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> anno_i:[1940 TO 1970}
StampaQuotidiana ,
L ' inaugurazione del rinnovato Gerolamo con il « recital » di Eduardo costituisce un fatto importante della vita culturale milanese ; non soltanto perché quella inaugurazione ieri sera è una ribalta di più , di cui può disporre la prosa ; ma perché , aprendo un nuovo particolarissimo teatro , la città compie , nel settore dello spettacolo , un deciso balzo in avanti mettendosi sul piano di alcune grandi capitali europee che sono anche delle capitali del teatro ; e nelle quali lo spiraglio aperto nel muro del conformismo dalle piccole scene , dai teatrini finisce col costituire una grossa breccia , dalla quale spiare sull ' avvenire del teatro , sui suoi vari e imprevedibili modi d ' essere per sé e per il pubblico . I ) a quelle aperture viene di solito un vento aspro e pungente , che rovescia i gusti e le mode , manda all ' aria le abitudini , sciorina i pigri cortinaggi che difendono la convenzione e ne scuote la polvere . Che tutto ciò avvenga poi in un teatro che , pur splendidamente rinnovato e restaurato è sempre il vecchio Gerolamo , cioè l ' antico « Fiando » ( il teatro , come si sa , fu inaugurato nel 1868 , in sostituzione appunto del « Fiando » che era ospitato , nella stessa piazza Beccaria , nell ' oratorio del Bellarmino ) , è un fatto poetico , oltre che storicamente importante . Ieri sera , un fascino sottile , una sorta di felicità antica , emanava dal boccascena del teatrino mengoniano , dall ' alta cortina dell ' « arlecchino » , rosso come il sipario , da quei palchetti pure rivestiti di rosso e gremiti di pubblico . Paolo Grassi , prima dell ' inizio dello spettacolo , ha pronunciato brevi parole , illustrando le ragioni , le aspirazioni e le speranze dell ' iniziativa che vuole conservare l ' illustre teatrino alla città ; poi , Tino Carraro ha letto alcune squisite pagine di Carlo Cattaneo su Milano e la Lombardia . Si è affermata così la continuità della Milano attuale con la Milano del Risorgimento nella piccola sala in cui i celebri marionettisti Colla hanno visto passare generazioni di bambini milanesi ; e sulla minuscola ribalta che serviva a Gerolamo , nello spettacolo del suo centenario , per ambientarvi quella sua grande , allegra e patetica cavalcata attraverso le guerre di indipendenza , dalle Cinque Giornate del '48 al Piave . Il « recital » di Eduardo si è articolato su due parti , che traevano dalla loro stessa diversità , integrandosi a vicenda , un loro significato : nella prima , intitolata Opera del Pupo , l ' attore , ha fatto un commosso racconto di sé , della sua arte e della sua vita ; una specie di « mostra personale » ambientata nel suo camerino , fra le parrucche , i cappelli , i vestiti dei suoi personaggi , dal De Pretore Vincenzo della poesia e della commedia omonima , al reduce di Napoli milionaria , alle « macchiette » del suo primo teatro umoristico ; una antologia colorata , patetica e comica , d ' alto stile teatrale , che il pubblico ha accolto con ovazioni . Nella seconda parte , una farsa scritta da Antonio Petito , il più grande Pulcinella napoletano , « espressamente pel giovane attore Eduardo Scarpetta » : Pulcinella , vedovo e disgraziato , padre severo di una figlia nubile con Felice Sciosciammocca creduto guaglione ' e n ' anno . Questa farsa fu rappresentata per la prima volta al San Carlino nel maggio del 1871 e fu una specie di investitura che Antonio Petito ( il quale doveva morire cinque anni dopo , nel 1876 ) fece del giovane Eduardo Scarpetta ; un ' indicazione testamentaria , si sarebbe tentati di dire . Milleottocentosettantuno , un anno dopo la proclamazione di Roma capitale . Pulcinella cedeva lo scettro del San Carlino ( e , in senso assai più lato , del teatro comico napoletano ; poi sarebbe venuta la rivoluzione dei digiacomiani ) a Felice Sciosciammocca , cioè a una di quelle che il Di Giacomo chiamò « semimaschere » , quasi un « carattere » , insomma . Nella farsa rappresentata ieri sera Eduardo s ' è però giustamente riservata la parte di Antonio Petito , quel Pulcinella diventato artigiano miserabile che batte suole di vecchie scarpe , davanti a un suo deschetto nel « basso » ; e il giovane Don Felice , studente scioperato figlio d ' un ricco proprietario di Avezzano , viene a farsi aggiustare le scalcagnatissime calzature e intanto si innamora della figlia di Pulcinella e combina un appuntamento con lei ; e poi , per nascondersi al padre irato , deve acconciarsi a entrare nella culla del bambino , figlio lattante del vedovo Pulcinella . È una farsa tradizionale , chi sa da quali remoti canovacci derivata ; ma in cui , oltre al potente riso , elementare e , diremmo , sanguigno , della classica pulcinellata , c ' è pur sempre lo sberleffo grottesco della miseria e della fame , tipico di quel teatro in cui un popolo ride , senza angoscia , della propria condizione . La consapevolezza verrà poi con Viviani . Nei panni candidi di Pulcinella , Eduardo è stato di una comicità perentoria , pur nella sua misura ; una comicità davanti alla quale non c ' era che da arrendersi e dar sfogo alla felicità del riso ; ben coadiuvato dai suoi bravissimi compagni , il buffissimo Ugo D ' Alessio , Pupella Maggio e Graziella Marina . Risate fragorose e interminabili applausi .
SCRITTORE SOCIALE MARCEL PROUST? ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Du côté de chez Proust di Malaparte , tradotto col titolo di Con Proust da Enzo Ferrieri e Gli indifferenti , riduzione teatrale ad opera di Squarzina e Moravia del romanzo omonimo dello scrittore romano , sono i testi del nuovo spettacolo del Convegno , varato ieri sera sul palcoscenico di via degli Omenoni . Du côté de chez Proust è la prima delle tre opere teatrali di Malaparte e venne scritta , come si ricorderà , direttamente in francese e rappresentata , con un successo che ebbe sapore di scandalo , da Pierre Fresnay , Yvonne Printemps e Jacques Sernas . È un divertimento letterario , siamo d ' accordo , ma c ' è dentro un ' idea , paradossale e fosforica , che sarebbe forse piaciuta a GB . Shaw : « il presentimento » , come scrisse Malaparte stesso , in un saggio introduttivo alla pièce , « della parte che l ' omosessualità avrebbe rappresentato nella disintegrazione della società capitalistica » . Immaginate un ' idea del genere in mano a Malaparte e il partito che egli ne trae per una simile variazione « proustiana » , ambientata in una garçonnière parigina del quartiere dell ' Étoile , nel felice anno 1905 . Tre personaggi soltanto : Marcel Proust , Robert de Saint - Loup e Rachel Quand - du - Seigneur ; due figure della Recherche , dunque , un aristocratico , chiuso nell ' uniforme azzurra dei sottufficiali di cavalleria , e una attricetta e mondana che , sempre per citare Malaparte , « rappresenta la coscienza di questa fatalità delle leggi dell ' evoluzione socialista ... una specie di Marx in gonnella e stivaletti 1905 che prende in giro principesse e marchese e beve champagne alla morte delle immortali » . Questo dare a Proust una dimensione di scrittore sociale , di anticipatore di polemiche che sono di questi anni , doveva avere un sapore ben iconoclasta per i parigini e si capisce l ' esclamazione del povero Christian Dior che , come racconta Marcel Le Duc , uscì dal teatro della Michodière con le mani nei capelli , mormorando desolato : « Ha mandato in pezzi il nostro idolo » . Ma a parte queste considerazioni , che interessano relativamente la critica , bisogna vedere se oggi questa singolare operetta di Malaparte , portata su un palcoscenico italiano , sta ancora in piedi . Diremo allora che , nonostante una traduzione non troppo curata , il galante ricamo , la patetica e ironica evocazione d ' un mondo scomparso , splendido di parole impeccabili e nutrito di sentimenti raffinati , riesce a vivere ancora , d ' una vita un po ' fissa e vitrea , come una pupilla dietro un monocolo . La singolare interpretazione sociale e politica che lo scrittore fa , qui , di Proust e della sua opera illumina , baleno del dopoguerra , la squisitezza di questo perfetto dialogo principio di secolo . Vera Pescarolo , nella parte di Rachel , è stata disinvolta e morbida , ma l ' avremmo preferita , a un certo punto , più popolarescamente irruente . Hanno detto con eleganza le loro parti , Luciano Alberici , che era Robert de Saint - Loup , e Ruggero De Daninos , che era Marcel Proust . Prima dello spettacolo aveva parlato di Malaparte Arturo Tofanelli . La riduzione che Luigi Squarzina e Moravia stesso hanno fatto de Gli indifferenti è di qualche anno fa ma è la prima volta che la si rappresenta a Milano . La trama del romanzo , la storia di come l ' ambiguo gaudente Leo riesca a corrompere la figlia della propria amante e poi a sposarla ; di come il fratello di costei , Michele , allucinato dall ' equivoco che sta alla radice dei sentimenti « apparenti » , e preso alla fine nel gorgo dell ' indifferenza morale , non realizzi il proposito di uccidere il turpe Leo e si acconci anzi a diventare il fresco amante d ' una tardona corrotta ; tutto ciò è piuttosto noto . La riduzione teatrale si è limitata , con qualche inevitabile spostamento e adattamento , a prendere le parti dialogate del romanzo ( che di dialoghi è tutto fittamente intessuto ) e a distribuirle in scene e quadri . Ma l ' aria sordida e triste del romanzo , che fu la fulminante rivelazione del giovanissimo Moravia , quell ' inesprimibile senso di disfacimento morale e di impossibilità all ' azione , dove sono rimasti ? Qui non c ' è che una secca cronaca dialogata : le parole sono le stesse ma , non nutrite dai neri umori della prosa che le teneva insieme come una terra , fanno l ' effetto di arbusti secchi . Non abbiamo capito , poi , perché Enzo Ferrieri , che per il Malaparte ci ha dato una plausibile atmosfera proustiana , abbia volto in farsa ironica tutto il primo tempo del dramma : tanto più che nel secondo tempo ha dovuto arrendersi a quell ' atmosfera di amara perdizione . Ma intanto la prospettiva del dramma era stata decisamente falsata . Fra gli interpreti , ha fatto spicco Marisa Fabbri , applaudita anche a scena aperta ; efficace il Leo di Luciano Alberici ; il De Daninos ha eccessivamente ironizzato il suo personaggio ; davvero modeste Giuseppina Setti e Vera Corvin . Successo cordiale per tutt ' e due le commedie .
BARRAULT AL NUOVO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
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Le Misanthrope che ieri sera la compagnia Barrault - Renaud ha presentato a Milano , nella perfetta edizione che è già stata applaudita dai pubblici di altre città d ' Italia , è , per unanime consenso della critica , la più grande commedia di Molière . Appartiene a quella triade delle commedie di carattere , che comprende anche L ' Avare e Tartufi . Comincia con queste commedie , specialmente col Misanthrope e Tartufe , la rappresentazione sul teatro dell ' uomo moderno , 1'«homo duplex » ; la passione - l ' eloquenza del cuore , siamo nel secolo del Giansenismo , di Pascal e di Racine - scinde la personalità . Così Alceste , il protagonista del Misanthrope , è la prima grande rappresentazione fantastica dell ' uomo che , per la critica morale di cui è pieno , non può adeguarsi alla realtà che lo circonda . Di qui il dissidio comico - tragico che corre , come il perplesso riso d ' una maschera , per tutti i cinque atti del capolavoro . Giustamente ha scritto Jean - Louis Barrault , nella presentazione dello spettacolo che di fronte a « Le Misanthrope non si sa se ridere o piangere » ; « è evidente » aggiunge « che la situazione di Alceste è grottesca , fatta di contrasti ; quest ' uomo , che si pretende puro , ama una donna di un ambiente dove regnano maldicenza , calunnia e malignità ; la sua condotta è però talmente sincera , che non si può soltanto ridere di lui » . L ' accento di questa sua interpretazione è dunque posto , giustamente , sulla parte tragica del personaggio . E con acuta intuizione il Barrault ha sottolineato anche il lato amoroso della grande commedia : Le Misanthrope è , a ben guardare , la rappresentazione di una passione d ' amore entro un mondo ambiguo , nel quale il filisteismo e l ' ipocrisia l ' hanno vinta sulla sincerità e sulla consapevolezza morale . Ma la passione di Alceste per la frivola Celimene mantiene un accento purissimo quasi eroico ; se ne accorge infatti la sensibile Eliante , che in Alceste trova « quelque chose de noble et d ' héroique » . Questa purezza della passione d ' Alceste dà a tutta l ' opera un tono lirico e filosofico insieme ; Alceste è solo in un mondo che non si può neanche definire ostile , ma sordo , indifferente . La comprensione degli altri , della dolce Eliante , per esempio , l ' amore ambizioso che gli porta la « prude » Arsinoe , non gli servono ; gli servirebbe l ' amore di Celimene . Anche di queste mancate corrispondenze di sensi amorosi è fatta la straziante grandezza della commedia e del personaggio . E un che di metafisico è nella conclusione , nella rinuncia dell ' eroe al consorzio umano . Jean - Louis Barrault ha rappresentato Le Misanthrope in tutto il mondo , è uno dei testi da cui discende una delle più alte lezioni di civiltà che un teatro possa dare ; lo ha recitato anche nella grande sala dell ' assemblea dell 'O.N.U . a Nuova York ; ma non gli è mai capitato , crediamo , di doverlo recitare , all ' estero , in un momento così drammatico per il suo paese . Ciò faceva la singolarità della serata di ieri al Nuovo : ogni volta che , lontano dalla Francia , interpreta Molière , disse una volta Barrault , gli sembra d ' essere chiamato a rendere conto di un patrimonio comune , di cui la Francia è depositaria . Questa sensazione era più avvertibile ieri sera , fra gli spettatori più partecipi . Barrault , bisogna aggiungere , ha dato uno spettacolo stilisticamente perfetto incorniciato dalla squisita scena di Pierre Delbée e gustosamente colorato dai costumi di Marcel Escoffier . Un grande Alceste è stato Barrault , carico di consapevolezza e di tristezza ; specialmente quando , nella seconda parte , abbandonate alcune , del resto gradevoli sottolineature mimiche , è arrivato all ' amaro nocciolo della questione . Madeleine Renaud , cia quella acuta « comédienne » che è , una raffinata Celimene . Perfetti , intorno a loro , esatte immagini della grande società molieresca , Simone Valère , quel grande attore comico che è Pierre Bertin , Jean Desailly , Paule Dehelly , Jean - Pierre Granval e Jean - François Calvé . Molti applausi a scena aperta e alla fine non meno di una decina di chiamate .
IRRIPETIBILE INCANTO DI GIRAUDOUX ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Lo squisito spettacolo di ieri sera , al Teatro Nuovo , la perfetta rappresentazione , in termini di puro linguaggio scenico , d ' una delle opere più riuscite di Giraudoux , son di quelli che dovrebbero riconciliare col teatro anche il pubblico più distratto . Perché ieri sera - il che non capita spesso , coi tempi che corrono - s ' è constatato , una volta di più , che la protagonista autentica , a teatro , è pur sempre la parola ; quando , ben inteso , essa assume quella presenza fosforica , quella specie di illuminazione misteriosa e furtiva che le deriva direttamente dalla poesia . Un sottile legame unisce Ondina di Giraudoux , che il pubblico italiano conosce per averne visto , due anni or sono , la realizzazione scenica data dal Teatro Stabile della Città di Genova , a Intermezzo ( che Enzo Ferrieri mise in scena , nel 1950 , con la compagnia della radio , al Piccolo Teatro ) . Sia la protagonista di Ondina sia quella di Intermezzo sono delle mediatrici fra il mondo dei fantasmi e quello dei vivi . Anzi , secondo René Lalou , dotto ammiratore dell ' opera di Giraudoux , il vero motivo di Ondina è quello di Intermezzo . Tutto ciò , però , ha un interesse relativo . Un po ' farraginosa e decorativa , Ondina è una grande féerie . Intermezzo , invece , una felicissima parabola in cui una provincia francese , nella quale si assommano , a ben guardare , individuabili motivi di costume e di storia , trasalisce alle soglie di un mistero , visto in termini di favola , ma non troppo . Il personaggio della maestrina Isabella che , nelle campagne intorno a una cittadina del Limousin , intrattiene un ' incantata conversazione con lo spettro di un giovane suicida per amore , ha , come figura puramente lirica , un amaro fascino ; i contorni della sua giovanile silhouette sono quelli stessi della porta che si schiude sul mondo di là . La trama vi è nota : l ' apparizione del fantasma nelle campagne intorno alla piccola città rovescia i termini della morale borghese , rivoluziona pericolosamente il linguaggio - cioè la convenzione - e la vita . Intervento di un Ispettore , cioè della miope e semplicistica Burocrazia . Da quell ' usciolo aperto sul mistero viene un ' infida corrente d ' aria , un soffio che può essere letale alle raffreddate istituzioni , ai catarrosi Luoghi Comuni ; la maestrina Isabella , che insegna alle sue piccole allieve a non avere paura della vita reale , a considerarla nell ' insieme dei suoi due emisferi , quello palese e quello invisibile , è a suo modo una pericolosa rivoluzionaria . Il rischio più grave , tuttavia , è lei stessa a correrlo : c ' è in quel suo franco e fiducioso spenzolarsi sull ' abisso , in quel suo cercare con fresca semplicità il perché del premere dei morti oceano non placato - ai labili confini della vita , il principio dell ' annullamento ; quasi che in lei si accumulasse una forza di gravità simile al peso di polpa e oscuro sugo che stacca il frutto dal ramo . A salvarla è l ' amore terreno , impersonato , nella commedia , da quel « controllore dei pesi e delle misure » che sembra , a giudicare da quello che dice , dalla poetica ed equilibrata stupefazione delle sue parole , un patetico sdoppiamento dell ' immagine dell ' autore . Così il fantasma viene dolcemente risospinto nel mondo dei morti e tutto ritorna « normale » , i pesi specifici dei sentimenti e delle convenzioni morali tornano a gravitare nell ' orbita giusta ( l ' unica possibile , d ' altronde , perché la comunità possa vivere ) e il cerchio dell ' abitudine quotidiana si richiude . È stato da qualcuno detto che Intermezzo è soltanto un « divertimento » . A noi pare che questi tre atti incantati e malinconici vadano ben al di là di una semplice variazione intellettualistica . A saperci mordere , in questo frutto da moderno giardino delle Esperidi c ' è molto più nocciolo che polpa ; è un nocciolo venuto su dall ' humus parigino degli anni fra le due guerre ( la commedia fu rappresentata la prima volta nel 1933 ) , in quell ' aria definita , felice , ma piena di brividi premonitori , increspata da una specie di misteriosa e poetica « pelle d ' oca » , che caratterizzò la Terza Repubblica . Si potrà obiettare , se mai , che su un teatro di questo genere sarà bene mettere il sigillo dell ' irripetibilità . Senso unico , insomma : Giraudoux , e basta . Non è facile , infatti , che si ripeta , contenuto in un : proporzione quasi classica , il fenomeno di questo impasto di spirito , intelligenza , umorismo e fantasia . Quale occasione poi il testo offre alla compagnia di Jean Louis Barrault . Solo attori come questi , sotto la guida di un teatrante in equilibrio sulle più raffinate e svariate esperienze intellettuali come Barrault potevano , nello scabro anno 1958 , dar vita scenica plausibile a questa « toccata e fuga » in tre atti . Bisognerebbe citarli tutti , Simone Valère , fresca Isabella corretta da un pizzico di ironia , Jean Desailly , poeticissimo controllore , Pierre Bertin , un funzionario lucido e tondo come uno scarabeo , Jean - Pierre Granval , lo speziale , Paule Dehelly e Maria Hélène D ' Aste , il coretto delle bambine ; e Barrault stesso , che s ' era riservata la fatale figurazione dello Spettro . Le delicate musiche di Poulenc e le scene di Maurice Brianchon hanno fatto il resto . Platea gremita , entusiasmo vivissimo . Chi ama il teatro , non si lasci sfuggire quest ' occasione .
UNO STATICO ORATORIO LA «FIACCOLA» DI DE LULLO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Prima di recarci a teatro , ieri sera , avevamo dato una scorsa ad alcune recensioni di giornali romani , settimanali e non , che de La fiaccola sotto il moggio , presentata dalla Compagnia De Lullo - Falk - Guarnieri - Valli , nella regia di Giorgio De Lullo , parlavano in tono entusiastico e per Rossella Falk , interprete del personaggio di Gigliola , adottavano l ' impegnativa definizione di « grande attrice » . Già , quindi , pregustavamo , oasi rara nel nostro mestiere , una serata di alto teatro , con un testo discutibile , ma illustre , e una regia e un ' interpretazione , se non eccezionali , poco meno . Si sa che , nonostante le sue ambizioni di ripetere l ' immagine di Elettra , un ' Elettra ambientata in terra d ' Abruzzo , La fiaccola sotto il moggio resta un dramma naturalistico e , niente da fare , decadente . Il suo motivo autentico , e più intimo , non è quello della vendetta riparatrice di Gigliola contro Angizia , la « femmina di laico » che le ha ucciso la madre ; quella vendetta per cui Oreste fa strage di Egisto e Clitennestra . D ' Annunzio proietta perentoriamente l ' azione verso quella catastrofe ma intanto ciò che veramente gli sta a cuore è l ' amara musica che viene dal disfacimento della casa dei Sangro . Punta al tramonto sanguigno che conclude la tragedia greca e arriva al crepuscolo , polveroso e perplesso , del decadentismo principio di secolo . Nella casa dei Sangro c ' è , a cercarlo , tutto il repertorio dei crepuscolari : la fontana muta che non dà più acqua ; il grido del fanciullo : « Sono un povero malato - altro non posso che morire ... » ; che qualche anno dopo riecheggerà Sergio Corazzini , poeta morto , ventenne , di tisi ; la « sillaba del tarlo » ; « la polvere delle cose consunte » ; le pergamene corrose , memoria di una grandezza perduta ; le statue dei vecchi re , caduti dalle nicchie e con la testa mozza ; la portantina dal velluto stinto , come il sangue di Simonetto ; e di suo padre Tibaldo , quel sangue pallido che ha tuttavia torbide accensioni e concilia la vampa per la serva assassina alla vigliaccheria e all ' impotenza ad agire . Il sapore di morte che è in questa tragedia fin dai primi versi non deriva dalla pura determinazione ad agire degli eroi classici ; ma caso mai proprio dal suo contrario ; da quella perplessità , da quella decadenza , da quel rovinio che è nelle cose e negli uomini e che D ' Annunzio esprime con gli arcaici , malinconici fasti del suo linguaggio . È chiaro che tragedia vera e propria non c ' è ; c ' è una specie di allucinazione torbida , che ha ancora una sua indubbia forza teatrale ( l ' opera sopporta sulle spalle , coperte da uno scialle a lutto , cinquantatré anni buoni ) purché venga , rispettato quell ' ambiente , che D ' Annunzio descrive con le sue fulgide didascalie ; e i personaggi si muovano secondo la loro coerenza drammatica , perché insomma si tratta di un ' Elettra borbonica e Tibaldo dev ' essere un barone consunto e vizioso , la femmina di Luco , Angizia , una criminale aspra donna plebea , il Serparo un Deus ex - machina uscito da sotterranei di città morte ; e così via . Giorgio De Lullo ha invece messo in scena La fiaccola sotto il moggio , senza credere ai suoi valori che , poco o molto , sono quelli indicati sopra ; e l ' ha trasformata in una specie di alto oratorio , di immobile lettura . Dizione spiegata , leggermente inamidata da una punta accademica , statuarietà dei personaggi su una specie di piattaforma rotonda , di cui la strana scena , allusiva , irreale , creata da Pier Luigi Pizzi , ripeteva il movimento . Così , niente più casa dei Sangro , dove tutto è « consunto , corroso , fenduto , coperto di polvere , condannato a perire » ; niente più azione , plausibilità allucinata , come il testo richiede . Insomma , uno stile da tragedia classica per un testo che di classico non ha nulla , se non le unità aristoteliche , di tempo , di luogo e d ' azione . Scelta questa linea , lo spettacolo è coerentissimo , rigoroso , con quei suggestivi rintocchi di musica sullo sfondo ; ma , chiamateci codini , non è più La fiaccola sotto il moggio . Rossella Falk ha realizzato fedelmente l ' immagine che del personaggio di Gigliola ha voluto darci il regista e ha avuto , specialmente nei primi due atti , quando è stata applaudita a scena aperta , forti accenti tragici ; ma non ci pare che abbia approfondito le ragioni di disperata dolcezza dell ' eroina , quella sua amara perplessità che fermenta sotto un volto impassibile . Romolo Valli è stato un Tibaldo malinconico e sfatto , il più vicino , fra gli interpreti , allo spirito autentico del testo ; acre ed efficace l ' Angizia di Elsa Albani , piuttosto esile il Simonetto di Umberto Orsini e poco funzionali Corrado Nardi e Nino Marchesini , rispettivamente l ' Acclozamora e il Serparo . Completano il cast Italia Marchesini , Nicky De Fernex e Gabriella Gabrielli . Successo ; e molti applausi anche al regista , alla fine . Ma , con buona pace degli entusiasti , De Lullo e compagni , nel nostro teatro , hanno fatto ben altro .
LE DONNE DI PATRONI-GRIFFI SONO CINICHE ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
È veramente una commedia d ' amore la novità di Giuseppe Patroni Griffi , rappresentata questa sera alla Fenice , a inaugurazione del « XVII Festival Internazionale del Teatro » , dalla compagnia De Lullo - Falk - Guarnieri - Valli ? A noi ha fatto piuttosto l ' impressione d ' una commedia contro l ' amore . Una commedia d ' amore del tempo nostro , impegno arduo , bisogna riconoscerlo , ma affascinante , non può che partire dall ' ambiguità dei sentimenti , dal loro essere e non parere , dalla difficoltà , tipica dell ' uomo moderno , di riconoscerli , anzi addirittura di individuarli , mentre si dibattono nell ' oscura trappola del cuore . È la triste ambivalenza con altri moti , per cui l ' amore viene mutato , equivocato , mediato con sentimenti di natura diversa , per non dire opposta , che fa l ' angoscia dell ' « uomo d ' amore » contemporaneo . Perché questa viva , tuttavia , in una trascrizione poetica ( teatro o no ) occorre che l ' amore esista nella sua difficile , spesso asimmetrica , reciprocità , cioè che accanto all ' uomo ci sia la donna : innamorata magari di un altro , magari prostituta e dedita alla cocaina , ma donna e amante . Nei tre atti di Patroni Griffi , invece , non ci sono donne , ma figurazioni odiose e beffarde di una femminilità avida e arida . Si tratta , dunque , del consueto tema , ormai da qualche tempo circolante nell ' aria come un polline irritante , per cui la donna è considerata le nemica , la distruttrice , l ' incapace di sentimenti autentici . Di lei si può anche morire , ma forse è meglio lasciarla perdere . Con tutto ciò , voi capite , non è possibile scrivere una commedia d ' amore ; e i tre atti di Patroni Griffi sono , se mai , una requisitoria contro l ' amore , o per lo meno una denuncia dell ' impossibilità della sua presenza nel mondo , fra uomo e donna . La commedia ( che è condotta con una tecnica spezzata , e assai abile , da sceneggiatura cinematografica ) si svolge ai margini dell ' ambiente romano del cinema . Due aspiranti sceneggiatori , Renato ed Eduardo , detto Eddy , vivono insieme , in un appartamentino d ' affitto , che è una specie di « porto di mare » , al quale approdano , da tempestose navigazioni , Tea , ragazzetta ambiziosa e proterva che vuol diventare una diva ed Enzo , un attore preso dalla strada , che ebbe con un film neorealista il suo quarto d ' ora di fortuna , e che ora non riesce più a mettersi sul filo del vento buono . L ' amore di Renato per Elena Davidson , bella altera e autonoma donna , separata dal marito , che gestisce un ' agenzia di collocamento per aspiranti attori e attrici , nasce così , in questo ambiente sciamannato e vociante , pieno degli scrosci d ' acqua delle vasche da bagno e d ' una sorta di cinismo patetico . Ma è una amore impossibile , perché Elena , e lo confessa durante una gita al mare con l ' amico ( secondo atto , di gran lunga il meglio dei tre ) , è negata all ' abbandono del cuore ; già tentò , e fallì , col marito , cui è tuttavia unita da una specie di riconoscente tenerezza . Ciò non le impedisce , però , facilitata anche dal suo lavoro , di prendersi , per indulgenza coi sensi , gli uomini che vuole : come quell ' Enzo , « fusto » barbaro e inconsapevole . Su questo filone principale si innesta l ' arida relazione Eddy - Tea , relazione puramente , diciamo così , di « comodo » per entrambi ; con lui che a un certo punto si stanca e vorrebbe troncare , lei che rimane incinta , e allora è lui , commosso dall ' idea del figlio , che ha un momento di sincerità e sarebbe disposto a sposare la ragazza . Macché , quella ha mentito solo per vendicarsi , ora ha trovato un produttore che la lancia , perciò alza le spalle e se ne va . Lella Mare , diva del microfono , non più giovanissima e sentimentalona , pencola nel frattempo , con melodica tenerezza , da Renato al rude Enzo , che poi si piglia , per tenerselo , finché almeno il successo non glielo porterà via di nuovo . Intanto , abbandonato da Elena , che si è allontanata per guarirlo , Renato , tornato alla provincia natia , si spegne in silenzio , letteralmente muore . Perché ? La volontà di vivere ha abbandonato il suo corpo ed egli se n ' è andato così , di un male misterioso , non previsto da alcuna diagnosi . Eddy alla fine dirà ad Elena « Ci manca l ' educazione del cuore . Come ci costruiamo con le nostre mani il lavoro , gli interessi , una personalità , perché non dovremmo costruirci un sentimento ? » . La realtà è che nessuna « educazione sentimentale » potrebbe insegnare l ' amore a questi personaggi così come l ' autore ce li presenta . E ne varrebbe poi la pena , con donne di quel genere ? Come rappresentazione di costumi , come acre documentario di un ambiente particolare , dunque , l ' opera ha una sua efficacia , il dialogo vi è brusco , magro , ha il volto sporco e trasandato di questi giorni ; come commedia d ' amore , no , ché anzi i suoi momenti più sensibili li ha proprio , al secondo atto , . quando , attraverso alcune livide battute , l ' autore arriva a stabilire ciò che veramente sembra interessargli : l ' impossibilità , per colpa , della donna , del rapporto d ' amore . Salvo qualche lungaggine e un certo calo di tensione al terzo atto , la commedia è ben costruita ; e piacerà , vedrete , al pubblico d ' oggi , per quel tanto di poetica ambiguità , ( più apparente che reale , ma è appunto quanto si vuole ) che lascia intravedere . Anche perché poi lo spettacolo montato da Giorgio De Lullo , è , nel suo genere , perfetto ; la scena multipla di Pier Luigi Pizzi , trasformabile a vista , rende ottimamente quelle atmosfere realistiche e allucinate ; così la colonna sonora . Degli interpreti , De Lullo , che ritorna con questa commedia alla sua attività di attore , dà alla figura del protagonista una tenerezza , una sorta di pietà fraterna , anche nelle punte di isterismo sentimentale ; e il Valli delinea il personaggio dell ' amico con una pacata malinconia . Rossella Falk è , con tenerezza e crudeltà insieme , l ' inaccessibile ( relativamente ) Elena ; Annamaria Guarnieri mette semplice , animalesco cinismo nel personaggio della proterva ragazzetta Tea ; Umberto Orsini è un brusco , indolente ammiccante Enzo . Assai intonati tutti gli altri , da Nicky De Fenex al Maranzana alla Marchesini . Ma un cenno a parte merita Elsa Albani , che nella parte della canterina sentimentale dà un saggio notevolissimo delle sue qualità di attrice ironica e tenera , colma di densi umori .
StampaQuotidiana ,
Mosca , 4 novembre , notte - Laika è il nome della cagnetta eschimese che sta girando attorno alla Terra rinchiusa nella cabina del satellite n . 2 , lanciato ieri mattina all ' alba da una base sconosciuta dell ' Unione Sovietica . Il nome Laika deriva dalla voce russa « abbaiare » . Dai primi dati radiotelemetrici ricevuti , gli scienziati russi hanno potuto convincersi che , nelle sue prime ore di volo al limite estremo della ionosfera , Laika si comportava bene e che le sue condizioni generali erano soddisfacenti . Finora , sono stati pubblicati solo due comunicati ufficiali , uno sul lancio del satellite e l ' altro sul suo movimento intorno alla Terra ; ma in nessuno dei due si parla esplicitamente della possibilità che Laika un giorno ritorni sulla Terra dov ' è nata . È probabile , tuttavia , che gli scienziati sovietici abbiano studiato qualche congegno che permetta al razzo di avvicinarsi alla Terra , di penetrare nel campo di azione della gravità terrestre e di lanciare la cabina dove è rinchiusa la cagnetta , affinché questa possa scendere sulla superficie terrestre per mezzo di un paracadute . Oggi , nel pomeriggio , il professor Scevliakov , parlando al planetario di Mosca , non ha escluso la possibilità che la cabina raggiunga la Terra . Egli ha ricordato che gli scienziati sovietici hanno già lanciato nella stratosfera dei razzi con dei cani a bordo che poterono ritornare sulla Terra sani e salvi da un ' altezza di 210 chilometri . Il prof. Scevliakov ha soggiunto che il lancio della cabina potrebbe avvenire mentre il satellite n . 2 si troverà al perigeo della sua orbita , ossia alla minima distanza dalla Terra , che si aggira tra i 300 e i 400 chilometri . Il catapultamento della cabina costituisce un problema difficile ; tuttavia il professore ha ammesso che tale problema potrebbe essere stato già risolto , poiché al recente congresso di astronautica di Barcellona , gli scienziati sovietici comunicarono di aver escogitato un sistema per far ritornare sulla Terra certi satelliti dotati di speciali congegni . Nel corso della sua lezione , il professore ha dichiarato anche che il secondo satellite artificiale avrebbe una lunghezza di una decina di metri . L ' accademico Blagonravov , che è uno degli scienziati che hanno partecipato alla realizzazione del primo sputnik , non accenna in una sua breve comunicazione , riprodotta stamane dalla « Pravda » , alla possibilità del ritorno di Laika sulla Terra . Egli ha scritto che , con il lancio del satellite n . 2 , si è compiuto un nuovo passo verso la soluzione dei problemi del volo umano nel cosmo in quanto il sistema radiotelemetrico permette di ricevere continuamente i dati sulle condizioni di un organismo vivente durante il suo volo nello spazio e , nel caso particolare , sulla respirazione e sul funzionamento del cuore del primo cane viaggiatore che giri attorno al nostro globo . Il secondo satellite sovietico ha la forma di un sigaro in quanto non è altro che il terzo elemento del missile che ha forato l ' atmosfera ad altissima velocità per entrare in un ' orbita prefissa , inclinata di 65 gradi sul piano dell ' equatore terrestre . Gli scienziati assicurano che la massima distanza dalla Terra che lo sputnik n . 2 raggiunge nelle sue rivoluzioni è di circa 1700 chilometri , superiore quindi di circa 800 chilometri all ' apogeo iniziale del primo satellite . La velocità del secondo satellite è di circa 8 chilometri al secondo ; il periodo delle sue rivoluzioni è oggi di un ' ora e quarantatré minuti . Considerato che il peso degli apparecchi e del cane è di 508,3 chili - non è noto il peso del razzo - e considerando la maggiore ampiezza della orbita , si dovrebbe dedurre che il missile sovietico n . 2 abbia sviluppato una potenza maggiore di quella che permise al missile del primo sputnik di allontanarsi di 900 chilometri dalla Terra . Il secondo satellite è equipaggiato di strumenti per studiare le radiazioni solari nei settori dei raggi ultravioletti e dei raggi X dello spettro del Sole , di strumenti per lo studio dei raggi cosmici e per la misura della temperatura e della pressione esterna . Inoltre , il razzo contiene una cabina stagna ad aria condizionata e gli apparecchi per la registrazione delle funzioni vitali della cagnetta eschimese , nonché i viveri per la sua alimentazione . Alle apparecchiature del secondo . sputnik si devono aggiungere , infine , le due radiotrasmittenti e le relative batterie . Nel secondo comunicato ufficiale è detto che le stazioni di controllo a terra stanno già ricevendo regolarmente i primi dati di grande valore scientifico . Due esperti sovietici , in un articolo pubblicato oggi sempre sulla « Pravda » , illustrano le ricerche biologiche che gli scienziati russi si propongono di effettuare per mezzo dello sputnik n . 2 in previsione della possibilità del volo umano negli spazi cosmici . Secondo gli scienziati sovietici le esperienze già felicemente concluse con cani , che sono saliti fino a quota 210 chilometri , fanno prevedere che il giorno in cui l ' uomo potrà penetrare nello spazio cosmico non dovrebbe essere molto lontano . Tuttavia , molti problemi devono essere ancora risolti . Le conseguenze biologiche dell ' assenza del peso e delle radiazioni solari e cosmiche non sono ancora conosciute c perciò i dati che potranno essere registrati in base alle reazioni di Laika saranno certamente decisivi per migliorare le condizioni di vita della cabina stagna di un razzo e per tentare il primo esperimento umano . Le osservazioni sul comportamento di Laika potranno anche permettere di risolvere altri problemi biologici che sono impossibili da studiare per mezzo di esperienze di laboratorio , o per mezzo di voli normali anche se a grande altezza . Dai primi dati ricevuti dal satellite n . 2 , gli effetti dell ' accelerazione alla partenza del missile e nella fase che ha preceduto il suo orientamento nell ' orbita , sembra che non abbiano avuto sensibili conseguenze sulla cagnetta eschimese . Quando lo sputnik è entrato nella sua orbita sono cessati gli effetti dell ' accelerazione . La velocità ha assunto un ritmo normale . A questo punto , però , devono essere sopravvenuti gli effetti dell ' assenza del peso . Dinamicamente sono già state riprodotte le condizioni dell ' assenza del peso per pochi secondi negli aerei e per pochi minuti a bordo dei razzi . Negli esperimenti a bordo degli aerei si è osservato che l ' assenza del peso provoca dei disturbi nella coordinazione dei movimenti e nella circolazione del sangue . I due esperti sovietici , sulla base di considerazioni di ordine teorico , ammettono la possibilità che alcune funzioni biologiche siano disturbate anche dalle radiazioni solari e cosmiche e che , pertanto , sarà necessario proteggere un essere vivente con schermi speciali nei futuri viaggi interplanetari . I due esperti credono anche che altri esperimenti saranno necessari affinché gli scienziati possano rendersi conto dell ' esatta possibilità di resistenza dell ' uomo fuori del suo ambiente naturale . È probabile , essi scrivono , che sia necessario lanciare nello spazio a bordo di altri satelliti delle scimmie antropoidi , dei topi , dei molluschi e degli insetti per chiarire altri aspetti scientifici , prima di poter compiere il primo esperimento cosmico con esseri umani . Questa notte , Radio Mosca ha annunciato che dai segnali ricevuti nella serata dal satellite n . 2 , le condizioni di Laika continuano a rimanere soddisfacenti .
LA STRADA DI BECKETT FINISCE IN UN ABISSO ( De Monticelli Roberto , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Con Fin de partie di Samuel Beckett , rappresentato questa sera al Ridotto da Roger Blin ( che fu il primo interprete di En attendant Godot ) , siamo sull ' altro versante di questo allucinato teatro francese , scritto da romeni ( Ionesco ) , da russi ( Adamov ) e da irlandesi ( Beckett , appunto ) : siamo sul versante che guarda verso la notte , non c ' è che il buio da questa parte , il buio nel vuoto . Quattro personaggi in una stanza grigia , assolutamente nuda , circolare : due piccole finestre , una orientata verso la terra , l ' altra verso il mare ; l ' unico quadro appeso alla parete è stato rovesciato , mostra il dorso della tela ; al centro , paralizzato su una poltrona , avvolto in un vecchio drappo , Hamm : cieco , con occhiali neri sugli occhi bianchi e vuoti ; accanto a lui , in piedi , stancamente docile ai suoi comandi e ai suoi richiami , vibrati nell ' aria come frustate , a colpi di fischietto , Clov , che è figlio di Hamm e insieme il suo schiavo , condizionato da lui e a lui unito da un invisibile cordone ombelicale ; ridotti a tronconi umani , chiusi entro bidoni per la spazzatura , ai cui bordi si afferrano con le mani come agli orli d ' un pozzo , Nagg e Nell , i due « maledetti progenitori » di Hamm . Fuori da questa stanza è 1'«altro inferno » , il deserto ; ma il deserto dove tutto è già stato consumato e bruciato , poiché , alle domande di Hamm , Clov , lo schiavo - figlio , risponde « non c ' è più natura » , e se l ' altro , con apparente banalità , gli chiede che ora è , egli ribatte : « Non esiste più tempo » . Hamm , è stato detto , deriva il suo nome dalla parola inglese hammer , martello , ed è la continuazione del personaggio di Pozzo in En attendant Godot : è il padrone , il cosiddetto padrone dell ' universo , l ' Uomo . È il martello che batte sui tre chiodi rappresentati dagli altri tre personaggi , i cui nomi sono variazioni linguistiche della parola « chiodo » , e li conficca sempre più nel niente della vita e della morte . Cosa accade ? Non può accadere nulla , evidentemente . Nel dramma precedente di Samuel Beckett c ' era , unico baleno di speranza , l ' attesa dell ' invisibile Godot . Questo Godot che non arriva mai è diventato quasi un simbolo nell ' angoscia del mondo contemporaneo , in cui gli uomini si avviano rapidamente a prendere i connotati indefiniti , fatti di sabbia sporca , di questi personaggi , di Hamm , di Clov , dei due tronconi agonizzanti nei secchi di lamiera . Qui , invece , non c ' è nessuna attesa , la partita è chiusa e mentre i due vecchi muoiono , sgranocchiando l ' ultimo biscotto , nei bidoni il cui coperchio è stato riabbassato per sempre , Clov se ne va , ha visto qualcosa che si muove fuori , nel deserto , non sa se uomo , donna o bestia ; ma che importanza ha ? Tanto , fuori di lì , è la morte ; come la morte è dentro , fra quei muri grigi , dove rimane soltanto Hamm , ad aspettare la fine , mettendosi , sulla faccia senza sguardo , sudario miserabile , un fazzoletto macchiato di sangue . Comodità della tragedia , direbbe Jean Anouilh , che se ne intende ; nella tragedia tutto è previsto e accade al punto giusto . Non ci sono attese . Non ci sono speranze . Non c ' è che da urlare , al momento opportuno , quando la trappola si chiude . È appunto ciò che fa la forza di questo dramma , dove non si grida per la verità , ma si soffoca entro un triste e beffardo sentore di tomba . È veramente il « teatro nero » dei nostri giorni ; agghiacciante ma efficacissimo . C ' è da chiedersi soltanto ; e poi ? La strada di Beckett , a differenza di quella di Ionesco , sembra qui interrompersi per dar luogo a una parete verticale , oltre non c ' è che l ' abisso . È da notare come Roger Blin , interprete e regista ( fu allievo di Antonin Artaud ) e i suoi bravissimi attori , Jean Martin , Alice Reicher , Georges Adet , abbiano , per un ' ora e mezzo di tensione fortissima , portato su , a spirale , l ' immobile , filosofica drammaticità del testo , facendone balenare alcuni aspetti grotteschi , di ironia sepolcrale , di macabra comicità . Acte sans paroles , pure di Beckett , che si è rappresentato insieme a Fin de partie , è una pantomima su musica di John Beckett , cugino dello scrittore . Interpretata dal mimo inglese Deryk Mendel , è la storia degli inutili tentativi che l ' uomo compie per ottenere il diritto alla propria presenza in un mondo che gli si nega . Anche il ramo d ' albero cui vorrebbe impiccarsi , diventa improvvisamente pieghevole , cede .
ProsaGiuridica ,
Il Ministro delle Finanze Visti gli articoli 16 e 17 dello Statuto e regolamento dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare , approvato con Decreto legislativo in data 31 marzo 1944-XXII , n . 109; Ritenuta la necessità urgente ed assoluta in relazione all ' attuale situazione di consentire un adeguato trattamento tributario a favore di tutti i beni del predetto Ente , tanto se da esso gestiti , quanto se attribuitigli in proprietà Visto l ' art . 2 - terzo comma - del citato decreto legislativo ; Decreta : Art . 1 . Il 3° comma dell ' art . 16 dello Statuto dell ' Ente di gestione e Liquidazione Immobiliare , approvato con Decreto legislativo del Duce 31 marzo 1944-XXII , n . 109 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 81 del 6 aprile 1944-XXII , è modificato come appresso : « Le imposte di registro per gli atti di alienazione dei beni attribuiti in proprietà o in gestione all ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare sono ridotte come segue : a ) all ' aliquota fissa dell'1,50% fino al valore di L . 5.000; b ) all ' aliquota del 10% oltre il valore di L . 5.000 La imposta di trascrizione , i diritti catastali e gli onorari notarili di alienazione dei beni attribuiti in proprietà o in gestione all ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare sono ridotti alla metà dell ' ordinario ammontare quando non trovino applicazione disposizioni più favorevoli . » Art . 2 . Le disposizioni del presente decreto si applicano anche agli atti in forma pubblica ed alle scritture private rispettivamente stipulate o registrate dopo il 5 aprile 1944-XII . Il presente decreto che sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale d ' Italia , previa registrazione alla Corte dei Conti , verrà inserto , munito del sigillo dello Stato , nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti ed entrerà in vigore , salvo il disposto dell ' art . 1 , il giorno successivo a quello della sua pubblicazione . Dalla Sede del Governo , addì 15 settembre 1944-XXII Il Ministro delle Finanze : Pellegrino
La fabbrica e l'operaio ( Carocci Giovanni , 1958 )
StampaPeriodica ,
Si dice che il mondo della fabbrica , il mondo meccanico della produzione industriale sia grigio , amorfo , tendenzialmente piccolo borghese . Ebbene non ha nulla di tragico la decadenza di un operaio specializzato che dopo aver trascorso la propria vita nelle officine , al contatto della macchina . tra i compagni di lavoro , colpito da un padrone che spezza d ' un colpo tutti questi legami che facevano parte della sua vita , e che lo perseguita dall ' alto nella città , come una divinità vendicativa ed onnipossente , termina a scaricare la notte casse di verdura ai mercati generali ? Poche ore di lavoro , saltuarie , alcune migliaia di lire al mese , il sussidio di disoccupazione finché dura e un po ' di ortaggi infilati in tasca . O non ha nulla di drammatico la lotta dell ' immigrato , ex bracciante e salariato di una campagna miserabile , il quale si aggrappa alla città ostile dove si snodano le catene di montaggio e la notte il cielo si illumina del bagliore delle colate ? Questo contadino sradicato che lotta muto , ostinato , per occuparsi , per farsi avanti , per unirsi alla famiglia e finalmente per scomparire anch ' esso nella grande città , per confondersi tra la massa dei vecchi operai . Come non è drammatico l ' eroismo silenzioso dell ' operaio cosciente il quale , giorno dopo giorno , ignorato dalla società civile , indifeso , talvolta solo , sfida la prepotenza del padrone rivendicando i propri diritti di cittadino e di operaio ? Non è sconcertante che in officina si debba tacere , tacere e chinare la testa , sentirsi divisi , sentirsi in due parti , una dignitosa e civile che va nascosta , e l ' altra bassa , meschina , egoista , la sola da manifestare in fabbrica se si vuol vivere una vita che almeno materialmente sia tranquilla . È la tragedia della classe operaia che sa di avere dei diritti perché produce , che vede una classe dirigente corrotta e sa di essere sana e forte , che vuole esprimersi , partecipare alla vita civile del paese , ed invece si vede ignorata , esclusa , perennemente ricacciata alla periferia ! La coscienza dei diritti Nell ' esaminare la condizione operaia non è sufficiente limitarsi alle condizioni materiali d ' esistenza ma è necessario studiare accanto a queste come venga soddisfatto quel complesso di necessità di ordine sociale che , nel caso di una società evoluta , sono divenute vitali ed incomprimibili per l ' individuo . In modo particolare occorre verificare come la società assorbe l ' individuo ( il gruppo , la classe ) e lo fa partecipe del proprio processo evolutivo . Occorre verificare se soddisfa o meno la tensione dell ' individuo a non essere subordinato ma attivo , la sua necessità di manifestarsi economicamente , politicamente , socialmente , secondo tutto l ' arco di diritti che il progresso civile gli riconosce . Quando esigenze di espressione sono compresse , quando classi o gruppi sociali vedono negato il proprio diritto storico ad essere partecipi , sotto ogni aspetto , del progresso civile , quando vi è una contraddizione tra i diritti che lo sviluppo economico dà ai produttori , ed i rapporti produttivi e di classe che comprimono l ' esercizio reale di questi diritti , allora vi è nella società un malessere profondo , una carica drammatica che bisogna denunciare . Ciò che oggi rende particolarmente drammatica la condizione operaia nel nostro paese è appunto la contraddizione tra la maturità sociale e politica dei lavoratori , tra la consapevolezza dei loro diritti di produttori , ed i rapporti di produzione esistenti che consentono agli imprenditori di imporre l ' alienazione globale di chi lavora . Si trovi al confine della fame o abbia invece raggiunto un tenore di vita che Io liberi dall ' assillo della miseria ( come avviene nei settori di capitalismo più sviluppato , soprattutto in quelli monopolistici ) , l ' operaio non ha scelta : se vuol cedere la propria forza lavoro deve cedere contemporaneamente , durante le ore di officina , l ' esercizio concreto dei propri diritti , deve rinunciare alla propria personalità umana . I rapporti di classe L ' alienazione globale è il portato di determinati rapporti di classe . Proprio per questa sua natura essa , diramandosi dalla fabbrica e dal processo produttivo , si trasferisce nel paese dove mira a consolidare i rapporti di classe esistenti nelle officine . Appunto l ' ampiezza dell ' alienazione operaia denuncia l ' arretratezza della struttura economica e sociale del paese e dimostra ancora una volta come sia impossibile paragonare la condizione operaia italiana con quella degli altri paesi industriali dell ' occidente . Essa va dalle forme più evidenti in atto nelle piccole industrie ( anche se spesso , malgrado le condizioni di vita siano intollerabili . , minore è il senso dell ' oppressione ) a quelle più complesse di pressione economica , disciplinare ed ideologica dei grandi gruppi industriali , soprattutto monopolistici , dove nondimeno l ' assenza di ampie prospettive di mercato e la mancanza di un moderno spirito imprenditoriale , la grettezza tradizionale della nostra borghesia industriale , danno a questa pressione un inconfondibile carattere di rozzezza , di brutalità , talvolta di aperto terrorismo . Funzione dell ' alienazione globale è quella di imporre un più completo sfruttamento del lavoro . È evidente infatti che tutta la bardatura di diritti che accompagnano l ' operaio costituisce una remora ad un suo più completo sfruttamento . Pertanto , quando i rapporti di classe lo consentono , l ' imprenditore annulla questi diritti e subordina totalmente l ' operaio . Ma da un altro angolo visuale , assai istruttivo , può essere vista l ' alienazione globale . Essa cioè esprime il livello al quale si forma , nel nostro paese , l ' equilibrio sociale . Negli altri paesi occidentali , grazie al diverso grado di sviluppo del sistema capitalista e alla maggiore forza della classe operaia , la lotta di classe conduce ad un equilibrio che consente un minore sfruttamento del lavoro , che impone il riconoscimento effettivo dei diritti dei produttori e , ora più ora meno , libera la classe operaia dalla sua condizione subalterna e la immette nel moto del progresso civile . In Italia invece , grazie appunto alla sua arretratezza strutturale , l ' imprenditore impone all ' operaio la sua alienazione globale , lo spoglia dei suoi diritti e lo elimina dal moto della storia , e questa pratica si dirama dalla fabbrica nel paese chiamandosi discriminazioni , illegalità , violenza della coscienza individuale , arresto e decadenza della vita democratica , subordinazione dei produttori e , se badiamo alla sostanza senza lasciarci incantare dalle apparenze , vera e propria violenza di classe . Presenza della fabbrica Non si comprende il mondo dell ' operaio se prima non si afferra , in tutta la sua grande portata , il significato della fabbrica per chi vi lavora . La società operaia , la mentalità , il carattere , l ' umanità dell ' operaio , risentono in tutto la presenza della fabbrica . Le lotte operaie , sindacali o politiche , tutte le sfumature ideologiche che si sviluppano con tanto vigore tra gli operai , il legame tra il proletariato industriale ed i partiti di classe sono fatti astratti , cose senza vita , se al loro fondo non si sa vedere l ' esperienza di fabbrica . In sostanza la fabbrica è per l ' operaio il centro naturale in cui si articolano larga parte delle espressioni della sua personalità , si manifestino nel lavoro , nella solidarietà nella lotta . La parte sociale della sua personalità , quella che si manifesta nei rapporti sociali , si realizza di giorno in giorno nelle mille esperienze che compongono la vita di lavoro . L ' operaio riceve costantemente qualcosa dalla vita di fabbrica , sia nei suoi rapporti con i compagni di lavoro , sia nel suo legame col processo produttivo e col padrone , e ad essa dà costantemente parte di se stesso . Ecco allora perché l ' operaio prova un così vivo dolore quando questi legami , sviluppatisi a lungo , vengono bruscamente interrotti . E non si tratta soltanto di dolore ; è sbalordimento , mortificazione e poi rimpianto del passato . Nella sua storia di individuo questo è un momento di grande drammaticità : l ' involucro sociale della sua personalità è scardinato , ad un tratto è crollato qualcosa nella sua vita , la sua continuità si è dolorosamente interrotta . Un legame profondo La fabbrica è l ' ambiente naturale dell ' operaio . Già la sua società lo ha predisposto prima ancora che entri in officina . Nella società operaia si avverte dovunque la presenza della fabbrica . Essa , oltre ad essere concretamente visibile ed a manifestarsi in qualcosa di indefinibile ma concreto nell ' atmosfera cittadina , è nei pensieri , nelle aspettative , nelle preoccupazioni di tutti . Fuori dalla fabbrica , in altre attività , chi è stato operaio è il più delle volte uno spostato , un solitario , un infelice . L ' officina è nel sangue dell ' operaio nei suoi aspetti creativi come in quelli oppressivi . Essa è un fatto immenso nella sua vita , toglietela e ne farete un infelice , lo dimezzerete . Egli accetta la fabbrica , ne ha bisogno ed in essa trova modo di esprimersi . Può fare ciò perché istintivamente dà un giudizio storico : egli sente che quanto vi è nella vita di fabbrica di opprimente , di umiliante , non è nella natura del moderno processo di produzione , ma costituisce il portato di determinati rapporti di classe , di una certa situazione sociale . Egli scinde quanto è la conseguenza logica , accettabile della moderna organizzazione del lavoro , da quanto invece è frutto dell ' uomo . Ecco perché non odia la fabbrica , perché non ne ha orrore ma necessità : gli schiavi non amano la propria prigione . Fortemente drammatico è il legame tra l ' operaio militante e la sua fabbrica . Dati i rapporti di classe esistenti nel paese , l ' imprenditore impone l ' alienazione globale dei lavoratori . Doppiamente dura è la vita d ' officina per chi ha coscienza di classe : non solo deve condurre , all ' interno del processo produttivo , la sua lotta naturale contro il sistema capitalista , ma vede negati tutti i propri diritti , di cui ha consapevolezza e necessità , vede colpito in fabbrica ciò che è legale nel paese , vede violentemente compresso lo slancio a manifestare le proprie esigenze . Dura , esasperante è la vita dell ' operaio cosciente : eppure il grande desiderio del licenziato per rappresaglia , del perseguitato dal padrone , è quello di rientrare nella fabbrica da cui è stato estromesso . Tornare nella fabbrica non significa solo riprendere la lotta , come molti sostengono cedendo alla retorica , ma significa , più modestamente , riannodare le fila di una vita in cui la lotta di classe ha un significato profondo , riprenderla là dove il padrone la ha bruscamente , dolorosamente spezzata . Il centro delle lotte Malgrado il clima oppressivo della fabbrica , così profondo è il suo legame con essa , così forte il suo senso storico , che non ho mai sentito un operaio , per quanto perseguitato dal padrone , proporsi di abbandonare il mondo della fabbrica come cercasse di liberarsi da una condizione per sua natura oppressiva ed immutabile . Il lavoro non è una schiavitù . Esso conferisce dignità alla vita . , inserisce l ' individuo nella società , ne fa un produttore . Ma vi è di più : il lavoro è anche un modo di esprimersi , di trovare cioè una risposta alla propria esistenza dando forma concreta a tutto ciò che vi è in noi di buono e di utile . Colpisce l ' attaccamento dell ' operaio specializzato al proprio lavoro . Questo attaccamento non è soltanto la caratteristica di una élite operaia , ma , se è vero che qui ha la sua manifestazione più appariscente , è comune a tutti coloro che lavorano e vedono la materializzazione della propria attività e della propria tensione interiore . Ignoro se in altre classi si verifichi un legame altrettanto profondo col lavoro , nato dal trovarvi sia la propria dignità sociale , sia l ' espressione della propria interiorità , un attaccamento insomma che abbia un significato morale altrettanto intenso . Da che cosa deriva la « passione » dell ' operaio per il proprio lavoro ? ( Si badi bene : non intendo dire che tutti gli operai provino questa passione , nemmeno che la loro media provi comunemente un sentimento così forte ; intendo invece dire che nutre questa « passione » una élite che però è determinante per comprendere il « carattere » della classe operaia ) . Credo essa vada attribuita al sentimento di essere una classe nuova in una struttura economica che va rapidamente trasformandosi e facendo delle attività industriali il fattore decisivo del progresso civile . L ' operaio si sente al centro delle trasformazioni che vanno così sensibilmente accelerando lo sviluppo della società ; quanto vi è di più moderno nella tecnica , e di più importante negli esperimenti sociali , passa attraverso di lui . D ' altro canto risente anche dei benefici materiali che derivano dalla sua posizione . Ma se la classe operaia sente di trovarsi , per così dire , nel centro motore del progresso civile , essa sa anche che è in questo settore del processo produttivo che si decidono , nella loro sostanza , i rapporti di produzione , che le lotte sociali condotte sul suo terreno sono appunto quelle decisive per l ' orientamento della società e per i rapporti di forza tra le classi . In altre parole la classe operaia sa , più o meno consapevolmente , di trovarsi ad un tempo nel centro strutturale del progresso civile ed in quello decisivo per la lotta di classe . Faccia a faccia con la borghesia industriale , essa pone la propria candidatura a classe dirigente nel cuore del progresso economico e civile . Si tratta come si vede di sentimenti vaghi , assai generici così formulati , ma sono sentimenti per così dire « storici » , decisivi nell ' atteggiamento e nelle lotte di una classe . Essi non hanno nulla di astratto e , pur essendo il più delle volte inconsci , pur traducendosi in un modo di agire che non sa darsi una spiegazione ideologica , si alimentano ininterrottamente nel concreto del processo produttivo , nel fulcro dei rapporti di classe e della struttura della società moderna . Grande importanza , non adeguatamente valutata , hanno nell ' atteggiamento dell ' operaio dinanzi alla società , e nella maturazione di questi incerti ma concreti sentimenti della propria funzione , le ideologie che operano nel mondo operaio . In genere chi vede il mondo operaio come una società amorfa , tendenzialmente piccolo borghese , con la vocazione della casetta , del frigidaire , della televisione , è condotto ad un secondo errore . Proprio perché mosso da una concezione superficiale dei fatti sociali , egli concepisce la società operaia come qualcosa di livellato , di appiattito , di analogo alla produzione in serie . Egli perde insomma il senso della tridimensionalità nei fatti sociali . I livelli diversi di consapevolezza Ebbene la struttura della società operaia si presenta assai complessa , sia dal punto di vista della anatomia sociale , sia da quello della fisiologia sociale . Vi sono in essa diversissimi livelli di condizione economica , di educazione , di consapevolezza ideologica . Al suo interno agiscono organismi che la improntano profondamente come il sindacato , il partito di classe , la rete cooperativa etc. Nella società industriale agiscono fenomeni come l ' immigrazione dalle campagne , la politica riformistica dei gruppi monopolistici , l ' offensiva ideologica e politica dello schieramento industriale , i riflessi sociali della introduzione di nuove tecniche produttive etc . , fenomeni che incidono profondamente sulla struttura di questa società e sugli individui che ne fanno parte . E tutto ciò va visto non per schermi , non staticamente , bensì nel suo sviluppo dinamico , nei rapporti concreti , nei reciproci influssi tra fatti di struttura e di sovrastruttura . Di grande interesse per una sociologia legata al movimento operaio sarebbe lo studio del settore operaio che è legato alle istanze di classe , analisi descrittiva che , nutrendosi di lieviti storici ed ideologici , miri a fissare la vita reale di questa zona della società . Ad esempio non si dà rilievo al fatto che all ' interno del movimento di classe esistono diversi livelli di consapevolezza politica ed ideologica , e che a questi diversi gradi di consapevolezza corrispondono diverse funzioni nel corpo sociale preso in esame . Si va così dall ' operaio la cui fedeltà al movimento di classe è data dall ' odio cieco , insopprimibile per il padrone , a quello che è invece consapevole della propria funzione di classe , dall ' operaio che oppone al padrone soltanto la propria ostinata resistenza a quello che , sul luogo di lavoro , sa trasformare una resistenza in una politica . Ebbene è evidente che a questi diversi gradi di maturità ideologica corrispondono influssi diversi ( spesso valorizzati o compressi dalla politica generale del movimento operaio ) sulla struttura del movimento di classe e , di riflesso , sulla società operaia . È di grande importanza politica afferrare la complessità degli strati sociali sui quali hanno presa le nostre organizzazioni , studiare i rapporti tra i vari gradi di consapevolezza ideologica , anche in relazione alla prospettiva politica del movimento , stabilirne i reciproci influssi ed il loro peso sul complesso del movimento di classe . Il contrasto di generazioni Nel corso di una mia inchiesta condotta prevalentemente tra gli operai coscienti del complesso Fiat , ho constatato una mancata diversità nella concezione del mondo tra vecchi e giovani operai . E dicendo vecchi intendo le generazioni che hanno vissuto gli anni del primo dopoguerra , mentre per giovani intendo coloro che si sono formati nella guerra partigiana e negli anni di questo dopoguerra . Questa marcata differenza , che ha una radice profonda nell ' individuo e si manifesta nella personalità , più ancora che nell ' ideologia , corrisponde a due fasi ben distinte della storia del movimento operaio . Sono stati questi periodi distinti , ai quali si accompagnava anche una diversa società operaia , ad esercitare una influenza formativa determinante su chi li ha vissuti . Nel loro corso infatti il movimento operaio ha avuto una natura diversa , una diversa prospettiva politica ed un diverso sentimento di se stesso . E nel caso di chi è legato alle lotte della classe operaia va osservato che il loro influsso è determinante nella storia del suo sviluppo individuale . Paradossalmente , in contrasto con tutto quanto dice il buon senso comune , i vecchi operai hanno un istinto , un temperamento rivoluzionario che invece i giovani hanno in parte perduto . Predomina in essi l ' istinto di classe sulla consapevolezza politica , lo spirito libertario sul senso del reale , la passione sul raziocinio . Sono più avventurosi , più sensibili all ' immaginazione , più intransigenti e fiduciosi , più giovanili . , se vogliamo . dei giovani . Sono il frutto di un socialismo che era più rozzo ma più legato alle masse , di un socialismo che lottava con generosità per un mondo radicalmente diverso , fatto di realtà come di miti , di un socialismo che ancora non conosceva la fatica e l ' amarezza della ragion di stato . Con la loro presenza attiva nel movimento operaio essi costituiscono un perenne richiamo ai motivi primi , più elementari , più generosi del socialismo . Se spesso costituiscono un fattore di resistenza ad una impostazione più moderna e cosciente delle lotte operaie , non dimentichiamo mai che il loro istinto di classe , la loro intransigenza rivoluzionaria , la generosità e lo slancio con cui combattono per le organizzazioni di classe , sono un patrimonio prezioso di spirito rivoluzionario ed una garanzia contro ogni forma di degenerazione piccolo borghese del socialismo . Formatisi negli anni della liberazione e delle lotte di questo dopoguerra , i giovani sono il prodotto di una nuova situazione storica , di una società più vicina alla prosa , se vogliano . là dove l ' altra risentiva del pathos della poesia . Essi sono , il frutto dello stalinismo se per questo s ' intende il socialismo che si consolida là dove ha conquistato il potere , la divisione del mondo in blocchi , la subordinazione della volontà rivoluzionaria alle esigenze della ragion di stato . Ma sono anche il frutto di un socialismo che si è fatto più adulto , che ha acquistato una superiore consapevolezza politica , che si è configurato come nuova classe dirigente ed è in grado di porre . nel nostro paese , una reale alternativa in quanto tale . Il senso di concretezza Si incontrano tra di loro caratteri individuali e sfumature ideologiche assai diverse e spesso contrastanti . C ' è chi dà alla lotta di classe una impostazione radicale e chi invece una impostazione riformista : è soprattutto attorno a queste due prospettive politiche ( alle quali corrispondono temperamenti e caratteri individuali diversi ) che si sviluppano i contrasti . Ma l ' unità che li diversifica dalle passate generazioni c ' è ed è sostanziale . Direi che in essi si è compiuto il passaggio dalla aspirazione ad un mondo diverso , alla trasformazione concreta di questa società , anche se vista in chiavi diverse . In questo essi segnano il passaggio dall ' era dei partiti d ' avanguardia a quella dei partiti di massa , e alle maggiori responsabilità che queste organizzazioni affidano , proprio perché si costituiscono in potere nel potere , ai propri militanti . I giovani dunque hanno sostituito alla improvvisazione la disciplina , alla generica volontà rivoluzionaria la conoscenza dei termini concreti in cui si attua la rivoluzione . Lo studio e la conoscenza dei problemi politici e tecnici sono visti come la condizione per incidere e per trasformare questa società . Senso della realtà , conoscenza dei problemi produttivi , capacità tecniche , qualità tattiche e strategiche , rifiuto di ogni velleitarismo rivoluzionario sono elementi comuni a tutti . In sostanza essi si costituiscono in classe dirigente già nella società borghese e , nei limiti del proprio potere , esercitano queste qualità , piuttosto che essere classe dirigente esclusivamente nei termini della propria tensione rivoluzionaria ed attendere all ' esercizio della propria responsabilità soltanto dopo il salto qualitativo compiuto con la conquista del potere . Si ritiene comunemente che la tradizione sia un fenomeno rilevante e caratteristico del mondo contadino . La forza della tradizione nel mondo contadino è giustamente messa in rapporto con la struttura di questa società , ed il fenomeno è visto sia come strumento di coesione e di stabilità sociale , sia come strumento educativo . La tradizione , intesa come travaso di valori e di cognizioni dall ' ambiente al singolo , rappresenta il tipo di educazione caratteristico della società contadina arretrata . Nelle sue manifestazioni , che talora divengono vere e proprie tecniche , il singolo viene plasmato ideologicamente , riceve regole di condotta , princìpi morali , cognizioni . Valore della tradizione La tradizione si presenta dunque come tipica manifestazione di una società caratterizzata dalla coesione , dalla lentezza del proprio sviluppo se non dalla immobilità , dall ' assenza di bruschi salti qualitativi e di lacerazioni . Del tutto diversa , opposta addirittura , la società industriale : diversa la sua struttura , diverse le forme del suo sviluppo , diverso il suo ideale umano , diverse le finalità e gli strumenti educativi . Va rilevato come la tradizione permanga , anche se come fenomeno secondario , nei gruppi sociali che compongono le società evolute . Essa si presenta ancora come un fattore di coesione e di unità del gruppo , e come uno strumento che consente di travasare nel singolo l ' ideologia del gruppo di cui fa parte . Questo aspetto della tradizione , intesa come educazione ideologica del singolo da parte del gruppo , di travaso di elementi emotivi , sentimentali ( oltre che strettamente ideologici ) dal gruppo al singolo , è rilevante anche tra i settori più avanzati del movimento operaio , e va studiata proprio sotto l ' aspetto della conservazione di determinati valori , sentimentali ed ideologici . In parte , forse , può essere messa in relazione con le origini di contadini inurbati degli attuali operai . Un patrimonio comune Così la storia del movimento operaio , soprattutto la storia « fatta » , quella della città , del quartiere e della fabbrica addirittura , divengono elementi vivi , di un comune modo di sentire e vedere le cose , tappe di una comune origine , qualcosa di profondamente formativo e di nient ' affatto libresco . Essa ha come centri diffusori le organizzazioni politiche e sindacali degli operai , ed il nucleo familiare , e passa , arricchendosi e trasformandosi , da compagno a compagno , da gruppo a gruppo , da generazione a generazione . Nei suoi termini più ampi si tramanda di generazione in generazione , spesso fondendo esperienze di campagna ed esperienze di città , assai sovente nella stessa famiglia ( accade continuamente di scoprire nello stesso nucleo familiare una attiva tradizione di lotta di classe ) , e diviene un fattore coesivo di grande importanza , sotto tutti gli aspetti : emotivi e ideologici . In moltissimi casi è per questa via che l ' operaio impara di avere delle radici , una « storia » alle proprie spalle e sempre per questa via amplia la propria esperienza personale in quella del gruppo ; ed infine è ancora per questa via che riceve cognizioni le quali , per quanto grossolane , restano tra gli elementi più vivi e formativi della sua cultura . Alcuni temi di studio Innumerevoli temi attraggono chi studia il mondo operaio , ma compito di chi si accinge a questa analisi è separare i motivi di fondo da quelli secondari . Non solo , ma chi è sensibile alle prospettive di lotta del movimento operaio avrà sempre la sensibilità di individuare , nel groviglio dei problemi , quelli che presentano un motivo d ' interesse immediato , anche se non contingente . Una indagine sulla condizione operaia , come del resto qualsiasi indagine sociologica , deve procedere su due binari che appaiono paralleli ma in realtà , quando il lavoro è proficuo , si sovrappongono : si tratta cioè di studiare la struttura e la vita della società operaia e contemporaneamente di portare alla luce , secondo criteri obbiettivi , le forze morali , le aspirazioni politiche e sociali che agiscono al suo interno . Come non bisogna mai separare la descrizione della società dalle forze che la compongono , così è necessario accompagnare sempre la società con l ' uomo che ne è il centro . Tra i temi di studio per una sociologia operaia , oltre a quelli evidentissimi di base ( quali la struttura dell ' economia , le condizioni sociali , politiche , sindacali ecc. del lavoro , la distribuzione dei redditi , la disoccupazione , e via di seguito ) ne suggerirei altri che vengono posti in primo piano dall ' attuale fase di sviluppo del capitalismo italiano , ed altri ancora connessi prevalentemente allo studio di quello che è l ' « Uomo » operaio . Così , rispetto a Torino , sono temi di grande interesse , oltre a quelli ovvi relativi all ' effetto delle trasformazioni tecnologiche e politiche del grande monopolio sulla composizione della maestranza e sulle lotte sindacali , il nesso tra sviluppo del monopolio cd arca economica subordinata , l ' esame dei rapporti tra immigrazione e politica monopolistica sia all ' interno del complesso Fiat sia in relazione alla sua politica verso l ' area economica subordinata . Infine lo studio della più intima natura del riformismo aziendale , vista soprattutto come indice della mentalità sociale e politica della classe dirigente monopolistica e delle sue componenti ideologiche ( da questo punto di vista si rivelerebbe di estrema utilità lo studio del « linguaggio » dl monopolio , nelle sue pubblicazioni e nei suoi rapporti con le maestranze e con il pubblico ) e nei suoi riflessi sulla personalità dei lavoratori . Temi affascinanti sono quelli connessi al rapporto tra ambiente operaio e personalità ed ideologia dell ' operaio cosciente , soprattutto in relazione all ' influsso formativo delle principali lotte politiche e sociali del nostro secolo , delle prospettive e dell ' ideologia dei partiti e delle organizzazioni di classe . L ' operaio , come ogni altra classe subordinata , ha un profondo bisogno di esprimersi , quasi per una inconsapevole volontà di entrare , anche per questa via , a far parte della storia . Così la biografia resa scientifica e l ' intervista condotta con rigore possono divenire strumenti fondamentali di conoscenza , soprattutto perché consentono di osservare dal basso la fisiologia della società operaia e permettono di afferrare l ' elemento umano osservandone lo sviluppo nella società in cui vive . Necessità di una sociologia marxista Lo sviluppo di una sociologia marxista sarebbe un momento culturale e politico di grande importanza sia per la formazione di una cultura marxista , che abbia stabilito dialetticamente il proprio legame con il movimento operaio , sia perché la via pacifica ( o italiana ) al socialismo sarà una vaga formula fintantoché i partiti operai non conosceranno a fondo la realtà della società nazionale . Si giungerà ad una produzione valida a condizione di liberarsi da ogni sociologismo , dando a questa produzione impronta ideologica ed autentico respiro culturale . Condizione di ogni sociologia marxista è lo spirito scientifico con cui si affronta la realtà , spirito scientifico che , anziché escludere , presuppone l ' impronta ideologica . Si tratta di configurare la condizione operaia nei suoi aspetti strutturali ed in quelli sociali ( in altre parole nella sua anatomia e nella sua fisiologia ) , come nella sua tensione morale . Sono due facce della stessa realtà , l ' intendimento dell ' una presuppone la conoscenza dell ' altra . Proprio perché della società si vuol cogliere il fondo , l ' anima per così dire , occorre lavorare in profondità . Operare in estensione , secondo criteri prevalentemente quantitativi e pedantescamente sociologici , conduce ad un ritratto del tutto superficiale , ad un ritratto in cui manca proprio ciò che ci interessa , ciò che imprime tutto di sé : il carattere .