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«LO RIPETO: IO SONO IN PIENA RICERCA» ( Pier Paolo Pasolini , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Nell ' impubertà , avevo due spaventi mitologici : quello di essere sepolto vivo , e quello di essere accusato innocente . La seconda cosa mi è tanto accaduta che è successo l ' incredibile : mi ci sono abituato . Ora sono accusato innocente su questioni linguistiche . Per fortuna ho un alibi , come si dice , di ferro : la pubblicazione delle « Nuove questioni linguistiche » per intero , sulla rivista « Rinascita » ( sabato 26 dicembre 1964 ) . Del resto ho anche testimoni che mi hanno sentito elogiare con fermezza il sublime riassuntino di quella mia conferenza , sul « Corriere della Sera » . Enrico Emanuelli - che , dalle colonne del « Corriere della Sera » , mi « accusa innocente » - poteva fidarsi più di quel sublime riassuntino che dell ' intervista sul « Giorno » nel corso della quale , con impeto e toni colloquiali , ho sfiorato tanti altri problemi oltre a quelli linguistici . Lo stesso Arbasino , quel caro pazzo , mi ha capito male . Sì , capito male , capito male : proprio come un ascoltatore che ascolta un conferenziere noioso . ( Ma se avesse dato un ' occhiata ai testi di Marx e Lenin almeno una volta nella sua vita , forse mi avrebbe capito meglio : non sarebbe ora che Arbasino citasse almeno un pezzettino di Marx ? Magari anche quello del centro - sinistra , non chiedo molto . Manca a Arbasino la « dimensione classista » del mondo , e questo infatti appiattisce il suo ultimo libro « Certi romanzi » fino a renderlo una specie di centone medioevale : in cui tutti trovano posto , isofoni , isoglotti , isocefali nella grande piramide gerarchica dei valori di un solo mondo : quello della borghesia . ) Io , nella mia conferenza , avevo , certo scoperto un uovo di Colombo : lo ammetto . Ma non ammetto , con Emanuelli , che quest ' uovo di Colombo sia stato scoperto prima . Egli cita la mia amica , e cara amica , la Corti . Ma quello che dice la Corti a proposito della possibile e in parte attuata nazionalizzazione della lingua italiana - e che Emanuelli cita a distruzione di ogni mia novità - io l ' avevo già detto e scritto ( certo con minor competenza ) cinque o sei anni fa ! Tutti allora - e anche prima - in piena cultura neorealistica e impegnata , credevamo che la nazionalizzazione dell ' italiano sarebbe avvenuta attraverso quella cultura , e lungo la lenta e sicura via nazional - burocratica , con Roma capitale televisiva d ' Italia ! C ' è stato un momento di ottimismo , in quegli anni , che ora arriva con un certo ritardo nelle Università : l ' ottimismo dell ' impegno , della scoperta della « vera » Italia , la floridezza letteraria e cinematografica , il Terzo Programma ecc. ecc. Spero molto che la Corti - e gli altri filologi che Emanuelli dice al lavoro per smentirmi - prendano in esame il reale documento del mio atto battesimale dell ' « italiano nazionale » e non si accontentino di referti ( come quello veramente celestiale di una certa Berlinzoni o Berlinghieri del « Paese - Sera » , in cui risulta che io « auspico » - sic - una nuova lingua ) . Ma il lettore ha diritto di sapere meglio come stanno le cose . Non ho la sublime capacità sinottica del cronista del « Corriere della Sera » , ma proverò a riassumere la mia conferenza . L ' italiano medio non è una lingua « nazionale » , ma è sempre stato , finora , la lingua della borghesia italiana . Essa l ' ha formato « adattando » alla vita statale una lingua puramente letteraria . Ora la borghesia italiana è sempre stata una classe « dominante » retrograda ( tanto è vero che ha dato il fascismo ) : non ha mai saputo « identificarsi » con l ' intera nazione . Quindi il suo potere , la sua cultura e la sua lingua ( che sono una cosa sola ) non si sono mai identificati con l ' Italia . In Francia , per esempio , ci sono stati due momenti realmente « egemonici » ( unità di potere politico , cultura e lingua ) : la monarchia e la borghesia rivoluzionaria e industrializzatrice . Ecco perché il francese è una lingua realmente nazionale . Ecco perché il francese è una lingua profondamente « comunicativa » . Dopo il fascismo , l ' italiano ha risentito una prima ondata di democraticità . La Resistenza è stata un moto popolare : ed è stata l ' Italia popolare , dialettale , periferica che è entrata in scena . Il cinema e la letteratura se ne sono impadroniti : ed è cominciata quella cultura neorealistica e ottimistica che dicevo prima . Essa era certa di una lenta modifica della lingua italiana attraverso mezzi puramente culturali e letterari : era certa dell ' unificazione della lingua attraverso un democratico arricchimento linguistico , ottenuto con contributi paritetici da tutti i livelli culturali , religiosi e classisti . Pia illusione ( che ora si perpetua nelle Università ) . Con il « boom » le cose sono violentemente cambiate . Alla vecchia borghesia italiana paleocapitalistica e priva di ogni tradizione rivoluzionaria , si è sostituita di colpo ( al seguito di un generale avanzamento del capitalismo europeo in questo senso ) una nuova borghesia che , almeno in nuce , è neocapitalistica e tecnocratica . L ' Italia del Nord si è posta a livello decisamente europeo : è entrata in una fase di completa industrializzazione , e ne sono nati problemi completamente nuovi per l ' Italia . Col Sud ( l ' arcaico Sud , partecipe anche esso nel dopoguerra all ' integrazione dialettale ) si è instaurato un rapporto , che anziché colonialistico è ... neocolonialistico . La nuova borghesia delle città del Nord non è più la vecchia classe dominante che ha imposto stupidamente dall ' alto l ' unificazione politica , culturale e linguistica dell ' Italia : ma è una nuova classe dominante il cui reale potere economico le consente realmente , per la prima volta nella storia italiana , di porsi come egemonica . E quindi irradiatrice , simultaneamente , di potere , di cultura e di lingua . Un esame attento dei vari sottolinguaggi che formano una lingua , dimostra che l ' italiano sta infatti subendo una profonda modificazione ( anche se non siamo che ai primi vagiti di un neonato ) : ossia : essendo una lingua fondamentalmente letteraria , l ' italiano è sempre stato nella sua storia « conservatore » e « espressivo » . Ogni volta che succedeva qualcosa nella società o nella cultura italiana che modificasse la lingua , le nuove stratificazioni linguistiche così nate venivano « ammassate » con le precedenti , conservate , e usate poi in funzione espressiva . Ecco perché l ' italiano è tanto più ricco di « forme » di ogni altra lingua . Ma ora succede che un nuovo « spirito » ( a sostituzione dunque di quello letterario umanistico ) investe dal profondo la nostra lingua . È lo spirito della nuova classe egemonica tecnocratica : lo spirito tecnico . Esso tende a rendere la lingua « moderna » ( a far cadere cioè le forme e le stratificazioni concorrenti , a « omologare » le varietà ) e « comunicativa » . È un fenomeno che succede per la prima volta nella storia italiana , anche se ancora timidamente , perché per la prima volta nella storia italiana si può parlare di una classe egemonica ( in cui il tecnico parla come il tecnocrate , e le aziende sostituiscono i monasteri , i municipi , le corti e le università come centri elaboratori di lingua ) . In tutto questo non c ' è nulla di anormale : è così - e non nel modo previsto ovviamente alcuni anni fa - che l ' Italia tende a diventare una nazione moderna ed europea . E mentre l ' avvento della tecnologia e del suo linguaggio brutalmente funzionale , nelle altre nazioni avanzate , non è che una evoluzione , in Italia è invece una « rivoluzione » linguistica : « perché l ' avvento della tecnologia e la costituzione di una classe potenzialmente egemonica coincidono » . Come il lettore vede bene , queste non sono che constatazioni . E può darsi che siano constatazioni sbagliate ( schematiche certamente , in questo riassuntino ) : e allora si polemizzi contro le mie constatazioni , non mi si « accusi innocente » di desiderare i fenomeni che constato . Perché al contrario - umanista elegiaco come sono - , io trovo orrendo un futuro tecnologico : ma non posso nemmeno , però , fare come gli struzzi : cioè chiudere gli occhi davanti a questa realtà . Il futuro non si configura come una lotta tra « comunicatività » ed « espressività » : ma come ? in che termini ? con che mezzi ? È questa la serie di problemi che dobbiamo affrontare , altro che tirar fuori Cattaneo , come fa Emanuelli , o Dossi , come fa Arbasino . Essi credono che la letteratura conti qualcosa , come se non sapessero che infine non ha mai contato se non come guida spirituale , o pretesto , o paradigma di libertà interiore ( che è molto , molto : ma non è nulla contro il fatale costituirsi ed evolversi di una società ) : e meno ancora conterà nel futuro , quando l ' industria culturale farà ciò che vorrà della letteratura ( e già comincia : dei brutti romanzi sono lanciati come prodotti e fatti passare come prodotti autentici ) . Quando io parlo di spostamento linguistico dall ' asse Roma - Firenze all ' asse Torino - Milano , ne parlo con dolore . Perché non si tratta di recuperare tradizioni regionali ( che Dio sa quanto io amo ) , ma si tratta di stabilire una nuova configurazione dello spirito nazionale italiano . Insomma , il mito della tecnologia , l ' hanno le avanguardie . Non io . Sono loro che da qualche anno hanno cominciato a mimare il « parlato » dell ' « homo technologicus » . Pazzi . Lo sanno che il loro mito tecnologico è la loro distruzione . Ma vogliono distruggere ed essere distrutti . Questa è la situazione pura dell ' ideologia ideologica delle avanguardie . E questo loro inserimento in un momento « distruttivo e autodistruttivo » , in un momento « zero » , è la loro autenticità , oggi . Sono infatti inattaccabili : e ricordi Emanuelli la penosa tavola rotonda cui egli ha partecipato all ' « Espresso » . La realtà è che un borghese non può attaccarli , se non identificandoli con certi movimenti d ' avanguardia del passato , e così rimuovendoli . Una nuova mano di nero sulla coscienza . Quanto a me , ripeto , sono in piena ricerca . Non rinnego affatto il mio lavoro degli Anni Cinquanta , e non accetto le critiche moralistiche che in nome del « marxista perfetto » mi muovevano gli stalinisti di allora . Sento tuttavia superata , oggi , quell ' operazione di scavo in materiali sub - linguistici che è stata poi l ' operazione principe della letteratura impegnata . Occorrono evidentemente altri strumenti conoscitivi : ma quali ? Nell ' intervista citata da Emanuelli parlavo con Barberis , l ' intervistatore , del linguaggio tecnologico come allettante , è vero : ma semplicemente in questo senso . Ho in mente un « remake » dell ' Inferno dantesco . Si tratta di un ' opera pamphlettistica , e quindi ironica in più direzioni : e , siccome del Paradiso in costruzione , esistono due progetti , uno marxista e uno neocapitalistico , pensavo di esporre il progetto neocapitalistico in una lingua italiana futura : puramente comunicativa , col suo principio unificatore e omologatore tecnologico . Tutto qui . È poco , lo so . Siamo ancora a Charlot che porta l ' antico uomo « umano » dentro la fabbrica disumana . Ma finché - invece di collaborare insieme a « capire » il nostro futuro - ci rinchiuderemo nelle nostre competenze coi nostri Cattaneo o i nostri Dossi , non saremo capaci di immaginare altro che sotto il segno di un umanesimo con la bombetta e con le pezze sul sedere .
StampaQuotidiana ,
La legge che determinò il primo grave urto fra monarchia e Fascismo fu la legge che legalizzò il Gran Consiglio , facendone l ' organo supremo , fissandone prerogative e compiti . Oltre al compito di tenere aggiornata una lista di uomini degni di governare e una lista del genere fu una volta presentata da Mussolini al re il Gran Consiglio rivendicava a sé il diritto di intervenire nella successione al trono . Lo scandalo negli ambienti dinastici fu veramente grande . Ciò voleva dire un colpo mortale allo statuto , che regolava automaticamente questo problema . Taluni arrivarono ad insinuare che quell ' articolo fosse di ispirazione repubblicana e che si volesse , in ogni caso , ostacolare l ' assunzione , al trono del principe Umberto e proporre l ' allora Duca delle Puglie . Da quel giorno Vittorio Savoia cominciò a detestare Mussolini e a covare un odio tremendo contro il Fascismo . Il Regime disse un giorno il re non deve entrare in queste materie che una legge fondamentale ha già regolato . Se un partito in regime monarchico vuole decidere circa la successione al trono , la monarchia non è più tale . Il grido della successione non può essere che il tradizionale : " Il re è morto ! Viva il re ! " . La crisi determinata dalla legge del Gran Consiglio durò alcuni mesi , pur rimanendo i rapporti della diarchia cordiali alla superficie . Nel 1929 , l ' evento della Conciliazione dissipò l ' irritazione e le relazioni tornarono normali . In un primo tempo il re non credeva alla possibilità della soluzione della " questione romana " , in un secondo tempo mise in dubbio la sincerità del Vaticano , finalmente l ' idea che l ' ultima ipoteca su Roma da parte dell ' ultimo sovrano spodestato fosse tolta lo lusingò . Anche la prospettiva dello scambio delle visite fra i due sovrani confinanti gli sorrise . Vide in tutto ciò un rafforzamento delle istituzioni . Anche il Concordato non gli dispiacque , quantunque il suo notorio anticlericalismo lo rendesse sospettoso . Ma quando vide la schiera dei vescovi sfilare davanti a lui per prestargli giuramento si convinse che anche nel Concordato ogni concessione al Vaticano aveva avuto la sua contropartita . Il 1929 fu , quindi , un anno fortunato . Qualche tempo dopo la firma dei Trattati del Laterano , in uno dei soliti colloqui bisettimanali , il re disse : Siete riuscito in un ' opera che altri non avevano tentato e non avrebbero condotto a termine . Coi vostri discorsi al Parlamento avete corretto le interpretazioni estensive di taluni circoli clericali . Ciò va molto bene . Non so come potrei attestarvi davanti al pubblico la mia riconoscenza . Non so , veramente ... Il Collare vi fu dato dopo l ' annessione di Fiume . Forse un titolo nobiliare ... No interruppe Mussolini . Un titolo nobiliare mi renderebbe immediatamente ridicolo . Non oserei più guardarmi in uno specchio . Io non dirò vanitosamente : " Roi ne puis , prince ne daigne , Rohan suis " , ma vi prego di non insistere . Ognuno deve avere un suo stile nella vita . Il re comprese e la cosa non ebbe seguito alcuno . Troppo lungo sarebbe , ora , narrare tutti gli episodi nei quali la diarchia fu posta a più o meno dura prova . La faccenda aveva aspetti seri e talora grotteschi quando ci si inoltrava nei sacri quasi imperscrutabili labirinti del " protocollo " . Il colmo fu raggiunto durante il viaggio del Führer a Roma . La diarchia si manifestò allora in tutta la sua pienezza , davanti al grande pubblico , per un ' intera settimana , con episodi che sorpresero , irritarono e anche divertirono il pubblico . Mussolini aveva visitato nel 1937 la Germania . Le accoglienze a Berlino e a Monaco furono memorabili . Milioni di berlinesi si riunirono al " Maifeld " per ascoltare i discorsi del Führer e del Duce . L ' eco della visita nel mondo fu grande . Nel maggio del 1938 il Führer giunse a Roma . Non fu sempre facile stabilire le formalità della visita , ma è chiaro che il Führer intendeva soprattutto visitare la Roma del Duce . Quando il treno tedesco giunse alla nuova bellissima stazione di San Paolo , a riceverlo vi era , insieme col re , il Duce . Ma poi il Führer salì nella berlina di corte insieme col re e si diresse al Quirinale . La folla assiepata lungo la via dei Trionfi , via dell ' Impero , piazza Venezia cercò invano il Duce : egli era tornato per le vie secondarie del Testaccio al suo ufficio . Il Führer apparve urtato di ciò . Nei giorni successivi ci fu l ' alternanza delle funzioni dell ' ospitalità . Al mattino il re , nel pomeriggio Mussolini , o viceversa , accompagnavano il Führer nelle diverse manifestazioni , a seconda del loro carattere più o meno politico e fascista . Nell ' ambiente gelido del Quirinale , anche per effetto di piccole negligenze di carattere materiale , il Führer si sentì a disagio . Alla grande sfilata militare in via dei Trionfi il seguito del Führer notò che la regina e le sue dame , mentre si curvavano in grandi inchini al passaggio delle bandiere dell ' Esercito , fingevano di non vedere i gagliardetti della Milizia . Nelle cerimonie in cui re e Duce erano insieme presenti , il Duce stava indietro per lasciare al proscenio le livree del seguito . La cosa fu notata specialmente alla festa in costume di piazza di Siena , una delle più grandiose e pittoresche manifestazioni degli ultimi tempi in Roma . Il Führer invitò il Duce a venire sulla prima fila accanto a lui . Finalmente il soggiorno romano ebbe termine . Uscito da quella che un berlinese chiamò " aria delle regie catacombe " e giunto a Firenze , il Führer cambiò di umore . Se la maestà di Roma lo aveva fortemente colpito , la grazia di Firenze lo entusiasmò . Avrebbe voluto rimanervi più a lungo . " È la città del mio sogno " , egli disse . Se la settimana della visita del Führer a Roma rivelò gli aspetti e i contrasti che potrebbero chiamarsi protocollari della diarchia , vi fu un altro episodio che fece scoppiare la più grave delle crisi : la legge che creava i due Primi Marescialli dell ' Impero . Ciò accadde per iniziativa spontanea di alcuni gruppi di deputati e di senatori , dopo un discorso di Mussolini , discorso che aveva sollevato grande entusiasmo . Approvata la legge dai due rami del Parlamento , il re fu in procinto di negare la firma che la promulgasse . Nel colloquio immediatamente successivo , egli era eccitatissimo . Dopo la legge del Gran Consiglio egli disse - questa legge è un altro colpo mortale contro le mie prerogative sovrane . Io avrei potuto darvi , quale segno della mia ammirazione , qualsiasi grado , ma questa equiparazione mi crea una posizione insostenibile , perché è un ' altra patente violazione dello statuto del regno . Voi sapete obiettò Mussolini che non tengo a queste che possono essere considerate esteriorità . I promotori hanno ritenuto che conferendomi tale grado , voi , maestà , ne venivate automaticamente insignito . No . Le Camere non possono prendere iniziative del genere . Il re era pallido di collera . Il mento gli tremava . Questa è la più grossa di tutte ! Data l ' imminenza di una crisi internazionale non voglio aggiungere altra carne al fuoco , ma in altri tempi , piuttosto che subire questo affronto , avrei preferito abdicare . Io straccerei questa doppia greca . E guardò con un ' occhiata di disprezzo la doppia greca al braccio e al berretto . Mussolini rimase alquanto sorpreso da questo scoppio di furore e volle dal punto di vista strettamente costituzionale chiedere il parere di un eminentissimo cultore di tale diritto : il prof . Santi Romano , presidente del Consiglio di Stato . Il quale mandò una memoria di poche pagine , in cui dimostrava con rigore logico che il Parlamento poteva fare ciò che aveva fatto e che insignendo il Duce di un grado militare non ancora esistente nella gerarchia , di tale grado doveva essere anche insignito il re , nella sua qualità di Capo supremo di detta gerarchia . Quando Mussolini presentò al re la memoria di Santi Romano , Vittorio Emanuele ebbe un nuovo accesso di collera . I professori di diritto costituzionale , specialmente quando sono dei pusillanimi opportunisti , come il prof . Santi Romano , trovano sempre argomenti per giustificare le tesi più assurde : è il loro mestiere ; ma io continuo ad essere della mia opinione . Del resto non ho nascosto questo mio stato d ' animo ai due presidenti delle Camere , perché lo rendessero noto ai promotori di questo smacco alla Corona , che dovrà essere l ' ultimo . Da quel momento Vittorio Emanuele giurò a se stesso di trarre vendetta . Si trattava oramai di attendere l ' epoca propizia . Nella primavera - estate del 1943 , il rapporto tra le forze della diarchia si era profondamente alterato . Il " complesso " fascista Governo , Partito , sindacati , amministrazione appariva sofferente dell ' usura della guerra . Decine di migliaia di fascisti erano caduti sui campi di battaglia : fra di essi non meno di duemila gerarchi . Ecco un dato di fatto che parrebbe delittuoso dimenticare . Oltre un milione di fascisti erano sotto le armi , dispersi dal Varo a Rodi , da Aiaccio ad Atene . Nel Partito in Italia erano rimasti pochi elementi , i quali si erano applicati oramai a un compito quasi esclusivamente assistenziale . A ciò aggiungasi il corso sfortunato delle operazioni militari , con la perdita di tutte le colonie africane ; i bombardamenti terroristici sulle città ; i crescenti disagi alimentari . Fu allora incominciata una sottile , continua , intelligente opera di disintegrazione del morale della Nazione . Tutto fu utilizzato a tal fine . E quando i fatti mancavano furono inventati o amplificati . A un certo momento fu diffusa l ' impressione che l ' edificio fosse minato dall ' interno e che bastasse un urto qualsiasi per farlo crollare . Niente e nessuno fu risparmiato . Bisognava soprattutto " demoralizzare " i giovani . Due forze concorrenti , ma affini , perché entrambe internazionali , agirono con particolare intensità in tutti i campi : da quello della politica a quello dell ' economia . La massoneria che aveva lungamente dormito , ma che non era mai morta , comprese che il suo momento era tornato e lavorò gli ambienti che a lei facevano capo : professionisti liberi e funzionari civili e militari dello Stato . Un sabotaggio misterioso e inafferrabile cominciò ed ebbe ripercussioni immediate in tutta la compagine delle Forze armate . Le voci più assurde furono diffuse . Contatti con le forze massoniche anglosassoni furono riannodati via Lisbona . Questo risveglio dell ' attività massonica non passò naturalmente inosservato oltre il portone di bronzo e si partì in gara , sia pure sopra un altro terreno , non meno demoralizzante ed insidioso , quale è quello di un pacifismo supernazionale , che , predicato in italiano e soprattutto in Italia , agiva quale deprimente dell ' animo del popolo specialmente in talune zone . A questa manovra delle due grandi organizzazioni si aggiungeva l ' apporto dei vecchi e nuovi partiti antifascisti i quali avevano un programma di pura e semplice rivincita . Mancata con lo sbarco in Sicilia l ' ultima speranza di un successo militare , la crisi della diarchia doveva scoppiare in tutta la sua brutale espressione . Constatata l ' usura del Fascismo , l ' altra forza della diarchia , che si era tenuta in riserva e che aveva anche in riserva tenuto le forze che tradizionalmente la sostenevano , coglieva l ' occasione propizia per passare all ' attacco . Nel luglio del 1943 la Corona , che finalmente si riteneva la più forte , non era guidata che dall ' istinto della sua . conservazione fisica ; la guerra , la Patria , l ' avvenire della Nazione non entravano minimamente nei suoi calcoli : l ' egoismo più miserabile forse anche di natura strettamente personale ispirò l ' azione del re , il quale , secondo una sua personale postuma dichiarazione da Bari , volle " farla finita col Fascismo " . Il re ha sbagliato i suoi calcoli e la Patria crocifissa sconta le conseguenze del tradimento regio . Il Fascismo generoso e romantico come fu nell ' ottobre del 1922 ha scontato l ' errore di non essere stato totalitario sino alla vetta della piramide e di aver creduto di risolvere il problema con un sistema che nelle sue applicazioni storiche remote e vicine ha palesato la sua natura di difficile e temporaneo compromesso . La Rivoluzione fascista si fermò davanti a un trono . Parve allora inevitabile . Gli eventi hanno voluto che la Corona espiasse con la sua caduta il colpo mancino tirato al Regime e il delitto imperdonabile commesso contro la Patria . Questa non può risorgere e vivere che sotto le insegne della Repubblica .
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Una profonda rivoluzione sta trasformando , secondo Pier Paolo Pasolini , la lingua italiana parlata . Sotto l ' influenza unificatrice delle grandi aziende settentrionali , il linguaggio della tecnica invade il lessico ; e fissa o stravolge le forme , avvicinandole a quelle del francese moderno . La forza dei dialetti si spegne , il latino finisce di influenzare le nostre strutture sintattiche . La nuova lingua italiana non cerca , come l ' antica , l ' espressione ricca , varia ed efficace ; ma « la precisione inespressiva della comunicazione tecnica » . « D ' ora in poi alla guida della lingua non sarà più la letteratura , ma la tecnica . Quindi il fine della lingua rientrerà nel ciclo produzione - consumo , dando all ' italiano quella spinta rivoluzionaria che sarà appunto il prevalere del fine comunicativo su quello espressivo » . Con la sua insinuante protervia pedagogica , con una comunicativa degna di un grande capitano di folle , Pasolini produce e si trascina dietro avvenimenti e configurazioni storiche , come un albero , ogni primavera , mette fiori e foglie . Mentre scrivo , forse qualche manipolo di imitatori blasfemi , che da tempo contemplava invano l ' unica sorgente delle proprie gioie e dei propri dolori , già si affanna a ripeterlo fedelmente . Non potrei né vorrei arrestare questa nuova ondata di storia : e mi limiterò dunque a correggere , come posso , il profilo dell ' italiano moderno tracciato da Pasolini . In appendice alla recente traduzione della « Linguistica generale e linguistica francese » del Bally ( Il Saggiatore ) , Cesare Segre ha mostrato come l ' italiano moderno conservi , assai più del francese , le sue forme fondamentali . Difende i propri paradigmi verbali , continua a distinguere tra il singolare e il plurale , non scorcia né scioglie la parola nelle selvagge agglutinazioni che fioriscono sulle labbra infantili di Zazie . E non sacrifica nemmeno quella ricchezza morfologica , fraseologica ed espressiva , che ha sempre entusiasmato i linguisti romantici . Naturalmente conservatore , l ' italiano non corre rischi di rivoluzioni né di evoluzioni precipitose . Con il suo « passato posato e tranquillo » , sa conciliare e filtrare assai meglio del francese le tendenze opposte alla lingua , come l ' aggressione degli avvenimenti . Non so condividere completamente le osservazioni di Segre . Mi sembra , ad esempio , che il congiuntivo stia attraversando una crisi profonda . La ricchezza fraseologica tradizionale si offusca , come un bene ignorato o dimenticato in un angolo della memoria . E , tuttavia , negli ultimi anni il divario tra l ' evoluzione del francese e dell ' italiano è perfino aumentato . L ' americano si confonde con il francese : ne distrugge e ne cambia le forme ; e questo connubio sembra sul punto di generare una lingua nuova , un esperanto giornalistico e infantile ( Etiemble , « Parlez - vous franglais ? » , Gallimard ) . Nemmeno il più geniale fra i nostri inventori pubblicitari riuscirebbe a esaltare le « télébrités » o il « chocorêve » ( chocolat + rêve ) : nessun giornalista oserebbe anticipare normalmente , come in inglese , l ' aggettivo al nome , spiegando ai propri lettori la « scientifique composition de l ' idéal équipage » , che avrebbe comunicato agli americani « ses cosmiques impressions » ; o stravolgere la costruzione dei verbi . Se lo paragoniamo con il « franglais » , l ' italiano del 1965 sembra dunque rivendicare la propria anima conservatrice . Ma anche l ' italiano muta . Di colpo , mentre leggiamo o ascoltiamo , la nostra sensibilità linguistica viene offesa da qualcosa che ci sembra inaudito , inosabile , e tuttavia si proroga senza sosta . Prendiamo il caso della sintassi . Nemmeno trent ' anni fa Giorgio Pasquali scriveva che « l ' italiano corrente , in gran parte nuovo nel lessico , è rimasto quanto alla sintassi arcaicissimo » ; e aggiungeva che il passaggio « dallo stile verbale al nominale » , caratteristico di tutte le lingue moderne , avveniva da noi in modo assai cauto e lento ( « Lingua nuova e antica » , Le Monnier ) . Oggi , mi sembra , lo stile nominale sta cacciando quello verbale , con effetti assai più rovinosi che in francese , dove il puro intarsio dei sostantivi può comunicare alla frase un ' astratta , rigida e aerea , eleganza . E il periodo italiano , sopraffatto dai sostantivi , reagisce in due modi diversi . Da un lato , nella prosa giornalistica e tecnica davvero semplice e « comunicativa » , si alleggerisce . Abbiamo una linea esilissima , composta da nomi legati da preposizioni , da una copula o da pochi verbi svuotati della loro forza . Nello stesso tempo , una nuova sintassi boccaccesca dilaga nella lingua scritta e parlata . Enormi periodi di venti o di trenta righe si disegnano , ostentando le loro grazie sublimi , sulla bocca dei nostri vicini di treno . Mentre la sintassi italiana disponeva le proposizioni secondo un piano e un ordine logico sovente complesso , il tronco di questi nuovi periodi potrebbe venir enunciato da un bambino di sei anni . Poi , via via , su quel tronco lievissimo , senza badare né al senso né al nesso , sempre nuove frasi si aggiungono , si aggrappano , si accavallano : una foltissima vegetazione verbale cresce penosamente , con il soccorso di un groviglio di apposizioni , di preposizioni , di costrutti avverbiali , di participi presenti ( « al di là di » , « in forza di » , « di fronte a » , « attraverso » : « per » , « su » e « come » usati a caso : « riguardante » , «concernente»...) . E , quando l ' emissione di voce o di penna si è calmata , noi ci guardiamo intorno prostrati e confusi . Non abbiamo compreso nulla . Urtiamo contro un ' armatura di preposizioni e di avverbi , che sta in piedi da sé , quale sia il pensiero che le affidiamo : un intrico di cerniere neutre e inespressive : una pseudo - sintassi automatica . Se davvero vogliamo capire , dobbiamo distruggere il periodo , individuare gli elementi primi del pensiero , scoprire il loro ordine nascosto e riedificarlo ... Colui che sta parlando o scrivendo rinuncia , in modo assai più radicale di qualsiasi « Dada » , alla costruzione elementare del proprio pensiero . Si trova davanti un lessico accresciuto : non cerca di metterlo in rapporto con l ' idea che gli affiora alla mente ; e lo affida alla voce o lo butta sulla carta , con l ' aiuto di qualche strano legame sintattico . E intanto insegue , più o meno consciamente , un ideale estetico . Con i mezzi espressivi di un analfabeta , si sforza di ripetere la dignità del « cursus » latino . Nata e coltivata amorosamente nelle anticamere dei ministri , negli studi degli avvocati e dei letterati , capace di ornare le schermaglie dei nostri uomini politici , questa vegetazione sintattica non funesta , io credo , nessun ' altra lingua europea . Intanto ha raggiunto anche le grandi aziende del Nord . E forse fiorisce volentieri soprattutto lì , tra quei tecnocrati e tecnici piemontesi e lombardi , che , secondo Pasolini , starebbero per imporci una lingua « strumentale » . Quanto al linguaggio della tecnica e della scienza , non credo che esso ci stia conducendo , come pensa Pasolini , verso una lingua « precisa e inespressiva » . Certo il fisico che discorre di « protoni » e di « neutroni » rinuncia a qualsiasi finalità espressiva . Poi i termini tecnici raggiungono la lingua quotidiana , dove vengono utilizzati , stravolti , trasformati in metafore . Così Rita Hayworth diventò per sempre « l ' atomica » . E in quelle parole irte , inaudite , una volta quasi impronunciabili , colui che parla non insegue il sogno di una pura comunicazione razionale . Come nei dialetti , vi trova un tesoro di espressività , di colore , talvolta di decorazione linguistica . Sovente le due lingue confondono e contaminano le loro acque ; e le forme del dialetto cuneese accolgono confidenzialmente la parola impiegata anche a Chicago e nella Ruhr . In quest ' impasto , l ' espressività tecnica brilla di una luce sempre più intensa ; giacché soltanto essa ci conferisce prestigio davanti agli altri e a noi stessi . Sempre più di frequente ci sentiamo rispondere , per una ragione analoga , « esatto » invece di « Sì » . Perché mai « esatto » ? Avevamo chiesto il nome di una strada ; o qualcosa di vago e opinabile , come un parere su un libro o una persona . Ma il generoso sorriso di soddisfazione , la pronuncia enfatica con un « esatto » esce dalla chiostra dei denti , ci garantisce che il nostro interlocutore sa di rivoluzionare , anche lui , le forme della tribù . E intanto rivendica la propria efficienza : con una sola parola ci dimostra l ' incontestabile verità di tutto quello che gli accadrà di pensare o di testimoniare . Si direbbe , qualche volta , che la « comunicazione » sia l ' ultima tra le mete delle lingue moderne . La loro ossatura diventa così fragile e inconsistente , da impedirci di comunicare . Ma , in superficie , quale straordinaria ricchezza ! Proprio la lingua media , nella quale gli stimoli espressivi dovrebbero spegnersi o filtrarsi , ostenta la sua infrazione alla media . Neologismi , metafore , analogie , allusioni , parodici , corti circuiti espressivi vengono inventati di continuo , e si attraggono o migrano da Nuova York a Roma , da Leningrado a Pechino : sembrano , per qualche mese , dominare l ' orizzonte e scompaiono come non fossero mai esistiti . La temperatura linguistica cresce : quello che ieri era « bello » o « brutto » , oggi sembra « stupendo » , « meraviglioso » , « orribile » , « osceno » . Questi fenomeni sono sempre accaduti . Ma un tempo non avvenivano ad una velocità così sconvolgente . Mentre l ' innovazione linguistica scocca , mentre la parola o la metafora nuova cancellano quelle antiche , mentre il mare della lingua ribolle - ecco che , in questo stesso momento , l ' invenzione si sclerotizza , e raggiunge il cimitero delle parole perdute . Ci troviamo in mano una forma piena di forza enfatica ; e inespressiva come un numero o una preposizione . La lingua trabocca di relitti arcaicissimi , che ieri mattina minacciavano di far esplodere il mondo . Fra poco ci vorrà un archeologo per spiegarli . E intanto usiamo una formula che significa tutto e nulla : possiamo interpretarla in molti modi diversi : simile a un cartellino o a una bandiera , che tenta di ricordarci che , lì sotto , giace un oscuro significato . Un tempo , in un angolo dei grandi sistemi espressivi , esistevano , e talvolta esistono ancora , delle lingue « speciali » : il gergo della malavita , delle caserme , degli studenti o , perfino , il lessico di certi gruppi familiari . In confronto alla lingua , possedevano una fortissima carica di allusività , al punto da trasformare ogni parola in una parola d ' ordine . Gridando « me ne frego ! » , il fascista della prima ora stabiliva con altri fascisti un rapporto di complicità che la parola « albero » non gli avrebbe mai consentito . Mentre le lingue speciali decadono rapidamente , tutta la lingua sembra oggi trasformarsi in un gergo furbesco . Intorno alle nuove forme si stabilisce un arco larghissimo di complicità : ognuna di loro ci ricorda la persona o la situazione che l ' hanno suggerita , ricostruisce una psicologia o una classe , allude ai nostri ideali compagni . Metà delle parole che pronunciamo sono tra virgolette . Continue associazioni collegano tra loro tutti i parlanti del mondo . Quei Riccetti e quei Tommasi che sembrano a Pasolini , dieci anni dopo « Ragazzi di Vita » , « remoti come su un ' urna greca » , sono , forse , entrati da padroni nell ' edificio della lingua .
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Il giorno 2 aprile del 1925 , Mussolini , appena convalescente , pronunciava al Senato discutendosi il progetto di legge Di Giorgio un discorso di carattere militare che ebbe l ' onore dell ' affissione in tutti i Comuni del regno per acclamazione , quasi unanime , del Senato . Pochi giorni dopo il Duce assumeva la direzione del Ministero della Guerra . L ' allora generale d ' armata Pietro Badoglio , da Rio de Janeiro , dove era stato mandato ambasciatore , inviava al Duce , in data 10 aprile 1925 , il seguente telegramma : « Nel momento in cui assume direzione Ministero della Guerra , voglia V . E . gradire mio fervido saluto di generale dell ' Esercito e di soldato della Patria vittoriosa e rispettata » . Dopo la Marcia su Roma , Badoglio fu mandato a ricoprire la carica di ambasciatore d ' Italia nel Brasile . Poco prima dell ' insurrezione fascista dell ' ottobre , gli erano state attribuite dichiarazioni che provocarono un violento trafiletto pubblicato in data 14 ottobre su Il Popolo d ' Italia . Nominato ambasciatore , il Badoglio non fece difficoltà di sorta e partì per la nuova destinazione , dove rimase un paio d ' anni , senza acquistarsi particolari benemerenze . Quando fece ritorno , la sua adesione al regime fascista che nel frattempo aveva superato la prova del 1924 parve assolutamente sincera . Egli andava dicendo : « Dovunque mi si mandi ci vado : quando voi ordinate Badoglio è sempre pronto a partire » . Nella primavera del 1925 , fu questione di creare la carica di Capo di S . M . generale , per la preparazione coordinata di tutte le Forze armate . Il generale d ' armata Badoglio era i1 candidato degli ambienti di Corte e distanziava tutti gli altri : il re stesso diceva che dal punto di vista professionale era la testa migliore » . Che cosa sia avvenuto dell ' avv . Edoardo Rotigliano , già Senatore del regno e passato al Fascismo dal nazionalismo fiorentino , non è possibile sapere in questo momento : l ' ultima sua manifestazione oratoria fu un discorso piuttosto frondista pronunciato al Senato nella primavera del 1943 nel quale si evocava l ' atteggiamento del re dopo Caporetto . Ora l ' ex - deputato Rotigliano mandò in data 4 aprile 1925 la seguente sintomatica e , in certa guisa , quasi profetica lettera al Capo del Governo Mussolini : « Eccellenza Presidente . Oggi alla Camera si parlava insistentemente della nomina del generale Badoglio a Capo di S . M . dell ' Esercito . Mi auguro che la voce sia infondata . Ho avuto occasione di conoscere in guerra il generale Badoglio e di seguire molto da vicino la sua azione . Posso assicurarle che non ha le doti di carattere indispensabili per essere posto a capo dell ' Esercito . Molti sanno che Badoglio è il maggior responsabile di Caporetto , ma pochi conoscono il contegno ignobile tenuto da lui all ' indomani della disfatta , quando abbandonò senza comando , sulla sinistra dell ' Isonzo , tre delle quattro divisioni del suo 27° corpo d ' armata per correre a Udine e a Padova ad assicurarsi la impunità e a brigare per la sua nomina a sottocapo di Stato Maggiore . È un uomo di un ' ambizione insaziabile . Se si trovasse a capo dell ' Esercito sono sicuro che egli approfitterebbe della carica per tentare la scalata al Governo . Io non ho candidati da proporre , confermo , anzi , che dei generali più in vista , nessuno , secondo me , dà sufficienti garanzie di fedeltà al nostro Regime . Ma sotto questo aspetto , Badoglio sarebbe certamente il peggiore di tutti . Perdoni , Eccellenza , se ho creduto mio dovere esprimerle un convincimento che è frutto di una mia personale diretta conoscenza di avvenimenti , dei quali potrei , quando Ella lo desiderasse , darle la prova , e voglia gradire l ' attestazione della mia devozione immutabile . - E . Rotigliano » . Seguiva il seguente P . S . battuto a macchina : Tentò , mediante un telegramma falsificato , di fare apparire di essere stato trasferito ad altro Comando , prima dello sfondamento del suo corpo d ' armata . La lettera del Rotigliano non passò inosservata , e provocò nuovi colloqui e ulteriori indagini . In un successivo incontro , Mussolini ebbe l ' impressione che si trattasse di una " posizione " polemica . È noto che i nazionalisti difendevano a spada tratta Cadorna . Il quale , a sua volta , in una lettera datata da Villar Pellice il 12 settembre del 1919 così scriveva al direttore di Vita Italiana : « La Gazzetta del Popolo ha pubblicato ieri le conclusioni dell ' inchiesta su Caporetto » . Dopo aver detto che « dovrebbe scrivere un libro per replicare » , così testualmente continua : « Si accollano delle responsabilità a me e ai generali Porro , Capello , Montuori , Bongiovanni , Cavaciocchi e neppure si parla di Badoglio , le cui responsabilità sono gravissime . Fu proprio il suo corpo d ' armata ( il 27° ) che fu sfondato di fronte a Tolmino , perdendo in un sol giorno tre fortissime linee di difesa e ciò sebbene il giorno prima ( 23 ottobre ) avesse espresso proprio a me la più completa fiducia nella resistenza , confermandomi ciò che già aveva annunciato il 19 ottobre al colonnello Calcagno , da me inviatogli per assumere informazioni sulle condizioni del suo corpo d ' armata e sui suoi bisogni . La rotta di questo corpo fu quella che determinò la rottura del fronte dell ' intero Esercito . E il Badoglio la passa liscia ! Qui c ' entra evidentemente la massoneria e probabilmente altre influenze , visto gli onori che gli hanno elargito in seguito . E mi pare che basti per ora ! » . Le altre influenze alle quali alludeva il Cadorna erano quelle della monarchia . Sempre a proposito di Caporetto , sono depositati al Museo della Guerra di Milano i tre manoscritti inediti del generale Cavaciocchi , consegnati dalla figlia al Duce a mezzo del generale Segato , quindici anni fa e da rendere pubblici fra qualche tempo . Questa battaglia pro e contro Badoglio svoltasi negli ambienti politico - militari si risolse , soprattutto per l ' adesione del Duca della Vittoria , a favore di Badoglio . Il quale assumendo la carica , in una lettera datata 1° maggio 1925 , occupandosi della scelta del sottocapo di Stato Maggiore , scartati Grazioli , perché " scivoloso " , Vaccari perché " svanito " , Ferrari perché " scaduto " di prestigio , proponeva il generale Scipioni nonostante la sua aria di farmacista . Poi così concludeva : « Quanto sopra ho detto è quello che esattamente penso . Ma con qualsiasi sottocapo di Stato maggiore farò lo stesso e V . E . avrà l ' Esercito che desidera . Mi rimetto perciò completamente alle decisioni di V . E . » . Il primo problema che fu allora affrontato in una serie di sedute tenutesi al Ministero della Guerra , sotto la presidenza di Mussolini e con la presenza di Bonzani , Thaon di Revel , fu l ' organizzazione dell ' Aeronautica come Forza Armata autonoma . Dopo il fallito attentato Zaniboni , su carta intestata , in data 7 novembre 1925 , Badoglio mandava al Duce la seguente lettera : « Eccellenza , quale capo di S . M . generale e collaboratore fedele del Governo nazionale , di fronte alla conferma che l ' ex - deputato Zaniboni nel momento del suo criminoso tentativo indossava la divisa di maggiore degli Alpini , sento il dovere di protestare indignato in nome di quanti indossano l ' uniforme di soldato d ' Italia contro l ' atto esecrando di chi , dimentico delle leggi dell ' onore , cercò coi segni delle benemerenze del passato di rendere possibile la perpetrazione del più vile e odioso dei misfatti . Dio ha protetto V . E . e l ' Italia ! Nel palpito della Nazione che in questi giorni vibrante di commozione e di esultanza le si è serrata affettuosamente d ' intorno , V . E . avrà certo riconosciuto e sentito vicino il cuore di quanti portiamo le armi al servizio della Patria , e , nel nome augusto del re , le siamo ossequientissimi e devoti . - Suo dev.mo Badoglio » . Fa una certa impressione a distanza di quasi vent ' anni sentire dalle labbra del Maresciallo parlare « delle leggi dell ' onore » . Ed è curioso che fra i primi collaboratori del governo di Bari , sorto dalla resa a discrezione , sia stato chiamato il fallito attentatore del 1925 ! Assunta definitivamente la carica , Badoglio si occupò di problemi militari , molto dall ' alto , limitandosi a impartire direttive di ordine generale . Raramente frequentava le grandi manovre annuali , per non incontrarsi con gli uomini che egli detestava , come ad esempio Cavallero . Ciò non gli impediva , in data 24 dicembre del 1926 , di « formulare al Duce i più devoti e sentiti auguri » insieme col voto che « sotto l ' energica direzione del Duce , l ' Esercito possa raggiungere la più completa efficienza . Io affermo a V . E . che in questa grandiosa opera noi le saremo collaboratori instancabili e devotissimi . - Pietro Badoglio » . Nell ' autunno del 1928 , Badoglio fu nominato Governatore della Libia , in sostituzione di De Bono , il quale aveva avviato lo sviluppo agricolo della colonia . Fu convenuto che Badoglio avrebbe conservato la carica di Capo di S . M . generale , che salvo avvenimenti imprevedibili sarebbe rimasto in Libia dal 10 gennaio 1929 al 31 dicembre 1933 , che avrebbe avuto conservati gli stipendi goduti più quelli di Governatore , che Badoglio chiedeva fossero almeno uguali a quelli che aveva come ambasciatore nel Brasile . È in questo momento che spunta il Marchesato del Sabotino . In una lettera datata 12 settembre 1928-VI egli scriveva : « Poiché è nota la generosità di V . E . nel premiare tutti i suoi fedeli collaboratori , io mi sono permesso di rivolgermi a V . E . perché mi proponesse a S . M . il re per la concessione di un titolo nobiliare estensibile ai figli e riferentesi alla mia azione sul Sabotino . Sarei gratissimo a V . E . se mi volesse confermare quanto io ho l ' onore di scriverle in questa lettera . Come ho detto ieri a voce , V . E . può contare ora e sempre sulla mia più completa e assoluta devozione . - Piero Badoglio , Maresciallo d ' Italia » . Non è qui il caso di esaminare l ' opera politica , militare , economica svolta dal Badoglio in Libia durante il quinquennio del suo Governo . Per quella obiettività che inspira la nostra narrazione , si può dire che l ' opera iniziata da De Bono fu perfezionata su più vasta scala . Di quando in quanto per far vedere che la Libia " non era una debolezza per l ' Italia " mandava al Duce frutta e verdure e uva , quali primizie di quella terra che le braccia industri di migliaia di Italiani rendevano feconda . Naufragato nel 1933 l ' unico logico razionale storico tentativo di realizzare una intesa fra le Potenze occidentali che coordinasse la evoluzione politico - sociale dell ' Europa , apparve chiaro che l ' Italia se voleva vivere doveva assicurarsi un più largo e fertile spazio africano . In data 30 dicembre 1934 , Mussolini mandava ai suoi principali collaboratori politico - militari la sua memoria nella quale era illustrato il piano per la conquista dell ' Etiopia . Il documento esiste ancora come esistono le centinaia di telegrammi autografi , coi quali Mussolini diresse tutta la preparazione e le diverse fasi della campagna . Chi potrà mai , fra coloro che l ' hanno vissuta , dimenticare l ' adunata nazionale del 2 ottobre 1935 ? E quelle del 5 e del 9 maggio del 1936 ? Chi non si inorgoglisce al pensiero della resistenza contro l ' assedio societario ? Chi non si commuove al ricordo della " giornata della fede " ? Nessuno può cancellare queste grandi pagine della storia del popolo italiano . Nelle prefazioni ai libri dei tre condottieri dell ' Impero , Mussolini ha riconosciuto i meriti di ognuno di essi . Date le proporzioni che la guerra poteva assumere fra militari e civili oltre mezzo milione di Italiani si erano trasferiti in A . O . , in barba agli Inglesi Mussolini pensò che spettasse al Capo di S . M . generale il compito di dirigerla . Nel settembre , all ' apparire della flotta inglese nel Mediterraneo , il Maresciallo Badoglio ebbe una grave crisi e considerò compromessa la partita . In una lettera egli invocava dal Duce , « che tanto aveva fatto per l ' Italia , un gesto che impedisse un urto con la Gran Bretagna » e Mussolini gli rispondeva che l ' Italia non avrebbe preso l ' iniziativa nel Mediterraneo , ma avrebbe resistito al ricatto e si sarebbe difesa , se attaccata . La flotta inglese venne , passeggiò per il Mediterraneo , non sparò un colpo e la temuta crisi fu scongiurata . Badoglio non fece alcuna difficoltà , quando ebbe l ' ordine di andare in Africa . Da Napoli , prima di partire , in data 18 novembre del 1935 , così telegrafava al Duce : « Nel lasciare l ' Italia per raggiungere l ' Eritrea , desidero esprimere a V . E . i sentimenti della mia profonda gratitudine per avermi dato modo di servire ancora una volta agli ordini dell ' E . V . la causa dell ' Italia fascista nelle terre d ' oltremare . L ' opera felicemente iniziala sarà portata a compimento secondo la volontà del Duce e nello sforzo che unisce in un solo blocco di fede e di passione popolo , soldati e Camicie Nere » . Durante la campagna , nelle giornate appassionanti del maggio 1936 , nelle successive manifestazioni , il Maresciallo Badoglio non solo non attenuò , ma ostentò il suo fascismo , anche se non tesserato . I fascisti gli resero onori dovunque . Lo consideravano uno dei loro . E intanto presentò i conti . Il primo fu la richiesta di un altro titolo nobiliare . Ciò accadde subito , appena tornato da Addis Abeba nel luglio del 1936 . Il bravo Fedele , allora commissario della Consulta Araldica , mentre era favorevole al conferimento del titolo di Duca , era contrario al predicato di Addis Abeba e alla trasmissibilità del titolo che il Maresciallo non voleva soltanto per i figli maschi , ma anche per la figlia . Chiedeva inoltre per tutta la vita gli assegni di guerra e che le spese per la concessione del motu proprio fossero sostenute dalla Presidenza del Consiglio . Il re oppose qualche resistenza soprattutto per il predicato . Ma poi finì per accondiscendere . Mussolini si limitò a " seguire la pratica " . Così sorse il Duca di Addis Abeba . Il Badoglio riprese , quindi , la sua carica , lasciando ad altri la fatica ingrata di pacificare l ' Impero . Si era costituito a Roma una specie di " clan " badogliano che aveva cura di custodire i lauri della gloria sulla testa del Maresciallo . Quando Sem Benelli nella parte finale del libro " Io e l ' Africa " attribuì a Mussolini il merito della conclusione vittoriosa e rapida della campagna , Badoglio mandò allo scrittore una vivacissima lettera di protesta , alla quale fu risposto in termini espliciti ed esaurienti . Così quando nel 1940 uscì il libro di Alberto Cappa su " La guerra totale " , il colonnello Gandin , capo ufficio del Maresciallo Badoglio , segnalava il fatto alla Segreteria del Duce con questi sdegnatissimi termini : « Per il caso non sia a voi ancora noto , vi segnalo l ' accluso libro dove si ripetono ignobili accuse contro la persona del Maresciallo Badoglio . Ciò credo mio dovere di fare , dato che il Maresciallo non intende fare alcun passo al riguardo . Devoti ossequi » . Il libro parlava della battaglia di Caporetto e aveva una prefazione di Enrico Caviglia che diceva : « È uno studio meritevole di essere letto e meditato da chi si occupa di arte militare e di politica generale . Chi ha una responsabilità qualsiasi , politica o militare , non può oggi ignorare gli elementi della guerra totale che investono tutte le forze della nazione » . Sino a tutto il 1938-1939 i rapporti con Mussolini furono , almeno nelle apparenze , cordiali . Tanto che in data 21 settembre 1938 , in occasione di una visita del Duce alla provincia di Alessandria , il Maresciallo gli offriva l ' ospitalità della villa o almeno un tè , il che « sarebbe stato di grandissimo onore per lui e di grande soddisfazione per l ' intera provincia » . La guerra contro la Francia fu accettata da Badoglio con apparente entusiasmo . La volle ritardare però sino al possibile . È autentico che quando il Badoglio presentò a Villa Incisa , nei dintorni di Roma , le condizioni dell ' armistizio ai Francesi , i suoi occhi si riempirono di lacrime . Ancora nel 1940 , il Maresciallo , in occasione dell ' anniversario della fondazione dei Fasci , rivolgeva al Duce « il suo fervido pensiero augurale » . Con questa rapida corsa retrospettiva nel ventennio fascista la figura del Maresciallo più volte traditore è nettamente messa a fuoco e bollata in maniera definitiva . Egli si appartò dal Regime e cominciò a premeditare la sua vendetta dopo l ' inizio della campagna di Grecia , quando fu esonerato dalla carica di Capo di S . M . generale .
IL LAMENTO DI UN SENZA DIALETTO ( Ottieri Ottiero , 1965 )
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Il problema della lingua e le tesi di Pasolini Non ho mai scritto poesie , non sono mai stato ermetico ( anagraficamente , avrei avuto il tempo di esserlo ) . Non ho mai creduto troppo alla letteratura ; la filosofia , la scienza , la tecnica mi hanno sempre interessato di più . E pazienza . Il tecnicismo può sempre venir buono . Il grave è che non ho mai maneggiato dialetti . Mai ho avuto un mio dialetto . Ciò mi ha dato , negli anni Cinquanta , un penoso complesso di inferiorità . Per forza : pareva che nessuna operazione letteraria di avvicinamento alla realtà sociale , popolare ( cui tenevo tanto ) , cioè di mimesi , risultasse efficace senza o un dialetto o un pasticcio di dialetti o una prosa che risentisse del dialetto . Ma come facevo , se il dialetto non ce l ' avevo ? Mi sentivo , dalla lingua , condannato a essere un signorino di buona famiglia , che , nato a Roma da genitori senesi , era determinato dal privilegio di parlare romano con una bocca toscana : privilegio che mi rovinava agli occhi della storia e dell ' engagement . Come romanziere degli operai e dell ' industria uno con una bocca come la mia , che non riusciva nemmeno a dire « sifulum » e nemmeno « e mo ' che famo » , era spacciato . Ho pensato a prendere lezioni di dialetto : ma da chi ? Gli operai che frequentavo si sforzavano di parlare pulito , come me , l ' italiano medio era la spia della coscienza sindacale e politica cui tendevano con me , spasmodicamente . Se chiedevo loro qualche spiegazione sul milanese , credevano che li prendessi in giro . Parlare italiano era il loro vanto culturale e quando ricadevano istintivamente nel dialetto , si sentivano risucchiati dalla schiavitù . Una Berlitz School per i dialetti non c ' era . Mi tormentavo . Il mio carnefice linguistico era Pasolini , l ' amico che ho sempre amato e ammirato e che mi metteva soggezione perché oltre che essere geniale , ne aveva due , di dialetti : il suo , il friulano , e un altro , il romanesco , che aveva imparato . Lui due dialetti e io nessuno . Scrivevo senza accorgermene una lingua molto pasticciata di terminologie tecniche , psicotecniche , metalmeccaniche e commerciali : che risente del gergo industriale più che a livello operaistico - popolare , a livello degli operai specializzati , dei periti , degli ingegneri e dei venditori . Non lo facevo apposta , vivo con loro , sono uno di loro . Con la tecnica mi consolavo della castrazione di non aver dialetto ; mi vendicavo della letteratura ( che non stimava la mia bocca ) fornicando con la psicotecnica . Un notissimo critico diceva che avrebbe cominciato a farmi delle recensioni decenti solo quando mi fossi deciso a buttare via la psicologia e l ' industria . E avevo davanti a me il fantasma di Pasolini , abitando io a Milano e lui a Roma : egli non mi rimproverava soltanto la poca dimestichezza con la lingua , il non saperla riplasmare con picaresca reinvenzione ( quanto ho sofferto di non riuscire mai a essere un picaro ! ) . No . Dentro la lingua , percepivo la condanna ideologica di tradire , macchinando con le aristocrazie operaie imborghesite , con la tecnocrazia neocapitalistica portatrice di riformismi e false rivoluzioni , la carica rivoluzionaria vera , di cui soltanto il sottoproletariato è depositario : quindi il dialetto . La mia bocca denunciava in me il goffo populista da strapazzo , senza cuore autentico e senza orecchio per il popolo autentico . Ma il dialetto è come il coraggio : uno non se lo può dare . Sono passati così lunghi anni che hanno medicato la piaga , alla meglio . Il gergo della tecnocrazia D ' un tratto , una grigia sera d ' autunno , ascolto al teatro Manzoni di Milano Pasolini , il tanto invidiato . Egli dichiara che andiamo finalmente verso una lingua nazionale italiana , ad opera di un gergo egemone , quello industriale della tecnocrazia . Quali semi esemplari del nuovo italiano , verso cui Pasolini è ambivalentissimo ( lo sento ) , ma cui rende l ' onore delle armi e che accetta di porre sul trono anche della letteratura ( nonostante ciò segni una sconfitta della letteratura e una vittoria della tecnica ) , Pasolini cita due brani : uno del presidente del Consiglio onorevole Aldo Moro , e uno mio ( cioè tratto da un mio libro ) . Che dire ? Non sono mai stato un antilinguista . Ma , quasi sempre , un alinguista . Che cosa è l ' alinguismo ? È una inconsapevolezza verso la lingua che si adopera : come si adopera un braccio , o una gamba . Chi è consapevole dei propri arti , tranne il filosofante e colui al quale si rompono ? Descrivendo il modo in cui il bambino impara la lingua , Von Mises dice : « Né fa stupire il fatto che , data una tale maniera quasi istintiva di apprendere la lingua , la grande maggioranza degli uomini abbia un atteggiamento acritico di fronte alla propria lingua » . L ' alinguismo è dunque diffuso e comprensibile . Ciò non toglie che sia una forma d ' incoscienza . Senza dubbio ha le sue ragioni psicologiche , per le quali si prolunga in qualcuno più che in qualcun altro . È il segno di una opacità di qualcosa di noi e del mondo a noi stessi : e ritengo che dipenda da una cecità psicosociologica particolare , che colpisce proprio la presa di coscienza della lingua . Viene il momento in cui , piano piano , l ' uomo può « rendersi conto » della lingua che usa . Se è uno scrittore , diventa - come ha detto un critico francese - responsabile della propria scrittura . La distacca da sé , e la classifica , vi incide . Alcuni scrittori accentuano questo processo , altri lo annacquano . La maggiore o minore sensibilità al determinismo linguistico - che è un determinismo sociale - e alla presa di coscienza di esso , può rappresentare due modi diversi di essere scrittori . Oggi , ad esempio , la linguistica , la scienza che aiuta alla presa di coscienza della lingua ( come il marxismo aiuta alla comprensione dei determinismi economici ) , è di gran moda . La nuova linguistica ha una sua carica rivoluzionaria che si estende , con illuminazioni e terminologie , a scienze dell ' uomo attigue e non riguarda unicamente la letteratura . Il momento filosofico della scoperta della lingua è capitale . La rivelazione delle leggi interne della lingua è affascinante , come sempre quando si aprono gli occhi su qualcosa che è sempre stato sotto il naso ; è gravida di conseguenze fuori e nella letteratura . Le distinzioni , dovute alla linguistica , fra significante e significato , fra Lingua e Parola e , in genere , lo strutturalismo smuovono dal di dentro i modi dello scrivere , dell ' estetista , della critica . Lo strutturalismo , l ' ultimo degli « ismi » contemporanei , rischia di assumere un valore analogo a quello , mettiamo , dell ' esistenzialismo ; è un modo del conoscere : e nasce per la gran parte dalla linguistica nuova . Il momento filosofico offusca , almeno per me , il successivo momento storico , la disputa circa la formazione di una lingua nazionale , circa la supremazia di un tipo di lingua su un altro : problemi per i quali , come vecchio alinguista , non ho nessuna competenza e che certe volte danno l ' idea di essere noiosi . Soprattutto se affermazioni sulla situazione linguistica d ' oggi , previsioni sulla lingua di domani , subiscono il medesimo pericolo delle poetiche : essere razionalizzazioni , ammantate con storicità e razionalità , di fatti personali . Davvero l ' epicentro linguistico muove da Roma a Milano , o non è Pasolini che , pensando di tornare alla letteratura , si accorge di aver consumato linguisticamente Roma e scopre Milano per suo uso privato ? Lo accenno , perché spesso salgono da Roma a Milano persone che hanno bisogno di ricaricarsi poeticamente : allora immaginando l ' industria e vedendola da fuori , la mitizzano . La mitizzano come strapotere o kafkismo , o produttrice di occultismi , di nevrosi , eccetera . Quella linguistica potrebbe essere l ' ennesima mitizzazione ( ambivalentissima ) del mondo industriale . ( Teniamo però presenti il fiuto e la genialità di Pasolini . Tra lui e altri c ' è differenza ... ) Certo , se mi arriva la domanda di impiego di un neolaureato della provincia - e non sempre meridionale - il quale inizia con « Il sottoscritto » ; fa tutto un periodo fino alla firma , spezzandolo con « dichiara ... fa rispettosa istanza ... compiega ... » messi soli al centro della pagina ; usa magari la carta da bollo e conclude affermando : « Possiede patente auto » - mi trovo davanti un documento di un mondo che l ' industria ( ma lentamente ) erode . Ma il bello è che all ' interno dell ' industria gli uomini migliori ( ingegneri intendo e non umanisti , quegli ingegneri che alla moglie si rivolgerebbero chiamandola comunicativamente e non espressivamente « mia programmazione a tutti i livelli » « stocastica » e « algoritmo mio » ) già si preoccupano di ridimensionare (scusatemi...) l ' ondata tecnocratica , il fanatismo per « l ' uomo della organizzazione » e per l ' organizzazione stessa . Anzi , dall ' America arrivano ultime notizie che auspicano « l ' uomo della disorganizzazione » e teorizzano la necessità di una personalità artistica a capo delle aziende , invece che di personalità tecnocratiche ! La verità è che , almeno in Italia , cessato il boom , l ' industria si accorge di non poter continuare con il mito passepartout dell ' organizzazione ; e che i suoi uomini di avanguardia lavorano di continuo perché sulla tecnica vinca la scienza e sulla tecnocrazia la mentalità scientifica . Lo scontro supera quello , che sembra tanto concreto , invece è astratto , fra dialetto e gergo dei periti industriali . È lo scontro , che sta nel fondo della nostra epoca , fra l ' arte e la scienza , fra la proposizione filosofico - scientifica e la proposizione lirico - narrativa .
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Sono ormai passati più di dieci giorni dal giorno in cui Mussolini e il suo governo sono stati cacciati dal potere . Nonostante ciò , l ' Italia è ancora in guerra ; il nuovo governo italiano non ha ancora iniziato i passi necessari per mettere fine alla guerra ; i resti di due divisioni scelte tedesche continuano a offrire resistenza all ' avanzata degli alleati da Catania verso Messina ; i nodi ferroviari e i centri dell ' industria di guerra del Mezzogiorno e delle isole continuano a essere severamente bombardati . Perché questa situazione , la quale a prima vista non può che apparire a ogni italiano paradossale , assurda , incomprensibile ? Il 25 luglio è stato cacciato Mussolini . Egli è stato cacciato perché , evidentemente , in tutti gli strati della società italiana era penetrata la coscienza che la sua politica e il suo regime avevano fatto fallimento , in modo completo e clamoroso e in tutti i campi della vita del paese . Mussolini ha fatto fallimento nel campo militare , perché sotto la sua direzione l ' esercito si è sfasciato e il paese è passato di sconfitta in sconfitta . Mussolini ha fatto fallimento nel campo economico , perché non solo ha profondamente disorganizzato l ' economia del paese , ma ha trasformato l ' Italia , sotto questo aspetto , in una pura e semplice appendice della Germania . Mussolini ha fatto fallimento nel campo della politica internazionale perché dell ' Italia , che prima di lui era una grande potenza , ha fatto un vassallo dell ' imperialismo tedesco . Mussolini ha fatto fallimento , infine , nel campo della politica interna , perché sotto il suo governo il paese si è completamente disgregato , la compattezza e la disciplina nazionali sono venute meno , dappertutto hanno dilagato la corruzione , il malcontento , la rivolta contro il suo regime tirannico . Se Mussolini è stato cacciato , è dunque perché la stragrande maggioranza del popolo aveva capito ch ' egli portava l ' Italia alla rovina , alla catastrofe . Ma qual era la causa prima e fondamentale di questa catastrofe ? Domandatelo a qualsiasi italiano ed egli vi risponderà franco e senza esitare : la guerra . Qual è stata l ' origine di tutti i mali che Mussolini ha fatto cadere sul popolo italiano ? È stata la guerra ; è stata la guerra ingiusta , imperialista , di conquista e di rapina preparata e predicata dal fascismo per vent ' anni , e da lui scatenata in combutta con l ' imperialismo tedesco al principio , e in seguito , dopo le prime vergognose sconfitte , come vassallo e servo di esso . È possibile separare Mussolini dalla guerra ? No , non è possibile . È possibile fare del fascismo e della guerra contro le potenze democratiche antihitleriane e antifasciste due cose diverse ? Non solo non è possibile ; ma è assurdo . È possibile cacciare Mussolini , sciogliere il partito fascista , proclamare la propria volontà di liberare l ' Italia dal fascismo , e in pari tempo continuare imperterriti la guerra mussoliniana , la guerra fascista , la guerra dell ' Asse , la guerra dell ' imperialismo tedesco e di Hitler ? Non solo è impossibile ; non solo è assurdo ; ma il tentare di farlo è puramente e semplicemente un delitto , perché significa né più né meno che frustrare la volontà così chiaramente manifestata dal popolo italiano di salvarsi dalla catastrofe alla quale Mussolini e il regime fascista l ' hanno trascinato . Liquidare il fascismo e salvare l ' Italia , senza rompere l ' Asse e senza iniziare un ' ardita politica di riavvicinamento dell ' Italia alle grandi potenze democratiche civili , non si può . Ecco perché , cacciato Mussolini immediatamente un altro problema si è posto davanti al popolo italiano , ed esige da esso una soluzione . Gli uomini che sotto la pressione delle masse popolari sono stati costretti a disfarsi di Mussolini , è evidente che non intendono soddisfare in modo conseguente le aspirazioni della nazione e soprattutto l ' aspirazione fondamentale , ch ' è quella della rottura con la Germania hitleriana e della fine della guerra . È evidente adunque che questi uomini non sono andati al potere per adempiere la volontà del popolo e della nazione ; ma soltanto per riuscire , facendo alle masse alcune concessioni , a continuare , nella sostanza , la stessa politica mussoliniana . È assurdo però pensare che questo loro piano riesca . Le potenze democratiche hanno gli occhi ben aperti , e non si lasciano trarre in inganno . Esse sanno che fino a che non si rompe con Hitler , e non si è decisi , se occorre , a schierarsi contro Hitler , non si è data la prova di aver veramente rotto col fascismo e di volerlo liquidare senza residui . Ma anche il popolo italiano ha aperto gli occhi e non si lascerà trarre in inganno . Fatto il primo passo sulla via della emancipazione , esso non esiterà a compiere , costi quello che costi , tutti i passi successivi , necessari a che questa emancipazione sia completa ed effettiva .
StampaQuotidiana ,
Raccontano i giornali che nelle giornate successive al 25 luglio , cioè dopo la caduta di Mussolini , gruppi di cittadini , armati di scale , di corde e di scalpelli , si sono dedicati , nelle vie e nelle piazze d ' Italia , all ' opera di far scomparire i segni esteriori del ventennio di dominio fascista . Si abbattono gli stemmi e le insegne . Si fanno a pezzi e si trascinano nel fango le statue . Si fanno sparire dagli edifici gli emblemi di un regime che fu regime di schiavitù , che ha portato il popolo alla disperazione e la nazione alla rovina . Sembra che anche dai biglietti da mille , per decisione del governo , dovrà sparire il fascio littorio . E quest ' ultimo , specialmente , mi pare dovrebb ' essere un buon segno , se volesse dire che persino coloro i quali sono abituati a trattare a tu per tu coi biglietti da mille , cioè coloro che detengono , con le ricchezze , il potere effettivo nella società , vedono oggi con fastidio persino i simboli della tirannide mussolinesca , e che tutto un passato di violenze , di umiliazioni , di vergogna , veramente si sta liquidando . Ma sarà poi veramente così ? Il popolo è sincero , spontaneo , diretto , nelle sue azioni . Il popolo sa che la rovina d ' Italia è stato il fascismo . Quando dà alle fiamme uno stemma o scalpella un ' insegna , esso esprime una esigenza elementare di giustizia e di rinnovamento del paese . Esso dice che il fascismo deve essere sradicato dalla vita e dall ' animo della nazione , se si vuole che questa veramente sia libera , e trovi , e sia in grado di percorrere sino in fondo la strada della propria rinascita . Ma che cos ' è il fascismo ? I simboli e le insegne contano , ma non decidono . Mussolini ebbe a dire , una volta , che il fascismo si identificava con la sua persona . In realtà , sono così poche e così negative le facoltà di cui quest ' uomo ha dato prova , la sua figura e l ' opera sua si collocano così in basso nella scala dei valori umani , che sarebbe offesa profonda alla nazione italiana affermare ch ' è bastata l ' azione del corruttore e del somaro di Predappio per farla precipitare così miseramente . In realtà , il fascismo è stato un processo profondo di degenerazione e decomposizione della società italiana , di cui bisogna ben comprendere le cause e gli aspetti , se si vuole poterlo sradicare . Alla radice di questo processo vi è un fatto che ci sembra l ' essenziale , perché determina tutto il rimanente . Alcuni gruppi più avidi e più rapaci e quindi più reazionari , identificano se stessi con la nazione , osano presentare come programma nazionale quello che non è altro che il soddisfacimento dei loro interessi egoistici di casta . Era nell ' interesse della nazione italiana gettare tutte le sue risorse e tutta se stessa in una serie di guerre di rapina , che la rendono nemica di tutti i popoli liberi e civili , e serva di quella potenza da preda ch ' è la Germania imperialista hitleriana ? Quanto poco ciò fosse nell ' interesse della nazione italiana lo dimostra il risultato che questa politica ha avuto , e che sta oggi davanti agli occhi esterrefatti di tutti gli italiani . Il paese è sconfitto , devastato ; intiere città distrutte ; distrutta l ' opera di alcune generazioni . Come l ' Italia uscirà da questo abisso , ancora non lo si può dire . Ma era prevedibile questo risultato ? Non soltanto era prevedibile , ma fu previsto dagli uomini più illuminati del paese , liberali , democratici , comunisti , cattolici , e conservatori persino . L ' Italia , con la sua debole struttura statale e dopo la prova assai dura della prima guerra mondiale , non poteva nazionalmente rafforzarsi se non consacrandosi alla soluzione dei suoi problemi economici e politici interni . Alle grandi masse del popolo dagli operai alla piccola e media borghesia , ai contadini e ai ceti intellettuali dovevano essere aperte le porte del benessere e quelle del potere . Nel soddisfacimento dei bisogni di queste masse , e non nella preparazione di una guerra di rapina si doveva trovare lo stimolo a uno sviluppo impetuoso di tutta la economia del paese . La vera grandezza del paese doveva essere trovata nello sviluppo logico di quei principi di democrazia , di libertà , e di collaborazione pacifica tra i popoli , nel nome dei quali l ' Italia è risorta , è riuscita a costituirsi come Stato unitario . Ma democrazia , libertà , collaborazione pacifica tra i popoli erano e sono cose non ammissibili per i mercanti di cannoni , per i pescicani della finanza e della siderurgia , per i latifondisti , per i grossi agrari e per gli uomini politici legati a loro . Ciò che contava e conta per costoro è il loro privilegio di casta ; ciò ch ' essi intendono quando parlano di « grandezza della nazione » è l ' accrescimento astronomico della loro ricchezza , le cui basi sono nella miseria e nello sfruttamento del popolo . Le guerre di conquista e di rapina non sono altro , per costoro , che la continuazione , sopra un piano internazionale della politica che corrisponde alla loro natura di classi parassitarie e di animali da preda . La sciagura attuale d ' Italia ha la sua radice nel fatto che il fascismo , da una parte sopprimendo col terrore fisico ogni possibilità di discussione , di opposizione e di movimento , dall ' altra parte abbagliando una parte del popolo con la sua retorica nazionalista e militaresca , ha coperto di una maschera sedicente nazionale la politica dei veri nemici della nazione , perché nemici del benessere e delle libertà nazionali . Per vent ' anni tutta la vita del paese e dello Stato è stata costruita su una menzogna , su un inganno ; e questo spiega tutte le forme di decomposizione proprie del regime di Mussolini , dal trionfo della plutocrazia alla sommità , sino al dilagare nei quadri intermedi della corruzione e della prepotenza sfacciate , sino alla permanenza ventennale a capo dello Stato e dell ' esercito di un uomo di cui la storia dirà che all ' infuori della capacità di ingannare tutta una generazione , altre non ne possedeva . Il rimedio a male così grave che già ha gli aspetti di una vera catastrofe , non si potrà trovare né in un mezzo termine , né in un cambio di facciata . Badoglio ha cambiato la facciata , prendendo il posto di Mussolini e sciogliendo il partito fascista . Ma con lui continua l ' essenziale : continua la guerra al servizio dell ' imperialismo tedesco , e continua la privazione di libertà delle masse popolari . Segno che egli continua a essere l ' uomo di quei gruppi che non vogliono rinunciare alla politica di guerra e di intrighi imperialistici che ha portato la nazione alla rovina . Segno ch ' egli continua a essere l ' uomo di quei gruppi che le libertà popolari della nazione non le vogliono veder restaurate , perché sanno che questo aprirebbe la strada alla distruzione dei loro privilegi . Ed è invece in queste due direzioni che i colpi e l ' attività ricostruttive devono essere rivolti , se davvero si vuole sradicare il fascismo . La plutocrazia non è la nazione , anzi , è il nemico della nazione ; la politica imperialista dei gruppi plutocratici non è una politica nazionale , anzi , è la politica che ha portato la nazione alla rovina . Questa è la prima cosa da mettersi bene nella testa , l ' essenziale . La seconda è che la nazione deve essere libera e non serva di una cricca di gruppi privilegiati . Devono essere liberi e partecipare in pieno alla vita politica i lavoratori , gli operai , i contadini , gli intellettuali , gli uomini delle classi produttrici . La libertà politica per le masse è condizione preliminare del risorgimento d ' Italia . Chi non comprende queste necessità primordiali della vita politica italiana nel momento presente e non lotta per soddisfarle , non solo non può dire di volere la rinascita della nazione , ma è un ostacolo nel suo cammino . Essere nazionale , oggi , in Italia , vuol dire essere antifascista ; cioè vuoi dire essere contro l ' imperialismo plutocratico e per la libertà . Qui sono le radici del fascismo , e qui deve essere diretto il colpo decisivo .
StampaQuotidiana ,
Meravigliandosi che « nemmeno Malagodi o Colombo dicano queste cose » , Enrico Emanuelli ( tornando alla discussione sulla lingua , nel « Corriere della Sera » del 21 febbraio ) , cita un mio brano sulle questioni linguistiche , con l ' aggiunta di alcuni punti interrogativi a indicare i luoghi del dubbio . Ecco il brano coi cartelli segnaletici del dubbio sparsi dall ' Emanuelli : « La nuova borghesia delle città del Nord non è più la vecchia classe dominante che ha imposto stupidamente ( ? ) dall ' alto l ' unificazione politica , culturale ( ? ) e linguistica dell ' Italia , ma è una nuova classe dominante ( ? ) il cui reale potere economico le consente realmente ( ? ) , per la prima volta nella storia italiana ( ? ) di porsi come egemonica . E quindi irradiatrice simultaneamente di potere ( ? ) , di cultura ( ? ) e di lingua » . Primo punto interrogativo : sì , « stupidamente » , e non soltanto per quel che si riferisce al periodo fascista , che è stato il momento più clamoroso di tale stupidità ( e l ' Emanuelli è certo d ' accordo con me ) , ma per tutto ciò che di fascista c ' era stato prima e per tutto ciò che di fascista c ' è rimasto : intendo dire lo spirito piccolo - borghese , cui è in , genere affidato il ruolo di campo delle norme culturali . All ' unificazione dell ' Italia attraverso la piccola borghesia piemontese o piemontesizzante ( il Sud era una terra di banditi , o « Lazaronitum » come lo chiama Marx ; il novanta per cento circa degli italiani era analfabeta , cioè non solo non sapeva scrivere l ' italiano , ma non era nemmeno italofona ) si è creduto che l ' unificazione linguistica potesse essere risolta attraverso lo pseudo - umanesimo piccolo - borghese , che possedeva una lingua solo letteraria , l ' italiano , divenuta improvvisamente lingua nazionale ( benché sconosciuta a circa i nove decimi degli italiani ) . E si è creduto di imporla con gli stessi metodi con cui si imponevano le tasse , cioè attraverso la burocrazia e la polizia . Passando dall ' autoritarismo paternalistico a quello fascista . Ecco perché « stupidamente » . Certo ! Non tutta la borghesia era stupida ! Nello stesso Manzoni , per esempio , coesisteva insieme al grande poeta ( che ha rischiato di rovinare il suo romanzo ) un linguista normativo inattendibile . Ma grazie a Dio , Graziadio Isaia Ascoli ( borghese anche lui ) , come scrive Gramsci , « alle centinaia di pagine del Manzoni aveva contrapposto una trentina di pagine per dimostrare : che neppure una lingua nazionale può essere suscitata artificialmente , per imposizione di Stato ; che la lingua italiana si sta formando da sé , e si formerà solo in quanto la convivenza nazionale abbia suscitato contatti numerosi e stabili tra le varie parti della nazione ; che il diffondersi di una particolare lingua è dovuto all ' attività produttrice di scritti , di traffici , di commercio degli uomini che quella particolare lingua parlano ... » . Noi , piccolo - borghesi , abbiamo sempre accettato non criticamente l ' idea di questa lingua letterario - umanistica . E abbiamo sempre pensato che centro di diffusione sarebbe stata Roma , cioè il centro statale dello Stato : magari , naturalmente , una Roma riscoperta dal neorealismo . Mentre era chiaro che il reale centro diffusore era destinato a essere il Nord : perché la lingua della borghesia moderna è la lingua dell ' industria , non quella della burocrazia . E sempre Gramsci che ricorda nel 1918 come « il prof. Alfredo Panzini abbia pubblicato pochi anni fa un dizionario della lingua parlata moderna , e da esso appare quanti ' milanesismi ' siano arrivati persino in Sicilia e in Puglia . Milano manda giornali , riviste , libri , merce , commessi viaggiatori in tutta Italia , e manda quindi anche alcune peculiari espressioni della lingua italiana che i suoi abitanti parlano » . Questo fatto di lingua come « segno orale » ( e non quello « letterario » del Cattaneo o del Dossi ) , è un vero e proprio antefatto della nuova evoluzione linguistica . Ma solo oggi per la prima volta nella storia d ' Italia si ha un intero linguaggio , il linguaggio della meccanica o della scienza applicata , che si usa in tutta Italia ugualmente ( sia pure con pronunce differenti ) . E quello che più conta , è che non si tratta più di un linguaggio « solo » particolaristico : ma si pone come linguaggio guida , ha in sé uno spirito unificatore , in quanto linguaggio di un tipo nuovo di cultura . Secondo punto interrogativo : perché Emanuelli ha messo questo segno di dubbio sulla parola « culturale » ? Forse perché non crede nella « cultura » della borghesia italiana ? Ma io uso la parola « cultura » nel senso con cui la usa un marxista , e com ' è usata correntemente dall ' etnologia o dall ' antropologia . Non è un giudizio di valore , ma un dato di fatto . Sono andato l ' altro ieri , domenica , a « visitare » un campo profughi , ex campo di concentramento , vicino ad Alatri : un luogo tremendo , dove , nelle tragiche baracche oblunghe , dai tetti a volta , dominate dalle torrette rotonde , sotto montagnole grigie e senza nome , vive un gruppo di espatriati tunisini . Ebbene , ho avuto modo di accorgermi come la loro « francesizzazione » non consistesse solo in una francofonia abbastanza ortodossa ( mille volte più ortodossa - se si pensa che è avvenuta in emigrati in ambiente arabo - di qualsiasi italofonia di italiano periferico ) , ma in una commovente francesizzazione culturale : il modo con cui quegli italiani francesizzati di Tunisia si salutavano , si davano la mano , pregavano di salutare i genitori o gli amici residenti a Roma , eccetera , era assolutamente più vicino alla tipicità del borghese medio francese , che qualsiasi modo usato da un meridionale , finora , per realizzare un modello italiano ( le pagliacciate poliziesco - avvocatesche ecc. ecc . ) : insomma la borghesia francese francesizza gli allogeni e gli alloglotti con un reale prestigio culturale , così da prestare una reale e non solo mimetica umanità di modi e di espressioni . Terzo punto interrogativo : ebbene , su questa espressione « classe dominante » io non ho dubbi , anche se si tratta di una terminologia un po ' lisa , e un po ' superata dai modi del dominio . Lascio dunque la perplessità a Emanuelli e ai collaboratori della terza pagina del « Corriere » . Quarto punto interrogativo : questo « realmente » sta al posto di quella che Gramsci avrebbe chiamato condizione di « necessità » dell ' egemonia . A tale condizione di necessità la borghesia italiana del Nord si è trovata per inerzia , fuori , quasi , dalla sua coscienza e dalla sua volontà . Per una accelerazione dello sviluppo produttivo , e quindi dilla potenza economica , che ha qualcosa di brutalmente pragmatico . Quinto punto interrogativo : sì , per la prima volta nella storia italiana . Per quanto mi sforzi , non trovo un precedente . Soltanto la conquista romana presenta dei caratteri simili , e infatti ... L ' universalismo della Chiesa è stato sempre contraddetto dai particolarismi locali , che elaboravano proprie lingue in quanto ponevano le basi di un proprio potere ( la borghesia comunale ecc. ecc . ) . Sesto punto interrogativo : intendo « potere » sostanzialmente economico , non codificato . Esso probabilmente non vuole essere codificato : il suo pragmatismo e il suo tecnicismo escludono la metafisicità dei codici . Esso tende a deferire a qualcos ' altro una codificazione che lo lasci libero : questo qualcos ' altro è lo Stato italiano . La lotta per il possesso esclusivo di questo pretesto che è sempre lo Stato per il Capitale , è tra forze laburiste ( il centro - sinistra ) e forze conservatrici ( il liberalismo , milanese , anziché napoletano ) . Ma questo non ha niente a che vedere con le questioni linguistiche ( ? ) . Settimo punto interrogativo : ancora sulla parola « cultura » ... Ebbene , facciamo qualche ulteriore chiarificazione : la « cultura piccolo - borghese ( attraverso una spinta dal basso , cioè dal livello dei ceti medi - il diritto di voto ecc . ) aveva contestato e messo fuori gioco il « classicismo agrario » , in un ' accettazione , sempre tuttavia sostanzialmente classicistica , del romanticismo e del decadentismo . Una nuova spinta dal basso , dovuta alla Resistenza , alla realizzazione almeno formale della democrazia - la Repubblica , il voto alle donne ecc. ecc. - ha a sua volta contestato e messo fuori gioco il « classicismo piccolo - borghese » fascista ( in tale contestazione ha avuto un forte peso l ' opposizione marxista : stava cioè prendendo forma una sorta di « classicismo popolare » , attraverso l ' impegno e l ' ideologia letteraria gramsciana . Ora , la cultura tecnocratica - tecnologica , non contesta nessun particcolare classicismo : ma contesta e si accinge a mettere fiori gioco , tutto il passato classico e classicistico dell ' uomo : ossia l ' umanesimo . La sua novità è quella di coincidere potenzialmente non con una nuora epoca della storia , mia con una nuova era dell ' umanità : l ' Era della Scienza Applicata . Strumenti di tale cultura sono i grandi mezzi di diffusione di notizie : i giornali , la radio , la televisione . Strumenti , niente altro . Non entità autonome ( cui deferire ogni responsabilità , come fanno insieme , un giornalista dell ' « Espresso » , un linguista marxista , e lo stesso Moravia ) . Non sono caduti dal cielo . Riferirsi ad essi non come a semplici strumenti di una cultura significa voler evitare , magari per ragioni diverse , la discussione . Una volta inventati dei mezzi di diffusione culturale nuovi , non si possono , è vero , ignorare pii ? . Ma l ' applicazione della scienza nel produrre questi nuovi mezzi diffusori di cultura è il principio stesso del loro ulteriore apporto culturale specifico . La meta immediata del nuovo principio strutturale della lingua ( l ' iperlingua tecnologica ) e dei suoi mezzi di diffusione pare essere la comunicatività . E infatti è assurdo un « messaggio » radiofonico o televisivo che non sia capito nell ' attimo stesso in cui è percepito . Come non è concepibile un linguaggio meccanico particolare solo di Milano o di Torino . Ma non è detto che ciò che è chiaro e universalmente comprensibile sia sempre razionale . Molte volte , il buon senso , che è il contrario della ragione , fa passare per chiare delle cose profondamente oscure e irrazionali . Così è molto probabile che il nuovo tipo di linguaggio guida sia comunicativo ma non razionale : e l ' irrazionalità sia mascherata da una sorta di qualunquismo tecnico , come prima era mascherata da un qualunquismo umanistico . Comunque mentre il secondo è un caso particolaristico , di portata specialmente italiana , il primo è un caso generale , che riguarda tutto l ' immediato futuro degli uomini . Sotto questo profilo millenaristico - e date le tendenze metastoriche di ogni cultura depressa - spero che Emanuelli e la sua cerchia mi seguano meglio : e sentano come siano anguste le illazioni su miei eventuali passi avanti o indietro .
SCIOPERO A SESTO SAN GIOVANNI ( Bianciardi Luciano , 1954 )
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MILANO , giugno - Sono stati lieti , quasi festosi i giorni di Sesto San Giovanni . L ' annuncio dello sciopero è giunto come una notizia attesa come la conferma di una determinazione che era già maturata negli operai : ne parlavano a voce alta nei loro circoli a pranzo , per strada , nella sala d ' aspetto della stazione e sul marciapiede mentre aspettavano il treno . Si affollavano intorno a noi : gli operai ed i loro dirigenti politici e sindacali sapevano di avere di fronte i « giornalisti di Roma » e volevano che riportassimo a casa , con le notizie , una buona impressione di Sesto San Giovanni . La mattina dello sciopero erano tutti al loro posto di agitazione , durante la notte pochi avevano potuto dormire , perché in poche ore avevano dovuto organizzare i picchetti , stampare i manifesti , fare le scritte . Ma erano contenti : facevano siepe dinnanzi all ' ingresso degli stabilimenti , fronteggiati dallo schieramento della polizia . Non ci furono incidenti : anche per i crumiri sparuti e visibilmente convinti di star facendo una cattiva figura , ci furono solo lunghi , pazienti discorsi , ed appena qualche lazzo . « Venduti , cornuti e sordomuti » gridavano a tratti , e cioè incapaci di sentire e di giustificarsi . Volevano chiarire alcune cose , anche a noi : il ridicolo degli aumenti accettati dai sindacati scissionisti , la grave provocazione politica contenuta nell ' accordo « truffa » , il fatto che l ' accordo si firmasse a Milano , l ' ignobile connubio con i fascisti della CISNAL . « Quel di Loreto » , diceva un vecchio operaio . E per tutto il giorno fu un febbrile spandersi di notizie , un accorrere di staffette improvvisate che venivano al « rondò » da ogni parte di Sesto , dalla Breda , dai Magneti , dalla Ercole Marelli , dalla Falk : i dirigenti raccoglievano le notizie , i dati percentuali ( uno di loro manovrava rapidamente un regolo calcolatore ) e ce ne spiegavano il significato in termini definitivi . Il loro linguaggio , rigidamente politico , e che in altra situazione avrebbe anche potuto apparire schematico , pareva qui perfettamente giustificato . E un linguaggio sorto da questi luoghi , un linguaggio carico di storia . Un secolo fa , Sesto era ancora un borgo di campagna , buono per la villeggiatura della borghesia milanese : il clima era mite , « il beato di Sesto aer sereno » che piacque al Monti ( oggi è diverso , vi domina l ' afa caliginosa di tutti i centri industriali ) . Anche i più giovani ricordano i tempi del tram a cavalli , che proprio qui davanti faceva un largo giro , per rientrare a Milano : ne è rimasta traccia nel nome di questa piazza , che ancor oggi si chiama « rondò » . Il primo inizio dell ' attività industriale è del 1840 , con le filande dei Puricelli Guerra e dei Gaslini . Ma è stato nel ventennio , con due guerre mondiali e l ' autarchia , che Sesto si è enormemente accresciuta : dai 4189 abitanti del 1861 siamo oggi a quasi 50mila : il terzo comune di tutta la provincia , dopo Milano e Monza , più di duemilasettecento abitanti per chilometro quadrato . In quel periodo si formò la fortuna dei Falk , una famiglia di ingegneri tedeschi , sagaci organizzatori di matrimoni a sfondo industriale , dei Breda e dei Marelli . Ercole Marelli si chiama una delle vie cittadine . Le maestranze impiegate raggiunsero persino le 40 mila unità , prima della smobilitazione della Breda : a quel tempo , cioè negli anni successivi al '47 , ci fu una lotta assai dura , di cui restano palesi tracce nelle grandi scritte che ancora restano sui muri : incitano gli operai a salvare la Breda , e con essa l ' economia lombarda . Ne furono licenziati l0mila , che oggi si son riversati nell ' edilizia , o sono stati riassunti a termine ( veri contratti capestro ) o son finiti nella miseranda schiera dei venditori ambulanti e nel declassamento . Ne abbiamo conosciuto uno , un ragazzo della Breda , che ha fatto un po ' tutti i mestieri , ed ora è finito male ; ma lo racconta con una residua fierezza , né diserta il suo circolo , e partecipa moralmente allo sciopero . Gli operai di Sesto son oggi 30 000 circa , di cui seimila donne . Di essi 6946 lavorano alla Falk , che oggi è il complesso più forte , e non solo numericamente . 6700 alla Breda , 5200 alla Ercole Marelli , 4800 alla Magneti . Gli altri son distribuiti nelle fabbriche minori ( minori solo per modo di dire , perché spesso superano i duemila dipendenti , cioè alla OSVA , alla Pirelli , ecc . ) . Non tutti gli operai abitano a Sesto : alla fine del turno prendono il treno per Milano , per Monza , e addirittura per i paesi del Cremasco , del Bergamasco , della Brianza , vanno a Brugherio , Usmate , Agrate . I brianzoli sono gli operai più recenti , quasi tutti ex contadini , e si distinguono facilmente dagli altri , non solo per il loro dialetto cupo ed incomprensibile , ma anche per una sostanziale differenza nell ' aspetto fisico , nel modo di vestire , di muoversi , di gestire . Lavorano quasi tutti alla Falk , nel reparto siderurgico . La Falk infatti ha un ciclo di lavorazione completo , dalla siderurgia alla metallurgia , e produce ghisa , ferro , acciaio , laminati . La Breda ha quattro reparti distinti , anche nella produzione : macchine elettriche il primo , materiale ferroviario il secondo ; il terzo , che si chiama eufemisticamente sezione fucina , è in realtà di produzione bellica , soprattutto proiettili da cannone , mentre il quarto è un reparto siderurgico . Apparecchi elettrici ed elettrodomestici si producono nei due stabilimenti Marelli . Le paghe medie degli operai di Sesto superano spesso quelle di altre maestranze . Un operaio di medio livello , con moglie e due figli , riceve oggi 735 007 lire annue ( nel computo è compreso , oltre alla paga base , il caropane , la gratifica natalizia , gli assegni familiari , l ' indennità di mensa , insomma qualsiasi somma percepita a qualsiasi titolo ) . Confrontata con la paga del primo luglio 1938 , che era di 8095,20 questa ( l ' oggi appare rivalutata nella misura di 90,80 volte . Se alla paga sommiamo gli oneri sociali , troveremo che un operaio medio costa annualmente alla ditta 920 183 lire , contro le 9042 del 1938; la rivalutazione , in questo caso , è di 101,76 volte . Questa differenza di dieci punti significa che la rivalutazione dei salari non è stata congrua , rispetto alle richieste rivalutative degli enti statali di assistenza sociale . Ed ecco la situazione degli impiegati e dei tecnici ( complessivamente circa diecimila dipendenti , a Sesto ) : 13.283,30 lire nel 1938 contro 10.194,65 lire di oggi ( si parla sempre di impiegato medio con carico familiare tipico , cioè moglie e due figli ) . Il costo totale di un impiegato medio , compresi gli oneri sociali , è oggi di 1.297.092 lire , contro le 13.342,72 del 1938 . La rivalutazione degli stipendi si è fatta quindi nella misura di 75,75 volte , quella dei costi totali invece nella misura di 84,54 volte . Lo scarto fra l ' una e l ' altra rivalutazione rimane perciò costante ; ma in linea generale è chiaro che gli impiegati non hanno realizzato i progressi degli operai , e sono proporzionalmente trattati peggio . Ciò dipende dalla loro minore combattività e da un malinteso spirito di categoria , che li stacca spesso dalle lotte delle maestranze : le direzioni degli stabilimenti mirano a conservare e peggiorare questa situazione . Un recente viaggio « d ' istruzione » in America a cui hanno partecipato tecnici ed impiegati della Falk mirava proprio a questo . Questo va tenuto presente , se si vuol comprendere la situazione sindacale di Sesto . Su di essa influiscono numerosi e diversi elementi : l ' origine sociale delle maestranze , la provenienza geografica , il tipo della lavorazione . Diamo una scorsa ai risultati più recenti per la elezione della commissione interna . Cerchiamo di interpretarli : all ' osservatore astratto può forse sembrare strano che l ' UIL , sia quasi sempre assente dalla competizione elettorale per la CI . L ' opinione diffusa è che la socialdemocrazia milanese dovrebbe ottenere ben altri risultati ; ma è un ' opinione astratta . In realtà i voti che Saragat raccoglie nel milanese son voti di bottegai e di impiegati . Il padronato industriale punta sulla CISL , la quale ha alle sue spalle il peso della tradizione cattolica e dell ' appoggio del clero . Non a caso le percentuali più alte son quelle ottenute alla Falk , ed in particolare nei reparti siderurgici , che occupano prevalentemente maestranze della Brianza , cattoliche e di recente origine contadina . I dirigenti della Falk conoscono benissimo l ' importanza di queste cose , e perciò finanziano le parrocchie , ottenendo in cambio pubblici elogi dall ' altare , ogni domenica al momento del Vangelo . Per questo si son preoccupati di far giungere gratuitamente ad ogni operaio una copia di Nuovi martiri cristiani del Pisoni , insieme , naturalmente , a Ho scelto la libertà . La punta massima raggiunta dalla CISL la troviamo alla Falk Ge.Va . : una sigla che significa « servizi generali e vari » , cioè mensa , pulizia dei reparti , magazzinaggio ecc. È insomma il reparto più lontano dalla produzione , meno legato al ritmo del lavoro complessivo , quello che raccoglie in più larga misura raccomandati e confidenti del padrone . Nello schieramento padronale è alla Falk il punto più avanzato , quello su cui si concentra tutta la spinta organizzata di ogni genere di pressioni , della corruzione , della propaganda differenziata . Falk si pone più di ogni altro il problema dei cosiddetti human relations , e lo risolve da par suo : ha creato due villaggi operai , l ' Edison e il Diaz : può minacciare di sfratto gli operai che si rendano sgraditi . Ha organizzato un asilo infantile , di tipo montessoriano : l ' importanza di iniziative verso l ' infanzia non può sfuggire a nessuno , se si pensa che un sesto delle maestranze è costituito da donne . Svolge attività assistenziale e « culturale » , cioè gite , squadre sportive , qualche mostra di pittura . In genere i padroni non si pongono mai seriamente il problema di una vita culturale fra gli operai : la cultura , qualunque essa sia , è sempre in qualche modo rivoluzionaria . A detta di qualche operaio , oggi si fa meno , in quel settore , che sotto il fascismo . La mediocre leggenda della « Stalingrado d ' Italia » ( che , guardata da vicino , non significa assolutamente nulla ) è di elaborazione padronale , ed infatti si è diffusa attraverso la stampa milanese . Gli operai , in qualche misura , han commesso l ' ingenuità di accettarla . L ' azione repressiva si svolge in forme ormai consuete , nelle fabbriche italiane : c ' è il tempo di polizia ( « un reggimento » , dicono gli operai ) organizzato alla militare , con una bella divisa di panno blu ; si convocano le mogli degli operai per premere sui mariti , si punisce e si licenzia per aver propagato « notizie false e tendenziose » , cioè per aver criticato l ' opera delle direzioni . Si taralo firmare , specialmente alle donne , contratti contenenti clausole che impegnano a non partecipare a scioperi , o addirittura a non prendere marito . I Falk sono ormai specializzati , in questo tipo di attività . Per questo , in quei giorni lieti e quasi festosi di Sesto San Giovanni , le notizie che venivano dai cancelli della Falk erano le più attese : le percentuali furono buone sin dal mattino , ma crebbero nel pomeriggio e raggiunsero nell ' ultimo turno punte mai viste . Allora han fatto festa , perché i « falchetti » si eran comportati bene . Siamo rientrati a Milano con il treno : tram ed autobus crumiri passavano rari , tristi ed affollati , col fattorino scortato dalla polizia . Davanti al finestrino scorreva il duro paesaggio di Sesto , le alte muraglie plumbee , i massicci edifici degli stabilimenti , la lunga strada di Monza che taglia in due l ' abitato . È un luogo comune quello che fa di Sesto la periferia industriale di Milano . Forse era vero sino a qualche anno fa : Sesto è cresciuta a casaccio , case e fabbriche accavallate ai fianchi di un ' unica via congestionata di traffico ; la stazione ferroviaria è rimasta quella di un tempo , un casotto giallo , come di villaggio campagnolo . I diretti neppure si fermano , sferragliano fischiando tra le banchine affollate di operai in attesa . Ma qualcosa , e non solo dal punto di vista urbanistico , sta cambiando . Gli amministratori del comune vogliono far di Sesto una cittadina moderna , con una sua precisa fisionomia . Per questo hanno riorganizzato i servizi pubblici , le fognature e le strade , han costruito i marciapiedi ( e questa è stata una grossa novità per tutti ) hanno aperto al pubblico un bel parco verde , ed hanno acquistato la villa Zorn per farne un centro di riposo e di svago . A villa Zorn è ospitata la biblioteca di Sesto , che è una grata eccezione nel panorama generale delle biblioteche italiane ( istituti settecenteschi ancora , nella struttura e nel funzionamento ) . La biblioteca di Sesto , che ha appena tre anni di vita , è un centro di diffusione culturale , dove si tengono conferenze , discussioni , mostre di arte , scuole di pittura , audizioni musicali . Si potrebbe pensare che tutto questo non è poi di grande utilità , visto che la capitale lombarda è a dieci minuti di treno . Ma il bibliotecario , che è un giovane insegnante cattolico , spiega che è giusto ed indispensabile , invece , questo legame culturale degli operai ( e di tutti ) con la vita di Sesto , con il lavoro e la produzione di Sesto . Vogliono creare il centro civico , in una grande nuovissima piazza che farà centro intorno alla casa comunale e che si chiamerà « Piazza della Resistenza » . Stanno per ottenere dal Ministero dell ' Interno il titolo di città , e ne sono orgogliosi . In altra situazione sarebbe ovvio pensare ad una forma provinciale di campanilismo , ma Sesto è diverso . Un giovane funzionario comunista mi fa vedere la raccolta di un settimanale che un gruppo di operai fondò e diresse fino a qualche anno fa . È un foglio agile ed elegante , persino pretenzioso , forse . Sesto Rondò , e cioè vuol alludere sin dal titolo , ad un aspetto antico e tradizionale della vita sestese . Questo non è , ripetiamo , campanilismo o nostalgia assurda , oltre tutto , in uomini giovani e seriamente moderni come son questi . La verità è che Sesto conquista in questo modo la sua maturità , staccandosi , anche nel costume , dal feudo del capitale milanese : ora che si son fatti adulti i cittadini di Sesto vogliono essere tali . Non sono più di periferia di Milano .
StampaQuotidiana ,
I gerarchi fascisti hanno condotto tra le nuove generazioni italiane una campagna sistematica di menzogne e di calunnie contro la democrazia . La democrazia , secondo loro , sarebbe la causa di tutti i mali di cui soffrono le nazioni . Essa renderebbe deboli gli Stati e impotenti i governi . La propaganda fascista , in particolar modo , accusava la democrazia di avere provocato l ' indebolimento d ' Italia subito dopo l ' altra guerra mondiale . Gli ordinamenti democratici e gli uomini di Stato dei regimi liberali sono stati presentati dai fascisti , persino nei libri di testo delle scuole , i primi come modello di disordine , i secondi come modello di corruzione , di debolezza , d ' incapacità . Per vent ' anni è stata condotta in Italia questa campagna antidemocratica , senza che a nessuno fosse permesso né sul terreno dottrinale e meno ancora sul terreno politico , di rispondere ad essa , di metterne a nudo l ' inconsistenza e la falsità . È quindi comprensibile che oggi , quando si parla di libertà e di democrazia a giovani italiani ancora ieri fascisti , si incontri spesso dello scetticismo , e quasi sempre della incomprensione . Chiarire le idee a proposito di questi concetti politici elementari fa dunque parte di quell ' opera di rieducazione collettiva della nazione , alla quale tutti gli italiani hanno oggi il dovere di accingersi . Per respingere la menzognera propaganda fascista contro la democrazia , ci si potrebbe accontentare di fare una cosa molto semplice . Basterebbe domandare ai critici fascisti della democrazia che cosa ha fatto il loro regime antidemocratico , dittatoriale , tirannico . La sola cosa che è stato capace di fare è di portare l ' Italia alla rovina e di mantenere per vent ' anni alla testa del paese una banda di birbe e di malandrini . Si capisce che fosse contro la democrazia , il gerarca fascista , che privando i cittadini di ogni forma di controllo politico e amministrativo , assicura l ' impunità delle sue ruberie . Ed è pure assolutamente sicuro che se il popolo avesse potuto partecipare alla vita politica e far trionfare la sua volontà , Mussolini non avrebbe potuto rimanere a lungo al potere , non avrebbe potuto gettare l ' Italia nell ' abisso in cui l ' ha gettata , perché , se non altro , dopo la prima delle sue vergognose sconfitte sarebbe stato mandato davanti a un ' alta corte di giustizia e a un plotone di esecuzione . Si capisce , dunque , che Mussolini fosse contro la democrazia e per quello ch ' egli chiamava un governo forte . Il governo « forte » , per lui , era quello che gli permetteva di infischiarsi della volontà popolare , di calpestare gli interessi della nazione , di saccheggiare la ricchezza dello Stato , di farsi passare per un gran uomo di Stato e persino per un grande capitano mentre non era che un demagogo incapace e ridicolo , e di vendere l ' Italia allo straniero per evitare di render conto dei suoi delitti . In un regime di democrazia questo è certo queste cose non gli sarebbero state permesse . Dopo l ' esperienza tragica e devastatrice del fascismo , insomma , sarà ben difficile che in Italia qualcuno possa sul serio prendere davanti al popolo le difese delle forme di governo antidemocratico , tirannico , che furono proprie del fascismo . Ma , d ' altra parte , sarebbe un grave errore non capire che un paese come l ' Italia , il quale uscirà dalla guerra devastato nei suoi beni materiali e lacerato nella sua compagine morale , avrà bisogno di un governo che veramente sia forte , cioè goda di una vera autorità , realizzi attorno a sé l ' unità di tutte le forze sane della nazione , e abbia l ' energia necessaria per stroncare in germe ogni tentativo di rinascita della reazione fascista . I vecchi regimi e governi liberali e democratici peccavano assai sotto questo aspetto . È vero , essi assicuravano formalmente alle masse popolari certe libertà ( di stampa , di riunione , di organizzazione , ecc . ) che erano scritte nella Costituzione . Ma essi non garantirono il popolo contro la violenza e soppressione della Costituzione stessa , che venne realizzata dal fascismo con la complicità delle caste dirigenti italiane . In che cosa consisteva dunque la debolezza , il difetto , dei vecchi regimi e governi democratici ? Ci sembra , a voler riassumere , che consistesse in tre cose : 1 . le libertà concesse al popolo erano incomplete , limitate ; erano quasi date di malincuore ; nessuno o ben pochi ammettevano , in sostanza , che le libertà democratiche non sono una specie di regalo che si fa al popolo per tenerlo tranquillo , ma sono la base stessa dello Stato , perché sono esse che consentono al popolo di tenere nelle sue mani , com ' è necessario , le sorti della nazione ; 2 . se le libertà popolari erano in tutti i modi limitate e ristrette , illimitata era invece la libertà di cui disponevano le caste plutocratiche del paese , le quali si consideravano ed erano di fatto padrone delle sorti d ' Italia . A queste caste plutocratiche non solo era concesso di disporre nel loro interesse esclusivo delle ricchezze nazionali , ma era concesso di intrigare contro la volontà popolare , per far prevalere sugli interessi collettivi della nazione i loro interessi egoistici ; 3 . infine , la debolezza più grave fu che quando sorse un movimento come quello fascista , che si proponeva di sopprimere la democrazia , questa non si difese , non prese misure energiche per stroncare il fascismo in germe e difendere le libertà popolari ; anzi , capitolò davanti al fascismo e gli aprì la strada . E questo perché ? Perché il fascismo era la creatura di quei gruppi plutocratici che erano i veri padroni del paese ! Per queste ragioni la democrazia , non avendo né voluto né saputo distruggere i suoi nemici , fu colpita a morte , e coloro stessi che la colpivano la prendevano in giro , dicendo ch ' essa era un governo « debole » . Sulle rovine del fascismo dovrà essere costruito in Italia un regime democratico . Su questo sembra che oggi tutti siano d ' accordo . Ma l ' essenziale è che questo sia non solo un regime democratico , ma un regime nazionale veramente forte , capace di assicurare il lavoro , l ' ordine e la disciplina di tutta la nazione , capace di garantire l ' Italia e il mondo da ogni rigurgito e ritorno offensivo della barbarie fascista sul nostro paese . Tale potrà essere soltanto un regime che sia democratico non solo di nome , ma di fatto , che non abbia paura di appoggiarsi veramente sul popolo , di estendere e garantire tutte le libertà popolari , di affidare alle masse popolari la direzione e il controllo effettivo della vita nazionale . I rigori di questo regime non dovranno essere diretti contro i lavoratori , gli intellettuali , gli operai , i contadini ; ma contro quei gruppi di plutocrazia avida e cinica , che ha generato il fascismo , che ha voluto la guerra e la rovina della nazione , che ha dimostrato di essere una forza antinazionale . Quali misure dovranno essere prese per rendere impotenti questi gruppi di nemici della nazione , è una cosa che la nazione stessa , nella sua sovranità , dovrà decidere . Una cosa però può e deve essere detta sin d ' ora : una democrazia forte dovrà essere una democrazia antiplutocratica e antifascista , la quale non strappi soltanto i denti alla reazione e al fascismo per aspettare che ne crescan degli altri , ma che spezzi tanto al fascismo che ad ogni altra forma di reazione , il filo della schiena per sempre , ne distrugga le radici e in questo modo assicuri all ' Italia un futuro di libertà , di benessere e di grandezza .