StampaQuotidiana ,
"
Westward
ho
!
"
questa
che
fu
la
parola
d
'
ordine
dei
pionieri
dell
'
Ottocento
nella
marcia
verso
l
'
Ovest
,
risuona
adesso
all
'
orecchio
del
signor
X
,
con
un
ritardo
di
più
di
un
secolo
,
è
vero
,
ma
non
per
questo
meno
eccitante
.
Il
signor
X
,
a
Chicago
"
sente
"
l
'
Ovest
un
po
'
come
un
marinaio
sbarcato
a
terra
"
sente
"
il
mare
.
E
davvero
,
ai
pionieri
di
un
tempo
,
l
'
Ovest
doveva
apparire
un
po
'
come
un
mare
sconosciuto
:
un
mare
di
praterie
disabitate
,
di
deserti
di
pietra
,
di
sale
e
di
sabbia
,
di
foreste
mute
e
lussureggianti
.
Oggi
il
vecchio
motto
ardimentoso
,
riflette
il
signor
X
salendo
la
scaletta
dell
'
aeroplano
che
in
cinque
ore
lo
porterà
a
Denver
,
non
ha
più
lo
stesso
significato
di
pericolo
e
di
avventura
:
tuttavia
egualmente
l
'
Ovest
costituisce
ancora
la
meta
di
centinaia
di
migliaia
di
americani
.
Perché
gli
americani
vanno
a
Ovest
?
Molti
per
motivi
di
salute
(
la
grande
quantità
di
vecchi
che
vanno
a
passare
gli
ultimi
anni
della
loro
vita
nel
mite
clima
della
California
è
da
qualche
tempo
un
carattere
distintivo
di
quello
Stato
)
;
molti
perché
a
Ovest
il
costo
della
vita
è
più
basso
,
pur
con
gli
stessi
salari
;
molti
ancora
in
cerca
,
come
si
dice
qui
,
di
"
opportunity
"
,
ossia
di
occasioni
.
Ma
tutti
,
insomma
,
con
la
speranza
di
una
vita
migliore
,
più
larga
,
più
umana
,
più
calma
,
come
un
tempo
.
Felice
America
,
pensa
il
signor
X
,
che
ha
tutt
'
oggi
,
dentro
i
suoi
confini
,
la
terra
promessa
.
Denver
:
il
signor
X
discende
la
scaletta
dell
'
aeroplano
ed
è
subito
investito
da
una
luce
radente
,
radiosa
,
irradiata
in
immobile
raggiera
dal
sole
invisibile
nel
cielo
immenso
e
puro
,
sopra
una
terra
piatta
come
una
tavola
che
non
sembra
avere
orizzonti
.
È
la
luce
dell
'
altipiano
sul
quale
si
trova
Denver
,
città
artificiale
sorta
dal
nulla
col
denaro
delle
grandi
compagnie
minerarie
dell
'
Est
,
città
senza
industria
e
senza
fabbriche
,
quanto
dire
,
in
America
,
città
irreale
.
Il
signor
X
,
mentre
una
macchina
lo
trasporta
verso
la
città
,
cerca
nella
memoria
un
'
eco
qualsiasi
al
nome
di
Denver
,
ma
non
trova
che
il
ricordo
di
Buffalo
Bill
,
l
'
immortale
buttero
delle
praterie
,
di
cui
,
negli
anni
dell
'
infanzia
,
egli
aveva
letto
le
prestigiose
avventure
nelle
dispense
illustrate
di
un
editore
milanese
.
Ma
Denver
,
come
si
accorge
subito
il
signor
X
entrando
in
città
,
non
è
più
la
cittadina
di
frontiera
con
i
pavimenti
di
legno
,
le
traballanti
taverne
e
le
bische
fumose
che
nelle
illustrazioni
delle
dispense
servivano
da
sfondo
alle
sparatorie
tra
cercatori
d
'
oro
e
pellirosse
.
Oggi
Denver
è
una
pulita
,
nitida
e
perciò
alquanto
irreale
città
americana
moderna
,
con
le
solite
strade
che
si
tagliano
ad
angolo
retto
(
ma
finiscono
,
lontano
,
nel
verde
della
prateria
)
,
con
le
solite
pubblicità
colorate
,
i
soliti
quartieri
residenziali
pieni
di
case
lussuose
dove
(
ma
è
un
'
impressione
del
signor
X
)
la
vita
sembra
dover
essere
terribilmente
noiosa
.
Il
centro
di
Denver
è
un
crocicchio
tra
la
solita
Broadway
(
lungo
la
quale
si
allineano
,
nuovi
di
zecca
,
i
soliti
negozi
pieni
di
roba
importata
dall
'
Est
)
e
una
strada
qualsiasi
dal
numero
imprecisato
,
la
cinquantasettesima
o
la
quarantaquattresima
.
In
questo
centro
che
non
è
un
centro
(
ah
,
le
riconfortanti
piazze
di
Francia
e
d
'
Italia
,
con
la
cattedrale
e
il
sagrato
)
si
trovano
l
'
albergo
principale
della
città
,
due
o
tre
cinema
,
qualche
banca
e
persino
un
night
-
club
con
gli
spogliarelli
.
Alcuni
grattacieli
,
dei
quali
due
in
costruzione
,
testimoniano
la
prosperità
di
Denver
,
città
,
come
si
è
detto
,
tenuta
su
dai
capitali
minerarii
dell
'
Est
e
piena
di
impiegati
e
di
funzionari
.
Quanto
a
Buffalo
Bill
:
il
solo
particolare
che
ricordi
ancora
il
buttero
famoso
sono
gli
strani
stivaletti
che
portano
ai
piedi
un
gruppo
di
gentiluomini
ritti
a
conversare
nella
hall
dell
'
albergo
;
stivaletti
di
vacchetta
,
ricamati
,
alti
fino
al
polpaccio
e
infilati
alla
maniera
buttera
dentro
comuni
pantaloni
.
Dopo
aver
considerato
un
momento
questi
stivaletti
significativi
,
il
signor
X
lascia
l
'
albergo
per
fare
una
passeggiata
.
Incauto
signor
X
.
Egli
non
si
rende
conto
che
passeggiare
senza
automobile
è
ormai
cosa
impossibile
agli
Stati
Uniti
,
specie
nelle
città
di
pianta
più
recente
,
costruite
,
si
direbbe
,
soltanto
per
gli
automobilisti
.
Eppure
,
gliel
'
avevano
detto
gli
amici
,
nell
'
Est
:
"
Se
camminerai
a
piedi
in
città
come
Los
Angeles
o
altre
simili
,
ti
prenderanno
per
un
ladro
in
cerca
di
una
casa
da
svaligiare
;
o
per
un
derelitto
smemorato
;
e
magari
qualcuno
si
fermerà
per
chiederti
se
ti
senti
male
e
se
può
fare
qualche
cosa
per
te
.
"
Essendosi
fatto
portare
in
fondo
all
'
immenso
parco
pubblico
di
Denver
,
il
signor
X
,
al
momento
di
pagare
l
'
autista
,
nota
negli
occhi
di
costui
uno
sguardo
singolare
,
come
di
sorpresa
mista
di
compassione
.
Non
ci
fa
caso
,
ma
gli
tocca
ripensarci
un
paio
di
ore
dopo
,
quando
,
stanco
morto
a
forza
di
girare
per
il
parco
,
cerca
invano
un
taxi
che
lo
riporti
all
'
albergo
.
Il
sole
splende
con
forza
sui
vasti
prati
sparsi
di
grandi
alberi
fioriti
,
sui
viali
asfaltati
che
girano
tra
i
prati
,
sui
laghi
artificiali
in
cui
nuotano
anatre
e
cigni
;
ma
nessun
taxi
è
in
vista
.
Tutti
coloro
che
in
quel
momento
si
trovano
nel
parco
,
sia
che
prendano
il
sole
in
costume
da
bagno
,
sull
'
erba
dei
prati
,
sia
che
contemplino
i
mogi
animali
selvatici
dello
zoo
,
hanno
la
loro
brava
automobile
a
portata
di
mano
,
ferma
a
poca
distanza
.
Altre
automobili
scorrono
lentamente
per
i
viali
assolati
,
trasportando
tipiche
famigliole
impiegatizie
americane
,
lui
in
camicia
bianca
,
lei
in
camicetta
rosa
,
due
bambini
,
un
cane
e
,
penzolante
dal
soffitto
,
l
'
attaccapanni
con
le
giacche
appese
affinché
non
si
gualciscano
;
ma
nullasembra
essere
stato
previsto
per
il
turista
solo
e
appiedato
.
Il
signor
X
gira
,
gira
e
gira
,
sotto
il
sole
che
scotta
,
per
il
parco
spietatamente
pettinato
,
silenzioso
e
domenicale
;
finalmente
entra
in
un
chiosco
adibito
a
bar
e
chiede
una
birra
.
Una
ragazza
in
bikini
,
assai
graziosa
in
verità
,
dalla
schiena
e
dalle
gambe
arrossate
dal
sole
,
lancia
al
signor
X
un
'
occhiata
languida
e
quindi
si
allontana
in
direzione
della
gabbia
delle
scimmie
,
ancheggiando
con
forza
.
"
Un
'
avventura
"
,
si
dice
il
signor
X
allettato
suo
malgrado
,
nonostante
il
caldo
e
la
stanchezza
.
Ma
il
pensiero
dell
'
automobile
che
non
possiede
,
lo
ferma
:
che
razza
di
avventure
si
possono
avere
senza
automobile
in
un
paese
come
questo
?
Il
signor
X
lascia
che
la
ragazza
si
dilegui
e
quindi
si
fa
cinque
chilometri
a
piedi
e
arriva
finalmente
,
stremato
,
all
'
albergo
.
Il
giorno
dopo
il
signor
X
,
di
buon
mattino
,
riparte
verso
l
'
Ovest
,
in
treno
questa
volta
.
È
un
treno
bellissimo
,
dal
nome
suggestivo
,
con
vagoni
blindati
che
sembrano
tanti
frigoriferi
.
Ma
è
vuoto
.
In
tutto
il
vagone
del
signor
X
ci
saranno
si
e
no
tre
viaggiatori
:
tutti
ormai
viaggiano
in
aeroplano
,
in
America
,
soprattutto
all
'
Ovest
nelle
cui
plaghe
spopolate
non
ci
sono
cittadine
o
villaggi
che
giustifichino
l
'
esistenza
di
qualche
cosa
di
simile
ai
nostri
accelerati
.
Il
signor
X
scende
a
prendere
un
caffè
,
fa
per
risalire
e
nello
stesso
momento
il
treno
si
muove
in
maniera
sorniona
e
traditrice
,
e
sfila
via
sotto
la
pensilina
,
senza
un
trillo
di
fischietto
o
un
segnale
di
bandieretta
,
come
se
gli
premesse
di
non
far
sapere
che
parte
.
Adesso
il
treno
sfila
su
un
terrapieno
,
tutt
'
intorno
una
valle
sabbiosa
e
circolare
che
sembra
il
cratere
di
un
vulcano
spento
e
allora
il
signor
X
può
vedere
che
è
un
treno
lunghissimo
che
si
tira
dietro
una
coda
interminabile
di
vagoni
merci
,
tutti
istoriati
con
le
sigle
e
i
nomi
delle
grandi
società
alimentari
degli
Stati
Uniti
.
Carni
morte
,
frutta
morte
,
pesci
morti
,
verdure
morte
,
pensa
il
signor
X
,
roba
morta
per
la
gente
dell
'
Ovest
,
spedita
ai
frigoriferi
delle
città
del
Pacifico
e
soltanto
dopo
lunghi
soggiorni
nelle
più
svariate
ghiacciaie
,
destinata
alla
consumazione
.
Il
treno
incomincia
a
correre
.
È
grande
l
'
America
,
pensa
il
signor
X
dopo
circa
otto
ore
di
viaggio
,
guardando
al
paesaggio
.
Sono
infatti
otto
ore
filate
che
il
treno
attraversa
un
paesaggio
sempre
eguale
,
spaventoso
a
dir
la
verità
,
ossia
quasi
desertico
,
o
meglio
,
morto
.
Una
campagna
grigia
e
bruna
,
appena
appena
ondulata
,
senza
alberi
,
senza
cespugli
,
con
qualche
roccia
corrosa
qua
e
là
che
sembra
un
dente
cariato
ritto
sulle
sue
radici
,
coperta
da
una
fine
e
piumosa
vegetazione
dal
colore
smorto
e
secco
,
si
stende
a
perdita
d
'
occhio
ai
due
lati
del
treno
,
per
ore
e
ore
e
ore
.
Il
signor
X
aguzza
gli
occhi
e
finalmente
capisce
che
sopra
quella
campagna
è
passato
un
ciclone
di
polvere
e
che
quel
colore
è
il
colore
della
polvere
.
Qualche
giorno
prima
,
pensa
il
signor
X
,
apparve
all
'
orizzonte
un
minaccioso
pollice
scuro
,
dall
'
unghia
rivolta
in
giù
,
dalla
palma
della
mano
perduta
tra
le
nubi
,
e
questo
pollice
gigantesco
prese
a
girare
sugli
orizzonti
,
un
pollice
verso
,
pensa
il
signor
X
,
il
quale
,
alla
maniera
dei
romani
antichi
nei
circhi
,
decretava
silenziosamente
la
morte
della
campagna
.
E
infatti
,
dovunque
quel
pollice
verso
era
passato
,
la
campagna
era
morta
.
Quel
che
fa
più
impressione
al
signor
X
,
oltre
alla
polvere
,
è
l
'
aspetto
spopolato
di
questo
paesaggio
:
non
una
casa
,
non
un
abituro
;
e
sulla
strada
che
corre
parallela
al
treno
,
o
meraviglia
,
non
un
'
automobile
.
Lontano
,
bizzarre
montagne
corrose
e
lunghe
in
forma
di
tavole
finiscono
di
dare
a
tutto
il
paesaggio
un
aspetto
decrepito
,
lunare
,
irreale
.
Giunge
l
'
ora
della
colazione
,
il
signor
X
si
presenta
nel
vagone
ristorante
e
siede
di
fronte
ad
un
signore
di
mezza
età
,
vestito
di
una
camicia
trasparente
di
nylon
(
nel
taschino
tiene
due
sigari
che
sembrano
due
corpi
estranei
visti
in
una
radioscopia
)
che
fa
pensare
agli
involucri
di
cellophane
onde
sono
avvolti
in
America
i
più
diversi
prodotti
,
dalle
bistecche
ai
ravanelli
.
Questo
viaggiatore
ha
una
faccia
d
'
ordine
,
pensa
il
signor
X
sbirciandolo
,
appartiene
certamente
a
qualche
istituto
o
organizzazione
o
associazione
.
Infatti
è
un
ufficiale
dell
'
esercito
americano
in
viaggio
di
trasferimento
.
Il
dialogo
comincia
subito
:
"
Buongiorno
,
bella
giornata
,
non
è
vero
?
"
(
È
una
giornata
orribile
,
il
cielo
è
oscurato
da
una
specie
di
caligine
fosca
.
)
"
Sì
,
bella
giornata
,
dove
va
?
"
"
A
Sacramento
...
e
lei
?
"
"
A
San
Francisco
.
"
Lungo
silenzio
;
il
signor
X
arrischia
:
"
Lei
è
...
"
"
Sono
nell
'
esercito
...
e
lei
?
"
"
Io
sono
giornalista
,
sono
europeo
.
"
"
Ah
europeo
.
"
"
Sì
,
italiano
.
"
Questa
volta
il
silenzio
dura
a
lungo
.
Il
signor
X
pensa
:
ecco
,
in
questo
momento
egli
si
domanda
quali
possano
essere
i
rapporti
dell
'
esercito
americano
con
l
'
Italia
;
egli
non
può
fare
che
una
domanda
di
ordinanza
;
il
fatto
che
sono
straniero
gli
ha
fatto
subito
indossare
mentalmente
la
divisa
.
E
infatti
:
"
Mi
pare
che
noi
abbiamo
ancora
qualche
cosa
in
Italia
,
non
è
vero
?
una
rappresentanza
.
"
"
Sì
,
a
Livorno
,
porto
di
sbarco
per
le
truppe
di
Germania
.
"
"
E
anche
a
Trieste
,
no
?
"
"
No
,
a
Trieste
non
più
.
"
Il
signor
X
è
un
po
'
maligno
e
spesso
cede
alla
tentazione
di
stuzzicare
,
come
si
dice
,
il
can
che
dorme
:
"
Trieste
è
una
città
importante
,
alla
frontiera
con
l
'
Europa
comunista
...
il
comunismo
...
"
Il
signor
X
guarda
l
'
ufficiale
e
l
'
ufficiale
guarda
,
attraverso
il
corpo
del
signor
X
,
la
poltrona
rivestita
di
cuoio
rosso
del
vagone
ristorante
.
Il
signor
X
insiste
:
"
Il
comunismo
si
estende
,
per
così
dire
,
da
Trieste
fino
al
Mar
Giallo
...
per
questo
...
"
Il
viaggiatore
questa
volta
fa
un
gesto
espressivo
:
gira
il
capo
verso
il
finestrino
,
masticando
lentamente
un
pezzo
di
bistecca
.
Sempre
così
,
pensa
il
signor
X
soddisfatto
della
prova
:
messo
di
fronte
ad
una
conversazione
impegnativa
,
che
non
sia
fatta
soltanto
di
storielle
e
di
statistiche
,
ma
anche
di
idee
generali
,
l
'
americano
medio
si
ritrae
come
un
gambero
e
,
per
così
dire
,
scompare
dalla
conversazione
stessa
.
In
altri
termini
,
il
cane
stuzzicato
,
invece
di
svegliarsi
,
si
addormenta
ancor
più
profondamente
.
Il
viaggio
continua
:
l
'
America
,
come
dice
la
canzone
dell
'
emigrante
"
l
'
è
longa
e
l
'
è
larga
"
.
Dopo
il
deserto
sopravviene
la
notte
e
dopo
la
notte
,
il
signor
X
,
affacciandosi
al
finestrino
,
vede
,
attraverso
il
bianco
polverio
di
una
tormenta
di
neve
,
alte
montagne
nevose
,
fitte
abetine
cariche
di
neve
,
laghi
debolmente
luccicanti
in
fondo
ai
valloni
profondi
,
sotto
la
neve
che
li
appanna
:
le
Montagne
Rocciose
.
Il
solito
paesaggio
alpino
,
pensa
il
signor
X
annoiato
.
Eppure
,
eppure
...
le
Alpi
sono
altra
cosa
.
Pare
impossibile
,
ma
anche
tra
queste
montagne
,
come
del
resto
dappertutto
in
America
si
sente
che
l
'
uomo
non
ha
ancora
apposto
il
sacro
sigillo
della
cultura
.
Le
Montagne
Rocciose
sono
prive
di
echi
,
di
riferimenti
,
di
ricordi
,
pensa
il
signor
X
;
e
Guglielmo
Tell
,
con
il
suo
garzoncello
spaurito
e
la
sua
mela
basta
ad
umanizzare
anche
i
più
impervi
cantoni
della
Svizzera
.
Il
treno
sale
faticosamente
vagone
dopo
vagone
,
fino
in
cima
ad
un
colle
dopo
il
quale
discende
rapidamente
sull
'
altro
versante
mentre
il
paesaggio
,
altrettanto
rapidamente
,
perde
prima
di
tutto
la
sua
coltre
di
neve
,
poi
i
suoi
abeti
e
quindi
anche
le
sue
rocce
.
È
la
California
,
finalmente
,
che
guarda
al
Pacifico
e
all
'
Estremo
Oriente
(
che
qui
diventa
Estremo
Occidente
:
l
'
Occidente
non
finisce
mai
)
,
e
volta
le
spalle
all
'
America
,
verde
,
verdissima
,
piena
di
alberi
molli
e
folti
,
rigata
di
acque
,
stranamente
amena
e
al
tempo
stesso
selvaggia
.
Il
treno
corre
ormai
in
piano
tra
frutteti
rigogliosi
,
dolci
colline
sparse
di
querce
fronzute
,
campi
coltivati
a
granoturco
.
Il
signor
X
si
affaccia
qualche
ora
dopo
sulla
baia
di
San
Francisco
verso
il
tramonto
.
Il
ferry
boat
che
lo
porta
da
Oakland
a
San
Francisco
fende
con
la
sua
pesante
prua
tonda
un
'
acqua
densa
,
violacea
,
scintillante
ai
raggi
del
sole
declinante
.
San
Francisco
è
laggiù
,
evocando
con
le
sue
colline
innumerevoli
e
le
sue
bianche
case
disposte
le
une
sulle
altre
,
altre
città
famose
per
la
loro
bellezza
:
Napoli
,
Hong
-
Kong
,
Rio
de
Janeiro
.
Una
collana
di
lumi
risplendenti
sospesa
tra
la
bianca
città
e
un
promontorio
scuro
indica
il
salto
prodigioso
del
Golden
Gate
Bridge
,
uno
dei
più
bei
ponti
del
mondo
.
Ad
un
tratto
un
viaggiatore
dall
'
aspetto
di
middlewestern
,
calvo
,
tarchiato
,
peloso
,
un
grosso
sigaro
tra
i
denti
,
indossante
una
camiciola
havaiana
a
grandi
fiorami
,
si
avvicina
al
signor
X
:
"
Potreste
farmi
un
favore
?
"
"
Due
"
,
risponde
il
signor
X
premuroso
.
"
Allora
prendete
questa
macchina
fotografica
e
fatemi
la
fotografia
...
ma
abbiate
cura
di
includere
nello
sfondo
quell
'
isoletta
laggiù
.
"
"
Non
volete
nello
sfondo
anche
San
Francisco
?
"
"
No
,
voglio
soltanto
quell
'
isoletta
...
sapete
,
è
l
'
isola
di
Alcatraz
,
dove
si
trova
uno
dei
più
famosi
ergastoli
d
'
America
...
nessuno
è
mai
riuscito
ad
evaderne
,
ma
ci
sono
state
tante
rivolte
di
detenuti
,
voglio
mandare
questa
fotografia
a
mia
moglie
.
"
"
Strani
gusti
-
pensa
il
signor
X
facendo
scattare
la
fotografia
mentre
il
viaggiatore
si
atteggia
poeticamente
contro
lo
sfondo
della
prigione
-
trovarsi
in
una
delle
più
belle
baie
del
mondo
e
farsi
fotografare
con
la
galera
alle
spalle
"
.
StampaQuotidiana ,
San
Francisco
-
È
stato
detto
più
volte
che
le
civiltà
si
giudicano
soprattutto
dal
modo
con
il
quale
hanno
risolto
o
tentato
di
risolvere
il
problema
della
morte
.
La
civiltà
egiziana
,
per
esempio
,
aveva
trovato
un
mezzo
molto
semplice
di
risolvere
questo
problema
,
cioè
facendone
il
centro
stesso
della
vita
,
come
attestano
in
Egitto
gli
innumerevoli
monumenti
funerari
,
dalle
Piramidi
alle
tombe
sotterranee
della
Valle
dei
Re
.
In
Egitto
tutta
la
vita
umana
era
in
funzione
della
morte
e
l
'
Egitto
forniva
a
questa
concezione
mortuaria
la
cornice
incomparabile
della
sua
atmosfera
incantata
da
Campi
Elisi
,
del
suo
funebre
perpetuo
tempo
sereno
,
dei
suoi
deserti
pieni
di
miraggi
,
del
suo
silenzio
e
della
sua
immobilità
.
Il
solo
libro
che
si
conservi
della
letteratura
egiziana
è
il
cosiddetto
Libro
dei
morti
,
il
quale
veniva
deposto
,
scritto
su
papiri
,
sopra
il
petto
dei
defunti
;
ed
è
significativo
che
sia
,
per
noialtri
moderni
,
un
libro
quasi
incomprensibile
,
fittamente
rituale
e
simbolico
,
allusivo
appunto
ad
una
civiltà
lontanissima
ormai
dalla
nostra
.
Dall
'
Egitto
all
'
America
è
un
bel
salto
e
la
differenza
è
massiccia
:
in
Egitto
tutto
era
fatto
per
la
morte
e
la
morte
aveva
trovato
una
sua
soluzione
magica
,
religiosa
,
fantastica
e
poetica
;
in
America
tutto
è
fatto
per
la
vita
e
la
morte
non
sembra
aver
trovato
alcuna
soluzione
.
Strano
a
dirsi
:
il
sottofondo
della
morte
in
Egitto
sembra
essere
stata
la
vita
,
quella
di
tutti
i
giorni
,
almeno
a
giudicare
dalle
meravigliose
rappresentazioni
di
vita
reale
dipinte
sulle
pareti
delle
tombe
della
Valle
dei
Re
;
per
converso
il
sottofondo
della
vita
in
America
è
la
morte
,
ossia
il
problema
irrisolto
e
insolubile
della
morte
.
Così
la
morte
si
vendica
della
vita
,
agli
Stati
Uniti
;
e
mentre
la
vita
viene
esaltata
in
tutti
i
suoi
aspetti
energetici
e
produttivi
,
la
morte
che
si
vorrebbe
ignorare
,
si
infiltra
dappertutto
nelle
radici
stesse
della
vita
dandole
spesso
un
senso
funebre
e
vano
.
A
San
Francisco
,
città
piena
di
edifici
e
di
quartieri
nuovissimi
,
ci
era
stato
parlato
della
nuova
sede
di
una
ditta
di
pompe
funebri
(
"
Funeral
home
"
)
or
ora
costruita
secondo
il
disegno
di
un
allievo
del
celebre
architetto
americano
Frank
Lloyd
Wright
.
Ci
andammo
,
per
renderci
conto
di
come
era
stato
risolto
non
diciamo
il
problema
della
morte
,
ma
quello
di
un
edificio
dedicato
alla
morte
.
Fermammo
l
'
automobile
ai
piedi
di
una
strada
in
ripida
discesa
,
come
tutte
le
strade
di
San
Francisco
.
L
'
edificio
sorgeva
sopra
una
specie
di
terrapieno
murato
a
sghembo
,
sulla
destra
della
strada
.
Riconoscemmo
subito
lo
stile
del
maestro
,
piani
orizzontali
,
sporgenti
in
terrazze
e
in
verande
soprapposte
(
ricordate
la
villa
della
cascata
?
)
sapientemente
alternati
e
attaccati
alla
collina
come
quei
funghi
volgarmente
chiamati
lingue
di
bove
al
ceppo
di
qualche
quercia
o
leccio
.
L
'
allievo
di
Wright
aveva
concepito
,
insomma
,
questa
casa
dei
morti
come
un
country
-
club
o
una
villa
di
campagna
:
niente
sfingi
,
urne
,
tripodi
,
fiamme
,
niente
stile
impero
,
niente
marmi
neri
e
bianchi
,
bensì
mattoni
rossi
,
superfici
lisce
,
linee
astratte
,
gioco
di
volumi
e
di
piani
.
Entrammo
per
una
veranda
nella
hall
:
una
vasta
sala
,
dal
pavimento
lustrante
;
in
un
angolo
circondato
da
un
giardinetto
di
piante
giapponesi
,
un
fresco
e
pispigliante
gioco
d
'
acqua
;
sulle
pareti
alcune
decorazioni
in
ceramica
,
di
uno
stile
colorato
e
viennese
,
che
ci
ricordò
per
un
momento
il
vecchio
pittore
Klimt
.
Quasi
subito
una
bellissima
ragazza
,
alta
,
slanciatissima
,
tornita
alla
perfezione
dal
bel
collo
alle
snelle
caviglie
,
giovane
e
piena
di
salute
,
ci
venne
incontro
ancheggiando
leggermente
e
sorridendoci
.
Con
una
dolce
voce
ella
ci
domandò
in
maniera
affatto
burocratica
in
che
cosa
poteva
servirci
(
"
Can
I
help
you
in
any
way
?
"
)
,
e
saputo
che
non
avevamo
bisogno
dei
servizi
della
ditta
,
ma
venivamo
soltanto
per
una
visita
d
'
informazione
,
approvò
senz
'
altro
la
nostra
curiosità
dicendoci
che
la
ditta
era
ben
contenta
che
si
visitasse
lo
stabilimento
,
uno
dei
più
importanti
e
più
moderni
degli
Stati
Uniti
.
Quindi
ci
precedette
prima
di
tutto
nell
'
ufficio
della
direzione
e
ci
mostrò
un
enorme
e
complicato
radio
-
grammofono
spiegandoci
che
esso
era
collegato
con
le
varie
camere
ardenti
e
che
al
momento
opportuno
da
esso
venivano
diffuse
in
toni
aerei
e
angelici
musiche
per
tutti
i
gusti
,
da
Bach
a
Händel
fino
al
jazz
.
Da
quest
'
ufficio
passammo
nella
principale
camera
ardente
.
Questa
stanza
era
assai
vasta
e
per
due
terzi
occupata
da
una
quadruplice
fila
di
poltrone
,
come
un
piccolo
teatro
.
Una
specie
di
tribuna
o
meglio
di
palcoscenico
leggermente
sopraelevato
rispetto
al
pavimento
,
si
trovava
davanti
alle
poltrone
:
qui
,
ci
spiegò
la
ragazza
,
veniva
collocata
la
bara
e
celebrato
l
'
ufficio
funebre
.
Notammo
che
tutto
il
fondo
del
palcoscenico
era
attraversato
da
una
quinta
o
paravento
di
mattoni
rossi
;
dietro
quella
quinta
o
paravento
,
ci
informò
la
nostra
guida
,
la
famiglia
del
defunto
poteva
piangere
e
sfogare
il
suo
dolore
a
tutto
suo
agio
,
mentre
gli
amici
,
le
conoscenze
,
e
i
colleghi
sedevano
invece
nelle
quattro
file
di
poltrone
.
Tutto
era
pulito
,
nuovo
,
ultramoderno
e
pratico
.
La
ragazza
ci
fece
notare
tra
l
'
altro
che
il
riscaldamento
non
era
a
termosifoni
bensì
funzionava
per
mezzo
di
tubi
che
scaldavano
uniformemente
l
'
intera
superficie
del
pavimento
.
Dalla
camera
ardente
passammo
al
secondo
piano
sempre
preceduti
dalla
"
mortuary
hostess
"
.
Ella
ci
fece
passare
in
una
vasta
stanza
rettangolare
e
con
un
gesto
della
mano
,
senza
parole
,
ci
indicò
la
varia
mercanzia
che
era
raccolta
in
questa
sala
:
bare
,
bare
e
bare
collocate
in
fila
lungo
le
pareti
e
nel
mezzo
.
Ce
n
'
erano
per
tutti
i
gusti
e
per
tutte
le
borse
,
come
notammo
esaminandole
davvicino
:
alcune
di
rame
argentato
,
foderate
di
moerro
bianco
,
del
costo
di
millecinquecento
dollari
,
altre
di
semplice
rame
,
altre
di
metallo
e
legno
,
altre
ancora
di
solo
legno
.
Anche
tutte
queste
bare
avevano
un
aspetto
massiccio
,
quasi
di
sarcofago
,
ed
erano
decorate
in
maniera
più
o
meno
ricca
,
secondo
uno
stile
oscillante
tra
lo
stile
impero
e
la
secessione
viennese
.
La
ragazza
intanto
ci
spiegava
:
il
morto
veniva
preparato
,
cioè
imbellettato
secondo
i
colori
che
aveva
in
vita
e
atteggiato
acconciamente
e
quindi
rivestito
.
Ella
si
avvicinò
ad
un
armadio
,
ne
apri
i
battenti
e
ci
indicò
i
vestiti
che
la
ditta
poteva
fornire
alle
famiglie
che
non
ne
disponevano
:
abiti
blu
a
doppio
petto
,
con
cravatta
nera
e
camicia
bianca
per
gli
uomini
,
lunghe
camicie
di
velo
rosa
,
decorate
di
ricami
e
fiorellini
per
le
donne
.
Le
scarpe
degli
uomini
erano
nere
(
con
la
suola
di
cartone
,
tanto
i
morti
non
camminano
)
;
le
donne
potevano
calzare
pantofoline
da
notte
.
La
ragazza
ci
assicurò
che
tutti
preferivano
i
vestiti
della
ditta
a
quelli
che
il
morto
portava
in
vita
,
se
non
altro
perché
era
più
pratico
:
si
consegnava
il
morto
alla
ditta
e
la
ditta
si
incaricava
di
ogni
cosa
,
dal
servizio
funebre
alla
preparazione
,
all
'
esposizione
e
alla
finale
cremazione
o
inumazione
.
La
visita
era
finita
;
la
ragazza
ci
accompagnò
a
pianterreno
,
ci
fece
firmare
il
libro
dei
visitatori
e
ci
raccomandò
di
tornare
al
più
presto
,
naturalmente
in
qualità
di
clienti
.
Lasciammo
la
"
funeral
home
"
non
senza
sollievo
.
Supponiamo
che
,
dopo
tutto
,
una
ditta
di
pompe
funebri
in
Europa
non
presenti
un
aspetto
molto
diverso
:
l
'
edificio
non
sarà
stato
costruito
secondo
lo
stile
di
Wright
,
nessuna
bellissima
ragazza
riceverà
i
clienti
,
tutto
sarà
meno
moderno
,
più
intonato
alla
tradizione
,
ma
pur
sempre
di
morti
e
di
bare
si
tratterà
.
La
differenza
,
secondo
noi
,
sta
tutta
nel
modo
,
nello
spirito
con
cui
è
considerato
il
fatto
della
morte
.
Mentre
visitavamo
la
"
funeral
home
"
di
San
Francisco
,
ci
accorgemmo
per
esempio
che
la
nostra
guida
cercava
tenacemente
di
mascherare
e
annullare
con
accorgimenti
verbali
i
tristi
particolari
del
suo
mestiere
.
Noi
dicevamo
"
corpse
"
e
lei
diceva
"
person
"
,
noi
dicevamo
"
coffin
"
e
lei
diceva
"
casket
"
,
noi
dicevamo
"
die
"
e
lei
diceva
"
pass
away
"
,
noi
dicevamo
"
funeral
"
e
lei
diceva
"
services
"
,
noi
dicevamo
"
mortician
house
"
e
lei
diceva
"
funeral
home
"
.
La
povera
ragazza
,
insomma
,
si
aggrappava
disperatamente
all
'
eufemismo
,
con
la
cortese
inflessibilità
della
governante
che
abbia
a
che
fare
con
un
bambino
maleducato
.
E
in
realtà
l
'
eufemismo
,
nella
sua
bocca
,
era
più
che
una
figura
verbale
:
era
il
contrassegno
di
uno
stato
d
'
animo
,
per
così
dire
,
nazionale
.
Infatti
,
in
seguito
,
girando
per
gli
Stati
Uniti
,
ci
accorgemmo
ben
presto
che
la
morte
era
un
argomento
da
evitarsi
o
per
lo
meno
da
mascherare
con
acconcie
parole
.
In
realtà
,
la
civiltà
americana
così
ingegnosa
e
così
inventiva
per
quanto
riguarda
i
comodi
della
vita
,
si
dimostra
oltremodo
priva
di
immaginazione
quando
si
tratta
della
morte
.
Diciamolo
francamente
:
non
c
'
è
posto
per
la
morte
negli
Stati
Uniti
,
ossia
nulla
vi
è
stato
previsto
per
far
della
morte
,
come
in
Egitto
e
in
genere
nelle
antiche
civiltà
,
la
degna
conclusione
della
vita
.
Sotto
sotto
gli
americani
considerano
la
morte
come
un
'
indiscrezione
,
un
'
indecenza
,
un
"
faux
-
pas
"
,
un
errore
imperdonabile
.
A
molti
americani
,
alla
notizia
della
morte
di
un
parente
o
amico
,
vien
quasi
fatto
di
esclamare
:
"
ma
che
gli
è
saltato
in
mente
a
Jones
o
a
Smith
di
morire
?
"
Da
questa
impreparazione
e
inesperienza
(
pare
impossibile
ma
così
è
,
inesperienza
)
,
deriva
la
tendenza
a
sbrigare
la
morte
come
una
faccenda
pratica
,
l
'
ultima
della
vita
del
defunto
,
in
base
a
considerazioni
di
efficienza
,
di
capacità
finanziaria
e
di
organizzata
rapidità
.
Tutto
quello
,
insomma
,
che
si
fa
per
il
defunto
è
slegato
da
qualsiasi
concezione
metafisica
e
trasferito
sul
piano
della
praticità
.
In
altre
parole
,
il
defunto
è
considerato
,
alla
maniera
industriale
,
un
po
'
come
un
prodotto
fra
i
tanti
che
va
confezionato
e
manipolato
in
quel
dato
modo
stabilito
da
una
tradizione
ormai
incomprensibile
e
remota
,
beninteso
sempre
secondo
i
mezzi
finanziari
della
famiglia
.
Questa
praticità
qualche
volta
produce
effetti
grotteschi
,
almeno
per
noialtri
europei
.
Senza
arrivare
allo
slogan
che
ci
fu
riferito
ma
che
non
sembra
credibile
:
"
Perché
andate
in
giro
vivi
quando
possiamo
seppellirvi
per
trecentonovantanove
dollari
e
cinquanta
?
"
,
le
ditte
di
pompe
funebri
danno
molto
spesso
alla
loro
pubblicità
un
carattere
più
allegro
e
disinvolto
di
quanto
l
'
argomento
non
consenta
.
Per
esempio
mostreranno
in
un
cartellone
una
fanciulla
molto
"
sexy
"
,
dal
viso
leggermente
mesto
,
dagli
occhi
socchiusi
e
accanto
ci
metteranno
una
scritta
di
questo
genere
:
"
Nel
momento
del
cordoglio
,
voi
non
potete
occuparvi
dei
dettagli
.
Tutto
quello
che
dovete
fare
è
telefonarci
e
noi
sbrigheremo
ogni
cosa
per
voi
.
Soltanto
duecentonovantanove
dollari
e
novantotto
centesimi
.
"
Da
notarsi
che
tra
le
cose
che
la
ditta
si
incarica
di
sbrigare
c
'
è
anche
il
servizio
religioso
.
A
quanto
pare
,
sempre
più
spesso
ormai
,
le
famiglie
dei
defunti
preferiscono
che
il
servizio
religioso
sia
celebrato
nella
stessa
"
funeral
house
"
,
che
provvede
alla
preparazione
del
morto
e
poi
all
'
inumazione
.
Soltanto
i
cattolici
portano
ancora
i
loro
defunti
in
chiesa
.
Ma
non
si
deve
per
questo
pensare
che
gli
americani
siano
meno
degli
altri
popoli
attaccati
ai
loro
cari
e
desiderosi
di
rendere
loro
onore
dopo
il
trapasso
.
Come
abbiamo
già
accennato
,
non
si
tratta
in
fondo
che
di
una
mancanza
di
esperienza
:
si
muore
in
America
da
soli
tre
secoli
e
mezzo
,
mentre
in
Europa
si
muore
da
tremila
anni
e
in
Egitto
da
cinquemila
.
È
possibile
insomma
che
queste
"
funeral
home
"
siano
il
punto
di
partenza
di
una
nuova
maniera
di
interpretare
la
morte
,
di
una
nuova
concezione
della
morte
del
lontano
futuro
.
Bisogna
,
tuttavia
,
vedere
in
questa
praticità
che
si
sforza
di
rendere
la
morte
in
tutto
simile
alla
vita
,
anche
forse
qualche
altra
cosa
.
Probabilmente
il
protestantesimo
e
soprattutto
le
sette
più
estreme
del
protestantesimo
avevano
,
nell
'
ultimo
secolo
,
un
po
'
troppo
tirato
la
corda
spiritualistica
.
Nella
loro
reazione
alla
concretezza
e
corposità
cattolica
,
in
un
paese
in
cui
non
c
'
erano
,
come
in
Europa
,
antiche
religioni
pagane
sulle
quali
innestare
il
Cristianesimo
,
le
sette
protestanti
avevano
finito
per
fare
della
morte
qualche
cosa
di
eccessivamente
spirituale
,
trascendente
,
inconsistente
.
L
'
immensa
pubblicistica
religiosa
protestante
parlava
della
morte
e
dell
'
anima
in
maniera
incomprensibile
per
il
volgo
e
soprattutto
per
la
grandissima
maggioranza
dei
più
recenti
emigrati
quasi
tutti
provenienti
dai
paesi
dell
'
Europa
Orientale
e
Meridionale
.
Che
era
,
per
esempio
,
quest
'
anima
di
cui
tanto
parlavano
i
pastori
protestanti
,
sempre
buona
,
sempre
pura
,
sempre
eterea
,
sempre
eguale
,
sia
che
si
trattasse
dell
'
anima
di
un
bambino
o
di
un
vecchio
,
di
un
ricco
o
di
un
povero
,
di
Smith
o
di
Jones
?
Agli
emigranti
venuti
dai
paesi
dove
ci
sono
ancora
i
santuari
e
gli
ex
-
voto
,
i
miracoli
e
i
pellegrinaggi
,
quest
'
anima
protestante
non
diceva
nulla
.
Quest
'
anima
aveva
,
insomma
,
il
grave
torto
di
essere
impersonale
.
Donde
,
secondo
noi
,
il
desiderio
di
vedere
nel
morto
il
vivo
,
di
considerare
il
morto
ancor
vivo
e
perciò
di
farlo
vestire
,
imbellettare
,
truccare
come
un
attore
che
debba
ancora
recitare
una
parte
:
donde
la
praticità
delle
"
funeral
house
"
,
dove
il
morto
è
trattato
come
una
"
person
"
e
non
come
un
"
corpse
"
,
secondo
l
'
eufemismo
della
nostra
"
mortuary
hostess
"
.
Sono
,
del
resto
,
cose
piuttosto
misteriose
e
non
si
cerca
di
spiegarle
,
ma
soltanto
di
tentare
una
approssimativa
delucidazione
.
Che
avveniva
per
esempio
nella
mente
di
quei
genitori
di
una
piccola
città
del
middlewest
,
i
quali
avevano
perduto
una
loro
amatissima
bambina
?
Essi
continuavano
a
trattare
la
piccola
morta
come
se
fosse
viva
e
ora
portavano
sulla
sua
tomba
giocattoli
nuovi
fiammanti
ora
vestitini
e
altri
oggetti
.
E
a
Natale
,
un
dolce
natalizio
.
E
a
Pasqua
,
delle
uova
di
Pasqua
debitamente
dipinte
a
vivaci
colori
.
Che
è
anche
questa
una
maniera
religiosa
di
intendere
la
morte
:
di
una
religione
,
però
,
con
forti
tratti
arcaici
e
primitivi
.
StampaQuotidiana ,
San
Francisco
-
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
,
contemplando
attraverso
le
vetrate
di
un
ristorante
l
'
oceano
verde
e
gonfio
fino
ai
lontani
orizzonti
caliginosi
,
finisce
al
Pacifico
essendo
cominciato
sull
'
Atlantico
.
Finisce
qui
perché
qui
,
geograficamente
,
finisce
l
'
America
,
quest
'
isola
immensa
stretta
tra
due
oceani
(
gli
Americani
si
considerano
isolani
,
se
non
altro
perché
per
andare
in
Europa
o
in
Asia
debbono
varcare
il
mare
:
e
infatti
europeo
si
traduce
in
America
"
continental
"
,
alla
maniera
inglese
)
.
Attraverso
la
vetrata
il
signor
X
può
vedere
,
ad
un
centinaio
circa
di
metri
dal
ristorante
,
una
roccia
isolata
brulicante
di
strani
,
grossi
animali
dalla
testa
di
cane
,
dal
corpo
di
donna
e
dalla
coda
di
pesce
:
sono
le
foche
le
quali
abbondano
nei
dintorni
di
San
Francisco
dove
l
'
acqua
dell
'
oceano
è
poco
meno
gelida
che
intorno
l
'
Alaska
;
e
queste
foche
,
più
di
ogni
altra
cosa
,
danno
al
signor
X
il
senso
di
affacciarsi
su
un
mare
ancor
vergine
,
ancora
"
naturale
"
,
ben
diverso
dall
'
Atlantico
ormai
umanizzato
dalla
storia
di
quattro
secoli
e
dai
fittissimi
traffici
.
Assiepate
in
cento
sopra
uno
scoglio
esiguo
,
queste
innocenti
e
afone
sirene
si
godono
il
pallido
sole
,
con
singolari
movenze
,
goffe
,
languide
e
donnesche
.
Ogni
tanto
due
levano
il
muso
,
l
'
una
incontro
all
'
altra
,
e
pare
che
si
parlino
o
si
bacino
;
quindi
scivolano
nell
'
acqua
e
,
da
pesanti
e
massicce
che
erano
,
diventano
,
appena
immerse
nel
loro
elemento
,
agili
,
fulminee
,
leggerissime
,
giocose
.
Nuotano
in
coppia
,
descrivendo
nell
'
acqua
complicate
ed
eleganti
evoluzioni
,
si
separano
,
scompaiono
,
riaffiorano
,
tornano
ad
accoppiarsi
.
Il
signor
X
si
incanta
a
guardarle
e
poi
,
ad
un
tratto
,
trasalisce
ad
un
diffuso
mormorio
alle
sue
spalle
,
si
volta
e
vede
che
tutto
il
ristorante
è
in
piedi
:
una
balena
.
Il
signor
X
si
alza
anche
lui
,
guarda
,
e
infatti
,
proprio
sotto
la
vetrata
,
vede
emergere
per
un
momento
il
lungo
dorso
spesso
e
nero
del
cetaceo
.
Il
dorso
si
immerge
quasi
subito
e
poco
dopo
,
simile
ad
un
enorme
pipistrello
o
meglio
ad
un
mostro
volante
preistorico
,
ecco
sferzare
l
'
aria
la
coda
falcata
,
nerissima
,
della
balena
.
Ma
la
balena
non
gioca
come
le
foche
.
Essa
,
probabilmente
,
cozza
in
quel
momento
contro
un
oscuro
e
forse
,
per
lei
,
nuovo
sentimento
:
quello
del
limite
.
Avvezza
all
'
infinito
degli
oceani
che
girano
per
tutta
la
terra
e
non
finiscono
mai
,
la
balena
non
comprende
la
sponda
,
questo
limite
,
questa
fine
.
Tuttavia
,
come
un
calabrone
che
dopo
molto
dibattersi
contro
i
vetri
,
infili
una
finestra
aperta
,
la
balena
sembra
alla
fine
trovare
la
via
giusta
.
Ancora
una
rapida
emersione
della
schiena
,
un
'
ultima
sferzata
per
aria
della
coda
falcata
e
poi
la
balena
scompare
,
in
rotta
verso
i
più
lontani
orizzonti
del
Pacifico
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
più
tardi
il
signor
X
,
dove
finisce
l
'
Occidente
con
i
suoi
mali
e
i
suoi
beni
.
Ecco
,
per
esempio
,
una
insenatura
della
baia
,
dietro
Oakland
,
calma
,
deserta
,
come
abbandonata
.
E
similmente
,
sembrano
abbandonati
file
e
file
di
grandi
piroscafi
,
attraccati
gli
uni
accanto
agli
altri
,
in
gruppi
fitti
di
venti
o
trenta
ciascuno
.
Questi
piroscafi
hanno
l
'
aria
di
essere
in
buono
stato
;
però
ci
si
rende
conto
subito
che
una
strana
aria
di
abbandono
e
di
trascuratezza
avvolge
questa
flotta
.
In
realtà
,
questi
piroscafi
non
navigano
più
da
tempo
,
sono
navi
in
disarmo
,
per
lo
più
trasporti
di
guerra
;
e
adesso
il
Governo
americano
,
in
mancanza
di
magazzini
e
di
silos
,
li
ha
adibiti
a
depositi
galleggianti
degli
immensi
"
surplus
"
della
produzione
agricola
.
Sono
piroscafi
pieni
di
grano
,
di
scatolame
alimentare
,
di
burro
,
di
prodotti
agrari
.
L
'
America
produce
più
roba
da
mangiare
di
quanto
ne
consumi
;
lo
Stato
,
piuttosto
che
distruggerla
come
già
si
fece
,
pazzamente
,
prima
del
1929
,
preferisce
stivarla
nelle
navi
;
così
la
superproduzione
agricola
si
accumula
,
con
ingenti
spese
di
manutenzione
delle
navi
adibite
a
depositi
.
È
proprio
vero
che
l
'
Occidente
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
contemplando
queste
navi
;
l
'
Occidente
,
per
la
prima
volta
nell
'
intera
storia
dell
'
umanità
,
ha
debellato
la
carestia
,
anzi
addirittura
ha
inventato
un
nuovo
flagello
:
la
superproduzione
.
Al
di
là
dell
'
Oceano
Pacifico
incomincia
l
'
Oriente
dove
non
ci
sono
surplus
,
dove
le
carestie
sono
di
casa
,
dove
tutte
le
riforme
sociali
,
comuniste
e
non
comuniste
,
girano
intorno
il
problema
ancora
insoluto
della
penuria
e
della
fame
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
ancora
il
signor
X
,
mentre
in
macchina
percorre
il
Golden
Gate
Bridge
,
incontro
gli
eccelsi
piloni
che
per
la
loro
forma
e
il
loro
colore
rosso
fanno
pensare
a
qualche
monumento
della
Cina
.
In
quel
momento
un
grande
piroscafo
passa
sotto
il
ponte
eruttando
fumo
nero
nell
'
aria
azzurra
.
Il
ponte
di
Golden
Gate
è
sospeso
a
grande
altezza
e
qualsiasi
piroscafo
di
qualsiasi
stazza
può
penetrare
nella
baia
passando
sotto
la
rigida
,
elegantissima
passerella
sospesa
ai
due
piloni
con
cavi
di
acciaio
di
grossezza
enorme
,
anche
essi
dipinti
di
rosso
.
È
il
solo
ponte
rosso
del
mondo
,
e
il
signor
X
non
può
fare
a
meno
di
ricordarsi
che
dall
'
altra
parte
del
Pacifico
,
in
Cina
,
il
color
rosso
è
quello
della
buona
fortuna
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
,
a
San
Francisco
dove
,
come
le
acque
del
mare
e
del
delta
di
un
fiume
,
americanesimo
e
asiatismo
confluiscono
e
si
confondono
.
Non
foss
'
altro
che
nella
cucina
,
nella
grande
varietà
dei
ristoranti
asiatici
:
giapponesi
,
dove
si
può
mangiare
seduti
in
terra
,
scalzi
,
a
gambe
incrociate
,
serviti
da
ragazze
giapponesi
in
kimono
;
cinesi
,
dove
il
riso
e
le
verdure
sono
disposti
su
tavoli
laccati
dello
stesso
color
rosso
del
ponte
del
Golden
Gate
;
polinesiani
,
dove
tra
enormi
canne
di
bambù
che
fingono
l
'
interno
di
una
capanna
tahitiana
,
maschere
,
feticci
,
pesci
imbalsamati
e
piroghe
,
ci
si
può
illudere
un
momento
di
essere
a
migliaia
di
miglia
di
distanza
da
San
Francisco
:
filippini
,
giavanesi
,
indocinesi
,
coreani
.
Ma
non
è
soltanto
la
cucina
a
fare
di
San
Francisco
un
luogo
d
'
incontro
tra
Occidente
e
Oriente
.
Al
parco
,
uno
dei
più
belli
degli
Stati
Uniti
,
c
'
è
un
recinto
chiamato
"
Japanese
Tea
Garden
"
.
Questo
giardino
strano
affascinante
e
incredibile
,
pieno
di
minuscole
rocce
,
di
minimi
ruscelli
e
di
mostruosità
vegetali
fu
regalato
alla
città
di
San
Francisco
da
un
ricco
giapponese
,
senza
dubbio
per
emulare
simili
doni
fatti
alle
loro
città
dai
miliardari
americani
.
Ribattezzato
durante
la
guerra
contro
il
Giappone
in
"
Oriental
Tea
Garden
"
,
resta
tuttavia
la
testimonianza
di
una
simpatia
interoceanica
che
sussiste
tuttora
e
che
nel
futuro
avrà
senza
dubbio
i
più
impensati
sviluppi
.
Perché
l
'
America
non
è
completa
,
pensa
il
signor
X
,
passeggiando
per
i
vialetti
del
"
Japanese
Tea
Garden
"
,
ossia
non
ha
che
due
dimensioni
come
tutte
le
cose
estreme
,
che
stanno
al
limite
di
una
determinata
realtà
.
E
il
futuro
ci
dirà
se
sarà
l
'
Europa
o
l
'
Asia
a
integrare
l
'
America
,
a
renderla
completa
,
a
darle
quella
dimensione
morale
,
religiosa
,
ideologica
,
umana
che
oggi
le
manca
.
Intanto
bisogna
considerare
le
guerre
asiatiche
degli
Stati
Uniti
e
la
loro
permanenza
in
Giappone
,
in
Corea
e
a
Formosa
non
soltanto
come
azioni
militari
pure
e
semplici
ma
anche
come
oscuri
tentativi
di
approccio
ad
una
civiltà
diversa
e
probabilmente
compensatoria
.
Insomma
,
l
'
Occidente
,
a
San
Francisco
,
non
è
soltanto
rappresentato
da
tutto
ciò
che
è
puramente
occidentale
ma
anche
da
ciò
che
è
orientale
e
,
che
testimonia
l
'
antica
perpetua
tendenza
della
civiltà
occidentale
ad
arricchirsi
e
integrarsi
con
gli
apporti
dell
'
Oriente
,
come
a
Venezia
,
per
esempio
,
altro
luogo
d
'
incontro
tra
Occidente
e
Oriente
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
poco
dopo
,
aggirandosi
in
macchina
lungo
le
amene
sponde
di
Sausalito
,
sobborgo
marittimo
di
S
.
Francisco
,
gremite
di
piccoli
ristoranti
,
di
bar
e
di
taverne
.
A
Sausalito
abitarono
Jack
London
e
Stevenson
,
ambedue
viaggiatori
e
navigatori
del
Pacifico
;
ed
è
un
luogo
quieto
e
solatio
dove
le
abitudini
e
i
costumi
dell
'
Occidente
sembrano
quasi
ostentati
,
come
a
sfida
dell
'
Oceano
,
oltre
il
quale
cominciano
abitudini
e
costumi
tutti
diversi
.
Nei
bar
,
nelle
taverne
,
nei
ristoranti
c
'
è
un
po
'
di
tutto
,
un
po
'
di
"
pub
"
inglesi
,
un
po
'
di
caffè
francesi
di
Saint
-
Germain
-
des
-
Prés
,
un
po
'
di
trattorie
mediterranee
italiane
o
spagnole
.
I
bar
sono
pieni
di
ragazze
in
pantaloni
,
capelli
sciolti
sulle
spalle
,
magliette
da
mozzi
,
occhialute
,
pallide
,
sofisticate
,
esistenzialiste
;
e
i
loro
compagni
barbuti
,
rasati
a
zero
,
senza
colletto
né
cravatta
,
sono
anch
'
essi
travestiti
da
vagabondi
,
da
marinai
,
da
straccioni
.
Bevono
,
fumano
e
chiacchierano
senza
tregua
;
e
il
signor
X
sedendosi
in
uno
di
questi
gruppi
ha
la
ventura
di
assistere
ad
una
discussione
sulla
psicanalisi
.
Il
viaggio
finisce
veramente
qui
pensa
il
signor
X
mentre
intorno
a
lui
volano
parole
come
repressione
,
complesso
,
inibizione
,
censura
e
altre
simili
,
finisce
con
la
psicanalisi
,
questa
ipertrofica
attenzione
concessa
a
tutto
quanto
è
individuale
,
nella
persona
umana
.
Al
di
là
dell
'
Oceano
niente
psicanalisi
e
niente
attenzione
per
l
'
individuo
,
bensì
le
masse
ossia
gli
uomini
presi
all
'
ingrosso
in
classi
,
gruppi
e
folle
,
secondo
elementari
tendenze
,
elementari
necessità
,
elementari
ambizioni
.
L
'
Occidente
è
nato
con
la
preoccupazione
della
persona
umana
,
unica
,
incomunicabile
,
coerente
e
perfetta
;
e
l
'
Oriente
,
al
di
là
dell
'
Oceano
Pacifico
,
non
essendo
in
grado
di
comprendere
una
simile
preoccupazione
,
preferisce
attribuirla
ad
una
sfortuna
economica
,
ad
un
vizio
sociale
,
ad
una
decadenza
biologica
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
accompagnando
una
signora
californiana
a
fare
la
spesa
in
un
"
grocerstore
"
o
drogheria
,
diremmo
noi
.
Safeway
,
dove
in
realtà
si
può
comprare
tutto
quel
che
serve
per
la
casa
,
dalle
bistecche
(
involtate
in
cellophane
)
alle
scope
e
alle
polveri
per
pulire
le
casseruole
.
La
signora
all
'
ingresso
prende
un
carrettino
di
ferro
assai
comodo
e
maneggevole
e
quindi
,
la
lista
delle
compere
in
una
mano
e
l
'
altra
sul
carrettino
che
spinge
lentamente
lungo
gli
interminabili
banchi
pieni
di
roba
,
percorre
tutto
l
'
immenso
negozio
accumulando
al
suo
passaggio
le
provviste
per
una
settimana
.
Questi
negozi
Safeway
,
ella
spiega
al
signor
X
,
si
trovano
in
tutte
le
principali
città
americane
e
ognuno
di
essi
vuol
dire
la
morte
di
decine
e
decine
di
piccoli
negozi
individuali
.
Centinaia
di
articoli
disposti
in
bella
mostra
,
in
un
grande
ambiente
di
cemento
armato
e
di
vetro
che
fa
pensare
ad
una
stazione
,
centinaia
di
articoli
tutti
di
buona
qualità
,
tutti
fabbricati
,
manipolati
,
prodotti
per
il
consumatore
medio
.
È
già
il
comunismo
,
pensa
il
signor
X
,
o
per
lo
meno
uno
degli
scopi
che
il
comunismo
si
prefigge
:
la
produzione
in
massa
per
le
masse
.
Soltanto
che
il
proprietario
di
questa
sterminata
collezione
di
grandi
magazzini
è
un
arrabbiato
reazionario
e
non
molto
tempo
fa
finanziava
le
campagne
spionistiche
e
scandalistiche
del
senatore
Mac
Carthy
.
Così
il
serpente
si
morde
la
coda
,
pensa
il
signor
X
,
e
all
'
estremo
Occidente
il
capitalismo
ottiene
risultati
assai
simili
a
quelli
del
comunismo
in
Oriente
.
E
la
disputa
tra
America
e
Russia
che
sconvolge
il
mondo
e
rischia
di
farlo
perire
in
una
guerra
atomica
è
dovuta
piuttosto
alle
somiglianze
(
gli
estremi
si
toccano
)
che
alle
diversità
;
piuttosto
ad
una
questione
di
supremazia
negli
stessi
campi
che
ad
una
questione
di
diversa
interpretazione
,
e
di
diversa
ideologia
.
La
signora
ha
adesso
riempito
il
suo
carrettino
con
ogni
sorta
di
articoli
.
Ella
va
ad
uno
degli
ingressi
dove
c
'
è
un
meccanismo
assai
simile
a
quello
che
regola
l
'
afflusso
dei
visitatori
nei
musei
,
un
'
impiegata
prende
uno
a
uno
tutti
gli
articoli
,
li
pesa
sopra
una
bilancia
,
ne
registra
il
prezzo
,
li
rimette
nel
carrettino
:
il
tutto
meccanicamente
,
rapidamente
.
Ecco
,
pensa
il
signor
X
,
il
punto
d
'
incontro
fra
Occidente
e
Oriente
:
nella
meccanizzazione
,
razionalizzazione
della
vita
quotidiana
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
finalmente
il
signor
X
,
la
sera
,
andando
in
giro
per
i
"
night
clubs
"
e
le
taverne
di
San
Francisco
.
Eccone
una
che
a
prima
vista
rassomiglia
a
tutte
le
altre
:
un
antro
buio
sottoterra
,
al
quale
si
accede
per
una
scaletta
tortuosa
,
un
bar
al
cui
banco
,
nelle
tenebre
,
si
affollano
bevendo
i
soliti
avventori
,
tavolini
appartati
ai
quali
seggono
,
sussurrando
,
le
solite
coppie
.
Ma
in
una
sala
a
parte
c
'
è
qualche
cosa
che
fa
affluire
nel
"
night
club
"
ogni
sera
una
folla
insolita
.
Si
paga
un
dollaro
per
entrare
in
questa
sala
;
e
la
cosa
che
attira
tanta
gente
è
la
Critica
.
La
sala
è
piena
di
poltrone
ed
ha
un
piccolo
palcoscenico
illuminato
.
Dopo
un
numero
di
jazz
e
canzoni
negre
,
la
Critica
sale
sul
palcoscenico
accolta
da
grandi
applausi
.
Questa
Critica
si
presenta
sotto
l
'
aspetto
di
un
piccolo
ometto
vestito
come
uno
studente
in
maglione
e
pantaloni
di
flanella
.
L
'
ometto
ha
l
'
aria
trafelata
,
spiritata
e
arguta
.
Fattosi
silenzio
l
'
ometto
prende
a
parlare
o
meglio
a
chiacchierare
,
senza
interruzione
,
senza
mai
rifiatare
,
improvvisando
per
più
di
un
'
ora
.
La
storia
di
quest
'
ometto
è
semplice
;
era
studente
nell
'
est
e
si
era
fatta
una
specialità
,
tra
gli
studenti
,
di
recitare
,
sempre
improvvisando
,
lunghi
monologhi
in
cui
prendeva
in
giro
la
vita
pubblica
,
i
costumi
,
i
personaggi
e
gli
avvenimenti
importanti
degli
Stati
Uniti
.
Un
giorno
qualcuno
lo
notò
,
gli
propose
di
esibirsi
in
pubblico
e
così
lo
studente
,
molto
naturalmente
,
diventò
professionista
e
passò
dal
"
campus
"
dell
'
università
ai
palcoscenici
dei
"
night
clubs
"
.
Quest
'
ometto
ha
una
capacità
enorme
di
chiacchiera
,
e
le
sue
chiacchiere
mescolate
di
finta
ingenuità
e
di
vera
malizia
,
configurano
un
tipo
ormai
nazionale
,
quello
dell
'
americano
che
ne
ha
viste
tante
,
al
quale
non
la
si
dà
a
bere
,
che
non
ci
crede
,
che
tuttavia
conserva
ancora
molto
candore
e
molta
fresca
ingenuità
.
Alcuni
amici
dicono
al
signor
X
che
l
'
ometto
,
avendo
attaccato
a
Nuova
York
il
senatore
Mac
Carthy
fu
costretto
dal
pubblico
a
ritirarsi
.
Qui
invece
ascoltano
deliziati
e
applaudono
.
In
realtà
,
pensa
il
signor
X
,
non
è
tanto
vero
che
l
'
Est
sia
così
liberale
e
l
'
Ovest
così
reazionario
;
e
comunque
l
'
Ovest
sentendosi
isolato
a
tanta
distanza
dall
'
Est
e
dall
'
Europa
,
apprezza
qualsiasi
cosa
gli
venga
da
quella
direzione
.
Il
viaggio
finisce
qui
,
pensa
il
signor
X
,
mentre
l
'
ometto
,
con
la
sua
parlantina
torrenziale
prende
in
giro
lo
scandalo
intorno
gli
accordi
di
Yalta
,
finisce
qui
dove
l
'
Occidente
,
sia
pure
attraverso
le
chiacchiere
di
una
specie
di
"
chansonnier
"
,
esercita
la
sua
attività
preferita
e
più
caratteristica
:
la
critica
.
Al
di
là
del
Pacifico
comincia
l
'
Asia
,
con
altre
attività
o
meglio
,
altri
miti
.
StampaQuotidiana ,
San
Francisco
-
Telegraph
Hill
è
una
delle
tante
colline
sulle
quali
è
costruita
San
Francisco
,
forse
la
più
alta
.
Sulla
cima
della
collina
c
'
è
un
belvedere
e
un
faro
,
tra
ameni
boschetti
e
aiuole
fiorite
.
Si
può
salire
in
cima
al
faro
e
di
lassù
godersi
la
vista
di
tutta
la
città
,
variamente
disposta
su
e
giù
per
le
alture
;
dei
due
grandi
ponti
,
l
'
uno
rosso
e
l
'
altro
ferreo
che
scavalcano
la
baia
;
della
baia
stessa
,
azzurra
e
scintillante
al
sole
,
con
l
'
isoletta
penitenziaria
di
Alcatraz
e
i
cento
battelli
che
la
solcano
.
Un
giorno
che
guardavamo
questo
bellissimo
panorama
sul
quale
le
nuvole
leggere
e
bianche
che
viaggiavano
nel
cielo
gettavano
or
sì
or
no
grandi
ombre
effimere
,
qualcuno
ci
indicò
un
quartiere
lontano
:
"
Laggiù
abitano
i
Russi
,
o
meglio
i
discendenti
americani
della
colonia
russa
di
San
Francisco
"
.
Dapprima
rimanemmo
sconcertati
,
quindi
ricordammo
;
nel
1811
i
Russi
nella
loro
marcia
verso
l
'
Oriente
avevano
finito
per
raggiungere
anche
questo
lembo
dell
'
estremo
Occidente
.
Il
corriere
dello
Zar
arrivava
fin
qui
,
portando
i
dispacci
di
San
Pietroburgo
alla
Compagnia
Russa
delle
pellicce
insediata
a
Yerba
Buena
,
antico
nome
di
San
Francisco
.
La
Compagnia
delle
pellicce
durò
fino
al
1840
e
poi
fu
sciolta
e
la
Russia
rinunziò
alla
California
e
i
Russi
che
restarono
a
Yerba
Buena
diventarono
col
tempo
cittadini
americani
.
Erano
forse
un
centinaio
;
assommano
oggi
a
parecchie
migliaia
.
Questa
informazione
ci
diede
da
pensare
:
i
Russi
erano
stati
in
questa
parte
dell
'
America
prim
'
ancora
degli
Americani
,
avevano
posseduto
l
'
Alaska
(
poi
venduta
agli
Stati
Uniti
,
nel
1867
,
per
sette
milioni
di
dollari
)
,
avevano
impiantato
una
colonia
in
California
.
Insomma
i
rapporti
degli
Stati
Uniti
con
la
Russia
erano
molto
antichi
ed
erano
rapporti
di
frontiera
,
né
più
né
meno
di
quelli
con
l
'
Inghilterra
e
con
la
Spagna
.
Tre
imperi
,
dunque
,
quello
inglese
,
quello
spagnuolo
e
quello
russo
avevano
sbarrato
il
passo
all
'
espansione
yankee
:
con
l
'
impero
inglese
,
gli
Americani
dopo
contrasti
secolari
,
hanno
stabilito
legami
di
cuginanza
,
se
non
di
fraternità
;
di
quello
spagnuolo
,
hanno
pensato
a
liberarli
gli
stessi
domini
spagnuoli
d
'
America
,
rendendosi
indipendenti
;
con
l
'
impero
russo
,
invece
,
i
rapporti
,
come
è
noto
,
sono
,
ancor
oggi
,
tutt
'
altro
che
buoni
.
Ora
che
a
Ginevra
è
scoppiata
,
come
dicono
facetamente
le
gazzette
,
la
pace
,
si
può
fare
forse
il
punto
su
questi
rapporti
e
domandarsi
:
che
pensano
gli
Americani
della
Russia
;
e
in
maniera
più
particolare
:
quali
sono
,
fuori
della
situazione
ufficiale
e
diplomatica
,
i
sentimenti
del
popolo
americano
per
la
Russia
?
Bisogna
prima
di
tutto
distinguere
i
gruppi
intellettuali
e
fino
ad
un
certo
segno
politici
,
dalla
massa
,
ossia
dalla
middle
-
class
.
Per
quanto
riguarda
i
gruppi
intellettuali
e
politici
,
i
cosiddetti
anni
trenta
,
ossia
il
periodo
che
va
dalla
crisi
del
1929
alla
fine
della
guerra
civile
in
Spagna
,
segnano
al
tempo
stesso
il
punto
di
incontro
e
di
rottura
tra
l
'
intellighenzia
americana
e
il
marxismo
staliniano
.
La
grande
crisi
economica
del
1929
,
chiudendo
centinaia
di
fabbriche
e
gettando
sul
lastrico
fino
a
dodici
milioni
di
persone
,
aveva
fatto
dubitare
molti
Americani
della
bontà
e
solidità
del
sistema
politico
ed
economico
tradizionale
degli
Stati
Uniti
.
Il
comunismo
o
meglio
il
marxismo
sembrò
allora
a
molti
intellettuali
la
sola
teoria
economica
e
politica
alla
quale
si
potesse
ricorrere
per
risolvere
la
crisi
nazionale
,
la
più
grave
della
storia
americana
dopo
quella
della
guerracivile
.
Però
,
fatto
importante
e
che
occorre
sottolineare
,
questa
simpatia
per
il
marxismo
e
per
la
Russia
di
Stalin
non
oltrepassò
i
limiti
di
ristretti
gruppi
di
intellettuali
e
uomini
politici
;
le
masse
che
purtuttavia
erano
state
le
più
colpite
dalla
crisi
economica
,
restarono
fuori
di
questa
simpatia
;
le
grandi
Trade
Unions
si
mantennero
sopra
un
terreno
strettamente
economico
;
il
partito
comunista
americano
non
fu
mai
più
di
un
'
insignificante
setta
di
poche
migliaia
di
persone
.
Il
movimento
di
simpatia
per
il
marxismo
staliniano
e
per
la
Russia
Sovietica
non
durò
più
di
una
decina
di
anni
,
approssimativamente
dalla
grande
crisi
o
poco
prima
,
alla
fine
della
guerra
di
Spagna
.
All
'
infatuazione
,
forse
superficiale
,
forse
dilettantesca
,
forse
fondata
piuttosto
su
motivi
negativi
che
positivi
,
seguì
una
profonda
delusione
che
,
in
un
Paese
come
gli
Stati
Uniti
dove
le
esperienze
psicologiche
individuali
hanno
sempre
uno
sfondo
morale
e
sociale
,
ebbe
effetti
addirittura
storici
.
Questa
delusione
derivò
da
due
fatti
,
l
'
uno
interno
e
l
'
altro
esterno
:
all
'
interno
,
come
si
è
detto
,
le
masse
rimasero
sorde
all
'
appello
marxista
e
fedeli
all
'
american
way
of
life
e
così
gli
intellettuali
e
lo
stesso
partito
comunista
americano
sentirono
di
essere
al
tutto
privi
di
giustificazioni
sociali
.
All
'
esterno
,
la
politica
estera
di
Stalin
,
oltre
a
dar
prova
di
un
machiavellismo
addirittura
rinascimentale
(
assassinio
di
Trotzky
,
condotta
della
guerra
in
Spagna
,
trattato
germano
-
sovietico
etc.
etc
.
)
ripugnante
alla
mentalità
puritana
ed
anglosassone
,
si
configurò
per
giunta
,
in
maniera
sempre
più
decisa
,
come
politica
di
rivalità
non
tanto
ideologica
quanto
nazionale
con
gli
Stati
Uniti
.
In
altri
termini
gli
intellettuali
,
a
torto
o
a
ragione
,
scoprirono
o
credettero
di
scoprire
che
il
comunismo
internazionale
era
uno
strumento
della
politica
estera
russa
e
che
la
loro
simpatia
per
il
marxismo
poteva
portarli
,
alla
lunga
,
su
posizioni
non
tanto
anticapitaliste
quanto
antiamericane
.
Oggi
,
se
si
vuoi
parlare
di
comunismo
,
non
è
certo
nei
circoli
intellettuali
di
Nuova
York
che
si
trovano
orecchie
pazienti
e
ragionevoli
.
L
'
anticomunismo
degli
intellettuali
americani
,
forse
perché
radicato
in
un
'
antica
e
profonda
delusione
,
è
tenace
,
violento
e
assolutamente
irriducibile
.
Circa
le
masse
,
ossia
la
middle
-
class
che
abbraccia
con
i
suoi
standard
uniformi
la
maggioranza
degli
Americani
,
il
discorso
si
fa
più
complicato
e
più
sottile
.
Per
il
suo
anti
-
comunismo
e
antisovietismo
valgono
le
stesse
ragioni
che
per
gli
intellettuali
,
più
altre
inerenti
alla
natura
dello
sviluppo
industriale
economico
e
sociale
degli
Stati
Uniti
.
Le
prime
ragioni
sono
quelle
già
esposte
:
la
Russia
si
è
giocata
le
simpatie
delle
masse
americane
dal
giorno
in
cui
Stalin
fece
una
politica
di
rivalità
nazionale
con
gli
Stati
Uniti
.
In
altri
termini
non
riuscì
alla
Russia
di
fare
negli
Stati
Uniti
ciò
che
aveva
fatto
con
successo
in
altri
Paesi
:
contrapporre
le
masse
alla
classe
dirigente
e
nello
stesso
tempo
sganciare
l
'
ideologia
marxista
dalla
politica
estera
russa
.
E
si
capisce
anche
perché
:
gli
Stati
Uniti
sono
il
solo
Paese
al
mondo
forse
con
il
quale
la
Russia
è
in
un
rapporto
diretto
di
rivalità
prim
'
ancora
nazionale
che
ideologica
.
Così
,
in
America
,
avviene
alla
politica
russa
il
rovescio
esatto
di
quanto
le
accade
negli
altri
Paesi
:
mentre
in
altri
Paesi
facilmente
si
interpretano
gli
accorgimenti
tradizionali
della
politica
estera
russa
come
sviluppi
coerenti
della
dialettica
marxista
,
in
America
le
complessità
e
sottigliezze
di
questa
dialettica
vengono
sovente
scambiate
per
pure
astuzie
e
furberie
sarmatiche
.
Il
patriottismo
delle
masse
americane
,
in
tal
modo
,
è
stato
svegliato
e
messo
in
allarme
;
e
ci
vorranno
molti
anni
di
vera
pace
perché
si
calmi
e
abbandoni
la
sua
estrema
diffidenza
.
Ma
le
ragioni
del
disinteresse
delle
masse
americane
per
il
marxismo
sono
anche
dovute
,
come
abbiamo
accennato
,
a
motivi
inerenti
alla
natura
stessa
dello
sviluppo
industriale
e
sociale
degli
Stati
Uniti
.
In
maniera
generale
,
si
può
affermare
che
il
marxismo
non
trova
appigli
tra
le
masse
degli
Stati
Uniti
per
la
buona
ragione
che
,
all
'
infuori
di
riforme
strettamente
politiche
(
e
dunque
poco
importanti
,
trattandosi
dopo
tutto
di
una
teoria
politica
fondata
sull
'
economia
)
,
esso
per
ora
non
ha
nulla
da
offrire
di
veramente
nuovo
alle
masse
americane
.
È
vero
che
agli
Stati
Uniti
c
'
è
il
capitalismo
;
ma
uno
degli
agganci
della
polemica
comunista
contro
il
capitalismo
in
Europa
,
ossia
i
suoi
legami
con
le
vecchie
classi
feudali
e
parassitarie
,
in
America
manca
del
tutto
.
Inoltre
il
marxismo
che
nell
'
Europa
orientale
e
in
Asia
fa
leva
sul
formidabile
motivo
della
rivoluzione
industriale
e
della
creazione
di
una
classe
dirigente
tecnocratica
,
in
America
,
trova
rivoluzione
industriale
e
classe
tecnocratica
già
bell
'
e
formate
ad
opera
del
capitalismo
.
Del
resto
quando
si
parla
di
masse
e
di
simpatie
delle
masse
,
si
allude
piuttosto
che
a
determinate
condizioni
materiali
,
a
esperienze
psicologiche
e
morali
.
Ora
gli
Americani
hanno
già
fatto
l
'
esperienza
psicologica
e
morale
della
rivoluzione
industriale
e
tecnocratica
,
hanno
già
assaporato
l
'
ebbrezza
collettiva
della
prosperità
di
massa
,
hanno
già
digerito
la
scoperta
delle
determinazioni
economiche
della
vita
sociale
;
e
ben
difficilmente
saranno
tentati
in
futuro
di
dare
ascolto
ad
una
teoria
che
gli
proponga
di
nuovo
queste
stesse
scontate
esperienze
.
Marx
,
tra
tante
profezie
azzeccate
,
ne
aveva
fatta
una
che
si
è
verificata
sbagliata
,
e
cioè
che
il
comunismo
avrebbe
avuto
i
suoi
primi
successi
nei
Paesi
di
più
avanzato
sviluppo
industriale
.
In
realtà
è
avvenuto
il
contrario
;
e
il
maggior
ostacolo
alla
comprensione
del
marxismo
in
America
,
a
parte
la
mentalità
puritana
,
sta
proprio
nella
coscienza
economica
e
industriale
delle
masse
americane
,
nella
loro
maturità
tecnocratica
.
Naturalmente
non
si
vuol
dire
con
questo
che
in
America
non
ci
sia
il
capitalismo
:
si
vuol
dire
soltanto
che
il
capitalismo
vi
ha
raggiunto
per
conto
suo
molti
degli
scopi
ai
quali
mira
il
comunismo
in
Europa
orientale
e
in
Asia
.
Donde
la
mancanza
di
attrazione
del
mito
sovietico
e
la
riduzione
della
Russia
Sovietica
a
Paese
rivale
,
quando
addirittura
non
ostile
.
S
'
intende
che
ciò
non
significa
affatto
che
gli
Americani
nutrano
una
preconcetta
ostilità
contro
i
Russi
.
Le
accoglienze
cordiali
che
recentemente
hanno
ricevuto
i
membri
della
commissione
agricola
russa
in
viaggio
negli
Stati
Uniti
stanno
a
dimostrare
una
verità
antica
quanto
il
mondo
:
nessun
popolo
odia
alcun
popolo
.
Ma
,
d
'
altra
parte
,
è
anche
vero
che
per
gli
Americani
la
Russia
Sovietica
è
forse
,
tra
tutti
i
Paesi
del
mondo
,
il
più
difficile
a
capirsi
.
Più
della
Cina
di
Mao
;
più
dei
Paesi
di
diversa
religione
e
civiltà
,
buddisti
o
maomettani
.
L
'
incomprensione
degli
Americani
è
dovuta
in
parte
all
'
ignoranza
dei
motivi
storici
,
sociali
e
filosofici
del
comunismo
;
ma
soprattutto
,
strano
a
dirsi
,
alla
lentezza
con
la
quale
la
rivoluzione
comunista
si
configura
storicamente
in
una
società
stabile
e
riconoscibile
.
Gli
ideali
americani
del
successo
,
della
praticità
e
dell
'
efficienza
sono
contraddetti
da
una
rivoluzione
che
pare
continuamente
essere
ritirata
,
come
diceva
Machiavelli
,
verso
i
suoi
principi
;
che
dopo
circa
quarant
'
anni
non
si
è
ancora
disfatta
dei
mezzi
coercitivi
di
cui
si
servì
agli
inizi
per
trionfare
dei
suoi
nemici
;
e
che
sembra
rimandare
ad
un
domani
mitico
i
risultati
materiali
per
raggiungere
i
quali
è
stata
compiuta
.
Strano
a
dirsi
,
ripetiamo
,
ma
se
il
comunismo
riuscisse
a
portare
le
masse
russe
ad
un
livello
di
prosperità
di
tipo
occidentale
,
se
le
frontiere
della
Russia
fossero
aperte
e
milioni
di
turisti
russi
ben
vestiti
ed
equipaggiati
invadessero
il
mondo
,
l
'
incomprensione
degli
Americani
verso
la
Russia
Sovietica
si
attenuerebbe
di
molto
.
In
queste
cose
è
difficile
arrivare
ad
una
conclusione
;
tanto
più
che
i
rapporti
russo
-
americani
sono
forse
entrati
in
questi
giorni
in
una
nuova
fase
di
cui
è
impossibile
prevedere
gli
sviluppi
.
Ma
più
di
un
secolo
fa
Alexis
de
Tocqueville
,
nel
suo
libro
sulla
democrazia
in
America
fece
alcune
considerazioni
che
oggi
sembrano
addirittura
profetiche
:
"
Ci
sono
oggi
due
grandi
popoli
che
partiti
da
punti
diversi
sembrano
dirigersi
verso
gli
stessi
scopi
:
i
Russi
e
gli
Americani
.
Tutti
e
due
sono
cresciuti
nell
'
oscurità
e
mentre
gli
sguardi
degli
uomini
erano
distratti
altrove
,
si
sono
ad
un
tratto
posti
in
prima
fila
tra
le
Nazioni
e
il
mondo
ha
appreso
al
tempo
stesso
la
loro
nascita
e
la
loro
grandezza
.
Tutti
gli
altri
popoli
sembrano
aver
raggiunto
il
loro
limite
;
soltanto
loro
sono
in
crescenza
.
Tutti
gli
altri
si
sono
fermati
o
avanzano
con
sforzo
,
solo
loro
procedono
con
passo
spedito
e
rapido
in
una
carriera
di
cui
per
ora
non
possiamo
neppure
intravedere
la
conclusione
.
L
'
Americano
lotta
contro
gli
ostacoli
che
gli
oppone
la
natura
.
Il
Russo
è
alle
prese
con
l
'
uomo
.
L
'
uno
combatte
il
deserto
e
la
barbarie
,
l
'
altro
la
civiltà
rivestita
di
tutte
le
sue
armi
.
Così
le
conquiste
dell
'
Americano
si
fanno
con
l
'
aratro
dell
'
agricoltore
e
quelle
del
Russo
con
le
armi
del
soldato
.
Per
raggiungere
i
suoi
scopi
il
primo
si
fonda
sull
'
interesse
personale
e
lascia
agire
senza
dirigerle
la
forza
e
la
ragione
degli
individui
.
Il
secondo
concentra
in
qualche
modo
in
un
sol
uomo
tutta
la
potenza
della
società
.
L
'
uno
ha
come
mezzo
principale
di
azione
la
libertà
;
l
'
altro
la
servitù
.
Il
loro
punto
di
partenza
è
diverso
,
le
loro
strade
sono
diverse
;
tuttavia
ciascuno
di
essi
sembra
essere
chiamato
,
da
un
segreto
disegno
della
Provvidenza
,
a
tenere
un
giorno
nelle
proprie
mani
il
destino
della
metà
del
mondo
"
.
Alexis
de
Tocqueville
,
per
quanto
profetico
,
non
poteva
prevedere
la
rivoluzione
russa
(
neppure
Marx
l
'
aveva
prevista
)
;
ma
il
suo
occhio
sagace
,
in
un
tempo
in
cui
le
maggiori
Potenze
del
mondo
erano
ancora
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
,
aveva
intuito
le
linee
principali
dell
'
avvenire
del
mondo
,
ossia
la
presenza
di
due
grandi
Potenze
come
gli
Stati
Uniti
e
la
Russia
,
la
loro
rivalità
negli
stessi
campi
e
per
gli
stessi
scopi
,
e
,
in
certo
modo
,
anche
la
loro
coesistenza
,
per
dirla
con
una
parola
di
moda
.
Per
completare
il
quadro
dei
rapporti
russo
-
americani
,
bisognerebbe
forse
adesso
poter
dire
quali
sono
i
sentimenti
del
popolo
russo
per
quello
americano
,
che
cosa
sa
e
non
sa
il
popolo
russo
degli
Stati
Uniti
.
Non
siamo
in
grado
di
farlo
;
ma
è
chiaro
che
la
pace
del
mondo
dipende
quasi
per
intero
dalla
mutua
conoscenza
e
comprensione
di
questi
due
popoli
così
profondamente
diversi
.
StampaQuotidiana ,
La
cosa
più
straordinaria
che
potesse
capitare
e
che
difatti
capitò
a
Dino
Buzzati
fu
di
fare
l
'
inviato
speciale
di
un
grande
giornale
in
tempo
di
guerra
.
Ci
riuscì
splendidamente
,
intendiamoci
.
Le
sue
corrispondenze
marinare
sono
ancora
oggi
dei
pezzi
di
antologia
,
e
ognuna
di
esse
costituisce
un
racconto
perfettamente
composto
nella
sua
armoniosa
architettura
.
Di
sbagliato
,
o
meglio
di
inutile
,
non
c
'
è
che
la
prima
riga
:
quella
che
precisa
il
luogo
,
il
giorno
,
il
mese
e
l
'
anno
in
cui
l
'
articolo
fu
scritto
.
Ma
era
il
giornale
ad
aggiungerla
,
perché
Buzzati
se
ne
dimenticava
sempre
.
In
realtà
le
sue
descrizioni
,
salvo
qualche
trascurabile
particolare
tecnico
,
erano
così
al
di
fuori
del
tempo
e
dello
spazio
,
che
avrebbero
potuto
benissimo
adattarsi
anche
a
Lepanto
,
a
Trafalgar
,
a
Tsushima
o
alle
Falkland
.
Qualcuno
in
redazione
si
preoccupava
di
interpolarvi
gl
'
indispensabili
riferimenti
,
e
anche
i
punti
e
le
virgole
.
Perché
Buzzati
scrive
senza
punteggiatura
,
e
non
ha
mai
capito
dov
'
è
che
finisce
una
frase
e
ne
comincia
un
'
altra
,
dov
'
è
che
bisogna
far
pausa
e
aprire
una
proposizione
subordinata
.
Buzzati
sfugge
le
regole
ortografiche
per
la
stessa
ragione
per
cui
sfugge
i
fatti
.
Quando
ha
finito
,
con
molta
fatica
,
il
suo
«
pezzo
»
,
vi
sparge
sopra
,
come
una
manciata
di
sale
,
un
congruo
numero
di
virgole
,
dove
vanno
vanno
.
Poi
rilegge
,
ha
paura
(
sempre
)
di
aver
scritto
soltanto
delle
sciocchezze
,
e
chiama
Gaetano
Afeltra
perché
gli
dia
un
giudizio
.
Il
più
magico
degli
scrittori
italiani
è
anche
il
più
incerto
di
sé
e
timoroso
.
Non
usa
la
macchina
da
scrivere
.
Compone
a
penna
con
una
calligrafia
da
bambino
,
chiarissima
,
e
spesso
ricopia
tre
o
quattro
volte
il
compitino
,
che
di
lontano
ricorda
sempre
un
po
'
la
lettera
che
si
usava
ai
«
cari
genitori
»
per
Natale
e
capodanno
.
Qua
e
là
poi
,
ogni
tanto
,
è
capace
di
disegnarvi
delle
figurine
,
specie
di
animali
;
e
si
vede
benissimo
che
mentalmente
egli
dedica
i
suoi
scritti
a
della
gente
come
lui
:
cioè
a
dei
bambini
di
trenta
,
quaranta
o
cinquant
'
anni
.
Eccolo
che
arriva
al
giornale
con
la
sua
Topolino
di
antiquato
modello
.
Non
la
rinnova
perché
è
avaro
,
e
lo
confessa
.
E
va
piano
perché
è
pauroso
,
ed
anche
questo
lo
confessa
.
Però
guida
con
i
guanti
infilati
come
se
si
trattasse
di
attraversare
l
'
Europa
,
e
ogni
volta
che
scende
è
tutta
una
liturgia
di
saluti
come
se
fosse
reduce
da
un
fortunoso
viaggio
in
terre
lontane
.
Buzzati
augura
il
buon
giorno
e
si
toglie
il
cappello
al
portiere
,
al
garagista
,
al
fattorino
,
all
'
impiegato
,
alla
dattilografa
e
perfino
a
tutti
i
colleghi
che
incontra
per
le
scale
.
Non
dà
del
«
lei
»
anche
a
me
,
solo
perché
potrebbe
sembrare
una
posa
;
ma
è
chiaro
che
il
«
tu
»
gli
costa
un
certo
sforzo
.
È
vestito
con
suprema
eleganza
.
Tanta
,
che
nessuno
si
è
mai
accorto
che
Buzzati
è
un
uomo
elegante
.
Porta
i
capelli
,
su
cui
gli
anni
hanno
cominciato
a
seminare
qualche
filo
d
'
argento
,
tagliati
corti
,
giacche
senza
attillatura
e
con
spalle
a
bottiglia
;
cravatte
di
colore
spento
,
annodate
in
modo
che
sembra
che
sia
stata
la
mamma
a
farlo
,
mormorandogli
all
'
orecchio
la
consueta
raccomandazione
:
«
E
non
sporcarti
,
eh
?
La
roba
a
lavarla
,
si
consuma
;
e
costa
tanto
,
al
giorno
d
'oggi...»
.
Dino
,
figlio
obbediente
,
non
sporca
mai
nulla
.
La
giacca
,
appunto
per
non
sporcarla
,
se
la
cambia
appena
entra
nel
suo
ufficio
;
e
ogni
poco
si
alza
per
andare
a
lavarsi
le
mani
.
Infatti
a
pensarci
bene
le
sue
pagine
si
sente
benissimo
che
sono
state
composte
da
mani
pulite
.
In
tutti
sensi
.
Quando
,
subito
dopo
la
Liberazione
,
ci
fu
,
al
«
Corriere
»
,
l
'
inchiesta
per
epurare
i
collaborazionisti
,
Buzzati
fu
,
a
quanto
pare
,
l
'
unico
,
fra
quelli
rimasti
al
lavoro
dopo
1'8
settembre
,
a
non
subire
processi
.
A
nessuno
poteva
venire
,
e
a
nessuno
infatti
venne
in
mente
di
incriminarlo
.
Il
primo
a
stupirsene
sinceramente
sarebbe
stato
lui
che
,
quando
io
dalla
prigione
in
cui
mi
trovavo
rinchiuso
gli
mandai
un
biglietto
per
supplicarlo
di
astenersi
dal
lavoro
,
ora
che
bisognava
svolgerlo
sotto
il
controllo
tedesco
,
mi
rispose
con
un
altro
biglietto
che
conteneva
questa
sola
parola
:
«
Perché
?
»
.
E
in
quell
'
interrogativo
era
riassunto
il
suo
ritratto
.
Buzzati
era
corrispondente
in
Abissinia
quando
la
guerra
scoppiò
.
Dopo
qualche
mese
venne
in
licenza
a
Milano
,
perché
era
la
licenza
che
gli
spettava
,
ed
egli
ha
,
delle
vacanze
,
una
concezione
burocratica
quasi
sacra
:
per
nessuna
ragione
al
mondo
vi
rinunzierebbe
,
quando
gli
toccano
.
Con
altrettanto
burocratica
puntualità
,
esaurite
le
ferie
,
si
presentò
al
direttore
Aldo
Borelli
per
salutarlo
prima
di
ripartire
per
Addis
Abeba
.
Borelli
lo
guardò
esterrefatto
di
sopra
gli
occhiali
:
c
'
era
dunque
qualcuno
che
ancora
non
si
rendeva
conto
che
un
ritorno
ad
Addis
Abeba
,
a
parte
le
difficoltà
e
i
pericoli
del
viaggio
,
significava
la
propria
consegna
nelle
mani
degl
'
inglesi
?
Si
,
c
'
era
:
Dino
Buzzati
.
Borelli
non
poteva
dargli
ordine
di
restare
in
patria
:
sarebbe
stato
un
gesto
di
disfattismo
e
di
sfiducia
nelle
sorti
delle
nostre
armi
.
«
Ma
»
,
disse
,
«
prima
di
vederla
ripartire
,
vorrei
che
lei
si
sentisse
del
tutto
a
posto
con
la
salute
...
»
«
Con
la
salute
!
?
»
,
rispose
Buzzati
col
suo
nasino
per
aria
.
«
Ma
io
non
sono
mica
malato
!...»
Borelli
si
grattò
la
testa
un
po
'
con
imbarazzo
,
un
po
'
con
rabbia
.
«
Come
non
è
malato
?
»
,
fece
.
«
Suvvia
,
a
chi
vuoi
darla
ad
intendere
?
»
«
Ma
no
,
direttore
,
le
assicuro
»
,
insisté
Dino
,
«
che
io
non
sono
malato
!...»
«
Ma
sì
che
è
malato
!
»
«
Ma
no
che
non
sono
malato
!...»
Borelli
lo
guardò
con
odio
,
strinse
i
pugni
,
li
sbatté
violentemente
sul
tavolo
rovesciando
il
calamaio
,
e
scoppiò
fragorosamente
:
«
E
io
le
dico
che
è
malato
,
vuol
capirla
o
non
vuol
capirla
?
...
Malato
di
cretinismo
,
per
la
Madonnal
...
Vada
a
curarsi
!...»
.
Pallido
in
volto
e
con
le
lacrime
agli
occhi
,
Buzzati
venne
da
Afeltra
e
da
me
per
tradurci
l
'
accaduto
in
queste
parole
:
«
Il
direttore
mi
ha
licenziato
!
»
.
Altrettanto
pallidi
e
con
le
lacrime
agli
occhi
,
Afeltra
ed
io
ci
precipitammo
dal
direttore
per
,
conoscere
i
motivi
di
sì
grave
decisione
e
,
se
possibile
,
farla
revocare
.
Borelli
ci
ascoltò
con
pazienza
,
poi
si
prese
la
testa
fra
le
mani
con
un
gesto
di
disperazione
,
e
sordamente
mugolò
:
«
L
'
ho
sempre
detto
,
io
,
che
gli
unici
veri
grandi
imbecilli
sono
i
poeti
»
.
Ci
fissò
,
poi
aggiunse
con
voce
carica
di
minaccia
:
«
Tornate
da
Buzzati
e
ditegli
da
parte
mia
che
è
un
grande
poeta
.
Grandissimo
.
Il
più
grande
che
abbia
incontrato
»
.
Afeltra
ed
io
impiegammo
parecchie
ore
per
spiegare
a
Dino
come
e
perché
Borelli
,
pur
impedendogli
di
tornare
in
Abissinia
,
non
aveva
inteso
affatto
licenziarlo
.
Egli
ci
ascoltava
col
nasino
per
in
su
,
gli
occhi
candidi
e
interrogativi
posati
ora
su
me
ora
su
Gaetano
,
la
cravatta
annodata
come
se
fosse
stata
la
mamma
a
farlo
.
Poi
disse
,
semplicemente
:
«
Ah
!
»
.
Ci
ripensò
,
parve
poco
convinto
,
e
aggiunse
perplesso
:
«
Ma
non
sarò
mica
,
senza
saperlo
,
ammalato
per
davvero
?
»
.
Perché
colui
che
,
per
obbedienza
agli
ordini
del
giornale
,
stava
per
affrontare
un
viaggio
rischiosissimo
e
la
certa
cattura
,
ha
una
paura
birbona
delle
malattie
.
Da
allora
Buzzati
continuò
a
stare
,
ufficialmente
richiamato
come
corrispondente
di
guerra
,
dove
lo
mettevano
.
E
lo
misero
dapprima
su
un
incrociatore
.
Fu
uno
dei
pochi
,
tra
noi
,
a
non
soffrire
il
mal
di
mare
e
a
farsi
amare
dai
marinai
.
Prese
parte
a
convogli
,
e
li
descrisse
come
cavalcate
di
neri
angeli
nella
notte
.
E
le
volte
che
gli
toccò
correre
un
rischio
,
lo
fece
con
sì
sorridente
impassibilità
e
tranquilla
modestia
che
passò
per
un
uomo
coraggiosissimo
.
Lo
è
infatti
,
in
un
certo
senso
:
nel
senso
cioè
che
i
rischi
Buzzati
non
li
vede
,
lui
che
traspone
tutto
al
soprannaturale
e
non
può
concepire
nemmeno
un
siluro
se
non
sotto
le
sembianze
di
un
mostruoso
ma
innocuo
delfino
.
L'8
settembre
il
giornale
diede
ordine
a
Buzzati
di
restare
al
lavoro
in
redazione
,
e
Buzzati
ci
restò
.
Ecco
perché
egli
non
comprese
il
biglietto
che
dalla
prigione
gli
mandai
,
nel
timore
del
castigo
in
cui
avrebbe
potuto
incorrere
più
tardi
.
Quale
castigo
?
dovette
domandarsi
con
la
stessa
aria
di
sbigottimento
che
gli
si
era
dipinta
sul
volto
il
giorno
in
cui
Borelli
,
per
salvarlo
senza
compromettersi
,
aveva
voluto
persuaderlo
che
era
malato
.
E
infatti
non
ne
subì
.
Perfino
di
fronte
a
degli
"
epuratori
"
,
cioè
alla
più
bassa
sottospecie
cui
l
'
umanità
,
in
nome
di
qualunque
ideologia
,
possa
degradarsi
,
l
'
innocenza
,
quando
è
dipinta
con
tanta
evidenza
sul
volto
e
nei
gesti
e
nelle
parole
di
un
uomo
come
lo
è
sul
volto
,
nei
gesti
e
nelle
parole
di
Dino
,
trova
la
forza
di
imporsi
.
Stanotte
Buzzati
deve
partire
per
ragioni
di
servizio
,
e
ancora
non
lo
sa
.
È
andato
a
letto
,
perché
è
sua
abitudine
coricarsi
presto
,
prima
ancora
che
in
redazione
giungesse
l
'
annunzio
della
spaventosa
tragedia
di
Albenga
,
dove
alcune
dozzine
di
bambini
milanesi
sono
morti
affogati
.
Chi
s
'
incarica
di
dargli
la
terribile
notizia
?
«
Be
'
»
,
dice
il
direttore
ad
Afeltra
,
«
glielo
dica
lei
.
È
un
fatto
orribile
,
siamo
d
'
accordo
.
Ma
,
in
fondo
,
tra
quei
poveri
morticini
,
non
c
'
è
mica
anche
un
figlio
di
Buzzati
!...»
Afeltra
ha
il
guizzo
di
un
sorriso
nei
suoi
neri
malinconici
furbi
occhi
di
napoletano
;
poi
mi
prende
in
disparte
:
«
Questo
pover
uomo
crede
che
,
per
Dino
,
sia
terribile
la
notizia
della
morte
dei
bambini
!
...
No
,
la
notizia
terribile
,
per
lui
,
è
che
ora
,
all
'
una
di
notte
,
deve
alzarsi
e
partire
!
»
.
E
non
sbaglia
.
Buzzati
ascolta
dall
'
altro
capo
del
filo
il
resoconto
della
sciagura
che
Afeltra
gli
colorisce
con
apocalittici
accenti
.
Poi
risponde
:
«
Povere
creature
!
...
Ne
riparliamo
domani
!
»
.
E
riattacca
il
ricevitore
.
Afeltra
mi
fissa
con
uno
sguardo
che
suona
:
"
Te
l
'
avevo
detto
,
io
?
"
e
lo
fa
richiamare
.
«
No
,
Dino
,
senti
...
»
,
ricomincia
con
voce
dolcissima
,
«
tu
mi
pare
che
non
hai
capito
bene
di
che
cosa
si
tratta
...
Sono
quasi
tutti
di
Milano
,
i
bambini
...
Qui
,
domani
,
tutta
la
città
è
in
lutto
,
e
capirai
che
il
giornale
non
può
uscire
con
la
notizia
nuda
e
cruda
...
»
«
No
,
certo
»
,
gracida
la
voce
di
Dino
,
«
dovete
mandar
qualcuno
...
»
,
e
riattacca
.
Per
la
terza
volta
Afeltra
lo
fa
chiamare
.
«
Dino
?
...
Carissimo
Dino
...
Sono
ancora
io
,
Gaetano
.
Senti
,
lasciami
parlare
...
Ad
Albenga
,
per
un
servizio
di
questo
genere
,
non
si
può
mandare
uno
qualunque
...
Ci
vogliono
una
penna
e
una
firma
...
Ci
vuole
soprattutto
un
cuore
che
batte
...
E
qui
,
a
portata
di
mano
,
non
abbiamo
nessuno
...
Piovene
,
come
sai
,
è
a
Parigi
...
Vergani
al
Tour
...
Corradi
in
Inghilterra
...
Grazzini
in
Sicilia
...
Montanelli
non
ha
cuore
,
o
passa
per
uno
che
non
ne
ha
:
il
che
agli
effetti
del
pubblico
,
è
lo
stesso
...
Cosa
dici
?
...
Hanno
suonato
alla
porta
?
...
Sì
,
va
'
a
aprire
,
va
'
:
è
l
'
autista
che
,
d
'
ordine
del
direttore
,
è
venuto
con
la
macchina
a
prenderti
per
condurti
ad
Albenga
...
»
Ed
è
lui
,
stavolta
,
a
riattaccare
il
ricevitore
.
Ma
le
fatiche
di
Afeltra
non
sono
finite
con
la
partenza
di
Buzzati
,
l
'
impareggiabile
purosangue
di
cui
egli
è
il
naturale
fantino
.
Con
trepida
impazienza
,
finito
,
alle
quattro
,
il
lavoro
in
tipografia
,
invece
di
coricarsi
,
si
chiude
nella
cabina
telefonica
ad
attendere
il
primo
resoconto
del
suo
puledro
.
Quando
torno
la
sera
,
lo
trovo
ancora
lì
,
con
la
cravatta
sbilenca
,
la
faccia
irta
di
barba
,
gli
occhi
lustri
di
gioia
.
«
Leggi
,
leggi
...
»
,
mi
dice
accennando
con
una
mano
il
dattiloscritto
in
cui
lo
stenografo
ha
già
tradotto
il
resoconto
telefonico
di
Dino
,
mentre
con
l
'
altra
sèguita
a
tenersi
poggiato
all
'
orecchio
il
ricevitore
.
«
Leggi
che
meraviglial
...
»
Lo
è
,
infatti
:
pagine
pulite
,
lisce
,
in
cui
la
Morte
traluce
come
una
cosa
viva
e
affabile
,
appena
riverberando
un
'
ombra
sui
cadaveri
allineati
sotto
il
suo
mantello
non
più
,
come
al
solito
,
lugubre
e
solenne
,
ma
cordiale
e
paterno
:
uno
dei
più
bei
reportages
,
forse
il
più
bello
,
fra
quelli
che
in
tanti
anni
di
mestiere
mi
son
capitati
da
leggere
.
«
No
,
no
,
aspetta
!
»
,
urla
Afeltra
all
'
apparecchio
.
«
La
chiusa
non
dev
'
essere
questa
!
...
La
chiusa
la
devi
fare
sul
torpedone
delle
mamme
che
sono
già
partite
da
Milano
per
venire
a
vedere
i
loro
bambini
morti
e
devono
essere
in
arrivo
costà
...
Sul
loro
urlo
di
dolore
...
»
«
E
perché
dovrebbero
urlare
?
»
,
risponde
placida
la
voce
di
Dino
,
al
'
altro
capo
del
filo
.
«
Come
"
perché
dovrebbero
urlare
"
!
?
»
,
esplode
Afeltra
con
voce
strozzata
.
«
...
Ma
che
vai
dicendo
,
Dino
!
?
...
I
loro
figli
...
»
«
Sono
così
belli
!
»
,
ribatte
dolcissima
la
voce
di
Buzzati
.
«
Li
vedessi
,
Gaetano
,
come
sono
belli
!
...
Sorridono
...
Angeli
che
,
per
diventarlo
,
sono
così
contenti
di
essere
morti
...
»
Quando
l
'
indomani
,
al
suo
ritorno
,
stringo
la
mano
a
Buzzati
per
complimentarmi
con
lui
dello
stupendo
articolo
che
ha
scritto
,
egli
rimane
ad
ascoltarmi
col
nasino
per
in
su
,
gli
occhi
candidi
e
interrogativi
posati
ora
su
me
ora
su
Gaetano
che
approva
,
la
cravatta
annodata
,
nonostante
il
viaggio
e
le
due
insonni
notti
,
come
se
fosse
stata
la
mamma
a
farlo
.
Poi
mi
chiede
:
«
Davvero
?
»
,
con
lo
stesso
tono
lievemente
incredulo
con
cui
mi
rivolse
la
stessa
domanda
allorché
,
letto
che
ebbi
Il
deserto
dei
tartari
,
gli
dissi
che
aveva
scritto
il
più
bel
romanzo
italiano
degli
ultimi
vent
'
anni
(
e
sono
ancora
dello
stesso
avviso
)
.
Lo
guardo
.
E
d
'
improvviso
mi
accorgo
che
,
come
i
bambini
che
ha
descritto
,
anche
lui
in
fondo
è
un
angelo
:
l
'
unico
che
,
per
diventarlo
,
non
abbia
avuto
bisogno
,
prima
,
di
morire
.
StampaQuotidiana ,
Grazie
alla
censura
Viridiana
era
divenuto
un
mito
,
e
sventolato
come
una
bandiera
.
Ora
che
anche
in
Italia
lo
possiamo
vedere
in
edizione
integrale
si
può
dire
che
su
quel
vessillo
ci
sono
molti
segni
,
ma
non
tutti
riconducibili
a
un
'
interpretazione
anticlericale
e
antifranchista
di
comodo
.
È
vero
che
tutto
fa
brodo
,
agli
occhi
dei
fanatici
,
ma
Buñuel
non
è
un
uomo
di
cinema
che
si
lasci
facilmente
utilizzare
come
strumento
di
polemica
politica
:
cercare
nella
sua
opera
troppi
significati
moralistici
equivale
,
anzi
,
a
ridurne
di
molto
la
personalità
artistica
.
L
'
ha
detto
chiaro
:
Viridiana
non
vuole
dimostrare
nulla
,
soltanto
esprimere
,
con
i
modi
dell
'
umor
nero
,
ossessioni
erotiche
e
religiose
.
Le
stesse
che
da
molti
decenni
devastano
l
'
animo
inquieto
di
questo
spagnolo
uscito
da
una
facoltosa
famiglia
di
terrieri
cattolici
,
educato
dai
gesuiti
,
passato
attraverso
l
'
esperienza
del
surrealismo
come
attraverso
una
scuola
di
eversione
di
ogni
valore
conformistico
;
infine
,
esule
dalla
patria
con
tutto
il
bagaglio
di
stimoli
spirituali
e
di
suggestioni
culturali
che
hanno
esasperato
una
naturale
vocazione
tragica
.
Se
dunque
,
invece
,
si
vuole
anatomizzare
il
film
per
cercarvi
il
messaggio
,
non
rischiamo
di
trovarci
i
cascami
di
un
picarismo
letterario
e
di
un
anarchismo
ottocentesco
,
se
non
addirittura
di
un
terribilismo
alla
Sade
inserito
con
qualche
snobismo
nel
filone
dell
'
irrazionalismo
novecentesco
?
Senza
dire
che
L
'
Angelo
sterminatore
,
il
film
successivo
a
Viridiana
,
e
che
si
vide
l
'
anno
scorso
a
Cannes
,
non
avrebbe
portato
avanti
il
discorso
,
anzi
avrebbe
ribadito
quella
che
sembra
l
'
unica
costante
delle
cupe
invenzioni
di
Buñuel
:
l
'
insofferenza
per
le
convenzioni
,
la
malinconia
per
la
condizione
di
schiavitù
propria
degli
uomini
.
Buñuel
resta
,
a
nostro
avviso
,
un
nichilista
la
cui
forza
poetica
è
data
proprio
dalla
coerenza
con
cui
esprime
la
sua
disperazione
di
non
poter
sostituire
nulla
all
'
ordine
che
vuol
distruggere
.
Chi
ne
fa
un
profeta
della
rivoluzione
dovrebbe
chiedersi
di
quali
valori
positivi
si
fa
apportatore
Buñuel
con
un
film
come
Viridiana
.
L
'
immagine
finale
che
egli
ci
offre
del
mondo
,
dopo
la
sconfitta
del
bene
e
del
male
,
è
perplessa
e
sarcastica
.
È
una
partita
a
carte
in
cui
tutti
sono
coinvolti
.
Egli
esprime
,
semplicemente
,
la
vanità
degli
sforzi
dell
'
individuo
senza
proporci
con
convinzione
l
'
alternativa
collettivistica
.
Se
egli
irride
,
oggi
,
la
carità
di
quanti
percorrono
le
strade
del
Novecento
puntellandosi
a
un
'
emblematica
medievale
(
tale
gli
sembrano
la
croce
,
il
martello
,
i
chiodi
e
la
corona
di
spine
ai
quali
Viridiana
s
'
aggrappa
)
,
non
perciò
mostra
di
aver
maggiore
fiducia
in
chi
lavora
di
zappa
e
calcina
.
Questi
avranno
più
meriti
agli
occhi
del
mondo
,
ma
anche
la
loro
esistenza
è
presa
nel
gran
gioco
di
un
destino
di
falsità
.
Si
vuoi
dire
che
,
con
virulenza
di
visionario
e
il
gusto
del
ripugnante
che
gli
deriva
dalla
tradizione
artistica
spagnola
,
Buñuel
grida
troppo
forte
perché
la
vena
di
rimpianto
,
l
'
ansia
di
purezza
assoluta
che
forse
gli
serpeggia
nel
corpo
gonfio
di
sdegni
non
si
secchi
nello
stagno
dello
scetticismo
.
Proprio
per
questo
,
come
non
abbiamo
un
tribuno
,
così
abbiamo
un
fortissimo
artista
(
e
anche
un
maestro
di
cinema
)
,
che
spezza
ogni
mito
ideologico
con
la
potenza
fantastica
e
figurativa
;
che
ci
propone
un
universo
poetico
compatto
nel
delirio
del
sentimento
,
e
lo
esprime
con
un
linguaggio
che
risolve
tutti
i
contenuti
in
una
forma
grondante
di
incisività
.
Viridiana
è
un
esempio
calzante
della
assunzione
di
tutti
i
valori
nello
stile
.
Se
ha
modi
,
e
tecnica
,
di
vecchio
stampo
,
ivi
compreso
il
sovrabbondante
ricorso
alla
simbologia
,
è
perché
Buñuel
appartiene
a
una
generazione
artistica
di
estrazione
naturalistica
che
non
lasciava
i
margini
dei
libri
troppo
bianchi
,
perché
i
lettori
proseguissero
l
'
opera
per
proprio
conto
.
Un
romanzo
era
un
romanzo
,
non
una
proposta
di
romanzo
;
e
un
film
un
racconto
in
cui
l
'
autore
realizzava
tutto
se
stesso
.
O
prendere
o
lasciare
.
La
storia
di
Viridiana
(
Silvia
Pinal
)
è
quella
di
una
novizia
che
si
perde
.
Comincia
sulle
note
di
Mozart
e
di
Händel
,
e
finisce
sui
ritmi
del
jazz
.
Alla
vigilia
di
prendere
i
voti
,
Viridiana
va
a
far
visita
a
un
vecchio
zio
(
Fernando
Rey
)
che
abita
in
una
villa
di
campagna
,
ossessionato
dalla
memoria
della
moglie
mortagli
trent
'
anni
prima
,
la
sera
stessa
delle
nozze
,
e
che
egli
custodisce
attraverso
il
culto
feticista
per
i
suoi
abiti
da
sposa
.
Identificando
Viridiana
con
la
moglie
,
lo
zio
le
chiede
di
sposarlo
,
e
al
suo
rifiuto
la
droga
,
con
la
complicità
di
una
serva
,
dopo
averle
chiesto
,
come
ultimo
favore
,
di
indossare
il
bianco
abito
di
nozze
che
egli
ha
conservato
per
tutti
quegli
anni
.
Priva
di
conoscenza
,
la
novizia
subirebbe
l
'
oltraggio
del
vecchio
,
se
questi
non
fosse
all
'
ultimo
momento
trattenuto
dalla
speranza
di
possederla
legittimamente
con
una
menzogna
:
facendole
credere
,
l
'
indomani
mattina
,
che
nella
notte
egli
le
ha
fatto
violenza
.
Inorridita
,
Viridiana
lascia
la
casa
per
tornare
al
convento
,
senza
perdonare
lo
zio
,
ma
quando
sta
per
partire
viene
avvertita
che
il
vecchio
si
è
impiccato
e
l
'
ha
lasciata
erede
,
insieme
a
un
cugino
,
della
fattoria
.
La
ragazza
si
considera
responsabile
del
gesto
dello
zio
:
per
espiare
rinunzierà
a
farsi
suora
,
ma
si
darà
a
opere
di
bene
,
accogliendo
nella
fattoria
quanti
mendicanti
,
ladri
,
vagabondi
,
troverà
nel
paese
:
il
suo
peccato
d
'
orgoglio
confina
con
l
'
ingenuità
.
Arriva
intanto
il
cugino
Jorge
(
Francisco
Rabal
)
,
che
vuol
riorganizzare
la
proprietà
e
appoderare
i
campi
abbandonati
.
È
un
bell
'
uomo
,
e
ha
con
sé
un
'
amante
,
ma
se
ne
libera
presto
perché
ha
messo
gli
occhi
su
Viridiana
,
benché
la
consideri
una
«
bigotta
marcia
»
e
intanto
si
gode
la
serva
.
La
cugina
,
ritiratasi
in
una
misera
stanzetta
,
è
intenta
soltanto
alla
preghiera
e
alla
beneficienza
,
tutta
circondata
di
speranze
mistiche
e
di
fiducia
nell
'
avvenire
.
Mentre
i
suoi
vagabondi
recitano
l
'
Angelus
,
i
muratori
di
Jorge
lavorano
e
sudano
.
Due
modi
di
affrontare
la
vita
,
dopotutto
.
Un
giorno
,
assenti
i
padroni
,
i
poveri
invadono
la
villa
e
la
mettono
a
soqquadro
,
insozzano
le
stanze
,
profanano
ogni
simbolo
di
purezza
,
finalmente
si
siedono
a
banchetto
facendosi
«
fotografare
»
lubricamente
nell
'
atteggiamento
dell
'
Ultima
Cena
.
Sorpresi
dai
padroni
,
uno
dei
mendicanti
tenta
di
violentare
Viridiana
,
ma
il
cugino
la
salva
convincendo
uno
di
loro
ad
uccidere
,
per
denaro
,
l
'
amico
.
Tramontata
la
sua
illusione
di
poter
fare
del
bene
,
Viridiana
tenta
ancora
di
resistere
all
'
istinto
della
femminilità
che
si
è
svegliato
in
lei
;
ma
è
fatale
che
cada
:
il
male
del
vivere
è
più
forte
,
ormai
,
della
sua
fede
.
La
corona
di
spine
brucia
in
un
falò
,
la
donna
va
a
sedersi
al
tavolo
dove
il
cugino
e
la
serva
giocano
a
carte
:
ora
,
sul
grammofono
,
gira
un
disco
di
cha
-
cha
-
cha
.
La
realtà
vince
il
sogno
.
E
il
disprezzo
di
Buñuel
ha
coinvolto
tanto
la
superstizione
religiosa
quanto
l
'
erotismo
dei
vecchi
,
la
corruzione
dell
'
infanzia
e
le
buone
intenzioni
di
Viridiana
.
La
sua
«
corte
dei
miracoli
»
ha
corroso
,
con
il
vieto
concetto
di
beneficenza
,
l
'
ipotesi
stessa
del
bene
.
Non
è
certo
da
un
laido
sottoproletariato
che
viene
la
speranza
:
esso
è
servito
a
inserire
Viridiana
in
una
società
filistea
,
ma
non
a
proporre
un
ricambio
sociale
.
Se
vogliamo
restare
fedeli
alle
intenzioni
di
Buñuel
,
il
suo
film
è
un
grottesco
che
non
a
caso
ebbe
,
oltre
alla
palma
d
'
oro
di
Cannes
nel
1961
,
il
premio
dell
'
humour
noir
.
Non
.
come
anche
è
stato
detto
,
soltanto
una
serie
di
gags
,
ma
certamente
il
frutto
di
una
fantasia
lugubre
,
che
si
esercita
su
alcuni
mali
della
società
contemporanea
con
gusto
autodistruttivo
,
riscattato
soltanto
da
una
assoluta
libertà
morale
.
Se
nel
film
c
'
è
qualcosa
di
blasfemo
è
questo
incrudelire
sull
'
uomo
a
vantaggio
dell
'
artista
,
che
si
getta
con
voluttà
in
una
ricostruzione
tendenziosa
della
realtà
,
e
riesce
a
dipingerla
con
tinte
così
forti
e
cupe
da
mettere
i
brividi
.
Se
il
mondo
fosse
questo
,
meglio
spararsi
.
È
raro
che
il
cinema
riesca
a
dare
una
così
dura
impressione
.
Quando
lo
fa
,
vuol
dire
che
le
scene
,
così
pregnanti
,
sono
uscite
dalle
mani
di
un
vero
creatore
,
il
quale
si
assume
molte
responsabilità
purché
gli
si
riconosca
sincerità
con
se
stesso
.
Triviale
,
cinico
,
truculento
,
tutto
si
potrà
dire
di
Buñuel
tranne
che
non
sia
un
autentico
spagnolo
ossessionato
dalla
cecità
degli
uomini
e
dalla
nostalgia
della
pietà
.
StampaQuotidiana ,
Otto
e
mezzo
di
Federico
Fellini
:
il
miele
dell
'
illusione
fornito
dalla
magia
contro
la
vita
agra
,
la
fuga
dell
'
individuo
dal
pessimismo
cattolico
in
una
serena
finzione
di
solidarismo
,
una
sorta
di
fantastico
balletto
sulla
passerella
dell
'
esistenza
.
Una
favola
e
un
incubo
,
dal
quale
si
esce
impietositi
per
gli
uomini
,
se
non
ci
consolasse
questa
facoltà
dell
'
arte
,
sorella
della
stregoneria
,
di
rendere
toccabile
,
e
perciò
vero
,
il
mondo
dell
'
ignoto
in
cui
si
dibatte
la
coscienza
.
È
forse
lo
sforzo
più
duro
che
Fellini
abbia
compiuto
sinora
per
compromettere
tutto
se
stesso
nella
ricerca
di
sé
e
di
quanto
lo
leghi
agli
altri
.
Protagonista
è
Guido
,
un
regista
sui
quarantacinque
,
famoso
,
ricco
,
sposato
,
con
un
'
amante
quieta
,
e
quante
altre
donne
vuole
intorno
.
Dovendo
fare
un
film
,
ha
pensato
confusamente
a
qualcosa
di
fantascienza
,
una
nave
spaziale
che
porti
su
un
altro
pianeta
i
resti
dell
'
umanità
decimata
dalla
peste
atomica
.
Una
malattia
,
e
la
paura
della
morte
,
improvvisamente
lo
blocca
.
Subito
un
incubo
:
di
restare
soffocato
nell
'
automobile
,
e
l
'
umanità
che
assiste
al
lugubre
spettacolo
.
Vola
in
cielo
,
ma
qualcosa
lo
lega
:
un
impegno
di
responsabilità
,
che
non
riesce
ad
affrontare
,
ma
al
quale
non
può
sfuggire
:
la
sua
vita
privata
,
il
film
,
gli
attori
che
pendono
da
lui
,
i
piani
di
lavorazione
.
Come
vogliono
i
medici
,
va
a
curarsi
in
una
stazione
termale
.
È
il
momento
in
cui
Guido
rimette
tutto
in
discussione
.
È
in
crisi
il
suo
talento
,
le
idee
sono
nebbiose
,
non
sa
come
portare
avanti
il
film
.
È
,
a
rimorchio
,
è
in
crisi
la
sua
coscienza
.
Non
ha
mai
saputo
rinunziare
a
niente
,
non
ha
mai
saputo
scegliere
una
cosa
sola
e
restarle
fedele
.
Ora
i
rimorsi
sono
giunti
a
maturazione
,
lo
macerano
nella
scontentezza
e
nella
solitudine
.
Si
guarda
intorno
:
uno
scrittore
,
chiamato
a
collaborare
alla
stesura
del
film
,
gli
distrugge
,
con
freddo
razionalismo
,
quanto
ha
fatto
sinora
;
un
amico
,
non
più
giovane
,
ha
lasciato
la
moglie
e
,
pur
di
sentirsi
qualcuno
vicino
,
ha
preso
per
amante
una
compagna
di
scuola
della
figlia
;
la
gente
che
circola
per
le
strade
,
ricca
,
soddisfatta
,
ha
spento
nell
'
abitudine
e
nella
finzione
sociale
ogni
stimolo
verso
la
verità
.
C
'
è
una
bella
ragazza
,
alla
fonte
,
che
gli
porge
il
bicchiere
,
e
gli
fa
indovinare
un
ideale
di
purezza
,
ma
appare
e
scompare
come
un
fantasma
.
È
non
sarà
anch
'
essa
,
per
lui
,
un
'
ambizione
di
conquista
,
per
continuare
a
mentire
sotto
il
velo
di
un
lavacro
d
'
innocenza
?
Arriva
Carla
,
l
'
amante
di
Guido
,
bianca
di
pelle
,
pastosa
,
tutta
mossettine
,
positiva
.
Altre
volte
gli
bastò
rifugiarsi
nella
sua
soda
stupidità
.
Ora
non
più
:
se
ne
vergogna
,
la
sistema
in
un
alberghetto
.
A
letto
con
lei
,
trasognato
dal
suo
bianco
,
Guido
si
assopisce
e
si
trova
nella
luce
di
un
cimitero
.
Il
padre
,
che
torna
a
morire
calandosi
vivo
nella
terra
;
la
madre
,
dolente
,
che
all
'
improvviso
assume
il
volto
di
Luisa
,
la
moglie
di
Guido
...
I
ricordi
,
le
presenze
,
gli
si
confondono
e
lo
mordono
:
non
è
stato
giusto
con
nessuno
,
non
ha
fatto
mai
nulla
per
gli
altri
.
Intanto
tutta
la
troupe
del
film
l
'
ha
raggiunto
:
il
produttore
,
gli
attori
,
i
tecnici
premono
perché
spieghi
cosa
vuoi
fare
,
come
distribuire
le
parti
,
perché
scelga
e
risponda
.
La
sera
,
al
night
delle
terme
,
un
mago
fa
esperimenti
di
telepatia
.
Perché
egli
riesce
a
indovinare
il
pensiero
degli
altri
,
e
Guido
non
sa
più
vedere
nemmeno
in
se
stesso
?
Eppure
il
passato
gli
è
vivo
dinanzi
:
l
'
infanzia
nella
fattoria
,
in
Romagna
,
la
felice
sicurezza
dei
giochi
,
le
mani
delle
donne
.
Forse
Luisa
,
la
moglie
,
può
restituirgli
quella
pace
:
è
un
'
ancora
alla
quale
Guido
si
aggrappa
.
Che
venga
,
Luisa
,
lo
raggiunga
alle
terme
,
se
vuole
.
È
intanto
la
ragazza
della
fonte
gli
riappare
,
come
una
tentazione
.
È
intanto
a
Carla
viene
un
febbrone
,
e
Guido
rifiuta
ancora
una
volta
di
prendersi
la
responsabilità
:
sarà
meglio
chiamare
il
marito
.
Affascinato
dal
corpo
di
lei
,
ecco
ora
il
ricordo
dei
primi
pensieri
peccaminosi
.
Guido
è
in
collegio
,
bambino
:
insieme
ai
compagni
è
andato
nascostamente
sulla
spiaggia
a
vedere
la
Saraghina
,
una
femmina
animalesca
che
vive
tra
i
ruderi
d
'
una
casamatta
.
Sorpreso
dagli
istitutori
,
è
scosso
di
paura
e
vergogna
.
Fu
allora
,
forse
,
che
cominciò
a
mentire
a
se
stesso
.
Non
gli
verrebbe
una
parola
di
consolazione
dalla
Chiesa
?
Alle
terme
c
'
è
anche
un
cardinale
.
Guido
lo
interroga
,
ma
ne
ha
una
risposta
sconsolante
:
«
Chi
ha
detto
che
si
viene
al
mondo
per
essere
felici
?
»
.
Arriva
Luisa
,
e
con
lei
nuovi
motivi
di
disagio
;
perché
Guido
le
mentisce
fingendo
di
ignorare
la
presenza
di
Carla
alle
terme
,
e
la
moglie
si
rifiuta
di
continuare
ad
accettarlo
qual
è
,
un
uomo
che
mentisce
come
respira
.
Ancora
un
sogno
egoista
,
per
Guido
:
di
vedere
la
moglie
e
l
'
amante
a
braccetto
,
e
poi
di
trovarsi
intorno
tutte
le
donne
della
sua
vita
,
come
in
un
harem
festoso
,
e
lui
coccolato
come
un
bambino
e
temuto
come
un
domatore
.
Ma
il
film
non
procede
,
e
tutto
l
'
ambiente
è
a
rumore
:
insomma
,
cosa
vuole
il
regista
?
Gli
si
è
seccata
la
vena
?
Perché
fa
il
misterioso
?
Vigliacco
,
oltreché
buffone
?
È
ora
,
che
parte
ha
Claudia
,
la
diva
che
si
è
aggiunta
alla
troupe
?
In
Claudia
Guido
identifica
la
ragazza
della
fonte
e
l
'
attrice
famosa
.
Sta
rompendo
con
la
moglie
,
sta
pensando
di
rinunziare
al
cinema
:
Claudia
può
restituirgli
la
verginità
dei
sentimenti
e
delle
parole
.
Ma
anche
questa
speranza
fallisce
,
e
ormai
l
'
organizzazione
del
film
è
al
punto
da
costringere
Guido
a
pronunziarsi
.
Di
fronte
al
grande
traliccio
costruito
per
il
lancio
dell
'
astronave
,
il
produttore
convoca
una
conferenza
-
stampa
.
Preso
d
'
assalto
,
Guido
deve
confessare
il
proprio
fallimento
di
regista
e
di
uomo
.
Finzione
e
realtà
ormai
si
confondono
in
lui
e
l
'
ossessionano
.
Pensa
di
sfuggire
a
tutte
le
responsabilità
col
suicidio
,
ma
mentre
la
folla
si
disperde
il
mago
che
nel
night
faceva
gli
esperimenti
di
telepatia
lo
ferma
,
presentandogli
una
realtà
miracolosamente
pacificata
nella
suprema
finzione
.
In
un
lampo
,
Guido
intuisce
che
il
senso
del
film
e
della
vita
sta
nell
'
accettare
il
mondo
,
nel
rinunziare
a
fuggire
in
un
altro
pianeta
,
nell
'
abbandonarsi
,
sfilando
tutti
insieme
come
su
una
passerella
,
al
necessario
,
inevitabile
gioco
della
vita
,
in
cui
l
'
egoismo
di
ciascuno
coincide
con
la
verità
di
tutti
.
La
creatura
di
sogno
,
tutta
vestita
di
bianco
,
la
ritroviamo
allora
in
noi
,
nell
'
innocenza
di
noi
stessi
bambini
.
Nel
suo
cono
di
luce
ci
sembra
di
rinascere
.
In
Otto
e
mezzo
(
l
'
ottavo
film
di
Fellini
,
più
Luci
del
varietà
,
firmato
insieme
a
Lattuada
)
,
lo
scrittore
che
era
stato
chiamato
a
consulto
da
Guido
,
e
lo
aveva
duramente
criticato
,
finisce
impiccato
.
Questa
è
la
sorte
che
Fellini
riserva
a
chi
voglia
vedere
,
sempre
,
tutto
chiaro
,
e
rifiuti
le
confessioni
che
non
seguano
il
gelido
ordine
razionale
.
D
'
accordo
,
strangoliamo
la
critica
se
vuole
obbligarci
a
giudicare
una
grande
opera
d
'
arte
come
questa
con
i
canoni
cartesiani
.
Siamo
in
un
'
età
di
transizione
,
dobbiamo
lasciarci
convincere
dalla
stessa
indeterminatezza
di
un
'
idea
,
se
essa
ci
emoziona
.
Abbiamo
bisogno
di
sentirci
scaldare
,
di
farci
trasportare
.
Non
è
nemmeno
quanto
Fellini
ci
dice
sul
tumulto
della
sua
vita
individuale
(
perché
l
'
identificazione
fra
Guido
e
Fellini
è
totale
,
e
questo
può
essere
un
difetto
del
film
)
,
ciò
che
più
ci
interessa
.
Dopo
tutto
sono
fatti
suoi
,
e
si
può
anche
non
essere
d
'
accordo
sulla
validità
universale
della
soluzione
ch
'
egli
ci
propone
,
e
non
troppo
chiaramente
,
a
conclusione
di
un
itinerario
larghissimamente
autobiografico
.
È
il
fatto
che
un
uomo
di
cinema
,
pur
dando
íl
suo
luogo
all
'
astuzia
,
si
metta
nudo
in
piazza
,
si
offra
al
dileggio
,
e
intanto
le
sue
carni
si
traducano
in
immagini
di
ineguagliabile
evidenza
fantastica
,
ciò
che
colpisce
e
mozza
il
fiato
.
La
parabola
pronunciata
da
Fellini
può
anche
lasciarci
freddi
,
se
la
isoliamo
dal
contesto
(
e
indubbiamente
la
contemporaneità
dei
tre
piani
narrativi
e
psicologici
-
quello
che
Guido
è
,
è
stato
e
vorrebbe
essere
-
non
è
perfettamente
risolta
in
racconto
unitario
)
,
ma
l
'
eccezionalità
del
film
sta
proprio
nella
«
bella
confusione
»
(
questo
è
il
titolo
che
Flaiano
aveva
proposto
)
di
errore
e
verità
,
di
realtà
e
sogno
,
di
valori
stilistici
e
valori
umani
,
nel
totale
adeguamento
del
linguaggio
cinematografico
di
Fellini
alle
sconnesse
immaginazioni
di
Guido
.
Come
distinguere
il
regista
della
realtà
da
quello
della
finzione
è
impossibile
,
così
i
difetti
di
Fellíni
coincidono
con
le
ombre
spirituali
di
Guido
.
L
'
osmosi
fra
arte
e
vita
è
strabiliante
.
Certo
siamo
di
fronte
a
un
esperimento
irripetibile
.
Da
nessun
altro
saremmo
disposti
ad
ammettere
che
«
il
film
deve
contenere
errori
come
la
vita
,
come
la
gente
»
:
quella
che
per
Fellíni
è
stata
,
durante
la
lavorazione
laboriosa
del
film
,
la
consapevole
scelta
di
un
rischio
gravissimo
,
per
chiunque
altro
potrà
essere
un
alibi
.
Piuttosto
dobbiamo
chiederci
perché
un
'
avventura
tanto
personale
,
talché
Otto
e
mezzo
,
con
i
suoi
rintocchi
malinconici
,
sta
fra
la
confessione
e
il
testamento
,
raggiunga
una
delle
vette
più
alte
del
cinema
mondiale
contemporaneo
.
Il
segreto
,
dite
pure
il
trucco
,
sta
nell
'
aver
portato
all
'
estremo
quella
disponibilità
inventiva
e
quella
maestria
tecnica
grazie
alle
quali
anche
immagini
sparse
prendono
corpo
e
divengono
frasi
di
un
discorso
che
perennemente
si
arrotola
e
si
snoda
sul
piano
della
fantasia
,
della
memoria
e
del
sortilegio
,
e
nell
'
averle
nutrite
di
tutte
le
angosce
del
nostro
tempo
.
Quante
volte
è
stato
detto
che
Fellini
è
soprattutto
un
visionario
?
Ma
ormai
le
sue
visioni
sono
un
grido
.
Ormai
egli
proietta
tutti
i
suoi
dubbi
morali
su
uno
schermo
magico
,
che
assorbe
la
confessione
nella
visione
,
senza
il
consueto
tramite
della
introspezione
,
ma
il
lampo
gli
parte
dal
profondo
dell
'
essere
.
È
uno
sdrucciolone
nell
'
intuizionismo
se
volete
,
ma
compiuto
da
un
umanista
che
resta
fedele
ai
modi
realistici
:
per
un
'
arcana
operazione
i
valori
stilistici
del
film
sono
anche
quelli
psicologici
,
e
la
frondosità
,
l
'
eccesso
di
simbolismo
,
le
ridondanze
,
tutto
quanto
c
'
è
di
floreale
nel
regista
restano
nel
contempo
i
connotati
morali
di
un
artista
ossessionato
,
che
non
vuole
staccarsi
dal
magma
che
gli
bolle
dentro
,
preferendo
tentare
di
liberarsene
col
bruciarsi
le
facoltà
ordinatrici
,
sia
pure
irridendo
alla
propria
ambizione
.
In
Otto
e
mezzo
l
'
operazione
è
riuscita
fino
allo
spasimo
.
Non
c
'
è
sequenza
del
film
in
cui
non
sia
visibile
questo
sforzo
di
sincerità
.
Tutto
il
film
è
.
un
incrociarsi
di
ipotesi
,
presagi
,
intuizioni
che
assumono
consistenza
figurativa
nell
'
attimo
stesso
in
cui
sono
avvertiti
dalla
coscienza
,
e
la
cui
convinzione
deriva
dalla
loro
verità
spirituale
.
«
Qualcosa
tra
una
sgangherata
seduta
psicanalitica
e
un
disordinato
esame
di
coscienza
,
in
un
'
atmosfera
di
limbo
»
,
ha
detto
Fellini
del
suo
film
.
Non
sarà
piuttosto
il
supremo
vagheggiamento
di
un
poeta
che
irrazionalmente
identifica
l
'
arte
con
la
vita
,
e
le
riassume
,
con
splendida
ipocrisia
,
nella
bella
favola
?
Anziché
una
«
verifica
intima
»
,
che
interesserà
soprattutto
la
storia
di
Fellini
,
Otto
e
mezzo
è
allora
un
canto
consolatorio
,
sincopato
tuttavia
da
un
ritornello
di
autoderisione
.
Di
qui
quella
vena
di
comico
che
scorre
nella
tragica
allegoria
.
I
motivi
(
e
le
polemiche
)
che
serpeggiano
nel
film
sono
infiniti
e
appartengono
a
un
repertorio
già
noto
:
è
vano
tentare
di
farne
un
elenco
,
così
come
degli
scorci
di
racconto
,
dei
ritratti
e
dei
paesaggi
umani
.
Ovunque
qui
il
genio
di
Fellini
brilla
come
raramente
si
è
visto
al
cinema
.
Non
c
'
è
ambiente
,
non
c
'
è
personaggio
,
non
c
'
è
situazione
privi
di
un
significato
preciso
sul
grande
palcoscenico
di
Otto
e
mezzo
.
Certe
soluzioni
registiche
lasciano
sbalorditi
per
l
'
uso
del
bianco
e
nero
,
per
l
'
abilità
con
cui
la
messa
in
scena
è
chiamata
a
rivelare
la
realtà
e
a
commuovere
,
per
il
concorso
che
la
musica
,
le
luci
,
l
'
evidenza
dei
personaggi
danno
all
'
evocazione
di
uno
stato
d
'
animo
.
Entrare
nei
particolari
è
già
rompere
il
tessuto
di
un
film
che
va
accettato
nella
sua
totalità
,
come
un
acquario
o
un
luna
park
vi
affascina
prima
ancora
che
ne
analizziate
i
curiosi
abitanti
.
Diciamo
soltanto
che
alla
confusione
della
coscienza
contemporanea
Fellini
risponde
accettandola
con
l
'
esprimerla
negli
unici
modi
suoi
propri
:
quelli
dell
'
allucinazione
e
dello
strazio
,
accentuandone
l
'
eco
crepuscolare
.
Gli
attori
sono
Mastroianni
,
la
Cardinale
(
finalmente
non
doppiata
)
,
Anouk
Aimée
,
Sandra
Milo
,
Rossella
Falk
,
Caterina
Boratto
,
Annibale
Ninchi
,
Giuditta
Rissone
e
moltissimi
altri
.
Il
soggetto
è
di
Fellini
e
Flaiano
,
alla
sceneggiatura
hanno
lavorato
,
oltre
loro
,
Pinelli
e
Rondi
.
La
scenografia
e
i
costumi
sono
di
Piero
Gherardi
,
la
fotografia
di
Di
Venanzo
,
le
musiche
di
Rota
,
il
montaggio
di
Leo
Cattozzo
.
È
un
nudo
,
ingiusto
elenco
di
nomi
,
perché
ciascuno
meriterebbe
un
elogio
,
così
vivo
è
stato
il
loro
apporto
al
film
.
Ma
è
tutto
quello
che
qui
si
può
fare
,
vedendo
gli
attori
e
i
collaboratori
toccati
dalla
bacchetta
magica
di
un
creatore
al
quale
nel
cinema
mondiale
di
oggi
non
vediamo
chi
possa
stare
vicino
.
StampaQuotidiana ,
Fra
i
molti
motivi
di
interesse
suscitati
da
Il
processo
di
Verona
ci
sembra
che
sia
da
mettere
al
primo
posto
,
lasciando
da
parte
le
inevitabili
polemiche
che
susciterà
la
scelta
dell
'
argomento
,
il
tentativo
compiuto
dal
regista
Carlo
Lizzani
di
inaugurare
un
nuovo
genere
di
cinema
spettacolare
.
Siamo
di
fronte
a
un
film
che
,
sulla
base
di
una
larga
documentazione
e
soprattutto
di
un
pressoché
unanime
giudizio
sullo
spirito
dei
fatti
,
offre
un
'
interpretazione
storico
-
psicologica
di
un
'
allucinante
pagina
della
vita
italiana
.
Sgombriamo
subito
il
campo
da
quello
che
a
noi
sembra
un
equivoco
,
del
resto
non
proprio
disinteressato
.
Il
film
non
vuol
essere
una
fedele
cronaca
di
fatti
personali
.
I
personaggi
che
,
tuttora
viventi
,
vi
si
riconoscono
,
devono
ammettere
che
in
un
certo
momento
della
storia
italiana
essi
hanno
racchiuso
nel
proprio
nome
il
senso
di
vicende
che
trascendono
le
particolari
biografie
;
che
essi
sono
stati
chiamati
dalla
sorte
a
identificarsi
con
delle
forze
e
debolezze
assolutamente
umane
le
quali
percorrono
tutta
la
storia
dell
'
umanità
,
e
si
coagularono
con
emblematica
virulenza
sotto
il
cielo
di
Verona
nei
mesi
che
vanno
dal
24
luglio
1943
all'11
gennaio
'44
.
Rimproverare
al
film
di
essere
inesatto
,
falso
,
tendenzioso
in
alcuni
particolari
,
è
a
nostro
avviso
giustificato
soltanto
nella
misura
in
cui
si
sia
disposti
ad
ammettere
che
Ciano
,
i
suoi
compagni
,
sua
moglie
,
Mussolini
,
Pavolini
,
tutti
coloro
che
quei
mesi
furono
trascinati
dalla
furia
dell
'
odio
,
della
disperazione
e
della
vendetta
,
avevano
una
statura
da
eroi
rinascimentali
,
talché
in
ogni
minima
piega
del
loro
comportamento
si
possa
rintracciare
la
sublimazione
del
vizio
in
virtù
.
Al
contrario
a
noi
sembra
che
tutto
il
processo
di
Verona
sia
stato
privo
di
ogni
alone
,
sia
pure
romantico
,
che
possa
idealizzarne
i
protagonisti
diretti
e
indiretti
,
e
che
esso
sia
stato
la
fiamma
che
ha
bruciato
ogni
residuo
di
forza
morale
,
scatenando
quanto
di
barbarico
era
depositato
nel
fondo
di
un
ambiente
che
nutriva
in
sé
i
germi
dell
'
autodistruzione
.
Se
non
è
vero
,
il
film
è
perciò
verosimile
.
Ecco
perché
Lizzani
ha
fatto
bene
a
tentare
di
interpretare
,
sia
pure
con
un
linguaggio
spettacolare
,
l
'
atmosfera
di
quei
tempi
,
riassumendo
nel
personale
rapporto
tra
Ciano
e
sua
moglie
le
linee
essenziali
di
un
più
vasto
quadro
d
'
ambiente
.
Egli
ha
compiuto
,
in
un
certo
senso
,
un
processo
inverso
a
quello
che
compie
il
melodramma
.
Come
questo
mitizza
i
personaggi
,
così
Lizzani
li
ha
demitizzati
,
facendoci
sentire
che
la
storia
in
cui
siamo
immersi
non
è
fatta
di
schemi
libreschi
,
bensì
di
conflitti
di
caratteri
e
di
passioni
nei
quali
si
esprime
l
'
autentica
natura
degli
uomini
e
delle
donne
sulle
cui
deboli
spalle
si
accumula
il
destino
dei
popoli
.
È
ha
pensato
il
film
in
modo
che
la
sensibilità
dello
spettatore
sia
toccata
proprio
in
quella
zona
in
cui
la
condizione
umana
coincide
con
la
condizione
civile
.
Il
giudizio
sul
comportamento
morale
dei
protagonisti
del
processo
di
Verona
,
carnefici
e
vittime
,
porta
con
sé
un
preciso
giudizio
sulla
responsabilità
del
cittadino
che
in
qualche
modo
vorrebbe
riconoscersi
in
una
delle
due
parti
.
Ci
fu
,
questo
è
indubbio
,
uno
scoppio
di
odio
e
di
vendetta
da
parte
dei
fanatici
che
vollero
a
ogni
costo
Ciano
,
e
gli
altri
quattro
(
Gottardi
,
Marinelli
,
Pareschi
,
De
Bono
)
,
fucilati
;
e
dà
parte
di
Mussolini
la
piena
sottomissione
ai
tedeschi
,
i
quali
volevano
che
il
nuovo
fascismo
si
consolidasse
,
sia
pure
al
prezzo
di
cementare
l
'
unità
col
sangue
.
È
ci
fu
,
in
Edda
,
il
dramma
della
figlia
alla
quale
il
padre
manda
a
morte
il
marito
..
Perché
non
tentare
di
dare
vita
artistica
a
questi
foschi
nodi
della
storia
italiana
?
Pensate
agli
altri
progetti
che
Lizzani
ha
in
mente
per
analoghi
film
:
la
caduta
dei
Savoia
,
Matteotti
,
la
morte
di
Hammarskyöld
.
C
'
è
,
chiaramente
,
l
'
intuizione
di
un
regista
che
prosegue
un
suo
discorso
sulla
necessità
di
affrontare
la
realtà
quotidiana
,
per
colmare
il
distacco
fra
l
'
individuo
che
sta
in
poltrona
e
la
storia
di
cui
è
troppo
spesso
ignaro
protagonista
.
Perciò
si
parla
di
un
nuovo
cinema
di
ispirazione
storico
-
civile
,
ottenuto
non
soltanto
con
i
modi
dell
'
affresco
narrativo
,
sul
genere
delle
Quattro
giornate
di
Napoli
,
ma
dell
'
introspezione
psicologica
,
intesa
a
caratterizzare
momenti
e
aspetti
di
tragedie
personali
o
familiari
nelle
quali
si
specchiano
spesso
quelle
di
intere
nazioni
.
Il
processo
di
Verona
comincia
la
notte
del
24
luglio
,
dopo
la
riunione
del
Gran
consiglio
del
fascismo
che
approvò
a
maggioranza
l
'
ordine
del
giorno
Grandi
contro
Mussolini
.
Il
Duce
si
vede
un
attimo
di
spalle
,
mentre
i
gerarchi
rapidamente
si
allontanano
.
Ciano
,
in
un
rapido
colloquio
con
Grandi
,
si
rende
conto
che
ci
si
è
serviti
del
suo
voto
,
ma
che
per
la
sua
posizione
di
genero
di
Mussolini
egli
è
ormai
tagliato
fuori
dagli
eventi
.
Rientrato
in
casa
,
vuole
che
Edda
chieda
ai
tedeschi
un
lasciapassare
per
la
Spagna
,
ma
la
moglie
è
turbata
,
non
può
ovviamente
perdonargli
di
avere
tradito
Mussolini
,
e
di
voler
ora
servirsi
di
lei
per
ottenere
la
fuga
dai
tedeschi
,
dei
quali
egli
si
è
sempre
proclamato
avversario
,
ma
soltanto
a
parole
e
nei
diari
,
che
nel
frattempo
ella
ha
messo
al
sicuro
nelle
mani
di
un
amico
fidato
.
Firmato
l
'
armistizio
,
i
tedeschi
negano
il
salvacondotto
per
la
Spagna
,
e
costringono
i
Ciano
,
con
i
bambini
,
a
restare
loro
ospiti
-
prigionieri
a
Monaco
di
Baviera
.
Liberato
Mussolini
,
la
famiglia
rientra
in
Italia
,
ma
Ciano
,
già
atterrito
e
ormai
indifferente
al
proprio
destino
(
del
quale
ha
il
presagio
in
un
muto
incontro
con
Rachele
)
,
viene
imprigionato
a
Verona
,
in
una
cella
separata
da
quella
degli
altri
gerarchi
che
non
sono
riusciti
a
fuggire
.
Qui
viene
a
trovarlo
Frau
Beetz
,
la
tedesca
che
fu
segretaria
di
Von
Ribbentrop
,
la
quale
si
offre
di
metterlo
in
salvo
in
cambio
dei
diari
.
Ciano
,
non
fidandosi
dei
tedeschi
,
rifiuta
.
Infiammati
da
Pavolini
,
i
repubblichini
tentano
un
assalto
alle
carceri
,
al
grido
di
«
A
morte
Ciano
»
.
Quando
finalmente
Ciano
riesce
a
ottenere
un
colloquio
con
Edda
,
in
parlatorio
,
le
chiede
di
parlare
ancora
di
lui
a
Mussolini
.
«
Sì
-
risponde
la
moglie
-
ma
vorrei
che
tu
non
mi
chiedessi
di
farlo
»
.
Già
a
questo
punto
i
caratteri
sono
definiti
chiaramente
:
Ciano
alterna
momenti
di
sconforto
e
d
'
orgoglio
,
di
vanità
e
di
rassegnazione
;
Edda
è
una
donna
sconvolta
,
divisa
fra
il
padre
e
il
marito
,
che
non
cede
alla
sorte
che
attende
le
sue
famiglie
.
Dall
'
altra
parte
c
'
è
un
gruppo
che
fonda
tutte
le
sue
speranze
sulla
violenza
,
e
vuol
galvanizzare
i
giovani
in
lotta
con
i
partigiani
dando
l
'
esempio
di
una
feroce
vendetta
.
Dopo
una
lite
fra
Edda
e
Rachele
,
e
l
'
interrogatorio
di
Ciano
da
parte
del
giudice
istruttore
,
che
si
rivela
un
misero
strumento
dei
repubblichini
,
il
genero
di
Mussolini
si
rende
conto
che
la
sua
sorte
è
segnata
.
Allora
accetta
le
proposte
di
Frau
Beetz
:
Edda
consegnerà
i
diari
nel
momento
in
cui
egli
sarà
liberato
.
Ma
le
cose
andranno
diversamente
:
i
tedeschi
volendo
che
Ciano
sia
accolto
nascostamente
in
un
convento
,
ma
Edda
non
fidandosi
della
loro
parola
,
lo
scambio
non
avviene
.
Il
processo
si
rivela
una
finzione
giuridica
.
Imputati
del
delitto
di
tradimento
e
di
aiuto
al
nemico
,
Ciano
e
gli
altri
quattro
sono
condannati
a
morte
.
Ultima
telefonata
di
Edda
a
Mussolini
perché
salvi
il
genero
,
e
tentativo
di
ricattarlo
con
i
diari
.
Si
fa
in
modo
che
la
domanda
di
grazia
non
arrivi
al
Duce
,
Rachele
convince
Edda
a
fuggire
in
Svizzera
,
fucilazione
.
Fra
un
secolo
sembrerà
un
drammone
.
È
qui
,
appunto
,
il
rischio
di
Lizzani
:
di
darci
dei
romanzi
storici
d
'
appendice
,
specializzati
in
congiure
di
palazzo
.
Ma
non
siamo
ancora
a
questo
.
Il
processo
di
Verona
regge
abbastanza
bene
,
perché
il
regista
ha
concentrato
la
tragedia
in
scontri
di
caratteri
e
in
situazioni
che
,
avendo
poco
di
teatrale
,
si
condensano
in
un
clima
di
verità
psicologica
,
le
cui
costanti
sono
appunto
l
'
odio
personale
,
lo
spirito
di
rivalsa
,
il
terrore
e
l
'
assurdità
.
È
intorno
vi
ha
mosso
un
paesaggio
di
rovine
,
di
disfacimento
,
spesso
ben
sottolineato
dalla
ambientazione
.
Il
film
racconta
in
due
ore
quanto
accadde
in
quasi
sei
mesi
:
c
'
è
necessariamente
uno
sforzo
di
contrazione
narrativa
,
ma
l
'
essenza
del
dramma
non
ci
sfugge
,
e
nemmeno
la
sollecitazione
morale
che
ne
scaturisce
.
Gli
inserti
documentari
,
tratti
da
cinegiornali
dell
'
epoca
,
fanno
da
illustrazione
al
romanzo
,
che
ottiene
dai
forti
chiaroscuri
della
fotografia
,
dallo
stile
spesso
serrato
(
la
parte
più
debole
,
forse
,
è
proprio
il
processo
)
scandito
dagli
spari
dei
mitra
,
un
taglio
acre
e
livido
,
che
talvolta
gela
il
sangue
.
Fra
i
molti
interpreti
Silvana
Mangano
ha
dato
a
Edda
un
eccezionale
rilievo
,
con
la
sua
maschera
aspra
e
cruda
.
Frank
Wolff
è
un
probabilissimo
Ciano
,
ora
pavido
ora
sprezzante
.
Nella
parte
di
Rachele
si
saluta
volentieri
il
ritorno
di
Vivi
Gioi
.
Quanto
alla
rassomiglianza
degli
attori
con
i
loro
vari
personaggi
,
c
'
è
spesso
da
restare
di
stucco
.
StampaQuotidiana ,
Fabrizio
Corbera
,
principe
di
Salina
,
è
entrato
nell
'
olimpo
cinematografico
sorretto
dalla
mano
guantata
di
Luchino
Visconti
.
Si
ha
un
bel
dire
che
anche
quando
un
film
è
tratto
da
un
romanzo
deve
essere
giudicato
soltanto
per
i
suoi
valori
cinematografici
,
ma
se
questo
romanzo
è
Il
Gattopardo
,
uno
dei
più
clamorosi
successi
della
editoria
italiana
,
ciò
che
subito
tutti
si
chiedono
è
se
lo
scrittore
,
tradito
,
si
rivolta
nella
tomba
,
o
se
è
lecito
pensare
che
dall
'
al
di
là
mandi
un
grato
saluto
al
regista
che
gli
ha
acquistato
nuovi
ammiratori
.
Perciò
diciamo
subito
che
Giuseppe
Tomasi
di
Lampedusa
,
nonostante
il
caratterino
che
doveva
ritrovarsi
,
non
deve
nutrire
eccessivi
rancori
verso
Visconti
:
benché
teso
al
massimo
,
l
'
arco
narrativo
è
quello
originale
,
i
personaggi
ci
sono
,
il
protagonista
,
soprattutto
,
grazie
all
'
eccellente
prestazione
di
Burt
Lancaster
,
è
parente
stretto
del
principe
di
Salina
pensato
dal
Lampedusa
.
Per
il
nostro
gusto
,
non
poco
è
andato
disperso
,
ma
è
quanto
appartiene
più
da
vicino
alla
letteratura
,
e
quindi
bisogna
rassegnarsi
a
non
chiedere
al
cinema
:
dico
certi
motivi
squisitamente
lirici
e
certa
musicalità
ed
eleganza
intellettuale
di
toni
,
e
una
finezza
di
notazioni
psicologiche
e
ironiche
che
in
Visconti
non
hanno
mai
,
nonostante
le
apparenze
,
echi
troppo
profondi
,
perché
la
squisitezza
formale
,
propria
delle
immagini
,
non
di
rado
è
dissociata
dalla
modulazione
sentimentale
.
Ma
intanto
quanto
più
si
poteva
temere
,
il
rovesciamento
dal
romanzo
autobiografico
al
film
storico
,
al
grande
affresco
sociale
e
politico
,
con
lo
spostamento
dal
pedale
psicologico
a
quello
etico
,
e
con
conseguente
ribaltamento
del
significato
profondo
dell
'
opera
del
Lampedusa
non
è
avvenuto
nella
misura
clamorosa
paventata
da
chi
credeva
,
assai
scioccamente
,
che
Visconti
avrebbe
approfittato
dell
'
occasione
per
muovere
una
violenta
critica
all
'
aristocrazia
,
puntare
i
fucili
giacobini
sul
principe
di
Salina
e
condannare
a
gran
voce
la
sua
deficienza
ideologica
,
la
sua
reazionaria
filosofia
della
storia
.
Sono
rimproveri
,
questi
,
che
durante
la
diatriba
susseguente
all
'
uscita
del
romanzo
furono
mossi
al
Lampedusa
dai
comunisti
più
ottusi
,
che
non
sono
mai
disposti
ad
ammettere
la
validità
artistica
di
un
'
opera
se
non
è
allineata
con
la
loro
concezione
strumentale
della
letteratura
.
Visconti
ha
capito
benissimo
che
l
'
altezza
poetica
della
figura
creata
dal
Lampedusa
soverchiava
,
per
coerenza
artistica
,
le
idee
espresse
dal
personaggio
;
il
suo
sforzo
,
semmai
,
è
stato
di
accentuare
nel
principe
di
Salina
la
consapevole
malinconia
di
stare
assistendo
al
crollo
di
un
mondo
senza
ritorno
,
e
di
essere
un
po
'
il
simbolo
di
quella
età
di
trapasso
dal
vecchio
al
nuovo
,
in
cui
la
nausea
della
vita
si
veste
di
disperato
orgoglio
.
Lungi
dall
'
infierire
su
Fabrizio
,
Visconti
l
'
ha
dunque
affrontato
e
restituito
con
grande
rispetto
.
A
tutto
ciò
non
è
estranea
la
sua
predilezione
per
i
caratteri
colti
nei
momenti
di
crisi
(
e
dite
voi
quale
crisi
più
grave
di
quella
provocata
,
in
un
principe
siciliano
,
dalla
caduta
dei
Borboni
e
dall
'
annessione
dell
'
isola
al
regno
d
'
Italia
)
,
ma
nemmeno
quella
nostalgia
di
aristocratico
per
le
forti
personalità
,
siano
esse
patrizie
o
plebee
,
che
percorre
tutta
l
'
opera
di
Visconti
,
impietoso
verso
le
classi
di
mezzo
.
Solo
che
,
per
non
assumere
tutto
il
significato
del
Gattopardo
nel
personale
tormento
del
principe
,
ha
dato
al
film
una
più
precisa
cornice
storica
,
inserendolo
in
quella
crisi
del
Risorgimento
che
per
la
storiografia
di
derivazione
marxista
si
identifica
con
l
'
equivoco
fondamentale
della
storia
unitaria
italiana
;
e
con
ciò
ovviamente
portando
.
avanti
un
suo
discorso
cominciato
da
una
parte
con
La
terra
trema
(
il
risveglio
della
Sicilia
)
,
dall
'
altra
con
Senso
(
lo
sfacelo
morale
dell
'
aristocrazia
)
:
due
film
che
in
certo
modo
vengono
a
sboccare
nel
Gattopardo
come
due
fiumi
a
una
foce
;
che
è
,
appunto
,
la
speranza
che
qualcosa
può
mutare
,
nella
vita
,
e
particolarmente
in
Italia
,
ove
le
classi
dirigenti
di
ieri
e
di
oggi
passino
la
mano
o
si
rinnovino
.
La
polemica
,
ora
,
sarà
sul
sapere
se
già
in
Lampedusa
ci
fosse
questa
sotterranea
coscienza
dell
'
esaurimento
storico
di
una
classe
e
di
un
modo
di
vivere
,
o
se
essa
non
fosse
assorbita
in
una
più
generale
atarassia
,
in
un
nichilismo
che
in
ogni
caso
a
noi
sembra
riscattato
da
quella
interiore
dignità
che
al
Lampedusa
scende
direttamente
da
Verga
e
si
innesta
in
un
temperamento
di
stoico
.
Comunque
Visconti
ha
agito
con
una
discrezione
ammirevole
:
egli
ha
lasciato
capire
chiaramente
,
chiudendo
il
film
col
grande
ballo
dell
'
aristocrazia
palermitana
,
che
tutto
Il
Gattopardo
è
a
suo
avviso
il
canto
funebre
intonato
a
un
mondo
in
dissoluzione
,
e
tuttavia
questo
canto
ha
l
'
inflessione
di
un
lamento
,
perché
la
lacrima
che
riga
,
sul
finire
,
il
volto
del
principe
sarà
per
qualcuno
anche
il
simbolo
di
un
dolore
universale
,
del
quale
possono
partecipare
,
senza
perciò
essere
dei
reazionari
,
e
il
principe
di
Salina
e
il
principe
di
Lampedusa
e
chiunque
soffra
nel
vedere
,
sotto
le
belle
spoglie
di
Angelica
e
di
Tancredi
,
gli
arrampicatori
e
gli
opportunisti
:
quanti
,
appunto
,
rendono
amaro
il
vivere
e
vano
il
credere
.
La
malinconia
di
Fabrizio
tocca
il
massimo
dell
'
avvilimento
quando
il
presentimento
della
morte
si
confonde
con
l
'
eco
delle
fucilate
che
hanno
giustiziato
all
'
alba
gli
ex
-
garibaldini
i
quali
hanno
disertato
dall
'
esercito
regolare
per
tornare
con
Garibaldi
poco
dopo
che
Angelica
e
suo
padre
,
lo
strozzino
don
Calogero
,
hanno
fatto
il
loro
ingresso
nella
bella
società
,
e
anche
Tancredi
,
ormai
candidato
alle
elezioni
,
è
entrato
nel
gioco
:
avviandosi
,
seguendo
la
sua
stella
,
verso
la
morte
,
il
principe
di
Salina
cerca
una
ragione
di
perenne
certezza
,
che
la
bellezza
di
Angelica
gli
ha
fatto
intravedere
come
l
'
incarnazione
di
un
ideale
.
In
questa
cronaca
necessariamente
frettolosa
non
racconteremo
il
film
,
che
del
resto
segue
da
vicino
il
romanzo
cominciando
con
la
recita
del
rosario
,
e
prosegue
,
sfoltendo
i
capitoli
,
con
l
'
arruolamento
di
Tancredi
,
il
ritiro
della
famiglia
a
Donnafugata
,
l
'
incontro
con
don
Calogero
,
l
'
amore
tra
Angelica
e
Tancredi
,
il
rifiuto
,
da
parte
del
principe
,
del
seggio
senatoriale
,
e
si
chiude
,
si
è
detto
,
col
ballo
,
dal
quale
il
principe
esce
col
presentimento
della
morte
.
Il
talento
di
Visconti
si
è
esercitato
,
soprattutto
,
nella
prima
parte
in
certi
squarci
di
tumulti
popolari
per
le
vie
,
e
nella
seconda
nella
rappresentazione
del
ballo
.
In
mezzo
,
quello
che
a
nostro
avviso
è
il
tema
toccato
con
maggiore
evidenza
poetica
:
la
fuga
di
Angelica
nelle
stanze
disabitate
del
vecchio
palazzo
.
La
concordanza
fra
motivi
figurativi
e
motivi
psicologici
è
qui
raggiunta
meglio
che
altrove
.
Non
diremmo
infatti
che
,
per
esempio
,
il
disfacimento
sociale
del
ballo
sia
stato
espresso
dal
colore
nella
stessa
misura
in
cui
,
nella
fuga
di
Angelica
,
le
tonalità
degli
abiti
e
delle
pareti
esprimono
l
'
ambiguità
del
personaggio
.
Ma
di
tutto
l
'
uso
del
colore
in
questo
film
bisognerebbe
parlare
a
lungo
:
è
un
fatto
che
a
certi
meravigliosi
brani
paesistici
,
a
certi
bei
ritratti
di
«
uomo
seduto
»
,
Si
alternano
pagine
soltanto
illustrative
.
È
neppure
nel
Gattopardo
Visconti
rinuncia
a
certe
raffinatezze
(
i
veli
gonfiati
dal
vento
)
che
appartengono
alla
parte
più
decorativa
del
suo
ingegno
.
Il
film
ha
anche
altre
cadute
(
a
questo
punto
vogliamo
dire
che
Il
Gattopardo
non
resterà
probabilmente
il
capolavoro
di
Visconti
:
Senso
e
Rocco
hanno
,
a
nostro
avviso
,
ben
altra
robustezza
)
;
delle
lungaggini
nei
dialoghi
,
qualche
punta
di
melodramma
,
certe
risate
che
lacerano
la
nota
intima
del
racconto
,
perfino
qualche
disinvoltura
storica
(
è
molto
improbabile
che
due
fidanzati
come
Angelica
e
Tancredi
,
sulla
metà
dell
'
Ottocento
,
osassero
baciarsi
in
pubblico
con
tanta
passione
)
ma
la
figura
del
principe
di
Salina
è
quasi
perfetta
:
troppo
prepotente
,
già
nel
romanzo
,
per
lasciare
molto
spazio
a
divagazioni
storico
-
critiche
.
E
ancora
una
volta
Visconti
si
è
rivelato
uno
straordinario
direttore
di
attori
.
Alain
Delon
,
nella
parte
di
Tancredi
,
ci
ha
convinti
assai
poco
(
e
così
pure
Reggiani
)
,
ma
tutti
gli
altri
sono
molto
aderenti
all
'
idea
che
dei
personaggi
possono
essersi
fatti
i
lettori
del
Tomasi
.
In
primo
luogo
,
s
'
intende
,
Burt
Lancaster
,
che
nella
parte
di
Fabrizio
si
è
rivelato
una
scelta
eccellente
;
quando
egli
è
presente
,
tutta
la
scena
si
anima
.
Rude
,
ha
saputo
dare
alla
figura
del
principe
morbidezza
e
insieme
fierezza
di
tratti
:
quasi
sempre
egli
impartisce
,
senza
volerlo
,
lezione
di
recitazione
.
Ottimi
sua
moglie
,
impersonata
da
Rina
Morelli
,
'
e
Romolo
Valli
(
don
Pirrone
)
,
Paolo
Stoppa
e
un
don
Calogero
di
impressionante
verità
.
E
Claudia
Cardinale
?
Ecco
:
la
sua
maschera
ha
straordinarie
mutazioni
,
riesce
a
essere
superba
e
dolce
,
ma
qui
ci
è
sembrata
un
po
'
fredda
.
Un
trepido
calore
viene
invece
al
film
dalla
musica
:
un
valzer
inedito
di
Verdi
che
lo
accompagna
come
un
Leitmotiv
.
StampaQuotidiana ,
L
'
infanzia
di
Ivan
giunge
a
proposito
per
farci
toccare
con
mano
il
significato
del
congelamento
reimposto
da
Mosca
a
scrittori
e
registi
.
Andrej
Tarkovskij
,
autore
del
film
che
vinse
a
Venezia
il
«
Leone
d
'
oro
»
,
è
fra
gli
artisti
sospettati
recentemente
di
eccessive
simpatie
per
l
'
Occidente
,
di
compiacimenti
formalistici
e
di
compromissioni
con
le
ideologie
piccolo
-
borghesi
,
rivelate
dal
suo
disimpegno
nei
confronti
del
realismo
socialista
.
Rimproveri
che
già
gli
.
erano
stati
mossi
all
'
uscita
del
film
,
sia
in
Russia
sia
da
una
parte
della
critica
comunista
italiana
,
ma
dai
quali
Tarkovskij
era
stato
scagionato
,
fra
i
primi
,
da
Sartre
in
una
lunga
lettera
a
l
'
Unità
.
Si
tratta
,
in
sostanza
,
della
frangia
di
una
antica
polemica
sovietica
,
che
risale
almeno
agli
anni
Trenta
:
il
cinema
ha
da
essere
poesia
o
prosa
?
Per
avere
scelto
la
poesia
,
Tarkovskij
è
ora
sospettato
di
tiepidezza
ideologica
.
In
realtà
,
come
dicemmo
parlando
del
film
da
Venezia
,
questo
giovane
regista
inserisce
l
'
ideologia
in
una
più
ampia
meditazione
sulla
condizione
dell
'
uomo
.
Condannare
L
'
infanzia
di
Ivan
perché
il
dodicenne
protagonista
del
film
è
privo
di
consapevolezza
patriottica
,
equivale
ancora
una
volta
a
strumentalizzare
la
coscienza
.
Il
senso
poetico
dell
'
opera
consiste
invece
nel
denunciare
il
male
della
guerra
senza
tener
conto
che
si
tratti
di
una
guerra
giusta
o
ingiusta
.
Siamo
tutti
abbastanza
maturi
per
essere
convinti
che
non
esistono
guerre
giuste
,
e
che
esse
rappresentano
in
ogni
caso
,
come
dice
Sartre
,
le
«
perdite
secche
»
della
storia
.
Vedete
il
caso
di
Ivan
(
interprete
l
'
ottimo
Kolja
Burljaev
.
I
tedeschi
gli
hanno
distrutto
la
famiglia
,
sul
muro
di
una
cella
ha
letto
l
'
ultimo
appello
lanciato
da
un
gruppo
di
giovani
russi
condannati
a
morte
:
«
Vendicateci
»
.
Lo
choc
,
per
lui
,
è
stato
durissimo
.
Solo
al
mondo
,
ha
maturato
in
cuore
l
'
odio
e
la
vendetta
,
che
tuttavia
coesistono
con
slanci
e
turbamenti
infantili
:
il
bisogno
di
braccia
che
lo
stringano
,
la
sicurezza
che
nulla
cambierà
ormai
nella
sua
vita
,
la
convinzione
che
gli
adulti
mantengono
le
promesse
.
La
guerra
gli
si
configura
come
un
impegno
d
'
onore
,
una
prova
di
coraggio
,
e
insieme
ancora
come
un
gioco
,
un
'
avventura
in
cui
poter
sfrenare
il
rancore
sorto
inavvertitamente
verso
chi
gli
ha
tolto
le
care
immagini
della
famiglia
,
i
sorrisi
dell
'
infanzia
.
La
sua
nuova
famiglia
saranno
tre
soldati
di
prima
linea
.
È
così
fermo
nei
suoi
propositi
,
e
mostra
una
tale
maturità
,
questo
Ivan
,
che
essi
non
hanno
la
forza
di
mandarlo
a
scuola
.
L
'
hanno
tentato
ma
è
fuggito
.
Del
resto
ha
già
dato
informazioni
preziose
come
esploratore
:
ancora
una
missione
,
e
poi
il
ragazzo
,
sarà
ritirato
dal
fronte
.
L
'
avvicinamento
alle
linee
nemiche
avviene
in
un
'
alba
livida
,
in
una
foresta
allagata
,
sotto
gli
alberi
illuminati
dai
razzi
che
solcano
il
cielo
come
stelle
filanti
.
Ma
al
bambino
nulla
,
ormai
,
parla
più
dell
'
infanzia
:
lungo
il
cammino
vede
impiccati
i
due
soldati
che
erano
venuti
a
cercarlo
,
muore
uno
dei
suoi
amici
,
l
'
insidia
nemica
lo
sovrasta
e
lo
esalta
.
I
suoi
compagni
non
sapranno
se
Ivan
è
riuscito
a
compiere
la
missione
.
Soltanto
a
guerra
finita
,
nella
sede
della
polizia
segreta
a
Berlino
,
si
troverà
la
fotografia
del
ragazzo
tra
i
fascicoli
dei
civili
eliminati
dai
tedeschi
.
E
tuttavia
Ivan
avrebbe
potuto
essere
diverso
.
Un
'
infanzia
felice
,
fra
le
braccia
della
madre
,
fra
i
giochi
dei
compagni
,
poteva
essergli
conservata
.
Raccontando
'
a
ritroso
,
con
le
sequenze
dei
sogni
di
Ivan
,
quello
che
la
guerra
ha
tolto
al
ragazzo
,
Tarkovskij
ha
descritto
il
paradiso
giustapponendolo
all
'
inferno
.
Ne
è
uscita
una
sintesi
poetica
dolente
ma
calda
di
speranza
;
che
i
bambini
restino
bambini
,
e
crescano
uomini
,
non
fucilati
fin
dall
'
infanzia
.
Tessuta
con
molta
finezza
,
in
un
contrappunto
di
realismo
(
fino
a
inserire
brani
di
documentario
sulla
fine
della
guerra
)
e
di
sogno
:
i
flash
backs
che
nel
corso
del
film
strappano
Ivan
alla
sua
condizione
di
dolore
e
di
nevrastenia
,
e
lo
riconducono
alle
soavità
dell
'
infanzia
,
le
tenerezze
della
madre
,
le
corse
sulla
riva
del
mare
.
Nell
'
uno
e
nell
'
altro
caso
il
regista
si
è
giovato
di
una
tecnica
molto
raffinata
,
che
amalgama
con
originalità
i
disparati
echi
culturali
(
dal
cinema
espressionista
tedesco
negli
interni
ai
decadentisti
francesi
fino
a
Resnais
)
.
Contrapporre
l
'
oscuro
sfondo
della
guerra
alla
luminosità
delle
memorie
felici
era
molto
difficile
.
Tarkovskij
ci
è
riuscito
quasi
sempre
sospendendo
anche
la
realtà
più
cruda
in
una
luce
rarefatta
,
nella
quale
Ivan
vede
le
cose
e
gli
uomini
come
in
una
continua
scoperta
della
fantasia
.
Di
fronte
ai
valori
puramente
visivi
del
film
,
il
racconto
passa
in
seconda
linea
,
e
denuncia
qualche
inflessione
pascoliana
.
Ma
non
diremmo
superflua
l
'
aggiunta
,
a
quella
di
Ivan
,
di
un
'
altra
piccola
storia
:
il
fiorire
e
lo
spegnersi
improvviso
dell
'
amore
in
una
infermiera
per
un
capitano
che
la
porta
nel
bosco
;
un
tocco
che
ripete
,
con
diverso
pedale
,
il
motivo
conduttore
:
la
crudeltà
della
guerra
,
che
come
ha
distrutto
la
personalità
del
ragazzo
,
seminandogli
nel
cuore
sentimenti
da
adulto
,
così
ha
soffocato
quell
'
aurora
di
incertezza
amorosa
che
spuntava
in
una
giovane
donna
di
vent
'
anni
.
E
anche
in
questo
caso
la
mano
di
Tarkovskij
è
così
delicata
che
accusarlo
di
formalismo
ci
sembra
immeritato
.
In
realtà
questo
giovane
regista
ha
la
sobrietà
di
un
poeta
che
esprime
attraverso
le
immagini
una
sua
tenue
ma
schietta
ispirazione
.
Se
esse
sono
talvolta
troppo
eleganti
,
non
perciò
mancano
di
espressività
lirica
.
Parleremmo
di
decorativismo
se
i
paesaggi
,
í
giochi
di
luce
,
avessero
soltanto
un
'
evidenza
figurativa
,
come
accade
in
Mamma
Roma
e
non
,
come
qui
,
sostanza
di
stati
d
'
animo
.
È
indubitabile
che
il
pericolo
di
Tarkovskij
è
uno
stucchevole
sensibilismo
,
ma
è
intempestivo
muovergli
quest
'
accusa
per
un
film
nel
quale
il
poeticismo
è
intrinseco
alla
natura
dei
due
personaggi
.
Invece
importa
rilevare
quanto
Tarkovskij
proceda
rispetto
anche
a
Quando
volano
le
cicogne
e
a
Pace
a
chi
entra
:
il
lirismo
,
in
questo
regista
,
galoppa
verso
il
totale
assorbimento
della
tematica
ideologica
(
e
fa
intuire
che
il
migliore
cinema
sovietico
potrà
domani
risolverla
tutta
in
poesia
.
Né
perciò
,
è
ovvio
,
la
svuoterà
;
al
più
,
potrà
darci
una
poesia
molto
intellettualizzata
)
.
L
'
eleganza
formale
,
applicata
soprattutto
al
paesaggio
,
è
d
'
altronde
l
'
implicita
risposta
di
un
regista
moderno
,
che
guardando
indietro
,
al
recente
passato
del
suo
Paese
,
ha
ragione
di
preferire
la
compagnia
di
artisti
giovani
e
inquieti
a
quella
degli
accademici
illustratori
di
gesta
proletarie
.
Tarkovskij
scegliendo
la
via
dei
sentimenti
,
e
tuttavia
imboccandola
con
pudore
(
egli
stesso
ha
criticato
l
'
enfasi
di
Evtusenko
)
,
ha
toccato
più
di
quanto
forse
non
creda
una
corda
dalle
lunghe
risonanze
,
in
Oriente
e
in
Occidente
.
Vengono
i
brividi
a
pensare
che
un
film
come
L
'
infanzia
di
Ivan
possa
aver
provocato
,
in
Russia
,
polemiche
sul
suo
contenuto
.
È
vero
che
c
'
è
sempre
chi
odia
il
cuore
dell
'
uomo
,
e
disprezza
la
grazia
.