StampaQuotidiana ,
In
quella
che
Einaudi
chiamò
"
la
grande
speranza
"
,
la
speranza
formatasi
negli
anni
della
Resistenza
,
di
una
Italia
rinnovata
,
dove
tutti
i
cittadini
partecipassero
alla
vita
collettiva
,
si
sentissero
organi
dello
Stato
,
desiderassero
un
paese
pulito
,
retto
da
una
legge
severa
,
che
non
lasciasse
adito
ad
arbitrii
,
le
Regioni
avevano
posto
non
secondario
.
Basta
con
il
centralismo
,
basta
con
le
striminzite
strutture
provinciali
che
dalla
unificazione
non
hanno
potuto
pesare
sugl
'
indirizzi
generali
dello
Stato
;
vengano
avanti
le
Regioni
,
unità
naturali
,
poste
in
luce
anche
da
quel
dialetto
,
combattuto
dal
fascismo
,
ma
che
ha
dato
vita
ad
opere
d
'
arte
di
primo
piano
-
Porta
e
Belli
,
un
gradino
più
sotto
Pascarella
,
-
che
attraverso
Trilussa
ha
aiutato
la
resistenza
al
regime
,
con
la
cui
voce
si
è
espresso
il
teatro
più
popolare
.
Nella
prima
seduta
della
commissione
per
la
riforma
dello
Stato
che
aveva
insediato
il
presidente
Bonomi
,
con
l
'
on.
Bogianchino
ci
chiedevamo
se
non
si
potesse
definire
l
'
Italia
come
Stato
federale
.
Non
che
pensassimo
a
scindere
l
'
unità
;
non
volevamo
neppure
qualcosa
come
i
Cantoni
svizzeri
,
che
hanno
magistrature
a
sé
;
meno
che
mai
pensavamo
agli
ardimenti
che
furono
poi
dello
statuto
siciliano
,
la
polizia
alle
dipendenze
del
presidente
regionale
,
una
corte
paritaria
a
dirimere
i
conflitti
con
lo
Stato
;
guardavamo
piuttosto
ai
vecchi
Laender
austriaci
,
con
piccoli
Parlamenti
,
che
dettassero
leggi
in
materia
agraria
,
mineraria
,
di
opere
pubbliche
,
d
'
igiene
e
sanità
,
d
'
istruzione
primaria
e
magari
anche
secondaria
.
Vedevamo
chiaro
come
si
sarebbero
formate
le
Regioni
.
Una
legge
avrebbe
stabilito
quali
potessero
essere
le
loro
incombenze
,
lasciando
ad
ognuna
di
assumersele
tutte
od
alcune
soltanto
.
E
naturalmente
la
prima
attuazione
sarebbe
stata
nelle
Regioni
settentrionali
,
che
avrebbero
costruito
il
modello
.
Qui
c
'
era
già
l
'
embrione
con
i
Comitati
di
Liberazione
Nazionale
disposti
scalarmente
in
cerchie
di
territorio
sempre
più
larghe
,
ed
al
vertice
quel
Comitato
Liberazione
Nazionale
Alta
Italia
,
così
ricco
di
competenze
.
Qui
c
'
era
ah
antiquo
l
'
avversione
a
Roma
ed
alla
burocrazia
romana
ed
il
desiderio
di
fare
da
sé
;
qui
c
'
erano
le
migliori
tradizioni
,
bilanci
in
pareggio
,
fiducia
dei
cittadini
nell
'
amministrazione
,
non
pletora
d
'
impiegati
.
Queste
regioni
-
Piemonte
,
Lombardia
,
Liguria
-
dovevano
essere
la
guida
.
Pensavamo
anche
che
attraverso
le
Regioni
i
giovani
dell
'
Italia
settentrionale
avrebbero
ripreso
ad
entrare
nell
'
amministrazione
,
che
da
tempo
disertavano
,
e
si
sarebbe
così
ripristinata
una
sana
tradizione
.
Immaginavamo
che
essere
maestro
in
una
di
queste
Regioni
sarebbe
stato
titolo
di
cui
ci
si
sarebbe
fregiati
più
assai
di
quello
di
"
statale
"
.
La
prima
delusione
venne
proprio
da
queste
Regioni
,
nessuna
delle
quali
mostrò
di
aspirare
affatto
a
formare
il
nuovo
organismo
.
Le
aspirazioni
regionali
,
Valle
d
'
Aosta
e
Trentino
a
parte
,
furono
delle
zone
dove
la
tradizione
amministrativa
era
meno
brillante
,
dov
'
era
ad
attendersi
che
subito
si
sarebbe
formata
la
pletora
degli
impiegati
.
Un
duro
colpo
le
speranze
ricevettero
alla
Costituente
,
quando
si
decretò
il
mantenimento
delle
Province
.
Nella
nostra
visione
non
c
'
era
l
'
idea
di
un
accentramento
,
che
i
vecchi
capoluoghi
di
provincia
Storia
d
'
Italia
non
avessero
più
uffici
a
disposizione
del
pubblico
(
se
pure
tutti
noi
,
regionalisti
del
1945
,
ricordassimo
che
le
comunicazioni
erano
alquanto
mutate
dalla
unificazione
)
;
ma
avremmo
voluto
la
Regione
unica
persona
giuridica
con
unico
patrimonio
e
bilancio
,
unica
,
poco
numerosa
,
burocrazia
:
decentrata
magari
anche
nei
vecchi
capoluoghi
di
circondario
,
quando
fosse
opportuno
.
La
Provincia
con
quelle
poche
attribuzioni
brefotrofi
e
manicomi
,
laboratori
d
'
igiene
,
strade
provinciali
,
norme
sulla
caccia
-
non
ci
sembrava
dovesse
continuare
,
e
soprattutto
non
vedevamo
:
Province
più
Regioni
.
Delusione
ancora
più
grande
:
il
constatare
che
gli
italiani
possono
dire
male
della
burocrazia
statale
,
che
gl
'
impiegati
dello
Stato
possono
considerarsi
vittime
,
ma
che
nessuno
statale
è
disposto
a
divenire
dipendente
di
un
ente
locale
,
fosse
pure
il
più
ricco
,
quello
circondato
dalla
migliore
fama
,
quello
più
generoso
.
Uomini
politici
di
qualsiasi
partito
possono
anche
tenere
discorsi
a
favore
dell
'
autonomia
dei
Comuni
,
del
diritto
che
si
debba
loro
riconoscere
d
'
imporre
tributi
fuori
dei
quadri
delle
leggi
statali
,
di
assumere
iniziative
in
ogni
campo
;
ma
occorre
tacciano
intorno
alla
grossissima
menomazione
che
venne
portata
a
quell
'
autonomia
nel
periodo
fascista
,
e
che
credo
non
abbia
riscontro
in
alcun
regime
libero
,
di
porre
a
capo
dei
loro
uffici
un
funzionario
statale
;
debbono
tacere
,
perché
tutti
i
segretari
comunali
,
come
tutti
i
maestri
,
desiderano
restare
statali
.
Ed
i
giovani
dell
'
Alta
Italia
continuano
a
disertare
la
burocrazia
;
senza
spiegazioni
economiche
;
conosco
moltissimi
professionisti
che
guadagnano
meno
dei
loro
coetanei
entrati
nei
ranghi
governativi
;
ma
tant
'
è
,
quella
diserzione
si
dà
.
Ultima
delusione
.
Immaginavamo
che
nei
rami
di
attività
che
sarebbero
stati
affidati
alle
Regioni
i
Ministeri
non
sarebbero
rimasti
che
come
organi
di
coordinamento
,
che
dessero
direttive
,
risolvessero
conflitti
;
un
piccolo
stato
maggiore
.
L
'
attuale
burocrazia
passata
alle
Regioni
;
dove
c
'
erano
venti
capidivisione
,
diciannove
sarebbero
passati
alle
Regioni
,
ed
uno
rimasto
al
Ministero
.
Ci
rendemmo
conto
che
la
burocrazia
romana
non
avrebbe
accettato
la
riduzione
di
un
sol
posto
,
che
nessun
ministro
avrebbe
avuto
la
forza
occorrente
per
allontanare
da
Roma
un
solo
impiegato
.
Da
quelle
speranze
sono
passati
oltre
venti
anni
.
Dobbiamo
constatare
varie
cose
.
Dove
si
sono
costituite
le
Regioni
,
malgrado
gli
inconvenienti
che
possono
essersi
verificati
,
nessuno
vorrebbe
tornare
indietro
e
rinunciarvi
.
Il
Trentino
-
Alto
Adige
,
tormentato
dalla
questione
tedesca
,
dà
tuttavia
le
ottime
istituzioni
locali
(
ad
es.
casse
di
malattia
)
ch
'
era
ad
attendersi
.
La
Sicilia
ha
dato
una
grande
prova
di
patriottismo
italiano
e
di
buon
senso
accettando
un
tacito
adattamento
del
suo
statuto
,
sì
che
fosse
intatta
la
sovranità
nazionale
:
con
alcune
rinunce
ed
alcuni
compensi
(
le
azioni
al
portatore
)
rispetto
a
quel
ch
'
era
ivi
previsto
.
Alcune
Province
,
pure
restando
le
loro
competenze
nel
limitato
vecchio
quadro
legislativo
,
danno
,
grazie
ai
loro
amministratori
,
prova
di
attività
,
costituiscono
coordinamento
di
energie
,
collegamento
d
'
iniziative
;
penso
a
Torino
ed
a
Cuneo
,
a
Bologna
ed
in
genere
alle
Province
emiliane
,
che
si
tengono
in
costante
rapporto
tra
loro
per
utili
studi
e
progetti
.
Si
costituiranno
le
Regioni
previste
dalla
Costituzione
?
Non
lo
sappiamo
.
Se
sì
,
non
saranno
certo
quelle
che
vagheggiavamo
nel
'45
,
non
rappresenteranno
quel
distacco
da
Roma
,
quella
reazione
al
centralismo
,
quel
vivo
appello
alle
energie
locali
,
quel
chiamare
il
popolo
a
partecipare
direttamente
ad
una
politica
che
si
vivificasse
applicando
ai
problemi
locali
le
direttive
generali
,
che
avevamo
sperato
nel
'45
,
allorché
le
Regioni
sarebbero
potute
apparire
le
dirette
eredi
dei
Comitati
di
Liberazione
.
Reagiamo
come
allora
alla
stolida
accusa
di
chi
pensa
che
le
Regioni
minerebbero
l
'
unità
nazionale
;
ma
se
non
si
creeranno
,
non
saremo
amareggiati
per
una
nuova
delusione
.
Certo
,
della
"
grande
speranza
"
pochissimo
si
è
realizzato
;
però
si
è
salvata
la
conquista
essenziale
,
quella
della
libertà
.
E
non
si
deve
per
le
speranze
che
non
si
realizzarono
,
essere
ingiusti
.
Le
vecchiaie
serene
constatano
le
proprie
sconfitte
,
ma
non
per
questo
disconoscono
quel
che
possa
esservi
di
positivo
nel
presente
;
e
non
dimenticano
che
la
storia
la
costruiscono
,
sì
,
gli
uomini
,
ma
la
realizzazione
dei
loro
piani
è
sempre
approssimativa
,
quel
che
vien
fuori
non
è
solo
il
risultato
di
componenti
diverse
,
ma
avverte
anche
il
tocco
dell
'
imprevedibile
,
diciamo
pure
del
caso
.
StampaQuotidiana ,
Sono
uscite
quasi
contemporaneamente
la
versione
italiana
della
Storia
d
'
Italia
dal
1861
al
1958
di
Denis
Mack
Smith
e
le
memorie
Dalla
monarchia
alla
Repubblica
di
Giuseppe
Romita
,
di
cui
ha
dato
ampia
notizia
Salvatorelli
.
Due
libri
quasi
senza
punti
di
contatto
tra
loro
,
se
pur
qualche
pagina
di
Mack
Smith
tocchi
il
periodo
di
Romita
.
Ma
scorrendoli
sorgevano
in
me
quasi
identici
pensieri
.
Com
'
è
noto
,
lo
storico
inglese
ritiene
che
vizi
costituzionali
abbiano
impedito
all
'
Italia
di
diventare
una
nazione
liberale
com
'
era
stato
nelle
intenzioni
di
alcuni
tra
i
suoi
fondatori
;
e
pure
riconoscendo
la
genialità
di
Cavour
,
il
suo
antivedere
,
gl
'
inestimabili
servizi
resi
al
Piemonte
tra
il
1850
ed
il
1855
con
le
riforme
interne
,
lo
accusa
di
opportunismo
e
di
machiavellismo
;
"
in
teoria
era
pronto
ad
ammettere
che
i
mazziniani
fossero
meno
pericolosi
dentro
che
fuori
il
Parlamento
,
ma
in
pratica
costrinse
gli
estremisti
al
metodo
della
cospirazione
clandestina
,
impedendo
loro
di
manifestare
liberamente
le
proprie
opinioni
"
.
Con
diverse
parole
,
qualcosa
di
ciò
era
già
nell
'
appellativo
dato
a
Cavour
di
grande
realizzatore
,
nel
raffronto
tra
le
figure
di
Cavour
e
di
Ricasoli
che
tracciava
quarant
'
anni
or
sono
Gentile
nel
suo
Gino
Capponi
.
È
dato
comune
che
Cavour
,
pur
di
profonda
cultura
,
fu
l
'
antitesi
del
dottrinario
;
mai
dominato
da
preconcetti
,
da
idee
fisse
.
Ma
meno
si
accentua
il
peso
ch
'
ebbe
in
tutta
la
sua
politica
l
'
avversione
intima
a
ciò
che
sapesse
di
giacobinismo
e
quanto
nella
fase
decisiva
,
nel
biennio
miracoloso
1859-61
,
pesassero
sue
preoccupazioni
:
quella
delle
gare
di
campanile
atte
a
minare
la
unità
,
che
lo
portò
a
proclamare
Roma
capitale
necessaria
,
ponendo
i
problemi
che
nascevano
dalla
riunione
nella
stessa
città
della
sede
pontificia
e
del
centro
della
nazione
,
problemi
che
dopo
un
secolo
appaiono
più
reali
e
complessi
che
mai
;
ed
ancora
,
per
questo
timore
di
vedere
insidiata
l
'
unità
a
mala
pena
raggiunta
,
la
diffidenza
per
Garibaldi
,
l
'
affrettata
unificazione
legislativa
ed
amministrativa
del
Mezzogiorno
:
un
'
altra
eredità
non
ancora
smaltita
.
E
per
quanto
sappiamo
che
son
domande
che
resteranno
senza
risposta
,
siamo
tratti
chiederci
:
vide
sempre
bene
Cavour
?
l
'
unità
avrebbe
davvero
pericolato
se
si
fosse
nutrita
maggior
fiducia
in
Garibaldi
,
non
si
fossero
preferiti
ufficiali
e
funzionari
borbonici
a
garibaldini
,
si
fosse
concesso
alle
regioni
un
ragionevole
ambito
di
attività
amministrativa
,
non
messa
l
'
ipoteca
su
Roma
?
e
,
prima
ancora
,
l
'
unità
non
si
sarebbe
lo
stesso
compiuta
se
le
azioni
avessero
sempre
corrisposto
ai
programmi
,
se
si
fosse
lasciata
piena
libertà
di
parola
a
mazziniani
ed
a
clericali
,
non
si
fossero
toccati
magistrati
e
funzionari
,
che
non
potevano
rassegnarsi
a
veder
legiferare
in
materia
ecclesiastica
malgrado
le
censure
pontificie
?
Ebbene
,
analoghi
pensieri
vo
rivolgendo
nel
rievocare
,
attraverso
le
memorie
di
Romita
,
il
1944-'47
.
Soglio
chiamarlo
il
periodo
del
roveto
ardente
;
perché
,
a
parte
quello
ch
'
esso
fu
per
la
parte
migliore
dei
partigiani
,
per
i
capi
della
Resistenza
,
il
finire
della
guerra
segnò
per
i
più
degl
'
italiani
un
breve
stato
di
grazia
;
qualcosa
di
simile
al
benessere
della
convalescenza
dopo
una
lunga
malattia
,
all
'
empito
di
riconoscenza
verso
Dio
di
chi
sa
ora
che
vivrà
mentre
aveva
visto
aperta
la
tomba
.
In
quel
momento
si
sarebbe
forse
potuto
pur
ottenere
dal
Papa
un
ritocco
del
Concordato
.
Ma
certo
si
potevano
porre
nuove
leggi
improntate
ad
una
austerità
mazziniana
,
operare
radicali
riforme
del
sistema
fiscale
,
stabilire
il
giuramento
dei
redditi
con
le
più
gravi
sanzioni
,
ribadire
il
principio
che
il
funzionario
è
al
servizio
del
pubblico
,
ritoccare
in
pochi
giorni
il
codice
penale
,
dire
"
basta
"
a
certe
pratiche
carcerarie
e
di
polizia
,
sopprimere
una
sequela
di
uffici
inutili
.
Per
questo
non
era
necessario
fare
vittime
,
ma
occorreva
mutare
un
certo
numero
di
capi
.
Nel
1849
si
era
creduto
che
per
ristabilire
il
senso
della
disciplina
militare
occorresse
fucilare
il
generale
Ramorino
;
grave
errore
politico
,
errore
giudiziario
,
anche
,
pensano
molti
storici
del
Risorgimento
.
Nel
1945
nessuno
voleva
ancora
sangue
;
ma
se
qualche
generale
ch
'
era
passato
nel
campo
opposto
a
quello
del
suo
re
fosse
stato
degradato
nel
cortile
di
una
caserma
,
non
si
sarebbe
ferito
il
senso
militare
come
lo
si
ferì
riammettendo
tutti
nei
loro
gradi
,
facendo
valere
per
tutti
la
scusa
della
coartazione
.
Penso
con
rossore
alla
epurazione
;
che
non
colpì
che
gli
umilissimi
,
e
salvò
tutti
i
potenti
.
Bonomi
aveva
stabilito
,
facendone
modesta
applicazione
,
una
dispensa
per
gli
alti
funzionari
;
gli
sembrava
che
un
prefetto
che
aveva
presieduto
a
tutte
le
manifestazioni
del
regime
,
un
ambasciatore
che
aveva
reso
difficile
la
vita
agli
antifascisti
esuli
,
non
potessero
continuare
a
coprire
i
loro
uffici
,
voltando
casacca
.
Questo
era
sembrato
ovvio
ad
ogni
mutamento
di
regime
,
anche
seguito
in
circostanze
meno
tragiche
della
caduta
del
fascismo
.
Ma
De
Gasperi
ammise
una
opposizione
dei
colpiti
,
attraverso
cui
tutti
rientrarono
,
salvo
due
o
tre
che
sdegnosi
non
vollero
muovere
un
passo
(
e
fu
brutto
che
non
li
si
riammettesse
d
'
ufficio
,
ché
erano
i
più
stimabili
)
.
Restò
così
tutta
la
vecchia
burocrazia
,
che
aveva
profondamente
assimilato
dal
fascismo
il
paternalismo
,
il
principio
che
non
si
deve
mai
abbandonare
l
'
inferiore
quando
pure
abbia
torto
marcio
,
nonché
una
profonda
sfiducia
verso
le
iniziative
,
municipalizzazioni
o
cooperative
,
care
ai
socialisti
del
principio
del
secolo
;
un
irridere
alle
"
anime
belle
"
,
ai
moralizzatori
,
a
chi
non
si
rassegna
al
"
si
è
sempre
fatto
così
"
.
Non
si
ridussero
università
ma
si
creò
una
pletora
di
nuove
facoltà
;
non
si
costrinsero
i
professori
ed
i
magistrati
a
stare
in
sede
;
si
conservò
e
si
accrebbe
lo
sfarzo
negli
edifici
pubblici
,
lo
sperpero
del
danaro
pubblico
in
rivoletti
infiniti
,
che
non
irrorano
né
fecondano
alcuna
zolla
.
(
Creazione
di
nuove
Corti
,
tribunali
,
preture
e
mancanza
di
ogni
attrezzatura
,
carceri
in
condizioni
penose
;
nuove
facoltà
,
e
non
fondi
per
le
ricerche
scientifiche
né
per
stroncare
l
'
analfabetismo
)
.
Perché
seguiva
ciò
?
per
uno
stato
d
'
animo
analogo
a
quello
con
cui
si
conchiudeva
il
Risorgimento
:
la
sfiducia
,
la
paura
.
Cavour
come
De
Gasperi
pensavano
che
dei
muri
maestri
sarebbero
crollati
se
si
fosse
degradato
un
generale
,
o
semplicemente
sostituiti
i
prefetti
ed
i
direttori
generali
con
elementi
non
di
carriera
,
posto
un
Calamandrei
a
capo
della
Cassazione
;
se
si
fosse
accordata
autonomia
alle
regioni
,
se
i
ministri
avessero
preso
a
riconoscere
pubblicamente
le
malefatte
(
poche
e
rare
,
ammettiamolo
pure
;
ma
qualcuna
ce
ne
sarà
sempre
)
dei
loro
funzionari
.
Temevano
il
caos
.
Ebbero
ragione
?
ebbero
torto
?
inutile
domanda
.
Alcuni
di
noi
penseranno
sempre
che
dove
non
c
'
era
occupazione
russa
il
comunismo
mai
si
sarebbe
affermato
,
e
sarebbe
invece
fiorita
una
sana
democrazia
.
Altri
penserà
l
'
opposto
.
Ma
l
'
epilogo
dei
due
risorgimenti
ha
questo
tratto
in
comune
:
la
mancanza
di
"
pazzi
in
Cristo
"
o
nella
fede
nella
libertà
;
nell
'
uno
e
nell
'
altro
,
uomini
che
avevano
ed
avrebbero
ancora
rischiato
la
vita
,
dato
quella
dei
propri
figli
;
ma
che
,
sia
pure
pensan
do
non
a
sé
bensì
all
'
Italia
,
non
sapevano
dire
"
ogni
viltà
convien
che
qui
sia
morta
"
.
StampaQuotidiana ,
Si
parla
troppo
della
Resistenza
e
troppo
poco
dei
suoi
valori
.
Duole
di
sentirla
non
tanto
elogiare
,
quanto
considerare
inserita
in
un
pantheon
di
divinità
patrie
,
cui
il
cittadino
deve
bruciare
un
granello
d
'
incenso
,
da
chi
nutre
in
cuor
suo
avversione
per
quel
periodo
,
e
,
anche
se
non
ne
serbi
un
ricordo
perché
troppo
giovane
,
considera
assetto
ideale
il
fascismo
:
tutto
regolato
dall
'
alto
,
non
scioperi
,
non
agitazioni
,
pene
durissime
per
i
rari
ribelli
,
giornali
tutti
con
gli
stessi
accenti
,
un
buono
,
un
vero
,
un
bello
decretati
in
un
ministero
e
che
ciascuno
deve
accettare
.
Si
parla
troppo
della
Resistenza
e
poco
si
riflette
sui
suoi
valori
.
Nulla
a
stupire
.
In
ogni
religione
è
più
facile
genuflettersi
e
cantare
inni
che
chinarsi
al
giogo
delle
leggi
.
Ma
ammonirei
a
ricordare
ciò
che
la
storia
di
ogni
paese
insegna
:
quanto
sia
facile
seppellire
gl
'
ideali
innalzando
marmi
a
coloro
che
li
asseverarono
.
Quando
ero
bambino
vivevano
ancora
i
soldati
del
Risorgimento
,
quelli
che
avevano
lasciato
un
braccio
a
S
.
Martino
od
a
Custoza
.
Sotto
la
retorica
ufficiale
,
non
c
'
era
più
un
culto
per
loro
;
il
garibaldino
,
il
reduce
,
nella
narrativa
di
Pirandello
,
od
anche
nello
sfondo
di
quella
di
Rovetta
,
quando
non
è
un
profittatore
è
un
ingenuo
,
cui
si
guarda
con
compassione
.
Più
tardi
,
abbiamo
visto
portare
corone
a
Garibaldi
ed
a
Mazzini
degli
uomini
politici
e
sindaci
che
avevan
succhiato
col
latte
l
'
avversione
al
Risorgimento
,
che
detestavano
tutti
indistintamente
i
valori
asseverati
da
Garibaldi
e
da
Mazzini
.
"
A
egregie
cose
il
forte
animo
accendono
-
l
'
urne
de
'
forti
"
;
sì
,
ma
solo
il
forte
animo
,
e
di
chi
abbia
senso
storico
e
viva
in
una
tradizione
.
Ed
il
nostro
tempo
è
poco
incline
ad
inserirsi
in
tradizioni
,
ed
ama
guardare
all
'
avvenire
,
non
volgersi
al
passato
.
Garibaldi
,
negli
ultimi
anni
di
sua
vita
,
aveva
avvertito
questa
necessità
di
guardare
dinanzi
.
Nulla
aveva
mai
chiesto
per
i
suoi
,
ma
neppure
rievocava
benemerenze
passate
;
bensì
guardava
agli
sviluppi
di
un
socialismo
umanitario
,
ai
problemi
della
emigrazione
,
proponeva
leggi
per
la
bonifica
dell
'
Agro
romano
.
Bisogna
asseverare
i
valori
della
Resistenza
;
non
parlandone
in
blocco
,
come
di
cosa
nota
,
bensì
discernendoli
,
mettendoli
a
fuoco
,
proiettandoli
in
ciò
che
si
costruisce
,
in
quanto
si
vuole
realizzare
domani
.
Ricorderemo
allora
che
la
Resistenza
volle
essere
fenomeno
europeo
,
avviamento
ad
una
Europa
unita
nella
libertà
,
dove
ci
fossero
cordiali
rapporti
di
popoli
piuttosto
che
di
governi
.
Conforme
a
questo
ideale
l
'
Italia
,
dopo
aver
dovuto
accettare
col
trattato
di
pace
rinunce
penosissime
(
ho
sempre
in
mente
Capodistria
)
,
non
si
è
attardata
in
rimpianti
e
deplorazioni
.
Ma
era
pure
nello
spirito
della
Resistenza
parlare
agli
alleati
più
potenti
con
la
sincerità
che
l
'
amico
povero
,
se
vero
amico
,
usa
col
ricco
:
non
considerare
,
indifferentemente
,
Stati
liberi
e
Stati
autoritari
;
preoccuparsi
di
un
mondo
tedesco
che
pare
vada
avviandosi
a
cancellare
distinzioni
di
partiti
,
per
trovarsi
tutto
unito
nella
méta
di
riavere
le
vecchie
frontiere
.
La
Resistenza
fu
collaborazione
fra
partiti
diversi
;
accantonamento
di
dissensi
,
guardare
alle
méte
comuni
.
È
tradita
dove
i
contrasti
si
esasperano
senza
un
perché
,
dove
le
maggioranze
rifiutano
Storia
d
'
Italia
ogni
collaborazione
delle
minoranze
,
non
accettano
i
loro
voti
,
fanno
questione
di
prestigio
nel
respingere
ogni
loro
proposta
,
ogni
suggerimento
.
Fu
unione
di
credenti
e
di
atei
;
questi
ultimi
rispettosi
della
fede
dei
primi
,
pronti
a
riconoscere
l
'
opera
di
bene
,
il
gesto
coraggioso
del
sacerdote
o
della
suora
.
Sono
contro
il
suo
spirito
gli
ecclesiastici
che
vogliono
imporre
direttive
ai
partiti
,
come
ogni
resurrezione
di
vecchio
anticlericalismo
,
che
neghi
i
valori
religiosi
.
Fu
autogoverno
locale
;
e
ne
negano
lo
spirito
i
ministeri
che
mortificano
la
vita
locale
,
che
vorrebbero
reggere
in
perpetuo
i
comuni
con
commissari
,
se
non
sia
certa
la
vittoria
del
loro
partito
,
che
rifiutano
la
regione
.
(
Estranee
invece
a
quello
spirito
le
aspirazioni
di
autonomia
proprie
a
gruppi
di
funzionari
od
a
ceti
di
professionisti
,
cammino
a
ritroso
di
quello
che
portò
alla
formazione
dello
Stato
moderno
)
.
La
Resistenza
fu
sacrificio
e
rinuncia
;
il
suo
spirito
,
la
generosità
,
l
'
accettazione
conscia
della
povertà
in
omaggio
alla
solidarietà
.
Sarebbe
stato
consono
ad
esso
contenere
con
l
'
arma
fiscale
le
grandi
ricchezze
od
almeno
gli
alti
redditi
,
i
munifici
stipendi
;
adottare
e
magari
imporre
un
tenore
di
vita
semplice
,
di
cui
le
amministrazioni
pubbliche
dessero
l
'
esempio
con
la
modestia
degli
edifici
,
con
i
viaggi
dei
ministri
in
forma
dimessa
.
Ma
il
suo
spirito
avrebbe
voluto
che
pure
i
più
umili
volessero
servire
la
cosa
pubblica
,
che
impiegati
ed
operai
considerassero
l
'
azienda
pubblica
come
loro
,
non
già
quale
l
'
avversario
più
debole
cui
più
si
può
chiedere
;
che
accettassero
la
disciplina
,
sentissero
il
bene
della
collettività
più
forte
della
solidarietà
di
classe
,
fossero
i
primi
a
mostrarsi
inesorabili
contro
i
compagni
disonesti
ed
infingardi
.
Questa
era
la
premessa
alle
nazionalizzazioni
.
Si
tradisce
quello
spirito
quando
si
vuole
che
nel
pubblico
impiego
,
nella
stessa
magistratura
,
non
si
selezionino
i
più
capaci
,
si
dia
il
bando
ad
esami
e
concorsi
,
si
leghi
la
carriera
alla
anzianità
.
Lo
spirito
della
Resistenza
era
di
un
esercito
pronto
a
tutti
i
sacrifici
,
ma
espressione
di
una
nazione
pacifica
,
che
non
conoscesse
corpi
particolari
,
arditi
o
paracadutisti
,
cui
la
guerra
apparisse
bella
.
Di
una
magistratura
che
partisse
sempre
dalla
presunzione
dell
'
innocenza
ed
anche
della
dignità
del
cittadino
,
e
che
non
si
ponesse
come
regola
che
la
parola
del
cittadino
non
possa
mai
essere
creduta
contro
quella
di
chi
detiene
una
parte
qualsiasi
di
potere
.
Se
così
si
fissasse
lo
spirito
della
Resistenza
,
si
vedrebbe
quanti
realmente
lo
onorano
e
quanti
lo
aborrono
;
ed
anche
rispetto
al
comunismo
sarebbe
dato
fissare
in
quali
punti
sia
con
esso
incompatibile
.
Certo
si
assottiglierebbe
molto
il
numero
di
coloro
che
oggi
inneggiano
alla
Resistenza
.
Ma
son
certo
che
"
se
cosa
di
qua
in
ciel
si
cura
"
,
quanti
caddero
per
la
Resistenza
sarebbero
ben
lieti
di
vedere
dimenticati
i
loro
nomi
,
senza
un
fiore
le
loro
lapidi
,
pur
che
restassero
vivi
(
fosse
pure
coltivati
da
una
minoranza
)
quei
valori
per
cui
essi
s
'
immolarono
.
StampaQuotidiana ,
Sono
uno
dei
pochissimi
romani
che
hanno
imbandierato
le
finestre
il
primo
giorno
del
'61
.
Non
per
conformismo
,
ma
per
schietta
adesione
alla
celebrazione
del
centenario
di
questo
Stato
italiano
che
ho
servito
e
servo
;
che
prima
di
me
servirono
mio
padre
,
prima
ancora
figure
sbiadite
nel
ricordo
di
zii
e
prozii
lontani
nel
tempo
;
che
tutti
i
miei
vecchi
amarono
,
non
sentendolo
il
datore
di
lavoro
alle
cui
vicende
il
prestatore
d
'
opera
partecipa
solo
per
quel
che
possano
riflettersi
su
lui
,
ma
come
l
'
azienda
familiare
di
cui
si
è
parte
,
pure
se
si
occupi
in
essa
il
posto
più
modesto
.
Centenario
.
Non
hanno
valore
i
dubbi
che
talora
si
affacciano
,
di
distinzione
tra
nascita
dello
Stato
e
formazione
dell
'
unità
.
L
'
Italia
una
e
lo
Stato
nacquero
ad
un
tempo
nel
'60-'61
.
Allora
si
ebbe
il
grande
problema
,
di
fare
convivere
insieme
popolazioni
che
parlavano
la
medesima
lingua
,
avevano
la
stessa
religione
,
tradizioni
in
gran
parte
comuni
,
ma
istituzioni
,
coscienza
di
ciò
che
sia
vita
associata
,
forma
statale
,
economie
,
profondamente
diverse
.
Allora
sorsero
i
grossi
problemi
.
L
'
annessione
del
Veneto
nel
'66
non
ne
pose
alcuno
;
quella
di
Roma
nel
'70
,
la
questione
delle
relazioni
con
la
S
.
Sede
,
problema
mondiale
,
ma
nessuna
difficoltà
di
amalgamare
altri
italiani
allo
Stato
già
formatosi
;
Trento
e
Trieste
posero
problemi
di
popolazioni
alloglotte
,
della
vita
economica
di
Trieste
,
ma
non
c
'
era
alcuna
difficoltà
di
fare
convivere
italiani
con
altri
italiani
.
Nel
'60-'61
si
era
affrontato
il
punto
cruciale
dell
'
unificazione
.
Anche
per
questo
penso
che
a
torto
nelle
celebrazioni
si
consideri
sempre
Massimo
d
'
Azeglio
come
personalità
di
secondo
piano
:
lui
ch
'
era
il
piemontese
che
più
si
era
preoccupato
,
quando
ancora
nessuno
pensava
alla
unificazione
come
a
qualcosa
di
prossimo
,
di
scrutare
gl
'
italiani
di
regioni
lontane
,
di
comprenderli
ed
amarli
;
e
quegli
che
nel
'49
aprì
la
strada
fra
gli
sterpi
,
sorresse
il
re
,
anche
non
più
ministro
,
nella
crisi
del
'55
,
contro
le
spinte
molteplici
ad
abbandonare
prima
il
regime
costituzionale
,
poi
la
strada
liberale
.
Sento
dunque
questo
centenario
come
una
solennità
familiare
,
ciò
che
non
significa
che
il
cuore
sia
lieto
.
Nel
bilancio
dei
cento
anni
,
molti
elementi
favorevoli
.
Indubbia
ascesa
in
tutti
gli
strati
,
in
tutti
i
ceti
:
anche
se
non
sia
agevole
istituire
la
comparazione
che
sarebbe
più
interessante
,
con
la
contemporanea
ascesa
degli
altri
popoli
d
'
Europa
.
Ascesa
non
solo
economica
,
ma
nella
gentilezza
dei
costumi
,
nella
cultura
,
nell
'
allargamento
degli
orizzonti
,
e
direi
anche
-
se
pure
sappia
d
'
incontrare
parecchi
dissensi
-
nel
fondo
vero
della
religiosità
,
il
ricordarsi
di
essere
inseriti
in
una
collettività
e
di
avere
gli
altri
uomini
come
fratelli
che
occorre
aiutare
,
anche
quando
sia
difficile
amarli
.
Replicatissimi
collaudi
dell
'
unità
.
Sì
che
mi
offende
come
una
troppo
palese
falsità
ogni
spunto
polemico
che
accenni
a
possibilità
di
sue
incrinature
,
ad
esempio
per
l
'
istituzione
delle
regioni
.
Un
affermarsi
continuo
di
nostre
attività
in
paesi
ed
in
campi
nuovi
,
una
spinta
vitale
,
per
cui
chi
parla
di
popoli
invecchiati
ed
esausti
(
e
sono
espressioni
su
cui
fo
sempre
ampie
riserve
)
,
non
include
mai
tra
questi
il
nostro
.
Ma
se
direi
rafforzato
un
senso
di
solidarietà
umana
,
il
senso
cristiano
,
tanto
non
ripeterei
per
quella
solidarietà
-
di
minor
valore
agli
occhi
di
Dio
,
ma
che
è
il
cemento
delle
costruzioni
terrene
-
che
chiamo
economico
-
giuridica
,
e
che
permette
il
costituirsi
di
una
società
civile
.
Cento
anni
or
sono
ci
si
poteva
dilaniare
intorno
ai
principi
ed
alle
leggi
che
dovessero
reggere
lo
Stato
,
intorno
alla
forma
monarchica
o
repubblicana
,
e
c
'
era
ancora
chi
avrebbe
voluto
vedere
rinascere
i
vecchi
Stati
come
i
soli
legittimi
;
ma
tutti
erano
d
'
accordo
su
certi
principi
.
Che
le
leggi
dovessero
essere
chiare
e
comprensibili
a
tutti
,
ed
una
volta
emesse
dovessero
venire
rispettate
;
che
chi
mancava
avesse
ad
essere
punito
;
che
fosse
compito
dei
governanti
far
obbedire
alle
leggi
,
proporne
il
mutamento
quando
apparissero
vecchie
o
inadeguate
,
ma
non
consentire
mai
fossero
eluse
;
che
i
magistrati
dovessero
applicarle
secondo
il
loro
spirito
;
che
chi
spontaneamente
s
'
inquadrava
nei
ranghi
delle
amministrazioni
pubbliche
assumesse
con
ciò
un
più
intenso
obbligo
di
fedeltà
,
promettesse
di
servire
attivamente
,
avendo
in
mente
il
bene
dello
Stato
,
ed
accettasse
altresì
una
obbedienza
più
austera
di
quella
degli
altri
cittadini
;
che
si
dovessero
pagare
le
imposte
e
non
fosse
lecito
mentire
allo
Stato
:
erano
punti
su
cui
convenivano
Solaro
della
Margarita
come
Cavour
,
D
'
Azeglio
come
Garibaldi
,
Minghetti
come
Mazzini
.
E
tutti
credevano
negli
elettori
che
devono
scegliere
il
più
degno
,
nei
capi
di
un
'
amministrazione
,
pubblica
o
privata
,
tenuti
a
chiamare
il
più
capace
,
anche
a
scapito
dei
propri
figli
(
c
'
è
una
commovente
lettera
di
Quintino
Sella
indignato
per
ciò
che
,
in
una
società
privata
,
si
è
nominato
ad
alto
posto
un
amico
)
.
Sarebbe
falso
creare
una
immagine
agiografica
del
Risorgimento
,
in
cui
tutti
i
grandi
della
politica
o
dell
'
amministrazione
apparissero
puri
,
non
tocchi
da
debolezze
umane
.
Ma
credo
possa
dirsi
che
non
mancava
la
fede
nei
principi
;
i
meno
buoni
erano
nella
posizione
del
prete
che
pecca
,
senza
che
al
peccato
si
accompagni
alcun
dubbio
intorno
al
valore
delle
leggi
della
Chiesa
.
E
questa
fede
nei
principi
che
mi
sembra
venuta
meno
.
Direi
che
oggi
si
sentano
perfettamente
a
posto
con
la
coscienza
i
potenti
dell
'
economia
che
chiedono
trattati
internazionali
e
leggi
guardando
solo
al
loro
ramo
,
incuranti
degli
altri
;
i
burocrati
che
allestiscono
disegni
di
legge
volutamente
oscuri
,
i
quali
saranno
approvati
senza
che
si
comprenda
ciò
che
nascondono
tra
le
righe
,
gli
ampissimi
poteri
che
lasciano
a
chi
applicherà
quelle
norme
;
i
grandi
capi
che
preferiscono
l
'
amico
,
il
compagno
di
partito
,
quegli
che
può
dare
qualcosa
in
contraccambio
,
al
più
meritevole
,
e
che
chiudono
gli
occhi
,
perché
l
'
interesse
di
partito
lo
vuole
,
su
mancamenti
gravissimi
,
che
sfiorano
la
legge
penale
;
i
gruppi
che
vogliono
imporre
il
loro
interesse
allo
Stato
anche
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
noncuranti
se
il
Parlamento
non
ritenga
che
quell
'
interesse
possa
venire
anteposto
ad
altri
;
gli
infiniti
evasori
dell
'
obbligo
della
testimonianza
,
o
di
quello
dell
'
imposta
;
quanti
irridono
alle
norme
di
circolazione
stradale
.
Ci
sono
molti
credenti
,
per
cui
lo
Stato
è
ciò
ch
'
era
la
casa
chiusa
nella
mente
di
parecchi
benpensanti
:
il
luogo
dove
si
deve
dare
sfogo
al
peccato
,
per
non
commetterlo
poi
altrove
.
Tutto
muta
,
e
non
mi
allarmerebbe
che
pure
lo
Stato
,
forma
storica
,
s
'
indebolisse
ed
invecchiasse
,
ove
sorgessero
altre
istituzioni
che
ne
prendessero
il
posto
.
Ma
nessuna
se
ne
delinea
;
non
si
profila
un
ideale
teocratico
,
né
uno
anarchico
.
C
'
è
un
diffuso
egoismo
,
una
diffusa
volontà
'
di
non
sacrificarsi
;
e
su
questa
nulla
si
costruisce
.
Tale
la
meditazione
che
mi
sembra
vada
fatta
nell
'
anno
del
centenario
.
Gli
economisti
insegnano
che
non
possono
esserci
investimenti
non
preceduti
da
risparmio
.
Anche
nell
'
ambito
delle
istituzioni
,
nulla
si
può
lasciare
di
sano
ai
propri
figli
,
se
si
è
dato
ad
ogni
ora
sfogo
ai
nostri
egoismi
.
Prima
di
affermare
(
come
mi
sento
ripetere
irosamente
ogni
volta
che
tocco
questo
argomento
)
che
non
si
ha
alcuna
ragione
di
amare
lo
Stato
,
di
servirlo
con
animo
diverso
da
quello
di
chi
porge
riluttante
le
spalle
al
duro
giogo
che
non
può
evitare
,
occorrerebbe
chiedersi
se
non
sia
dato
migliorarlo
,
se
per
migliorarlo
non
necessiti
un
po
'
di
amore
.
E
se
ancora
la
risposta
sia
negativa
,
avvisare
ad
un
'
altra
forma
di
solidarietà
(
non
vaga
,
non
tutta
interiore
)
che
lo
possa
sostituire
.
StampaQuotidiana ,
Mi
ha
commosso
la
lettera
dei
monarchici
piemontesi
che
vorrebbero
esporre
la
bandiera
il
17
marzo
(
il
diciassette
,
non
il
27;
è
del
17
marzo
la
legge
con
cui
Vittorio
Emanuele
assume
per
sé
e
successori
il
titolo
di
re
d
'
Italia
)
,
ma
a
condizione
che
il
drappo
recasse
lo
stemma
sabaudo
.
Mi
auguro
che
la
loro
richiesta
sia
accolta
;
vi
scorgerei
soprattutto
la
tranquilla
coscienza
di
una
repubblica
che
non
ha
ancora
quindici
anni
di
vita
,
ma
che
sembra
ormai
alla
quasi
totalità
degl
'
italiani
la
sola
forma
statale
concepibile
,
sì
che
se
molti
altri
ritorni
del
passato
sono
da
temere
,
quello
al
capo
dello
Stato
che
è
tale
solo
perché
appartiene
ad
una
certa
famiglia
,
sia
tra
i
più
impensabili
.
Se
nutro
scarsa
simpatia
per
certi
monarchici
,
più
persuasi
che
mai
che
la
monarchia
non
ritornerà
,
senza
nessun
legame
con
la
tradizione
sabauda
,
senza
nessun
desiderio
di
provocare
crisi
di
regime
,
ma
che
costruiscono
piccoli
partiti
con
lo
stesso
accorgimento
con
cui
in
seno
alle
grandi
anonime
si
possono
creare
gruppi
omogenei
,
che
possedendo
un
dieci
per
cento
,
anche
meno
,
delle
azioni
,
possono
negoziare
un
apporto
decisivo
nelle
assemblee
-
questi
monarchici
piemontesi
,
tutti
volti
ancora
alle
glorie
sabaude
,
oltre
Vittorio
Emanuele
II
a
Vittorio
Amedeo
,
ad
Emanuele
Filiberto
,
mi
sono
veramente
simpatici
.
Così
come
a
Croce
finivano
di
essere
cari
gli
ultimi
nostalgici
borbonici
,
e
recensiva
con
qualche
compiacimento
un
dimenticato
romanzo
di
Amilcare
Lauria
,
che
raffigurava
due
antichi
ufficiali
di
Ferdinando
II
,
mai
riconciliati
con
l
'
Italia
,
ma
che
si
entusiasmavano
e
commuovevano
leggendo
sui
giornali
degli
eroismi
e
dei
sacrifici
italiani
nello
scontro
di
Dogali
.
In
un
mondo
ove
tutti
guardano
all
'
avvenire
e
dimenticano
ciò
ch
'
è
alle
spalle
(
salvo
per
la
piccola
parte
in
cui
glorie
o
rancori
siano
ancora
merce
utilizzabile
)
,
ove
il
disinteresse
delle
masse
per
la
storia
è
generale
,
a
chi
ritiene
che
questo
disinteresse
sia
imbarbarimento
non
può
dispiacere
certo
tenace
attaccamento
al
passato
.
Il
tricolore
!
Quando
io
nascevo
c
'
erano
ancora
,
particolarmente
a
Roma
e
nell
'
antico
Stato
pontificio
,
delle
famiglie
che
lo
rifiutavano
;
in
certi
palazzi
dell
'
aristocrazia
nera
non
apparve
che
con
1'11
febbraio
1929;
in
altri
una
prima
timida
apparizione
l
'
aveva
fatta
nel
1915
.
Nella
stessa
Torino
del
cinquantenario
sembrava
grosso
ardimento
che
qualche
istituto
religioso
,
dinanzi
alle
cui
finestre
sfilavano
cortei
,
l
'
inalberasse
.
Ma
nessun
confronto
con
ciò
ch
'
era
seguito
in
Francia
,
dove
per
un
buon
secolo
,
fino
alla
prima
guerra
mondiale
,
erano
rimasti
tenaci
gli
astii
contro
il
tricolore
;
dove
ancora
intorno
al
1890
vecchie
damigelle
chiuse
negli
aviti
castelli
di
provincia
guardavano
con
sbigottimento
i
nipoti
che
militavano
sotto
il
tricolore
;
il
conte
di
Chambord
aveva
rinunciato
al
trono
piuttosto
che
accettarlo
;
nella
striscia
rossa
del
suo
drappo
aristocratici
e
legittimisti
scorgevano
ancora
tutto
il
sangue
versato
dalla
Rivoluzione
francese
.
In
Italia
è
apparso
segno
di
convergenza
;
quando
ancora
non
era
ammesso
in
chiesa
e
nelle
processioni
,
i
circoli
cattolici
adornavano
con
nastri
tricolori
i
loro
stendardi
bianchi
od
azzurri
;
il
partito
comunista
lo
accettò
senza
esitare
,
sia
pure
affiancato
alla
bandiera
rossa
del
proletariato
mondiale
.
Il
fascismo
ebbe
senso
politico
sufficiente
per
comprendere
che
non
era
il
caso
di
modificare
la
bandiera
;
nello
stemma
dello
Stato
furono
inseriti
i
fasci
littori
;
la
bandiera
rimase
inalterata
.
Si
sovvertivano
tutte
le
istituzioni
,
l
'
eredità
risorgimentale
era
tutta
dispersa
,
ma
si
avvertiva
che
nei
cuori
degl
'
italiani
ancora
viveva
,
che
occorreva
celare
quanto
possibile
quella
dispersione
,
almeno
agli
occhi
dei
semplici
,
non
toccare
ai
simboli
.
Saggiamente
la
Repubblica
non
appose
sul
tricolore
né
berretti
frigi
,
né
croci
,
né
spade
,
né
libri
,
né
falci
;
volle
fosse
la
bandiera
di
tutti
.
E
tale
deve
restare
;
la
concessione
che
auspico
è
per
un
giorno
di
rievocazione
del
passato
;
non
dovrebbe
aprire
la
via
all
'
uso
di
due
bandiere
.
Certo
,
non
è
una
bandiera
,
non
un
simbolo
,
che
può
attenuare
le
divisioni
profonde
,
il
modo
radicalmente
diverso
di
guardare
alle
mète
da
raggiungere
,
al
nuovo
assetto
che
ci
si
deve
proporre
.
Un
abbraccio
in
un
giorno
di
festa
non
elimina
questi
distacchi
.
Può
solo
giovare
a
ricordare
,
anche
ai
più
remoti
da
ogni
senso
nazionalista
,
anche
a
chi
si
sente
cittadino
del
mondo
,
la
realtà
di
questa
famiglia
italiana
,
che
ha
suoi
problemi
,
sue
solidarietà
(
Torino
avverte
più
che
mai
,
attraverso
l
'
intensa
immigrazione
,
come
i
mali
di
altre
regioni
assurgano
a
mali
nazionali
,
come
certi
germi
infetti
allignino
più
prosperosi
in
un
tessuto
più
ricco
:
ingenua
e
fallace
speranza
,
quella
che
basti
il
benessere
economico
a
stroncare
certe
malattie
sociali
)
.
Anche
il
cittadino
del
mondo
che
sia
uomo
di
buona
volontà
comincerà
a
cercar
di
fare
il
bene
tra
coloro
cui
è
vicino
,
di
ripulire
il
giardinetto
della
sua
casa
.
Non
si
risolve
alcun
problema
con
abbracci
e
con
oblii
;
occorre
però
ben
distinguere
le
nostalgie
cui
non
possiamo
aderire
ma
che
non
recano
in
sé
alcun
pericolo
per
l
'
indomani
,
da
correnti
d
'
idee
gravide
di
minacce
,
soprattutto
da
quei
movimenti
irrazionalistici
,
fondati
sul
culto
della
razza
o
del
sangue
,
sulla
esaltazione
della
violenza
,
suscettibili
di
minare
il
mondo
della
ragione
,
del
lavoro
pacifico
,
che
ci
sforziamo
di
edificare
.
Mi
sembra
che
la
Repubblica
abbia
dato
segno
di
non
essere
afflitta
dai
complessi
d
'
inferiorità
,
dai
timori
senza
perché
,
che
troppa
parte
hanno
avuto
ed
hanno
nella
trama
della
vita
italiana
,
non
volendo
dimenticare
nelle
manifestazioni
,
nei
discorsi
del
centenario
,
l
'
apporto
che
diede
la
monarchia
alla
formazione
della
unità
.
I
sintetici
ed
equilibrati
articoli
di
Salvatorelli
hanno
rappresentato
il
giusto
terreno
su
cui
ci
si
deve
porre
.
I
riconoscimenti
del
passato
non
possono
avere
alcun
peso
sulla
realtà
del
presente
e
dell
'
avvenire
.
Tanto
più
,
come
nel
caso
,
quando
non
danno
vita
a
miti
;
se
Napoleone
ed
in
una
certa
misura
anche
Luigi
XIV
possono
essere
ombre
che
oltr
'
Alpe
déstino
qualche
apprensione
,
è
perché
il
predominio
del
potere
militare
,
la
divinizzazione
di
un
uomo
,
l
'
accentramento
dello
Stato
nelle
mani
di
uno
solo
,
costituiscono
pericoli
sempre
incombenti
.
La
figura
del
Re
Galantuomo
non
può
essere
invocata
a
dare
lustro
ad
alcuna
concezione
illiberale
,
ad
approntare
giustificazioni
storiche
a
qualsiasi
colpo
di
mano
ai
danni
della
legalità
democratica
.
Per
questo
,
mi
auguro
che
sia
concesso
ai
monarchici
piemontesi
,
per
la
celebrazione
torinese
del
centenario
,
quel
che
domandano
.
StampaQuotidiana ,
Meina
,
30
luglio
,
notte
-
Thomas
Mann
,
premio
Nobel
per
la
letteratura
,
era
oggi
a
Meina
,
ospite
dell
'
editore
Mondadori
.
È
un
uomo
alto
,
coi
capelli
corti
e
divisi
da
una
scriminatura
a
sinistra
,
d
'
aspetto
assai
più
giovane
dei
72
anni
che
ha
,
tanto
che
non
mi
sembra
molto
diverso
dal
ritratto
che
ne
vidi
quasi
vent
'
anni
fa
.
È
signore
nei
modi
e
sicuro
nella
conversazione
anche
sotto
i
lampi
di
magnesio
dei
fotografi
e
i
lampi
di
quelle
domande
un
po
'
disordinate
e
un
po
'
improvvisate
che
fanno
i
giornalisti
.
Ma
quando
nel
rispondere
è
troppo
impulsivo
e
oltrepassa
il
limite
di
prudenza
in
dichiarazioni
alla
stampa
,
interviene
la
moglie
,
vigile
e
cortese
a
richiamarlo
.
Anche
i
premi
Nobel
hanno
infatti
bisogno
di
una
buona
moglie
.
Thomas
Mann
parla
preferibilmente
in
tedesco
,
sebbene
conosca
anche
l
'
inglese
,
il
francese
e
qualcosa
d
'
italiano
.
Gli
abbiamo
chiesto
,
quasi
per
scherzo
,
d
'
indicarci
i
nomi
dei
tre
scrittori
europei
viventi
che
giudica
più
importanti
.
Ha
risposto
:
«G.B
.
Shaw
,
André
Gide
»
.
Ma
il
terzo
non
riusciva
a
trovarlo
.
Infine
si
è
deciso
,
e
ha
concluso
candidamente
:
«
Il
terzo
sono
io
»
.
Aveva
ragione
,
ed
anzi
io
metterei
il
suo
nome
al
primo
posto
.
Né
può
dispiacere
la
risposta
,
se
viene
dall
'
autore
dei
Buddenbrook
,
della
Montagna
incantata
e
della
quadrilogia
Giuseppe
e
i
suoi
fratelli
.
D
'
altra
parte
,
Mann
è
troppo
vicino
,
per
affinità
elettiva
,
al
Goethe
che
disse
una
volta
:
«
Solo
gli
straccioni
sono
modesti
»
,
per
non
avere
il
coraggio
di
simili
candori
.
È
lo
scrittore
moderno
che
più
estesamente
e
più
coerentemente
ha
lavorato
;
e
anche
questa
sua
sicurezza
di
non
sbagliare
è
goethiana
.
E
anche
il
suo
amore
del
reale
come
vero
ideale
.
Credo
che
una
delle
soddisfazioni
della
sua
vita
sia
stato
l
'
incidente
che
nel
1933
toccò
ai
figli
Erika
e
Klaus
,
i
quali
furono
arrestati
per
errore
a
Stoccolma
nelle
medesime
circostanze
in
cui
egli
aveva
fatto
arrestare
il
protagonista
del
romanzo
Tonio
Kroeger
:
perché
un
romanziere
come
lui
inventa
,
sì
,
ma
inventa
la
vita
reale
.
In
quel
medesimo
libro
,
quarant
'
anni
fa
,
Mann
dichiarava
il
proprio
amore
per
tutto
ciò
che
è
umano
,
vivente
,
abituale
,
per
gli
esseri
chiari
,
felici
,
amabili
;
e
con
ciò
si
professava
scrittore
borghese
.
Gli
ho
domandato
dunque
,
bruscamente
,
se
oggi
si
professa
ancora
come
in
quel
tempo
di
giovinezza
.
«
No
»
ha
risposto
.
«
Ho
visto
molte
sofferenze
;
ed
oggi
il
mio
pensiero
va
verso
l
'avvenire.»
«
Ma
»
gli
ho
osservato
«
anche
nel
1932
egli
guardava
all
'
avvenire
,
ancora
nel
nome
della
borghesia
,
poiché
,
in
un
discorso
su
Goethe
,
invitava
la
borghesia
a
staccarsi
dai
sentimentalismi
,
ad
assumere
le
proprie
responsabilità
e
a
volgersi
coraggiosamente
al
domani
,
se
non
voleva
perdersi
.
»
«
Crede
»
ho
insistito
«
che
la
borghesia
abbia
oggi
assunto
le
sue
responsabilità
e
si
sia
volta
all
'
avvenire
?
»
«
No
»
ha
risposto
;
ed
era
malinconico
.
«
La
borghesia
si
è
perduta
nel
fascismo
e
nel
nazismo
.
»
Era
un
giudizio
duro
;
forse
troppo
.
Ma
l
'
esilio
e
le
delusioni
hanno
indurito
i
giudizi
di
quest
'
uomo
.
Soprattutto
verso
il
proprio
Paese
egli
è
aspro
.
Ricordo
la
lettera
aperta
che
,
nel
1945
,
egli
rivolse
allo
scrittore
tedesco
Walter
von
Molo
,
dal
quale
era
stato
invitato
a
rientrare
in
Germania
per
aiutare
il
Paese
con
l
'
azione
e
con
il
consiglio
.
Mann
ripudiava
l
'
antica
patria
che
lo
aveva
perseguitato
,
e
dichiarava
il
proprio
affetto
verso
gli
Stati
Uniti
,
dei
quali
era
diventato
cittadino
.
Ma
poi
,
nell
'
ultima
parte
della
lettera
,
lo
sopraffacevano
sentimenti
incancellabili
,
e
la
nostalgia
,
e
il
dolore
.
Oggi
conferma
quei
giudizi
:
con
la
medesima
nostalgia
sottaciuta
.
Ma
,
venuto
in
Europa
,
non
metterà
piede
in
Germania
,
non
rivedrà
la
sua
Lubecca
.
Da
Meina
andrà
a
Zurigo
;
poi
in
Olanda
,
e
s
'
imbarcherà
per
tornare
in
California
dove
lo
aspettano
i
figli
,
i
nipoti
,
i
generi
,
tra
i
quali
ultimi
è
G.A.
Borgese
.
Il
rancore
è
troppo
forte
perché
egli
possa
godere
la
commozione
del
ritorno
.
Non
ha
potuto
vivere
con
la
felicità
del
suo
Goethe
.
Dal
1933
è
un
esiliato
;
lui
,
nato
da
signori
,
per
vivere
da
signore
.
E
la
sua
voce
sottintende
ancora
la
domanda
che
egli
scrisse
in
fine
alla
Montagna
incantata
,
accomiatandosi
dal
protagonista
Giovanni
Castorp
allontanato
verso
il
ferro
,
il
fuoco
e
il
fango
della
prima
guerra
mondiale
:
«
Da
questa
festa
mondiale
della
morte
,
da
questo
delirio
che
incendia
intorno
a
noi
la
notte
piovosa
,
sorgerà
un
giorno
l
'
amore
?
»
.
Ma
,
dopo
la
seconda
festa
mondiale
della
morte
,
la
domanda
è
debole
,
senza
speranza
.
Mann
è
stato
,
come
tutti
,
sconfitto
.
StampaQuotidiana ,
Alcuni
avvenimenti
della
storia
civile
,
come
la
battaglia
di
Lepanto
,
furono
considerati
così
lieti
per
la
cattolicità
da
indurre
il
Pontefice
del
tempo
ad
istituire
una
festa
religiosa
in
loro
ricordo
.
Mi
chiedo
se
verrà
,
un
giorno
,
un
Papa
libero
dal
peso
di
ciò
che
suoi
predecessori
sentirono
,
al
punto
di
rendere
festivo
il
giorno
di
S
.
Eustachio
:
il
20
settembre
.
Perché
a
distanza
di
quasi
un
secolo
tutti
scorgono
che
la
perdita
del
potere
temporale
fu
evento
sommamente
felice
per
la
S
.
Sede
.
Non
mi
pare
ci
sia
più
alcuna
cerchia
cattolica
che
lo
ponga
in
dubbio
.
Nel
discorso
tenuto
l
'
ottobre
scorso
all
'
Istituto
di
studi
romani
,
l
'
allora
cardinal
Montini
vedeva
un
disegno
della
Provvidenza
nelle
vicende
del
Papato
e
dell
'
Italia
negli
ultimi
cento
anni
,
e
riteneva
che
bene
Cavour
avesse
affermato
poter
essere
Roma
la
sola
capitale
d
'
Italia
.
Sarebbe
esagerato
l
'
attribuire
l
'
enorme
incremento
dell
'
autorità
,
del
prestigio
morale
ed
anche
politico
del
Papato
nel
mondo
,
soltanto
alla
perdita
del
potere
temporale
.
Le
cause
sono
molte
:
una
,
la
rinnovata
giovinezza
della
Chiesa
,
le
generazioni
di
sacerdoti
operosi
,
entusiasti
,
che
hanno
preso
il
posto
di
altre
,
dove
gli
elementi
torpidi
o
sfiduciati
o
rassegnati
abbondavano
;
altresì
,
il
declino
,
in
quello
ch
'
era
l
'
ambito
tradizionale
della
cattolicità
,
del
materialismo
,
della
fede
incondizionata
in
una
scienza
che
avrebbe
tutto
spiegato
,
non
lasciando
più
posto
alcuno
al
soprannaturale
;
altre
cause
ancora
.
Ma
,
pure
avverandosi
tutte
queste
,
il
potere
temporale
sarebbe
sempre
rimasto
la
palla
al
piede
per
il
Papato
;
qualsiasi
processo
politico
,
scandalo
finanziario
,
svalutazione
di
moneta
,
problema
sociale
insoluto
nello
Stato
Pontificio
(
e
come
esso
avrebbe
potuto
divenire
ad
un
tratto
l
'
eldorado
?
)
,
avrebbe
toccato
anche
il
prestigio
del
capo
della
cattolicità
.
Non
può
affermarsi
che
il
potere
temporale
fosse
sempre
stato
un
peso
morto
per
la
Chiesa
.
Se
anche
si
ricordi
il
sacco
di
Roma
e
,
oltre
cento
anni
dopo
,
le
prepotenze
dei
soldati
dell
'
ambasciatore
francese
De
Créqui
,
è
difficile
pensare
che
dal
Quattrocento
al
Settecento
i
pontefici
si
sarebbero
meglio
giovati
col
vivere
oggi
sui
domini
di
Carlo
V
,
domani
su
quelli
di
Francesco
I
,
oggi
avere
addosso
pesante
consigliere
Filippo
Il
,
domani
l
'
imperatore
Ferdinando
.
Né
in
quei
secoli
un
processo
politico
seguito
da
una
esecuzione
capitale
in
Roma
,
dava
scandalo
.
Pio
IX
,
guardando
ad
un
passato
remoto
,
non
aveva
torto
;
ma
non
si
rendeva
conto
di
quel
che
v
'
era
di
mutato
,
soprattutto
dei
compiti
nuovi
,
delle
nuove
possibilità
per
il
Papato
,
cui
il
potere
temporale
contrastava
.
Questo
per
la
Chiesa
.
A
distanza
di
quasi
cento
anni
è
dato
considerare
con
occhio
spassionato
anche
quel
che
il
20
settembre
rappresentò
per
l
'
Italia
.
Ciò
non
implica
alcun
giudizio
sugli
uomini
che
lo
vollero
.
La
mia
vena
moralistica
non
riesce
a
guardare
con
compiacimento
quell
'
estate
del
1870;
l
'
Italia
in
luglio
ha
dichiarato
alla
Francia
di
considerare
sempre
in
vita
la
Convenzione
di
settembre
,
cioè
l
'
impegno
di
non
attaccare
e
non
permettere
sia
attaccato
lo
Stato
pontificio
;
la
speranza
sempre
nutrita
di
una
insurrezione
dei
romani
non
si
è
verificata
neppure
alla
partenza
della
guarnigione
francese
;
e
tuttavia
è
il
20
settembre
.
Ma
la
monarchia
,
il
gabinetto
Lanza
,
erano
veramente
coartati
;
da
nove
anni
Roma
era
stata
proclamata
capitale
necessaria
d
'
Italia
;
e
la
sinistra
non
dava
requie
;
all
'
aspirazione
unitaria
s
'
erano
mescolati
l
'
anticlericalismo
,
lo
spirito
che
domina
Giambi
ed
epodi
di
Carducci
,
l
'
avversione
per
quello
che
si
riteneva
ormai
partito
conservatore
.
Gli
uomini
dello
stampo
di
Sclopis
che
la
sera
del
21
settembre
indicava
nel
suo
diario
la
presa
di
Roma
come
"
una
gran
bricconata
"
,
erano
dei
sorpassati
.
Poste
le
premesse
,
non
si
potevano
ormai
evitare
le
conseguenze
,
la
realizzazione
del
proposito
a
lungo
maturato
.
Ma
quando
si
considerano
gli
uomini
che
posero
le
premesse
,
si
trova
una
conferma
dell
'
umiltà
che
la
storia
ispira
;
anche
i
sommi
della
politica
non
riescono
a
prevedere
gli
sviluppi
.
Cavour
era
assillato
dai
ricordi
del
'48
,
la
rivalità
tra
le
città
italiane
,
in
specie
tra
Milano
e
Torino
,
ma
in
fatto
dopo
il
'61
né
Napoli
,
né
Milano
,
né
Firenze
pretesero
a
capitale
.
D
'
Azeglio
era
contrario
a
Roma
per
il
carattere
dei
romani
,
cui
preferiva
di
gran
lunga
torinesi
e
fiorentini
.
Nessuno
pensava
ai
pericoli
insiti
al
grande
nome
di
Roma
.
Le
bellissime
pagine
di
Chabod
su
L
'
idea
di
Roma
li
evocano
.
Per
settant
'
anni
si
restò
soggiogati
dal
monito
che
a
Roma
non
si
sta
senza
una
idea
universale
,
e
si
pensò
a
volta
a
volta
a
Roma
capitale
del
libero
pensiero
,
centro
mondiale
della
scienza
,
capitale
dell
'
impero
fascista
:
prima
di
rassegnarsi
alla
fatale
conseguenza
che
,
accanto
alla
sede
del
Papa
,
quella
del
capo
dello
Stato
italiano
resta
seconda
.
Non
cecità
di
uomini
,
ma
fallacia
di
ogni
previsione
;
chi
può
conoscere
il
sentire
,
lo
stato
d
'
animo
dei
nascituri
?
Quella
constatazione
che
a
Roma
c
'
era
un
seggio
che
restava
più
alto
del
Quirinale
riempì
d
'
amarezza
gl
'
italiani
di
due
o
tre
generazioni
,
lascia
oggi
indifferenti
la
maggioranza
.
Chissà
che
tra
qualche
generazione
non
abbia
ad
essere
segnalata
come
un
vanto
,
o
nel
senso
che
l
'
Italia
dev
'
essere
anzitutto
paese
cattolico
,
od
in
quello
di
una
reazione
ad
ogni
forma
di
orgoglio
nazionale
.
Pio
IX
non
aveva
compreso
che
l
'
abbandono
del
potere
temporale
apriva
alla
Chiesa
ben
più
vaste
possibilità
.
Penso
che
,
del
pari
,
i
suoi
successori
tra
le
due
guerre
mondiali
non
si
rendessero
conto
che
i
concordati
-
pur
avendo
costituito
in
periodo
non
remoto
,
in
un
mondo
ostile
ma
legalitario
,
una
garanzia
per
la
Chiesa
-
divenivano
un
inceppo
allorché
si
apriva
a
questa
una
prospettiva
di
vastissima
messe
tra
le
anime
;
che
la
religione
di
Stato
,
i
privilegi
,
il
braccio
secolare
,
l
'
invasione
di
quello
ch
'
era
per
l
'
innanzi
l
'
ambito
del
codice
,
potevan
dar
vita
a
diffidenze
e
ripugnanze
che
allontanassero
gl
'
incerti
.
Onde
la
speranza
che
-
al
riconoscimento
attuale
di
tutti
i
cattolici
,
la
perdita
di
quel
potere
essere
stata
evento
propizio
per
la
Chiesa
-
segua
un
giorno
il
convincimento
che
mai
la
Chiesa
sarà
tanto
amata
e
rispettata
,
vedrà
affluire
più
facilmente
a
sé
gli
uomini
,
come
quando
terrà
ben
separato
ciò
che
essa
deve
esigere
dai
credenti
da
quel
che
lo
Stato
può
imporre
ai
cittadini
;
quando
cioè
non
premerà
sul
legislatore
perché
la
legge
religiosa
(
così
quanto
v
'
è
di
peculiare
nella
concezione
cattolica
del
matrimonio
)
,
le
sanzioni
ch
'
essa
impone
ai
fedeli
,
trovino
accoglimento
nei
codici
.
StampaQuotidiana ,
La
Corte
Costituzionale
non
ha
deciso
la
questione
se
l
'
articolo
5
del
Concordato
,
nella
norma
per
cui
"
i
sacerdoti
apostati
o
irretiti
da
censura
non
potranno
essere
assunti
né
conservati
in
un
insegnamento
,
in
un
ufficio
od
in
un
impiego
,
nei
quali
siano
a
contatto
immediato
col
pubblico
"
,
resti
in
vigore
sotto
l
'
impero
della
Costituzione
repubblicana
.
La
Corte
ha
ritenuto
che
la
questione
non
le
fosse
stata
sottoposta
da
un
organo
giurisdizionale
,
e
quindi
non
fosse
suscettibile
di
esame
secondo
la
sua
legge
fondamentale
.
Non
dubito
dell
'
esattezza
dell
'
applicazione
di
questa
,
compiuta
dall
'
altissimo
organo
;
ma
credo
pure
non
sia
irriverente
pensare
che
i
membri
della
Corte
siano
stati
lieti
di
non
dover
emettere
una
decisione
che
,
quale
fosse
,
sarebbe
dispiaciuta
ad
una
notevole
parte
degl
'
italiani
.
Per
molti
cattolici
tutto
ciò
che
possa
apparire
scalfittura
del
Concordato
sembra
menomazione
di
una
posizione
faticosamente
raggiunta
,
e
che
occorre
ad
ogni
costo
conservare
intatta
.
Ad
ogni
spirito
liberale
ripugna
invece
l
'
idea
di
una
degradazione
civica
inflitta
per
una
crisi
di
coscienza
,
per
un
mutamento
di
convincimenti
per
la
perdita
della
fede
;
e
si
rende
conto
della
puerilità
della
giustificazione
,
che
il
prete
è
tale
avendo
assunto
liberamente
uno
stato
che
non
si
può
dismettere
;
quasi
che
la
libertà
dei
convincimenti
potesse
essere
compatibile
col
divieto
di
mutarli
,
quasi
il
diritto
dello
Stato
potesse
riconoscere
impegni
con
cui
165
f
Arturo
Carlo
,
jemolo
alcuno
promettesse
che
non
muterà
mai
d
'
idea
o
di
partito
,
quasi
infine
che
pure
i
granduchi
russi
e
gli
arciduchi
austriaci
non
potessero
rinunciare
e
divenire
comuni
cittadini
.
Il
giurista
sa
l
'
innegabile
contrasto
tra
l
'
art.
5
del
Concordato
e
le
norme
della
Costituzione
che
garantiscono
la
libertà
di
pensiero
,
bandiscono
ogni
discriminazione
su
motivi
religiosi
,
sul
terreno
giuridico
chi
difende
il
vigore
dell
'
art.
5
parla
di
un
ordine
pubblico
concordatario
che
prevale
sull
'
ordine
pubblico
della
Costituzione
;
tesi
ostica
a
chiunque
senta
poco
o
molto
lo
Stato
.
C
'
è
una
via
d
'
uscita
,
tra
l
'
attaccamento
di
molti
cattolici
ad
ogni
clausola
del
Concordato
ed
il
sentire
liberale
:
comune
anche
a
molti
altri
cattolici
,
che
amerebbero
più
il
Concordato
se
non
recasse
quell
'
articolo
(
di
cui
poi
i
prefetti
hanno
ampliato
la
portata
,
facendone
derivare
anche
una
ineleggibilità
a
consigliere
comunale
,
che
non
è
ufficio
che
ponga
a
contatto
immediato
col
pubblico
)
?
Crederei
di
sì
.
Trattati
internazionali
,
concordati
,
leggi
,
restano
cosa
viva
fino
a
che
abbiano
una
rispondenza
nella
coscienza
nazionale
Si
può
curarne
la
vitalità
,
vigilando
su
questa
rispondenza
e
modificandoli
man
mano
;
si
può
avere
il
culto
del
documento
o
,
più
spesso
,
la
pigrizia
,
la
paura
,
di
rimettere
le
mani
in
un
lavoro
non
facile
,
di
muovere
acque
stagnanti
.
Nel
secondo
caso
,
talora
il
buon
volere
delle
parti
supplisce
;
la
modifica
,
l
'
adattamento
segue
in
fatto
(
sarebbe
così
possibile
una
disapplicazione
dell
'
art.
5
,
che
seguisse
d
'
accordo
tra
autorità
statali
ed
autorità
ecclesiastiche
,
convinte
queste
che
meglio
vale
non
sia
applicata
una
norma
che
può
rendere
impopolari
i
Patti
Lateranensi
)
.
Ma
talora
nulla
si
fa
;
ed
il
documento
si
dissecca
,
il
suo
contenuto
appare
sempre
più
remoto
dal
sentire
comune
;
al
momento
della
prova
,
la
pergamena
va
in
briciole
(
la
vicenda
della
Triplice
Alleanza
)
.
Chi
scrive
è
un
superstite
separatista
,
convinto
che
ogni
legame
giuridico
tra
Chiesa
e
Stato
nuoccia
ad
entrambi
;
soffrì
alla
stipulazione
del
Concordato
,
anche
per
ciò
che
in
quel
momento
significava
.
Ma
sa
pure
che
questa
fede
separatista
siamo
ormai
in
ben
pochi
ad
averla
;
che
i
più
degl
'
italiani
sentono
pochissimo
il
problema
dei
rapporti
tra
Stato
e
Chiesa
,
meno
che
un
secondario
problema
economico
.
Non
ignora
che
una
denuncia
del
Concordato
turberebbe
moltissimi
;
quasi
certamente
si
accompagnerebbe
ad
una
ripresa
di
quell
'
anticlericalismo
becero
e
povero
d
'
idee
che
fioriva
agli
inizi
del
secolo
,
ed
il
cui
ricordo
gli
è
odioso
.
Mi
augurerei
quindi
che
il
Concordato
non
restasse
imbalsamato
,
subisse
man
mano
modifiche
ed
adattamenti
.
Il
primo
potrebbe
essere
l
'
abrogazione
di
quella
parte
dell
'
art.
5
e
la
rinuncia
dello
Stato
a
quei
controlli
nelle
nomine
di
vescovi
e
di
parroci
che
il
Concordato
gli
dà
e
che
non
credo
usi
.
Nell
'
Italia
del
1929
era
consono
allo
spirito
del
regime
non
ammettere
problemi
di
coscienza
,
punire
ogni
sorta
di
eresia
(
quelle
politiche
anzitutto
)
,
ed
anche
coltivare
l
'
ideale
napoleonico
,
i
vescovi
prefetti
in
sottana
.
Nel
1962
tutto
questo
è
distaccato
dalla
realtà
,
è
in
contrasto
col
sentire
dei
cittadini
e
dei
credenti
.
Sarebbe
un
reale
successo
di
un
governo
democristiano
varare
una
tale
modifica
del
Concordato
,
che
,
conchiusa
d
'
accordo
tra
i
due
poteri
,
andrebbe
approvata
con
legge
ordinaria
.
Amerei
vedere
questo
atto
:
che
ricevesse
le
sanzioni
di
Giovanni
XXIII
,
il
Pontefice
più
aperto
,
più
comprensivo
,
più
fiducioso
nell
'
espansione
che
può
avere
la
religione
su
terreno
democratico
,
in
paesi
liberi
,
nelle
conquiste
che
può
ivi
realizzare
,
e
di
Segni
,
cattolico
praticante
da
sempre
(
presidente
della
Unione
dei
giuristi
cattolici
)
,
e
sempre
antifascista
,
senza
compromissioni
.
Al
rammarico
dei
fascisti
che
vedrebbero
modificata
quella
che
resta
la
struttura
più
intatta
del
regime
,
e
della
sparuta
minoranza
di
cattolici
che
ancor
crede
nella
efficacia
benefica
del
braccio
secolare
,
farebbe
riscontro
il
consenso
dell
'
enorme
maggioranza
degl
'
italiani
.
Confido
che
dalle
due
parti
non
si
disattenda
questa
possibilità
di
rinvigorire
una
struttura
cui
entrambe
tengono
.
StampaQuotidiana ,
Come
il
cielo
di
primavera
talora
a
brevi
intervalli
passa
dal
sereno
al
grigio
cupo
,
così
è
tra
noi
di
quelli
che
si
sogliono
chiamare
rapporti
tra
società
civile
e
società
religiosa
.
Epoca
giovannea
continuata
dal
successore
;
fine
dell
'
era
costantiniana
;
apertura
;
rifiuto
da
parte
della
Chiesa
del
potere
politico
;
si
può
parlare
di
tutto
,
discutere
di
tutto
;
colloquio
tra
cattolici
e
protestanti
,
tra
credenti
e
laici
;
si
cerca
onestamente
di
vedere
ciò
che
può
esserci
di
buono
,
di
sano
,
nel
sentire
dell
'
avversario
.
È
il
cielo
sereno
.
Ma
poi
,
si
prospetti
un
disegno
di
legge
sul
divorzio
,
od
un
magistrato
affermi
in
una
sentenza
che
alla
base
del
diritto
statale
v
'
è
un
'
etica
,
un
buon
costume
senza
impronta
confessionale
,
ed
a
questo
soltanto
i
cittadini
sono
tenuti
a
conformarsi
;
ed
ecco
si
sente
subito
il
brontolio
del
tuono
.
Altro
che
epoca
giovannea
;
torniamo
indietro
di
centosedici
anni
.
1850
.
il
foro
privilegiato
per
gli
ecclesiastici
è
un
ricordo
remoto
nei
paesi
più
cattolici
,
la
Restaurazione
non
Io
ha
risuscitato
;
né
in
Francia
né
nel
Belgio
né
in
Austria
i
più
zelanti
degl
'
interessi
della
Chiesa
pensano
a
reclamarlo
.
Ma
quando
il
Piemonte
vuole
sopprimerlo
è
la
rottura
,
i
rapporti
fra
Stato
e
Chiesa
con
la
legge
Siccardi
si
guastano
irrimediabilmente
,
occorreranno
tre
quarti
di
secolo
perché
si
ricompongano
.
1966
:
quasi
tutti
gli
Stati
europei
hanno
il
divorzio
,
nessun
partito
cattolico
,
nessun
episcopato
pensa
nei
paesi
dove
esiste
a
porre
sul
tappeto
la
questione
della
sua
soppressione
,
accettano
che
il
precetto
della
indissolubilità
senza
eccezioni
sia
precetto
religioso
,
vincolante
i
credenti
come
ogni
comandamento
di
Dio
,
ma
senza
coercizione
statale
;
in
Italia
non
se
ne
deve
parlare
.
Intendiamoci
.
E
proprio
porsi
sul
terreno
teologico
-
un
precetto
assoluto
,
di
diritto
divino
;
obbligo
dello
Stato
di
conformare
le
sue
leggi
ad
un
tale
precetto
-
parlare
di
un
problema
del
divorzio
genericamente
.
Su
un
terreno
di
opportunità
umana
,
di
convenienza
politica
,
non
si
possono
considerare
che
singoli
modelli
di
legislazioni
che
consentano
il
divorzio
(
già
istituire
un
ufficio
del
pubblico
ministero
analogo
al
difensore
del
vincolo
nei
tribunali
ecclesiastici
,
volto
ad
evitare
inganni
,
darebbe
un
aspetto
a
sé
ad
una
legge
sul
divorzio
)
.
E
si
può
essere
in
massima
antidivorzisti
,
anche
per
ragioni
non
religiose
,
nel
senso
che
è
ben
possibile
ispirare
pure
una
morale
laica
al
concetto
del
sacrificio
,
all
'
austerità
del
soffrire
insieme
,
e
ritenere
così
che
l
'
infermità
di
mente
di
un
coniuge
non
sia
ragione
per
ridare
la
libertà
all
'
altro
.
Ma
si
finisce
sempre
di
giungere
a
qualche
caso
estremo
(
quello
di
chi
ha
sposato
una
straniera
,
e
questa
tornata
al
suo
paese
ha
ottenuto
il
divorzio
,
si
è
risposata
,
è
moglie
e
madre
rispettata
e
felice
,
mentre
il
marito
italiano
rimane
legato
)
,
in
cui
soltanto
l
'
argomento
religioso
,
la
forza
del
sacramento
,
la
volontà
imperscrutabile
di
Dio
,
può
giustificare
l
'
indissolubilità
.
Ed
il
punto
è
proprio
quello
se
lo
Stato
possa
imporre
anche
ai
non
credenti
la
soluzione
che
abbia
una
base
puramente
religiosa
.
Discorso
parallelo
può
farsi
sulla
questione
:
morale
cattolica
o
morale
della
società
civile
?
La
nostra
società
si
è
formata
nella
matrice
del
cattolicesimo
,
e
,
a
parte
conati
di
punte
estreme
che
non
hanno
mai
attecchito
,
non
c
'
è
divario
tra
credenti
e
non
credenti
intorno
alla
quasi
totalità
dei
precetti
morali
.
Quando
si
discute
sul
Codice
Penale
,
sul
mantenimento
o
no
di
certi
reati
;
o
quando
in
sede
disciplinare
si
vuole
accertare
se
il
comportamento
di
un
impiegato
sia
da
tacciare
come
immorale
,
non
si
avvertono
contrasti
tra
credenti
e
non
credenti
.
Grazie
a
Dio
,
direi
la
totalità
del
popolo
italiano
-
e
non
prenderei
troppo
sul
serio
le
divagazioni
di
adolescenti
-
sa
che
un
libero
amore
,
una
venere
vaga
,
è
il
ritorno
all
'
animalità
,
la
distruzione
delle
basi
stesse
della
società
.
I
divari
nascono
su
pochissimi
punti
di
sostanza
-
così
la
limitazione
delle
nascite
-
e
su
alcuni
criteri
di
condotta
politica
:
punibilità
dell
'
adulterio
,
o
mera
sanzione
civile
,
considerandolo
come
causa
di
separazione
?
Libertà
di
discutere
di
tutto
,
apertamente
,
o
riserbo
su
certi
problemi
,
non
scriverne
in
giornali
o
libri
che
possano
andare
per
le
mani
di
chiunque
?
Come
vietare
spettacoli
che
potrebbero
essere
eccitanti
dell
'
erotismo
(
ma
molti
daremmo
il
primo
posto
nella
nostra
preoccupazione
alla
eccitazione
alla
violenza
,
che
del
resto
è
sorella
carnale
dell
'
erotismo
)
?
È
qui
che
una
sentenza
ha
potuto
dire
-
e
siamo
moltissimi
,
anche
credenti
e
praticanti
,
a
consentire
-
che
per
il
magistrato
(
che
personalmente
può
essere
uomo
piissimo
)
non
ci
dev
'
essere
che
la
morale
desumibile
dal
complesso
dell
'
ordinamento
dello
Stato
.
Per
il
credente
non
ci
sono
morali
,
ce
n
'
è
una
sola
,
si
obietta
.
Sì
,
ci
sono
i
precetti
eterni
,
accolti
nei
testi
sacri
;
l
'
amore
per
gli
altri
;
il
sacrificio
;
il
superamento
di
tutti
gli
appetiti
carnali
,
dal
sesso
alla
gola
,
alla
brama
del
potere
e
delle
ricchezze
,
per
conseguire
la
libertà
dalle
passioni
;
cercare
la
verità
,
realizzare
la
giustizia
.
Ma
le
applicazioni
di
quella
precettistica
eterna
mutano
continuamente
nel
tempo
;
ma
i
dubbi
sull
'
attuazione
pratica
della
regola
,
sono
quotidiani
.
Strano
che
dei
credenti
non
si
domandino
se
sarebbe
necessaria
una
Chiesa
docente
,
ove
tutto
fosse
così
chiaro
e
semplice
come
a
volte
affermano
essere
;
non
riflettano
che
le
trite
accuse
anticlericali
all
'
opera
della
Chiesa
nei
secoli
dipendano
dall
'
incomprensione
di
ciò
ch
'
è
lo
spirito
,
il
diffuso
sentire
di
ogni
epoca
,
attraverso
cui
faticosamente
anche
i
santi
,
anche
gli
spiriti
più
illuminati
,
riescono
a
fare
penetrare
un
po
'
di
luce
.
Il
credente
sa
che
Dio
si
rivela
man
mano
agli
uomini
;
l
'
ottimismo
cristiano
è
nel
credere
che
gli
occhi
degli
uomini
si
stiano
aprendo
gradatamente
alla
luce
;
che
,
se
anche
le
azioni
non
seguano
immediatamente
,
il
senso
del
bene
e
del
male
vada
man
mano
affinandosi
.
Per
tornare
al
contrasto
tra
chi
ritiene
che
il
precetto
religioso
debba
dominare
la
legislazione
civile
e
chi
lo
vuole
imperativo
solo
per
i
credenti
:
se
dal
lato
cattolico
si
possono
rievocare
prese
di
posizione
analoghe
di
oltre
un
secolo
fa
,
manca
ogni
parallelo
dell
'
altro
lato
.
Qui
c
'
è
vero
distacco
.
All
'
inizio
del
secolo
anche
il
socialismo
accanto
alle
rivendicazioni
economiche
poneva
una
serie
di
premesse
ideologiche
:
molte
campagne
che
oggi
paiono
assurde
(
Oddino
Morgari
che
voleva
far
fischiare
lo
zar
,
un
disprezzo
becero
dei
valori
religiosi
)
,
l
'
antimilitarismo
,
le
campagne
contro
la
massoneria
e
contro
il
duello
,
condotte
accanto
alla
lotta
sindacale
.
Oggi
lo
sblocco
dei
fitti
ha
ben
maggiore
importanza
del
divorzio
e
della
obiezione
di
coscienza
.
Certo
è
così
per
i
più
;
ma
la
vera
democrazia
consiste
proprio
nel
seguire
i
più
?
La
Repubblica
sociale
di
Mussolini
fu
larga
di
Stato
e
Chiesa
promesse
ai
lavoratori
;
ma
trovò
una
generazione
di
operai
e
contadini
che
ancora
sentiva
esserci
qualcosa
di
più
importante
delle
conquiste
sindacali
.
Forse
ignoravano
persino
il
nome
di
Croce
,
ma
avrebbero
detto
con
lui
che
ascoltare
o
no
la
Messa
è
più
importante
che
conquistare
Parigi
.
StampaQuotidiana ,
Come
si
giunse
dalla
opposizione
netta
,
irreducibile
,
disposta
ad
utilizzare
ogni
strumento
,
anche
a
benedire
eserciti
stranieri
che
intervenissero
a
ristabilire
il
vecchio
ordine
,
propria
ai
cattolici
politici
,
a
quelli
che
"
sentivano
col
Papa
"
,
negli
anni
dalla
unificazione
al
primo
decennio
circa
dopo
la
presa
di
Roma
;
come
si
giunse
da
questo
estremo
al
clima
di
alleanza
del
1929
,
alle
visite
dei
papi
al
Quirinale
?
Parlare
di
opera
del
tempo
,
non
è
rispondere
.
Sono
gli
uomini
a
far
sì
che
il
tempo
porti
dimenticanza
,
o
mantenga
inalterati
,
talvolta
inasprisca
i
rancori
.
Il
bruciore
della
Francia
per
la
sconfitta
del
1870-71
ed
il
desiderio
di
rivincita
eran
più
vivi
che
mai
dopo
quarant
'
anni
;
in
uno
spazio
di
tempo
di
gran
lunga
minore
l
'
Austria
aveva
quasi
perduto
il
ricordo
delle
sconfitte
del
1859
e
del
1866
.
De
Gaulle
ha
potuto
fare
accettare
alla
Francia
un
riavvicinamento
fattivo
alla
Germania
anche
dopo
gli
orrori
della
seconda
guerra
mondiale
.
Il
tempo
è
una
parola
;
gli
uomini
sono
la
realtà
.
I
punti
salienti
di
questa
traiettoria
che
si
svolge
in
un
secolo
circa
sono
evocati
nella
bella
raccolta
dei
suoi
articoli
che
Giovanni
Spadolini
ci
dà
col
titolo
Il
Tevere
più
largo
(
ed.
Morano
,
1967
)
,
preceduta
da
una
introduzione
,
la
cui
sintesi
è
questa
:
la
Chiesa
ha
potuto
accettare
come
un
fatto
provvidenziale
la
scomparsa
del
potere
temporale
;
si
è
operata
una
svolta
per
cui
i
cattolici
hanno
quasi
riscoperto
"
quei
valori
della
libertà
religiosa
,
e
del
pluralismo
democratico
,
che
tutta
la
tradizione
del
Sillabo
aveva
condannato
o
svalutato
o
comunque
offuscato
"
;
ma
non
si
può
parlare
di
conflitti
eliminati
per
sempre
.
Superato
un
clericalismo
di
tipo
reazionario
"
non
manca
talvolta
di
affacciarsi
all
'
orizzonte
con
burbanzoso
cipiglio
un
nuovo
clericalismo
,
di
opposto
segno
nell
'
apparenza
,
ma
gravido
di
eguali
pericoli
nella
sostanza
...
che
si
muove
nella
linea
strumentale
e
machiavellica
dell
'
articolo
7;
che
non
escluderebbe
di
salvare
domani
il
Concordato
...
col
concorso
determinante
del
partito
che
fu
di
Togliatti
"
;
e
la
prefazione
termina
esaltando
De
Gasperi
come
quegli
che
meglio
comprese
il
pericolo
di
questo
nuovo
clericalismo
.
I
capisaldi
della
evoluzione
che
Spadolini
evoca
sono
:
la
preoccupazione
di
Cavour
di
ricevere
in
punto
di
morte
i
sacramenti
;
la
corrispondenza
,
fattaci
conoscere
dal
padre
Pirri
,
tra
Vittorio
Emanuele
II
e
Pio
IX
,
da
cui
appare
l
'
opera
moderatrice
del
re
contro
ogni
intemperanza
anticlericale
dei
ministri
,
il
desiderio
costante
di
non
rompere
con
la
Chiesa
;
il
Sillabo
come
conseguenza
del
1859
,
momento
in
cui
la
S
.
Sede
perde
la
fiducia
nella
diplomazia
e
nelle
soluzioni
politiche
,
e
si
rende
conto
che
la
riconquista
da
operare
è
quella
delle
coscienze
.
Del
pari
il
Concilio
Vaticano
e
la
proclamazione
della
infallibilità
pontificia
esprimono
"
la
scissione
della
Chiesa
dal
mondo
,
in
vista
di
contrapporre
l
'
assolutezza
della
fede
alle
sconfitte
della
storia
"
;
e
dopo
il
20
settembre
Pio
IX
rifiuta
di
abbandonare
Roma
,
comprendendo
che
una
rinascita
cattolica
solo
da
qui
sarebbe
partita
;
rinascita
che
trova
come
avversario
non
tanto
gli
Stati
,
quanto
lo
"
spirito
borghese
"
,
cioè
la
fede
del
borghese
in
se
stesso
,
nella
sua
ragione
e
nel
suo
equilibrio
,
del
borghese
"
ai
cui
occhi
l
'
oro
si
santifica
,
il
lavoro
si
riscatta
,
il
commercio
si
purifica
"
.
E
pur
senza
dirlo
,
Spadolini
pare
contrapporre
a
questa
visuale
del
borghese
,
quella
del
cattolico
liberale
,
considerato
in
De
Sanctis
,
per
cui
"
il
peso
dei
valori
morali
ha
una
importanza
forse
superiore
a
quella
delle
esperienze
intellettuali
...
la
fermezza
dell
'
animo
sembra
più
importante
della
vastità
della
cultura
,
che
non
si
accompagni
all
'
integrità
della
coscienza
"
.
Leone
XIII
rappresenta
un
rinnovato
"
imperialismo
cattolico
"
col
rafforzamento
delle
missioni
,
l
'
allargamento
dell
'
attività
diplomatica
;
l
'
appoggio
a
determinate
forme
della
scienza
e
del
pensiero
moderni
,
e
soprattutto
l
'
iniziativa
sociale
,
la
fiducia
nella
democrazia
come
strumento
per
riaffermare
l
'
iniziativa
del
papato
nel
mondo
.
Il
periodo
giolittiano
rappresentò
"
la
conciliazione
silenziosa
"
;
e
di
questo
periodo
viene
ricordato
Romolo
Murri
,
le
cui
speranze
saranno
tutte
deluse
,
e
le
cui
parole
non
potevano
trovare
alcuna
eco
in
Giolitti
.
Pio
X
"
sentiva
in
modo
sovrumano
,
esclusivo
,
con
una
forza
di
ispirazione
degna
dei
Pontefici
del
Medio
Evo
,
la
preminenza
della
Chiesa
sulla
società
civile
"
;
fra
tutti
i
Pontefici
dell
'
età
moderna
,
fu
quello
"
che
più
fieramente
ribadirà
il
dovere
di
una
devozione
e
di
una
sudditanza
totale
,
senza
sottintesi
,
senza
riserve
,
al
magistero
pastorale
"
.
Benedetto
XV
,
pur
così
dissimile
,
era
sostanzialmente
sulla
stessa
linea
quando
condannava
la
guerra
"
come
la
conseguenza
diretta
della
stessa
visione
della
vita
che
dominava
il
mondo
moderno
,
fondata
come
era
sui
valori
della
lotta
,
dell
'
emulazione
,
della
selezione
e
della
concorrenza
"
.
È
rievocata
la
nascita
del
partito
popolare
,
e
belle
pagine
sono
dedicate
a
don
Sturzo
,
dandosi
tutto
il
suo
valore
a
quello
che
fu
il
lato
più
brillante
e
più
durevole
della
creazione
del
partito
popolare
,
averlo
fatto
nascere
disancorato
dalla
gerarchia
ecclesiastica
,
staccato
dall
'
Azione
cattolica
.
Ed
è
esaltato
De
Gasperi
,
considerato
cattolico
-
liberale
e
riformatore
sociale
.
Gli
ultimi
capitoli
sono
dedicati
al
nostro
decennio
:
indicano
ciò
che
abbia
rappresentato
,
per
chi
possegga
senso
storico
,
la
risposta
del
Nunzio
a
nome
del
Papa
Giovanni
XXIII
agli
auguri
fatti
pervenire
dal
segretario
del
partito
liberale
;
l
'
atteggiamento
di
Giovanni
XXIII
verso
i
paesi
di
oltre
-
cortina
e
le
ripercussioni
che
può
avere
avuto
sui
cattolici
italiani
,
come
ammissione
della
libertà
del
voto
cattolico
.
Affermano
che
il
pontificato
roncalliano
,
pur
nelle
sue
audacie
,
non
lascia
la
minima
traccia
d
'
innovazioni
sul
piano
dei
principii
:
né
nella
questione
sociale
,
né
sul
tema
della
pace
e
del
pacifismo
.
Ricordano
la
visita
di
Giovanni
XXIII
al
presidente
Segni
,
quella
di
Paolo
VI
al
presidente
Saragat
,
ed
il
discorso
di
questo
,
che
giustamente
fece
scaturire
i
principii
ispiratori
della
Costituzione
repubblicana
dal
tronco
dell
'
etica
cristiana
.
Sono
tutte
pagine
letterariamente
molto
belle
,
scritte
in
un
puro
italiano
che
ormai
è
raro
ritrovare
,
con
piena
conoscenza
dei
temi
,
vivacità
giovanile
e
calore
di
convinzione
.
Va
da
sé
che
non
concorderei
sempre
con
Spadolini
.
Accetto
la
sua
visione
dei
Pontefici
-
non
tutti
i
giudizi
particolari
;
non
escludo
com
'
egli
fa
che
Benedetto
XV
non
potesse
meglio
frenare
certi
empiti
di
nazionalismo
cattolico
,
e
credo
che
Pio
XII
,
pur
non
potendo
compiere
nulla
più
di
quanto
compì
in
favore
degli
ebrei
,
avrebbe
potuto
,
senza
inasprire
Hitler
,
scaldare
il
cuore
dei
cattolici
facendo
meglio
sentire
il
dolore
ch
'
egli
veramente
soffriva
per
la
persecuzione
e
che
ogni
credente
doveva
dividere
-
;
sottoscriverei
alle
pagine
su
Vittorio
Emanuele
II
e
su
Giolitti
.
Sono
molto
dubbioso
sul
sentimento
cattolico
di
Cavour
,
che
mi
appare
piuttosto
un
deista
,
che
vuoi
morire
da
cattolico
secondo
la
tradizione
dei
suoi
avi
,
e
soprattutto
per
il
male
che
verrebbe
all
'
Italia
da
una
sua
morte
che
permettesse
di
dirlo
empio
impenitente
.
Ritengo
De
Gasperi
un
grande
cattolico
,
che
rese
un
servizio
inestimabile
alla
Chiesa
contrastando
a
certe
tendenze
del
Pontefice
che
avrebbero
favorito
un
riformarsi
di
blocchi
anticlericali
;
un
intelligentissimo
cattolico
che
ebbe
chiara
l
'
idea
della
linea
di
condotta
da
seguire
per
ottenere
per
la
Chiesa
il
massimo
che
i
tempi
consentivano
(
credo
anche
che
nel
suo
intimo
,
se
non
ci
fosse
stata
una
decisa
volontà
pontificia
,
non
avrebbe
così
fermamente
voluto
l
'
art.
7
della
Costituzione
nei
suoi
attuali
termini
)
;
ma
non
scorgo
nella
sua
opera
quella
riaffermazione
vigorosa
dell
'
autorità
dello
Stato
,
della
dignità
e
sovranità
del
potere
centrale
,
che
scorge
Spadolini
.
Né
son
d
'
accordo
con
l
'
amico
Spadolini
quando
teme
che
un
certo
clericalismo
possa
vagheggiare
un
'
"
operazione
Sturzo
"
con
il
partito
comunista
.
Non
amo
gli
uomini
di
quel
clericalismo
,
ma
non
li
credo
né
scettici
né
privi
di
intelligenza
;
essi
sanno
che
i
comunisti
sono
tutt
'
oggi
,
malgrado
ogni
dialogo
,
gli
uomini
del
materialismo
;
che
a
differenza
dei
vecchi
liberali
non
concepiscono
in
seno
ai
loro
ranghi
-
se
non
proprio
all
'
ultimo
posto
tra
i
proseliti
-
chi
appartenga
ad
una
qualsiasi
religione
.
Perché
i
"
clericali
"
potessero
accettare
una
tale
alleanza
occorrerebbe
che
il
comunismo
fosse
così
lontano
dai
suoi
principi
dottrinali
,
quanto
il
liberalismo
del
1900
lo
era
dall
'
Illuminismo
e
dall
'
Enciclopedismo
,
sua
remota
matrice
.
Nulla
di
simile
sull
'
orizzonte
.