StampaQuotidiana ,
Nell
'
impubertà
,
avevo
due
spaventi
mitologici
:
quello
di
essere
sepolto
vivo
,
e
quello
di
essere
accusato
innocente
.
La
seconda
cosa
mi
è
tanto
accaduta
che
è
successo
l
'
incredibile
:
mi
ci
sono
abituato
.
Ora
sono
accusato
innocente
su
questioni
linguistiche
.
Per
fortuna
ho
un
alibi
,
come
si
dice
,
di
ferro
:
la
pubblicazione
delle
«
Nuove
questioni
linguistiche
»
per
intero
,
sulla
rivista
«
Rinascita
»
(
sabato
26
dicembre
1964
)
.
Del
resto
ho
anche
testimoni
che
mi
hanno
sentito
elogiare
con
fermezza
il
sublime
riassuntino
di
quella
mia
conferenza
,
sul
«
Corriere
della
Sera
»
.
Enrico
Emanuelli
-
che
,
dalle
colonne
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
mi
«
accusa
innocente
»
-
poteva
fidarsi
più
di
quel
sublime
riassuntino
che
dell
'
intervista
sul
«
Giorno
»
nel
corso
della
quale
,
con
impeto
e
toni
colloquiali
,
ho
sfiorato
tanti
altri
problemi
oltre
a
quelli
linguistici
.
Lo
stesso
Arbasino
,
quel
caro
pazzo
,
mi
ha
capito
male
.
Sì
,
capito
male
,
capito
male
:
proprio
come
un
ascoltatore
che
ascolta
un
conferenziere
noioso
.
(
Ma
se
avesse
dato
un
'
occhiata
ai
testi
di
Marx
e
Lenin
almeno
una
volta
nella
sua
vita
,
forse
mi
avrebbe
capito
meglio
:
non
sarebbe
ora
che
Arbasino
citasse
almeno
un
pezzettino
di
Marx
?
Magari
anche
quello
del
centro
-
sinistra
,
non
chiedo
molto
.
Manca
a
Arbasino
la
«
dimensione
classista
»
del
mondo
,
e
questo
infatti
appiattisce
il
suo
ultimo
libro
«
Certi
romanzi
»
fino
a
renderlo
una
specie
di
centone
medioevale
:
in
cui
tutti
trovano
posto
,
isofoni
,
isoglotti
,
isocefali
nella
grande
piramide
gerarchica
dei
valori
di
un
solo
mondo
:
quello
della
borghesia
.
)
Io
,
nella
mia
conferenza
,
avevo
,
certo
scoperto
un
uovo
di
Colombo
:
lo
ammetto
.
Ma
non
ammetto
,
con
Emanuelli
,
che
quest
'
uovo
di
Colombo
sia
stato
scoperto
prima
.
Egli
cita
la
mia
amica
,
e
cara
amica
,
la
Corti
.
Ma
quello
che
dice
la
Corti
a
proposito
della
possibile
e
in
parte
attuata
nazionalizzazione
della
lingua
italiana
-
e
che
Emanuelli
cita
a
distruzione
di
ogni
mia
novità
-
io
l
'
avevo
già
detto
e
scritto
(
certo
con
minor
competenza
)
cinque
o
sei
anni
fa
!
Tutti
allora
-
e
anche
prima
-
in
piena
cultura
neorealistica
e
impegnata
,
credevamo
che
la
nazionalizzazione
dell
'
italiano
sarebbe
avvenuta
attraverso
quella
cultura
,
e
lungo
la
lenta
e
sicura
via
nazional
-
burocratica
,
con
Roma
capitale
televisiva
d
'
Italia
!
C
'
è
stato
un
momento
di
ottimismo
,
in
quegli
anni
,
che
ora
arriva
con
un
certo
ritardo
nelle
Università
:
l
'
ottimismo
dell
'
impegno
,
della
scoperta
della
«
vera
»
Italia
,
la
floridezza
letteraria
e
cinematografica
,
il
Terzo
Programma
ecc.
ecc.
Spero
molto
che
la
Corti
-
e
gli
altri
filologi
che
Emanuelli
dice
al
lavoro
per
smentirmi
-
prendano
in
esame
il
reale
documento
del
mio
atto
battesimale
dell
'
«
italiano
nazionale
»
e
non
si
accontentino
di
referti
(
come
quello
veramente
celestiale
di
una
certa
Berlinzoni
o
Berlinghieri
del
«
Paese
-
Sera
»
,
in
cui
risulta
che
io
«
auspico
»
-
sic
-
una
nuova
lingua
)
.
Ma
il
lettore
ha
diritto
di
sapere
meglio
come
stanno
le
cose
.
Non
ho
la
sublime
capacità
sinottica
del
cronista
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
ma
proverò
a
riassumere
la
mia
conferenza
.
L
'
italiano
medio
non
è
una
lingua
«
nazionale
»
,
ma
è
sempre
stato
,
finora
,
la
lingua
della
borghesia
italiana
.
Essa
l
'
ha
formato
«
adattando
»
alla
vita
statale
una
lingua
puramente
letteraria
.
Ora
la
borghesia
italiana
è
sempre
stata
una
classe
«
dominante
»
retrograda
(
tanto
è
vero
che
ha
dato
il
fascismo
)
:
non
ha
mai
saputo
«
identificarsi
»
con
l
'
intera
nazione
.
Quindi
il
suo
potere
,
la
sua
cultura
e
la
sua
lingua
(
che
sono
una
cosa
sola
)
non
si
sono
mai
identificati
con
l
'
Italia
.
In
Francia
,
per
esempio
,
ci
sono
stati
due
momenti
realmente
«
egemonici
»
(
unità
di
potere
politico
,
cultura
e
lingua
)
:
la
monarchia
e
la
borghesia
rivoluzionaria
e
industrializzatrice
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
realmente
nazionale
.
Ecco
perché
il
francese
è
una
lingua
profondamente
«
comunicativa
»
.
Dopo
il
fascismo
,
l
'
italiano
ha
risentito
una
prima
ondata
di
democraticità
.
La
Resistenza
è
stata
un
moto
popolare
:
ed
è
stata
l
'
Italia
popolare
,
dialettale
,
periferica
che
è
entrata
in
scena
.
Il
cinema
e
la
letteratura
se
ne
sono
impadroniti
:
ed
è
cominciata
quella
cultura
neorealistica
e
ottimistica
che
dicevo
prima
.
Essa
era
certa
di
una
lenta
modifica
della
lingua
italiana
attraverso
mezzi
puramente
culturali
e
letterari
:
era
certa
dell
'
unificazione
della
lingua
attraverso
un
democratico
arricchimento
linguistico
,
ottenuto
con
contributi
paritetici
da
tutti
i
livelli
culturali
,
religiosi
e
classisti
.
Pia
illusione
(
che
ora
si
perpetua
nelle
Università
)
.
Con
il
«
boom
»
le
cose
sono
violentemente
cambiate
.
Alla
vecchia
borghesia
italiana
paleocapitalistica
e
priva
di
ogni
tradizione
rivoluzionaria
,
si
è
sostituita
di
colpo
(
al
seguito
di
un
generale
avanzamento
del
capitalismo
europeo
in
questo
senso
)
una
nuova
borghesia
che
,
almeno
in
nuce
,
è
neocapitalistica
e
tecnocratica
.
L
'
Italia
del
Nord
si
è
posta
a
livello
decisamente
europeo
:
è
entrata
in
una
fase
di
completa
industrializzazione
,
e
ne
sono
nati
problemi
completamente
nuovi
per
l
'
Italia
.
Col
Sud
(
l
'
arcaico
Sud
,
partecipe
anche
esso
nel
dopoguerra
all
'
integrazione
dialettale
)
si
è
instaurato
un
rapporto
,
che
anziché
colonialistico
è
...
neocolonialistico
.
La
nuova
borghesia
delle
città
del
Nord
non
è
più
la
vecchia
classe
dominante
che
ha
imposto
stupidamente
dall
'
alto
l
'
unificazione
politica
,
culturale
e
linguistica
dell
'
Italia
:
ma
è
una
nuova
classe
dominante
il
cui
reale
potere
economico
le
consente
realmente
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
di
porsi
come
egemonica
.
E
quindi
irradiatrice
,
simultaneamente
,
di
potere
,
di
cultura
e
di
lingua
.
Un
esame
attento
dei
vari
sottolinguaggi
che
formano
una
lingua
,
dimostra
che
l
'
italiano
sta
infatti
subendo
una
profonda
modificazione
(
anche
se
non
siamo
che
ai
primi
vagiti
di
un
neonato
)
:
ossia
:
essendo
una
lingua
fondamentalmente
letteraria
,
l
'
italiano
è
sempre
stato
nella
sua
storia
«
conservatore
»
e
«
espressivo
»
.
Ogni
volta
che
succedeva
qualcosa
nella
società
o
nella
cultura
italiana
che
modificasse
la
lingua
,
le
nuove
stratificazioni
linguistiche
così
nate
venivano
«
ammassate
»
con
le
precedenti
,
conservate
,
e
usate
poi
in
funzione
espressiva
.
Ecco
perché
l
'
italiano
è
tanto
più
ricco
di
«
forme
»
di
ogni
altra
lingua
.
Ma
ora
succede
che
un
nuovo
«
spirito
»
(
a
sostituzione
dunque
di
quello
letterario
umanistico
)
investe
dal
profondo
la
nostra
lingua
.
È
lo
spirito
della
nuova
classe
egemonica
tecnocratica
:
lo
spirito
tecnico
.
Esso
tende
a
rendere
la
lingua
«
moderna
»
(
a
far
cadere
cioè
le
forme
e
le
stratificazioni
concorrenti
,
a
«
omologare
»
le
varietà
)
e
«
comunicativa
»
.
È
un
fenomeno
che
succede
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
,
anche
se
ancora
timidamente
,
perché
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
si
può
parlare
di
una
classe
egemonica
(
in
cui
il
tecnico
parla
come
il
tecnocrate
,
e
le
aziende
sostituiscono
i
monasteri
,
i
municipi
,
le
corti
e
le
università
come
centri
elaboratori
di
lingua
)
.
In
tutto
questo
non
c
'
è
nulla
di
anormale
:
è
così
-
e
non
nel
modo
previsto
ovviamente
alcuni
anni
fa
-
che
l
'
Italia
tende
a
diventare
una
nazione
moderna
ed
europea
.
E
mentre
l
'
avvento
della
tecnologia
e
del
suo
linguaggio
brutalmente
funzionale
,
nelle
altre
nazioni
avanzate
,
non
è
che
una
evoluzione
,
in
Italia
è
invece
una
«
rivoluzione
»
linguistica
:
«
perché
l
'
avvento
della
tecnologia
e
la
costituzione
di
una
classe
potenzialmente
egemonica
coincidono
»
.
Come
il
lettore
vede
bene
,
queste
non
sono
che
constatazioni
.
E
può
darsi
che
siano
constatazioni
sbagliate
(
schematiche
certamente
,
in
questo
riassuntino
)
:
e
allora
si
polemizzi
contro
le
mie
constatazioni
,
non
mi
si
«
accusi
innocente
»
di
desiderare
i
fenomeni
che
constato
.
Perché
al
contrario
-
umanista
elegiaco
come
sono
-
,
io
trovo
orrendo
un
futuro
tecnologico
:
ma
non
posso
nemmeno
,
però
,
fare
come
gli
struzzi
:
cioè
chiudere
gli
occhi
davanti
a
questa
realtà
.
Il
futuro
non
si
configura
come
una
lotta
tra
«
comunicatività
»
ed
«
espressività
»
:
ma
come
?
in
che
termini
?
con
che
mezzi
?
È
questa
la
serie
di
problemi
che
dobbiamo
affrontare
,
altro
che
tirar
fuori
Cattaneo
,
come
fa
Emanuelli
,
o
Dossi
,
come
fa
Arbasino
.
Essi
credono
che
la
letteratura
conti
qualcosa
,
come
se
non
sapessero
che
infine
non
ha
mai
contato
se
non
come
guida
spirituale
,
o
pretesto
,
o
paradigma
di
libertà
interiore
(
che
è
molto
,
molto
:
ma
non
è
nulla
contro
il
fatale
costituirsi
ed
evolversi
di
una
società
)
:
e
meno
ancora
conterà
nel
futuro
,
quando
l
'
industria
culturale
farà
ciò
che
vorrà
della
letteratura
(
e
già
comincia
:
dei
brutti
romanzi
sono
lanciati
come
prodotti
e
fatti
passare
come
prodotti
autentici
)
.
Quando
io
parlo
di
spostamento
linguistico
dall
'
asse
Roma
-
Firenze
all
'
asse
Torino
-
Milano
,
ne
parlo
con
dolore
.
Perché
non
si
tratta
di
recuperare
tradizioni
regionali
(
che
Dio
sa
quanto
io
amo
)
,
ma
si
tratta
di
stabilire
una
nuova
configurazione
dello
spirito
nazionale
italiano
.
Insomma
,
il
mito
della
tecnologia
,
l
'
hanno
le
avanguardie
.
Non
io
.
Sono
loro
che
da
qualche
anno
hanno
cominciato
a
mimare
il
«
parlato
»
dell
'
«
homo
technologicus
»
.
Pazzi
.
Lo
sanno
che
il
loro
mito
tecnologico
è
la
loro
distruzione
.
Ma
vogliono
distruggere
ed
essere
distrutti
.
Questa
è
la
situazione
pura
dell
'
ideologia
ideologica
delle
avanguardie
.
E
questo
loro
inserimento
in
un
momento
«
distruttivo
e
autodistruttivo
»
,
in
un
momento
«
zero
»
,
è
la
loro
autenticità
,
oggi
.
Sono
infatti
inattaccabili
:
e
ricordi
Emanuelli
la
penosa
tavola
rotonda
cui
egli
ha
partecipato
all
'
«
Espresso
»
.
La
realtà
è
che
un
borghese
non
può
attaccarli
,
se
non
identificandoli
con
certi
movimenti
d
'
avanguardia
del
passato
,
e
così
rimuovendoli
.
Una
nuova
mano
di
nero
sulla
coscienza
.
Quanto
a
me
,
ripeto
,
sono
in
piena
ricerca
.
Non
rinnego
affatto
il
mio
lavoro
degli
Anni
Cinquanta
,
e
non
accetto
le
critiche
moralistiche
che
in
nome
del
«
marxista
perfetto
»
mi
muovevano
gli
stalinisti
di
allora
.
Sento
tuttavia
superata
,
oggi
,
quell
'
operazione
di
scavo
in
materiali
sub
-
linguistici
che
è
stata
poi
l
'
operazione
principe
della
letteratura
impegnata
.
Occorrono
evidentemente
altri
strumenti
conoscitivi
:
ma
quali
?
Nell
'
intervista
citata
da
Emanuelli
parlavo
con
Barberis
,
l
'
intervistatore
,
del
linguaggio
tecnologico
come
allettante
,
è
vero
:
ma
semplicemente
in
questo
senso
.
Ho
in
mente
un
«
remake
»
dell
'
Inferno
dantesco
.
Si
tratta
di
un
'
opera
pamphlettistica
,
e
quindi
ironica
in
più
direzioni
:
e
,
siccome
del
Paradiso
in
costruzione
,
esistono
due
progetti
,
uno
marxista
e
uno
neocapitalistico
,
pensavo
di
esporre
il
progetto
neocapitalistico
in
una
lingua
italiana
futura
:
puramente
comunicativa
,
col
suo
principio
unificatore
e
omologatore
tecnologico
.
Tutto
qui
.
È
poco
,
lo
so
.
Siamo
ancora
a
Charlot
che
porta
l
'
antico
uomo
«
umano
»
dentro
la
fabbrica
disumana
.
Ma
finché
-
invece
di
collaborare
insieme
a
«
capire
»
il
nostro
futuro
-
ci
rinchiuderemo
nelle
nostre
competenze
coi
nostri
Cattaneo
o
i
nostri
Dossi
,
non
saremo
capaci
di
immaginare
altro
che
sotto
il
segno
di
un
umanesimo
con
la
bombetta
e
con
le
pezze
sul
sedere
.
StampaQuotidiana ,
La
legge
che
determinò
il
primo
grave
urto
fra
monarchia
e
Fascismo
fu
la
legge
che
legalizzò
il
Gran
Consiglio
,
facendone
l
'
organo
supremo
,
fissandone
prerogative
e
compiti
.
Oltre
al
compito
di
tenere
aggiornata
una
lista
di
uomini
degni
di
governare
e
una
lista
del
genere
fu
una
volta
presentata
da
Mussolini
al
re
il
Gran
Consiglio
rivendicava
a
sé
il
diritto
di
intervenire
nella
successione
al
trono
.
Lo
scandalo
negli
ambienti
dinastici
fu
veramente
grande
.
Ciò
voleva
dire
un
colpo
mortale
allo
statuto
,
che
regolava
automaticamente
questo
problema
.
Taluni
arrivarono
ad
insinuare
che
quell
'
articolo
fosse
di
ispirazione
repubblicana
e
che
si
volesse
,
in
ogni
caso
,
ostacolare
l
'
assunzione
,
al
trono
del
principe
Umberto
e
proporre
l
'
allora
Duca
delle
Puglie
.
Da
quel
giorno
Vittorio
Savoia
cominciò
a
detestare
Mussolini
e
a
covare
un
odio
tremendo
contro
il
Fascismo
.
Il
Regime
disse
un
giorno
il
re
non
deve
entrare
in
queste
materie
che
una
legge
fondamentale
ha
già
regolato
.
Se
un
partito
in
regime
monarchico
vuole
decidere
circa
la
successione
al
trono
,
la
monarchia
non
è
più
tale
.
Il
grido
della
successione
non
può
essere
che
il
tradizionale
:
"
Il
re
è
morto
!
Viva
il
re
!
"
.
La
crisi
determinata
dalla
legge
del
Gran
Consiglio
durò
alcuni
mesi
,
pur
rimanendo
i
rapporti
della
diarchia
cordiali
alla
superficie
.
Nel
1929
,
l
'
evento
della
Conciliazione
dissipò
l
'
irritazione
e
le
relazioni
tornarono
normali
.
In
un
primo
tempo
il
re
non
credeva
alla
possibilità
della
soluzione
della
"
questione
romana
"
,
in
un
secondo
tempo
mise
in
dubbio
la
sincerità
del
Vaticano
,
finalmente
l
'
idea
che
l
'
ultima
ipoteca
su
Roma
da
parte
dell
'
ultimo
sovrano
spodestato
fosse
tolta
lo
lusingò
.
Anche
la
prospettiva
dello
scambio
delle
visite
fra
i
due
sovrani
confinanti
gli
sorrise
.
Vide
in
tutto
ciò
un
rafforzamento
delle
istituzioni
.
Anche
il
Concordato
non
gli
dispiacque
,
quantunque
il
suo
notorio
anticlericalismo
lo
rendesse
sospettoso
.
Ma
quando
vide
la
schiera
dei
vescovi
sfilare
davanti
a
lui
per
prestargli
giuramento
si
convinse
che
anche
nel
Concordato
ogni
concessione
al
Vaticano
aveva
avuto
la
sua
contropartita
.
Il
1929
fu
,
quindi
,
un
anno
fortunato
.
Qualche
tempo
dopo
la
firma
dei
Trattati
del
Laterano
,
in
uno
dei
soliti
colloqui
bisettimanali
,
il
re
disse
:
Siete
riuscito
in
un
'
opera
che
altri
non
avevano
tentato
e
non
avrebbero
condotto
a
termine
.
Coi
vostri
discorsi
al
Parlamento
avete
corretto
le
interpretazioni
estensive
di
taluni
circoli
clericali
.
Ciò
va
molto
bene
.
Non
so
come
potrei
attestarvi
davanti
al
pubblico
la
mia
riconoscenza
.
Non
so
,
veramente
...
Il
Collare
vi
fu
dato
dopo
l
'
annessione
di
Fiume
.
Forse
un
titolo
nobiliare
...
No
interruppe
Mussolini
.
Un
titolo
nobiliare
mi
renderebbe
immediatamente
ridicolo
.
Non
oserei
più
guardarmi
in
uno
specchio
.
Io
non
dirò
vanitosamente
:
"
Roi
ne
puis
,
prince
ne
daigne
,
Rohan
suis
"
,
ma
vi
prego
di
non
insistere
.
Ognuno
deve
avere
un
suo
stile
nella
vita
.
Il
re
comprese
e
la
cosa
non
ebbe
seguito
alcuno
.
Troppo
lungo
sarebbe
,
ora
,
narrare
tutti
gli
episodi
nei
quali
la
diarchia
fu
posta
a
più
o
meno
dura
prova
.
La
faccenda
aveva
aspetti
seri
e
talora
grotteschi
quando
ci
si
inoltrava
nei
sacri
quasi
imperscrutabili
labirinti
del
"
protocollo
"
.
Il
colmo
fu
raggiunto
durante
il
viaggio
del
Führer
a
Roma
.
La
diarchia
si
manifestò
allora
in
tutta
la
sua
pienezza
,
davanti
al
grande
pubblico
,
per
un
'
intera
settimana
,
con
episodi
che
sorpresero
,
irritarono
e
anche
divertirono
il
pubblico
.
Mussolini
aveva
visitato
nel
1937
la
Germania
.
Le
accoglienze
a
Berlino
e
a
Monaco
furono
memorabili
.
Milioni
di
berlinesi
si
riunirono
al
"
Maifeld
"
per
ascoltare
i
discorsi
del
Führer
e
del
Duce
.
L
'
eco
della
visita
nel
mondo
fu
grande
.
Nel
maggio
del
1938
il
Führer
giunse
a
Roma
.
Non
fu
sempre
facile
stabilire
le
formalità
della
visita
,
ma
è
chiaro
che
il
Führer
intendeva
soprattutto
visitare
la
Roma
del
Duce
.
Quando
il
treno
tedesco
giunse
alla
nuova
bellissima
stazione
di
San
Paolo
,
a
riceverlo
vi
era
,
insieme
col
re
,
il
Duce
.
Ma
poi
il
Führer
salì
nella
berlina
di
corte
insieme
col
re
e
si
diresse
al
Quirinale
.
La
folla
assiepata
lungo
la
via
dei
Trionfi
,
via
dell
'
Impero
,
piazza
Venezia
cercò
invano
il
Duce
:
egli
era
tornato
per
le
vie
secondarie
del
Testaccio
al
suo
ufficio
.
Il
Führer
apparve
urtato
di
ciò
.
Nei
giorni
successivi
ci
fu
l
'
alternanza
delle
funzioni
dell
'
ospitalità
.
Al
mattino
il
re
,
nel
pomeriggio
Mussolini
,
o
viceversa
,
accompagnavano
il
Führer
nelle
diverse
manifestazioni
,
a
seconda
del
loro
carattere
più
o
meno
politico
e
fascista
.
Nell
'
ambiente
gelido
del
Quirinale
,
anche
per
effetto
di
piccole
negligenze
di
carattere
materiale
,
il
Führer
si
sentì
a
disagio
.
Alla
grande
sfilata
militare
in
via
dei
Trionfi
il
seguito
del
Führer
notò
che
la
regina
e
le
sue
dame
,
mentre
si
curvavano
in
grandi
inchini
al
passaggio
delle
bandiere
dell
'
Esercito
,
fingevano
di
non
vedere
i
gagliardetti
della
Milizia
.
Nelle
cerimonie
in
cui
re
e
Duce
erano
insieme
presenti
,
il
Duce
stava
indietro
per
lasciare
al
proscenio
le
livree
del
seguito
.
La
cosa
fu
notata
specialmente
alla
festa
in
costume
di
piazza
di
Siena
,
una
delle
più
grandiose
e
pittoresche
manifestazioni
degli
ultimi
tempi
in
Roma
.
Il
Führer
invitò
il
Duce
a
venire
sulla
prima
fila
accanto
a
lui
.
Finalmente
il
soggiorno
romano
ebbe
termine
.
Uscito
da
quella
che
un
berlinese
chiamò
"
aria
delle
regie
catacombe
"
e
giunto
a
Firenze
,
il
Führer
cambiò
di
umore
.
Se
la
maestà
di
Roma
lo
aveva
fortemente
colpito
,
la
grazia
di
Firenze
lo
entusiasmò
.
Avrebbe
voluto
rimanervi
più
a
lungo
.
"
È
la
città
del
mio
sogno
"
,
egli
disse
.
Se
la
settimana
della
visita
del
Führer
a
Roma
rivelò
gli
aspetti
e
i
contrasti
che
potrebbero
chiamarsi
protocollari
della
diarchia
,
vi
fu
un
altro
episodio
che
fece
scoppiare
la
più
grave
delle
crisi
:
la
legge
che
creava
i
due
Primi
Marescialli
dell
'
Impero
.
Ciò
accadde
per
iniziativa
spontanea
di
alcuni
gruppi
di
deputati
e
di
senatori
,
dopo
un
discorso
di
Mussolini
,
discorso
che
aveva
sollevato
grande
entusiasmo
.
Approvata
la
legge
dai
due
rami
del
Parlamento
,
il
re
fu
in
procinto
di
negare
la
firma
che
la
promulgasse
.
Nel
colloquio
immediatamente
successivo
,
egli
era
eccitatissimo
.
Dopo
la
legge
del
Gran
Consiglio
egli
disse
-
questa
legge
è
un
altro
colpo
mortale
contro
le
mie
prerogative
sovrane
.
Io
avrei
potuto
darvi
,
quale
segno
della
mia
ammirazione
,
qualsiasi
grado
,
ma
questa
equiparazione
mi
crea
una
posizione
insostenibile
,
perché
è
un
'
altra
patente
violazione
dello
statuto
del
regno
.
Voi
sapete
obiettò
Mussolini
che
non
tengo
a
queste
che
possono
essere
considerate
esteriorità
.
I
promotori
hanno
ritenuto
che
conferendomi
tale
grado
,
voi
,
maestà
,
ne
venivate
automaticamente
insignito
.
No
.
Le
Camere
non
possono
prendere
iniziative
del
genere
.
Il
re
era
pallido
di
collera
.
Il
mento
gli
tremava
.
Questa
è
la
più
grossa
di
tutte
!
Data
l
'
imminenza
di
una
crisi
internazionale
non
voglio
aggiungere
altra
carne
al
fuoco
,
ma
in
altri
tempi
,
piuttosto
che
subire
questo
affronto
,
avrei
preferito
abdicare
.
Io
straccerei
questa
doppia
greca
.
E
guardò
con
un
'
occhiata
di
disprezzo
la
doppia
greca
al
braccio
e
al
berretto
.
Mussolini
rimase
alquanto
sorpreso
da
questo
scoppio
di
furore
e
volle
dal
punto
di
vista
strettamente
costituzionale
chiedere
il
parere
di
un
eminentissimo
cultore
di
tale
diritto
:
il
prof
.
Santi
Romano
,
presidente
del
Consiglio
di
Stato
.
Il
quale
mandò
una
memoria
di
poche
pagine
,
in
cui
dimostrava
con
rigore
logico
che
il
Parlamento
poteva
fare
ciò
che
aveva
fatto
e
che
insignendo
il
Duce
di
un
grado
militare
non
ancora
esistente
nella
gerarchia
,
di
tale
grado
doveva
essere
anche
insignito
il
re
,
nella
sua
qualità
di
Capo
supremo
di
detta
gerarchia
.
Quando
Mussolini
presentò
al
re
la
memoria
di
Santi
Romano
,
Vittorio
Emanuele
ebbe
un
nuovo
accesso
di
collera
.
I
professori
di
diritto
costituzionale
,
specialmente
quando
sono
dei
pusillanimi
opportunisti
,
come
il
prof
.
Santi
Romano
,
trovano
sempre
argomenti
per
giustificare
le
tesi
più
assurde
:
è
il
loro
mestiere
;
ma
io
continuo
ad
essere
della
mia
opinione
.
Del
resto
non
ho
nascosto
questo
mio
stato
d
'
animo
ai
due
presidenti
delle
Camere
,
perché
lo
rendessero
noto
ai
promotori
di
questo
smacco
alla
Corona
,
che
dovrà
essere
l
'
ultimo
.
Da
quel
momento
Vittorio
Emanuele
giurò
a
se
stesso
di
trarre
vendetta
.
Si
trattava
oramai
di
attendere
l
'
epoca
propizia
.
Nella
primavera
-
estate
del
1943
,
il
rapporto
tra
le
forze
della
diarchia
si
era
profondamente
alterato
.
Il
"
complesso
"
fascista
Governo
,
Partito
,
sindacati
,
amministrazione
appariva
sofferente
dell
'
usura
della
guerra
.
Decine
di
migliaia
di
fascisti
erano
caduti
sui
campi
di
battaglia
:
fra
di
essi
non
meno
di
duemila
gerarchi
.
Ecco
un
dato
di
fatto
che
parrebbe
delittuoso
dimenticare
.
Oltre
un
milione
di
fascisti
erano
sotto
le
armi
,
dispersi
dal
Varo
a
Rodi
,
da
Aiaccio
ad
Atene
.
Nel
Partito
in
Italia
erano
rimasti
pochi
elementi
,
i
quali
si
erano
applicati
oramai
a
un
compito
quasi
esclusivamente
assistenziale
.
A
ciò
aggiungasi
il
corso
sfortunato
delle
operazioni
militari
,
con
la
perdita
di
tutte
le
colonie
africane
;
i
bombardamenti
terroristici
sulle
città
;
i
crescenti
disagi
alimentari
.
Fu
allora
incominciata
una
sottile
,
continua
,
intelligente
opera
di
disintegrazione
del
morale
della
Nazione
.
Tutto
fu
utilizzato
a
tal
fine
.
E
quando
i
fatti
mancavano
furono
inventati
o
amplificati
.
A
un
certo
momento
fu
diffusa
l
'
impressione
che
l
'
edificio
fosse
minato
dall
'
interno
e
che
bastasse
un
urto
qualsiasi
per
farlo
crollare
.
Niente
e
nessuno
fu
risparmiato
.
Bisognava
soprattutto
"
demoralizzare
"
i
giovani
.
Due
forze
concorrenti
,
ma
affini
,
perché
entrambe
internazionali
,
agirono
con
particolare
intensità
in
tutti
i
campi
:
da
quello
della
politica
a
quello
dell
'
economia
.
La
massoneria
che
aveva
lungamente
dormito
,
ma
che
non
era
mai
morta
,
comprese
che
il
suo
momento
era
tornato
e
lavorò
gli
ambienti
che
a
lei
facevano
capo
:
professionisti
liberi
e
funzionari
civili
e
militari
dello
Stato
.
Un
sabotaggio
misterioso
e
inafferrabile
cominciò
ed
ebbe
ripercussioni
immediate
in
tutta
la
compagine
delle
Forze
armate
.
Le
voci
più
assurde
furono
diffuse
.
Contatti
con
le
forze
massoniche
anglosassoni
furono
riannodati
via
Lisbona
.
Questo
risveglio
dell
'
attività
massonica
non
passò
naturalmente
inosservato
oltre
il
portone
di
bronzo
e
si
partì
in
gara
,
sia
pure
sopra
un
altro
terreno
,
non
meno
demoralizzante
ed
insidioso
,
quale
è
quello
di
un
pacifismo
supernazionale
,
che
,
predicato
in
italiano
e
soprattutto
in
Italia
,
agiva
quale
deprimente
dell
'
animo
del
popolo
specialmente
in
talune
zone
.
A
questa
manovra
delle
due
grandi
organizzazioni
si
aggiungeva
l
'
apporto
dei
vecchi
e
nuovi
partiti
antifascisti
i
quali
avevano
un
programma
di
pura
e
semplice
rivincita
.
Mancata
con
lo
sbarco
in
Sicilia
l
'
ultima
speranza
di
un
successo
militare
,
la
crisi
della
diarchia
doveva
scoppiare
in
tutta
la
sua
brutale
espressione
.
Constatata
l
'
usura
del
Fascismo
,
l
'
altra
forza
della
diarchia
,
che
si
era
tenuta
in
riserva
e
che
aveva
anche
in
riserva
tenuto
le
forze
che
tradizionalmente
la
sostenevano
,
coglieva
l
'
occasione
propizia
per
passare
all
'
attacco
.
Nel
luglio
del
1943
la
Corona
,
che
finalmente
si
riteneva
la
più
forte
,
non
era
guidata
che
dall
'
istinto
della
sua
.
conservazione
fisica
;
la
guerra
,
la
Patria
,
l
'
avvenire
della
Nazione
non
entravano
minimamente
nei
suoi
calcoli
:
l
'
egoismo
più
miserabile
forse
anche
di
natura
strettamente
personale
ispirò
l
'
azione
del
re
,
il
quale
,
secondo
una
sua
personale
postuma
dichiarazione
da
Bari
,
volle
"
farla
finita
col
Fascismo
"
.
Il
re
ha
sbagliato
i
suoi
calcoli
e
la
Patria
crocifissa
sconta
le
conseguenze
del
tradimento
regio
.
Il
Fascismo
generoso
e
romantico
come
fu
nell
'
ottobre
del
1922
ha
scontato
l
'
errore
di
non
essere
stato
totalitario
sino
alla
vetta
della
piramide
e
di
aver
creduto
di
risolvere
il
problema
con
un
sistema
che
nelle
sue
applicazioni
storiche
remote
e
vicine
ha
palesato
la
sua
natura
di
difficile
e
temporaneo
compromesso
.
La
Rivoluzione
fascista
si
fermò
davanti
a
un
trono
.
Parve
allora
inevitabile
.
Gli
eventi
hanno
voluto
che
la
Corona
espiasse
con
la
sua
caduta
il
colpo
mancino
tirato
al
Regime
e
il
delitto
imperdonabile
commesso
contro
la
Patria
.
Questa
non
può
risorgere
e
vivere
che
sotto
le
insegne
della
Repubblica
.
StampaQuotidiana ,
Una
profonda
rivoluzione
sta
trasformando
,
secondo
Pier
Paolo
Pasolini
,
la
lingua
italiana
parlata
.
Sotto
l
'
influenza
unificatrice
delle
grandi
aziende
settentrionali
,
il
linguaggio
della
tecnica
invade
il
lessico
;
e
fissa
o
stravolge
le
forme
,
avvicinandole
a
quelle
del
francese
moderno
.
La
forza
dei
dialetti
si
spegne
,
il
latino
finisce
di
influenzare
le
nostre
strutture
sintattiche
.
La
nuova
lingua
italiana
non
cerca
,
come
l
'
antica
,
l
'
espressione
ricca
,
varia
ed
efficace
;
ma
«
la
precisione
inespressiva
della
comunicazione
tecnica
»
.
«
D
'
ora
in
poi
alla
guida
della
lingua
non
sarà
più
la
letteratura
,
ma
la
tecnica
.
Quindi
il
fine
della
lingua
rientrerà
nel
ciclo
produzione
-
consumo
,
dando
all
'
italiano
quella
spinta
rivoluzionaria
che
sarà
appunto
il
prevalere
del
fine
comunicativo
su
quello
espressivo
»
.
Con
la
sua
insinuante
protervia
pedagogica
,
con
una
comunicativa
degna
di
un
grande
capitano
di
folle
,
Pasolini
produce
e
si
trascina
dietro
avvenimenti
e
configurazioni
storiche
,
come
un
albero
,
ogni
primavera
,
mette
fiori
e
foglie
.
Mentre
scrivo
,
forse
qualche
manipolo
di
imitatori
blasfemi
,
che
da
tempo
contemplava
invano
l
'
unica
sorgente
delle
proprie
gioie
e
dei
propri
dolori
,
già
si
affanna
a
ripeterlo
fedelmente
.
Non
potrei
né
vorrei
arrestare
questa
nuova
ondata
di
storia
:
e
mi
limiterò
dunque
a
correggere
,
come
posso
,
il
profilo
dell
'
italiano
moderno
tracciato
da
Pasolini
.
In
appendice
alla
recente
traduzione
della
«
Linguistica
generale
e
linguistica
francese
»
del
Bally
(
Il
Saggiatore
)
,
Cesare
Segre
ha
mostrato
come
l
'
italiano
moderno
conservi
,
assai
più
del
francese
,
le
sue
forme
fondamentali
.
Difende
i
propri
paradigmi
verbali
,
continua
a
distinguere
tra
il
singolare
e
il
plurale
,
non
scorcia
né
scioglie
la
parola
nelle
selvagge
agglutinazioni
che
fioriscono
sulle
labbra
infantili
di
Zazie
.
E
non
sacrifica
nemmeno
quella
ricchezza
morfologica
,
fraseologica
ed
espressiva
,
che
ha
sempre
entusiasmato
i
linguisti
romantici
.
Naturalmente
conservatore
,
l
'
italiano
non
corre
rischi
di
rivoluzioni
né
di
evoluzioni
precipitose
.
Con
il
suo
«
passato
posato
e
tranquillo
»
,
sa
conciliare
e
filtrare
assai
meglio
del
francese
le
tendenze
opposte
alla
lingua
,
come
l
'
aggressione
degli
avvenimenti
.
Non
so
condividere
completamente
le
osservazioni
di
Segre
.
Mi
sembra
,
ad
esempio
,
che
il
congiuntivo
stia
attraversando
una
crisi
profonda
.
La
ricchezza
fraseologica
tradizionale
si
offusca
,
come
un
bene
ignorato
o
dimenticato
in
un
angolo
della
memoria
.
E
,
tuttavia
,
negli
ultimi
anni
il
divario
tra
l
'
evoluzione
del
francese
e
dell
'
italiano
è
perfino
aumentato
.
L
'
americano
si
confonde
con
il
francese
:
ne
distrugge
e
ne
cambia
le
forme
;
e
questo
connubio
sembra
sul
punto
di
generare
una
lingua
nuova
,
un
esperanto
giornalistico
e
infantile
(
Etiemble
,
«
Parlez
-
vous
franglais
?
»
,
Gallimard
)
.
Nemmeno
il
più
geniale
fra
i
nostri
inventori
pubblicitari
riuscirebbe
a
esaltare
le
«
télébrités
»
o
il
«
chocorêve
»
(
chocolat
+
rêve
)
:
nessun
giornalista
oserebbe
anticipare
normalmente
,
come
in
inglese
,
l
'
aggettivo
al
nome
,
spiegando
ai
propri
lettori
la
«
scientifique
composition
de
l
'
idéal
équipage
»
,
che
avrebbe
comunicato
agli
americani
«
ses
cosmiques
impressions
»
;
o
stravolgere
la
costruzione
dei
verbi
.
Se
lo
paragoniamo
con
il
«
franglais
»
,
l
'
italiano
del
1965
sembra
dunque
rivendicare
la
propria
anima
conservatrice
.
Ma
anche
l
'
italiano
muta
.
Di
colpo
,
mentre
leggiamo
o
ascoltiamo
,
la
nostra
sensibilità
linguistica
viene
offesa
da
qualcosa
che
ci
sembra
inaudito
,
inosabile
,
e
tuttavia
si
proroga
senza
sosta
.
Prendiamo
il
caso
della
sintassi
.
Nemmeno
trent
'
anni
fa
Giorgio
Pasquali
scriveva
che
«
l
'
italiano
corrente
,
in
gran
parte
nuovo
nel
lessico
,
è
rimasto
quanto
alla
sintassi
arcaicissimo
»
;
e
aggiungeva
che
il
passaggio
«
dallo
stile
verbale
al
nominale
»
,
caratteristico
di
tutte
le
lingue
moderne
,
avveniva
da
noi
in
modo
assai
cauto
e
lento
(
«
Lingua
nuova
e
antica
»
,
Le
Monnier
)
.
Oggi
,
mi
sembra
,
lo
stile
nominale
sta
cacciando
quello
verbale
,
con
effetti
assai
più
rovinosi
che
in
francese
,
dove
il
puro
intarsio
dei
sostantivi
può
comunicare
alla
frase
un
'
astratta
,
rigida
e
aerea
,
eleganza
.
E
il
periodo
italiano
,
sopraffatto
dai
sostantivi
,
reagisce
in
due
modi
diversi
.
Da
un
lato
,
nella
prosa
giornalistica
e
tecnica
davvero
semplice
e
«
comunicativa
»
,
si
alleggerisce
.
Abbiamo
una
linea
esilissima
,
composta
da
nomi
legati
da
preposizioni
,
da
una
copula
o
da
pochi
verbi
svuotati
della
loro
forza
.
Nello
stesso
tempo
,
una
nuova
sintassi
boccaccesca
dilaga
nella
lingua
scritta
e
parlata
.
Enormi
periodi
di
venti
o
di
trenta
righe
si
disegnano
,
ostentando
le
loro
grazie
sublimi
,
sulla
bocca
dei
nostri
vicini
di
treno
.
Mentre
la
sintassi
italiana
disponeva
le
proposizioni
secondo
un
piano
e
un
ordine
logico
sovente
complesso
,
il
tronco
di
questi
nuovi
periodi
potrebbe
venir
enunciato
da
un
bambino
di
sei
anni
.
Poi
,
via
via
,
su
quel
tronco
lievissimo
,
senza
badare
né
al
senso
né
al
nesso
,
sempre
nuove
frasi
si
aggiungono
,
si
aggrappano
,
si
accavallano
:
una
foltissima
vegetazione
verbale
cresce
penosamente
,
con
il
soccorso
di
un
groviglio
di
apposizioni
,
di
preposizioni
,
di
costrutti
avverbiali
,
di
participi
presenti
(
«
al
di
là
di
»
,
«
in
forza
di
»
,
«
di
fronte
a
»
,
«
attraverso
»
:
«
per
»
,
«
su
»
e
«
come
»
usati
a
caso
:
«
riguardante
»
,
«concernente»...)
.
E
,
quando
l
'
emissione
di
voce
o
di
penna
si
è
calmata
,
noi
ci
guardiamo
intorno
prostrati
e
confusi
.
Non
abbiamo
compreso
nulla
.
Urtiamo
contro
un
'
armatura
di
preposizioni
e
di
avverbi
,
che
sta
in
piedi
da
sé
,
quale
sia
il
pensiero
che
le
affidiamo
:
un
intrico
di
cerniere
neutre
e
inespressive
:
una
pseudo
-
sintassi
automatica
.
Se
davvero
vogliamo
capire
,
dobbiamo
distruggere
il
periodo
,
individuare
gli
elementi
primi
del
pensiero
,
scoprire
il
loro
ordine
nascosto
e
riedificarlo
...
Colui
che
sta
parlando
o
scrivendo
rinuncia
,
in
modo
assai
più
radicale
di
qualsiasi
«
Dada
»
,
alla
costruzione
elementare
del
proprio
pensiero
.
Si
trova
davanti
un
lessico
accresciuto
:
non
cerca
di
metterlo
in
rapporto
con
l
'
idea
che
gli
affiora
alla
mente
;
e
lo
affida
alla
voce
o
lo
butta
sulla
carta
,
con
l
'
aiuto
di
qualche
strano
legame
sintattico
.
E
intanto
insegue
,
più
o
meno
consciamente
,
un
ideale
estetico
.
Con
i
mezzi
espressivi
di
un
analfabeta
,
si
sforza
di
ripetere
la
dignità
del
«
cursus
»
latino
.
Nata
e
coltivata
amorosamente
nelle
anticamere
dei
ministri
,
negli
studi
degli
avvocati
e
dei
letterati
,
capace
di
ornare
le
schermaglie
dei
nostri
uomini
politici
,
questa
vegetazione
sintattica
non
funesta
,
io
credo
,
nessun
'
altra
lingua
europea
.
Intanto
ha
raggiunto
anche
le
grandi
aziende
del
Nord
.
E
forse
fiorisce
volentieri
soprattutto
lì
,
tra
quei
tecnocrati
e
tecnici
piemontesi
e
lombardi
,
che
,
secondo
Pasolini
,
starebbero
per
imporci
una
lingua
«
strumentale
»
.
Quanto
al
linguaggio
della
tecnica
e
della
scienza
,
non
credo
che
esso
ci
stia
conducendo
,
come
pensa
Pasolini
,
verso
una
lingua
«
precisa
e
inespressiva
»
.
Certo
il
fisico
che
discorre
di
«
protoni
»
e
di
«
neutroni
»
rinuncia
a
qualsiasi
finalità
espressiva
.
Poi
i
termini
tecnici
raggiungono
la
lingua
quotidiana
,
dove
vengono
utilizzati
,
stravolti
,
trasformati
in
metafore
.
Così
Rita
Hayworth
diventò
per
sempre
«
l
'
atomica
»
.
E
in
quelle
parole
irte
,
inaudite
,
una
volta
quasi
impronunciabili
,
colui
che
parla
non
insegue
il
sogno
di
una
pura
comunicazione
razionale
.
Come
nei
dialetti
,
vi
trova
un
tesoro
di
espressività
,
di
colore
,
talvolta
di
decorazione
linguistica
.
Sovente
le
due
lingue
confondono
e
contaminano
le
loro
acque
;
e
le
forme
del
dialetto
cuneese
accolgono
confidenzialmente
la
parola
impiegata
anche
a
Chicago
e
nella
Ruhr
.
In
quest
'
impasto
,
l
'
espressività
tecnica
brilla
di
una
luce
sempre
più
intensa
;
giacché
soltanto
essa
ci
conferisce
prestigio
davanti
agli
altri
e
a
noi
stessi
.
Sempre
più
di
frequente
ci
sentiamo
rispondere
,
per
una
ragione
analoga
,
«
esatto
»
invece
di
«
Sì
»
.
Perché
mai
«
esatto
»
?
Avevamo
chiesto
il
nome
di
una
strada
;
o
qualcosa
di
vago
e
opinabile
,
come
un
parere
su
un
libro
o
una
persona
.
Ma
il
generoso
sorriso
di
soddisfazione
,
la
pronuncia
enfatica
con
un
«
esatto
»
esce
dalla
chiostra
dei
denti
,
ci
garantisce
che
il
nostro
interlocutore
sa
di
rivoluzionare
,
anche
lui
,
le
forme
della
tribù
.
E
intanto
rivendica
la
propria
efficienza
:
con
una
sola
parola
ci
dimostra
l
'
incontestabile
verità
di
tutto
quello
che
gli
accadrà
di
pensare
o
di
testimoniare
.
Si
direbbe
,
qualche
volta
,
che
la
«
comunicazione
»
sia
l
'
ultima
tra
le
mete
delle
lingue
moderne
.
La
loro
ossatura
diventa
così
fragile
e
inconsistente
,
da
impedirci
di
comunicare
.
Ma
,
in
superficie
,
quale
straordinaria
ricchezza
!
Proprio
la
lingua
media
,
nella
quale
gli
stimoli
espressivi
dovrebbero
spegnersi
o
filtrarsi
,
ostenta
la
sua
infrazione
alla
media
.
Neologismi
,
metafore
,
analogie
,
allusioni
,
parodici
,
corti
circuiti
espressivi
vengono
inventati
di
continuo
,
e
si
attraggono
o
migrano
da
Nuova
York
a
Roma
,
da
Leningrado
a
Pechino
:
sembrano
,
per
qualche
mese
,
dominare
l
'
orizzonte
e
scompaiono
come
non
fossero
mai
esistiti
.
La
temperatura
linguistica
cresce
:
quello
che
ieri
era
«
bello
»
o
«
brutto
»
,
oggi
sembra
«
stupendo
»
,
«
meraviglioso
»
,
«
orribile
»
,
«
osceno
»
.
Questi
fenomeni
sono
sempre
accaduti
.
Ma
un
tempo
non
avvenivano
ad
una
velocità
così
sconvolgente
.
Mentre
l
'
innovazione
linguistica
scocca
,
mentre
la
parola
o
la
metafora
nuova
cancellano
quelle
antiche
,
mentre
il
mare
della
lingua
ribolle
-
ecco
che
,
in
questo
stesso
momento
,
l
'
invenzione
si
sclerotizza
,
e
raggiunge
il
cimitero
delle
parole
perdute
.
Ci
troviamo
in
mano
una
forma
piena
di
forza
enfatica
;
e
inespressiva
come
un
numero
o
una
preposizione
.
La
lingua
trabocca
di
relitti
arcaicissimi
,
che
ieri
mattina
minacciavano
di
far
esplodere
il
mondo
.
Fra
poco
ci
vorrà
un
archeologo
per
spiegarli
.
E
intanto
usiamo
una
formula
che
significa
tutto
e
nulla
:
possiamo
interpretarla
in
molti
modi
diversi
:
simile
a
un
cartellino
o
a
una
bandiera
,
che
tenta
di
ricordarci
che
,
lì
sotto
,
giace
un
oscuro
significato
.
Un
tempo
,
in
un
angolo
dei
grandi
sistemi
espressivi
,
esistevano
,
e
talvolta
esistono
ancora
,
delle
lingue
«
speciali
»
:
il
gergo
della
malavita
,
delle
caserme
,
degli
studenti
o
,
perfino
,
il
lessico
di
certi
gruppi
familiari
.
In
confronto
alla
lingua
,
possedevano
una
fortissima
carica
di
allusività
,
al
punto
da
trasformare
ogni
parola
in
una
parola
d
'
ordine
.
Gridando
«
me
ne
frego
!
»
,
il
fascista
della
prima
ora
stabiliva
con
altri
fascisti
un
rapporto
di
complicità
che
la
parola
«
albero
»
non
gli
avrebbe
mai
consentito
.
Mentre
le
lingue
speciali
decadono
rapidamente
,
tutta
la
lingua
sembra
oggi
trasformarsi
in
un
gergo
furbesco
.
Intorno
alle
nuove
forme
si
stabilisce
un
arco
larghissimo
di
complicità
:
ognuna
di
loro
ci
ricorda
la
persona
o
la
situazione
che
l
'
hanno
suggerita
,
ricostruisce
una
psicologia
o
una
classe
,
allude
ai
nostri
ideali
compagni
.
Metà
delle
parole
che
pronunciamo
sono
tra
virgolette
.
Continue
associazioni
collegano
tra
loro
tutti
i
parlanti
del
mondo
.
Quei
Riccetti
e
quei
Tommasi
che
sembrano
a
Pasolini
,
dieci
anni
dopo
«
Ragazzi
di
Vita
»
,
«
remoti
come
su
un
'
urna
greca
»
,
sono
,
forse
,
entrati
da
padroni
nell
'
edificio
della
lingua
.
StampaQuotidiana ,
Il
giorno
2
aprile
del
1925
,
Mussolini
,
appena
convalescente
,
pronunciava
al
Senato
discutendosi
il
progetto
di
legge
Di
Giorgio
un
discorso
di
carattere
militare
che
ebbe
l
'
onore
dell
'
affissione
in
tutti
i
Comuni
del
regno
per
acclamazione
,
quasi
unanime
,
del
Senato
.
Pochi
giorni
dopo
il
Duce
assumeva
la
direzione
del
Ministero
della
Guerra
.
L
'
allora
generale
d
'
armata
Pietro
Badoglio
,
da
Rio
de
Janeiro
,
dove
era
stato
mandato
ambasciatore
,
inviava
al
Duce
,
in
data
10
aprile
1925
,
il
seguente
telegramma
:
«
Nel
momento
in
cui
assume
direzione
Ministero
della
Guerra
,
voglia
V
.
E
.
gradire
mio
fervido
saluto
di
generale
dell
'
Esercito
e
di
soldato
della
Patria
vittoriosa
e
rispettata
»
.
Dopo
la
Marcia
su
Roma
,
Badoglio
fu
mandato
a
ricoprire
la
carica
di
ambasciatore
d
'
Italia
nel
Brasile
.
Poco
prima
dell
'
insurrezione
fascista
dell
'
ottobre
,
gli
erano
state
attribuite
dichiarazioni
che
provocarono
un
violento
trafiletto
pubblicato
in
data
14
ottobre
su
Il
Popolo
d
'
Italia
.
Nominato
ambasciatore
,
il
Badoglio
non
fece
difficoltà
di
sorta
e
partì
per
la
nuova
destinazione
,
dove
rimase
un
paio
d
'
anni
,
senza
acquistarsi
particolari
benemerenze
.
Quando
fece
ritorno
,
la
sua
adesione
al
regime
fascista
che
nel
frattempo
aveva
superato
la
prova
del
1924
parve
assolutamente
sincera
.
Egli
andava
dicendo
:
«
Dovunque
mi
si
mandi
ci
vado
:
quando
voi
ordinate
Badoglio
è
sempre
pronto
a
partire
»
.
Nella
primavera
del
1925
,
fu
questione
di
creare
la
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
,
per
la
preparazione
coordinata
di
tutte
le
Forze
armate
.
Il
generale
d
'
armata
Badoglio
era
i1
candidato
degli
ambienti
di
Corte
e
distanziava
tutti
gli
altri
:
il
re
stesso
diceva
che
dal
punto
di
vista
professionale
era
la
testa
migliore
»
.
Che
cosa
sia
avvenuto
dell
'
avv
.
Edoardo
Rotigliano
,
già
Senatore
del
regno
e
passato
al
Fascismo
dal
nazionalismo
fiorentino
,
non
è
possibile
sapere
in
questo
momento
:
l
'
ultima
sua
manifestazione
oratoria
fu
un
discorso
piuttosto
frondista
pronunciato
al
Senato
nella
primavera
del
1943
nel
quale
si
evocava
l
'
atteggiamento
del
re
dopo
Caporetto
.
Ora
l
'
ex
-
deputato
Rotigliano
mandò
in
data
4
aprile
1925
la
seguente
sintomatica
e
,
in
certa
guisa
,
quasi
profetica
lettera
al
Capo
del
Governo
Mussolini
:
«
Eccellenza
Presidente
.
Oggi
alla
Camera
si
parlava
insistentemente
della
nomina
del
generale
Badoglio
a
Capo
di
S
.
M
.
dell
'
Esercito
.
Mi
auguro
che
la
voce
sia
infondata
.
Ho
avuto
occasione
di
conoscere
in
guerra
il
generale
Badoglio
e
di
seguire
molto
da
vicino
la
sua
azione
.
Posso
assicurarle
che
non
ha
le
doti
di
carattere
indispensabili
per
essere
posto
a
capo
dell
'
Esercito
.
Molti
sanno
che
Badoglio
è
il
maggior
responsabile
di
Caporetto
,
ma
pochi
conoscono
il
contegno
ignobile
tenuto
da
lui
all
'
indomani
della
disfatta
,
quando
abbandonò
senza
comando
,
sulla
sinistra
dell
'
Isonzo
,
tre
delle
quattro
divisioni
del
suo
27°
corpo
d
'
armata
per
correre
a
Udine
e
a
Padova
ad
assicurarsi
la
impunità
e
a
brigare
per
la
sua
nomina
a
sottocapo
di
Stato
Maggiore
.
È
un
uomo
di
un
'
ambizione
insaziabile
.
Se
si
trovasse
a
capo
dell
'
Esercito
sono
sicuro
che
egli
approfitterebbe
della
carica
per
tentare
la
scalata
al
Governo
.
Io
non
ho
candidati
da
proporre
,
confermo
,
anzi
,
che
dei
generali
più
in
vista
,
nessuno
,
secondo
me
,
dà
sufficienti
garanzie
di
fedeltà
al
nostro
Regime
.
Ma
sotto
questo
aspetto
,
Badoglio
sarebbe
certamente
il
peggiore
di
tutti
.
Perdoni
,
Eccellenza
,
se
ho
creduto
mio
dovere
esprimerle
un
convincimento
che
è
frutto
di
una
mia
personale
diretta
conoscenza
di
avvenimenti
,
dei
quali
potrei
,
quando
Ella
lo
desiderasse
,
darle
la
prova
,
e
voglia
gradire
l
'
attestazione
della
mia
devozione
immutabile
.
-
E
.
Rotigliano
»
.
Seguiva
il
seguente
P
.
S
.
battuto
a
macchina
:
Tentò
,
mediante
un
telegramma
falsificato
,
di
fare
apparire
di
essere
stato
trasferito
ad
altro
Comando
,
prima
dello
sfondamento
del
suo
corpo
d
'
armata
.
La
lettera
del
Rotigliano
non
passò
inosservata
,
e
provocò
nuovi
colloqui
e
ulteriori
indagini
.
In
un
successivo
incontro
,
Mussolini
ebbe
l
'
impressione
che
si
trattasse
di
una
"
posizione
"
polemica
.
È
noto
che
i
nazionalisti
difendevano
a
spada
tratta
Cadorna
.
Il
quale
,
a
sua
volta
,
in
una
lettera
datata
da
Villar
Pellice
il
12
settembre
del
1919
così
scriveva
al
direttore
di
Vita
Italiana
:
«
La
Gazzetta
del
Popolo
ha
pubblicato
ieri
le
conclusioni
dell
'
inchiesta
su
Caporetto
»
.
Dopo
aver
detto
che
«
dovrebbe
scrivere
un
libro
per
replicare
»
,
così
testualmente
continua
:
«
Si
accollano
delle
responsabilità
a
me
e
ai
generali
Porro
,
Capello
,
Montuori
,
Bongiovanni
,
Cavaciocchi
e
neppure
si
parla
di
Badoglio
,
le
cui
responsabilità
sono
gravissime
.
Fu
proprio
il
suo
corpo
d
'
armata
(
il
27°
)
che
fu
sfondato
di
fronte
a
Tolmino
,
perdendo
in
un
sol
giorno
tre
fortissime
linee
di
difesa
e
ciò
sebbene
il
giorno
prima
(
23
ottobre
)
avesse
espresso
proprio
a
me
la
più
completa
fiducia
nella
resistenza
,
confermandomi
ciò
che
già
aveva
annunciato
il
19
ottobre
al
colonnello
Calcagno
,
da
me
inviatogli
per
assumere
informazioni
sulle
condizioni
del
suo
corpo
d
'
armata
e
sui
suoi
bisogni
.
La
rotta
di
questo
corpo
fu
quella
che
determinò
la
rottura
del
fronte
dell
'
intero
Esercito
.
E
il
Badoglio
la
passa
liscia
!
Qui
c
'
entra
evidentemente
la
massoneria
e
probabilmente
altre
influenze
,
visto
gli
onori
che
gli
hanno
elargito
in
seguito
.
E
mi
pare
che
basti
per
ora
!
»
.
Le
altre
influenze
alle
quali
alludeva
il
Cadorna
erano
quelle
della
monarchia
.
Sempre
a
proposito
di
Caporetto
,
sono
depositati
al
Museo
della
Guerra
di
Milano
i
tre
manoscritti
inediti
del
generale
Cavaciocchi
,
consegnati
dalla
figlia
al
Duce
a
mezzo
del
generale
Segato
,
quindici
anni
fa
e
da
rendere
pubblici
fra
qualche
tempo
.
Questa
battaglia
pro
e
contro
Badoglio
svoltasi
negli
ambienti
politico
-
militari
si
risolse
,
soprattutto
per
l
'
adesione
del
Duca
della
Vittoria
,
a
favore
di
Badoglio
.
Il
quale
assumendo
la
carica
,
in
una
lettera
datata
1°
maggio
1925
,
occupandosi
della
scelta
del
sottocapo
di
Stato
Maggiore
,
scartati
Grazioli
,
perché
"
scivoloso
"
,
Vaccari
perché
"
svanito
"
,
Ferrari
perché
"
scaduto
"
di
prestigio
,
proponeva
il
generale
Scipioni
nonostante
la
sua
aria
di
farmacista
.
Poi
così
concludeva
:
«
Quanto
sopra
ho
detto
è
quello
che
esattamente
penso
.
Ma
con
qualsiasi
sottocapo
di
Stato
maggiore
farò
lo
stesso
e
V
.
E
.
avrà
l
'
Esercito
che
desidera
.
Mi
rimetto
perciò
completamente
alle
decisioni
di
V
.
E
.
»
.
Il
primo
problema
che
fu
allora
affrontato
in
una
serie
di
sedute
tenutesi
al
Ministero
della
Guerra
,
sotto
la
presidenza
di
Mussolini
e
con
la
presenza
di
Bonzani
,
Thaon
di
Revel
,
fu
l
'
organizzazione
dell
'
Aeronautica
come
Forza
Armata
autonoma
.
Dopo
il
fallito
attentato
Zaniboni
,
su
carta
intestata
,
in
data
7
novembre
1925
,
Badoglio
mandava
al
Duce
la
seguente
lettera
:
«
Eccellenza
,
quale
capo
di
S
.
M
.
generale
e
collaboratore
fedele
del
Governo
nazionale
,
di
fronte
alla
conferma
che
l
'
ex
-
deputato
Zaniboni
nel
momento
del
suo
criminoso
tentativo
indossava
la
divisa
di
maggiore
degli
Alpini
,
sento
il
dovere
di
protestare
indignato
in
nome
di
quanti
indossano
l
'
uniforme
di
soldato
d
'
Italia
contro
l
'
atto
esecrando
di
chi
,
dimentico
delle
leggi
dell
'
onore
,
cercò
coi
segni
delle
benemerenze
del
passato
di
rendere
possibile
la
perpetrazione
del
più
vile
e
odioso
dei
misfatti
.
Dio
ha
protetto
V
.
E
.
e
l
'
Italia
!
Nel
palpito
della
Nazione
che
in
questi
giorni
vibrante
di
commozione
e
di
esultanza
le
si
è
serrata
affettuosamente
d
'
intorno
,
V
.
E
.
avrà
certo
riconosciuto
e
sentito
vicino
il
cuore
di
quanti
portiamo
le
armi
al
servizio
della
Patria
,
e
,
nel
nome
augusto
del
re
,
le
siamo
ossequientissimi
e
devoti
.
-
Suo
dev.mo
Badoglio
»
.
Fa
una
certa
impressione
a
distanza
di
quasi
vent
'
anni
sentire
dalle
labbra
del
Maresciallo
parlare
«
delle
leggi
dell
'
onore
»
.
Ed
è
curioso
che
fra
i
primi
collaboratori
del
governo
di
Bari
,
sorto
dalla
resa
a
discrezione
,
sia
stato
chiamato
il
fallito
attentatore
del
1925
!
Assunta
definitivamente
la
carica
,
Badoglio
si
occupò
di
problemi
militari
,
molto
dall
'
alto
,
limitandosi
a
impartire
direttive
di
ordine
generale
.
Raramente
frequentava
le
grandi
manovre
annuali
,
per
non
incontrarsi
con
gli
uomini
che
egli
detestava
,
come
ad
esempio
Cavallero
.
Ciò
non
gli
impediva
,
in
data
24
dicembre
del
1926
,
di
«
formulare
al
Duce
i
più
devoti
e
sentiti
auguri
»
insieme
col
voto
che
«
sotto
l
'
energica
direzione
del
Duce
,
l
'
Esercito
possa
raggiungere
la
più
completa
efficienza
.
Io
affermo
a
V
.
E
.
che
in
questa
grandiosa
opera
noi
le
saremo
collaboratori
instancabili
e
devotissimi
.
-
Pietro
Badoglio
»
.
Nell
'
autunno
del
1928
,
Badoglio
fu
nominato
Governatore
della
Libia
,
in
sostituzione
di
De
Bono
,
il
quale
aveva
avviato
lo
sviluppo
agricolo
della
colonia
.
Fu
convenuto
che
Badoglio
avrebbe
conservato
la
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
,
che
salvo
avvenimenti
imprevedibili
sarebbe
rimasto
in
Libia
dal
10
gennaio
1929
al
31
dicembre
1933
,
che
avrebbe
avuto
conservati
gli
stipendi
goduti
più
quelli
di
Governatore
,
che
Badoglio
chiedeva
fossero
almeno
uguali
a
quelli
che
aveva
come
ambasciatore
nel
Brasile
.
È
in
questo
momento
che
spunta
il
Marchesato
del
Sabotino
.
In
una
lettera
datata
12
settembre
1928-VI
egli
scriveva
:
«
Poiché
è
nota
la
generosità
di
V
.
E
.
nel
premiare
tutti
i
suoi
fedeli
collaboratori
,
io
mi
sono
permesso
di
rivolgermi
a
V
.
E
.
perché
mi
proponesse
a
S
.
M
.
il
re
per
la
concessione
di
un
titolo
nobiliare
estensibile
ai
figli
e
riferentesi
alla
mia
azione
sul
Sabotino
.
Sarei
gratissimo
a
V
.
E
.
se
mi
volesse
confermare
quanto
io
ho
l
'
onore
di
scriverle
in
questa
lettera
.
Come
ho
detto
ieri
a
voce
,
V
.
E
.
può
contare
ora
e
sempre
sulla
mia
più
completa
e
assoluta
devozione
.
-
Piero
Badoglio
,
Maresciallo
d
'
Italia
»
.
Non
è
qui
il
caso
di
esaminare
l
'
opera
politica
,
militare
,
economica
svolta
dal
Badoglio
in
Libia
durante
il
quinquennio
del
suo
Governo
.
Per
quella
obiettività
che
inspira
la
nostra
narrazione
,
si
può
dire
che
l
'
opera
iniziata
da
De
Bono
fu
perfezionata
su
più
vasta
scala
.
Di
quando
in
quanto
per
far
vedere
che
la
Libia
"
non
era
una
debolezza
per
l
'
Italia
"
mandava
al
Duce
frutta
e
verdure
e
uva
,
quali
primizie
di
quella
terra
che
le
braccia
industri
di
migliaia
di
Italiani
rendevano
feconda
.
Naufragato
nel
1933
l
'
unico
logico
razionale
storico
tentativo
di
realizzare
una
intesa
fra
le
Potenze
occidentali
che
coordinasse
la
evoluzione
politico
-
sociale
dell
'
Europa
,
apparve
chiaro
che
l
'
Italia
se
voleva
vivere
doveva
assicurarsi
un
più
largo
e
fertile
spazio
africano
.
In
data
30
dicembre
1934
,
Mussolini
mandava
ai
suoi
principali
collaboratori
politico
-
militari
la
sua
memoria
nella
quale
era
illustrato
il
piano
per
la
conquista
dell
'
Etiopia
.
Il
documento
esiste
ancora
come
esistono
le
centinaia
di
telegrammi
autografi
,
coi
quali
Mussolini
diresse
tutta
la
preparazione
e
le
diverse
fasi
della
campagna
.
Chi
potrà
mai
,
fra
coloro
che
l
'
hanno
vissuta
,
dimenticare
l
'
adunata
nazionale
del
2
ottobre
1935
?
E
quelle
del
5
e
del
9
maggio
del
1936
?
Chi
non
si
inorgoglisce
al
pensiero
della
resistenza
contro
l
'
assedio
societario
?
Chi
non
si
commuove
al
ricordo
della
"
giornata
della
fede
"
?
Nessuno
può
cancellare
queste
grandi
pagine
della
storia
del
popolo
italiano
.
Nelle
prefazioni
ai
libri
dei
tre
condottieri
dell
'
Impero
,
Mussolini
ha
riconosciuto
i
meriti
di
ognuno
di
essi
.
Date
le
proporzioni
che
la
guerra
poteva
assumere
fra
militari
e
civili
oltre
mezzo
milione
di
Italiani
si
erano
trasferiti
in
A
.
O
.
,
in
barba
agli
Inglesi
Mussolini
pensò
che
spettasse
al
Capo
di
S
.
M
.
generale
il
compito
di
dirigerla
.
Nel
settembre
,
all
'
apparire
della
flotta
inglese
nel
Mediterraneo
,
il
Maresciallo
Badoglio
ebbe
una
grave
crisi
e
considerò
compromessa
la
partita
.
In
una
lettera
egli
invocava
dal
Duce
,
«
che
tanto
aveva
fatto
per
l
'
Italia
,
un
gesto
che
impedisse
un
urto
con
la
Gran
Bretagna
»
e
Mussolini
gli
rispondeva
che
l
'
Italia
non
avrebbe
preso
l
'
iniziativa
nel
Mediterraneo
,
ma
avrebbe
resistito
al
ricatto
e
si
sarebbe
difesa
,
se
attaccata
.
La
flotta
inglese
venne
,
passeggiò
per
il
Mediterraneo
,
non
sparò
un
colpo
e
la
temuta
crisi
fu
scongiurata
.
Badoglio
non
fece
alcuna
difficoltà
,
quando
ebbe
l
'
ordine
di
andare
in
Africa
.
Da
Napoli
,
prima
di
partire
,
in
data
18
novembre
del
1935
,
così
telegrafava
al
Duce
:
«
Nel
lasciare
l
'
Italia
per
raggiungere
l
'
Eritrea
,
desidero
esprimere
a
V
.
E
.
i
sentimenti
della
mia
profonda
gratitudine
per
avermi
dato
modo
di
servire
ancora
una
volta
agli
ordini
dell
'
E
.
V
.
la
causa
dell
'
Italia
fascista
nelle
terre
d
'
oltremare
.
L
'
opera
felicemente
iniziala
sarà
portata
a
compimento
secondo
la
volontà
del
Duce
e
nello
sforzo
che
unisce
in
un
solo
blocco
di
fede
e
di
passione
popolo
,
soldati
e
Camicie
Nere
»
.
Durante
la
campagna
,
nelle
giornate
appassionanti
del
maggio
1936
,
nelle
successive
manifestazioni
,
il
Maresciallo
Badoglio
non
solo
non
attenuò
,
ma
ostentò
il
suo
fascismo
,
anche
se
non
tesserato
.
I
fascisti
gli
resero
onori
dovunque
.
Lo
consideravano
uno
dei
loro
.
E
intanto
presentò
i
conti
.
Il
primo
fu
la
richiesta
di
un
altro
titolo
nobiliare
.
Ciò
accadde
subito
,
appena
tornato
da
Addis
Abeba
nel
luglio
del
1936
.
Il
bravo
Fedele
,
allora
commissario
della
Consulta
Araldica
,
mentre
era
favorevole
al
conferimento
del
titolo
di
Duca
,
era
contrario
al
predicato
di
Addis
Abeba
e
alla
trasmissibilità
del
titolo
che
il
Maresciallo
non
voleva
soltanto
per
i
figli
maschi
,
ma
anche
per
la
figlia
.
Chiedeva
inoltre
per
tutta
la
vita
gli
assegni
di
guerra
e
che
le
spese
per
la
concessione
del
motu
proprio
fossero
sostenute
dalla
Presidenza
del
Consiglio
.
Il
re
oppose
qualche
resistenza
soprattutto
per
il
predicato
.
Ma
poi
finì
per
accondiscendere
.
Mussolini
si
limitò
a
"
seguire
la
pratica
"
.
Così
sorse
il
Duca
di
Addis
Abeba
.
Il
Badoglio
riprese
,
quindi
,
la
sua
carica
,
lasciando
ad
altri
la
fatica
ingrata
di
pacificare
l
'
Impero
.
Si
era
costituito
a
Roma
una
specie
di
"
clan
"
badogliano
che
aveva
cura
di
custodire
i
lauri
della
gloria
sulla
testa
del
Maresciallo
.
Quando
Sem
Benelli
nella
parte
finale
del
libro
"
Io
e
l
'
Africa
"
attribuì
a
Mussolini
il
merito
della
conclusione
vittoriosa
e
rapida
della
campagna
,
Badoglio
mandò
allo
scrittore
una
vivacissima
lettera
di
protesta
,
alla
quale
fu
risposto
in
termini
espliciti
ed
esaurienti
.
Così
quando
nel
1940
uscì
il
libro
di
Alberto
Cappa
su
"
La
guerra
totale
"
,
il
colonnello
Gandin
,
capo
ufficio
del
Maresciallo
Badoglio
,
segnalava
il
fatto
alla
Segreteria
del
Duce
con
questi
sdegnatissimi
termini
:
«
Per
il
caso
non
sia
a
voi
ancora
noto
,
vi
segnalo
l
'
accluso
libro
dove
si
ripetono
ignobili
accuse
contro
la
persona
del
Maresciallo
Badoglio
.
Ciò
credo
mio
dovere
di
fare
,
dato
che
il
Maresciallo
non
intende
fare
alcun
passo
al
riguardo
.
Devoti
ossequi
»
.
Il
libro
parlava
della
battaglia
di
Caporetto
e
aveva
una
prefazione
di
Enrico
Caviglia
che
diceva
:
«
È
uno
studio
meritevole
di
essere
letto
e
meditato
da
chi
si
occupa
di
arte
militare
e
di
politica
generale
.
Chi
ha
una
responsabilità
qualsiasi
,
politica
o
militare
,
non
può
oggi
ignorare
gli
elementi
della
guerra
totale
che
investono
tutte
le
forze
della
nazione
»
.
Sino
a
tutto
il
1938-1939
i
rapporti
con
Mussolini
furono
,
almeno
nelle
apparenze
,
cordiali
.
Tanto
che
in
data
21
settembre
1938
,
in
occasione
di
una
visita
del
Duce
alla
provincia
di
Alessandria
,
il
Maresciallo
gli
offriva
l
'
ospitalità
della
villa
o
almeno
un
tè
,
il
che
«
sarebbe
stato
di
grandissimo
onore
per
lui
e
di
grande
soddisfazione
per
l
'
intera
provincia
»
.
La
guerra
contro
la
Francia
fu
accettata
da
Badoglio
con
apparente
entusiasmo
.
La
volle
ritardare
però
sino
al
possibile
.
È
autentico
che
quando
il
Badoglio
presentò
a
Villa
Incisa
,
nei
dintorni
di
Roma
,
le
condizioni
dell
'
armistizio
ai
Francesi
,
i
suoi
occhi
si
riempirono
di
lacrime
.
Ancora
nel
1940
,
il
Maresciallo
,
in
occasione
dell
'
anniversario
della
fondazione
dei
Fasci
,
rivolgeva
al
Duce
«
il
suo
fervido
pensiero
augurale
»
.
Con
questa
rapida
corsa
retrospettiva
nel
ventennio
fascista
la
figura
del
Maresciallo
più
volte
traditore
è
nettamente
messa
a
fuoco
e
bollata
in
maniera
definitiva
.
Egli
si
appartò
dal
Regime
e
cominciò
a
premeditare
la
sua
vendetta
dopo
l
'
inizio
della
campagna
di
Grecia
,
quando
fu
esonerato
dalla
carica
di
Capo
di
S
.
M
.
generale
.
StampaQuotidiana ,
Il
problema
della
lingua
e
le
tesi
di
Pasolini
Non
ho
mai
scritto
poesie
,
non
sono
mai
stato
ermetico
(
anagraficamente
,
avrei
avuto
il
tempo
di
esserlo
)
.
Non
ho
mai
creduto
troppo
alla
letteratura
;
la
filosofia
,
la
scienza
,
la
tecnica
mi
hanno
sempre
interessato
di
più
.
E
pazienza
.
Il
tecnicismo
può
sempre
venir
buono
.
Il
grave
è
che
non
ho
mai
maneggiato
dialetti
.
Mai
ho
avuto
un
mio
dialetto
.
Ciò
mi
ha
dato
,
negli
anni
Cinquanta
,
un
penoso
complesso
di
inferiorità
.
Per
forza
:
pareva
che
nessuna
operazione
letteraria
di
avvicinamento
alla
realtà
sociale
,
popolare
(
cui
tenevo
tanto
)
,
cioè
di
mimesi
,
risultasse
efficace
senza
o
un
dialetto
o
un
pasticcio
di
dialetti
o
una
prosa
che
risentisse
del
dialetto
.
Ma
come
facevo
,
se
il
dialetto
non
ce
l
'
avevo
?
Mi
sentivo
,
dalla
lingua
,
condannato
a
essere
un
signorino
di
buona
famiglia
,
che
,
nato
a
Roma
da
genitori
senesi
,
era
determinato
dal
privilegio
di
parlare
romano
con
una
bocca
toscana
:
privilegio
che
mi
rovinava
agli
occhi
della
storia
e
dell
'
engagement
.
Come
romanziere
degli
operai
e
dell
'
industria
uno
con
una
bocca
come
la
mia
,
che
non
riusciva
nemmeno
a
dire
«
sifulum
»
e
nemmeno
«
e
mo
'
che
famo
»
,
era
spacciato
.
Ho
pensato
a
prendere
lezioni
di
dialetto
:
ma
da
chi
?
Gli
operai
che
frequentavo
si
sforzavano
di
parlare
pulito
,
come
me
,
l
'
italiano
medio
era
la
spia
della
coscienza
sindacale
e
politica
cui
tendevano
con
me
,
spasmodicamente
.
Se
chiedevo
loro
qualche
spiegazione
sul
milanese
,
credevano
che
li
prendessi
in
giro
.
Parlare
italiano
era
il
loro
vanto
culturale
e
quando
ricadevano
istintivamente
nel
dialetto
,
si
sentivano
risucchiati
dalla
schiavitù
.
Una
Berlitz
School
per
i
dialetti
non
c
'
era
.
Mi
tormentavo
.
Il
mio
carnefice
linguistico
era
Pasolini
,
l
'
amico
che
ho
sempre
amato
e
ammirato
e
che
mi
metteva
soggezione
perché
oltre
che
essere
geniale
,
ne
aveva
due
,
di
dialetti
:
il
suo
,
il
friulano
,
e
un
altro
,
il
romanesco
,
che
aveva
imparato
.
Lui
due
dialetti
e
io
nessuno
.
Scrivevo
senza
accorgermene
una
lingua
molto
pasticciata
di
terminologie
tecniche
,
psicotecniche
,
metalmeccaniche
e
commerciali
:
che
risente
del
gergo
industriale
più
che
a
livello
operaistico
-
popolare
,
a
livello
degli
operai
specializzati
,
dei
periti
,
degli
ingegneri
e
dei
venditori
.
Non
lo
facevo
apposta
,
vivo
con
loro
,
sono
uno
di
loro
.
Con
la
tecnica
mi
consolavo
della
castrazione
di
non
aver
dialetto
;
mi
vendicavo
della
letteratura
(
che
non
stimava
la
mia
bocca
)
fornicando
con
la
psicotecnica
.
Un
notissimo
critico
diceva
che
avrebbe
cominciato
a
farmi
delle
recensioni
decenti
solo
quando
mi
fossi
deciso
a
buttare
via
la
psicologia
e
l
'
industria
.
E
avevo
davanti
a
me
il
fantasma
di
Pasolini
,
abitando
io
a
Milano
e
lui
a
Roma
:
egli
non
mi
rimproverava
soltanto
la
poca
dimestichezza
con
la
lingua
,
il
non
saperla
riplasmare
con
picaresca
reinvenzione
(
quanto
ho
sofferto
di
non
riuscire
mai
a
essere
un
picaro
!
)
.
No
.
Dentro
la
lingua
,
percepivo
la
condanna
ideologica
di
tradire
,
macchinando
con
le
aristocrazie
operaie
imborghesite
,
con
la
tecnocrazia
neocapitalistica
portatrice
di
riformismi
e
false
rivoluzioni
,
la
carica
rivoluzionaria
vera
,
di
cui
soltanto
il
sottoproletariato
è
depositario
:
quindi
il
dialetto
.
La
mia
bocca
denunciava
in
me
il
goffo
populista
da
strapazzo
,
senza
cuore
autentico
e
senza
orecchio
per
il
popolo
autentico
.
Ma
il
dialetto
è
come
il
coraggio
:
uno
non
se
lo
può
dare
.
Sono
passati
così
lunghi
anni
che
hanno
medicato
la
piaga
,
alla
meglio
.
Il
gergo
della
tecnocrazia
D
'
un
tratto
,
una
grigia
sera
d
'
autunno
,
ascolto
al
teatro
Manzoni
di
Milano
Pasolini
,
il
tanto
invidiato
.
Egli
dichiara
che
andiamo
finalmente
verso
una
lingua
nazionale
italiana
,
ad
opera
di
un
gergo
egemone
,
quello
industriale
della
tecnocrazia
.
Quali
semi
esemplari
del
nuovo
italiano
,
verso
cui
Pasolini
è
ambivalentissimo
(
lo
sento
)
,
ma
cui
rende
l
'
onore
delle
armi
e
che
accetta
di
porre
sul
trono
anche
della
letteratura
(
nonostante
ciò
segni
una
sconfitta
della
letteratura
e
una
vittoria
della
tecnica
)
,
Pasolini
cita
due
brani
:
uno
del
presidente
del
Consiglio
onorevole
Aldo
Moro
,
e
uno
mio
(
cioè
tratto
da
un
mio
libro
)
.
Che
dire
?
Non
sono
mai
stato
un
antilinguista
.
Ma
,
quasi
sempre
,
un
alinguista
.
Che
cosa
è
l
'
alinguismo
?
È
una
inconsapevolezza
verso
la
lingua
che
si
adopera
:
come
si
adopera
un
braccio
,
o
una
gamba
.
Chi
è
consapevole
dei
propri
arti
,
tranne
il
filosofante
e
colui
al
quale
si
rompono
?
Descrivendo
il
modo
in
cui
il
bambino
impara
la
lingua
,
Von
Mises
dice
:
«
Né
fa
stupire
il
fatto
che
,
data
una
tale
maniera
quasi
istintiva
di
apprendere
la
lingua
,
la
grande
maggioranza
degli
uomini
abbia
un
atteggiamento
acritico
di
fronte
alla
propria
lingua
»
.
L
'
alinguismo
è
dunque
diffuso
e
comprensibile
.
Ciò
non
toglie
che
sia
una
forma
d
'
incoscienza
.
Senza
dubbio
ha
le
sue
ragioni
psicologiche
,
per
le
quali
si
prolunga
in
qualcuno
più
che
in
qualcun
altro
.
È
il
segno
di
una
opacità
di
qualcosa
di
noi
e
del
mondo
a
noi
stessi
:
e
ritengo
che
dipenda
da
una
cecità
psicosociologica
particolare
,
che
colpisce
proprio
la
presa
di
coscienza
della
lingua
.
Viene
il
momento
in
cui
,
piano
piano
,
l
'
uomo
può
«
rendersi
conto
»
della
lingua
che
usa
.
Se
è
uno
scrittore
,
diventa
-
come
ha
detto
un
critico
francese
-
responsabile
della
propria
scrittura
.
La
distacca
da
sé
,
e
la
classifica
,
vi
incide
.
Alcuni
scrittori
accentuano
questo
processo
,
altri
lo
annacquano
.
La
maggiore
o
minore
sensibilità
al
determinismo
linguistico
-
che
è
un
determinismo
sociale
-
e
alla
presa
di
coscienza
di
esso
,
può
rappresentare
due
modi
diversi
di
essere
scrittori
.
Oggi
,
ad
esempio
,
la
linguistica
,
la
scienza
che
aiuta
alla
presa
di
coscienza
della
lingua
(
come
il
marxismo
aiuta
alla
comprensione
dei
determinismi
economici
)
,
è
di
gran
moda
.
La
nuova
linguistica
ha
una
sua
carica
rivoluzionaria
che
si
estende
,
con
illuminazioni
e
terminologie
,
a
scienze
dell
'
uomo
attigue
e
non
riguarda
unicamente
la
letteratura
.
Il
momento
filosofico
della
scoperta
della
lingua
è
capitale
.
La
rivelazione
delle
leggi
interne
della
lingua
è
affascinante
,
come
sempre
quando
si
aprono
gli
occhi
su
qualcosa
che
è
sempre
stato
sotto
il
naso
;
è
gravida
di
conseguenze
fuori
e
nella
letteratura
.
Le
distinzioni
,
dovute
alla
linguistica
,
fra
significante
e
significato
,
fra
Lingua
e
Parola
e
,
in
genere
,
lo
strutturalismo
smuovono
dal
di
dentro
i
modi
dello
scrivere
,
dell
'
estetista
,
della
critica
.
Lo
strutturalismo
,
l
'
ultimo
degli
«
ismi
»
contemporanei
,
rischia
di
assumere
un
valore
analogo
a
quello
,
mettiamo
,
dell
'
esistenzialismo
;
è
un
modo
del
conoscere
:
e
nasce
per
la
gran
parte
dalla
linguistica
nuova
.
Il
momento
filosofico
offusca
,
almeno
per
me
,
il
successivo
momento
storico
,
la
disputa
circa
la
formazione
di
una
lingua
nazionale
,
circa
la
supremazia
di
un
tipo
di
lingua
su
un
altro
:
problemi
per
i
quali
,
come
vecchio
alinguista
,
non
ho
nessuna
competenza
e
che
certe
volte
danno
l
'
idea
di
essere
noiosi
.
Soprattutto
se
affermazioni
sulla
situazione
linguistica
d
'
oggi
,
previsioni
sulla
lingua
di
domani
,
subiscono
il
medesimo
pericolo
delle
poetiche
:
essere
razionalizzazioni
,
ammantate
con
storicità
e
razionalità
,
di
fatti
personali
.
Davvero
l
'
epicentro
linguistico
muove
da
Roma
a
Milano
,
o
non
è
Pasolini
che
,
pensando
di
tornare
alla
letteratura
,
si
accorge
di
aver
consumato
linguisticamente
Roma
e
scopre
Milano
per
suo
uso
privato
?
Lo
accenno
,
perché
spesso
salgono
da
Roma
a
Milano
persone
che
hanno
bisogno
di
ricaricarsi
poeticamente
:
allora
immaginando
l
'
industria
e
vedendola
da
fuori
,
la
mitizzano
.
La
mitizzano
come
strapotere
o
kafkismo
,
o
produttrice
di
occultismi
,
di
nevrosi
,
eccetera
.
Quella
linguistica
potrebbe
essere
l
'
ennesima
mitizzazione
(
ambivalentissima
)
del
mondo
industriale
.
(
Teniamo
però
presenti
il
fiuto
e
la
genialità
di
Pasolini
.
Tra
lui
e
altri
c
'
è
differenza
...
)
Certo
,
se
mi
arriva
la
domanda
di
impiego
di
un
neolaureato
della
provincia
-
e
non
sempre
meridionale
-
il
quale
inizia
con
«
Il
sottoscritto
»
;
fa
tutto
un
periodo
fino
alla
firma
,
spezzandolo
con
«
dichiara
...
fa
rispettosa
istanza
...
compiega
...
»
messi
soli
al
centro
della
pagina
;
usa
magari
la
carta
da
bollo
e
conclude
affermando
:
«
Possiede
patente
auto
»
-
mi
trovo
davanti
un
documento
di
un
mondo
che
l
'
industria
(
ma
lentamente
)
erode
.
Ma
il
bello
è
che
all
'
interno
dell
'
industria
gli
uomini
migliori
(
ingegneri
intendo
e
non
umanisti
,
quegli
ingegneri
che
alla
moglie
si
rivolgerebbero
chiamandola
comunicativamente
e
non
espressivamente
«
mia
programmazione
a
tutti
i
livelli
»
«
stocastica
»
e
«
algoritmo
mio
»
)
già
si
preoccupano
di
ridimensionare
(scusatemi...)
l
'
ondata
tecnocratica
,
il
fanatismo
per
«
l
'
uomo
della
organizzazione
»
e
per
l
'
organizzazione
stessa
.
Anzi
,
dall
'
America
arrivano
ultime
notizie
che
auspicano
«
l
'
uomo
della
disorganizzazione
»
e
teorizzano
la
necessità
di
una
personalità
artistica
a
capo
delle
aziende
,
invece
che
di
personalità
tecnocratiche
!
La
verità
è
che
,
almeno
in
Italia
,
cessato
il
boom
,
l
'
industria
si
accorge
di
non
poter
continuare
con
il
mito
passepartout
dell
'
organizzazione
;
e
che
i
suoi
uomini
di
avanguardia
lavorano
di
continuo
perché
sulla
tecnica
vinca
la
scienza
e
sulla
tecnocrazia
la
mentalità
scientifica
.
Lo
scontro
supera
quello
,
che
sembra
tanto
concreto
,
invece
è
astratto
,
fra
dialetto
e
gergo
dei
periti
industriali
.
È
lo
scontro
,
che
sta
nel
fondo
della
nostra
epoca
,
fra
l
'
arte
e
la
scienza
,
fra
la
proposizione
filosofico
-
scientifica
e
la
proposizione
lirico
-
narrativa
.
StampaQuotidiana ,
Sono
ormai
passati
più
di
dieci
giorni
dal
giorno
in
cui
Mussolini
e
il
suo
governo
sono
stati
cacciati
dal
potere
.
Nonostante
ciò
,
l
'
Italia
è
ancora
in
guerra
;
il
nuovo
governo
italiano
non
ha
ancora
iniziato
i
passi
necessari
per
mettere
fine
alla
guerra
;
i
resti
di
due
divisioni
scelte
tedesche
continuano
a
offrire
resistenza
all
'
avanzata
degli
alleati
da
Catania
verso
Messina
;
i
nodi
ferroviari
e
i
centri
dell
'
industria
di
guerra
del
Mezzogiorno
e
delle
isole
continuano
a
essere
severamente
bombardati
.
Perché
questa
situazione
,
la
quale
a
prima
vista
non
può
che
apparire
a
ogni
italiano
paradossale
,
assurda
,
incomprensibile
?
Il
25
luglio
è
stato
cacciato
Mussolini
.
Egli
è
stato
cacciato
perché
,
evidentemente
,
in
tutti
gli
strati
della
società
italiana
era
penetrata
la
coscienza
che
la
sua
politica
e
il
suo
regime
avevano
fatto
fallimento
,
in
modo
completo
e
clamoroso
e
in
tutti
i
campi
della
vita
del
paese
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
militare
,
perché
sotto
la
sua
direzione
l
'
esercito
si
è
sfasciato
e
il
paese
è
passato
di
sconfitta
in
sconfitta
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
economico
,
perché
non
solo
ha
profondamente
disorganizzato
l
'
economia
del
paese
,
ma
ha
trasformato
l
'
Italia
,
sotto
questo
aspetto
,
in
una
pura
e
semplice
appendice
della
Germania
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
nel
campo
della
politica
internazionale
perché
dell
'
Italia
,
che
prima
di
lui
era
una
grande
potenza
,
ha
fatto
un
vassallo
dell
'
imperialismo
tedesco
.
Mussolini
ha
fatto
fallimento
,
infine
,
nel
campo
della
politica
interna
,
perché
sotto
il
suo
governo
il
paese
si
è
completamente
disgregato
,
la
compattezza
e
la
disciplina
nazionali
sono
venute
meno
,
dappertutto
hanno
dilagato
la
corruzione
,
il
malcontento
,
la
rivolta
contro
il
suo
regime
tirannico
.
Se
Mussolini
è
stato
cacciato
,
è
dunque
perché
la
stragrande
maggioranza
del
popolo
aveva
capito
ch
'
egli
portava
l
'
Italia
alla
rovina
,
alla
catastrofe
.
Ma
qual
era
la
causa
prima
e
fondamentale
di
questa
catastrofe
?
Domandatelo
a
qualsiasi
italiano
ed
egli
vi
risponderà
franco
e
senza
esitare
:
la
guerra
.
Qual
è
stata
l
'
origine
di
tutti
i
mali
che
Mussolini
ha
fatto
cadere
sul
popolo
italiano
?
È
stata
la
guerra
;
è
stata
la
guerra
ingiusta
,
imperialista
,
di
conquista
e
di
rapina
preparata
e
predicata
dal
fascismo
per
vent
'
anni
,
e
da
lui
scatenata
in
combutta
con
l
'
imperialismo
tedesco
al
principio
,
e
in
seguito
,
dopo
le
prime
vergognose
sconfitte
,
come
vassallo
e
servo
di
esso
.
È
possibile
separare
Mussolini
dalla
guerra
?
No
,
non
è
possibile
.
È
possibile
fare
del
fascismo
e
della
guerra
contro
le
potenze
democratiche
antihitleriane
e
antifasciste
due
cose
diverse
?
Non
solo
non
è
possibile
;
ma
è
assurdo
.
È
possibile
cacciare
Mussolini
,
sciogliere
il
partito
fascista
,
proclamare
la
propria
volontà
di
liberare
l
'
Italia
dal
fascismo
,
e
in
pari
tempo
continuare
imperterriti
la
guerra
mussoliniana
,
la
guerra
fascista
,
la
guerra
dell
'
Asse
,
la
guerra
dell
'
imperialismo
tedesco
e
di
Hitler
?
Non
solo
è
impossibile
;
non
solo
è
assurdo
;
ma
il
tentare
di
farlo
è
puramente
e
semplicemente
un
delitto
,
perché
significa
né
più
né
meno
che
frustrare
la
volontà
così
chiaramente
manifestata
dal
popolo
italiano
di
salvarsi
dalla
catastrofe
alla
quale
Mussolini
e
il
regime
fascista
l
'
hanno
trascinato
.
Liquidare
il
fascismo
e
salvare
l
'
Italia
,
senza
rompere
l
'
Asse
e
senza
iniziare
un
'
ardita
politica
di
riavvicinamento
dell
'
Italia
alle
grandi
potenze
democratiche
civili
,
non
si
può
.
Ecco
perché
,
cacciato
Mussolini
immediatamente
un
altro
problema
si
è
posto
davanti
al
popolo
italiano
,
ed
esige
da
esso
una
soluzione
.
Gli
uomini
che
sotto
la
pressione
delle
masse
popolari
sono
stati
costretti
a
disfarsi
di
Mussolini
,
è
evidente
che
non
intendono
soddisfare
in
modo
conseguente
le
aspirazioni
della
nazione
e
soprattutto
l
'
aspirazione
fondamentale
,
ch
'
è
quella
della
rottura
con
la
Germania
hitleriana
e
della
fine
della
guerra
.
È
evidente
adunque
che
questi
uomini
non
sono
andati
al
potere
per
adempiere
la
volontà
del
popolo
e
della
nazione
;
ma
soltanto
per
riuscire
,
facendo
alle
masse
alcune
concessioni
,
a
continuare
,
nella
sostanza
,
la
stessa
politica
mussoliniana
.
È
assurdo
però
pensare
che
questo
loro
piano
riesca
.
Le
potenze
democratiche
hanno
gli
occhi
ben
aperti
,
e
non
si
lasciano
trarre
in
inganno
.
Esse
sanno
che
fino
a
che
non
si
rompe
con
Hitler
,
e
non
si
è
decisi
,
se
occorre
,
a
schierarsi
contro
Hitler
,
non
si
è
data
la
prova
di
aver
veramente
rotto
col
fascismo
e
di
volerlo
liquidare
senza
residui
.
Ma
anche
il
popolo
italiano
ha
aperto
gli
occhi
e
non
si
lascerà
trarre
in
inganno
.
Fatto
il
primo
passo
sulla
via
della
emancipazione
,
esso
non
esiterà
a
compiere
,
costi
quello
che
costi
,
tutti
i
passi
successivi
,
necessari
a
che
questa
emancipazione
sia
completa
ed
effettiva
.
StampaQuotidiana ,
Raccontano
i
giornali
che
nelle
giornate
successive
al
25
luglio
,
cioè
dopo
la
caduta
di
Mussolini
,
gruppi
di
cittadini
,
armati
di
scale
,
di
corde
e
di
scalpelli
,
si
sono
dedicati
,
nelle
vie
e
nelle
piazze
d
'
Italia
,
all
'
opera
di
far
scomparire
i
segni
esteriori
del
ventennio
di
dominio
fascista
.
Si
abbattono
gli
stemmi
e
le
insegne
.
Si
fanno
a
pezzi
e
si
trascinano
nel
fango
le
statue
.
Si
fanno
sparire
dagli
edifici
gli
emblemi
di
un
regime
che
fu
regime
di
schiavitù
,
che
ha
portato
il
popolo
alla
disperazione
e
la
nazione
alla
rovina
.
Sembra
che
anche
dai
biglietti
da
mille
,
per
decisione
del
governo
,
dovrà
sparire
il
fascio
littorio
.
E
quest
'
ultimo
,
specialmente
,
mi
pare
dovrebb
'
essere
un
buon
segno
,
se
volesse
dire
che
persino
coloro
i
quali
sono
abituati
a
trattare
a
tu
per
tu
coi
biglietti
da
mille
,
cioè
coloro
che
detengono
,
con
le
ricchezze
,
il
potere
effettivo
nella
società
,
vedono
oggi
con
fastidio
persino
i
simboli
della
tirannide
mussolinesca
,
e
che
tutto
un
passato
di
violenze
,
di
umiliazioni
,
di
vergogna
,
veramente
si
sta
liquidando
.
Ma
sarà
poi
veramente
così
?
Il
popolo
è
sincero
,
spontaneo
,
diretto
,
nelle
sue
azioni
.
Il
popolo
sa
che
la
rovina
d
'
Italia
è
stato
il
fascismo
.
Quando
dà
alle
fiamme
uno
stemma
o
scalpella
un
'
insegna
,
esso
esprime
una
esigenza
elementare
di
giustizia
e
di
rinnovamento
del
paese
.
Esso
dice
che
il
fascismo
deve
essere
sradicato
dalla
vita
e
dall
'
animo
della
nazione
,
se
si
vuole
che
questa
veramente
sia
libera
,
e
trovi
,
e
sia
in
grado
di
percorrere
sino
in
fondo
la
strada
della
propria
rinascita
.
Ma
che
cos
'
è
il
fascismo
?
I
simboli
e
le
insegne
contano
,
ma
non
decidono
.
Mussolini
ebbe
a
dire
,
una
volta
,
che
il
fascismo
si
identificava
con
la
sua
persona
.
In
realtà
,
sono
così
poche
e
così
negative
le
facoltà
di
cui
quest
'
uomo
ha
dato
prova
,
la
sua
figura
e
l
'
opera
sua
si
collocano
così
in
basso
nella
scala
dei
valori
umani
,
che
sarebbe
offesa
profonda
alla
nazione
italiana
affermare
ch
'
è
bastata
l
'
azione
del
corruttore
e
del
somaro
di
Predappio
per
farla
precipitare
così
miseramente
.
In
realtà
,
il
fascismo
è
stato
un
processo
profondo
di
degenerazione
e
decomposizione
della
società
italiana
,
di
cui
bisogna
ben
comprendere
le
cause
e
gli
aspetti
,
se
si
vuole
poterlo
sradicare
.
Alla
radice
di
questo
processo
vi
è
un
fatto
che
ci
sembra
l
'
essenziale
,
perché
determina
tutto
il
rimanente
.
Alcuni
gruppi
più
avidi
e
più
rapaci
e
quindi
più
reazionari
,
identificano
se
stessi
con
la
nazione
,
osano
presentare
come
programma
nazionale
quello
che
non
è
altro
che
il
soddisfacimento
dei
loro
interessi
egoistici
di
casta
.
Era
nell
'
interesse
della
nazione
italiana
gettare
tutte
le
sue
risorse
e
tutta
se
stessa
in
una
serie
di
guerre
di
rapina
,
che
la
rendono
nemica
di
tutti
i
popoli
liberi
e
civili
,
e
serva
di
quella
potenza
da
preda
ch
'
è
la
Germania
imperialista
hitleriana
?
Quanto
poco
ciò
fosse
nell
'
interesse
della
nazione
italiana
lo
dimostra
il
risultato
che
questa
politica
ha
avuto
,
e
che
sta
oggi
davanti
agli
occhi
esterrefatti
di
tutti
gli
italiani
.
Il
paese
è
sconfitto
,
devastato
;
intiere
città
distrutte
;
distrutta
l
'
opera
di
alcune
generazioni
.
Come
l
'
Italia
uscirà
da
questo
abisso
,
ancora
non
lo
si
può
dire
.
Ma
era
prevedibile
questo
risultato
?
Non
soltanto
era
prevedibile
,
ma
fu
previsto
dagli
uomini
più
illuminati
del
paese
,
liberali
,
democratici
,
comunisti
,
cattolici
,
e
conservatori
persino
.
L
'
Italia
,
con
la
sua
debole
struttura
statale
e
dopo
la
prova
assai
dura
della
prima
guerra
mondiale
,
non
poteva
nazionalmente
rafforzarsi
se
non
consacrandosi
alla
soluzione
dei
suoi
problemi
economici
e
politici
interni
.
Alle
grandi
masse
del
popolo
dagli
operai
alla
piccola
e
media
borghesia
,
ai
contadini
e
ai
ceti
intellettuali
dovevano
essere
aperte
le
porte
del
benessere
e
quelle
del
potere
.
Nel
soddisfacimento
dei
bisogni
di
queste
masse
,
e
non
nella
preparazione
di
una
guerra
di
rapina
si
doveva
trovare
lo
stimolo
a
uno
sviluppo
impetuoso
di
tutta
la
economia
del
paese
.
La
vera
grandezza
del
paese
doveva
essere
trovata
nello
sviluppo
logico
di
quei
principi
di
democrazia
,
di
libertà
,
e
di
collaborazione
pacifica
tra
i
popoli
,
nel
nome
dei
quali
l
'
Italia
è
risorta
,
è
riuscita
a
costituirsi
come
Stato
unitario
.
Ma
democrazia
,
libertà
,
collaborazione
pacifica
tra
i
popoli
erano
e
sono
cose
non
ammissibili
per
i
mercanti
di
cannoni
,
per
i
pescicani
della
finanza
e
della
siderurgia
,
per
i
latifondisti
,
per
i
grossi
agrari
e
per
gli
uomini
politici
legati
a
loro
.
Ciò
che
contava
e
conta
per
costoro
è
il
loro
privilegio
di
casta
;
ciò
ch
'
essi
intendono
quando
parlano
di
«
grandezza
della
nazione
»
è
l
'
accrescimento
astronomico
della
loro
ricchezza
,
le
cui
basi
sono
nella
miseria
e
nello
sfruttamento
del
popolo
.
Le
guerre
di
conquista
e
di
rapina
non
sono
altro
,
per
costoro
,
che
la
continuazione
,
sopra
un
piano
internazionale
della
politica
che
corrisponde
alla
loro
natura
di
classi
parassitarie
e
di
animali
da
preda
.
La
sciagura
attuale
d
'
Italia
ha
la
sua
radice
nel
fatto
che
il
fascismo
,
da
una
parte
sopprimendo
col
terrore
fisico
ogni
possibilità
di
discussione
,
di
opposizione
e
di
movimento
,
dall
'
altra
parte
abbagliando
una
parte
del
popolo
con
la
sua
retorica
nazionalista
e
militaresca
,
ha
coperto
di
una
maschera
sedicente
nazionale
la
politica
dei
veri
nemici
della
nazione
,
perché
nemici
del
benessere
e
delle
libertà
nazionali
.
Per
vent
'
anni
tutta
la
vita
del
paese
e
dello
Stato
è
stata
costruita
su
una
menzogna
,
su
un
inganno
;
e
questo
spiega
tutte
le
forme
di
decomposizione
proprie
del
regime
di
Mussolini
,
dal
trionfo
della
plutocrazia
alla
sommità
,
sino
al
dilagare
nei
quadri
intermedi
della
corruzione
e
della
prepotenza
sfacciate
,
sino
alla
permanenza
ventennale
a
capo
dello
Stato
e
dell
'
esercito
di
un
uomo
di
cui
la
storia
dirà
che
all
'
infuori
della
capacità
di
ingannare
tutta
una
generazione
,
altre
non
ne
possedeva
.
Il
rimedio
a
male
così
grave
che
già
ha
gli
aspetti
di
una
vera
catastrofe
,
non
si
potrà
trovare
né
in
un
mezzo
termine
,
né
in
un
cambio
di
facciata
.
Badoglio
ha
cambiato
la
facciata
,
prendendo
il
posto
di
Mussolini
e
sciogliendo
il
partito
fascista
.
Ma
con
lui
continua
l
'
essenziale
:
continua
la
guerra
al
servizio
dell
'
imperialismo
tedesco
,
e
continua
la
privazione
di
libertà
delle
masse
popolari
.
Segno
che
egli
continua
a
essere
l
'
uomo
di
quei
gruppi
che
non
vogliono
rinunciare
alla
politica
di
guerra
e
di
intrighi
imperialistici
che
ha
portato
la
nazione
alla
rovina
.
Segno
ch
'
egli
continua
a
essere
l
'
uomo
di
quei
gruppi
che
le
libertà
popolari
della
nazione
non
le
vogliono
veder
restaurate
,
perché
sanno
che
questo
aprirebbe
la
strada
alla
distruzione
dei
loro
privilegi
.
Ed
è
invece
in
queste
due
direzioni
che
i
colpi
e
l
'
attività
ricostruttive
devono
essere
rivolti
,
se
davvero
si
vuole
sradicare
il
fascismo
.
La
plutocrazia
non
è
la
nazione
,
anzi
,
è
il
nemico
della
nazione
;
la
politica
imperialista
dei
gruppi
plutocratici
non
è
una
politica
nazionale
,
anzi
,
è
la
politica
che
ha
portato
la
nazione
alla
rovina
.
Questa
è
la
prima
cosa
da
mettersi
bene
nella
testa
,
l
'
essenziale
.
La
seconda
è
che
la
nazione
deve
essere
libera
e
non
serva
di
una
cricca
di
gruppi
privilegiati
.
Devono
essere
liberi
e
partecipare
in
pieno
alla
vita
politica
i
lavoratori
,
gli
operai
,
i
contadini
,
gli
intellettuali
,
gli
uomini
delle
classi
produttrici
.
La
libertà
politica
per
le
masse
è
condizione
preliminare
del
risorgimento
d
'
Italia
.
Chi
non
comprende
queste
necessità
primordiali
della
vita
politica
italiana
nel
momento
presente
e
non
lotta
per
soddisfarle
,
non
solo
non
può
dire
di
volere
la
rinascita
della
nazione
,
ma
è
un
ostacolo
nel
suo
cammino
.
Essere
nazionale
,
oggi
,
in
Italia
,
vuol
dire
essere
antifascista
;
cioè
vuoi
dire
essere
contro
l
'
imperialismo
plutocratico
e
per
la
libertà
.
Qui
sono
le
radici
del
fascismo
,
e
qui
deve
essere
diretto
il
colpo
decisivo
.
StampaQuotidiana ,
Meravigliandosi
che
«
nemmeno
Malagodi
o
Colombo
dicano
queste
cose
»
,
Enrico
Emanuelli
(
tornando
alla
discussione
sulla
lingua
,
nel
«
Corriere
della
Sera
»
del
21
febbraio
)
,
cita
un
mio
brano
sulle
questioni
linguistiche
,
con
l
'
aggiunta
di
alcuni
punti
interrogativi
a
indicare
i
luoghi
del
dubbio
.
Ecco
il
brano
coi
cartelli
segnaletici
del
dubbio
sparsi
dall
'
Emanuelli
:
«
La
nuova
borghesia
delle
città
del
Nord
non
è
più
la
vecchia
classe
dominante
che
ha
imposto
stupidamente
(
?
)
dall
'
alto
l
'
unificazione
politica
,
culturale
(
?
)
e
linguistica
dell
'
Italia
,
ma
è
una
nuova
classe
dominante
(
?
)
il
cui
reale
potere
economico
le
consente
realmente
(
?
)
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
(
?
)
di
porsi
come
egemonica
.
E
quindi
irradiatrice
simultaneamente
di
potere
(
?
)
,
di
cultura
(
?
)
e
di
lingua
»
.
Primo
punto
interrogativo
:
sì
,
«
stupidamente
»
,
e
non
soltanto
per
quel
che
si
riferisce
al
periodo
fascista
,
che
è
stato
il
momento
più
clamoroso
di
tale
stupidità
(
e
l
'
Emanuelli
è
certo
d
'
accordo
con
me
)
,
ma
per
tutto
ciò
che
di
fascista
c
'
era
stato
prima
e
per
tutto
ciò
che
di
fascista
c
'
è
rimasto
:
intendo
dire
lo
spirito
piccolo
-
borghese
,
cui
è
in
,
genere
affidato
il
ruolo
di
campo
delle
norme
culturali
.
All
'
unificazione
dell
'
Italia
attraverso
la
piccola
borghesia
piemontese
o
piemontesizzante
(
il
Sud
era
una
terra
di
banditi
,
o
«
Lazaronitum
»
come
lo
chiama
Marx
;
il
novanta
per
cento
circa
degli
italiani
era
analfabeta
,
cioè
non
solo
non
sapeva
scrivere
l
'
italiano
,
ma
non
era
nemmeno
italofona
)
si
è
creduto
che
l
'
unificazione
linguistica
potesse
essere
risolta
attraverso
lo
pseudo
-
umanesimo
piccolo
-
borghese
,
che
possedeva
una
lingua
solo
letteraria
,
l
'
italiano
,
divenuta
improvvisamente
lingua
nazionale
(
benché
sconosciuta
a
circa
i
nove
decimi
degli
italiani
)
.
E
si
è
creduto
di
imporla
con
gli
stessi
metodi
con
cui
si
imponevano
le
tasse
,
cioè
attraverso
la
burocrazia
e
la
polizia
.
Passando
dall
'
autoritarismo
paternalistico
a
quello
fascista
.
Ecco
perché
«
stupidamente
»
.
Certo
!
Non
tutta
la
borghesia
era
stupida
!
Nello
stesso
Manzoni
,
per
esempio
,
coesisteva
insieme
al
grande
poeta
(
che
ha
rischiato
di
rovinare
il
suo
romanzo
)
un
linguista
normativo
inattendibile
.
Ma
grazie
a
Dio
,
Graziadio
Isaia
Ascoli
(
borghese
anche
lui
)
,
come
scrive
Gramsci
,
«
alle
centinaia
di
pagine
del
Manzoni
aveva
contrapposto
una
trentina
di
pagine
per
dimostrare
:
che
neppure
una
lingua
nazionale
può
essere
suscitata
artificialmente
,
per
imposizione
di
Stato
;
che
la
lingua
italiana
si
sta
formando
da
sé
,
e
si
formerà
solo
in
quanto
la
convivenza
nazionale
abbia
suscitato
contatti
numerosi
e
stabili
tra
le
varie
parti
della
nazione
;
che
il
diffondersi
di
una
particolare
lingua
è
dovuto
all
'
attività
produttrice
di
scritti
,
di
traffici
,
di
commercio
degli
uomini
che
quella
particolare
lingua
parlano
...
»
.
Noi
,
piccolo
-
borghesi
,
abbiamo
sempre
accettato
non
criticamente
l
'
idea
di
questa
lingua
letterario
-
umanistica
.
E
abbiamo
sempre
pensato
che
centro
di
diffusione
sarebbe
stata
Roma
,
cioè
il
centro
statale
dello
Stato
:
magari
,
naturalmente
,
una
Roma
riscoperta
dal
neorealismo
.
Mentre
era
chiaro
che
il
reale
centro
diffusore
era
destinato
a
essere
il
Nord
:
perché
la
lingua
della
borghesia
moderna
è
la
lingua
dell
'
industria
,
non
quella
della
burocrazia
.
E
sempre
Gramsci
che
ricorda
nel
1918
come
«
il
prof.
Alfredo
Panzini
abbia
pubblicato
pochi
anni
fa
un
dizionario
della
lingua
parlata
moderna
,
e
da
esso
appare
quanti
'
milanesismi
'
siano
arrivati
persino
in
Sicilia
e
in
Puglia
.
Milano
manda
giornali
,
riviste
,
libri
,
merce
,
commessi
viaggiatori
in
tutta
Italia
,
e
manda
quindi
anche
alcune
peculiari
espressioni
della
lingua
italiana
che
i
suoi
abitanti
parlano
»
.
Questo
fatto
di
lingua
come
«
segno
orale
»
(
e
non
quello
«
letterario
»
del
Cattaneo
o
del
Dossi
)
,
è
un
vero
e
proprio
antefatto
della
nuova
evoluzione
linguistica
.
Ma
solo
oggi
per
la
prima
volta
nella
storia
d
'
Italia
si
ha
un
intero
linguaggio
,
il
linguaggio
della
meccanica
o
della
scienza
applicata
,
che
si
usa
in
tutta
Italia
ugualmente
(
sia
pure
con
pronunce
differenti
)
.
E
quello
che
più
conta
,
è
che
non
si
tratta
più
di
un
linguaggio
«
solo
»
particolaristico
:
ma
si
pone
come
linguaggio
guida
,
ha
in
sé
uno
spirito
unificatore
,
in
quanto
linguaggio
di
un
tipo
nuovo
di
cultura
.
Secondo
punto
interrogativo
:
perché
Emanuelli
ha
messo
questo
segno
di
dubbio
sulla
parola
«
culturale
»
?
Forse
perché
non
crede
nella
«
cultura
»
della
borghesia
italiana
?
Ma
io
uso
la
parola
«
cultura
»
nel
senso
con
cui
la
usa
un
marxista
,
e
com
'
è
usata
correntemente
dall
'
etnologia
o
dall
'
antropologia
.
Non
è
un
giudizio
di
valore
,
ma
un
dato
di
fatto
.
Sono
andato
l
'
altro
ieri
,
domenica
,
a
«
visitare
»
un
campo
profughi
,
ex
campo
di
concentramento
,
vicino
ad
Alatri
:
un
luogo
tremendo
,
dove
,
nelle
tragiche
baracche
oblunghe
,
dai
tetti
a
volta
,
dominate
dalle
torrette
rotonde
,
sotto
montagnole
grigie
e
senza
nome
,
vive
un
gruppo
di
espatriati
tunisini
.
Ebbene
,
ho
avuto
modo
di
accorgermi
come
la
loro
«
francesizzazione
»
non
consistesse
solo
in
una
francofonia
abbastanza
ortodossa
(
mille
volte
più
ortodossa
-
se
si
pensa
che
è
avvenuta
in
emigrati
in
ambiente
arabo
-
di
qualsiasi
italofonia
di
italiano
periferico
)
,
ma
in
una
commovente
francesizzazione
culturale
:
il
modo
con
cui
quegli
italiani
francesizzati
di
Tunisia
si
salutavano
,
si
davano
la
mano
,
pregavano
di
salutare
i
genitori
o
gli
amici
residenti
a
Roma
,
eccetera
,
era
assolutamente
più
vicino
alla
tipicità
del
borghese
medio
francese
,
che
qualsiasi
modo
usato
da
un
meridionale
,
finora
,
per
realizzare
un
modello
italiano
(
le
pagliacciate
poliziesco
-
avvocatesche
ecc.
ecc
.
)
:
insomma
la
borghesia
francese
francesizza
gli
allogeni
e
gli
alloglotti
con
un
reale
prestigio
culturale
,
così
da
prestare
una
reale
e
non
solo
mimetica
umanità
di
modi
e
di
espressioni
.
Terzo
punto
interrogativo
:
ebbene
,
su
questa
espressione
«
classe
dominante
»
io
non
ho
dubbi
,
anche
se
si
tratta
di
una
terminologia
un
po
'
lisa
,
e
un
po
'
superata
dai
modi
del
dominio
.
Lascio
dunque
la
perplessità
a
Emanuelli
e
ai
collaboratori
della
terza
pagina
del
«
Corriere
»
.
Quarto
punto
interrogativo
:
questo
«
realmente
»
sta
al
posto
di
quella
che
Gramsci
avrebbe
chiamato
condizione
di
«
necessità
»
dell
'
egemonia
.
A
tale
condizione
di
necessità
la
borghesia
italiana
del
Nord
si
è
trovata
per
inerzia
,
fuori
,
quasi
,
dalla
sua
coscienza
e
dalla
sua
volontà
.
Per
una
accelerazione
dello
sviluppo
produttivo
,
e
quindi
dilla
potenza
economica
,
che
ha
qualcosa
di
brutalmente
pragmatico
.
Quinto
punto
interrogativo
:
sì
,
per
la
prima
volta
nella
storia
italiana
.
Per
quanto
mi
sforzi
,
non
trovo
un
precedente
.
Soltanto
la
conquista
romana
presenta
dei
caratteri
simili
,
e
infatti
...
L
'
universalismo
della
Chiesa
è
stato
sempre
contraddetto
dai
particolarismi
locali
,
che
elaboravano
proprie
lingue
in
quanto
ponevano
le
basi
di
un
proprio
potere
(
la
borghesia
comunale
ecc.
ecc
.
)
.
Sesto
punto
interrogativo
:
intendo
«
potere
»
sostanzialmente
economico
,
non
codificato
.
Esso
probabilmente
non
vuole
essere
codificato
:
il
suo
pragmatismo
e
il
suo
tecnicismo
escludono
la
metafisicità
dei
codici
.
Esso
tende
a
deferire
a
qualcos
'
altro
una
codificazione
che
lo
lasci
libero
:
questo
qualcos
'
altro
è
lo
Stato
italiano
.
La
lotta
per
il
possesso
esclusivo
di
questo
pretesto
che
è
sempre
lo
Stato
per
il
Capitale
,
è
tra
forze
laburiste
(
il
centro
-
sinistra
)
e
forze
conservatrici
(
il
liberalismo
,
milanese
,
anziché
napoletano
)
.
Ma
questo
non
ha
niente
a
che
vedere
con
le
questioni
linguistiche
(
?
)
.
Settimo
punto
interrogativo
:
ancora
sulla
parola
«
cultura
»
...
Ebbene
,
facciamo
qualche
ulteriore
chiarificazione
:
la
«
cultura
piccolo
-
borghese
(
attraverso
una
spinta
dal
basso
,
cioè
dal
livello
dei
ceti
medi
-
il
diritto
di
voto
ecc
.
)
aveva
contestato
e
messo
fuori
gioco
il
«
classicismo
agrario
»
,
in
un
'
accettazione
,
sempre
tuttavia
sostanzialmente
classicistica
,
del
romanticismo
e
del
decadentismo
.
Una
nuova
spinta
dal
basso
,
dovuta
alla
Resistenza
,
alla
realizzazione
almeno
formale
della
democrazia
-
la
Repubblica
,
il
voto
alle
donne
ecc.
ecc.
-
ha
a
sua
volta
contestato
e
messo
fuori
gioco
il
«
classicismo
piccolo
-
borghese
»
fascista
(
in
tale
contestazione
ha
avuto
un
forte
peso
l
'
opposizione
marxista
:
stava
cioè
prendendo
forma
una
sorta
di
«
classicismo
popolare
»
,
attraverso
l
'
impegno
e
l
'
ideologia
letteraria
gramsciana
.
Ora
,
la
cultura
tecnocratica
-
tecnologica
,
non
contesta
nessun
particcolare
classicismo
:
ma
contesta
e
si
accinge
a
mettere
fiori
gioco
,
tutto
il
passato
classico
e
classicistico
dell
'
uomo
:
ossia
l
'
umanesimo
.
La
sua
novità
è
quella
di
coincidere
potenzialmente
non
con
una
nuora
epoca
della
storia
,
mia
con
una
nuova
era
dell
'
umanità
:
l
'
Era
della
Scienza
Applicata
.
Strumenti
di
tale
cultura
sono
i
grandi
mezzi
di
diffusione
di
notizie
:
i
giornali
,
la
radio
,
la
televisione
.
Strumenti
,
niente
altro
.
Non
entità
autonome
(
cui
deferire
ogni
responsabilità
,
come
fanno
insieme
,
un
giornalista
dell
'
«
Espresso
»
,
un
linguista
marxista
,
e
lo
stesso
Moravia
)
.
Non
sono
caduti
dal
cielo
.
Riferirsi
ad
essi
non
come
a
semplici
strumenti
di
una
cultura
significa
voler
evitare
,
magari
per
ragioni
diverse
,
la
discussione
.
Una
volta
inventati
dei
mezzi
di
diffusione
culturale
nuovi
,
non
si
possono
,
è
vero
,
ignorare
pii
?
.
Ma
l
'
applicazione
della
scienza
nel
produrre
questi
nuovi
mezzi
diffusori
di
cultura
è
il
principio
stesso
del
loro
ulteriore
apporto
culturale
specifico
.
La
meta
immediata
del
nuovo
principio
strutturale
della
lingua
(
l
'
iperlingua
tecnologica
)
e
dei
suoi
mezzi
di
diffusione
pare
essere
la
comunicatività
.
E
infatti
è
assurdo
un
«
messaggio
»
radiofonico
o
televisivo
che
non
sia
capito
nell
'
attimo
stesso
in
cui
è
percepito
.
Come
non
è
concepibile
un
linguaggio
meccanico
particolare
solo
di
Milano
o
di
Torino
.
Ma
non
è
detto
che
ciò
che
è
chiaro
e
universalmente
comprensibile
sia
sempre
razionale
.
Molte
volte
,
il
buon
senso
,
che
è
il
contrario
della
ragione
,
fa
passare
per
chiare
delle
cose
profondamente
oscure
e
irrazionali
.
Così
è
molto
probabile
che
il
nuovo
tipo
di
linguaggio
guida
sia
comunicativo
ma
non
razionale
:
e
l
'
irrazionalità
sia
mascherata
da
una
sorta
di
qualunquismo
tecnico
,
come
prima
era
mascherata
da
un
qualunquismo
umanistico
.
Comunque
mentre
il
secondo
è
un
caso
particolaristico
,
di
portata
specialmente
italiana
,
il
primo
è
un
caso
generale
,
che
riguarda
tutto
l
'
immediato
futuro
degli
uomini
.
Sotto
questo
profilo
millenaristico
-
e
date
le
tendenze
metastoriche
di
ogni
cultura
depressa
-
spero
che
Emanuelli
e
la
sua
cerchia
mi
seguano
meglio
:
e
sentano
come
siano
anguste
le
illazioni
su
miei
eventuali
passi
avanti
o
indietro
.
StampaPeriodica ,
MILANO
,
giugno
-
Sono
stati
lieti
,
quasi
festosi
i
giorni
di
Sesto
San
Giovanni
.
L
'
annuncio
dello
sciopero
è
giunto
come
una
notizia
attesa
come
la
conferma
di
una
determinazione
che
era
già
maturata
negli
operai
:
ne
parlavano
a
voce
alta
nei
loro
circoli
a
pranzo
,
per
strada
,
nella
sala
d
'
aspetto
della
stazione
e
sul
marciapiede
mentre
aspettavano
il
treno
.
Si
affollavano
intorno
a
noi
:
gli
operai
ed
i
loro
dirigenti
politici
e
sindacali
sapevano
di
avere
di
fronte
i
«
giornalisti
di
Roma
»
e
volevano
che
riportassimo
a
casa
,
con
le
notizie
,
una
buona
impressione
di
Sesto
San
Giovanni
.
La
mattina
dello
sciopero
erano
tutti
al
loro
posto
di
agitazione
,
durante
la
notte
pochi
avevano
potuto
dormire
,
perché
in
poche
ore
avevano
dovuto
organizzare
i
picchetti
,
stampare
i
manifesti
,
fare
le
scritte
.
Ma
erano
contenti
:
facevano
siepe
dinnanzi
all
'
ingresso
degli
stabilimenti
,
fronteggiati
dallo
schieramento
della
polizia
.
Non
ci
furono
incidenti
:
anche
per
i
crumiri
sparuti
e
visibilmente
convinti
di
star
facendo
una
cattiva
figura
,
ci
furono
solo
lunghi
,
pazienti
discorsi
,
ed
appena
qualche
lazzo
.
«
Venduti
,
cornuti
e
sordomuti
»
gridavano
a
tratti
,
e
cioè
incapaci
di
sentire
e
di
giustificarsi
.
Volevano
chiarire
alcune
cose
,
anche
a
noi
:
il
ridicolo
degli
aumenti
accettati
dai
sindacati
scissionisti
,
la
grave
provocazione
politica
contenuta
nell
'
accordo
«
truffa
»
,
il
fatto
che
l
'
accordo
si
firmasse
a
Milano
,
l
'
ignobile
connubio
con
i
fascisti
della
CISNAL
.
«
Quel
di
Loreto
»
,
diceva
un
vecchio
operaio
.
E
per
tutto
il
giorno
fu
un
febbrile
spandersi
di
notizie
,
un
accorrere
di
staffette
improvvisate
che
venivano
al
«
rondò
»
da
ogni
parte
di
Sesto
,
dalla
Breda
,
dai
Magneti
,
dalla
Ercole
Marelli
,
dalla
Falk
:
i
dirigenti
raccoglievano
le
notizie
,
i
dati
percentuali
(
uno
di
loro
manovrava
rapidamente
un
regolo
calcolatore
)
e
ce
ne
spiegavano
il
significato
in
termini
definitivi
.
Il
loro
linguaggio
,
rigidamente
politico
,
e
che
in
altra
situazione
avrebbe
anche
potuto
apparire
schematico
,
pareva
qui
perfettamente
giustificato
.
E
un
linguaggio
sorto
da
questi
luoghi
,
un
linguaggio
carico
di
storia
.
Un
secolo
fa
,
Sesto
era
ancora
un
borgo
di
campagna
,
buono
per
la
villeggiatura
della
borghesia
milanese
:
il
clima
era
mite
,
«
il
beato
di
Sesto
aer
sereno
»
che
piacque
al
Monti
(
oggi
è
diverso
,
vi
domina
l
'
afa
caliginosa
di
tutti
i
centri
industriali
)
.
Anche
i
più
giovani
ricordano
i
tempi
del
tram
a
cavalli
,
che
proprio
qui
davanti
faceva
un
largo
giro
,
per
rientrare
a
Milano
:
ne
è
rimasta
traccia
nel
nome
di
questa
piazza
,
che
ancor
oggi
si
chiama
«
rondò
»
.
Il
primo
inizio
dell
'
attività
industriale
è
del
1840
,
con
le
filande
dei
Puricelli
Guerra
e
dei
Gaslini
.
Ma
è
stato
nel
ventennio
,
con
due
guerre
mondiali
e
l
'
autarchia
,
che
Sesto
si
è
enormemente
accresciuta
:
dai
4189
abitanti
del
1861
siamo
oggi
a
quasi
50mila
:
il
terzo
comune
di
tutta
la
provincia
,
dopo
Milano
e
Monza
,
più
di
duemilasettecento
abitanti
per
chilometro
quadrato
.
In
quel
periodo
si
formò
la
fortuna
dei
Falk
,
una
famiglia
di
ingegneri
tedeschi
,
sagaci
organizzatori
di
matrimoni
a
sfondo
industriale
,
dei
Breda
e
dei
Marelli
.
Ercole
Marelli
si
chiama
una
delle
vie
cittadine
.
Le
maestranze
impiegate
raggiunsero
persino
le
40
mila
unità
,
prima
della
smobilitazione
della
Breda
:
a
quel
tempo
,
cioè
negli
anni
successivi
al
'47
,
ci
fu
una
lotta
assai
dura
,
di
cui
restano
palesi
tracce
nelle
grandi
scritte
che
ancora
restano
sui
muri
:
incitano
gli
operai
a
salvare
la
Breda
,
e
con
essa
l
'
economia
lombarda
.
Ne
furono
licenziati
l0mila
,
che
oggi
si
son
riversati
nell
'
edilizia
,
o
sono
stati
riassunti
a
termine
(
veri
contratti
capestro
)
o
son
finiti
nella
miseranda
schiera
dei
venditori
ambulanti
e
nel
declassamento
.
Ne
abbiamo
conosciuto
uno
,
un
ragazzo
della
Breda
,
che
ha
fatto
un
po
'
tutti
i
mestieri
,
ed
ora
è
finito
male
;
ma
lo
racconta
con
una
residua
fierezza
,
né
diserta
il
suo
circolo
,
e
partecipa
moralmente
allo
sciopero
.
Gli
operai
di
Sesto
son
oggi
30
000
circa
,
di
cui
seimila
donne
.
Di
essi
6946
lavorano
alla
Falk
,
che
oggi
è
il
complesso
più
forte
,
e
non
solo
numericamente
.
6700
alla
Breda
,
5200
alla
Ercole
Marelli
,
4800
alla
Magneti
.
Gli
altri
son
distribuiti
nelle
fabbriche
minori
(
minori
solo
per
modo
di
dire
,
perché
spesso
superano
i
duemila
dipendenti
,
cioè
alla
OSVA
,
alla
Pirelli
,
ecc
.
)
.
Non
tutti
gli
operai
abitano
a
Sesto
:
alla
fine
del
turno
prendono
il
treno
per
Milano
,
per
Monza
,
e
addirittura
per
i
paesi
del
Cremasco
,
del
Bergamasco
,
della
Brianza
,
vanno
a
Brugherio
,
Usmate
,
Agrate
.
I
brianzoli
sono
gli
operai
più
recenti
,
quasi
tutti
ex
contadini
,
e
si
distinguono
facilmente
dagli
altri
,
non
solo
per
il
loro
dialetto
cupo
ed
incomprensibile
,
ma
anche
per
una
sostanziale
differenza
nell
'
aspetto
fisico
,
nel
modo
di
vestire
,
di
muoversi
,
di
gestire
.
Lavorano
quasi
tutti
alla
Falk
,
nel
reparto
siderurgico
.
La
Falk
infatti
ha
un
ciclo
di
lavorazione
completo
,
dalla
siderurgia
alla
metallurgia
,
e
produce
ghisa
,
ferro
,
acciaio
,
laminati
.
La
Breda
ha
quattro
reparti
distinti
,
anche
nella
produzione
:
macchine
elettriche
il
primo
,
materiale
ferroviario
il
secondo
;
il
terzo
,
che
si
chiama
eufemisticamente
sezione
fucina
,
è
in
realtà
di
produzione
bellica
,
soprattutto
proiettili
da
cannone
,
mentre
il
quarto
è
un
reparto
siderurgico
.
Apparecchi
elettrici
ed
elettrodomestici
si
producono
nei
due
stabilimenti
Marelli
.
Le
paghe
medie
degli
operai
di
Sesto
superano
spesso
quelle
di
altre
maestranze
.
Un
operaio
di
medio
livello
,
con
moglie
e
due
figli
,
riceve
oggi
735
007
lire
annue
(
nel
computo
è
compreso
,
oltre
alla
paga
base
,
il
caropane
,
la
gratifica
natalizia
,
gli
assegni
familiari
,
l
'
indennità
di
mensa
,
insomma
qualsiasi
somma
percepita
a
qualsiasi
titolo
)
.
Confrontata
con
la
paga
del
primo
luglio
1938
,
che
era
di
8095,20
questa
(
l
'
oggi
appare
rivalutata
nella
misura
di
90,80
volte
.
Se
alla
paga
sommiamo
gli
oneri
sociali
,
troveremo
che
un
operaio
medio
costa
annualmente
alla
ditta
920
183
lire
,
contro
le
9042
del
1938;
la
rivalutazione
,
in
questo
caso
,
è
di
101,76
volte
.
Questa
differenza
di
dieci
punti
significa
che
la
rivalutazione
dei
salari
non
è
stata
congrua
,
rispetto
alle
richieste
rivalutative
degli
enti
statali
di
assistenza
sociale
.
Ed
ecco
la
situazione
degli
impiegati
e
dei
tecnici
(
complessivamente
circa
diecimila
dipendenti
,
a
Sesto
)
:
13.283,30
lire
nel
1938
contro
10.194,65
lire
di
oggi
(
si
parla
sempre
di
impiegato
medio
con
carico
familiare
tipico
,
cioè
moglie
e
due
figli
)
.
Il
costo
totale
di
un
impiegato
medio
,
compresi
gli
oneri
sociali
,
è
oggi
di
1.297.092
lire
,
contro
le
13.342,72
del
1938
.
La
rivalutazione
degli
stipendi
si
è
fatta
quindi
nella
misura
di
75,75
volte
,
quella
dei
costi
totali
invece
nella
misura
di
84,54
volte
.
Lo
scarto
fra
l
'
una
e
l
'
altra
rivalutazione
rimane
perciò
costante
;
ma
in
linea
generale
è
chiaro
che
gli
impiegati
non
hanno
realizzato
i
progressi
degli
operai
,
e
sono
proporzionalmente
trattati
peggio
.
Ciò
dipende
dalla
loro
minore
combattività
e
da
un
malinteso
spirito
di
categoria
,
che
li
stacca
spesso
dalle
lotte
delle
maestranze
:
le
direzioni
degli
stabilimenti
mirano
a
conservare
e
peggiorare
questa
situazione
.
Un
recente
viaggio
«
d
'
istruzione
»
in
America
a
cui
hanno
partecipato
tecnici
ed
impiegati
della
Falk
mirava
proprio
a
questo
.
Questo
va
tenuto
presente
,
se
si
vuol
comprendere
la
situazione
sindacale
di
Sesto
.
Su
di
essa
influiscono
numerosi
e
diversi
elementi
:
l
'
origine
sociale
delle
maestranze
,
la
provenienza
geografica
,
il
tipo
della
lavorazione
.
Diamo
una
scorsa
ai
risultati
più
recenti
per
la
elezione
della
commissione
interna
.
Cerchiamo
di
interpretarli
:
all
'
osservatore
astratto
può
forse
sembrare
strano
che
l
'
UIL
,
sia
quasi
sempre
assente
dalla
competizione
elettorale
per
la
CI
.
L
'
opinione
diffusa
è
che
la
socialdemocrazia
milanese
dovrebbe
ottenere
ben
altri
risultati
;
ma
è
un
'
opinione
astratta
.
In
realtà
i
voti
che
Saragat
raccoglie
nel
milanese
son
voti
di
bottegai
e
di
impiegati
.
Il
padronato
industriale
punta
sulla
CISL
,
la
quale
ha
alle
sue
spalle
il
peso
della
tradizione
cattolica
e
dell
'
appoggio
del
clero
.
Non
a
caso
le
percentuali
più
alte
son
quelle
ottenute
alla
Falk
,
ed
in
particolare
nei
reparti
siderurgici
,
che
occupano
prevalentemente
maestranze
della
Brianza
,
cattoliche
e
di
recente
origine
contadina
.
I
dirigenti
della
Falk
conoscono
benissimo
l
'
importanza
di
queste
cose
,
e
perciò
finanziano
le
parrocchie
,
ottenendo
in
cambio
pubblici
elogi
dall
'
altare
,
ogni
domenica
al
momento
del
Vangelo
.
Per
questo
si
son
preoccupati
di
far
giungere
gratuitamente
ad
ogni
operaio
una
copia
di
Nuovi
martiri
cristiani
del
Pisoni
,
insieme
,
naturalmente
,
a
Ho
scelto
la
libertà
.
La
punta
massima
raggiunta
dalla
CISL
la
troviamo
alla
Falk
Ge.Va
.
:
una
sigla
che
significa
«
servizi
generali
e
vari
»
,
cioè
mensa
,
pulizia
dei
reparti
,
magazzinaggio
ecc.
È
insomma
il
reparto
più
lontano
dalla
produzione
,
meno
legato
al
ritmo
del
lavoro
complessivo
,
quello
che
raccoglie
in
più
larga
misura
raccomandati
e
confidenti
del
padrone
.
Nello
schieramento
padronale
è
alla
Falk
il
punto
più
avanzato
,
quello
su
cui
si
concentra
tutta
la
spinta
organizzata
di
ogni
genere
di
pressioni
,
della
corruzione
,
della
propaganda
differenziata
.
Falk
si
pone
più
di
ogni
altro
il
problema
dei
cosiddetti
human
relations
,
e
lo
risolve
da
par
suo
:
ha
creato
due
villaggi
operai
,
l
'
Edison
e
il
Diaz
:
può
minacciare
di
sfratto
gli
operai
che
si
rendano
sgraditi
.
Ha
organizzato
un
asilo
infantile
,
di
tipo
montessoriano
:
l
'
importanza
di
iniziative
verso
l
'
infanzia
non
può
sfuggire
a
nessuno
,
se
si
pensa
che
un
sesto
delle
maestranze
è
costituito
da
donne
.
Svolge
attività
assistenziale
e
«
culturale
»
,
cioè
gite
,
squadre
sportive
,
qualche
mostra
di
pittura
.
In
genere
i
padroni
non
si
pongono
mai
seriamente
il
problema
di
una
vita
culturale
fra
gli
operai
:
la
cultura
,
qualunque
essa
sia
,
è
sempre
in
qualche
modo
rivoluzionaria
.
A
detta
di
qualche
operaio
,
oggi
si
fa
meno
,
in
quel
settore
,
che
sotto
il
fascismo
.
La
mediocre
leggenda
della
«
Stalingrado
d
'
Italia
»
(
che
,
guardata
da
vicino
,
non
significa
assolutamente
nulla
)
è
di
elaborazione
padronale
,
ed
infatti
si
è
diffusa
attraverso
la
stampa
milanese
.
Gli
operai
,
in
qualche
misura
,
han
commesso
l
'
ingenuità
di
accettarla
.
L
'
azione
repressiva
si
svolge
in
forme
ormai
consuete
,
nelle
fabbriche
italiane
:
c
'
è
il
tempo
di
polizia
(
«
un
reggimento
»
,
dicono
gli
operai
)
organizzato
alla
militare
,
con
una
bella
divisa
di
panno
blu
;
si
convocano
le
mogli
degli
operai
per
premere
sui
mariti
,
si
punisce
e
si
licenzia
per
aver
propagato
«
notizie
false
e
tendenziose
»
,
cioè
per
aver
criticato
l
'
opera
delle
direzioni
.
Si
taralo
firmare
,
specialmente
alle
donne
,
contratti
contenenti
clausole
che
impegnano
a
non
partecipare
a
scioperi
,
o
addirittura
a
non
prendere
marito
.
I
Falk
sono
ormai
specializzati
,
in
questo
tipo
di
attività
.
Per
questo
,
in
quei
giorni
lieti
e
quasi
festosi
di
Sesto
San
Giovanni
,
le
notizie
che
venivano
dai
cancelli
della
Falk
erano
le
più
attese
:
le
percentuali
furono
buone
sin
dal
mattino
,
ma
crebbero
nel
pomeriggio
e
raggiunsero
nell
'
ultimo
turno
punte
mai
viste
.
Allora
han
fatto
festa
,
perché
i
«
falchetti
»
si
eran
comportati
bene
.
Siamo
rientrati
a
Milano
con
il
treno
:
tram
ed
autobus
crumiri
passavano
rari
,
tristi
ed
affollati
,
col
fattorino
scortato
dalla
polizia
.
Davanti
al
finestrino
scorreva
il
duro
paesaggio
di
Sesto
,
le
alte
muraglie
plumbee
,
i
massicci
edifici
degli
stabilimenti
,
la
lunga
strada
di
Monza
che
taglia
in
due
l
'
abitato
.
È
un
luogo
comune
quello
che
fa
di
Sesto
la
periferia
industriale
di
Milano
.
Forse
era
vero
sino
a
qualche
anno
fa
:
Sesto
è
cresciuta
a
casaccio
,
case
e
fabbriche
accavallate
ai
fianchi
di
un
'
unica
via
congestionata
di
traffico
;
la
stazione
ferroviaria
è
rimasta
quella
di
un
tempo
,
un
casotto
giallo
,
come
di
villaggio
campagnolo
.
I
diretti
neppure
si
fermano
,
sferragliano
fischiando
tra
le
banchine
affollate
di
operai
in
attesa
.
Ma
qualcosa
,
e
non
solo
dal
punto
di
vista
urbanistico
,
sta
cambiando
.
Gli
amministratori
del
comune
vogliono
far
di
Sesto
una
cittadina
moderna
,
con
una
sua
precisa
fisionomia
.
Per
questo
hanno
riorganizzato
i
servizi
pubblici
,
le
fognature
e
le
strade
,
han
costruito
i
marciapiedi
(
e
questa
è
stata
una
grossa
novità
per
tutti
)
hanno
aperto
al
pubblico
un
bel
parco
verde
,
ed
hanno
acquistato
la
villa
Zorn
per
farne
un
centro
di
riposo
e
di
svago
.
A
villa
Zorn
è
ospitata
la
biblioteca
di
Sesto
,
che
è
una
grata
eccezione
nel
panorama
generale
delle
biblioteche
italiane
(
istituti
settecenteschi
ancora
,
nella
struttura
e
nel
funzionamento
)
.
La
biblioteca
di
Sesto
,
che
ha
appena
tre
anni
di
vita
,
è
un
centro
di
diffusione
culturale
,
dove
si
tengono
conferenze
,
discussioni
,
mostre
di
arte
,
scuole
di
pittura
,
audizioni
musicali
.
Si
potrebbe
pensare
che
tutto
questo
non
è
poi
di
grande
utilità
,
visto
che
la
capitale
lombarda
è
a
dieci
minuti
di
treno
.
Ma
il
bibliotecario
,
che
è
un
giovane
insegnante
cattolico
,
spiega
che
è
giusto
ed
indispensabile
,
invece
,
questo
legame
culturale
degli
operai
(
e
di
tutti
)
con
la
vita
di
Sesto
,
con
il
lavoro
e
la
produzione
di
Sesto
.
Vogliono
creare
il
centro
civico
,
in
una
grande
nuovissima
piazza
che
farà
centro
intorno
alla
casa
comunale
e
che
si
chiamerà
«
Piazza
della
Resistenza
»
.
Stanno
per
ottenere
dal
Ministero
dell
'
Interno
il
titolo
di
città
,
e
ne
sono
orgogliosi
.
In
altra
situazione
sarebbe
ovvio
pensare
ad
una
forma
provinciale
di
campanilismo
,
ma
Sesto
è
diverso
.
Un
giovane
funzionario
comunista
mi
fa
vedere
la
raccolta
di
un
settimanale
che
un
gruppo
di
operai
fondò
e
diresse
fino
a
qualche
anno
fa
.
È
un
foglio
agile
ed
elegante
,
persino
pretenzioso
,
forse
.
Sesto
Rondò
,
e
cioè
vuol
alludere
sin
dal
titolo
,
ad
un
aspetto
antico
e
tradizionale
della
vita
sestese
.
Questo
non
è
,
ripetiamo
,
campanilismo
o
nostalgia
assurda
,
oltre
tutto
,
in
uomini
giovani
e
seriamente
moderni
come
son
questi
.
La
verità
è
che
Sesto
conquista
in
questo
modo
la
sua
maturità
,
staccandosi
,
anche
nel
costume
,
dal
feudo
del
capitale
milanese
:
ora
che
si
son
fatti
adulti
i
cittadini
di
Sesto
vogliono
essere
tali
.
Non
sono
più
di
periferia
di
Milano
.
StampaQuotidiana ,
I
gerarchi
fascisti
hanno
condotto
tra
le
nuove
generazioni
italiane
una
campagna
sistematica
di
menzogne
e
di
calunnie
contro
la
democrazia
.
La
democrazia
,
secondo
loro
,
sarebbe
la
causa
di
tutti
i
mali
di
cui
soffrono
le
nazioni
.
Essa
renderebbe
deboli
gli
Stati
e
impotenti
i
governi
.
La
propaganda
fascista
,
in
particolar
modo
,
accusava
la
democrazia
di
avere
provocato
l
'
indebolimento
d
'
Italia
subito
dopo
l
'
altra
guerra
mondiale
.
Gli
ordinamenti
democratici
e
gli
uomini
di
Stato
dei
regimi
liberali
sono
stati
presentati
dai
fascisti
,
persino
nei
libri
di
testo
delle
scuole
,
i
primi
come
modello
di
disordine
,
i
secondi
come
modello
di
corruzione
,
di
debolezza
,
d
'
incapacità
.
Per
vent
'
anni
è
stata
condotta
in
Italia
questa
campagna
antidemocratica
,
senza
che
a
nessuno
fosse
permesso
né
sul
terreno
dottrinale
e
meno
ancora
sul
terreno
politico
,
di
rispondere
ad
essa
,
di
metterne
a
nudo
l
'
inconsistenza
e
la
falsità
.
È
quindi
comprensibile
che
oggi
,
quando
si
parla
di
libertà
e
di
democrazia
a
giovani
italiani
ancora
ieri
fascisti
,
si
incontri
spesso
dello
scetticismo
,
e
quasi
sempre
della
incomprensione
.
Chiarire
le
idee
a
proposito
di
questi
concetti
politici
elementari
fa
dunque
parte
di
quell
'
opera
di
rieducazione
collettiva
della
nazione
,
alla
quale
tutti
gli
italiani
hanno
oggi
il
dovere
di
accingersi
.
Per
respingere
la
menzognera
propaganda
fascista
contro
la
democrazia
,
ci
si
potrebbe
accontentare
di
fare
una
cosa
molto
semplice
.
Basterebbe
domandare
ai
critici
fascisti
della
democrazia
che
cosa
ha
fatto
il
loro
regime
antidemocratico
,
dittatoriale
,
tirannico
.
La
sola
cosa
che
è
stato
capace
di
fare
è
di
portare
l
'
Italia
alla
rovina
e
di
mantenere
per
vent
'
anni
alla
testa
del
paese
una
banda
di
birbe
e
di
malandrini
.
Si
capisce
che
fosse
contro
la
democrazia
,
il
gerarca
fascista
,
che
privando
i
cittadini
di
ogni
forma
di
controllo
politico
e
amministrativo
,
assicura
l
'
impunità
delle
sue
ruberie
.
Ed
è
pure
assolutamente
sicuro
che
se
il
popolo
avesse
potuto
partecipare
alla
vita
politica
e
far
trionfare
la
sua
volontà
,
Mussolini
non
avrebbe
potuto
rimanere
a
lungo
al
potere
,
non
avrebbe
potuto
gettare
l
'
Italia
nell
'
abisso
in
cui
l
'
ha
gettata
,
perché
,
se
non
altro
,
dopo
la
prima
delle
sue
vergognose
sconfitte
sarebbe
stato
mandato
davanti
a
un
'
alta
corte
di
giustizia
e
a
un
plotone
di
esecuzione
.
Si
capisce
,
dunque
,
che
Mussolini
fosse
contro
la
democrazia
e
per
quello
ch
'
egli
chiamava
un
governo
forte
.
Il
governo
«
forte
»
,
per
lui
,
era
quello
che
gli
permetteva
di
infischiarsi
della
volontà
popolare
,
di
calpestare
gli
interessi
della
nazione
,
di
saccheggiare
la
ricchezza
dello
Stato
,
di
farsi
passare
per
un
gran
uomo
di
Stato
e
persino
per
un
grande
capitano
mentre
non
era
che
un
demagogo
incapace
e
ridicolo
,
e
di
vendere
l
'
Italia
allo
straniero
per
evitare
di
render
conto
dei
suoi
delitti
.
In
un
regime
di
democrazia
questo
è
certo
queste
cose
non
gli
sarebbero
state
permesse
.
Dopo
l
'
esperienza
tragica
e
devastatrice
del
fascismo
,
insomma
,
sarà
ben
difficile
che
in
Italia
qualcuno
possa
sul
serio
prendere
davanti
al
popolo
le
difese
delle
forme
di
governo
antidemocratico
,
tirannico
,
che
furono
proprie
del
fascismo
.
Ma
,
d
'
altra
parte
,
sarebbe
un
grave
errore
non
capire
che
un
paese
come
l
'
Italia
,
il
quale
uscirà
dalla
guerra
devastato
nei
suoi
beni
materiali
e
lacerato
nella
sua
compagine
morale
,
avrà
bisogno
di
un
governo
che
veramente
sia
forte
,
cioè
goda
di
una
vera
autorità
,
realizzi
attorno
a
sé
l
'
unità
di
tutte
le
forze
sane
della
nazione
,
e
abbia
l
'
energia
necessaria
per
stroncare
in
germe
ogni
tentativo
di
rinascita
della
reazione
fascista
.
I
vecchi
regimi
e
governi
liberali
e
democratici
peccavano
assai
sotto
questo
aspetto
.
È
vero
,
essi
assicuravano
formalmente
alle
masse
popolari
certe
libertà
(
di
stampa
,
di
riunione
,
di
organizzazione
,
ecc
.
)
che
erano
scritte
nella
Costituzione
.
Ma
essi
non
garantirono
il
popolo
contro
la
violenza
e
soppressione
della
Costituzione
stessa
,
che
venne
realizzata
dal
fascismo
con
la
complicità
delle
caste
dirigenti
italiane
.
In
che
cosa
consisteva
dunque
la
debolezza
,
il
difetto
,
dei
vecchi
regimi
e
governi
democratici
?
Ci
sembra
,
a
voler
riassumere
,
che
consistesse
in
tre
cose
:
1
.
le
libertà
concesse
al
popolo
erano
incomplete
,
limitate
;
erano
quasi
date
di
malincuore
;
nessuno
o
ben
pochi
ammettevano
,
in
sostanza
,
che
le
libertà
democratiche
non
sono
una
specie
di
regalo
che
si
fa
al
popolo
per
tenerlo
tranquillo
,
ma
sono
la
base
stessa
dello
Stato
,
perché
sono
esse
che
consentono
al
popolo
di
tenere
nelle
sue
mani
,
com
'
è
necessario
,
le
sorti
della
nazione
;
2
.
se
le
libertà
popolari
erano
in
tutti
i
modi
limitate
e
ristrette
,
illimitata
era
invece
la
libertà
di
cui
disponevano
le
caste
plutocratiche
del
paese
,
le
quali
si
consideravano
ed
erano
di
fatto
padrone
delle
sorti
d
'
Italia
.
A
queste
caste
plutocratiche
non
solo
era
concesso
di
disporre
nel
loro
interesse
esclusivo
delle
ricchezze
nazionali
,
ma
era
concesso
di
intrigare
contro
la
volontà
popolare
,
per
far
prevalere
sugli
interessi
collettivi
della
nazione
i
loro
interessi
egoistici
;
3
.
infine
,
la
debolezza
più
grave
fu
che
quando
sorse
un
movimento
come
quello
fascista
,
che
si
proponeva
di
sopprimere
la
democrazia
,
questa
non
si
difese
,
non
prese
misure
energiche
per
stroncare
il
fascismo
in
germe
e
difendere
le
libertà
popolari
;
anzi
,
capitolò
davanti
al
fascismo
e
gli
aprì
la
strada
.
E
questo
perché
?
Perché
il
fascismo
era
la
creatura
di
quei
gruppi
plutocratici
che
erano
i
veri
padroni
del
paese
!
Per
queste
ragioni
la
democrazia
,
non
avendo
né
voluto
né
saputo
distruggere
i
suoi
nemici
,
fu
colpita
a
morte
,
e
coloro
stessi
che
la
colpivano
la
prendevano
in
giro
,
dicendo
ch
'
essa
era
un
governo
«
debole
»
.
Sulle
rovine
del
fascismo
dovrà
essere
costruito
in
Italia
un
regime
democratico
.
Su
questo
sembra
che
oggi
tutti
siano
d
'
accordo
.
Ma
l
'
essenziale
è
che
questo
sia
non
solo
un
regime
democratico
,
ma
un
regime
nazionale
veramente
forte
,
capace
di
assicurare
il
lavoro
,
l
'
ordine
e
la
disciplina
di
tutta
la
nazione
,
capace
di
garantire
l
'
Italia
e
il
mondo
da
ogni
rigurgito
e
ritorno
offensivo
della
barbarie
fascista
sul
nostro
paese
.
Tale
potrà
essere
soltanto
un
regime
che
sia
democratico
non
solo
di
nome
,
ma
di
fatto
,
che
non
abbia
paura
di
appoggiarsi
veramente
sul
popolo
,
di
estendere
e
garantire
tutte
le
libertà
popolari
,
di
affidare
alle
masse
popolari
la
direzione
e
il
controllo
effettivo
della
vita
nazionale
.
I
rigori
di
questo
regime
non
dovranno
essere
diretti
contro
i
lavoratori
,
gli
intellettuali
,
gli
operai
,
i
contadini
;
ma
contro
quei
gruppi
di
plutocrazia
avida
e
cinica
,
che
ha
generato
il
fascismo
,
che
ha
voluto
la
guerra
e
la
rovina
della
nazione
,
che
ha
dimostrato
di
essere
una
forza
antinazionale
.
Quali
misure
dovranno
essere
prese
per
rendere
impotenti
questi
gruppi
di
nemici
della
nazione
,
è
una
cosa
che
la
nazione
stessa
,
nella
sua
sovranità
,
dovrà
decidere
.
Una
cosa
però
può
e
deve
essere
detta
sin
d
'
ora
:
una
democrazia
forte
dovrà
essere
una
democrazia
antiplutocratica
e
antifascista
,
la
quale
non
strappi
soltanto
i
denti
alla
reazione
e
al
fascismo
per
aspettare
che
ne
crescan
degli
altri
,
ma
che
spezzi
tanto
al
fascismo
che
ad
ogni
altra
forma
di
reazione
,
il
filo
della
schiena
per
sempre
,
ne
distrugga
le
radici
e
in
questo
modo
assicuri
all
'
Italia
un
futuro
di
libertà
,
di
benessere
e
di
grandezza
.