , nonché gli atti di trasferimento di beni di pertinenza ebraica conclusi anteriormente al 1 dicembre 1943 , qualora , da fondati elementi , le donazioni ed i trasferimenti risultino fittizi e fatti al solo scopo di sottrarre i beni ai provvedimenti razziali . Avverso il Capo della provincia è ammesso ricorso al Ministro dell ' Interno entro trenta giorni da quello della notifica del decreto stesso . Sui ricorsi della specie decide il Ministro dell ' Interno d ' intesa con quello delle Finanze con provvedimento non soggetto ad alcun gravame , né in via amministrativa , né in via giurisdizionale . Art . 7 . I beni immobiliari e le loro pertinenze , i beni mobiliari , le aziende industriali e commerciali e ogni altro cespite esistente nel territorio dello Stato , di proprietà dei cittadini italiani di razza ebraica o considerati come tali ai sensi della legge 17 novembre 1938 , n . 1728 , ancorché i cittadini stessi abbiano ottenuto il provvedimento di discriminazione di cui all ' art . 14 della legge citata nonché quelli di proprietà di persone straniere di razza ebraica , anche se non residenti in Italia , sono confiscati a favore dello Stato e dati in amministrazione all ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare . Art . 8 . Il decreto di confisca è emesso dal Capo della provincia competente per territorio in ordine ai singoli beni . Detto decreto conterrà la formula esecutiva di cui all ' art . 475 C.P.C. colla indicazione che esso è immediatamente eseguibile , e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale d ' Italia a cura del Capo della provincia , il quale provvederà alla trascrizione del decreto stesso presso la competente Conservatoria delle Ipoteche qualora esso si riferisca anche solo in parte a beni o diritti capaci di ipoteca . La trascrizione non è soggetta a tassa o altra spesa . Il decreto di trasferimento sarà trasmesso in copia autentica esecutiva dal Capo della provincia all ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare . Altra copia del decreto , con le corrispondenti denuncie , è rimessa dal Capo della provincia al Ministero delle Finanze . Detto decreto è titolo esecutivo per il rilascio immediato da parte dell ' ebreo espropriato o dei terzi detentori dei beni in esso compresi , senza che sia necessaria la notificazione del decreto stesso , né di precetto . Il decreto è immediatamente eseguibile anche nei confronti degli eredi - ebrei , ancorché discriminati e di nazionalità straniera dell ' espropriato . Il rilascio avverrà a richiesta dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare , od in nome e per conto dell ' Ente stesso a richiesta di uno degli istituti di Credito Fondiario delegati dall ' Ente di cui al successivo art . 13 , a mezzo di Ufficiale Giudiziario nei modi stabiliti dall ' art . 608 C.P.C. e senza preavviso di cui al primo capoverso dello stesso articolo . Contro il decreto di trasferimento emanato dal Capo della provincia non sono ammesse opposizioni al rilascio , né in via amministrativa , né in via giudiziaria . Qualora fossero proposte opposizioni giudiziali , queste non potranno sospendere il rilascio dei beni confiscati . Avverso il decreto di confisca emesso dal Capo della Provincia , gli interessati possono ricorrere al Ministero dell ' Interno , entro sessanta giorni da quello della pubblicazione del decreto stesso sulla Gazzetta Ufficiale d ' Italia . Il Ministro dell ' Interno decide , d ' intesa con quello delle Finanze , con provvedimento non soggetto ad alcun gravame , né in via amministrativa , né in via giurisdizionale . Il ricorso di cui al presente articolo non sospende il rilascio dei beni confiscati . Art . 9 . I beni ed i diritti immobiliari passano in gestione all ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare con le ipoteche e gli oneri reali di cui sono gravati . I terzi creditori delle persone di razza ebraica potranno far valere i loro diritti con le norme ordinarie nei confronti dell ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare , purché si tratti di crediti di data certa ed anteriore al primo dicembre 1943 . Sui beni confiscati potranno inoltre essere soddisfatti i seguenti creditori , ad esclusione di qualsiasi altro , e ferme le cause di prelazione fra essi stabilite dalla legge : 1 ) L ' ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare ed i suoi delegati per spese e compensi di gestione ; 2 ) Lo Stato e ogni altro Ente pubblico per imposte , tasse o contributi , che siano loro dovuti ; 3 ) Coloro che derivano il loro titolo da obbligazioni assunte dall ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare nell ' interesse della sua gestione ; 4 ) Coloro che derivano il loro titolo da obbligazioni che si riferiscono direttamente ed esclusivamente ai beni confiscati , nella misura in cui dette obbligazioni abbiano concorso all ' acquisto , alla conservazione o al miglioramento dei beni stessi ; 5 ) Ogni persona il cui credito abbia data certa anteriore al provvedimento di confisca , purché dimostri che , al momento in cui il credito è sorto , esso non conosceva che i beni del debitore potevano essere confiscati a favore dello Stato . Art . 10 . Ricevuta la comunicazione di cui all ' art . 4 del presente decreto , il Capo della provincia disporrà l ' apertura degli scomparti o dei depositi chiusi intestati a persona di razza ebraica presso istituti o aziende di credito . L ' apertura dovrà essere presenziata da un rappresentante del Capo della provincia , da un delegato dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare e da un rappresentante dell ' Istituto o dell ' azienda di credito che detiene lo scomparto o il deposito . A cura del rappresentante del capo della provincia sarà redatto un processo verbale dell ' apertura e l ' inventario di quanto è contenuto nello scomparto o nel deposito . Tutto quanto compreso nell ' inventario sarà confiscato a favore dello Stato e dato in consegna all ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare con decreto del Capo della provincia ai sensi dell ' art . 8 . Tale decreto sarà tosto notificato all ' Istituto o all ' azienda di credito detentrice dello scomparto o del deposito . Qualora si renda necessaria l ' apertura forzata degli scomparti o dei depositi chiusi di cui al presente articolo , le relative spese saranno anticipate dall ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare . Art . 11 . L ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare è autorizzato a delegare agli istituti di credito fondiario , di cui al decreto del Duce 9 giugno 1939 ed alla legge 24 febbraio 1941 , n . 158 , l ' esercizio delle mansioni attribuitegli dalla presente legge . Gli Istituti di credito fondiario indicati nel comma precedente sono autorizzati ad esercitare funzioni di cui al comma stesso anche in deroga ai rispettivi ordinamenti e statuti . Art . 12 . Fino a quando non ne verrà , effettuata la vendita ai sensi dell ' art . 13 , i beni e le aziende di pertinenza ebraica di cui al presente decreto saranno amministrati dall ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare , sotto la vigilanza e con le modalità che saranno determinate dal Ministro delle Finanze . Art . 13 . La vendita dei beni confiscati ai sensi dell ' art . 7 sarà fatta a cura dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare secondo le istruzioni che verranno impartite dal Ministero delle Finanze . La vendita sarà fatta di regola per atto pubblico con contestuale pagamento dell ' intero prezzo . Le vendite stipulate dall ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare saranno impegnative per lo Stato soltanto dopo l ' approvazione del Ministro delle Finanze . Art . 14 . I crediti , le somme liquide non necessarie ai fini della gestione e il ricavo della vendita dei beni consegnati all ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare ai sensi dell ' art . 7 , al netto delle spese di gestione e delle passività inerenti ai beni stessi e degli altri oneri a carico dell ' Ente medesimo , saranno versati nelle casse dello Stato , con imputazione ad apposito capitolo da trascriversi nel bilancio dell ' entrata . Le spese di gestione , sia quelle proprie dell ' Ente , sia quelle dei suoi delegati , saranno regolate con determinazione del Ministro delle Finanze . Art . 15 . Le somme riscosse ai sensi del precedente articolo 14 sono versate allo Stato a parziale ricupero delle spese assunte per assistenza , sussidi e risanamento di danni di guerra ai sinistrati delle incursioni aeree nemiche . Art . 16 . Il debitore di persone di razza ebraica o detentore di cose appartenenti ad essa , che omette di fare la denuncia prescritta dall ' art . 2 , nel termine ivi stabilito , è punito con l ' arresto sino a tre mesi e con l ' ammenda fino a L . 30.000 ( trentamila ) . Chiunque scrive o lascia scrivere false indicazioni in una denuncia presentata a norma dell ' art . 2 è punito con la reclusione fino a mesi sei e con la multa fino a L . 30.000 ( trentamila ) , sempre che il fatto non costituisca il reato preveduto dalla prima parte dell ' articolo seguente . Art . 17 . Chiunque compie atti diretti all ' occultamento , alla soppressione , alla distruzione , alla dispersione , al deterioramento o alla esportazione dal territorio dello Stato di cose appartenenti a persone di razza ebraica , al fine di impedire che ne sia disposta la confisca o che siano poste a disposizione dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare , è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da L . 3.000 ( tremila ) a L . 30.000 ( trentamila ) . La reclusione è fino a sei mesi , se il fatto è commesso dal proprietario della cosa soggetta ad esproprio . Art . 18 . Chiunque compie atti ad alienare beni di proprietà di persone di razza ebraica esistenti nel territorio dello Stato od aggravarli di diritti reali di qualsiasi specie , al fine di sottrarli alla confisca o di diminuirne il valore , è punito con la reclusione fino a sei mesi e con la multa da L . 3.000 ( tremila ) a L . 30.000 ( trentamila ) . Chiunque stipula con una persona di razza ebraica alcuno degli atti preveduti dalla prima parte del presente articolo essendo a conoscenza del fine cui l ' atto stesso è diretto , è punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da L . 3.000 ( tremila ) a L . 30.000 ( trentamila ) . Il pubblico ufficiale che riceve uno degli atti suindicati essendo a conoscenza del fine cui l ' atto stesso è diretto , è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a L . 50.000 ( cinquantamila ) . Chiunque effettua in qualsiasi modo pagamenti o consegna di beni a favore di persone di razza ebraica in violazione delle disposizioni di cui all ' art . 5 , ovvero consenta il ritiro di valori in violazione dell ' art . 10 , è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa pari al quintuplo della somma pagata o dei valori consegnati in ogni caso non inferiore a L . 10.000 ( diecimila ) . Art . 19 . Le norme del decreto legge 17 novembre 1938 , n . 1728 e del decreto legge 9 febbraio 1939 , n . 739 , che contrastino con le disposizioni del presente decreto sono abrogate . Art . 20 . Il Ministro per le Finanze è autorizzato ad emanare le norme necessarie per l ' attuazione del presente decreto e , sempre allo stesso fine , ad introdurre in bilancio , con propri decreti , le variazioni occorrenti . Art . 21 . Il presente decreto entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale d ' Italia . Dal Quartier Generale , addì 4 gennaio 1941-XXII . Mussolini V . Il Guardasigilli : Pisenti
TRAMONTO DEL COLONIALISMO. L'IMPERO INGLESE ( Guerriero Augusto (Ricciardetto) , 1952 )
StampaPeriodica ,
Gli americani hanno tanto tuonato contro il colonialismo e contro l ' imperialismo inglese , che , alla fine , sono stati accontentati . Durante la guerra , pareva che il loro nemico non fosse tanto Hitler , quanto l ' Impero inglese . E Churchill fu costretto a rispondere rudemente a Willkie : " Non sono stato chiamato da Sua Maestà all ' ufficio di Primo Ministro del Regno Unito ' per presiedere la liquidazione dell ' Impero britannico " . Ma la liquidazione si è compiuta o si sta compiendo lo stesso . Gli americani ne saranno soddisfatti , e , a quanto pare , ne è soddisfatta una buona parte del pubblico inglese . Io non sono inglese , né anglofilo , e , anzi , ho più volte criticato alcuni aspetti della politica inglese . Tuttavia credo che il mondo avrà assai più da dolersi che da rallegrarsi del tramonto dell ' Impero inglese . Questa generazione è vissuta in un ' epoca in cui il colonialismo non era popolare , e la letteratura politica , oltre che la letteratura vera e propria , insistevano sugli aspetti crudeli e sordidi di esso , , dimenticando completamente quel che esso aveva fatto di buono e di utile . L ' Impero . inglese fu una delle più grandiose creazioni del genio politico , della tenacia , del coraggio della razza bianca . Esso compi un ' immensa opera di civiltà : dissodò continenti , coltivò immense ricchezze che dormivano nelle viscere della terra , civilizzò milioni di uomini , fece regnare l ' ordine e la pace dove era il caos . Questo non si deve dimenticare , e soprattutto non dovrebbero dimenticarlo quei popoli che dallo stato quasi selvaggio furono dall ' imperialismo inglese condotti a forme quasi moderne di convivenza sociale e politica . Se gli indiani dell ' India e del Pakistan , se i birmani oggi si creano istituzioni rappresentative , se hanno un governo , una amministrazione , a chi lo devono , se non agli inglesi ? Ma se pure fosse vero che l ' Impero inglese era un male , io dico che era un male necessario . Perché il dominio inglese assicurava a una gran parte dell ' Asia i beni supremi dell ' ordine , della pace , della sicurezza . E , ora che la potenza inglese non domina più in Asia , è venuta meno la pace , è venuta meno la sicurezza . Gandhi predicò impunemente per quaranta anni nell ' India dominata dagli inglesi . Ma nell ' India governata dagli indù , fu ucciso il secondo giorno . E se ne accorgono gli americani : perché dovunque la potenza inglese venga meno o si ritiri , ivi deve accorrere la potenza americana a sostituirla . La potenza è come la natura : aborre il vuoto . E , come si crea un vuoto di potenza , subito si crea la spinta di altre potenze a riempirlo . In una parola : dove l ' Inghilterra si ritira , ivi avanza la Russia . Ciò non toglie che gli inglesi delle . ultime due generazioni abbiano commesso gravi errori nella loro politica coloniale , e che , con quegli errori , abbiano affrettato la liquidazione di una così grande parte della splendida eredità che era stata lasciata loro dagli avi . Un popolo colonizzatore può riuscire a conservare un impero coloniale in due modi : o con la forza o mescolandosi con gli indigeni , fraternizzando con loro , associandosi almeno la classe dirigente indigena . Gli inglesi . non avevano più la forza . E il loro satanico superiority complex impediva che fraternizzassero con chicchessia , sia pure col Maharaja . Quando gli inglesi perdettero la penisola di Malacca e Singapore , la loro stampa trasse " le lezioni " da quella campagna . Il Timer disse che quelle lezioni erano molte , ma che non tutte potevano essere apprese nel corso di settimane o di mesi . Poi , gli inglesi perdettero la Birmania , e la loro stampa trasse " le lezioni " dalla nuova sconfitta . " Lezioni " , in gran parte , simili a quelle già ricavate dalle campagne di Norvegia , di Francia 1940 , di Grecia , di Libia , di Creta : " avevamo troppo poche forze , siamo arrivati troppo tardi , avevamo poca aviazione , ecc . " . Ma , per un ' altra parte , furono diverse da quelle della guerra in Europa . Le due campagne di Malesia e di Birmania erano state combattute da truppe coloniali ( per lo meno in gran parte ) , fra popolazioni coloniali e in territori coloniali . La stampa inglese , quindi , ne trasse " lezioni " non solo in materia strategica o militare , come dalle altre campagne , ma anche in materia di governo coloniale : severe lezioni . Noi viviamo , in gran parte , di " idee ricevute " , cioè di idee che abbiamo accettate senza controllarle , quasi automaticamente . Sopraggiunge il giorno della prova , e quelle idee si rivelano false . E una di queste idee era che gli inglesi fossero i più grandi colonizzatori che il mondo avesse mai visti . Tenevano in pugno un così grande impero , con poca forza e nel massimo ordine , con poca spesa e col massimo profitto . Non era la perfezione ? Si credeva , perciò , che l ' amministrazione coloniale inglese fosse il modello di tutte le amministrazioni coloniali del mondo : ferma , giusta , saggia , dispensava benefici agli innumerevoli popoli che vivevano sotto le sue ali , e ne era ricambiata con sentimenti di infinita riconoscenza e amore . Questa era la idilliaca immagine , che una volta - all ' incirca prima della guerra mondiale n . 1 - si aveva dell ' imperialismo inglese . Dopo accaddero alcuni episodi spiacevoli - come li chiamerebbe il Times - , primo fra tutti quello di Amritsar , i quali fecero dubitare se a quell ' idillio corrispondesse la realtà . Con la seconda guerra mondiale , l ' idillio dileguò del tutto , e , al suo posto , ci furono " le lezioni " , le dure lezioni degli avvenimenti della Malesia , della Birmania , dell ' India . Nel corso della campagna della Malesia , la popolazione indigena tenne un atteggiamento molto tiepido , e le truppe indiane non furono sempre fedeli . Gli stessi guai - molto aggravati - in Birmania . Wavell non poté mandare rinforzi . Perché ? Si disse : per mancanza di strade . Ma forse anche perché non si fidava troppo delle truppe indiane . Ci fu di peggio . Disse il Daily Mail : " È stata la quinta colonna che ha consegnato Rangoon ai giapponesi ... Un gran numero di birmani sono passati al nemico . I giapponesi li hanno inquadrati in unità speciali in uniforme azzurra ; e queste unità sono entrate in azione contro di noi , e sono state attivissime in imprese di sabotaggio . Anche il resto della popolazione civile era per la maggior parte antinglese . Mentre i giapponesi erano ancora molto lontani , la loro propaganda , fondata sul motto : L ' Asia agli asiatici , si spargeva da per tutto per opera degli agenti della quinta colonna . I nostri convogli dietro le linee del fronte dovevano essere sempre in guardia contro atti di sabotaggio . L ' ultimo carro di ogni convoglio , c ' era sempre la probabilità che fosse attaccato . Alcuni operai indigeni , che lavoravano nei campi d ' aviazione , scioperavano per ragioni futili " . Il giornale continuava su questo tono , fornendo vari esempi di sabotaggio e di tradimento da parte della popolazione birmana . Colui che doveva poi diventare Primo Ministro della Birmania , Auna Sin , fece per anni la guerra agli inglesi , a fianco ai giapponesi . Il Times , in un articolo intitolato : " L ' avvenire delle colonie " , trasse anche dalla campagna della Malesia lezioni in materia di amministrazione coloniale . " I vecchi metodi coloniali britannici " , disse , " per quanto in passato abbiano servito utilmente la causa dell ' Impero , devono ora essere riveduti radicalmente . " Quindi fece un lungo esame critico dell ' intero sistema coloniale britannico , e concluse : " Le critiche che oggi vengono fatte al nostro sistema coloniale insistono sul punto che esso si è attardato troppo a lungo e con eccessivo compiacimento nella tradizione di un ' epoca sorpassata e ha mantenuto sempre quello spirito stratificato di disuguaglianza e di discriminazione , i cui ultimi bastioni vengono rapidamente attaccati e eliminati nella società contemporanea " . E insisteva sui " compartimenti stagni " della vita coloniale britannica e sulla necessità di eliminarli . Seguirono il fallimento della missione Cripps in India , la rottura fra autorità britanniche e Congresso , gli arresti dei capi indiani , i tumulti , le repressioni . Conclusione . In tempo di pace tutti i sistemi coloniali sono buoni : la nazione colonizzatrice disarma i nativi , e questi , vogliano o non vogliano , devono ubbidire . Ma la prova suprema dei sistemi coloniali è la guerra . Le popolazioni delle colonie fanno causa comune con i loro dominatori , si battono per loro e al loro fianco ? Il sistema coloniale era buono . I fatti , a quel che pare , furono questi : nella penisola di Malacca la popolazione tenne un atteggiamento incerto , e le truppe indiane - almeno in parte - defezionarono ; in Birmania la popolazione fece addirittura causa comune con l ' invasore contro gli inglesi ; e l ' India mantenne un atteggiamento di diffidenza , se non di ostilità , verso gli inglesi . E , invece , i filippini si batterono per gli americani e a fianco agli americani , nella penisola di Bataan e a Corregidor . Le cause del fallimento . del colonialismo inglese sono remote . E credo che nessun pubblicista antinglese potrebbe oggi esporle meglio e più nitidamente di come , già in passato , le riconobbero alcune personalità inglesi dalla vista lunga . Montagu fu uno di questi spiriti chiaroveggenti . In qualità di Segretario di Stato per l ' India , si propose sinceramente di avviare quel paese all ' autogoverno . Ma , quando fece un viaggio in India , capi di essere solo a pensare a quel modo : tutta l ' amministrazione coloniale , tutti gli inglesi in India erano contrari alle sue idee . E fece altre scoperte ancora più gravi . Scopri che " alla radice dei guai del Governo , era l ' esclusivismo razziale e l ' arroganza della comunità inglese " . Scrisse nel suo Indian Diary ( Heinemann , 1930 ) : " Io dico che la questione sociale , il fatto che i funzionari accettavano di lavorare insieme con gli indiani , ma non di giocare con loro , e non volevano avere niente in comune con loro , ci ha condotti alla situazione attuale " . Il massacro e la umiliazione di Amritsar furono una terribile rivelazione . Da per tutto può capitare che un generale dai nervi poco saldi perda la testa di fronte a una dimostrazione popolare e ordini il fuoco . Sarà un incidente doloroso , ma non sarà che un incidente . La fucileria di Amritsar fu un affare del tutto diverso . E , propriamente , non fu un incidente : fu la rivelazione di uno stato d ' animo ; fu la rivelazione di " un abisso di insolenza e di risentimento razziale " . Quel che segui fu peggio del massacro stesso . Il generale Dyer , l ' ufficiale che aveva ordinato il fuoco , dichiarò davanti alla Commissione d ' inchiesta che " il suo scopo era stato non semplicemente quello di disperdere una folla minacciosa , ma di produrre un effetto morale - sufficiente dal punto di vista militare - non solo sui presenti , ma su tutto il Punjab " . Uno storico inglese , Hancock , commenta : " Questa era la dottrina che la propaganda inglese aveva denunziata come ` prussianesimo " . « Intendete voi tenere l ' India » gridò Montagu ai Comuni , « per mezzo del terrorismo e dell ' umiliazione razziale ? » Ma la Camera dei Lords approvò quel che aveva fatto il generale Dyer . Quello sciagurato ufficiale fu messo a riposo a mezza paga , ma diventò un martire e un eroe agli occhi della maggioranza dei Lords , di una larga frazione della Camera dei Comuni e di una gran parte del pubblico . Io non posso qui fare la storia delle varie leggi che i Dominions adottarono per impedire l ' immigrazione di asiatici . Qualche Dominion pose al bando " tutti gli asiatici come tali " : " un affronto all ' intera razza " disse Gandhi . Qualche altro impose la prova di cultura . Qualche altro ( Canada ) vietò l ' immigrazione di persone appartenenti a razze che non potessero adattarsi al clima locale . In sostanza tutti chiusero le porte in faccia agli asiatici . Queste misure destarono un profondo risentimento nelle popolazioni asiatiche dell ' Impero , soprattutto fra gli indiani , che erano pervenuti a una più elevata coscienza politica . Ci furono lunghi contrasti fra i Dominions e l ' India . Ma , in conclusione , i Dominions fecero quel che vollero , e il Governo inglese , che avrebbe dovuto in certo modo fare da arbitro , simpatizzò per i Dominions . Si formò una concezione estremamente paradossale della cittadinanza imperiale . Il Commonwealth britannico - scrisse lo storico Hancock - volse le spalle all ' ideale di una cosmopoli , che è l ' ideale di due grandi imperi contemporanei : 1'U.R.S.S . e l ' Impero francese . L ' Impero francese è rimasto fedele all ' ideale di una cittadinanza comune . Esso offre a tutti i suoi sudditi il sommo bene de la civilisation française , qualunque sia la loro razza , e mantiene ferma la dottrina della prima rivoluzione , quale fu espressa nella « Dichiarazione dei diritti dell ' uomo » e nel tentativo di trasformare i negri di Haiti da schiavi in cittadini . Questa teoria aveva legami con la concezione storica dell ' eguaglianza naturale di tutti gli uomini , e colla concezione della cittadinanza romana nella cosmopoli imperiale . In orbe romano qui sunt cives romani sunt , aveva proclamato Caracalla ; e il poeta , alla vigilia della caduta dell ' Impero , aveva cantato : Haec est , in gremium victos quae sola recepit , humanumque genus communi nomine fovit matris , non dominae , ritu : civesque vocavit quos domuit ... quod cuncti gens una sumus ... Il Commonwealth e l ' Impero britannico seguirono , invece , una evoluzione in senso opposto . Non si arrivò a impedire il libero movimento degli individui tra le comunità di origine europea . Ma fra queste e il resto dell ' Impero fu stabilita una insormontabile barriera . Si crearono , così , entro i confini dell ' Impero due specie di cittadini : gli uni - quelli di origine europea - potevano liberamente muoversi da un capo all ' altro dell ' Impero e andare a cercare fortuna ove meglio credevano ; gli altri - gli asiatici - dovevano morire di fame nei loro superpopolati paesi d ' origine e non potevano andare a guadagnarsi il pane in territori immensi , ricchi , spopolati , che pur facevano parte di quello stesso Impero di cui essi erano cittadini . Così l ' Inghilterra , giusta la bella parola del poeta latino , fu " non madre , ma padrona " . E quelle che il Times chiamò le " lezioni " delle campagne d ' Asia furono le conseguenze di questa politica . I popoli che Roma aveva soggiogati , combatterono per Roma , loro " madre " , e occorsero secoli perché l ' immenso Impero fosse disfatto . I popoli che l ' Inghilterra aveva governati , si rifiutarono di combattere per la loro " padrona " , e l ' Impero inglese d ' Asia si è dissolto nel giro di alcuni anni .
Donne e cerbiatte ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Non si può , ogni tanto , non interessarsi di pugilato . A proposito di questo sport , certamente molto diverso dal ping - pong , dal golf e dalla ginnastica artistica , le opinioni sono contrastanti . Vi è chi lo giudica una fiera della brutalità e chi lo accetta come la più esplicita e virile delle prove agonistiche . Ma è un fatto che la televisione , per la quale il pugilato è lo spettacolo ideale , ha convertito molta gente . Nella primavera dell ' anno scorso , un distinto avvocato milanese mi raccontò che sua madre , settanteseienne , si rifiutava di assistere alle trasmissioni della TV , compreso « Lascia o raddoppia » , con la sola eccezione dei programmi pugilistici . La vecchia signora , che fino ad allora aveva condannato ogni forma di violenza si entusiasmava ogni volta che i raggi catodici le portavano a domicilio le sventolone di Cavicchi o gli uncini elettrici di Loi . Non solo : la mattina dopo , a tavola , cercava di orientare la conversazione verso i combattimenti , e avanzava giudizi , sempre più ferrati , sui difetti e le virtù dei vari atleti . Basta conoscere un poco le donne , adolescenti od ottuagenarie , per sapere che di fronte a due uomini che si picchiano non sono mai così impressionate e sgomente come , per dovere femminile , dimostrano . Ognuno di noi conosce qualche vecchia signora , fragile come un passerotto , che al momento buono dimostra il coraggio e la risolutezza di un « kamikaze » . Ma confesso che l ' altra sera , al Cinema Nazionale , mentre si svolgeva il « match » Garbelli - St . Louis , l ' interesse e lo sguardo acceso di alcune spettatrici più ' che mature mi hanno impressionato . Una specialmente , dai capelli grigi sotto uno scodellino di velluto viola , appartenente , senza dubbio , alla media borghesia commerciale milanese , la quale , due file dietro alla mia , fissava il ring incandescente senza battito di ciglia , e accompagnava con lievi movimenti delle spalle i colpi dei pugilatori . Si ha un bel dire . Sotto il coperchio della civiltà , la pentola umana bolle ancora per fuochi primordiali . Sollevate un poco il coperchio , e vi accorgete che le nostre signore , di fronte a un buon pestaggio , si comportano come le cerbiatte nella radura del bosco , quando i cervi decidono a cornate la partita matrimoniale .
Modigliani e i livornesi ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
I dati anagrafici degli artisti di statura universale hanno sempre un interesse relativo . I grandi ingegni finiscono con l ' appartenere al mondo e il loro luogo di nascita o di morte diventa , più che altro , materia di « quiz » . È però diritto dei loro concittadini non soltanto onorarne la memoria , ma anche andarne orgogliosi . Può essere ingenuo , ma è umano . In questi giorni í livornesi sono in fermento perché hanno appreso che il regista francese Jacques Becker , lo stesso che girò il bellissimo Casque d ' or , ha completamente dimenticato l ' origine livornese di Amedeo Modigliani , nel film Montparnasse 19 . Non basta . Becker non ha neppure ricordato che il « pittore dei colli lunghi » era italiano . Alcuni mesi or sono , il bergamasco Geo Renato Crippa , che fu il braccio destro dell ' onorevole Pacciardi e oggi si presenta candidato repubblicano nella circoscrizione Livorno - Pisa - Lucca - Carrara , fu messo alla presidenza dello speciale ente turistico che dovrebbe valorizzare la provincia di Livorno , con particolare riguardo per l ' isola d ' Elba . Crippa è un omone dalla voce tonante e dalla gesticolazione fastosa . Sarebbe un perfetto demagogo ottocentesco , se ogni tanto non lasciasse lampeggiare faine d ' ironia . Ha preso molto a cuore la sua missione toscana e fu lui , fra l ' altro , a ottenere dai produttori di Montparnasse 19 che il film venisse presentato a Livorno in prima mondiale assoluta . Intanto , si stava organizzando una vasta mostra delle opere di Modigliani , abbinata a quella di Giovanni Fattori , della cui morte ricorre quest ' anno il cinquantenario . Dimenticando l ' italianità di Modigliani , Becker non si è certamente comportato da scrupoloso biografo . D ' altra parte , si sa che i francesi sono maestri nel nazionalizzare tutto ciò che valorizzano . Ma anche i livornesi , in questa circostanza , possono strillare fino a un certo punto . Hanno dedicato una strada della loro città ad un artista aulico e mediocre come Corcos , ma non hanno mai onorato , neppure con un vicolo , la memoria di Modigliani . Se non fu possibile farlo negli anni della campagna antiebraica , era doveroso provvedervi dopo il '45 . Non vi ha pensato neppure Furio Diaz , marxista di vedute piuttosto larghe , che fu per otto anni sindaco della città . Il nuovo regolamento americano per il pagamento delle imposte contiene un paragrafo di 212 parole . Un senatore ha annunciato che pagherà di tasca propria le imposte del cittadino che per primo dimostrerà di averne capito il senso .
Dieci naufraghi ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Ecco l ' ultima storia di Fernand Daly . Dieci naufraghi si trovano su una zattera in balia dell ' oceano . Situazione doppiamente tragica : lontani centinaia di miglia dalla costa più vicina e neppure una briciola di cibo . I disgraziati cercano di farsi coraggio , alzano una specie di vela mettendo assieme camicie e mutande , e vanno verso chissà dove sul filo di un vento leggero . Passano quattro giorni . La fame diventa insostenibile . C ' è poco da fare . Proprio come nelle storielle di naufraghi , bisogna che uno si rassegni a lasciarsi mangiare . In un terribile silenzio , i dieci tirano la paglia . Quello cui toccherà la più corta dovrà sacrificarsi . La sorte punta il dito sul più giovane della compagnia , un ragazzo di quindici anni . Per tre o quattro giorni la fame è placata . Di terra , neppure l ' ombra . Al quinto giorno , i nove stomachi ricominciano a urlare , invocando cibo . Si cerca di resistere , di rimandare un altro tragico sacrificio ; ma viene presto il momento di scegliere un ' altra vittima . A questo punto , il naufrago più autorevole dice : « Propongo una variante . Invece di tirare la paglia , visto che l ' altra volta è toccata al più giovane , io direi di mangiare senz ' altro il più vecchio » . La proposta è accettata con entusiasmo da tutti , meno dal più vecchio : un signore sui sessanta , che se ne sta seduto su una grossa cassa , al centro della zattera . « Un momento » dice costui : « non perché voglia negarvi la mia fraterna collaborazione : ma prima di mangiar me , non sarebbe meglio che aprissimo questa cassa di carne in scatola su cui sto seduto ? » Un coro sdegnato accoglie queste parole . « Carne in scatola ? Ma come , vecchio mostro ! Sapevate che la cassa è piena di scatolette e siete stato zitto ? E avete permesso che quel povero ragazzo , l ' altro giorno , si sacrificasse ? Come è possibile tanta infamia , tanto cinismo ! » « Cosa volete , ragazzi » , fa il vecchio con un certo imbarazzo . « A me la carne in scatola fa venire l 'orticaria...» Una squadra di demolitori , ad Alessandria , negli Stati Uniti , ha buttato giù mezza casa del signor Paul Davis , prima di accorgersi d ' aver sbagliato edificio .
TASTIERA 1 ( BALDINI ANTONIO , 1940 )
StampaQuotidiana ,
Un pomeriggio di sabato passavano in bicicletta frotte chiassose di ragazzi e ragazze avviate fuori porta . Era con me un vecchio compagno d ' università e stavamo rivangando i giorni di prima dell ' altra guerra . Quale mancanza d ' iniziative ! quante mai ore fermi a discutere sulla porta della Biblioteca Nazionale ! E il discorso cadde sulle ragazze d ' allora . Ai nostri tempi , ricordi ? , era un gran passeggiare sotto le finestre . E qualche volta quelle brave figliuole abitavano agli ultimi piani ! Anche maturotte , non uscivano di casa se non accompagnate dalla mamma o dal fratello . E seppure si riusciva a fermarne una , a sola , per la strada , quanta fretta ! Subito parlare con papà e mammà . Altrimenti niente ( o pochissimo ) da fare . Ancora c ' era un sacrosanto orrore per gl ' impieghi femminili : Roma fu una delle ultime città ad arrendersi , e si arrese , si può dire , per fame . Studenti torinesi e bolognesi , o ci raccontavano delle fandonie , o effettivamente dovevano durare assai meno fatica di noi a far breccia nelle coetanee . Davamo la colpa al papa . E tutte queste bionde , di dove son venute fuori ? Ai nostri tempi , ricordi ? , non se ne vedeva una , o non erano romane . Con questa bella novità il panorama della città è profondamente alterato . Roma portava ancora integro il vanto delle belle more , come per il passato , quando tutte le Memorie dei viaggiatori erano piene delle lodi della chioma corvina delle donne romane . Ma tu fa caso come in effetti sia stonata la bionda aureola intorno al grugnettaccio risentito di quella carbonaretta di Trastevere che attraversa adesso in strada ... Ai nostri tempi ! Un momento . Tutt ' altro che nostro , quel tempo . Roma è stata sempre una città piuttosto matrimoniale . La galanteria vi attacca poco . Lo sanno gl ' intraprendenti fastidiosi che cosa possa uscire da quelle rosee labbra ... È nota la uscita della bella trasteverina alla quale lo scultore Dupré , nuovo di Roma , ronzava troppo accosto per meglio ammirarla . Gli si fece addosso con lo spillone tolto ai capelli chiedendo : Sor paino , che ve puzza ' l campà ? Fiera e pudibonda la ragazza romana s ' era mantenuta fino a quei nostri tempi : e per difesa della sua pudibonderia , magari anche un po ' sguaiata . « Ecco mi sorrida , e mi dica una soave ingiuria in romanesco » : con tali parole il Carducci ( che nuove ricerche e nuovi documenti ci mostrano assai più ardito e concludente in approcci femminili che prima non si supponesse ) stuzzicava una bella romana : l ' Adele Bergamini . Il matrimonio , dicevo , a Roma si succhia nell ' aria . Ne fece assaggio Gustavo Flaubert , scapolo scapolorum , di passaggio per Roma la Settimana Santa del 1851 , quando un chiaro pomeriggio d ' aprile nella basilica di San Paolo gli apparve una bella convalescente languidamente appoggiata al braccio d ' una accompagnatrice : con le chiome corvine divise in due bande e acconciate con una sciarpa rossa , con un corsaletto rosso e lunghi guanti di pelle verde ( modella o amica di qualche pittore ? ) . Bastò che la bella romana girasse un momento i suoi occhi nerissimi e sfolgoranti sul forastiero perché il normanno si sentisse trapassare core e coratella ( anzi scrive : une rage subite m ' est descendue comme la foudre dans le ventre ) e venire senz ' altro la voglia di andarla a chiedere in isposa al padre ( ! ) . « Se avessi saputo l ' italiano , seguita , avrei ben trovato io il modo d ' attaccare conversazione » . ( Romanziere ! l ' impaccio della lingua è una scusa . Garibaldi che dall ' alto del cassero dell ' Itaparica vede col binocolo Anita apparire alla finestra di una casa sulla collina di faccia e si precipita a incontrarla , si fa capire a meraviglia « tu devi essere mia » senza bisogno d ' interprete ) . Rentré conclude Flaubert à l ' hôtel à 4 heures , déjà ses traits s ' effacent dans ma mémoire . Va e fidati dei romanzieri ! Flaubert aveva trent ' anni . Qualche anno prima , sui suoi quaranta , era passato da Roma Teofilo Gautier e le donne romane , outrageusement belles , l ' avevano colpito per la loro venustà piena e compatta . Vingt enfants tiendraient à la fois dans leurs flancs robustes ; e fantasticava che occorressero busti rinforzati di ferro per tenere a posto quei loro petti orgogliosi . Il grandioso portamento delle donne romane glie le fece sembrare tante statue discese dai piedistalli . E qualche vent ' anni prima , Stendhal scriveva : « Che cosa non darei per poter fare comprendere che cosa sia l ' aspetto impassibile d ' una bella romana . Essa considera la faccia dell ' uomo che la guarda ammirato , come voi guardereste di mattina , in campagna , una montagna . Ed è siffatta impassibilità che poi rende così affascinante un minimo segno d ' interessamento da parte loro » . La gravità e l ' indifferenza delle ragazze romane fecero effetto anche a Leopardi , il quale si meravigliava che girando per le strade « in compagnia di giovani molto belli e ben vestiti » nessuna alzasse loro gli occhi in viso . ( Al contino non venne il sospetto che le ragazze cittadine potessero veder tutto anche senza sollevare le ciglia ... ) . Benedette ragazze . Un uomo di cinquant ' anni ha una figlia di diciassette anni . Gli piacciono ancora le donne come gli sono sempre piaciute e per consuetudine se le rimira con quella compiacenza affettuosa , condita di una punta di desiderio , con la quale un uomo di buon sangue considera naturalmente una donna nel suo fiore . Altro alle donne non chiede , il mio cinquantenne , se non che si lascino guardare senza tirar fuori lo spillone dai capelli . Ora gli accade questo : che fino ai suoi quarantasette , fino a quando cioè la figliuola ne contava quattordici , egli si beava a guardare anche le ragazze sui diciassette . Ma quando la figlia ebbe toccati i sedici ecco che papà cominciò a farsi un certo scrupolo d ' appoggiare lo sguardo su quante s ' accostassero ai diciotto . Quando la figlia ne avrà diciotto la cosa dunque si farà grave . Perché , come si fa a non posare volentieri lo sguardo su una bella ragazza di vent ' anni ? , È vero altresì che disturba maledettamente il nostro cinquantenne quel dover pensare , quel dover ammettere che altri , cinquantenne o meno , possa poi posare sopra sua figlia lo stesso sguardo col quale egli considera la diciottenne figlia di chicchessia . Potrebbe , provvisoriamente , in via d ' accomodamento , farsi una legge di sbirciarle oramai solo dai ventuno in su : ma il tempo fa presto a passare , e di questo passo andrebbe a finire che un giorno dovrebbe limitarsi a godere in pace solo la vista e la compagnia delle patronesse del Lyceum . Meglio il chiostro , ragiona quel cinquantenne . Un santo eremita aveva per uso , ogni volta che gli accadeva di scorgere nella polvere della strada un ' impronta di piede femminile , di cancellarla perché altri non vi dovesse inciampare . Santo eremita , facci strada tu ... Un mio amico – il più brav ' uomo del mondo – era stato per oltre mezzo secolo un imperterrito amatore . Passata la settantina e calate le forze , cominciò a pensare all ' aldilà e piegava un poco a bacchettone . Ma le donne seguitavano a piacergli , sempre , molto , troppo . In istrada si faceva forza di non voltarsi a guardarle , anche per pietà dei propri capelli tutti bianchi : ma era più forte di lui . Un giorno ( andava oramai pei settantaquattro ) eravamo fermi sul marciapiede di Aragno e c ' era un passaggio , come succede certi giorni a certe ore , d ' una dopo l ' altra , una più bella dell ' altra e non una da buttar via . In fine ne passò una che dette al mio amico il colpo di grazia : trionfante , raggiante e , a dire il vero , abbracciabilissima . Si girò sulla vita indolorita a vederla allontanare , e poi sospirava e mi guardava al disopra degli occhiali . Due volte aperse bocca per parlare e poi la richiuse . Coraggio gli feci ridendo . Mi afferrò allora per un braccio . Non ridere e dimmi tu come può stare , come può essere vero che anche solo a desiderarle sia peccato mortale . – E lo disse come uno che si sentisse in corrente fra due porte , una aperta sul Paradiso e l ' altra sull ' Inferno e vedesse la prima chiudersi lenta lenta e spalancarsi lenta lenta quell ' altra . L ' accento mi fece fremere . Morì l ' anno appresso : e la notte vedeva i diavoli che venivano a portarselo via e chiamava atterrito i famigliari che salissero a tenergli compagnia . Santo eremita , prega per il mio amico . Da giovani sembrano cose da ridere , e nessuno ci aveva riso più del mio amico . ( Santo eremita , comincio a preoccuparmi anch ' io ) . Giovane era e ci rideva di gusto Carlo Bini , quando scrisse quel suo bellissimo contrasto con lo spione Innocenzio Tienlistretti al Forte della Stella . Innocenzio : Dunque voi avete desiderato la donna degli altri ? Carlo : Confesso la mia debolezza ; io l ' ho desiderata e la desidero tuttavia . Ne ho desiderate molte ; non quante voi , perché avete più anni , ma molte davvero : tante , che se mi fossero venute tutte ne avrei rimandate via la metà . Eppoi venne il giorno che una bella castigamatti , l ' Adele Witt , gli tolse grado a grado la voglia di scherzare , e a lungo lo tenne in corrente fra la porta della Beatitudine e quella della Disperazione . Sarà pur bello che uomo e donna , pur piacendosi a perdifiato , riescano a stare insieme in vicinanza coraggiosa e monda . È un verso dell ' Aleardi , non bello , anzi gaetanesco : ma dipinge una situazione tipicamente aleardiana : due innamorati che stanno sempre vicini e non si toccano mai . ( Spiego il gaetanesco . Aleardo Aleardi non si chiamava Aleardo : si chiamava , una bella differenza ! , Gaetano . E , a ben considerarla , la sua poesia ha doppia tempra : in alcuni versi si sente la mano sfiorante di Aleardo , in altri la mano pesante di Gaetano . Più forte è la stonatura dove un sentimento da vero Aleardo viene calato , come è il caso di sopra , in versi da vero Gaetano ) . Sarà pur bello ... ( Santo eremita , ora pro me ) .
La storia dei «blue-jeans» ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
La rivista americana « True West » , che da alcuni mesi si pubblica in edizione italiana , racconta nell ' ultimo numero la storia dei « blue - jeans » : quei pantaloni , cioè , di rozza tela , resistenti e attillati , che i giovani di mezzo mondo , maschi e femmine , ostentano come una sfida al conformismo . Pantaloni con tasconi posteriori e inutili taschine sui fianchi . I « blue - jeans » nacquero per caso nel 1850 in California . Erano gli anni della corsa alle miniere d ' oro . Migliaia di avventurieri piombavano ogni giorno su San Francisco , in cerca di fortuna . Con intenzioni assai più modeste , arrivò a Frisco anche il giovane commerciante Levi Strauss : un ebreo grassoccio e accomodante , il cui incipiente doppio mento era nascosto da una barba a ventaglio . Tutta la sua mercanzia stava in una sola cassa : tela per tende e lampade a petrolio . Una mattina , il mercante fu avvicinato da un minatore che gli disse : « Io e i miei compagni abbiamo bisogno di pantaloni che non vadano a brandelli quando lavoriamo in galleria . Siamo disposti a pagarli il triplo dei comuni pantaloni » . Levi Strauss non aveva nella sua cassa la merce richiesta , ma non rinunciò all ' affare . Fece confezionare seduta stante un paio di pantaloni con la tela da tende e il minatore ne fu soddisfattissimo . La voce si sparse fra i cercatori d ' oro e Strauss fondò una piccola fabbrica di pantaloni che furono chiamati « Levis » . Qualche anno dopo , il minatore Alkali - Ike pregò il sarto Jacob Davis , di Virginia City , di rinforzargli in qualche modo le tasche dei « Levis » , in modo che non si slabbrassero ficcandovi dentro campioni di minerale aurifero . Davis rinforzò gli angoli delle tasche con borchie di rame . Poiché le borchie arrugginivano , furono in seguito sostituite con forti cuciture di filo arancione , il colore del rame . Da allora i pantaloni « Levis » furono chiamati i « blue - jeans » .