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> anno_i:[1940 TO 1970}
StampaQuotidiana ,
" Westward ho ! " questa che fu la parola d ' ordine dei pionieri dell ' Ottocento nella marcia verso l ' Ovest , risuona adesso all ' orecchio del signor X , con un ritardo di più di un secolo , è vero , ma non per questo meno eccitante . Il signor X , a Chicago " sente " l ' Ovest un po ' come un marinaio sbarcato a terra " sente " il mare . E davvero , ai pionieri di un tempo , l ' Ovest doveva apparire un po ' come un mare sconosciuto : un mare di praterie disabitate , di deserti di pietra , di sale e di sabbia , di foreste mute e lussureggianti . Oggi il vecchio motto ardimentoso , riflette il signor X salendo la scaletta dell ' aeroplano che in cinque ore lo porterà a Denver , non ha più lo stesso significato di pericolo e di avventura : tuttavia egualmente l ' Ovest costituisce ancora la meta di centinaia di migliaia di americani . Perché gli americani vanno a Ovest ? Molti per motivi di salute ( la grande quantità di vecchi che vanno a passare gli ultimi anni della loro vita nel mite clima della California è da qualche tempo un carattere distintivo di quello Stato ) ; molti perché a Ovest il costo della vita è più basso , pur con gli stessi salari ; molti ancora in cerca , come si dice qui , di " opportunity " , ossia di occasioni . Ma tutti , insomma , con la speranza di una vita migliore , più larga , più umana , più calma , come un tempo . Felice America , pensa il signor X , che ha tutt ' oggi , dentro i suoi confini , la terra promessa . Denver : il signor X discende la scaletta dell ' aeroplano ed è subito investito da una luce radente , radiosa , irradiata in immobile raggiera dal sole invisibile nel cielo immenso e puro , sopra una terra piatta come una tavola che non sembra avere orizzonti . È la luce dell ' altipiano sul quale si trova Denver , città artificiale sorta dal nulla col denaro delle grandi compagnie minerarie dell ' Est , città senza industria e senza fabbriche , quanto dire , in America , città irreale . Il signor X , mentre una macchina lo trasporta verso la città , cerca nella memoria un ' eco qualsiasi al nome di Denver , ma non trova che il ricordo di Buffalo Bill , l ' immortale buttero delle praterie , di cui , negli anni dell ' infanzia , egli aveva letto le prestigiose avventure nelle dispense illustrate di un editore milanese . Ma Denver , come si accorge subito il signor X entrando in città , non è più la cittadina di frontiera con i pavimenti di legno , le traballanti taverne e le bische fumose che nelle illustrazioni delle dispense servivano da sfondo alle sparatorie tra cercatori d ' oro e pellirosse . Oggi Denver è una pulita , nitida e perciò alquanto irreale città americana moderna , con le solite strade che si tagliano ad angolo retto ( ma finiscono , lontano , nel verde della prateria ) , con le solite pubblicità colorate , i soliti quartieri residenziali pieni di case lussuose dove ( ma è un ' impressione del signor X ) la vita sembra dover essere terribilmente noiosa . Il centro di Denver è un crocicchio tra la solita Broadway ( lungo la quale si allineano , nuovi di zecca , i soliti negozi pieni di roba importata dall ' Est ) e una strada qualsiasi dal numero imprecisato , la cinquantasettesima o la quarantaquattresima . In questo centro che non è un centro ( ah , le riconfortanti piazze di Francia e d ' Italia , con la cattedrale e il sagrato ) si trovano l ' albergo principale della città , due o tre cinema , qualche banca e persino un night - club con gli spogliarelli . Alcuni grattacieli , dei quali due in costruzione , testimoniano la prosperità di Denver , città , come si è detto , tenuta su dai capitali minerarii dell ' Est e piena di impiegati e di funzionari . Quanto a Buffalo Bill : il solo particolare che ricordi ancora il buttero famoso sono gli strani stivaletti che portano ai piedi un gruppo di gentiluomini ritti a conversare nella hall dell ' albergo ; stivaletti di vacchetta , ricamati , alti fino al polpaccio e infilati alla maniera buttera dentro comuni pantaloni . Dopo aver considerato un momento questi stivaletti significativi , il signor X lascia l ' albergo per fare una passeggiata . Incauto signor X . Egli non si rende conto che passeggiare senza automobile è ormai cosa impossibile agli Stati Uniti , specie nelle città di pianta più recente , costruite , si direbbe , soltanto per gli automobilisti . Eppure , gliel ' avevano detto gli amici , nell ' Est : " Se camminerai a piedi in città come Los Angeles o altre simili , ti prenderanno per un ladro in cerca di una casa da svaligiare ; o per un derelitto smemorato ; e magari qualcuno si fermerà per chiederti se ti senti male e se può fare qualche cosa per te . " Essendosi fatto portare in fondo all ' immenso parco pubblico di Denver , il signor X , al momento di pagare l ' autista , nota negli occhi di costui uno sguardo singolare , come di sorpresa mista di compassione . Non ci fa caso , ma gli tocca ripensarci un paio di ore dopo , quando , stanco morto a forza di girare per il parco , cerca invano un taxi che lo riporti all ' albergo . Il sole splende con forza sui vasti prati sparsi di grandi alberi fioriti , sui viali asfaltati che girano tra i prati , sui laghi artificiali in cui nuotano anatre e cigni ; ma nessun taxi è in vista . Tutti coloro che in quel momento si trovano nel parco , sia che prendano il sole in costume da bagno , sull ' erba dei prati , sia che contemplino i mogi animali selvatici dello zoo , hanno la loro brava automobile a portata di mano , ferma a poca distanza . Altre automobili scorrono lentamente per i viali assolati , trasportando tipiche famigliole impiegatizie americane , lui in camicia bianca , lei in camicetta rosa , due bambini , un cane e , penzolante dal soffitto , l ' attaccapanni con le giacche appese affinché non si gualciscano ; ma nullasembra essere stato previsto per il turista solo e appiedato . Il signor X gira , gira e gira , sotto il sole che scotta , per il parco spietatamente pettinato , silenzioso e domenicale ; finalmente entra in un chiosco adibito a bar e chiede una birra . Una ragazza in bikini , assai graziosa in verità , dalla schiena e dalle gambe arrossate dal sole , lancia al signor X un ' occhiata languida e quindi si allontana in direzione della gabbia delle scimmie , ancheggiando con forza . " Un ' avventura " , si dice il signor X allettato suo malgrado , nonostante il caldo e la stanchezza . Ma il pensiero dell ' automobile che non possiede , lo ferma : che razza di avventure si possono avere senza automobile in un paese come questo ? Il signor X lascia che la ragazza si dilegui e quindi si fa cinque chilometri a piedi e arriva finalmente , stremato , all ' albergo . Il giorno dopo il signor X , di buon mattino , riparte verso l ' Ovest , in treno questa volta . È un treno bellissimo , dal nome suggestivo , con vagoni blindati che sembrano tanti frigoriferi . Ma è vuoto . In tutto il vagone del signor X ci saranno si e no tre viaggiatori : tutti ormai viaggiano in aeroplano , in America , soprattutto all ' Ovest nelle cui plaghe spopolate non ci sono cittadine o villaggi che giustifichino l ' esistenza di qualche cosa di simile ai nostri accelerati . Il signor X scende a prendere un caffè , fa per risalire e nello stesso momento il treno si muove in maniera sorniona e traditrice , e sfila via sotto la pensilina , senza un trillo di fischietto o un segnale di bandieretta , come se gli premesse di non far sapere che parte . Adesso il treno sfila su un terrapieno , tutt ' intorno una valle sabbiosa e circolare che sembra il cratere di un vulcano spento e allora il signor X può vedere che è un treno lunghissimo che si tira dietro una coda interminabile di vagoni merci , tutti istoriati con le sigle e i nomi delle grandi società alimentari degli Stati Uniti . Carni morte , frutta morte , pesci morti , verdure morte , pensa il signor X , roba morta per la gente dell ' Ovest , spedita ai frigoriferi delle città del Pacifico e soltanto dopo lunghi soggiorni nelle più svariate ghiacciaie , destinata alla consumazione . Il treno incomincia a correre . È grande l ' America , pensa il signor X dopo circa otto ore di viaggio , guardando al paesaggio . Sono infatti otto ore filate che il treno attraversa un paesaggio sempre eguale , spaventoso a dir la verità , ossia quasi desertico , o meglio , morto . Una campagna grigia e bruna , appena appena ondulata , senza alberi , senza cespugli , con qualche roccia corrosa qua e là che sembra un dente cariato ritto sulle sue radici , coperta da una fine e piumosa vegetazione dal colore smorto e secco , si stende a perdita d ' occhio ai due lati del treno , per ore e ore e ore . Il signor X aguzza gli occhi e finalmente capisce che sopra quella campagna è passato un ciclone di polvere e che quel colore è il colore della polvere . Qualche giorno prima , pensa il signor X , apparve all ' orizzonte un minaccioso pollice scuro , dall ' unghia rivolta in giù , dalla palma della mano perduta tra le nubi , e questo pollice gigantesco prese a girare sugli orizzonti , un pollice verso , pensa il signor X , il quale , alla maniera dei romani antichi nei circhi , decretava silenziosamente la morte della campagna . E infatti , dovunque quel pollice verso era passato , la campagna era morta . Quel che fa più impressione al signor X , oltre alla polvere , è l ' aspetto spopolato di questo paesaggio : non una casa , non un abituro ; e sulla strada che corre parallela al treno , o meraviglia , non un ' automobile . Lontano , bizzarre montagne corrose e lunghe in forma di tavole finiscono di dare a tutto il paesaggio un aspetto decrepito , lunare , irreale . Giunge l ' ora della colazione , il signor X si presenta nel vagone ristorante e siede di fronte ad un signore di mezza età , vestito di una camicia trasparente di nylon ( nel taschino tiene due sigari che sembrano due corpi estranei visti in una radioscopia ) che fa pensare agli involucri di cellophane onde sono avvolti in America i più diversi prodotti , dalle bistecche ai ravanelli . Questo viaggiatore ha una faccia d ' ordine , pensa il signor X sbirciandolo , appartiene certamente a qualche istituto o organizzazione o associazione . Infatti è un ufficiale dell ' esercito americano in viaggio di trasferimento . Il dialogo comincia subito : " Buongiorno , bella giornata , non è vero ? " ( È una giornata orribile , il cielo è oscurato da una specie di caligine fosca . ) " Sì , bella giornata , dove va ? " " A Sacramento ... e lei ? " " A San Francisco . " Lungo silenzio ; il signor X arrischia : " Lei è ... " " Sono nell ' esercito ... e lei ? " " Io sono giornalista , sono europeo . " " Ah europeo . " " Sì , italiano . " Questa volta il silenzio dura a lungo . Il signor X pensa : ecco , in questo momento egli si domanda quali possano essere i rapporti dell ' esercito americano con l ' Italia ; egli non può fare che una domanda di ordinanza ; il fatto che sono straniero gli ha fatto subito indossare mentalmente la divisa . E infatti : " Mi pare che noi abbiamo ancora qualche cosa in Italia , non è vero ? una rappresentanza . " " Sì , a Livorno , porto di sbarco per le truppe di Germania . " " E anche a Trieste , no ? " " No , a Trieste non più . " Il signor X è un po ' maligno e spesso cede alla tentazione di stuzzicare , come si dice , il can che dorme : " Trieste è una città importante , alla frontiera con l ' Europa comunista ... il comunismo ... " Il signor X guarda l ' ufficiale e l ' ufficiale guarda , attraverso il corpo del signor X , la poltrona rivestita di cuoio rosso del vagone ristorante . Il signor X insiste : " Il comunismo si estende , per così dire , da Trieste fino al Mar Giallo ... per questo ... " Il viaggiatore questa volta fa un gesto espressivo : gira il capo verso il finestrino , masticando lentamente un pezzo di bistecca . Sempre così , pensa il signor X soddisfatto della prova : messo di fronte ad una conversazione impegnativa , che non sia fatta soltanto di storielle e di statistiche , ma anche di idee generali , l ' americano medio si ritrae come un gambero e , per così dire , scompare dalla conversazione stessa . In altri termini , il cane stuzzicato , invece di svegliarsi , si addormenta ancor più profondamente . Il viaggio continua : l ' America , come dice la canzone dell ' emigrante " l ' è longa e l ' è larga " . Dopo il deserto sopravviene la notte e dopo la notte , il signor X , affacciandosi al finestrino , vede , attraverso il bianco polverio di una tormenta di neve , alte montagne nevose , fitte abetine cariche di neve , laghi debolmente luccicanti in fondo ai valloni profondi , sotto la neve che li appanna : le Montagne Rocciose . Il solito paesaggio alpino , pensa il signor X annoiato . Eppure , eppure ... le Alpi sono altra cosa . Pare impossibile , ma anche tra queste montagne , come del resto dappertutto in America si sente che l ' uomo non ha ancora apposto il sacro sigillo della cultura . Le Montagne Rocciose sono prive di echi , di riferimenti , di ricordi , pensa il signor X ; e Guglielmo Tell , con il suo garzoncello spaurito e la sua mela basta ad umanizzare anche i più impervi cantoni della Svizzera . Il treno sale faticosamente vagone dopo vagone , fino in cima ad un colle dopo il quale discende rapidamente sull ' altro versante mentre il paesaggio , altrettanto rapidamente , perde prima di tutto la sua coltre di neve , poi i suoi abeti e quindi anche le sue rocce . È la California , finalmente , che guarda al Pacifico e all ' Estremo Oriente ( che qui diventa Estremo Occidente : l ' Occidente non finisce mai ) , e volta le spalle all ' America , verde , verdissima , piena di alberi molli e folti , rigata di acque , stranamente amena e al tempo stesso selvaggia . Il treno corre ormai in piano tra frutteti rigogliosi , dolci colline sparse di querce fronzute , campi coltivati a granoturco . Il signor X si affaccia qualche ora dopo sulla baia di San Francisco verso il tramonto . Il ferry boat che lo porta da Oakland a San Francisco fende con la sua pesante prua tonda un ' acqua densa , violacea , scintillante ai raggi del sole declinante . San Francisco è laggiù , evocando con le sue colline innumerevoli e le sue bianche case disposte le une sulle altre , altre città famose per la loro bellezza : Napoli , Hong - Kong , Rio de Janeiro . Una collana di lumi risplendenti sospesa tra la bianca città e un promontorio scuro indica il salto prodigioso del Golden Gate Bridge , uno dei più bei ponti del mondo . Ad un tratto un viaggiatore dall ' aspetto di middlewestern , calvo , tarchiato , peloso , un grosso sigaro tra i denti , indossante una camiciola havaiana a grandi fiorami , si avvicina al signor X : " Potreste farmi un favore ? " " Due " , risponde il signor X premuroso . " Allora prendete questa macchina fotografica e fatemi la fotografia ... ma abbiate cura di includere nello sfondo quell ' isoletta laggiù . " " Non volete nello sfondo anche San Francisco ? " " No , voglio soltanto quell ' isoletta ... sapete , è l ' isola di Alcatraz , dove si trova uno dei più famosi ergastoli d ' America ... nessuno è mai riuscito ad evaderne , ma ci sono state tante rivolte di detenuti , voglio mandare questa fotografia a mia moglie . " " Strani gusti - pensa il signor X facendo scattare la fotografia mentre il viaggiatore si atteggia poeticamente contro lo sfondo della prigione - trovarsi in una delle più belle baie del mondo e farsi fotografare con la galera alle spalle " .
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San Francisco - È stato detto più volte che le civiltà si giudicano soprattutto dal modo con il quale hanno risolto o tentato di risolvere il problema della morte . La civiltà egiziana , per esempio , aveva trovato un mezzo molto semplice di risolvere questo problema , cioè facendone il centro stesso della vita , come attestano in Egitto gli innumerevoli monumenti funerari , dalle Piramidi alle tombe sotterranee della Valle dei Re . In Egitto tutta la vita umana era in funzione della morte e l ' Egitto forniva a questa concezione mortuaria la cornice incomparabile della sua atmosfera incantata da Campi Elisi , del suo funebre perpetuo tempo sereno , dei suoi deserti pieni di miraggi , del suo silenzio e della sua immobilità . Il solo libro che si conservi della letteratura egiziana è il cosiddetto Libro dei morti , il quale veniva deposto , scritto su papiri , sopra il petto dei defunti ; ed è significativo che sia , per noialtri moderni , un libro quasi incomprensibile , fittamente rituale e simbolico , allusivo appunto ad una civiltà lontanissima ormai dalla nostra . Dall ' Egitto all ' America è un bel salto e la differenza è massiccia : in Egitto tutto era fatto per la morte e la morte aveva trovato una sua soluzione magica , religiosa , fantastica e poetica ; in America tutto è fatto per la vita e la morte non sembra aver trovato alcuna soluzione . Strano a dirsi : il sottofondo della morte in Egitto sembra essere stata la vita , quella di tutti i giorni , almeno a giudicare dalle meravigliose rappresentazioni di vita reale dipinte sulle pareti delle tombe della Valle dei Re ; per converso il sottofondo della vita in America è la morte , ossia il problema irrisolto e insolubile della morte . Così la morte si vendica della vita , agli Stati Uniti ; e mentre la vita viene esaltata in tutti i suoi aspetti energetici e produttivi , la morte che si vorrebbe ignorare , si infiltra dappertutto nelle radici stesse della vita dandole spesso un senso funebre e vano . A San Francisco , città piena di edifici e di quartieri nuovissimi , ci era stato parlato della nuova sede di una ditta di pompe funebri ( " Funeral home " ) or ora costruita secondo il disegno di un allievo del celebre architetto americano Frank Lloyd Wright . Ci andammo , per renderci conto di come era stato risolto non diciamo il problema della morte , ma quello di un edificio dedicato alla morte . Fermammo l ' automobile ai piedi di una strada in ripida discesa , come tutte le strade di San Francisco . L ' edificio sorgeva sopra una specie di terrapieno murato a sghembo , sulla destra della strada . Riconoscemmo subito lo stile del maestro , piani orizzontali , sporgenti in terrazze e in verande soprapposte ( ricordate la villa della cascata ? ) sapientemente alternati e attaccati alla collina come quei funghi volgarmente chiamati lingue di bove al ceppo di qualche quercia o leccio . L ' allievo di Wright aveva concepito , insomma , questa casa dei morti come un country - club o una villa di campagna : niente sfingi , urne , tripodi , fiamme , niente stile impero , niente marmi neri e bianchi , bensì mattoni rossi , superfici lisce , linee astratte , gioco di volumi e di piani . Entrammo per una veranda nella hall : una vasta sala , dal pavimento lustrante ; in un angolo circondato da un giardinetto di piante giapponesi , un fresco e pispigliante gioco d ' acqua ; sulle pareti alcune decorazioni in ceramica , di uno stile colorato e viennese , che ci ricordò per un momento il vecchio pittore Klimt . Quasi subito una bellissima ragazza , alta , slanciatissima , tornita alla perfezione dal bel collo alle snelle caviglie , giovane e piena di salute , ci venne incontro ancheggiando leggermente e sorridendoci . Con una dolce voce ella ci domandò in maniera affatto burocratica in che cosa poteva servirci ( " Can I help you in any way ? " ) , e saputo che non avevamo bisogno dei servizi della ditta , ma venivamo soltanto per una visita d ' informazione , approvò senz ' altro la nostra curiosità dicendoci che la ditta era ben contenta che si visitasse lo stabilimento , uno dei più importanti e più moderni degli Stati Uniti . Quindi ci precedette prima di tutto nell ' ufficio della direzione e ci mostrò un enorme e complicato radio - grammofono spiegandoci che esso era collegato con le varie camere ardenti e che al momento opportuno da esso venivano diffuse in toni aerei e angelici musiche per tutti i gusti , da Bach a Händel fino al jazz . Da quest ' ufficio passammo nella principale camera ardente . Questa stanza era assai vasta e per due terzi occupata da una quadruplice fila di poltrone , come un piccolo teatro . Una specie di tribuna o meglio di palcoscenico leggermente sopraelevato rispetto al pavimento , si trovava davanti alle poltrone : qui , ci spiegò la ragazza , veniva collocata la bara e celebrato l ' ufficio funebre . Notammo che tutto il fondo del palcoscenico era attraversato da una quinta o paravento di mattoni rossi ; dietro quella quinta o paravento , ci informò la nostra guida , la famiglia del defunto poteva piangere e sfogare il suo dolore a tutto suo agio , mentre gli amici , le conoscenze , e i colleghi sedevano invece nelle quattro file di poltrone . Tutto era pulito , nuovo , ultramoderno e pratico . La ragazza ci fece notare tra l ' altro che il riscaldamento non era a termosifoni bensì funzionava per mezzo di tubi che scaldavano uniformemente l ' intera superficie del pavimento . Dalla camera ardente passammo al secondo piano sempre preceduti dalla " mortuary hostess " . Ella ci fece passare in una vasta stanza rettangolare e con un gesto della mano , senza parole , ci indicò la varia mercanzia che era raccolta in questa sala : bare , bare e bare collocate in fila lungo le pareti e nel mezzo . Ce n ' erano per tutti i gusti e per tutte le borse , come notammo esaminandole davvicino : alcune di rame argentato , foderate di moerro bianco , del costo di millecinquecento dollari , altre di semplice rame , altre di metallo e legno , altre ancora di solo legno . Anche tutte queste bare avevano un aspetto massiccio , quasi di sarcofago , ed erano decorate in maniera più o meno ricca , secondo uno stile oscillante tra lo stile impero e la secessione viennese . La ragazza intanto ci spiegava : il morto veniva preparato , cioè imbellettato secondo i colori che aveva in vita e atteggiato acconciamente e quindi rivestito . Ella si avvicinò ad un armadio , ne apri i battenti e ci indicò i vestiti che la ditta poteva fornire alle famiglie che non ne disponevano : abiti blu a doppio petto , con cravatta nera e camicia bianca per gli uomini , lunghe camicie di velo rosa , decorate di ricami e fiorellini per le donne . Le scarpe degli uomini erano nere ( con la suola di cartone , tanto i morti non camminano ) ; le donne potevano calzare pantofoline da notte . La ragazza ci assicurò che tutti preferivano i vestiti della ditta a quelli che il morto portava in vita , se non altro perché era più pratico : si consegnava il morto alla ditta e la ditta si incaricava di ogni cosa , dal servizio funebre alla preparazione , all ' esposizione e alla finale cremazione o inumazione . La visita era finita ; la ragazza ci accompagnò a pianterreno , ci fece firmare il libro dei visitatori e ci raccomandò di tornare al più presto , naturalmente in qualità di clienti . Lasciammo la " funeral home " non senza sollievo . Supponiamo che , dopo tutto , una ditta di pompe funebri in Europa non presenti un aspetto molto diverso : l ' edificio non sarà stato costruito secondo lo stile di Wright , nessuna bellissima ragazza riceverà i clienti , tutto sarà meno moderno , più intonato alla tradizione , ma pur sempre di morti e di bare si tratterà . La differenza , secondo noi , sta tutta nel modo , nello spirito con cui è considerato il fatto della morte . Mentre visitavamo la " funeral home " di San Francisco , ci accorgemmo per esempio che la nostra guida cercava tenacemente di mascherare e annullare con accorgimenti verbali i tristi particolari del suo mestiere . Noi dicevamo " corpse " e lei diceva " person " , noi dicevamo " coffin " e lei diceva " casket " , noi dicevamo " die " e lei diceva " pass away " , noi dicevamo " funeral " e lei diceva " services " , noi dicevamo " mortician house " e lei diceva " funeral home " . La povera ragazza , insomma , si aggrappava disperatamente all ' eufemismo , con la cortese inflessibilità della governante che abbia a che fare con un bambino maleducato . E in realtà l ' eufemismo , nella sua bocca , era più che una figura verbale : era il contrassegno di uno stato d ' animo , per così dire , nazionale . Infatti , in seguito , girando per gli Stati Uniti , ci accorgemmo ben presto che la morte era un argomento da evitarsi o per lo meno da mascherare con acconcie parole . In realtà , la civiltà americana così ingegnosa e così inventiva per quanto riguarda i comodi della vita , si dimostra oltremodo priva di immaginazione quando si tratta della morte . Diciamolo francamente : non c ' è posto per la morte negli Stati Uniti , ossia nulla vi è stato previsto per far della morte , come in Egitto e in genere nelle antiche civiltà , la degna conclusione della vita . Sotto sotto gli americani considerano la morte come un ' indiscrezione , un ' indecenza , un " faux - pas " , un errore imperdonabile . A molti americani , alla notizia della morte di un parente o amico , vien quasi fatto di esclamare : " ma che gli è saltato in mente a Jones o a Smith di morire ? " Da questa impreparazione e inesperienza ( pare impossibile ma così è , inesperienza ) , deriva la tendenza a sbrigare la morte come una faccenda pratica , l ' ultima della vita del defunto , in base a considerazioni di efficienza , di capacità finanziaria e di organizzata rapidità . Tutto quello , insomma , che si fa per il defunto è slegato da qualsiasi concezione metafisica e trasferito sul piano della praticità . In altre parole , il defunto è considerato , alla maniera industriale , un po ' come un prodotto fra i tanti che va confezionato e manipolato in quel dato modo stabilito da una tradizione ormai incomprensibile e remota , beninteso sempre secondo i mezzi finanziari della famiglia . Questa praticità qualche volta produce effetti grotteschi , almeno per noialtri europei . Senza arrivare allo slogan che ci fu riferito ma che non sembra credibile : " Perché andate in giro vivi quando possiamo seppellirvi per trecentonovantanove dollari e cinquanta ? " , le ditte di pompe funebri danno molto spesso alla loro pubblicità un carattere più allegro e disinvolto di quanto l ' argomento non consenta . Per esempio mostreranno in un cartellone una fanciulla molto " sexy " , dal viso leggermente mesto , dagli occhi socchiusi e accanto ci metteranno una scritta di questo genere : " Nel momento del cordoglio , voi non potete occuparvi dei dettagli . Tutto quello che dovete fare è telefonarci e noi sbrigheremo ogni cosa per voi . Soltanto duecentonovantanove dollari e novantotto centesimi . " Da notarsi che tra le cose che la ditta si incarica di sbrigare c ' è anche il servizio religioso . A quanto pare , sempre più spesso ormai , le famiglie dei defunti preferiscono che il servizio religioso sia celebrato nella stessa " funeral house " , che provvede alla preparazione del morto e poi all ' inumazione . Soltanto i cattolici portano ancora i loro defunti in chiesa . Ma non si deve per questo pensare che gli americani siano meno degli altri popoli attaccati ai loro cari e desiderosi di rendere loro onore dopo il trapasso . Come abbiamo già accennato , non si tratta in fondo che di una mancanza di esperienza : si muore in America da soli tre secoli e mezzo , mentre in Europa si muore da tremila anni e in Egitto da cinquemila . È possibile insomma che queste " funeral home " siano il punto di partenza di una nuova maniera di interpretare la morte , di una nuova concezione della morte del lontano futuro . Bisogna , tuttavia , vedere in questa praticità che si sforza di rendere la morte in tutto simile alla vita , anche forse qualche altra cosa . Probabilmente il protestantesimo e soprattutto le sette più estreme del protestantesimo avevano , nell ' ultimo secolo , un po ' troppo tirato la corda spiritualistica . Nella loro reazione alla concretezza e corposità cattolica , in un paese in cui non c ' erano , come in Europa , antiche religioni pagane sulle quali innestare il Cristianesimo , le sette protestanti avevano finito per fare della morte qualche cosa di eccessivamente spirituale , trascendente , inconsistente . L ' immensa pubblicistica religiosa protestante parlava della morte e dell ' anima in maniera incomprensibile per il volgo e soprattutto per la grandissima maggioranza dei più recenti emigrati quasi tutti provenienti dai paesi dell ' Europa Orientale e Meridionale . Che era , per esempio , quest ' anima di cui tanto parlavano i pastori protestanti , sempre buona , sempre pura , sempre eterea , sempre eguale , sia che si trattasse dell ' anima di un bambino o di un vecchio , di un ricco o di un povero , di Smith o di Jones ? Agli emigranti venuti dai paesi dove ci sono ancora i santuari e gli ex - voto , i miracoli e i pellegrinaggi , quest ' anima protestante non diceva nulla . Quest ' anima aveva , insomma , il grave torto di essere impersonale . Donde , secondo noi , il desiderio di vedere nel morto il vivo , di considerare il morto ancor vivo e perciò di farlo vestire , imbellettare , truccare come un attore che debba ancora recitare una parte : donde la praticità delle " funeral house " , dove il morto è trattato come una " person " e non come un " corpse " , secondo l ' eufemismo della nostra " mortuary hostess " . Sono , del resto , cose piuttosto misteriose e non si cerca di spiegarle , ma soltanto di tentare una approssimativa delucidazione . Che avveniva per esempio nella mente di quei genitori di una piccola città del middlewest , i quali avevano perduto una loro amatissima bambina ? Essi continuavano a trattare la piccola morta come se fosse viva e ora portavano sulla sua tomba giocattoli nuovi fiammanti ora vestitini e altri oggetti . E a Natale , un dolce natalizio . E a Pasqua , delle uova di Pasqua debitamente dipinte a vivaci colori . Che è anche questa una maniera religiosa di intendere la morte : di una religione , però , con forti tratti arcaici e primitivi .
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San Francisco - Il viaggio finisce qui , pensa il signor X , contemplando attraverso le vetrate di un ristorante l ' oceano verde e gonfio fino ai lontani orizzonti caliginosi , finisce al Pacifico essendo cominciato sull ' Atlantico . Finisce qui perché qui , geograficamente , finisce l ' America , quest ' isola immensa stretta tra due oceani ( gli Americani si considerano isolani , se non altro perché per andare in Europa o in Asia debbono varcare il mare : e infatti europeo si traduce in America " continental " , alla maniera inglese ) . Attraverso la vetrata il signor X può vedere , ad un centinaio circa di metri dal ristorante , una roccia isolata brulicante di strani , grossi animali dalla testa di cane , dal corpo di donna e dalla coda di pesce : sono le foche le quali abbondano nei dintorni di San Francisco dove l ' acqua dell ' oceano è poco meno gelida che intorno l ' Alaska ; e queste foche , più di ogni altra cosa , danno al signor X il senso di affacciarsi su un mare ancor vergine , ancora " naturale " , ben diverso dall ' Atlantico ormai umanizzato dalla storia di quattro secoli e dai fittissimi traffici . Assiepate in cento sopra uno scoglio esiguo , queste innocenti e afone sirene si godono il pallido sole , con singolari movenze , goffe , languide e donnesche . Ogni tanto due levano il muso , l ' una incontro all ' altra , e pare che si parlino o si bacino ; quindi scivolano nell ' acqua e , da pesanti e massicce che erano , diventano , appena immerse nel loro elemento , agili , fulminee , leggerissime , giocose . Nuotano in coppia , descrivendo nell ' acqua complicate ed eleganti evoluzioni , si separano , scompaiono , riaffiorano , tornano ad accoppiarsi . Il signor X si incanta a guardarle e poi , ad un tratto , trasalisce ad un diffuso mormorio alle sue spalle , si volta e vede che tutto il ristorante è in piedi : una balena . Il signor X si alza anche lui , guarda , e infatti , proprio sotto la vetrata , vede emergere per un momento il lungo dorso spesso e nero del cetaceo . Il dorso si immerge quasi subito e poco dopo , simile ad un enorme pipistrello o meglio ad un mostro volante preistorico , ecco sferzare l ' aria la coda falcata , nerissima , della balena . Ma la balena non gioca come le foche . Essa , probabilmente , cozza in quel momento contro un oscuro e forse , per lei , nuovo sentimento : quello del limite . Avvezza all ' infinito degli oceani che girano per tutta la terra e non finiscono mai , la balena non comprende la sponda , questo limite , questa fine . Tuttavia , come un calabrone che dopo molto dibattersi contro i vetri , infili una finestra aperta , la balena sembra alla fine trovare la via giusta . Ancora una rapida emersione della schiena , un ' ultima sferzata per aria della coda falcata e poi la balena scompare , in rotta verso i più lontani orizzonti del Pacifico . Il viaggio finisce qui , pensa più tardi il signor X , dove finisce l ' Occidente con i suoi mali e i suoi beni . Ecco , per esempio , una insenatura della baia , dietro Oakland , calma , deserta , come abbandonata . E similmente , sembrano abbandonati file e file di grandi piroscafi , attraccati gli uni accanto agli altri , in gruppi fitti di venti o trenta ciascuno . Questi piroscafi hanno l ' aria di essere in buono stato ; però ci si rende conto subito che una strana aria di abbandono e di trascuratezza avvolge questa flotta . In realtà , questi piroscafi non navigano più da tempo , sono navi in disarmo , per lo più trasporti di guerra ; e adesso il Governo americano , in mancanza di magazzini e di silos , li ha adibiti a depositi galleggianti degli immensi " surplus " della produzione agricola . Sono piroscafi pieni di grano , di scatolame alimentare , di burro , di prodotti agrari . L ' America produce più roba da mangiare di quanto ne consumi ; lo Stato , piuttosto che distruggerla come già si fece , pazzamente , prima del 1929 , preferisce stivarla nelle navi ; così la superproduzione agricola si accumula , con ingenti spese di manutenzione delle navi adibite a depositi . È proprio vero che l ' Occidente finisce qui , pensa il signor X contemplando queste navi ; l ' Occidente , per la prima volta nell ' intera storia dell ' umanità , ha debellato la carestia , anzi addirittura ha inventato un nuovo flagello : la superproduzione . Al di là dell ' Oceano Pacifico incomincia l ' Oriente dove non ci sono surplus , dove le carestie sono di casa , dove tutte le riforme sociali , comuniste e non comuniste , girano intorno il problema ancora insoluto della penuria e della fame . Il viaggio finisce qui , pensa ancora il signor X , mentre in macchina percorre il Golden Gate Bridge , incontro gli eccelsi piloni che per la loro forma e il loro colore rosso fanno pensare a qualche monumento della Cina . In quel momento un grande piroscafo passa sotto il ponte eruttando fumo nero nell ' aria azzurra . Il ponte di Golden Gate è sospeso a grande altezza e qualsiasi piroscafo di qualsiasi stazza può penetrare nella baia passando sotto la rigida , elegantissima passerella sospesa ai due piloni con cavi di acciaio di grossezza enorme , anche essi dipinti di rosso . È il solo ponte rosso del mondo , e il signor X non può fare a meno di ricordarsi che dall ' altra parte del Pacifico , in Cina , il color rosso è quello della buona fortuna . Il viaggio finisce qui , pensa il signor X , a San Francisco dove , come le acque del mare e del delta di un fiume , americanesimo e asiatismo confluiscono e si confondono . Non foss ' altro che nella cucina , nella grande varietà dei ristoranti asiatici : giapponesi , dove si può mangiare seduti in terra , scalzi , a gambe incrociate , serviti da ragazze giapponesi in kimono ; cinesi , dove il riso e le verdure sono disposti su tavoli laccati dello stesso color rosso del ponte del Golden Gate ; polinesiani , dove tra enormi canne di bambù che fingono l ' interno di una capanna tahitiana , maschere , feticci , pesci imbalsamati e piroghe , ci si può illudere un momento di essere a migliaia di miglia di distanza da San Francisco : filippini , giavanesi , indocinesi , coreani . Ma non è soltanto la cucina a fare di San Francisco un luogo d ' incontro tra Occidente e Oriente . Al parco , uno dei più belli degli Stati Uniti , c ' è un recinto chiamato " Japanese Tea Garden " . Questo giardino strano affascinante e incredibile , pieno di minuscole rocce , di minimi ruscelli e di mostruosità vegetali fu regalato alla città di San Francisco da un ricco giapponese , senza dubbio per emulare simili doni fatti alle loro città dai miliardari americani . Ribattezzato durante la guerra contro il Giappone in " Oriental Tea Garden " , resta tuttavia la testimonianza di una simpatia interoceanica che sussiste tuttora e che nel futuro avrà senza dubbio i più impensati sviluppi . Perché l ' America non è completa , pensa il signor X , passeggiando per i vialetti del " Japanese Tea Garden " , ossia non ha che due dimensioni come tutte le cose estreme , che stanno al limite di una determinata realtà . E il futuro ci dirà se sarà l ' Europa o l ' Asia a integrare l ' America , a renderla completa , a darle quella dimensione morale , religiosa , ideologica , umana che oggi le manca . Intanto bisogna considerare le guerre asiatiche degli Stati Uniti e la loro permanenza in Giappone , in Corea e a Formosa non soltanto come azioni militari pure e semplici ma anche come oscuri tentativi di approccio ad una civiltà diversa e probabilmente compensatoria . Insomma , l ' Occidente , a San Francisco , non è soltanto rappresentato da tutto ciò che è puramente occidentale ma anche da ciò che è orientale e , che testimonia l ' antica perpetua tendenza della civiltà occidentale ad arricchirsi e integrarsi con gli apporti dell ' Oriente , come a Venezia , per esempio , altro luogo d ' incontro tra Occidente e Oriente . Il viaggio finisce qui , pensa il signor X poco dopo , aggirandosi in macchina lungo le amene sponde di Sausalito , sobborgo marittimo di S . Francisco , gremite di piccoli ristoranti , di bar e di taverne . A Sausalito abitarono Jack London e Stevenson , ambedue viaggiatori e navigatori del Pacifico ; ed è un luogo quieto e solatio dove le abitudini e i costumi dell ' Occidente sembrano quasi ostentati , come a sfida dell ' Oceano , oltre il quale cominciano abitudini e costumi tutti diversi . Nei bar , nelle taverne , nei ristoranti c ' è un po ' di tutto , un po ' di " pub " inglesi , un po ' di caffè francesi di Saint - Germain - des - Prés , un po ' di trattorie mediterranee italiane o spagnole . I bar sono pieni di ragazze in pantaloni , capelli sciolti sulle spalle , magliette da mozzi , occhialute , pallide , sofisticate , esistenzialiste ; e i loro compagni barbuti , rasati a zero , senza colletto né cravatta , sono anch ' essi travestiti da vagabondi , da marinai , da straccioni . Bevono , fumano e chiacchierano senza tregua ; e il signor X sedendosi in uno di questi gruppi ha la ventura di assistere ad una discussione sulla psicanalisi . Il viaggio finisce veramente qui pensa il signor X mentre intorno a lui volano parole come repressione , complesso , inibizione , censura e altre simili , finisce con la psicanalisi , questa ipertrofica attenzione concessa a tutto quanto è individuale , nella persona umana . Al di là dell ' Oceano niente psicanalisi e niente attenzione per l ' individuo , bensì le masse ossia gli uomini presi all ' ingrosso in classi , gruppi e folle , secondo elementari tendenze , elementari necessità , elementari ambizioni . L ' Occidente è nato con la preoccupazione della persona umana , unica , incomunicabile , coerente e perfetta ; e l ' Oriente , al di là dell ' Oceano Pacifico , non essendo in grado di comprendere una simile preoccupazione , preferisce attribuirla ad una sfortuna economica , ad un vizio sociale , ad una decadenza biologica . Il viaggio finisce qui , pensa il signor X accompagnando una signora californiana a fare la spesa in un " grocerstore " o drogheria , diremmo noi . Safeway , dove in realtà si può comprare tutto quel che serve per la casa , dalle bistecche ( involtate in cellophane ) alle scope e alle polveri per pulire le casseruole . La signora all ' ingresso prende un carrettino di ferro assai comodo e maneggevole e quindi , la lista delle compere in una mano e l ' altra sul carrettino che spinge lentamente lungo gli interminabili banchi pieni di roba , percorre tutto l ' immenso negozio accumulando al suo passaggio le provviste per una settimana . Questi negozi Safeway , ella spiega al signor X , si trovano in tutte le principali città americane e ognuno di essi vuol dire la morte di decine e decine di piccoli negozi individuali . Centinaia di articoli disposti in bella mostra , in un grande ambiente di cemento armato e di vetro che fa pensare ad una stazione , centinaia di articoli tutti di buona qualità , tutti fabbricati , manipolati , prodotti per il consumatore medio . È già il comunismo , pensa il signor X , o per lo meno uno degli scopi che il comunismo si prefigge : la produzione in massa per le masse . Soltanto che il proprietario di questa sterminata collezione di grandi magazzini è un arrabbiato reazionario e non molto tempo fa finanziava le campagne spionistiche e scandalistiche del senatore Mac Carthy . Così il serpente si morde la coda , pensa il signor X , e all ' estremo Occidente il capitalismo ottiene risultati assai simili a quelli del comunismo in Oriente . E la disputa tra America e Russia che sconvolge il mondo e rischia di farlo perire in una guerra atomica è dovuta piuttosto alle somiglianze ( gli estremi si toccano ) che alle diversità ; piuttosto ad una questione di supremazia negli stessi campi che ad una questione di diversa interpretazione , e di diversa ideologia . La signora ha adesso riempito il suo carrettino con ogni sorta di articoli . Ella va ad uno degli ingressi dove c ' è un meccanismo assai simile a quello che regola l ' afflusso dei visitatori nei musei , un ' impiegata prende uno a uno tutti gli articoli , li pesa sopra una bilancia , ne registra il prezzo , li rimette nel carrettino : il tutto meccanicamente , rapidamente . Ecco , pensa il signor X , il punto d ' incontro fra Occidente e Oriente : nella meccanizzazione , razionalizzazione della vita quotidiana . Il viaggio finisce qui , pensa finalmente il signor X , la sera , andando in giro per i " night clubs " e le taverne di San Francisco . Eccone una che a prima vista rassomiglia a tutte le altre : un antro buio sottoterra , al quale si accede per una scaletta tortuosa , un bar al cui banco , nelle tenebre , si affollano bevendo i soliti avventori , tavolini appartati ai quali seggono , sussurrando , le solite coppie . Ma in una sala a parte c ' è qualche cosa che fa affluire nel " night club " ogni sera una folla insolita . Si paga un dollaro per entrare in questa sala ; e la cosa che attira tanta gente è la Critica . La sala è piena di poltrone ed ha un piccolo palcoscenico illuminato . Dopo un numero di jazz e canzoni negre , la Critica sale sul palcoscenico accolta da grandi applausi . Questa Critica si presenta sotto l ' aspetto di un piccolo ometto vestito come uno studente in maglione e pantaloni di flanella . L ' ometto ha l ' aria trafelata , spiritata e arguta . Fattosi silenzio l ' ometto prende a parlare o meglio a chiacchierare , senza interruzione , senza mai rifiatare , improvvisando per più di un ' ora . La storia di quest ' ometto è semplice ; era studente nell ' est e si era fatta una specialità , tra gli studenti , di recitare , sempre improvvisando , lunghi monologhi in cui prendeva in giro la vita pubblica , i costumi , i personaggi e gli avvenimenti importanti degli Stati Uniti . Un giorno qualcuno lo notò , gli propose di esibirsi in pubblico e così lo studente , molto naturalmente , diventò professionista e passò dal " campus " dell ' università ai palcoscenici dei " night clubs " . Quest ' ometto ha una capacità enorme di chiacchiera , e le sue chiacchiere mescolate di finta ingenuità e di vera malizia , configurano un tipo ormai nazionale , quello dell ' americano che ne ha viste tante , al quale non la si dà a bere , che non ci crede , che tuttavia conserva ancora molto candore e molta fresca ingenuità . Alcuni amici dicono al signor X che l ' ometto , avendo attaccato a Nuova York il senatore Mac Carthy fu costretto dal pubblico a ritirarsi . Qui invece ascoltano deliziati e applaudono . In realtà , pensa il signor X , non è tanto vero che l ' Est sia così liberale e l ' Ovest così reazionario ; e comunque l ' Ovest sentendosi isolato a tanta distanza dall ' Est e dall ' Europa , apprezza qualsiasi cosa gli venga da quella direzione . Il viaggio finisce qui , pensa il signor X , mentre l ' ometto , con la sua parlantina torrenziale prende in giro lo scandalo intorno gli accordi di Yalta , finisce qui dove l ' Occidente , sia pure attraverso le chiacchiere di una specie di " chansonnier " , esercita la sua attività preferita e più caratteristica : la critica . Al di là del Pacifico comincia l ' Asia , con altre attività o meglio , altri miti .
StampaQuotidiana ,
San Francisco - Telegraph Hill è una delle tante colline sulle quali è costruita San Francisco , forse la più alta . Sulla cima della collina c ' è un belvedere e un faro , tra ameni boschetti e aiuole fiorite . Si può salire in cima al faro e di lassù godersi la vista di tutta la città , variamente disposta su e giù per le alture ; dei due grandi ponti , l ' uno rosso e l ' altro ferreo che scavalcano la baia ; della baia stessa , azzurra e scintillante al sole , con l ' isoletta penitenziaria di Alcatraz e i cento battelli che la solcano . Un giorno che guardavamo questo bellissimo panorama sul quale le nuvole leggere e bianche che viaggiavano nel cielo gettavano or sì or no grandi ombre effimere , qualcuno ci indicò un quartiere lontano : " Laggiù abitano i Russi , o meglio i discendenti americani della colonia russa di San Francisco " . Dapprima rimanemmo sconcertati , quindi ricordammo ; nel 1811 i Russi nella loro marcia verso l ' Oriente avevano finito per raggiungere anche questo lembo dell ' estremo Occidente . Il corriere dello Zar arrivava fin qui , portando i dispacci di San Pietroburgo alla Compagnia Russa delle pellicce insediata a Yerba Buena , antico nome di San Francisco . La Compagnia delle pellicce durò fino al 1840 e poi fu sciolta e la Russia rinunziò alla California e i Russi che restarono a Yerba Buena diventarono col tempo cittadini americani . Erano forse un centinaio ; assommano oggi a parecchie migliaia . Questa informazione ci diede da pensare : i Russi erano stati in questa parte dell ' America prim ' ancora degli Americani , avevano posseduto l ' Alaska ( poi venduta agli Stati Uniti , nel 1867 , per sette milioni di dollari ) , avevano impiantato una colonia in California . Insomma i rapporti degli Stati Uniti con la Russia erano molto antichi ed erano rapporti di frontiera , né più né meno di quelli con l ' Inghilterra e con la Spagna . Tre imperi , dunque , quello inglese , quello spagnuolo e quello russo avevano sbarrato il passo all ' espansione yankee : con l ' impero inglese , gli Americani dopo contrasti secolari , hanno stabilito legami di cuginanza , se non di fraternità ; di quello spagnuolo , hanno pensato a liberarli gli stessi domini spagnuoli d ' America , rendendosi indipendenti ; con l ' impero russo , invece , i rapporti , come è noto , sono , ancor oggi , tutt ' altro che buoni . Ora che a Ginevra è scoppiata , come dicono facetamente le gazzette , la pace , si può fare forse il punto su questi rapporti e domandarsi : che pensano gli Americani della Russia ; e in maniera più particolare : quali sono , fuori della situazione ufficiale e diplomatica , i sentimenti del popolo americano per la Russia ? Bisogna prima di tutto distinguere i gruppi intellettuali e fino ad un certo segno politici , dalla massa , ossia dalla middle - class . Per quanto riguarda i gruppi intellettuali e politici , i cosiddetti anni trenta , ossia il periodo che va dalla crisi del 1929 alla fine della guerra civile in Spagna , segnano al tempo stesso il punto di incontro e di rottura tra l ' intellighenzia americana e il marxismo staliniano . La grande crisi economica del 1929 , chiudendo centinaia di fabbriche e gettando sul lastrico fino a dodici milioni di persone , aveva fatto dubitare molti Americani della bontà e solidità del sistema politico ed economico tradizionale degli Stati Uniti . Il comunismo o meglio il marxismo sembrò allora a molti intellettuali la sola teoria economica e politica alla quale si potesse ricorrere per risolvere la crisi nazionale , la più grave della storia americana dopo quella della guerracivile . Però , fatto importante e che occorre sottolineare , questa simpatia per il marxismo e per la Russia di Stalin non oltrepassò i limiti di ristretti gruppi di intellettuali e uomini politici ; le masse che purtuttavia erano state le più colpite dalla crisi economica , restarono fuori di questa simpatia ; le grandi Trade Unions si mantennero sopra un terreno strettamente economico ; il partito comunista americano non fu mai più di un ' insignificante setta di poche migliaia di persone . Il movimento di simpatia per il marxismo staliniano e per la Russia Sovietica non durò più di una decina di anni , approssimativamente dalla grande crisi o poco prima , alla fine della guerra di Spagna . All ' infatuazione , forse superficiale , forse dilettantesca , forse fondata piuttosto su motivi negativi che positivi , seguì una profonda delusione che , in un Paese come gli Stati Uniti dove le esperienze psicologiche individuali hanno sempre uno sfondo morale e sociale , ebbe effetti addirittura storici . Questa delusione derivò da due fatti , l ' uno interno e l ' altro esterno : all ' interno , come si è detto , le masse rimasero sorde all ' appello marxista e fedeli all ' american way of life e così gli intellettuali e lo stesso partito comunista americano sentirono di essere al tutto privi di giustificazioni sociali . All ' esterno , la politica estera di Stalin , oltre a dar prova di un machiavellismo addirittura rinascimentale ( assassinio di Trotzky , condotta della guerra in Spagna , trattato germano - sovietico etc. etc . ) ripugnante alla mentalità puritana ed anglosassone , si configurò per giunta , in maniera sempre più decisa , come politica di rivalità non tanto ideologica quanto nazionale con gli Stati Uniti . In altri termini gli intellettuali , a torto o a ragione , scoprirono o credettero di scoprire che il comunismo internazionale era uno strumento della politica estera russa e che la loro simpatia per il marxismo poteva portarli , alla lunga , su posizioni non tanto anticapitaliste quanto antiamericane . Oggi , se si vuoi parlare di comunismo , non è certo nei circoli intellettuali di Nuova York che si trovano orecchie pazienti e ragionevoli . L ' anticomunismo degli intellettuali americani , forse perché radicato in un ' antica e profonda delusione , è tenace , violento e assolutamente irriducibile . Circa le masse , ossia la middle - class che abbraccia con i suoi standard uniformi la maggioranza degli Americani , il discorso si fa più complicato e più sottile . Per il suo anti - comunismo e antisovietismo valgono le stesse ragioni che per gli intellettuali , più altre inerenti alla natura dello sviluppo industriale economico e sociale degli Stati Uniti . Le prime ragioni sono quelle già esposte : la Russia si è giocata le simpatie delle masse americane dal giorno in cui Stalin fece una politica di rivalità nazionale con gli Stati Uniti . In altri termini non riuscì alla Russia di fare negli Stati Uniti ciò che aveva fatto con successo in altri Paesi : contrapporre le masse alla classe dirigente e nello stesso tempo sganciare l ' ideologia marxista dalla politica estera russa . E si capisce anche perché : gli Stati Uniti sono il solo Paese al mondo forse con il quale la Russia è in un rapporto diretto di rivalità prim ' ancora nazionale che ideologica . Così , in America , avviene alla politica russa il rovescio esatto di quanto le accade negli altri Paesi : mentre in altri Paesi facilmente si interpretano gli accorgimenti tradizionali della politica estera russa come sviluppi coerenti della dialettica marxista , in America le complessità e sottigliezze di questa dialettica vengono sovente scambiate per pure astuzie e furberie sarmatiche . Il patriottismo delle masse americane , in tal modo , è stato svegliato e messo in allarme ; e ci vorranno molti anni di vera pace perché si calmi e abbandoni la sua estrema diffidenza . Ma le ragioni del disinteresse delle masse americane per il marxismo sono anche dovute , come abbiamo accennato , a motivi inerenti alla natura stessa dello sviluppo industriale e sociale degli Stati Uniti . In maniera generale , si può affermare che il marxismo non trova appigli tra le masse degli Stati Uniti per la buona ragione che , all ' infuori di riforme strettamente politiche ( e dunque poco importanti , trattandosi dopo tutto di una teoria politica fondata sull ' economia ) , esso per ora non ha nulla da offrire di veramente nuovo alle masse americane . È vero che agli Stati Uniti c ' è il capitalismo ; ma uno degli agganci della polemica comunista contro il capitalismo in Europa , ossia i suoi legami con le vecchie classi feudali e parassitarie , in America manca del tutto . Inoltre il marxismo che nell ' Europa orientale e in Asia fa leva sul formidabile motivo della rivoluzione industriale e della creazione di una classe dirigente tecnocratica , in America , trova rivoluzione industriale e classe tecnocratica già bell ' e formate ad opera del capitalismo . Del resto quando si parla di masse e di simpatie delle masse , si allude piuttosto che a determinate condizioni materiali , a esperienze psicologiche e morali . Ora gli Americani hanno già fatto l ' esperienza psicologica e morale della rivoluzione industriale e tecnocratica , hanno già assaporato l ' ebbrezza collettiva della prosperità di massa , hanno già digerito la scoperta delle determinazioni economiche della vita sociale ; e ben difficilmente saranno tentati in futuro di dare ascolto ad una teoria che gli proponga di nuovo queste stesse scontate esperienze . Marx , tra tante profezie azzeccate , ne aveva fatta una che si è verificata sbagliata , e cioè che il comunismo avrebbe avuto i suoi primi successi nei Paesi di più avanzato sviluppo industriale . In realtà è avvenuto il contrario ; e il maggior ostacolo alla comprensione del marxismo in America , a parte la mentalità puritana , sta proprio nella coscienza economica e industriale delle masse americane , nella loro maturità tecnocratica . Naturalmente non si vuol dire con questo che in America non ci sia il capitalismo : si vuol dire soltanto che il capitalismo vi ha raggiunto per conto suo molti degli scopi ai quali mira il comunismo in Europa orientale e in Asia . Donde la mancanza di attrazione del mito sovietico e la riduzione della Russia Sovietica a Paese rivale , quando addirittura non ostile . S ' intende che ciò non significa affatto che gli Americani nutrano una preconcetta ostilità contro i Russi . Le accoglienze cordiali che recentemente hanno ricevuto i membri della commissione agricola russa in viaggio negli Stati Uniti stanno a dimostrare una verità antica quanto il mondo : nessun popolo odia alcun popolo . Ma , d ' altra parte , è anche vero che per gli Americani la Russia Sovietica è forse , tra tutti i Paesi del mondo , il più difficile a capirsi . Più della Cina di Mao ; più dei Paesi di diversa religione e civiltà , buddisti o maomettani . L ' incomprensione degli Americani è dovuta in parte all ' ignoranza dei motivi storici , sociali e filosofici del comunismo ; ma soprattutto , strano a dirsi , alla lentezza con la quale la rivoluzione comunista si configura storicamente in una società stabile e riconoscibile . Gli ideali americani del successo , della praticità e dell ' efficienza sono contraddetti da una rivoluzione che pare continuamente essere ritirata , come diceva Machiavelli , verso i suoi principi ; che dopo circa quarant ' anni non si è ancora disfatta dei mezzi coercitivi di cui si servì agli inizi per trionfare dei suoi nemici ; e che sembra rimandare ad un domani mitico i risultati materiali per raggiungere i quali è stata compiuta . Strano a dirsi , ripetiamo , ma se il comunismo riuscisse a portare le masse russe ad un livello di prosperità di tipo occidentale , se le frontiere della Russia fossero aperte e milioni di turisti russi ben vestiti ed equipaggiati invadessero il mondo , l ' incomprensione degli Americani verso la Russia Sovietica si attenuerebbe di molto . In queste cose è difficile arrivare ad una conclusione ; tanto più che i rapporti russo - americani sono forse entrati in questi giorni in una nuova fase di cui è impossibile prevedere gli sviluppi . Ma più di un secolo fa Alexis de Tocqueville , nel suo libro sulla democrazia in America fece alcune considerazioni che oggi sembrano addirittura profetiche : " Ci sono oggi due grandi popoli che partiti da punti diversi sembrano dirigersi verso gli stessi scopi : i Russi e gli Americani . Tutti e due sono cresciuti nell ' oscurità e mentre gli sguardi degli uomini erano distratti altrove , si sono ad un tratto posti in prima fila tra le Nazioni e il mondo ha appreso al tempo stesso la loro nascita e la loro grandezza . Tutti gli altri popoli sembrano aver raggiunto il loro limite ; soltanto loro sono in crescenza . Tutti gli altri si sono fermati o avanzano con sforzo , solo loro procedono con passo spedito e rapido in una carriera di cui per ora non possiamo neppure intravedere la conclusione . L ' Americano lotta contro gli ostacoli che gli oppone la natura . Il Russo è alle prese con l ' uomo . L ' uno combatte il deserto e la barbarie , l ' altro la civiltà rivestita di tutte le sue armi . Così le conquiste dell ' Americano si fanno con l ' aratro dell ' agricoltore e quelle del Russo con le armi del soldato . Per raggiungere i suoi scopi il primo si fonda sull ' interesse personale e lascia agire senza dirigerle la forza e la ragione degli individui . Il secondo concentra in qualche modo in un sol uomo tutta la potenza della società . L ' uno ha come mezzo principale di azione la libertà ; l ' altro la servitù . Il loro punto di partenza è diverso , le loro strade sono diverse ; tuttavia ciascuno di essi sembra essere chiamato , da un segreto disegno della Provvidenza , a tenere un giorno nelle proprie mani il destino della metà del mondo " . Alexis de Tocqueville , per quanto profetico , non poteva prevedere la rivoluzione russa ( neppure Marx l ' aveva prevista ) ; ma il suo occhio sagace , in un tempo in cui le maggiori Potenze del mondo erano ancora la Francia e l ' Inghilterra , aveva intuito le linee principali dell ' avvenire del mondo , ossia la presenza di due grandi Potenze come gli Stati Uniti e la Russia , la loro rivalità negli stessi campi e per gli stessi scopi , e , in certo modo , anche la loro coesistenza , per dirla con una parola di moda . Per completare il quadro dei rapporti russo - americani , bisognerebbe forse adesso poter dire quali sono i sentimenti del popolo russo per quello americano , che cosa sa e non sa il popolo russo degli Stati Uniti . Non siamo in grado di farlo ; ma è chiaro che la pace del mondo dipende quasi per intero dalla mutua conoscenza e comprensione di questi due popoli così profondamente diversi .
Dino Buzzati ( Montanelli Indro , 1951 )
StampaQuotidiana ,
La cosa più straordinaria che potesse capitare e che difatti capitò a Dino Buzzati fu di fare l ' inviato speciale di un grande giornale in tempo di guerra . Ci riuscì splendidamente , intendiamoci . Le sue corrispondenze marinare sono ancora oggi dei pezzi di antologia , e ognuna di esse costituisce un racconto perfettamente composto nella sua armoniosa architettura . Di sbagliato , o meglio di inutile , non c ' è che la prima riga : quella che precisa il luogo , il giorno , il mese e l ' anno in cui l ' articolo fu scritto . Ma era il giornale ad aggiungerla , perché Buzzati se ne dimenticava sempre . In realtà le sue descrizioni , salvo qualche trascurabile particolare tecnico , erano così al di fuori del tempo e dello spazio , che avrebbero potuto benissimo adattarsi anche a Lepanto , a Trafalgar , a Tsushima o alle Falkland . Qualcuno in redazione si preoccupava di interpolarvi gl ' indispensabili riferimenti , e anche i punti e le virgole . Perché Buzzati scrive senza punteggiatura , e non ha mai capito dov ' è che finisce una frase e ne comincia un ' altra , dov ' è che bisogna far pausa e aprire una proposizione subordinata . Buzzati sfugge le regole ortografiche per la stessa ragione per cui sfugge i fatti . Quando ha finito , con molta fatica , il suo « pezzo » , vi sparge sopra , come una manciata di sale , un congruo numero di virgole , dove vanno vanno . Poi rilegge , ha paura ( sempre ) di aver scritto soltanto delle sciocchezze , e chiama Gaetano Afeltra perché gli dia un giudizio . Il più magico degli scrittori italiani è anche il più incerto di sé e timoroso . Non usa la macchina da scrivere . Compone a penna con una calligrafia da bambino , chiarissima , e spesso ricopia tre o quattro volte il compitino , che di lontano ricorda sempre un po ' la lettera che si usava ai « cari genitori » per Natale e capodanno . Qua e là poi , ogni tanto , è capace di disegnarvi delle figurine , specie di animali ; e si vede benissimo che mentalmente egli dedica i suoi scritti a della gente come lui : cioè a dei bambini di trenta , quaranta o cinquant ' anni . Eccolo che arriva al giornale con la sua Topolino di antiquato modello . Non la rinnova perché è avaro , e lo confessa . E va piano perché è pauroso , ed anche questo lo confessa . Però guida con i guanti infilati come se si trattasse di attraversare l ' Europa , e ogni volta che scende è tutta una liturgia di saluti come se fosse reduce da un fortunoso viaggio in terre lontane . Buzzati augura il buon giorno e si toglie il cappello al portiere , al garagista , al fattorino , all ' impiegato , alla dattilografa e perfino a tutti i colleghi che incontra per le scale . Non dà del « lei » anche a me , solo perché potrebbe sembrare una posa ; ma è chiaro che il « tu » gli costa un certo sforzo . È vestito con suprema eleganza . Tanta , che nessuno si è mai accorto che Buzzati è un uomo elegante . Porta i capelli , su cui gli anni hanno cominciato a seminare qualche filo d ' argento , tagliati corti , giacche senza attillatura e con spalle a bottiglia ; cravatte di colore spento , annodate in modo che sembra che sia stata la mamma a farlo , mormorandogli all ' orecchio la consueta raccomandazione : « E non sporcarti , eh ? La roba a lavarla , si consuma ; e costa tanto , al giorno d 'oggi...» . Dino , figlio obbediente , non sporca mai nulla . La giacca , appunto per non sporcarla , se la cambia appena entra nel suo ufficio ; e ogni poco si alza per andare a lavarsi le mani . Infatti a pensarci bene le sue pagine si sente benissimo che sono state composte da mani pulite . In tutti sensi . Quando , subito dopo la Liberazione , ci fu , al « Corriere » , l ' inchiesta per epurare i collaborazionisti , Buzzati fu , a quanto pare , l ' unico , fra quelli rimasti al lavoro dopo 1'8 settembre , a non subire processi . A nessuno poteva venire , e a nessuno infatti venne in mente di incriminarlo . Il primo a stupirsene sinceramente sarebbe stato lui che , quando io dalla prigione in cui mi trovavo rinchiuso gli mandai un biglietto per supplicarlo di astenersi dal lavoro , ora che bisognava svolgerlo sotto il controllo tedesco , mi rispose con un altro biglietto che conteneva questa sola parola : « Perché ? » . E in quell ' interrogativo era riassunto il suo ritratto . Buzzati era corrispondente in Abissinia quando la guerra scoppiò . Dopo qualche mese venne in licenza a Milano , perché era la licenza che gli spettava , ed egli ha , delle vacanze , una concezione burocratica quasi sacra : per nessuna ragione al mondo vi rinunzierebbe , quando gli toccano . Con altrettanto burocratica puntualità , esaurite le ferie , si presentò al direttore Aldo Borelli per salutarlo prima di ripartire per Addis Abeba . Borelli lo guardò esterrefatto di sopra gli occhiali : c ' era dunque qualcuno che ancora non si rendeva conto che un ritorno ad Addis Abeba , a parte le difficoltà e i pericoli del viaggio , significava la propria consegna nelle mani degl ' inglesi ? Si , c ' era : Dino Buzzati . Borelli non poteva dargli ordine di restare in patria : sarebbe stato un gesto di disfattismo e di sfiducia nelle sorti delle nostre armi . « Ma » , disse , « prima di vederla ripartire , vorrei che lei si sentisse del tutto a posto con la salute ... » « Con la salute ! ? » , rispose Buzzati col suo nasino per aria . « Ma io non sono mica malato !...» Borelli si grattò la testa un po ' con imbarazzo , un po ' con rabbia . « Come non è malato ? » , fece . « Suvvia , a chi vuoi darla ad intendere ? » « Ma no , direttore , le assicuro » , insisté Dino , « che io non sono malato !...» « Ma sì che è malato ! » « Ma no che non sono malato !...» Borelli lo guardò con odio , strinse i pugni , li sbatté violentemente sul tavolo rovesciando il calamaio , e scoppiò fragorosamente : « E io le dico che è malato , vuol capirla o non vuol capirla ? ... Malato di cretinismo , per la Madonnal ... Vada a curarsi !...» . Pallido in volto e con le lacrime agli occhi , Buzzati venne da Afeltra e da me per tradurci l ' accaduto in queste parole : « Il direttore mi ha licenziato ! » . Altrettanto pallidi e con le lacrime agli occhi , Afeltra ed io ci precipitammo dal direttore per , conoscere i motivi di sì grave decisione e , se possibile , farla revocare . Borelli ci ascoltò con pazienza , poi si prese la testa fra le mani con un gesto di disperazione , e sordamente mugolò : « L ' ho sempre detto , io , che gli unici veri grandi imbecilli sono i poeti » . Ci fissò , poi aggiunse con voce carica di minaccia : « Tornate da Buzzati e ditegli da parte mia che è un grande poeta . Grandissimo . Il più grande che abbia incontrato » . Afeltra ed io impiegammo parecchie ore per spiegare a Dino come e perché Borelli , pur impedendogli di tornare in Abissinia , non aveva inteso affatto licenziarlo . Egli ci ascoltava col nasino per in su , gli occhi candidi e interrogativi posati ora su me ora su Gaetano , la cravatta annodata come se fosse stata la mamma a farlo . Poi disse , semplicemente : « Ah ! » . Ci ripensò , parve poco convinto , e aggiunse perplesso : « Ma non sarò mica , senza saperlo , ammalato per davvero ? » . Perché colui che , per obbedienza agli ordini del giornale , stava per affrontare un viaggio rischiosissimo e la certa cattura , ha una paura birbona delle malattie . Da allora Buzzati continuò a stare , ufficialmente richiamato come corrispondente di guerra , dove lo mettevano . E lo misero dapprima su un incrociatore . Fu uno dei pochi , tra noi , a non soffrire il mal di mare e a farsi amare dai marinai . Prese parte a convogli , e li descrisse come cavalcate di neri angeli nella notte . E le volte che gli toccò correre un rischio , lo fece con sì sorridente impassibilità e tranquilla modestia che passò per un uomo coraggiosissimo . Lo è infatti , in un certo senso : nel senso cioè che i rischi Buzzati non li vede , lui che traspone tutto al soprannaturale e non può concepire nemmeno un siluro se non sotto le sembianze di un mostruoso ma innocuo delfino . L'8 settembre il giornale diede ordine a Buzzati di restare al lavoro in redazione , e Buzzati ci restò . Ecco perché egli non comprese il biglietto che dalla prigione gli mandai , nel timore del castigo in cui avrebbe potuto incorrere più tardi . Quale castigo ? dovette domandarsi con la stessa aria di sbigottimento che gli si era dipinta sul volto il giorno in cui Borelli , per salvarlo senza compromettersi , aveva voluto persuaderlo che era malato . E infatti non ne subì . Perfino di fronte a degli " epuratori " , cioè alla più bassa sottospecie cui l ' umanità , in nome di qualunque ideologia , possa degradarsi , l ' innocenza , quando è dipinta con tanta evidenza sul volto e nei gesti e nelle parole di un uomo come lo è sul volto , nei gesti e nelle parole di Dino , trova la forza di imporsi . Stanotte Buzzati deve partire per ragioni di servizio , e ancora non lo sa . È andato a letto , perché è sua abitudine coricarsi presto , prima ancora che in redazione giungesse l ' annunzio della spaventosa tragedia di Albenga , dove alcune dozzine di bambini milanesi sono morti affogati . Chi s ' incarica di dargli la terribile notizia ? « Be ' » , dice il direttore ad Afeltra , « glielo dica lei . È un fatto orribile , siamo d ' accordo . Ma , in fondo , tra quei poveri morticini , non c ' è mica anche un figlio di Buzzati !...» Afeltra ha il guizzo di un sorriso nei suoi neri malinconici furbi occhi di napoletano ; poi mi prende in disparte : « Questo pover uomo crede che , per Dino , sia terribile la notizia della morte dei bambini ! ... No , la notizia terribile , per lui , è che ora , all ' una di notte , deve alzarsi e partire ! » . E non sbaglia . Buzzati ascolta dall ' altro capo del filo il resoconto della sciagura che Afeltra gli colorisce con apocalittici accenti . Poi risponde : « Povere creature ! ... Ne riparliamo domani ! » . E riattacca il ricevitore . Afeltra mi fissa con uno sguardo che suona : " Te l ' avevo detto , io ? " e lo fa richiamare . « No , Dino , senti ... » , ricomincia con voce dolcissima , « tu mi pare che non hai capito bene di che cosa si tratta ... Sono quasi tutti di Milano , i bambini ... Qui , domani , tutta la città è in lutto , e capirai che il giornale non può uscire con la notizia nuda e cruda ... » « No , certo » , gracida la voce di Dino , « dovete mandar qualcuno ... » , e riattacca . Per la terza volta Afeltra lo fa chiamare . « Dino ? ... Carissimo Dino ... Sono ancora io , Gaetano . Senti , lasciami parlare ... Ad Albenga , per un servizio di questo genere , non si può mandare uno qualunque ... Ci vogliono una penna e una firma ... Ci vuole soprattutto un cuore che batte ... E qui , a portata di mano , non abbiamo nessuno ... Piovene , come sai , è a Parigi ... Vergani al Tour ... Corradi in Inghilterra ... Grazzini in Sicilia ... Montanelli non ha cuore , o passa per uno che non ne ha : il che agli effetti del pubblico , è lo stesso ... Cosa dici ? ... Hanno suonato alla porta ? ... Sì , va ' a aprire , va ' : è l ' autista che , d ' ordine del direttore , è venuto con la macchina a prenderti per condurti ad Albenga ... » Ed è lui , stavolta , a riattaccare il ricevitore . Ma le fatiche di Afeltra non sono finite con la partenza di Buzzati , l ' impareggiabile purosangue di cui egli è il naturale fantino . Con trepida impazienza , finito , alle quattro , il lavoro in tipografia , invece di coricarsi , si chiude nella cabina telefonica ad attendere il primo resoconto del suo puledro . Quando torno la sera , lo trovo ancora lì , con la cravatta sbilenca , la faccia irta di barba , gli occhi lustri di gioia . « Leggi , leggi ... » , mi dice accennando con una mano il dattiloscritto in cui lo stenografo ha già tradotto il resoconto telefonico di Dino , mentre con l ' altra sèguita a tenersi poggiato all ' orecchio il ricevitore . « Leggi che meraviglial ... » Lo è , infatti : pagine pulite , lisce , in cui la Morte traluce come una cosa viva e affabile , appena riverberando un ' ombra sui cadaveri allineati sotto il suo mantello non più , come al solito , lugubre e solenne , ma cordiale e paterno : uno dei più bei reportages , forse il più bello , fra quelli che in tanti anni di mestiere mi son capitati da leggere . « No , no , aspetta ! » , urla Afeltra all ' apparecchio . « La chiusa non dev ' essere questa ! ... La chiusa la devi fare sul torpedone delle mamme che sono già partite da Milano per venire a vedere i loro bambini morti e devono essere in arrivo costà ... Sul loro urlo di dolore ... » « E perché dovrebbero urlare ? » , risponde placida la voce di Dino , al ' altro capo del filo . « Come " perché dovrebbero urlare " ! ? » , esplode Afeltra con voce strozzata . « ... Ma che vai dicendo , Dino ! ? ... I loro figli ... » « Sono così belli ! » , ribatte dolcissima la voce di Buzzati . « Li vedessi , Gaetano , come sono belli ! ... Sorridono ... Angeli che , per diventarlo , sono così contenti di essere morti ... » Quando l ' indomani , al suo ritorno , stringo la mano a Buzzati per complimentarmi con lui dello stupendo articolo che ha scritto , egli rimane ad ascoltarmi col nasino per in su , gli occhi candidi e interrogativi posati ora su me ora su Gaetano che approva , la cravatta annodata , nonostante il viaggio e le due insonni notti , come se fosse stata la mamma a farlo . Poi mi chiede : « Davvero ? » , con lo stesso tono lievemente incredulo con cui mi rivolse la stessa domanda allorché , letto che ebbi Il deserto dei tartari , gli dissi che aveva scritto il più bel romanzo italiano degli ultimi vent ' anni ( e sono ancora dello stesso avviso ) . Lo guardo . E d ' improvviso mi accorgo che , come i bambini che ha descritto , anche lui in fondo è un angelo : l ' unico che , per diventarlo , non abbia avuto bisogno , prima , di morire .
Viridiana di Luis Buñuel ( Grazzini Giovanni , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Grazie alla censura Viridiana era divenuto un mito , e sventolato come una bandiera . Ora che anche in Italia lo possiamo vedere in edizione integrale si può dire che su quel vessillo ci sono molti segni , ma non tutti riconducibili a un ' interpretazione anticlericale e antifranchista di comodo . È vero che tutto fa brodo , agli occhi dei fanatici , ma Buñuel non è un uomo di cinema che si lasci facilmente utilizzare come strumento di polemica politica : cercare nella sua opera troppi significati moralistici equivale , anzi , a ridurne di molto la personalità artistica . L ' ha detto chiaro : Viridiana non vuole dimostrare nulla , soltanto esprimere , con i modi dell ' umor nero , ossessioni erotiche e religiose . Le stesse che da molti decenni devastano l ' animo inquieto di questo spagnolo uscito da una facoltosa famiglia di terrieri cattolici , educato dai gesuiti , passato attraverso l ' esperienza del surrealismo come attraverso una scuola di eversione di ogni valore conformistico ; infine , esule dalla patria con tutto il bagaglio di stimoli spirituali e di suggestioni culturali che hanno esasperato una naturale vocazione tragica . Se dunque , invece , si vuole anatomizzare il film per cercarvi il messaggio , non rischiamo di trovarci i cascami di un picarismo letterario e di un anarchismo ottocentesco , se non addirittura di un terribilismo alla Sade inserito con qualche snobismo nel filone dell ' irrazionalismo novecentesco ? Senza dire che L ' Angelo sterminatore , il film successivo a Viridiana , e che si vide l ' anno scorso a Cannes , non avrebbe portato avanti il discorso , anzi avrebbe ribadito quella che sembra l ' unica costante delle cupe invenzioni di Buñuel : l ' insofferenza per le convenzioni , la malinconia per la condizione di schiavitù propria degli uomini . Buñuel resta , a nostro avviso , un nichilista la cui forza poetica è data proprio dalla coerenza con cui esprime la sua disperazione di non poter sostituire nulla all ' ordine che vuol distruggere . Chi ne fa un profeta della rivoluzione dovrebbe chiedersi di quali valori positivi si fa apportatore Buñuel con un film come Viridiana . L ' immagine finale che egli ci offre del mondo , dopo la sconfitta del bene e del male , è perplessa e sarcastica . È una partita a carte in cui tutti sono coinvolti . Egli esprime , semplicemente , la vanità degli sforzi dell ' individuo senza proporci con convinzione l ' alternativa collettivistica . Se egli irride , oggi , la carità di quanti percorrono le strade del Novecento puntellandosi a un ' emblematica medievale ( tale gli sembrano la croce , il martello , i chiodi e la corona di spine ai quali Viridiana s ' aggrappa ) , non perciò mostra di aver maggiore fiducia in chi lavora di zappa e calcina . Questi avranno più meriti agli occhi del mondo , ma anche la loro esistenza è presa nel gran gioco di un destino di falsità . Si vuoi dire che , con virulenza di visionario e il gusto del ripugnante che gli deriva dalla tradizione artistica spagnola , Buñuel grida troppo forte perché la vena di rimpianto , l ' ansia di purezza assoluta che forse gli serpeggia nel corpo gonfio di sdegni non si secchi nello stagno dello scetticismo . Proprio per questo , come non abbiamo un tribuno , così abbiamo un fortissimo artista ( e anche un maestro di cinema ) , che spezza ogni mito ideologico con la potenza fantastica e figurativa ; che ci propone un universo poetico compatto nel delirio del sentimento , e lo esprime con un linguaggio che risolve tutti i contenuti in una forma grondante di incisività . Viridiana è un esempio calzante della assunzione di tutti i valori nello stile . Se ha modi , e tecnica , di vecchio stampo , ivi compreso il sovrabbondante ricorso alla simbologia , è perché Buñuel appartiene a una generazione artistica di estrazione naturalistica che non lasciava i margini dei libri troppo bianchi , perché i lettori proseguissero l ' opera per proprio conto . Un romanzo era un romanzo , non una proposta di romanzo ; e un film un racconto in cui l ' autore realizzava tutto se stesso . O prendere o lasciare . La storia di Viridiana ( Silvia Pinal ) è quella di una novizia che si perde . Comincia sulle note di Mozart e di Händel , e finisce sui ritmi del jazz . Alla vigilia di prendere i voti , Viridiana va a far visita a un vecchio zio ( Fernando Rey ) che abita in una villa di campagna , ossessionato dalla memoria della moglie mortagli trent ' anni prima , la sera stessa delle nozze , e che egli custodisce attraverso il culto feticista per i suoi abiti da sposa . Identificando Viridiana con la moglie , lo zio le chiede di sposarlo , e al suo rifiuto la droga , con la complicità di una serva , dopo averle chiesto , come ultimo favore , di indossare il bianco abito di nozze che egli ha conservato per tutti quegli anni . Priva di conoscenza , la novizia subirebbe l ' oltraggio del vecchio , se questi non fosse all ' ultimo momento trattenuto dalla speranza di possederla legittimamente con una menzogna : facendole credere , l ' indomani mattina , che nella notte egli le ha fatto violenza . Inorridita , Viridiana lascia la casa per tornare al convento , senza perdonare lo zio , ma quando sta per partire viene avvertita che il vecchio si è impiccato e l ' ha lasciata erede , insieme a un cugino , della fattoria . La ragazza si considera responsabile del gesto dello zio : per espiare rinunzierà a farsi suora , ma si darà a opere di bene , accogliendo nella fattoria quanti mendicanti , ladri , vagabondi , troverà nel paese : il suo peccato d ' orgoglio confina con l ' ingenuità . Arriva intanto il cugino Jorge ( Francisco Rabal ) , che vuol riorganizzare la proprietà e appoderare i campi abbandonati . È un bell ' uomo , e ha con sé un ' amante , ma se ne libera presto perché ha messo gli occhi su Viridiana , benché la consideri una « bigotta marcia » e intanto si gode la serva . La cugina , ritiratasi in una misera stanzetta , è intenta soltanto alla preghiera e alla beneficienza , tutta circondata di speranze mistiche e di fiducia nell ' avvenire . Mentre i suoi vagabondi recitano l ' Angelus , i muratori di Jorge lavorano e sudano . Due modi di affrontare la vita , dopotutto . Un giorno , assenti i padroni , i poveri invadono la villa e la mettono a soqquadro , insozzano le stanze , profanano ogni simbolo di purezza , finalmente si siedono a banchetto facendosi « fotografare » lubricamente nell ' atteggiamento dell ' Ultima Cena . Sorpresi dai padroni , uno dei mendicanti tenta di violentare Viridiana , ma il cugino la salva convincendo uno di loro ad uccidere , per denaro , l ' amico . Tramontata la sua illusione di poter fare del bene , Viridiana tenta ancora di resistere all ' istinto della femminilità che si è svegliato in lei ; ma è fatale che cada : il male del vivere è più forte , ormai , della sua fede . La corona di spine brucia in un falò , la donna va a sedersi al tavolo dove il cugino e la serva giocano a carte : ora , sul grammofono , gira un disco di cha - cha - cha . La realtà vince il sogno . E il disprezzo di Buñuel ha coinvolto tanto la superstizione religiosa quanto l ' erotismo dei vecchi , la corruzione dell ' infanzia e le buone intenzioni di Viridiana . La sua « corte dei miracoli » ha corroso , con il vieto concetto di beneficenza , l ' ipotesi stessa del bene . Non è certo da un laido sottoproletariato che viene la speranza : esso è servito a inserire Viridiana in una società filistea , ma non a proporre un ricambio sociale . Se vogliamo restare fedeli alle intenzioni di Buñuel , il suo film è un grottesco che non a caso ebbe , oltre alla palma d ' oro di Cannes nel 1961 , il premio dell ' humour noir . Non . come anche è stato detto , soltanto una serie di gags , ma certamente il frutto di una fantasia lugubre , che si esercita su alcuni mali della società contemporanea con gusto autodistruttivo , riscattato soltanto da una assoluta libertà morale . Se nel film c ' è qualcosa di blasfemo è questo incrudelire sull ' uomo a vantaggio dell ' artista , che si getta con voluttà in una ricostruzione tendenziosa della realtà , e riesce a dipingerla con tinte così forti e cupe da mettere i brividi . Se il mondo fosse questo , meglio spararsi . È raro che il cinema riesca a dare una così dura impressione . Quando lo fa , vuol dire che le scene , così pregnanti , sono uscite dalle mani di un vero creatore , il quale si assume molte responsabilità purché gli si riconosca sincerità con se stesso . Triviale , cinico , truculento , tutto si potrà dire di Buñuel tranne che non sia un autentico spagnolo ossessionato dalla cecità degli uomini e dalla nostalgia della pietà .
Otto e mezzo di Federico Fellini ( Grazzini Giovanni , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Otto e mezzo di Federico Fellini : il miele dell ' illusione fornito dalla magia contro la vita agra , la fuga dell ' individuo dal pessimismo cattolico in una serena finzione di solidarismo , una sorta di fantastico balletto sulla passerella dell ' esistenza . Una favola e un incubo , dal quale si esce impietositi per gli uomini , se non ci consolasse questa facoltà dell ' arte , sorella della stregoneria , di rendere toccabile , e perciò vero , il mondo dell ' ignoto in cui si dibatte la coscienza . È forse lo sforzo più duro che Fellini abbia compiuto sinora per compromettere tutto se stesso nella ricerca di sé e di quanto lo leghi agli altri . Protagonista è Guido , un regista sui quarantacinque , famoso , ricco , sposato , con un ' amante quieta , e quante altre donne vuole intorno . Dovendo fare un film , ha pensato confusamente a qualcosa di fantascienza , una nave spaziale che porti su un altro pianeta i resti dell ' umanità decimata dalla peste atomica . Una malattia , e la paura della morte , improvvisamente lo blocca . Subito un incubo : di restare soffocato nell ' automobile , e l ' umanità che assiste al lugubre spettacolo . Vola in cielo , ma qualcosa lo lega : un impegno di responsabilità , che non riesce ad affrontare , ma al quale non può sfuggire : la sua vita privata , il film , gli attori che pendono da lui , i piani di lavorazione . Come vogliono i medici , va a curarsi in una stazione termale . È il momento in cui Guido rimette tutto in discussione . È in crisi il suo talento , le idee sono nebbiose , non sa come portare avanti il film . È , a rimorchio , è in crisi la sua coscienza . Non ha mai saputo rinunziare a niente , non ha mai saputo scegliere una cosa sola e restarle fedele . Ora i rimorsi sono giunti a maturazione , lo macerano nella scontentezza e nella solitudine . Si guarda intorno : uno scrittore , chiamato a collaborare alla stesura del film , gli distrugge , con freddo razionalismo , quanto ha fatto sinora ; un amico , non più giovane , ha lasciato la moglie e , pur di sentirsi qualcuno vicino , ha preso per amante una compagna di scuola della figlia ; la gente che circola per le strade , ricca , soddisfatta , ha spento nell ' abitudine e nella finzione sociale ogni stimolo verso la verità . C ' è una bella ragazza , alla fonte , che gli porge il bicchiere , e gli fa indovinare un ideale di purezza , ma appare e scompare come un fantasma . È non sarà anch ' essa , per lui , un ' ambizione di conquista , per continuare a mentire sotto il velo di un lavacro d ' innocenza ? Arriva Carla , l ' amante di Guido , bianca di pelle , pastosa , tutta mossettine , positiva . Altre volte gli bastò rifugiarsi nella sua soda stupidità . Ora non più : se ne vergogna , la sistema in un alberghetto . A letto con lei , trasognato dal suo bianco , Guido si assopisce e si trova nella luce di un cimitero . Il padre , che torna a morire calandosi vivo nella terra ; la madre , dolente , che all ' improvviso assume il volto di Luisa , la moglie di Guido ... I ricordi , le presenze , gli si confondono e lo mordono : non è stato giusto con nessuno , non ha fatto mai nulla per gli altri . Intanto tutta la troupe del film l ' ha raggiunto : il produttore , gli attori , i tecnici premono perché spieghi cosa vuoi fare , come distribuire le parti , perché scelga e risponda . La sera , al night delle terme , un mago fa esperimenti di telepatia . Perché egli riesce a indovinare il pensiero degli altri , e Guido non sa più vedere nemmeno in se stesso ? Eppure il passato gli è vivo dinanzi : l ' infanzia nella fattoria , in Romagna , la felice sicurezza dei giochi , le mani delle donne . Forse Luisa , la moglie , può restituirgli quella pace : è un ' ancora alla quale Guido si aggrappa . Che venga , Luisa , lo raggiunga alle terme , se vuole . È intanto la ragazza della fonte gli riappare , come una tentazione . È intanto a Carla viene un febbrone , e Guido rifiuta ancora una volta di prendersi la responsabilità : sarà meglio chiamare il marito . Affascinato dal corpo di lei , ecco ora il ricordo dei primi pensieri peccaminosi . Guido è in collegio , bambino : insieme ai compagni è andato nascostamente sulla spiaggia a vedere la Saraghina , una femmina animalesca che vive tra i ruderi d ' una casamatta . Sorpreso dagli istitutori , è scosso di paura e vergogna . Fu allora , forse , che cominciò a mentire a se stesso . Non gli verrebbe una parola di consolazione dalla Chiesa ? Alle terme c ' è anche un cardinale . Guido lo interroga , ma ne ha una risposta sconsolante : « Chi ha detto che si viene al mondo per essere felici ? » . Arriva Luisa , e con lei nuovi motivi di disagio ; perché Guido le mentisce fingendo di ignorare la presenza di Carla alle terme , e la moglie si rifiuta di continuare ad accettarlo qual è , un uomo che mentisce come respira . Ancora un sogno egoista , per Guido : di vedere la moglie e l ' amante a braccetto , e poi di trovarsi intorno tutte le donne della sua vita , come in un harem festoso , e lui coccolato come un bambino e temuto come un domatore . Ma il film non procede , e tutto l ' ambiente è a rumore : insomma , cosa vuole il regista ? Gli si è seccata la vena ? Perché fa il misterioso ? Vigliacco , oltreché buffone ? È ora , che parte ha Claudia , la diva che si è aggiunta alla troupe ? In Claudia Guido identifica la ragazza della fonte e l ' attrice famosa . Sta rompendo con la moglie , sta pensando di rinunziare al cinema : Claudia può restituirgli la verginità dei sentimenti e delle parole . Ma anche questa speranza fallisce , e ormai l ' organizzazione del film è al punto da costringere Guido a pronunziarsi . Di fronte al grande traliccio costruito per il lancio dell ' astronave , il produttore convoca una conferenza - stampa . Preso d ' assalto , Guido deve confessare il proprio fallimento di regista e di uomo . Finzione e realtà ormai si confondono in lui e l ' ossessionano . Pensa di sfuggire a tutte le responsabilità col suicidio , ma mentre la folla si disperde il mago che nel night faceva gli esperimenti di telepatia lo ferma , presentandogli una realtà miracolosamente pacificata nella suprema finzione . In un lampo , Guido intuisce che il senso del film e della vita sta nell ' accettare il mondo , nel rinunziare a fuggire in un altro pianeta , nell ' abbandonarsi , sfilando tutti insieme come su una passerella , al necessario , inevitabile gioco della vita , in cui l ' egoismo di ciascuno coincide con la verità di tutti . La creatura di sogno , tutta vestita di bianco , la ritroviamo allora in noi , nell ' innocenza di noi stessi bambini . Nel suo cono di luce ci sembra di rinascere . In Otto e mezzo ( l ' ottavo film di Fellini , più Luci del varietà , firmato insieme a Lattuada ) , lo scrittore che era stato chiamato a consulto da Guido , e lo aveva duramente criticato , finisce impiccato . Questa è la sorte che Fellini riserva a chi voglia vedere , sempre , tutto chiaro , e rifiuti le confessioni che non seguano il gelido ordine razionale . D ' accordo , strangoliamo la critica se vuole obbligarci a giudicare una grande opera d ' arte come questa con i canoni cartesiani . Siamo in un ' età di transizione , dobbiamo lasciarci convincere dalla stessa indeterminatezza di un ' idea , se essa ci emoziona . Abbiamo bisogno di sentirci scaldare , di farci trasportare . Non è nemmeno quanto Fellini ci dice sul tumulto della sua vita individuale ( perché l ' identificazione fra Guido e Fellini è totale , e questo può essere un difetto del film ) , ciò che più ci interessa . Dopo tutto sono fatti suoi , e si può anche non essere d ' accordo sulla validità universale della soluzione ch ' egli ci propone , e non troppo chiaramente , a conclusione di un itinerario larghissimamente autobiografico . È il fatto che un uomo di cinema , pur dando íl suo luogo all ' astuzia , si metta nudo in piazza , si offra al dileggio , e intanto le sue carni si traducano in immagini di ineguagliabile evidenza fantastica , ciò che colpisce e mozza il fiato . La parabola pronunciata da Fellini può anche lasciarci freddi , se la isoliamo dal contesto ( e indubbiamente la contemporaneità dei tre piani narrativi e psicologici - quello che Guido è , è stato e vorrebbe essere - non è perfettamente risolta in racconto unitario ) , ma l ' eccezionalità del film sta proprio nella « bella confusione » ( questo è il titolo che Flaiano aveva proposto ) di errore e verità , di realtà e sogno , di valori stilistici e valori umani , nel totale adeguamento del linguaggio cinematografico di Fellini alle sconnesse immaginazioni di Guido . Come distinguere il regista della realtà da quello della finzione è impossibile , così i difetti di Fellíni coincidono con le ombre spirituali di Guido . L ' osmosi fra arte e vita è strabiliante . Certo siamo di fronte a un esperimento irripetibile . Da nessun altro saremmo disposti ad ammettere che « il film deve contenere errori come la vita , come la gente » : quella che per Fellíni è stata , durante la lavorazione laboriosa del film , la consapevole scelta di un rischio gravissimo , per chiunque altro potrà essere un alibi . Piuttosto dobbiamo chiederci perché un ' avventura tanto personale , talché Otto e mezzo , con i suoi rintocchi malinconici , sta fra la confessione e il testamento , raggiunga una delle vette più alte del cinema mondiale contemporaneo . Il segreto , dite pure il trucco , sta nell ' aver portato all ' estremo quella disponibilità inventiva e quella maestria tecnica grazie alle quali anche immagini sparse prendono corpo e divengono frasi di un discorso che perennemente si arrotola e si snoda sul piano della fantasia , della memoria e del sortilegio , e nell ' averle nutrite di tutte le angosce del nostro tempo . Quante volte è stato detto che Fellini è soprattutto un visionario ? Ma ormai le sue visioni sono un grido . Ormai egli proietta tutti i suoi dubbi morali su uno schermo magico , che assorbe la confessione nella visione , senza il consueto tramite della introspezione , ma il lampo gli parte dal profondo dell ' essere . È uno sdrucciolone nell ' intuizionismo se volete , ma compiuto da un umanista che resta fedele ai modi realistici : per un ' arcana operazione i valori stilistici del film sono anche quelli psicologici , e la frondosità , l ' eccesso di simbolismo , le ridondanze , tutto quanto c ' è di floreale nel regista restano nel contempo i connotati morali di un artista ossessionato , che non vuole staccarsi dal magma che gli bolle dentro , preferendo tentare di liberarsene col bruciarsi le facoltà ordinatrici , sia pure irridendo alla propria ambizione . In Otto e mezzo l ' operazione è riuscita fino allo spasimo . Non c ' è sequenza del film in cui non sia visibile questo sforzo di sincerità . Tutto il film è . un incrociarsi di ipotesi , presagi , intuizioni che assumono consistenza figurativa nell ' attimo stesso in cui sono avvertiti dalla coscienza , e la cui convinzione deriva dalla loro verità spirituale . « Qualcosa tra una sgangherata seduta psicanalitica e un disordinato esame di coscienza , in un ' atmosfera di limbo » , ha detto Fellini del suo film . Non sarà piuttosto il supremo vagheggiamento di un poeta che irrazionalmente identifica l ' arte con la vita , e le riassume , con splendida ipocrisia , nella bella favola ? Anziché una « verifica intima » , che interesserà soprattutto la storia di Fellini , Otto e mezzo è allora un canto consolatorio , sincopato tuttavia da un ritornello di autoderisione . Di qui quella vena di comico che scorre nella tragica allegoria . I motivi ( e le polemiche ) che serpeggiano nel film sono infiniti e appartengono a un repertorio già noto : è vano tentare di farne un elenco , così come degli scorci di racconto , dei ritratti e dei paesaggi umani . Ovunque qui il genio di Fellini brilla come raramente si è visto al cinema . Non c ' è ambiente , non c ' è personaggio , non c ' è situazione privi di un significato preciso sul grande palcoscenico di Otto e mezzo . Certe soluzioni registiche lasciano sbalorditi per l ' uso del bianco e nero , per l ' abilità con cui la messa in scena è chiamata a rivelare la realtà e a commuovere , per il concorso che la musica , le luci , l ' evidenza dei personaggi danno all ' evocazione di uno stato d ' animo . Entrare nei particolari è già rompere il tessuto di un film che va accettato nella sua totalità , come un acquario o un luna park vi affascina prima ancora che ne analizziate i curiosi abitanti . Diciamo soltanto che alla confusione della coscienza contemporanea Fellini risponde accettandola con l ' esprimerla negli unici modi suoi propri : quelli dell ' allucinazione e dello strazio , accentuandone l ' eco crepuscolare . Gli attori sono Mastroianni , la Cardinale ( finalmente non doppiata ) , Anouk Aimée , Sandra Milo , Rossella Falk , Caterina Boratto , Annibale Ninchi , Giuditta Rissone e moltissimi altri . Il soggetto è di Fellini e Flaiano , alla sceneggiatura hanno lavorato , oltre loro , Pinelli e Rondi . La scenografia e i costumi sono di Piero Gherardi , la fotografia di Di Venanzo , le musiche di Rota , il montaggio di Leo Cattozzo . È un nudo , ingiusto elenco di nomi , perché ciascuno meriterebbe un elogio , così vivo è stato il loro apporto al film . Ma è tutto quello che qui si può fare , vedendo gli attori e i collaboratori toccati dalla bacchetta magica di un creatore al quale nel cinema mondiale di oggi non vediamo chi possa stare vicino .
Il processo di Verona di Carlo Lizzani ( Grazzini Giovanni , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Fra i molti motivi di interesse suscitati da Il processo di Verona ci sembra che sia da mettere al primo posto , lasciando da parte le inevitabili polemiche che susciterà la scelta dell ' argomento , il tentativo compiuto dal regista Carlo Lizzani di inaugurare un nuovo genere di cinema spettacolare . Siamo di fronte a un film che , sulla base di una larga documentazione e soprattutto di un pressoché unanime giudizio sullo spirito dei fatti , offre un ' interpretazione storico - psicologica di un ' allucinante pagina della vita italiana . Sgombriamo subito il campo da quello che a noi sembra un equivoco , del resto non proprio disinteressato . Il film non vuol essere una fedele cronaca di fatti personali . I personaggi che , tuttora viventi , vi si riconoscono , devono ammettere che in un certo momento della storia italiana essi hanno racchiuso nel proprio nome il senso di vicende che trascendono le particolari biografie ; che essi sono stati chiamati dalla sorte a identificarsi con delle forze e debolezze assolutamente umane le quali percorrono tutta la storia dell ' umanità , e si coagularono con emblematica virulenza sotto il cielo di Verona nei mesi che vanno dal 24 luglio 1943 all'11 gennaio '44 . Rimproverare al film di essere inesatto , falso , tendenzioso in alcuni particolari , è a nostro avviso giustificato soltanto nella misura in cui si sia disposti ad ammettere che Ciano , i suoi compagni , sua moglie , Mussolini , Pavolini , tutti coloro che quei mesi furono trascinati dalla furia dell ' odio , della disperazione e della vendetta , avevano una statura da eroi rinascimentali , talché in ogni minima piega del loro comportamento si possa rintracciare la sublimazione del vizio in virtù . Al contrario a noi sembra che tutto il processo di Verona sia stato privo di ogni alone , sia pure romantico , che possa idealizzarne i protagonisti diretti e indiretti , e che esso sia stato la fiamma che ha bruciato ogni residuo di forza morale , scatenando quanto di barbarico era depositato nel fondo di un ambiente che nutriva in sé i germi dell ' autodistruzione . Se non è vero , il film è perciò verosimile . Ecco perché Lizzani ha fatto bene a tentare di interpretare , sia pure con un linguaggio spettacolare , l ' atmosfera di quei tempi , riassumendo nel personale rapporto tra Ciano e sua moglie le linee essenziali di un più vasto quadro d ' ambiente . Egli ha compiuto , in un certo senso , un processo inverso a quello che compie il melodramma . Come questo mitizza i personaggi , così Lizzani li ha demitizzati , facendoci sentire che la storia in cui siamo immersi non è fatta di schemi libreschi , bensì di conflitti di caratteri e di passioni nei quali si esprime l ' autentica natura degli uomini e delle donne sulle cui deboli spalle si accumula il destino dei popoli . È ha pensato il film in modo che la sensibilità dello spettatore sia toccata proprio in quella zona in cui la condizione umana coincide con la condizione civile . Il giudizio sul comportamento morale dei protagonisti del processo di Verona , carnefici e vittime , porta con sé un preciso giudizio sulla responsabilità del cittadino che in qualche modo vorrebbe riconoscersi in una delle due parti . Ci fu , questo è indubbio , uno scoppio di odio e di vendetta da parte dei fanatici che vollero a ogni costo Ciano , e gli altri quattro ( Gottardi , Marinelli , Pareschi , De Bono ) , fucilati ; e dà parte di Mussolini la piena sottomissione ai tedeschi , i quali volevano che il nuovo fascismo si consolidasse , sia pure al prezzo di cementare l ' unità col sangue . È ci fu , in Edda , il dramma della figlia alla quale il padre manda a morte il marito .. Perché non tentare di dare vita artistica a questi foschi nodi della storia italiana ? Pensate agli altri progetti che Lizzani ha in mente per analoghi film : la caduta dei Savoia , Matteotti , la morte di Hammarskyöld . C ' è , chiaramente , l ' intuizione di un regista che prosegue un suo discorso sulla necessità di affrontare la realtà quotidiana , per colmare il distacco fra l ' individuo che sta in poltrona e la storia di cui è troppo spesso ignaro protagonista . Perciò si parla di un nuovo cinema di ispirazione storico - civile , ottenuto non soltanto con i modi dell ' affresco narrativo , sul genere delle Quattro giornate di Napoli , ma dell ' introspezione psicologica , intesa a caratterizzare momenti e aspetti di tragedie personali o familiari nelle quali si specchiano spesso quelle di intere nazioni . Il processo di Verona comincia la notte del 24 luglio , dopo la riunione del Gran consiglio del fascismo che approvò a maggioranza l ' ordine del giorno Grandi contro Mussolini . Il Duce si vede un attimo di spalle , mentre i gerarchi rapidamente si allontanano . Ciano , in un rapido colloquio con Grandi , si rende conto che ci si è serviti del suo voto , ma che per la sua posizione di genero di Mussolini egli è ormai tagliato fuori dagli eventi . Rientrato in casa , vuole che Edda chieda ai tedeschi un lasciapassare per la Spagna , ma la moglie è turbata , non può ovviamente perdonargli di avere tradito Mussolini , e di voler ora servirsi di lei per ottenere la fuga dai tedeschi , dei quali egli si è sempre proclamato avversario , ma soltanto a parole e nei diari , che nel frattempo ella ha messo al sicuro nelle mani di un amico fidato . Firmato l ' armistizio , i tedeschi negano il salvacondotto per la Spagna , e costringono i Ciano , con i bambini , a restare loro ospiti - prigionieri a Monaco di Baviera . Liberato Mussolini , la famiglia rientra in Italia , ma Ciano , già atterrito e ormai indifferente al proprio destino ( del quale ha il presagio in un muto incontro con Rachele ) , viene imprigionato a Verona , in una cella separata da quella degli altri gerarchi che non sono riusciti a fuggire . Qui viene a trovarlo Frau Beetz , la tedesca che fu segretaria di Von Ribbentrop , la quale si offre di metterlo in salvo in cambio dei diari . Ciano , non fidandosi dei tedeschi , rifiuta . Infiammati da Pavolini , i repubblichini tentano un assalto alle carceri , al grido di « A morte Ciano » . Quando finalmente Ciano riesce a ottenere un colloquio con Edda , in parlatorio , le chiede di parlare ancora di lui a Mussolini . « Sì - risponde la moglie - ma vorrei che tu non mi chiedessi di farlo » . Già a questo punto i caratteri sono definiti chiaramente : Ciano alterna momenti di sconforto e d ' orgoglio , di vanità e di rassegnazione ; Edda è una donna sconvolta , divisa fra il padre e il marito , che non cede alla sorte che attende le sue famiglie . Dall ' altra parte c ' è un gruppo che fonda tutte le sue speranze sulla violenza , e vuol galvanizzare i giovani in lotta con i partigiani dando l ' esempio di una feroce vendetta . Dopo una lite fra Edda e Rachele , e l ' interrogatorio di Ciano da parte del giudice istruttore , che si rivela un misero strumento dei repubblichini , il genero di Mussolini si rende conto che la sua sorte è segnata . Allora accetta le proposte di Frau Beetz : Edda consegnerà i diari nel momento in cui egli sarà liberato . Ma le cose andranno diversamente : i tedeschi volendo che Ciano sia accolto nascostamente in un convento , ma Edda non fidandosi della loro parola , lo scambio non avviene . Il processo si rivela una finzione giuridica . Imputati del delitto di tradimento e di aiuto al nemico , Ciano e gli altri quattro sono condannati a morte . Ultima telefonata di Edda a Mussolini perché salvi il genero , e tentativo di ricattarlo con i diari . Si fa in modo che la domanda di grazia non arrivi al Duce , Rachele convince Edda a fuggire in Svizzera , fucilazione . Fra un secolo sembrerà un drammone . È qui , appunto , il rischio di Lizzani : di darci dei romanzi storici d ' appendice , specializzati in congiure di palazzo . Ma non siamo ancora a questo . Il processo di Verona regge abbastanza bene , perché il regista ha concentrato la tragedia in scontri di caratteri e in situazioni che , avendo poco di teatrale , si condensano in un clima di verità psicologica , le cui costanti sono appunto l ' odio personale , lo spirito di rivalsa , il terrore e l ' assurdità . È intorno vi ha mosso un paesaggio di rovine , di disfacimento , spesso ben sottolineato dalla ambientazione . Il film racconta in due ore quanto accadde in quasi sei mesi : c ' è necessariamente uno sforzo di contrazione narrativa , ma l ' essenza del dramma non ci sfugge , e nemmeno la sollecitazione morale che ne scaturisce . Gli inserti documentari , tratti da cinegiornali dell ' epoca , fanno da illustrazione al romanzo , che ottiene dai forti chiaroscuri della fotografia , dallo stile spesso serrato ( la parte più debole , forse , è proprio il processo ) scandito dagli spari dei mitra , un taglio acre e livido , che talvolta gela il sangue . Fra i molti interpreti Silvana Mangano ha dato a Edda un eccezionale rilievo , con la sua maschera aspra e cruda . Frank Wolff è un probabilissimo Ciano , ora pavido ora sprezzante . Nella parte di Rachele si saluta volentieri il ritorno di Vivi Gioi . Quanto alla rassomiglianza degli attori con i loro vari personaggi , c ' è spesso da restare di stucco .
Il Gattopardo di Luchino Visconti ( Grazzini Giovanni , 1963 )
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Fabrizio Corbera , principe di Salina , è entrato nell ' olimpo cinematografico sorretto dalla mano guantata di Luchino Visconti . Si ha un bel dire che anche quando un film è tratto da un romanzo deve essere giudicato soltanto per i suoi valori cinematografici , ma se questo romanzo è Il Gattopardo , uno dei più clamorosi successi della editoria italiana , ciò che subito tutti si chiedono è se lo scrittore , tradito , si rivolta nella tomba , o se è lecito pensare che dall ' al di là mandi un grato saluto al regista che gli ha acquistato nuovi ammiratori . Perciò diciamo subito che Giuseppe Tomasi di Lampedusa , nonostante il caratterino che doveva ritrovarsi , non deve nutrire eccessivi rancori verso Visconti : benché teso al massimo , l ' arco narrativo è quello originale , i personaggi ci sono , il protagonista , soprattutto , grazie all ' eccellente prestazione di Burt Lancaster , è parente stretto del principe di Salina pensato dal Lampedusa . Per il nostro gusto , non poco è andato disperso , ma è quanto appartiene più da vicino alla letteratura , e quindi bisogna rassegnarsi a non chiedere al cinema : dico certi motivi squisitamente lirici e certa musicalità ed eleganza intellettuale di toni , e una finezza di notazioni psicologiche e ironiche che in Visconti non hanno mai , nonostante le apparenze , echi troppo profondi , perché la squisitezza formale , propria delle immagini , non di rado è dissociata dalla modulazione sentimentale . Ma intanto quanto più si poteva temere , il rovesciamento dal romanzo autobiografico al film storico , al grande affresco sociale e politico , con lo spostamento dal pedale psicologico a quello etico , e con conseguente ribaltamento del significato profondo dell ' opera del Lampedusa non è avvenuto nella misura clamorosa paventata da chi credeva , assai scioccamente , che Visconti avrebbe approfittato dell ' occasione per muovere una violenta critica all ' aristocrazia , puntare i fucili giacobini sul principe di Salina e condannare a gran voce la sua deficienza ideologica , la sua reazionaria filosofia della storia . Sono rimproveri , questi , che durante la diatriba susseguente all ' uscita del romanzo furono mossi al Lampedusa dai comunisti più ottusi , che non sono mai disposti ad ammettere la validità artistica di un ' opera se non è allineata con la loro concezione strumentale della letteratura . Visconti ha capito benissimo che l ' altezza poetica della figura creata dal Lampedusa soverchiava , per coerenza artistica , le idee espresse dal personaggio ; il suo sforzo , semmai , è stato di accentuare nel principe di Salina la consapevole malinconia di stare assistendo al crollo di un mondo senza ritorno , e di essere un po ' il simbolo di quella età di trapasso dal vecchio al nuovo , in cui la nausea della vita si veste di disperato orgoglio . Lungi dall ' infierire su Fabrizio , Visconti l ' ha dunque affrontato e restituito con grande rispetto . A tutto ciò non è estranea la sua predilezione per i caratteri colti nei momenti di crisi ( e dite voi quale crisi più grave di quella provocata , in un principe siciliano , dalla caduta dei Borboni e dall ' annessione dell ' isola al regno d ' Italia ) , ma nemmeno quella nostalgia di aristocratico per le forti personalità , siano esse patrizie o plebee , che percorre tutta l ' opera di Visconti , impietoso verso le classi di mezzo . Solo che , per non assumere tutto il significato del Gattopardo nel personale tormento del principe , ha dato al film una più precisa cornice storica , inserendolo in quella crisi del Risorgimento che per la storiografia di derivazione marxista si identifica con l ' equivoco fondamentale della storia unitaria italiana ; e con ciò ovviamente portando . avanti un suo discorso cominciato da una parte con La terra trema ( il risveglio della Sicilia ) , dall ' altra con Senso ( lo sfacelo morale dell ' aristocrazia ) : due film che in certo modo vengono a sboccare nel Gattopardo come due fiumi a una foce ; che è , appunto , la speranza che qualcosa può mutare , nella vita , e particolarmente in Italia , ove le classi dirigenti di ieri e di oggi passino la mano o si rinnovino . La polemica , ora , sarà sul sapere se già in Lampedusa ci fosse questa sotterranea coscienza dell ' esaurimento storico di una classe e di un modo di vivere , o se essa non fosse assorbita in una più generale atarassia , in un nichilismo che in ogni caso a noi sembra riscattato da quella interiore dignità che al Lampedusa scende direttamente da Verga e si innesta in un temperamento di stoico . Comunque Visconti ha agito con una discrezione ammirevole : egli ha lasciato capire chiaramente , chiudendo il film col grande ballo dell ' aristocrazia palermitana , che tutto Il Gattopardo è a suo avviso il canto funebre intonato a un mondo in dissoluzione , e tuttavia questo canto ha l ' inflessione di un lamento , perché la lacrima che riga , sul finire , il volto del principe sarà per qualcuno anche il simbolo di un dolore universale , del quale possono partecipare , senza perciò essere dei reazionari , e il principe di Salina e il principe di Lampedusa e chiunque soffra nel vedere , sotto le belle spoglie di Angelica e di Tancredi , gli arrampicatori e gli opportunisti : quanti , appunto , rendono amaro il vivere e vano il credere . La malinconia di Fabrizio tocca il massimo dell ' avvilimento quando il presentimento della morte si confonde con l ' eco delle fucilate che hanno giustiziato all ' alba gli ex - garibaldini i quali hanno disertato dall ' esercito regolare per tornare con Garibaldi poco dopo che Angelica e suo padre , lo strozzino don Calogero , hanno fatto il loro ingresso nella bella società , e anche Tancredi , ormai candidato alle elezioni , è entrato nel gioco : avviandosi , seguendo la sua stella , verso la morte , il principe di Salina cerca una ragione di perenne certezza , che la bellezza di Angelica gli ha fatto intravedere come l ' incarnazione di un ideale . In questa cronaca necessariamente frettolosa non racconteremo il film , che del resto segue da vicino il romanzo cominciando con la recita del rosario , e prosegue , sfoltendo i capitoli , con l ' arruolamento di Tancredi , il ritiro della famiglia a Donnafugata , l ' incontro con don Calogero , l ' amore tra Angelica e Tancredi , il rifiuto , da parte del principe , del seggio senatoriale , e si chiude , si è detto , col ballo , dal quale il principe esce col presentimento della morte . Il talento di Visconti si è esercitato , soprattutto , nella prima parte in certi squarci di tumulti popolari per le vie , e nella seconda nella rappresentazione del ballo . In mezzo , quello che a nostro avviso è il tema toccato con maggiore evidenza poetica : la fuga di Angelica nelle stanze disabitate del vecchio palazzo . La concordanza fra motivi figurativi e motivi psicologici è qui raggiunta meglio che altrove . Non diremmo infatti che , per esempio , il disfacimento sociale del ballo sia stato espresso dal colore nella stessa misura in cui , nella fuga di Angelica , le tonalità degli abiti e delle pareti esprimono l ' ambiguità del personaggio . Ma di tutto l ' uso del colore in questo film bisognerebbe parlare a lungo : è un fatto che a certi meravigliosi brani paesistici , a certi bei ritratti di « uomo seduto » , Si alternano pagine soltanto illustrative . È neppure nel Gattopardo Visconti rinuncia a certe raffinatezze ( i veli gonfiati dal vento ) che appartengono alla parte più decorativa del suo ingegno . Il film ha anche altre cadute ( a questo punto vogliamo dire che Il Gattopardo non resterà probabilmente il capolavoro di Visconti : Senso e Rocco hanno , a nostro avviso , ben altra robustezza ) ; delle lungaggini nei dialoghi , qualche punta di melodramma , certe risate che lacerano la nota intima del racconto , perfino qualche disinvoltura storica ( è molto improbabile che due fidanzati come Angelica e Tancredi , sulla metà dell ' Ottocento , osassero baciarsi in pubblico con tanta passione ) ma la figura del principe di Salina è quasi perfetta : troppo prepotente , già nel romanzo , per lasciare molto spazio a divagazioni storico - critiche . E ancora una volta Visconti si è rivelato uno straordinario direttore di attori . Alain Delon , nella parte di Tancredi , ci ha convinti assai poco ( e così pure Reggiani ) , ma tutti gli altri sono molto aderenti all ' idea che dei personaggi possono essersi fatti i lettori del Tomasi . In primo luogo , s ' intende , Burt Lancaster , che nella parte di Fabrizio si è rivelato una scelta eccellente ; quando egli è presente , tutta la scena si anima . Rude , ha saputo dare alla figura del principe morbidezza e insieme fierezza di tratti : quasi sempre egli impartisce , senza volerlo , lezione di recitazione . Ottimi sua moglie , impersonata da Rina Morelli , ' e Romolo Valli ( don Pirrone ) , Paolo Stoppa e un don Calogero di impressionante verità . E Claudia Cardinale ? Ecco : la sua maschera ha straordinarie mutazioni , riesce a essere superba e dolce , ma qui ci è sembrata un po ' fredda . Un trepido calore viene invece al film dalla musica : un valzer inedito di Verdi che lo accompagna come un Leitmotiv .
StampaQuotidiana ,
L ' infanzia di Ivan giunge a proposito per farci toccare con mano il significato del congelamento reimposto da Mosca a scrittori e registi . Andrej Tarkovskij , autore del film che vinse a Venezia il « Leone d ' oro » , è fra gli artisti sospettati recentemente di eccessive simpatie per l ' Occidente , di compiacimenti formalistici e di compromissioni con le ideologie piccolo - borghesi , rivelate dal suo disimpegno nei confronti del realismo socialista . Rimproveri che già gli . erano stati mossi all ' uscita del film , sia in Russia sia da una parte della critica comunista italiana , ma dai quali Tarkovskij era stato scagionato , fra i primi , da Sartre in una lunga lettera a l ' Unità . Si tratta , in sostanza , della frangia di una antica polemica sovietica , che risale almeno agli anni Trenta : il cinema ha da essere poesia o prosa ? Per avere scelto la poesia , Tarkovskij è ora sospettato di tiepidezza ideologica . In realtà , come dicemmo parlando del film da Venezia , questo giovane regista inserisce l ' ideologia in una più ampia meditazione sulla condizione dell ' uomo . Condannare L ' infanzia di Ivan perché il dodicenne protagonista del film è privo di consapevolezza patriottica , equivale ancora una volta a strumentalizzare la coscienza . Il senso poetico dell ' opera consiste invece nel denunciare il male della guerra senza tener conto che si tratti di una guerra giusta o ingiusta . Siamo tutti abbastanza maturi per essere convinti che non esistono guerre giuste , e che esse rappresentano in ogni caso , come dice Sartre , le « perdite secche » della storia . Vedete il caso di Ivan ( interprete l ' ottimo Kolja Burljaev . I tedeschi gli hanno distrutto la famiglia , sul muro di una cella ha letto l ' ultimo appello lanciato da un gruppo di giovani russi condannati a morte : « Vendicateci » . Lo choc , per lui , è stato durissimo . Solo al mondo , ha maturato in cuore l ' odio e la vendetta , che tuttavia coesistono con slanci e turbamenti infantili : il bisogno di braccia che lo stringano , la sicurezza che nulla cambierà ormai nella sua vita , la convinzione che gli adulti mantengono le promesse . La guerra gli si configura come un impegno d ' onore , una prova di coraggio , e insieme ancora come un gioco , un ' avventura in cui poter sfrenare il rancore sorto inavvertitamente verso chi gli ha tolto le care immagini della famiglia , i sorrisi dell ' infanzia . La sua nuova famiglia saranno tre soldati di prima linea . È così fermo nei suoi propositi , e mostra una tale maturità , questo Ivan , che essi non hanno la forza di mandarlo a scuola . L ' hanno tentato ma è fuggito . Del resto ha già dato informazioni preziose come esploratore : ancora una missione , e poi il ragazzo , sarà ritirato dal fronte . L ' avvicinamento alle linee nemiche avviene in un ' alba livida , in una foresta allagata , sotto gli alberi illuminati dai razzi che solcano il cielo come stelle filanti . Ma al bambino nulla , ormai , parla più dell ' infanzia : lungo il cammino vede impiccati i due soldati che erano venuti a cercarlo , muore uno dei suoi amici , l ' insidia nemica lo sovrasta e lo esalta . I suoi compagni non sapranno se Ivan è riuscito a compiere la missione . Soltanto a guerra finita , nella sede della polizia segreta a Berlino , si troverà la fotografia del ragazzo tra i fascicoli dei civili eliminati dai tedeschi . E tuttavia Ivan avrebbe potuto essere diverso . Un ' infanzia felice , fra le braccia della madre , fra i giochi dei compagni , poteva essergli conservata . Raccontando ' a ritroso , con le sequenze dei sogni di Ivan , quello che la guerra ha tolto al ragazzo , Tarkovskij ha descritto il paradiso giustapponendolo all ' inferno . Ne è uscita una sintesi poetica dolente ma calda di speranza ; che i bambini restino bambini , e crescano uomini , non fucilati fin dall ' infanzia . Tessuta con molta finezza , in un contrappunto di realismo ( fino a inserire brani di documentario sulla fine della guerra ) e di sogno : i flash backs che nel corso del film strappano Ivan alla sua condizione di dolore e di nevrastenia , e lo riconducono alle soavità dell ' infanzia , le tenerezze della madre , le corse sulla riva del mare . Nell ' uno e nell ' altro caso il regista si è giovato di una tecnica molto raffinata , che amalgama con originalità i disparati echi culturali ( dal cinema espressionista tedesco negli interni ai decadentisti francesi fino a Resnais ) . Contrapporre l ' oscuro sfondo della guerra alla luminosità delle memorie felici era molto difficile . Tarkovskij ci è riuscito quasi sempre sospendendo anche la realtà più cruda in una luce rarefatta , nella quale Ivan vede le cose e gli uomini come in una continua scoperta della fantasia . Di fronte ai valori puramente visivi del film , il racconto passa in seconda linea , e denuncia qualche inflessione pascoliana . Ma non diremmo superflua l ' aggiunta , a quella di Ivan , di un ' altra piccola storia : il fiorire e lo spegnersi improvviso dell ' amore in una infermiera per un capitano che la porta nel bosco ; un tocco che ripete , con diverso pedale , il motivo conduttore : la crudeltà della guerra , che come ha distrutto la personalità del ragazzo , seminandogli nel cuore sentimenti da adulto , così ha soffocato quell ' aurora di incertezza amorosa che spuntava in una giovane donna di vent ' anni . E anche in questo caso la mano di Tarkovskij è così delicata che accusarlo di formalismo ci sembra immeritato . In realtà questo giovane regista ha la sobrietà di un poeta che esprime attraverso le immagini una sua tenue ma schietta ispirazione . Se esse sono talvolta troppo eleganti , non perciò mancano di espressività lirica . Parleremmo di decorativismo se i paesaggi , í giochi di luce , avessero soltanto un ' evidenza figurativa , come accade in Mamma Roma e non , come qui , sostanza di stati d ' animo . È indubitabile che il pericolo di Tarkovskij è uno stucchevole sensibilismo , ma è intempestivo muovergli quest ' accusa per un film nel quale il poeticismo è intrinseco alla natura dei due personaggi . Invece importa rilevare quanto Tarkovskij proceda rispetto anche a Quando volano le cicogne e a Pace a chi entra : il lirismo , in questo regista , galoppa verso il totale assorbimento della tematica ideologica ( e fa intuire che il migliore cinema sovietico potrà domani risolverla tutta in poesia . Né perciò , è ovvio , la svuoterà ; al più , potrà darci una poesia molto intellettualizzata ) . L ' eleganza formale , applicata soprattutto al paesaggio , è d ' altronde l ' implicita risposta di un regista moderno , che guardando indietro , al recente passato del suo Paese , ha ragione di preferire la compagnia di artisti giovani e inquieti a quella degli accademici illustratori di gesta proletarie . Tarkovskij scegliendo la via dei sentimenti , e tuttavia imboccandola con pudore ( egli stesso ha criticato l ' enfasi di Evtusenko ) , ha toccato più di quanto forse non creda una corda dalle lunghe risonanze , in Oriente e in Occidente . Vengono i brividi a pensare che un film come L ' infanzia di Ivan possa aver provocato , in Russia , polemiche sul suo contenuto . È vero che c ' è sempre chi odia il cuore dell ' uomo , e disprezza la grazia .