StampaQuotidiana ,
Si
farà
dunque
un
'
edizione
delle
Stanze
?
La
«
Biblioteca
Nazionale
Le
Monnier
»
annuncia
ora
gli
Scritti
in
volgare
del
Poliziano
a
cura
di
Natalino
Sapegno
,
e
a
un
'
edizione
critica
delle
Stanze
lavora
il
Pernicone
.
I
tempi
sarebbero
maturi
.
Negli
ultimi
dieci
anni
l
'
arte
del
Poliziano
ebbe
interpreti
assai
fini
,
portato
della
novissima
cultura
volta
particolarmente
alla
scoperta
del
linguaggio
poetico
,
e
a
certe
distinzioni
rivelatrici
tra
poesia
e
poesia
della
poesia
.
Il
Poliziano
è
il
rappresentante
tipico
di
questa
poesia
della
poesia
.
Solo
che
il
suo
testo
è
ancora
quello
dato
dal
Carducci
nel
'63
,
vecchio
ormai
.
Il
Carducci
ebbe
il
merito
,
allora
,
di
restaurare
in
buona
parte
la
lezione
giusta
,
contro
le
edizioni
cinquecentesche
,
nobilitate
ma
offese
,
secondo
le
teorie
del
Bembo
.
Compì
il
lavoro
a
mezzo
.
Perché
conobbe
,
sì
,
direttamente
i
due
Codici
riccardiani
2723
e
1576
(
il
primo
assai
importante
,
perché
compilato
vivente
il
Poliziano
)
,
ma
gli
altri
codici
solo
attraverso
le
stampe
su
essi
redatte
,
e
se
ne
fidò
.
Non
fece
la
storia
dei
codici
,
non
ne
accertò
il
valore
,
e
portò
nella
scelta
della
varia
lezione
le
sue
particolarissime
preferenze
.
Il
Carducci
,
spesso
così
giusto
lettore
,
fu
talvolta
non
pacato
lettore
;
e
nella
edizione
del
Poliziano
,
davanti
a
errori
passati
di
codice
in
codice
quasi
per
ozio
della
mente
,
né
ebbe
il
coraggio
di
congetturare
né
ci
lasciò
nel
commento
ombra
di
dubbio
.
Quel
quinto
verso
,
ad
esempio
,
della
stanza
CII
(
«
L
'
altra
al
bel
petto
e
bianchi
omeri
intesa
»
)
,
così
com
'
è
,
non
dà
senso
probabile
.
Altri
l
'
ha
piegato
a
un
'
interpretazione
strana
,
con
un
'
aperta
violazione
della
parola
intesa
(
«
intenta
,
chinata
coi
suoi
bianchi
omeri
»
)
;
io
correggerei
sicuramente
:
«
L
'
altra
al
bel
petto
e
a
'
bianchi
omeri
intesa
»
.
Ma
più
errò
il
Carducci
nelle
preferenze
.
E
finché
non
ci
saranno
altre
prove
,
noi
contrapporremo
le
nostre
preferenze
,
confortate
dall
'
autorità
dei
Codici
riccardiani
.
Nella
stanza
LIV
,
il
verso
secondo
suona
così
in
quei
codici
:
«
E
da
questi
arbor
cade
maggior
l
'
ombra
»
,
che
popola
il
luogo
d
'
alberi
e
ombre
(
«
all
'
ombre
»
,
dice
infatti
il
v
.
7
della
stanza
LII
)
.
Ma
il
Carducci
accetta
l
'
altra
lezione
ricavata
dalle
stampe
,
forse
da
un
errore
di
quelle
stampe
(
«
E
da
quest
'
arbor
ecc
.
»
)
.
Il
principio
della
stanza
XXXIII
chi
non
lo
ricorda
?
«
Ah
quanto
a
mirar
lulio
è
fera
cosa
!
Rompe
ecc
.
»
.
E
il
Carducci
annota
:
«
Veramente
i
due
Codd
.
ricc
.
leggono
romper
la
via
,
non
interrompendo
il
periodo
dopo
l
'
esclamazione
del
primo
verso
.
Ma
la
lezione
delle
stampe
fa
molto
più
viva
ed
efficace
la
descrizione
»
.
Che
non
è
osservazione
esatta
.
La
lezione
delle
stampe
rallenta
invece
la
descrizione
,
toglie
la
giusta
proporzione
delle
parti
,
confonde
e
livella
quelle
parti
.
La
lezione
dei
codici
,
oltre
la
novità
di
quell
'
impetuoso
romper
,
riempie
di
meraviglia
il
secondo
e
il
terzo
verso
,
gli
altri
tre
,
com
'
è
giusto
,
lascia
un
poco
in
ombra
,
per
quella
dizione
stremata
,
come
fosse
un
particolare
aggiunto
alla
pittura
che
ha
il
suo
accento
massimo
su
romper
,
e
non
dura
al
di
là
del
terzo
verso
.
Senza
dire
che
questo
è
un
esempio
di
bellissima
,
infrazione
al
comporre
polizianesco
per
distici
,
a
quell
'
ottava
concertante
che
fu
delizia
,
e
anche
croce
,
del
Poliziano
.
E
prima
di
tutto
fu
delizia
.
Da
questa
specie
di
ottava
,
si
sa
,
il
Poliziano
cavò
tutti
gli
effetti
,
e
vi
lavorò
con
finissimi
artifici
.
Pareva
avvertisse
che
nel
rigore
di
quella
«
divisione
»
stesse
la
sua
salvezza
,
e
che
l
'
asciuttezza
delle
impressioni
,
la
diversità
delle
influenze
non
potessero
trovare
che
in
quella
forma
la
loro
giustificazione
,
il
riscatto
.
Ciascuna
delle
influenze
si
traduceva
in
lui
in
impressione
fortissima
,
e
ciascuna
impressione
traboccava
in
un
distico
o
in
un
verso
solo
.
Dalla
varietà
poi
nasceva
l
'
accozzo
,
concordante
o
discordante
,
ma
sempre
un
accozzo
.
La
sua
natura
ripugnava
agli
sviluppi
,
alla
diffusione
.
Descriveva
per
segni
rapidi
,
per
cenni
,
quasi
per
simboli
.
Nessuna
ricchezza
di
partitura
,
che
pur
qualche
volta
gli
sarebbe
servita
per
fondere
e
sostenere
la
narrazione
,
per
esempio
nella
scena
della
caccia
.
Preferì
un
comporre
per
momenti
,
puntuale
,
vivacissimo
,
anche
se
talvolta
secco
.
Rovesciò
l
'
ordine
delle
similitudini
,
delle
similitudini
classiche
protratte
e
appoggiate
sui
due
pernii
soliti
(
come
....
così
)
;
riassorbì
l
'
una
parte
,
la
seconda
,
e
sempre
dié
risalto
all
'
altra
,
la
prima
,
in
una
sorta
d
'
improvviso
,
come
per
ribadimento
e
chiusa
del
discorso
.
Non
sacrificò
mai
nulla
alla
composizione
,
accettò
il
suo
limite
quasi
per
sfida
.
Ma
nel
suo
limite
si
dimostrò
artista
impareggiabile
.
E
variò
continuamente
l
'
ordine
della
sua
sintassi
,
con
modi
bellissimi
.
«
Feciono
e
'
boschi
allor
dolci
lamenti
,
E
gli
augelletti
a
pianger
cominciorno
»
.
Creata
la
distanza
dei
verbi
,
ecco
crearsi
come
un
doppio
di
spazio
,
ecco
una
maggior
vaghezza
dell
'
armonia
sostenuta
su
quei
termini
distanti
,
particolarmente
addolciti
dal
colore
antico
e
popolaresco
(
il
colore
antico
e
popolaresco
che
salvò
il
Poliziano
dall
'
alessandrinismo
)
.
Come
si
chiama
per
figura
quell
'
allontanare
due
stessi
elementi
sintattici
di
un
periodo
e
avvicinarne
due
altri
?
Si
chiama
«
chiasmo
»
.
Poliziano
adoprò
il
chiasmo
come
base
del
suo
armonizzare
.
«
Or
poi
che
il
sol
sue
rote
in
basso
cala
.
E
da
quest
'
arbor
cade
maggior
l
'
ombra
,
Già
cede
al
grillo
la
stanca
cicala
,
Già
il
rozo
zappator
del
campo
sgombra
ecc
.
»
.
Ecco
altro
effetto
dal
medesimo
artificio
,
fuggire
nella
successione
la
monotonia
,
con
una
perfetta
alternanza
.
Ma
l
'
esempio
più
bello
forse
è
dato
dalla
stanza
XXV
,
che
è
uno
dei
miracoli
del
Poliziano
,
e
su
cui
nulla
ha
potuto
né
l
'
abitudine
della
memoria
né
il
ricordo
scolastico
:
Zefiro
già
di
bei
fioretti
adorno
Avea
de
'
monti
tolta
ogni
pruina
:
Avea
fatto
al
suo
nido
già
ritorno
La
stanca
rondinella
peregrina
:
Risonava
la
selva
intorno
intorno
Soavemente
all
'
ora
mattutina
:
E
la
ingegnosa
pecchia
al
primo
albore
Giva
predando
or
uno
or
altro
fiore
.
Con
un
doppio
chiasmo
che
regola
le
due
parti
dell
'
ottava
,
ciascuna
di
quattro
versi
,
s
'
ottiene
nell
'
una
,
per
quell
'
avvicinare
i
verbi
,
quasi
un
ritmo
di
festa
,
di
festa
che
canta
e
s
'
affretta
,
e
nell
'
altra
s
'
ampliano
,
per
quell
'
allontanarli
,
i
confini
della
scena
,
già
commentati
in
anticipo
dal
suono
di
quell
'
«
intorno
intorno
»
.
Due
diverse
misure
,
per
una
più
perfetta
rispondenza
,
direi
meglio
,
per
una
più
felice
obbedienza
alla
verità
d
'
un
'
impressione
.
E
così
,
ancora
una
volta
,
il
Poliziano
ha
saputo
mantenere
,
preservare
,
la
sua
puntuale
forza
inventiva
;
eccitare
le
parole
in
brevissimo
,
portarle
al
loro
massimo
rendimento
.
Perché
questo
è
il
proprio
dell
'
arte
del
Poliziano
,
bruciare
i
suoi
temi
.
Nella
sua
povertà
,
egli
è
uno
sperperatore
.
Nel
secondo
libro
delle
Stanze
,
decisamente
,
la
poesia
va
mancando
,
ed
è
allora
che
al
poeta
pesa
l
'
angustia
del
suo
comporre
.
Sperimentati
ha
tutti
i
modi
per
salvarsi
dalla
monotonia
,
per
vincere
il
suo
limite
.
L
'
ottava
,
nella
sua
precisa
netta
divisione
,
consumata
in
ogni
minima
parte
,
non
gli
serve
più
,
non
gli
basta
;
e
adopra
altro
stile
.
Non
sa
,
non
intende
,
che
il
difetto
non
è
della
forma
,
che
gli
par
stanca
,
ma
della
poesia
che
gli
si
è
stancata
,
e
cerca
dall
'
esterno
il
rimedio
,
che
non
si
può
mai
.
Ma
tenta
.
(
Così
accadde
,
per
citare
un
poeta
di
felicissimo
istinto
,
all
'
ultimo
Di
Giacomo
,
negli
ultimi
suoi
inquieti
anni
,
quando
barattò
le
ben
chiuse
strofe
delle
Ariette
per
le
più
complesse
combinazioni
metriche
,
e
la
poesia
di
rado
le
allietò
)
.
Troviamo
qui
i
primi
esempi
di
similitudini
sviluppate
secondo
il
gusto
classico
,
spezzature
nel
verso
inusitate
,
infrazioni
nell
'
ordine
strutturale
delle
stanze
.
La
mente
ricorda
ben
altre
riuscite
.
(
«
Quasi
in
un
tratto
vista
amata
e
tolta
ecc
.
»
)
.
Quelle
erano
violenze
per
virtù
di
poesia
,
e
qui
si
applica
l
'
ingegno
;
lì
era
la
forza
del
realista
,
dell
'
osservatore
coraggioso
,
qui
è
l
'
industria
sostituita
all
'
ispirazione
.
Forza
di
realista
,
abbiamo
detto
,
e
prima
abbiamo
accennato
al
colore
antico
popolaresco
della
sua
lingua
.
Sono
i
dati
dello
stile
polizianesco
,
e
bastarono
,
sì
l
'
uno
che
l
'
altro
,
a
salvare
la
sua
poesia
dall
'
alessandrinismo
,
che
occhieggia
appunto
nell
'
ultime
stanze
,
ricche
dei
più
pensati
artifici
,
perfino
nelle
rime
,
nelle
rime
rare
,
nelle
rime
equivoche
,
tutti
vecchi
ricalchi
.
C
'
è
differenza
tra
questo
colore
,
questa
vivacità
da
realista
,
e
il
Petrarca
?
Oh
che
c
'
entra
il
Petrarca
?
È
stato
il
Flora
,
nella
sua
per
tante
parti
bella
Storia
della
lett
.
it
.
,
ad
avanzare
il
dubbio
d
'
una
confusione
.
«
E
non
si
tratta
di
riasserire
col
Foscolo
che
il
Poliziano
gli
spiriti
e
i
modi
della
lingua
latina
dei
classici
,
trasfusi
già
nella
prosa
dal
Boccaccio
,
fu
il
primo
a
trasfondere
nella
poesia
,
aggiungendovi
quanta
eleganza
poté
derivare
dal
greco
....
Perché
gli
spiriti
dei
classici
latini
erano
già
stati
trasfusi
nella
poesia
fin
da
Dante
:
e
il
Petrarca
giunse
a
un
'
eleganza
di
trasfusioni
,
al
cui
confronto
anche
quella
del
Poliziano
,
e
sia
pure
con
l
'
aggiunta
della
greca
eleganza
,
è
poco
men
che
rozzezza
»
.
Veramente
chi
riasserì
col
Foscolo
ecc
.
ecc
.
aveva
aggiunto
ben
altre
determinazioni
,
e
parlò
di
influenze
della
poesia
italiana
fino
al
Petrarca
,
parlò
della
poesia
antica
popolaresca
(
c
'
è
un
colorito
popolaresco
in
Petrarca
?
)
.
Sopra
tutto
insisté
sul
termine
«
trasfusione
»
,
che
è
del
Foscolo
,
ed
è
una
delle
sue
più
felici
invenzioni
,
da
applicare
,
approfondendola
,
a
quella
variazione
della
poesia
che
è
la
poesia
della
poesia
,
e
solo
a
quella
.
Del
Petrarca
,
il
Foscolo
,
per
fuggir
la
confusione
,
disse
ben
altro
.
«
Come
egli
dalle
reminiscenze
del
dialetto
materno
e
da
quanti
n
'
udì
,
e
da
rimatori
provenzali
,
siciliani
e
italiani
stillasse
,
per
così
dire
,
una
quintessenza
di
lingua
poetica
,
è
uno
di
que
'
misteri
ecc
.
ecc
.
»
.
Nel
Poliziano
,
nessuna
reminiscenza
,
intanto
,
di
rimatori
provenzali
,
e
neppur
l
'
ombra
di
quella
che
il
Foscolo
,
arcanamente
,
chiama
«
quintessenza
»
.
Niente
di
arcano
è
nel
lavoro
del
Poliziano
:
si
notano
,
si
toccano
con
mano
,
e
le
influenze
e
le
sue
reazioni
,
quel
che
riceve
e
quel
che
dà
.
Nel
Petrarca
,
come
in
ogni
poeta
assolutamente
grande
,
è
la
riemersione
originaria
d
'
una
lingua
poetica
.
Foscolo
dice
«
uno
di
que
'
misteri
che
si
sogliono
attribuire
al
genio
»
.
Che
non
sono
parole
da
spendere
per
il
Poliziano
,
ingegno
sopra
tutto
elegante
.
Di
quali
suoi
propri
colori
vestisse
,
dico
vestisse
,
la
poesia
,
s
'
è
mostrato
,
e
non
era
difficile
.
StampaQuotidiana ,
Quando
seguivo
il
Giro
di
Francia
nell
'
automobile
di
Emilio
Colombo
-
si
tratta
di
una
ventina
di
anni
or
sono
-
,
nella
raffica
della
corsa
,
con
le
pupille
fisse
,
«
incollato
»
alle
gomme
dei
corridori
,
il
mio
buon
amico
Emilio
non
aveva
occhio
per
nemmeno
un
metro
del
paesaggio
o
delle
cose
che
sfilavano
ad
andatura
furiosa
ai
lati
della
strada
in
senso
inverso
a
quello
della
gara
.
Lui
sedeva
nel
sedile
anteriore
,
a
fianco
dell
'
autista
:
io
in
quello
posteriore
,
incastrato
fra
le
valigie
.
Per
varie
ore
il
mio
«
seguendo
»
non
si
riduceva
ad
altro
che
ad
una
fatica
indemoniata
per
non
essere
sbalzato
fuori
dalla
macchina
galoppante
,
e
per
non
lasciar
schizzar
fuori
le
valigie
.
Ad
un
certo
punto
gli
toccavo
la
spalla
,
lui
si
voltava
pensando
:
"
Vergavi
ne
avrà
una
delle
sue
...
"
;
lo
svegliavo
dal
grande
sogno
sportivo
in
cui
viveva
giorno
e
notte
da
quando
era
nato
;
ma
gentilmente
cercava
di
dimostrarmi
di
essere
pronto
a
interessarsi
a
quanto
stavo
per
dirgli
.
Nel
rombo
della
corsa
e
nel
tunnel
di
clamori
della
Folla
,
gli
gridavo
nell
'
orecchio
:
«
Emilio
!
Hai
visto
,
a
destra
,
la
Cattedrale
di
Reims
?
»
.
Oppure
:
«
Emilio
!
Hai
visto
,
a
sinistra
,
l
'
Arena
romana
di
Nîmes
?
»
.
Uomo
leale
,
mi
confessava
candidamente
di
non
essersi
accorto
né
della
Cattedrale
né
dell
'
Arena
.
Cosa
c
'
entra
Emilio
Colombo
con
Sofia
Scicolone
,
e
cioè
con
Sofia
Loren
,
con
la
diciottenne
ragazza
napoletana
cui
va
,
con
un
certo
furore
,
il
mio
ricordo
di
«
giudice
di
bellezza
»
in
una
lontana
stagione
di
Salsomaggiore
?
Colombo
,
l
'
amico
dei
«
giganti
della
strada
»
,
non
c
'
era
,
a
Salsomaggiore
;
ma
c
'
ero
io
,
considerato
espertissimo
di
ogni
cosa
bella
che
possiamo
incontrare
per
le
vie
del
mondo
,
sia
essa
una
cattedrale
gotica
o
una
bella
ragazza
.
C
'
ero
io
perché
,
come
Emilio
Colombo
non
si
accorgeva
di
passare
davanti
a
Notre
-
Dame
o
davanti
al
Campanile
di
Pisa
,
non
mi
accorsi
di
Sofia
Scicolone
.
Richiamato
a
fare
un
po
'
di
attenzione
dal
telegramma
di
un
vecchio
amico
,
alzai
gli
occhi
verso
di
lei
,
le
parlai
,
la
misurai
e
la
scrutai
attentamente
con
lo
sguardo
,
la
fissai
negli
occhi
,
vidi
-
bisogna
dirlo
?
-
le
sue
gambe
,
guardai
la
sua
bocca
,
chiacchierai
una
mezz
'
ora
con
lei
,
seduto
su
uno
sgabello
del
bar
del
grande
Albergo
,
conclusi
l
'
incontro
con
questa
melanconica
e
frettolosa
considerazione
:
«
Ecco
un
'
altra
povera
ragazza
che
si
illude
...
»
.
Povero
Paride
,
fu
la
cantonata
più
grossa
della
tua
carriera
.
Per
fortuna
,
non
ero
il
solo
a
dir
di
no
,
sotto
il
velo
del
giudizio
segreto
,
sulla
futura
Sofia
Loren
.
Disse
di
no
anche
un
altro
mio
amico
,
un
super
-
esperto
in
fatto
di
«
selezione
»
di
belle
donne
:
quasi
quasi
,
come
dicono
alla
TV
,
un
«
tecnico
»
,
e
altri
dissero
di
no
,
finché
il
produttore
cinematografico
Mambretti
,
un
milanese
,
propose
una
soluzione
,
per
non
mandar
via
troppo
amareggiata
la
ragazza
napoletana
.
Coniò
un
titolo
di
«
Miss
Eleganza
»
e
propose
di
assegnarlo
-
quarta
in
graduatoria
-
alla
dolente
e
forse
segretamente
irritata
«
piccola
Sofia
»
.
La
signorina
Scicolone
ebbe
-
mi
sembra
-
in
dono
un
abito
da
sera
bianco
,
e
con
quello
subito
sfilò
quarta
sulla
passerella
di
Salsomaggiore
.
Se
a
qualcuno
capitano
sott
'
occhio
le
fotografie
di
quei
giorni
,
«
esumate
»
da
Dino
Villani
nel
suo
libro
sulla
storia
delle
Miss
Italia
edito
dalla
Domus
,
osserverà
che
Sofia
non
sorride
mai
:
che
ha
un
'
espressione
assente
,
e
in
qualche
fotografia
dura
e
contratta
.
Insomma
,
come
dicono
a
Milano
,
aveva
un
gran
«
magone
»
.
Ed
oggi
-
mi
ha
detto
un
amico
-
chi
disse
«
no
»
Si
trova
nella
situazione
in
cui
si
trovarono
i
maestri
al
Conservatorio
di
Milano
quando
,
con
in
testa
il
maestro
Rolla
,
dissero
«
no
»
a
Verdi
che
chiedeva
di
essere
ammesso
al
Conservatorio
,
e
,
a
titolo
di
consolazione
,
gli
consigliarono
di
studiare
ancora
:
privatamente
indicandogli
bonariamente
i
due
insegnanti
,
il
Negri
e
il
Lavigna
.
Una
mezza
offerta
di
tipo
«
verdiano
»
,
e
cioè
di
andare
a
scuola
,
di
studiare
da
«
privatista
»
,
fu
per
la
verità
data
anche
alla
signorina
Scicolone
,
tanto
per
darle
,
prima
ancora
che
fosse
assegnato
il
giudizio
finale
,
un
«
contentino
»
.
Ma
fu
un
suggerimento
dato
a
mezza
voce
,
quasi
perché
si
temeva
che
,
«
odorando
la
bocciatura
»
,
la
bella
ragazza
cominciasse
a
lagrimare
.
Ma
la
futura
Sofia
Loren
non
pianse
:
divenne
altera
,
sicura
di
sé
,
e
-
lo
dico
arrossendo
-
quasi
sprezzante
.
Si
capiva
che
si
tratteneva
solo
per
rispetto
dei
capelli
grigi
dei
due
giudici
che
le
stavano
di
fronte
,
dei
quali
è
più
che
legittimo
immaginare
che
essa
,
da
brava
napoletana
,
li
giudicasse
due
«
fessi
»
.
[
fatti
le
hanno
dato
ragione
.
Né
io
né
il
grande
«
tecnico
»
che
condivideva
la
mia
opinione
ci
rendemmo
conto
di
aver
davanti
una
ragazza
capace
,
diventando
donna
,
di
incantare
il
mondo
.
Sofia
Scicolone
finì
il
suo
bitter
,
e
rimase
,
su
di
noi
,
nella
sua
precisa
impressione
:
«
due
fessi
»
.
Ci
salutò
con
un
sorriso
smagliante
,
in
cui
palpitava
più
che
una
mondana
cordialità
,
una
specie
di
sfida
.
Io
e
il
«
tecnico
»
sorridemmo
:
e
poi
finimmo
,
fra
di
noi
,
a
sghignazzare
.
Credo
che
l
'
ascensore
del
Grand
Hotel
tremi
ancora
per
il
nostro
ridere
convulso
,
per
il
nostro
ridere
spietato
.
Paride
I
e
Paride
II
dormirono
quella
notte
come
le
altre
notti
in
un
sonno
tranquillissimo
.
Il
nostro
giudizio
non
era
stato
incrinato
dal
minimo
dubbio
.
Il
«
tecnico
»
era
-
bisogna
dirlo
-
Remigio
Paone
,
che
pilotava
non
so
quanti
spettacoli
di
prosa
,
di
rivista
,
di
danza
;
che
partiva
ogni
settimana
per
Parigi
o
per
Londra
per
scegliere
,
con
occhio
infallibile
,
la
bellissima
fra
le
belle
;
che
era
allora
,
in
un
certo
senso
,
il
Re
delle
Bluebell
e
che
veniva
ricevuto
con
profondissimi
inchini
,
fra
spari
di
champagne
,
quando
si
presentava
al
teatro
del
Lido
di
Parigi
per
passare
in
rivista
le
«
ragazze
»
da
arruolare
per
gli
spettacoli
del
Nuovo
,
del
Lirico
,
del
Sistina
.
Era
il
caro
nostro
Remigio
,
fanatico
del
teatro
e
della
bellezza
che
è
uno
dei
suoi
pilastri
.
Credo
che
,
a
sette
anni
di
distanza
,
Remigio
non
abbia
finito
di
mordersi
le
mani
per
quella
«
topica
»
e
che
ormai
,
a
furia
di
morsi
,
le
abbia
scarnificate
e
sanguinanti
fino
all
'
osso
.
Topica
aggravata
dal
fatto
di
dover
ripensare
che
,
lui
napoletano
,
aveva
detto
di
no
ad
una
compaesana
.
Salsomaggiore
di
settembre
non
era
forse
la
località
più
adatta
per
accogliere
le
aspiranti
reginette
.
È
una
città
alberghiera
di
carattere
piuttosto
solenne
:
tutto
parla
di
cure
importantissime
e
miracolose
,
di
medici
illustri
,
di
inalazioni
,
di
irrigazioni
e
di
fanghi
che
restituiscono
la
giovinezza
.
La
«
clinica
»
è
elegantemente
mascherata
,
nessuno
parla
con
brutalità
di
ginecologia
o
di
affezioni
bronchiali
croniche
o
di
laringi
ostinatamente
arrossate
:
ma
l
'
aria
della
clinica
c
'
è
:
è
molto
difficile
«
curarsi
in
letizia
»
senza
vedersi
attorno
,
ogni
tanto
,
un
viso
imbronciato
.
Quando
passeggiavano
per
i
viali
di
Salsomaggiore
,
le
bellissime
scattanti
e
fulgide
diciottenni
erano
guardate
con
una
punta
di
gelosia
dalle
cinquantenni
sedute
ai
tavolini
delle
gelaterie
,
o
dagli
squadroni
delle
anziane
che
marciavano
verso
le
Terme
Berzieri
con
il
fogliettino
delle
mutue
.
Gli
svaghi
che
rimanessero
al
di
fuori
dalla
cornice
termale
o
curativa
erano
pochi
.
Il
tiro
al
piccione
-
a
meno
che
non
si
tratti
del
piccione
matrimoniale
-
non
ha
interesse
per
delle
ragazze
di
diciotto
anni
.
Pochissime
furono
quelle
che
visitarono
le
sale
dove
era
esposta
la
famosa
collezione
storica
del
professor
Lombardi
,
con
i
ritratti
di
Maria
Luisa
moglie
di
Napoleone
:
che
fu
forse
una
bella
donna
di
fattezze
austere
,
ma
che
,
in
fatto
di
concorso
di
bellezza
,
avrebbe
dovuto
essere
sostituita
,
se
mai
,
dalla
Paolina
di
Antonio
Canova
,
davanti
alla
quale
,
probabilmente
,
la
maggioranza
delle
miss
si
sarebbe
sentita
invasa
dalla
tremarella
.
Lo
scopritore
di
Sofia
Loren
-
quello
che
aveva
mandato
il
telegramma
di
segnalazione
e
di
raccomandazione
ai
due
amici
di
cui
sapeva
la
presenza
in
giuria
-
fu
un
uomo
che
ormai
da
molti
anni
si
vantava
solamente
di
essere
un
ottimo
pescatore
dilettante
.
Aveva
un
bellissimo
nome
,
discendeva
da
una
intelligentissima
famiglia
milanese
:
era
un
Ricordi
,
discendente
cioè
da
una
famiglia
di
scopritori
di
geni
musicali
.
Aveva
molto
viaggiato
,
aveva
condotto
una
vita
molto
elegante
.
È
probabile
che
Sofia
Loren
si
rammenti
appena
del
gentile
vecchio
signore
Alfredo
Ricordi
che
,
galantemente
e
paternamente
,
la
raccomandò
agli
amici
milanesi
Vergani
e
Paone
.
Chieda
,
Sofia
,
e
probabilmente
le
verrà
spiegato
che
fu
un
Ricordi
l
'
uomo
che
per
il
primo
fece
credito
a
Verdi
.
Alfredo
Ricordi
,
rimasto
vedovo
,
aveva
trovato
la
sola
consolazione
al
suo
dolore
nella
vita
di
mare
e
nella
pesca
;
vestiva
con
un
paio
di
pantaloni
da
marinaio
e
con
una
maglietta
da
ostricaro
.
A
Portofino
o
a
Cannes
non
parlava
d
'
altro
che
di
cefali
,
di
branzini
,
di
ombrine
,
di
pesci
-
cappone
,
di
sardine
,
di
triglie
,
di
polipi
e
di
murene
.
Era
,
bisogna
dirlo
,
un
caro
attaccabottoni
per
via
di
quella
sua
esclusiva
frenesia
per
la
pesca
.
Cercava
inutilmente
compagni
che
sfidassero
con
lui
le
notti
di
burrasca
o
che
lo
aiutassero
a
tirar
su
la
«
sciabica
»
.
Non
mangiava
il
suo
pesce
:
lo
regalava
alle
belle
signore
un
po
'
anziane
che
gli
ricordavano
il
suo
passato
di
viveur
.
Seduto
nella
spiaggetta
di
Paraggi
ad
accomodare
le
sue
reti
,
se
vedeva
passare
una
bella
ragazza
diceva
:
«
Guarda
che
bella
tinca
!
Che
appetitoso
merluzzetto
!
È
fragrante
come
una
sogliola
!
»
.
Sofia
Loren
-
me
lo
sono
chiesto
sempre
-
si
ricorderà
del
caro
vecchio
un
po
'
picchiatello
che
spedì
da
Alassio
-
dove
,
non
potendo
più
affrontare
il
mare
per
l
'
artrite
,
viveva
in
un
appartamentino
con
le
finestre
aperte
a
tutti
i
venti
del
Tirreno
-
il
telegramma
che
ci
raccomandava
la
sua
«
scoperta
»
?
Noi
leggemmo
quel
nome
:
Scicolone
.
E
pensammo
:
"
Quel
caro
matto
di
Alfredo
Ricordi
dove
avrà
pescato
una
ragazza
con
un
nome
così
strano
?
"
.
Le
ragazze
erano
già
sfilate
un
paio
di
volte
davanti
a
noi
.
Né
Paone
né
io
ci
ricordavamo
di
una
Scicolone
.
Con
il
vecchio
Ricordi
bisognava
però
essere
gentili
.
Non
buttammo
il
telegramma
nel
cestino
;
mi
spiace
non
averlo
conservato
:
nel
cestino
di
Salsomaggiore
finì
la
sera
dell
'
ultimo
esame
,
prima
che
prendessimo
la
macchina
per
Milano
.
Avevamo
cercato
questa
Sofia
,
questa
Scicolone
,
nel
gregge
delle
ragazze
che
,
aspettando
i
turni
di
chiamata
,
prendevano
al
bar
una
tazza
di
caffè
o
una
pastiglia
di
aspirina
.
Il
settembre
era
torrido
,
le
finestre
chiuse
per
tener
lontani
i
curiosi
;
le
ragazze
stavano
tutto
il
giorno
in
costume
da
bagno
,
o
coperte
da
un
accappatoio
,
a
parlare
con
le
madri
o
con
le
amiche
;
portavano
al
lato
sinistro
del
costume
da
bagno
un
distintivo
con
il
numero
di
iscrizione
.
Questo
numero
permise
a
me
e
a
Paone
di
riconoscere
la
raccomandata
di
Alfredo
Ricordi
,
vecchio
pescatore
malato
di
artrite
.
Sofia
si
era
accorta
della
nostra
manovra
,
dei
nostri
esami
da
lontano
,
del
nostro
bisbigliare
,
delle
occhiate
radenti
di
Paone
,
delle
mie
occhiate
furtive
dietro
agli
occhiali
.
Era
bella
?
Non
ci
parve
.
Prima
di
tutto
ci
sembrava
appartenesse
a
quello
che
i
nostri
padri
,
amici
delle
bellezze
floride
,
chiamavano
il
genere
«
pertica
»
.
Troppo
alta
,
troppo
magra
,
troppo
poco
donna
,
troppo
adolescente
ancora
,
male
impastata
;
e
soprattutto
«
troppo
bocca
»
.
Era
proprio
sulla
bocca
-
oggi
è
una
delle
più
famose
del
mondo
-
che
alle
nostre
occhiate
di
lontano
cascava
l
'
asino
.
Quale
poteva
essere
il
destino
di
quella
«
spilungona
»
?
Tutt
'
al
più
,
con
un
po
'
di
fortuna
,
quello
di
mannequin
.
Toccò
a
me
avvicinarmi
alla
ragazza
dallo
strano
nome
.
Lo
feci
solo
per
rendere
una
cortesia
ad
Alfredo
Ricordi
.
Le
dissi
del
telegramma
,
le
offrii
di
avvicinarsi
al
banco
del
bar
per
prendere
un
aperitivo
.
Si
alzò
,
venne
avanti
,
sedette
su
uno
dei
suoi
alti
sgabelli
:
le
presentai
Paone
e
le
spiegai
che
si
trattava
di
un
celebre
impresario
teatrale
.
Sorrise
:
ma
era
evidente
che
non
l
'
aveva
mai
sentito
nominare
.
Parlava
con
un
accento
napoletano
degno
dei
dialoghi
più
stringenti
di
Peppino
De
Filippo
.
Cosa
aveva
di
bello
?
Non
glielo
dissi
:
aveva
delle
gambe
bellissime
,
ma
il
mio
elogio
non
poteva
soffermarsi
su
questi
particolari
anatomici
.
Non
sapevo
fingere
né
entusiasmo
né
esprimere
una
qualunque
promessa
.
Ma
probabilmente
mi
sarei
salvato
davanti
al
giudizio
della
posterità
proprio
per
via
di
quelle
gambe
.
Domandai
:
«
Le
piacerebbe
di
far
del
teatro
dialettale
?
Penso
che
Paone
potrebbe
presentarla
a
De
Filippo
o
a
Taranto
...
»
.
La
ragazza
taceva
.
Io
guardai
ancora
quelle
gambe
;
dissi
:
«
Le
piacerebbe
di
far
della
rivista
?
Sa
cantare
?
Sa
ballare
?
Anche
se
non
lo
sa
non
importa
.
In
tre
mesi
,
Paone
potrebbe
farla
istruire
da
una
brava
maestra
...
Non
ti
pare
,
Remigio
,
che
si
potrebbe
cavarne
fuori
una
bella
subrettina
?
Se
dovessi
dire
,
in
passerella
la
vedo
...
la
vedrei
subito
...
»
.
Remigio
non
aveva
l
'
aria
molto
convinta
,
ma
,
per
non
contraddirmi
,
fece
un
gesto
di
assenso
.
«
Creda
»
continuai
,
«
sarebbe
un
primo
passo
...
Con
Macario
,
per
esempio
,
o
con
la
Osiris
,
una
piccola
scrittura
si
potrebbe
pescarla
...
»
La
ragazza
ci
guardava
senza
più
sorridere
.
Si
asciugò
con
il
mignolo
una
goccia
di
aperitivo
che
le
era
caduta
,
dal
bicchiere
,
su
una
gamba
e
si
pulì
il
dito
come
una
bambina
,
passandolo
sulla
bocca
.
Rispose
semplicemente
:
«
Teatro
?
No
...
Rivista
?
No
...
O
cinema
o
niente
...
»
.
Farfugliammo
qualche
parola
di
risposta
,
tanto
per
essere
gentili
.
Lei
ripeté
:
«
O
cinema
o
niente
»
.
Ci
strinse
la
mano
,
ci
salutò
,
si
allontanò
sulle
lunghissime
gambe
,
sparì
verso
l
'
atrio
degli
ascensori
.
La
saletta
del
bar
era
deserta
.
Remigio
ed
io
sbottammo
a
ridere
,
sempre
più
fragorosamente
.
«
Hai
capito
che
presunzione
?
Cinema
?
Ma
in
questo
albergo
non
ci
sono
specchi
nelle
camere
?
Cinema
!
!
!
Con
quella
bocca
!
!
!
»
E
il
nostro
riso
si
faceva
addirittura
tonante
.
Non
ho
più
visto
Sofia
Loren
.
Ma
,
guardando
le
sue
vecchie
fotografie
di
quei
giorni
,
conosco
il
perché
di
quel
loro
tono
di
dispetto
e
di
malcelato
corruccio
.
Non
so
darle
torto
se
,
con
ogni
probabilità
,
non
ha
mai
perdonato
né
a
me
né
a
Remigio
Paone
.
StampaQuotidiana ,
Una
giovane
donna
milanese
,
chiamiamola
Rossana
,
mi
raccontava
ieri
la
sua
teoria
.
Potrebbe
servire
da
spunto
a
uno
di
quei
film
fra
la
cronaca
e
la
favola
che
piacciono
a
Zavattini
.
Potrebbe
intitolarsi
Vacanze
italiane
,
oppure
Rossana
,
giorni
quindici
.
Ecco
com
'
è
andata
.
Rossana
,
fra
i
venticinque
e
i
trenta
,
pallida
e
sottile
,
orfana
di
padre
fin
dall
'
adolescenza
,
deve
aiutare
il
fratello
meccanico
a
mantenere
la
madre
,
una
sorella
maggiore
di
poca
salute
e
una
vecchia
zia
.
Il
fratello
,
d
'
altra
parte
,
è
sposato
con
due
figli
.
Bisogna
darsi
da
fare
.
Rossana
fu
,
per
circa
tre
anni
,
commessa
in
un
magazzino
di
biancheria
che
a
un
certo
punto
affondò
in
un
mare
di
tratte
sofferenti
.
Restò
disoccupata
.
L
'
anno
scorso
,
in
attesa
di
trovarsi
un
altro
impiego
,
cercò
di
arrabattarsi
.
Si
lasciò
convincere
,
fra
l
'
altro
,
a
collaborare
con
una
portinaia
della
sua
strada
in
un
piccolo
contrabbando
di
sigarette
.
Fu
pescata
con
un
chilo
di
«
svizzere
»
.
Verbale
,
denuncia
,
processo
.
Multa
e
quindici
giorni
di
reclusione
.
Niente
condizionale
.
Nel
frattempo
,
esattamente
due
giorni
prima
di
presentarsi
in
giudizio
,
aveva
trovato
un
impiego
piuttosto
conveniente
:
tanto
più
che
,
contrariamente
al
solito
,
il
datore
di
lavoro
non
aveva
indagato
sui
precedenti
penali
o
i
carichi
pendenti
della
nuova
dipendente
.
Se
il
giudice
avesse
concesso
la
condizionale
,
tutto
sarebbe
andato
per
il
meglio
.
Invece
,
ecco
lo
spettro
di
quei
quindici
giorni
da
passare
,
prima
o
poi
,
a
San
Vittore
.
Come
giustificare
due
settimane
d
'
assenza
dal
lavoro
?
«
Per
fortuna
siamo
di
giugno
»
,
dice
Rossana
,
torcendo
il
fazzoletto
,
«
e
il
principale
,
ch
'
è
tanto
una
brava
persona
,
mi
ha
già
detto
che
in
agosto
mi
darà
regolarmente
le
ferie
.
Farò
in
modo
di
barcamenarmi
,
di
temporeggiare
,
con
l
'
aiuto
dell
'
avvocato
,
e
la
prigione
la
farò
durante
le
ferie
»
.
Quanto
all
'
avvocato
,
giovane
d
'
anni
e
di
professione
,
è
perplesso
.
È
incerto
se
inoltrare
domanda
di
grazia
.
Per
una
pena
tanto
lieve
,
è
quasi
certo
di
ottenerla
;
ma
se
per
caso
ciò
non
avvenisse
,
considerata
la
lentezza
del
giro
burocratico
,
la
sua
cliente
si
troverebbe
a
dover
scontare
la
prigione
verso
ottobre
,
senza
possibilità
di
giustificarsi
con
la
ditta
.
Tutto
sommato
,
per
non
correre
rischi
,
meglio
sfruttare
le
ferie
.
«
Più
al
fresco
di
così
!
»
dice
Rossana
,
sorridendo
debolmente
.
StampaQuotidiana ,
De
L
'
impresario
delle
Smirne
di
Carlo
Goldoni
,
presentato
ieri
sera
al
teatro
Nuovo
dalla
compagnia
Morelli
-
Stoppa
con
la
regia
di
Luchino
Visconti
,
parlammo
già
ampiamente
quest
'
estate
quando
nella
stessa
,
fastosa
edizione
,
lo
spettacolo
venne
messo
inscena
a
Venezia
,
alla
Fenice
,
per
il
Festival
del
Teatro
.
Già
dicemmo
che
si
tratta
di
una
delle
opere
minori
del
Goldoni
;
scritta
dapprima
in
versi
,
«
per
secondare
il
fanatismo
»
come
dice
l
'
autore
stesso
«
che
allora
correva
in
favore
dei
martelliani
»
,
fu
poi
volta
in
prosa
e
nella
nuova
veste
inserita
dal
Goldoni
in
quella
che
è
da
considerarsi
l
'
edizione
definitiva
del
suo
teatro
.
In
questa
edizione
le
tre
parti
femminili
,
che
erano
in
dialetto
(
veneziano
,
bolognese
e
un
fiorentino
alquanto
approssimativo
)
vennero
tradotte
in
lingua
,
rimettendoci
di
freschezza
e
comicità
.
Luchino
Visconti
,
che
ha
immaginato
questo
spettacolo
come
un
alto
divertimento
,
sul
ritmo
di
un
'
operetta
buffa
,
ha
scelto
l
'
edizione
in
versi
e
,
dati
i
suoi
intenti
,
non
gli
si
può
dar
torto
:
L
'
impresario
delle
Smirne
è
la
storia
di
un
progetto
di
compagnia
,
per
opera
in
musica
,
andato
in
fumo
.
In
una
Venezia
di
locande
da
poco
prezzo
,
tre
cantatrici
,
Lucrezia
,
la
fiorentina
,
detta
l
'
Acquacedraia
,
Tognina
,
la
veneziana
,
detta
Zuecchina
,
e
Annina
,
la
bolognese
,
detta
la
Mistocchina
,
un
musico
soprano
,
un
tenore
,
un
«
cattivo
e
povero
poeta
drammatico
»
,
un
direttore
di
teatro
e
altra
«
guitteria
»
del
genere
,
si
affannano
per
farsi
scritturare
da
un
mercante
turco
che
,
venuto
da
Smirne
(
dalle
«
Smirne
»
,
si
diceva
allora
,
mettendo
bizzarramente
al
plurale
il
nome
della
città
e
ottenendone
un
certo
effettaccio
esotico
)
,
vuol
tornarsene
fra
gli
Ottomani
con
una
compagnia
d
'
opera
da
lui
finanziata
e
offrire
così
,
di
sua
borsa
,
questo
trattenimento
occidentale
ai
compatrioti
.
C
'
è
un
conte
Lasca
,
squattrinato
e
galante
,
amico
di
virtuose
e
canterini
,
che
gli
fa
da
intermediario
,
aiutato
dal
Nibbio
,
direttore
di
teatro
.
Schermaglie
,
invidiuzze
,
gelosi
rancori
delle
tre
canterine
che
si
contendono
il
ruolo
di
prima
donna
,
comica
albagia
degli
altri
virtuosi
,
amorosi
bollori
del
turco
che
fra
tutte
quelle
donnette
dalle
scollature
generose
non
sa
più
dove
mettere
gli
occhi
(
e
le
mani
)
e
alla
fine
,
pago
di
quanto
ha
potuto
vedere
(
e
pizzicare
)
e
spaventato
dai
vapori
di
tante
fameliche
vanità
,
fa
vela
da
solo
verso
il
suo
tranquillo
Oriente
.
Luchino
Visconti
ha
tenuto
il
testo
tutto
un
po
'
sopra
le
righe
;
e
a
nostro
parere
ha
fatto
bene
,
ne
risulta
uno
spettacolo
carico
di
capriccio
e
d
'
estri
come
nelle
zone
acute
d
'
una
voce
di
soprano
;
ha
sottolineato
il
pittoresco
dell
'
ambiente
,
facendo
sentire
quell
'
odore
di
fame
e
di
cattivo
cerone
;
della
figura
del
turco
,
che
è
la
più
riuscita
della
commedia
,
ha
fatto
una
immagine
burlesca
ed
esotica
insieme
,
proprio
sullo
stile
delle
«
turqueries
»
di
moda
nel
Settecento
;
e
,
infine
,
ha
afferrato
per
i
capelli
quella
quasi
invisibile
malinconia
che
si
può
scovare
,
col
lanternino
,
fra
le
righe
di
quei
martelliani
(
bruttini
,
per
la
verità
)
dell
'
ultimo
atto
e
l
'
ha
legata
al
traliccio
dell
'
altana
,
nel
cortile
della
locanda
,
dove
sventola
,
al
soffio
che
gonfia
le
vele
del
turco
in
fuga
(
mentre
tutta
la
compagnia
,
s
'
è
radunata
coi
suoi
bagagli
,
e
i
cani
e
le
capre
e
il
pappagallo
e
i
canarini
)
,
un
festoncino
di
biancheria
stesa
ad
asciugare
.
Quadro
bellissimo
,
sullo
sfondo
d
'
una
splendida
scena
pure
dovuta
a
Visconti
.
Le
musiche
composte
da
Nino
Rota
,
accompagnano
,
sui
finali
d
'
atto
,
le
cavatine
degli
attori
,
il
che
dà
appunto
allo
spettacolo
una
vaga
aria
da
opera
buffa
.
L
'
interpretazione
degli
attori
non
è
stata
da
meno
di
una
regia
così
divertita
:
e
in
primo
luogo
va
citato
l
'
«
exploit
»
comico
di
Paolo
Stoppa
,
nella
parte
del
Turco
,
quella
sua
lepidezza
insieme
secca
e
pastosa
,
quella
sua
brusca
buffoneria
come
abbronzata
dalle
inflessioni
levantine
;
Rina
Morelli
,
la
bolognese
,
è
una
figuretta
tutta
dispetto
e
ripicco
,
in
quel
dialetto
affettuoso
e
stizzito
;
ecco
poi
la
pososeria
veneta
,
ironicamente
sussiegosa
,
di
Edda
Albertini
;
la
grazia
,
da
pittura
senese
,
di
Ilaria
Occhini
;
gli
alteri
vocalizzi
di
due
virtuosi
maschi
Elio
Pandolfi
,
che
era
il
«
cantante
senza
barba
»
e
Corrado
Pani
;
e
l
'
efficace
collaborazione
di
tutti
gli
altri
numerosissimi
interpreti
,
da
Marcello
Giorda
a
Sergio
Fantoni
,
che
hanno
contribuito
alla
riuscita
dello
spettacolo
.
Platea
gremita
e
molti
applausi
.
ProsaGiuridica ,
Il
Duce
della
Repubblica
Sociale
Italiana
Visto
il
decreto
7
giugno
1937-XV
,
n
.
1128
,
con
cui
venne
istituito
presso
il
Ministero
dell
'
Interno
l
'
ufficio
centrale
demografico
;
Visto
il
decreto
5
settembre
1938-XVI
,
n
.
1531
,
con
cui
l
'
ufficio
centrale
demografico
viene
trasformato
in
Direzione
Generale
per
la
demografia
e
la
razza
;
Visto
il
decreto
-
legge
5
settembre
1938-XVII
,
n
.
1539
,
convertito
in
legge
con
legge
5
gennaio
1939-XVII
,
n
.
26
,
con
cui
venne
istituito
presso
il
ministero
dell
'
Interno
il
Consiglio
Superiore
per
la
demografia
e
la
razza
;
Visto
il
decreto
-
legge
9
febbraio
1939-XVII
,
n
.
126
,
con
cui
venne
istituito
l
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
;
Visto
il
teso
unico
delle
leggi
sulla
protezione
ed
assistenza
della
maternità
ed
infanzia
,
approvato
con
decreto
24
dicembre
1934-XII
,
n
.
2316;
Vista
la
legge
13
luglio
1939-XVII
,
n
.
1024
,
relativa
al
tribunale
della
razza
;
Visto
il
decreto
16
aprile
1944-XXII
,
n
.
136
,
concernente
la
direzione
della
demografia
e
la
razza
,
creando
a
tal
fine
un
organismo
autonomo
;
D
'
intesa
con
i
Ministri
dell
'
Interno
,
della
Giustizia
,
delle
Finanze
e
della
Cultura
Popolare
;
Sentito
il
Consiglio
dei
Ministri
;
Decreta
:
Art
.
1
.
È
istituito
l
'
Ispettorato
Generale
per
la
razza
,
posto
alle
dirette
dipendenze
del
duce
Capo
del
Governo
.
Ad
esso
è
preposto
un
Ispettore
Generale
nominato
con
Decreto
del
duce
Capo
del
Governo
.
Art
.
2
.
Tutte
le
attribuzioni
concernenti
la
razza
attualmente
devoluta
alla
direzione
generale
demografia
e
razza
del
Ministero
dell
'
Interno
e
all
'
ufficio
Studi
e
Propaganda
sulla
razza
del
Ministero
della
Cultura
Popolare
sono
trasferite
all
'
Ispettorato
generale
per
la
razza
.
Art
.
3
.
Il
personale
di
ruolo
dei
Ministeri
dell
'
Interno
e
della
Cultura
popolare
che
ricopre
posti
,
rispettivamente
,
alla
Direzione
generale
demografia
e
razza
e
all
'
ufficio
Studi
e
propaganda
della
Razza
del
Ministero
della
Cultura
Popolare
può
essere
comandato
presso
l
'
Ispettorato
Generale
razza
.
Il
personale
avventizio
alle
dipendenze
degli
uffici
di
cui
al
precedente
comma
può
essere
trasferito
in
tutto
o
in
parte
all
'
Ispettorato
Generale
per
la
razza
.
Art
.
4
.
La
commissione
della
razza
prevista
dalla
legge
13
luglio
1939-XVII
,
n
.
1024
ha
sede
presso
l
'
Ispettorato
Generale
per
la
razza
.
Art
.
5
.
Il
Consiglio
superiore
per
la
demografia
e
la
razza
presso
il
Ministero
dell
'
Interno
è
soppresso
.
Art
.
6
.
Presso
l
'
Ispettorato
Generale
per
la
razza
esercita
funzioni
consultive
e
di
collegamento
un
rappresentante
per
ciascuno
dei
Ministeri
dell
'
Interno
,
della
Giustizia
,
delle
Finanze
e
della
Cultura
Popolare
,
designato
dalla
rispettiva
amministrazione
.
Art
.
7
.
Rimangono
ferme
le
attribuzioni
del
Ministero
delle
Finanze
relative
all
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
istituito
con
decreto
-
legge
9
febbraio
1939-XVII
,
n
.
126
.
Art
.
8
.
L
'
Ispettore
Generale
può
assistere
alle
riunioni
del
Consiglio
dei
Ministri
quando
vi
si
trattino
argomenti
interessanti
la
razza
.
Art
.
9
.
Con
decreto
del
Ministro
delle
Finanze
sarà
provveduto
alle
variazioni
di
bilancio
occorrenti
per
l
'
attuazione
del
presente
decreto
.
Art
.
10
.
Il
presente
decreto
entra
in
vigore
il
giorno
successivo
a
quello
della
sua
pubblicazione
nella
Gazzetta
Ufficiale
d
'
Italia
e
,
munito
del
sigillo
dello
Stato
,
verrà
inserto
nella
raccolta
ufficiali
delle
leggi
e
dei
decreti
.
Dal
Quartier
Generale
,
addì
18
aprile
1944-XXII
.
Mussolini
Pellegrini
,
Pisenti
,
Mezzasoma
V
.
Il
Guardasigilli
:
Pisenti
StampaPeriodica ,
Se
Vittorio
De
Sica
si
fosse
limitato
a
darci
,
con
questi
giullari
del
tempo
nostro
,
il
senso
poetico
della
povertà
,
l
'
intima
gioia
che
è
nel
povero
,
la
sua
superiorità
davanti
al
ricco
,
e
invece
di
mostrarcelo
così
incerto
e
sottomesso
ce
lo
avesse
mostrato
sicuro
e
fiero
di
sé
,
fiero
di
quella
libertà
di
spirito
che
forma
la
sua
conquista
e
che
per
la
sua
stessa
condizione
al
ricco
viene
negata
,
e
fiero
di
quella
fantasia
che
lo
porterà
a
cavalcioni
di
un
manico
di
granata
a
volare
in
cielo
,
Miracolo
a
Milano
sarebbe
senz
'
altro
un
capolavoro
,
un
messaggio
,
assolverebbe
senza
volerlo
un
compito
sociale
.
Dove
trapela
,
attraverso
la
caricatura
,
un
presupposto
sociale
,
il
film
perde
quota
,
immiserisce
,
perché
tace
la
poesia
.
E
proprio
lo
spirito
borghese
ad
inquinarlo
.
La
caricatura
è
bella
quando
è
fine
a
se
stessa
come
nella
scena
dei
dottori
che
contano
le
pulsazioni
al
letto
della
moribonda
.
Il
film
si
muove
con
un
primo
bamboleggiamento
di
sapore
deamicisiano
finché
Totò
,
questo
«
clown
»
della
bontà
e
volontario
della
miseria
,
non
uscirà
dall
'
orfanotrofio
per
entrare
nel
consorzio
umano
dove
riunirà
i
mendicanti
coi
quali
costruirà
una
città
fatta
di
assi
tarlate
,
rami
d
'
albero
e
latte
mangiate
dalla
ruggine
,
e
per
la
quale
riuscirà
a
scovare
anche
una
statua
da
porsi
sulla
piazza
centrale
;
colonia
felice
che
con
scoppi
di
gioia
verrà
inaugurata
e
percorsa
da
un
capo
all
'
altro
,
e
non
appena
un
temporale
l
'
avrà
sconvolta
tutti
si
daranno
senza
indugio
a
ricostruirla
:
qui
è
la
forza
.
Per
tutto
il
primo
tempo
le
scene
incalzano
una
più
bella
dell
'
altra
.
Nella
seconda
parte
,
allorché
prende
il
sopravvento
l
'
elemento
surrealistico
,
e
questo
film
con
grande
soddisfazione
surrealista
possiamo
classificare
,
via
via
decade
.
Sui
prodigi
della
colomba
si
insiste
troppo
e
al
finale
soltanto
Totò
con
Edvige
fra
lo
stupore
di
tutti
dovrebbero
volare
in
cielo
,
essi
che
hanno
avuto
fede
nella
bontà
.
La
regia
di
Vittorio
De
Síca
è
di
prim
'
ordine
e
dal
punto
di
vista
strettamente
cinematografico
,
per
due
buoni
terzi
il
film
riesce
a
mantenere
un
ritmo
degno
di
incondizionata
ammirazione
.
Secondo
me
manca
quel
raggio
che
alla
fine
ce
lo
faccia
vedere
nella
sua
interezza
,
uscendo
lo
si
pensa
ancora
nei
particolari
di
cui
è
straricco
.
Le
masse
sono
manovrate
magistralmente
,
il
regista
è
nella
sua
piena
maturità
.
Anche
dell
'
efficacia
e
spontaneità
degli
attori
dobbiamo
rendere
a
lui
il
principale
merito
,
e
aggiungeremo
a
questo
proposito
:
quando
si
prendono
attori
occasionali
sarebbe
meglio
lo
fossero
tutti
,
dal
primo
all
'
ultimo
,
quei
rari
di
professione
che
vi
si
mescolano
sono
proprio
quelli
che
fanno
brutta
figura
.
StampaPeriodica ,
PECHINO
-
Il
presente
dizionarietto
intende
offrire
al
lettore
alcune
informazioni
su
Pechino
,
dove
ho
vissuto
una
settimana
in
piena
libertà
di
movimento
mentre
si
svolgeva
il
nono
congresso
del
Partito
Comunista
Cinese
.
Gli
strumenti
di
conoscenza
a
disposizione
di
uno
straniero
in
Cina
sono
l
'
ideologia
marxista
-
leninista
del
presidente
Mao
Tse
Tung
,
i
propri
occhi
e
la
propria
ragione
.
Pure
tenendo
molto
conto
del
primo
ho
scelto
tuttavia
gli
altri
due
.
Le
voci
si
riferiscono
esclusivamente
a
Pechino
ma
in
molti
casi
,
non
specifici
,
si
possono
riferire
all
'
intero
paese
.
Atmosfera
Quell
'
aria
che
corre
intorno
e
dentro
a
luogo
,
persona
o
società
e
ne
rivela
il
sentimento
.
Pechino
in
tempi
normali
è
uniformemente
grigio
cinese
,
di
un
polline
color
cenere
che
forma
e
formula
la
realtà
,
l
'
essenza
e
la
sublime
sua
eleganza
.
All
'
interno
del
colore
cenere
sono
sospesi
pochissimi
colori
tenui
,
il
verdino
di
foglie
molto
piccole
e
piumose
che
fuma
da
certi
alberelli
grigi
allineati
,
il
giallo
arancio
cenere
del
sole
,
il
giallo
cenere
della
polvere
che
il
vento
un
po
'
sonoro
trasporta
dai
deserti
del
Gobi
.
Solitario
colore
intenso
e
gloriosamente
artificiale
è
il
rosso
lacca
a
cui
si
possono
paragonare
soltanto
certi
smalti
per
unghie
lunghe
e
puntute
.
In
questi
giorni
di
nono
congresso
del
Partito
Comunista
Cinese
totalitarie
superfici
di
rosso
astratto
coprono
vasti
e
fragili
vuoti
color
cenere
creando
nello
spazio
geometrie
ed
equilibri
che
la
nostra
società
e
la
nostra
cultura
hanno
abbandonato
e
dimenticato
da
molti
secoli
.
All
'
interno
delle
immobili
aree
e
prospettive
rosso
e
cenere
si
muovono
le
bandiere
rosse
e
le
mani
che
producono
decorazioni
fatte
con
carte
colorate
da
applicare
su
vetri
di
finestre
,
su
camion
,
su
filobus
,
su
biciclette
;
si
formano
lentamente
enormi
ideogrammi
dipinti
a
mano
con
smalto
rosso
su
superfici
gialle
di
carta
,
incollate
una
accanto
all
'
altra
su
muri
grigi
lunghissimi
,
si
formano
ancora
altri
spazi
rossi
e
cenere
e
su
questi
spazi
,
massimi
e
minimi
,
si
applica
il
numero
infinito
dei
ritratti
di
Mao
Tse
Tung
e
la
grafia
del
suo
pensiero
.
Il
risultato
è
una
città
intera
ricreata
,
rifatta
artificialmente
,
una
espressione
collettiva
di
artigianato
popolare
cioè
,
la
più
autentica
e
totale
opera
di
pop
art
finora
apparsa
.
È
parte
dell
'
opera
il
popolo
di
Pechino
e
i
suoi
movimenti
e
sorrisi
estatici
erranti
nelle
strade
,
alcune
guance
da
bambola
di
pezza
su
cui
si
posano
i
rossi
della
grande
scena
.
L
'
opera
ideologico
-
pop
durerà
quanto
il
congresso
,
poi
si
dissolverà
e
resterà
nella
fantasia
,
nell
'
aria
.
Abitanti
Ho
già
espresso
in
altre
occasioni
la
mia
ammirazione
umana
ma
anche
estetica
(
se
mi
si
lascia
usare
questo
termine
in
tempi
duri
di
stupida
e
prepotente
obbedienza
nomenclatoria
)
per
il
popolo
cinese
,
in
questi
giorni
ne
ho
avuto
conferma
e
sono
costretto
a
ripetermi
.
Il
popolo
cinese
emana
il
grande
fascino
di
chi
è
senza
peccato
,
cioè
di
chi
è
senza
volgarità
.
Ognuno
cerchi
dove
e
come
crede
le
ragioni
dell
'
assenza
di
volgarità
.
Chi
nella
rarefazione
e
nell
'
antichità
della
cultura
cinese
,
chi
nell
'
ideologia
di
Mao
Tse
Tung
,
chi
nei
casi
della
natura
.
Personalmente
"
non
approfondisco
"
perché
non
mi
va
di
"
approfondire
"
né
di
"
politicizzare
"
ciò
che
salta
semplicemente
all
'
occhio
.
Cioè
che
la
grande
leggerezza
interiore
,
il
peso
specifico
spirituale
e
umano
,
chiuso
dentro
vestiti
poveri
e
rattoppati
,
in
scarpette
di
pezza
e
di
velluto
nero
,
è
di
tutti
,
di
tutto
il
popolo
cinese
:
privilegio
collettivo
così
alto
che
fa
sentire
gli
occidentali
,
ad
eccezione
dei
contadini
,
dei
poveri
e
di
qualche
rarità
,
pesanti
,
meschini
,
e
"
culoni
"
.
Dispiace
dirlo
.
Spesso
,
in
fotografie
o
immagini
televisive
che
li
mostrano
presi
dal
comportamento
politico
i
cinesi
possono
apparire
violenti
fanatici
e
anche
brutti
.
Bisogna
diffidare
di
queste
immagini
perché
la
macchina
fotografica
e
la
cinepresa
(
nella
loro
fretta
e
obbedienza
industriali
)
sono
poco
adatte
a
carpire
il
fascino
del
popolo
cinese
che
esige
un
rapporto
ottico
diretto
,
senza
mediazioni
meccaniche
(
non
umane
cioè
)
che
dia
modo
e
tempo
di
scoprire
i
dettagli
.
Si
vedrà
che
in
pieno
comportamento
politico
(
che
,
se
isolato
dai
"
tempi
"
irreali
delle
cineprese
può
apparire
violento
,
fanatico
,
brutto
,
così
come
lo
vuol
far
apparire
l
'
occhio
di
chi
lo
riprende
)
molto
spesso
qualcuno
del
piccolo
o
grande
gruppo
si
mette
a
ridere
,
provocando
allegria
generale
;
come
se
un
rapidissimo
,
infantile
e
un
po
'
pazzo
estro
comico
li
avesse
presi
tutti
.
Basta
questo
per
correggere
la
sensazione
precedente
.
I
cinesi
sono
più
bizzarri
di
quanto
si
pensa
,
proprio
per
quella
leggerezza
interna
che
crea
disponibilità
e
immaginazione
anche
intorno
alle
cose
più
schematiche
e
prevedibili
.
Dunque
diffidare
dalle
riproduzioni
meccaniche
,
che
sono
i
nostri
testi
sacri
:
il
popolo
cinese
è
così
umano
naturale
e
non
alienato
(
dalla
macchina
,
voglio
dire
)
che
la
fotografia
,
cioè
amputazione
della
realtà
,
che
si
presta
molto
bene
a
nature
o
società
stereotipe
,
raramente
può
essere
considerata
documento
.
Un
tratto
comune
agli
abitanti
di
Pechino
in
questi
giorni
è
l
'
allegria
,
o
per
meglio
dire
una
certa
giocosità
festosa
che
si
nota
anche
nelle
"
sagre
"
delle
nostre
campagne
.
Pechino
è
affollatissima
a
tutte
le
ore
del
giorno
,
cioè
dall
'
alba
al
tramonto
,
come
fosse
domenica
.
Nei
parchi
pubblici
ho
visto
molti
capannelli
formati
da
giocatori
di
carte
,
carte
da
poker
.
Altri
capannelli
si
formano
intorno
ai
ginnasti
improvvisati
o
a
qualche
novantenne
campione
di
ginnastica
tradizionale
che
può
stare
in
flessione
su
un
piede
per
mezz
'
ora
.
Vorrei
insistere
sull
'
elemento
gioco
,
mai
disgiunto
dall
'
eleganza
.
Dobbiamo
sempre
imparare
,
abbiamo
molto
da
imparare
.
Tecnica
e
tecnologia
dovrebbero
,
a
un
certo
momento
,
passare
in
secondo
piano
rispetto
alle
non
-
tecniche
della
vita
e
cioè
alla
"
forma
"
di
vivere
.
Artigianato
Se
l
'
arte
è
inutile
,
nella
Cina
attuale
(
come
nella
Cina
del
passato
)
non
c
'
è
e
non
c
'
è
mai
stata
arte
,
ma
soltanto
artigianato
.
Tuttavia
la
perfezione
a
cui
giunge
il
senso
artigianale
dei
cinesi
è
quasi
inutile
,
dunque
quasi
arte
.
Ho
modo
,
in
questi
giorni
,
di
rendermi
conto
personalmente
di
come
lavora
un
artigiano
cinese
,
anzi
di
come
lavorano
centinaia
di
piccoli
artigiani
cinesi
.
I
pannelli
di
compensato
su
cui
viene
applicata
l
'
imitazione
(
perfetta
)
della
scrittura
di
Mao
sono
prodotti
perfetti
.
Molto
spesso
si
vedono
pannelli
o
scritte
che
riproducono
lo
stesso
slogan
,
lo
stesso
pensiero
di
Mao
,
uno
accanto
all
'
altro
.
La
differenza
c
'
è
:
sta
nella
qualità
,
nell
'
estro
,
nella
fantasia
della
scrittura
.
È
una
gara
(
estetica
,
assolutamente
estetica
)
nel
produrre
ed
esibire
,
dovunque
si
può
,
dai
muri
agli
alberelli
,
un
oggetto
,
il
cui
contenuto
è
sempre
lo
stesso
(
auguri
al
nono
congresso
,
un
pensiero
di
Mao
)
ma
la
cui
forma
cambia
sempre
.
Le
tabelle
alle
fermate
dei
filobus
sono
coperte
da
fogli
di
carta
dove
un
ignoto
calligrafo
dà
prova
della
sua
bravura
.
Così
sui
vetri
dei
taxi
,
o
sulle
pompe
di
benzina
;
o
sulle
pance
dei
cavalli
,
se
non
si
trova
altro
spazio
.
Ho
visto
pittori
con
la
loro
tavolozza
,
issati
su
una
scala
di
fronte
a
un
pannello
alto
circa
quattro
metri
.
Copiano
la
riproduzione
di
un
ritratto
di
Mao
giovane
,
sullo
sfondo
di
un
paesaggio
montagnoso
di
Cina
.
È
un
ritratto
famoso
che
è
servito
a
questo
slogan
:
«
Un
esempio
della
grande
rivoluzione
culturale
nella
pittura
ad
olio
...
»
.
Copiano
con
la
precisione
e
la
minuzia
dei
copisti
di
Palazzo
Pitti
:
ma
non
copiano
un
capolavoro
unico
,
bensì
una
riproduzione
in
serie
già
stampata
a
milioni
e
milioni
di
copie
,
di
un
ritratto
già
notissimo
.
Ho
visto
anche
copisti
e
artigiani
dilettanti
:
un
conducente
di
taxi
,
dentro
il
suo
taxi
,
e
un
cameriere
notturno
dell
'
albergo
passano
la
notte
a
fabbricare
un
manifesto
personale
incollando
molti
pezzetti
di
carta
,
ritratti
di
Mao
ritagliati
da
riviste
,
ideogrammi
ritagliati
da
fogli
d
'
oro
,
cespuglietti
di
fiori
fatti
con
carta
crêpe
.
La
letteratura
,
a
giudicare
dalle
librerie
,
è
per
così
dire
sintetizzata
nell
'
opera
di
Mao
e
ancor
più
sintetizzata
nel
libretto
delle
citazioni
.
Cinema
e
teatri
sono
chiusi
e
si
danno
spettacoli
soltanto
in
occasione
delle
grandi
feste
nazionali
.
La
televisione
esiste
soltanto
negli
alberghi
e
negli
uffici
,
o
nelle
sedi
di
lavoro
;
nelle
case
non
c
'
è
.
Conclusione
:
l
'
arte
o
artigianato
in
Cina
è
espressione
individuale
di
massa
.
Individuale
perché
ognuno
produce
direttamente
e
a
mano
la
sua
espressione
,
di
massa
perché
l
'
opera
non
può
non
essere
vista
nel
suo
insieme
,
come
ad
esempio
l
'
intera
città
di
Pechino
in
questi
giorni
di
congresso
.
Autocritica
«
Controllare
regolarmente
il
nostro
lavoro
e
sviluppare
in
questo
processo
uno
stile
democratico
,
non
temere
la
critica
né
l
'
autocritica
e
applicare
le
buone
massime
popolari
:
"
l
'
acqua
corrente
non
imputridisce
mai
e
il
cardine
della
porta
non
è
mai
mangiato
dai
tarli
"
.
"
Dì
tutto
quello
che
sai
e
dillo
senza
riserve
"
.
"
Non
biasimare
chi
parla
ma
prendi
le
sue
parole
come
ammonimento
"
.
"
Se
hai
commesso
errori
correggili
;
se
non
ne
hai
commessi
sta
in
guardia
"
»
.
(
Mao
Tse
Tung
:
Sul
governo
di
coalizione
,
24
aprile
1945
,
Opere
Scelte
,
vol.
III
)
.
Questo
brano
viene
riportato
anche
nel
libretto
delle
citazioni
e
così
,
a
livello
di
proverbi
,
si
esercitano
in
pratica
critica
e
autocritica
.
Ho
assistito
a
questo
esercizio
alcune
volte
.
Darò
un
esempio
;
finita
di
servire
la
cena
,
nella
sala
del
ristorante
d
'
albergo
(
sono
le
otto
di
sera
)
i
camerieri
,
maschi
e
femmine
,
si
dispongono
nel
centro
della
sala
su
due
file
,
rivolti
verso
il
grande
ritratto
del
presidente
Mao
incorniciato
di
fiori
e
festoni
di
carta
colorata
e
posto
su
un
piedestallo
.
Si
cominciano
a
leggere
,
a
turno
,
o
in
coro
,
alcuni
brani
delle
citazioni
.
Subito
dopo
,
il
Libretto
Rosso
nella
mano
destra
e
il
braccio
destro
alzato
in
direzione
dell
'
immagine
del
presidente
,
una
donna
intona
una
breve
canzone
(
di
solito
auguri
di
lunga
vita
,
o
auguri
al
nono
congresso
del
partito
)
.
Il
canto
può
essere
accompagnato
da
una
breve
danza
,
con
piccoli
salti
,
una
piroetta
,
risatine
e
grande
divertimento
generale
.
Ancora
qualche
citazione
,
qualche
canto
e
balletto
.
Spesso
accade
che
chi
intona
la
canzone
non
è
intonato
e
questo
fa
ridere
moltissimo
tutti
.
Pausa
per
ridere
,
ripresa
della
canzone
.
Questi
esercizi
(
preparatori
)
durano
una
diecina
di
minuti
.
Poi
camerieri
e
cameriere
si
siedono
intorno
a
un
tavolo
col
Libretto
Rosso
aperto
davanti
a
sé
e
riprendono
la
lettura
.
A
questo
punto
qualcuno
del
gruppo
fa
l
'
esame
del
lavoro
collettivo
della
giornata
,
cioè
il
lavoro
per
l
'
andamento
di
tutto
l
'
albergo
,
e
l
'
esame
del
ruolo
svolto
da
ognuno
.
Da
qui
comincia
la
critica
e
anche
l
'
autocritica
tra
i
componenti
del
gruppo
.
Questa
avviene
tra
scherzi
e
risatine
.
Forse
gli
errori
commessi
sono
comici
o
non
sono
molto
gravi
.
Sia
gli
errori
che
il
lavoro
svolto
e
il
programma
di
lavoro
del
giorno
seguente
vengono
per
così
dire
messi
a
confronto
col
brano
di
citazione
del
presidente
Mao
che
li
può
riguardare
.
Per
quella
sera
non
ci
sono
state
punizioni
,
ma
ci
possono
essere
.
Uno
dei
direttori
dell
'
albergo
che
tre
anni
fa
,
all
'
epoca
del
mio
primo
viaggio
in
Cina
,
era
il
maggiore
responsabile
,
ora
è
retrocesso
alle
pulizie
e
al
facchinaggio
per
abuso
di
potere
.
Lo
vedo
in
questa
sua
nuova
umile
condizione
di
rieducando
,
per
nulla
turbato
.
Anzi
,
con
mia
grande
sorpresa
,
canta
.
Politica
e
ideologia
(
nell
'
albergo
)
sono
nelle
mani
di
due
guardie
rosse
,
camerieri
come
gli
altri
,
che
però
,
ho
notato
,
lavorano
più
degli
altri
:
sono
due
ragazzi
,
uno
spilungone
che
lavora
freneticamente
alla
lucidatura
degli
ottoni
e
un
altro
addetto
alla
pulizia
delle
camere
.
Con
il
primo
,
che
parla
un
po
'
di
inglese
,
discutiamo
spesso
mentre
lui
sta
appeso
fuori
dalla
finestra
a
pulire
i
vetri
:
devo
accettare
queste
regole
perché
dice
che
non
ha
tempo
.
Mi
spiega
che
sono
avvenute
critiche
molto
severe
durante
la
rivoluzione
culturale
.
La
severità
massima
consiste
nello
svergognamento
pubblico
.
Ho
avuto
varie
testimonianze
di
osservatori
stranieri
che
mi
hanno
parlato
di
molti
casi
di
suicidio
:
l
'
animo
cinese
non
regge
alla
vergogna
e
al
disonore
pubblico
,
giusto
o
ingiusto
che
sia
.
L
'
onore
ha
ancora
molta
importanza
in
Cina
.
Bellezza
Voce
che
richiederebbe
molto
spazio
:
il
senso
della
bellezza
nei
cinesi
comprende
molte
cose
,
e
infinite
sfumature
delle
molte
cose
.
Il
razionalismo
della
struttura
del
pensiero
cinese
sfugge
l
'
assoluto
e
si
indirizza
piuttosto
al
relativo
,
al
particolare
,
in
una
parola
ai
dettagli
.
Rasenta
l
'
assoluto
soltanto
in
un
caso
,
nel
caso
della
calligrafia
,
che
è
la
grande
vocazione
estetica
dei
cinesi
.
Si
rivolge
ai
dettagli
perché
un
minuscolo
dettaglio
non
perfetto
può
sciupare
la
bellezza
di
una
intera
opera
.
Esempio
:
un
sublime
vecchietto
impiegato
in
un
negozio
di
Stato
in
qualità
di
commesso
e
di
intenditore
,
quasi
si
rifiutava
di
vendermi
un
cofanetto
di
cuoio
laccato
:
primo
perché
non
trovava
una
serratura
di
proporzioni
secondo
lui
equivalenti
alla
proporzione
del
cofanetto
poi
perché
,
una
volta
trovata
la
serratura
,
la
chiave
di
questa
,
una
specie
di
grimaldello
di
ottone
mancava
di
un
certo
prolungamento
,
bello
ma
non
necessario
.
La
chiave
funzionava
ma
non
era
perfetta
in
rapporto
al
tutto
,
cioè
all
'
apparizione
dell
'
intero
cofanetto
in
rapporto
con
i
suoi
dettagli
.
Le
proporzioni
di
milioni
di
ideogrammi
,
minuscoli
e
giganteschi
,
che
coprono
in
questi
giorni
Pechino
,
obbediscono
a
questo
concetto
.
Ma
a
questo
concetto
obbediscono
molte
altre
forme
d
'
essere
,
di
apparire
e
di
comportarsi
.
Comportamento
Gli
abitanti
di
Pechino
hanno
appuntato
sul
petto
il
distintivo
di
Mao
.
Sono
rari
quelli
che
ne
hanno
soltanto
uno
,
nella
media
ne
hanno
tre
,
moltissimi
ne
hanno
cinque
o
sei
,
uno
diverso
dall
'
altro
e
il
loro
povero
vestito
brilla
di
questa
sola
ricchezza
,
rossa
,
dorata
e
lucente
.
È
importante
sapere
che
si
comprano
,
non
vengono
regalati
,
né
imposti
.
I
distintivi
sono
di
misure
diverse
,
il
diametro
degli
ultimi
usciti
è
superiore
a
quello
dei
precedenti
e
gli
ultimissimi
hanno
un
diametro
di
circa
dieci
centimetri
.
Sono
di
porcellana
bianca
con
Mao
giovane
a
figura
intera
.
Gli
abitanti
di
Pechino
portano
sempre
con
sé
il
Libretto
Rosso
delle
citazioni
,
consumato
dall
'
assidua
lettura
,
spesso
si
fermano
per
la
strada
e
ne
leggono
qualche
brano
,
a
voce
alta
o
tra
sé
e
sé
.
I
bambini
escono
dalle
scuole
col
Libretto
Rosso
in
mano
e
carichi
di
enormi
distintivi
.
Dovunque
si
formano
gruppi
di
passanti
che
leggono
insieme
le
citazioni
del
presidente
Mao
.
Piccoli
cortei
di
scolari
con
la
bandiera
in
testa
e
il
Libretto
Rosso
in
mano
marciano
per
le
strade
citando
il
pensiero
di
Mao
.
Quando
non
leggono
il
pensiero
di
Mao
si
riuniscono
per
inneggiare
al
nono
congresso
del
partito
.
Questo
è
il
comportamento
degli
abitanti
di
Pechino
:
in
ogni
luogo
,
anche
da
soli
,
anche
non
visti
.
Comportamento
politico
,
o
più
semplicemente
,
comportamento
,
cioè
apparenza
,
quello
che
si
vede
.
Molti
in
Occidente
si
chiedono
:
fino
a
che
punto
l
'
apparenza
coincide
con
la
sostanza
?
Cioè
,
in
altre
parole
,
fino
a
che
punto
il
comportamento
coincide
con
l
'
ideologia
?
O
,
più
grossolanamente
,
ci
credono
o
fanno
finta
di
crederci
?
Personalmente
credo
al
comportamento
,
a
tutti
i
comportamenti
che
vedo
perché
,
veri
o
falsi
,
rappresentano
un
fatto
reale
:
in
Cina
(
ma
dovunque
)
un
insieme
di
comportamenti
politici
crea
una
realtà
politica
di
massa
.
Il
cuore
degli
uomini
è
oscuro
ma
il
loro
comportamento
è
chiaro
,
per
cui
si
può
dire
che
ogni
uomo
si
conosce
non
attraverso
il
suo
cuore
,
che
nessuno
vede
,
ma
attraverso
il
suo
comportamento
che
ognuno
può
vedere
.
Conclusione
:
il
comportamento
politico
di
molti
filoni
di
individui
cinesi
messi
insieme
è
la
politica
cinese
.
Congresso
All
'
imbrunire
si
accendono
le
luci
all
'
interno
del
grande
Palazzo
dei
Congressi
dall
'
architettura
titanica
e
severa
.
Hanno
inizio
i
lavori
.
Sia
di
giorno
che
di
notte
all
'
esterno
del
palazzo
non
c
'
è
anima
viva
e
l
'
interno
stesso
si
direbbe
deserto
:
ai
piedi
delle
scale
che
portano
ai
grandi
portoni
sbarrati
non
ci
sono
automobili
,
bandiere
,
soldati
.
Nessuno
.
Solo
ai
lati
delle
porte
,
seminvisibili
,
stanno
due
piccole
sentinelle
dell
'
esercito
popolare
tutt
'
altro
che
marziali
.
All
'
interno
del
palazzo
si
svolgono
i
lavori
del
nono
congresso
del
partito
comunista
cinese
.
Dopo
l
'
imbrunire
la
piazza
Tien
An
Men
è
deserta
,
percorsa
dal
vento
e
dallo
spazio
.
Il
Palazzo
dei
Congressi
sfuma
piano
piano
nell
'
ombra
.
Non
un
solo
delegato
è
giunto
né
giunge
più
.
Passeggio
solo
intorno
alla
piana
immensa
e
guardo
la
Luna
che
mi
sembra
più
bella
,
più
piccola
e
più
irraggiungibile
che
in
Europa
e
,
spiego
a
me
stesso
,
come
un
bambino
,
che
la
Luna
mi
sembra
più
piccola
perché
mi
sono
allontanato
di
molti
chilometri
dai
luoghi
dove
mi
sembrava
più
grossa
.
Così
passeggiando
arriva
quasi
mezzanotte
.
A
quell
'
ora
le
luci
all
'
interno
del
Palazzo
dei
Congressi
si
spengono
.
Aspetto
.
Nessun
delegato
esce
e
si
fa
notte
.
I
delegati
al
congresso
sono
1512
.
Da
che
parte
entrano
e
da
che
parte
escono
,
dal
momento
che
non
ne
ho
visto
uno
?
Il
giorno
dopo
mi
parlano
di
un
sottopassaggio
che
collega
il
Palazzo
dei
Congressi
alle
zone
residenziali
nella
Città
Proibita
le
cui
mura
sono
di
là
della
strada
.
Ma
nelle
ore
in
cui
vidi
le
luci
prima
accendersi
e
poi
spegnersi
,
non
lo
sapevo
.
Avrei
preferito
continuare
a
non
saperlo
e
ora
provo
insofferenza
e
noia
fisica
per
l
'
uomo
piatto
che
me
l
'
ha
rivelato
.
Sono
quasi
certo
che
un
cinese
non
me
l
'
avrebbe
mai
detto
.
Cultura
Si
esercita
attraverso
lo
studio
del
pensiero
del
presidente
Mao
Tse
Tung
e
attraverso
la
critica
e
l
'
autocritica
.
Nel
suo
scritto
Da
dove
provengono
le
idee
giuste
?
Mao
Tse
Tung
ha
criticato
i
settori
delle
letteratura
e
dell
'
arte
sotto
il
controllo
di
Liu
Shao
Chi
,
in
quanto
ancora
dominati
dai
"
morti
"
,
ha
criticato
il
ministero
della
cultura
dicendo
che
«
se
si
rifiuta
di
cambiare
gli
si
dovrebbe
dare
il
nome
nuovo
di
ministero
degli
imperatori
,
dei
re
,
dei
generali
e
dei
primi
ministri
,
il
ministero
dei
dotti
e
delle
beltà
o
il
ministero
degli
stranieri
morti
»
.
Ha
detto
inoltre
,
in
altra
occasione
:
«
L
'
uomo
ha
arterie
e
vene
che
,
per
mezzo
del
cuore
,
permettono
la
circolazione
del
sangue
;
l
'
uomo
respira
attraverso
i
polmoni
espirando
anidride
carbonica
ed
aspirando
ossigeno
fresco
;
questo
significa
espellere
ciò
che
è
alterato
e
assorbire
il
nuovo
.
Nella
stessa
maniera
un
partito
proletario
deve
espellere
ciò
che
è
alterato
e
assorbire
il
nuovo
per
essere
pieno
di
dinamismo
.
Senza
espulsione
dei
rifiuti
e
assorbimento
del
sangue
nuovo
non
potrebbe
essere
dinamico
»
.
Ho
riferito
queste
due
citazioni
di
Mao
Tse
Tung
,
già
ricordate
da
Lin
Piao
al
nono
congresso
nel
contesto
della
voce
"
cultura
"
perché
esse
riassumono
,
a
mio
parere
con
grande
esattezza
,
il
panorama
della
cultura
oggi
in
Cina
.
Esso
mostra
,
con
la
rivoluzione
culturale
,
il
processo
di
eliminazione
della
vecchia
cultura
da
parte
della
nuova
cultura
.
Cos
'
è
la
cultura
vecchia
e
cos
'
è
la
cultura
nuova
?
La
cultura
vecchia
è
tutto
ciò
che
esisteva
in
Cina
e
ancora
esiste
nel
mondo
prima
dell
'
azione
(
rivoluzione
della
cultura
precedente
chiamata
cultura
di
classe
)
.
La
cultura
nuova
è
appunto
la
dinamica
di
distruzione
della
vecchia
cultura
e
la
costruzione
della
nuova
secondo
il
pensiero
di
Mao
.
L
'
immenso
successo
del
Libretto
Rosso
tra
i
giovani
è
la
prova
-
fenomeno
del
successo
della
teoria
.
La
tabula
rasa
attira
,
ha
sempre
attirato
nella
storia
dell
'
uomo
.
Da
tutto
ciò
dovrebbe
sorgere
l
'
uomo
nuovo
.
A
Pechino
l
'
università
è
chiusa
,
dentro
vivono
gli
studenti
delle
diverse
facoltà
che
studiano
l
'
applicazione
del
pensiero
di
Mao
nello
studio
.
I
musei
sono
chiusi
,
il
palazzo
imperiale
chiuso
.
Le
scuole
elementari
sono
aperte
e
vi
si
studia
il
pensiero
di
Mao
da
applicare
allo
studio
delle
altre
materie
.
Dolciumi
In
tutti
i
negozi
di
alimentari
e
nei
grandi
magazzini
si
vendono
moltissime
qualità
di
dolciumi
.
I
reparti
sono
sempre
molto
affollati
.
Tutti
mangiano
dolciumi
con
attenzione
e
lentezza
.
Si
vedono
uomini
maturi
,
soldati
,
ficcare
la
mano
dentro
il
sacchettino
di
dolciumi
appena
comprato
,
tirare
fuori
un
dolcetto
,
guardarlo
bene
e
poi
sgranocchiarlo
.
Fotografie
Sì
vendono
moltissime
fotografie
di
Mao
Tse
-
tung
in
bianco
e
nero
,
a
colori
e
in
vari
formati
.
C
'
è
la
serie
della
sua
vita
,
dalla
gioventù
ai
nostri
giorni
.
Ci
sono
altre
fotografie
di
Mao
Tse
-
tung
con
Lin
Piao
.
Poi
altre
di
Mao
Tse
-
tung
,
Lin
Piao
e
Ciu
En
-
lai
.
Ho
osservato
attentamente
queste
ultime
.
Sono
state
scattate
in
luoghi
diversi
ma
conservano
le
stesse
attitudini
e
le
stesse
distanze
:
in
primo
piano
Mao
Tse
-
tung
,
un
passettino
indietro
Lin
Piao
,
due
passi
indietro
Ciu
En
-
lai
.
Questa
è
la
distanza
che
separa
sempre
le
tre
figure
,
in
qualunque
luogo
,
attitudine
o
movimento
essi
si
trovino
ad
essere
.
Grazie
In
cinese
si
dice
scié
-
scié
,
con
l
'
accento
sulla
e
,
e
si
pronuncia
in
modo
infantile
,
come
certi
suoni
di
neonati
,
talvolta
accompagnato
da
un
piccolo
inchino
.
Non
sempre
.
Riflettere
a
lungo
e
provare
e
riprovare
tra
sé
la
grazia
e
la
bizzarria
di
questo
vocabolo
.
Guardie
rosse
Attualmente
avviate
,
nella
grande
massa
,
al
lavoro
nelle
campagne
;
alcune
hanno
assunto
ruoli
di
responsabilità
produttiva
e
politica
nelle
città
.
Poche
in
giro
per
Pechino
.
Sono
di
solito
inquadrate
in
drappelli
di
una
ventina
e
marciano
al
ritmo
di
slogan
e
citazioni
dall
'
alba
al
tramonto
.
Spesso
si
fermano
e
leggono
brani
del
pensiero
di
Mao
in
coro
.
Alcuni
drappelli
hanno
il
mazziere
in
testa
,
un
ragazzino
che
rotea
il
bastone
con
immenso
orgoglio
,
come
fanno
gli
inglesi
e
gli
americani
.
Non
credo
sia
abitudine
e
tradizione
cinese
.
Sono
ragazzi
e
ragazze
vestiti
molto
poveramente
,
con
fascia
rossa
al
braccio
,
molti
distintivi
,
una
sportina
di
plastica
in
mano
.
Ho
chiesto
a
chi
stava
con
me
di
parlare
un
po
'
con
loro
ma
mi
ha
detto
che
preferiscono
non
essere
disturbati
nel
loro
lavoro
.
Che
lavoro
?
Politico
,
ideologico
.
Sono
drappelli
sparsi
,
isolati
,
marciano
tutto
il
giorno
,
un
po
'
vaganti
,
a
caso
,
anche
in
lunghissime
vie
semideserte
della
periferia
.
Non
ridono
,
non
sorridono
.
Si
vedono
qua
e
là
.
I
passanti
non
li
notano
.
Fanno
chilometri
..
StampaQuotidiana ,
La
storia
della
fortuna
dell
'
Aminta
è
,
s
'
intende
,
la
storia
delle
scoperte
e
degli
errori
del
lavoro
e
del
pensiero
critico
intorno
all
'
Aminta
,
storia
del
gusto
in
senso
alto
;
e
noi
la
faremo
,
più
specialmente
,
per
gli
ultimi
cinquant
'
anni
.
Da
quando
il
Carducci
,
con
i
suoi
tre
famosi
saggi
(
I
°
L
'
«
Aminta
»
e
la
vecchia
poesia
pastorale
;
2°
Precedenti
dell
'
«
Aminta
»
;
3°
Storia
dell
'
«
Aminta
»
)
,
tutto
cercò
,
a
tutto
badò
,
tranne
che
all
'
arte
dell
'
Aminta
,
alla
sua
formazione
,
anzi
alla
sua
elaborazione
,
fino
agli
ultimi
studi
,
volti
a
considerare
l
'
Aminta
in
sé
,
nel
suo
valore
poetico
,
ma
scissa
quasi
sempre
dalla
sua
vera
ragione
e
condizione
.
E
non
parliamo
dei
tradimenti
operati
dalla
critica
(
se
così
deve
chiamarsi
)
psicologica
e
romanticheggiante
che
,
al
solito
,
contagiò
l
'
esame
di
quella
«
favola
»
,
in
tutto
risolta
e
liberata
,
con
la
sovrapposizione
della
biografia
del
Tasso
.
L
'
arte
del
Tasso
fu
,
per
quella
cosiddetta
critica
,
un
pretesto
per
raccontare
,
complicandole
,
le
vicende
della
sua
vita
,
e
vederne
il
riflesso
,
per
l
'
appunto
,
in
una
delle
sue
opere
che
ne
restò
impeccabilmente
immune
.
I
critici
estetici
,
più
nel
vero
,
non
fecero
che
sviluppare
,
ma
spesso
astrattamente
,
più
con
sottigliezza
che
su
una
fidata
lettura
,
un
giudizio
del
De
Sanctis
,
sia
che
vi
si
accordassero
sia
che
se
ne
scostassero
;
un
giudizio
preparato
e
lavorato
nel
capitolo
,
sul
Tasso
,
della
sua
Storia
della
Letteratura
italiana
,
e
che
ribalena
nel
principio
del
capitolo
sul
Marino
.
«
Questo
mondo
lirico
,
che
nella
Gerusalemme
si
trova
mescolato
con
altri
elementi
,
apparisce
in
tutta
la
sua
purezza
idillica
ed
elegiaca
nell
'
Aminta
.
Ivi
il
Tasso
incontra
il
vero
mondo
del
suo
spirito
e
lo
conduce
a
grande
perfezione
»
.
Il
De
Sanctis
scoperse
questo
mondo
,
«
mescolato
con
altri
elementi
»
,
nella
Gerusalemme
.
Un
cenno
fuggevole
al
Rinaldo
,
un
insufficiente
cenno
alle
Rime
(
«
Delle
sue
rime
sopravvive
qualche
sonetto
e
qualche
canzone
,
effusione
di
anima
tenera
e
idillica
.
Invano
vi
cerco
i
vestigi
di
qualche
seria
passione
.
Repertorio
vecchio
di
concetti
e
di
forme
,
con
i
soliti
raffinamenti
»
,
e
seguitando
:
«
I
sentimenti
umani
sono
petrificati
nell
'
astrazione
di
mille
personificazioni
....
e
nel
gelo
di
dottrine
platoniche
e
di
forme
petrarchesche
»
)
,
rendono
chiaro
che
a
intendere
la
formazione
dell
'
Aminta
,
il
farsi
del
suo
linguaggio
,
era
al
tutto
fuori
strada
;
e
gli
mancava
il
gusto
per
queste
esplorazioni
.
Ma
dopo
?
Il
Carducci
perseguì
,
secondo
il
suo
costume
,
la
storia
(
storia
invero
tutta
esterna
)
della
particolare
forma
(
o
genere
)
di
quella
«
favola
pastorale
,
o
più
largamente
boschereccia
e
campestre
»
,
non
s
'
interessò
al
determinarsi
della
più
personale
forma
e
espressione
:
e
del
resto
mostrava
di
apprezzare
poco
le
Rime
,
e
di
conoscerle
ancora
meno
:
e
gli
sfuggì
il
problema
.
L
'
edizione
delle
Rime
del
Solerti
,
se
pure
incompiuta
e
imperfetta
,
ma
ragguardevole
,
non
decise
gli
studiosi
a
considerarle
altro
che
fuggevolmente
.
Il
Sainati
ne
cavò
una
sorta
di
commentario
perpetuo
,
ricco
di
osservazioni
e
notizie
puntuali
,
e
basta
.
Ma
il
suo
esame
né
lui
né
altri
poi
lo
approfondirono
.
Le
Rime
del
Tasso
rimasero
un
libro
non
letto
;
o
letto
e
frainteso
,
come
nel
caso
del
Donadoni
,
critico
per
eccellenza
impigliato
in
compromessi
psicologistici
,
impigliato
nelle
difficoltà
di
non
saper
risolvere
i
rapporti
tra
biografia
e
poesia
,
poetica
e
poesia
.
E
non
è
a
dire
che
quanti
si
misero
a
cercarle
in
seguito
fossero
trattenuti
dalle
imperfezioni
del
lavoro
del
Solerti
,
dal
suo
apparato
critico
difettoso
,
che
non
arriva
a
fare
storia
,
perché
non
chiarisce
i
tempi
e
i
passaggi
delle
varie
lezioni
,
e
insomma
i
tempi
del
linguaggio
poetico
delle
Rime
(
storia
che
noi
aspettiamo
da
un
giovane
a
ciò
preparato
,
il
Caretti
,
il
quale
darà
per
la
«
Crusca
»
la
novissima
edizione
delle
Rime
)
:
la
loro
attenzione
non
degnava
simili
squisitezze
.
La
ragione
è
invece
un
'
altra
.
Quei
distratti
lettori
,
per
dirla
semplicemente
,
non
s
'
accorsero
,
non
sospettarono
che
da
quelle
Rime
fosse
nata
l
'
Aminta
;
e
che
nasce
proprio
di
lì
il
suo
esprimersi
fuso
corrente
,
la
sua
metrica
,
la
sua
musica
,
anzi
ne
è
essa
,
sotto
questo
triplice
aspetto
,
la
conclusione
e
l
'
arricchimento
.
Mettiamoci
pure
l
'
influenza
di
quei
tanti
poeti
latini
e
cinquecentisti
che
scrissero
favole
pastorali
,
o
boscherecce
e
campestri
,
e
idilli
e
egloghe
;
e
mettiamoci
,
ancora
più
,
gli
elegiaci
latini
,
come
vide
il
Foscolo
.
Se
di
qui
viene
un
particolare
tono
e
impasto
,
e
un
'
inventività
melica
(
ben
altro
,
dunque
,
che
lo
studio
d
'
una
forma
e
d
'
un
genere
)
,
il
farsi
e
graduarsi
di
quel
tono
o
impasto
,
di
quella
inventività
melica
,
è
da
ricercare
appunto
nelle
Rime
del
Tasso
che
precedono
l
'
Aminta
(
ben
altro
,
dunque
,
che
«
portento
»
,
come
parve
al
Carducci
)
.
Ma
bisogna
distinguere
tra
rime
e
rime
.
Io
direi
che
l
'
avvio
alla
felicità
espressiva
dell
'
Aminta
,
nei
suoi
momenti
più
alti
,
è
da
ricercare
nei
madrigali
,
nello
stile
madrigalesco
;
la
durata
della
favola
,
nella
somma
delle
rime
nei
più
diversi
timbri
.
Il
Tasso
,
come
tutti
i
lirici
del
'500
,
pagò
prima
il
suo
tributo
al
bembismo
,
specie
nei
sonetti
,
in
quei
sonetti
di
una
tecnica
sempre
un
poco
«
scostata
»
,
che
ora
riflette
come
in
un
indifferente
specchio
l
'
autobiografismo
irrisolto
e
l
'
aggrava
,
ora
raggela
la
ineguale
lirica
occasionale
.
Per
questa
via
non
s
'
arriva
al
parlato
dell
'
Aminta
,
né
s
'
arriva
alle
risoluzioni
ariose
di
quel
parlato
,
né
,
tanto
meno
,
s
'
arriva
agl
'
intermedii
e
ai
cori
.
Ma
i
madrigali
sono
il
superamento
del
bembismo
(
crisi
per
saturazione
)
,
sebbene
di
pura
tecnica
,
e
perciò
stesso
affinamento
non
superamento
,
e
sostituiscono
al
rallentato
dei
sonetti
un
leggerissimo
fugato
,
con
un
gioco
di
esili
ritmi
e
un
contrappunto
labile
(
riscattano
però
anche
il
dato
biografico
in
fantasia
,
consumano
e
riconsumano
quel
dato
biografico
)
.
Ora
,
certe
parti
dell
'
Aminta
,
stando
tra
questi
due
opposti
modi
(
o
dizioni
)
,
e
rappresentandone
il
potente
accordo
,
sostengono
la
recitazione
dei
sonetti
con
un
accento
più
caldo
e
sciolto
,
il
fugato
dei
madrigali
con
un
respiro
poetico
.
Così
il
sofferto
si
cela
dietro
le
figure
e
i
miti
,
quasi
con
un
vivo
colore
di
perla
;
la
tecnica
,
né
tesa
né
sottesa
,
ha
una
sua
rozzezza
limpida
e
elegante
.
Fu
detto
che
l
'
Aminta
è
tutto
un
madrigale
;
io
direi
che
è
il
presentimento
della
favolosa
e
felice
opera
in
musica
settecentesca
e
,
come
in
essa
,
la
stessa
sensualità
è
felice
,
e
la
malinconia
è
felice
,
tutto
ombra
felice
.
Ma
c
'
è
un
'
altra
qualità
intrinseca
che
l
'
avvicina
alla
nominata
opera
in
musica
(
e
si
pensi
alla
musica
più
che
alle
parole
)
:
quello
sciogliersi
del
recitativo
e
del
parlato
in
canto
,
quel
salire
gradatamente
di
tono
fino
al
canto
.
Già
il
recitativo
,
il
parlato
,
porta
sempre
nell
'
Aminta
un
'
aria
di
canto
,
non
è
mai
prosastico
;
ed
è
quella
motivazione
del
recitativo
a
colorire
il
canto
,
direi
ad
appassionarlo
.
Uno
stile
madrigalesco
,
ma
nutrito
,
inebriato
.
Il
De
Sanctis
disse
che
l
'
interesse
dell
'
Aminta
«
è
tutto
nella
narrazione
,
sviluppata
liricamente
»
.
Avvicinate
i
due
termini
,
narrazione
,
lirica
,
e
dite
piuttosto
che
,
più
che
narrare
e
rinarrare
,
nell
'
Aminta
si
modula
e
rimodula
,
con
una
dolce
sazietà
.
Di
atto
in
atto
,
certi
temi
sono
riproposti
con
una
sempre
maggiore
affettuosità
d
'
intonazione
,
si
riprovano
in
tutta
la
loro
capacità
emotiva
.
Cosicché
se
le
parti
narrative
generano
ognuna
modi
più
liberi
e
sciolti
,
nella
stessa
logica
degli
atti
,
e
della
favola
intera
,
accadono
queste
fortunate
risollevazioni
.
A
posta
forse
il
Tasso
cominciò
l
'
Aminta
con
un
«
prologo
»
,
e
la
compì
con
un
«
epilogo
»
,
come
in
due
direzioni
distanti
e
congiunte
,
due
segni
,
due
simboli
;
quello
in
tutti
endecasillabi
,
questo
in
strofe
liriche
.
E
secondo
la
stessa
logica
finì
gli
atti
con
i
cori
e
gli
intermedii
,
cioè
con
strofe
liriche
.
Questi
cori
,
questi
intermedii
,
e
più
le
parti
liriche
portate
in
cima
dal
parlato
,
sono
il
fiore
della
poesia
tassesca
.
Nascono
insieme
da
ispirazione
e
da
un
mestiere
stragrande
.
Varrebbe
la
pena
farne
la
storia
.
Una
,
tutta
presente
,
toccante
,
e
vi
abbiamo
accennato
parlando
di
quello
stile
madrigalesco
motivato
dal
recitativo
,
un
'
altra
,
più
lontana
,
più
lunga
,
e
bisognerebbe
,
per
illustrarla
,
risalire
alle
Rime
e
alla
loro
formazione
lentissima
.
Per
far
questo
,
s
'
aspetta
che
il
Caretti
ci
abbia
dato
il
suo
studio
delle
lezioni
varianti
.
StampaQuotidiana ,
Mettiamola
subito
in
soldoni
:
che
furbo
,
questo
Arthur
Miller
.
Magari
senza
neanche
sospettarlo
,
che
volpone
.
Ecco
che
in
Uno
sguardo
dal
ponte
,
spettacolo
a
gran
successo
della
compagnia
Morelli
-
Stoppa
con
la
regia
di
Luchino
Visconti
,
egli
ci
presenta
un
dramma
verità
,
quasi
rusticano
nei
personaggi
,
non
privo
,
persino
di
folclore
;
un
dramma
a
grossi
effetti
,
abile
,
serrato
,
teso
,
secondo
i
più
collaudati
moduli
del
grosso
mestiere
di
Broadway
e
della
tecnica
di
Hollywood
;
e
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
spigolo
d
'
una
situazione
scabrosa
e
teatralissima
,
insinua
motivi
alieni
,
di
tragico
moralismo
,
di
,
preoccupata
socialità
e
di
psicanalisi
.
Poteva
mancare
,
la
psicanalisi
?
Non
poteva
mancare
.
Tali
inserti
amplificatori
Miller
li
inette
in
bocca
a
una
specie
di
personaggio
-
coro
,
l
'
italo
-
americano
avvocato
Alfieri
che
commenta
la
vicenda
e
a
un
certo
punto
vi
interviene
;
e
ne
fa
la
materia
d
'
una
prefazione
,
a
questo
e
a
un
altro
dramma
in
un
atto
,
Ricordo
di
due
lunedì
,
recentemente
raccolti
in
volume
:
una
prefazione
in
cui
si
parla
di
«
mito
greco
»
,
di
«
fato
»
,
di
«
mistero
»
,
ma
con
una
sorta
di
patetica
perplessità
,
che
sa
lontano
un
miglio
di
assimilazioni
culturali
non
differenziate
,
proprio
da
autodidatta
;
e
che
,
dunque
,
non
esce
dal
generico
.
Perché
,
siamo
giusti
,
cos
'
è
Uno
sguardo
dal
ponte
se
non
un
grosso
fatto
di
cronaca
,
magistralmente
raccontato
?
È
inutile
che
l
'
autore
,
tramite
il
personaggio
-
coro
,
cerchi
di
iniettarvi
significati
più
ampi
:
il
personaggio
-
coro
qui
,
appartiene
alla
categoria
stilistica
delle
«
voci
fuori
campo
»
del
cinema
,
non
esce
da
quelle
funzioni
,
esclusivamente
pratiche
,
di
logica
narrativa
.
Per
dirla
dura
dura
,
ecco
qua
:
non
si
può
fare
il
Brecht
quando
non
lo
si
è
.
La
storia
di
Eddie
Carbone
,
scaricatore
italiano
del
porto
di
Nuova
York
,
immigrato
siciliano
che
vive
nel
quartiere
di
Brooklyn
con
la
moglie
e
una
nipote
,
della
quale
è
oscuramente
innamorato
,
va
benissimo
,
indifferentemente
,
per
una
cronaca
in
rotocalco
(
«
Un
fatto
che
vi
farà
piangere
»
)
e
per
un
ruvido
dramma
verista
come
questo
.
Eddie
Carbone
accoglie
in
casa
due
compaesani
,
due
cugini
della
moglie
,
appena
arrivati
dalla
Sicilia
,
due
immigrati
clandestini
;
così
facendo
,
li
sottrae
al
controllo
dell
'
ufficio
Emigrazione
ed
essi
possono
lavorare
indisturbati
nel
porto
,
con
lui
.
Ma
il
più
giovane
dei
due
,
Rodolfo
,
che
è
scapolo
ed
è
un
bel
ragazzo
biondo
,
melodico
e
discretamente
fine
,
si
innamora
della
ragazza
,
Caterina
,
e
ne
è
riamato
.
Eddie
spasima
d
'
una
gelosia
della
quale
non
capisce
la
vera
natura
;
tenta
di
tutto
per
separare
i
due
,
a
un
certo
punto
insinua
persino
che
il
ragazzo
non
sia
normale
.
Poi
,
quando
vede
che
non
c
'
è
più
niente
da
fare
,
si
decide
a
compiere
l
'
azione
indegna
:
denuncia
la
presenza
dei
due
immigrati
clandestini
alle
autorità
.
Rodolfo
e
Marco
vengono
dunque
arrestati
,
ma
mentre
il
primo
sposando
Caterina
regolerà
la
propria
posizione
e
potrà
tranquillamente
restarsene
negli
Stati
Uniti
,
il
secondo
,
che
ha
in
Sicilia
moglie
e
figli
,
dovrà
essere
rimpatriato
.
Prima
però
si
vendica
,
uccidendo
con
una
coltellata
,
al
culmine
d
'
una
specie
di
duello
rusticano
,
nella
stretta
strada
di
Brooklyn
,
fra
una
cerchia
di
spettatori
,
uomini
e
donne
,
neri
,
ammutoliti
e
oscuramente
solidali
,
il
delatore
.
Tutto
ciò
non
va
assolutamente
al
di
là
di
quelli
che
sono
i
limiti
naturali
di
un
siffatto
aneddoto
drammatico
.
C
'
è
efficacia
,
linguaggio
preciso
,
il
personaggio
di
Eddie
ha
una
sua
scontrosa
evidenza
teatrale
;
ma
non
altro
.
Nulla
autorizza
a
parlare
di
«
tragedia
sociale
»
,
di
«
fato
»
,
di
«
mito
greco
»
.
E
a
voler
proprio
guardar
le
bucce
,
altro
che
trovare
significati
;
dovremmo
aggiungere
che
questo
mondo
di
immigrati
dell
'
Italia
del
Sud
nei
quartieri
popolari
di
Nuova
York
è
visto
in
modo
assai
convenzionale
,
i
personaggi
sono
appena
segnati
,
d
'
una
elementarità
che
,
lungi
dall
'
essere
tragica
,
rischia
di
parere
banale
.
I
motivi
poi
di
richiamo
ai
famosi
processi
delle
streghe
,
all
'
intolleranza
e
alla
discriminazione
del
maccartismo
di
cui
anche
Miller
è
stato
vittima
,
bisogna
proprio
andarli
a
tirare
per
i
capelli
,
per
portarli
in
campo
.
Ma
Luchino
Visconti
ha
colto
un
'
altra
volta
l
'
occasione
Miller
per
creare
un
grande
spettacolo
;
ed
è
ciò
che
giustifica
la
scelta
del
testo
e
ne
spiega
il
successo
di
pubblico
.
Nella
scena
ideata
da
Mario
Garbuglia
,
realistica
e
insieme
allusiva
,
che
evoca
in
anodo
suggestivo
(
peccato
che
,
qui
a
Milano
,
la
prospettiva
sia
stata
un
po
'
sacrificata
dall
'
angustia
del
boccascena
)
l
'
ambiente
di
Brooklyn
e
del
porto
,
i
personaggi
si
muovono
con
una
assai
plausibile
naturalezza
espressiva
.
Paolo
Stoppa
è
un
Eddie
Carbone
perfetto
,
così
drammaticamente
caratterizzato
,
brusco
e
angosciato
.
Rina
Morelli
dà
alla
moglie
di
Eddie
quella
dolorosa
dolcezza
che
fece
un
personaggio
indimenticabile
della
moglie
di
Willy
Loman
,
il
commesso
viaggiatore
.
Sergio
Fantoni
e
Corrado
Pani
sono
seccamente
efficaci
nelle
parti
dei
due
immigrati
clandestini
e
,
con
Stoppa
,
danno
al
fosco
dramma
una
coloritura
meridionale
(
questa
sì
,
che
sa
d
'
antico
fato
)
,
con
quella
parlata
alla
siciliana
,
che
è
una
trovata
registica
.
Ilaria
Occhini
è
semplice
e
fresca
.
E
poi
c
'
è
lo
sfondo
,
le
lamentazioni
finali
,
gli
effetti
luce
,
la
colonna
sonora
;
il
personaggio
-
coro
:
l
'
abile
Marcello
Giorda
.
Una
scorpacciata
:
ma
d
'
alta
cucina
teatrale
.
StampaQuotidiana ,
Il
ritorno
di
Eduardo
De
Filippo
,
ieri
sera
,
all
'
Odeon
,
non
poteva
essere
più
allegramente
vittorioso
.
Eccolo
al
comando
di
quella
«
scarpettiana
»
,
già
arrivata
,
se
non
andiamo
errati
,
al
terzo
anno
di
vita
;
e
interprete
di
una
delle
più
meccanicamente
spassose
farse
di
Eduardo
Scarpetta
,
quel
Medico
dei
pazzi
che
non
è
stato
mai
rappresentato
a
Milano
e
che
,
pur
vivendo
per
tre
atti
su
una
trovata
unica
,
ripetuta
in
una
serie
di
situazioni
consimili
,
ha
una
sua
irresistibile
forza
comica
.
Si
sa
come
Eduardo
Scarpetta
,
grande
attore
comico
e
,
in
Miseria
e
nobiltà
,
che
è
il
suo
capolavoro
,
notevolissimo
commediografo
,
fabbricava
i
copioni
di
quei
suoi
facili
successi
al
«
San
Carlino
»
che
egli
aveva
fatto
rivivere
:
prendeva
le
pochades
e
i
vaudevilles
francesi
e
li
napoletanizzava
,
tenendo
buona
la
trama
(
vedi
la
famosa
Na
santarella
,
da
Ma
'
selle
Nitouche
)
e
l
'
ossatura
generale
,
ma
introducendovi
una
serie
di
spunti
,
di
invenzioni
e
di
personaggi
nuovi
;
e
soprattutto
,
facendo
girare
tutto
attorno
a
quel
suo
eterno
lepido
protagonista
,
Don
Felice
Sciosciammocca
,
che
sostituì
efficacemente
la
maschera
di
Pulcinella
.
Erano
commedie
costruite
su
misura
per
quella
sua
comicità
estemporanea
e
violentemente
mimica
,
testi
che
non
vanno
dunque
giudicati
disgiunti
da
una
interpretazione
.
Eduardo
,
rinnova
gli
«
exploits
»
interpretativi
di
Scarpetta
,
rendendo
vivo
e
divertente
un
copione
che
di
per
sé
ha
ben
poco
.
Qui
Felice
Sciosciammocca
è
un
provinciale
,
venuto
a
Napoli
con
la
moglie
e
la
figliastra
,
per
incontrarsi
con
un
nipote
che
egli
ha
mantenuto
per
anni
agli
studi
.
Ora
il
giovanotto
,
scapestrato
,
giocatore
e
gaudente
,
gli
ha
dato
a
intendere
d
'
essersi
laureato
e
,
specializzato
in
psichiatria
,
d
'
esercitare
la
professione
,
dirigendo
una
clinica
per
alienati
.
La
trovata
consiste
in
questo
:
che
il
giovanotto
spaccia
per
casa
di
salute
dei
pazzi
una
tranquilla
pensione
nella
quale
vive
un
suo
amico
e
la
comicità
deriva
dalle
situazioni
in
cui
viene
a
trovarsi
il
candido
Don
Felice
che
scambia
per
più
o
meno
pericolosi
malati
di
mente
gli
esagitati
ospiti
della
pensione
stessa
.
È
facile
immaginarsi
le
risorse
che
un
attore
come
Eduardo
può
cavare
da
una
serie
di
scontri
del
genere
;
anche
perché
non
si
direbbe
proprio
,
a
giudicare
da
queste
scene
,
che
i
clienti
della
pensione
abbiano
,
come
si
dice
,
tutte
le
rotelle
a
posto
.
Ecco
dunque
un
Eduardo
col
parrucchino
che
gli
piove
sulle
sopracciglia
,
un
volto
cavo
e
spaurito
,
una
giacca
lunga
come
la
fame
,
un
grosso
ombrello
appeso
al
braccio
;
e
quei
suoi
toni
di
terrore
,
di
stupore
,
di
angoscia
esilarante
,
quelle
sue
trovate
mimiche
;
e
,
nel
nobile
istrionismo
di
una
parte
del
genere
,
quel
suo
non
passar
mai
la
misura
.
Irresistibile
e
applauditissimo
.
Come
sono
stati
applauditissimi
intorno
a
lui
il
bravissimo
Franco
Sportelli
,
dalla
comicità
spiritata
e
nervosa
,
Pupella
Maggio
,
colorita
caratterista
,
Ugo
D
'
Alessio
,
Pietro
De
Vico
,
ottima
«
spalla
»
,
Pietro
Carloni
,
Anna
Maria
Ackerman
,
quel
tipico
interprete
napoletano
,
specializzato
in
buffe
e
corpulente
macchiette
,
che
è
Salvatore
Cafiero
,
e
tutti
gli
altri
.