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> anno_i:[1940 TO 1970}
LE ' STANZE ' O DEL CHIASMO ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1942 )
StampaQuotidiana ,
Si farà dunque un ' edizione delle Stanze ? La « Biblioteca Nazionale Le Monnier » annuncia ora gli Scritti in volgare del Poliziano a cura di Natalino Sapegno , e a un ' edizione critica delle Stanze lavora il Pernicone . I tempi sarebbero maturi . Negli ultimi dieci anni l ' arte del Poliziano ebbe interpreti assai fini , portato della novissima cultura volta particolarmente alla scoperta del linguaggio poetico , e a certe distinzioni rivelatrici tra poesia e poesia della poesia . Il Poliziano è il rappresentante tipico di questa poesia della poesia . Solo che il suo testo è ancora quello dato dal Carducci nel '63 , vecchio ormai . Il Carducci ebbe il merito , allora , di restaurare in buona parte la lezione giusta , contro le edizioni cinquecentesche , nobilitate ma offese , secondo le teorie del Bembo . Compì il lavoro a mezzo . Perché conobbe , sì , direttamente i due Codici riccardiani 2723 e 1576 ( il primo assai importante , perché compilato vivente il Poliziano ) , ma gli altri codici solo attraverso le stampe su essi redatte , e se ne fidò . Non fece la storia dei codici , non ne accertò il valore , e portò nella scelta della varia lezione le sue particolarissime preferenze . Il Carducci , spesso così giusto lettore , fu talvolta non pacato lettore ; e nella edizione del Poliziano , davanti a errori passati di codice in codice quasi per ozio della mente , né ebbe il coraggio di congetturare né ci lasciò nel commento ombra di dubbio . Quel quinto verso , ad esempio , della stanza CII ( « L ' altra al bel petto e bianchi omeri intesa » ) , così com ' è , non dà senso probabile . Altri l ' ha piegato a un ' interpretazione strana , con un ' aperta violazione della parola intesa ( « intenta , chinata coi suoi bianchi omeri » ) ; io correggerei sicuramente : « L ' altra al bel petto e a ' bianchi omeri intesa » . Ma più errò il Carducci nelle preferenze . E finché non ci saranno altre prove , noi contrapporremo le nostre preferenze , confortate dall ' autorità dei Codici riccardiani . Nella stanza LIV , il verso secondo suona così in quei codici : « E da questi arbor cade maggior l ' ombra » , che popola il luogo d ' alberi e ombre ( « all ' ombre » , dice infatti il v . 7 della stanza LII ) . Ma il Carducci accetta l ' altra lezione ricavata dalle stampe , forse da un errore di quelle stampe ( « E da quest ' arbor ecc . » ) . Il principio della stanza XXXIII chi non lo ricorda ? « Ah quanto a mirar lulio è fera cosa ! Rompe ecc . » . E il Carducci annota : « Veramente i due Codd . ricc . leggono romper la via , non interrompendo il periodo dopo l ' esclamazione del primo verso . Ma la lezione delle stampe fa molto più viva ed efficace la descrizione » . Che non è osservazione esatta . La lezione delle stampe rallenta invece la descrizione , toglie la giusta proporzione delle parti , confonde e livella quelle parti . La lezione dei codici , oltre la novità di quell ' impetuoso romper , riempie di meraviglia il secondo e il terzo verso , gli altri tre , com ' è giusto , lascia un poco in ombra , per quella dizione stremata , come fosse un particolare aggiunto alla pittura che ha il suo accento massimo su romper , e non dura al di là del terzo verso . Senza dire che questo è un esempio di bellissima , infrazione al comporre polizianesco per distici , a quell ' ottava concertante che fu delizia , e anche croce , del Poliziano . E prima di tutto fu delizia . Da questa specie di ottava , si sa , il Poliziano cavò tutti gli effetti , e vi lavorò con finissimi artifici . Pareva avvertisse che nel rigore di quella « divisione » stesse la sua salvezza , e che l ' asciuttezza delle impressioni , la diversità delle influenze non potessero trovare che in quella forma la loro giustificazione , il riscatto . Ciascuna delle influenze si traduceva in lui in impressione fortissima , e ciascuna impressione traboccava in un distico o in un verso solo . Dalla varietà poi nasceva l ' accozzo , concordante o discordante , ma sempre un accozzo . La sua natura ripugnava agli sviluppi , alla diffusione . Descriveva per segni rapidi , per cenni , quasi per simboli . Nessuna ricchezza di partitura , che pur qualche volta gli sarebbe servita per fondere e sostenere la narrazione , per esempio nella scena della caccia . Preferì un comporre per momenti , puntuale , vivacissimo , anche se talvolta secco . Rovesciò l ' ordine delle similitudini , delle similitudini classiche protratte e appoggiate sui due pernii soliti ( come .... così ) ; riassorbì l ' una parte , la seconda , e sempre dié risalto all ' altra , la prima , in una sorta d ' improvviso , come per ribadimento e chiusa del discorso . Non sacrificò mai nulla alla composizione , accettò il suo limite quasi per sfida . Ma nel suo limite si dimostrò artista impareggiabile . E variò continuamente l ' ordine della sua sintassi , con modi bellissimi . « Feciono e ' boschi allor dolci lamenti , E gli augelletti a pianger cominciorno » . Creata la distanza dei verbi , ecco crearsi come un doppio di spazio , ecco una maggior vaghezza dell ' armonia sostenuta su quei termini distanti , particolarmente addolciti dal colore antico e popolaresco ( il colore antico e popolaresco che salvò il Poliziano dall ' alessandrinismo ) . Come si chiama per figura quell ' allontanare due stessi elementi sintattici di un periodo e avvicinarne due altri ? Si chiama « chiasmo » . Poliziano adoprò il chiasmo come base del suo armonizzare . « Or poi che il sol sue rote in basso cala . E da quest ' arbor cade maggior l ' ombra , Già cede al grillo la stanca cicala , Già il rozo zappator del campo sgombra ecc . » . Ecco altro effetto dal medesimo artificio , fuggire nella successione la monotonia , con una perfetta alternanza . Ma l ' esempio più bello forse è dato dalla stanza XXV , che è uno dei miracoli del Poliziano , e su cui nulla ha potuto né l ' abitudine della memoria né il ricordo scolastico : Zefiro già di bei fioretti adorno Avea de ' monti tolta ogni pruina : Avea fatto al suo nido già ritorno La stanca rondinella peregrina : Risonava la selva intorno intorno Soavemente all ' ora mattutina : E la ingegnosa pecchia al primo albore Giva predando or uno or altro fiore . Con un doppio chiasmo che regola le due parti dell ' ottava , ciascuna di quattro versi , s ' ottiene nell ' una , per quell ' avvicinare i verbi , quasi un ritmo di festa , di festa che canta e s ' affretta , e nell ' altra s ' ampliano , per quell ' allontanarli , i confini della scena , già commentati in anticipo dal suono di quell ' « intorno intorno » . Due diverse misure , per una più perfetta rispondenza , direi meglio , per una più felice obbedienza alla verità d ' un ' impressione . E così , ancora una volta , il Poliziano ha saputo mantenere , preservare , la sua puntuale forza inventiva ; eccitare le parole in brevissimo , portarle al loro massimo rendimento . Perché questo è il proprio dell ' arte del Poliziano , bruciare i suoi temi . Nella sua povertà , egli è uno sperperatore . Nel secondo libro delle Stanze , decisamente , la poesia va mancando , ed è allora che al poeta pesa l ' angustia del suo comporre . Sperimentati ha tutti i modi per salvarsi dalla monotonia , per vincere il suo limite . L ' ottava , nella sua precisa netta divisione , consumata in ogni minima parte , non gli serve più , non gli basta ; e adopra altro stile . Non sa , non intende , che il difetto non è della forma , che gli par stanca , ma della poesia che gli si è stancata , e cerca dall ' esterno il rimedio , che non si può mai . Ma tenta . ( Così accadde , per citare un poeta di felicissimo istinto , all ' ultimo Di Giacomo , negli ultimi suoi inquieti anni , quando barattò le ben chiuse strofe delle Ariette per le più complesse combinazioni metriche , e la poesia di rado le allietò ) . Troviamo qui i primi esempi di similitudini sviluppate secondo il gusto classico , spezzature nel verso inusitate , infrazioni nell ' ordine strutturale delle stanze . La mente ricorda ben altre riuscite . ( « Quasi in un tratto vista amata e tolta ecc . » ) . Quelle erano violenze per virtù di poesia , e qui si applica l ' ingegno ; lì era la forza del realista , dell ' osservatore coraggioso , qui è l ' industria sostituita all ' ispirazione . Forza di realista , abbiamo detto , e prima abbiamo accennato al colore antico popolaresco della sua lingua . Sono i dati dello stile polizianesco , e bastarono , sì l ' uno che l ' altro , a salvare la sua poesia dall ' alessandrinismo , che occhieggia appunto nell ' ultime stanze , ricche dei più pensati artifici , perfino nelle rime , nelle rime rare , nelle rime equivoche , tutti vecchi ricalchi . C ' è differenza tra questo colore , questa vivacità da realista , e il Petrarca ? Oh che c ' entra il Petrarca ? È stato il Flora , nella sua per tante parti bella Storia della lett . it . , ad avanzare il dubbio d ' una confusione . « E non si tratta di riasserire col Foscolo che il Poliziano gli spiriti e i modi della lingua latina dei classici , trasfusi già nella prosa dal Boccaccio , fu il primo a trasfondere nella poesia , aggiungendovi quanta eleganza poté derivare dal greco .... Perché gli spiriti dei classici latini erano già stati trasfusi nella poesia fin da Dante : e il Petrarca giunse a un ' eleganza di trasfusioni , al cui confronto anche quella del Poliziano , e sia pure con l ' aggiunta della greca eleganza , è poco men che rozzezza » . Veramente chi riasserì col Foscolo ecc . ecc . aveva aggiunto ben altre determinazioni , e parlò di influenze della poesia italiana fino al Petrarca , parlò della poesia antica popolaresca ( c ' è un colorito popolaresco in Petrarca ? ) . Sopra tutto insisté sul termine « trasfusione » , che è del Foscolo , ed è una delle sue più felici invenzioni , da applicare , approfondendola , a quella variazione della poesia che è la poesia della poesia , e solo a quella . Del Petrarca , il Foscolo , per fuggir la confusione , disse ben altro . « Come egli dalle reminiscenze del dialetto materno e da quanti n ' udì , e da rimatori provenzali , siciliani e italiani stillasse , per così dire , una quintessenza di lingua poetica , è uno di que ' misteri ecc . ecc . » . Nel Poliziano , nessuna reminiscenza , intanto , di rimatori provenzali , e neppur l ' ombra di quella che il Foscolo , arcanamente , chiama « quintessenza » . Niente di arcano è nel lavoro del Poliziano : si notano , si toccano con mano , e le influenze e le sue reazioni , quel che riceve e quel che dà . Nel Petrarca , come in ogni poeta assolutamente grande , è la riemersione originaria d ' una lingua poetica . Foscolo dice « uno di que ' misteri che si sogliono attribuire al genio » . Che non sono parole da spendere per il Poliziano , ingegno sopra tutto elegante . Di quali suoi propri colori vestisse , dico vestisse , la poesia , s ' è mostrato , e non era difficile .
Già, io bocciai anche Sofia Loren ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Quando seguivo il Giro di Francia nell ' automobile di Emilio Colombo - si tratta di una ventina di anni or sono - , nella raffica della corsa , con le pupille fisse , « incollato » alle gomme dei corridori , il mio buon amico Emilio non aveva occhio per nemmeno un metro del paesaggio o delle cose che sfilavano ad andatura furiosa ai lati della strada in senso inverso a quello della gara . Lui sedeva nel sedile anteriore , a fianco dell ' autista : io in quello posteriore , incastrato fra le valigie . Per varie ore il mio « seguendo » non si riduceva ad altro che ad una fatica indemoniata per non essere sbalzato fuori dalla macchina galoppante , e per non lasciar schizzar fuori le valigie . Ad un certo punto gli toccavo la spalla , lui si voltava pensando : " Vergavi ne avrà una delle sue ... " ; lo svegliavo dal grande sogno sportivo in cui viveva giorno e notte da quando era nato ; ma gentilmente cercava di dimostrarmi di essere pronto a interessarsi a quanto stavo per dirgli . Nel rombo della corsa e nel tunnel di clamori della Folla , gli gridavo nell ' orecchio : « Emilio ! Hai visto , a destra , la Cattedrale di Reims ? » . Oppure : « Emilio ! Hai visto , a sinistra , l ' Arena romana di Nîmes ? » . Uomo leale , mi confessava candidamente di non essersi accorto né della Cattedrale né dell ' Arena . Cosa c ' entra Emilio Colombo con Sofia Scicolone , e cioè con Sofia Loren , con la diciottenne ragazza napoletana cui va , con un certo furore , il mio ricordo di « giudice di bellezza » in una lontana stagione di Salsomaggiore ? Colombo , l ' amico dei « giganti della strada » , non c ' era , a Salsomaggiore ; ma c ' ero io , considerato espertissimo di ogni cosa bella che possiamo incontrare per le vie del mondo , sia essa una cattedrale gotica o una bella ragazza . C ' ero io perché , come Emilio Colombo non si accorgeva di passare davanti a Notre - Dame o davanti al Campanile di Pisa , non mi accorsi di Sofia Scicolone . Richiamato a fare un po ' di attenzione dal telegramma di un vecchio amico , alzai gli occhi verso di lei , le parlai , la misurai e la scrutai attentamente con lo sguardo , la fissai negli occhi , vidi - bisogna dirlo ? - le sue gambe , guardai la sua bocca , chiacchierai una mezz ' ora con lei , seduto su uno sgabello del bar del grande Albergo , conclusi l ' incontro con questa melanconica e frettolosa considerazione : « Ecco un ' altra povera ragazza che si illude ... » . Povero Paride , fu la cantonata più grossa della tua carriera . Per fortuna , non ero il solo a dir di no , sotto il velo del giudizio segreto , sulla futura Sofia Loren . Disse di no anche un altro mio amico , un super - esperto in fatto di « selezione » di belle donne : quasi quasi , come dicono alla TV , un « tecnico » , e altri dissero di no , finché il produttore cinematografico Mambretti , un milanese , propose una soluzione , per non mandar via troppo amareggiata la ragazza napoletana . Coniò un titolo di « Miss Eleganza » e propose di assegnarlo - quarta in graduatoria - alla dolente e forse segretamente irritata « piccola Sofia » . La signorina Scicolone ebbe - mi sembra - in dono un abito da sera bianco , e con quello subito sfilò quarta sulla passerella di Salsomaggiore . Se a qualcuno capitano sott ' occhio le fotografie di quei giorni , « esumate » da Dino Villani nel suo libro sulla storia delle Miss Italia edito dalla Domus , osserverà che Sofia non sorride mai : che ha un ' espressione assente , e in qualche fotografia dura e contratta . Insomma , come dicono a Milano , aveva un gran « magone » . Ed oggi - mi ha detto un amico - chi disse « no » Si trova nella situazione in cui si trovarono i maestri al Conservatorio di Milano quando , con in testa il maestro Rolla , dissero « no » a Verdi che chiedeva di essere ammesso al Conservatorio , e , a titolo di consolazione , gli consigliarono di studiare ancora : privatamente indicandogli bonariamente i due insegnanti , il Negri e il Lavigna . Una mezza offerta di tipo « verdiano » , e cioè di andare a scuola , di studiare da « privatista » , fu per la verità data anche alla signorina Scicolone , tanto per darle , prima ancora che fosse assegnato il giudizio finale , un « contentino » . Ma fu un suggerimento dato a mezza voce , quasi perché si temeva che , « odorando la bocciatura » , la bella ragazza cominciasse a lagrimare . Ma la futura Sofia Loren non pianse : divenne altera , sicura di sé , e - lo dico arrossendo - quasi sprezzante . Si capiva che si tratteneva solo per rispetto dei capelli grigi dei due giudici che le stavano di fronte , dei quali è più che legittimo immaginare che essa , da brava napoletana , li giudicasse due « fessi » . [ fatti le hanno dato ragione . Né io né il grande « tecnico » che condivideva la mia opinione ci rendemmo conto di aver davanti una ragazza capace , diventando donna , di incantare il mondo . Sofia Scicolone finì il suo bitter , e rimase , su di noi , nella sua precisa impressione : « due fessi » . Ci salutò con un sorriso smagliante , in cui palpitava più che una mondana cordialità , una specie di sfida . Io e il « tecnico » sorridemmo : e poi finimmo , fra di noi , a sghignazzare . Credo che l ' ascensore del Grand Hotel tremi ancora per il nostro ridere convulso , per il nostro ridere spietato . Paride I e Paride II dormirono quella notte come le altre notti in un sonno tranquillissimo . Il nostro giudizio non era stato incrinato dal minimo dubbio . Il « tecnico » era - bisogna dirlo - Remigio Paone , che pilotava non so quanti spettacoli di prosa , di rivista , di danza ; che partiva ogni settimana per Parigi o per Londra per scegliere , con occhio infallibile , la bellissima fra le belle ; che era allora , in un certo senso , il Re delle Bluebell e che veniva ricevuto con profondissimi inchini , fra spari di champagne , quando si presentava al teatro del Lido di Parigi per passare in rivista le « ragazze » da arruolare per gli spettacoli del Nuovo , del Lirico , del Sistina . Era il caro nostro Remigio , fanatico del teatro e della bellezza che è uno dei suoi pilastri . Credo che , a sette anni di distanza , Remigio non abbia finito di mordersi le mani per quella « topica » e che ormai , a furia di morsi , le abbia scarnificate e sanguinanti fino all ' osso . Topica aggravata dal fatto di dover ripensare che , lui napoletano , aveva detto di no ad una compaesana . Salsomaggiore di settembre non era forse la località più adatta per accogliere le aspiranti reginette . È una città alberghiera di carattere piuttosto solenne : tutto parla di cure importantissime e miracolose , di medici illustri , di inalazioni , di irrigazioni e di fanghi che restituiscono la giovinezza . La « clinica » è elegantemente mascherata , nessuno parla con brutalità di ginecologia o di affezioni bronchiali croniche o di laringi ostinatamente arrossate : ma l ' aria della clinica c ' è : è molto difficile « curarsi in letizia » senza vedersi attorno , ogni tanto , un viso imbronciato . Quando passeggiavano per i viali di Salsomaggiore , le bellissime scattanti e fulgide diciottenni erano guardate con una punta di gelosia dalle cinquantenni sedute ai tavolini delle gelaterie , o dagli squadroni delle anziane che marciavano verso le Terme Berzieri con il fogliettino delle mutue . Gli svaghi che rimanessero al di fuori dalla cornice termale o curativa erano pochi . Il tiro al piccione - a meno che non si tratti del piccione matrimoniale - non ha interesse per delle ragazze di diciotto anni . Pochissime furono quelle che visitarono le sale dove era esposta la famosa collezione storica del professor Lombardi , con i ritratti di Maria Luisa moglie di Napoleone : che fu forse una bella donna di fattezze austere , ma che , in fatto di concorso di bellezza , avrebbe dovuto essere sostituita , se mai , dalla Paolina di Antonio Canova , davanti alla quale , probabilmente , la maggioranza delle miss si sarebbe sentita invasa dalla tremarella . Lo scopritore di Sofia Loren - quello che aveva mandato il telegramma di segnalazione e di raccomandazione ai due amici di cui sapeva la presenza in giuria - fu un uomo che ormai da molti anni si vantava solamente di essere un ottimo pescatore dilettante . Aveva un bellissimo nome , discendeva da una intelligentissima famiglia milanese : era un Ricordi , discendente cioè da una famiglia di scopritori di geni musicali . Aveva molto viaggiato , aveva condotto una vita molto elegante . È probabile che Sofia Loren si rammenti appena del gentile vecchio signore Alfredo Ricordi che , galantemente e paternamente , la raccomandò agli amici milanesi Vergani e Paone . Chieda , Sofia , e probabilmente le verrà spiegato che fu un Ricordi l ' uomo che per il primo fece credito a Verdi . Alfredo Ricordi , rimasto vedovo , aveva trovato la sola consolazione al suo dolore nella vita di mare e nella pesca ; vestiva con un paio di pantaloni da marinaio e con una maglietta da ostricaro . A Portofino o a Cannes non parlava d ' altro che di cefali , di branzini , di ombrine , di pesci - cappone , di sardine , di triglie , di polipi e di murene . Era , bisogna dirlo , un caro attaccabottoni per via di quella sua esclusiva frenesia per la pesca . Cercava inutilmente compagni che sfidassero con lui le notti di burrasca o che lo aiutassero a tirar su la « sciabica » . Non mangiava il suo pesce : lo regalava alle belle signore un po ' anziane che gli ricordavano il suo passato di viveur . Seduto nella spiaggetta di Paraggi ad accomodare le sue reti , se vedeva passare una bella ragazza diceva : « Guarda che bella tinca ! Che appetitoso merluzzetto ! È fragrante come una sogliola ! » . Sofia Loren - me lo sono chiesto sempre - si ricorderà del caro vecchio un po ' picchiatello che spedì da Alassio - dove , non potendo più affrontare il mare per l ' artrite , viveva in un appartamentino con le finestre aperte a tutti i venti del Tirreno - il telegramma che ci raccomandava la sua « scoperta » ? Noi leggemmo quel nome : Scicolone . E pensammo : " Quel caro matto di Alfredo Ricordi dove avrà pescato una ragazza con un nome così strano ? " . Le ragazze erano già sfilate un paio di volte davanti a noi . Né Paone né io ci ricordavamo di una Scicolone . Con il vecchio Ricordi bisognava però essere gentili . Non buttammo il telegramma nel cestino ; mi spiace non averlo conservato : nel cestino di Salsomaggiore finì la sera dell ' ultimo esame , prima che prendessimo la macchina per Milano . Avevamo cercato questa Sofia , questa Scicolone , nel gregge delle ragazze che , aspettando i turni di chiamata , prendevano al bar una tazza di caffè o una pastiglia di aspirina . Il settembre era torrido , le finestre chiuse per tener lontani i curiosi ; le ragazze stavano tutto il giorno in costume da bagno , o coperte da un accappatoio , a parlare con le madri o con le amiche ; portavano al lato sinistro del costume da bagno un distintivo con il numero di iscrizione . Questo numero permise a me e a Paone di riconoscere la raccomandata di Alfredo Ricordi , vecchio pescatore malato di artrite . Sofia si era accorta della nostra manovra , dei nostri esami da lontano , del nostro bisbigliare , delle occhiate radenti di Paone , delle mie occhiate furtive dietro agli occhiali . Era bella ? Non ci parve . Prima di tutto ci sembrava appartenesse a quello che i nostri padri , amici delle bellezze floride , chiamavano il genere « pertica » . Troppo alta , troppo magra , troppo poco donna , troppo adolescente ancora , male impastata ; e soprattutto « troppo bocca » . Era proprio sulla bocca - oggi è una delle più famose del mondo - che alle nostre occhiate di lontano cascava l ' asino . Quale poteva essere il destino di quella « spilungona » ? Tutt ' al più , con un po ' di fortuna , quello di mannequin . Toccò a me avvicinarmi alla ragazza dallo strano nome . Lo feci solo per rendere una cortesia ad Alfredo Ricordi . Le dissi del telegramma , le offrii di avvicinarsi al banco del bar per prendere un aperitivo . Si alzò , venne avanti , sedette su uno dei suoi alti sgabelli : le presentai Paone e le spiegai che si trattava di un celebre impresario teatrale . Sorrise : ma era evidente che non l ' aveva mai sentito nominare . Parlava con un accento napoletano degno dei dialoghi più stringenti di Peppino De Filippo . Cosa aveva di bello ? Non glielo dissi : aveva delle gambe bellissime , ma il mio elogio non poteva soffermarsi su questi particolari anatomici . Non sapevo fingere né entusiasmo né esprimere una qualunque promessa . Ma probabilmente mi sarei salvato davanti al giudizio della posterità proprio per via di quelle gambe . Domandai : « Le piacerebbe di far del teatro dialettale ? Penso che Paone potrebbe presentarla a De Filippo o a Taranto ... » . La ragazza taceva . Io guardai ancora quelle gambe ; dissi : « Le piacerebbe di far della rivista ? Sa cantare ? Sa ballare ? Anche se non lo sa non importa . In tre mesi , Paone potrebbe farla istruire da una brava maestra ... Non ti pare , Remigio , che si potrebbe cavarne fuori una bella subrettina ? Se dovessi dire , in passerella la vedo ... la vedrei subito ... » . Remigio non aveva l ' aria molto convinta , ma , per non contraddirmi , fece un gesto di assenso . « Creda » continuai , « sarebbe un primo passo ... Con Macario , per esempio , o con la Osiris , una piccola scrittura si potrebbe pescarla ... » La ragazza ci guardava senza più sorridere . Si asciugò con il mignolo una goccia di aperitivo che le era caduta , dal bicchiere , su una gamba e si pulì il dito come una bambina , passandolo sulla bocca . Rispose semplicemente : « Teatro ? No ... Rivista ? No ... O cinema o niente ... » . Farfugliammo qualche parola di risposta , tanto per essere gentili . Lei ripeté : « O cinema o niente » . Ci strinse la mano , ci salutò , si allontanò sulle lunghissime gambe , sparì verso l ' atrio degli ascensori . La saletta del bar era deserta . Remigio ed io sbottammo a ridere , sempre più fragorosamente . « Hai capito che presunzione ? Cinema ? Ma in questo albergo non ci sono specchi nelle camere ? Cinema ! ! ! Con quella bocca ! ! ! » E il nostro riso si faceva addirittura tonante . Non ho più visto Sofia Loren . Ma , guardando le sue vecchie fotografie di quei giorni , conosco il perché di quel loro tono di dispetto e di malcelato corruccio . Non so darle torto se , con ogni probabilità , non ha mai perdonato né a me né a Remigio Paone .
Più al fresco di così! ( Fusco Gian Carlo , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Una giovane donna milanese , chiamiamola Rossana , mi raccontava ieri la sua teoria . Potrebbe servire da spunto a uno di quei film fra la cronaca e la favola che piacciono a Zavattini . Potrebbe intitolarsi Vacanze italiane , oppure Rossana , giorni quindici . Ecco com ' è andata . Rossana , fra i venticinque e i trenta , pallida e sottile , orfana di padre fin dall ' adolescenza , deve aiutare il fratello meccanico a mantenere la madre , una sorella maggiore di poca salute e una vecchia zia . Il fratello , d ' altra parte , è sposato con due figli . Bisogna darsi da fare . Rossana fu , per circa tre anni , commessa in un magazzino di biancheria che a un certo punto affondò in un mare di tratte sofferenti . Restò disoccupata . L ' anno scorso , in attesa di trovarsi un altro impiego , cercò di arrabattarsi . Si lasciò convincere , fra l ' altro , a collaborare con una portinaia della sua strada in un piccolo contrabbando di sigarette . Fu pescata con un chilo di « svizzere » . Verbale , denuncia , processo . Multa e quindici giorni di reclusione . Niente condizionale . Nel frattempo , esattamente due giorni prima di presentarsi in giudizio , aveva trovato un impiego piuttosto conveniente : tanto più che , contrariamente al solito , il datore di lavoro non aveva indagato sui precedenti penali o i carichi pendenti della nuova dipendente . Se il giudice avesse concesso la condizionale , tutto sarebbe andato per il meglio . Invece , ecco lo spettro di quei quindici giorni da passare , prima o poi , a San Vittore . Come giustificare due settimane d ' assenza dal lavoro ? « Per fortuna siamo di giugno » , dice Rossana , torcendo il fazzoletto , « e il principale , ch ' è tanto una brava persona , mi ha già detto che in agosto mi darà regolarmente le ferie . Farò in modo di barcamenarmi , di temporeggiare , con l ' aiuto dell ' avvocato , e la prigione la farò durante le ferie » . Quanto all ' avvocato , giovane d ' anni e di professione , è perplesso . È incerto se inoltrare domanda di grazia . Per una pena tanto lieve , è quasi certo di ottenerla ; ma se per caso ciò non avvenisse , considerata la lentezza del giro burocratico , la sua cliente si troverebbe a dover scontare la prigione verso ottobre , senza possibilità di giustificarsi con la ditta . Tutto sommato , per non correre rischi , meglio sfruttare le ferie . « Più al fresco di così ! » dice Rossana , sorridendo debolmente .
IL TURCO SPAVENTATO FRA LE SOPRANO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
De L ' impresario delle Smirne di Carlo Goldoni , presentato ieri sera al teatro Nuovo dalla compagnia Morelli - Stoppa con la regia di Luchino Visconti , parlammo già ampiamente quest ' estate quando nella stessa , fastosa edizione , lo spettacolo venne messo inscena a Venezia , alla Fenice , per il Festival del Teatro . Già dicemmo che si tratta di una delle opere minori del Goldoni ; scritta dapprima in versi , « per secondare il fanatismo » come dice l ' autore stesso « che allora correva in favore dei martelliani » , fu poi volta in prosa e nella nuova veste inserita dal Goldoni in quella che è da considerarsi l ' edizione definitiva del suo teatro . In questa edizione le tre parti femminili , che erano in dialetto ( veneziano , bolognese e un fiorentino alquanto approssimativo ) vennero tradotte in lingua , rimettendoci di freschezza e comicità . Luchino Visconti , che ha immaginato questo spettacolo come un alto divertimento , sul ritmo di un ' operetta buffa , ha scelto l ' edizione in versi e , dati i suoi intenti , non gli si può dar torto : L ' impresario delle Smirne è la storia di un progetto di compagnia , per opera in musica , andato in fumo . In una Venezia di locande da poco prezzo , tre cantatrici , Lucrezia , la fiorentina , detta l ' Acquacedraia , Tognina , la veneziana , detta Zuecchina , e Annina , la bolognese , detta la Mistocchina , un musico soprano , un tenore , un « cattivo e povero poeta drammatico » , un direttore di teatro e altra « guitteria » del genere , si affannano per farsi scritturare da un mercante turco che , venuto da Smirne ( dalle « Smirne » , si diceva allora , mettendo bizzarramente al plurale il nome della città e ottenendone un certo effettaccio esotico ) , vuol tornarsene fra gli Ottomani con una compagnia d ' opera da lui finanziata e offrire così , di sua borsa , questo trattenimento occidentale ai compatrioti . C ' è un conte Lasca , squattrinato e galante , amico di virtuose e canterini , che gli fa da intermediario , aiutato dal Nibbio , direttore di teatro . Schermaglie , invidiuzze , gelosi rancori delle tre canterine che si contendono il ruolo di prima donna , comica albagia degli altri virtuosi , amorosi bollori del turco che fra tutte quelle donnette dalle scollature generose non sa più dove mettere gli occhi ( e le mani ) e alla fine , pago di quanto ha potuto vedere ( e pizzicare ) e spaventato dai vapori di tante fameliche vanità , fa vela da solo verso il suo tranquillo Oriente . Luchino Visconti ha tenuto il testo tutto un po ' sopra le righe ; e a nostro parere ha fatto bene , ne risulta uno spettacolo carico di capriccio e d ' estri come nelle zone acute d ' una voce di soprano ; ha sottolineato il pittoresco dell ' ambiente , facendo sentire quell ' odore di fame e di cattivo cerone ; della figura del turco , che è la più riuscita della commedia , ha fatto una immagine burlesca ed esotica insieme , proprio sullo stile delle « turqueries » di moda nel Settecento ; e , infine , ha afferrato per i capelli quella quasi invisibile malinconia che si può scovare , col lanternino , fra le righe di quei martelliani ( bruttini , per la verità ) dell ' ultimo atto e l ' ha legata al traliccio dell ' altana , nel cortile della locanda , dove sventola , al soffio che gonfia le vele del turco in fuga ( mentre tutta la compagnia , s ' è radunata coi suoi bagagli , e i cani e le capre e il pappagallo e i canarini ) , un festoncino di biancheria stesa ad asciugare . Quadro bellissimo , sullo sfondo d ' una splendida scena pure dovuta a Visconti . Le musiche composte da Nino Rota , accompagnano , sui finali d ' atto , le cavatine degli attori , il che dà appunto allo spettacolo una vaga aria da opera buffa . L ' interpretazione degli attori non è stata da meno di una regia così divertita : e in primo luogo va citato l ' « exploit » comico di Paolo Stoppa , nella parte del Turco , quella sua lepidezza insieme secca e pastosa , quella sua brusca buffoneria come abbronzata dalle inflessioni levantine ; Rina Morelli , la bolognese , è una figuretta tutta dispetto e ripicco , in quel dialetto affettuoso e stizzito ; ecco poi la pososeria veneta , ironicamente sussiegosa , di Edda Albertini ; la grazia , da pittura senese , di Ilaria Occhini ; gli alteri vocalizzi di due virtuosi maschi Elio Pandolfi , che era il « cantante senza barba » e Corrado Pani ; e l ' efficace collaborazione di tutti gli altri numerosissimi interpreti , da Marcello Giorda a Sergio Fantoni , che hanno contribuito alla riuscita dello spettacolo . Platea gremita e molti applausi .
ProsaGiuridica ,
Il Duce della Repubblica Sociale Italiana Visto il decreto 7 giugno 1937-XV , n . 1128 , con cui venne istituito presso il Ministero dell ' Interno l ' ufficio centrale demografico ; Visto il decreto 5 settembre 1938-XVI , n . 1531 , con cui l ' ufficio centrale demografico viene trasformato in Direzione Generale per la demografia e la razza ; Visto il decreto - legge 5 settembre 1938-XVII , n . 1539 , convertito in legge con legge 5 gennaio 1939-XVII , n . 26 , con cui venne istituito presso il ministero dell ' Interno il Consiglio Superiore per la demografia e la razza ; Visto il decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126 , con cui venne istituito l ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare ; Visto il teso unico delle leggi sulla protezione ed assistenza della maternità ed infanzia , approvato con decreto 24 dicembre 1934-XII , n . 2316; Vista la legge 13 luglio 1939-XVII , n . 1024 , relativa al tribunale della razza ; Visto il decreto 16 aprile 1944-XXII , n . 136 , concernente la direzione della demografia e la razza , creando a tal fine un organismo autonomo ; D ' intesa con i Ministri dell ' Interno , della Giustizia , delle Finanze e della Cultura Popolare ; Sentito il Consiglio dei Ministri ; Decreta : Art . 1 . È istituito l ' Ispettorato Generale per la razza , posto alle dirette dipendenze del duce Capo del Governo . Ad esso è preposto un Ispettore Generale nominato con Decreto del duce Capo del Governo . Art . 2 . Tutte le attribuzioni concernenti la razza attualmente devoluta alla direzione generale demografia e razza del Ministero dell ' Interno e all ' ufficio Studi e Propaganda sulla razza del Ministero della Cultura Popolare sono trasferite all ' Ispettorato generale per la razza . Art . 3 . Il personale di ruolo dei Ministeri dell ' Interno e della Cultura popolare che ricopre posti , rispettivamente , alla Direzione generale demografia e razza e all ' ufficio Studi e propaganda della Razza del Ministero della Cultura Popolare può essere comandato presso l ' Ispettorato Generale razza . Il personale avventizio alle dipendenze degli uffici di cui al precedente comma può essere trasferito in tutto o in parte all ' Ispettorato Generale per la razza . Art . 4 . La commissione della razza prevista dalla legge 13 luglio 1939-XVII , n . 1024 ha sede presso l ' Ispettorato Generale per la razza . Art . 5 . Il Consiglio superiore per la demografia e la razza presso il Ministero dell ' Interno è soppresso . Art . 6 . Presso l ' Ispettorato Generale per la razza esercita funzioni consultive e di collegamento un rappresentante per ciascuno dei Ministeri dell ' Interno , della Giustizia , delle Finanze e della Cultura Popolare , designato dalla rispettiva amministrazione . Art . 7 . Rimangono ferme le attribuzioni del Ministero delle Finanze relative all ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare istituito con decreto - legge 9 febbraio 1939-XVII , n . 126 . Art . 8 . L ' Ispettore Generale può assistere alle riunioni del Consiglio dei Ministri quando vi si trattino argomenti interessanti la razza . Art . 9 . Con decreto del Ministro delle Finanze sarà provveduto alle variazioni di bilancio occorrenti per l ' attuazione del presente decreto . Art . 10 . Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale d ' Italia e , munito del sigillo dello Stato , verrà inserto nella raccolta ufficiali delle leggi e dei decreti . Dal Quartier Generale , addì 18 aprile 1944-XXII . Mussolini Pellegrini , Pisenti , Mezzasoma V . Il Guardasigilli : Pisenti
MIRACOLO A MILANO ( Palazzeschi Aldo , 1951 )
StampaPeriodica ,
Se Vittorio De Sica si fosse limitato a darci , con questi giullari del tempo nostro , il senso poetico della povertà , l ' intima gioia che è nel povero , la sua superiorità davanti al ricco , e invece di mostrarcelo così incerto e sottomesso ce lo avesse mostrato sicuro e fiero di sé , fiero di quella libertà di spirito che forma la sua conquista e che per la sua stessa condizione al ricco viene negata , e fiero di quella fantasia che lo porterà a cavalcioni di un manico di granata a volare in cielo , Miracolo a Milano sarebbe senz ' altro un capolavoro , un messaggio , assolverebbe senza volerlo un compito sociale . Dove trapela , attraverso la caricatura , un presupposto sociale , il film perde quota , immiserisce , perché tace la poesia . E proprio lo spirito borghese ad inquinarlo . La caricatura è bella quando è fine a se stessa come nella scena dei dottori che contano le pulsazioni al letto della moribonda . Il film si muove con un primo bamboleggiamento di sapore deamicisiano finché Totò , questo « clown » della bontà e volontario della miseria , non uscirà dall ' orfanotrofio per entrare nel consorzio umano dove riunirà i mendicanti coi quali costruirà una città fatta di assi tarlate , rami d ' albero e latte mangiate dalla ruggine , e per la quale riuscirà a scovare anche una statua da porsi sulla piazza centrale ; colonia felice che con scoppi di gioia verrà inaugurata e percorsa da un capo all ' altro , e non appena un temporale l ' avrà sconvolta tutti si daranno senza indugio a ricostruirla : qui è la forza . Per tutto il primo tempo le scene incalzano una più bella dell ' altra . Nella seconda parte , allorché prende il sopravvento l ' elemento surrealistico , e questo film con grande soddisfazione surrealista possiamo classificare , via via decade . Sui prodigi della colomba si insiste troppo e al finale soltanto Totò con Edvige fra lo stupore di tutti dovrebbero volare in cielo , essi che hanno avuto fede nella bontà . La regia di Vittorio De Síca è di prim ' ordine e dal punto di vista strettamente cinematografico , per due buoni terzi il film riesce a mantenere un ritmo degno di incondizionata ammirazione . Secondo me manca quel raggio che alla fine ce lo faccia vedere nella sua interezza , uscendo lo si pensa ancora nei particolari di cui è straricco . Le masse sono manovrate magistralmente , il regista è nella sua piena maturità . Anche dell ' efficacia e spontaneità degli attori dobbiamo rendere a lui il principale merito , e aggiungeremo a questo proposito : quando si prendono attori occasionali sarebbe meglio lo fossero tutti , dal primo all ' ultimo , quei rari di professione che vi si mescolano sono proprio quelli che fanno brutta figura .
StampaPeriodica ,
PECHINO - Il presente dizionarietto intende offrire al lettore alcune informazioni su Pechino , dove ho vissuto una settimana in piena libertà di movimento mentre si svolgeva il nono congresso del Partito Comunista Cinese . Gli strumenti di conoscenza a disposizione di uno straniero in Cina sono l ' ideologia marxista - leninista del presidente Mao Tse Tung , i propri occhi e la propria ragione . Pure tenendo molto conto del primo ho scelto tuttavia gli altri due . Le voci si riferiscono esclusivamente a Pechino ma in molti casi , non specifici , si possono riferire all ' intero paese . Atmosfera Quell ' aria che corre intorno e dentro a luogo , persona o società e ne rivela il sentimento . Pechino in tempi normali è uniformemente grigio cinese , di un polline color cenere che forma e formula la realtà , l ' essenza e la sublime sua eleganza . All ' interno del colore cenere sono sospesi pochissimi colori tenui , il verdino di foglie molto piccole e piumose che fuma da certi alberelli grigi allineati , il giallo arancio cenere del sole , il giallo cenere della polvere che il vento un po ' sonoro trasporta dai deserti del Gobi . Solitario colore intenso e gloriosamente artificiale è il rosso lacca a cui si possono paragonare soltanto certi smalti per unghie lunghe e puntute . In questi giorni di nono congresso del Partito Comunista Cinese totalitarie superfici di rosso astratto coprono vasti e fragili vuoti color cenere creando nello spazio geometrie ed equilibri che la nostra società e la nostra cultura hanno abbandonato e dimenticato da molti secoli . All ' interno delle immobili aree e prospettive rosso e cenere si muovono le bandiere rosse e le mani che producono decorazioni fatte con carte colorate da applicare su vetri di finestre , su camion , su filobus , su biciclette ; si formano lentamente enormi ideogrammi dipinti a mano con smalto rosso su superfici gialle di carta , incollate una accanto all ' altra su muri grigi lunghissimi , si formano ancora altri spazi rossi e cenere e su questi spazi , massimi e minimi , si applica il numero infinito dei ritratti di Mao Tse Tung e la grafia del suo pensiero . Il risultato è una città intera ricreata , rifatta artificialmente , una espressione collettiva di artigianato popolare cioè , la più autentica e totale opera di pop art finora apparsa . È parte dell ' opera il popolo di Pechino e i suoi movimenti e sorrisi estatici erranti nelle strade , alcune guance da bambola di pezza su cui si posano i rossi della grande scena . L ' opera ideologico - pop durerà quanto il congresso , poi si dissolverà e resterà nella fantasia , nell ' aria . Abitanti Ho già espresso in altre occasioni la mia ammirazione umana ma anche estetica ( se mi si lascia usare questo termine in tempi duri di stupida e prepotente obbedienza nomenclatoria ) per il popolo cinese , in questi giorni ne ho avuto conferma e sono costretto a ripetermi . Il popolo cinese emana il grande fascino di chi è senza peccato , cioè di chi è senza volgarità . Ognuno cerchi dove e come crede le ragioni dell ' assenza di volgarità . Chi nella rarefazione e nell ' antichità della cultura cinese , chi nell ' ideologia di Mao Tse Tung , chi nei casi della natura . Personalmente " non approfondisco " perché non mi va di " approfondire " né di " politicizzare " ciò che salta semplicemente all ' occhio . Cioè che la grande leggerezza interiore , il peso specifico spirituale e umano , chiuso dentro vestiti poveri e rattoppati , in scarpette di pezza e di velluto nero , è di tutti , di tutto il popolo cinese : privilegio collettivo così alto che fa sentire gli occidentali , ad eccezione dei contadini , dei poveri e di qualche rarità , pesanti , meschini , e " culoni " . Dispiace dirlo . Spesso , in fotografie o immagini televisive che li mostrano presi dal comportamento politico i cinesi possono apparire violenti fanatici e anche brutti . Bisogna diffidare di queste immagini perché la macchina fotografica e la cinepresa ( nella loro fretta e obbedienza industriali ) sono poco adatte a carpire il fascino del popolo cinese che esige un rapporto ottico diretto , senza mediazioni meccaniche ( non umane cioè ) che dia modo e tempo di scoprire i dettagli . Si vedrà che in pieno comportamento politico ( che , se isolato dai " tempi " irreali delle cineprese può apparire violento , fanatico , brutto , così come lo vuol far apparire l ' occhio di chi lo riprende ) molto spesso qualcuno del piccolo o grande gruppo si mette a ridere , provocando allegria generale ; come se un rapidissimo , infantile e un po ' pazzo estro comico li avesse presi tutti . Basta questo per correggere la sensazione precedente . I cinesi sono più bizzarri di quanto si pensa , proprio per quella leggerezza interna che crea disponibilità e immaginazione anche intorno alle cose più schematiche e prevedibili . Dunque diffidare dalle riproduzioni meccaniche , che sono i nostri testi sacri : il popolo cinese è così umano naturale e non alienato ( dalla macchina , voglio dire ) che la fotografia , cioè amputazione della realtà , che si presta molto bene a nature o società stereotipe , raramente può essere considerata documento . Un tratto comune agli abitanti di Pechino in questi giorni è l ' allegria , o per meglio dire una certa giocosità festosa che si nota anche nelle " sagre " delle nostre campagne . Pechino è affollatissima a tutte le ore del giorno , cioè dall ' alba al tramonto , come fosse domenica . Nei parchi pubblici ho visto molti capannelli formati da giocatori di carte , carte da poker . Altri capannelli si formano intorno ai ginnasti improvvisati o a qualche novantenne campione di ginnastica tradizionale che può stare in flessione su un piede per mezz ' ora . Vorrei insistere sull ' elemento gioco , mai disgiunto dall ' eleganza . Dobbiamo sempre imparare , abbiamo molto da imparare . Tecnica e tecnologia dovrebbero , a un certo momento , passare in secondo piano rispetto alle non - tecniche della vita e cioè alla " forma " di vivere . Artigianato Se l ' arte è inutile , nella Cina attuale ( come nella Cina del passato ) non c ' è e non c ' è mai stata arte , ma soltanto artigianato . Tuttavia la perfezione a cui giunge il senso artigianale dei cinesi è quasi inutile , dunque quasi arte . Ho modo , in questi giorni , di rendermi conto personalmente di come lavora un artigiano cinese , anzi di come lavorano centinaia di piccoli artigiani cinesi . I pannelli di compensato su cui viene applicata l ' imitazione ( perfetta ) della scrittura di Mao sono prodotti perfetti . Molto spesso si vedono pannelli o scritte che riproducono lo stesso slogan , lo stesso pensiero di Mao , uno accanto all ' altro . La differenza c ' è : sta nella qualità , nell ' estro , nella fantasia della scrittura . È una gara ( estetica , assolutamente estetica ) nel produrre ed esibire , dovunque si può , dai muri agli alberelli , un oggetto , il cui contenuto è sempre lo stesso ( auguri al nono congresso , un pensiero di Mao ) ma la cui forma cambia sempre . Le tabelle alle fermate dei filobus sono coperte da fogli di carta dove un ignoto calligrafo dà prova della sua bravura . Così sui vetri dei taxi , o sulle pompe di benzina ; o sulle pance dei cavalli , se non si trova altro spazio . Ho visto pittori con la loro tavolozza , issati su una scala di fronte a un pannello alto circa quattro metri . Copiano la riproduzione di un ritratto di Mao giovane , sullo sfondo di un paesaggio montagnoso di Cina . È un ritratto famoso che è servito a questo slogan : « Un esempio della grande rivoluzione culturale nella pittura ad olio ... » . Copiano con la precisione e la minuzia dei copisti di Palazzo Pitti : ma non copiano un capolavoro unico , bensì una riproduzione in serie già stampata a milioni e milioni di copie , di un ritratto già notissimo . Ho visto anche copisti e artigiani dilettanti : un conducente di taxi , dentro il suo taxi , e un cameriere notturno dell ' albergo passano la notte a fabbricare un manifesto personale incollando molti pezzetti di carta , ritratti di Mao ritagliati da riviste , ideogrammi ritagliati da fogli d ' oro , cespuglietti di fiori fatti con carta crêpe . La letteratura , a giudicare dalle librerie , è per così dire sintetizzata nell ' opera di Mao e ancor più sintetizzata nel libretto delle citazioni . Cinema e teatri sono chiusi e si danno spettacoli soltanto in occasione delle grandi feste nazionali . La televisione esiste soltanto negli alberghi e negli uffici , o nelle sedi di lavoro ; nelle case non c ' è . Conclusione : l ' arte o artigianato in Cina è espressione individuale di massa . Individuale perché ognuno produce direttamente e a mano la sua espressione , di massa perché l ' opera non può non essere vista nel suo insieme , come ad esempio l ' intera città di Pechino in questi giorni di congresso . Autocritica « … Controllare regolarmente il nostro lavoro e sviluppare in questo processo uno stile democratico , non temere la critica né l ' autocritica e applicare le buone massime popolari : " l ' acqua corrente non imputridisce mai e il cardine della porta non è mai mangiato dai tarli " . " Dì tutto quello che sai e dillo senza riserve " . " Non biasimare chi parla ma prendi le sue parole come ammonimento " . " Se hai commesso errori correggili ; se non ne hai commessi sta in guardia " » . ( Mao Tse Tung : Sul governo di coalizione , 24 aprile 1945 , Opere Scelte , vol. III ) . Questo brano viene riportato anche nel libretto delle citazioni e così , a livello di proverbi , si esercitano in pratica critica e autocritica . Ho assistito a questo esercizio alcune volte . Darò un esempio ; finita di servire la cena , nella sala del ristorante d ' albergo ( sono le otto di sera ) i camerieri , maschi e femmine , si dispongono nel centro della sala su due file , rivolti verso il grande ritratto del presidente Mao incorniciato di fiori e festoni di carta colorata e posto su un piedestallo . Si cominciano a leggere , a turno , o in coro , alcuni brani delle citazioni . Subito dopo , il Libretto Rosso nella mano destra e il braccio destro alzato in direzione dell ' immagine del presidente , una donna intona una breve canzone ( di solito auguri di lunga vita , o auguri al nono congresso del partito ) . Il canto può essere accompagnato da una breve danza , con piccoli salti , una piroetta , risatine e grande divertimento generale . Ancora qualche citazione , qualche canto e balletto . Spesso accade che chi intona la canzone non è intonato e questo fa ridere moltissimo tutti . Pausa per ridere , ripresa della canzone . Questi esercizi ( preparatori ) durano una diecina di minuti . Poi camerieri e cameriere si siedono intorno a un tavolo col Libretto Rosso aperto davanti a sé e riprendono la lettura . A questo punto qualcuno del gruppo fa l ' esame del lavoro collettivo della giornata , cioè il lavoro per l ' andamento di tutto l ' albergo , e l ' esame del ruolo svolto da ognuno . Da qui comincia la critica e anche l ' autocritica tra i componenti del gruppo . Questa avviene tra scherzi e risatine . Forse gli errori commessi sono comici o non sono molto gravi . Sia gli errori che il lavoro svolto e il programma di lavoro del giorno seguente vengono per così dire messi a confronto col brano di citazione del presidente Mao che li può riguardare . Per quella sera non ci sono state punizioni , ma ci possono essere . Uno dei direttori dell ' albergo che tre anni fa , all ' epoca del mio primo viaggio in Cina , era il maggiore responsabile , ora è retrocesso alle pulizie e al facchinaggio per abuso di potere . Lo vedo in questa sua nuova umile condizione di rieducando , per nulla turbato . Anzi , con mia grande sorpresa , canta . Politica e ideologia ( nell ' albergo ) sono nelle mani di due guardie rosse , camerieri come gli altri , che però , ho notato , lavorano più degli altri : sono due ragazzi , uno spilungone che lavora freneticamente alla lucidatura degli ottoni e un altro addetto alla pulizia delle camere . Con il primo , che parla un po ' di inglese , discutiamo spesso mentre lui sta appeso fuori dalla finestra a pulire i vetri : devo accettare queste regole perché dice che non ha tempo . Mi spiega che sono avvenute critiche molto severe durante la rivoluzione culturale . La severità massima consiste nello svergognamento pubblico . Ho avuto varie testimonianze di osservatori stranieri che mi hanno parlato di molti casi di suicidio : l ' animo cinese non regge alla vergogna e al disonore pubblico , giusto o ingiusto che sia . L ' onore ha ancora molta importanza in Cina . Bellezza Voce che richiederebbe molto spazio : il senso della bellezza nei cinesi comprende molte cose , e infinite sfumature delle molte cose . Il razionalismo della struttura del pensiero cinese sfugge l ' assoluto e si indirizza piuttosto al relativo , al particolare , in una parola ai dettagli . Rasenta l ' assoluto soltanto in un caso , nel caso della calligrafia , che è la grande vocazione estetica dei cinesi . Si rivolge ai dettagli perché un minuscolo dettaglio non perfetto può sciupare la bellezza di una intera opera . Esempio : un sublime vecchietto impiegato in un negozio di Stato in qualità di commesso e di intenditore , quasi si rifiutava di vendermi un cofanetto di cuoio laccato : primo perché non trovava una serratura di proporzioni secondo lui equivalenti alla proporzione del cofanetto poi perché , una volta trovata la serratura , la chiave di questa , una specie di grimaldello di ottone mancava di un certo prolungamento , bello ma non necessario . La chiave funzionava ma non era perfetta in rapporto al tutto , cioè all ' apparizione dell ' intero cofanetto in rapporto con i suoi dettagli . Le proporzioni di milioni di ideogrammi , minuscoli e giganteschi , che coprono in questi giorni Pechino , obbediscono a questo concetto . Ma a questo concetto obbediscono molte altre forme d ' essere , di apparire e di comportarsi . Comportamento Gli abitanti di Pechino hanno appuntato sul petto il distintivo di Mao . Sono rari quelli che ne hanno soltanto uno , nella media ne hanno tre , moltissimi ne hanno cinque o sei , uno diverso dall ' altro e il loro povero vestito brilla di questa sola ricchezza , rossa , dorata e lucente . È importante sapere che si comprano , non vengono regalati , né imposti . I distintivi sono di misure diverse , il diametro degli ultimi usciti è superiore a quello dei precedenti e gli ultimissimi hanno un diametro di circa dieci centimetri . Sono di porcellana bianca con Mao giovane a figura intera . Gli abitanti di Pechino portano sempre con sé il Libretto Rosso delle citazioni , consumato dall ' assidua lettura , spesso si fermano per la strada e ne leggono qualche brano , a voce alta o tra sé e sé . I bambini escono dalle scuole col Libretto Rosso in mano e carichi di enormi distintivi . Dovunque si formano gruppi di passanti che leggono insieme le citazioni del presidente Mao . Piccoli cortei di scolari con la bandiera in testa e il Libretto Rosso in mano marciano per le strade citando il pensiero di Mao . Quando non leggono il pensiero di Mao si riuniscono per inneggiare al nono congresso del partito . Questo è il comportamento degli abitanti di Pechino : in ogni luogo , anche da soli , anche non visti . Comportamento politico , o più semplicemente , comportamento , cioè apparenza , quello che si vede . Molti in Occidente si chiedono : fino a che punto l ' apparenza coincide con la sostanza ? Cioè , in altre parole , fino a che punto il comportamento coincide con l ' ideologia ? O , più grossolanamente , ci credono o fanno finta di crederci ? Personalmente credo al comportamento , a tutti i comportamenti che vedo perché , veri o falsi , rappresentano un fatto reale : in Cina ( ma dovunque ) un insieme di comportamenti politici crea una realtà politica di massa . Il cuore degli uomini è oscuro ma il loro comportamento è chiaro , per cui si può dire che ogni uomo si conosce non attraverso il suo cuore , che nessuno vede , ma attraverso il suo comportamento che ognuno può vedere . Conclusione : il comportamento politico di molti filoni di individui cinesi messi insieme è la politica cinese . Congresso All ' imbrunire si accendono le luci all ' interno del grande Palazzo dei Congressi dall ' architettura titanica e severa . Hanno inizio i lavori . Sia di giorno che di notte all ' esterno del palazzo non c ' è anima viva e l ' interno stesso si direbbe deserto : ai piedi delle scale che portano ai grandi portoni sbarrati non ci sono automobili , bandiere , soldati . Nessuno . Solo ai lati delle porte , seminvisibili , stanno due piccole sentinelle dell ' esercito popolare tutt ' altro che marziali . All ' interno del palazzo si svolgono i lavori del nono congresso del partito comunista cinese . Dopo l ' imbrunire la piazza Tien An Men è deserta , percorsa dal vento e dallo spazio . Il Palazzo dei Congressi sfuma piano piano nell ' ombra . Non un solo delegato è giunto né giunge più . Passeggio solo intorno alla piana immensa e guardo la Luna che mi sembra più bella , più piccola e più irraggiungibile che in Europa e , spiego a me stesso , come un bambino , che la Luna mi sembra più piccola perché mi sono allontanato di molti chilometri dai luoghi dove mi sembrava più grossa . Così passeggiando arriva quasi mezzanotte . A quell ' ora le luci all ' interno del Palazzo dei Congressi si spengono . Aspetto . Nessun delegato esce e si fa notte . I delegati al congresso sono 1512 . Da che parte entrano e da che parte escono , dal momento che non ne ho visto uno ? Il giorno dopo mi parlano di un sottopassaggio che collega il Palazzo dei Congressi alle zone residenziali nella Città Proibita le cui mura sono di là della strada . Ma nelle ore in cui vidi le luci prima accendersi e poi spegnersi , non lo sapevo . Avrei preferito continuare a non saperlo e ora provo insofferenza e noia fisica per l ' uomo piatto che me l ' ha rivelato . Sono quasi certo che un cinese non me l ' avrebbe mai detto . Cultura Si esercita attraverso lo studio del pensiero del presidente Mao Tse Tung e attraverso la critica e l ' autocritica . Nel suo scritto Da dove provengono le idee giuste ? Mao Tse Tung ha criticato i settori delle letteratura e dell ' arte sotto il controllo di Liu Shao Chi , in quanto ancora dominati dai " morti " , ha criticato il ministero della cultura dicendo che « se si rifiuta di cambiare gli si dovrebbe dare il nome nuovo di ministero degli imperatori , dei re , dei generali e dei primi ministri , il ministero dei dotti e delle beltà o il ministero degli stranieri morti » . Ha detto inoltre , in altra occasione : « L ' uomo ha arterie e vene che , per mezzo del cuore , permettono la circolazione del sangue ; l ' uomo respira attraverso i polmoni espirando anidride carbonica ed aspirando ossigeno fresco ; questo significa espellere ciò che è alterato e assorbire il nuovo . Nella stessa maniera un partito proletario deve espellere ciò che è alterato e assorbire il nuovo per essere pieno di dinamismo . Senza espulsione dei rifiuti e assorbimento del sangue nuovo non potrebbe essere dinamico » . Ho riferito queste due citazioni di Mao Tse Tung , già ricordate da Lin Piao al nono congresso nel contesto della voce " cultura " perché esse riassumono , a mio parere con grande esattezza , il panorama della cultura oggi in Cina . Esso mostra , con la rivoluzione culturale , il processo di eliminazione della vecchia cultura da parte della nuova cultura . Cos ' è la cultura vecchia e cos ' è la cultura nuova ? La cultura vecchia è tutto ciò che esisteva in Cina e ancora esiste nel mondo prima dell ' azione ( rivoluzione della cultura precedente chiamata cultura di classe ) . La cultura nuova è appunto la dinamica di distruzione della vecchia cultura e la costruzione della nuova secondo il pensiero di Mao . L ' immenso successo del Libretto Rosso tra i giovani è la prova - fenomeno del successo della teoria . La tabula rasa attira , ha sempre attirato nella storia dell ' uomo . Da tutto ciò dovrebbe sorgere l ' uomo nuovo . A Pechino l ' università è chiusa , dentro vivono gli studenti delle diverse facoltà che studiano l ' applicazione del pensiero di Mao nello studio . I musei sono chiusi , il palazzo imperiale chiuso . Le scuole elementari sono aperte e vi si studia il pensiero di Mao da applicare allo studio delle altre materie . Dolciumi In tutti i negozi di alimentari e nei grandi magazzini si vendono moltissime qualità di dolciumi . I reparti sono sempre molto affollati . Tutti mangiano dolciumi con attenzione e lentezza . Si vedono uomini maturi , soldati , ficcare la mano dentro il sacchettino di dolciumi appena comprato , tirare fuori un dolcetto , guardarlo bene e poi sgranocchiarlo . Fotografie Sì vendono moltissime fotografie di Mao Tse - tung in bianco e nero , a colori e in vari formati . C ' è la serie della sua vita , dalla gioventù ai nostri giorni . Ci sono altre fotografie di Mao Tse - tung con Lin Piao . Poi altre di Mao Tse - tung , Lin Piao e Ciu En - lai . Ho osservato attentamente queste ultime . Sono state scattate in luoghi diversi ma conservano le stesse attitudini e le stesse distanze : in primo piano Mao Tse - tung , un passettino indietro Lin Piao , due passi indietro Ciu En - lai . Questa è la distanza che separa sempre le tre figure , in qualunque luogo , attitudine o movimento essi si trovino ad essere . Grazie In cinese si dice scié - scié , con l ' accento sulla e , e si pronuncia in modo infantile , come certi suoni di neonati , talvolta accompagnato da un piccolo inchino . Non sempre . Riflettere a lungo e provare e riprovare tra sé la grazia e la bizzarria di questo vocabolo . Guardie rosse Attualmente avviate , nella grande massa , al lavoro nelle campagne ; alcune hanno assunto ruoli di responsabilità produttiva e politica nelle città . Poche in giro per Pechino . Sono di solito inquadrate in drappelli di una ventina e marciano al ritmo di slogan e citazioni dall ' alba al tramonto . Spesso si fermano e leggono brani del pensiero di Mao in coro . Alcuni drappelli hanno il mazziere in testa , un ragazzino che rotea il bastone con immenso orgoglio , come fanno gli inglesi e gli americani . Non credo sia abitudine e tradizione cinese . Sono ragazzi e ragazze vestiti molto poveramente , con fascia rossa al braccio , molti distintivi , una sportina di plastica in mano . Ho chiesto a chi stava con me di parlare un po ' con loro ma mi ha detto che preferiscono non essere disturbati nel loro lavoro . Che lavoro ? Politico , ideologico . Sono drappelli sparsi , isolati , marciano tutto il giorno , un po ' vaganti , a caso , anche in lunghissime vie semideserte della periferia . Non ridono , non sorridono . Si vedono qua e là . I passanti non li notano . Fanno chilometri ..
LA FORTUNA DELL'AMINTA ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1942 )
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La storia della fortuna dell ' Aminta è , s ' intende , la storia delle scoperte e degli errori del lavoro e del pensiero critico intorno all ' Aminta , storia del gusto in senso alto ; e noi la faremo , più specialmente , per gli ultimi cinquant ' anni . Da quando il Carducci , con i suoi tre famosi saggi ( I ° L ' « Aminta » e la vecchia poesia pastorale ; 2° Precedenti dell ' « Aminta » ; 3° Storia dell ' « Aminta » ) , tutto cercò , a tutto badò , tranne che all ' arte dell ' Aminta , alla sua formazione , anzi alla sua elaborazione , fino agli ultimi studi , volti a considerare l ' Aminta in sé , nel suo valore poetico , ma scissa quasi sempre dalla sua vera ragione e condizione . E non parliamo dei tradimenti operati dalla critica ( se così deve chiamarsi ) psicologica e romanticheggiante che , al solito , contagiò l ' esame di quella « favola » , in tutto risolta e liberata , con la sovrapposizione della biografia del Tasso . L ' arte del Tasso fu , per quella cosiddetta critica , un pretesto per raccontare , complicandole , le vicende della sua vita , e vederne il riflesso , per l ' appunto , in una delle sue opere che ne restò impeccabilmente immune . I critici estetici , più nel vero , non fecero che sviluppare , ma spesso astrattamente , più con sottigliezza che su una fidata lettura , un giudizio del De Sanctis , sia che vi si accordassero sia che se ne scostassero ; un giudizio preparato e lavorato nel capitolo , sul Tasso , della sua Storia della Letteratura italiana , e che ribalena nel principio del capitolo sul Marino . « Questo mondo lirico , che nella Gerusalemme si trova mescolato con altri elementi , apparisce in tutta la sua purezza idillica ed elegiaca nell ' Aminta . Ivi il Tasso incontra il vero mondo del suo spirito e lo conduce a grande perfezione » . Il De Sanctis scoperse questo mondo , « mescolato con altri elementi » , nella Gerusalemme . Un cenno fuggevole al Rinaldo , un insufficiente cenno alle Rime ( « Delle sue rime sopravvive qualche sonetto e qualche canzone , effusione di anima tenera e idillica . Invano vi cerco i vestigi di qualche seria passione . Repertorio vecchio di concetti e di forme , con i soliti raffinamenti » , e seguitando : « I sentimenti umani sono petrificati nell ' astrazione di mille personificazioni .... e nel gelo di dottrine platoniche e di forme petrarchesche » ) , rendono chiaro che a intendere la formazione dell ' Aminta , il farsi del suo linguaggio , era al tutto fuori strada ; e gli mancava il gusto per queste esplorazioni . Ma dopo ? Il Carducci perseguì , secondo il suo costume , la storia ( storia invero tutta esterna ) della particolare forma ( o genere ) di quella « favola pastorale , o più largamente boschereccia e campestre » , non s ' interessò al determinarsi della più personale forma e espressione : e del resto mostrava di apprezzare poco le Rime , e di conoscerle ancora meno : e gli sfuggì il problema . L ' edizione delle Rime del Solerti , se pure incompiuta e imperfetta , ma ragguardevole , non decise gli studiosi a considerarle altro che fuggevolmente . Il Sainati ne cavò una sorta di commentario perpetuo , ricco di osservazioni e notizie puntuali , e basta . Ma il suo esame né lui né altri poi lo approfondirono . Le Rime del Tasso rimasero un libro non letto ; o letto e frainteso , come nel caso del Donadoni , critico per eccellenza impigliato in compromessi psicologistici , impigliato nelle difficoltà di non saper risolvere i rapporti tra biografia e poesia , poetica e poesia . E non è a dire che quanti si misero a cercarle in seguito fossero trattenuti dalle imperfezioni del lavoro del Solerti , dal suo apparato critico difettoso , che non arriva a fare storia , perché non chiarisce i tempi e i passaggi delle varie lezioni , e insomma i tempi del linguaggio poetico delle Rime ( storia che noi aspettiamo da un giovane a ciò preparato , il Caretti , il quale darà per la « Crusca » la novissima edizione delle Rime ) : la loro attenzione non degnava simili squisitezze . La ragione è invece un ' altra . Quei distratti lettori , per dirla semplicemente , non s ' accorsero , non sospettarono che da quelle Rime fosse nata l ' Aminta ; e che nasce proprio di lì il suo esprimersi fuso corrente , la sua metrica , la sua musica , anzi ne è essa , sotto questo triplice aspetto , la conclusione e l ' arricchimento . Mettiamoci pure l ' influenza di quei tanti poeti latini e cinquecentisti che scrissero favole pastorali , o boscherecce e campestri , e idilli e egloghe ; e mettiamoci , ancora più , gli elegiaci latini , come vide il Foscolo . Se di qui viene un particolare tono e impasto , e un ' inventività melica ( ben altro , dunque , che lo studio d ' una forma e d ' un genere ) , il farsi e graduarsi di quel tono o impasto , di quella inventività melica , è da ricercare appunto nelle Rime del Tasso che precedono l ' Aminta ( ben altro , dunque , che « portento » , come parve al Carducci ) . Ma bisogna distinguere tra rime e rime . Io direi che l ' avvio alla felicità espressiva dell ' Aminta , nei suoi momenti più alti , è da ricercare nei madrigali , nello stile madrigalesco ; la durata della favola , nella somma delle rime nei più diversi timbri . Il Tasso , come tutti i lirici del '500 , pagò prima il suo tributo al bembismo , specie nei sonetti , in quei sonetti di una tecnica sempre un poco « scostata » , che ora riflette come in un indifferente specchio l ' autobiografismo irrisolto e l ' aggrava , ora raggela la ineguale lirica occasionale . Per questa via non s ' arriva al parlato dell ' Aminta , né s ' arriva alle risoluzioni ariose di quel parlato , né , tanto meno , s ' arriva agl ' intermedii e ai cori . Ma i madrigali sono il superamento del bembismo ( crisi per saturazione ) , sebbene di pura tecnica , e perciò stesso affinamento non superamento , e sostituiscono al rallentato dei sonetti un leggerissimo fugato , con un gioco di esili ritmi e un contrappunto labile ( riscattano però anche il dato biografico in fantasia , consumano e riconsumano quel dato biografico ) . Ora , certe parti dell ' Aminta , stando tra questi due opposti modi ( o dizioni ) , e rappresentandone il potente accordo , sostengono la recitazione dei sonetti con un accento più caldo e sciolto , il fugato dei madrigali con un respiro poetico . Così il sofferto si cela dietro le figure e i miti , quasi con un vivo colore di perla ; la tecnica , né tesa né sottesa , ha una sua rozzezza limpida e elegante . Fu detto che l ' Aminta è tutto un madrigale ; io direi che è il presentimento della favolosa e felice opera in musica settecentesca e , come in essa , la stessa sensualità è felice , e la malinconia è felice , tutto ombra felice . Ma c ' è un ' altra qualità intrinseca che l ' avvicina alla nominata opera in musica ( e si pensi alla musica più che alle parole ) : quello sciogliersi del recitativo e del parlato in canto , quel salire gradatamente di tono fino al canto . Già il recitativo , il parlato , porta sempre nell ' Aminta un ' aria di canto , non è mai prosastico ; ed è quella motivazione del recitativo a colorire il canto , direi ad appassionarlo . Uno stile madrigalesco , ma nutrito , inebriato . Il De Sanctis disse che l ' interesse dell ' Aminta « è tutto nella narrazione , sviluppata liricamente » . Avvicinate i due termini , narrazione , lirica , e dite piuttosto che , più che narrare e rinarrare , nell ' Aminta si modula e rimodula , con una dolce sazietà . Di atto in atto , certi temi sono riproposti con una sempre maggiore affettuosità d ' intonazione , si riprovano in tutta la loro capacità emotiva . Cosicché se le parti narrative generano ognuna modi più liberi e sciolti , nella stessa logica degli atti , e della favola intera , accadono queste fortunate risollevazioni . A posta forse il Tasso cominciò l ' Aminta con un « prologo » , e la compì con un « epilogo » , come in due direzioni distanti e congiunte , due segni , due simboli ; quello in tutti endecasillabi , questo in strofe liriche . E secondo la stessa logica finì gli atti con i cori e gli intermedii , cioè con strofe liriche . Questi cori , questi intermedii , e più le parti liriche portate in cima dal parlato , sono il fiore della poesia tassesca . Nascono insieme da ispirazione e da un mestiere stragrande . Varrebbe la pena farne la storia . Una , tutta presente , toccante , e vi abbiamo accennato parlando di quello stile madrigalesco motivato dal recitativo , un ' altra , più lontana , più lunga , e bisognerebbe , per illustrarla , risalire alle Rime e alla loro formazione lentissima . Per far questo , s ' aspetta che il Caretti ci abbia dato il suo studio delle lezioni varianti .
C'È SOLO VISCONTI SUL PONTE DI MILLER ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Mettiamola subito in soldoni : che furbo , questo Arthur Miller . Magari senza neanche sospettarlo , che volpone . Ecco che in Uno sguardo dal ponte , spettacolo a gran successo della compagnia Morelli - Stoppa con la regia di Luchino Visconti , egli ci presenta un dramma verità , quasi rusticano nei personaggi , non privo , persino di folclore ; un dramma a grossi effetti , abile , serrato , teso , secondo i più collaudati moduli del grosso mestiere di Broadway e della tecnica di Hollywood ; e fra l ' uno e l ' altro spigolo d ' una situazione scabrosa e teatralissima , insinua motivi alieni , di tragico moralismo , di , preoccupata socialità e di psicanalisi . Poteva mancare , la psicanalisi ? Non poteva mancare . Tali inserti amplificatori Miller li inette in bocca a una specie di personaggio - coro , l ' italo - americano avvocato Alfieri che commenta la vicenda e a un certo punto vi interviene ; e ne fa la materia d ' una prefazione , a questo e a un altro dramma in un atto , Ricordo di due lunedì , recentemente raccolti in volume : una prefazione in cui si parla di « mito greco » , di « fato » , di « mistero » , ma con una sorta di patetica perplessità , che sa lontano un miglio di assimilazioni culturali non differenziate , proprio da autodidatta ; e che , dunque , non esce dal generico . Perché , siamo giusti , cos ' è Uno sguardo dal ponte se non un grosso fatto di cronaca , magistralmente raccontato ? È inutile che l ' autore , tramite il personaggio - coro , cerchi di iniettarvi significati più ampi : il personaggio - coro qui , appartiene alla categoria stilistica delle « voci fuori campo » del cinema , non esce da quelle funzioni , esclusivamente pratiche , di logica narrativa . Per dirla dura dura , ecco qua : non si può fare il Brecht quando non lo si è . La storia di Eddie Carbone , scaricatore italiano del porto di Nuova York , immigrato siciliano che vive nel quartiere di Brooklyn con la moglie e una nipote , della quale è oscuramente innamorato , va benissimo , indifferentemente , per una cronaca in rotocalco ( « Un fatto che vi farà piangere » ) e per un ruvido dramma verista come questo . Eddie Carbone accoglie in casa due compaesani , due cugini della moglie , appena arrivati dalla Sicilia , due immigrati clandestini ; così facendo , li sottrae al controllo dell ' ufficio Emigrazione ed essi possono lavorare indisturbati nel porto , con lui . Ma il più giovane dei due , Rodolfo , che è scapolo ed è un bel ragazzo biondo , melodico e discretamente fine , si innamora della ragazza , Caterina , e ne è riamato . Eddie spasima d ' una gelosia della quale non capisce la vera natura ; tenta di tutto per separare i due , a un certo punto insinua persino che il ragazzo non sia normale . Poi , quando vede che non c ' è più niente da fare , si decide a compiere l ' azione indegna : denuncia la presenza dei due immigrati clandestini alle autorità . Rodolfo e Marco vengono dunque arrestati , ma mentre il primo sposando Caterina regolerà la propria posizione e potrà tranquillamente restarsene negli Stati Uniti , il secondo , che ha in Sicilia moglie e figli , dovrà essere rimpatriato . Prima però si vendica , uccidendo con una coltellata , al culmine d ' una specie di duello rusticano , nella stretta strada di Brooklyn , fra una cerchia di spettatori , uomini e donne , neri , ammutoliti e oscuramente solidali , il delatore . Tutto ciò non va assolutamente al di là di quelli che sono i limiti naturali di un siffatto aneddoto drammatico . C ' è efficacia , linguaggio preciso , il personaggio di Eddie ha una sua scontrosa evidenza teatrale ; ma non altro . Nulla autorizza a parlare di « tragedia sociale » , di « fato » , di « mito greco » . E a voler proprio guardar le bucce , altro che trovare significati ; dovremmo aggiungere che questo mondo di immigrati dell ' Italia del Sud nei quartieri popolari di Nuova York è visto in modo assai convenzionale , i personaggi sono appena segnati , d ' una elementarità che , lungi dall ' essere tragica , rischia di parere banale . I motivi poi di richiamo ai famosi processi delle streghe , all ' intolleranza e alla discriminazione del maccartismo di cui anche Miller è stato vittima , bisogna proprio andarli a tirare per i capelli , per portarli in campo . Ma Luchino Visconti ha colto un ' altra volta l ' occasione Miller per creare un grande spettacolo ; ed è ciò che giustifica la scelta del testo e ne spiega il successo di pubblico . Nella scena ideata da Mario Garbuglia , realistica e insieme allusiva , che evoca in anodo suggestivo ( peccato che , qui a Milano , la prospettiva sia stata un po ' sacrificata dall ' angustia del boccascena ) l ' ambiente di Brooklyn e del porto , i personaggi si muovono con una assai plausibile naturalezza espressiva . Paolo Stoppa è un Eddie Carbone perfetto , così drammaticamente caratterizzato , brusco e angosciato . Rina Morelli dà alla moglie di Eddie quella dolorosa dolcezza che fece un personaggio indimenticabile della moglie di Willy Loman , il commesso viaggiatore . Sergio Fantoni e Corrado Pani sono seccamente efficaci nelle parti dei due immigrati clandestini e , con Stoppa , danno al fosco dramma una coloritura meridionale ( questa sì , che sa d ' antico fato ) , con quella parlata alla siciliana , che è una trovata registica . Ilaria Occhini è semplice e fresca . E poi c ' è lo sfondo , le lamentazioni finali , gli effetti luce , la colonna sonora ; il personaggio - coro : l ' abile Marcello Giorda . Una scorpacciata : ma d ' alta cucina teatrale .
È TORNATO EDUARDO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Il ritorno di Eduardo De Filippo , ieri sera , all ' Odeon , non poteva essere più allegramente vittorioso . Eccolo al comando di quella « scarpettiana » , già arrivata , se non andiamo errati , al terzo anno di vita ; e interprete di una delle più meccanicamente spassose farse di Eduardo Scarpetta , quel Medico dei pazzi che non è stato mai rappresentato a Milano e che , pur vivendo per tre atti su una trovata unica , ripetuta in una serie di situazioni consimili , ha una sua irresistibile forza comica . Si sa come Eduardo Scarpetta , grande attore comico e , in Miseria e nobiltà , che è il suo capolavoro , notevolissimo commediografo , fabbricava i copioni di quei suoi facili successi al « San Carlino » che egli aveva fatto rivivere : prendeva le pochades e i vaudevilles francesi e li napoletanizzava , tenendo buona la trama ( vedi la famosa Na santarella , da Ma ' selle Nitouche ) e l ' ossatura generale , ma introducendovi una serie di spunti , di invenzioni e di personaggi nuovi ; e soprattutto , facendo girare tutto attorno a quel suo eterno lepido protagonista , Don Felice Sciosciammocca , che sostituì efficacemente la maschera di Pulcinella . Erano commedie costruite su misura per quella sua comicità estemporanea e violentemente mimica , testi che non vanno dunque giudicati disgiunti da una interpretazione . Eduardo , rinnova gli « exploits » interpretativi di Scarpetta , rendendo vivo e divertente un copione che di per sé ha ben poco . Qui Felice Sciosciammocca è un provinciale , venuto a Napoli con la moglie e la figliastra , per incontrarsi con un nipote che egli ha mantenuto per anni agli studi . Ora il giovanotto , scapestrato , giocatore e gaudente , gli ha dato a intendere d ' essersi laureato e , specializzato in psichiatria , d ' esercitare la professione , dirigendo una clinica per alienati . La trovata consiste in questo : che il giovanotto spaccia per casa di salute dei pazzi una tranquilla pensione nella quale vive un suo amico e la comicità deriva dalle situazioni in cui viene a trovarsi il candido Don Felice che scambia per più o meno pericolosi malati di mente gli esagitati ospiti della pensione stessa . È facile immaginarsi le risorse che un attore come Eduardo può cavare da una serie di scontri del genere ; anche perché non si direbbe proprio , a giudicare da queste scene , che i clienti della pensione abbiano , come si dice , tutte le rotelle a posto . Ecco dunque un Eduardo col parrucchino che gli piove sulle sopracciglia , un volto cavo e spaurito , una giacca lunga come la fame , un grosso ombrello appeso al braccio ; e quei suoi toni di terrore , di stupore , di angoscia esilarante , quelle sue trovate mimiche ; e , nel nobile istrionismo di una parte del genere , quel suo non passar mai la misura . Irresistibile e applauditissimo . Come sono stati applauditissimi intorno a lui il bravissimo Franco Sportelli , dalla comicità spiritata e nervosa , Pupella Maggio , colorita caratterista , Ugo D ' Alessio , Pietro De Vico , ottima « spalla » , Pietro Carloni , Anna Maria Ackerman , quel tipico interprete napoletano , specializzato in buffe e corpulente macchiette , che è Salvatore Cafiero , e tutti gli altri .