ProsaGiuridica ,
Il
Ministro
dell
'
Interno
Visto
l
'
art
.
11
del
decreto
legge
9
febbraio
1939
,
n
.
126
convertito
nella
legge
2
giugno
1939
,
n
.
739
,
sul
trattamento
dei
beni
ebraici
;
Visto
il
decreto
27
marzo
1939
,
n
.
665
,
che
ha
approvato
lo
Statuto
dell
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
;
Vista
la
legge
19
dicembre
1940
,
n
.
1994
,
riguardante
modifiche
alla
legge
di
guerra
in
materia
di
beni
appartenenti
a
sudditi
nemici
;
Visto
il
decreto
legislativo
in
data
4
gennaio
1944
,
n
.
2
,
contenente
modifiche
alle
disposizione
riguardanti
i
beni
e
le
aziende
ebraiche
di
cui
al
predetto
decreto
legge
9
febbraio
1939
,
n
.
126;
Visto
l
'
art
.
17
della
legge
16
giugno
1939
,
n
.
942
,
riguardante
la
requisizione
dei
beni
espropriati
dalle
esattorie
e
rimasti
invenduti
al
secondo
incanto
;
Visto
il
decreto
legislativo
del
Duce
31
marzo
1944-XXII
,
n
.
109
,
che
approva
lo
Statuto
e
il
regolamento
dell
'
Ente
;
Visto
il
decreto
ministeriale
15
settembre
1944
,
n
.
685
,
relativo
all
'
adeguamento
del
trattamento
tributario
per
i
beni
gestiti
dall
'
Ente
;
Ritenuta
la
necessità
di
modificare
lo
statuto
dell
'
Ente
per
disporre
l
'
istituzione
del
posto
di
Direttore
Generale
onde
meglio
assicurare
il
funzionamento
dell
'
Ente
;
Visto
il
decreto
legislativo
del
Duce
8
ottobre
1943-XXII
e
18
gennaio
1944-XXII
,
N
;
41
,
relativi
alla
sfera
di
competenza
ed
al
funzionamento
degli
organi
di
Governo
;
Decreta
:
Art
.
1
.
Lo
Statuto
dell
'
Ente
di
Gestione
e
Liquidazione
Immobiliare
in
seno
al
decreto
legislativo
del
Duce
31
marzo
1944-XXII
,
n
.
109
,
è
sostituito
da
quello
annesso
al
presente
provvedimento
,
composto
di
numero
18
articoli
.
Il
presente
decreto
entra
in
vigore
nel
giorno
successivo
a
quello
della
sua
pubblicazione
nella
Gazzetta
Ufficiale
d
'
Italia
e
sarà
previa
registrazione
alla
Corte
dei
Conti
ratificato
dal
Consiglio
dei
Ministri
ed
inserto
,
munito
del
sigillo
dello
Stato
,
nella
Raccolta
ufficiale
delle
leggi
e
dei
decreti
.
Posta
Civile
316
,
addì
30
dicembre
1944-XXIII
.
Il
Ministro
:
Pellegrini
V
.
Il
Guardasigilli
:
Pisenti
Statuto
dell
'
Ente
di
gestione
e
liquidazione
immobiliare
[
]
Art
.
7
.
Il
Consiglio
di
Amministrazione
ha
tutti
i
poteri
per
il
funzionamento
dell
'
Ente
.
Esso
delibera
un
apposito
regolamento
interno
da
approvarsi
dal
Ministro
per
le
Finanze
,
per
stabilire
le
norme
di
assunzione
e
di
stato
giuridico
ed
il
trattamento
economico
,
a
qualsiasi
titolo
,
di
attività
e
di
quiescenza
del
personale
.
Designa
al
Ministro
per
le
Finanze
,
per
la
nomina
,
il
Direttore
Generale
dell
'
Ente
e
ne
fissa
la
retribuzione
.
Il
Consiglio
di
Amministrazione
è
convocato
dal
Presidente
il
quale
ne
da
tempestivo
avviso
ai
Consiglieri
ed
ai
Sindaci
effettivi
.
Il
Direttore
Generale
assiste
alle
riunioni
del
Consiglio
di
Amministrazione
con
voto
consultivo
ed
è
tenuto
ad
esprimere
in
ogni
deliberazione
il
proprio
parere
che
deve
essere
trascritto
nel
relativo
verbale
.
Per
la
validità
delle
deliberazioni
occorre
l
'
intervento
di
almeno
5
componenti
.
Le
deliberazioni
sono
prese
a
maggioranza
assoluta
di
voti
:
in
caso
di
parità
prevale
il
voto
del
Presidente
.
Art
.
8
.
Il
Consiglio
di
Amministrazione
nomina
nel
suo
seno
la
Giunta
esecutiva
,
determinandone
le
attribuzioni
e
i
poteri
.
La
Giunta
è
composta
di
cinque
membri
fra
i
quali
il
Presidente
.
Il
Direttore
Generale
assiste
alle
riunioni
della
Giunta
con
voto
consultivo
ed
è
tenuto
ad
esprimere
in
ogni
deliberazione
il
proprio
parere
che
deve
essere
trascritto
nel
relativo
verbale
.
Funge
da
Segretario
della
Giunta
esecutiva
il
segretario
del
Consiglio
di
Amministrazione
.
La
Giunta
esecutiva
è
convocata
dal
Presidente
,
il
quale
dà
tempestivo
avviso
ai
membri
ed
ai
sindaci
effettivi
.
Per
la
validità
delle
sue
deliberazioni
occorre
la
presenza
di
almeno
tre
membri
compreso
fra
essi
il
Presidente
e
,
in
caso
di
assenza
o
legittimo
impedimento
,
il
Vice
Presidente
.
Le
deliberazioni
sono
prese
a
maggioranza
assoluta
di
voti
.
Art
.
9
.
La
Giunta
esecutiva
delibera
sulle
operazioni
per
le
quali
sia
stata
delegata
dal
Consiglio
di
amministrazione
e
dentro
i
limiti
della
delegazione
stessa
.
Non
possono
essere
delegate
alla
Giunta
le
deliberazioni
:
a
)
sulla
formazione
del
bilancio
;
b
)
sul
conferimento
di
deleghe
alle
mansioni
dell
'
Ente
quando
le
deleghe
non
sono
limitate
a
singole
gestioni
,
specificatamente
indicate
,
di
determinati
beni
o
aziende
,
ma
si
riferiscono
,
invece
,
a
mansioni
che
vengono
genericamente
affidate
ad
un
delegato
per
intere
circoscrizioni
territoriali
.
Le
deliberazioni
della
Giunta
sono
comunicate
al
Consiglio
nella
prima
seduta
successiva
.
[
]
Art
.
14
.
Il
Direttore
Generale
che
dura
in
carica
tre
anni
e
può
essere
anche
riconfermato
,
regge
gli
uffici
dell
'
Ente
e
ne
ha
la
responsabilità
verso
il
Presidente
.
Esercita
pertanto
tutti
i
necessari
controlli
e
propone
al
Presidente
i
provvedimenti
da
adottare
nei
confronti
del
personale
e
dell
'
andamento
del
servizio
.
[
]
[n.d.r
.
gli
articoli
del
precedente
regolamento
dal
n.14
al
17
restano
invariati
ma
vengono
rinumerati
da
15
a
18
]
Il
Ministro
per
le
Finanze
:
Pellegrini
StampaPeriodica ,
«
Guardi
,
diceva
un
minatore
muovendo
in
giro
la
mano
tesa
,
tutto
quello
che
lei
vede
è
della
Montecatini
.
Non
si
può
sbagliare
.
»
La
Montecatini
,
qua
a
Niccioleta
,
possiede
le
case
,
le
strade
,
gli
spacci
aziendali
,
i
mezzi
di
trasporto
,
le
sedi
dei
partiti
politici
,
il
terreno
circostante
.
Della
Montecatini
sono
i
grossi
casamenti
gialli
,
sparsi
in
disordine
per
le
pendici
di
questi
colli
scabri
,
collegati
appena
da
un
sentiero
scosceso
,
con
larghi
improvvisi
sterrati
nudi
;
il
palazzotto
del
dopolavoro
,
una
costruzione
pseudo
-
razionale
,
di
taglio
littorio
,
stile
900
,
come
si
diceva
nel
ventennio
;
e
la
chiesa
,
un
altro
scatolone
con
una
specie
di
pronao
rettangolare
,
che
fa
pensare
ad
una
palestra
di
boxe
.
Son
della
Montecatini
le
grigie
e
scialbe
casette
degli
impiegati
,
e
la
mediocre
villa
della
contadina
,
ed
i
più
vecchi
amano
ancora
,
dopo
la
miniera
,
coltivare
un
pezzetto
di
terra
,
per
cavarne
ortaggi
,
od
allevarvi
un
coniglio
,
un
paio
di
galline
.
Molti
operai
non
abitano
qui
,
ma
nei
villaggi
vicini
,
a
Prata
,
a
Monterotondo
,
o
vengono
addirittura
da
Massa
Marittima
:
tutti
su
automezzi
della
Montecatini
;
prima
della
guerra
venivano
in
bicicletta
,
e
non
pochi
a
piedi
,
dieci
chilometri
di
strada
e
dopo
il
lavoro
.
Al
paese
alcuni
conservano
un
orto
,
una
vigna
,
a
cui
si
dedicano
nelle
ore
libere
dal
lavoro
,
e
persino
nei
giorni
di
sciopero
.
La
sovrapposizione
delle
due
economie
,
e
la
progressiva
scomparsa
di
quella
più
antica
,
l
'
agricola
,
sotto
il
peso
della
moderna
,
la
mineraria
,
qui
è
palese
:
qui
sta
accadendo
quel
che
in
Inghilterra
si
verificò
alla
fine
del
Settecento
,
ed
il
processo
è
ancora
in
corso
.
L
'
agricoltura
di
collina
scompare
a
poco
a
poco
,
poiché
la
miniera
ne
ha
assorbito
la
mano
d
'
opera
,
ed
i
giovani
non
seguono
più
l
'
esempio
degli
anziani
.
A
Niccioleta
abitano
circa
millecinquccento
persone
,
fra
operai
e
familiari
,
ma
ci
sono
anche
gli
scapoli
,
giù
ai
«
camerotti
»
,
specie
di
casermette
basse
ed
allungate
,
divise
in
tante
stanze
quadrate
ciascuna
delle
quali
ospita
sei
o
sette
operai
,
con
le
brande
e
gli
armadietti
metallici
.
L
'
aria
di
caserma
è
evidente
anche
all
'
interno
:
accenti
meridionali
,
cartoline
e
ritratti
appiccicati
al
muro
,
la
Madonna
di
Loreto
,
il
golfo
di
Napoli
,
la
fidanzata
,
Togliatti
,
il
calendario
dell
'
ANPI
,
Una
diva
americana
.
Sopra
gli
armadietti
c
'
è
sempre
una
cassetta
di
legno
,
col
lucchetto
:
è
l
'
unica
proprietà
privata
degli
operai
,
il
resto
,
brande
,
armadietti
,
ed
i
camerotti
stessi
,
è
della
Montecatini
.
La
sensazione
insomma
è
che
la
Montecatini
qui
non
sia
soltanto
proprietaria
assoluta
di
ogni
cosa
,
ma
goda
di
una
sorta
di
diritto
di
extraterritorialità
,
che
governi
,
insomma
,
con
leggi
,
costumi
,
e
riti
suoi
propri
.
Può
accadere
,
per
esempio
,
che
il
forestiero
si
senta
chiedere
i
documenti
,
non
appena
scende
di
macchina
ed
entra
in
un
bar
per
prendere
il
caffè
.
«
Lei
,
permetta
,
quale
attività
svolge
?
Può
dimenticarla
?
Su
che
cosa
intende
scrivere
?
Quale
è
il
suo
giornale
?
»
Sono
domande
che
un
brigadiere
dei
carabinieri
,
a
Niccioleta
,
rivolge
con
estrema
naturalezza
.
La
Montecatini
,
qui
,
nei
suoi
locali
,
ha
una
stazione
dei
carabinieri
,
ha
le
guardie
di
pubblica
sicurezza
,
ed
ha
anche
tuia
sua
milizia
privata
,
di
guardie
giurate
,
con
una
loro
divisa
nera
,
che
fan
servizio
dentro
la
miniera
,
intorno
alla
miniera
,
in
paese
.
La
strada
che
conduce
ai
pozzi
è
sbarrata
ad
un
tratto
da
una
traversa
bianca
e
nera
;
accanto
c
'
è
una
garitta
,
con
dentro
la
guardia
per
controllare
chi
entra
e
chi
esce
.
Non
si
passa
di
là
senza
il
permesso
del
direttore
:
alla
fine
dei
turni
suona
la
sirena
ed
i
minatori
escono
alla
spicciolata
oltre
la
barriera
.
Son
diversi
dal
cliché
usuale
che
del
minatore
ciascuno
di
noi
,
anche
inconsapevolmente
,
si
porta
in
testa
,
il
cliché
del
minatore
grande
e
membruto
,
come
lo
si
vede
nei
manifesti
di
propaganda
.
La
cronaca
recente
,
fra
l
'
altro
,
si
è
occupata
del
caso
del
giovane
Milo
Malagoli
,
un
ragazzo
alto
oltre
due
metri
e
grosso
in
proporzione
,
il
«
gigante
di
Niccioleta
»
,
come
è
stato
definito
.
Ma
in
realtà
nessun
minatore
somiglia
al
Malagoli
.
Quasi
tutti
di
statura
inferiore
alla
media
(
le
grandi
stature
,
oltre
tutto
,
sono
antieconomiche
nei
lavori
del
sottosuolo
)
son
uomini
pallidi
e
curvi
,
dal
passo
pesante
e
stanco
:
vestiti
senza
uniformità
,
portano
spesso
in
testa
un
elmetto
di
materia
plastica
,
foggiato
come
quello
d
'
acciaio
dei
soldati
inglesi
.
Al
vecchio
tascapane
si
va
sostituendo
la
«
panierina
»
,
una
cassetta
di
zinco
,
con
una
tracolla
di
tela
,
che
serve
per
portare
il
pasto
.
Fino
ad
un
paio
di
anni
or
sono
era
caratteristico
,
in
mano
agli
operai
alla
fine
dei
turni
,
il
«
tròppolo
»
,
cioè
un
pezzo
di
legno
,
frammento
delle
armature
di
galleria
,
che
la
società
concedeva
ogni
giorno
a
ciascun
dipendente
:
doveva
servire
per
gli
usi
domestici
,
per
il
riscaldamento
o
la
cucina
.
Ora
prelevare
il
«
tròppolo
»
è
proibito
,
e
le
guardie
giurate
qualche
volta
ispezionano
persino
i
tascapane
e
le
panierine
,
perché
dalla
miniera
non
deve
uscire
niente
.
E
non
deve
entrare
nulla
che
non
sia
mano
d
'
opera
e
materiale
di
lavoro
.
Subito
dopo
la
fine
della
guerra
era
relativamente
facile
accedere
ai
piazzali
,
alla
laveria
,
alle
officine
,
persino
alla
grande
galleria
di
accesso
al
pozzo
maggiore
.
Ricordo
che
fu
sufficiente
la
parola
di
un
operaio
,
e
l
'
approvazione
di
un
sorvegliante
.
Oggi
non
c
'
è
da
sperarlo
:
il
direttore
dirà
che
occorre
il
permesso
della
direzione
centrale
,
e
farà
anche
intendere
,
in
tutta
confidenza
,
che
è
inutile
chiederlo
.
Bisogna
contentarsi
di
raggiungere
il
ciglio
della
collina
:
di
fronte
,
oltre
la
vallata
,
sul
fianco
ripido
del
colle
contrapposto
,
si
addossa
tutto
l
'
apparato
della
laveria
.
In
alto
i
rompitori
che
frantumano
il
minerale
,
più
giù
tutta
la
serie
dei
canali
e
dei
traballatori
.
La
pirite
è
un
bisolfuro
di
ferro
,
che
cristallizza
in
dodecaedri
,
di
color
giallo
lucido
;
nel
passato
veniva
usata
solo
per
costruire
acciarini
,
ma
oggi
,
con
il
processo
delle
camere
di
piombo
,
fornisce
l
'
acido
solforico
,
elemento
fondamentale
per
fabbricare
,
fra
l
'
altro
,
esplosivi
e
concimi
chimici
.
La
miniera
di
Niccioleta
,
sul
versante
meridionale
delle
Colline
Metallifere
(
una
vasta
zona
montuosa
al
confine
fra
le
province
di
Siena
,
Pisa
e
Grosseto
)
,
è
solo
una
delle
cinque
che
lavorano
nella
zona
:
le
altre
sono
a
Boccheggiano
,
Gerfalco
,
Ravi
,
Gavorrano
e
recenti
sondaggi
,
anche
superficiali
,
han
dimostrato
che
la
pirite
si
trova
un
po
'
dappertutto
,
sì
che
non
è
azzardato
ritenere
che
le
cinque
miniere
lavorino
su
di
un
unico
enorme
giacimento
,
di
capacità
pressoché
inesauribile
.
Del
resto
la
pirite
si
estrae
anche
all
'
isola
del
Giglio
,
ed
al
non
lontano
promontorio
dell
'
Argentario
si
è
localizzato
un
giacimento
che
potrebbe
dare
non
meno
di
dieci
milioni
di
tonnellate
.
Allo
stato
attuale
delle
cose
il
giacimento
maremmano
produce
oltre
l
'
ottanta
per
cento
della
pirite
italiana
,
che
è
quasi
completamente
nelle
mani
della
Montecatini
.
La
miniera
di
Niccioleta
produce
quasi
un
terzo
esatto
della
pirite
maremmana
.
Nel
1953
la
produzione
è
stata
di
436.969,90
tonnellate
.
Ciò
equivale
,
al
netto
,
a
un
prodotto
di
circa
250mila
tonnellate
«
mercantili
»
,
commerciabili
.
Non
è
difficile
calcolare
i
costi
di
produzione
.
Le
maestranze
impiegate
raggiungono
il
numero
di
1.441
dipendenti
.
Ecco
le
loro
tabelle
salariali
:
Donne
:
16-18
anni
,
lire
573;
18-20
anni
,
650,80;
terza
categoria
,
755,80;
seconda
categoria
,
803,50;
prima
categoria
,
847,20
.
Uomini
:
16-18
anni
,
lire
681,80;
18-20
anni
,
866,50;
manovali
adulti
,
928,80;
operai
comuni
,
995,20;
operai
qualificati
,
1.055,50;
operai
specializzati
,
1.184,10
.
A
queste
somme
va
aggiunta
un
'
indennità
di
caro
-
pane
variabile
da
20
a
60
lire
giornaliere
,
proporzionalmente
alle
condizioni
di
lavoro
,
ed
una
indennità
di
sottosuolo
(
che
spetta
solo
agli
interni
)
di
92
lire
.
Non
si
è
potuto
appurare
quale
sia
lo
stipendio
degli
impiegati
;
ma
un
calcolo
generale
piuttosto
largo
,
e
ammesso
come
verosimile
dalla
società
,
ci
fa
ritenere
che
il
costo
complessivo
(
retribuzioni
ed
oneri
sociali
)
sia
,
per
ogni
dipendente
,
di
2.200
lire
per
giornata
lavorativa
.
Fa
,
in
tutto
,
un
onere
mensile
di
79.255.000lire
,
ed
annuo
di
951.060.000lire
.
Gli
altri
costi
,
eccedenti
la
mano
d
'
opera
,
non
sono
,
naturalmente
,
resi
noti
,
ma
si
possono
valutare
in
non
più
del
35
per
cento
dei
costi
totali
,
che
salgono
così
a
1.463.169.228
lire
.
Il
calcolo
si
fa
più
difficile
quando
si
tratti
di
mettere
a
confronto
i
costi
di
produzione
con
il
ricavato
.
La
Montecatini
dichiara
ufficialmente
che
la
pirite
si
vende
a
7
000
lire
la
tonnellata
;
su
questa
base
si
deduce
un
ricavo
annuo
di
1.712.921
lire
dalla
sola
miniera
di
Niccioleta
;
ciò
che
dà
un
profitto
che
si
aggira
sul
quarto
di
miliardo
.
Ma
il
fatto
è
che
la
Montecatini
non
vende
la
pirite
,
ma
la
utilizza
nei
suoi
stessi
stabilimenti
,
sì
che
il
vero
profitto
si
realizza
solo
alla
fine
del
ciclo
di
produzione
,
nella
vendita
dei
concimi
chimici
.
Il
prezzo
serve
solo
per
battere
l
'
eventuale
concorrenza
di
altri
produttori
di
pirite
:
è
il
caso
della
miniera
del
Giglio
,
che
la
Montecatini
ha
assorbito
con
quel
sistema
;
e
la
Marchi
di
Ravi
,
come
la
STIMA
di
Gerfalco
(
che
possiedono
,
del
resto
,
le
miniere
più
piccole
)
reggono
solo
finché
e
come
la
Montecatini
vuole
.
Che
il
profitto
si
realizzi
solo
alla
fine
del
ciclo
produttivo
è
confermato
dall
'
alto
prezzo
dei
concimi
chimici
(
fino
a
22mila
lire
il
quintale
)
e
,
di
conseguenza
,
dallo
scarso
uso
che
ne
fa
l
'
agricoltura
italiana
:
16
milioni
di
quintali
annui
contro
una
media
europea
di
almeno
50
.
Il
profitto
della
Montecatini
,
a
Niccioleta
,
non
dovrebbe
essere
in
realtà
inferiore
al
triplo
di
quello
qui
calcolato
sui
dati
ufficiali
,
ed
in
tutta
la
Maremma
dovrebbe
aggirarsi
sui
2
miliardi
annui
.
La
miniera
,
in
Maremma
,
ha
preso
dall
'
agricoltura
la
mano
d
'
opera
,
e
sull
'
agricoltura
preme
per
realizzare
i
suoi
profitti
.
Sui
minatori
e
sul
loro
modo
di
vita
c
'
è
un
altro
pregiudizio
,
assai
diffuso
nel
ceto
piccolo
borghese
paesano
e
cittadino
:
lo
abbiamo
sentito
ripetere
,
anche
in
buona
fede
,
da
oratori
di
vari
partiti
,
durante
l
'
ultima
campagna
elettorale
.
I
minatori
sarebbero
dei
privilegiati
,
rispetto
alle
altre
categorie
di
lavoratori
maremmani
:
«
Hanno
persino
la
radio
,
la
cucina
economica
e
la
"
Lambretta
"
:
Dunque
(
e
questa
è
la
conclusione
politica
che
se
ne
trae
)
perché
si
lamentano
,
perché
si
agitano
?
»
.
Ora
,
è
indubbio
che
,
rispetto
all
'
anteguerra
,
e
con
la
potente
spinta
che
seguì
la
liberazione
,
i
minatori
realizzarono
grandi
progressi
:
si
rivalutarono
i
salari
,
e
si
ebbero
,
come
si
hanno
oggi
,
punte
che
si
avvicinano
alle
70-75mila
lire
mensili
.
Va
tenuto
presente
,
però
,
che
tali
limiti
massimi
sono
accessibili
ad
un
esiguo
drappello
di
cottimisti
,
che
tiran
fuori
dal
monte
quantità
di
pirite
superiori
alla
norma
:
un
lavoro
arduo
ed
estenuante
.
I
salari
fondamentali
,
che
son
poi
quelli
della
maggioranza
,
parlano
chiaro
:
il
privilegio
non
c
'
è
.
C
'
è
invece
il
rischio
,
ed
il
peso
di
un
lavoro
professionalmente
assai
pericoloso
.
Gli
incidenti
non
mancano
in
nessuna
miniera
,
e
nel
caso
della
pirite
è
presente
un
altro
pericolo
,
quello
della
silicosi
,
che
attacca
immancabilmente
tutti
gli
operai
interni
.
La
perforazione
delle
pareti
di
«
piastra
»
,
cioè
degli
scisti
permici
che
separano
i
filoni
di
pirite
,
provoca
un
sottile
e
denso
pulviscolo
che
,
respirato
,
attacca
meccanicamente
i
polmoni
(
lei
minatori
,
provocando
irritazione
e
traumi
:
conseguenza
collaterale
,
la
tubercolosi
.
La
capacità
respiratoria
ne
risulta
diminuita
(
una
percentuale
ciel
35
per
cento
dà
diritto
alla
pensione
)
.
L
'
uso
della
maschera
può
attenuarne
gli
effetti
,
ma
non
può
impedire
il
passaggio
dei
granelli
silicei
di
più
minute
proporzioni
,
uno
o
due
micron
,
che
son
poi
i
più
pericolosi
.
Una
statistica
del
settembre
1953
ci
dà
,
fra
i
tbc
del
Sanatorio
di
Grosseto
,
una
percentuale
di
minatori
variante
dal
18
al
25
per
cento
.
Si
può
dire
,
semmai
,
che
in
Maremma
il
minatore
è
l
'
operaio
più
moderno
(
e
la
sua
retribuzione
è
quindi
superiore
a
quella
dell
'
operaio
tradizionale
,
il
bracciante
)
più
evoluto
e
più
combattivo
.
Staccato
a
forza
dall
'
agricoltura
,
abbandona
necessariamente
la
tipica
mentalità
del
contadino
toscano
,
che
ancora
permane
,
in
qualche
misura
,
fra
gli
operai
più
anziani
,
e
trascina
con
sé
nella
lotta
anche
alcuni
gruppi
di
tecnici
.
Ecco
una
ultima
serie
di
cifre
.
Si
tratta
dei
risultati
nella
elezione
della
commissione
interna
(
sempre
nel
1953
)
:
su
1168
voti
validi
degli
operai
,
887
(
con
7
seggi
in
commissione
)
sono
andati
alla
CGIL
,
284
alla
UIL
(
2
seggi
)
;
su
49
voti
validi
dei
tecnici
,
34
alla
CGIL
,
e
15
alla
UIL
;
su
17
voti
validi
degli
impiegati
amministratori
,
17
alla
UIL
(
la
CGIL
non
ha
presentato
la
lista
)
.
Ed
è
anche
ovvio
che
un
mutamento
nel
modo
di
vita
si
sta
in
effetti
realizzando
:
se
i
più
anziani
non
conoscono
altra
«
cultura
»
che
non
sia
il
bicchiere
di
vino
all
'
osteria
e
la
partita
a
briscola
,
i
giovani
cercano
di
allargare
il
proprio
interesse
umano
e
sociale
.
La
tanto
deprecata
«
lambretta
»
,
che
agli
occhi
dei
piccoli
borghesi
rappresenta
lo
scandalo
maggiore
,
è
in
fondo
una
innocente
evasione
dalla
bettola
,
dall
'
abbruttimento
(
anch
'
esso
scandaloso
,
per
la
gente
per
bene
)
.
Ma
dove
c
'
è
maggior
coesione
,
e
dove
son
possibili
rapporti
umani
con
i
ceti
più
evoluti
,
ecco
sorgere
biblioteche
,
circoli
del
cinema
,
iniziative
di
carattere
culturale
.
La
Montecatini
se
n
'
è
accorta
,
e
dal
canto
suo
organizza
i
suoi
circoli
,
peraltro
riservati
a
dirigenti
ed
a
impiegati
.
A
Massa
Marittima
,
una
antica
cittadina
piena
di
tesori
d
'
arte
medievale
,
e
che
oggi
è
in
certo
senso
la
capitale
della
Maremma
mineraria
,
gli
operai
hanno
realizzato
concreti
e
solidi
rapporti
di
alleanza
con
certi
gruppi
di
intellettuali
.
Il
loro
circolo
ha
un
'
attiva
e
ben
fornita
bibliotechina
,
e
gestisce
anche
il
maggior
cinema
cittadino
.
Spesso
organizzano
conferenze
,
letture
,
dibattiti
culturali
.
Il
responsabile
del
circolo
,
che
è
un
giovane
universitario
,
mi
mostra
orgoglioso
le
statistiche
delle
letture
:
in
testa
è
Vasco
Pratolini
,
che
lo
scorso
anno
venne
quassù
di
persona
,
per
parlare
del
suo
lavoro
.
Ora
che
è
uscito
il
film
di
Lizzani
sulle
Cronache
di
poveri
amanti
,
il
circolo
minatori
intende
farne
una
presentazione
di
gala
,
invitando
il
regista
e
gli
attori
.
Dopo
tutto
,
chissà
che
a
qualcuno
non
venga
in
mente
di
girare
un
film
proprio
in
quest
'
ambiente
?
StampaQuotidiana ,
Meno
male
,
bisogna
dire
che
l
'
essere
venuti
a
Bologna
per
assistere
al
pallido
congresso
internazionale
dei
critici
conclusosi
oggi
,
ci
ha
offerto
l
'
occasione
di
ascoltare
stasera
al
Teatro
Comunale
,
in
sede
di
Festival
della
prosa
,
una
singolare
commedia
italiana
,
Il
benessere
,
di
Franco
Brusati
e
Fabio
Mauri
,
rappresentata
con
la
regia
di
Luigi
Squarzina
dal
complesso
del
«
Teatro
d
'
arte
italiano
»
.
È
una
commedia
singolare
che
,
e
per
come
è
condotta
e
per
quello
che
vuol
dire
,
esce
con
un
giovanile
colpo
di
reni
dal
cerchio
ristretto
del
conformismo
teatrale
più
aggiornato
,
cioè
del
neorealismo
,
dal
teatro
-
cronaca
,
dalla
più
o
meno
larvata
intenzione
dei
temi
e
delle
tecniche
brechtiane
.
Vi
si
rappresentano
,
per
due
atti
,
il
gioco
cinico
,
l
'
ambiguità
festevole
e
,
sotto
sotto
,
disperata
,
d
'
una
coppia
di
coniugi
che
si
concedono
una
reciproca
libertà
d
'
esperienze
amorose
.
Ma
qualcosa
li
unisce
e
non
è
soltanto
la
complicità
nel
peccato
,
piuttosto
una
specie
d
'
amore
sudicio
e
intenso
,
un
legame
sordido
e
,
alla
sua
maniera
,
puro
.
Tutto
ciò
è
raccontato
per
due
atti
in
una
serie
di
scene
sotto
la
cui
effettiva
,
intelligente
comicità
,
sotto
una
spregiudicatezza
persino
urtante
,
per
ciò
che
vi
è
in
essa
di
allusivo
e
di
ironico
,
si
comincia
tuttavia
ad
avvertire
lo
scorrere
di
una
sotterranea
freschezza
;
è
chiaro
che
l
'
alba
di
una
morale
disperata
sorgerà
alla
fine
su
un
così
desolato
paesaggio
umano
.
È
il
trapasso
che
avviene
al
terzo
atto
quando
,
separati
,
i
due
coniugi
esperimentano
l
'
inferno
della
solitudine
in
un
mondo
ormai
diventato
incomprensibile
,
risonante
di
avvertimenti
arcani
.
Il
finale
,
con
la
donna
che
si
fa
ammazzare
da
un
cameriere
idiota
,
una
specie
di
bruto
che
inconsapevolmente
diventa
giustiziere
,
è
alquanto
truculento
,
fa
pensare
a
certi
sadismi
del
teatro
espressionista
tedesco
;
ma
intanto
,
ciò
che
agli
autori
premeva
di
esprimere
,
la
scoperta
della
coscienza
da
parte
di
due
condannati
alla
cecità
morale
,
viene
lividamente
a
galla
,
come
il
relitto
di
un
naufragio
.
Perché
bisogna
dire
che
questi
due
giovani
possiedono
una
dote
importante
:
la
possibilità
di
far
scaturire
da
un
vero
umorismo
,
tipo
Osborne
,
il
lampo
dell
'
insoddisfazione
morale
.
Insomma
,
ci
pare
che
,
già
annunciata
da
diverse
avvisaglie
,
da
testi
per
esempio
come
D
'
amore
si
muore
,
cominci
in
Italia
un
teatro
degli
«
arrabbiati
»
.
Ben
venga
,
anche
con
tutti
i
difetti
e
le
intemperanze
di
una
commedia
come
questa
.
I
tre
atti
sono
stati
assai
bene
recitati
da
una
Laura
Adani
scatenata
in
un
genere
di
comicità
che
le
riesce
perfettamente
:
la
buffoneria
cinica
,
ammiccante
e
a
suo
modo
romantica
;
da
Vittorio
Sanipoli
,
che
ha
descritto
con
vivezza
un
tipo
di
libertino
perplesso
,
ombroso
,
in
conclusione
disperato
;
da
Franco
Parenti
,
efficacissimo
in
una
parodia
dell
'
innocenza
patetica
e
stupida
.
Notevole
il
successo
.
Questo
è
dunque
l
'
anno
delle
commedie
italiane
;
il
primo
di
una
serie
,
forse
.
C
'
è
un
'
ondata
che
arriva
,
attenzione
.
StampaQuotidiana ,
«
Mettete
un
bel
Padre
Nostro
in
fondo
a
una
commedia
,
poi
tirate
subito
il
sipario
e
avrete
un
subisso
di
applausi
»
potrebbe
essere
la
prima
norma
di
un
decalogo
dedicato
da
Diego
Fabbri
ai
giovani
commediografi
italiani
.
È
avrebbe
ragione
,
visto
l
'
esito
che
ha
avuto
,
ieri
sera
,
Figli
d
'
arte
a
Milano
.
Figli
d
'
arte
è
un
copione
che
Luchino
Visconti
ha
preso
a
pretesto
per
uno
spettacolo
.
Lo
spettacolo
è
vario
,
vivo
,
ha
il
fascino
delle
immagini
riprodotte
da
una
lanterna
magica
:
un
po
'
di
maniera
,
per
chi
se
ne
intenda
,
ma
rivelatrici
,
per
la
maggioranza
,
d
'
un
mondo
sempre
affascinante
,
quello
del
palcoscenico
.
La
commedia
,
invece
,
è
irrimediabilmente
mancata
.
Anzi
,
più
che
mancata
diremmo
inconsistente
,
un
'
enorme
macchina
,
un
grosso
mulino
a
vento
,
le
cui
grandi
pale
s
'
allargano
come
le
braccia
di
una
croce
nel
cielo
del
solito
spiritualismo
di
maniera
;
e
macinano
il
consueto
aneddoto
culminante
in
una
conclusione
miracolosa
e
un
paio
di
ideuzze
di
mistica
interpretativa
fra
Pirandello
e
Stanislavskij
.
Riprendendo
un
tema
che
gli
è
evidentemente
caro
,
il
Fabbri
ha
voluto
di
nuovo
raccontare
la
redenzione
di
un
adultero
attraverso
la
fede
.
Più
che
di
adultero
si
tratta
,
questa
volta
,
di
un
libertino
,
ché
tale
è
l
'
Osvaldo
di
questa
commedia
,
capocomico
-
mattatore
d
'
una
compagnia
di
prosa
che
si
prepara
a
presentare
(
e
le
prove
si
svolgono
nel
teatro
di
Cesena
,
e
si
finge
che
sia
quello
stesso
in
cui
accadde
il
famoso
episodio
del
Passatore
)
il
testo
di
un
autore
defunto
.
Costui
ha
scritto
tre
atti
che
si
richiamano
,
secondo
modi
parodistico
-
grotteschi
,
al
mito
di
Don
Giovanni
;
il
protagonista
della
commedia
in
prova
è
infatti
un
barbiere
di
paese
che
,
di
successo
in
successo
sulla
strada
della
galanteria
,
arriva
a
compromettere
la
moglie
di
un
ambasciatore
,
ed
è
costretto
a
rifugiarsi
in
un
convento
dove
incontra
,
suora
conversa
,
una
sua
antica
fidanzata
.
Il
dilemma
,
per
il
regista
e
gli
attori
che
stanno
provando
,
è
qui
:
il
perfido
Don
Giovanni
deve
uscire
dalla
commedia
con
una
piroetta
blasfema
o
un
miracolo
veramente
accade
e
il
seduttore
se
ne
andrà
convertito
?
Nel
primo
caso
,
secondo
il
regista
,
avremmo
un
«
grottesco
»
sacrilego
,
nel
secondo
un
dramma
«
spirituale
»
,
proprio
alla
maniera
di
Diego
Fabbri
.
Il
miracolo
accade
anche
sul
palcoscenico
di
quel
teatro
di
provincia
dove
,
intorno
al
mattatore
libertino
,
ruotano
la
moglie
,
da
cui
vive
separato
,
illustre
e
patetica
attrice
,
l
'
ex
-
amante
,
un
'
attricetta
parigina
del
«
boulevard
»
,
e
una
ragazzina
uscita
fresca
da
una
scuola
d
'
arte
drammatica
e
pronta
a
lasciare
aperta
,
all
'
importante
seduttore
,
la
porta
della
sua
camera
d
'
albergo
.
Il
miracolo
avviene
,
favorito
dall
'
intervento
della
madre
del
capocomico
,
ostinata
visitatrice
di
santuari
;
e
dal
Pater
Noster
finale
.
A
furia
di
impuntarsi
sui
miracoli
,
Diego
Fabbri
s
'
è
precluso
l
'
unico
miracolo
che
per
un
artista
conti
,
quello
dell
'
ispirazione
.
In
questa
commedia
tutto
è
falso
,
o
,
per
lo
meno
,
convenzionale
:
il
trombonesco
libertinaggio
del
protagonista
,
il
fiducioso
attendismo
di
quella
sua
moglie
pallida
e
scocciatrice
,
l
'
isterico
sentimentalismo
della
francese
,
il
titubante
sperimentalismo
del
regista
.
E
tutto
questo
meccanismo
,
poi
,
tutto
questo
artificio
complicato
,
questo
spaccare
in
quattro
il
capello
delle
teorie
interpretative
(
e
Stanislavskij
e
Pirandello
e
via
citando
)
,
per
arrivare
a
che
?
A
far
cambiare
d
'
albergo
,
riportandolo
quindi
nel
talamo
legittimo
,
al
protagonista
.
Sappiamo
benissimo
che
le
intenzioni
del
Fabbri
erano
diverse
e
assai
più
ambiziose
:
arrivare
all
'
identificazione
del
miracolo
scenico
col
miracolo
religioso
,
dimostrare
che
,
non
potendo
l
'
attore
veramente
incarnarsi
col
personaggio
se
non
partecipando
della
sua
vita
interna
,
per
interpretare
un
dramma
di
fede
occorre
un
atto
di
fede
.
Ma
dietro
quale
traliccio
di
approssimazione
,
di
sotterfugi
e
di
ingenuità
sentimentali
,
queste
intenzioni
si
nascondono
.
Il
miracolo
vero
lo
ha
fatto
,
con
la
sua
regia
,
Visconti
,
che
ha
inoltre
amplificato
le
risonanze
del
testo
dando
,
con
acuta
sensibilità
,
le
suggestioni
di
quella
vita
di
palcoscenico
,
il
senso
della
favola
che
sempre
si
rinnova
;
e
sottolineando
gli
effettismi
comici
,
le
cose
migliori
della
commedia
.
Aggiungi
l
'
interpretazione
impeccabile
,
un
Paolo
Stoppa
che
,
nei
toni
del
grande
gigionismo
teatrale
,
fa
una
felice
parodia
di
tutta
una
tradizione
,
la
sempre
sincera
e
sensibile
Rina
Morelli
,
anche
in
un
personaggio
così
falso
,
la
bella
e
ardente
Françoise
Spira
(
che
a
un
certo
punto
rimane
in
«
dessous
»
,
un
po
'
di
spogliarello
non
fa
male
anche
in
un
dramma
cattolico
)
,
la
fresca
e
decisamente
maturatasi
Ilaria
Occhini
,
Teresa
Franchini
,
Sergio
Fantoni
,
attendibilissimo
come
giovane
regista
.
Bella
la
scena
di
Garbuglia
.
Dell
'
esito
,
s
'
è
detto
.
È
comparso
anche
l
'
autore
.
StampaQuotidiana ,
Presentando
,
con
un
titolo
che
assomiglia
a
quelli
di
alcuni
drammi
di
Gorki
(
per
esempio
,
Egor
Buly
?
ev
e
altri
)
,
quest
'
opera
giovanile
di
?
echov
,
Giorgio
Strehler
,
autore
di
una
non
dimenticata
regia
del
Giardino
dei
ciliegi
,
e
il
Piccolo
Teatro
hanno
voluto
evidentemente
rivalutare
,
con
rigore
critico
,
un
testo
rimasto
per
molti
anni
sconosciuto
e
poi
presentato
ai
pubblici
occidentali
in
versioni
e
riduzioni
più
o
meno
arbitrarie
.
Questo
dramma
,
infatti
,
«
apre
»
in
modo
impressionante
su
quelli
che
saranno
i
quattro
capolavori
del
teatro
cecoviano
;
al
punto
di
assomigliare
,
per
certe
particolarità
dell
'
ambiente
e
certe
volute
della
trama
,
a
uno
d
'
essi
,
forse
il
più
alto
,
Il
giardino
dei
ciliegi
.
L
'
azione
di
questo
Platonov
e
altri
è
ambientata
in
un
villaggio
della
provincia
russa
,
dove
il
protagonista
figura
come
maestro
di
scuola
.
È
uno
di
quei
tipici
intellettuali
di
?
echov
,
falliti
a
trent
'
anni
,
prosciugati
da
una
vita
mediocre
,
con
improvvise
rivolte
velleitarie
cui
seguono
stati
di
prostrazione
inerte
,
di
deriva
.
Egli
ha
però
dalla
sua
una
specie
di
grazia
decadente
e
misteriosa
che
gli
fa
crollare
ai
piedi
tutte
le
donne
.
Sposato
con
una
ragazza
candida
e
ottusa
,
ecco
che
gli
sono
tutte
intorno
,
le
donne
di
quella
provincia
grigia
e
perduta
,
Anna
Petrovna
,
la
ancora
attraente
vedova
d
'
un
generale
,
proprietaria
d
'
una
tenuta
sommersa
dalle
ipoteche
e
dalle
cambiali
(
personaggio
che
ha
più
d
'
un
punto
di
contatto
,
appunto
,
con
la
Ljubov
'
Andreevna
del
Giardino
dei
ciliegi
)
;
la
moglie
del
figliastro
di
costei
,
Sof
'
ja
;
Marija
Grekova
,
un
'
altra
possidente
del
circondario
.
Non
è
da
credere
,
però
,
che
si
tratti
d
'
una
commedia
di
intrecci
e
di
capricci
amorosi
.
È
la
commedia
di
un
'
alienazione
.
Come
il
protagonista
di
Uomo
e
Superuomo
di
Shaw
,
Platonov
non
va
in
cerca
dell
'
avventura
amorosa
ma
è
catturato
dalle
donne
.
Questo
lasciarsi
prendere
compiaciuto
e
inerte
gli
serve
però
a
crearsi
degli
«
altrove
»
,
delle
possibilità
fantastiche
in
cui
evadere
dalla
consapevolezza
del
proprio
fallimento
intellettuale
e
morale
;
gli
«
altrove
»
erotici
si
alternano
agli
«
altrove
»
provocati
dal
bere
e
in
questo
vagheggiamento
fra
l
'
incoscienza
dei
sogni
e
una
fin
troppo
consapevole
autoironia
,
il
personaggio
percorre
l
'
arco
dei
cinque
atti
finché
si
imbatte
nel
colpo
di
rivoltella
esploso
da
Sof
'
ja
,
colei
cui
aveva
promesso
la
grande
fuga
romantica
(
lei
era
stata
,
d
'
altronde
,
un
suo
amore
di
gioventù
e
ora
l
'
ha
ritrovata
,
moglie
d
'
un
patetico
sciocco
)
.
In
realtà
,
questa
vicenda
non
è
che
il
punto
focale
di
ciò
che
giustamente
,
in
una
nota
di
regia
,
Strehler
ha
definito
un
«
grottesco
balletto
»
.
Da
quel
Trileckij
,
cognato
di
Platonov
,
medico
del
villaggio
,
idealista
ferito
e
sognatore
deluso
,
che
fa
il
pagliaccio
ubriaco
per
non
pensare
,
anch
'
egli
si
rifugia
in
un
«
altrove
»
;
a
quel
Porfirij
Glagòlev
,
vecchio
riccone
che
si
accorge
di
non
aver
mai
vissuto
;
a
quel
Vojnicev
,
marito
tradito
e
proprietario
in
dissesto
;
è
un
girotondo
di
personaggi
che
ruota
intorno
a
Platonov
e
ognuno
d
'
essi
può
,
nel
fallimento
di
costui
,
rispecchiare
il
proprio
.
Una
società
in
crisi
vien
colta
nel
suo
momento
più
delicato
(
ecco
la
vendita
della
proprietà
,
come
nel
Giardino
(
lei
ciliegi
)
e
in
uno
dei
suoi
personaggi
più
pittoreschi
e
patetici
,
la
grande
donna
non
più
giovanissima
,
raffinata
,
indolente
,
voluttuoso
,
evoluta
e
frustrata
nelle
sue
ambizioni
,
piena
di
fascino
e
di
desideri
,
inutilmente
innamorata
:
quella
Anna
Petrovna
,
che
è
forse
l
'
immagine
più
riuscita
di
quest
'
opera
sconcertante
e
ineguale
,
ma
già
così
autentica
,
già
così
precisa
nei
suoi
obbiettivi
ultimi
.
Ciò
che
vi
è
,
infatti
,
di
sorprendente
in
questo
dramma
giovanile
dello
scrittore
,
nell
'
edizione
presentata
ieri
sera
dal
Piccolo
Teatro
,
è
la
consapevolezza
di
quel
che
fin
da
allora
egli
voleva
ottenere
col
teatro
:
non
il
dramma
indirizzato
al
pensiero
razionale
,
come
nota
l
'
americano
Fergusson
,
il
più
moderno
indagatore
dei
modi
di
Cechov
,
ma
alla
sensibilità
poetica
e
istrionica
.
Cioè
:
anche
qui
,
come
nei
grandi
dramma
dell
'
età
matura
,
gli
avvenimenti
,
le
battute
,
il
progredire
delle
scene
sembrano
casuali
.
Invece
,
tutto
è
calcolato
al
millimetro
ma
secondo
un
ritmo
che
non
è
più
quello
del
teatro
naturalistico
(
o
ideologico
alla
Ibsen
)
di
fine
secolo
.
Ci
si
incomincia
ad
affrancare
dalla
schiavitù
convenzionale
dell
'
intrigo
,
il
realismo
di
?
echov
inserisce
le
sue
note
sommesse
,
il
suo
istrionismo
delicato
.
È
logico
,
poi
,
che
,
a
traduttori
e
riduttori
,
la
commedia
sia
parsa
soprattutto
comica
;
o
,
almeno
,
parodistica
.
Perché
,
pur
coi
loro
difetti
,
le
loro
intemperanze
,
certe
sovrabbondanze
,
qualche
squilibrio
,
questi
cinque
atti
sono
del
più
puro
e
tipico
teatro
cecoviano
;
teatro
cioè
di
«
mutamenti
patetici
»
,
con
inevitabili
risvolti
comici
,
lampi
grotteschi
,
persino
insinuazioni
satiriche
.
Giorgio
Strehler
ha
dato
un
'
alta
prova
di
sé
,
con
questa
regia
.
Egli
ha
montato
lo
spettacolo
come
una
grande
antologia
cecoviana
,
una
specie
di
ricapitolazione
dei
motivi
ricorrenti
nello
scrittore
,
dalla
disperazione
alla
noia
all
'
inutilità
della
vita
.
Le
scene
di
Luciano
Damiani
rievocano
con
poetica
immediatezza
quella
provincia
fra
le
betulle
.
Lo
spazio
è
avaro
,
per
i
bravissimi
interpreti
.
Va
citata
per
prima
Sarah
Ferrati
,
un
'
Anna
Petrovna
carica
d
'
un
vitalismo
assetato
e
insieme
deluso
,
una
morbida
figura
crepuscolare
;
poi
Tino
Carraro
,
che
,
dopo
qualche
rigidezza
iniziale
ha
ben
descritto
la
sfuggente
indeterminatezza
del
protagonista
;
lo
splendido
,
pittoresco
e
tristissimo
Buazzelli
;
una
patetica
Valentina
Cortese
,
alle
prese
con
le
velleità
sentimentali
e
l
'
isterismo
di
Sof
'
ja
;
la
perfetta
caratterizzazione
di
Olindo
Cristina
,
l
'
ansia
roca
e
canuta
di
Augusto
Mastrantoni
.
E
poi
tutti
gli
altri
,
dalla
Giulia
Lazzarini
a
Cesare
Polacco
,
al
Moschin
,
al
Bentivegna
,
al
Dettori
,
alla
Giacobbe
,
perfettamente
fusi
in
un
grande
spettacolo
che
ha
avuto
un
vibrante
e
meritato
successo
;
e
il
torto
di
finire
-
esagerati
-
alle
due
di
notte
.
StampaQuotidiana ,
La
riduzione
scenica
di
I
demoni
(
ovvero
Gli
ossessi
)
di
Dostoevskij
,
fatta
da
Alberto
Camus
e
rappresentata
questa
sera
alla
Fenice
dal
gruppo
del
Théâtre
Antoine
,
è
un
grande
spettacolo
e
una
scarnificazione
del
tempestoso
romanzo
all
'
osso
dei
fatti
.
Questo
,
della
diminuzione
quasi
a
termini
didascalici
,
a
quadri
illustrativi
,
è
un
destino
comune
alle
riduzioni
teatrali
delle
grandi
opere
di
narrativa
.
Figuriamoci
poi
nel
caso
di
Dostoevskij
,
scrittore
quant
'
altri
mai
legato
agli
ardori
e
ai
geli
,
agli
ideologici
inferni
e
paradisi
delle
sue
pagine
.
Già
la
riduzione
fatta
da
Gaston
Baty
di
Delitto
e
castigo
rischiava
di
ridurre
il
grande
romanzo
alle
dimensioni
di
un
dramma
poliziesco
;
e
quando
Copeau
e
Croué
si
misero
a
rimaneggiare
per
le
scene
I
fratelli
Karamazov
si
videro
costretti
a
brutalizzare
Dostoevskij
,
a
fargli
pronunciare
,
come
essi
un
poco
ingenuamente
scrissero
,
le
parole
estreme
,
quelle
che
nel
romanzo
aveva
detto
,
per
il
semplice
motivo
che
il
loro
significato
usciva
da
tutto
il
contesto
.
Gli
ossessi
definito
da
Gide
libro
straordinario
,
«
il
più
potente
»
del
grande
romanziere
,
non
è
certamente
riassumibile
.
In
esso
Dostoevskij
svolge
alcuni
dei
suoi
temi
preferiti
,
il
tema
dell
'
umiltà
e
dell
'
orgoglio
,
il
tema
del
superuomo
,
il
tema
dell
'
ateismo
,
e
conseguentemente
del
suicidio
,
come
manifestazione
di
libertà
,
il
tema
del
Cristianesimo
più
puramente
evangelico
,
staccato
da
qualsiasi
chiesa
.
Tutti
questi
motivi
vengono
inseriti
in
una
sarcastica
satira
sui
rivoluzionari
che
,
intorno
al
1871
,
caratterizzavano
la
scena
politica
russa
,
quella
società
colta
e
inconcludente
,
orientata
verso
il
liberalismo
e
il
radicalismo
,
che
Dostoevskij
aveva
già
in
parte
simboleggiato
nel
Raskolnikov
di
Delitto
e
castigo
.
Ma
più
che
le
grandi
asserzioni
ideologiche
e
morali
contano
,
come
in
ogni
opera
d
'
arte
realizzata
,
il
gioco
,
nello
scrittore
russo
quasi
sempre
terribile
,
delle
passioni
e
la
concreta
rappresentazione
dei
personaggi
;
per
cui
alla
satira
e
alla
discussione
metafisica
s
'
aggiunge
il
dramma
.
E
abbiamo
così
la
figura
di
Stavrogin
,
certamente
una
delle
più
sconcertanti
di
Dostoevskij
,
col
suo
titanismo
,
la
sua
irrequieta
disponibilità
morale
,
il
suo
splendore
romantico
,
la
sua
dolente
lucidità
intellettuale
;
l
'
ambiguo
Verchovenskij
,
l
'
«
anima
nera
»
dei
«
nichilisti
»
;
Kirillov
,
l
'
apostolo
dell
'
ateismo
puro
e
del
suicidio
come
atto
gratuito
;
atov
,
il
personaggio
nel
quale
è
celata
la
figura
storica
dello
studente
Ivanov
,
che
fu
veramente
assassinato
dagli
aderenti
a
un
'
associazione
segreta
.
Abbiamo
insomma
le
varie
figurazioni
degli
Ossessi
;
cui
sono
da
aggiungere
quella
patetica
e
grottesca
incarnazione
dell
'
eloquenza
e
della
viltà
che
è
Stepan
Trofimovi
?
,
l
'
inutilmente
imperiosa
Varvara
Petrovna
,
l
'
allucinata
inferma
Maria
Labjadkin
.
Camus
afferma
che
portare
sulla
scena
questi
personaggi
era
un
suo
sogno
vecchio
di
vent
'
anni
.
Camus
è
lo
scrittore
de
Lo
straniero
,
La
peste
,
Il
malinteso
,
Il
mito
di
Sisifo
;
di
opere
cioè
in
cui
i
terni
del
nichilismo
e
dell
'
assurdo
,
i
temi
della
non
-
speranza
,
tipici
di
alcune
filosofie
del
nostro
tempo
,
sono
trattati
con
una
lucidità
che
tiene
forse
più
del
saggista
che
del
poeta
.
Davanti
a
Dostoevskij
s
'
è
trovato
,
come
fu
giustamente
scritto
in
Francia
,
davanti
al
suo
mondo
intellettuale
realizzato
fantasticamente
;
davanti
a
qualcuno
insomma
che
lo
ha
grandiosamente
preceduto
.
Da
ciò
,
forse
,
diversamente
da
quanto
gli
era
accaduto
con
Faulkner
(
ricordate
Requiem
per
una
monaca
)
nasce
il
rispetto
di
Camus
riduttore
davanti
al
romanziere
Dostoevskij
.
Egli
dà
l
'
impressione
di
non
osare
.
Sta
,
nei
confronti
dell
'
opera
originale
,
religiosamente
alla
lettera
.
Ma
di
Dostoevskij
mancano
l
'
ambiguità
,
la
complicità
coi
personaggi
,
quel
sudore
di
sangue
,
quel
madore
preagonico
che
pare
spremersi
dalle
pagine
.
Era
inevitabile
.
Come
s
'
è
detto
in
principio
.
Tanto
più
che
il
Cristianesimo
di
Dostoevskij
lascia
aperto
uno
spiraglio
che
non
si
intravede
nell
'
esistenzialismo
di
Camus
.
Lo
spettacolo
è
perfetto
.
La
serie
,
dal
sapore
vagamente
didascalico
,
dei
numerosi
quadri
su
cui
la
riduzione
si
articola
,
si
svolge
con
un
bel
ritmo
narrativo
sullo
sfondo
delle
ottime
scene
di
Mayo
.
E
poi
c
'
è
un
«
cast
»
formidabile
di
attori
,
che
la
regia
di
Camus
,
presente
allo
spettacolo
,
ha
guidato
con
mano
sicura
.
Basterebbe
ricordare
la
poetica
,
struggente
caratterizzazione
di
Pierre
Blanchar
nella
parte
di
Stepan
Trofimovi
?
;
la
figurazione
fra
elegante
e
tenebrosa
di
Pierre
Vaneck
,
che
era
Stavrogin
;
la
beffarda
lucidità
di
Michel
Bouquet
nel
personaggio
di
Verchovenskij
;
la
bravissima
,
drammatica
Katherine
Sellers
(
quella
di
Requiem
per
una
monaca
)
che
ha
accettato
la
breve
parte
della
sciancata
Maria
Labjadkin
;
e
poi
,
Michel
Maurette
,
il
narratore
,
Roger
Blin
,
che
vedemmo
l
'
anno
scorso
qui
a
Venezia
in
Fin
de
partie
di
Beckett
,
Tania
Balachova
,
Alain
Mottet
,
Marc
Eyraud
,
Nadine
Basile
,
Janine
Patrich
e
tutti
gli
altri
.
Lo
spettacolo
,
che
è
lunghissimo
(
è
finito
,
nel
caldo
soffocante
della
Fenice
,
oltre
l
'
una
di
notte
)
,
ha
raccolto
molti
applausi
.
Camus
camminava
intanto
nervosamente
su
e
giù
in
Campo
San
Fantin
,
davanti
all
'
ingresso
del
Teatro
.
StampaQuotidiana ,
Direttore
del
Piccolo
Teatro
,
Paolo
Grassi
,
presentando
questa
commedia
,
primo
tentativo
di
Cesare
Zavattini
in
teatro
,
ha
scritto
che
non
si
tratta
tanto
di
una
commedia
quanto
d
'
una
conferenza
biografica
,
d
'
una
specie
di
«
mostra
personale
»
dell
'
autore
.
È
giusto
.
Se
qualcuno
,
questa
sera
,
si
è
recato
alla
«
Fenice
»
per
la
prima
rappresentazione
di
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
aspettandosi
di
assistere
ad
una
commedia
costruita
secondo
i
moduli
normali
(
la
cui
gamma
varia
,
naturalmente
,
dalla
tradizione
all
'
avanguardia
)
non
può
che
esserne
rimasto
deluso
.
Ma
costui
dimostrerebbe
di
non
aver
capito
lo
spirito
dell
'
iniziativa
presa
dal
Piccolo
Teatro
:
che
era
di
portare
alla
prova
del
palcoscenico
la
particolarissima
fantasia
di
questo
scrittore
:
non
uno
Zavattini
drammaturgo
,
regolarmente
inquadrato
entro
le
tecniche
(
e
le
convenzioni
)
,
uno
Zavattini
cioè
che
probabilmente
non
avremo
mai
;
ma
la
sua
fantasia
,
surreale
,
tenera
,
crepuscolare
,
con
la
lacrima
;
stupefacente
e
un
tantino
meccanica
.
Nella
sua
non
folta
produzione
letteraria
Zavattini
,
lo
sanno
tutti
,
ha
un
versante
diaristico
,
autobiografico
.
Egli
ha
il
gusto
della
confessioncella
quotidiana
,
del
giornalismo
privato
.
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
è
una
lunga
pagina
di
quei
suoi
diari
portata
in
termini
drammatici
.
Se
sfrondiamo
lo
spettacolo
di
tutti
i
particolari
accessori
(
che
sono
molti
,
alcuni
funzionali
,
numerosi
altri
no
)
,
esso
si
riduce
a
questo
:
Antonio
,
scrittore
di
cinema
,
che
ha
raggiunto
con
il
suo
lavoro
l
'
agiatezza
,
che
ha
una
bella
moglie
in
procinto
di
dargli
un
bambino
,
una
comoda
casa
,
insomma
una
solida
posizione
borghese
,
morde
il
freno
della
censura
e
del
conformismo
,
sente
la
punta
della
solidarietà
sociale
,
il
«
dolore
del
mondo
»
,
insomma
,
o
come
volete
chiamarlo
,
che
gli
arriva
,
se
appena
tende
l
'
orecchio
,
simile
al
rombo
del
mare
in
una
conchiglia
.
Che
può
fare
?
Come
due
carabinieri
gli
stanno
ai
fianchi
,
mentre
lavora
,
da
una
parte
il
censore
,
dall
'
altra
il
produttore
,
voci
alleate
,
quantunque
a
volte
discordi
,
della
convenzione
morale
e
dell
'
utile
economico
.
In
uno
stato
di
esterrefatto
fervore
,
che
si
prolunga
per
una
buona
metà
del
primo
tempo
,
egli
propone
ai
due
diversi
spunti
e
idee
che
vengono
regolarmente
bocciati
,
finché
trova
la
storia
dell
'
occhio
.
Un
disoccupato
,
Giacomo
N
.
,
accetta
di
vendere
uno
dei
propri
occhi
a
un
guercio
riccone
,
un
grosso
industriale
che
si
sente
gravemente
menomato
nella
condotta
dei
propri
affari
dal
fatto
di
vederci
da
una
parte
sola
.
Sennonché
,
già
pattuito
il
compenso
,
dodici
milioni
,
un
istante
prima
che
l
'
operazione
venga
eseguita
,
Giacomo
e
sua
moglie
si
pentono
e
fuggono
.
Vengono
inseguiti
e
ripresi
.
È
la
società
che
non
permette
loro
di
uscire
dal
cerchio
di
un
crudele
dare
e
avere
.
A
una
conclusione
simile
del
progettato
film
sia
il
produttore
che
il
censore
,
naturalmente
,
si
oppongono
.
Ed
è
allora
che
Antonio
si
ribella
,
abbandona
la
casa
,
la
comoda
posizione
borghese
,
la
bella
moglie
e
torna
alla
sua
vecchia
abitazione
e
condizione
,
di
quando
ancora
non
era
celebre
e
ricco
,
fra
la
gente
del
popolo
.
A
questo
punto
però
si
rivela
la
sua
insufficienza
morale
.
Perché
capitolerà
alla
fine
,
Antonio
?
Cosa
lo
piega
alla
sconfitta
?
Sono
le
insinuazioni
dei
ricordi
,
dirà
qualcuno
,
la
nostalgia
della
vita
di
prima
,
le
memorie
e
gli
affetti
abbandonati
.
Ma
altri
potrà
affermare
,
con
uguali
probabilità
di
non
sbagliarsi
:
è
l
'
impossibilità
di
vivere
tra
gli
uomini
,
lo
dice
lui
stesso
.
Questa
è
comunque
la
parte
più
confusa
della
liricizzante
sceneggiatura
;
inconveniente
pericoloso
,
siamo
alla
svolta
dialettica
della
vicenda
.
Antonio
finirà
con
l
'
immaginare
di
uccidersi
.
In
realtà
non
lo
farà
,
quello
della
morte
sarà
,
nella
commedia
,
un
tetro
sogno
didascalico
per
dar
la
possibilità
all
'
autore
di
dire
determinate
cose
.
Il
falso
ribelle
tornerà
,
invece
,
nel
comodo
alveo
del
compromesso
,
accanto
alla
moglie
esigente
e
dolce
,
fra
i
due
angeli
custodi
della
sua
condizione
economica
e
sociale
:
il
produttore
e
il
censore
.
È
il
film
dell
'
uomo
che
doveva
vendere
un
occhio
avrà
la
conclusione
ottimistica
suggerita
da
costoro
.
Questo
è
il
traliccio
della
sceneggiatura
,
cui
sono
appesi
,
come
a
un
albero
,
le
«
gags
»
,
gli
«
sketches
»
le
«
punte
secche
»
,
i
piccoli
fulmini
satirici
tipici
dello
Zavattini
del
cinema
;
e
,
soprattutto
,
dell
'
umorista
stupefatto
di
I
poveri
matti
e
Parliamo
tanto
di
me
.
Un
orecchio
attento
troverà
anche
,
in
tutto
questo
,
una
certa
dose
di
cattiva
letteratura
;
ma
anche
molto
coraggio
,
vedi
il
quadro
del
prete
che
viene
per
richiamare
il
protagonista
alla
coscienza
religiosa
e
si
lascia
convincere
a
confessarsi
:
Io
ascoltiamo
versare
nell
'
orecchio
del
laico
i
propri
sussurri
di
penitente
.
Le
nostre
riserve
non
sono
su
certi
aspetti
formali
del
poemetto
teatrale
-
cinematografico
,
sappiamo
benissimo
che
Zavattini
è
questo
,
intuizioni
e
lampi
geniali
su
uno
sfondo
di
sentimentalismo
.
Il
fatto
è
piuttosto
che
l
'
individuale
caso
di
coscienza
messo
in
scena
non
riesce
a
diventare
processo
per
tutti
,
richiamo
a
una
responsabilità
collettiva
,
come
deve
essere
sempre
del
teatro
impegnato
sulle
verità
morali
.
Ma
sulla
felicità
inventiva
e
l
'
audacia
polemica
,
specialmente
nella
prima
parte
,
non
ci
sono
dubbi
.
Un
testo
del
genere
lascia
al
regista
una
libertà
solo
apparente
;
in
realtà
determina
la
linea
stilistica
dello
spettacolo
.
Zavattini
ha
inserito
in
questo
suo
lungo
monologo
proiezioni
di
diapositive
,
.
un
impressionante
via
vai
di
«
barzellette
animate
»
,
alcune
canzoni
e
due
minuti
buoni
di
pellicola
al
finale
.
Virginio
Puecher
ha
messo
ordine
nel
mobile
plasma
e
lo
spettacolo
con
le
scene
di
Damiani
e
le
musiche
di
Carpi
ha
l
'
indubbio
marchio
di
fabbrica
delle
produzioni
del
«
Piccolo
»
,
ma
dovrà
essere
rodato
e
snellito
.
Quanto
agli
interpreti
bisognerebbe
esaminarli
in
una
occasione
più
tranquilla
:
ci
limiteremo
a
sottolineare
l
'
appassionato
impegno
di
tutto
il
complesso
,
nel
quale
spiccano
Tino
Buazzelli
,
il
protagonista
,
per
quella
sua
lirica
ironica
concitazione
,
Enzo
Tarascio
e
Andrea
Matteuzzi
suoi
vibranti
antagonisti
dialettici
,
il
recuperato
interprete
di
Ladri
di
biciclette
,
Lamberto
Maggiorani
,
che
supera
con
popolaresca
sincerità
l
'
impaccio
dell
'
esordiente
,
la
bella
Luisa
Rossi
,
Elena
Borgo
,
Lia
Rainer
,
Ottavio
Fanfani
e
Gabriella
Giacobbe
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
anno
l
'
Istituto
del
Dramma
Popolare
di
San
Miniato
sceglie
un
testo
di
accento
cristiano
da
mettere
in
scena
,
tra
luglio
ed
agosto
,
nell
'
antica
piazza
della
cittadina
.
Quest
'
anno
la
scelta
è
caduta
sull
'
ultima
opera
di
T.S.
Eliot
,
Il
grande
statista
(
traduzione
piuttosto
libera
del
titolo
originale
,
The
Elder
Statesman
)
,
che
fu
recitata
per
la
prima
volta
l
'
estate
scorsa
al
Festival
di
Edimburgo
.
Lo
spettacolo
diretto
questa
sera
da
Luigi
Squarzina
nella
piazza
della
cittadina
toscana
può
dunque
essere
considerato
come
la
prima
continentale
dell
'
opera
di
Eliot
.
Il
grande
statista
è
la
rappresentazione
simbolica
della
fine
di
una
vita
.
Definizione
alquanto
approssimativa
,
soprattutto
se
si
pensa
alla
quantità
di
significati
che
si
possono
attribuire
alle
vicende
,
in
genere
solo
apparenti
,
svolte
da
Eliot
nelle
sue
pièces
teatrali
,
esemplificazione
drammatica
della
sua
poesia
.
Definizione
che
ha
,
qui
,
uno
scopo
puramente
didascalico
,
e
alla
quale
potremmo
aggiungere
,
precisando
,
che
tema
dell
'
opera
è
una
espiazione
,
una
redenzione
attraverso
il
tempo
,
motivo
fondamentale
in
Eliot
.
Il
vecchio
statista
è
Lord
Claverton
-
Ferry
.
Raggiunto
il
culmine
degli
onori
,
nella
politica
e
nell
'
economia
,
costretto
da
incerta
salute
a
ritirarsi
a
vita
privata
,
egli
fa
la
sua
apparizione
nel
primo
atto
con
in
mano
un
'
agenda
le
cui
pagine
sono
bianche
,
più
nessun
impegno
,
più
nessun
gesto
da
compiere
,
il
tempo
è
vuoto
.
Lord
Claverton
ha
accanto
una
figlia
,
amorosa
e
sensibile
,
e
il
fidanzato
di
costei
uomo
retto
e
onesto
.
Ma
queste
dolci
apparenze
della
vita
che
continua
,
vengono
ben
presto
respinte
ai
limiti
di
un
cerchio
d
'
ombra
.
Cala
infatti
sul
vecchio
uomo
l
'
ombra
del
passato
,
apportatrice
di
fantasmi
,
è
dapprima
un
suo
vecchio
compagno
di
Oxford
,
Fred
Culverwell
,
che
ora
si
presenta
sotto
il
nome
di
Federico
Gomez
.
Il
destino
di
costui
,
ragazzo
povero
e
assetato
di
successo
,
era
stato
modificato
dalla
vicinanza
del
giovane
che
sarebbe
poi
diventato
Lord
Claverton
.
Il
pernicioso
esempio
di
una
intelligente
e
ironica
dissolutezza
lo
aveva
condotto
sulla
via
di
compromessi
morali
.
Cosa
vuole
?
Apparentemente
,
soltanto
l
'
amicizia
dell
'
antico
compagno
di
studi
e
d
'
orgie
.
In
realtà
,
è
venuto
a
esigere
qualcosa
di
più
,
la
moneta
del
rimorso
che
saldi
i
vecchi
conti
.
La
stessa
amara
moneta
chiede
,
dolcemente
sorridendo
,
come
campita
in
aria
esterrefatta
,
antica
,
Maisie
Batterson
,
la
donna
che
Claverton
-
Ferry
aveva
illuso
in
giovinezza
e
poi
abbandonata
.
Essi
,
i
fantasmi
,
gli
porteranno
via
il
figlio
,
Michael
,
che
è
,
sì
,
ribelle
al
dispotismo
paterno
,
ma
che
è
anche
,
di
giovanili
difetti
e
vizi
paterni
,
una
tenera
reincarnazione
,
l
'
immagine
proiettata
in
uno
specchio
,
di
un
'
amata
e
odiata
giovinezza
.
Ora
,
rimasto
solo
,
accanto
alla
figlia
fedele
e
all
'
austero
fidanzato
di
lei
,
il
vecchio
uomo
potrà
finalmente
riaccettare
se
stesso
,
confessare
ad
alta
voce
le
proprie
colpe
segrete
,
e
avviarsi
,
sotto
lo
sguardo
dei
due
,
che
continueranno
la
vita
nell
'
amore
,
verso
la
«
tenebra
di
Dio
»
,
così
Eliot
stesso
chiama
la
morte
in
uno
dei
suoi
Quartetti
.
Tutto
ciò
avviene
,
(
secondo
e
terzo
atto
)
nel
giardino
di
una
clinica
o
,
meglio
,
di
una
casa
di
riposo
,
di
un
albergo
per
ricchi
estenuati
,
luogo
evidentemente
allegorico
.
Come
sempre
nei
drammi
di
Eliot
(
Assassinio
nella
Cattedrale
a
parte
)
il
linguaggio
è
quello
della
vita
quotidiana
,
i
modi
sono
quelli
convenzionali
ed
eleganti
della
buona
società
inglese
.
La
carica
simbolica
è
sotto
le
parole
,
rompe
qua
e
là
ad
opera
dei
personaggi
consapevoli
,
dei
veggenti
.
A
nostro
parere
il
fascino
di
quest
'
opera
,
specialmente
nel
terzo
atto
,
il
più
alto
e
compiuto
,
deriva
da
dati
tutti
moderni
di
cultura
,
non
ultimi
i
contributi
della
psicoanalisi
portati
a
livello
della
poesia
.
Anche
per
questo
la
traduzione
di
Desideria
Pasolini
,
pulita
e
prosastica
,
è
sembrata
insufficiente
anche
a
chi
-
e
sono
i
più
,
l
'
opera
è
nuova
-
non
conosce
il
testo
inglese
originale
.
Ciò
che
appare
veramente
notevole
,
invece
,
,
è
la
regia
di
Squarzina
.
Specialmente
nel
secondo
e
terzo
atto
,
egli
ha
saputo
sfruttare
l
'
incanto
naturale
e
architettonico
della
piazza
di
San
Miniato
.
In
questa
cornice
l
'
apparato
scenico
di
Luciano
Damiani
,
aveva
una
sua
suggestione
di
incubo
,
ma
un
incubo
bianco
,
leggero
,
nelle
sue
cadenze
geometriche
,
simili
a
rime
.
Ivo
Garrani
era
il
protagonista
e
ha
recitato
con
una
pensosa
interiorità
,
Gianrico
Tedeschi
,
plastico
,
efficiente
,
è
stato
un
po
'
troppo
realistico
nel
personaggio
dell
'
amico
tornato
sotto
le
apparenze
del
rimorso
.
Più
di
tutti
ci
è
piaciuta
Laura
Adani
,
che
sotto
la
guida
di
Squarzina
va
evidentemente
scoprendo
una
sua
nuova
,
assai
fine
,
personalità
.
Completavano
il
gruppo
degli
interpreti
Corrado
Pani
,
Franco
Graziosi
,
la
ben
caratterizzata
Giusy
Dandolo
e
una
giovane
allieva
dell
'
Accademia
,
Giovanna
Pellizzi
,
inevitabilmente
acerba
ma
certamente
sincera
.
Anfiteatro
gremito
e
molti
applausi
.
StampaQuotidiana ,
MILAN
-
FIORENTINA
:
3
-0
.
NOTE
:
Solicello
autunnale
nel
primo
tempo
;
nubi
nel
secondo
.
Campo
un
po
'
grasso
,
ma
buono
.
Al
28'
della
ripresa
,
Bizzarri
,
scartato
da
Cucchiaroni
,
calcia
da
tergo
.
Cucchiaroni
cade
.
Viani
entra
,
inveendo
al
colpevole
:
Chiappella
lo
colpisce
,
Montuori
gli
vola
addosso
.
Acciaccapesta
.
Viene
espulso
Montuori
.
Pubblico
:
circa
60
mila
persone
.
Calci
d
'
angolo
:
4-3
(
1-2
)
per
la
Fiorentina
.
Sul
taccuino
del
cronista
annotazioni
che
,
adesso
,
paiono
spassose
:
«
Milan
attacca
,
Milan
presuntuoso
,
Milan
offre
gratuite
occasioni
contropiede
ai
viola
»
.
E
poi
,
a
correggere
le
prime
impressioni
:
«
Milan
come
e
meglio
che
a
Bologna
»
.
Infatti
,
Schiaffino
ha
deciso
di
fare
l
'
interno
,
come
nell
'
Uruguay
,
e
vale
el
hombre
orquestra
dell
'
Uruguay
.
Lo
marca
Gratton
,
gli
vorrebbe
stare
addosso
anche
Chiappella
(
ma
dovrebbe
avanzare
troppo
)
.
Schiaffino
non
si
accorge
di
loro
(
e
tuttavia
Gratton
è
molto
in
palla
all
'
inizio
)
;
Schiaffino
funziona
da
regista
come
modestamente
andavo
invocando
da
sempre
.
Fossi
milanista
,
ora
prenderei
cappello
:
se
il
signor
Pepe
si
fosse
degnato
di
correre
prima
di
Milan
-
Inter
,
il
Milan
non
avrebbe
rimediato
le
magre
che
sappiamo
contro
il
Napoli
e
a
Padova
.
E
Meazza
rinato
,
meno
dinamico
,
forse
,
ma
certo
più
sottile
:
e
come
regista
non
trova
confronti
neppure
in
Bozsik
.
Perché
Schiaffino
va
anche
nella
propria
area
a
respingere
:
e
non
fa
un
dribbling
che
è
uno
,
perché
non
gli
serve
di
farne
;
arresta
alla
perfezione
,
sia
o
non
sia
smarcato
;
ha
sempre
spazio
per
ridare
la
palla
a
un
compagno
;
e
quando
segue
l
'
azione
piomba
sui
rimpalli
e
spara
a
rete
:
tre
tiri
nel
primo
tempo
,
uno
nella
ripresa
(
ma
è
stato
il
gol
della
vittoria
sicura
)
.
Meglio
che
a
Bologna
,
dico
,
ed
è
chiaro
:
a
Bologna
s
'
è
veduto
Liedholm
in
difesa
e
Bagnoli
a
centrocampo
.
Qui
s
'
è
veduto
un
grande
immaginifico
Schiaffino
dei
giorni
di
Rio
,
Basilea
e
Losanna
.
E
sostituiva
Liddas
il
signor
Bergamaschi
.
Rendendo
forse
meglio
che
non
avrebbe
potuto
Liddas
,
nella
particolare
posizione
.
Perché
Bergamaschi
era
libero
dietro
e
alla
sinistra
di
Zannier
:
dunque
nella
zona
dove
suole
infiltrarsi
Montuori
in
diagonale
da
sinistra
a
destra
.
Per
questo
ho
citato
Viani
:
il
Gippone
si
è
superato
a
Firenze
e
soprattutto
ha
superato
Bernardini
.
Fulvio
mi
scusi
se
parlo
schietto
.
I
viola
hanno
perso
con
tanto
scarto
per
un
semplice
motivo
tattico
:
che
il
Milan
aveva
un
uomo
libero
dietro
e
a
lato
dell
'
ultimo
marcatore
(
Zannier
,
che
stava
su
Rozzoni
)
.
La
Fiorentina
aveva
a
sua
volta
un
libero
,
ma
non
era
a
fianco
dell
'
ultimo
marcatore
(
Rosetta
su
Bean
)
:
gli
stava
davanti
,
tra
Schiaffino
,
Cucchiaroni
e
Bredesen
.
Il
libero
della
Fiorentina
era
Chiappella
,
e
fra
quei
clienti
ha
finito
per
scoppiare
(
come
sarebbe
scoppiato
chiunque
)
.
Rosetta
è
stato
intelligente
e
generoso
,
ma
Bean
lo
dominava
in
dinamismo
:
se
Bernardini
avesse
osato
farlo
proteggere
meglio
,
non
l
'
avrebbero
piantato
tante
volte
.
E
l
'
equilibrio
difensivo
della
Fiorentina
sarebbe
stato
più
costante
.
Questo
è
l
'
errore
di
Bernardini
.
Da
questo
errore
sono
indotto
a
spiegare
il
crollo
della
Fiorentina
,
che
non
seppe
mutare
un
solo
schema
all
'
attacco
,
incappando
ogni
volta
in
Bergamaschi
.
Il
Milan
incominciò
da
pari
a
pari
con
la
Fiorentina
,
e
io
scrupolosamente
annotai
che
la
sua
era
presunzione
.
Poi
vidi
come
gli
uomini
erano
schierati
,
come
si
prodigavano
Schiaffino
e
i
compagni
dietro
il
suo
esempio
.
Allora
compresi
la
tattica
di
Viani
,
ammirandola
molto
.
Oh
,
intendiamoci
:
non
basta
un
particolare
tattico
a
spiegare
tutto
:
c
'
entra
-
e
come
!
-
l
'
apporto
degli
uomini
,
da
una
parte
e
dall
'
altra
:
e
gli
uomini
migliori
sono
apparsi
i
milanesi
.
Dal
portiere
,
via
via
,
all
'
estrema
sinistra
.
Soldan
si
è
fatto
onore
,
a
dispetto
di
qualche
uscita
un
poco
matta
;
Sarti
invece
è
mancato
in
più
occasioni
,
quasi
gli
avvenisse
di
astrarsi
dall
'
azione
.
Magnini
è
stato
superato
più
volte
in
dribbling
da
Cucchiaroni
,
che
è
molto
bravo
,
e
però
nel
dribbling
esagera
,
rischiando
a
volte
di
passare
per
uno
che
vuole
irridere
(
e
allora
rimedia
le
cianchettate
dei
malvagi
)
;
Maldini
,
invece
,
è
stato
assai
più
bravo
(
fin
troppo
disinvolto
in
certe
avanzate
)
.
Il
caro
,
vecchio
Rosetta
ha
dovuto
stringere
i
denti
per
reggere
alla
men
peggio
a
Bean
;
Zannier
,
per
contro
,
non
ha
mai
consentito
a
Rozzoni
di
smarcarsi
(
Rozzoni
ha
tirato
molto
,
senza
mai
minacciare
Soldan
)
.
Segato
è
rimasto
in
zona
,
e
nella
sua
zona
poco
avveniva
.
Beraldo
ha
seguito
invece
Julinho
e
,
non
sempre
in
forma
liliale
,
si
è
cavato
d
'
impaccio
per
il
meglio
.
Fontana
è
stato
costantemente
su
Montuori
,
opponendosi
in
tackle
alle
folli
danze
di
quel
gran
virtuoso
del
dribbling
.
Ma
,
quando
Fontana
perdeva
il
tackle
,
entrava
Bergamaschi
,
e
Montuori
veniva
puntualmente
neutralizzato
.
Chiappella
ha
sbagliato
a
vagare
senza
l
'
appiglio
di
un
avversario
ben
determinato
.
Si
è
sfiatato
,
correndo
a
quel
modo
;
ha
visto
doppio
;
ha
persino
perduto
la
calma
e
picchiato
Viani
,
senza
una
ragione
plausibile
.
Orzan
è
stato
su
Bredesen
e
ha
reso
assai
meno
di
Bergamaschi
,
uno
dei
migliori
in
campo
.
Per
quanto
concerne
gli
attacchi
,
Julinho
è
riuscito
a
smarcarsi
una
sola
volta
(
tiro
di
sinistro
,
bloccato
bene
da
Soldan
)
.
Mariani
,
invece
,
ha
praticamente
fatto
segnare
due
reti
(
la
prima
e
l
'
ultima
,
che
era
già
fatta
quando
intervenne
Bean
)
:
ha
sbagliato
parecchio
,
Mariani
,
ma
più
di
Julinho
ha
reso
senz
'
altro
.
Bredesen
è
stato
a
volte
un
po
'
rozzo
nei
palleggi
,
però
non
si
è
mai
fermato
:
dal
centro
campo
all
'
attacco
,
sino
a
far
morire
Orzan
.
Gratton
-
proseguo
nei
giudizi
paralleli
-
fece
benissimo
all
'
inizio
,
poi
seguì
le
sorti
della
squadra
(
e
il
rapporto
si
può
agevolmente
invertire
)
:
sbagliò
una
palla
-
gol
e
non
riuscì
mai
a
fermare
Schiaffino
(
figuriamoci
!
)
.
Rozzoni
si
è
dannato
l
'
anima
.
È
anche
un
po
'
pretenzioso
,
in
certi
atteggiamenti
individualistici
,
ma
almeno
è
pratico
:
tira
a
rete
.
Più
dinamico
di
lui
è
stato
Bean
:
ha
fatto
molto
ansimare
Rosetta
,
ha
giocato
per
i
compagni
,
avrebbe
potuto
segnare
altre
due
reti
,
oltre
a
quelle
che
fece
segnare
...
a
Rosetta
e
che
rubò
a
Mariani
,
con
una
zampata
galeotta
,
ma
tempestiva
.
Bean
è
qualcuno
,
senz
'
altro
.
Il
confronto
Schiaffino
-
Montuori
non
è
possibile
:
l
'
uno
ha
funzionato
da
regista
a
centro
campo
e
ha
per
giunta
segnato
una
stupenda
rete
;
l
'
altro
ha
funzionato
da
punta
avanzata
,
senza
mutare
uno
schema
che
è
uno
,
e
non
segnando
affatto
(
pur
dibattendosi
molto
,
da
quel
gagliardo
peperino
che
conosciamo
)
.
Cucchiaroni
è
sicuramente
un
campione
,
e
Bizzarri
una
riserva
del
modesto
,
ma
utile
,
Prini
.
Bizzarri
andava
espulso
,
per
avere
tirato
tre
o
quattro
volte
alle
gambe
di
Cucchiaroni
(
passato
ala
destra
nella
ripresa
)
con
la
precisa
intenzione
di
fargli
male
.
L
'
arbitro
Lo
Bello
ha
espulso
Montuori
,
come
era
giusto
,
e
Viani
,
e
poi
non
ha
osato
farli
seguire
da
Bizzarri
:
certo
per
non
indispettire
il
pubblico
.
Il
quale
è
passato
da
una
quasi
legittima
esaltazione
(
«
chi
tocca
i
viola
muore
»
)
all
'
ammirazione
più
sportiva
e
sincera
per
il
Milan
,
applaudito
talora
a
scena
aperta
.
Senza
dubbio
il
pubblico
fiorentino
è
stato
superiore
ai
suoi
atleti
:
ha
capito
l
'
incontro
e
quindi
anche
la
sconfitta
;
ha
saputo
perdere
meglio
,
con
molta
dignità
e
intelligenza
.
Il
gioco
realizzato
dalle
due
squadre
ha
raggiunto
a
tratti
un
livello
tecnico
molto
pregevole
.
Meglio
impostato
tatticamente
,
il
Milan
ha
retto
alle
arrembanti
girandole
viola
dell
'
inizio
ed
è
passato
una
volta
nel
primo
tempo
,
bissando
agevolmente
nella
ripresa
.
Mariani
e
Bean
hanno
mancato
tre
palle
-
gol
.
Da
parte
fiorentina
,
il
solo
Gratton
ha
mancato
una
palla
-
gol
degna
di
questo
nome
,
cogliendo
a
volo
un
rimpallo
fuori
da
una
mischia
su
angolo
.
Subìto
il
primo
gol
,
la
Fiorentina
ha
tentato
l
'
assedio
alla
porta
milanista
,
senza
prendere
le
debite
precauzioni
in
difesa
e
offrendosi
in
tal
modo
al
contropiede
.
Dopo
la
terza
rete
,
la
Fiorentina
non
è
più
esistita
come
squadra
:
e
i
suoi
giocatori
più
logori
nel
sistema
nervoso
si
sono
screditati
,
lanciandosi
contro
Viani
e
partecipando
all
'
acciaccapesta
del
28'
.
Viani
era
entrato
in
campo
per
soccorrere
Cucchiaroni
,
malamente
scarponato
,
come
si
è
detto
,
e
inveiva
a
Bizzarri
,
il
reo
,
mentre
Busini
lo
tratteneva
;
irruppe
Chiappella
a
rifilargli
un
cazzotto
;
poi
gli
volò
addosso
Montuori
.
Víani
torreggiava
gigantesco
nel
bailamme
:
omarini
furenti
schizzavano
lontano
da
lui
come
botoli
azzannati
da
un
cinghiale
,
Viani
pareva
Porthos
in
alcune
celebri
scene
di
pestaggio
care
a
Dumas
.
Infine
,
Lo
Bello
afferrò
Montuori
e
lo
portò
via
di
peso
(
molto
bravo
ed
energico
,
il
nostro
uomo
)
.
Entrarono
i
carabinieri
e
sedarono
l
'
incidente
.
Il
pubblico
fece
rumore
,
non
altro
;
fu
anzi
correttissimo
.
E
qui
finisce
il
commento
,
fin
troppo
breve
,
del
grande
folgorante
successo
milanista
.
StampaQuotidiana ,
Belfast
,
15
gennaio
1958
-
IRLANDA
DEL
NORD
-
ITALIA
:
2-1
.
NOTE
:
Mite
pomeriggio
di
sole
.
Terreno
in
ottime
condizioni
.
35.000
spettatori
(
cifra
ufficiale
)
.
Al
35'
del
primo
tempo
il
dottor
Foni
ha
spostato
Corradi
a
destra
e
Vincenzi
a
sinistra
.
Al
23'
della
ripresa
l
'
arbitro
ha
espulso
Ghiggia
per
aver
scalciato
,
a
terra
,
il
terzino
McMichael
.
Al
30'
della
ripresa
,
Costa
centro
,
Montuori
ala
sinistra
,
Pivatelli
ala
destra
.
Angoli
3
a3
(
l
a
l
)
.
Deve
esistere
una
nemesi
anche
nella
storia
spicciola
delle
pedate
.
La
nemesi
si
è
messa
all
'
opera
quando
già
speravamo
di
farla
franca
.
E
l
'
Irlanda
del
Nord
,
squallida
provincia
britannica
senza
giocatori
militanti
sul
suo
territorio
,
lascia
a
casa
l
'
Italia
dai
campionati
mondiali
,
che
la
videro
vittoriosa
due
volte
su
cinque
.
A
pensarci
,
è
abbastanza
iniquo
.
Ma
certo
il
calcio
italiano
ha
fatto
poco
o
nulla
per
meritarsi
il
viaggio
in
Svezia
.
Sul
suo
cadaverone
brulicano
le
nostre
nostalgie
,
soffia
il
nostro
livore
,
brucia
il
nostro
amor
proprio
offeso
per
nostra
colpa
.
Siamo
tornati
all
'
anno
zero
.
Forse
non
riusciremo
a
cavarcene
fuori
.
Il
calcio
diverrà
mero
spettacolo
per
folle
di
bocca
buona
.
Alle
folle
bisogna
pur
dare
circensi
.
Molti
ricchi
in
Italia
provvederanno
.
Funzioni
educative
,
il
calcio
ne
ha
ben
poche
.
E
quanto
a
fonte
di
prestigio
,
meglio
non
parlarne
.
Dal
calcio
sono
venute
tante
vergogne
al
nostro
Paese
nel
dopoguerra
,
che
un
legislatore
illuminato
farebbe
saggia
cosa
a
sopprimerlo
.
Ma
queste
sono
fanfaluche
di
un
cronista
sportivo
affetto
da
vogliuzze
moralistiche
.
Ora
stiamo
ai
fatti
:
il
riferirne
subito
significa
dimenticarli
presto
.
È
un
trucco
psicologico
ma
di
efficacia
ormai
collaudata
.
Tanto
,
a
chi
avventarsi
?
Così
stanno
le
cose
,
così
vanno
e
andranno
.
Domenica
riprende
il
campionato
.
Evviva
!
Quando
si
segue
una
squadra
italiana
,
gli
indizi
oscuri
della
precoscienza
affiorano
contraddittori
al
punto
da
non
doversi
ascoltare
mai
.
Ho
imparato
a
mie
spese
.
E
sentivo
che
a
Belfast
saremmo
venuti
per
briscole
,
e
anche
lo
dissi
.
Ma
poi
,
entrato
nel
clan
azzurro
,
disperare
mi
sarebbe
parso
tradire
.
Così
ci
si
trova
fra
gente
cutanea
come
la
nostra
.
E
cercai
allora
diversivi
tecnici
(
come
si
dice
)
.
Considerai
la
relativa
modestia
degli
irlandesi
e
la
necessità
di
stringerci
in
difesa
se
volevamo
dare
alla
squadra
un
assetto
almeno
omogeneo
.
Tornai
a
sperare
nel
palleggio
dei
sudamericani
e
nella
grintosa
potenza
della
difesa
chiusa
.
A
lume
di
logica
,
ne
indussi
che
potevamo
sperare
se
...
la
nostra
difesa
avesse
resistito
all
'
arrembaggio
iniziale
degli
irlandesi
,
che
sono
soprattutto
dinamici
.
La
difesa
,
ahimè
,
non
ha
retto
all
'
arrembaggio
iniziale
degli
irlandesi
scatenati
,
ma
prima
ancora
della
difesa
è
mancato
l
'
attacco
.
Quando
Schiaffino
portava
sotto
la
palla
invitando
i
compagni
di
prima
linea
a
giocarla
,
le
più
belle
cose
si
vedevano
in
fatto
di
tocco
,
dribbling
,
controllo
:
ma
ogni
azione
,
procedendo
lentissima
,
stagnava
in
diversioni
laterali
:
cinque
,
sei
tocchi
orizzontali
abbiam
potuto
vedere
e
soffrire
nei
nostri
primi
approcci
.
I
nostri
sembravano
di
gran
lunga
i
padroni
del
campo
.
Il
molle
ed
esasperante
Pivatelli
pareva
muoversi
però
sulle
grucce
,
nel
fitto
schieramento
difensivo
degli
«
irish
»
:
all
'
11'
ebbe
una
palla
-
gol
da
Montuori
e
,
fuori
causa
il
portiere
,
per
un
'
uscita
incauta
e
intempestiva
,
zappò
il
terreno
senza
toccare
la
palla
!
Al
15'
,
ancora
Montuori
riuscì
a
scartare
tutti
,
infilandosi
nel
centro
dell
'
area
e
poi
,
forse
stremato
,
a
portiere
di
nuovo
fuori
causa
,
toccò
a
lato
d
'
interno
destro
nel
più
ignobile
dei
modi
.
Costa
era
incerto
e
spaesato
all
'
estrema
sinistra
,
e
pochi
lo
cercavano
con
lanci
tesi
,
con
aperture
almeno
tempestive
.
Una
volta
discese
a
rete
e
sparò
fuori
anziché
dare
ai
compagni
schierati
in
linea
.
Fu
quello
il
primo
di
tre
tiri
imperfetti
,
ma
almeno
degni
di
questo
nome
.
Ghiggia
sosteneva
Schiaffino
avanzando
con
lui
in
assidui
palleggi
.
Purtroppo
,
nessuna
delle
azioni
costruite
con
tanta
elaborazione
riuscì
a
liberare
un
uomo
;
e
quando
parve
che
qualcuno
fosse
libero
,
allora
veniva
meno
il
tiro
,
o
la
precisione
,
o
ancora
la
potenza
necessaria
a
confondere
un
portiere
di
fortuna
,
sbulinato
e
incerto
(
il
titolare
Gregg
,
che
è
un
grande
campione
,
era
rimasto
a
Manchester
per
la
nebbia
)
.
Ogni
qualvolta
svaniva
un
'
azione
degli
azzurri
,
subito
incominciavano
i
guai
.
La
squadra
di
Foni
,
contaminazione
per
nulla
chiara
del
WM
in
difesa
e
del
Metodo
all
'
attacco
,
non
aveva
uomini
di
vera
interdizione
a
centro
campo
.
Schiaffino
solo
,
benché
il
suo
impegno
fosse
commovente
,
non
poteva
certo
bastare
alla
bisogna
.
Montuori
non
è
un
interditore
,
benché
ci
abbiamo
tutti
sperato
.
Danny
Blanchflower
lo
scherzava
negli
anticipi
e
sui
palloni
alti
.
Ogni
rimessa
del
loro
e
del
nostro
portiere
,
andava
regolarmente
agli
irlandesi
.
Talché
Bugatti
dovette
più
volte
rimettere
con
la
mano
,
costringendo
i
compagni
ad
elaborare
il
gioco
ancor
prima
che
convenisse
,
partendo
cioè
da
troppo
lontano
.
La
difesa
si
dispose
all
'
inizio
,
come
sembrava
logico
,
con
Ferrario
libero
e
Invernizzi
su
Simpson
.
Schiaffino
impegnava
da
solo
Peacock
e
Mcllroy
.
Vincenzi
teneva
abbastanza
bene
McParland
e
Corradí
si
disimpegnava
su
Bingham
assai
meglio
che
non
avesse
fatto
Cervato
.
Non
ho
capito
,
dunque
,
perché
Foni
abbia
inviato
Corradi
a
destra
:
forse
per
sua
richiesta
esplicita
?
Le
cose
preoccupanti
avvenivano
però
al
centro
dell
'
area
.
Ferrario
non
teneva
assolutamente
la
zona
:
seguiva
ciampicando
Simpson
,
che
lo
dirottava
,
astuto
,
lo
portava
lontano
.
Il
primo
goleador
irlandese
,
Mcllroy
,
poté
battere
da
quindici
metri
,
dopo
aver
ricevuto
un
tocco
di
Ferrario
in
grazioso
anticipo
su
Simpson
,
all
'
altezza
del
limite
,
dove
sarebbe
dovuto
essere
Invernizzi
.
Il
secondo
goleador
,
Cush
,
si
trovò
libero
in
area
,
e
al
centro
di
essa
,
su
di
un
lancio
da
almeno
quaranta
metri
di
Danny
Blanchflower
.
Quella
era
dunque
la
difesa
chiusa
invocata
da
tutti
e
assicurata
da
Ferrario
a
Foni
?
Dove
mai
era
andato
Ferrario
,
dov
'
era
Segato
?
Cush
arrestò
comodissimamente
la
palla
,
anzi
,
ebbe
l
'
esitazione
caratteristica
,
dopo
il
controllo
,
di
chi
teme
di
essere
in
fuori
gioco
:
poi
subito
esplose
un
bolide
che
Bugatti
fu
molto
bravo
,
anzi
eroico
a
parare
:
ma
sulla
respinta
-
inevitabile
-
del
nostro
sfortunato
portiere
,
non
un
difensore
azzurro
;
Cush
ebbe
ancora
tutto
il
tempo
di
riprendere
e
sparare
a
rete
a
colpo
sicuro
.
Tutto
questo
venne
perpetrato
in
mezz
'
ora
,
e
la
fatica
degli
attaccanti
(
prendi
e
porta
sotto
,
prendi
e
porta
sotto
)
divenne
vuota
e
velleitaria
e
spesso
anzi
sconsolante
.
I
sudamericani
avevano
ed
esibivano
tutto
,
fuorché
il
guizzo
per
liberarsi
e
il
tiro
per
concludere
.
Il
loro
reparto
,
in
cui
vaneggiava
melenso
e
legnoso
Pivatelli
,
pareva
un
distaccamento
del
nostro
calcio
sulla
luna
.
I
resti
della
squadra
si
affannavano
impotenti
davanti
a
Bugatti
e
denunciavano
in
ogni
mossa
il
sicuro
presentimento
della
disfatta
.
Poi
venne
il
riposo
e
sperammo
che
almeno
Foni
togliesse
di
mezzo
Pivatelli
,
spostando
Costa
al
centro
.
Foni
ci
arrivò
tardi
,
quando
venne
espulso
Ghiggia
.
Ma
di
che
fargli
colpa
,
pover
'
uomo
?
Era
già
bello
che
gli
azzurri
partissero
all
'
arrembaggio
,
che
Schiaffino
si
prodigasse
fino
allo
stremo
per
creare
l
'
occasione
buona
.
La
quale
venne
da
Invernizzi
(
povero
smarrito
"
macellarin
"
del
nostro
tifo
!
)
:
toccò
a
Ghiggia
e
questi
avanti
a
Montuori
,
verso
destra
:
il
cross
fu
bello
e
impeccabile
,
a
non
più
di
un
metro
d
'
altezza
:
Costa
era
al
centro
e
solo
davanti
a
Uprichard
:
da
sei
metri
sparò
d
'
esterno
destro
e
alzò
una
disgraziatissima
palla
a
campanile
:
ricadde
però
la
palla
incarognita
dall
'
effetto
e
Uprichard
vi
si
confuse
:
allora
Costa
gli
balzò
addosso
,
fuffignò
con
il
piede
fino
a
strappargliela
e
a
ficcarla
in
rete
.
Gli
irlandesi
del
pubblico
perdettero
subito
baldanza
.
Il
silenzio
calò
sullo
stadiolo
altrettanto
tetro
e
vecchio
della
città
di
Belfast
.
E
rinacque
la
nostra
speranza
.
Gli
azzurri
si
prodigavano
di
slancio
(
ma
quanto
slegati
!
)
.
Montuori
sfiorò
la
traversa
di
testa
,
su
angolo
.
Pivatelli
arrischiò
tre
altri
tiri
(
uno
solo
,
su
due
,
nel
primo
tempo
,
gli
era
riuscito
degno
:
di
destro
,
in
diagonale
dalla
destra
)
:
non
ebbe
però
né
abilità
né
fortuna
nel
tentarli
.
Iniziò
ancora
un
'
azione
dalla
destra
,
e
la
palla
passò
diagonalmente
-
nel
tombale
silenzio
dello
stadio
-
da
Pivatelli
a
Ghiggia
,
a
Montuori
,
a
Schiaffino
:
giunse
infine
a
Costa
,
che
si
trovava
a
cinque
soli
metri
dal
palo
,
e
quello
ignobilmente
vi
inciampò
sopra
!
Sul
conseguente
angolo
-
perché
incespicandovi
Costa
,
quella
palla
-
gol
fu
subito
spedita
sul
fondo
da
Cunningham
-
Ghiggia
tentò
una
sparata
fra
troppe
gambe
e
,
ripreso
anche
il
rimpallo
,
fu
anticipato
da
McMichael
e
Peacock
:
caddero
insieme
,
sul
limite
dell
'
area
,
e
Ghiggia
calciò
istericamente
da
terra
come
fanno
i
muletti
:
l
'
arbitro
era
a
due
passi
,
fischiò
subito
e
disse
:
fuori
.
Gli
azzurri
non
capivano
.
Noi
pure
.
Ghiggia
era
proprio
espulso
.
Uscito
Ghiggia
,
l
'
attacco
azzurro
ebbe
Costa
centravanti
,
Montuori
ala
sinistra
,
Pivatelli
ala
destra
.
Schiaffino
spese
gli
ultimi
spiccioli
per
recuperare
qualche
pallone
da
spedire
in
attacco
.
Ormai
era
tutto
finito
.
Gli
irlandesi
avevano
ripreso
animo
.
Delle
generose
sgroppate
di
Invernizzi
si
avvalsero
per
tornare
alla
carica
.
Ogni
loro
puntata
era
arrembante
per
la
nostra
difesa
.
Segnarono
pure
una
terza
rete
con
Simpson
al
39'
e
Zsolt
disse
no
,
per
fuori
gioco
(
che
a
me
non
pareva
)
.
La
difesa
azzurra
appariva
affranta
.
E
solo
calmo
era
Corradi
.
Ferrario
tentò
incursioni
senza
esito
all
'
attacco
.
Vincenzi
arraffava
su
Bingham
per
neutralizzarlo
alla
meno
peggio
.
I
laterali
erano
chiaramente
sopraffatti
dagli
interni
avversari
.
Premendo
gli
irlandesi
,
i
tre
rabicani
del
nostro
attacco
stavano
a
vedere
con
le
braccia
conserte
.
Schiaffino
deve
avere
sputato
l
'
anima
.
E
venne
l
'
ultimo
fischio
e
il
delirio
degli
irlandesi
liberati
dall
'
incubo
.
È
tutto
.
Degli
azzurri
va
senz
'
altro
onorato
Schiaffino
,
onesto
e
grande
campione
di
ventura
;
va
scusato
e
anzi
lodato
Bugatti
,
che
ha
salvato
un
gol
su
Simpson
,
nella
ripresa
,
e
avrebbe
anche
evitato
quello
di
Cush
se
qualcuno
lo
avesse
assistito
.
Il
tiro
di
Mcllroy
era
di
quelli
cui
mette
mano
anche
il
diavolo
.
Ghiggia
si
raccomanda
appena
per
l
'
inizio
,
non
per
la
calciatina
dell
'
isterico
che
gli
ha
causato
l
'
espulsione
.
Corradí
si
è
disimpegnato
senza
infamia
né
lode
.
Vincenzi
è
stato
promettente
all
'
inizio
:
poi
si
è
arrangiato
.
Montuori
ha
avuto
spunti
da
fenomeno
incompleto
,
quale
sappiamo
.
Poi
ci
sarebbe
voluto
Virgili
,
accanto
a
lui
,
per
scornare
da
toro
quelle
querce
.
Pivatelli
non
era
proprio
nel
giro
.
Degli
altri
abbiamo
detto
,
bene
o
male
.
Lasciar
solo
Ferrario
è
rivelare
al
mondo
un
vecchio
giocatore
senza
scatto
e
slegato
di
gambe
...
Gli
irlandesi
valgono
il
gagliardo
Belgio
che
ci
ha
umiliati
a
Bruxelles
.
Forse
sono
più
validi
in
mediana
,
non
però
di
moltissimo
.
Perdere
con
loro
non
è
davvero
esaltante
.
Ma
di
cosa
possiamo
dolerci
ormai
,
noi
italiani
?
Aspettiamo
Charles
di
ritorno
da
Israele
:
domenica
disputeremo
due
grandi
incontri
:
Roma
-
Juventus
e
Fiorentina
-
Padova
,
e
forse
sarà
in
campo
anche
Gratton
,
il
grande
assente
,
però
la
modesta
preziosa
e
potente
spalla
che
è
mancata
a
Schiaffino
in
centro
campo
.
Allegri
.
Meglio
esser
quarti
nel
bacino
del
Mediterraneo
che
ultimi
in
Svezia
.
Di
campionati
mondiali
ne
abbiamo
vinti
fin
troppi
.
Long
time
ago
:
che
in
piemontese
vuol
dire
:
al
tempo
del
cucco
.