StampaQuotidiana ,
Erano
le
19
del
giorno
otto
settembre
quando
giunse
la
notizia
della
conclusione
dell
'
armistizio
;
furono
ascoltate
tutte
le
trasmissioni
radiofoniche
.
Da
quel
momento
la
vigilanza
fu
rinforzata
e
una
sentinella
fu
posta
anche
di
notte
davanti
alla
camera
di
Mussolini
.
L
'
ispettore
che
aveva
la
direzione
dei
servizi
di
sorveglianza
appariva
sempre
più
preoccupato
.
La
truppa
aveva
accolto
la
dichiarazione
di
armistizio
senza
eccessivo
entusiasmo
.
Giungevano
le
prime
notizie
da
Roma
sulla
fuga
del
re
,
di
Badoglio
,
sull
'
iniziato
sfacelo
di
tutte
le
Forze
armate
e
dell
'
intera
Nazione
.
Il
cosiddetto
"
telegrafo
del
fante
"
funzionava
senza
interruzione
.
Il
giorno
dieci
alle
ore
20
Mussolini
scese
nella
sala
e
aperse
la
radio
.
Il
caso
volle
che
captasse
la
stazione
radio
-
trasmittente
di
Berlino
,
e
Mussolini
udì
chiaramente
questa
notizia
datata
da
Algeri
e
che
diceva
:
«
Il
Quartier
generale
alleato
annuncia
ufficialmente
che
fra
le
condizioni
dell
'
armistizio
è
contemplata
la
consegna
di
Mussolini
agli
alleati
»
.
Si
accese
una
discussione
.
Uno
degli
astanti
disse
:
«
Una
notizia
del
genere
è
già
stata
data
,
ma
poi
Londra
l
'
ha
successivamente
smentita
»
.
Mussolini
era
invece
convinto
che
la
notizia
corrispondesse
a
verità
.
Egli
era
deciso
a
non
consegnarsi
"
vivo
"
agli
Inglesi
e
soprattutto
agli
Americani
.
Il
comandante
dei
carabinieri
,
che
era
stato
prigioniero
degli
Inglesi
in
Egitto
e
pareva
che
profondamente
li
odiasse
,
disse
al
Duce
:
«
Un
'
ora
prima
che
ciò
accada
sarete
avvertito
e
potrete
fuggire
:
ve
lo
giuro
sulla
testa
del
mio
unico
figliuolo
»
.
Queste
parole
,
pronunciate
con
accento
sincero
e
accompagnate
da
lacrime
,
esprimevano
il
sentimento
dell
'
uomo
,
ma
chi
garantiva
che
fattori
dell
'
ultimo
minuto
non
sarebbero
intervenuti
?
C
'
erano
fra
i
guardiani
molti
giovani
che
non
nascondevano
la
loro
simpatia
per
Mussolini
,
ma
ve
n
'
erano
quattro
o
cinque
,
dallo
sguardo
sfuggente
e
torbido
,
che
avevano
l
'
aspetto
interno
ed
esterno
dei
sicari
.
Il
giorno
undici
settembre
tutte
le
notizie
e
le
voci
che
giungevano
da
Roma
indicavano
che
la
confusione
era
al
colmo
,
mentre
procedeva
l
'
occupazione
di
tutto
il
territorio
da
parte
delle
truppe
tedesche
.
Nella
mattinata
,
i
comandanti
del
distaccamento
del
Gran
Sasso
scesero
all
'
Aquila
,
dove
ebbero
una
lunga
conferenza
col
locale
Prefetto
e
non
meno
lunghe
comunicazioni
telefoniche
col
capo
della
Polizia
,
rimasto
ancora
al
Viminale
.
Circa
le
condizioni
dell
'
armistizio
,
nulla
di
preciso
:
ma
la
capitolazione
imposta
era
stata
accettata
.
Molte
versioni
furono
date
sullo
svolgersi
degli
avvenimenti
nei
giorni
7
e
8
settembre
.
La
più
attendibile
è
la
seguente
.
È
il
rapporto
di
uno
che
ha
visto
e
vissuto
.
Eccolo
:
«
Il
giorno
7
settembre
nel
tardo
pomeriggio
il
generale
americano
Taylor
,
giovane
e
aitante
,
accompagnato
da
un
vecchio
colonnello
pure
americano
,
giungeva
a
palazzo
Caprara
,
dentro
un
'
autoambulanza
,
provenendo
da
Gaeta
,
ove
era
stato
sbarcato
da
un
monitore
italiano
.
«
Lo
riceve
il
mio
informatore
che
già
sapeva
di
questa
visita
e
ne
avverte
prima
il
gen
.
Roatta
,
che
dichiara
di
non
voler
parlare
con
il
suddetto
generale
,
poi
il
generale
Rossi
,
sottocapo
di
S
.
M
.
generale
,
che
pure
si
rifiuta
(
solito
giuoco
delle
responsabilità
...
)
,
infine
lo
riceve
il
generale
Carboni
,
che
richiede
al
suo
capo
di
S
.
M
.
la
carta
con
la
dislocazione
delle
forze
italiane
e
tedesche
nella
zona
di
Roma
.
«
Il
generale
americano
si
mostra
vivamente
irritato
dall
'
attesa
cui
è
costretto
prima
di
essere
ricevuto
dal
generale
Carboni
»
.
«
Il
colloquio
si
prolunga
per
oltre
tre
ore
.
Pare
che
Carboni
facesse
presente
chiaramente
che
le
FF
.
AA
.
italiane
avrebbero
potuto
tenere
fronte
a
quelle
tedesche
nella
zona
di
Roma
non
più
di
cinque
ore
.
Il
generale
Taylor
ribatte
invece
che
il
generale
Castellano
,
firmando
l
'
armistizio
il
3
settembre
,
aveva
fatto
apparire
la
piena
efficienza
delle
FF
.
AA
.
italiane
contro
quelle
tedesche
,
affermando
che
con
il
concorso
anglo
-
americano
per
quanto
riguardava
la
zona
di
Roma
ed
anche
senza
di
questo
,
sia
a
Roma
come
in
alta
Italia
i
Tedeschi
sarebbero
stati
battuti
nettamente
,
o
quanto
meno
messi
in
gravi
difficoltà
,
tanto
da
considerare
la
situazione
italiana
risolta
ai
fini
della
guerra
degli
"
alleati
"
.
«
In
base
a
ciò
,
temendo
Eisenhower
che
gli
Italiani
potessero
ancora
cambiare
opinione
e
costituire
,
come
infatti
avrebbero
costituito
,
ancora
un
validissimo
aiuto
per
i
Germanici
,
pretese
la
immediata
firma
il
3
settembre
,
cui
Castellano
aderì
,
dati
i
poteri
di
cui
era
dotato
.
«
Taylor
si
convince
dell
'
esposizione
del
generale
Carboni
e
dopo
un
pranzo
,
che
sembra
sia
stato
molto
lauto
secondo
le
tradizioni
delle
mense
dello
S
.
M
.
da
me
sperimentate
,
si
recano
insieme
da
Badoglio
nella
sua
abitazione
ove
si
svolge
un
lungo
colloquio
durato
fino
alle
tre
della
notte
.
«
Badoglio
incarica
il
generale
Taylor
di
fare
chiaramente
presenti
le
difficoltà
in
cui
le
FF
.
AA
.
italiane
si
sarebbero
trovate
con
un
annuncio
prematuro
dell
'
armistizio
e
rimangono
d
'
accordo
che
prima
del
16
settembre
nessuna
azione
in
tal
senso
doveva
essere
fatta
.
«
Non
si
sa
per
quale
ragione
il
generale
americano
e
il
suo
aiutante
non
siano
partiti
prima
delle
ore
16
dell'8
settembre
,
in
un
aereo
speciale
della
R
.
Aeronautica
(
il
mio
informatore
fornì
loro
gli
abiti
borghesi
per
recarsi
all
'
aeroporto
)
.
«
L
'
annuncio
dell
'
armistizio
sorprese
il
generale
americano
mentre
era
in
viaggio
.
«
Perché
allora
il
generale
Eisenhower
aveva
a
lui
commesso
questa
missione
?
«
Dopo
l
'
annuncio
dell
'
armistizio
da
parte
,
italiana
alle
ore
20
viene
comunicato
alle
truppe
lo
stato
di
emergenza
.
«
Il
gen
.
Roatta
dentro
una
autoblinda
del
R
.
E
.
col
suo
aiutante
ten
.
col
.
Fenazzi
si
rifugia
a
palazzo
Caprara
ove
,
a
notte
inoltrata
,
lo
raggiungono
i
principali
esponenti
dello
S
.
M
.
«
Alle
4
del
mattino
viene
dato
ordine
dal
generale
Carboni
,
uscito
pallido
da
un
colloquio
con
Badoglio
,
che
si
trovava
al
Ministero
della
Guerra
,
che
il
corpo
d
'
armata
motocorazzato
doveva
sganciarsi
e
ripiegare
su
Tivoli
.
«
Il
suo
capo
di
S
.
M
.
gli
fa
presente
l
'
impossibilità
di
eseguire
tale
ordine
senza
compromettere
le
sorti
delle
unità
già
in
parte
impegnate
o
a
contatto
coi
Tedeschi
.
«
Carboni
risponde
che
a
Tivoli
si
trovava
il
re
e
tale
argomento
convince
tutti
.
L
'
ordine
scritto
viene
firmato
dal
generale
De
Stefanis
,
unico
rimasto
,
alle
ore
5-6
del
mattino
.
Carboni
scompare
fino
alla
sera
del
9
.
Le
truppe
si
trovano
in
una
tragica
alternativa
di
ordini
e
contrordini
.
Calvi
assume
il
comando
del
Corpo
d
'
Armata
e
conferma
l
'
ordine
,
che
viene
eseguito
.
«
La
sera
del
9
si
ripresenta
Carboni
che
è
del
parere
di
trattare
coi
Tedeschi
.
Inizio
delle
trattative
e
intervento
Caviglia
.
Rottura
delle
trattative
durante
il
mattino
del
10
.
Carboni
decide
di
combattere
.
Nuovo
intervento
Calvi
.
Carboni
scompare
.
«
Le
truppe
si
sbandano
.
Altri
generali
fuggono
e
si
travestono
.
«
Alle
ore
17
dell'8
settembre
il
generale
De
Stefanis
riceveva
una
telefonata
dal
Gabinetto
di
Badoglio
che
gli
comunicava
di
recarsi
subito
al
Quirinale
in
sostituzione
del
generale
Roatta
che
si
trovava
impegnato
presso
il
Maresciallo
Kesselring
in
colloquio
di
normale
carattere
operativo
.
«
Il
generale
De
Stefanis
telefonava
al
Quirinale
per
accertarsi
di
tale
invito
sembrandogli
strana
questa
chiamata
urgente
al
palazzo
del
re
e
gli
veniva
confermata
.
«
Alle
17,30
giungeva
al
Quirinale
ed
apprendeva
che
era
stato
convocato
un
segretissimo
Consiglio
della
Corona
.
«
Quasi
improvvisamente
si
trovò
quindi
in
una
sala
in
presenza
del
re
.
Erano
con
lui
convocati
:
Badoglio
,
Acquarone
,
Ambrosio
,
Sorice
,
Sandalli
,
De
Courten
,
Guariglia
.
Sembra
esclusa
la
presenza
del
generale
Carboni
.
«
Badoglio
prende
la
parola
e
informa
che
data
la
situazione
disperata
,
il
re
li
aveva
convocati
per
avere
il
loro
parere
.
«
Alle
meraviglia
che
si
manifestava
sui
volti
dei
presenti
,
Ambrosio
informava
che
dal
3
settembre
era
stato
firmato
un
armistizio
con
gli
Anglo
-
Americani
,
armistizio
del
quale
leggeva
le
clausole
,
e
che
gli
Anglo
-
Americani
avevano
dato
improvviso
annuncio
di
esso
contrariamente
alle
previsioni
.
«
Tanto
per
opportuna
conoscenza
ai
capi
di
S
.
M
.
dell
'
Esercito
,
Marina
,
Aeronautica
.
Guariglia
protesta
per
non
essere
stato
informato
della
avvenuta
firma
.
De
Stefanis
fa
ogni
riserva
,
data
l
'
assenza
di
Roatta
,
che
egli
prega
di
attendere
,
ma
esprime
personalmente
parere
contrario
.
Acquarone
insiste
per
l
'
accettazione
immediata
dell
'
armistizio
.
«
Badoglio
è
in
stato
di
depressione
nervosa
.
I
più
esprimono
parere
contrario
.
«
Badoglio
sembra
che
abbia
esclamato
:
"
Allora
io
devo
cadere
"
.
«
Alle
18,15
circa
giunge
un
radio
di
Eisenhower
concepito
in
termini
di
ultimatum
di
due
ore
.
«
Di
fronte
a
questo
ultimatum
,
il
panico
e
l
'
incertezza
prendono
l
'
animo
di
tutti
i
presenti
.
«
Sembra
che
di
fronte
a
una
nuova
richiesta
Eisenhower
abbia
comunicato
che
garanzie
per
il
futuro
sarebbero
state
date
con
la
più
larga
comprensione
delle
condizioni
nelle
quali
si
erano
venuti
a
trovare
l
'
Italia
e
il
suo
Governo
.
«
Alle
19
il
re
si
alza
in
piedi
e
comunica
che
egli
decide
di
accettare
l
'
armistizio
e
invita
a
redigere
l
'
annuncio
italiano
di
esso
,
che
doveva
essere
radiodiffuso
alle
ore
20
,
ora
nella
quale
scadeva
l
'
ultimatum
anglo
-
americano
.
«
De
Stefanis
si
oppone
all
'
ultima
parte
di
tale
annuncio
,
cioè
quella
riguardante
"
da
qualunque
Potenza
provengano
le
ostilità
,
ecc
.
"
.
«
La
sua
tesi
è
infine
accolta
dallo
stesso
re
e
viene
deciso
che
tale
ultima
parte
venga
tolta
dall
'
annuncio
.
Alle
19,30
il
Consiglio
si
scioglie
.
«
Alle
ore
21
,
De
Stefanis
,
alla
sua
mensa
di
Monterotondo
,
presenti
i
generali
Mariotti
,
Utili
Surdi
e
Parone
,
esprime
la
sua
meraviglia
e
il
suo
disappunto
per
l
'
aggiunta
della
frase
riguardante
le
ostilità
con
la
Germania
e
che
il
re
aveva
deciso
con
il
Consiglio
di
togliere
.
«
Sembra
che
Badoglio
avesse
all
'
ultimo
momento
di
sua
iniziativa
messo
la
frase
nell
'
annuncio
stesso
.
«
Fino
alle
ore
24
,
De
Stefanis
e
gli
altri
ufficiali
dello
S
.
M
.
rimangono
a
Monterotondo
.
«
Nel
frattempo
,
ad
una
richiesta
germanica
di
evacuare
la
Sardegna
con
la
consegna
dei
pezzi
da
88
contraerei
tedeschi
in
dotazione
ai
nostri
reparti
,
effettuata
a
mezzo
del
nostro
Comando
dell
'
isola
,
De
Stefanis
rispondeva
di
aderire
e
di
lasciar
imbarcare
i
Tedeschi
senza
alcun
disturbo
.
«
Dopo
,
tutti
si
trasferiscono
a
Roma
al
palazzo
Baracchini
e
Caprara
.
«
Alle
ore
6.30
del
9
settembre
De
Stefanis
e
Mariotti
:
partono
per
l
'
Abruzzo
.
A
Carsoli
,
punto
di
riunione
,
trovano
l
'
ordine
di
Ambrosio
di
proseguire
per
Chieti
.
De
Stefanis
prosegue
per
Avezzano
dove
ha
la
famiglia
,
sopraggiunta
in
auto
da
Mantova
,
e
da
ivi
accompagnato
dal
ten
.
col
.
di
S
.
M
.
Guido
Perone
,
alle
ore
15,30
,
per
Chieti
,
dicendo
che
alla
sera
avrebbe
fatto
ritorno
.
«
Alle
18
è
a
Chieti
ove
Ambrosio
presiede
un
rapporto
dello
S
.
M
.
Sono
presenti
i
generali
Roatta
,
Mariotti
,
Utili
,
Armellini
,
Salazar
e
altri
(
ten
.
gen
.
Braida
e
capitano
Barone
a
Roma
attualmente
)
.
«
Alle
ore
21,30
dopo
la
mensa
del
presidio
e
dopo
che
Roatta
ha
impartito
ordini
al
generale
Olmi
,
comandante
di
una
divisione
di
assumere
il
comando
della
piazza
di
Chieti
,
se
ne
partono
tutti
in
gran
fretta
e
in
gran
mistero
(
fari
spenti
,
macchine
a
brevi
distanze
per
non
perdere
la
strada
,
destinazione
ignota
)
.
«
Alla
mezzanotte
la
colonna
delle
macchine
giunge
a
Ortona
a
Mare
.
Alcune
ore
dopo
giungono
poche
auto
dalle
quali
discendono
il
re
,
la
regina
e
il
principe
Umberto
con
un
esiguo
seguito
.
«
La
regina
è
disfatta
e
prende
continuamente
delle
gocce
.
Il
principe
rimane
isolato
e
in
disparte
,
scosso
da
una
forte
tosse
.
«
Il
re
conferisce
con
Ambrosio
.
Sono
pure
presenti
Sandalli
e
De
Courten
.
Poco
dopo
attracca
un
rimorchiatore
.
Al
largo
attende
una
pirocorvetta
.
Nella
notte
fonda
il
carico
dei
fuggitivi
è
compiuto
.
La
nave
è
il
Gleno
.
Ai
carabinieri
di
scorta
vengono
distribuite
lire
cinquantamila
.
Alcuni
ufficiali
superiori
,
tra
i
quali
il
generale
Cener
della
Direzione
Superiore
Trasporti
,
rimangono
a
terra
»
.
Questo
è
il
racconto
di
un
testimonio
oculare
.
Si
può
aggiungere
che
la
famiglia
reale
si
era
nascosta
nel
Ministero
della
Guerra
da
dove
si
affrettò
a
partire
non
appena
venne
la
notizia
che
i
carri
armati
germanici
stavano
per
sboccare
in
Piazza
Venezia
.
La
fuga
fu
precipitosa
e
molte
carte
e
documenti
rimasero
sui
tavoli
o
negli
scaffali
.
Le
casse
contenenti
denaro
furono
però
regolarmente
vuotate
.
Con
questa
vera
e
propria
diserzione
verso
il
nemico
,
caso
unico
e
senza
precedenti
,
la
monarchia
dei
Savoia
,
nata
dopo
il
Trattato
di
Utrecht
del
1713
da
una
combinazione
diplomatica
delle
grandi
Potenze
,
che
prima
le
diedero
la
Sicilia
e
poi
in
cambio
la
Sardegna
,
si
avviava
a
una
disonorante
fine
.
Non
diverso
da
quello
del
popolo
italiano
sarà
il
giudizio
della
storia
.
StampaQuotidiana ,
«
Se
aveste
cinque
milioni
che
ne
fareste
?
»
Su
430
interrogati
in
un
villaggio
-
città
del
Milanese
,
372
dicono
subito
la
casa
,
prima
la
casa
poi
il
negozio
,
l
'
automobile
,
il
deposito
in
banca
.
È
«
la
febbre
del
mattone
»
,
qui
altissima
.
Se
in
dieci
anni
,
dal
1951
al
1961
,
l
'
attività
edilizia
dell
'
Italia
settentrionale
sale
da
100
a
170
,
qui
l
'
indice
supera
quota
340
.
Una
casa
per
gli
ex
contadini
locali
e
immigrati
cui
la
rivoluzione
industriale
ha
tolto
«
la
paura
di
esporsi
»
sostituendola
con
paure
più
grandi
.
Cittadini
di
una
età
di
transizione
,
eccoli
presi
dal
panico
dell
'
incerto
e
del
provvisorio
,
dall
'
ansia
di
trovare
qualcosa
di
sicuro
e
di
stabile
.
Se
prima
la
loro
vita
era
basata
sul
binomio
terra
-
sicurezza
,
ora
è
la
casa
-
sicurezza
che
cercano
.
Magari
una
sicurezza
illusoria
,
pagata
a
durissimo
prezzo
:
debiti
per
tutta
la
vita
,
un
castello
di
cambiali
che
sta
in
piedi
a
patto
che
non
ci
si
ammali
mai
,
che
si
abbia
sempre
lavoro
.
Quasi
una
scommessa
contro
tutto
e
tutti
.
Una
casa
,
non
un
alloggio
.
Non
dolce
e
accogliente
come
la
home
anglosassone
(
odore
di
torta
di
mele
e
nostalgia
)
,
ma
amica
e
necessaria
,
fuori
di
lei
il
pulviscolo
sociale
,
la
disintegrazione
.
Possibilmente
«
di
tipo
svizzero
»
,
che
poi
risulta
una
mescolanza
di
tetti
sghembi
,
di
terrazzini
meridionali
,
di
tenui
colori
veneti
.
La
casa
unifamiliare
,
sempre
più
difficile
ora
che
il
prezzo
dei
terreni
sale
alle
stelle
imponendo
i
condominii
a
molti
alloggi
.
Eppure
i
nuovi
arrivati
insistono
,
chiedono
aiuti
impossibili
,
si
indebitano
in
maniera
impossibile
,
vanno
a
lamentarsi
dai
sindaci
.
Quello
di
Cinisello
gli
dice
:
«
Ma
andiamo
,
siate
ragionevoli
,
perché
volete
una
casa
per
ogni
famiglia
?
Dovete
associarvi
,
non
avete
i
mezzi
,
il
comune
non
può
aiutarvi
»
.
I
più
tacciono
delusi
,
alcuni
danno
la
risposta
dei
bambini
:
«
Perché
di
sì
»
.
Il
collettivismo
forzato
della
fascia
industriale
,
il
gomito
a
gomito
urbano
è
pervaso
da
questo
desiderio
di
isolamento
familiare
.
E
dal
ripudio
di
ogni
solidarietà
del
tipo
contadino
.
L
'
istituto
delle
case
popolari
osserva
che
dovunque
gli
inquilini
aggiungono
«
chiusure
,
tramezze
divisorie
,
separazioni
»
.
E
si
sente
dire
:
«
Non
mi
piace
che
gli
altri
vedano
quel
che
abbiamo
nel
piatto
»
.
«
Ognuno
la
pensa
a
modo
suo
,
la
gente
adesso
non
è
come
una
volta
.
»
L
'
indice
«
conflittuale
»
come
lo
chiamano
i
sociologi
sale
nelle
vecchie
abitazioni
a
corte
,
le
cascine
trasformate
o
i
palazzi
decaduti
come
la
corte
degli
Arduino
,
a
Sesto
,
un
tempo
sede
comitale
,
poi
convento
,
filanda
,
caserma
e
ora
alloggio
di
immigrati
.
E
si
capisce
che
la
gente
delle
corti
litighi
,
si
guasti
:
finita
la
collaborazione
economica
della
comunità
contadina
,
finite
le
parentele
e
le
amicizie
che
nascevano
da
quella
collaborazione
,
gli
abitanti
della
corte
si
guardano
con
fastidio
e
sospetto
.
Sono
tipi
arrivati
da
regioni
e
da
culture
diversi
,
immessi
repentinamente
in
un
mondo
nuovo
diverso
.
Hanno
bisogno
di
qualcosa
che
li
difenda
dalla
disintegrazione
:
una
casa
loro
.
La
doppia
convenienza
Alla
prova
delle
migrazioni
la
famiglia
contadina
,
organica
,
a
più
generazioni
reagisce
in
modo
estremo
,
spezzandosi
o
rinsaldandosi
:
familiari
che
si
tengono
uniti
come
in
una
cordata
o
che
bruciano
anche
le
memorie
.
«
Queste
cose
o
le
fai
in
famiglia
o
non
le
fai
»
dice
l
'
immigrato
della
famiglia
«
in
cordata
»
che
si
costruisce
la
casa
nella
notte
.
«
A
sentire
la
famiglia
non
ci
saremmo
mai
mossi
»
dicono
gli
altri
,
anche
le
giovani
coppie
che
si
presentano
ai
parroci
per
raccontargli
come
sono
fuggiti
dal
Sud
e
dai
suoi
matrimoni
di
convenienza
.
Nella
regola
,
però
,
sono
i
matrimoni
convenienti
alla
civiltà
contadina
che
affrontano
il
brusco
mutamento
di
temperatura
sociale
uscendone
spezzati
o
rafforzati
come
da
una
tempra
.
Di
quelli
spezzati
,
a
volte
polverizzati
,
lui
e
lei
chi
sa
dove
,
restano
gli
«
orfani
dell
'
emigrazione
»
,
abbastanza
numerosi
negli
istituti
del
Milanese
.
Per
gli
altri
c
'
è
un
periodo
di
transizione
in
cui
muore
il
primo
matrimonio
,
della
convivenza
industriale
.
«
La
famiglia
»
dice
il
sociologo
Diena
«
è
,
nella
fascia
,
in
una
fase
polemica
.
Non
più
la
famiglia
allargata
,
ma
non
ancora
la
famiglia
nucleare
.
»
La
polemica
sembra
inevitabile
appena
la
famiglia
è
,
bene
o
male
,
sistemata
,
compiuto
il
trasferimento
a
catena
o
«
a
ciliegia
»
,
costruita
la
casa
,
l
'
unità
di
produzione
trasformata
in
una
unità
di
consumo
.
Allora
i
figli
cominciano
a
guardare
i
genitori
con
occhi
«
milanesi
»
,
dentro
noia
,
superiorità
e
un
po
'
di
affetto
,
mescolati
.
Sono
tempi
difficili
per
i
genitori
:
nel
nuovo
mondo
la
loro
autorità
è
scomparsa
o
tende
a
scomparire
,
come
nella
famiglia
americana
,
ma
il
cameratismo
che
dovrebbe
sostituirla
qui
non
si
vede
ancora
,
fra
anziani
e
giovani
non
c
'
è
convivenza
,
l
'
attaccamento
alle
tradizioni
contadine
degli
anziani
non
consente
dialoghi
amichevoli
.
Brutta
faccenda
,
per
gli
anziani
,
il
rapido
progresso
tecnologico
:
riescono
a
malapena
a
resistergli
,
se
riescono
,
comunque
non
hanno
più
niente
da
insegnare
ai
figli
.
Intanto
costoro
han
capito
che
il
lavoro
lo
trovano
più
facilmente
loro
che
gli
anziani
e
misurano
l
'
insufficienza
dei
padri
e
delle
madri
a
risolvere
i
problemi
economici
e
sociali
.
Anche
da
questo
nasce
il
desiderio
di
andarsene
,
di
mettere
su
casa
per
conto
proprio
:
spesso
i
giovani
cercano
nella
futura
moglie
o
nel
futuro
marito
proprio
ciò
che
manca
al
padre
o
alla
madre
,
che
è
un
'
altra
chiave
per
spiegare
la
«
febbre
del
mattone
»
,
la
ricerca
affannosa
della
casa
unifamiliare
,
questa
ultima
difesa
degli
anziani
contro
la
duplice
batosta
dei
cinquant
'
anni
quando
retrocedono
dal
salario
alla
pensione
e
gli
manca
l
'
aiuto
dei
figli
che
sposano
.
«
La
casa
l
'
abbiamo
fatta
pensando
all
'
avvenire
dei
figli
?
»
«
La
casa
ce
l
'
hai
,
cosa
cerchi
?
»
«
Non
pensateci
,
la
alzeremo
di
un
piano
.
»
È
l
'
ultima
ratio
,
l
'
ultimo
patetico
ricatto
:
«
Qui
almeno
i
figli
ve
li
guarderemo
noi
»
.
La
nuova
donna
Non
è
poi
mica
vero
che
la
donna
sia
soltanto
mobile
«
qual
piuma
»
,
almeno
non
lo
è
per
la
donna
nuova
che
si
forma
nella
fascia
,
un
misterioso
miscuglio
di
progresso
e
di
conservazione
,
di
stabilità
e
di
riformismo
,
ora
pungolo
ora
remora
nella
grande
avventura
del
trapianto
familiare
.
Più
ricettiva
dell
'
uomo
alle
mode
,
più
interessata
dell
'
uomo
,
naturalmente
,
alla
parità
fra
i
sessi
.
Ma
al
tempo
stesso
più
legata
alle
virtù
contadine
del
risparmio
,
del
sacrificio
,
della
pazienza
,
capace
di
chiusure
e
di
sacrifici
di
fronte
ai
quali
l
'
uomo
già
esita
:
«
Se
vivevamo
laggiù
con
20
mila
al
mese
vivremo
anche
qui
.
Con
il
resto
si
fa
la
casa
»
.
«
Di
che
ti
lamenti
?
Come
abitavamo
laggiù
abitiamo
qui
finché
conviene
.
»
Certi
osservatori
superficiali
del
mercato
credono
che
spetti
alle
donne
l
'
aumento
di
tutti
i
consumi
.
È
più
esatto
dire
,
nella
fascia
,
che
la
donna
decide
soprattutto
i
consumi
che
servono
la
famiglia
e
la
sua
difesa
,
anche
gli
strumenti
di
svago
:
«
Che
vuole
,
il
televisore
ho
dovuto
comperarlo
,
se
no
chi
le
teneva
in
casa
le
figlie
?
»
.
La
difesa
della
famiglia
anche
ricreando
,
come
si
può
,
le
occasioni
degli
svaghi
comuni
e
sorvegliati
:
certe
sale
doppio
cinematografiche
a
Cinisello
,
Desio
eccetera
si
trasformano
,
il
sabato
sera
,
in
club
regionali
dove
i
paesani
chiacchierano
,
ridono
e
negli
intervalli
consumano
il
cibo
portato
da
casa
.
Nell
'
interno
della
famiglia
,
si
diceva
,
l
'
azione
della
donna
è
molteplice
e
,
per
certi
aspetti
,
contraddittoria
.
I
pregiudizi
,
l
'
educazione
sentimentale
,
il
fardello
di
una
tradizione
antica
,
un
certo
calcolo
autoritaristico
la
legano
alla
famiglia
tradizionale
;
ma
intanto
non
perde
occasione
per
sottrarsi
alla
autorità
dispotica
dell
'
uomo
e
per
rivendicare
quella
parità
che
conduce
inevitabilmente
alla
famiglia
ristretta
.
Alcune
il
diritto
alla
parità
se
lo
sono
guadagnate
sul
campo
,
guidando
l
'
emigrazione
:
lei
che
viene
su
da
uno
zio
,
da
un
fratello
,
con
i
figli
per
dar
tempo
a
lui
di
vendere
la
casa
o
il
campo
.
Lei
che
trova
la
casa
e
il
lavoro
per
lui
,
che
gli
fa
da
guida
nel
nuovo
mondo
,
che
contribuisce
,
lavorando
essa
pure
,
al
mantenimento
della
famiglia
.
Allora
in
casa
ci
si
rende
conto
,
poco
a
poco
,
che
sono
finiti
i
lavori
collettivi
dei
contadini
e
dei
pescatori
,
che
la
famiglia
non
ha
più
introiti
propri
,
ma
una
somma
di
introiti
.
Gradualmente
si
fa
strada
il
concetto
che
il
guadagno
della
moglie
,
della
figlia
,
della
sorella
non
è
automaticamente
e
totalmente
un
guadagno
della
famiglia
.
Pian
piano
si
arriva
al
concetto
della
donna
che
dà
alla
famiglia
la
sua
quota
come
l
'
uomo
:
«
Ho
detto
a
mio
padre
che
ero
stufa
di
dare
tutto
in
casa
,
gli
ho
detto
di
fissarmi
la
mia
parte
,
lui
mi
ha
dato
uno
schiaffo
,
ma
adesso
si
è
abituato
»
.
E
si
diffonde
l
'
abitudine
delle
donne
a
farsi
intestare
beni
immobili
,
ad
avere
un
patrimonio
proprio
,
a
dividere
la
vita
sociale
del
marito
.
Avere
un
figlio
senza
essere
sposate
è
sempre
una
brutta
faccenda
,
ma
non
è
più
un
dramma
.
Qui
il
figlio
puoi
tenerlo
e
nessuno
trova
da
ridire
se
sei
in
grado
di
mantenerlo
.
Perché
qui
l
'
importante
è
questo
,
di
avere
sempre
una
copertura
economica
.
Le
donne
lo
capiscono
prima
degli
uomini
,
è
merito
loro
il
controllo
delle
nascite
,
quasi
automatico
di
fronte
alle
necessità
del
nuovo
mondo
:
«
Questo
e
poi
basta
»
.
Le
donne
fan
presto
a
capire
cosa
costa
allevare
un
figlio
nei
giorni
duri
e
caotici
della
rivoluzione
industriale
.
Su
cento
bimbi
di
immigrati
nel
Milanese
una
quarantina
vengono
affidati
ad
amici
o
parenti
,
una
decina
lasciati
nei
paesi
di
origine
,
venti
affidati
agli
asili
e
gli
ultimi
venti
,
anche
se
potrà
sembrare
incredibile
,
lasciati
senza
alcuna
custodia
.
Così
la
voglia
di
figliare
passa
:
se
la
media
delle
famiglie
in
arrivo
è
di
circa
quattro
figli
quella
delle
famiglie
costituite
qui
scende
a
due
.
La
civiltà
consumistica
ed
edonistica
non
ama
le
famiglie
troppo
numerose
.
O
almeno
non
le
ama
finché
non
sono
ricche
abbastanza
per
concedersi
quel
lusso
.
E
ci
vuole
tempo
,
parecchio
tempo
,
prima
che
gli
assetati
di
nuovi
piaceri
riscoprano
che
il
piacere
dei
figli
è
il
meno
illusorio
.
I
consumi
inesistenti
I
consumi
sono
aumentati
e
aumentano
,
in
tutta
la
fascia
.
Sicché
volendo
si
possono
applicare
anche
qui
i
teoremi
americani
del
consumo
concupiscente
e
simbolico
.
Solo
che
non
bisogna
perdere
il
senso
delle
proporzioni
:
siamo
ancora
,
nel
migliore
dei
casi
,
a
un
consumo
di
massa
continuativo
limitato
a
35
,
40
persone
su
100
,
le
altre
65
,
60
,
appena
al
livello
della
sussistenza
,
neanche
una
lira
dopo
quelle
necessarie
al
cibo
,
all
'
alloggio
e
a
un
vestito
.
E
la
preparazione
culturale
di
quelli
che
acquistano
è
talmente
bassa
che
bisogna
rivedere
e
adattare
i
sistemi
di
vendita
.
Per
esempio
quello
della
cornucopia
straripante
,
dell
'
abbondanza
a
portata
di
mano
,
tipica
dei
supermarket
sembra
peccare
,
a
volte
,
per
eccesso
di
fiducia
economica
e
culturale
.
A
Sesto
,
a
Monza
,
a
Legnano
,
i
direttori
dei
grandi
magazzini
osservano
sia
i
clienti
che
«
comprano
tutto
e
poi
si
arrabbiano
»
(
l
'
insufficienza
economica
dopo
il
raptus
consumistico
)
sia
quelli
«
tutti
stupiti
quando
devono
restituire
una
parte
degli
acquisti
perché
non
ce
la
fanno
a
pagare
»
(
Insufficienza
economica
,
ma
anche
analfabetismo
,
incapacità
di
leggere
i
prezzi
.
)
In
tutta
la
fascia
la
razionalità
dei
self
service
deve
fare
i
conti
con
l
'
ignoranza
del
pubblico
:
inutile
dividere
le
taglie
degli
abiti
secondo
il
colore
degli
attaccapanni
,
il
rosso
taglia
grande
,
il
giallo
taglia
media
,
il
verde
piccolo
,
se
poi
i
clienti
non
sanno
leggere
il
cartello
con
le
indicazioni
.
Ed
è
frutto
dell
'
ignoranza
,
più
che
della
povertà
,
l
'
equivoco
che
sta
alla
base
dei
numerosi
furti
:
servirsi
da
soli
eguale
a
mancanza
di
controlli
.
Poi
finisce
che
le
ragazze
vengono
trovate
con
addosso
il
costume
da
bagno
indossato
sotto
i
vestiti
,
nel
camerino
di
prova
;
e
gli
uomini
con
le
matite
,
gli
accenditori
,
i
portamonete
e
le
altre
cose
piccole
nelle
tasche
.
Ecco
un
altro
modo
di
definire
le
due
avventure
:
nel
West
della
conquista
,
furti
di
mandrie
e
di
cassette
d
'
oro
,
qui
furti
da
supermercato
.
Il
Milanese
è
molto
più
civile
del
West
:
perciò
vi
si
ruba
speculando
,
nei
limiti
del
codice
.
StampaQuotidiana ,
Gli
artefici
del
tradimento
e
in
primo
luogo
il
re
capobanda
,
i
suoi
generali
e
i
suoi
consiglieri
fuggiaschi
ad
Ortona
si
resero
conto
anche
vagamente
di
quel
che
facevano
?
Furono
coscienti
criminali
o
criminali
incoscienti
o
le
due
cose
insieme
?
Eppure
le
conseguenze
erano
prevedibili
con
matematica
esattezza
.
Era
facile
prevedere
che
al
magico
suono
della
parola
"
armistizio
"
tutte
le
Forze
armate
si
sarebbero
polverizzate
;
che
i
Tedeschi
si
sarebbero
premuniti
disarmandole
sino
all
'
ultima
cartuccia
;
che
l
'
Italia
,
divisa
oramai
in
due
parti
,
sarebbe
stata
un
campo
di
battaglia
,
che
l
'
avrebbe
convertita
in
una
"
terra
bruciata
"
;
che
l
'
inganno
tramato
contro
l
'
alleato
e
il
successivo
tradimento
avrebbero
pesato
,
come
peseranno
,
per
un
imprevedibile
periodo
di
tempo
,
sull
'
avvenire
dell
'
Italia
;
che
d
'
ora
innanzi
sarebbe
stata
considerata
come
una
universale
verità
l
'
identità
stabilita
fra
"
Italiano
"
e
"
traditore
"
;
che
la
confusione
e
l
'
umiliazione
degli
spiriti
sarebbero
state
enormi
.
Diradata
la
immensa
nube
di
polvere
sollevata
dal
precipitare
di
tutta
l
'
impalcatura
statale
,
vuotati
col
saccheggio
,
prima
delle
truppe
,
poi
della
plebe
,
i
magazzini
militari
,
fu
possibile
notare
due
cristallizzazioni
di
quel
che
rimaneva
della
coscienza
nazionale
:
la
prima
consisteva
nel
considerare
liquidata
la
monarchia
.
Un
re
che
fugge
verso
il
nemico
;
un
re
caso
unico
nella
storia
che
consegna
volontariamente
allo
straniero
al
sud
nemico
,
al
nord
alleato
tutto
il
territorio
nazionale
,
è
un
uomo
che
si
condanna
da
sé
al
vituperio
delle
generazioni
presenti
e
future
.
Seconda
constatazione
:
i
magazzini
militari
erano
pieni
.
Montagne
di
equipaggiamenti
di
ogni
genere
e
cataste
di
armi
,
in
gran
parte
moderne
,
che
non
erano
state
distribuite
alle
truppe
.
In
data
22
aprile
1943
,
tre
mesi
appena
prima
della
crisi
,
l
'
ingegnere
Agostino
Rocca
,
amministratore
delegato
dell
'
"
Ansaldo
"
,
mandava
questo
rapporto
al
Duce
:
«
Duce
,
ritengo
opportuno
darvi
qualche
notizia
circa
la
produzione
di
artiglierie
dell
'
Ansaldo
.
Nei
primi
trentun
mesi
di
guerra
(
luglio
1940-gennaio
1943
)
le
nostre
officine
hanno
prodotto
5049
complessi
di
artiglieria
.
Nei
primi
trentun
mesi
della
guerra
passata
(
giugno
1915-gennaio
1917
)
la
vecchia
e
gloriosa
Giovanni
Ansaldo
ne
produsse
3699
.
«
Dal
diagramma
allegato
si
rileva
che
per
fare
i
5049
cannoni
abbiamo
impiegato
15
milioni
di
ore
lavorative
,
mentre
nella
guerra
passata
,
3699
ne
richiesero
6
milioni
.
«
Dallo
stesso
specchio
si
rileva
che
le
artiglierie
odierne
,
con
alte
velocità
iniziali
,
e
quindi
con
sforzi
più
elevati
,
richiedono
lavoro
assai
maggiore
che
non
le
artiglierie
della
guerra
passata
,
e
ciò
malgrado
il
progresso
verificatosi
nelle
macchine
e
negli
utensili
.
Dal
diagramma
allegato
D
si
rileva
che
all
'
inizio
della
guerra
del
1940
la
potenzialità
produttiva
era
più
elevata
che
nel
giugno
1915
,
perché
le
predisposizioni
adottate
nel
1939-1940
furono
ispirate
da
più
larga
visione
di
quelle
del
1914-1915
.
In
questo
come
in
tutti
gli
altri
settori
l
'
industria
italiana
,
grazie
alle
previsioni
autarchiche
e
corporative
del
regime
,
si
è
trovata
nel
1940
in
uno
stato
di
preparazione
assai
superiore
a
quella
del
1915
.
Dallo
stesso
diagramma
si
rileva
che
la
produzione
ha
raggiunto
il
suo
massimo
nel
1941
ed
è
lievemente
declinata
nel
1942
,
mentre
la
potenzialità
degli
impianti
consentirebbe
una
produzione
circa
doppia
di
quella
effettuata
nel
1941
.
«
Tutto
ciò
dimostra
che
i
programmi
di
potenziamento
da
voi
approvati
nel
1939-1940
e
attuati
dalle
aziende
dell
'I.R.I
.
consentivano
di
fare
largamente
fronte
ai
bisogni
delle
Forze
Armate
»
.
Dunque
:
un
solo
stabilimento
aveva
prodotto
cinquemila
bocche
da
fuoco
!
La
caduta
è
stata
di
quelle
che
gli
Spagnoli
chiamano
"
verticali
"
.
Il
raffronto
fra
quel
che
era
l
'
Italia
nel
1940
e
l
'
odierna
,
così
com
'
è
stata
ridotta
dalla
resa
a
discrezione
,
che
un
popolo
degno
di
questo
nome
non
avrebbe
mai
salutato
con
esplosioni
di
giubilo
come
quelle
che
avvennero
dopo
l'8
settembre
e
delle
quali
una
eco
abbastanza
forte
giunse
anche
al
Rifugio
del
Gran
Sasso
,
il
raffronto
,
dicevamo
,
è
veramente
angoscioso
.
Allora
l
'
Italia
era
un
Impero
,
oggi
non
è
nemmeno
uno
Stato
.
La
sua
bandiera
sventolava
da
Tripoli
a
Mogadiscio
,
da
Bastia
a
Rodi
,
a
Tirana
;
oggi
è
dovunque
ammainata
.
Nel
territorio
metropolitano
sventolano
bandiere
nemiche
.
Gli
Italiani
erano
ad
Addis
Abeba
,
oggi
gli
Africani
bivaccano
a
Roma
.
Qualsiasi
italiano
di
qualsiasi
età
,
categoria
,
vecchio
,
giovane
,
uomo
,
donna
,
operaio
,
contadino
,
intellettuale
si
ponga
la
domanda
:
valeva
la
pena
di
arrendersi
e
di
infamarsi
nei
secoli
per
giungere
a
questo
risultato
?
Se
invece
di
firmare
la
capitolazione
la
guerra
fosse
continuata
,
l
'
Italia
si
troverebbe
in
una
situazione
peggiore
di
quella
nella
quale
si
trova
dall'8
settembre
in
poi
?
Oltre
alla
catastrofe
"
morale
"
non
v
'
è
italiano
che
non
risenta
su
di
sé
le
conseguenze
fatali
di
quella
decisione
.
Non
v
'
è
famiglia
italiana
che
non
sia
stata
travolta
nel
turbine
,
mentre
le
famiglie
dei
trecentomila
Caduti
si
domandano
se
il
sacrificio
del
loro
sangue
sia
stato
vano
.
A
furia
di
ripetere
la
parola
"
tradimento
"
si
corre
il
rischio
di
perderne
il
significato
,
di
dubitare
dell
'
esistenza
stessa
del
fatto
.
Ma
,
piantare
un
pugnale
nella
schiena
all
'
alleato
col
quale
sino
al
bollettino
di
guerra
del
giorno
precedente
si
è
combattuto
insieme
,
non
è
il
più
nero
,
il
più
classico
dei
tradimenti
?
E
davanti
ai
dubbi
dell
'
alleato
,
davanti
alle
sue
legittime
richieste
,
mentire
sino
all
'
ultimo
,
mentire
anche
quando
le
emittenti
nemiche
già
diramavano
l
'
annuncio
della
capitolazione
,
non
è
il
più
nero
e
il
più
classico
degli
inganni
?
Vi
è
un
punto
bruciante
sul
quale
è
necessario
fermare
l
'
attenzione
degli
Italiani
:
la
responsabilità
del
tradimento
dinanzi
al
mondo
.
Se
la
responsabilità
specifica
del
tradimento
,
nel
nostro
Paese
,
può
essere
determinata
e
fatta
ricadere
su
taluni
individui
e
categorie
,
la
vergogna
del
tradimento
ricade
sulla
totalità
degli
Italiani
.
Per
gli
stranieri
è
l
'
Italia
che
ha
tradito
,
l
'
Italia
come
dato
storico
,
geografico
,
politico
,
morale
.
Il
clima
dove
il
tradimento
ha
potuto
perpetrarsi
è
italiano
.
Tutti
hanno
in
maggiore
o
minore
misura
contribuito
a
creare
questo
clima
,
ivi
compresi
milioni
e
milioni
di
assidui
ascoltatori
di
radio
-
Londra
,
i
quali
sono
responsabili
di
avere
determinato
in
sé
e
negli
altri
lo
stato
odierno
di
incosciente
abulia
.
Anche
la
storia
ha
il
suo
dare
e
avere
:
il
suo
attivo
e
passivo
.
È
giusto
che
ogni
italiano
sia
orgoglioso
di
appartenere
alla
terra
dove
sorsero
uomini
come
Cesare
,
Dante
,
Leonardo
,
Napoleone
:
un
raggio
di
quegli
astri
si
riverbera
su
ogni
italiano
:
ma
lo
stesso
accade
per
la
vergogna
e
il
disonore
;
un
elemento
si
rifrange
su
tutti
e
su
ognuno
di
noi
.
Per
cancellare
l
'
onta
,
per
ristabilire
l
'
equilibrio
,
non
v
'
è
che
la
prova
delle
prove
:
quella
del
sangue
.
Solo
attraverso
questa
prova
si
potrà
rispondere
ad
un
altro
non
meno
angoscioso
interrogativo
:
siamo
di
fronte
ad
un
eclissi
o
a
un
tramonto
?
Nella
storia
di
tutte
le
Nazioni
ci
sono
periodi
simili
a
quelli
che
l
'
Italia
attualmente
traversa
.
Qualche
cosa
del
genere
dovette
accadere
e
accadde
in
Russia
dopo
la
pace
di
Brest
-
Litowsk
.
Il
caos
nel
quale
sorse
il
leninismo
durò
praticamente
sei
anni
.
Quanto
è
accaduto
di
poi
dimostra
che
si
trattava
di
un
eclissi
,
non
di
un
tramonto
.
Eclissi
fu
quello
della
Prussia
dopo
Jena
,
battaglia
nella
quale
i
Tedeschi
si
batterono
come
sempre
eroicamente
e
perdettero
,
falciato
dalla
morte
,
quello
che
fu
chiamato
il
"
fiore
dell
'
esercito
di
Prussia
"
e
lo
stesso
comandante
in
capo
,
duca
.
di
Brunswick
.
Gli
intellettuali
italiani
di
oggi
tengono
un
atteggiamento
non
diverso
da
quello
di
Johannes
von
Muller
,
il
Tacito
tedesco
.
Lo
stesso
Hegel
salutò
in
Napoleone
l
'
anima
del
mondo
,
allorché
il
vincitore
traversò
Jena
.
I
vessilliferi
dell
'
illuminismo
berlinese
si
profusero
in
saluti
al
"
liberatore
"
.
Non
ci
fu
allora
un
principe
Doria
Pamphili
,
berlinese
,
sotto
la
specie
del
conte
Von
der
Schulemburg
-
Kehnert
?
Ma
fu
un
eclissi
.
La
coscienza
nazionale
prussiana
ebbe
un
risveglio
potente
e
rapido
.
Le
grandi
tradizioni
fridericiane
erano
soltanto
sopite
.
Uomini
come
Stein
,
Gneisenau
,
Schaarnhorst
furono
i
campioni
della
ripresa
.
E
soprattutto
il
filosofo
Fichte
coi
suoi
discorsi
alla
nazione
tedesca
.
Bisogna
rileggerli
.
È
una
lettura
corroborante
anche
per
gli
Italiani
del
1944
.
Udite
come
parla
dei
Romani
questo
grande
fra
i
filosofi
della
Germania
:
«
Che
cosa
animò
i
nobili
romani
(
le
cui
idee
e
il
cui
modo
di
pensare
vivono
ancora
e
respirano
fra
noi
attraverso
i
loro
monumenti
)
,
che
cosa
li
animò
a
tante
fatiche
e
sacrifici
,
a
tante
sofferenze
durate
per
la
Patria
?
Essi
stessi
ce
lo
dicono
chiaramente
.
La
speranza
sicura
nella
eternità
della
loro
Roma
,
la
certezza
che
in
questa
eternità
essi
stessi
vivrebbero
eterni
attraverso
i
tempi
.
E
questa
speranza
,
in
quanto
era
fondata
e
aveva
la
forma
in
cui
essi
avrebbero
dovuto
concepirla
se
avessero
preso
conoscenza
di
sé
,
non
li
ha
delusi
.
Ciò
che
era
veramente
eterno
,
nella
loro
eterna
Roma
,
vive
anche
oggi
,
(
ed
essi
così
continuano
a
vivere
fra
noi
)
e
vivrà
fino
alla
consumazione
dei
secoli
»
.
È
necessario
quale
conseguenza
della
tremenda
espiazione
di
oggi
che
il
sentimento
dei
Romani
diventi
il
dato
della
coscienza
degli
Italiani
e
cioè
che
l
'
Italia
non
può
morire
.
Gli
Italiani
devono
rivolgersi
le
domande
che
Fichte
stesso
in
una
delle
sue
lezioni
poneva
al
mondo
tedesco
:
«
Bisogna
mettersi
d
'
accordo
-
egli
diceva
intorno
alle
seguenti
domande
:
1°
)
se
sia
vero
o
no
che
esiste
una
Nazione
tedesca
e
se
la
possibilità
per
essa
di
perdurare
nella
sua
essenza
propria
e
indipendente
sia
minacciata
;
2°
)
se
meriti
o
no
di
essere
conservata
;
3°
)
se
ci
sia
un
mezzo
sicuro
ed
efficace
per
conservarla
e
quale
esso
sia
»
.
La
Prussia
rispose
a
queste
domande
con
le
divisioni
di
Blücher
a
Waterloo
.
Per
quanto
riguarda
l
'
Italia
,
si
può
rispondere
che
una
Nazione
italiana
esiste
ed
esisterà
,
che
merita
di
essere
conservata
e
che
per
questo
è
necessario
che
dei
due
fattori
che
oggi
pesano
sulla
coscienza
:
la
disfatta
e
il
disprezzo
,
sia
annullato
il
più
grave
,
l
'
ultimo
,
nell
'
unico
mezzo
possibile
e
insostituibile
:
tornando
a
combattere
coll
'
alleato
o
,
meglio
detto
,
cogli
alleati
.
Issando
ancora
e
sempre
la
vecchia
bandiera
della
Rivoluzione
fascista
,
che
è
la
bandiera
per
la
quale
e
contro
la
quale
il
mondo
si
è
schierato
in
due
campi
opposti
.
La
guerra
iniziatasi
per
non
avere
ottenuto
un
"
corridoio
"
tedesco
nel
"
corridoio
"
polacco
è
già
finita
;
quella
che
si
fa
oggi
è
una
vera
e
propria
guerra
di
religione
che
sta
trasformando
Stati
,
popoli
,
continenti
.
In
una
specie
di
diario
che
Mussolini
ha
scritto
alla
Maddalena
e
che
un
giorno
potrà
vedere
la
luce
,
sta
scritto
:
«
Nessuna
meraviglia
che
il
popolo
abbatta
gli
idoli
ch
'
esso
stesso
ha
creato
.
È
forse
l
'
unico
mezzo
da
applicare
per
ricondurli
nelle
proporzioni
della
comune
umanità
»
.
E
più
oltre
:
«
Fra
qualche
tempo
,
il
Fascismo
tornerà
a
brillare
all
'
orizzonte
.
Primo
,
in
conseguenza
delle
persecuzioni
di
cui
i
"
liberali
"
lo
faranno
oggetto
,
dimostrando
che
la
libertà
è
quella
che
ognuno
riserva
per
sé
e
nega
agli
altri
;
secondo
,
per
una
nostalgia
dei
"
tempi
felici
"
che
a
poco
a
poco
tornerà
a
rodere
l
'
animo
degli
Italiani
.
Di
ciò
soffriranno
in
modo
particolare
tutti
i
combattenti
delle
guerre
europee
e
specie
africane
.
Il
"
male
d
'
Africa
"
farà
strage
.
«
Quando
Napoleone
chiuse
il
suo
ciclo
,
commettendo
la
grande
ingenuità
di
contare
sulla
cavalleria
dei
Britanni
,
i
vent
'
anni
della
sua
epopea
furono
rinnegati
e
maledetti
.
Gran
parte
dei
Francesi
di
allora
e
taluni
anche
oggi
lo
condannarono
come
un
uomo
nefasto
che
per
tentare
di
realizzare
i
suoi
smisurati
sogni
di
dominazione
aveva
condotto
al
massacro
milioni
di
Francesi
.
La
sua
opera
anche
nel
campo
politico
fu
misconosciuta
.
L
'
impero
stesso
fu
ritenuto
un
paradosso
anacronistico
nella
storia
di
Francia
.
Gli
anni
passarono
.
L
'
ala
del
tempo
si
distese
sui
lutti
e
sulle
passioni
.
La
Francia
ha
vissuto
e
dal
1840
vive
ancora
nel
solco
luminoso
della
tradizione
napoleonica
.
I
venti
anni
napoleonici
,
più
che
un
dato
della
storia
,
sono
un
dato
oramai
indissociabile
della
coscienza
nazionale
francese
.
Forse
accadrà
in
Italia
qualche
cosa
del
genere
.
Il
decennio
che
va
dalla
Conciliazione
alla
fine
della
guerra
di
Spagna
il
decennio
che
sollevò
di
colpo
l
'
Italia
al
livello
dei
grandi
imperi
il
decennio
fascista
,
durante
il
quale
fu
permesso
a
tutti
gli
uomini
del
nostro
sangue
disseminati
in
ogni
terra
di
tenere
alta
la
fronte
e
di
proclamarsi
senza
arrossire
"
Italiani
"
,
di
questo
decennio
si
esalteranno
le
generazioni
nella
seconda
metà
di
questo
secolo
;
anche
se
oggi
nella
durezza
dei
tempi
tentano
,
invano
,
di
cancellarlo
»
.
E
altrove
,
sempre
nel
diario
della
Maddalena
:
«
Per
redimersi
bisogna
soffrire
.
Bisogna
che
i
milioni
e
milioni
di
Italiani
di
oggi
e
di
domani
vedano
,
sentano
nelle
loro
carni
e
nella
loro
anima
che
cosa
significa
la
disfatta
e
il
disonore
,
che
cosa
vuol
dire
perdere
l
'
indipendenza
,
che
cosa
vuol
dire
da
soggetto
diventare
oggetto
della
politica
altrui
,
che
cosa
vuol
dire
essere
completamente
disarmati
;
bisogna
bere
nell
'
amaro
calice
fino
alla
feccia
.
Solo
toccando
il
fondo
si
può
risalire
verso
le
stelle
.
Solo
l
'
esasperazione
di
essere
troppo
umiliati
darà
agli
Italiani
la
forza
della
riscossa
»
.
StampaQuotidiana ,
Roma
,
28
novembre
,
notte
-
Attraverso
le
serratissime
maglie
del
segreto
istruttorio
è
trapelato
oggi
,
a
Roma
(
ed
è
stato
confermato
ufficiosamente
in
serata
)
,
uno
degli
elementi
-
e
ne
devono
esistere
molti
altri
,
si
suppone
-
che
alimentano
la
tranquilla
sicurezza
della
magistratura
e
della
polizia
sulla
responsabilità
di
Raoul
Ghiani
per
l
'
assassinio
di
Maria
Martirano
.
Questo
«
asso
nella
manica
»
delle
autorità
inquirenti
è
una
giovane
donna
,
sicura
di
sé
e
della
sua
buona
memoria
.
Spieghiamo
perché
la
polizia
attribuisca
tanto
rilievo
a
quel
che
il
personaggio
cardine
del
«
giallo
»
di
via
Monaci
ha
rivelato
e
potrà
ancora
dire
.
Questo
personaggio
ha
visto
l
'
uccisore
di
Maria
Martirano
,
la
sera
del
l0
settembre
,
a
non
più
di
un
metro
di
distanza
:
e
ha
riconosciuto
,
in
una
fotografia
,
Raoul
Ghiani
.
Da
più
parti
si
accennò
,
ieri
,
alle
affermazioni
di
un
meccanico
,
Benito
Sensoli
,
il
quale
si
trovava
in
un
'
automobile
,
a
una
trentina
di
metri
dal
portone
della
Martirano
,
e
scorse
,
la
sera
del
delitto
,
un
'
auto
grigia
che
aveva
sostato
proprio
in
quel
punto
.
Dalla
macchina
scese
un
uomo
che
si
diresse
verso
l
'
edificio
in
cui
alloggiava
la
vittima
del
crimine
.
La
deposizione
del
Sensoli
è
,
non
diciamo
contraddetta
,
ma
rettificata
da
quella
della
teste
cui
accennavamo
:
anche
essa
scorse
l
'
auto
grigia
,
e
notò
la
discesa
di
quel
passeggero
,
che
tuttavia
proseguì
e
si
dissolse
nell
'
ombra
:
e
l
'
abbaglio
del
meccanico
è
spiegato
perfettamente
dalla
posizione
in
cui
egli
si
trovava
.
Ma
la
«
testimone
-
pilota
»
dell
'
istruttoria
passò
davanti
al
portone
,
alle
23.30
circa
,
proprio
mentre
vi
entrava
un
giovanotto
:
i
due
si
trovarono
pressoché
gomito
a
gomito
.
Il
giovanotto
era
giunto
fin
là
a
piedi
.
Si
trattava
di
Raoul
Ghiani
?
La
giovane
-
una
domestica
di
prepotente
avvenenza
,
con
i
capelli
a
coda
di
cavallo
,
a
servizio
presso
una
coinquilina
della
povera
signora
Martirano
-
è
stata
già
interpellata
dalla
polizia
subito
dopo
il
delitto
ed
ha
dato
,
del
passante
,
una
descrizione
che
non
si
discosta
da
quella
dell
'
arrestato
;
ha
poi
ravvisato
il
passante
,
ripetiamo
,
nella
fotografia
dell
'
incriminato
.
Un
confronto
,
quando
il
Ghiani
sarà
stato
trasferito
a
Roma
,
offrirà
alla
testimone
e
alla
polizia
una
ulteriore
conferma
(
o
una
smentita
)
a
questi
riconoscimenti
.
È
chiaro
,
per
chiunque
abbia
buon
senso
,
che
riconoscimenti
di
questo
genere
offrirebbero
ben
scarso
appoggio
alle
tesi
accusatorie
se
non
si
aggiungessero
ad
altri
,
meno
labili
indizi
.
Si
ha
comunque
una
riprova
del
metodo
al
quale
si
attengono
i
giudici
e
i
funzionari
della
«
mobile
»
risoluti
a
tenere
in
serbo
a
lungo
le
loro
carte
migliori
.
Il
fatto
nuovo
di
oggi
-
alludiamo
all
'
entrata
in
scena
della
«
testimone
-
pilota
»
-
spazza
via
anche
le
ovvie
perplessità
che
erano
state
suscitate
dalle
dichiarazioni
di
Benito
Sensoli
.
È
mai
possibile
,
ci
si
domandava
,
che
il
Ghiani
,
ove
si
accetti
la
sua
missione
di
«
sicario
»
,
si
provvedesse
a
Roma
di
un
'
automobile
privata
coinvolgendo
altri
individui
,
ossia
,
nel
futuro
,
altrettanti
possibili
testi
l
'
accusa
,
in
un
'
impresa
che
richiedeva
,
come
requisito
essenziale
,
la
segretezza
?
Era
forse
stretto
dal
tempo
,
il
«
sicario
»
?
Niente
affatto
.
Se
davvero
aveva
usato
l
'
aereo
che
giunge
a
Roma
alle
21
,
doveva
trovarsi
in
centro
non
più
tardi
delle
22
,
e
poteva
tranquillamente
arrivare
in
via
Monaci
col
cavallo
di
san
Francesco
.
E
quanto
al
ritorno
alla
stazione
Termini
-
o
alle
stazione
Tiburtina
se
si
fosse
servito
della
Freccia
del
Sud
-
gli
sarebbe
stato
sempre
più
agevole
e
semplice
sbrigarsi
a
piedi
,
o
con
un
tassì
preso
in
un
posteggio
non
immediatamente
adiacente
,
piuttosto
che
doversi
disfare
di
una
macchina
altrui
.
Aggiungeremo
una
considerazione
che
è
ovvia
:
un
'
automobile
-
e
pare
che
il
guidatore
di
quella
indicata
dal
meccanico
si
fosse
oltretutto
abbandonato
a
frenetici
colpi
di
acceleratore
-
desta
sempre
maggiore
attenzione
e
curiosità
,
a
sera
inoltrata
,
e
in
una
via
tranquilla
,
di
un
pedone
che
striscia
lungo
i
muri
.
Ma
,
osserverà
più
d
'
uno
,
le
testimonianze
,
i
riconoscimenti
,
lasciano
adito
a
dubbi
,
a
perplessità
,
approfondiscono
,
piuttosto
che
colmarlo
,
il
solco
che
divide
le
schiere
-
automaticamente
generate
da
ogni
«
caso
»
criminale
indiziario
-
degli
innocentisti
e
dei
colpevolisti
.
Si
preferirebbe
la
certezza
scientifica
:
ad
esempio
un
responso
inequivocabile
dell
'
esame
delle
impronte
digitali
.
E
già
ieri
le
notizie
,
che
in
queste
vicende
sensazionali
precedono
talvolta
gli
avvenimenti
,
avevano
riferito
dell
'
invio
a
Roma
delle
impronte
prese
al
Ghiani
,
subito
sottoposte
ai
controlli
del
capo
dell
'
Istituto
superiore
di
polizia
scientifica
,
dott.
Marrocco
.
In
realtà
il
rilievo
delle
impronte
è
stato
eseguito
solo
oggi
,
e
il
loro
vaglio
comincerà
al
più
presto
domani
.
Ma
si
ha
la
sensazione
che
le
autorità
non
facciano
molto
affidamento
sul
valore
di
questa
traccia
.
Un
paio
di
guanti
,
o
più
semplicemente
la
scarsa
chiarezza
delle
impronte
rinvenute
nell
'
alloggio
dell
'
uccisa
,
bastano
per
svuotare
di
ogni
importanza
questo
indizio
.
La
polizia
dedica
invece
molto
impegno
alla
demolizione
dell
'
alibi
di
Raoul
Ghiani
:
e
,
per
questo
,
fruga
senza
requie
nei
documenti
di
quel
volo
Milano
-
Roma
-
il
volo
AZ
412
dell
'
Alitalia
,
per
l
'
esattezza
-
che
avrebbe
consentito
al
«
sicario
»
di
poter
eseguire
,
entro
i
tempi
fissati
,
il
suo
mostruoso
piano
.
Il
direttore
generale
della
compagnia
aerea
ha
stamane
richiamato
,
dall
'
archivio
,
le
liste
dei
passeggeri
non
solo
di
quel
giorno
ma
anche
dei
giorni
precedenti
,
e
ogni
altro
incartamento
che
potesse
riuscire
utile
.
Il
fascicolo
è
stato
consegnato
alle
autorità
.
Il
«
signor
Rossi
»
sarebbe
giunto
alla
Malpensa
,
quella
sera
,
all
'
ultimo
istante
,
trafelatissimo
:
il
che
riesce
perfettamente
spiegabile
se
si
identifica
il
Ghiani
nel
signor
Rossi
,
perché
non
è
facile
compiere
in
un
'
ora
-
e
in
uno
dei
periodi
di
punta
del
traffico
milanese
-
il
percorso
dalla
città
alla
Malpensa
.
Sull
'
apparecchio
presero
posto
29
viaggiatori
,
5
dei
quali
,
stranieri
,
giungevano
da
Barcellona
.
È
possibile
che
la
hostess
Irina
Vitali
riesca
a
ravvisare
oggi
,
in
Raoul
Ghiani
,
il
frettoloso
e
ritardatario
signor
Rossi
?
L
'
interrogativo
avrà
una
risposta
quando
la
Vitali
sarà
convocata
-
e
pare
che
questo
non
sia
ancora
avvenuto
-
dal
giudice
istruttore
.
La
Vitali
,
nata
24
anni
or
sono
a
Val
d
'
Isarco
,
nell
'
Alto
Adige
,
non
è
più
in
servizio
sulle
linee
dell
'
Alitalia
.
Ha
lasciato
la
società
,
per
ragioni
personali
,
fin
dalla
metà
di
ottobre
:
e
ha
anche
abbandonato
il
suo
alloggio
romano
,
in
via
Prenestina
62
.
La
ragazza
,
che
nella
capitale
era
fidanzata
con
un
medico
,
il
dott.
Maurizio
Monteleone
,
abitante
in
viale
Parioli
19
,
si
è
trasferita
nei
giorni
scorsi
a
Innsbruck
insieme
al
padre
,
impiegato
delle
Ferrovie
,
che
fa
parte
della
delegazione
delle
Ferrovie
nella
città
austriaca
.
Sono
trascorsi
più
di
due
mesi
dall
'
epoca
del
delitto
.
Irina
Vitali
avrà
conservato
qualche
reminiscenza
,
anche
vaga
,
del
precipitoso
arrivo
di
quel
giovane
passeggero
senza
bagaglio
-
la
circostanza
è
stata
accertata
documentalmente
-
per
il
quale
fu
riaccostata
all
'
aereo
,
già
pronto
a
muoversi
,
la
scaletta
che
era
stata
allontanata
?
Solo
il
confronto
diretto
tra
la
hostess
e
l
'
accusato
risolverà
il
dubbio
.
La
calma
con
la
quale
la
magistratura
procede
a
questo
accertamento
è
d
'
altronde
una
ennesima
conferma
dell
'
esistenza
di
parecchi
indizi
meno
aleatori
.
Giovanni
Fenaroli
,
protagonista
torbido
di
questa
storia
che
rasenta
-
per
la
complicazione
dei
suoi
truci
congegni
-
i
limiti
dell
'
incredibile
,
ha
trascorso
la
giornata
,
a
Regina
Coeli
,
in
assoluta
solitudine
e
in
illusoria
calma
.
Di
buon
mattino
ha
chiesto
due
pacchetti
di
sigarette
-
fuma
parecchio
-
e
ha
divorato
di
buon
appetito
un
cappuccino
con
due
panini
:
proprio
una
colazione
da
professionista
che
rompe
il
digiuno
nel
tragitto
da
casa
all
'
ufficio
.
Ha
poi
consumato
docilmente
,
a
mezzogiorno
,
il
rancio
comune
.
Forse
temeva
-
e
sperava
insieme
-
di
essere
interrogato
:
ma
nessuno
ha
chiesto
di
lui
.
Questa
tranquillità
è
di
cattivo
augurio
.
Gli
ultimi
due
giorni
,
prima
che
lo
arrestassero
,
Giovanni
Fenaroli
veniva
convocato
dal
giudice
istruttore
Modigliani
,
e
poi
lasciato
ad
aspettare
e
a
macerarsi
senza
essere
ricevuto
.
È
corsa
voce
che
un
magistrato
avesse
interrogato
il
rag
.
Egidio
Sacchi
,
le
cui
ammissioni
hanno
posto
la
polizia
sulle
tracce
di
Raoul
Ghiani
,
ma
si
crede
che
anche
il
factotum
della
Fenarolimpresa
non
sia
stato
disturbato
.
La
moglie
del
Sacchi
-
che
ha
un
bimbo
in
tenera
età
-
ha
chiesto
di
poter
parlare
col
marito
:
non
le
è
stato
concesso
,
ed
è
facile
dedurre
,
da
ciò
,
che
anche
la
posizione
di
Egidio
Sacchi
non
è
stata
del
tutto
chiarita
.
È
pertanto
evidente
che
,
nella
capitale
,
ogni
indagine
è
praticamente
paralizzata
in
attesa
che
i
magistrati
e
i
funzionari
della
mobile
«
distaccati
»
a
Milano
esauriscano
la
prima
fase
dell
'
inchiesta
.
Quando
Raoul
Ghiani
sarà
trasferito
a
Roma
-
per
affrontare
la
difficilissima
prova
dei
confronti
con
Giovanni
Fenaroli
e
con
Egidio
Sacchi
-
le
autorità
avranno
ormai
messo
a
punto
tutti
gli
ingranaggi
dell
'
istruttoria
:
i
confronti
potranno
sfociare
nel
crollo
di
uno
dei
due
presunti
colpevoli
,
o
in
altri
dinieghi
:
e
a
questa
alternativa
corrisponde
l
'
altra
:
fra
un
processo
senza
ombre
e
un
processo
indiziario
.
StampaQuotidiana ,
Nella
storia
di
tutti
i
tempi
e
di
tutti
i
popoli
vi
è
la
narrazione
di
fughe
e
di
liberazioni
drammatiche
,
romantiche
,
talora
rocambolesche
:
ma
quella
di
Mussolini
appare
anche
oggi
,
a
distanza
di
tempo
,
come
la
più
audace
,
la
più
romantica
e
al
tempo
stesso
la
più
"
moderna
"
,
dal
punto
di
vista
dei
mezzi
e
dello
stile
.
Veramente
,
essa
è
già
leggendaria
.
Mussolini
non
aveva
mai
nutrito
speranze
di
liberazione
da
parte
degli
Italiani
,
anche
fascisti
.
Che
qualcuno
ci
pensasse
è
sicuro
;
che
qua
e
là
si
siano
anche
imbastiti
piani
nei
gruppi
di
fascisti
tra
i
più
animosi
è
fuori
di
dubbio
;
ma
niente
andò
oltre
la
semplice
fase
del
progetto
:
d
'
altra
parte
,
i
gruppi
o
gli
individui
capaci
di
tentare
la
realizzazione
di
un
piano
erano
strettamente
sorvegliati
e
non
avevano
i
mezzi
necessari
per
effettuarlo
.
Sin
dal
principio
Mussolini
sentiva
che
il
Führer
avrebbe
tutto
tentato
pur
di
liberarlo
.
L
'
ambasciatore
Von
Mackensen
quasi
subito
andò
dal
re
per
avere
il
permesso
,
secondo
il
desiderio
del
Führer
,
di
visitare
Mussolini
,
ma
la
richiesta
fu
respinta
con
questa
nota
:
«
S
.
M
.
il
re
ha
fatto
presente
al
Maresciallo
Badoglio
il
desiderio
del
Führer
.
Nel
riconfermare
l
'
ottimo
stato
di
salute
di
S
.
E
.
Mussolini
e
il
suo
pieno
gradimento
per
il
trattamento
usatogli
,
il
Maresciallo
Badoglio
è
spiacente
di
non
poter
aderire
alla
richiesta
visita
,
e
ciò
nello
stesso
personale
interesse
di
S
.
E
.
Mussolini
.
È
però
pronto
a
fargli
subito
pervenire
quella
lettera
che
S
.
E
.
l
'
Ambasciatore
ritenesse
di
inviargli
e
di
riportarne
risposta
,
29
luglio
1943
»
.
Il
Capo
di
Gabinetto
del
Ministero
degli
Esteri
si
recò
dall
'
Ambasciatore
tedesco
e
ne
riferì
poi
al
Maresciallo
Badoglio
.
Data
la
situazione
di
un
Governo
italiano
che
"
fingeva
"
di
essere
alleato
e
di
voler
"
continuare
"
la
guerra
,
il
Governo
di
Berlino
non
poteva
con
"
passi
"
formali
,
quale
poteva
essere
la
richiesta
di
una
immediata
liberazione
,
compromettere
i
rapporti
fra
i
due
Governi
,
provocare
in
anticipo
una
crisi
nei
rapporti
medesimi
.
È
chiaro
che
Berlino
dubitava
degli
sviluppi
e
degli
obiettivi
della
politica
di
Badoglio
.
Ma
le
relazioni
diplomatiche
impedivano
di
rendere
il
dubbio
operante
,
prima
che
una
determinata
situazione
si
verificasse
.
Il
29
luglio
nessuno
si
ricordò
di
Mussolini
.
Ci
fu
una
eccezione
:
il
Maresciallo
del
Reich
Ermanno
Göring
telegrafava
al
Duce
nei
seguenti
termini
(
il
telegramma
fu
portato
a
Ponza
da
un
ufficiale
dei
carabinieri
)
:
«
Duce
,
mia
moglie
e
io
vi
mandiamo
in
questo
giorno
i
nostri
più
fervidi
auguri
.
Se
le
circostanze
mi
hanno
impedito
di
venire
a
Roma
come
mi
proponevo
,
per
offrirvi
,
insieme
coi
miei
voti
augurali
,
un
busto
di
Federico
il
Grande
,
più
cordiali
ancora
sono
i
sentimenti
della
mia
piena
solidarietà
e
fraterna
amicizia
che
vi
esprimo
in
questo
giorno
.
La
vostra
opera
di
uomo
di
Stato
rimane
nella
storia
dei
nostri
due
popoli
,
i
quali
sono
destinati
a
marciare
verso
un
comune
destino
.
Desidero
dirvi
che
i
nostri
pensieri
vi
seguono
costantemente
.
Voglio
ringraziarvi
per
l
'
ospitalità
gentile
che
mi
offriste
altra
volta
e
mi
proclamo
ancora
una
volta
,
con
incrollabile
fede
,
vostro
Göring
»
.
Anche
alla
Maddalena
Mussolini
notò
qualche
movimento
di
Germanici
:
essi
avevano
una
base
sul
lato
opposto
del
tratto
di
mare
,
a
Palau
.
Effettivamente
i
Tedeschi
avevano
ideato
un
piano
,
che
consisteva
nell
'
approdare
con
un
sottomarino
finto
inglese
,
con
equipaggi
dotati
di
uniformi
inglesi
che
avrebbero
prelevato
e
liberato
Mussolini
.
Il
piano
stava
per
essere
tentato
,
quando
Mussolini
fu
traslocato
al
Gran
Sasso
.
Il
sabato
sera
,
11
settembre
,
una
strana
atmosfera
di
incertezza
e
di
attesa
regnava
al
Gran
Sasso
.
Oramai
era
noto
che
il
Governo
era
fuggito
,
insieme
col
re
,
del
quale
veniva
annunciata
l
'
abdicazione
.
I
capi
che
avevano
la
sorveglianza
di
Mussolini
sembravano
imbarazzati
,
come
davanti
all
'
obbligo
di
dare
esecuzione
a
un
compito
particolarmente
ingrato
.
Nella
notte
dall'11
al
12
,
verso
le
2
,
Mussolini
si
alzò
e
scrisse
una
lettera
al
tenente
,
nella
quale
lo
avvertiva
che
gli
Inglesi
non
lo
avrebbero
mai
preso
vivo
.
Il
tenente
Faiola
,
dopo
avere
portato
via
dalla
stanza
del
Duce
tutto
ciò
che
rimaneva
di
metallico
e
di
tagliente
e
in
particolar
modo
le
lame
dei
rasoi
,
gli
ripeté
:
«
Fatto
prigioniero
a
Tobruk
,
dove
fui
gravemente
ferito
,
testimone
delle
crudeltà
britanniche
sugli
Italiani
,
io
non
consegnerò
mai
un
Italiano
agli
Inglesi
»
.
E
tornò
a
piangere
.
Il
resto
della
notte
trascorse
tranquillamente
.
Nelle
prime
ore
del
mastino
del
12
una
fitta
nuvolaglia
biancastra
copriva
le
cime
del
Gran
Sasso
,
ma
fu
tuttavia
possibile
avvertire
il
passaggio
di
alcuni
velivoli
.
Mussolini
sentiva
che
la
giornata
sarebbe
stata
decisiva
per
la
sua
sorte
.
Verso
mezzogiorno
il
sole
stracciò
le
nubi
e
tutto
il
cielo
apparve
luminoso
nella
chiarità
settembrina
.
Erano
esattamente
le
14
,
e
Mussolini
stava
con
le
braccia
incrociate
seduto
davanti
alla
finestra
aperta
,
quando
un
aliante
si
posò
a
cento
metri
di
distanza
dall
'
edificio
.
Ne
uscirono
quattro
o
cinque
uomini
in
kaki
i
quali
postarono
rapidamente
due
mitragliatrici
e
poi
avanzarono
.
Dopo
pochi
secondi
altri
alianti
atterrarono
nelle
immediate
vicinanze
e
gli
uomini
ripeterono
la
stessa
manovra
.
Altri
uomini
scesero
da
altri
alianti
.
Mussolini
non
pensò
minimamente
che
si
trattasse
di
Inglesi
.
Per
prelevarlo
e
condurlo
a
Salerno
non
avevano
bisogno
di
ricorrere
a
così
rischiosa
impresa
.
Fu
dato
l
'
allarme
.
Tutti
i
carabinieri
,
gli
agenti
si
precipitarono
con
le
armi
in
pugno
fuori
dal
portone
del
rifugio
,
schierandosi
contro
gli
assalitori
.
Nel
frattempo
il
ten
.
Faiola
irruppe
nella
stanza
del
Duce
intimandogli
:
Chiudete
la
finestra
e
non
muovetevi
!
Mussolini
rimase
invece
alla
finestra
e
vide
che
un
altro
più
folto
gruppo
di
Tedeschi
occupata
la
funivia
.
era
salito
e
dal
piazzale
di
arrivo
marciava
compatto
e
deciso
verso
l
'
albergo
.
Alla
testa
di
questo
gruppo
era
Skorzeni
.
I
carabinieri
avevano
già
le
armi
in
posizione
di
sparo
,
quando
Mussolini
scorse
nel
gruppo
Skorzeni
un
ufficiale
italiano
,
che
poi
giunto
più
vicino
riconobbe
per
il
generale
Soleti
del
corpo
dei
metropolitani
.
Allora
Mussolini
gridò
,
nel
silenzio
che
stava
per
precedere
di
pochi
secondi
il
fuoco
:
Che
fate
?
Non
vedete
?
C
'
è
un
generale
italiano
.
Non
sparate
!
Tutto
è
in
ordine
!
Alla
vista
del
generale
italiano
che
veniva
avanti
col
gruppo
tedesco
le
armi
si
abbassarono
.
Le
cose
erano
andate
così
.
Il
generale
Soleti
fu
prelevato
al
mattino
dal
reparto
Skorzeni
,
e
non
gli
fu
detto
nulla
circa
il
motivo
e
gli
scopi
.
Gli
fu
tolta
la
pistola
e
partì
per
l
'
ignota
destinazione
.
Quando
nel
momento
dell
'
irruzione
intuì
di
che
si
trattava
ne
fu
lieto
.
Si
dichiarò
felice
di
avere
contribuito
alla
liberazione
di
Mussolini
e
di
avere
,
forse
,
con
la
sua
presenza
,
evitato
un
sanguinoso
conflitto
.
Disse
a
Mussolini
che
non
era
consigliabile
tornare
immediatamente
a
Roma
,
dove
c
'
era
una
"
atmosfera
di
guerra
civile
"
,
diede
qualche
notizia
sulla
fuga
del
Governo
e
del
re
;
venne
ringraziato
dal
capitano
Skorzeni
e
poiché
il
Soleti
chiese
che
gli
fosse
riconsegnata
la
pistola
,
il
suo
desiderio
fu
accolto
,
così
come
l
'
altro
di
seguire
Mussolini
,
dovunque
fosse
andato
.
In
tutta
questa
rapidissima
successione
di
fatti
,
il
Gueli
non
ebbe
alcuna
parte
.
Si
fece
vedere
solo
all
'
epilogo
.
Gli
uomini
di
Skorzeni
,
dopo
essersi
impadroniti
delle
mitragliatrici
che
erano
state
posate
ai
lati
della
porta
d
'
ingresso
del
rifugio
,
salirono
in
gruppo
nella
stanza
del
Duce
.
Skorzeni
,
sudante
e
commosso
,
si
mise
sull
'
attenti
e
disse
:
«
Il
Führer
,
che
dopo
la
vostra
cattura
ha
pensato
per
notti
e
notti
al
modo
di
liberarvi
,
mi
ha
dato
questo
incarico
.
Io
ho
seguito
con
infinite
difficoltà
giorno
per
giorno
le
vostre
vicende
e
le
vostre
peregrinazioni
.
Oggi
ho
la
grande
gioia
,
liberandovi
,
di
aver
assolto
nel
modo
migliore
il
compito
che
mi
fu
assegnato
»
.
Il
Duce
rispose
:
«
Ero
convinto
sin
dal
principio
che
il
Führer
mi
avrebbe
dato
questa
prova
della
sua
amicizia
.
Lo
ringrazio
e
con
lui
ringrazio
voi
,
capitano
Skorzeni
,
e
i
vostri
camerati
che
hanno
con
voi
osato
»
.
Il
colloquio
si
portò
quindi
su
altri
argomenti
,
mentre
si
raccoglievano
le
carte
e
le
cose
di
Mussolini
.
Al
pianterreno
carabinieri
e
agenti
fraternizzavano
coi
Germanici
,
alcuni
dei
quali
erano
rimasti
non
gravemente
feriti
nell
'
atterraggio
.
Alle
15
tutto
era
pronto
per
la
partenza
.
All
'
uscita
,
Mussolini
salutò
con
effusione
i
camerati
del
gruppo
Skorzeni
e
tutti
insieme
-
Italiani
compresi
si
recarono
in
un
sottostante
breve
pianoro
dove
un
apparecchio
"
Cicogna
"
attendeva
.
Il
capitano
che
lo
pilotava
si
presentò
;
giovanissimo
:
Gerlach
,
un
asso
.
Prima
di
salire
sull
'
apparecchio
,
Mussolini
si
voltò
a
salutare
il
gruppo
dei
suoi
sorveglianti
:
sembravano
attoniti
.
Molti
sinceramente
commossi
.
Taluni
anche
con
le
lacrime
agli
occhi
.
Lo
spazio
dal
quale
il
"
Cicogna
"
doveva
partire
era
veramente
esiguo
.
Allora
fu
arretrato
per
guadagnare
qualche
metro
.
Al
termine
del
pianoro
vi
era
un
salto
abbastanza
profondo
.
Il
pilota
prese
posto
sull
'
apparecchio
;
dietro
lui
Skorzeni
e
quindi
Mussolini
.
Erano
le
ore
15
.
Il
"
Cicogna
"
si
mise
in
moto
.
Rullò
un
poco
.
Percorse
rapidamente
lo
spazio
sassoso
e
giunto
a
un
metro
dal
burrone
,
con
uno
strappo
violento
del
timone
,
spiccò
il
volo
.
Ancora
qualche
grido
.
Braccia
che
si
agitavano
.
E
poi
il
silenzio
dell
'
alta
atmosfera
.
Dopo
pochi
minuti
sorvolammo
L
'
Aquila
e
,
trascorsa
un
'
ora
,
il
"
Cicogna
"
planava
tranquillamente
all
'
aeroporto
di
Pratica
di
Mare
.
Quivi
un
grande
trimotore
era
già
pronto
,
Mussolini
vi
salì
.
Il
volo
aveva
per
mèta
Vienna
,
dove
si
giunse
a
notte
avanzata
.
Qualcuno
attendeva
all
'
aeroporto
.
Di
lì
al
"
Continentale
"
per
una
notte
.
All
'
indomani
,
verso
mezzogiorno
,
nuovo
volo
sino
a
Monaco
di
Baviera
.
Il
mattino
dopo
al
Quartier
generale
del
Führer
l
'
accoglienza
fu
semplicemente
fraterna
.
La
liberazione
di
Mussolini
ad
opera
di
"
arditi
"
tedeschi
suscitò
in
Germania
un
'
ondata
di
grande
entusiasmo
.
Si
può
dire
che
l
'
evento
fu
festeggiato
in
ogni
casa
.
La
radio
preparò
,
con
ripetute
emissioni
,
gli
ascoltatori
a
una
notizia
straordinaria
e
non
si
ebbe
delusione
alcuna
,
quando
la
notizia
,
verso
le
22
,
fu
conosciuta
.
Tutti
la
considerarono
come
un
avvenimento
eccezionale
.
Furono
mandati
a
Mussolini
centinaia
di
telegrammi
,
lettere
,
poesie
,
da
ogni
parte
del
Reich
.
Non
ebbe
l
'
evento
una
ripercussione
analoga
in
Italia
.
Erano
quelli
i
giorni
del
caos
,
della
distruzione
,
del
saccheggio
,
della
degradazione
.
La
notizia
fu
quindi
accolta
come
una
ingrata
sorpresa
,
con
fastidio
e
con
rancore
.
E
si
cominciò
col
negarla
:
si
diffuse
la
voce
che
si
trattava
di
una
commedia
,
che
Mussolini
era
già
morto
,
consegnato
agli
Inglesi
,
che
il
discorso
di
Monaco
era
stato
pronunciato
da
un
sosia
.
Questa
voce
continuò
a
circolare
anche
molti
mesi
dopo
,
elemento
indicativo
di
un
desiderio
.
Sebbene
centinaia
di
persone
abbiano
visto
Mussolini
,
tale
voce
non
è
del
tutto
scomparsa
.
Bisogna
spiegarsi
la
persistenza
di
questo
fenomeno
,
che
non
è
dovuto
semplicemente
alle
notizie
delle
emittenti
nemiche
sulla
salute
sempre
pericolante
di
Mussolini
,
sugli
attentati
in
continuazione
contro
di
lui
,
sulle
fughe
in
Germania
compiute
o
preannunciate
.
Bisogna
spiegarsi
altrimenti
il
fenomeno
e
riferirsi
a
certi
dati
della
rudimentale
psicologia
di
una
parte
del
popolo
italiano
,
più
"
talentosa
"
forse
che
"
intelligente
"
.
Mussolini
è
,
da
un
certo
punto
di
vista
,
un
uomo
"
duro
a
morire
"
.
Egli
è
stato
infatti
molte
volte
ai
margini
della
vita
.
All
'
ospedale
di
Ronchi
,
nel
marzo
del
1917
,
col
corpo
crivellato
di
schegge
,
doveva
morire
,
o
nella
migliore
delle
ipotesi
,
essere
amputato
della
gamba
destra
.
Non
accadde
niente
di
ciò
.
Dopo
la
guerra
,
al
ritorno
dal
Congresso
dei
Fasci
tenutosi
a
Firenze
nel
1920
,
un
formidabile
cozzo
,
che
frantumò
le
sbarre
di
un
passaggio
a
livello
nei
pressi
di
Faenza
,
non
provocò
che
un
leggero
stordimento
,
poiché
la
"
blindatura
"
cranica
di
Mussolini
aveva
brillantemente
"
neutralizzato
"
il
colpo
.
La
caduta
dell
'
aeroplano
sul
campo
di
Arcore
fu
una
esperienza
di
estremo
interesse
.
Mussolini
constatò
allora
che
la
velocità
della
caduta
dell
'
apparecchio
era
stata
uguale
alla
velocità
di
ideazione
del
pensiero
pensato
in
queste
parole
:
si
cade
!
Precipitare
di
piombo
da
un
'
altezza
di
50
metri
,
sia
pure
con
un
robusto
scassone
quale
il
non
dimenticabile
"
Aviati
"
,
non
è
uno
scherzo
.
Il
rombo
dell
'
urto
contro
il
suolo
fu
sonoro
assai
,
né
meno
stridulo
lo
scricchiolio
delle
ali
e
della
carlinga
.
Fu
un
accorrere
da
ogni
parte
del
campo
.
L
'
istruttore
pilota
quell
'
entusiasta
e
simpatico
veterano
del
volo
che
è
Cesare
Redaelli
era
leggermente
ferito
;
quanto
a
Mussolini
,
si
trattava
di
una
semplice
ammaccatura
al
ginocchio
.
Nella
testa
tipo
"
panzer
"
una
leggera
scalfittura
fra
naso
e
fronte
.
Abbastanza
emozionante
fu
il
volo
da
Ostia
a
Salerno
,
nel
giorno
del
famoso
,
e
per
un
certo
tempo
inedito
,
discorso
di
Eboli
,
nel
giugno
1935
.
Era
un
tempo
ciclonico
.
Poco
prima
dell
'
arrivo
un
fulmine
scoppiò
sull
'
aeroplano
bruciando
gli
aggeggi
della
radio
.
Non
capita
bisogna
riconoscerlo
ad
ogni
comune
mortale
di
essere
folgorato
a
3000
metri
sul
livello
del
mare
,
rimanendo
incolume
.
Non
parliamo
dei
molti
duelli
i
quali
,
anche
quando
l
'
arma
di
combattimento
era
la
spada
triangolare
,
non
uscivano
dal
tipo
degli
"
scherzi
innocenti
"
.
Forse
meno
innocenti
,
ma
incredibilmente
noiosi
,
gli
attentati
degli
anni
1925-1926
.
Un
paio
di
bombe
e
una
serie
di
revolverate
femminili
e
maschili
,
indigene
e
britanniche
,
oltre
a
qualche
altro
tentativo
rimasto
nell
'
ombra
dell
'
incognito
.
Normale
amministrazione
.
Passiamo
ora
dal
regno
,
come
dire
?
"
traumatico
"
a
quello
costituzionale
,
ovverosia
organico
.
Da
venti
anni
oramai
,
e
precisamente
dal
15
febbraio
1925
,
Mussolini
è
"
dotato
"
di
una
gentile
ulcera
duodenale
,
la
cui
storia
minuziosa
e
dettagliata
è
insieme
con
altre
ben
70
mila
storie
di
malati
negli
archivi
del
prof
.
Frugoni
.
Vederla
attraverso
le
lastre
,
effettuate
la
prima
volta
dall
'
esperto
e
integerrimo
ora
scomparso
Aristide
Busi
,
preside
della
Facoltà
di
medicina
di
Roma
,
fu
motivo
di
una
spiegabilissima
e
molto
intima
soddisfazione
.
Da
quanto
esposto
si
può
evincere
che
Mussolini
può
essere
considerato
,
almeno
sin
qui
,
un
uomo
"
duro
a
morire
"
.
E
come
si
spiega
allora
che
la
vaga
indifferenziabile
opinione
pubblica
lo
ha
considerato
morto
?
Ci
sono
,
se
così
può
dirsi
,
diverse
incarnazioni
di
Mussolini
.
Anche
dal
punto
di
vista
politico
egli
è
un
"
duro
a
morire
"
.
Nel
1914
,
espulso
dal
partito
socialista
italiano
nella
memorabile
assemblea
del
Teatro
del
"
Popolo
"
,
tutti
o
quasi
i
tesserati
lo
considerarono
un
uomo
finito
,
schiacciato
da
un
plebiscito
provocato
tra
le
file
dell
'
armento
,
cui
si
aggiunse
al
solito
una
"
questione
morale
"
.
Dopo
pochi
mesi
il
socialismo
neutralista
veniva
sbaragliato
sulle
pubbliche
piazze
.
Conclusa
la
guerra
,
l
'
Italia
dovette
subire
l
'
ondata
bolscevica
.
Nelle
elezioni
del
1919
,
nelle
quali
Mussolini
ebbe
l
'
onore
di
avere
a
compagno
di
lista
Arturo
Toscanini
,
il
quale
perciò
è
un
fascista
della
prima
ora
,
egli
riportò
4000
voti
di
fronte
ai
milioni
di
voti
degli
avversari
.
Il
rosso
imperversava
trionfante
e
minaccioso
.
Nell
'
ebbrezza
della
vittoria
fu
simulato
un
funerale
di
Mussolini
,
e
una
bara
che
lo
conteneva
in
effigie
passò
,
con
il
relativo
corteo
vociante
,
davanti
alla
sua
abitazione
di
Foro
Buonaparte
38
,
ultimo
piano
.
Da
quella
bara
rispuntò
il
Mussolini
degli
anni
1921-1922
.
Come
nel
novembre
del
1919
qualche
cosa
del
genere
fu
tentato
nel
luglio
del
1943
.
Questa
doveva
essere
la
volta
buona
,
la
definitiva
.
Poi
la
morte
politica
e
quella
fisica
avrebbero
proceduto
di
conserva
con
una
ben
calcolata
simultaneità
.
Colui
che
nei
domini
dell
'
imperscrutabile
regge
i
destini
mutevoli
degli
umani
ha
deciso
altrimenti
.
Vi
è
un
Mussolini
che
contiene
,
quello
di
ieri
come
quello
di
ieri
conteneva
quello
di
oggi
,
e
questo
Mussolini
,
pur
avendo
la
sua
dimora
non
più
a
Palazzo
Venezia
ma
alla
Villa
delle
Orsoline
,
si
è
messo
sotto
le
stanghe
,
al
lavoro
,
con
la
volontà
di
sempre
,
e
quindi
,
o
falange
non
tebana
di
Tommasi
increduli
,
se
lavora
deve
essere
,
per
lo
meno
,
vivo
.
Talete
il
filosofo
greco
ringraziava
gli
dei
di
averlo
fatto
nascere
uomo
e
non
bestia
;
maschio
e
non
femmina
,
greco
e
non
barbaro
.
Mussolini
ringrazia
gli
dei
di
avergli
risparmiato
la
farsa
di
un
assordante
processo
a
Madison
Square
di
Nuova
York
,
al
che
avrebbe
preferito
di
gran
lunga
una
regolare
impiccagione
nella
Torre
di
Londra
,
e
di
avergli
consentito
,
insieme
coi
migliori
Italiani
,
di
vivere
il
quinto
atto
del
terribile
dramma
che
tormenta
la
Patria
.
StampaQuotidiana ,
I
30
mila
di
Milano
città
più
quelli
della
fascia
industriale
fanno
mezzo
milione
di
analfabeti
.
Numero
grande
e
parola
brutta
.
Allora
si
preferisce
dire
che
sono
«
privi
di
cultura
»
,
senonché
Milano
è
in
Europa
e
l
'
Europa
è
tanto
esigente
:
uno
può
saper
firmare
,
mettendocela
tutta
,
e
per
lei
resta
analfabeta
.
Dunque
analfabeti
,
integrali
o
di
ritorno
,
in
gran
parte
giovani
,
meglio
non
pensare
alle
inutili
menzogne
statistiche
e
dire
le
cose
come
stanno
,
per
esempio
nelle
pensioni
.
Le
pensioni
del
Milanese
ospitano
,
sette
su
dieci
,
gli
immigrati
da
meno
di
un
anno
.
Giratele
,
chiedete
e
troverete
che
il
livello
di
istruzione
è
il
seguente
:
tredici
su
cento
privi
del
titolo
elementare
;
ottanta
su
cento
fermi
al
titolo
elementare
;
quindici
con
qualche
anno
di
scuola
media
;
quattro
diplomati
,
un
laureato
.
L
'
ILSES
giunge
,
nella
sua
accuratissima
inchiesta
,
a
risultati
analoghi
:
privi
di
qualsiasi
istruzione
venti
su
cento
;
con
il
titolo
delle
elementari
sessanta
;
di
una
scuola
secondaria
undici
;
del
liceo
sei
;
laureati
poco
più
di
uno
.
Idem
nelle
case
popolari
dello
Stato
,
dove
dovrebbero
funzionare
i
Centri
sociali
di
rieducazione
.
Il
professor
Leone
Diena
ne
parla
in
diversi
quartieri
con
diversi
inquilini
e
scopre
«
che
pochissimi
ne
hanno
sentito
parlare
»
.
Mezzo
milione
di
analfabeti
nella
provincia
più
ricca
e
progredita
d
'
Italia
.
Tagliati
fuori
dalla
cultura
tradizionale
e
spesso
anche
dalle
sottoculture
popolari
,
persino
da
quella
sportiva
che
ha
il
merito
indubbio
di
iniziare
le
moltitudini
a
un
certo
stile
di
vita
,
a
una
certa
gerarchia
dei
valori
.
Su
cinquanta
inquilini
di
una
pensione
in
via
Moscova
solo
due
hanno
assistito
a
una
partita
di
calcio
a
San
Siro
e
molti
ignorano
l
'
esistenza
di
squadre
che
si
chiamano
Inter
o
Milan
.
La
scarsa
istruzione
scolastica
di
cui
si
è
detto
:
e
l
'
improvviso
inaridirsi
di
ogni
vena
della
cultura
popolare
,
sia
favola
,
sia
rito
,
sia
folklore
.
Roberto
Leydi
,
che
compie
da
anni
una
preziosa
ricerca
di
canzoni
popolari
,
dice
che
gli
immigrati
nel
Milanese
ricordano
quelli
nelle
Americhe
,
una
voce
che
si
spezza
nel
trauma
della
migrazione
,
lo
stesso
rifiuto
e
l
'
oblio
,
la
sordità
per
i
temi
e
i
motivi
che
legano
al
passato
.
Fine
delle
vecchie
canzoni
,
dei
vecchi
racconti
.
E
uomini
stranieri
alla
cultura
che
li
accoglie
come
a
quella
che
si
sono
lasciata
alle
spalle
.
Imprevedibili
,
inspiegabili
,
casuali
.
A
volte
scatenati
in
manifestazioni
di
isterismo
collettivo
,
migliaia
di
persone
che
assediano
il
bar
di
Cinisello
dove
si
è
rifugiato
il
cantante
Dallara
;
a
volte
freddi
,
assenti
,
poche
persone
ad
ascoltare
i
cantastorie
famosi
;
sicché
capita
un
tale
che
ha
la
mania
di
recitare
poesie
del
Trecento
,
si
pensa
che
la
piazza
resterà
vuota
,
i
carabinieri
neppure
si
scomodano
ed
ecco
migliaia
di
persone
che
ascoltano
senza
capire
e
applaudono
.
Gente
letteralmente
spaesata
,
che
sembra
incapace
di
rappresentarsi
il
nuovo
mondo
e
di
rappresentarsi
,
di
guardarsi
dentro
e
di
comunicare
.
Se
si
tratta
di
bimbi
,
di
ragazzini
si
può
ancora
rimediare
.
Anche
se
arrivano
educati
in
quel
modo
piuttosto
mediocre
.
Le
maestre
in
qualsiasi
centro
della
fascia
,
dicono
che
la
quinta
elementare
degli
immigrati
dal
Sud
equivale
alla
terza
di
quassù
e
non
esagerano
,
anche
qui
meglio
non
pensare
a
certe
informazioni
menzognere
sulla
pubblica
istruzione
.
Poi
si
mettono
di
mezzo
i
genitori
con
i
loro
pregiudizi
e
l
'
orgoglio
familiare
:
«
Vengo
io
dalla
maestra
,
se
ti
tocca
»
.
«
Dicci
che
si
provasse
con
il
figlio
di
Antonio
Cotronei
»
.
E
la
maestra
attenta
a
non
correggere
gli
strafalcioni
del
padre
in
presenza
del
figlio
potrebbero
nascere
chi
sa
quali
reazioni
psicologiche
a
catena
.
Ma
può
capitare
che
perda
la
pazienza
.
Una
maestra
di
Poasco
chiama
il
padre
di
un
alunno
per
dirgli
«
Stia
attento
,
ieri
ha
cercato
di
rubarmi
questo
temperino
»
e
il
padre
«
Lei
non
si
permetta
,
quello
ce
lo
detti
io
»
al
che
la
maestra
esce
dai
gangheri
e
lo
caccia
fuori
.
Con
tutto
ciò
i
bambini
e
i
ragazzini
fanno
presto
a
rimettersi
in
corsa
,
quasi
sempre
si
rinnova
il
miracolo
del
fondo
civile
che
riaffiora
dopo
secoli
di
ignoranza
,
la
direttrice
delle
scuole
della
Certosa
dice
che
i
figli
degli
immigrati
,
qui
da
almeno
tre
anni
,
superano
l
'
ammissione
alla
media
come
i
locali
,
meglio
dei
figli
dei
braccianti
e
dei
mungitori
locali
.
Per
gli
anziani
la
faccenda
è
diversa
,
spesso
irrisolvibile
.
Non
sono
stupidi
o
tardi
.
Alle
prove
della
civiltà
industriale
capiscono
che
l
'
istruzione
serve
.
Ma
stretti
dal
bisogno
,
affamati
«
come
lupi
»
di
ciò
che
la
vita
può
dare
subito
,
non
riescono
a
superare
il
criterio
dell
'
utilità
immediata
ed
è
in
nome
di
questa
utilità
immediata
che
risultano
o
accettano
l
'
istruzione
.
«
Se
uno
guadagna
la
paga
con
i
libri
i
soldi
bastano
solo
a
lui
»
.
«
Allora
è
impossibilissimo
quanto
mai
studiare
perdendo
un
'
ora
di
lavoro
perché
sarebbero
300
lire
»
.
«
Se
l
'
aumento
è
sicuro
magari
studierei
»
.
Così
se
studiano
,
studiano
quel
tanto
che
basta
per
poter
fare
quel
tal
lavoro
che
dà
il
tale
aumento
del
salario
e
basta
.
E
chi
potrebbe
chiedergli
di
più
pensando
al
lungo
cammino
che
hanno
percorso
,
ai
traumi
che
li
hanno
segnati
e
al
lavoro
che
li
logora
?
Forse
i
loro
figli
o
i
nipoti
capiranno
che
il
progresso
delle
macchine
impone
un
'
istruzione
permanente
,
che
nella
società
moderna
si
va
a
scuola
dall
'
asilo
infantile
alla
pensione
.
A
questo
punto
sembra
piuttosto
arduo
sostenere
che
la
migrazione
significa
un
apporto
culturale
positivo
.
Ma
qualcuno
ci
si
prova
:
«
Tutti
noi
abbiamo
dovuto
porci
delle
domande
,
chiederci
chi
eran
costoro
che
arrivavano
.
Il
nostro
mondo
si
è
allargato
»
.
«
L
'
ansia
di
imparare
è
un
'
ansia
che
si
riceve
ma
che
si
dà
.
»
«
Passiamo
dalle
culture
regionali
a
una
cultura
unica
,
le
immigrate
da
Melissa
spiegano
alle
operaie
brianzole
come
si
svolse
l
'
occupazione
delle
terre
,
se
c
'
è
mancanza
di
zucchero
le
immigrate
del
Ferrarese
,
che
conoscono
l
'
industria
saccarifera
,
sanno
trovare
un
perché
»
.
E
tutte
le
altre
belle
storie
che
avranno
un
valore
episodico
e
un
sapore
letterario
,
ma
poco
o
nessun
riscontro
con
la
situazione
generale
del
Milanese
.
Sicché
l
'
unico
apporto
culturale
,
inevitabile
più
che
positivo
,
resta
quello
della
lingua
,
dei
contributi
che
gli
immigrati
e
gli
altri
danno
al
formarsi
di
una
nuova
lingua
.
«
Gli
immigrati
»
si
legge
in
molte
inchieste
«
si
vergognano
a
tentare
le
inflessioni
lombarde
»
.
Certo
tutti
esitano
a
tentare
una
lingua
nuova
,
ma
non
credo
che
la
ragione
sia
questa
,
se
a
Torino
gli
stessi
immigrati
il
dialetto
lo
adottano
subito
.
Il
fatto
è
che
a
Torino
il
dialetto
è
necessario
,
è
il
linguaggio
ufficiale
della
grande
fabbrica
,
lo
parlano
negli
uffici
e
nei
negozi
;
mentre
a
Milano
possono
farne
a
meno
,
nella
gran
mescolanza
che
si
è
formata
dal
principio
del
secolo
ci
vuole
la
lingua
per
capirsi
:
«
Noi
stiamo
qui
a
far
chiacchiere
che
io
non
comprendo
voi
e
voi
non
comprendete
me
.
Allora
diciamocela
in
italiano
,
se
questo
bicchiere
è
tondo
deve
essere
tondo
per
tutti
»
.
È
la
necessità
che
forma
il
nuovo
italiano
:
la
lingua
del
ceto
egemonico
,
più
qualcosa
della
lingua
del
mondo
contadino
,
più
le
parole
e
le
immagini
del
progresso
tecnico
.
E
ne
diamo
alcune
note
sparse
che
,
naturalmente
,
non
pretendono
a
studio
filologico
.
Gli
immigrati
,
nei
primi
mesi
applicano
le
parole
italiane
,
frettolosamente
apprese
,
ai
costrutti
dialettali
.
E
qualcosa
resta
,
come
una
tendenza
a
mettere
il
verbo
al
fondo
della
frase
,
spesso
al
passato
remoto
,
tipico
di
culture
come
quelle
del
Sud
,
volte
al
passato
.
Ma
proprio
per
questo
rimettono
nel
circuito
parole
di
un
italiano
arcaico
,
che
può
sembrare
puro
per
la
diretta
derivazione
dal
latino
:
locare
per
affittare
,
stipare
per
mettere
assieme
,
conservare
per
tenere
.
Dalla
civiltà
arcaica
e
contadina
,
del
Sud
come
del
Nord
,
vengono
anche
i
modi
di
dire
e
le
immagini
che
hanno
il
fascino
delle
reliquie
.
Ripetuti
per
automatismo
nella
mancanza
di
altre
immagini
o
sentenze
,
anche
se
non
hanno
più
alcun
rapporto
con
la
realtà
.
Nei
negozi
di
oggetti
per
la
casa
,
si
trova
,
in
parecchi
centri
della
fascia
,
una
piastrella
maiolicata
su
cui
si
legge
:
«
Fare
credito
è
un
errore
,
si
perde
il
denaro
e
l
'
avventore
»
.
E
sono
negozi
che
chiuderebbero
immediatamente
se
non
vendessero
tutto
a
credito
.
Poi
le
sentenze
della
retorica
contadina
,
suggerita
dal
paternalismo
:
«
Bisogna
dirci
papà
a
chi
ti
dà
da
mangiare
»
.
«
Poco
ma
in
pace
.
»
«
Dove
c
'
è
pace
c
'
è
Dio
.
»
«
Casa
mia
,
mamma
mia
,
vita
mia
.
»
«
Il
denaro
è
la
rovina
dell
'umanità.»
Che
potrebbero
essere
un
'
autocritica
elegante
e
ironica
se
non
fossero
soltanto
pigrizia
e
povertà
mentale
.
Un
regalo
a
Togliatti
«
Parleranno
dieci
dialetti
diversi
»
diceva
Giancarlo
Pajetta
,
nel
1962
,
«
ma
sanno
dire
tutti
la
parola
sciopero
»
.
E
ora
potrebbe
aggiungere
:
«
E
votare
comunista
»
.
È
la
verità
,
l
'
aumento
dei
voti
comunisti
nel
Milanese
è
dovuto
agli
immigrati
,
ci
si
chiede
solo
che
abbia
fatto
il
partito
per
meritarselo
.
Il
partito
ha
creato
un
ufficio
che
si
occupa
come
può
,
con
i
pochi
mezzi
che
ha
del
fenomeno
migratorio
;
ha
favorito
la
formazione
di
alcuni
gruppi
regionali
prestando
sedi
e
dirigenti
,
ma
sempre
una
goccia
nel
mare
,
intendiamoci
;
e
in
alcune
sezioni
della
fascia
,
da
contare
sulle
dita
di
una
mano
,
ha
organizzato
la
custodia
dei
bimbi
perché
le
madri
possono
partecipare
,
di
sera
alla
vita
del
partito
.
Tutto
qui
?
Tutto
qui
a
giudicare
dalle
critiche
che
gli
stessi
comunisti
si
rivolgevano
alla
vigilia
delle
elezioni
:
«
Manca
una
politica
,
non
abbiamo
una
piattaforma
sicura
rispetto
gli
immigrati
»
.
«
Per
anni
abbiamo
ignorato
il
fenomeno
.
E
mentre
il
partito
si
indeboliva
al
Sud
abbiamo
trascurato
di
rafforzarlo
al
Nord
.
»
«
I
compagni
che
vengono
al
Nord
dimenticano
il
partito
e
noi
non
facciamo
niente
per
recuperarli
.
»
Sicché
a
un
convegno
del
1962
l
'
onorevole
Pietro
Amendola
poteva
dire
,
scandalizzato
:
«
Visitavo
una
baracca
di
Magenta
e
mi
sono
sentito
tirare
per
una
manica
.
Mi
volto
e
riconosco
fra
gli
altri
i
migliori
compagni
di
Eboli
,
quelli
che
avevano
guidato
le
più
dure
lotte
.
Mescolati
fra
gli
altri
inutilizzati
»
.
Eppure
il
voto
di
molti
immigrati
va
al
partito
:
forse
il
meno
assente
fra
gli
assenti
,
forse
più
favorito
dai
demeriti
altrui
che
dai
meriti
propri
.
Si
dice
che
il
voto
degli
immigrati
è
stato
un
voto
di
protesta
:
i
muratori
di
Milano
che
conoscono
i
guadagni
di
chi
specula
sui
terreni
,
cioè
in
pochi
mesi
ciò
che
essi
guadagneranno
in
tutta
la
vita
;
quelli
di
Ispra
che
costruiscono
la
cittadella
atomica
dell
'
avvenire
abitando
in
baracche
cadenti
,
quelli
che
si
avventurano
nella
Milano
cara
scoprendo
dimensioni
e
valutazioni
a
distanze
astronomiche
.
«
Solo
un
voto
di
protesta
»
si
dice
«
questi
scontenti
si
immaginano
rivoluzionari
,
ma
la
tensione
rivoluzionaria
non
c
'
è
,
manca
una
chiara
convinzione
ideologica
,
sono
altri
voti
in
frigorifero
»
.
Altri
però
pensano
che
questo
frigorifero
incomincia
ad
essere
piuttosto
ingombrante
e
non
sono
proprio
sicuri
della
pretesa
superiorità
ideologica
degli
altri
voti
,
pensano
che
il
voto
di
certa
borghesia
agiata
è
stato
altrettanto
istintivo
e
protestatorio
.
Vedono
piuttosto
che
la
borghesia
agiata
,
quella
dell
'
alternativa
liberale
,
fa
niente
,
assolutamente
niente
per
avvicinare
gli
immigrati
,
per
aiutarli
,
per
consigliarli
.
Vedono
che
ancora
una
volta
gli
unici
avversari
validi
del
comunismo
sono
i
cattolici
che
appartengono
alle
ACLI
e
non
all
'
alternativa
liberale
,
essi
ad
aprire
nella
fascia
i
circoli
,
le
cooperative
,
i
doposcuola
.
I
sindaci
e
la
mafia
La
migrazione
rompe
gli
atteggiamenti
di
«
rispetto
verso
le
autorità
indifferenti
del
Sud
ed
esalta
,
al
Nord
,
l
'
autorità
più
impegnata
e
,
apparentemente
,
più
disinteressata
,
quella
del
sindaco
.
Nei
villaggi
città
della
fascia
il
sindaco
è
la
persona
più
autorevole
.
Più
dell
'
onorevole
,
del
parroco
,
del
comandante
dei
carabinieri
.
Egli
fa
parte
della
triade
onnipotente
società
immobiliare
-
municipio
-
ufficio
tecnico
e
ne
è
spesso
l
'
arbitro
.
Raramente
a
favore
suo
,
spesso
a
favore
del
suo
partito
.
Ma
queste
operazioni
di
alta
finanza
comunale
interessano
relativamente
gli
immigrati
,
ad
essi
basta
di
aver
trovato
,
per
la
prima
volta
dopo
secoli
,
qualcuno
che
si
occupa
effettivamente
dei
loro
bisogni
e
che
ha
un
potere
autonomo
e
sufficiente
per
soddisfarli
.
Gli
si
rivolgono
dapprima
per
avere
le
carte
necessarie
alla
residenza
e
al
lavoro
,
poi
per
la
casa
e
finisce
che
diventa
il
loro
padre
spirituale
e
magari
il
loro
consigliere
sentimentale
:
la
immigrata
cui
il
sindaco
ha
regolato
una
spinosa
faccenda
familiare
che
ogni
volta
gli
sorride
come
se
fosse
«
uno
della
congiura
»
;
le
mogli
che
gli
raccontano
i
tradimenti
dei
mariti
;
quelli
che
lo
vogliono
arbitro
di
una
loro
lite
.
I
sindaci
quasi
tutti
settentrionali
non
riescono
a
rendersi
conto
,
a
volte
,
del
potere
acquisito
,
né
a
prevedere
le
conseguenze
.
Un
giorno
,
a
una
riunione
di
immigrati
,
il
sindaco
di
San
Donato
dice
che
effettivamente
è
vero
,
quel
tale
padrone
di
case
si
comporta
da
esoso
.
E
poi
deve
fermare
la
corsa
al
linciaggio
,
quelli
sentendosi
approvati
dal
sindaco
,
dal
signore
«
della
Commune
»
muovono
già
alla
spedizione
punitiva
,
hanno
scambiato
un
suo
giudizio
per
una
autorizzazione
a
procedere
.
Come
arbitri
tra
le
immobiliari
e
gli
uffici
tecnici
i
sindaci
devono
fare
i
conti
con
l
'
organizzazione
mafiosa
che
si
è
trasferita
o
ricostruita
al
Nord
.
Il
«
ragioniere
»
o
«
la
napoletana
»
o
«
il
barista
»
che
intermediano
fra
i
nuovi
arrivano
e
i
proprietari
di
terreni
e
di
case
devono
per
forza
avere
qualche
«
aggancio
»
nel
municipio
,
sotto
questo
aspetto
qui
come
nel
Sud
la
mafia
rappresenta
una
degenerazione
dell
'
amministrazione
pubblica
.
Le
organizzazioni
mafiose
si
occupano
di
mediazioni
commerciali
e
di
reclutamento
operaio
.
Per
ora
non
sono
arrivate
a
uccidere
,
ma
usano
le
minacce
,
le
percosse
,
la
fame
.
Parecchi
gruppi
mafiosi
spediscono
i
loro
emissari
nel
Sud
per
offrire
«
casa
e
lavoro
»
.
Chi
accetta
deve
solo
firmare
un
impegno
e
quasi
sempre
lo
firma
senza
leggerlo
.
Poi
scoprirà
che
è
un
impegno
da
strozzino
,
persa
la
casa
alla
prima
rata
non
pagata
.
Il
controllo
è
difficile
,
molti
immigrati
non
conoscono
altra
mediazione
che
quella
mafiosa
.
Alcuni
arrivano
al
punto
di
rimpiangerla
.
Un
giorno
la
polizia
arresta
un
certo
Fioramonte
Panando
.
Ha
ucciso
un
reclutatore
di
manodopera
.
Perché
aveva
deciso
di
chiuder
bottega
e
non
voleva
più
occuparsi
di
trovargli
un
lavoro
.
Si
tratta
di
un
caso
limite
,
ma
anche
al
limite
è
una
triste
faccenda
.
Ne
abbiamo
ancora
di
strada
da
fare
,
non
vi
sembra
?
StampaQuotidiana ,
Ci
vuole
una
tragedia
come
quella
della
miniera
di
Marcinelle
;
ci
vuole
il
cordoglio
,
lo
sgomento
del
paese
,
la
partenza
dei
ministri
per
Charleroi
;
ci
vogliono
i
titoli
sulla
prima
pagina
dei
quotidiani
,
le
fotografie
della
vedova
e
degli
orfani
perché
l
'
Italia
si
domandi
dov
'
è
Manoppello
e
perché
la
gente
di
questo
paese
è
così
povera
e
che
cosa
si
può
fare
per
sollevarla
dalla
miseria
senza
mandarla
a
morire
in
Belgio
.
Diciamo
subito
che
non
si
può
fare
niente
,
perché
il
tessuto
sociale
di
Manoppello
,
il
connettivo
che
tiene
insieme
le
200
case
del
paese
intorno
alla
parrocchia
è
qui
,
come
in
migliaia
di
altri
comuni
dell
'
Abruzzo
,
della
Campania
,
della
Calabria
,
della
Basilicata
,
della
Sicilia
,
proprio
la
miseria
.
La
miseria
,
a
Manoppello
,
è
quello
che
è
a
Ivrea
la
Olivetti
,
la
Fiat
a
Torino
,
il
porto
a
Genova
,
i
commerci
e
le
industrie
a
Milano
,
la
burocrazia
a
Roma
.
Se
non
ci
fosse
la
miseria
,
una
delle
miserie
più
compatte
del
Mezzogiorno
,
gli
abitanti
di
questo
cocuzzolo
nudo
,
circondato
da
valli
desolate
,
smetterebbero
di
levarsi
alle
quattro
di
mattina
per
andare
a
carezzare
con
l
'
aratro
e
i
buoi
la
terra
arida
,
gialla
e
avara
dei
campi
.
Se
quelli
di
Manoppello
avessero
i
quattrini
per
andare
in
Argentina
,
in
Brasile
,
in
Canada
,
in
Australia
,
per
impiantare
in
qualunque
parte
d
'
Italia
,
che
non
sia
questo
sciocco
villaggio
,
dimenticato
dalla
storia
fuori
delle
strade
,
un
commercio
o
una
bottega
artigiana
,
Manoppello
potrebbe
essere
cancellato
dall
'
elenco
dei
comuni
d
'
Italia
.
La
scoperta
di
Charleroi
Il
primo
che
,
dopo
la
guerra
,
si
rifiutò
di
morire
di
fame
e
prese
la
strada
del
Belgio
fu
Raffaele
Mazzaferro
.
Voleva
andare
anche
lui
nel
Sud
America
,
in
Australia
e
in
Canadà
,
come
avevano
fatto
centinaia
di
altre
famiglie
dei
paesi
,
ma
non
aveva
i
soldi
per
il
viaggio
,
né
l
'
atto
di
richiamo
,
né
il
visto
.
Così
scoprì
Charleroi
,
dove
si
potevano
guadagnare
sottoterra
tremila
lire
al
giorno
scavando
carbone
.
Mazzaferro
partì
nel
1946
e
di
anno
in
anno
aumentò
il
numero
di
quelli
che
lo
seguirono
o
dei
fortunati
che
s
'
imbarcarono
per
i
paesi
d
'
oltre
oceano
.
Manoppello
,
che
aveva
7500
abitanti
nel
1946
,
ne
ha
oggi
meno
di
7
mila
.
Quelli
che
sono
rimasti
hanno
continuato
a
sperare
nell
'
industria
,
quell
'
industria
astratta
e
possibilmente
meccanica
di
cui
si
sogna
nel
Sud
,
a
sperare
nella
Cassa
del
Mezzogiorno
,
nella
bonifica
.
Non
già
che
credano
nella
Cassa
o
nella
bonifica
,
ma
sperano
di
avere
un
impiego
al
Consorzio
di
Bonifica
:
perché
nei
paesi
poveri
succede
questo
,
che
i
poveri
restano
poveri
ma
la
burocrazia
che
si
occupa
dei
poveri
diventa
ricca
.
Il
sindaco
di
Manoppello
,
che
si
chiama
Giuseppe
Di
Martino
ed
è
democristiano
e
maestro
elementare
,
ci
ha
raccontato
a
questo
riguardo
molte
cose
interessanti
che
ripetiamo
come
le
abbiamo
udite
,
lasciando
a
lui
la
responsabilità
di
quello
che
ha
detto
.
Il
capo
dell
'
ufficio
tecnico
del
Consorzio
di
bonifica
per
la
riva
sinistra
del
Pescara
s
'
è
attribuito
uno
stipendio
di
4
milioni
all
'
anno
,
più
assicurazione
di
10
milioni
.
Ma
non
si
vede
mai
.
E
si
vedono
poco
anche
i
18
geometri
che
formano
l
'
organico
dell
'
ufficio
tecnico
.
Per
eseguire
certe
livellazioni
,
che
non
so
bene
come
siano
,
questo
bel
gruppo
di
tecnici
,
che
è
forse
troppo
occupato
a
curare
gli
affari
propri
,
si
rivolse
a
una
ditta
specializzata
di
Parma
,
che
livellò
,
sbagliò
,
ricominciò
daccapo
,
sbagliò
di
nuovo
,
ma
alla
fine
si
fece
pagare
.
Le
livellazioni
furono
poi
fatte
dai
geometri
dell
'
ufficio
statale
del
catasto
e
si
dovette
,
naturalmente
,
pagare
anche
questo
,
aggiustando
i
conti
delle
altre
spese
per
trovare
i
fondi
.
Il
presidente
del
Consorzio
è
il
ragioniere
Tenaglia
,
il
quale
per
compensare
un
'
impresa
del
mancato
appalto
di
un
canale
d
'
irrigazione
le
ha
affidato
,
a
trattativa
privata
,
la
costruzione
di
una
strada
di
bonifica
da
Capagatti
a
Rosciano
:
opera
,
dicono
,
di
scarsissima
utilità
.
Le
ville
di
un
certo
barone
Zambra
,
che
vanta
parentele
altolocate
,
è
stata
riparata
a
cura
e
spese
della
Sovraintendenza
ai
monumenti
,
perché
alla
villa
è
annessa
una
chiesa
monumentale
,
ma
tuttavia
privata
.
E
,
sempre
per
via
della
parentela
altolocata
,
nell
'
imminenza
delle
elezioni
del
1953
si
annunciò
alla
gente
di
Manoppello
la
posa
della
prima
pietra
del
villaggio
«
Dino
Zambra
»
per
le
case
dei
poveri
.
Il
nome
era
sempre
quello
del
barone
ma
i
soldi
erano
quelli
della
legge
Aldisio
,
cioè
dello
Stato
.
La
cosa
,
poi
,
come
tante
altre
,
finì
in
nulla
perché
la
seconda
pietra
non
si
è
mai
messa
.
La
gestione
elettoralistica
delle
opere
pubbliche
,
la
confusione
delle
iniziative
,
la
sproporzione
fra
le
promesse
e
i
fatti
hanno
tolto
alla
gente
di
qui
ogni
fiducia
nello
Stato
.
«
La
Cassa
del
Mezzogiorno
»
esagera
il
sindaco
di
Manoppello
«
è
un
baraccone
;
tutto
quello
che
ha
fatto
per
noi
è
stato
di
depolverizzare
una
strada
.
»
Una
strada
superflua
A
Turrivalignani
il
collocatore
comunale
Antonio
Squaserio
dirige
il
cantiere
di
lavoro
per
l
'
assorbimento
della
disoccupazione
,
e
sta
costruendo
una
strada
da
Turrivalignani
a
Lettomanoppello
.
Solo
la
mancanza
d
'
immaginazione
e
lo
spirito
di
dissipazione
della
burocrazia
può
progettare
un
'
opera
simile
.
Per
capire
come
si
sprecano
i
milioni
dello
Stato
bisognerebbe
mandare
una
delegazione
di
contribuenti
a
vedere
che
cos
'
è
Turrivalignani
e
che
cos
'
è
Lettomanoppello
e
che
bisogno
c
'
era
di
collegare
i
due
paesi
con
una
nuova
via
diretta
,
come
se
fra
di
essi
fervesse
chissà
quale
febbrile
attività
.
Turrivalignani
e
Lettomanoppello
,
come
Manoppello
,
sono
espressioni
geografiche
per
indicare
alcuni
gruppi
di
naufraghi
delle
società
italiana
che
sono
rimasti
appollaiati
intorno
al
loro
cucuzzolo
,
con
la
solita
creta
gialla
nei
campi
e
le
montagne
pelate
.
Tutto
ciò
è
inesplicabile
.
Si
possono
metter
su
cento
cantieri
di
lavoro
,
aprire
mille
strade
,
dare
la
casa
a
tutti
i
paesani
,
fare
le
fontane
sulle
piazze
,
e
tuttavia
non
succederà
niente
.
Se
lo
Stato
ha
deciso
che
questa
gente
deve
restare
qui
,
gli
conviene
pensionarla
.
Nel
1948
,
dopo
le
elezioni
del
18
aprile
,
una
delegazione
di
sindaci
del
basso
Pescara
andò
da
Fanfani
,
che
era
allora
ministro
del
Lavoro
,
a
dire
che
i
campi
si
spopolavano
,
che
la
gente
se
ne
andava
in
Sud
America
,
in
Australia
,
in
Belgio
.
Gli
domandarono
se
l
'
industria
,
in
Abruzzo
,
arrivava
o
no
.
Fanfani
si
strinse
nelle
spalle
e
allargò
le
braccia
:
«
Avviateli
in
Belgio
»
disse
«
fateli
entrare
nell
'
ordine
di
idee
di
emigrare
.
Non
c
'
è
di
meglio
da
fare
»
.
Tutta
l
'
industria
di
Manoppello
è
la
SAMA
,
Società
anonima
miniere
di
asfalto
,
che
la
carità
di
Parodi
mantiene
in
attività
con
675
operai
,
di
cui
165
soltanto
sono
del
paese
.
La
fabbrica
rende
esattamente
quello
che
costa
.
Quando
il
sindaco
,
Giuseppe
Di
Martino
,
domandò
al
principe
D
'
Orleans
,
genero
di
Parodi
,
perché
non
si
faceva
mai
vedere
fra
loro
,
si
sentì
rispondere
che
era
troppo
occupato
altrove
.
Ed
è
giusto
.
Fra
una
cava
d
'
asfalto
,
che
è
più
beneficienza
che
industria
,
e
il
cementificio
di
Scafa
,
che
è
poco
distante
di
lì
ed
è
una
cava
d
'
oro
,
è
naturale
che
un
uomo
d
'
affari
si
occupi
del
secondo
e
cerchi
di
ridurre
più
che
può
le
spese
del
primo
.
Poi
c
'
è
la
questione
del
petrolio
.
Anche
a
Manoppello
,
come
ad
Alanno
,
le
perforazioni
hanno
rilevato
che
i
giacimenti
sono
abbondanti
.
Ma
tutto
si
è
fermato
lì
,
le
torri
di
Valvone
sono
scomparse
,
le
speranze
si
sono
dissolte
fra
risate
amare
e
maldicenza
.
«
Vuoi
sapere
perché
non
si
pompa
il
petrolio
?
»
mi
dice
il
sindaco
.
«
Perché
Luciano
Tracanna
vuol
dare
il
petrolio
alla
Cassa
del
Mezzogiorno
e
preparano
una
legge
per
farlo
»
.
Non
so
chi
è
Luciano
Tracanna
e
che
cosa
c
'
entri
la
Cassa
col
petrolio
.
E
mi
pare
troppo
lungo
spiegare
al
sindaco
la
difficilissima
questione
della
legge
mineraria
.
E
penso
che
non
vale
la
pena
di
farlo
,
perché
tutto
sommato
il
sindaco
ha
ragione
.
Tracanna
o
non
Tracanna
,
è
ridicolo
che
,
dopo
aver
scoperto
sotto
queste
argille
miserabili
la
prima
speranza
di
benessere
,
si
lasci
tutto
lì
per
mettere
d
'
accordo
i
troppi
appetiti
e
si
dica
alla
gente
che
,
fino
a
nuovo
ordine
,
deve
tornare
a
graffiare
la
terra
con
l
'
aratro
.
Le
parole
del
sindaco
Tutta
la
miseria
di
Manoppello
viene
dalla
terra
.
I
campi
danno
sei
quintali
di
grano
per
ettaro
e
qualche
po
'
di
formaggio
di
capra
.
Su
questo
reddito
il
fisco
,
che
prende
le
alici
e
fa
scappare
i
tonni
,
preleva
15
ed
anche
20
mila
lire
.
Lavoriamo
per
pagare
le
tasse
,
dicono
i
contadini
.
E
hanno
ragione
,
perché
quello
che
resta
non
basta
per
mangiare
.
Sono
gli
ultimi
servi
della
gleba
.
Faticano
soltanto
per
sopravvivere
.
Sono
esclusi
interamente
dal
giro
dell
'
economia
monetaria
,
perché
non
vendono
niente
e
non
comprano
niente
.
Non
c
'
è
nessuna
ragazza
del
paese
,
ha
detto
il
sindaco
,
che
accetta
di
sposare
un
contadino
.
Preferiscono
restare
zitelle
.
Il
numero
dei
fondi
incolti
aumenta
,
mentre
ci
sono
500
uomini
inseriti
all
'
ufficio
di
collocamento
.
Questo
è
il
panorama
sociale
di
Manoppello
,
che
può
valere
come
tipo
per
innumerevoli
altri
comuni
meridionali
della
provincia
di
Pescara
,
di
Matera
,
di
Cosenza
,
di
Agrigento
,
di
Siracusa
,
dell
'
Italia
in
soprannumero
.
Esistono
in
Italia
migliaia
di
Manoppello
.
Ma
questo
,
dell
'
Abruzzo
,
ha
acquistato
,
con
la
sciagura
di
Marcinelle
,
il
diritto
alla
celebrità
.
S
'
è
presentato
,
per
così
dire
,
alla
televisione
.
Ha
gridato
più
forte
degli
altri
e
adesso
tutti
si
domandano
perché
la
gente
di
Manoppello
muore
di
fame
o
in
miniera
.
«
Far
ballare
i
piatti
»
Che
cosa
rispondere
?
Una
cosa
prima
di
tutto
,
per
mettere
fine
al
gioco
delle
finzioni
che
la
Cassa
del
Mezzogiorno
,
i
cantieri
di
lavoro
,
i
cantieri
-
scuola
,
l
'I.N.A.-Casa,
i
corsi
Inapli
,
i
pacchi
della
Prefettura
,
e
quelli
della
P.C.A.
,
non
servono
a
nulla
.
La
gente
se
ne
deve
andare
da
Manoppello
perché
la
terra
di
Manoppello
,
come
le
rocce
del
Monte
Bianco
,
non
fa
parte
della
superficie
agricola
.
Se
ne
deve
andare
all
'
estero
,
ma
non
a
Charleroi
.
Può
andare
in
Italia
,
per
esempio
.
Anche
l
'
Italia
,
per
i
poveri
,
è
estero
:
fino
a
quando
non
sarà
pubblicata
la
più
semplice
legge
della
Repubblica
,
quella
che
permetterà
agli
italiani
di
andare
in
Italia
,
gli
Izzo
e
i
Mazzaferro
abruzzesi
non
potranno
avere
il
passaporto
per
cercare
lavoro
a
Roma
,
a
Milano
,
a
Bologna
,
a
Padova
,
a
Biella
,
a
Prato
.
E
chi
ci
va
clandestinamente
e
si
fa
pescare
,
viene
rimpatriato
d
'
autorità
.
Quanto
all
'
estero
vero
e
proprio
,
al
di
là
del
mare
e
delle
Alpi
,
è
ora
di
cominciare
a
far
sul
serio
,
di
togliere
gli
affari
della
emigrazione
dalle
mani
dei
dilettanti
,
dell
'I.C.I.E.,
del
C.I.M.E.
,
delle
burocrazie
.
È
ora
di
domandarsi
che
cosa
significa
la
comunità
internazionale
e
come
si
può
pretendere
da
un
contadino
abruzzese
la
difesa
dei
valori
occidentali
.
È
ora
che
i
nostri
ministri
non
si
vergognino
della
povertà
dell
'
Italia
e
dei
suoi
e
,
come
disse
l
'
onorevole
Merzagora
,
«
facciano
ballare
i
piatti
»
per
il
collocamento
della
manodopera
disoccupata
.
Noi
vorremmo
che
da
oggi
,
alle
spalle
del
ministro
Martino
,
ogni
volta
che
siede
in
una
conferenza
,
ci
fosse
,
come
un
«
memorandum
»
,
un
contadino
di
Manoppello
.
StampaQuotidiana ,
La
mattina
del
25
luglio
il
conte
Dino
Grandi
di
Mordano
si
rese
irreperibile
.
Invano
fu
cercato
alla
Camera
,
invano
fu
cercato
nella
sua
villa
pare
abbastanza
sontuosa
di
Frascati
,
anche
vana
fu
la
telefonata
per
rintracciarlo
a
Bologna
presso
il
Resto
del
Carlino
.
Nessuno
degli
interpellati
seppe
dare
qualche
notizia
:
da
Frascati
si
disse
che
era
partito
in
auto
diretto
a
Bologna
.
In
realtà
egli
era
rimasto
a
Roma
,
nascosto
,
nell
'
attesa
del
colpo
di
Stato
.
Anche
nei
giorni
successivi
rimase
a
Roma
.
Non
appena
conobbe
la
composizione
del
Governo
Badoglio
,
egli
scrisse
una
lettera
al
Maresciallo
,
per
dirgli
che
"
si
trattava
di
un
Ministero
solido
e
che
la
scelta
degli
uomini
non
avrebbe
potuto
essere
migliore
"
.
Dopo
qualche
altro
giorno
di
inutile
attesa
,
diventò
l
'
avvocato
Domenico
Galli
,
e
filò
verso
la
penisola
iberica
.
Si
trattenne
poco
in
Spagna
,
dove
trovò
una
ospitalità
che
si
può
chiamare
singolare
da
parte
del
console
di
Siviglia
,
e
non
sentendosi
sicuro
,
sotto
il
regime
di
Franco
,
si
trasferì
nel
Portogallo
,
nelle
vicinanze
di
Lisbona
,
e
precisamente
a
Estoril
.
Il
suo
atteggiamento
di
prima
,
il
suo
discorso
nella
seduta
del
Gran
Consiglio
,
la
sua
fuga
in
aereo
dall
'
Italia
,
con
passaporti
badoglieschi
,
tolgono
anche
l
'
ombra
del
dubbio
sulla
parte
sostenuta
da
lui
nell
'
effettuazione
della
congiura
.
Da
lui
,
prima
Sottogretario
all
'
Interno
,
quindi
Sottosegretario
agli
Esteri
,
successivamente
Ministro
degli
Esteri
,
poi
ambasciatore
a
Londra
,
finalmente
Ministro
della
Giustizia
e
nel
contempo
Presidente
della
Camera
dei
Fasci
e
delle
Corporazioni
nonché
coNte
col
predicato
di
Mordano
.
Poteva
bastare
?
No
.
Non
bastava
.
Ai
primi
di
marzo
del
1943
,
egli
si
presentò
a
Palazzo
Venezia
,
munito
dell
'
annuario
del
Ministero
degli
Esteri
e
così
parlò
a
Mussolini
:
Non
è
la
prima
volta
che
io
sono
imbarazzato
davanti
a
te
,
ma
in
questa
circostanza
lo
sono
in
modo
particolare
.
Tu
sai
che
dopo
un
certo
periodo
di
tempo
gli
ambasciatori
,
specialmente
se
sono
stati
lunghi
anni
accreditati
presso
la
Corte
di
San
Giacomo
a
Londra
,
sono
insigniti
del
Collare
dell
'
Annunziata
.
Io
credo
di
trovarmi
in
queste
condizioni
.
Vorresti
parlarne
al
re
?
Questi
erano
i
discorsi
che
annoiavano
terribilmente
Mussolini
.
Già
altra
volta
,
a
proposito
del
Collare
,
egli
aveva
rinunciato
al
suo
,
in
favore
di
Tomaso
Tittoni
.
Va
bene
rispose
Mussolini
ne
parlerò
al
prossimo
colloquio
.
Così
avvenne
.
Ma
di
primo
acchito
il
re
non
parve
affatto
entusiasta
della
cosa
.
Anzitutto
,
egli
disse
,
non
è
vero
che
chi
è
stato
ambasciatore
a
Londra
sia
per
ciò
decano
degli
ambasciatori
e
abbia
diritto
al
Collare
.
Questo
è
un
motivo
che
non
va
.
L
'
altro
,
ampliamento
del
territorio
dello
Stato
,
non
esiste
nel
caso
Grandi
.
Egli
può
essere
insignito
del
Collare
solo
in
quanto
è
Presidente
della
Camera
.
Però
,
conferendolo
a
lui
,
bisognerebbe
darlo
anche
al
conte
Suardo
,
Presidente
del
Senato
,
e
non
è
il
caso
dopo
le
chiacchiere
fattesi
,
in
questi
ultimi
tempi
,
a
carico
di
senatori
che
avrebbero
fornito
notizie
alla
Polizia
.
Mussolini
interruppe
per
dire
che
una
inchiesta
aveva
a
tal
proposito
concluso
con
la
insussistenza
del
fatto
.
Nell
'
udienza
successiva
,
il
re
non
fece
più
alcuna
obiezione
.
Al
contrario
,
riconobbe
che
anche
come
Guardasigilli
dopo
la
ultimazione
dei
Codici
il
Grandi
meritava
l
'
alta
distinzione
.
Questo
cambiamento
alla
distanza
di
quarantott
'
ore
sembrò
strano
.
Quanto
all
'
epoca
,
fu
scelta
la
festa
dell
'
Annunziata
,
e
di
lì
a
poco
,
il
25
marzo
del
1943
,
il
conte
Dino
Grandi
diventava
cugino
di
Vittorio
Emanuele
Savoia
.
I
giornali
pubblicarono
la
notizia
senza
eccessivo
rilievo
.
Il
Grandi
di
lì
a
qualche
giorno
tornò
a
Palazzo
Venezia
e
fece
tali
dichiarazioni
di
fedeltà
,
di
devozione
a
Mussolini
,
da
fare
tremare
i
muri
perimetrali
dell
'
edificio
.
Che
il
conferimento
del
Collare
fosse
un
elemento
della
congiura
?
Chi
avrebbe
infatti
potuto
dubitare
della
fede
fascista
di
Grandi
?
Qualcuno
c
'
era
,
ma
non
fu
ascoltato
.
Nelle
diverse
migliaia
di
"
fascicoli
"
che
contengono
vita
,
morte
e
miracoli
di
duecentomila
personaggi
fra
i
maggiori
e
minori
d
'
Italia
,
quello
di
Grandi
è
straordinariamente
voluminoso
.
Per
non
essere
costretti
a
scrivere
centinaia
di
pagine
,
trascuriamo
le
manifestazioni
pubbliche
scritte
e
orali
,
dalle
quali
risulta
che
egli
si
gloriava
di
essere
un
"
ortodosso
"
del
Fascismo
;
un
fedelissimo
di
Mussolini
,
che
aveva
fatto
di
lui
,
oscuro
cronista
del
Resto
del
Carlino
,
un
uomo
politico
di
rilievo
prima
nel
Partito
,
quindi
nella
Nazione
.
Che
cosa
sarei
stato
io
diceva
Grandi
-
se
non
ti
avessi
incontrato
?
Nella
più
propizia
delle
ipotesi
un
oscuro
avvocato
di
provincia
.
Sfogliamo
il
fascicolo
che
contiene
documenti
non
destinati
alla
pubblicità
e
quindi
,
si
suppone
,
senza
secondi
fini
.
Dopo
la
Marcia
su
Roma
e
precisamente
nel
marzo
del
1923
viene
chiamato
a
Roma
per
riprendere
l
'
attività
politica
e
in
tale
occasione
così
scrive
al
Duce
:
«
Ti
ringrazio
per
le
tue
parole
che
mi
hanno
ridato
a
un
tratto
tutta
la
mia
vecchia
forza
di
lottare
e
di
lavorare
.
Rimprovero
a
me
stesso
questo
tempo
perduto
a
consumarmi
in
silenzio
sterilmente
.
Nessuno
più
di
me
conosce
e
sa
i
miei
difetti
.
Essi
sono
grandissimi
e
infiniti
.
Ma
tu
che
sei
il
mio
Capo
mi
vedrai
alla
prova
.
Vedrai
di
quale
devozione
e
di
quale
lealtà
sarà
esempio
il
tuo
Dino
Grandi
»
.
Nel
maggio
del
1925
,
Mussolini
chiamò
Dino
Grandi
a
coprire
la
carica
di
Sottosegretario
al
Ministero
degli
Esteri
.
Il
Grandi
aveva
molto
desiderato
questa
nomina
e
non
lo
nasconde
.
In
questi
termini
egli
ringrazia
il
Duce
:
«
Senza
perplessità
e
goffe
modestie
ti
dico
che
la
inaspettata
nomina
mi
ha
molto
lusingato
,
anche
perché
l
'
avermi
tu
prescelto
ad
una
funzione
tanto
importante
mi
permetterà
di
esserti
più
vicino
.
Questa
è
la
massima
ambizione
e
il
maggior
premio
che
io
possa
desiderare
.
Tu
sai
d
'
altra
parte
quanto
illimitata
e
incondizionata
sia
la
mia
fedeltà
e
come
mio
unico
desiderio
sia
quello
di
ubbidirti
.
Fai
perciò
di
me
quello
che
riterrai
più
opportuno
e
più
rispondente
alle
esigenze
del
momento
che
tu
soltanto
sai
e
puoi
valutare
»
.
In
data
14
dicembre
1927
,
indirizzò
un
'
altra
lettera
al
Duce
nella
quale
sono
contenute
le
seguenti
parole
:
«
Qualche
mese
fa
tu
mi
ordinasti
di
riprendere
il
mio
posto
.
L
'
ho
ripreso
.
E
riprendendolo
con
tutta
la
mia
passione
non
ti
ripeto
che
una
assicurazione
che
è
un
giuramento
di
fedeltà
.
Ti
dico
solo
che
la
mia
fedeltà
è
cieca
,
assoluta
e
indistruttibile
.
Essa
è
la
conquista
spirituale
di
un
uomo
di
silenzio
e
di
meditazione
.
Mi
vedrai
alla
prova
»
.
Dopo
avere
diretto
per
molti
anni
il
Ministero
degli
Esteri
,
egli
fu
sostituito
.
Perché
?
Frequentando
assiduamente
Ginevra
,
egli
si
era
alquanto
mimetizzato
in
quel
perfido
ambiente
.
La
sua
linea
era
oramai
"
societaria
"
.
Non
vi
è
dubbio
che
egli
si
era
fatto
un
certo
nome
nel
mondo
internazionale
.
Aveva
visitato
quasi
tutte
le
capitali
europee
,
compresa
Ankara
.
Lo
si
considerava
un
uomo
di
tendenze
democratiche
,
un
uomo
di
destra
nella
politica
estera
del
Fascismo
.
La
linea
del
Governo
,
dopo
il
fallimento
del
patto
a
quattro
,
divergeva
.
Un
giorno
,
egli
fu
sostituito
e
mandato
ambasciatore
a
Londra
.
Si
può
pensare
che
da
quel
giorno
egli
cominciasse
a
covare
un
risentimento
che
lo
avrebbe
portato
lontano
.
Tuttavia
lo
tenne
accuratamente
celato
.
Quando
già
nell
'
aria
si
sentiva
che
qualche
cosa
di
nuovo
maturava
in
terra
d
'
Africa
,
in
data
20
febbraio
1935
,
da
Londra
così
scriveva
:
«
Sono
ritornato
al
mio
posto
di
lavoro
con
una
immagine
dell
'
Italia
fascista
quale
non
avevo
visto
mai
;
la
vera
Italia
del
tuo
tempo
,
che
va
incontro
agli
eventi
misurandoli
freddamente
,
senza
preoccupazioni
da
una
parte
,
senza
manifestazioni
di
isterico
entusiasmo
dall
'
altra
.
Le
cose
che
sono
.
I
Romani
che
se
ne
intendevano
avrebbero
chiamato
questo
il
tempo
della
Fortuna
virile
.
Credo
che
tu
debba
essere
soddisfatto
del
come
l
'
Italia
ha
risposto
al
tuo
ordine
di
marcia
»
.
Di
quando
in
quando
,
l
'
ambasciatore
a
Londra
scende
a
riprendere
contatto
con
la
vita
della
Nazione
e
del
Regime
.
Nessuna
riserva
o
critica
nelle
manifestazioni
destinate
alla
pubblicità
,
nessuna
riserva
nelle
manifestazioni
epistolari
riservate
,
ma
apologia
osannante
di
tutto
.
Nel
febbraio
del
1939
,
visitando
una
caserma
della
Milizia
così
scrive
:
«
L
'
impressione
che
vi
ho
riportata
è
profonda
.
Guidonia
è
il
più
maschio
generatore
di
potenza
per
la
nostra
guerra
di
domani
,
e
,
tra
le
tue
creazioni
,
quella
che
dà
forse
con
più
plastica
evidenza
il
senso
del
Genio
e
della
Potenza
»
.
È
l
'
anno
in
cui
nell
'
Esercito
italiano
si
introduce
,
cominciando
dalla
Milizia
,
il
"
passo
romano
"
di
parata
,
sul
quale
tante
oziose
discussioni
si
fecero
allora
.
Sta
di
fatto
che
l
'
unico
esercito
al
mondo
che
sfilasse
senza
uno
"
stile
"
di
marcia
,
era
l
'
Esercito
italiano
.
Che
il
passo
di
parata
sia
il
coronamento
indispensabile
dell
'
istruzione
in
ordine
chiuso
è
di
tutta
evidenza
e
che
tale
passo
sia
di
una
importanza
educativa
grandissima
è
indiscutibile
.
È
noto
l
'
episodio
di
Waterloo
.
A
un
certo
momento
della
battaglia
,
sorpresi
da
un
violento
fuoco
a
massa
dell
'
artiglieria
francese
,
alcuni
reparti
prussiani
ebbero
un
momento
di
incertezza
.
Blücher
li
fece
ritornare
in
linea
al
"
passo
dell
'
oca
"
e
ripresero
intrepidamente
il
combattimento
.
Quando
in
una
delle
sue
periodiche
visite
a
Roma
,
l
'
ambasciatore
Grandi
ha
l
'
occasione
di
assistere
alle
prime
sfilate
del
"
passo
romano
"
,
egli
ne
resta
semplicemente
elettrizzato
.
Lo
spettatore
si
lascia
trasportare
dall
'
entusiasmo
e
interpreta
dal
punto
di
vista
fonico
e
da
quello
morale
l
'
importanza
del
"
passo
"
con
questo
brano
di
una
lettera
apologetica
indirizzata
a
Mussolini
:
«
La
terra
tremava
sotto
la
picchiata
o
meglio
la
martellata
dei
piedi
dei
legionari
.
Ho
osservato
da
vicino
queste
Camicie
Nere
:
quando
essi
marciano
al
passo
romano
,
i
loro
occhi
sfavillano
,
la
bocca
si
fa
dura
e
lineare
e
la
faccia
acquista
un
senso
nuovo
che
,
non
è
soltanto
il
senso
marziale
,
ma
è
piuttosto
il
senso
di
superbia
soddisfatta
di
un
martellatore
che
spacca
,
che
schiaccia
la
testa
del
suo
nemico
.
Infatti
,
è
dopo
i
primi
10-12
passi
che
la
picchiata
diventa
di
una
potenza
uniformemente
crescente
e
questo
perché
la
eco
della
martellata
nell
'
orecchio
stesso
del
martellatore
vi
raddoppia
la
forza
.
Nella
necessaria
rivoluzione
del
costume
,
che
tu
stai
facendo
,
il
passo
romano
,
è
e
sarà
sempre
più
il
più
potente
strumento
di
pedagogia
fascista
.
Per
questo
mi
domando
se
nel
passo
di
parata
la
musica
non
vi
sia
di
troppo
.
Mentre
il
tamburo
"
sigilla
"
,
la
musica
della
banda
(
non
darmi
del
presuntuoso
per
queste
impressioni
)
crea
delle
diversioni
spirituali
a
tutto
scapito
di
quello
che
deve
essere
ingigantito
dal
silenzio
e
dal
tamburo
,
la
eco
e
la
vibrazione
di
questa
ritmica
potente
collettiva
martellata
di
bronzo
»
.
Erano
quelli
gli
anni
in
cui
il
Partito
si
proponeva
di
"
rivoluzionare
"
il
costume
.
A
tale
scopo
fu
introdotta
la
cerimonia
del
cambio
della
guardia
.
Il
cambio
della
guardia
era
diventato
col
tempo
la
più
sciatta
delle
cerimonie
militari
.
Non
aveva
pubblico
,
perché
non
interessava
nessuno
.
Dopo
avere
migliorato
lo
stile
del
cambio
della
guardia
al
Quirinale
,
facendo
marciare
insieme
alla
guardia
almeno
una
compagnia
con
musica
,
quasi
identica
cerimonia
si
svolgeva
davanti
a
Palazzo
Venezia
,
dinanzi
a
un
pubblico
sempre
più
numeroso
di
Italiani
e
di
stranieri
.
Una
volta
,
Grandi
ha
l
'
occasione
di
assistere
al
cambio
della
guardia
a
Palazzo
Venezia
e
dopo
aver
definito
la
cerimonia
"
superba
e
formidabile
"
così
prosegue
:
«
Quanto
ho
visto
a
Berlino
tempo
fa
,
e
quello
che
vedo
assai
spesso
a
Londra
non
hanno
nulla
a
che
vedere
.
L
'
ordine
chiuso
che
tu
hai
insegnato
ai
tuoi
soldati
è
di
una
originalità
unica
e
superba
.
Quei
tuoi
soldati
stamane
,
del
colore
dell
'
acciaio
,
si
muovevano
con
cuore
,
muscoli
e
tendini
di
acciaio
.
Non
era
il
"
balletto
"
anglo
-
sassone
.
Non
era
la
"
catapulta
"
teutonica
.
Era
un
monoblocco
di
acciaio
,
una
massa
potentemente
pesante
come
quella
tedesca
,
ma
non
tuttavia
di
ghisa
,
bensì
di
metallo
vibrante
.
È
il
più
potente
strumento
di
pedagogia
popolare
che
tu
abbia
creato
»
.
Chi
non
ha
in
questi
ultimi
tempi
gettato
un
sassolino
contro
il
Segretario
Starace
?
Nella
seduta
del
Gran
Consiglio
,
il
Grandi
fu
addirittura
feroce
.
Eppure
nel
1938
,
in
una
lettera
scritta
a
Mussolini
,
dopo
una
visita
alla
Farnesina
,
trova
modo
di
dire
«
che
ivi
Starace
sta
facendo
delle
cose
straordinarie
»
e
annunciando
la
sua
partenza
per
Londra
dichiara
che
eviterà
di
passare
per
la
Francia
,
ma
andrà
via
Germania
perché
,
egli
dice
,
«
in
questi
sette
anni
dacché
sono
a
Londra
,
io
non
mi
sono
mai
,
dico
mai
,
fermato
una
sola
notte
a
Parigi
,
città
che
odio
»
.
All
'
epoca
dell
'
occupazione
dell
'
Albania
,
così
scriveva
da
Londra
:
«
Gli
avvenimenti
di
oggi
mi
hanno
elettrizzato
lo
spirito
.
Tu
,
Duce
,
fai
camminare
la
Rivoluzione
col
moto
fatale
e
spietato
della
trattrice
.
Dopo
la
vendetta
di
Adua
,
la
vendetta
di
Valona
,
il
tuo
collaboratore
fedele
,
il
quale
ha
avuto
il
privilegio
di
essere
stato
,
per
otto
anni
,
testimonio
quotidiano
della
tua
azione
,
sa
che
questa
azione
tu
non
l
'
hai
mollata
mai
,
neppure
per
un
secondo
.
Questa
conquista
fa
dell
'
Adriatico
,
per
la
prima
volta
,
un
mare
militarmente
italiano
e
apre
all
'
Italia
di
Mussolini
le
antiche
strade
delle
conquiste
romane
in
Oriente
»
.
Quando
all
'
atteggiamento
del
conte
Grandi
di
fronte
alla
guerra
attuale
,
esso
fu
,
all
'
inizio
,
di
assoluta
entusiastica
adesione
.
Il
9
agosto
del
1940
presentando
al
Duce
una
copia
fotografica
di
un
suo
articolo
scritto
26
anni
prima
(
dicembre
1914
)
,
dal
quale
risulta
che
le
basi
dell
'
interventismo
del
1914
erano
le
stesse
basi
ideali
e
politiche
dell
'
interventismo
di
25
anni
dopo
,
scrive
:
«
Sin
da
allora
,
sotto
la
tua
guida
,
Duce
,
pensavamo
che
la
guerra
vera
,
la
guerra
rivoluzionaria
dell
'
Italia
,
doveva
ancora
venire
e
sarebbe
stata
la
guerra
futura
,
la
guerra
proletaria
fra
Italia
,
Germania
e
Russia
da
un
lato
,
Francia
e
Inghilterra
dall
'
altro
e
contro
queste
ultime
che
sin
da
allora
dichiaravamo
essere
le
nostre
vere
nemiche
,
anche
se
ci
preparavamo
a
combattere
insieme
ad
esse
»
.
Tornato
definitivamente
da
Londra
dove
in
taluni
circoli
godeva
di
una
certa
considerazione
,
fu
nominato
Guardasigilli
e
come
tale
diede
forte
impulso
al
completamento
dei
Codici
ch
'
egli
volle
chiamati
"
mussoliniani
"
.
Scelto
a
presiedere
la
Camera
dei
Fasci
e
delle
Corporazioni
,
pur
rimanendo
Guardasigilli
,
in
data
27
marzo
XVIII
così
scriveva
al
Duce
:
«
Ti
sono
profondamente
grato
di
quanto
hai
avuto
la
bontà
di
dirmi
stasera
.
Essere
sempre
più
uno
degli
Italiani
nuovi
che
sbalzi
a
martellate
.
Questo
vogliono
la
mia
vita
,
la
mia
fede
,
il
mio
spirito
che
da
25
anni
sono
tuoi
,
del
mio
Duce
»
.
Il
2
dicembre
del
1942
,
il
Duce
parlò
alla
Camera
sulla
situazione
politico
-
militare
.
Presiedeva
Grandi
.
L
'
assemblea
ebbe
una
tonalità
accesa
e
sembrava
denunciare
una
perfetta
unanimità
degli
spiriti
.
All
'
indomani
,
fu
consegnata
al
Duce
una
lettera
firmata
"
una
donna
"
che
così
si
esprimeva
:
«
Voi
avete
accanto
due
o
tre
gerarchi
che
tramano
qualche
cosa
.
Dalla
tribuna
della
stampa
ho
seguito
la
seduta
di
ieri
e
osservato
l
'
atteggiamento
impenetrabile
di
Grandi
.
I
suoi
applausi
erano
di
convenienza
.
È
stato
troppo
tempo
a
Londra
.
Una
che
lo
conosce
vi
dice
:
diffidate
!
»
Il
caso
Grandi
non
è
il
solo
,
è
uno
dei
tanti
,
e
tutti
si
rassomigliano
.
Storicamente
è
accertato
che
nelle
grandi
crisi
i
capi
mollano
o
tradiscono
mentre
i
piccoli
tengono
e
rimangono
fedeli
.
È
,
dunque
,
il
calcolo
(
cioè
l
'
intelligenza
)
che
gioca
nei
primi
,
mentre
nei
secondi
è
la
forza
primigenia
ed
elementare
del
sentimento
che
li
guida
.
Davanti
a
capovolgimenti
spirituali
come
quelli
che
l
'
epistolario
Grandi
documenta
(
e
non
è
che
una
minima
parte
)
,
si
comprende
lo
scetticismo
di
Mussolini
,
dovuto
anche
al
fatto
che
nella
sua
vita
egli
non
ha
mai
avuto
amici
.
È
stato
un
bene
?
Un
male
?
Alla
Maddalena
egli
si
è
posto
il
problema
,
ma
non
lo
ha
risolto
perché
:
«
Bene
o
male
oramai
è
troppo
tardi
.
Vi
è
nel
mondo
biblico
chi
ha
gridato
:
Guai
ai
solitari
e
chi
nel
mondo
del
Rinascimento
ha
proclamato
:
Sii
solo
e
sarai
tutto
tuo
.
Se
oggi
io
avessi
degli
amici
,
dovrebbero
o
potrebbero
"
compatirmi
"
,
cioè
letteralmente
"
patire
con
me
"
.
Non
avendone
,
i
miei
casi
non
escono
dal
cerchio
chiuso
della
mia
vita
»
.
StampaQuotidiana ,
Diversi
anni
fa
una
poverina
,
che
si
firmava
«
Zagara
sicula
»
,
chiese
a
una
rubrica
femminile
come
farsi
il
suo
paltoncino
nuovo
.
«
Nessun
dubbio
,
secondo
l
'
ultimo
Harper
'
s
Bazaar
-
rispose
feroce
Irene
Brin
-
:
Viola
,
e
con
le
frange
d
'
oro
!
»
.
E
qualche
mese
fa
,
a
Ferragosto
,
il
direttore
di
un
rotocalco
romano
,
rimasto
in
città
a
lavorare
,
incontrava
in
piazza
del
Popolo
un
letterato
fra
i
nostri
più
fini
,
che
gli
gridava
desolato
:
«
Abbiamo
sbagliato
!
Sono
'
tutti
'
in
Sardegna
!
»
.
In
quel
momento
,
chi
aveva
lanciato
la
Costa
Smeralda
affollata
di
facoltosi
dopolavoristi
,
stava
probabilmente
facendo
i
suoi
bagni
in
un
'
isoletta
greca
solitaria
;
mentre
le
modiste
che
impongono
«
allunga
!
»
o
«
stringi
!
»
da
una
stagione
all
'
altra
,
si
vestono
poi
come
vogliono
,
in
tutt
'
altri
modi
:
un
po
'
come
il
pastore
maligno
che
indica
il
sentiero
sbagliato
,
come
la
cuoca
malvagia
che
consiglia
:
«
per
far
bene
il
sufflé
?
dentro
la
farina
di
colpo
mentre
s
'
alza
!
»
.
In
letteratura
si
vede
lo
stesso
:
mode
che
si
succedono
con
rapidità
sconcertanti
,
precetti
capovolti
ogni
stagione
.
E
anche
qui
,
da
un
lato
,
personaggi
definibili
(
all
'
americana
)
«
indicatori
di
strade
»
,
cioè
iniziatori
di
voghe
.
Dall
'
altro
,
anime
candide
o
snob
che
li
seguono
,
come
una
tale
signora
inglese
tanto
sfortunata
da
incontrare
in
via
Cimarosa
un
gentiluomo
palermitano
famoso
per
i
suoi
brutti
scherzi
;
e
gli
ha
chiesto
dove
fosse
via
Pergolesi
.
«
Dentro
questo
portone
,
su
quattro
rampe
,
e
giù
in
fondo
-
le
risponde
lui
-
,
sembra
complicato
ma
è
una
scorciatoia
»
.
Lei
si
fida
,
e
si
trova
in
un
appartamento
dove
lui
è
già
lì
pronto
e
la
bastona
,
per
di
più
svillaneggiandola
:
«
brutta
sciocca
,
e
tu
vatti
a
fidare
di
chi
ti
dice
che
per
andare
da
una
via
all
'
altra
bisogna
salire
quattro
rampe
di
scale
!
»
.
Non
bisogna
dunque
dar
retta
agli
agenti
provocatori
?
Sì
,
invece
,
in
un
'
accademia
stagnante
come
la
nostra
società
letteraria
!
Viva
,
sempre
,
i
sobillatori
di
coscienze
!
Come
Pasolini
:
basta
stare
attenti
a
non
cadere
in
tutte
le
imboscate
dove
ci
trascinano
,
e
ce
ne
vorrebbero
cinquanta
come
lui
,
da
accompagnare
nelle
loro
avventure
...
Una
larga
sezione
della
nostra
cultura
gli
ha
deferito
questo
incarico
di
rischiare
,
a
nome
di
tutti
:
perché
è
vero
che
-
soprattutto
letterariamente
-
chi
scandalizza
i
puri
di
cuore
va
sacrificato
a
nome
della
collettività
(
che
è
rimasta
a
casa
,
a
godere
e
soffrire
)
;
però
è
pur
sempre
giusto
(
«
oportet
»
)
che
gli
scandali
avvengano
.
E
come
potremmo
non
entusiasmarci
per
l
'
efferato
virtuosismo
di
un
finto
capro
espiatorio
che
detta
di
anno
in
anno
il
«
compito
a
casa
»
ai
suoi
adepti
-
persecutori
,
li
costringe
all
'
idioma
romanesco
,
li
obbliga
ai
Vangeli
,
li
incatena
a
Freud
oppure
agli
studi
linguistici
,
se
li
tira
dietro
dove
vuole
,
e
finisce
dopo
tutto
canonizzato
in
apoteosi
?
Non
sempre
però
si
cadrà
senza
strillare
in
fondo
alla
trappola
aperta
.
Ultimamente
,
per
esempio
,
Pasolini
ha
dichiarato
in
un
'
intervista
al
«
Giorno
»
e
in
una
conferenza
dell
'
ACI
di
rinnegare
certe
sue
convinzioni
di
ieri
.
Ritiene
«
ancora
possibile
»
il
romanzo
;
non
lo
trova
più
«
esaurito
come
genere
»
;
soprattutto
constatando
l
'
esistenza
di
una
lingua
italiana
media
«
unificata
»
(
e
fino
a
ieri
mancante
)
.
Una
lingua
nazionale
e
non
pseudonazionale
:
basata
non
più
su
riferimenti
al
latino
,
ma
al
linguaggio
tecnologico
dei
politici
e
degli
industriali
;
e
prodotta
non
più
fra
Roma
e
Firenze
,
ma
fra
Milano
e
Torino
.
Parecchi
commentatori
si
sono
già
lamentati
:
che
«
scoperta
»
è
mai
questa
?
«
Ci
troviamo
impegolati
in
un
bel
pasticcio
»
,
scrive
Emanuelli
,
osservando
che
sarà
giusto
abbandonare
«
l
'
italiano
borghese
e
burocratico
»
.
Ma
non
sarà
uno
'
stratagemma
'
questo
«
abbandonare
anche
l
'
italiano
d
'
oggi
scoperto
poco
prima
come
'
lingua
'
nazionale
e
buttarsi
nelle
braccia
del
'
linguaggio
'
tecnologico
?...»
.
Cercando
di
non
franare
nell
'
autobiografia
,
come
lombardo
vorrei
osservare
qui
che
non
mi
sembra
d
'
essermi
mai
sentito
privo
di
uno
strumento
abbastanza
moderno
e
abbastanza
duttile
per
ogni
esigenza
,
che
non
deve
nulla
ai
dialetti
e
può
fare
a
meno
quando
vuole
d
'
ogni
parola
straniera
.
Questa
lingua
esisteva
.
E
forse
si
ha
torto
di
prendere
per
una
constatazione
di
carattere
generale
,
valevole
«
erga
omnes
»
,
quella
che
probabilmente
è
una
esperienza
privata
di
Pasolini
,
simile
alla
«
trouvaille
»
di
chi
arrivando
in
Piemonte
«
scopra
»
l
'
esistenza
del
barolo
e
del
barbera
.
Parlando
da
lettore
di
Saussure
,
poi
,
si
potrebbe
«
lavorare
»
secondo
le
leggi
della
linguistica
il
concetto
di
Emanuelli
:
sostituendo
al
suo
termine
di
«
linguaggio
»
quello
saussuriano
di
«
parola
»
,
per
sottolineare
il
carattere
«
individuale
e
momentaneo
»
della
terminologia
tecnologica
rispetto
alla
«
lingua
»
che
è
per
definizione
un
fatto
«
sociale
nella
sua
essenza
e
indipendente
dall
'
individuo
»
.
Come
lettore
di
Carlo
Dossi
,
infine
,
vorrei
suggerire
che
nelle
«
Note
azzurre
»
esiste
già
perfetta
e
incantevole
la
lingua
«
nazionale
»
secondo
«
questa
nuova
angolazione
linguistica
»
vagamente
nordista
sognata
da
Pasolini
.
Manca
qualche
stilema
olivettiano
o
moroteo
,
pazienza
.
Ma
è
uno
strumento
affascinante
ai
fini
della
narrativa
più
«
moderna
»
di
oggi
:
quella
delle
«
Note
azzurre
»
stesse
.
Cioè
un
romanzo
che
vede
la
realtà
per
elenchi
e
la
cultura
per
analogie
,
fa
i
suoi
usi
giusti
sia
dell
'
ironia
sia
dell
'
Inghilterra
,
sia
del
plurilinguismo
,
ed
è
talmente
aperto
che
si
può
cominciare
a
leggere
in
ogni
pagina
.
StampaQuotidiana ,
Quando
si
è
dinanzi
a
fenomeni
storici
di
vasta
portata
,
come
una
guerra
o
una
rivoluzione
,
-
la
ricerca
delle
cause
prime
è
straordinariamente
difficile
.
Soprattutto
è
difficile
fissare
,
nel
tempo
,
l
'
origine
degli
avvenimenti
.
Si
corre
il
rischio
,
risalendo
nei
secoli
,
di
arrivare
alla
preistoria
,
poiché
causa
ed
effetto
si
condizionano
e
si
rincorrono
a
vicenda
.
Per
evitare
questo
è
necessario
stabilire
un
punto
di
partenza
:
un
atto
di
nascita
.
La
prima
manifestazione
del
Fascismo
risale
agli
anni
1914-1915
,
all
'
epoca
della
prima
guerra
mondiale
,
quando
i
"
Fasci
di
Azione
Rivoluzionaria
"
imposero
l
'
intervento
.
Rinascono
il
23
marzo
1919
come
"
Fasci
di
Combattimento
"
.
Tre
anni
dopo
,
la
Marcia
su
Roma
.
Dal
28
ottobre
del
1922
bisogna
partire
,
quando
si
voglia
esaminare
il
ventennio
del
regime
sino
al
luglio
del
1943
e
rintracciare
le
cause
prime
del
colpo
di
Stato
.
Che
cosa
fu
la
Marcia
su
Roma
?
Una
semplice
crisi
di
Governo
,
un
normale
cambiamento
di
Ministeri
?
No
.
Fu
qualche
cosa
di
più
.
Fu
una
insurrezione
?
Sì
.
Durata
,
con
varie
alternative
,
circa
due
anni
.
Sboccò
questa
insurrezione
in
una
rivoluzione
?
No
.
Premesso
che
una
rivoluzione
si
ha
quando
si
cambia
con
la
forza
non
il
solo
sistema
di
governo
,
ma
la
forma
istituzionale
dello
Stato
,
bisogna
riconoscere
che
da
questo
punto
di
vista
il
Fascismo
non
fece
nell
'
ottobre
del
1922
una
rivoluzione
.
C
'
era
una
monarchia
prima
,
e
una
monarchia
rimase
dopo
.
Mussolini
una
volta
disse
che
quando
nel
pomeriggio
del
31
ottobre
le
Camicie
Nere
marciarono
per
le
vie
di
Roma
,
fra
il
giubilo
acclamante
del
popolo
,
vi
fu
un
piccolo
errore
nel
determinare
l
'
itinerario
:
invece
di
passare
davanti
al
Palazzo
del
Quirinale
,
sarebbe
stato
meglio
penetrarvi
dentro
.
Non
lo
si
pensò
perché
in
quel
momento
tale
proposito
sarebbe
apparso
a
chiunque
inattuale
e
assurdo
.
Come
attaccare
la
monarchia
che
invece
di
sbarrare
le
porte
le
aveva
spalancate
?
Il
re
aveva
effettivamente
revocato
lo
stato
d
'
assedio
proclamato
all
'
ultima
ora
da
Facta
;
non
aveva
ascoltato
le
suggestioni
del
Maresciallo
Badoglio
o
quelle
che
gli
erano
state
attribuite
e
che
provocarono
una
molto
violenta
nota
del
Popolo
d
'
Italia
;
aveva
dato
a
Mussolini
l
'
incarico
di
comporre
un
Ministero
,
il
quale
fatta
esclusione
delle
sinistre
incapsulate
nella
pregiudiziale
antifascista
nasceva
sotto
i
segni
della
rivendicata
vittoria
e
della
concordia
nazionale
.
Un
improvviso
obiettivo
di
carattere
repubblicano
dato
alla
Marcia
avrebbe
complicato
le
cose
.
C
'
era
stato
il
discorso
di
Udine
del
settembre
1922
che
aveva
accantonato
la
tendenzialità
repubblicana
,
ma
già
dagli
inizi
del
movimento
la
posizione
del
Fascismo
di
fronte
alla
forma
delle
istituzioni
politiche
dello
Stato
era
stata
fissata
nella
dichiarazione
programmatica
del
primo
Comitato
centrale
dei
Fasci
italiani
di
Combattimento
nell
'
anno
1919
con
sede
in
via
Paolo
da
Cannobio
37
.
Tale
programma
,
al
comma
D
,
proponeva
la
«
convocazione
di
una
Assemblea
nazionale
per
la
durata
di
tre
anni
,
il
cui
primo
compito
sia
quello
di
stabilire
la
forma
dicostituzione
dello
Stato
»
.
Non
c
'
era
dunque
alcuna
formulazione
o
pregiudiziale
repubblicana
.
Un
anno
dopo
,
nell
'
adunata
nazionale
tenutasi
nel
ridotto
del
teatro
Lirico
di
Milano
nei
giorni
24
e
25
maggio
del
1920
,
alcuni
principi
orientatori
dell
'
azione
fascista
venivano
formulati
.
Essi
sono
condensati
nell
'
opuscolo
:
Orientamenti
tecnici
e
postulati
pratici
del
Fascismo
(
sede
centrale
in
via
Monte
di
Pietà
)
,
dove
,
dopo
avere
dichiarato
che
i
Fasci
di
Combattimento
«
non
si
opponevano
al
socialismo
in
sé
e
per
sé
dottrina
e
movimento
discutibili
ma
si
opponevano
alle
due
degenerazioni
teoriche
e
pratiche
,
che
si
riassumono
nella
parola
bolscevismo
»
passando
al
problema
del
regime
politico
,
in
questi
precisi
termini
si
esprimeva
:
«
Per
i
Fasci
di
Combattimento
la
questione
del
regime
è
subordinata
agli
interessi
morali
e
materiali
,
presenti
e
futuri
della
Nazione
,
intesa
nella
sua
realtà
e
nel
suo
divenire
storico
;
per
questo
essi
non
hanno
pregiudiziali
pro
o
contro
le
attuali
istituzioni
.
Ciò
non
autorizza
alcuno
a
considerare
i
Fasci
monarchici
,
né
dinastici
.
Se
per
tutelare
gli
interessi
della
Nazione
e
garantirne
l
'
avvenire
si
appalesa
necessario
un
cambiamento
di
regime
,
i
fascisti
si
appronteranno
a
questa
eventualità
,
ma
ciò
non
in
base
agli
immortali
principi
,
bensì
in
base
a
valutazioni
concrete
di
fatto
.
Non
tutti
i
regimi
sono
adatti
per
tutti
i
popoli
.
Non
tutte
le
teste
sono
adatte
per
il
berretto
frigio
.
A
un
dato
popolo
si
confà
un
dato
regime
.
Un
regime
può
svuotarsi
di
tutto
il
suo
contenuto
antiquato
e
democratizzarsi
come
in
Inghilterra
.
Ci
possono
essere
,
invece
,
e
ci
sono
delle
Repubbliche
ferocemente
aristocratiche
,
come
la
Russia
dei
cosiddetti
Sovieti
.
Oggi
i
fascisti
non
si
ritengono
affatto
legati
alle
sorti
delle
attuali
istituzioni
politiche
monarchiche
»
.
Come
si
vede
anche
nella
dichiarazione
del
1920
l
'
atteggiamento
del
Fascismo
potrebbe
chiamarsi
«
pragmatistico
»
.
Né
questo
atteggiamento
sostanzialmente
mutò
durante
gli
anni
1921-1922
.
Nel
momento
della
insurrezione
,
la
repubblica
,
come
dottrina
o
come
istituto
,
non
era
presente
all
'
animo
del
popolo
.
Dopo
la
morte
di
Giuseppe
Mazzini
e
dei
suoi
compagni
di
apostolato
l
'
ultimo
,
Aurelio
Saffi
,
morì
nel
1890
il
partito
repubblicano
visse
sulle
«
sante
memorie
»
,
soffocato
dalla
realtà
monarchica
e
premuto
dalle
nuove
dottrine
socialistiche
.
Tre
uomini
si
stagliano
dal
grigiore
collettivo
di
questo
crepuscolo
:
Dario
Papa
,
Giovanni
Bovio
e
Arcangelo
Ghisleri
,
quest
'
ultimo
di
una
intransigentissima
adamantina
fede
,
per
cui
non
volle
mai
essere
deputato
per
non
dover
giurare
.
Ma
gli
altri
esponenti
del
partito
si
erano
mimetizzati
attraverso
l
'
elemento
corruttore
per
eccellenza
,
che
è
il
parlamento
con
le
forme
monarchiche
,
sino
,
durante
la
guerra
,
ad
assumere
responsabilità
ministeriali
.
Questo
tipo
di
repubblicanesimo
demo
-
massonico
era
rappresentato
dall
'
ebreo
Salvatore
Barzilai
.
Si
può
affermare
che
monarchia
da
una
parte
e
massoneria
dall
'
altra
avevano
praticamente
svirilizzato
l
'
idea
e
il
partito
.
D
'
altra
parte
con
la
guerra
del
1915-18
,
con
la
liberazione
di
Trento
e
Trieste
,
il
compito
storico
del
partito
poteva
considerarsi
esaurito
.
Il
sogno
di
un
secolo
di
sacrifici
,
di
martiri
,
di
battaglie
era
stato
realizzato
.
Il
merito
di
avere
per
tanti
decenni
tenuta
accesa
questa
fiaccola
spetta
incontestabilmente
al
partito
repubblicano
.
Nel
dopoguerra
,
fatta
esclusione
della
«
parata
»
rossa
alla
riapertura
della
prima
Camera
eletta
nel
novembre
del
1919
,
nessuno
parlò
più
di
repubblica
,
nemmeno
fra
le
sinistre
.
Dal
giorno
in
cui
il
re
fece
a
Turati
l
'
"
onore
"
di
chiamarlo
a
conferire
al
Quirinale
e
Turati
vi
andò
,
sia
pure
in
cappello
a
cencio
e
giacca
,
parlare
di
repubblica
in
Italia
dove
la
monarchia
aveva
associato
il
suo
nome
alla
vittoria
sembrava
un
anacronismo
.
Dei
quadrumviri
uno
era
intransigentemente
monarchico
e
savoiardo
,
il
De
Vecchi
;
non
meno
,
in
fondo
,
monarchico
era
il
De
Bono
;
solo
Italo
Balbo
aveva
avuto
trascorsi
repubblicani
nella
sua
gioventù
,
mentre
Michele
Bianchi
il
cervello
"
politico
"
della
squadra
venuto
al
Fascismo
dalla
esperienza
sindacalistica
considerava
anch
'
egli
inattuale
il
problema
istituzionale
italiano
.
Date
queste
condizioni
storiche
e
politiche
contingenti
,
la
Marcia
su
Roma
non
poteva
instaurare
la
repubblica
,
alla
quale
il
popolo
era
completamente
impreparato
,
mentre
il
tentativo
di
realizzare
tale
istituto
fuori
tempo
avrebbe
probabilmente
complicato
,
se
non
pregiudicato
,
le
sorti
del
movimento
insurrezionale
.
La
monarchia
rimase
ma
il
Fascismo
sentì
quasi
immediatamente
il
bisogno
di
crearsi
istituti
suoi
propri
come
il
Gran
Consiglio
e
la
Milizia
Volontaria
per
la
Sicurezza
Nazionale
.
Nella
riunione
tenutasi
al
Grande
Albergo
di
Roma
nel
gennaio
del
1923
non
soltanto
nacquero
il
Gran
Consiglio
e
la
Milizia
,
ma
ebbe
inizio
un
sistema
politico
che
può
chiamarsi
"
diarchia
"
,
il
governo
in
due
,
il
"
doppio
comando
"
.
Mussolini
,
che
talvolta
è
un
terribile
umorista
senza
saperlo
,
disse
che
il
sistema
era
quello
della
stanza
matrimoniale
con
letti
separati
,
pessima
situazione
secondo
quanto
affermava
nella
sua
Fisiologia
del
matrimonio
Onorato
Balzac
.
A
poco
a
poco
la
diarchia
prese
un
carattere
sempre
più
definito
,
anche
se
non
sempre
fissato
in
leggi
speciali
.
Al
culmine
c
'
era
il
re
e
il
Duce
,
e
quando
le
truppe
schierate
salutavano
alla
voce
lo
facevano
per
l
'
uno
e
per
l
'
altro
.
Vi
fu
un
momento
in
cui
,
dopo
la
conquista
dell
'
Impero
,
il
generale
Baistrocchi
,
cedendo
alla
sua
vulcanica
esuberanza
,
faceva
ripetere
tre
volte
il
saluto
,
sino
a
quando
Mussolini
lo
invitò
a
non
introdurre
le
"
litanie
"
nei
reggimenti
.
Accanto
all
'
Esercito
che
obbediva
prevalentemente
al
re
,
c
'
era
la
Milizia
che
obbediva
prevalentemente
al
Duce
.
Il
re
aveva
una
guardia
del
corpo
,
composta
di
carabinieri
con
una
speciale
statura
,
e
un
giorno
Gino
Calza
-
Bini
,
creò
,
coi
"
Moschettieri
"
,
la
guardia
personale
del
Duce
.
Il
Consiglio
dei
ministri
discendeva
dallo
Statuto
,
ma
il
Gran
Consiglio
lo
precedeva
in
importanza
perché
proveniva
dalla
rivoluzione
.
L
'
inno
"
Giovinezza
"
,
marziale
e
impetuoso
,
si
appaiava
nelle
cerimonie
alla
marcia
reale
di
Gabetti
,
chiassosa
e
prolissa
,
che
poteva
essere
suonata
,
come
il
"
moto
perpetuo
"
,
a
consumazione
degli
esecutori
e
degli
ascoltatori
.
Per
evitare
la
noia
di
una
eccessivamente
lunga
ascoltazione
,
venivano
suonate
dell
'
uno
e
dell
'
altro
inno
soltanto
le
prime
battute
.
Anche
il
saluto
militare
non
sfuggì
al
sistema
della
diarchia
:
il
vecchio
saluto
fu
conservato
col
copricapo
;
il
saluto
romano
o
fascista
,
senza
berretto
(
come
se
nel
frattempo
le
teste
fossero
cambiate
!
)
.
Delle
tre
Forze
armate
la
più
realista
era
l
'
Esercito
,
seguiva
la
Marina
,
specie
nello
Stato
maggiore
,
solo
l
'
Aviazione
ostentava
i
segni
del
Littorio
,
sotto
i
quali
era
nata
o
almeno
rinata
.
Nell
'
Esercito
vi
era
un
'
arma
che
aveva
sopra
tutte
carattere
esclusivamente
dinastico
:
l
'
arma
dei
carabinieri
.
Era
questa
l
'
arma
del
re
.
Anche
qui
il
Fascismo
cercò
di
organizzare
una
polizia
che
desse
garanzie
dal
punto
di
vista
politico
e
vi
aggiunse
un
'
organizzazione
segreta
:
l
'
Ovra
.
Ma
la
dinastia
aveva
anch
'
essa
una
sua
polizia
e
un
servizio
di
informazioni
dall
'
interno
che
nelle
provincie
veniva
assolto
da
vecchi
funzionari
civili
o
militari
collocati
in
pensione
.
Che
la
monarchia
avesse
,
oltre
a
quella
del
Governo
,
una
sua
diplomazia
,
è
certo
:
non
solo
attraverso
i
diplomatici
che
si
recavano
sempre
a
conferire
al
Quirinale
quando
tornavano
a
Roma
,
ma
anche
attraverso
le
parentele
delle
famiglie
principesche
o
reali
o
attraverso
quella
che
una
volta
era
la
assai
numerosa
e
potente
"
internazionale
"
dei
re
,
oggi
ridotta
a
un
circolo
di
poche
larve
spettrali
.
Nessun
dubbio
che
il
corpo
di
stato
maggiore
dell
'
Esercito
fosse
soprattutto
"
regio
"
;
esso
formava
una
specie
di
casta
molto
circoscritta
se
non
completamente
chiusa
,
sulla
quale
la
dinastia
faceva
assegnamento
in
modo
assoluto
.
Se
la
Camera
appariva
un
'
emanazione
del
Partito
e
rappresentante
specifica
del
Regime
,
il
Senato
sottolineava
invece
il
suo
lealismo
dinastico
,
e
per
il
fatto
della
nomina
regia
e
per
la
sua
stessa
composizione
.
Il
numero
dei
generali
,
degli
ammiragli
,
dei
nominati
per
censo
era
sempre
imponente
.
Il
Senato
costituiva
quindi
,
più
che
una
forza
materiale
,
una
riserva
politico
-
morale
in
favore
della
dinastia
.
Tutta
l
'
aristocrazia
italiana
,
prima
la
bianca
,
poi
,
dopo
la
Conciliazione
,
anche
la
nera
,
costituiva
un
'
altra
forza
monarchica
.
Definita
la
questione
romana
,
la
curia
e
il
clero
entrarono
nell
'
orbita
regia
,
cosicché
nelle
cerimonie
religiose
era
di
prescrizione
la
preghiera
per
il
re
.
La
grossa
borghesia
,
industriali
,
agrari
,
banchieri
pur
non
esponendosi
in
prima
linea
,
marciava
anch
'
essa
sotto
le
insegne
regie
.
La
massoneria
considerava
il
re
come
uno
dei
"
fratelli
onorari
"
.
Il
giudaismo
del
pari
.
Precettore
del
principe
era
stato
l
'
ebreo
professore
Polacco
.
Perché
il
sistema
della
"
diarchia
"
a
base
di
"
parallele
"
funzionasse
,
occorreva
che
le
parallele
non
cessassero
di
essere
tali
.
Per
tutto
il
1923
,
l
'
anno
dei
"
pieni
poteri
"
,
non
ci
furono
grandi
novità
,
meno
il
grosso
incidente
di
Corfù
che
fu
in
sede
ginevrina
composto
con
piena
soddisfazione
del
Governo
italiano
.
Anno
di
crisi
seria
fu
,
invece
,
il
1924
.
Il
Regime
dovette
fronteggiare
le
conseguenze
di
un
delitto
che
prescindendo
da
ogni
altra
considerazione
era
per
il
modo
e
per
il
tempo
politicamente
sbagliato
.
La
pressione
dell
'
Aventino
sul
re
e
sui
circoli
vicini
nell
'
estate
del
1924
fu
assai
forte
.
Si
ebbero
passi
"
formali
"
al
Quirinale
da
parte
delle
opposizioni
.
Il
re
diede
qualche
assicurazione
generica
sul
terreno
propriamente
penale
,
ma
esitò
a
seguire
gli
aventiniani
sul
terreno
delle
responsabilità
politiche
.
Anche
il
famoso
memoriale
di
Cesare
Rossi
verso
la
fine
di
dicembre
,
pubblicato
per
iniziativa
del
Governo
in
anticipo
sugli
avversari
,
non
fece
una
impressione
eccessiva
sul
re
.
Oramai
gli
avversari
del
Fascismo
si
erano
imbottigliati
in
una
questione
morale
senza
vie
di
uscita
e
anche
,
esiliandosi
,
avevano
liberato
il
terreno
sul
quale
al
momento
prescelto
si
sarebbe
sferrato
il
contrattacco
del
Regime
.
Il
che
accadde
col
discorso
del
3
gennaio
1925
e
con
le
misure
prese
nelle
48
ore
successive
.
Mentre
il
re
aveva
resistito
con
abbastanza
decisione
alle
manovre
aventiniane
nella
seconda
metà
del
1924
anche
quando
più
o
meno
direttamente
era
stato
chiamato
in
gioco
non
apparve
invece
molto
soddisfatto
dall
'
azione
del
3
gennaio
,
attraverso
la
quale
,
con
la
soppressione
di
tutti
i
partiti
,
si
gettavano
le
basi
dello
Stato
totalitario
.
Fu
quello
il
primo
"
scontro
"
della
diarchia
.
Il
re
sentì
che
da
quel
giorno
la
monarchia
cessava
di
essere
costituzionale
nel
senso
parlamentare
della
parola
.
Non
vi
era
più
alcuna
possibilità
di
scelta
.
Il
gioco
dei
partiti
e
la
loro
alternanza
al
potere
finivano
.
La
funzione
della
monarchia
si
illanguidiva
.
Le
ricorrenti
crisi
ministeriali
,
insieme
con
le
grandi
calamità
nazionali
e
gli
auguri
di
capo
d
'
anno
,
poi
aboliti
,
erano
le
sole
occasioni
nelle
quali
il
re
faceva
qualche
cosa
che
lo
ricordasse
agli
Italiani
,
non
solo
come
collezionista
di
vecchie
monete
,
diligente
sino
al
fanatismo
.
Durante
una
crisi
ministeriale
la
sfilata
dei
papabili
al
Quirinale
era
un
avvenimento
,
al
centro
del
quale
stava
il
re
.
Dal
1925
,
tutto
ciò
finiva
.
Da
quell
'
anno
in
poi
,
il
cambio
dei
dirigenti
avrebbe
rivestito
il
carattere
di
un
movimento
di
ordine
interno
nell
'
ambito
del
Partito
.
Il
1925
fu
l
'
anno
delle
leggi
eccezionali
.
Il
1926
fu
quello
delle
leggi
costruttive
sul
piano
sociale
.
Ma
verso
il
novembre
la
Camera
che
si
chiamava
oramai
fascista
espulse
dal
suo
seno
colpevoli
di
decadenza
-
i
fuggiaschi
dell
'
Aventino
.
Anche
questo
inasprimento
in
senso
totalitario
della
politica
del
Regime
non
passò
inosservato
negli
ambienti
di
Corte
.
Da
quel
momento
si
cominciò
a
parlare
di
una
monarchia
prigioniera
del
Partito
,
e
si
compassionò
il
re
,
oramai
relegato
al
secondo
piano
,
di
fronte
al
Duce
.
Tuttavia
il
biennio
1925-26
trascorse
tranquillo
.