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> anno_i:[1940 TO 1970}
ProsaGiuridica ,
Il Ministro dell ' Interno Visto l ' art . 11 del decreto legge 9 febbraio 1939 , n . 126 convertito nella legge 2 giugno 1939 , n . 739 , sul trattamento dei beni ebraici ; Visto il decreto 27 marzo 1939 , n . 665 , che ha approvato lo Statuto dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare ; Vista la legge 19 dicembre 1940 , n . 1994 , riguardante modifiche alla legge di guerra in materia di beni appartenenti a sudditi nemici ; Visto il decreto legislativo in data 4 gennaio 1944 , n . 2 , contenente modifiche alle disposizione riguardanti i beni e le aziende ebraiche di cui al predetto decreto legge 9 febbraio 1939 , n . 126; Visto l ' art . 17 della legge 16 giugno 1939 , n . 942 , riguardante la requisizione dei beni espropriati dalle esattorie e rimasti invenduti al secondo incanto ; Visto il decreto legislativo del Duce 31 marzo 1944-XXII , n . 109 , che approva lo Statuto e il regolamento dell ' Ente ; Visto il decreto ministeriale 15 settembre 1944 , n . 685 , relativo all ' adeguamento del trattamento tributario per i beni gestiti dall ' Ente ; Ritenuta la necessità di modificare lo statuto dell ' Ente per disporre l ' istituzione del posto di Direttore Generale onde meglio assicurare il funzionamento dell ' Ente ; Visto il decreto legislativo del Duce 8 ottobre 1943-XXII e 18 gennaio 1944-XXII , N ; 41 , relativi alla sfera di competenza ed al funzionamento degli organi di Governo ; Decreta : Art . 1 . Lo Statuto dell ' Ente di Gestione e Liquidazione Immobiliare in seno al decreto legislativo del Duce 31 marzo 1944-XXII , n . 109 , è sostituito da quello annesso al presente provvedimento , composto di numero 18 articoli . Il presente decreto entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale d ' Italia e sarà previa registrazione alla Corte dei Conti ratificato dal Consiglio dei Ministri ed inserto , munito del sigillo dello Stato , nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti . Posta Civile 316 , addì 30 dicembre 1944-XXIII . Il Ministro : Pellegrini V . Il Guardasigilli : Pisenti – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – Statuto dell ' Ente di gestione e liquidazione immobiliare [ … ] Art . 7 . Il Consiglio di Amministrazione ha tutti i poteri per il funzionamento dell ' Ente . Esso delibera un apposito regolamento interno da approvarsi dal Ministro per le Finanze , per stabilire le norme di assunzione e di stato giuridico ed il trattamento economico , a qualsiasi titolo , di attività e di quiescenza del personale . Designa al Ministro per le Finanze , per la nomina , il Direttore Generale dell ' Ente e ne fissa la retribuzione . Il Consiglio di Amministrazione è convocato dal Presidente il quale ne da tempestivo avviso ai Consiglieri ed ai Sindaci effettivi . Il Direttore Generale assiste alle riunioni del Consiglio di Amministrazione con voto consultivo ed è tenuto ad esprimere in ogni deliberazione il proprio parere che deve essere trascritto nel relativo verbale . Per la validità delle deliberazioni occorre l ' intervento di almeno 5 componenti . Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta di voti : in caso di parità prevale il voto del Presidente . Art . 8 . Il Consiglio di Amministrazione nomina nel suo seno la Giunta esecutiva , determinandone le attribuzioni e i poteri . La Giunta è composta di cinque membri fra i quali il Presidente . Il Direttore Generale assiste alle riunioni della Giunta con voto consultivo ed è tenuto ad esprimere in ogni deliberazione il proprio parere che deve essere trascritto nel relativo verbale . Funge da Segretario della Giunta esecutiva il segretario del Consiglio di Amministrazione . La Giunta esecutiva è convocata dal Presidente , il quale dà tempestivo avviso ai membri ed ai sindaci effettivi . Per la validità delle sue deliberazioni occorre la presenza di almeno tre membri compreso fra essi il Presidente e , in caso di assenza o legittimo impedimento , il Vice Presidente . Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta di voti . Art . 9 . La Giunta esecutiva delibera sulle operazioni per le quali sia stata delegata dal Consiglio di amministrazione e dentro i limiti della delegazione stessa . Non possono essere delegate alla Giunta le deliberazioni : a ) sulla formazione del bilancio ; b ) sul conferimento di deleghe alle mansioni dell ' Ente quando le deleghe non sono limitate a singole gestioni , specificatamente indicate , di determinati beni o aziende , ma si riferiscono , invece , a mansioni che vengono genericamente affidate ad un delegato per intere circoscrizioni territoriali . Le deliberazioni della Giunta sono comunicate al Consiglio nella prima seduta successiva . [ … ] Art . 14 . Il Direttore Generale che dura in carica tre anni e può essere anche riconfermato , regge gli uffici dell ' Ente e ne ha la responsabilità verso il Presidente . Esercita pertanto tutti i necessari controlli e propone al Presidente i provvedimenti da adottare nei confronti del personale e dell ' andamento del servizio . [ … ] [n.d.r . gli articoli del precedente regolamento dal n.14 al 17 restano invariati ma vengono rinumerati da 15 a 18 ] Il Ministro per le Finanze : Pellegrini
LA LAMBRETTA DEI MINATORI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
StampaPeriodica ,
« Guardi , diceva un minatore muovendo in giro la mano tesa , tutto quello che lei vede è della Montecatini . Non si può sbagliare . » La Montecatini , qua a Niccioleta , possiede le case , le strade , gli spacci aziendali , i mezzi di trasporto , le sedi dei partiti politici , il terreno circostante . Della Montecatini sono i grossi casamenti gialli , sparsi in disordine per le pendici di questi colli scabri , collegati appena da un sentiero scosceso , con larghi improvvisi sterrati nudi ; il palazzotto del dopolavoro , una costruzione pseudo - razionale , di taglio littorio , stile 900 , come si diceva nel ventennio ; e la chiesa , un altro scatolone con una specie di pronao rettangolare , che fa pensare ad una palestra di boxe . Son della Montecatini le grigie e scialbe casette degli impiegati , e la mediocre villa della contadina , ed i più vecchi amano ancora , dopo la miniera , coltivare un pezzetto di terra , per cavarne ortaggi , od allevarvi un coniglio , un paio di galline . Molti operai non abitano qui , ma nei villaggi vicini , a Prata , a Monterotondo , o vengono addirittura da Massa Marittima : tutti su automezzi della Montecatini ; prima della guerra venivano in bicicletta , e non pochi a piedi , dieci chilometri di strada e dopo il lavoro . Al paese alcuni conservano un orto , una vigna , a cui si dedicano nelle ore libere dal lavoro , e persino nei giorni di sciopero . La sovrapposizione delle due economie , e la progressiva scomparsa di quella più antica , l ' agricola , sotto il peso della moderna , la mineraria , qui è palese : qui sta accadendo quel che in Inghilterra si verificò alla fine del Settecento , ed il processo è ancora in corso . L ' agricoltura di collina scompare a poco a poco , poiché la miniera ne ha assorbito la mano d ' opera , ed i giovani non seguono più l ' esempio degli anziani . A Niccioleta abitano circa millecinquccento persone , fra operai e familiari , ma ci sono anche gli scapoli , giù ai « camerotti » , specie di casermette basse ed allungate , divise in tante stanze quadrate ciascuna delle quali ospita sei o sette operai , con le brande e gli armadietti metallici . L ' aria di caserma è evidente anche all ' interno : accenti meridionali , cartoline e ritratti appiccicati al muro , la Madonna di Loreto , il golfo di Napoli , la fidanzata , Togliatti , il calendario dell ' ANPI , Una diva americana . Sopra gli armadietti c ' è sempre una cassetta di legno , col lucchetto : è l ' unica proprietà privata degli operai , il resto , brande , armadietti , ed i camerotti stessi , è della Montecatini . La sensazione insomma è che la Montecatini qui non sia soltanto proprietaria assoluta di ogni cosa , ma goda di una sorta di diritto di extraterritorialità , che governi , insomma , con leggi , costumi , e riti suoi propri . Può accadere , per esempio , che il forestiero si senta chiedere i documenti , non appena scende di macchina ed entra in un bar per prendere il caffè . « Lei , permetta , quale attività svolge ? Può dimenticarla ? Su che cosa intende scrivere ? Quale è il suo giornale ? » Sono domande che un brigadiere dei carabinieri , a Niccioleta , rivolge con estrema naturalezza . La Montecatini , qui , nei suoi locali , ha una stazione dei carabinieri , ha le guardie di pubblica sicurezza , ed ha anche tuia sua milizia privata , di guardie giurate , con una loro divisa nera , che fan servizio dentro la miniera , intorno alla miniera , in paese . La strada che conduce ai pozzi è sbarrata ad un tratto da una traversa bianca e nera ; accanto c ' è una garitta , con dentro la guardia per controllare chi entra e chi esce . Non si passa di là senza il permesso del direttore : alla fine dei turni suona la sirena ed i minatori escono alla spicciolata oltre la barriera . Son diversi dal cliché usuale che del minatore ciascuno di noi , anche inconsapevolmente , si porta in testa , il cliché del minatore grande e membruto , come lo si vede nei manifesti di propaganda . La cronaca recente , fra l ' altro , si è occupata del caso del giovane Milo Malagoli , un ragazzo alto oltre due metri e grosso in proporzione , il « gigante di Niccioleta » , come è stato definito . Ma in realtà nessun minatore somiglia al Malagoli . Quasi tutti di statura inferiore alla media ( le grandi stature , oltre tutto , sono antieconomiche nei lavori del sottosuolo ) son uomini pallidi e curvi , dal passo pesante e stanco : vestiti senza uniformità , portano spesso in testa un elmetto di materia plastica , foggiato come quello d ' acciaio dei soldati inglesi . Al vecchio tascapane si va sostituendo la « panierina » , una cassetta di zinco , con una tracolla di tela , che serve per portare il pasto . Fino ad un paio di anni or sono era caratteristico , in mano agli operai alla fine dei turni , il « tròppolo » , cioè un pezzo di legno , frammento delle armature di galleria , che la società concedeva ogni giorno a ciascun dipendente : doveva servire per gli usi domestici , per il riscaldamento o la cucina . Ora prelevare il « tròppolo » è proibito , e le guardie giurate qualche volta ispezionano persino i tascapane e le panierine , perché dalla miniera non deve uscire niente . E non deve entrare nulla che non sia mano d ' opera e materiale di lavoro . Subito dopo la fine della guerra era relativamente facile accedere ai piazzali , alla laveria , alle officine , persino alla grande galleria di accesso al pozzo maggiore . Ricordo che fu sufficiente la parola di un operaio , e l ' approvazione di un sorvegliante . Oggi non c ' è da sperarlo : il direttore dirà che occorre il permesso della direzione centrale , e farà anche intendere , in tutta confidenza , che è inutile chiederlo . Bisogna contentarsi di raggiungere il ciglio della collina : di fronte , oltre la vallata , sul fianco ripido del colle contrapposto , si addossa tutto l ' apparato della laveria . In alto i rompitori che frantumano il minerale , più giù tutta la serie dei canali e dei traballatori . La pirite è un bisolfuro di ferro , che cristallizza in dodecaedri , di color giallo lucido ; nel passato veniva usata solo per costruire acciarini , ma oggi , con il processo delle camere di piombo , fornisce l ' acido solforico , elemento fondamentale per fabbricare , fra l ' altro , esplosivi e concimi chimici . La miniera di Niccioleta , sul versante meridionale delle Colline Metallifere ( una vasta zona montuosa al confine fra le province di Siena , Pisa e Grosseto ) , è solo una delle cinque che lavorano nella zona : le altre sono a Boccheggiano , Gerfalco , Ravi , Gavorrano e recenti sondaggi , anche superficiali , han dimostrato che la pirite si trova un po ' dappertutto , sì che non è azzardato ritenere che le cinque miniere lavorino su di un unico enorme giacimento , di capacità pressoché inesauribile . Del resto la pirite si estrae anche all ' isola del Giglio , ed al non lontano promontorio dell ' Argentario si è localizzato un giacimento che potrebbe dare non meno di dieci milioni di tonnellate . Allo stato attuale delle cose il giacimento maremmano produce oltre l ' ottanta per cento della pirite italiana , che è quasi completamente nelle mani della Montecatini . La miniera di Niccioleta produce quasi un terzo esatto della pirite maremmana . Nel 1953 la produzione è stata di 436.969,90 tonnellate . Ciò equivale , al netto , a un prodotto di circa 250mila tonnellate « mercantili » , commerciabili . Non è difficile calcolare i costi di produzione . Le maestranze impiegate raggiungono il numero di 1.441 dipendenti . Ecco le loro tabelle salariali : Donne : 16-18 anni , lire 573; 18-20 anni , 650,80; terza categoria , 755,80; seconda categoria , 803,50; prima categoria , 847,20 . Uomini : 16-18 anni , lire 681,80; 18-20 anni , 866,50; manovali adulti , 928,80; operai comuni , 995,20; operai qualificati , 1.055,50; operai specializzati , 1.184,10 . A queste somme va aggiunta un ' indennità di caro - pane variabile da 20 a 60 lire giornaliere , proporzionalmente alle condizioni di lavoro , ed una indennità di sottosuolo ( che spetta solo agli interni ) di 92 lire . Non si è potuto appurare quale sia lo stipendio degli impiegati ; ma un calcolo generale piuttosto largo , e ammesso come verosimile dalla società , ci fa ritenere che il costo complessivo ( retribuzioni ed oneri sociali ) sia , per ogni dipendente , di 2.200 lire per giornata lavorativa . Fa , in tutto , un onere mensile di 79.255.000lire , ed annuo di 951.060.000lire . Gli altri costi , eccedenti la mano d ' opera , non sono , naturalmente , resi noti , ma si possono valutare in non più del 35 per cento dei costi totali , che salgono così a 1.463.169.228 lire . Il calcolo si fa più difficile quando si tratti di mettere a confronto i costi di produzione con il ricavato . La Montecatini dichiara ufficialmente che la pirite si vende a 7 000 lire la tonnellata ; su questa base si deduce un ricavo annuo di 1.712.921 lire dalla sola miniera di Niccioleta ; ciò che dà un profitto che si aggira sul quarto di miliardo . Ma il fatto è che la Montecatini non vende la pirite , ma la utilizza nei suoi stessi stabilimenti , sì che il vero profitto si realizza solo alla fine del ciclo di produzione , nella vendita dei concimi chimici . Il prezzo serve solo per battere l ' eventuale concorrenza di altri produttori di pirite : è il caso della miniera del Giglio , che la Montecatini ha assorbito con quel sistema ; e la Marchi di Ravi , come la STIMA di Gerfalco ( che possiedono , del resto , le miniere più piccole ) reggono solo finché e come la Montecatini vuole . Che il profitto si realizzi solo alla fine del ciclo produttivo è confermato dall ' alto prezzo dei concimi chimici ( fino a 22mila lire il quintale ) e , di conseguenza , dallo scarso uso che ne fa l ' agricoltura italiana : 16 milioni di quintali annui contro una media europea di almeno 50 . Il profitto della Montecatini , a Niccioleta , non dovrebbe essere in realtà inferiore al triplo di quello qui calcolato sui dati ufficiali , ed in tutta la Maremma dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi annui . La miniera , in Maremma , ha preso dall ' agricoltura la mano d ' opera , e sull ' agricoltura preme per realizzare i suoi profitti . Sui minatori e sul loro modo di vita c ' è un altro pregiudizio , assai diffuso nel ceto piccolo borghese paesano e cittadino : lo abbiamo sentito ripetere , anche in buona fede , da oratori di vari partiti , durante l ' ultima campagna elettorale . I minatori sarebbero dei privilegiati , rispetto alle altre categorie di lavoratori maremmani : « Hanno persino la radio , la cucina economica e la " Lambretta " : Dunque ( e questa è la conclusione politica che se ne trae ) perché si lamentano , perché si agitano ? » . Ora , è indubbio che , rispetto all ' anteguerra , e con la potente spinta che seguì la liberazione , i minatori realizzarono grandi progressi : si rivalutarono i salari , e si ebbero , come si hanno oggi , punte che si avvicinano alle 70-75mila lire mensili . Va tenuto presente , però , che tali limiti massimi sono accessibili ad un esiguo drappello di cottimisti , che tiran fuori dal monte quantità di pirite superiori alla norma : un lavoro arduo ed estenuante . I salari fondamentali , che son poi quelli della maggioranza , parlano chiaro : il privilegio non c ' è . C ' è invece il rischio , ed il peso di un lavoro professionalmente assai pericoloso . Gli incidenti non mancano in nessuna miniera , e nel caso della pirite è presente un altro pericolo , quello della silicosi , che attacca immancabilmente tutti gli operai interni . La perforazione delle pareti di « piastra » , cioè degli scisti permici che separano i filoni di pirite , provoca un sottile e denso pulviscolo che , respirato , attacca meccanicamente i polmoni ( lei minatori , provocando irritazione e traumi : conseguenza collaterale , la tubercolosi . La capacità respiratoria ne risulta diminuita ( una percentuale ciel 35 per cento dà diritto alla pensione ) . L ' uso della maschera può attenuarne gli effetti , ma non può impedire il passaggio dei granelli silicei di più minute proporzioni , uno o due micron , che son poi i più pericolosi . Una statistica del settembre 1953 ci dà , fra i tbc del Sanatorio di Grosseto , una percentuale di minatori variante dal 18 al 25 per cento . Si può dire , semmai , che in Maremma il minatore è l ' operaio più moderno ( e la sua retribuzione è quindi superiore a quella dell ' operaio tradizionale , il bracciante ) più evoluto e più combattivo . Staccato a forza dall ' agricoltura , abbandona necessariamente la tipica mentalità del contadino toscano , che ancora permane , in qualche misura , fra gli operai più anziani , e trascina con sé nella lotta anche alcuni gruppi di tecnici . Ecco una ultima serie di cifre . Si tratta dei risultati nella elezione della commissione interna ( sempre nel 1953 ) : su 1168 voti validi degli operai , 887 ( con 7 seggi in commissione ) sono andati alla CGIL , 284 alla UIL ( 2 seggi ) ; su 49 voti validi dei tecnici , 34 alla CGIL , e 15 alla UIL ; su 17 voti validi degli impiegati amministratori , 17 alla UIL ( la CGIL non ha presentato la lista ) . Ed è anche ovvio che un mutamento nel modo di vita si sta in effetti realizzando : se i più anziani non conoscono altra « cultura » che non sia il bicchiere di vino all ' osteria e la partita a briscola , i giovani cercano di allargare il proprio interesse umano e sociale . La tanto deprecata « lambretta » , che agli occhi dei piccoli borghesi rappresenta lo scandalo maggiore , è in fondo una innocente evasione dalla bettola , dall ' abbruttimento ( anch ' esso scandaloso , per la gente per bene ) . Ma dove c ' è maggior coesione , e dove son possibili rapporti umani con i ceti più evoluti , ecco sorgere biblioteche , circoli del cinema , iniziative di carattere culturale . La Montecatini se n ' è accorta , e dal canto suo organizza i suoi circoli , peraltro riservati a dirigenti ed a impiegati . A Massa Marittima , una antica cittadina piena di tesori d ' arte medievale , e che oggi è in certo senso la capitale della Maremma mineraria , gli operai hanno realizzato concreti e solidi rapporti di alleanza con certi gruppi di intellettuali . Il loro circolo ha un ' attiva e ben fornita bibliotechina , e gestisce anche il maggior cinema cittadino . Spesso organizzano conferenze , letture , dibattiti culturali . Il responsabile del circolo , che è un giovane universitario , mi mostra orgoglioso le statistiche delle letture : in testa è Vasco Pratolini , che lo scorso anno venne quassù di persona , per parlare del suo lavoro . Ora che è uscito il film di Lizzani sulle Cronache di poveri amanti , il circolo minatori intende farne una presentazione di gala , invitando il regista e gli attori . Dopo tutto , chissà che a qualcuno non venga in mente di girare un film proprio in quest ' ambiente ?
ARRIVANO I NOSTRI «ARRABBIATI» ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Meno male , bisogna dire che l ' essere venuti a Bologna per assistere al pallido congresso internazionale dei critici conclusosi oggi , ci ha offerto l ' occasione di ascoltare stasera al Teatro Comunale , in sede di Festival della prosa , una singolare commedia italiana , Il benessere , di Franco Brusati e Fabio Mauri , rappresentata con la regia di Luigi Squarzina dal complesso del « Teatro d ' arte italiano » . È una commedia singolare che , e per come è condotta e per quello che vuol dire , esce con un giovanile colpo di reni dal cerchio ristretto del conformismo teatrale più aggiornato , cioè del neorealismo , dal teatro - cronaca , dalla più o meno larvata intenzione dei temi e delle tecniche brechtiane . Vi si rappresentano , per due atti , il gioco cinico , l ' ambiguità festevole e , sotto sotto , disperata , d ' una coppia di coniugi che si concedono una reciproca libertà d ' esperienze amorose . Ma qualcosa li unisce e non è soltanto la complicità nel peccato , piuttosto una specie d ' amore sudicio e intenso , un legame sordido e , alla sua maniera , puro . Tutto ciò è raccontato per due atti in una serie di scene sotto la cui effettiva , intelligente comicità , sotto una spregiudicatezza persino urtante , per ciò che vi è in essa di allusivo e di ironico , si comincia tuttavia ad avvertire lo scorrere di una sotterranea freschezza ; è chiaro che l ' alba di una morale disperata sorgerà alla fine su un così desolato paesaggio umano . È il trapasso che avviene al terzo atto quando , separati , i due coniugi esperimentano l ' inferno della solitudine in un mondo ormai diventato incomprensibile , risonante di avvertimenti arcani . Il finale , con la donna che si fa ammazzare da un cameriere idiota , una specie di bruto che inconsapevolmente diventa giustiziere , è alquanto truculento , fa pensare a certi sadismi del teatro espressionista tedesco ; ma intanto , ciò che agli autori premeva di esprimere , la scoperta della coscienza da parte di due condannati alla cecità morale , viene lividamente a galla , come il relitto di un naufragio . Perché bisogna dire che questi due giovani possiedono una dote importante : la possibilità di far scaturire da un vero umorismo , tipo Osborne , il lampo dell ' insoddisfazione morale . Insomma , ci pare che , già annunciata da diverse avvisaglie , da testi per esempio come D ' amore si muore , cominci in Italia un teatro degli « arrabbiati » . Ben venga , anche con tutti i difetti e le intemperanze di una commedia come questa . I tre atti sono stati assai bene recitati da una Laura Adani scatenata in un genere di comicità che le riesce perfettamente : la buffoneria cinica , ammiccante e a suo modo romantica ; da Vittorio Sanipoli , che ha descritto con vivezza un tipo di libertino perplesso , ombroso , in conclusione disperato ; da Franco Parenti , efficacissimo in una parodia dell ' innocenza patetica e stupida . Notevole il successo . Questo è dunque l ' anno delle commedie italiane ; il primo di una serie , forse . C ' è un ' ondata che arriva , attenzione .
IL MIRACOLO LO FA VISCONTI ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
« Mettete un bel Padre Nostro in fondo a una commedia , poi tirate subito il sipario e avrete un subisso di applausi » potrebbe essere la prima norma di un decalogo dedicato da Diego Fabbri ai giovani commediografi italiani . È avrebbe ragione , visto l ' esito che ha avuto , ieri sera , Figli d ' arte a Milano . Figli d ' arte è un copione che Luchino Visconti ha preso a pretesto per uno spettacolo . Lo spettacolo è vario , vivo , ha il fascino delle immagini riprodotte da una lanterna magica : un po ' di maniera , per chi se ne intenda , ma rivelatrici , per la maggioranza , d ' un mondo sempre affascinante , quello del palcoscenico . La commedia , invece , è irrimediabilmente mancata . Anzi , più che mancata diremmo inconsistente , un ' enorme macchina , un grosso mulino a vento , le cui grandi pale s ' allargano come le braccia di una croce nel cielo del solito spiritualismo di maniera ; e macinano il consueto aneddoto culminante in una conclusione miracolosa e un paio di ideuzze di mistica interpretativa fra Pirandello e Stanislavskij . Riprendendo un tema che gli è evidentemente caro , il Fabbri ha voluto di nuovo raccontare la redenzione di un adultero attraverso la fede . Più che di adultero si tratta , questa volta , di un libertino , ché tale è l ' Osvaldo di questa commedia , capocomico - mattatore d ' una compagnia di prosa che si prepara a presentare ( e le prove si svolgono nel teatro di Cesena , e si finge che sia quello stesso in cui accadde il famoso episodio del Passatore ) il testo di un autore defunto . Costui ha scritto tre atti che si richiamano , secondo modi parodistico - grotteschi , al mito di Don Giovanni ; il protagonista della commedia in prova è infatti un barbiere di paese che , di successo in successo sulla strada della galanteria , arriva a compromettere la moglie di un ambasciatore , ed è costretto a rifugiarsi in un convento dove incontra , suora conversa , una sua antica fidanzata . Il dilemma , per il regista e gli attori che stanno provando , è qui : il perfido Don Giovanni deve uscire dalla commedia con una piroetta blasfema o un miracolo veramente accade e il seduttore se ne andrà convertito ? Nel primo caso , secondo il regista , avremmo un « grottesco » sacrilego , nel secondo un dramma « spirituale » , proprio alla maniera di Diego Fabbri . Il miracolo accade anche sul palcoscenico di quel teatro di provincia dove , intorno al mattatore libertino , ruotano la moglie , da cui vive separato , illustre e patetica attrice , l ' ex - amante , un ' attricetta parigina del « boulevard » , e una ragazzina uscita fresca da una scuola d ' arte drammatica e pronta a lasciare aperta , all ' importante seduttore , la porta della sua camera d ' albergo . Il miracolo avviene , favorito dall ' intervento della madre del capocomico , ostinata visitatrice di santuari ; e dal Pater Noster finale . A furia di impuntarsi sui miracoli , Diego Fabbri s ' è precluso l ' unico miracolo che per un artista conti , quello dell ' ispirazione . In questa commedia tutto è falso , o , per lo meno , convenzionale : il trombonesco libertinaggio del protagonista , il fiducioso attendismo di quella sua moglie pallida e scocciatrice , l ' isterico sentimentalismo della francese , il titubante sperimentalismo del regista . E tutto questo meccanismo , poi , tutto questo artificio complicato , questo spaccare in quattro il capello delle teorie interpretative ( e Stanislavskij e Pirandello e via citando ) , per arrivare a che ? A far cambiare d ' albergo , riportandolo quindi nel talamo legittimo , al protagonista . Sappiamo benissimo che le intenzioni del Fabbri erano diverse e assai più ambiziose : arrivare all ' identificazione del miracolo scenico col miracolo religioso , dimostrare che , non potendo l ' attore veramente incarnarsi col personaggio se non partecipando della sua vita interna , per interpretare un dramma di fede occorre un atto di fede . Ma dietro quale traliccio di approssimazione , di sotterfugi e di ingenuità sentimentali , queste intenzioni si nascondono . Il miracolo vero lo ha fatto , con la sua regia , Visconti , che ha inoltre amplificato le risonanze del testo dando , con acuta sensibilità , le suggestioni di quella vita di palcoscenico , il senso della favola che sempre si rinnova ; e sottolineando gli effettismi comici , le cose migliori della commedia . Aggiungi l ' interpretazione impeccabile , un Paolo Stoppa che , nei toni del grande gigionismo teatrale , fa una felice parodia di tutta una tradizione , la sempre sincera e sensibile Rina Morelli , anche in un personaggio così falso , la bella e ardente Françoise Spira ( che a un certo punto rimane in « dessous » , un po ' di spogliarello non fa male anche in un dramma cattolico ) , la fresca e decisamente maturatasi Ilaria Occhini , Teresa Franchini , Sergio Fantoni , attendibilissimo come giovane regista . Bella la scena di Garbuglia . Dell ' esito , s ' è detto . È comparso anche l ' autore .
SORPRENDENTE PREMESSA AI QUATTRO CAPOLAVORI ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Presentando , con un titolo che assomiglia a quelli di alcuni drammi di Gorki ( per esempio , Egor Buly ? ev e altri ) , quest ' opera giovanile di ? echov , Giorgio Strehler , autore di una non dimenticata regia del Giardino dei ciliegi , e il Piccolo Teatro hanno voluto evidentemente rivalutare , con rigore critico , un testo rimasto per molti anni sconosciuto e poi presentato ai pubblici occidentali in versioni e riduzioni più o meno arbitrarie . Questo dramma , infatti , « apre » in modo impressionante su quelli che saranno i quattro capolavori del teatro cecoviano ; al punto di assomigliare , per certe particolarità dell ' ambiente e certe volute della trama , a uno d ' essi , forse il più alto , Il giardino dei ciliegi . L ' azione di questo Platonov e altri è ambientata in un villaggio della provincia russa , dove il protagonista figura come maestro di scuola . È uno di quei tipici intellettuali di ? echov , falliti a trent ' anni , prosciugati da una vita mediocre , con improvvise rivolte velleitarie cui seguono stati di prostrazione inerte , di deriva . Egli ha però dalla sua una specie di grazia decadente e misteriosa che gli fa crollare ai piedi tutte le donne . Sposato con una ragazza candida e ottusa , ecco che gli sono tutte intorno , le donne di quella provincia grigia e perduta , Anna Petrovna , la ancora attraente vedova d ' un generale , proprietaria d ' una tenuta sommersa dalle ipoteche e dalle cambiali ( personaggio che ha più d ' un punto di contatto , appunto , con la Ljubov ' Andreevna del Giardino dei ciliegi ) ; la moglie del figliastro di costei , Sof ' ja ; Marija Grekova , un ' altra possidente del circondario . Non è da credere , però , che si tratti d ' una commedia di intrecci e di capricci amorosi . È la commedia di un ' alienazione . Come il protagonista di Uomo e Superuomo di Shaw , Platonov non va in cerca dell ' avventura amorosa ma è catturato dalle donne . Questo lasciarsi prendere compiaciuto e inerte gli serve però a crearsi degli « altrove » , delle possibilità fantastiche in cui evadere dalla consapevolezza del proprio fallimento intellettuale e morale ; gli « altrove » erotici si alternano agli « altrove » provocati dal bere e in questo vagheggiamento fra l ' incoscienza dei sogni e una fin troppo consapevole autoironia , il personaggio percorre l ' arco dei cinque atti finché si imbatte nel colpo di rivoltella esploso da Sof ' ja , colei cui aveva promesso la grande fuga romantica ( lei era stata , d ' altronde , un suo amore di gioventù e ora l ' ha ritrovata , moglie d ' un patetico sciocco ) . In realtà , questa vicenda non è che il punto focale di ciò che giustamente , in una nota di regia , Strehler ha definito un « grottesco balletto » . Da quel Trileckij , cognato di Platonov , medico del villaggio , idealista ferito e sognatore deluso , che fa il pagliaccio ubriaco per non pensare , anch ' egli si rifugia in un « altrove » ; a quel Porfirij Glagòlev , vecchio riccone che si accorge di non aver mai vissuto ; a quel Vojnicev , marito tradito e proprietario in dissesto ; è un girotondo di personaggi che ruota intorno a Platonov e ognuno d ' essi può , nel fallimento di costui , rispecchiare il proprio . Una società in crisi vien colta nel suo momento più delicato ( ecco la vendita della proprietà , come nel Giardino ( lei ciliegi ) e in uno dei suoi personaggi più pittoreschi e patetici , la grande donna non più giovanissima , raffinata , indolente , voluttuoso , evoluta e frustrata nelle sue ambizioni , piena di fascino e di desideri , inutilmente innamorata : quella Anna Petrovna , che è forse l ' immagine più riuscita di quest ' opera sconcertante e ineguale , ma già così autentica , già così precisa nei suoi obbiettivi ultimi . Ciò che vi è , infatti , di sorprendente in questo dramma giovanile dello scrittore , nell ' edizione presentata ieri sera dal Piccolo Teatro , è la consapevolezza di quel che fin da allora egli voleva ottenere col teatro : non il dramma indirizzato al pensiero razionale , come nota l ' americano Fergusson , il più moderno indagatore dei modi di Cechov , ma alla sensibilità poetica e istrionica . Cioè : anche qui , come nei grandi dramma dell ' età matura , gli avvenimenti , le battute , il progredire delle scene sembrano casuali . Invece , tutto è calcolato al millimetro ma secondo un ritmo che non è più quello del teatro naturalistico ( o ideologico alla Ibsen ) di fine secolo . Ci si incomincia ad affrancare dalla schiavitù convenzionale dell ' intrigo , il realismo di ? echov inserisce le sue note sommesse , il suo istrionismo delicato . È logico , poi , che , a traduttori e riduttori , la commedia sia parsa soprattutto comica ; o , almeno , parodistica . Perché , pur coi loro difetti , le loro intemperanze , certe sovrabbondanze , qualche squilibrio , questi cinque atti sono del più puro e tipico teatro cecoviano ; teatro cioè di « mutamenti patetici » , con inevitabili risvolti comici , lampi grotteschi , persino insinuazioni satiriche . Giorgio Strehler ha dato un ' alta prova di sé , con questa regia . Egli ha montato lo spettacolo come una grande antologia cecoviana , una specie di ricapitolazione dei motivi ricorrenti nello scrittore , dalla disperazione alla noia all ' inutilità della vita . Le scene di Luciano Damiani rievocano con poetica immediatezza quella provincia fra le betulle . Lo spazio è avaro , per i bravissimi interpreti . Va citata per prima Sarah Ferrati , un ' Anna Petrovna carica d ' un vitalismo assetato e insieme deluso , una morbida figura crepuscolare ; poi Tino Carraro , che , dopo qualche rigidezza iniziale ha ben descritto la sfuggente indeterminatezza del protagonista ; lo splendido , pittoresco e tristissimo Buazzelli ; una patetica Valentina Cortese , alle prese con le velleità sentimentali e l ' isterismo di Sof ' ja ; la perfetta caratterizzazione di Olindo Cristina , l ' ansia roca e canuta di Augusto Mastrantoni . E poi tutti gli altri , dalla Giulia Lazzarini a Cesare Polacco , al Moschin , al Bentivegna , al Dettori , alla Giacobbe , perfettamente fusi in un grande spettacolo che ha avuto un vibrante e meritato successo ; e il torto di finire - esagerati - alle due di notte .
UN DOSTOEVSKIJ RIDOTTO PROPRIO ALL'OSSO ( De Monticelli Roberto , 1959 )
StampaQuotidiana ,
La riduzione scenica di I demoni ( ovvero Gli ossessi ) di Dostoevskij , fatta da Alberto Camus e rappresentata questa sera alla Fenice dal gruppo del Théâtre Antoine , è un grande spettacolo e una scarnificazione del tempestoso romanzo all ' osso dei fatti . Questo , della diminuzione quasi a termini didascalici , a quadri illustrativi , è un destino comune alle riduzioni teatrali delle grandi opere di narrativa . Figuriamoci poi nel caso di Dostoevskij , scrittore quant ' altri mai legato agli ardori e ai geli , agli ideologici inferni e paradisi delle sue pagine . Già la riduzione fatta da Gaston Baty di Delitto e castigo rischiava di ridurre il grande romanzo alle dimensioni di un dramma poliziesco ; e quando Copeau e Croué si misero a rimaneggiare per le scene I fratelli Karamazov si videro costretti a brutalizzare Dostoevskij , a fargli pronunciare , come essi un poco ingenuamente scrissero , le parole estreme , quelle che nel romanzo aveva detto , per il semplice motivo che il loro significato usciva da tutto il contesto . Gli ossessi definito da Gide libro straordinario , « il più potente » del grande romanziere , non è certamente riassumibile . In esso Dostoevskij svolge alcuni dei suoi temi preferiti , il tema dell ' umiltà e dell ' orgoglio , il tema del superuomo , il tema dell ' ateismo , e conseguentemente del suicidio , come manifestazione di libertà , il tema del Cristianesimo più puramente evangelico , staccato da qualsiasi chiesa . Tutti questi motivi vengono inseriti in una sarcastica satira sui rivoluzionari che , intorno al 1871 , caratterizzavano la scena politica russa , quella società colta e inconcludente , orientata verso il liberalismo e il radicalismo , che Dostoevskij aveva già in parte simboleggiato nel Raskolnikov di Delitto e castigo . Ma più che le grandi asserzioni ideologiche e morali contano , come in ogni opera d ' arte realizzata , il gioco , nello scrittore russo quasi sempre terribile , delle passioni e la concreta rappresentazione dei personaggi ; per cui alla satira e alla discussione metafisica s ' aggiunge il dramma . E abbiamo così la figura di Stavrogin , certamente una delle più sconcertanti di Dostoevskij , col suo titanismo , la sua irrequieta disponibilità morale , il suo splendore romantico , la sua dolente lucidità intellettuale ; l ' ambiguo Verchovenskij , l ' « anima nera » dei « nichilisti » ; Kirillov , l ' apostolo dell ' ateismo puro e del suicidio come atto gratuito ; Š atov , il personaggio nel quale è celata la figura storica dello studente Ivanov , che fu veramente assassinato dagli aderenti a un ' associazione segreta . Abbiamo insomma le varie figurazioni degli Ossessi ; cui sono da aggiungere quella patetica e grottesca incarnazione dell ' eloquenza e della viltà che è Stepan Trofimovi ? , l ' inutilmente imperiosa Varvara Petrovna , l ' allucinata inferma Maria Labjadkin . Camus afferma che portare sulla scena questi personaggi era un suo sogno vecchio di vent ' anni . Camus è lo scrittore de Lo straniero , La peste , Il malinteso , Il mito di Sisifo ; di opere cioè in cui i terni del nichilismo e dell ' assurdo , i temi della non - speranza , tipici di alcune filosofie del nostro tempo , sono trattati con una lucidità che tiene forse più del saggista che del poeta . Davanti a Dostoevskij s ' è trovato , come fu giustamente scritto in Francia , davanti al suo mondo intellettuale realizzato fantasticamente ; davanti a qualcuno insomma che lo ha grandiosamente preceduto . Da ciò , forse , diversamente da quanto gli era accaduto con Faulkner ( ricordate Requiem per una monaca ) nasce il rispetto di Camus riduttore davanti al romanziere Dostoevskij . Egli dà l ' impressione di non osare . Sta , nei confronti dell ' opera originale , religiosamente alla lettera . Ma di Dostoevskij mancano l ' ambiguità , la complicità coi personaggi , quel sudore di sangue , quel madore preagonico che pare spremersi dalle pagine . Era inevitabile . Come s ' è detto in principio . Tanto più che il Cristianesimo di Dostoevskij lascia aperto uno spiraglio che non si intravede nell ' esistenzialismo di Camus . Lo spettacolo è perfetto . La serie , dal sapore vagamente didascalico , dei numerosi quadri su cui la riduzione si articola , si svolge con un bel ritmo narrativo sullo sfondo delle ottime scene di Mayo . E poi c ' è un « cast » formidabile di attori , che la regia di Camus , presente allo spettacolo , ha guidato con mano sicura . Basterebbe ricordare la poetica , struggente caratterizzazione di Pierre Blanchar nella parte di Stepan Trofimovi ? ; la figurazione fra elegante e tenebrosa di Pierre Vaneck , che era Stavrogin ; la beffarda lucidità di Michel Bouquet nel personaggio di Verchovenskij ; la bravissima , drammatica Katherine Sellers ( quella di Requiem per una monaca ) che ha accettato la breve parte della sciancata Maria Labjadkin ; e poi , Michel Maurette , il narratore , Roger Blin , che vedemmo l ' anno scorso qui a Venezia in Fin de partie di Beckett , Tania Balachova , Alain Mottet , Marc Eyraud , Nadine Basile , Janine Patrich e tutti gli altri . Lo spettacolo , che è lunghissimo ( è finito , nel caldo soffocante della Fenice , oltre l ' una di notte ) , ha raccolto molti applausi . Camus camminava intanto nervosamente su e giù in Campo San Fantin , davanti all ' ingresso del Teatro .
ZAVATTINI METTE IN SCENA LE PAGINE DEL SUO DIARIO ( De Monticelli Roberto , 1959 )
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Direttore del Piccolo Teatro , Paolo Grassi , presentando questa commedia , primo tentativo di Cesare Zavattini in teatro , ha scritto che non si tratta tanto di una commedia quanto d ' una conferenza biografica , d ' una specie di « mostra personale » dell ' autore . È giusto . Se qualcuno , questa sera , si è recato alla « Fenice » per la prima rappresentazione di Come nasce un soggetto cinematografico aspettandosi di assistere ad una commedia costruita secondo i moduli normali ( la cui gamma varia , naturalmente , dalla tradizione all ' avanguardia ) non può che esserne rimasto deluso . Ma costui dimostrerebbe di non aver capito lo spirito dell ' iniziativa presa dal Piccolo Teatro : che era di portare alla prova del palcoscenico la particolarissima fantasia di questo scrittore : non uno Zavattini drammaturgo , regolarmente inquadrato entro le tecniche ( e le convenzioni ) , uno Zavattini cioè che probabilmente non avremo mai ; ma la sua fantasia , surreale , tenera , crepuscolare , con la lacrima ; stupefacente e un tantino meccanica . Nella sua non folta produzione letteraria Zavattini , lo sanno tutti , ha un versante diaristico , autobiografico . Egli ha il gusto della confessioncella quotidiana , del giornalismo privato . Come nasce un soggetto cinematografico è una lunga pagina di quei suoi diari portata in termini drammatici . Se sfrondiamo lo spettacolo di tutti i particolari accessori ( che sono molti , alcuni funzionali , numerosi altri no ) , esso si riduce a questo : Antonio , scrittore di cinema , che ha raggiunto con il suo lavoro l ' agiatezza , che ha una bella moglie in procinto di dargli un bambino , una comoda casa , insomma una solida posizione borghese , morde il freno della censura e del conformismo , sente la punta della solidarietà sociale , il « dolore del mondo » , insomma , o come volete chiamarlo , che gli arriva , se appena tende l ' orecchio , simile al rombo del mare in una conchiglia . Che può fare ? Come due carabinieri gli stanno ai fianchi , mentre lavora , da una parte il censore , dall ' altra il produttore , voci alleate , quantunque a volte discordi , della convenzione morale e dell ' utile economico . In uno stato di esterrefatto fervore , che si prolunga per una buona metà del primo tempo , egli propone ai due diversi spunti e idee che vengono regolarmente bocciati , finché trova la storia dell ' occhio . Un disoccupato , Giacomo N . , accetta di vendere uno dei propri occhi a un guercio riccone , un grosso industriale che si sente gravemente menomato nella condotta dei propri affari dal fatto di vederci da una parte sola . Sennonché , già pattuito il compenso , dodici milioni , un istante prima che l ' operazione venga eseguita , Giacomo e sua moglie si pentono e fuggono . Vengono inseguiti e ripresi . È la società che non permette loro di uscire dal cerchio di un crudele dare e avere . A una conclusione simile del progettato film sia il produttore che il censore , naturalmente , si oppongono . Ed è allora che Antonio si ribella , abbandona la casa , la comoda posizione borghese , la bella moglie e torna alla sua vecchia abitazione e condizione , di quando ancora non era celebre e ricco , fra la gente del popolo . A questo punto però si rivela la sua insufficienza morale . Perché capitolerà alla fine , Antonio ? Cosa lo piega alla sconfitta ? Sono le insinuazioni dei ricordi , dirà qualcuno , la nostalgia della vita di prima , le memorie e gli affetti abbandonati . Ma altri potrà affermare , con uguali probabilità di non sbagliarsi : è l ' impossibilità di vivere tra gli uomini , lo dice lui stesso . Questa è comunque la parte più confusa della liricizzante sceneggiatura ; inconveniente pericoloso , siamo alla svolta dialettica della vicenda . Antonio finirà con l ' immaginare di uccidersi . In realtà non lo farà , quello della morte sarà , nella commedia , un tetro sogno didascalico per dar la possibilità all ' autore di dire determinate cose . Il falso ribelle tornerà , invece , nel comodo alveo del compromesso , accanto alla moglie esigente e dolce , fra i due angeli custodi della sua condizione economica e sociale : il produttore e il censore . È il film dell ' uomo che doveva vendere un occhio avrà la conclusione ottimistica suggerita da costoro . Questo è il traliccio della sceneggiatura , cui sono appesi , come a un albero , le « gags » , gli « sketches » le « punte secche » , i piccoli fulmini satirici tipici dello Zavattini del cinema ; e , soprattutto , dell ' umorista stupefatto di I poveri matti e Parliamo tanto di me . Un orecchio attento troverà anche , in tutto questo , una certa dose di cattiva letteratura ; ma anche molto coraggio , vedi il quadro del prete che viene per richiamare il protagonista alla coscienza religiosa e si lascia convincere a confessarsi : Io ascoltiamo versare nell ' orecchio del laico i propri sussurri di penitente . Le nostre riserve non sono su certi aspetti formali del poemetto teatrale - cinematografico , sappiamo benissimo che Zavattini è questo , intuizioni e lampi geniali su uno sfondo di sentimentalismo . Il fatto è piuttosto che l ' individuale caso di coscienza messo in scena non riesce a diventare processo per tutti , richiamo a una responsabilità collettiva , come deve essere sempre del teatro impegnato sulle verità morali . Ma sulla felicità inventiva e l ' audacia polemica , specialmente nella prima parte , non ci sono dubbi . Un testo del genere lascia al regista una libertà solo apparente ; in realtà determina la linea stilistica dello spettacolo . Zavattini ha inserito in questo suo lungo monologo proiezioni di diapositive , . un impressionante via vai di « barzellette animate » , alcune canzoni e due minuti buoni di pellicola al finale . Virginio Puecher ha messo ordine nel mobile plasma e lo spettacolo con le scene di Damiani e le musiche di Carpi ha l ' indubbio marchio di fabbrica delle produzioni del « Piccolo » , ma dovrà essere rodato e snellito . Quanto agli interpreti bisognerebbe esaminarli in una occasione più tranquilla : ci limiteremo a sottolineare l ' appassionato impegno di tutto il complesso , nel quale spiccano Tino Buazzelli , il protagonista , per quella sua lirica ironica concitazione , Enzo Tarascio e Andrea Matteuzzi suoi vibranti antagonisti dialettici , il recuperato interprete di Ladri di biciclette , Lamberto Maggiorani , che supera con popolaresca sincerità l ' impaccio dell ' esordiente , la bella Luisa Rossi , Elena Borgo , Lia Rainer , Ottavio Fanfani e Gabriella Giacobbe .
UN ANZIANO STATISTA CONFESSA LE PROPRIE COLPE ( De Monticelli Roberto , 1959 )
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Ogni anno l ' Istituto del Dramma Popolare di San Miniato sceglie un testo di accento cristiano da mettere in scena , tra luglio ed agosto , nell ' antica piazza della cittadina . Quest ' anno la scelta è caduta sull ' ultima opera di T.S. Eliot , Il grande statista ( traduzione piuttosto libera del titolo originale , The Elder Statesman ) , che fu recitata per la prima volta l ' estate scorsa al Festival di Edimburgo . Lo spettacolo diretto questa sera da Luigi Squarzina nella piazza della cittadina toscana può dunque essere considerato come la prima continentale dell ' opera di Eliot . Il grande statista è la rappresentazione simbolica della fine di una vita . Definizione alquanto approssimativa , soprattutto se si pensa alla quantità di significati che si possono attribuire alle vicende , in genere solo apparenti , svolte da Eliot nelle sue pièces teatrali , esemplificazione drammatica della sua poesia . Definizione che ha , qui , uno scopo puramente didascalico , e alla quale potremmo aggiungere , precisando , che tema dell ' opera è una espiazione , una redenzione attraverso il tempo , motivo fondamentale in Eliot . Il vecchio statista è Lord Claverton - Ferry . Raggiunto il culmine degli onori , nella politica e nell ' economia , costretto da incerta salute a ritirarsi a vita privata , egli fa la sua apparizione nel primo atto con in mano un ' agenda le cui pagine sono bianche , più nessun impegno , più nessun gesto da compiere , il tempo è vuoto . Lord Claverton ha accanto una figlia , amorosa e sensibile , e il fidanzato di costei uomo retto e onesto . Ma queste dolci apparenze della vita che continua , vengono ben presto respinte ai limiti di un cerchio d ' ombra . Cala infatti sul vecchio uomo l ' ombra del passato , apportatrice di fantasmi , è dapprima un suo vecchio compagno di Oxford , Fred Culverwell , che ora si presenta sotto il nome di Federico Gomez . Il destino di costui , ragazzo povero e assetato di successo , era stato modificato dalla vicinanza del giovane che sarebbe poi diventato Lord Claverton . Il pernicioso esempio di una intelligente e ironica dissolutezza lo aveva condotto sulla via di compromessi morali . Cosa vuole ? Apparentemente , soltanto l ' amicizia dell ' antico compagno di studi e d ' orgie . In realtà , è venuto a esigere qualcosa di più , la moneta del rimorso che saldi i vecchi conti . La stessa amara moneta chiede , dolcemente sorridendo , come campita in aria esterrefatta , antica , Maisie Batterson , la donna che Claverton - Ferry aveva illuso in giovinezza e poi abbandonata . Essi , i fantasmi , gli porteranno via il figlio , Michael , che è , sì , ribelle al dispotismo paterno , ma che è anche , di giovanili difetti e vizi paterni , una tenera reincarnazione , l ' immagine proiettata in uno specchio , di un ' amata e odiata giovinezza . Ora , rimasto solo , accanto alla figlia fedele e all ' austero fidanzato di lei , il vecchio uomo potrà finalmente riaccettare se stesso , confessare ad alta voce le proprie colpe segrete , e avviarsi , sotto lo sguardo dei due , che continueranno la vita nell ' amore , verso la « tenebra di Dio » , così Eliot stesso chiama la morte in uno dei suoi Quartetti . Tutto ciò avviene , ( secondo e terzo atto ) nel giardino di una clinica o , meglio , di una casa di riposo , di un albergo per ricchi estenuati , luogo evidentemente allegorico . Come sempre nei drammi di Eliot ( Assassinio nella Cattedrale a parte ) il linguaggio è quello della vita quotidiana , i modi sono quelli convenzionali ed eleganti della buona società inglese . La carica simbolica è sotto le parole , rompe qua e là ad opera dei personaggi consapevoli , dei veggenti . A nostro parere il fascino di quest ' opera , specialmente nel terzo atto , il più alto e compiuto , deriva da dati tutti moderni di cultura , non ultimi i contributi della psicoanalisi portati a livello della poesia . Anche per questo la traduzione di Desideria Pasolini , pulita e prosastica , è sembrata insufficiente anche a chi - e sono i più , l ' opera è nuova - non conosce il testo inglese originale . Ciò che appare veramente notevole , invece , , è la regia di Squarzina . Specialmente nel secondo e terzo atto , egli ha saputo sfruttare l ' incanto naturale e architettonico della piazza di San Miniato . In questa cornice l ' apparato scenico di Luciano Damiani , aveva una sua suggestione di incubo , ma un incubo bianco , leggero , nelle sue cadenze geometriche , simili a rime . Ivo Garrani era il protagonista e ha recitato con una pensosa interiorità , Gianrico Tedeschi , plastico , efficiente , è stato un po ' troppo realistico nel personaggio dell ' amico tornato sotto le apparenze del rimorso . Più di tutti ci è piaciuta Laura Adani , che sotto la guida di Squarzina va evidentemente scoprendo una sua nuova , assai fine , personalità . Completavano il gruppo degli interpreti Corrado Pani , Franco Graziosi , la ben caratterizzata Giusy Dandolo e una giovane allieva dell ' Accademia , Giovanna Pellizzi , inevitabilmente acerba ma certamente sincera . Anfiteatro gremito e molti applausi .
Travolti i campioni! ( Brera Gianni , 1956 )
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MILAN - FIORENTINA : 3 -0 . NOTE : Solicello autunnale nel primo tempo ; nubi nel secondo . Campo un po ' grasso , ma buono . Al 28' della ripresa , Bizzarri , scartato da Cucchiaroni , calcia da tergo . Cucchiaroni cade . Viani entra , inveendo al colpevole : Chiappella lo colpisce , Montuori gli vola addosso . Acciaccapesta . Viene espulso Montuori . Pubblico : circa 60 mila persone . Calci d ' angolo : 4-3 ( 1-2 ) per la Fiorentina . Sul taccuino del cronista annotazioni che , adesso , paiono spassose : « Milan attacca , Milan presuntuoso , Milan offre gratuite occasioni contropiede ai viola » . E poi , a correggere le prime impressioni : « Milan come e meglio che a Bologna » . Infatti , Schiaffino ha deciso di fare l ' interno , come nell ' Uruguay , e vale el hombre orquestra dell ' Uruguay . Lo marca Gratton , gli vorrebbe stare addosso anche Chiappella ( ma dovrebbe avanzare troppo ) . Schiaffino non si accorge di loro ( e tuttavia Gratton è molto in palla all ' inizio ) ; Schiaffino funziona da regista come modestamente andavo invocando da sempre . Fossi milanista , ora prenderei cappello : se il signor Pepe si fosse degnato di correre prima di Milan - Inter , il Milan non avrebbe rimediato le magre che sappiamo contro il Napoli e a Padova . E Meazza rinato , meno dinamico , forse , ma certo più sottile : e come regista non trova confronti neppure in Bozsik . Perché Schiaffino va anche nella propria area a respingere : e non fa un dribbling che è uno , perché non gli serve di farne ; arresta alla perfezione , sia o non sia smarcato ; ha sempre spazio per ridare la palla a un compagno ; e quando segue l ' azione piomba sui rimpalli e spara a rete : tre tiri nel primo tempo , uno nella ripresa ( ma è stato il gol della vittoria sicura ) . Meglio che a Bologna , dico , ed è chiaro : a Bologna s ' è veduto Liedholm in difesa e Bagnoli a centrocampo . Qui s ' è veduto un grande immaginifico Schiaffino dei giorni di Rio , Basilea e Losanna . E sostituiva Liddas il signor Bergamaschi . Rendendo forse meglio che non avrebbe potuto Liddas , nella particolare posizione . Perché Bergamaschi era libero dietro e alla sinistra di Zannier : dunque nella zona dove suole infiltrarsi Montuori in diagonale da sinistra a destra . Per questo ho citato Viani : il Gippone si è superato a Firenze e soprattutto ha superato Bernardini . Fulvio mi scusi se parlo schietto . I viola hanno perso con tanto scarto per un semplice motivo tattico : che il Milan aveva un uomo libero dietro e a lato dell ' ultimo marcatore ( Zannier , che stava su Rozzoni ) . La Fiorentina aveva a sua volta un libero , ma non era a fianco dell ' ultimo marcatore ( Rosetta su Bean ) : gli stava davanti , tra Schiaffino , Cucchiaroni e Bredesen . Il libero della Fiorentina era Chiappella , e fra quei clienti ha finito per scoppiare ( come sarebbe scoppiato chiunque ) . Rosetta è stato intelligente e generoso , ma Bean lo dominava in dinamismo : se Bernardini avesse osato farlo proteggere meglio , non l ' avrebbero piantato tante volte . E l ' equilibrio difensivo della Fiorentina sarebbe stato più costante . Questo è l ' errore di Bernardini . Da questo errore sono indotto a spiegare il crollo della Fiorentina , che non seppe mutare un solo schema all ' attacco , incappando ogni volta in Bergamaschi . Il Milan incominciò da pari a pari con la Fiorentina , e io scrupolosamente annotai che la sua era presunzione . Poi vidi come gli uomini erano schierati , come si prodigavano Schiaffino e i compagni dietro il suo esempio . Allora compresi la tattica di Viani , ammirandola molto . Oh , intendiamoci : non basta un particolare tattico a spiegare tutto : c ' entra - e come ! - l ' apporto degli uomini , da una parte e dall ' altra : e gli uomini migliori sono apparsi i milanesi . Dal portiere , via via , all ' estrema sinistra . Soldan si è fatto onore , a dispetto di qualche uscita un poco matta ; Sarti invece è mancato in più occasioni , quasi gli avvenisse di astrarsi dall ' azione . Magnini è stato superato più volte in dribbling da Cucchiaroni , che è molto bravo , e però nel dribbling esagera , rischiando a volte di passare per uno che vuole irridere ( e allora rimedia le cianchettate dei malvagi ) ; Maldini , invece , è stato assai più bravo ( fin troppo disinvolto in certe avanzate ) . Il caro , vecchio Rosetta ha dovuto stringere i denti per reggere alla men peggio a Bean ; Zannier , per contro , non ha mai consentito a Rozzoni di smarcarsi ( Rozzoni ha tirato molto , senza mai minacciare Soldan ) . Segato è rimasto in zona , e nella sua zona poco avveniva . Beraldo ha seguito invece Julinho e , non sempre in forma liliale , si è cavato d ' impaccio per il meglio . Fontana è stato costantemente su Montuori , opponendosi in tackle alle folli danze di quel gran virtuoso del dribbling . Ma , quando Fontana perdeva il tackle , entrava Bergamaschi , e Montuori veniva puntualmente neutralizzato . Chiappella ha sbagliato a vagare senza l ' appiglio di un avversario ben determinato . Si è sfiatato , correndo a quel modo ; ha visto doppio ; ha persino perduto la calma e picchiato Viani , senza una ragione plausibile . Orzan è stato su Bredesen e ha reso assai meno di Bergamaschi , uno dei migliori in campo . Per quanto concerne gli attacchi , Julinho è riuscito a smarcarsi una sola volta ( tiro di sinistro , bloccato bene da Soldan ) . Mariani , invece , ha praticamente fatto segnare due reti ( la prima e l ' ultima , che era già fatta quando intervenne Bean ) : ha sbagliato parecchio , Mariani , ma più di Julinho ha reso senz ' altro . Bredesen è stato a volte un po ' rozzo nei palleggi , però non si è mai fermato : dal centro campo all ' attacco , sino a far morire Orzan . Gratton - proseguo nei giudizi paralleli - fece benissimo all ' inizio , poi seguì le sorti della squadra ( e il rapporto si può agevolmente invertire ) : sbagliò una palla - gol e non riuscì mai a fermare Schiaffino ( figuriamoci ! ) . Rozzoni si è dannato l ' anima . È anche un po ' pretenzioso , in certi atteggiamenti individualistici , ma almeno è pratico : tira a rete . Più dinamico di lui è stato Bean : ha fatto molto ansimare Rosetta , ha giocato per i compagni , avrebbe potuto segnare altre due reti , oltre a quelle che fece segnare ... a Rosetta e che rubò a Mariani , con una zampata galeotta , ma tempestiva . Bean è qualcuno , senz ' altro . Il confronto Schiaffino - Montuori non è possibile : l ' uno ha funzionato da regista a centro campo e ha per giunta segnato una stupenda rete ; l ' altro ha funzionato da punta avanzata , senza mutare uno schema che è uno , e non segnando affatto ( pur dibattendosi molto , da quel gagliardo peperino che conosciamo ) . Cucchiaroni è sicuramente un campione , e Bizzarri una riserva del modesto , ma utile , Prini . Bizzarri andava espulso , per avere tirato tre o quattro volte alle gambe di Cucchiaroni ( passato ala destra nella ripresa ) con la precisa intenzione di fargli male . L ' arbitro Lo Bello ha espulso Montuori , come era giusto , e Viani , e poi non ha osato farli seguire da Bizzarri : certo per non indispettire il pubblico . Il quale è passato da una quasi legittima esaltazione ( « chi tocca i viola muore » ) all ' ammirazione più sportiva e sincera per il Milan , applaudito talora a scena aperta . Senza dubbio il pubblico fiorentino è stato superiore ai suoi atleti : ha capito l ' incontro e quindi anche la sconfitta ; ha saputo perdere meglio , con molta dignità e intelligenza . Il gioco realizzato dalle due squadre ha raggiunto a tratti un livello tecnico molto pregevole . Meglio impostato tatticamente , il Milan ha retto alle arrembanti girandole viola dell ' inizio ed è passato una volta nel primo tempo , bissando agevolmente nella ripresa . Mariani e Bean hanno mancato tre palle - gol . Da parte fiorentina , il solo Gratton ha mancato una palla - gol degna di questo nome , cogliendo a volo un rimpallo fuori da una mischia su angolo . Subìto il primo gol , la Fiorentina ha tentato l ' assedio alla porta milanista , senza prendere le debite precauzioni in difesa e offrendosi in tal modo al contropiede . Dopo la terza rete , la Fiorentina non è più esistita come squadra : e i suoi giocatori più logori nel sistema nervoso si sono screditati , lanciandosi contro Viani e partecipando all ' acciaccapesta del 28' . Viani era entrato in campo per soccorrere Cucchiaroni , malamente scarponato , come si è detto , e inveiva a Bizzarri , il reo , mentre Busini lo tratteneva ; irruppe Chiappella a rifilargli un cazzotto ; poi gli volò addosso Montuori . Víani torreggiava gigantesco nel bailamme : omarini furenti schizzavano lontano da lui come botoli azzannati da un cinghiale , Viani pareva Porthos in alcune celebri scene di pestaggio care a Dumas . Infine , Lo Bello afferrò Montuori e lo portò via di peso ( molto bravo ed energico , il nostro uomo ) . Entrarono i carabinieri e sedarono l ' incidente . Il pubblico fece rumore , non altro ; fu anzi correttissimo . E qui finisce il commento , fin troppo breve , del grande folgorante successo milanista .
Eliminati! ( Brera Gianni , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Belfast , 15 gennaio 1958 - IRLANDA DEL NORD - ITALIA : 2-1 . NOTE : Mite pomeriggio di sole . Terreno in ottime condizioni . 35.000 spettatori ( cifra ufficiale ) . Al 35' del primo tempo il dottor Foni ha spostato Corradi a destra e Vincenzi a sinistra . Al 23' della ripresa l ' arbitro ha espulso Ghiggia per aver scalciato , a terra , il terzino McMichael . Al 30' della ripresa , Costa centro , Montuori ala sinistra , Pivatelli ala destra . Angoli 3 a3 ( l a l ) . Deve esistere una nemesi anche nella storia spicciola delle pedate . La nemesi si è messa all ' opera quando già speravamo di farla franca . E l ' Irlanda del Nord , squallida provincia britannica senza giocatori militanti sul suo territorio , lascia a casa l ' Italia dai campionati mondiali , che la videro vittoriosa due volte su cinque . A pensarci , è abbastanza iniquo . Ma certo il calcio italiano ha fatto poco o nulla per meritarsi il viaggio in Svezia . Sul suo cadaverone brulicano le nostre nostalgie , soffia il nostro livore , brucia il nostro amor proprio offeso per nostra colpa . Siamo tornati all ' anno zero . Forse non riusciremo a cavarcene fuori . Il calcio diverrà mero spettacolo per folle di bocca buona . Alle folle bisogna pur dare circensi . Molti ricchi in Italia provvederanno . Funzioni educative , il calcio ne ha ben poche . E quanto a fonte di prestigio , meglio non parlarne . Dal calcio sono venute tante vergogne al nostro Paese nel dopoguerra , che un legislatore illuminato farebbe saggia cosa a sopprimerlo . Ma queste sono fanfaluche di un cronista sportivo affetto da vogliuzze moralistiche . Ora stiamo ai fatti : il riferirne subito significa dimenticarli presto . È un trucco psicologico ma di efficacia ormai collaudata . Tanto , a chi avventarsi ? Così stanno le cose , così vanno e andranno . Domenica riprende il campionato . Evviva ! Quando si segue una squadra italiana , gli indizi oscuri della precoscienza affiorano contraddittori al punto da non doversi ascoltare mai . Ho imparato a mie spese . E sentivo che a Belfast saremmo venuti per briscole , e anche lo dissi . Ma poi , entrato nel clan azzurro , disperare mi sarebbe parso tradire . Così ci si trova fra gente cutanea come la nostra . E cercai allora diversivi tecnici ( come si dice ) . Considerai la relativa modestia degli irlandesi e la necessità di stringerci in difesa se volevamo dare alla squadra un assetto almeno omogeneo . Tornai a sperare nel palleggio dei sudamericani e nella grintosa potenza della difesa chiusa . A lume di logica , ne indussi che potevamo sperare se ... la nostra difesa avesse resistito all ' arrembaggio iniziale degli irlandesi , che sono soprattutto dinamici . La difesa , ahimè , non ha retto all ' arrembaggio iniziale degli irlandesi scatenati , ma prima ancora della difesa è mancato l ' attacco . Quando Schiaffino portava sotto la palla invitando i compagni di prima linea a giocarla , le più belle cose si vedevano in fatto di tocco , dribbling , controllo : ma ogni azione , procedendo lentissima , stagnava in diversioni laterali : cinque , sei tocchi orizzontali abbiam potuto vedere e soffrire nei nostri primi approcci . I nostri sembravano di gran lunga i padroni del campo . Il molle ed esasperante Pivatelli pareva muoversi però sulle grucce , nel fitto schieramento difensivo degli « irish » : all ' 11' ebbe una palla - gol da Montuori e , fuori causa il portiere , per un ' uscita incauta e intempestiva , zappò il terreno senza toccare la palla ! Al 15' , ancora Montuori riuscì a scartare tutti , infilandosi nel centro dell ' area e poi , forse stremato , a portiere di nuovo fuori causa , toccò a lato d ' interno destro nel più ignobile dei modi . Costa era incerto e spaesato all ' estrema sinistra , e pochi lo cercavano con lanci tesi , con aperture almeno tempestive . Una volta discese a rete e sparò fuori anziché dare ai compagni schierati in linea . Fu quello il primo di tre tiri imperfetti , ma almeno degni di questo nome . Ghiggia sosteneva Schiaffino avanzando con lui in assidui palleggi . Purtroppo , nessuna delle azioni costruite con tanta elaborazione riuscì a liberare un uomo ; e quando parve che qualcuno fosse libero , allora veniva meno il tiro , o la precisione , o ancora la potenza necessaria a confondere un portiere di fortuna , sbulinato e incerto ( il titolare Gregg , che è un grande campione , era rimasto a Manchester per la nebbia ) . Ogni qualvolta svaniva un ' azione degli azzurri , subito incominciavano i guai . La squadra di Foni , contaminazione per nulla chiara del WM in difesa e del Metodo all ' attacco , non aveva uomini di vera interdizione a centro campo . Schiaffino solo , benché il suo impegno fosse commovente , non poteva certo bastare alla bisogna . Montuori non è un interditore , benché ci abbiamo tutti sperato . Danny Blanchflower lo scherzava negli anticipi e sui palloni alti . Ogni rimessa del loro e del nostro portiere , andava regolarmente agli irlandesi . Talché Bugatti dovette più volte rimettere con la mano , costringendo i compagni ad elaborare il gioco ancor prima che convenisse , partendo cioè da troppo lontano . La difesa si dispose all ' inizio , come sembrava logico , con Ferrario libero e Invernizzi su Simpson . Schiaffino impegnava da solo Peacock e Mcllroy . Vincenzi teneva abbastanza bene McParland e Corradí si disimpegnava su Bingham assai meglio che non avesse fatto Cervato . Non ho capito , dunque , perché Foni abbia inviato Corradi a destra : forse per sua richiesta esplicita ? Le cose preoccupanti avvenivano però al centro dell ' area . Ferrario non teneva assolutamente la zona : seguiva ciampicando Simpson , che lo dirottava , astuto , lo portava lontano . Il primo goleador irlandese , Mcllroy , poté battere da quindici metri , dopo aver ricevuto un tocco di Ferrario in grazioso anticipo su Simpson , all ' altezza del limite , dove sarebbe dovuto essere Invernizzi . Il secondo goleador , Cush , si trovò libero in area , e al centro di essa , su di un lancio da almeno quaranta metri di Danny Blanchflower . Quella era dunque la difesa chiusa invocata da tutti e assicurata da Ferrario a Foni ? Dove mai era andato Ferrario , dov ' era Segato ? Cush arrestò comodissimamente la palla , anzi , ebbe l ' esitazione caratteristica , dopo il controllo , di chi teme di essere in fuori gioco : poi subito esplose un bolide che Bugatti fu molto bravo , anzi eroico a parare : ma sulla respinta - inevitabile - del nostro sfortunato portiere , non un difensore azzurro ; Cush ebbe ancora tutto il tempo di riprendere e sparare a rete a colpo sicuro . Tutto questo venne perpetrato in mezz ' ora , e la fatica degli attaccanti ( prendi e porta sotto , prendi e porta sotto ) divenne vuota e velleitaria e spesso anzi sconsolante . I sudamericani avevano ed esibivano tutto , fuorché il guizzo per liberarsi e il tiro per concludere . Il loro reparto , in cui vaneggiava melenso e legnoso Pivatelli , pareva un distaccamento del nostro calcio sulla luna . I resti della squadra si affannavano impotenti davanti a Bugatti e denunciavano in ogni mossa il sicuro presentimento della disfatta . Poi venne il riposo e sperammo che almeno Foni togliesse di mezzo Pivatelli , spostando Costa al centro . Foni ci arrivò tardi , quando venne espulso Ghiggia . Ma di che fargli colpa , pover ' uomo ? Era già bello che gli azzurri partissero all ' arrembaggio , che Schiaffino si prodigasse fino allo stremo per creare l ' occasione buona . La quale venne da Invernizzi ( povero smarrito " macellarin " del nostro tifo ! ) : toccò a Ghiggia e questi avanti a Montuori , verso destra : il cross fu bello e impeccabile , a non più di un metro d ' altezza : Costa era al centro e solo davanti a Uprichard : da sei metri sparò d ' esterno destro e alzò una disgraziatissima palla a campanile : ricadde però la palla incarognita dall ' effetto e Uprichard vi si confuse : allora Costa gli balzò addosso , fuffignò con il piede fino a strappargliela e a ficcarla in rete . Gli irlandesi del pubblico perdettero subito baldanza . Il silenzio calò sullo stadiolo altrettanto tetro e vecchio della città di Belfast . E rinacque la nostra speranza . Gli azzurri si prodigavano di slancio ( ma quanto slegati ! ) . Montuori sfiorò la traversa di testa , su angolo . Pivatelli arrischiò tre altri tiri ( uno solo , su due , nel primo tempo , gli era riuscito degno : di destro , in diagonale dalla destra ) : non ebbe però né abilità né fortuna nel tentarli . Iniziò ancora un ' azione dalla destra , e la palla passò diagonalmente - nel tombale silenzio dello stadio - da Pivatelli a Ghiggia , a Montuori , a Schiaffino : giunse infine a Costa , che si trovava a cinque soli metri dal palo , e quello ignobilmente vi inciampò sopra ! Sul conseguente angolo - perché incespicandovi Costa , quella palla - gol fu subito spedita sul fondo da Cunningham - Ghiggia tentò una sparata fra troppe gambe e , ripreso anche il rimpallo , fu anticipato da McMichael e Peacock : caddero insieme , sul limite dell ' area , e Ghiggia calciò istericamente da terra come fanno i muletti : l ' arbitro era a due passi , fischiò subito e disse : fuori . Gli azzurri non capivano . Noi pure . Ghiggia era proprio espulso . Uscito Ghiggia , l ' attacco azzurro ebbe Costa centravanti , Montuori ala sinistra , Pivatelli ala destra . Schiaffino spese gli ultimi spiccioli per recuperare qualche pallone da spedire in attacco . Ormai era tutto finito . Gli irlandesi avevano ripreso animo . Delle generose sgroppate di Invernizzi si avvalsero per tornare alla carica . Ogni loro puntata era arrembante per la nostra difesa . Segnarono pure una terza rete con Simpson al 39' e Zsolt disse no , per fuori gioco ( che a me non pareva ) . La difesa azzurra appariva affranta . E solo calmo era Corradi . Ferrario tentò incursioni senza esito all ' attacco . Vincenzi arraffava su Bingham per neutralizzarlo alla meno peggio . I laterali erano chiaramente sopraffatti dagli interni avversari . Premendo gli irlandesi , i tre rabicani del nostro attacco stavano a vedere con le braccia conserte . Schiaffino deve avere sputato l ' anima . E venne l ' ultimo fischio e il delirio degli irlandesi liberati dall ' incubo . È tutto . Degli azzurri va senz ' altro onorato Schiaffino , onesto e grande campione di ventura ; va scusato e anzi lodato Bugatti , che ha salvato un gol su Simpson , nella ripresa , e avrebbe anche evitato quello di Cush se qualcuno lo avesse assistito . Il tiro di Mcllroy era di quelli cui mette mano anche il diavolo . Ghiggia si raccomanda appena per l ' inizio , non per la calciatina dell ' isterico che gli ha causato l ' espulsione . Corradí si è disimpegnato senza infamia né lode . Vincenzi è stato promettente all ' inizio : poi si è arrangiato . Montuori ha avuto spunti da fenomeno incompleto , quale sappiamo . Poi ci sarebbe voluto Virgili , accanto a lui , per scornare da toro quelle querce . Pivatelli non era proprio nel giro . Degli altri abbiamo detto , bene o male . Lasciar solo Ferrario è rivelare al mondo un vecchio giocatore senza scatto e slegato di gambe ... Gli irlandesi valgono il gagliardo Belgio che ci ha umiliati a Bruxelles . Forse sono più validi in mediana , non però di moltissimo . Perdere con loro non è davvero esaltante . Ma di cosa possiamo dolerci ormai , noi italiani ? Aspettiamo Charles di ritorno da Israele : domenica disputeremo due grandi incontri : Roma - Juventus e Fiorentina - Padova , e forse sarà in campo anche Gratton , il grande assente , però la modesta preziosa e potente spalla che è mancata a Schiaffino in centro campo . Allegri . Meglio esser quarti nel bacino del Mediterraneo che ultimi in Svezia . Di campionati mondiali ne abbiamo vinti fin troppi . Long time ago : che in piemontese vuol dire : al tempo del cucco .