StampaQuotidiana ,
L
'
inaugurazione
del
rinnovato
Gerolamo
con
il
«
recital
»
di
Eduardo
costituisce
un
fatto
importante
della
vita
culturale
milanese
;
non
soltanto
perché
quella
inaugurazione
ieri
sera
è
una
ribalta
di
più
,
di
cui
può
disporre
la
prosa
;
ma
perché
,
aprendo
un
nuovo
particolarissimo
teatro
,
la
città
compie
,
nel
settore
dello
spettacolo
,
un
deciso
balzo
in
avanti
mettendosi
sul
piano
di
alcune
grandi
capitali
europee
che
sono
anche
delle
capitali
del
teatro
;
e
nelle
quali
lo
spiraglio
aperto
nel
muro
del
conformismo
dalle
piccole
scene
,
dai
teatrini
finisce
col
costituire
una
grossa
breccia
,
dalla
quale
spiare
sull
'
avvenire
del
teatro
,
sui
suoi
vari
e
imprevedibili
modi
d
'
essere
per
sé
e
per
il
pubblico
.
I
)
a
quelle
aperture
viene
di
solito
un
vento
aspro
e
pungente
,
che
rovescia
i
gusti
e
le
mode
,
manda
all
'
aria
le
abitudini
,
sciorina
i
pigri
cortinaggi
che
difendono
la
convenzione
e
ne
scuote
la
polvere
.
Che
tutto
ciò
avvenga
poi
in
un
teatro
che
,
pur
splendidamente
rinnovato
e
restaurato
è
sempre
il
vecchio
Gerolamo
,
cioè
l
'
antico
«
Fiando
»
(
il
teatro
,
come
si
sa
,
fu
inaugurato
nel
1868
,
in
sostituzione
appunto
del
«
Fiando
»
che
era
ospitato
,
nella
stessa
piazza
Beccaria
,
nell
'
oratorio
del
Bellarmino
)
,
è
un
fatto
poetico
,
oltre
che
storicamente
importante
.
Ieri
sera
,
un
fascino
sottile
,
una
sorta
di
felicità
antica
,
emanava
dal
boccascena
del
teatrino
mengoniano
,
dall
'
alta
cortina
dell
'
«
arlecchino
»
,
rosso
come
il
sipario
,
da
quei
palchetti
pure
rivestiti
di
rosso
e
gremiti
di
pubblico
.
Paolo
Grassi
,
prima
dell
'
inizio
dello
spettacolo
,
ha
pronunciato
brevi
parole
,
illustrando
le
ragioni
,
le
aspirazioni
e
le
speranze
dell
'
iniziativa
che
vuole
conservare
l
'
illustre
teatrino
alla
città
;
poi
,
Tino
Carraro
ha
letto
alcune
squisite
pagine
di
Carlo
Cattaneo
su
Milano
e
la
Lombardia
.
Si
è
affermata
così
la
continuità
della
Milano
attuale
con
la
Milano
del
Risorgimento
nella
piccola
sala
in
cui
i
celebri
marionettisti
Colla
hanno
visto
passare
generazioni
di
bambini
milanesi
;
e
sulla
minuscola
ribalta
che
serviva
a
Gerolamo
,
nello
spettacolo
del
suo
centenario
,
per
ambientarvi
quella
sua
grande
,
allegra
e
patetica
cavalcata
attraverso
le
guerre
di
indipendenza
,
dalle
Cinque
Giornate
del
'48
al
Piave
.
Il
«
recital
»
di
Eduardo
si
è
articolato
su
due
parti
,
che
traevano
dalla
loro
stessa
diversità
,
integrandosi
a
vicenda
,
un
loro
significato
:
nella
prima
,
intitolata
Opera
del
Pupo
,
l
'
attore
,
ha
fatto
un
commosso
racconto
di
sé
,
della
sua
arte
e
della
sua
vita
;
una
specie
di
«
mostra
personale
»
ambientata
nel
suo
camerino
,
fra
le
parrucche
,
i
cappelli
,
i
vestiti
dei
suoi
personaggi
,
dal
De
Pretore
Vincenzo
della
poesia
e
della
commedia
omonima
,
al
reduce
di
Napoli
milionaria
,
alle
«
macchiette
»
del
suo
primo
teatro
umoristico
;
una
antologia
colorata
,
patetica
e
comica
,
d
'
alto
stile
teatrale
,
che
il
pubblico
ha
accolto
con
ovazioni
.
Nella
seconda
parte
,
una
farsa
scritta
da
Antonio
Petito
,
il
più
grande
Pulcinella
napoletano
,
«
espressamente
pel
giovane
attore
Eduardo
Scarpetta
»
:
Pulcinella
,
vedovo
e
disgraziato
,
padre
severo
di
una
figlia
nubile
con
Felice
Sciosciammocca
creduto
guaglione
'
e
n
'
anno
.
Questa
farsa
fu
rappresentata
per
la
prima
volta
al
San
Carlino
nel
maggio
del
1871
e
fu
una
specie
di
investitura
che
Antonio
Petito
(
il
quale
doveva
morire
cinque
anni
dopo
,
nel
1876
)
fece
del
giovane
Eduardo
Scarpetta
;
un
'
indicazione
testamentaria
,
si
sarebbe
tentati
di
dire
.
Milleottocentosettantuno
,
un
anno
dopo
la
proclamazione
di
Roma
capitale
.
Pulcinella
cedeva
lo
scettro
del
San
Carlino
(
e
,
in
senso
assai
più
lato
,
del
teatro
comico
napoletano
;
poi
sarebbe
venuta
la
rivoluzione
dei
digiacomiani
)
a
Felice
Sciosciammocca
,
cioè
a
una
di
quelle
che
il
Di
Giacomo
chiamò
«
semimaschere
»
,
quasi
un
«
carattere
»
,
insomma
.
Nella
farsa
rappresentata
ieri
sera
Eduardo
s
'
è
però
giustamente
riservata
la
parte
di
Antonio
Petito
,
quel
Pulcinella
diventato
artigiano
miserabile
che
batte
suole
di
vecchie
scarpe
,
davanti
a
un
suo
deschetto
nel
«
basso
»
;
e
il
giovane
Don
Felice
,
studente
scioperato
figlio
d
'
un
ricco
proprietario
di
Avezzano
,
viene
a
farsi
aggiustare
le
scalcagnatissime
calzature
e
intanto
si
innamora
della
figlia
di
Pulcinella
e
combina
un
appuntamento
con
lei
;
e
poi
,
per
nascondersi
al
padre
irato
,
deve
acconciarsi
a
entrare
nella
culla
del
bambino
,
figlio
lattante
del
vedovo
Pulcinella
.
È
una
farsa
tradizionale
,
chi
sa
da
quali
remoti
canovacci
derivata
;
ma
in
cui
,
oltre
al
potente
riso
,
elementare
e
,
diremmo
,
sanguigno
,
della
classica
pulcinellata
,
c
'
è
pur
sempre
lo
sberleffo
grottesco
della
miseria
e
della
fame
,
tipico
di
quel
teatro
in
cui
un
popolo
ride
,
senza
angoscia
,
della
propria
condizione
.
La
consapevolezza
verrà
poi
con
Viviani
.
Nei
panni
candidi
di
Pulcinella
,
Eduardo
è
stato
di
una
comicità
perentoria
,
pur
nella
sua
misura
;
una
comicità
davanti
alla
quale
non
c
'
era
che
da
arrendersi
e
dar
sfogo
alla
felicità
del
riso
;
ben
coadiuvato
dai
suoi
bravissimi
compagni
,
il
buffissimo
Ugo
D
'
Alessio
,
Pupella
Maggio
e
Graziella
Marina
.
Risate
fragorose
e
interminabili
applausi
.
StampaQuotidiana ,
Du
côté
de
chez
Proust
di
Malaparte
,
tradotto
col
titolo
di
Con
Proust
da
Enzo
Ferrieri
e
Gli
indifferenti
,
riduzione
teatrale
ad
opera
di
Squarzina
e
Moravia
del
romanzo
omonimo
dello
scrittore
romano
,
sono
i
testi
del
nuovo
spettacolo
del
Convegno
,
varato
ieri
sera
sul
palcoscenico
di
via
degli
Omenoni
.
Du
côté
de
chez
Proust
è
la
prima
delle
tre
opere
teatrali
di
Malaparte
e
venne
scritta
,
come
si
ricorderà
,
direttamente
in
francese
e
rappresentata
,
con
un
successo
che
ebbe
sapore
di
scandalo
,
da
Pierre
Fresnay
,
Yvonne
Printemps
e
Jacques
Sernas
.
È
un
divertimento
letterario
,
siamo
d
'
accordo
,
ma
c
'
è
dentro
un
'
idea
,
paradossale
e
fosforica
,
che
sarebbe
forse
piaciuta
a
GB
.
Shaw
:
«
il
presentimento
»
,
come
scrisse
Malaparte
stesso
,
in
un
saggio
introduttivo
alla
pièce
,
«
della
parte
che
l
'
omosessualità
avrebbe
rappresentato
nella
disintegrazione
della
società
capitalistica
»
.
Immaginate
un
'
idea
del
genere
in
mano
a
Malaparte
e
il
partito
che
egli
ne
trae
per
una
simile
variazione
«
proustiana
»
,
ambientata
in
una
garçonnière
parigina
del
quartiere
dell
'
Étoile
,
nel
felice
anno
1905
.
Tre
personaggi
soltanto
:
Marcel
Proust
,
Robert
de
Saint
-
Loup
e
Rachel
Quand
-
du
-
Seigneur
;
due
figure
della
Recherche
,
dunque
,
un
aristocratico
,
chiuso
nell
'
uniforme
azzurra
dei
sottufficiali
di
cavalleria
,
e
una
attricetta
e
mondana
che
,
sempre
per
citare
Malaparte
,
«
rappresenta
la
coscienza
di
questa
fatalità
delle
leggi
dell
'
evoluzione
socialista
...
una
specie
di
Marx
in
gonnella
e
stivaletti
1905
che
prende
in
giro
principesse
e
marchese
e
beve
champagne
alla
morte
delle
immortali
»
.
Questo
dare
a
Proust
una
dimensione
di
scrittore
sociale
,
di
anticipatore
di
polemiche
che
sono
di
questi
anni
,
doveva
avere
un
sapore
ben
iconoclasta
per
i
parigini
e
si
capisce
l
'
esclamazione
del
povero
Christian
Dior
che
,
come
racconta
Marcel
Le
Duc
,
uscì
dal
teatro
della
Michodière
con
le
mani
nei
capelli
,
mormorando
desolato
:
«
Ha
mandato
in
pezzi
il
nostro
idolo
»
.
Ma
a
parte
queste
considerazioni
,
che
interessano
relativamente
la
critica
,
bisogna
vedere
se
oggi
questa
singolare
operetta
di
Malaparte
,
portata
su
un
palcoscenico
italiano
,
sta
ancora
in
piedi
.
Diremo
allora
che
,
nonostante
una
traduzione
non
troppo
curata
,
il
galante
ricamo
,
la
patetica
e
ironica
evocazione
d
'
un
mondo
scomparso
,
splendido
di
parole
impeccabili
e
nutrito
di
sentimenti
raffinati
,
riesce
a
vivere
ancora
,
d
'
una
vita
un
po
'
fissa
e
vitrea
,
come
una
pupilla
dietro
un
monocolo
.
La
singolare
interpretazione
sociale
e
politica
che
lo
scrittore
fa
,
qui
,
di
Proust
e
della
sua
opera
illumina
,
baleno
del
dopoguerra
,
la
squisitezza
di
questo
perfetto
dialogo
principio
di
secolo
.
Vera
Pescarolo
,
nella
parte
di
Rachel
,
è
stata
disinvolta
e
morbida
,
ma
l
'
avremmo
preferita
,
a
un
certo
punto
,
più
popolarescamente
irruente
.
Hanno
detto
con
eleganza
le
loro
parti
,
Luciano
Alberici
,
che
era
Robert
de
Saint
-
Loup
,
e
Ruggero
De
Daninos
,
che
era
Marcel
Proust
.
Prima
dello
spettacolo
aveva
parlato
di
Malaparte
Arturo
Tofanelli
.
La
riduzione
che
Luigi
Squarzina
e
Moravia
stesso
hanno
fatto
de
Gli
indifferenti
è
di
qualche
anno
fa
ma
è
la
prima
volta
che
la
si
rappresenta
a
Milano
.
La
trama
del
romanzo
,
la
storia
di
come
l
'
ambiguo
gaudente
Leo
riesca
a
corrompere
la
figlia
della
propria
amante
e
poi
a
sposarla
;
di
come
il
fratello
di
costei
,
Michele
,
allucinato
dall
'
equivoco
che
sta
alla
radice
dei
sentimenti
«
apparenti
»
,
e
preso
alla
fine
nel
gorgo
dell
'
indifferenza
morale
,
non
realizzi
il
proposito
di
uccidere
il
turpe
Leo
e
si
acconci
anzi
a
diventare
il
fresco
amante
d
'
una
tardona
corrotta
;
tutto
ciò
è
piuttosto
noto
.
La
riduzione
teatrale
si
è
limitata
,
con
qualche
inevitabile
spostamento
e
adattamento
,
a
prendere
le
parti
dialogate
del
romanzo
(
che
di
dialoghi
è
tutto
fittamente
intessuto
)
e
a
distribuirle
in
scene
e
quadri
.
Ma
l
'
aria
sordida
e
triste
del
romanzo
,
che
fu
la
fulminante
rivelazione
del
giovanissimo
Moravia
,
quell
'
inesprimibile
senso
di
disfacimento
morale
e
di
impossibilità
all
'
azione
,
dove
sono
rimasti
?
Qui
non
c
'
è
che
una
secca
cronaca
dialogata
:
le
parole
sono
le
stesse
ma
,
non
nutrite
dai
neri
umori
della
prosa
che
le
teneva
insieme
come
una
terra
,
fanno
l
'
effetto
di
arbusti
secchi
.
Non
abbiamo
capito
,
poi
,
perché
Enzo
Ferrieri
,
che
per
il
Malaparte
ci
ha
dato
una
plausibile
atmosfera
proustiana
,
abbia
volto
in
farsa
ironica
tutto
il
primo
tempo
del
dramma
:
tanto
più
che
nel
secondo
tempo
ha
dovuto
arrendersi
a
quell
'
atmosfera
di
amara
perdizione
.
Ma
intanto
la
prospettiva
del
dramma
era
stata
decisamente
falsata
.
Fra
gli
interpreti
,
ha
fatto
spicco
Marisa
Fabbri
,
applaudita
anche
a
scena
aperta
;
efficace
il
Leo
di
Luciano
Alberici
;
il
De
Daninos
ha
eccessivamente
ironizzato
il
suo
personaggio
;
davvero
modeste
Giuseppina
Setti
e
Vera
Corvin
.
Successo
cordiale
per
tutt
'
e
due
le
commedie
.
StampaQuotidiana ,
Le
Misanthrope
che
ieri
sera
la
compagnia
Barrault
-
Renaud
ha
presentato
a
Milano
,
nella
perfetta
edizione
che
è
già
stata
applaudita
dai
pubblici
di
altre
città
d
'
Italia
,
è
,
per
unanime
consenso
della
critica
,
la
più
grande
commedia
di
Molière
.
Appartiene
a
quella
triade
delle
commedie
di
carattere
,
che
comprende
anche
L
'
Avare
e
Tartufi
.
Comincia
con
queste
commedie
,
specialmente
col
Misanthrope
e
Tartufe
,
la
rappresentazione
sul
teatro
dell
'
uomo
moderno
,
1'«homo
duplex
»
;
la
passione
-
l
'
eloquenza
del
cuore
,
siamo
nel
secolo
del
Giansenismo
,
di
Pascal
e
di
Racine
-
scinde
la
personalità
.
Così
Alceste
,
il
protagonista
del
Misanthrope
,
è
la
prima
grande
rappresentazione
fantastica
dell
'
uomo
che
,
per
la
critica
morale
di
cui
è
pieno
,
non
può
adeguarsi
alla
realtà
che
lo
circonda
.
Di
qui
il
dissidio
comico
-
tragico
che
corre
,
come
il
perplesso
riso
d
'
una
maschera
,
per
tutti
i
cinque
atti
del
capolavoro
.
Giustamente
ha
scritto
Jean
-
Louis
Barrault
,
nella
presentazione
dello
spettacolo
che
di
fronte
a
«
Le
Misanthrope
non
si
sa
se
ridere
o
piangere
»
;
«
è
evidente
»
aggiunge
«
che
la
situazione
di
Alceste
è
grottesca
,
fatta
di
contrasti
;
quest
'
uomo
,
che
si
pretende
puro
,
ama
una
donna
di
un
ambiente
dove
regnano
maldicenza
,
calunnia
e
malignità
;
la
sua
condotta
è
però
talmente
sincera
,
che
non
si
può
soltanto
ridere
di
lui
»
.
L
'
accento
di
questa
sua
interpretazione
è
dunque
posto
,
giustamente
,
sulla
parte
tragica
del
personaggio
.
E
con
acuta
intuizione
il
Barrault
ha
sottolineato
anche
il
lato
amoroso
della
grande
commedia
:
Le
Misanthrope
è
,
a
ben
guardare
,
la
rappresentazione
di
una
passione
d
'
amore
entro
un
mondo
ambiguo
,
nel
quale
il
filisteismo
e
l
'
ipocrisia
l
'
hanno
vinta
sulla
sincerità
e
sulla
consapevolezza
morale
.
Ma
la
passione
di
Alceste
per
la
frivola
Celimene
mantiene
un
accento
purissimo
quasi
eroico
;
se
ne
accorge
infatti
la
sensibile
Eliante
,
che
in
Alceste
trova
«
quelque
chose
de
noble
et
d
'
héroique
»
.
Questa
purezza
della
passione
d
'
Alceste
dà
a
tutta
l
'
opera
un
tono
lirico
e
filosofico
insieme
;
Alceste
è
solo
in
un
mondo
che
non
si
può
neanche
definire
ostile
,
ma
sordo
,
indifferente
.
La
comprensione
degli
altri
,
della
dolce
Eliante
,
per
esempio
,
l
'
amore
ambizioso
che
gli
porta
la
«
prude
»
Arsinoe
,
non
gli
servono
;
gli
servirebbe
l
'
amore
di
Celimene
.
Anche
di
queste
mancate
corrispondenze
di
sensi
amorosi
è
fatta
la
straziante
grandezza
della
commedia
e
del
personaggio
.
E
un
che
di
metafisico
è
nella
conclusione
,
nella
rinuncia
dell
'
eroe
al
consorzio
umano
.
Jean
-
Louis
Barrault
ha
rappresentato
Le
Misanthrope
in
tutto
il
mondo
,
è
uno
dei
testi
da
cui
discende
una
delle
più
alte
lezioni
di
civiltà
che
un
teatro
possa
dare
;
lo
ha
recitato
anche
nella
grande
sala
dell
'
assemblea
dell
'O.N.U
.
a
Nuova
York
;
ma
non
gli
è
mai
capitato
,
crediamo
,
di
doverlo
recitare
,
all
'
estero
,
in
un
momento
così
drammatico
per
il
suo
paese
.
Ciò
faceva
la
singolarità
della
serata
di
ieri
al
Nuovo
:
ogni
volta
che
,
lontano
dalla
Francia
,
interpreta
Molière
,
disse
una
volta
Barrault
,
gli
sembra
d
'
essere
chiamato
a
rendere
conto
di
un
patrimonio
comune
,
di
cui
la
Francia
è
depositaria
.
Questa
sensazione
era
più
avvertibile
ieri
sera
,
fra
gli
spettatori
più
partecipi
.
Barrault
,
bisogna
aggiungere
,
ha
dato
uno
spettacolo
stilisticamente
perfetto
incorniciato
dalla
squisita
scena
di
Pierre
Delbée
e
gustosamente
colorato
dai
costumi
di
Marcel
Escoffier
.
Un
grande
Alceste
è
stato
Barrault
,
carico
di
consapevolezza
e
di
tristezza
;
specialmente
quando
,
nella
seconda
parte
,
abbandonate
alcune
,
del
resto
gradevoli
sottolineature
mimiche
,
è
arrivato
all
'
amaro
nocciolo
della
questione
.
Madeleine
Renaud
,
cia
quella
acuta
«
comédienne
»
che
è
,
una
raffinata
Celimene
.
Perfetti
,
intorno
a
loro
,
esatte
immagini
della
grande
società
molieresca
,
Simone
Valère
,
quel
grande
attore
comico
che
è
Pierre
Bertin
,
Jean
Desailly
,
Paule
Dehelly
,
Jean
-
Pierre
Granval
e
Jean
-
François
Calvé
.
Molti
applausi
a
scena
aperta
e
alla
fine
non
meno
di
una
decina
di
chiamate
.
StampaQuotidiana ,
Lo
squisito
spettacolo
di
ieri
sera
,
al
Teatro
Nuovo
,
la
perfetta
rappresentazione
,
in
termini
di
puro
linguaggio
scenico
,
d
'
una
delle
opere
più
riuscite
di
Giraudoux
,
son
di
quelli
che
dovrebbero
riconciliare
col
teatro
anche
il
pubblico
più
distratto
.
Perché
ieri
sera
-
il
che
non
capita
spesso
,
coi
tempi
che
corrono
-
s
'
è
constatato
,
una
volta
di
più
,
che
la
protagonista
autentica
,
a
teatro
,
è
pur
sempre
la
parola
;
quando
,
ben
inteso
,
essa
assume
quella
presenza
fosforica
,
quella
specie
di
illuminazione
misteriosa
e
furtiva
che
le
deriva
direttamente
dalla
poesia
.
Un
sottile
legame
unisce
Ondina
di
Giraudoux
,
che
il
pubblico
italiano
conosce
per
averne
visto
,
due
anni
or
sono
,
la
realizzazione
scenica
data
dal
Teatro
Stabile
della
Città
di
Genova
,
a
Intermezzo
(
che
Enzo
Ferrieri
mise
in
scena
,
nel
1950
,
con
la
compagnia
della
radio
,
al
Piccolo
Teatro
)
.
Sia
la
protagonista
di
Ondina
sia
quella
di
Intermezzo
sono
delle
mediatrici
fra
il
mondo
dei
fantasmi
e
quello
dei
vivi
.
Anzi
,
secondo
René
Lalou
,
dotto
ammiratore
dell
'
opera
di
Giraudoux
,
il
vero
motivo
di
Ondina
è
quello
di
Intermezzo
.
Tutto
ciò
,
però
,
ha
un
interesse
relativo
.
Un
po
'
farraginosa
e
decorativa
,
Ondina
è
una
grande
féerie
.
Intermezzo
,
invece
,
una
felicissima
parabola
in
cui
una
provincia
francese
,
nella
quale
si
assommano
,
a
ben
guardare
,
individuabili
motivi
di
costume
e
di
storia
,
trasalisce
alle
soglie
di
un
mistero
,
visto
in
termini
di
favola
,
ma
non
troppo
.
Il
personaggio
della
maestrina
Isabella
che
,
nelle
campagne
intorno
a
una
cittadina
del
Limousin
,
intrattiene
un
'
incantata
conversazione
con
lo
spettro
di
un
giovane
suicida
per
amore
,
ha
,
come
figura
puramente
lirica
,
un
amaro
fascino
;
i
contorni
della
sua
giovanile
silhouette
sono
quelli
stessi
della
porta
che
si
schiude
sul
mondo
di
là
.
La
trama
vi
è
nota
:
l
'
apparizione
del
fantasma
nelle
campagne
intorno
alla
piccola
città
rovescia
i
termini
della
morale
borghese
,
rivoluziona
pericolosamente
il
linguaggio
-
cioè
la
convenzione
-
e
la
vita
.
Intervento
di
un
Ispettore
,
cioè
della
miope
e
semplicistica
Burocrazia
.
Da
quell
'
usciolo
aperto
sul
mistero
viene
un
'
infida
corrente
d
'
aria
,
un
soffio
che
può
essere
letale
alle
raffreddate
istituzioni
,
ai
catarrosi
Luoghi
Comuni
;
la
maestrina
Isabella
,
che
insegna
alle
sue
piccole
allieve
a
non
avere
paura
della
vita
reale
,
a
considerarla
nell
'
insieme
dei
suoi
due
emisferi
,
quello
palese
e
quello
invisibile
,
è
a
suo
modo
una
pericolosa
rivoluzionaria
.
Il
rischio
più
grave
,
tuttavia
,
è
lei
stessa
a
correrlo
:
c
'
è
in
quel
suo
franco
e
fiducioso
spenzolarsi
sull
'
abisso
,
in
quel
suo
cercare
con
fresca
semplicità
il
perché
del
premere
dei
morti
oceano
non
placato
-
ai
labili
confini
della
vita
,
il
principio
dell
'
annullamento
;
quasi
che
in
lei
si
accumulasse
una
forza
di
gravità
simile
al
peso
di
polpa
e
oscuro
sugo
che
stacca
il
frutto
dal
ramo
.
A
salvarla
è
l
'
amore
terreno
,
impersonato
,
nella
commedia
,
da
quel
«
controllore
dei
pesi
e
delle
misure
»
che
sembra
,
a
giudicare
da
quello
che
dice
,
dalla
poetica
ed
equilibrata
stupefazione
delle
sue
parole
,
un
patetico
sdoppiamento
dell
'
immagine
dell
'
autore
.
Così
il
fantasma
viene
dolcemente
risospinto
nel
mondo
dei
morti
e
tutto
ritorna
«
normale
»
,
i
pesi
specifici
dei
sentimenti
e
delle
convenzioni
morali
tornano
a
gravitare
nell
'
orbita
giusta
(
l
'
unica
possibile
,
d
'
altronde
,
perché
la
comunità
possa
vivere
)
e
il
cerchio
dell
'
abitudine
quotidiana
si
richiude
.
È
stato
da
qualcuno
detto
che
Intermezzo
è
soltanto
un
«
divertimento
»
.
A
noi
pare
che
questi
tre
atti
incantati
e
malinconici
vadano
ben
al
di
là
di
una
semplice
variazione
intellettualistica
.
A
saperci
mordere
,
in
questo
frutto
da
moderno
giardino
delle
Esperidi
c
'
è
molto
più
nocciolo
che
polpa
;
è
un
nocciolo
venuto
su
dall
'
humus
parigino
degli
anni
fra
le
due
guerre
(
la
commedia
fu
rappresentata
la
prima
volta
nel
1933
)
,
in
quell
'
aria
definita
,
felice
,
ma
piena
di
brividi
premonitori
,
increspata
da
una
specie
di
misteriosa
e
poetica
«
pelle
d
'
oca
»
,
che
caratterizzò
la
Terza
Repubblica
.
Si
potrà
obiettare
,
se
mai
,
che
su
un
teatro
di
questo
genere
sarà
bene
mettere
il
sigillo
dell
'
irripetibilità
.
Senso
unico
,
insomma
:
Giraudoux
,
e
basta
.
Non
è
facile
,
infatti
,
che
si
ripeta
,
contenuto
in
un
:
proporzione
quasi
classica
,
il
fenomeno
di
questo
impasto
di
spirito
,
intelligenza
,
umorismo
e
fantasia
.
Quale
occasione
poi
il
testo
offre
alla
compagnia
di
Jean
Louis
Barrault
.
Solo
attori
come
questi
,
sotto
la
guida
di
un
teatrante
in
equilibrio
sulle
più
raffinate
e
svariate
esperienze
intellettuali
come
Barrault
potevano
,
nello
scabro
anno
1958
,
dar
vita
scenica
plausibile
a
questa
«
toccata
e
fuga
»
in
tre
atti
.
Bisognerebbe
citarli
tutti
,
Simone
Valère
,
fresca
Isabella
corretta
da
un
pizzico
di
ironia
,
Jean
Desailly
,
poeticissimo
controllore
,
Pierre
Bertin
,
un
funzionario
lucido
e
tondo
come
uno
scarabeo
,
Jean
-
Pierre
Granval
,
lo
speziale
,
Paule
Dehelly
e
Maria
Hélène
D
'
Aste
,
il
coretto
delle
bambine
;
e
Barrault
stesso
,
che
s
'
era
riservata
la
fatale
figurazione
dello
Spettro
.
Le
delicate
musiche
di
Poulenc
e
le
scene
di
Maurice
Brianchon
hanno
fatto
il
resto
.
Platea
gremita
,
entusiasmo
vivissimo
.
Chi
ama
il
teatro
,
non
si
lasci
sfuggire
quest
'
occasione
.
StampaQuotidiana ,
Prima
di
recarci
a
teatro
,
ieri
sera
,
avevamo
dato
una
scorsa
ad
alcune
recensioni
di
giornali
romani
,
settimanali
e
non
,
che
de
La
fiaccola
sotto
il
moggio
,
presentata
dalla
Compagnia
De
Lullo
-
Falk
-
Guarnieri
-
Valli
,
nella
regia
di
Giorgio
De
Lullo
,
parlavano
in
tono
entusiastico
e
per
Rossella
Falk
,
interprete
del
personaggio
di
Gigliola
,
adottavano
l
'
impegnativa
definizione
di
«
grande
attrice
»
.
Già
,
quindi
,
pregustavamo
,
oasi
rara
nel
nostro
mestiere
,
una
serata
di
alto
teatro
,
con
un
testo
discutibile
,
ma
illustre
,
e
una
regia
e
un
'
interpretazione
,
se
non
eccezionali
,
poco
meno
.
Si
sa
che
,
nonostante
le
sue
ambizioni
di
ripetere
l
'
immagine
di
Elettra
,
un
'
Elettra
ambientata
in
terra
d
'
Abruzzo
,
La
fiaccola
sotto
il
moggio
resta
un
dramma
naturalistico
e
,
niente
da
fare
,
decadente
.
Il
suo
motivo
autentico
,
e
più
intimo
,
non
è
quello
della
vendetta
riparatrice
di
Gigliola
contro
Angizia
,
la
«
femmina
di
laico
»
che
le
ha
ucciso
la
madre
;
quella
vendetta
per
cui
Oreste
fa
strage
di
Egisto
e
Clitennestra
.
D
'
Annunzio
proietta
perentoriamente
l
'
azione
verso
quella
catastrofe
ma
intanto
ciò
che
veramente
gli
sta
a
cuore
è
l
'
amara
musica
che
viene
dal
disfacimento
della
casa
dei
Sangro
.
Punta
al
tramonto
sanguigno
che
conclude
la
tragedia
greca
e
arriva
al
crepuscolo
,
polveroso
e
perplesso
,
del
decadentismo
principio
di
secolo
.
Nella
casa
dei
Sangro
c
'
è
,
a
cercarlo
,
tutto
il
repertorio
dei
crepuscolari
:
la
fontana
muta
che
non
dà
più
acqua
;
il
grido
del
fanciullo
:
«
Sono
un
povero
malato
-
altro
non
posso
che
morire
...
»
;
che
qualche
anno
dopo
riecheggerà
Sergio
Corazzini
,
poeta
morto
,
ventenne
,
di
tisi
;
la
«
sillaba
del
tarlo
»
;
«
la
polvere
delle
cose
consunte
»
;
le
pergamene
corrose
,
memoria
di
una
grandezza
perduta
;
le
statue
dei
vecchi
re
,
caduti
dalle
nicchie
e
con
la
testa
mozza
;
la
portantina
dal
velluto
stinto
,
come
il
sangue
di
Simonetto
;
e
di
suo
padre
Tibaldo
,
quel
sangue
pallido
che
ha
tuttavia
torbide
accensioni
e
concilia
la
vampa
per
la
serva
assassina
alla
vigliaccheria
e
all
'
impotenza
ad
agire
.
Il
sapore
di
morte
che
è
in
questa
tragedia
fin
dai
primi
versi
non
deriva
dalla
pura
determinazione
ad
agire
degli
eroi
classici
;
ma
caso
mai
proprio
dal
suo
contrario
;
da
quella
perplessità
,
da
quella
decadenza
,
da
quel
rovinio
che
è
nelle
cose
e
negli
uomini
e
che
D
'
Annunzio
esprime
con
gli
arcaici
,
malinconici
fasti
del
suo
linguaggio
.
È
chiaro
che
tragedia
vera
e
propria
non
c
'
è
;
c
'
è
una
specie
di
allucinazione
torbida
,
che
ha
ancora
una
sua
indubbia
forza
teatrale
(
l
'
opera
sopporta
sulle
spalle
,
coperte
da
uno
scialle
a
lutto
,
cinquantatré
anni
buoni
)
purché
venga
,
rispettato
quell
'
ambiente
,
che
D
'
Annunzio
descrive
con
le
sue
fulgide
didascalie
;
e
i
personaggi
si
muovano
secondo
la
loro
coerenza
drammatica
,
perché
insomma
si
tratta
di
un
'
Elettra
borbonica
e
Tibaldo
dev
'
essere
un
barone
consunto
e
vizioso
,
la
femmina
di
Luco
,
Angizia
,
una
criminale
aspra
donna
plebea
,
il
Serparo
un
Deus
ex
-
machina
uscito
da
sotterranei
di
città
morte
;
e
così
via
.
Giorgio
De
Lullo
ha
invece
messo
in
scena
La
fiaccola
sotto
il
moggio
,
senza
credere
ai
suoi
valori
che
,
poco
o
molto
,
sono
quelli
indicati
sopra
;
e
l
'
ha
trasformata
in
una
specie
di
alto
oratorio
,
di
immobile
lettura
.
Dizione
spiegata
,
leggermente
inamidata
da
una
punta
accademica
,
statuarietà
dei
personaggi
su
una
specie
di
piattaforma
rotonda
,
di
cui
la
strana
scena
,
allusiva
,
irreale
,
creata
da
Pier
Luigi
Pizzi
,
ripeteva
il
movimento
.
Così
,
niente
più
casa
dei
Sangro
,
dove
tutto
è
«
consunto
,
corroso
,
fenduto
,
coperto
di
polvere
,
condannato
a
perire
»
;
niente
più
azione
,
plausibilità
allucinata
,
come
il
testo
richiede
.
Insomma
,
uno
stile
da
tragedia
classica
per
un
testo
che
di
classico
non
ha
nulla
,
se
non
le
unità
aristoteliche
,
di
tempo
,
di
luogo
e
d
'
azione
.
Scelta
questa
linea
,
lo
spettacolo
è
coerentissimo
,
rigoroso
,
con
quei
suggestivi
rintocchi
di
musica
sullo
sfondo
;
ma
,
chiamateci
codini
,
non
è
più
La
fiaccola
sotto
il
moggio
.
Rossella
Falk
ha
realizzato
fedelmente
l
'
immagine
che
del
personaggio
di
Gigliola
ha
voluto
darci
il
regista
e
ha
avuto
,
specialmente
nei
primi
due
atti
,
quando
è
stata
applaudita
a
scena
aperta
,
forti
accenti
tragici
;
ma
non
ci
pare
che
abbia
approfondito
le
ragioni
di
disperata
dolcezza
dell
'
eroina
,
quella
sua
amara
perplessità
che
fermenta
sotto
un
volto
impassibile
.
Romolo
Valli
è
stato
un
Tibaldo
malinconico
e
sfatto
,
il
più
vicino
,
fra
gli
interpreti
,
allo
spirito
autentico
del
testo
;
acre
ed
efficace
l
'
Angizia
di
Elsa
Albani
,
piuttosto
esile
il
Simonetto
di
Umberto
Orsini
e
poco
funzionali
Corrado
Nardi
e
Nino
Marchesini
,
rispettivamente
l
'
Acclozamora
e
il
Serparo
.
Completano
il
cast
Italia
Marchesini
,
Nicky
De
Fernex
e
Gabriella
Gabrielli
.
Successo
;
e
molti
applausi
anche
al
regista
,
alla
fine
.
Ma
,
con
buona
pace
degli
entusiasti
,
De
Lullo
e
compagni
,
nel
nostro
teatro
,
hanno
fatto
ben
altro
.
StampaQuotidiana ,
È
veramente
una
commedia
d
'
amore
la
novità
di
Giuseppe
Patroni
Griffi
,
rappresentata
questa
sera
alla
Fenice
,
a
inaugurazione
del
«
XVII
Festival
Internazionale
del
Teatro
»
,
dalla
compagnia
De
Lullo
-
Falk
-
Guarnieri
-
Valli
?
A
noi
ha
fatto
piuttosto
l
'
impressione
d
'
una
commedia
contro
l
'
amore
.
Una
commedia
d
'
amore
del
tempo
nostro
,
impegno
arduo
,
bisogna
riconoscerlo
,
ma
affascinante
,
non
può
che
partire
dall
'
ambiguità
dei
sentimenti
,
dal
loro
essere
e
non
parere
,
dalla
difficoltà
,
tipica
dell
'
uomo
moderno
,
di
riconoscerli
,
anzi
addirittura
di
individuarli
,
mentre
si
dibattono
nell
'
oscura
trappola
del
cuore
.
È
la
triste
ambivalenza
con
altri
moti
,
per
cui
l
'
amore
viene
mutato
,
equivocato
,
mediato
con
sentimenti
di
natura
diversa
,
per
non
dire
opposta
,
che
fa
l
'
angoscia
dell
'
«
uomo
d
'
amore
»
contemporaneo
.
Perché
questa
viva
,
tuttavia
,
in
una
trascrizione
poetica
(
teatro
o
no
)
occorre
che
l
'
amore
esista
nella
sua
difficile
,
spesso
asimmetrica
,
reciprocità
,
cioè
che
accanto
all
'
uomo
ci
sia
la
donna
:
innamorata
magari
di
un
altro
,
magari
prostituta
e
dedita
alla
cocaina
,
ma
donna
e
amante
.
Nei
tre
atti
di
Patroni
Griffi
,
invece
,
non
ci
sono
donne
,
ma
figurazioni
odiose
e
beffarde
di
una
femminilità
avida
e
arida
.
Si
tratta
,
dunque
,
del
consueto
tema
,
ormai
da
qualche
tempo
circolante
nell
'
aria
come
un
polline
irritante
,
per
cui
la
donna
è
considerata
le
nemica
,
la
distruttrice
,
l
'
incapace
di
sentimenti
autentici
.
Di
lei
si
può
anche
morire
,
ma
forse
è
meglio
lasciarla
perdere
.
Con
tutto
ciò
,
voi
capite
,
non
è
possibile
scrivere
una
commedia
d
'
amore
;
e
i
tre
atti
di
Patroni
Griffi
sono
,
se
mai
,
una
requisitoria
contro
l
'
amore
,
o
per
lo
meno
una
denuncia
dell
'
impossibilità
della
sua
presenza
nel
mondo
,
fra
uomo
e
donna
.
La
commedia
(
che
è
condotta
con
una
tecnica
spezzata
,
e
assai
abile
,
da
sceneggiatura
cinematografica
)
si
svolge
ai
margini
dell
'
ambiente
romano
del
cinema
.
Due
aspiranti
sceneggiatori
,
Renato
ed
Eduardo
,
detto
Eddy
,
vivono
insieme
,
in
un
appartamentino
d
'
affitto
,
che
è
una
specie
di
«
porto
di
mare
»
,
al
quale
approdano
,
da
tempestose
navigazioni
,
Tea
,
ragazzetta
ambiziosa
e
proterva
che
vuol
diventare
una
diva
ed
Enzo
,
un
attore
preso
dalla
strada
,
che
ebbe
con
un
film
neorealista
il
suo
quarto
d
'
ora
di
fortuna
,
e
che
ora
non
riesce
più
a
mettersi
sul
filo
del
vento
buono
.
L
'
amore
di
Renato
per
Elena
Davidson
,
bella
altera
e
autonoma
donna
,
separata
dal
marito
,
che
gestisce
un
'
agenzia
di
collocamento
per
aspiranti
attori
e
attrici
,
nasce
così
,
in
questo
ambiente
sciamannato
e
vociante
,
pieno
degli
scrosci
d
'
acqua
delle
vasche
da
bagno
e
d
'
una
sorta
di
cinismo
patetico
.
Ma
è
una
amore
impossibile
,
perché
Elena
,
e
lo
confessa
durante
una
gita
al
mare
con
l
'
amico
(
secondo
atto
,
di
gran
lunga
il
meglio
dei
tre
)
,
è
negata
all
'
abbandono
del
cuore
;
già
tentò
,
e
fallì
,
col
marito
,
cui
è
tuttavia
unita
da
una
specie
di
riconoscente
tenerezza
.
Ciò
non
le
impedisce
,
però
,
facilitata
anche
dal
suo
lavoro
,
di
prendersi
,
per
indulgenza
coi
sensi
,
gli
uomini
che
vuole
:
come
quell
'
Enzo
,
«
fusto
»
barbaro
e
inconsapevole
.
Su
questo
filone
principale
si
innesta
l
'
arida
relazione
Eddy
-
Tea
,
relazione
puramente
,
diciamo
così
,
di
«
comodo
»
per
entrambi
;
con
lui
che
a
un
certo
punto
si
stanca
e
vorrebbe
troncare
,
lei
che
rimane
incinta
,
e
allora
è
lui
,
commosso
dall
'
idea
del
figlio
,
che
ha
un
momento
di
sincerità
e
sarebbe
disposto
a
sposare
la
ragazza
.
Macché
,
quella
ha
mentito
solo
per
vendicarsi
,
ora
ha
trovato
un
produttore
che
la
lancia
,
perciò
alza
le
spalle
e
se
ne
va
.
Lella
Mare
,
diva
del
microfono
,
non
più
giovanissima
e
sentimentalona
,
pencola
nel
frattempo
,
con
melodica
tenerezza
,
da
Renato
al
rude
Enzo
,
che
poi
si
piglia
,
per
tenerselo
,
finché
almeno
il
successo
non
glielo
porterà
via
di
nuovo
.
Intanto
,
abbandonato
da
Elena
,
che
si
è
allontanata
per
guarirlo
,
Renato
,
tornato
alla
provincia
natia
,
si
spegne
in
silenzio
,
letteralmente
muore
.
Perché
?
La
volontà
di
vivere
ha
abbandonato
il
suo
corpo
ed
egli
se
n
'
è
andato
così
,
di
un
male
misterioso
,
non
previsto
da
alcuna
diagnosi
.
Eddy
alla
fine
dirà
ad
Elena
«
Ci
manca
l
'
educazione
del
cuore
.
Come
ci
costruiamo
con
le
nostre
mani
il
lavoro
,
gli
interessi
,
una
personalità
,
perché
non
dovremmo
costruirci
un
sentimento
?
»
.
La
realtà
è
che
nessuna
«
educazione
sentimentale
»
potrebbe
insegnare
l
'
amore
a
questi
personaggi
così
come
l
'
autore
ce
li
presenta
.
E
ne
varrebbe
poi
la
pena
,
con
donne
di
quel
genere
?
Come
rappresentazione
di
costumi
,
come
acre
documentario
di
un
ambiente
particolare
,
dunque
,
l
'
opera
ha
una
sua
efficacia
,
il
dialogo
vi
è
brusco
,
magro
,
ha
il
volto
sporco
e
trasandato
di
questi
giorni
;
come
commedia
d
'
amore
,
no
,
ché
anzi
i
suoi
momenti
più
sensibili
li
ha
proprio
,
al
secondo
atto
,
.
quando
,
attraverso
alcune
livide
battute
,
l
'
autore
arriva
a
stabilire
ciò
che
veramente
sembra
interessargli
:
l
'
impossibilità
,
per
colpa
,
della
donna
,
del
rapporto
d
'
amore
.
Salvo
qualche
lungaggine
e
un
certo
calo
di
tensione
al
terzo
atto
,
la
commedia
è
ben
costruita
;
e
piacerà
,
vedrete
,
al
pubblico
d
'
oggi
,
per
quel
tanto
di
poetica
ambiguità
,
(
più
apparente
che
reale
,
ma
è
appunto
quanto
si
vuole
)
che
lascia
intravedere
.
Anche
perché
poi
lo
spettacolo
montato
da
Giorgio
De
Lullo
,
è
,
nel
suo
genere
,
perfetto
;
la
scena
multipla
di
Pier
Luigi
Pizzi
,
trasformabile
a
vista
,
rende
ottimamente
quelle
atmosfere
realistiche
e
allucinate
;
così
la
colonna
sonora
.
Degli
interpreti
,
De
Lullo
,
che
ritorna
con
questa
commedia
alla
sua
attività
di
attore
,
dà
alla
figura
del
protagonista
una
tenerezza
,
una
sorta
di
pietà
fraterna
,
anche
nelle
punte
di
isterismo
sentimentale
;
e
il
Valli
delinea
il
personaggio
dell
'
amico
con
una
pacata
malinconia
.
Rossella
Falk
è
,
con
tenerezza
e
crudeltà
insieme
,
l
'
inaccessibile
(
relativamente
)
Elena
;
Annamaria
Guarnieri
mette
semplice
,
animalesco
cinismo
nel
personaggio
della
proterva
ragazzetta
Tea
;
Umberto
Orsini
è
un
brusco
,
indolente
ammiccante
Enzo
.
Assai
intonati
tutti
gli
altri
,
da
Nicky
De
Fenex
al
Maranzana
alla
Marchesini
.
Ma
un
cenno
a
parte
merita
Elsa
Albani
,
che
nella
parte
della
canterina
sentimentale
dà
un
saggio
notevolissimo
delle
sue
qualità
di
attrice
ironica
e
tenera
,
colma
di
densi
umori
.
StampaQuotidiana ,
Mosca
,
4
novembre
,
notte
-
Laika
è
il
nome
della
cagnetta
eschimese
che
sta
girando
attorno
alla
Terra
rinchiusa
nella
cabina
del
satellite
n
.
2
,
lanciato
ieri
mattina
all
'
alba
da
una
base
sconosciuta
dell
'
Unione
Sovietica
.
Il
nome
Laika
deriva
dalla
voce
russa
«
abbaiare
»
.
Dai
primi
dati
radiotelemetrici
ricevuti
,
gli
scienziati
russi
hanno
potuto
convincersi
che
,
nelle
sue
prime
ore
di
volo
al
limite
estremo
della
ionosfera
,
Laika
si
comportava
bene
e
che
le
sue
condizioni
generali
erano
soddisfacenti
.
Finora
,
sono
stati
pubblicati
solo
due
comunicati
ufficiali
,
uno
sul
lancio
del
satellite
e
l
'
altro
sul
suo
movimento
intorno
alla
Terra
;
ma
in
nessuno
dei
due
si
parla
esplicitamente
della
possibilità
che
Laika
un
giorno
ritorni
sulla
Terra
dov
'
è
nata
.
È
probabile
,
tuttavia
,
che
gli
scienziati
sovietici
abbiano
studiato
qualche
congegno
che
permetta
al
razzo
di
avvicinarsi
alla
Terra
,
di
penetrare
nel
campo
di
azione
della
gravità
terrestre
e
di
lanciare
la
cabina
dove
è
rinchiusa
la
cagnetta
,
affinché
questa
possa
scendere
sulla
superficie
terrestre
per
mezzo
di
un
paracadute
.
Oggi
,
nel
pomeriggio
,
il
professor
Scevliakov
,
parlando
al
planetario
di
Mosca
,
non
ha
escluso
la
possibilità
che
la
cabina
raggiunga
la
Terra
.
Egli
ha
ricordato
che
gli
scienziati
sovietici
hanno
già
lanciato
nella
stratosfera
dei
razzi
con
dei
cani
a
bordo
che
poterono
ritornare
sulla
Terra
sani
e
salvi
da
un
'
altezza
di
210
chilometri
.
Il
prof.
Scevliakov
ha
soggiunto
che
il
lancio
della
cabina
potrebbe
avvenire
mentre
il
satellite
n
.
2
si
troverà
al
perigeo
della
sua
orbita
,
ossia
alla
minima
distanza
dalla
Terra
,
che
si
aggira
tra
i
300
e
i
400
chilometri
.
Il
catapultamento
della
cabina
costituisce
un
problema
difficile
;
tuttavia
il
professore
ha
ammesso
che
tale
problema
potrebbe
essere
stato
già
risolto
,
poiché
al
recente
congresso
di
astronautica
di
Barcellona
,
gli
scienziati
sovietici
comunicarono
di
aver
escogitato
un
sistema
per
far
ritornare
sulla
Terra
certi
satelliti
dotati
di
speciali
congegni
.
Nel
corso
della
sua
lezione
,
il
professore
ha
dichiarato
anche
che
il
secondo
satellite
artificiale
avrebbe
una
lunghezza
di
una
decina
di
metri
.
L
'
accademico
Blagonravov
,
che
è
uno
degli
scienziati
che
hanno
partecipato
alla
realizzazione
del
primo
sputnik
,
non
accenna
in
una
sua
breve
comunicazione
,
riprodotta
stamane
dalla
«
Pravda
»
,
alla
possibilità
del
ritorno
di
Laika
sulla
Terra
.
Egli
ha
scritto
che
,
con
il
lancio
del
satellite
n
.
2
,
si
è
compiuto
un
nuovo
passo
verso
la
soluzione
dei
problemi
del
volo
umano
nel
cosmo
in
quanto
il
sistema
radiotelemetrico
permette
di
ricevere
continuamente
i
dati
sulle
condizioni
di
un
organismo
vivente
durante
il
suo
volo
nello
spazio
e
,
nel
caso
particolare
,
sulla
respirazione
e
sul
funzionamento
del
cuore
del
primo
cane
viaggiatore
che
giri
attorno
al
nostro
globo
.
Il
secondo
satellite
sovietico
ha
la
forma
di
un
sigaro
in
quanto
non
è
altro
che
il
terzo
elemento
del
missile
che
ha
forato
l
'
atmosfera
ad
altissima
velocità
per
entrare
in
un
'
orbita
prefissa
,
inclinata
di
65
gradi
sul
piano
dell
'
equatore
terrestre
.
Gli
scienziati
assicurano
che
la
massima
distanza
dalla
Terra
che
lo
sputnik
n
.
2
raggiunge
nelle
sue
rivoluzioni
è
di
circa
1700
chilometri
,
superiore
quindi
di
circa
800
chilometri
all
'
apogeo
iniziale
del
primo
satellite
.
La
velocità
del
secondo
satellite
è
di
circa
8
chilometri
al
secondo
;
il
periodo
delle
sue
rivoluzioni
è
oggi
di
un
'
ora
e
quarantatré
minuti
.
Considerato
che
il
peso
degli
apparecchi
e
del
cane
è
di
508,3
chili
-
non
è
noto
il
peso
del
razzo
-
e
considerando
la
maggiore
ampiezza
della
orbita
,
si
dovrebbe
dedurre
che
il
missile
sovietico
n
.
2
abbia
sviluppato
una
potenza
maggiore
di
quella
che
permise
al
missile
del
primo
sputnik
di
allontanarsi
di
900
chilometri
dalla
Terra
.
Il
secondo
satellite
è
equipaggiato
di
strumenti
per
studiare
le
radiazioni
solari
nei
settori
dei
raggi
ultravioletti
e
dei
raggi
X
dello
spettro
del
Sole
,
di
strumenti
per
lo
studio
dei
raggi
cosmici
e
per
la
misura
della
temperatura
e
della
pressione
esterna
.
Inoltre
,
il
razzo
contiene
una
cabina
stagna
ad
aria
condizionata
e
gli
apparecchi
per
la
registrazione
delle
funzioni
vitali
della
cagnetta
eschimese
,
nonché
i
viveri
per
la
sua
alimentazione
.
Alle
apparecchiature
del
secondo
.
sputnik
si
devono
aggiungere
,
infine
,
le
due
radiotrasmittenti
e
le
relative
batterie
.
Nel
secondo
comunicato
ufficiale
è
detto
che
le
stazioni
di
controllo
a
terra
stanno
già
ricevendo
regolarmente
i
primi
dati
di
grande
valore
scientifico
.
Due
esperti
sovietici
,
in
un
articolo
pubblicato
oggi
sempre
sulla
«
Pravda
»
,
illustrano
le
ricerche
biologiche
che
gli
scienziati
russi
si
propongono
di
effettuare
per
mezzo
dello
sputnik
n
.
2
in
previsione
della
possibilità
del
volo
umano
negli
spazi
cosmici
.
Secondo
gli
scienziati
sovietici
le
esperienze
già
felicemente
concluse
con
cani
,
che
sono
saliti
fino
a
quota
210
chilometri
,
fanno
prevedere
che
il
giorno
in
cui
l
'
uomo
potrà
penetrare
nello
spazio
cosmico
non
dovrebbe
essere
molto
lontano
.
Tuttavia
,
molti
problemi
devono
essere
ancora
risolti
.
Le
conseguenze
biologiche
dell
'
assenza
del
peso
e
delle
radiazioni
solari
e
cosmiche
non
sono
ancora
conosciute
c
perciò
i
dati
che
potranno
essere
registrati
in
base
alle
reazioni
di
Laika
saranno
certamente
decisivi
per
migliorare
le
condizioni
di
vita
della
cabina
stagna
di
un
razzo
e
per
tentare
il
primo
esperimento
umano
.
Le
osservazioni
sul
comportamento
di
Laika
potranno
anche
permettere
di
risolvere
altri
problemi
biologici
che
sono
impossibili
da
studiare
per
mezzo
di
esperienze
di
laboratorio
,
o
per
mezzo
di
voli
normali
anche
se
a
grande
altezza
.
Dai
primi
dati
ricevuti
dal
satellite
n
.
2
,
gli
effetti
dell
'
accelerazione
alla
partenza
del
missile
e
nella
fase
che
ha
preceduto
il
suo
orientamento
nell
'
orbita
,
sembra
che
non
abbiano
avuto
sensibili
conseguenze
sulla
cagnetta
eschimese
.
Quando
lo
sputnik
è
entrato
nella
sua
orbita
sono
cessati
gli
effetti
dell
'
accelerazione
.
La
velocità
ha
assunto
un
ritmo
normale
.
A
questo
punto
,
però
,
devono
essere
sopravvenuti
gli
effetti
dell
'
assenza
del
peso
.
Dinamicamente
sono
già
state
riprodotte
le
condizioni
dell
'
assenza
del
peso
per
pochi
secondi
negli
aerei
e
per
pochi
minuti
a
bordo
dei
razzi
.
Negli
esperimenti
a
bordo
degli
aerei
si
è
osservato
che
l
'
assenza
del
peso
provoca
dei
disturbi
nella
coordinazione
dei
movimenti
e
nella
circolazione
del
sangue
.
I
due
esperti
sovietici
,
sulla
base
di
considerazioni
di
ordine
teorico
,
ammettono
la
possibilità
che
alcune
funzioni
biologiche
siano
disturbate
anche
dalle
radiazioni
solari
e
cosmiche
e
che
,
pertanto
,
sarà
necessario
proteggere
un
essere
vivente
con
schermi
speciali
nei
futuri
viaggi
interplanetari
.
I
due
esperti
credono
anche
che
altri
esperimenti
saranno
necessari
affinché
gli
scienziati
possano
rendersi
conto
dell
'
esatta
possibilità
di
resistenza
dell
'
uomo
fuori
del
suo
ambiente
naturale
.
È
probabile
,
essi
scrivono
,
che
sia
necessario
lanciare
nello
spazio
a
bordo
di
altri
satelliti
delle
scimmie
antropoidi
,
dei
topi
,
dei
molluschi
e
degli
insetti
per
chiarire
altri
aspetti
scientifici
,
prima
di
poter
compiere
il
primo
esperimento
cosmico
con
esseri
umani
.
Questa
notte
,
Radio
Mosca
ha
annunciato
che
dai
segnali
ricevuti
nella
serata
dal
satellite
n
.
2
,
le
condizioni
di
Laika
continuano
a
rimanere
soddisfacenti
.
StampaQuotidiana ,
Con
Fin
de
partie
di
Samuel
Beckett
,
rappresentato
questa
sera
al
Ridotto
da
Roger
Blin
(
che
fu
il
primo
interprete
di
En
attendant
Godot
)
,
siamo
sull
'
altro
versante
di
questo
allucinato
teatro
francese
,
scritto
da
romeni
(
Ionesco
)
,
da
russi
(
Adamov
)
e
da
irlandesi
(
Beckett
,
appunto
)
:
siamo
sul
versante
che
guarda
verso
la
notte
,
non
c
'
è
che
il
buio
da
questa
parte
,
il
buio
nel
vuoto
.
Quattro
personaggi
in
una
stanza
grigia
,
assolutamente
nuda
,
circolare
:
due
piccole
finestre
,
una
orientata
verso
la
terra
,
l
'
altra
verso
il
mare
;
l
'
unico
quadro
appeso
alla
parete
è
stato
rovesciato
,
mostra
il
dorso
della
tela
;
al
centro
,
paralizzato
su
una
poltrona
,
avvolto
in
un
vecchio
drappo
,
Hamm
:
cieco
,
con
occhiali
neri
sugli
occhi
bianchi
e
vuoti
;
accanto
a
lui
,
in
piedi
,
stancamente
docile
ai
suoi
comandi
e
ai
suoi
richiami
,
vibrati
nell
'
aria
come
frustate
,
a
colpi
di
fischietto
,
Clov
,
che
è
figlio
di
Hamm
e
insieme
il
suo
schiavo
,
condizionato
da
lui
e
a
lui
unito
da
un
invisibile
cordone
ombelicale
;
ridotti
a
tronconi
umani
,
chiusi
entro
bidoni
per
la
spazzatura
,
ai
cui
bordi
si
afferrano
con
le
mani
come
agli
orli
d
'
un
pozzo
,
Nagg
e
Nell
,
i
due
«
maledetti
progenitori
»
di
Hamm
.
Fuori
da
questa
stanza
è
1'«altro
inferno
»
,
il
deserto
;
ma
il
deserto
dove
tutto
è
già
stato
consumato
e
bruciato
,
poiché
,
alle
domande
di
Hamm
,
Clov
,
lo
schiavo
-
figlio
,
risponde
«
non
c
'
è
più
natura
»
,
e
se
l
'
altro
,
con
apparente
banalità
,
gli
chiede
che
ora
è
,
egli
ribatte
:
«
Non
esiste
più
tempo
»
.
Hamm
,
è
stato
detto
,
deriva
il
suo
nome
dalla
parola
inglese
hammer
,
martello
,
ed
è
la
continuazione
del
personaggio
di
Pozzo
in
En
attendant
Godot
:
è
il
padrone
,
il
cosiddetto
padrone
dell
'
universo
,
l
'
Uomo
.
È
il
martello
che
batte
sui
tre
chiodi
rappresentati
dagli
altri
tre
personaggi
,
i
cui
nomi
sono
variazioni
linguistiche
della
parola
«
chiodo
»
,
e
li
conficca
sempre
più
nel
niente
della
vita
e
della
morte
.
Cosa
accade
?
Non
può
accadere
nulla
,
evidentemente
.
Nel
dramma
precedente
di
Samuel
Beckett
c
'
era
,
unico
baleno
di
speranza
,
l
'
attesa
dell
'
invisibile
Godot
.
Questo
Godot
che
non
arriva
mai
è
diventato
quasi
un
simbolo
nell
'
angoscia
del
mondo
contemporaneo
,
in
cui
gli
uomini
si
avviano
rapidamente
a
prendere
i
connotati
indefiniti
,
fatti
di
sabbia
sporca
,
di
questi
personaggi
,
di
Hamm
,
di
Clov
,
dei
due
tronconi
agonizzanti
nei
secchi
di
lamiera
.
Qui
,
invece
,
non
c
'
è
nessuna
attesa
,
la
partita
è
chiusa
e
mentre
i
due
vecchi
muoiono
,
sgranocchiando
l
'
ultimo
biscotto
,
nei
bidoni
il
cui
coperchio
è
stato
riabbassato
per
sempre
,
Clov
se
ne
va
,
ha
visto
qualcosa
che
si
muove
fuori
,
nel
deserto
,
non
sa
se
uomo
,
donna
o
bestia
;
ma
che
importanza
ha
?
Tanto
,
fuori
di
lì
,
è
la
morte
;
come
la
morte
è
dentro
,
fra
quei
muri
grigi
,
dove
rimane
soltanto
Hamm
,
ad
aspettare
la
fine
,
mettendosi
,
sulla
faccia
senza
sguardo
,
sudario
miserabile
,
un
fazzoletto
macchiato
di
sangue
.
Comodità
della
tragedia
,
direbbe
Jean
Anouilh
,
che
se
ne
intende
;
nella
tragedia
tutto
è
previsto
e
accade
al
punto
giusto
.
Non
ci
sono
attese
.
Non
ci
sono
speranze
.
Non
c
'
è
che
da
urlare
,
al
momento
opportuno
,
quando
la
trappola
si
chiude
.
È
appunto
ciò
che
fa
la
forza
di
questo
dramma
,
dove
non
si
grida
per
la
verità
,
ma
si
soffoca
entro
un
triste
e
beffardo
sentore
di
tomba
.
È
veramente
il
«
teatro
nero
»
dei
nostri
giorni
;
agghiacciante
ma
efficacissimo
.
C
'
è
da
chiedersi
soltanto
;
e
poi
?
La
strada
di
Beckett
,
a
differenza
di
quella
di
Ionesco
,
sembra
qui
interrompersi
per
dar
luogo
a
una
parete
verticale
,
oltre
non
c
'
è
che
l
'
abisso
.
È
da
notare
come
Roger
Blin
,
interprete
e
regista
(
fu
allievo
di
Antonin
Artaud
)
e
i
suoi
bravissimi
attori
,
Jean
Martin
,
Alice
Reicher
,
Georges
Adet
,
abbiano
,
per
un
'
ora
e
mezzo
di
tensione
fortissima
,
portato
su
,
a
spirale
,
l
'
immobile
,
filosofica
drammaticità
del
testo
,
facendone
balenare
alcuni
aspetti
grotteschi
,
di
ironia
sepolcrale
,
di
macabra
comicità
.
Acte
sans
paroles
,
pure
di
Beckett
,
che
si
è
rappresentato
insieme
a
Fin
de
partie
,
è
una
pantomima
su
musica
di
John
Beckett
,
cugino
dello
scrittore
.
Interpretata
dal
mimo
inglese
Deryk
Mendel
,
è
la
storia
degli
inutili
tentativi
che
l
'
uomo
compie
per
ottenere
il
diritto
alla
propria
presenza
in
un
mondo
che
gli
si
nega
.
Anche
il
ramo
d
'
albero
cui
vorrebbe
impiccarsi
,
diventa
improvvisamente
pieghevole
,
cede
.
ProsaGiuridica ,
Il
Ministro
delle
Finanze
Visti
gli
articoli
16
e
17
dello
Statuto
e
regolamento
dell
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
,
approvato
con
Decreto
legislativo
in
data
31
marzo
1944-XXII
,
n
.
109;
Ritenuta
la
necessità
urgente
ed
assoluta
in
relazione
all
'
attuale
situazione
di
consentire
un
adeguato
trattamento
tributario
a
favore
di
tutti
i
beni
del
predetto
Ente
,
tanto
se
da
esso
gestiti
,
quanto
se
attribuitigli
in
proprietà
Visto
l
'
art
.
2
-
terzo
comma
-
del
citato
decreto
legislativo
;
Decreta
:
Art
.
1
.
Il
3°
comma
dell
'
art
.
16
dello
Statuto
dell
'
Ente
di
gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
,
approvato
con
Decreto
legislativo
del
Duce
31
marzo
1944-XXII
,
n
.
109
,
pubblicato
nella
Gazzetta
Ufficiale
numero
81
del
6
aprile
1944-XXII
,
è
modificato
come
appresso
:
«
Le
imposte
di
registro
per
gli
atti
di
alienazione
dei
beni
attribuiti
in
proprietà
o
in
gestione
all
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
sono
ridotte
come
segue
:
a
)
all
'
aliquota
fissa
dell'1,50%
fino
al
valore
di
L
.
5.000;
b
)
all
'
aliquota
del
10%
oltre
il
valore
di
L
.
5.000
La
imposta
di
trascrizione
,
i
diritti
catastali
e
gli
onorari
notarili
di
alienazione
dei
beni
attribuiti
in
proprietà
o
in
gestione
all
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
sono
ridotti
alla
metà
dell
'
ordinario
ammontare
quando
non
trovino
applicazione
disposizioni
più
favorevoli
.
»
Art
.
2
.
Le
disposizioni
del
presente
decreto
si
applicano
anche
agli
atti
in
forma
pubblica
ed
alle
scritture
private
rispettivamente
stipulate
o
registrate
dopo
il
5
aprile
1944-XII
.
Il
presente
decreto
che
sarà
pubblicato
nella
Gazzetta
Ufficiale
d
'
Italia
,
previa
registrazione
alla
Corte
dei
Conti
,
verrà
inserto
,
munito
del
sigillo
dello
Stato
,
nella
Raccolta
Ufficiale
delle
Leggi
e
dei
Decreti
ed
entrerà
in
vigore
,
salvo
il
disposto
dell
'
art
.
1
,
il
giorno
successivo
a
quello
della
sua
pubblicazione
.
Dalla
Sede
del
Governo
,
addì
15
settembre
1944-XXII
Il
Ministro
delle
Finanze
:
Pellegrino
StampaPeriodica ,
Si
dice
che
il
mondo
della
fabbrica
,
il
mondo
meccanico
della
produzione
industriale
sia
grigio
,
amorfo
,
tendenzialmente
piccolo
borghese
.
Ebbene
non
ha
nulla
di
tragico
la
decadenza
di
un
operaio
specializzato
che
dopo
aver
trascorso
la
propria
vita
nelle
officine
,
al
contatto
della
macchina
.
tra
i
compagni
di
lavoro
,
colpito
da
un
padrone
che
spezza
d
'
un
colpo
tutti
questi
legami
che
facevano
parte
della
sua
vita
,
e
che
lo
perseguita
dall
'
alto
nella
città
,
come
una
divinità
vendicativa
ed
onnipossente
,
termina
a
scaricare
la
notte
casse
di
verdura
ai
mercati
generali
?
Poche
ore
di
lavoro
,
saltuarie
,
alcune
migliaia
di
lire
al
mese
,
il
sussidio
di
disoccupazione
finché
dura
e
un
po
'
di
ortaggi
infilati
in
tasca
.
O
non
ha
nulla
di
drammatico
la
lotta
dell
'
immigrato
,
ex
bracciante
e
salariato
di
una
campagna
miserabile
,
il
quale
si
aggrappa
alla
città
ostile
dove
si
snodano
le
catene
di
montaggio
e
la
notte
il
cielo
si
illumina
del
bagliore
delle
colate
?
Questo
contadino
sradicato
che
lotta
muto
,
ostinato
,
per
occuparsi
,
per
farsi
avanti
,
per
unirsi
alla
famiglia
e
finalmente
per
scomparire
anch
'
esso
nella
grande
città
,
per
confondersi
tra
la
massa
dei
vecchi
operai
.
Come
non
è
drammatico
l
'
eroismo
silenzioso
dell
'
operaio
cosciente
il
quale
,
giorno
dopo
giorno
,
ignorato
dalla
società
civile
,
indifeso
,
talvolta
solo
,
sfida
la
prepotenza
del
padrone
rivendicando
i
propri
diritti
di
cittadino
e
di
operaio
?
Non
è
sconcertante
che
in
officina
si
debba
tacere
,
tacere
e
chinare
la
testa
,
sentirsi
divisi
,
sentirsi
in
due
parti
,
una
dignitosa
e
civile
che
va
nascosta
,
e
l
'
altra
bassa
,
meschina
,
egoista
,
la
sola
da
manifestare
in
fabbrica
se
si
vuol
vivere
una
vita
che
almeno
materialmente
sia
tranquilla
.
È
la
tragedia
della
classe
operaia
che
sa
di
avere
dei
diritti
perché
produce
,
che
vede
una
classe
dirigente
corrotta
e
sa
di
essere
sana
e
forte
,
che
vuole
esprimersi
,
partecipare
alla
vita
civile
del
paese
,
ed
invece
si
vede
ignorata
,
esclusa
,
perennemente
ricacciata
alla
periferia
!
La
coscienza
dei
diritti
Nell
'
esaminare
la
condizione
operaia
non
è
sufficiente
limitarsi
alle
condizioni
materiali
d
'
esistenza
ma
è
necessario
studiare
accanto
a
queste
come
venga
soddisfatto
quel
complesso
di
necessità
di
ordine
sociale
che
,
nel
caso
di
una
società
evoluta
,
sono
divenute
vitali
ed
incomprimibili
per
l
'
individuo
.
In
modo
particolare
occorre
verificare
come
la
società
assorbe
l
'
individuo
(
il
gruppo
,
la
classe
)
e
lo
fa
partecipe
del
proprio
processo
evolutivo
.
Occorre
verificare
se
soddisfa
o
meno
la
tensione
dell
'
individuo
a
non
essere
subordinato
ma
attivo
,
la
sua
necessità
di
manifestarsi
economicamente
,
politicamente
,
socialmente
,
secondo
tutto
l
'
arco
di
diritti
che
il
progresso
civile
gli
riconosce
.
Quando
esigenze
di
espressione
sono
compresse
,
quando
classi
o
gruppi
sociali
vedono
negato
il
proprio
diritto
storico
ad
essere
partecipi
,
sotto
ogni
aspetto
,
del
progresso
civile
,
quando
vi
è
una
contraddizione
tra
i
diritti
che
lo
sviluppo
economico
dà
ai
produttori
,
ed
i
rapporti
produttivi
e
di
classe
che
comprimono
l
'
esercizio
reale
di
questi
diritti
,
allora
vi
è
nella
società
un
malessere
profondo
,
una
carica
drammatica
che
bisogna
denunciare
.
Ciò
che
oggi
rende
particolarmente
drammatica
la
condizione
operaia
nel
nostro
paese
è
appunto
la
contraddizione
tra
la
maturità
sociale
e
politica
dei
lavoratori
,
tra
la
consapevolezza
dei
loro
diritti
di
produttori
,
ed
i
rapporti
di
produzione
esistenti
che
consentono
agli
imprenditori
di
imporre
l
'
alienazione
globale
di
chi
lavora
.
Si
trovi
al
confine
della
fame
o
abbia
invece
raggiunto
un
tenore
di
vita
che
Io
liberi
dall
'
assillo
della
miseria
(
come
avviene
nei
settori
di
capitalismo
più
sviluppato
,
soprattutto
in
quelli
monopolistici
)
,
l
'
operaio
non
ha
scelta
:
se
vuol
cedere
la
propria
forza
lavoro
deve
cedere
contemporaneamente
,
durante
le
ore
di
officina
,
l
'
esercizio
concreto
dei
propri
diritti
,
deve
rinunciare
alla
propria
personalità
umana
.
I
rapporti
di
classe
L
'
alienazione
globale
è
il
portato
di
determinati
rapporti
di
classe
.
Proprio
per
questa
sua
natura
essa
,
diramandosi
dalla
fabbrica
e
dal
processo
produttivo
,
si
trasferisce
nel
paese
dove
mira
a
consolidare
i
rapporti
di
classe
esistenti
nelle
officine
.
Appunto
l
'
ampiezza
dell
'
alienazione
operaia
denuncia
l
'
arretratezza
della
struttura
economica
e
sociale
del
paese
e
dimostra
ancora
una
volta
come
sia
impossibile
paragonare
la
condizione
operaia
italiana
con
quella
degli
altri
paesi
industriali
dell
'
occidente
.
Essa
va
dalle
forme
più
evidenti
in
atto
nelle
piccole
industrie
(
anche
se
spesso
,
malgrado
le
condizioni
di
vita
siano
intollerabili
.
,
minore
è
il
senso
dell
'
oppressione
)
a
quelle
più
complesse
di
pressione
economica
,
disciplinare
ed
ideologica
dei
grandi
gruppi
industriali
,
soprattutto
monopolistici
,
dove
nondimeno
l
'
assenza
di
ampie
prospettive
di
mercato
e
la
mancanza
di
un
moderno
spirito
imprenditoriale
,
la
grettezza
tradizionale
della
nostra
borghesia
industriale
,
danno
a
questa
pressione
un
inconfondibile
carattere
di
rozzezza
,
di
brutalità
,
talvolta
di
aperto
terrorismo
.
Funzione
dell
'
alienazione
globale
è
quella
di
imporre
un
più
completo
sfruttamento
del
lavoro
.
È
evidente
infatti
che
tutta
la
bardatura
di
diritti
che
accompagnano
l
'
operaio
costituisce
una
remora
ad
un
suo
più
completo
sfruttamento
.
Pertanto
,
quando
i
rapporti
di
classe
lo
consentono
,
l
'
imprenditore
annulla
questi
diritti
e
subordina
totalmente
l
'
operaio
.
Ma
da
un
altro
angolo
visuale
,
assai
istruttivo
,
può
essere
vista
l
'
alienazione
globale
.
Essa
cioè
esprime
il
livello
al
quale
si
forma
,
nel
nostro
paese
,
l
'
equilibrio
sociale
.
Negli
altri
paesi
occidentali
,
grazie
al
diverso
grado
di
sviluppo
del
sistema
capitalista
e
alla
maggiore
forza
della
classe
operaia
,
la
lotta
di
classe
conduce
ad
un
equilibrio
che
consente
un
minore
sfruttamento
del
lavoro
,
che
impone
il
riconoscimento
effettivo
dei
diritti
dei
produttori
e
,
ora
più
ora
meno
,
libera
la
classe
operaia
dalla
sua
condizione
subalterna
e
la
immette
nel
moto
del
progresso
civile
.
In
Italia
invece
,
grazie
appunto
alla
sua
arretratezza
strutturale
,
l
'
imprenditore
impone
all
'
operaio
la
sua
alienazione
globale
,
lo
spoglia
dei
suoi
diritti
e
lo
elimina
dal
moto
della
storia
,
e
questa
pratica
si
dirama
dalla
fabbrica
nel
paese
chiamandosi
discriminazioni
,
illegalità
,
violenza
della
coscienza
individuale
,
arresto
e
decadenza
della
vita
democratica
,
subordinazione
dei
produttori
e
,
se
badiamo
alla
sostanza
senza
lasciarci
incantare
dalle
apparenze
,
vera
e
propria
violenza
di
classe
.
Presenza
della
fabbrica
Non
si
comprende
il
mondo
dell
'
operaio
se
prima
non
si
afferra
,
in
tutta
la
sua
grande
portata
,
il
significato
della
fabbrica
per
chi
vi
lavora
.
La
società
operaia
,
la
mentalità
,
il
carattere
,
l
'
umanità
dell
'
operaio
,
risentono
in
tutto
la
presenza
della
fabbrica
.
Le
lotte
operaie
,
sindacali
o
politiche
,
tutte
le
sfumature
ideologiche
che
si
sviluppano
con
tanto
vigore
tra
gli
operai
,
il
legame
tra
il
proletariato
industriale
ed
i
partiti
di
classe
sono
fatti
astratti
,
cose
senza
vita
,
se
al
loro
fondo
non
si
sa
vedere
l
'
esperienza
di
fabbrica
.
In
sostanza
la
fabbrica
è
per
l
'
operaio
il
centro
naturale
in
cui
si
articolano
larga
parte
delle
espressioni
della
sua
personalità
,
si
manifestino
nel
lavoro
,
nella
solidarietà
nella
lotta
.
La
parte
sociale
della
sua
personalità
,
quella
che
si
manifesta
nei
rapporti
sociali
,
si
realizza
di
giorno
in
giorno
nelle
mille
esperienze
che
compongono
la
vita
di
lavoro
.
L
'
operaio
riceve
costantemente
qualcosa
dalla
vita
di
fabbrica
,
sia
nei
suoi
rapporti
con
i
compagni
di
lavoro
,
sia
nel
suo
legame
col
processo
produttivo
e
col
padrone
,
e
ad
essa
dà
costantemente
parte
di
se
stesso
.
Ecco
allora
perché
l
'
operaio
prova
un
così
vivo
dolore
quando
questi
legami
,
sviluppatisi
a
lungo
,
vengono
bruscamente
interrotti
.
E
non
si
tratta
soltanto
di
dolore
;
è
sbalordimento
,
mortificazione
e
poi
rimpianto
del
passato
.
Nella
sua
storia
di
individuo
questo
è
un
momento
di
grande
drammaticità
:
l
'
involucro
sociale
della
sua
personalità
è
scardinato
,
ad
un
tratto
è
crollato
qualcosa
nella
sua
vita
,
la
sua
continuità
si
è
dolorosamente
interrotta
.
Un
legame
profondo
La
fabbrica
è
l
'
ambiente
naturale
dell
'
operaio
.
Già
la
sua
società
lo
ha
predisposto
prima
ancora
che
entri
in
officina
.
Nella
società
operaia
si
avverte
dovunque
la
presenza
della
fabbrica
.
Essa
,
oltre
ad
essere
concretamente
visibile
ed
a
manifestarsi
in
qualcosa
di
indefinibile
ma
concreto
nell
'
atmosfera
cittadina
,
è
nei
pensieri
,
nelle
aspettative
,
nelle
preoccupazioni
di
tutti
.
Fuori
dalla
fabbrica
,
in
altre
attività
,
chi
è
stato
operaio
è
il
più
delle
volte
uno
spostato
,
un
solitario
,
un
infelice
.
L
'
officina
è
nel
sangue
dell
'
operaio
nei
suoi
aspetti
creativi
come
in
quelli
oppressivi
.
Essa
è
un
fatto
immenso
nella
sua
vita
,
toglietela
e
ne
farete
un
infelice
,
lo
dimezzerete
.
Egli
accetta
la
fabbrica
,
ne
ha
bisogno
ed
in
essa
trova
modo
di
esprimersi
.
Può
fare
ciò
perché
istintivamente
dà
un
giudizio
storico
:
egli
sente
che
quanto
vi
è
nella
vita
di
fabbrica
di
opprimente
,
di
umiliante
,
non
è
nella
natura
del
moderno
processo
di
produzione
,
ma
costituisce
il
portato
di
determinati
rapporti
di
classe
,
di
una
certa
situazione
sociale
.
Egli
scinde
quanto
è
la
conseguenza
logica
,
accettabile
della
moderna
organizzazione
del
lavoro
,
da
quanto
invece
è
frutto
dell
'
uomo
.
Ecco
perché
non
odia
la
fabbrica
,
perché
non
ne
ha
orrore
ma
necessità
:
gli
schiavi
non
amano
la
propria
prigione
.
Fortemente
drammatico
è
il
legame
tra
l
'
operaio
militante
e
la
sua
fabbrica
.
Dati
i
rapporti
di
classe
esistenti
nel
paese
,
l
'
imprenditore
impone
l
'
alienazione
globale
dei
lavoratori
.
Doppiamente
dura
è
la
vita
d
'
officina
per
chi
ha
coscienza
di
classe
:
non
solo
deve
condurre
,
all
'
interno
del
processo
produttivo
,
la
sua
lotta
naturale
contro
il
sistema
capitalista
,
ma
vede
negati
tutti
i
propri
diritti
,
di
cui
ha
consapevolezza
e
necessità
,
vede
colpito
in
fabbrica
ciò
che
è
legale
nel
paese
,
vede
violentemente
compresso
lo
slancio
a
manifestare
le
proprie
esigenze
.
Dura
,
esasperante
è
la
vita
dell
'
operaio
cosciente
:
eppure
il
grande
desiderio
del
licenziato
per
rappresaglia
,
del
perseguitato
dal
padrone
,
è
quello
di
rientrare
nella
fabbrica
da
cui
è
stato
estromesso
.
Tornare
nella
fabbrica
non
significa
solo
riprendere
la
lotta
,
come
molti
sostengono
cedendo
alla
retorica
,
ma
significa
,
più
modestamente
,
riannodare
le
fila
di
una
vita
in
cui
la
lotta
di
classe
ha
un
significato
profondo
,
riprenderla
là
dove
il
padrone
la
ha
bruscamente
,
dolorosamente
spezzata
.
Il
centro
delle
lotte
Malgrado
il
clima
oppressivo
della
fabbrica
,
così
profondo
è
il
suo
legame
con
essa
,
così
forte
il
suo
senso
storico
,
che
non
ho
mai
sentito
un
operaio
,
per
quanto
perseguitato
dal
padrone
,
proporsi
di
abbandonare
il
mondo
della
fabbrica
come
cercasse
di
liberarsi
da
una
condizione
per
sua
natura
oppressiva
ed
immutabile
.
Il
lavoro
non
è
una
schiavitù
.
Esso
conferisce
dignità
alla
vita
.
,
inserisce
l
'
individuo
nella
società
,
ne
fa
un
produttore
.
Ma
vi
è
di
più
:
il
lavoro
è
anche
un
modo
di
esprimersi
,
di
trovare
cioè
una
risposta
alla
propria
esistenza
dando
forma
concreta
a
tutto
ciò
che
vi
è
in
noi
di
buono
e
di
utile
.
Colpisce
l
'
attaccamento
dell
'
operaio
specializzato
al
proprio
lavoro
.
Questo
attaccamento
non
è
soltanto
la
caratteristica
di
una
élite
operaia
,
ma
,
se
è
vero
che
qui
ha
la
sua
manifestazione
più
appariscente
,
è
comune
a
tutti
coloro
che
lavorano
e
vedono
la
materializzazione
della
propria
attività
e
della
propria
tensione
interiore
.
Ignoro
se
in
altre
classi
si
verifichi
un
legame
altrettanto
profondo
col
lavoro
,
nato
dal
trovarvi
sia
la
propria
dignità
sociale
,
sia
l
'
espressione
della
propria
interiorità
,
un
attaccamento
insomma
che
abbia
un
significato
morale
altrettanto
intenso
.
Da
che
cosa
deriva
la
«
passione
»
dell
'
operaio
per
il
proprio
lavoro
?
(
Si
badi
bene
:
non
intendo
dire
che
tutti
gli
operai
provino
questa
passione
,
nemmeno
che
la
loro
media
provi
comunemente
un
sentimento
così
forte
;
intendo
invece
dire
che
nutre
questa
«
passione
»
una
élite
che
però
è
determinante
per
comprendere
il
«
carattere
»
della
classe
operaia
)
.
Credo
essa
vada
attribuita
al
sentimento
di
essere
una
classe
nuova
in
una
struttura
economica
che
va
rapidamente
trasformandosi
e
facendo
delle
attività
industriali
il
fattore
decisivo
del
progresso
civile
.
L
'
operaio
si
sente
al
centro
delle
trasformazioni
che
vanno
così
sensibilmente
accelerando
lo
sviluppo
della
società
;
quanto
vi
è
di
più
moderno
nella
tecnica
,
e
di
più
importante
negli
esperimenti
sociali
,
passa
attraverso
di
lui
.
D
'
altro
canto
risente
anche
dei
benefici
materiali
che
derivano
dalla
sua
posizione
.
Ma
se
la
classe
operaia
sente
di
trovarsi
,
per
così
dire
,
nel
centro
motore
del
progresso
civile
,
essa
sa
anche
che
è
in
questo
settore
del
processo
produttivo
che
si
decidono
,
nella
loro
sostanza
,
i
rapporti
di
produzione
,
che
le
lotte
sociali
condotte
sul
suo
terreno
sono
appunto
quelle
decisive
per
l
'
orientamento
della
società
e
per
i
rapporti
di
forza
tra
le
classi
.
In
altre
parole
la
classe
operaia
sa
,
più
o
meno
consapevolmente
,
di
trovarsi
ad
un
tempo
nel
centro
strutturale
del
progresso
civile
ed
in
quello
decisivo
per
la
lotta
di
classe
.
Faccia
a
faccia
con
la
borghesia
industriale
,
essa
pone
la
propria
candidatura
a
classe
dirigente
nel
cuore
del
progresso
economico
e
civile
.
Si
tratta
come
si
vede
di
sentimenti
vaghi
,
assai
generici
così
formulati
,
ma
sono
sentimenti
per
così
dire
«
storici
»
,
decisivi
nell
'
atteggiamento
e
nelle
lotte
di
una
classe
.
Essi
non
hanno
nulla
di
astratto
e
,
pur
essendo
il
più
delle
volte
inconsci
,
pur
traducendosi
in
un
modo
di
agire
che
non
sa
darsi
una
spiegazione
ideologica
,
si
alimentano
ininterrottamente
nel
concreto
del
processo
produttivo
,
nel
fulcro
dei
rapporti
di
classe
e
della
struttura
della
società
moderna
.
Grande
importanza
,
non
adeguatamente
valutata
,
hanno
nell
'
atteggiamento
dell
'
operaio
dinanzi
alla
società
,
e
nella
maturazione
di
questi
incerti
ma
concreti
sentimenti
della
propria
funzione
,
le
ideologie
che
operano
nel
mondo
operaio
.
In
genere
chi
vede
il
mondo
operaio
come
una
società
amorfa
,
tendenzialmente
piccolo
borghese
,
con
la
vocazione
della
casetta
,
del
frigidaire
,
della
televisione
,
è
condotto
ad
un
secondo
errore
.
Proprio
perché
mosso
da
una
concezione
superficiale
dei
fatti
sociali
,
egli
concepisce
la
società
operaia
come
qualcosa
di
livellato
,
di
appiattito
,
di
analogo
alla
produzione
in
serie
.
Egli
perde
insomma
il
senso
della
tridimensionalità
nei
fatti
sociali
.
I
livelli
diversi
di
consapevolezza
Ebbene
la
struttura
della
società
operaia
si
presenta
assai
complessa
,
sia
dal
punto
di
vista
della
anatomia
sociale
,
sia
da
quello
della
fisiologia
sociale
.
Vi
sono
in
essa
diversissimi
livelli
di
condizione
economica
,
di
educazione
,
di
consapevolezza
ideologica
.
Al
suo
interno
agiscono
organismi
che
la
improntano
profondamente
come
il
sindacato
,
il
partito
di
classe
,
la
rete
cooperativa
etc.
Nella
società
industriale
agiscono
fenomeni
come
l
'
immigrazione
dalle
campagne
,
la
politica
riformistica
dei
gruppi
monopolistici
,
l
'
offensiva
ideologica
e
politica
dello
schieramento
industriale
,
i
riflessi
sociali
della
introduzione
di
nuove
tecniche
produttive
etc
.
,
fenomeni
che
incidono
profondamente
sulla
struttura
di
questa
società
e
sugli
individui
che
ne
fanno
parte
.
E
tutto
ciò
va
visto
non
per
schermi
,
non
staticamente
,
bensì
nel
suo
sviluppo
dinamico
,
nei
rapporti
concreti
,
nei
reciproci
influssi
tra
fatti
di
struttura
e
di
sovrastruttura
.
Di
grande
interesse
per
una
sociologia
legata
al
movimento
operaio
sarebbe
lo
studio
del
settore
operaio
che
è
legato
alle
istanze
di
classe
,
analisi
descrittiva
che
,
nutrendosi
di
lieviti
storici
ed
ideologici
,
miri
a
fissare
la
vita
reale
di
questa
zona
della
società
.
Ad
esempio
non
si
dà
rilievo
al
fatto
che
all
'
interno
del
movimento
di
classe
esistono
diversi
livelli
di
consapevolezza
politica
ed
ideologica
,
e
che
a
questi
diversi
gradi
di
consapevolezza
corrispondono
diverse
funzioni
nel
corpo
sociale
preso
in
esame
.
Si
va
così
dall
'
operaio
la
cui
fedeltà
al
movimento
di
classe
è
data
dall
'
odio
cieco
,
insopprimibile
per
il
padrone
,
a
quello
che
è
invece
consapevole
della
propria
funzione
di
classe
,
dall
'
operaio
che
oppone
al
padrone
soltanto
la
propria
ostinata
resistenza
a
quello
che
,
sul
luogo
di
lavoro
,
sa
trasformare
una
resistenza
in
una
politica
.
Ebbene
è
evidente
che
a
questi
diversi
gradi
di
maturità
ideologica
corrispondono
influssi
diversi
(
spesso
valorizzati
o
compressi
dalla
politica
generale
del
movimento
operaio
)
sulla
struttura
del
movimento
di
classe
e
,
di
riflesso
,
sulla
società
operaia
.
È
di
grande
importanza
politica
afferrare
la
complessità
degli
strati
sociali
sui
quali
hanno
presa
le
nostre
organizzazioni
,
studiare
i
rapporti
tra
i
vari
gradi
di
consapevolezza
ideologica
,
anche
in
relazione
alla
prospettiva
politica
del
movimento
,
stabilirne
i
reciproci
influssi
ed
il
loro
peso
sul
complesso
del
movimento
di
classe
.
Il
contrasto
di
generazioni
Nel
corso
di
una
mia
inchiesta
condotta
prevalentemente
tra
gli
operai
coscienti
del
complesso
Fiat
,
ho
constatato
una
mancata
diversità
nella
concezione
del
mondo
tra
vecchi
e
giovani
operai
.
E
dicendo
vecchi
intendo
le
generazioni
che
hanno
vissuto
gli
anni
del
primo
dopoguerra
,
mentre
per
giovani
intendo
coloro
che
si
sono
formati
nella
guerra
partigiana
e
negli
anni
di
questo
dopoguerra
.
Questa
marcata
differenza
,
che
ha
una
radice
profonda
nell
'
individuo
e
si
manifesta
nella
personalità
,
più
ancora
che
nell
'
ideologia
,
corrisponde
a
due
fasi
ben
distinte
della
storia
del
movimento
operaio
.
Sono
stati
questi
periodi
distinti
,
ai
quali
si
accompagnava
anche
una
diversa
società
operaia
,
ad
esercitare
una
influenza
formativa
determinante
su
chi
li
ha
vissuti
.
Nel
loro
corso
infatti
il
movimento
operaio
ha
avuto
una
natura
diversa
,
una
diversa
prospettiva
politica
ed
un
diverso
sentimento
di
se
stesso
.
E
nel
caso
di
chi
è
legato
alle
lotte
della
classe
operaia
va
osservato
che
il
loro
influsso
è
determinante
nella
storia
del
suo
sviluppo
individuale
.
Paradossalmente
,
in
contrasto
con
tutto
quanto
dice
il
buon
senso
comune
,
i
vecchi
operai
hanno
un
istinto
,
un
temperamento
rivoluzionario
che
invece
i
giovani
hanno
in
parte
perduto
.
Predomina
in
essi
l
'
istinto
di
classe
sulla
consapevolezza
politica
,
lo
spirito
libertario
sul
senso
del
reale
,
la
passione
sul
raziocinio
.
Sono
più
avventurosi
,
più
sensibili
all
'
immaginazione
,
più
intransigenti
e
fiduciosi
,
più
giovanili
.
,
se
vogliamo
.
dei
giovani
.
Sono
il
frutto
di
un
socialismo
che
era
più
rozzo
ma
più
legato
alle
masse
,
di
un
socialismo
che
lottava
con
generosità
per
un
mondo
radicalmente
diverso
,
fatto
di
realtà
come
di
miti
,
di
un
socialismo
che
ancora
non
conosceva
la
fatica
e
l
'
amarezza
della
ragion
di
stato
.
Con
la
loro
presenza
attiva
nel
movimento
operaio
essi
costituiscono
un
perenne
richiamo
ai
motivi
primi
,
più
elementari
,
più
generosi
del
socialismo
.
Se
spesso
costituiscono
un
fattore
di
resistenza
ad
una
impostazione
più
moderna
e
cosciente
delle
lotte
operaie
,
non
dimentichiamo
mai
che
il
loro
istinto
di
classe
,
la
loro
intransigenza
rivoluzionaria
,
la
generosità
e
lo
slancio
con
cui
combattono
per
le
organizzazioni
di
classe
,
sono
un
patrimonio
prezioso
di
spirito
rivoluzionario
ed
una
garanzia
contro
ogni
forma
di
degenerazione
piccolo
borghese
del
socialismo
.
Formatisi
negli
anni
della
liberazione
e
delle
lotte
di
questo
dopoguerra
,
i
giovani
sono
il
prodotto
di
una
nuova
situazione
storica
,
di
una
società
più
vicina
alla
prosa
,
se
vogliano
.
là
dove
l
'
altra
risentiva
del
pathos
della
poesia
.
Essi
sono
,
il
frutto
dello
stalinismo
se
per
questo
s
'
intende
il
socialismo
che
si
consolida
là
dove
ha
conquistato
il
potere
,
la
divisione
del
mondo
in
blocchi
,
la
subordinazione
della
volontà
rivoluzionaria
alle
esigenze
della
ragion
di
stato
.
Ma
sono
anche
il
frutto
di
un
socialismo
che
si
è
fatto
più
adulto
,
che
ha
acquistato
una
superiore
consapevolezza
politica
,
che
si
è
configurato
come
nuova
classe
dirigente
ed
è
in
grado
di
porre
.
nel
nostro
paese
,
una
reale
alternativa
in
quanto
tale
.
Il
senso
di
concretezza
Si
incontrano
tra
di
loro
caratteri
individuali
e
sfumature
ideologiche
assai
diverse
e
spesso
contrastanti
.
C
'
è
chi
dà
alla
lotta
di
classe
una
impostazione
radicale
e
chi
invece
una
impostazione
riformista
:
è
soprattutto
attorno
a
queste
due
prospettive
politiche
(
alle
quali
corrispondono
temperamenti
e
caratteri
individuali
diversi
)
che
si
sviluppano
i
contrasti
.
Ma
l
'
unità
che
li
diversifica
dalle
passate
generazioni
c
'
è
ed
è
sostanziale
.
Direi
che
in
essi
si
è
compiuto
il
passaggio
dalla
aspirazione
ad
un
mondo
diverso
,
alla
trasformazione
concreta
di
questa
società
,
anche
se
vista
in
chiavi
diverse
.
In
questo
essi
segnano
il
passaggio
dall
'
era
dei
partiti
d
'
avanguardia
a
quella
dei
partiti
di
massa
,
e
alle
maggiori
responsabilità
che
queste
organizzazioni
affidano
,
proprio
perché
si
costituiscono
in
potere
nel
potere
,
ai
propri
militanti
.
I
giovani
dunque
hanno
sostituito
alla
improvvisazione
la
disciplina
,
alla
generica
volontà
rivoluzionaria
la
conoscenza
dei
termini
concreti
in
cui
si
attua
la
rivoluzione
.
Lo
studio
e
la
conoscenza
dei
problemi
politici
e
tecnici
sono
visti
come
la
condizione
per
incidere
e
per
trasformare
questa
società
.
Senso
della
realtà
,
conoscenza
dei
problemi
produttivi
,
capacità
tecniche
,
qualità
tattiche
e
strategiche
,
rifiuto
di
ogni
velleitarismo
rivoluzionario
sono
elementi
comuni
a
tutti
.
In
sostanza
essi
si
costituiscono
in
classe
dirigente
già
nella
società
borghese
e
,
nei
limiti
del
proprio
potere
,
esercitano
queste
qualità
,
piuttosto
che
essere
classe
dirigente
esclusivamente
nei
termini
della
propria
tensione
rivoluzionaria
ed
attendere
all
'
esercizio
della
propria
responsabilità
soltanto
dopo
il
salto
qualitativo
compiuto
con
la
conquista
del
potere
.
Si
ritiene
comunemente
che
la
tradizione
sia
un
fenomeno
rilevante
e
caratteristico
del
mondo
contadino
.
La
forza
della
tradizione
nel
mondo
contadino
è
giustamente
messa
in
rapporto
con
la
struttura
di
questa
società
,
ed
il
fenomeno
è
visto
sia
come
strumento
di
coesione
e
di
stabilità
sociale
,
sia
come
strumento
educativo
.
La
tradizione
,
intesa
come
travaso
di
valori
e
di
cognizioni
dall
'
ambiente
al
singolo
,
rappresenta
il
tipo
di
educazione
caratteristico
della
società
contadina
arretrata
.
Nelle
sue
manifestazioni
,
che
talora
divengono
vere
e
proprie
tecniche
,
il
singolo
viene
plasmato
ideologicamente
,
riceve
regole
di
condotta
,
princìpi
morali
,
cognizioni
.
Valore
della
tradizione
La
tradizione
si
presenta
dunque
come
tipica
manifestazione
di
una
società
caratterizzata
dalla
coesione
,
dalla
lentezza
del
proprio
sviluppo
se
non
dalla
immobilità
,
dall
'
assenza
di
bruschi
salti
qualitativi
e
di
lacerazioni
.
Del
tutto
diversa
,
opposta
addirittura
,
la
società
industriale
:
diversa
la
sua
struttura
,
diverse
le
forme
del
suo
sviluppo
,
diverso
il
suo
ideale
umano
,
diverse
le
finalità
e
gli
strumenti
educativi
.
Va
rilevato
come
la
tradizione
permanga
,
anche
se
come
fenomeno
secondario
,
nei
gruppi
sociali
che
compongono
le
società
evolute
.
Essa
si
presenta
ancora
come
un
fattore
di
coesione
e
di
unità
del
gruppo
,
e
come
uno
strumento
che
consente
di
travasare
nel
singolo
l
'
ideologia
del
gruppo
di
cui
fa
parte
.
Questo
aspetto
della
tradizione
,
intesa
come
educazione
ideologica
del
singolo
da
parte
del
gruppo
,
di
travaso
di
elementi
emotivi
,
sentimentali
(
oltre
che
strettamente
ideologici
)
dal
gruppo
al
singolo
,
è
rilevante
anche
tra
i
settori
più
avanzati
del
movimento
operaio
,
e
va
studiata
proprio
sotto
l
'
aspetto
della
conservazione
di
determinati
valori
,
sentimentali
ed
ideologici
.
In
parte
,
forse
,
può
essere
messa
in
relazione
con
le
origini
di
contadini
inurbati
degli
attuali
operai
.
Un
patrimonio
comune
Così
la
storia
del
movimento
operaio
,
soprattutto
la
storia
«
fatta
»
,
quella
della
città
,
del
quartiere
e
della
fabbrica
addirittura
,
divengono
elementi
vivi
,
di
un
comune
modo
di
sentire
e
vedere
le
cose
,
tappe
di
una
comune
origine
,
qualcosa
di
profondamente
formativo
e
di
nient
'
affatto
libresco
.
Essa
ha
come
centri
diffusori
le
organizzazioni
politiche
e
sindacali
degli
operai
,
ed
il
nucleo
familiare
,
e
passa
,
arricchendosi
e
trasformandosi
,
da
compagno
a
compagno
,
da
gruppo
a
gruppo
,
da
generazione
a
generazione
.
Nei
suoi
termini
più
ampi
si
tramanda
di
generazione
in
generazione
,
spesso
fondendo
esperienze
di
campagna
ed
esperienze
di
città
,
assai
sovente
nella
stessa
famiglia
(
accade
continuamente
di
scoprire
nello
stesso
nucleo
familiare
una
attiva
tradizione
di
lotta
di
classe
)
,
e
diviene
un
fattore
coesivo
di
grande
importanza
,
sotto
tutti
gli
aspetti
:
emotivi
e
ideologici
.
In
moltissimi
casi
è
per
questa
via
che
l
'
operaio
impara
di
avere
delle
radici
,
una
«
storia
»
alle
proprie
spalle
e
sempre
per
questa
via
amplia
la
propria
esperienza
personale
in
quella
del
gruppo
;
ed
infine
è
ancora
per
questa
via
che
riceve
cognizioni
le
quali
,
per
quanto
grossolane
,
restano
tra
gli
elementi
più
vivi
e
formativi
della
sua
cultura
.
Alcuni
temi
di
studio
Innumerevoli
temi
attraggono
chi
studia
il
mondo
operaio
,
ma
compito
di
chi
si
accinge
a
questa
analisi
è
separare
i
motivi
di
fondo
da
quelli
secondari
.
Non
solo
,
ma
chi
è
sensibile
alle
prospettive
di
lotta
del
movimento
operaio
avrà
sempre
la
sensibilità
di
individuare
,
nel
groviglio
dei
problemi
,
quelli
che
presentano
un
motivo
d
'
interesse
immediato
,
anche
se
non
contingente
.
Una
indagine
sulla
condizione
operaia
,
come
del
resto
qualsiasi
indagine
sociologica
,
deve
procedere
su
due
binari
che
appaiono
paralleli
ma
in
realtà
,
quando
il
lavoro
è
proficuo
,
si
sovrappongono
:
si
tratta
cioè
di
studiare
la
struttura
e
la
vita
della
società
operaia
e
contemporaneamente
di
portare
alla
luce
,
secondo
criteri
obbiettivi
,
le
forze
morali
,
le
aspirazioni
politiche
e
sociali
che
agiscono
al
suo
interno
.
Come
non
bisogna
mai
separare
la
descrizione
della
società
dalle
forze
che
la
compongono
,
così
è
necessario
accompagnare
sempre
la
società
con
l
'
uomo
che
ne
è
il
centro
.
Tra
i
temi
di
studio
per
una
sociologia
operaia
,
oltre
a
quelli
evidentissimi
di
base
(
quali
la
struttura
dell
'
economia
,
le
condizioni
sociali
,
politiche
,
sindacali
ecc.
del
lavoro
,
la
distribuzione
dei
redditi
,
la
disoccupazione
,
e
via
di
seguito
)
ne
suggerirei
altri
che
vengono
posti
in
primo
piano
dall
'
attuale
fase
di
sviluppo
del
capitalismo
italiano
,
ed
altri
ancora
connessi
prevalentemente
allo
studio
di
quello
che
è
l
'
«
Uomo
»
operaio
.
Così
,
rispetto
a
Torino
,
sono
temi
di
grande
interesse
,
oltre
a
quelli
ovvi
relativi
all
'
effetto
delle
trasformazioni
tecnologiche
e
politiche
del
grande
monopolio
sulla
composizione
della
maestranza
e
sulle
lotte
sindacali
,
il
nesso
tra
sviluppo
del
monopolio
cd
arca
economica
subordinata
,
l
'
esame
dei
rapporti
tra
immigrazione
e
politica
monopolistica
sia
all
'
interno
del
complesso
Fiat
sia
in
relazione
alla
sua
politica
verso
l
'
area
economica
subordinata
.
Infine
lo
studio
della
più
intima
natura
del
riformismo
aziendale
,
vista
soprattutto
come
indice
della
mentalità
sociale
e
politica
della
classe
dirigente
monopolistica
e
delle
sue
componenti
ideologiche
(
da
questo
punto
di
vista
si
rivelerebbe
di
estrema
utilità
lo
studio
del
«
linguaggio
»
dl
monopolio
,
nelle
sue
pubblicazioni
e
nei
suoi
rapporti
con
le
maestranze
e
con
il
pubblico
)
e
nei
suoi
riflessi
sulla
personalità
dei
lavoratori
.
Temi
affascinanti
sono
quelli
connessi
al
rapporto
tra
ambiente
operaio
e
personalità
ed
ideologia
dell
'
operaio
cosciente
,
soprattutto
in
relazione
all
'
influsso
formativo
delle
principali
lotte
politiche
e
sociali
del
nostro
secolo
,
delle
prospettive
e
dell
'
ideologia
dei
partiti
e
delle
organizzazioni
di
classe
.
L
'
operaio
,
come
ogni
altra
classe
subordinata
,
ha
un
profondo
bisogno
di
esprimersi
,
quasi
per
una
inconsapevole
volontà
di
entrare
,
anche
per
questa
via
,
a
far
parte
della
storia
.
Così
la
biografia
resa
scientifica
e
l
'
intervista
condotta
con
rigore
possono
divenire
strumenti
fondamentali
di
conoscenza
,
soprattutto
perché
consentono
di
osservare
dal
basso
la
fisiologia
della
società
operaia
e
permettono
di
afferrare
l
'
elemento
umano
osservandone
lo
sviluppo
nella
società
in
cui
vive
.
Necessità
di
una
sociologia
marxista
Lo
sviluppo
di
una
sociologia
marxista
sarebbe
un
momento
culturale
e
politico
di
grande
importanza
sia
per
la
formazione
di
una
cultura
marxista
,
che
abbia
stabilito
dialetticamente
il
proprio
legame
con
il
movimento
operaio
,
sia
perché
la
via
pacifica
(
o
italiana
)
al
socialismo
sarà
una
vaga
formula
fintantoché
i
partiti
operai
non
conosceranno
a
fondo
la
realtà
della
società
nazionale
.
Si
giungerà
ad
una
produzione
valida
a
condizione
di
liberarsi
da
ogni
sociologismo
,
dando
a
questa
produzione
impronta
ideologica
ed
autentico
respiro
culturale
.
Condizione
di
ogni
sociologia
marxista
è
lo
spirito
scientifico
con
cui
si
affronta
la
realtà
,
spirito
scientifico
che
,
anziché
escludere
,
presuppone
l
'
impronta
ideologica
.
Si
tratta
di
configurare
la
condizione
operaia
nei
suoi
aspetti
strutturali
ed
in
quelli
sociali
(
in
altre
parole
nella
sua
anatomia
e
nella
sua
fisiologia
)
,
come
nella
sua
tensione
morale
.
Sono
due
facce
della
stessa
realtà
,
l
'
intendimento
dell
'
una
presuppone
la
conoscenza
dell
'
altra
.
Proprio
perché
della
società
si
vuol
cogliere
il
fondo
,
l
'
anima
per
così
dire
,
occorre
lavorare
in
profondità
.
Operare
in
estensione
,
secondo
criteri
prevalentemente
quantitativi
e
pedantescamente
sociologici
,
conduce
ad
un
ritratto
del
tutto
superficiale
,
ad
un
ritratto
in
cui
manca
proprio
ciò
che
ci
interessa
,
ciò
che
imprime
tutto
di
sé
:
il
carattere
.