Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> anno_i:[1940 TO 1970}
Unità e Regioni ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
StampaQuotidiana ,
In quella che Einaudi chiamò " la grande speranza " , la speranza formatasi negli anni della Resistenza , di una Italia rinnovata , dove tutti i cittadini partecipassero alla vita collettiva , si sentissero organi dello Stato , desiderassero un paese pulito , retto da una legge severa , che non lasciasse adito ad arbitrii , le Regioni avevano posto non secondario . Basta con il centralismo , basta con le striminzite strutture provinciali che dalla unificazione non hanno potuto pesare sugl ' indirizzi generali dello Stato ; vengano avanti le Regioni , unità naturali , poste in luce anche da quel dialetto , combattuto dal fascismo , ma che ha dato vita ad opere d ' arte di primo piano - Porta e Belli , un gradino più sotto Pascarella , - che attraverso Trilussa ha aiutato la resistenza al regime , con la cui voce si è espresso il teatro più popolare . Nella prima seduta della commissione per la riforma dello Stato che aveva insediato il presidente Bonomi , con l ' on. Bogianchino ci chiedevamo se non si potesse definire l ' Italia come Stato federale . Non che pensassimo a scindere l ' unità ; non volevamo neppure qualcosa come i Cantoni svizzeri , che hanno magistrature a sé ; meno che mai pensavamo agli ardimenti che furono poi dello statuto siciliano , la polizia alle dipendenze del presidente regionale , una corte paritaria a dirimere i conflitti con lo Stato ; guardavamo piuttosto ai vecchi Laender austriaci , con piccoli Parlamenti , che dettassero leggi in materia agraria , mineraria , di opere pubbliche , d ' igiene e sanità , d ' istruzione primaria e magari anche secondaria . Vedevamo chiaro come si sarebbero formate le Regioni . Una legge avrebbe stabilito quali potessero essere le loro incombenze , lasciando ad ognuna di assumersele tutte od alcune soltanto . E naturalmente la prima attuazione sarebbe stata nelle Regioni settentrionali , che avrebbero costruito il modello . Qui c ' era già l ' embrione con i Comitati di Liberazione Nazionale disposti scalarmente in cerchie di territorio sempre più larghe , ed al vertice quel Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia , così ricco di competenze . Qui c ' era ah antiquo l ' avversione a Roma ed alla burocrazia romana ed il desiderio di fare da sé ; qui c ' erano le migliori tradizioni , bilanci in pareggio , fiducia dei cittadini nell ' amministrazione , non pletora d ' impiegati . Queste regioni - Piemonte , Lombardia , Liguria - dovevano essere la guida . Pensavamo anche che attraverso le Regioni i giovani dell ' Italia settentrionale avrebbero ripreso ad entrare nell ' amministrazione , che da tempo disertavano , e si sarebbe così ripristinata una sana tradizione . Immaginavamo che essere maestro in una di queste Regioni sarebbe stato titolo di cui ci si sarebbe fregiati più assai di quello di " statale " . La prima delusione venne proprio da queste Regioni , nessuna delle quali mostrò di aspirare affatto a formare il nuovo organismo . Le aspirazioni regionali , Valle d ' Aosta e Trentino a parte , furono delle zone dove la tradizione amministrativa era meno brillante , dov ' era ad attendersi che subito si sarebbe formata la pletora degli impiegati . Un duro colpo le speranze ricevettero alla Costituente , quando si decretò il mantenimento delle Province . Nella nostra visione non c ' era l ' idea di un accentramento , che i vecchi capoluoghi di provincia Storia d ' Italia non avessero più uffici a disposizione del pubblico ( se pure tutti noi , regionalisti del 1945 , ricordassimo che le comunicazioni erano alquanto mutate dalla unificazione ) ; ma avremmo voluto la Regione unica persona giuridica con unico patrimonio e bilancio , unica , poco numerosa , burocrazia : decentrata magari anche nei vecchi capoluoghi di circondario , quando fosse opportuno . La Provincia con quelle poche attribuzioni brefotrofi e manicomi , laboratori d ' igiene , strade provinciali , norme sulla caccia - non ci sembrava dovesse continuare , e soprattutto non vedevamo : Province più Regioni . Delusione ancora più grande : il constatare che gli italiani possono dire male della burocrazia statale , che gl ' impiegati dello Stato possono considerarsi vittime , ma che nessuno statale è disposto a divenire dipendente di un ente locale , fosse pure il più ricco , quello circondato dalla migliore fama , quello più generoso . Uomini politici di qualsiasi partito possono anche tenere discorsi a favore dell ' autonomia dei Comuni , del diritto che si debba loro riconoscere d ' imporre tributi fuori dei quadri delle leggi statali , di assumere iniziative in ogni campo ; ma occorre tacciano intorno alla grossissima menomazione che venne portata a quell ' autonomia nel periodo fascista , e che credo non abbia riscontro in alcun regime libero , di porre a capo dei loro uffici un funzionario statale ; debbono tacere , perché tutti i segretari comunali , come tutti i maestri , desiderano restare statali . Ed i giovani dell ' Alta Italia continuano a disertare la burocrazia ; senza spiegazioni economiche ; conosco moltissimi professionisti che guadagnano meno dei loro coetanei entrati nei ranghi governativi ; ma tant ' è , quella diserzione si dà . Ultima delusione . Immaginavamo che nei rami di attività che sarebbero stati affidati alle Regioni i Ministeri non sarebbero rimasti che come organi di coordinamento , che dessero direttive , risolvessero conflitti ; un piccolo stato maggiore . L ' attuale burocrazia passata alle Regioni ; dove c ' erano venti capidivisione , diciannove sarebbero passati alle Regioni , ed uno rimasto al Ministero . Ci rendemmo conto che la burocrazia romana non avrebbe accettato la riduzione di un sol posto , che nessun ministro avrebbe avuto la forza occorrente per allontanare da Roma un solo impiegato . Da quelle speranze sono passati oltre venti anni . Dobbiamo constatare varie cose . Dove si sono costituite le Regioni , malgrado gli inconvenienti che possono essersi verificati , nessuno vorrebbe tornare indietro e rinunciarvi . Il Trentino - Alto Adige , tormentato dalla questione tedesca , dà tuttavia le ottime istituzioni locali ( ad es. casse di malattia ) ch ' era ad attendersi . La Sicilia ha dato una grande prova di patriottismo italiano e di buon senso accettando un tacito adattamento del suo statuto , sì che fosse intatta la sovranità nazionale : con alcune rinunce ed alcuni compensi ( le azioni al portatore ) rispetto a quel ch ' era ivi previsto . Alcune Province , pure restando le loro competenze nel limitato vecchio quadro legislativo , danno , grazie ai loro amministratori , prova di attività , costituiscono coordinamento di energie , collegamento d ' iniziative ; penso a Torino ed a Cuneo , a Bologna ed in genere alle Province emiliane , che si tengono in costante rapporto tra loro per utili studi e progetti . Si costituiranno le Regioni previste dalla Costituzione ? Non lo sappiamo . Se sì , non saranno certo quelle che vagheggiavamo nel '45 , non rappresenteranno quel distacco da Roma , quella reazione al centralismo , quel vivo appello alle energie locali , quel chiamare il popolo a partecipare direttamente ad una politica che si vivificasse applicando ai problemi locali le direttive generali , che avevamo sperato nel '45 , allorché le Regioni sarebbero potute apparire le dirette eredi dei Comitati di Liberazione . Reagiamo come allora alla stolida accusa di chi pensa che le Regioni minerebbero l ' unità nazionale ; ma se non si creeranno , non saremo amareggiati per una nuova delusione . Certo , della " grande speranza " pochissimo si è realizzato ; però si è salvata la conquista essenziale , quella della libertà . E non si deve per le speranze che non si realizzarono , essere ingiusti . Le vecchiaie serene constatano le proprie sconfitte , ma non per questo disconoscono quel che possa esservi di positivo nel presente ; e non dimenticano che la storia la costruiscono , sì , gli uomini , ma la realizzazione dei loro piani è sempre approssimativa , quel che vien fuori non è solo il risultato di componenti diverse , ma avverte anche il tocco dell ' imprevedibile , diciamo pure del caso .
Lo spegnimento del roveto ( Jemolo Arturo Carlo , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Sono uscite quasi contemporaneamente la versione italiana della Storia d ' Italia dal 1861 al 1958 di Denis Mack Smith e le memorie Dalla monarchia alla Repubblica di Giuseppe Romita , di cui ha dato ampia notizia Salvatorelli . Due libri quasi senza punti di contatto tra loro , se pur qualche pagina di Mack Smith tocchi il periodo di Romita . Ma scorrendoli sorgevano in me quasi identici pensieri . Com ' è noto , lo storico inglese ritiene che vizi costituzionali abbiano impedito all ' Italia di diventare una nazione liberale com ' era stato nelle intenzioni di alcuni tra i suoi fondatori ; e pure riconoscendo la genialità di Cavour , il suo antivedere , gl ' inestimabili servizi resi al Piemonte tra il 1850 ed il 1855 con le riforme interne , lo accusa di opportunismo e di machiavellismo ; " in teoria era pronto ad ammettere che i mazziniani fossero meno pericolosi dentro che fuori il Parlamento , ma in pratica costrinse gli estremisti al metodo della cospirazione clandestina , impedendo loro di manifestare liberamente le proprie opinioni " . Con diverse parole , qualcosa di ciò era già nell ' appellativo dato a Cavour di grande realizzatore , nel raffronto tra le figure di Cavour e di Ricasoli che tracciava quarant ' anni or sono Gentile nel suo Gino Capponi . È dato comune che Cavour , pur di profonda cultura , fu l ' antitesi del dottrinario ; mai dominato da preconcetti , da idee fisse . Ma meno si accentua il peso ch ' ebbe in tutta la sua politica l ' avversione intima a ciò che sapesse di giacobinismo e quanto nella fase decisiva , nel biennio miracoloso 1859-61 , pesassero sue preoccupazioni : quella delle gare di campanile atte a minare la unità , che lo portò a proclamare Roma capitale necessaria , ponendo i problemi che nascevano dalla riunione nella stessa città della sede pontificia e del centro della nazione , problemi che dopo un secolo appaiono più reali e complessi che mai ; ed ancora , per questo timore di vedere insidiata l ' unità a mala pena raggiunta , la diffidenza per Garibaldi , l ' affrettata unificazione legislativa ed amministrativa del Mezzogiorno : un ' altra eredità non ancora smaltita . E per quanto sappiamo che son domande che resteranno senza risposta , siamo tratti chiederci : vide sempre bene Cavour ? l ' unità avrebbe davvero pericolato se si fosse nutrita maggior fiducia in Garibaldi , non si fossero preferiti ufficiali e funzionari borbonici a garibaldini , si fosse concesso alle regioni un ragionevole ambito di attività amministrativa , non messa l ' ipoteca su Roma ? e , prima ancora , l ' unità non si sarebbe lo stesso compiuta se le azioni avessero sempre corrisposto ai programmi , se si fosse lasciata piena libertà di parola a mazziniani ed a clericali , non si fossero toccati magistrati e funzionari , che non potevano rassegnarsi a veder legiferare in materia ecclesiastica malgrado le censure pontificie ? Ebbene , analoghi pensieri vo rivolgendo nel rievocare , attraverso le memorie di Romita , il 1944-'47 . Soglio chiamarlo il periodo del roveto ardente ; perché , a parte quello ch ' esso fu per la parte migliore dei partigiani , per i capi della Resistenza , il finire della guerra segnò per i più degl ' italiani un breve stato di grazia ; qualcosa di simile al benessere della convalescenza dopo una lunga malattia , all ' empito di riconoscenza verso Dio di chi sa ora che vivrà mentre aveva visto aperta la tomba . In quel momento si sarebbe forse potuto pur ottenere dal Papa un ritocco del Concordato . Ma certo si potevano porre nuove leggi improntate ad una austerità mazziniana , operare radicali riforme del sistema fiscale , stabilire il giuramento dei redditi con le più gravi sanzioni , ribadire il principio che il funzionario è al servizio del pubblico , ritoccare in pochi giorni il codice penale , dire " basta " a certe pratiche carcerarie e di polizia , sopprimere una sequela di uffici inutili . Per questo non era necessario fare vittime , ma occorreva mutare un certo numero di capi . Nel 1849 si era creduto che per ristabilire il senso della disciplina militare occorresse fucilare il generale Ramorino ; grave errore politico , errore giudiziario , anche , pensano molti storici del Risorgimento . Nel 1945 nessuno voleva ancora sangue ; ma se qualche generale ch ' era passato nel campo opposto a quello del suo re fosse stato degradato nel cortile di una caserma , non si sarebbe ferito il senso militare come lo si ferì riammettendo tutti nei loro gradi , facendo valere per tutti la scusa della coartazione . Penso con rossore alla epurazione ; che non colpì che gli umilissimi , e salvò tutti i potenti . Bonomi aveva stabilito , facendone modesta applicazione , una dispensa per gli alti funzionari ; gli sembrava che un prefetto che aveva presieduto a tutte le manifestazioni del regime , un ambasciatore che aveva reso difficile la vita agli antifascisti esuli , non potessero continuare a coprire i loro uffici , voltando casacca . Questo era sembrato ovvio ad ogni mutamento di regime , anche seguito in circostanze meno tragiche della caduta del fascismo . Ma De Gasperi ammise una opposizione dei colpiti , attraverso cui tutti rientrarono , salvo due o tre che sdegnosi non vollero muovere un passo ( e fu brutto che non li si riammettesse d ' ufficio , ché erano i più stimabili ) . Restò così tutta la vecchia burocrazia , che aveva profondamente assimilato dal fascismo il paternalismo , il principio che non si deve mai abbandonare l ' inferiore quando pure abbia torto marcio , nonché una profonda sfiducia verso le iniziative , municipalizzazioni o cooperative , care ai socialisti del principio del secolo ; un irridere alle " anime belle " , ai moralizzatori , a chi non si rassegna al " si è sempre fatto così " . Non si ridussero università ma si creò una pletora di nuove facoltà ; non si costrinsero i professori ed i magistrati a stare in sede ; si conservò e si accrebbe lo sfarzo negli edifici pubblici , lo sperpero del danaro pubblico in rivoletti infiniti , che non irrorano né fecondano alcuna zolla . ( Creazione di nuove Corti , tribunali , preture e mancanza di ogni attrezzatura , carceri in condizioni penose ; nuove facoltà , e non fondi per le ricerche scientifiche né per stroncare l ' analfabetismo ) . Perché seguiva ciò ? per uno stato d ' animo analogo a quello con cui si conchiudeva il Risorgimento : la sfiducia , la paura . Cavour come De Gasperi pensavano che dei muri maestri sarebbero crollati se si fosse degradato un generale , o semplicemente sostituiti i prefetti ed i direttori generali con elementi non di carriera , posto un Calamandrei a capo della Cassazione ; se si fosse accordata autonomia alle regioni , se i ministri avessero preso a riconoscere pubblicamente le malefatte ( poche e rare , ammettiamolo pure ; ma qualcuna ce ne sarà sempre ) dei loro funzionari . Temevano il caos . Ebbero ragione ? ebbero torto ? inutile domanda . Alcuni di noi penseranno sempre che dove non c ' era occupazione russa il comunismo mai si sarebbe affermato , e sarebbe invece fiorita una sana democrazia . Altri penserà l ' opposto . Ma l ' epilogo dei due risorgimenti ha questo tratto in comune : la mancanza di " pazzi in Cristo " o nella fede nella libertà ; nell ' uno e nell ' altro , uomini che avevano ed avrebbero ancora rischiato la vita , dato quella dei propri figli ; ma che , sia pure pensan do non a sé bensì all ' Italia , non sapevano dire " ogni viltà convien che qui sia morta " .
I valori della Resistenza ( Jemolo Arturo Carlo , 1960 )
StampaQuotidiana ,
Si parla troppo della Resistenza e troppo poco dei suoi valori . Duole di sentirla non tanto elogiare , quanto considerare inserita in un pantheon di divinità patrie , cui il cittadino deve bruciare un granello d ' incenso , da chi nutre in cuor suo avversione per quel periodo , e , anche se non ne serbi un ricordo perché troppo giovane , considera assetto ideale il fascismo : tutto regolato dall ' alto , non scioperi , non agitazioni , pene durissime per i rari ribelli , giornali tutti con gli stessi accenti , un buono , un vero , un bello decretati in un ministero e che ciascuno deve accettare . Si parla troppo della Resistenza e poco si riflette sui suoi valori . Nulla a stupire . In ogni religione è più facile genuflettersi e cantare inni che chinarsi al giogo delle leggi . Ma ammonirei a ricordare ciò che la storia di ogni paese insegna : quanto sia facile seppellire gl ' ideali innalzando marmi a coloro che li asseverarono . Quando ero bambino vivevano ancora i soldati del Risorgimento , quelli che avevano lasciato un braccio a S . Martino od a Custoza . Sotto la retorica ufficiale , non c ' era più un culto per loro ; il garibaldino , il reduce , nella narrativa di Pirandello , od anche nello sfondo di quella di Rovetta , quando non è un profittatore è un ingenuo , cui si guarda con compassione . Più tardi , abbiamo visto portare corone a Garibaldi ed a Mazzini degli uomini politici e sindaci che avevan succhiato col latte l ' avversione al Risorgimento , che detestavano tutti indistintamente i valori asseverati da Garibaldi e da Mazzini . " A egregie cose il forte animo accendono - l ' urne de ' forti " ; sì , ma solo il forte animo , e di chi abbia senso storico e viva in una tradizione . Ed il nostro tempo è poco incline ad inserirsi in tradizioni , ed ama guardare all ' avvenire , non volgersi al passato . Garibaldi , negli ultimi anni di sua vita , aveva avvertito questa necessità di guardare dinanzi . Nulla aveva mai chiesto per i suoi , ma neppure rievocava benemerenze passate ; bensì guardava agli sviluppi di un socialismo umanitario , ai problemi della emigrazione , proponeva leggi per la bonifica dell ' Agro romano . Bisogna asseverare i valori della Resistenza ; non parlandone in blocco , come di cosa nota , bensì discernendoli , mettendoli a fuoco , proiettandoli in ciò che si costruisce , in quanto si vuole realizzare domani . Ricorderemo allora che la Resistenza volle essere fenomeno europeo , avviamento ad una Europa unita nella libertà , dove ci fossero cordiali rapporti di popoli piuttosto che di governi . Conforme a questo ideale l ' Italia , dopo aver dovuto accettare col trattato di pace rinunce penosissime ( ho sempre in mente Capodistria ) , non si è attardata in rimpianti e deplorazioni . Ma era pure nello spirito della Resistenza parlare agli alleati più potenti con la sincerità che l ' amico povero , se vero amico , usa col ricco : non considerare , indifferentemente , Stati liberi e Stati autoritari ; preoccuparsi di un mondo tedesco che pare vada avviandosi a cancellare distinzioni di partiti , per trovarsi tutto unito nella méta di riavere le vecchie frontiere . La Resistenza fu collaborazione fra partiti diversi ; accantonamento di dissensi , guardare alle méte comuni . È tradita dove i contrasti si esasperano senza un perché , dove le maggioranze rifiutano Storia d ' Italia ogni collaborazione delle minoranze , non accettano i loro voti , fanno questione di prestigio nel respingere ogni loro proposta , ogni suggerimento . Fu unione di credenti e di atei ; questi ultimi rispettosi della fede dei primi , pronti a riconoscere l ' opera di bene , il gesto coraggioso del sacerdote o della suora . Sono contro il suo spirito gli ecclesiastici che vogliono imporre direttive ai partiti , come ogni resurrezione di vecchio anticlericalismo , che neghi i valori religiosi . Fu autogoverno locale ; e ne negano lo spirito i ministeri che mortificano la vita locale , che vorrebbero reggere in perpetuo i comuni con commissari , se non sia certa la vittoria del loro partito , che rifiutano la regione . ( Estranee invece a quello spirito le aspirazioni di autonomia proprie a gruppi di funzionari od a ceti di professionisti , cammino a ritroso di quello che portò alla formazione dello Stato moderno ) . La Resistenza fu sacrificio e rinuncia ; il suo spirito , la generosità , l ' accettazione conscia della povertà in omaggio alla solidarietà . Sarebbe stato consono ad esso contenere con l ' arma fiscale le grandi ricchezze od almeno gli alti redditi , i munifici stipendi ; adottare e magari imporre un tenore di vita semplice , di cui le amministrazioni pubbliche dessero l ' esempio con la modestia degli edifici , con i viaggi dei ministri in forma dimessa . Ma il suo spirito avrebbe voluto che pure i più umili volessero servire la cosa pubblica , che impiegati ed operai considerassero l ' azienda pubblica come loro , non già quale l ' avversario più debole cui più si può chiedere ; che accettassero la disciplina , sentissero il bene della collettività più forte della solidarietà di classe , fossero i primi a mostrarsi inesorabili contro i compagni disonesti ed infingardi . Questa era la premessa alle nazionalizzazioni . Si tradisce quello spirito quando si vuole che nel pubblico impiego , nella stessa magistratura , non si selezionino i più capaci , si dia il bando ad esami e concorsi , si leghi la carriera alla anzianità . Lo spirito della Resistenza era di un esercito pronto a tutti i sacrifici , ma espressione di una nazione pacifica , che non conoscesse corpi particolari , arditi o paracadutisti , cui la guerra apparisse bella . Di una magistratura che partisse sempre dalla presunzione dell ' innocenza ed anche della dignità del cittadino , e che non si ponesse come regola che la parola del cittadino non possa mai essere creduta contro quella di chi detiene una parte qualsiasi di potere . Se così si fissasse lo spirito della Resistenza , si vedrebbe quanti realmente lo onorano e quanti lo aborrono ; ed anche rispetto al comunismo sarebbe dato fissare in quali punti sia con esso incompatibile . Certo si assottiglierebbe molto il numero di coloro che oggi inneggiano alla Resistenza . Ma son certo che " se cosa di qua in ciel si cura " , quanti caddero per la Resistenza sarebbero ben lieti di vedere dimenticati i loro nomi , senza un fiore le loro lapidi , pur che restassero vivi ( fosse pure coltivati da una minoranza ) quei valori per cui essi s ' immolarono .
Nel centenario ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Sono uno dei pochissimi romani che hanno imbandierato le finestre il primo giorno del '61 . Non per conformismo , ma per schietta adesione alla celebrazione del centenario di questo Stato italiano che ho servito e servo ; che prima di me servirono mio padre , prima ancora figure sbiadite nel ricordo di zii e prozii lontani nel tempo ; che tutti i miei vecchi amarono , non sentendolo il datore di lavoro alle cui vicende il prestatore d ' opera partecipa solo per quel che possano riflettersi su lui , ma come l ' azienda familiare di cui si è parte , pure se si occupi in essa il posto più modesto . Centenario . Non hanno valore i dubbi che talora si affacciano , di distinzione tra nascita dello Stato e formazione dell ' unità . L ' Italia una e lo Stato nacquero ad un tempo nel '60-'61 . Allora si ebbe il grande problema , di fare convivere insieme popolazioni che parlavano la medesima lingua , avevano la stessa religione , tradizioni in gran parte comuni , ma istituzioni , coscienza di ciò che sia vita associata , forma statale , economie , profondamente diverse . Allora sorsero i grossi problemi . L ' annessione del Veneto nel '66 non ne pose alcuno ; quella di Roma nel '70 , la questione delle relazioni con la S . Sede , problema mondiale , ma nessuna difficoltà di amalgamare altri italiani allo Stato già formatosi ; Trento e Trieste posero problemi di popolazioni alloglotte , della vita economica di Trieste , ma non c ' era alcuna difficoltà di fare convivere italiani con altri italiani . Nel '60-'61 si era affrontato il punto cruciale dell ' unificazione . Anche per questo penso che a torto nelle celebrazioni si consideri sempre Massimo d ' Azeglio come personalità di secondo piano : lui ch ' era il piemontese che più si era preoccupato , quando ancora nessuno pensava alla unificazione come a qualcosa di prossimo , di scrutare gl ' italiani di regioni lontane , di comprenderli ed amarli ; e quegli che nel '49 aprì la strada fra gli sterpi , sorresse il re , anche non più ministro , nella crisi del '55 , contro le spinte molteplici ad abbandonare prima il regime costituzionale , poi la strada liberale . Sento dunque questo centenario come una solennità familiare , ciò che non significa che il cuore sia lieto . Nel bilancio dei cento anni , molti elementi favorevoli . Indubbia ascesa in tutti gli strati , in tutti i ceti : anche se non sia agevole istituire la comparazione che sarebbe più interessante , con la contemporanea ascesa degli altri popoli d ' Europa . Ascesa non solo economica , ma nella gentilezza dei costumi , nella cultura , nell ' allargamento degli orizzonti , e direi anche - se pure sappia d ' incontrare parecchi dissensi - nel fondo vero della religiosità , il ricordarsi di essere inseriti in una collettività e di avere gli altri uomini come fratelli che occorre aiutare , anche quando sia difficile amarli . Replicatissimi collaudi dell ' unità . Sì che mi offende come una troppo palese falsità ogni spunto polemico che accenni a possibilità di sue incrinature , ad esempio per l ' istituzione delle regioni . Un affermarsi continuo di nostre attività in paesi ed in campi nuovi , una spinta vitale , per cui chi parla di popoli invecchiati ed esausti ( e sono espressioni su cui fo sempre ampie riserve ) , non include mai tra questi il nostro . Ma se direi rafforzato un senso di solidarietà umana , il senso cristiano , tanto non ripeterei per quella solidarietà - di minor valore agli occhi di Dio , ma che è il cemento delle costruzioni terrene - che chiamo economico - giuridica , e che permette il costituirsi di una società civile . Cento anni or sono ci si poteva dilaniare intorno ai principi ed alle leggi che dovessero reggere lo Stato , intorno alla forma monarchica o repubblicana , e c ' era ancora chi avrebbe voluto vedere rinascere i vecchi Stati come i soli legittimi ; ma tutti erano d ' accordo su certi principi . Che le leggi dovessero essere chiare e comprensibili a tutti , ed una volta emesse dovessero venire rispettate ; che chi mancava avesse ad essere punito ; che fosse compito dei governanti far obbedire alle leggi , proporne il mutamento quando apparissero vecchie o inadeguate , ma non consentire mai fossero eluse ; che i magistrati dovessero applicarle secondo il loro spirito ; che chi spontaneamente s ' inquadrava nei ranghi delle amministrazioni pubbliche assumesse con ciò un più intenso obbligo di fedeltà , promettesse di servire attivamente , avendo in mente il bene dello Stato , ed accettasse altresì una obbedienza più austera di quella degli altri cittadini ; che si dovessero pagare le imposte e non fosse lecito mentire allo Stato : erano punti su cui convenivano Solaro della Margarita come Cavour , D ' Azeglio come Garibaldi , Minghetti come Mazzini . E tutti credevano negli elettori che devono scegliere il più degno , nei capi di un ' amministrazione , pubblica o privata , tenuti a chiamare il più capace , anche a scapito dei propri figli ( c ' è una commovente lettera di Quintino Sella indignato per ciò che , in una società privata , si è nominato ad alto posto un amico ) . Sarebbe falso creare una immagine agiografica del Risorgimento , in cui tutti i grandi della politica o dell ' amministrazione apparissero puri , non tocchi da debolezze umane . Ma credo possa dirsi che non mancava la fede nei principi ; i meno buoni erano nella posizione del prete che pecca , senza che al peccato si accompagni alcun dubbio intorno al valore delle leggi della Chiesa . E questa fede nei principi che mi sembra venuta meno . Direi che oggi si sentano perfettamente a posto con la coscienza i potenti dell ' economia che chiedono trattati internazionali e leggi guardando solo al loro ramo , incuranti degli altri ; i burocrati che allestiscono disegni di legge volutamente oscuri , i quali saranno approvati senza che si comprenda ciò che nascondono tra le righe , gli ampissimi poteri che lasciano a chi applicherà quelle norme ; i grandi capi che preferiscono l ' amico , il compagno di partito , quegli che può dare qualcosa in contraccambio , al più meritevole , e che chiudono gli occhi , perché l ' interesse di partito lo vuole , su mancamenti gravissimi , che sfiorano la legge penale ; i gruppi che vogliono imporre il loro interesse allo Stato anche con l ' arma dello sciopero , noncuranti se il Parlamento non ritenga che quell ' interesse possa venire anteposto ad altri ; gli infiniti evasori dell ' obbligo della testimonianza , o di quello dell ' imposta ; quanti irridono alle norme di circolazione stradale . Ci sono molti credenti , per cui lo Stato è ciò ch ' era la casa chiusa nella mente di parecchi benpensanti : il luogo dove si deve dare sfogo al peccato , per non commetterlo poi altrove . Tutto muta , e non mi allarmerebbe che pure lo Stato , forma storica , s ' indebolisse ed invecchiasse , ove sorgessero altre istituzioni che ne prendessero il posto . Ma nessuna se ne delinea ; non si profila un ideale teocratico , né uno anarchico . C ' è un diffuso egoismo , una diffusa volontà ' di non sacrificarsi ; e su questa nulla si costruisce . Tale la meditazione che mi sembra vada fatta nell ' anno del centenario . Gli economisti insegnano che non possono esserci investimenti non preceduti da risparmio . Anche nell ' ambito delle istituzioni , nulla si può lasciare di sano ai propri figli , se si è dato ad ogni ora sfogo ai nostri egoismi . Prima di affermare ( come mi sento ripetere irosamente ogni volta che tocco questo argomento ) che non si ha alcuna ragione di amare lo Stato , di servirlo con animo diverso da quello di chi porge riluttante le spalle al duro giogo che non può evitare , occorrerebbe chiedersi se non sia dato migliorarlo , se per migliorarlo non necessiti un po ' di amore . E se ancora la risposta sia negativa , avvisare ad un ' altra forma di solidarietà ( non vaga , non tutta interiore ) che lo possa sostituire .
La bandiera tricolore ( Jemolo Arturo Carlo , 1961 )
StampaQuotidiana ,
Mi ha commosso la lettera dei monarchici piemontesi che vorrebbero esporre la bandiera il 17 marzo ( il diciassette , non il 27; è del 17 marzo la legge con cui Vittorio Emanuele assume per sé e successori il titolo di re d ' Italia ) , ma a condizione che il drappo recasse lo stemma sabaudo . Mi auguro che la loro richiesta sia accolta ; vi scorgerei soprattutto la tranquilla coscienza di una repubblica che non ha ancora quindici anni di vita , ma che sembra ormai alla quasi totalità degl ' italiani la sola forma statale concepibile , sì che se molti altri ritorni del passato sono da temere , quello al capo dello Stato che è tale solo perché appartiene ad una certa famiglia , sia tra i più impensabili . Se nutro scarsa simpatia per certi monarchici , più persuasi che mai che la monarchia non ritornerà , senza nessun legame con la tradizione sabauda , senza nessun desiderio di provocare crisi di regime , ma che costruiscono piccoli partiti con lo stesso accorgimento con cui in seno alle grandi anonime si possono creare gruppi omogenei , che possedendo un dieci per cento , anche meno , delle azioni , possono negoziare un apporto decisivo nelle assemblee - questi monarchici piemontesi , tutti volti ancora alle glorie sabaude , oltre Vittorio Emanuele II a Vittorio Amedeo , ad Emanuele Filiberto , mi sono veramente simpatici . Così come a Croce finivano di essere cari gli ultimi nostalgici borbonici , e recensiva con qualche compiacimento un dimenticato romanzo di Amilcare Lauria , che raffigurava due antichi ufficiali di Ferdinando II , mai riconciliati con l ' Italia , ma che si entusiasmavano e commuovevano leggendo sui giornali degli eroismi e dei sacrifici italiani nello scontro di Dogali . In un mondo ove tutti guardano all ' avvenire e dimenticano ciò ch ' è alle spalle ( salvo per la piccola parte in cui glorie o rancori siano ancora merce utilizzabile ) , ove il disinteresse delle masse per la storia è generale , a chi ritiene che questo disinteresse sia imbarbarimento non può dispiacere certo tenace attaccamento al passato . Il tricolore ! Quando io nascevo c ' erano ancora , particolarmente a Roma e nell ' antico Stato pontificio , delle famiglie che lo rifiutavano ; in certi palazzi dell ' aristocrazia nera non apparve che con 1'11 febbraio 1929; in altri una prima timida apparizione l ' aveva fatta nel 1915 . Nella stessa Torino del cinquantenario sembrava grosso ardimento che qualche istituto religioso , dinanzi alle cui finestre sfilavano cortei , l ' inalberasse . Ma nessun confronto con ciò ch ' era seguito in Francia , dove per un buon secolo , fino alla prima guerra mondiale , erano rimasti tenaci gli astii contro il tricolore ; dove ancora intorno al 1890 vecchie damigelle chiuse negli aviti castelli di provincia guardavano con sbigottimento i nipoti che militavano sotto il tricolore ; il conte di Chambord aveva rinunciato al trono piuttosto che accettarlo ; nella striscia rossa del suo drappo aristocratici e legittimisti scorgevano ancora tutto il sangue versato dalla Rivoluzione francese . In Italia è apparso segno di convergenza ; quando ancora non era ammesso in chiesa e nelle processioni , i circoli cattolici adornavano con nastri tricolori i loro stendardi bianchi od azzurri ; il partito comunista lo accettò senza esitare , sia pure affiancato alla bandiera rossa del proletariato mondiale . Il fascismo ebbe senso politico sufficiente per comprendere che non era il caso di modificare la bandiera ; nello stemma dello Stato furono inseriti i fasci littori ; la bandiera rimase inalterata . Si sovvertivano tutte le istituzioni , l ' eredità risorgimentale era tutta dispersa , ma si avvertiva che nei cuori degl ' italiani ancora viveva , che occorreva celare quanto possibile quella dispersione , almeno agli occhi dei semplici , non toccare ai simboli . Saggiamente la Repubblica non appose sul tricolore né berretti frigi , né croci , né spade , né libri , né falci ; volle fosse la bandiera di tutti . E tale deve restare ; la concessione che auspico è per un giorno di rievocazione del passato ; non dovrebbe aprire la via all ' uso di due bandiere . Certo , non è una bandiera , non un simbolo , che può attenuare le divisioni profonde , il modo radicalmente diverso di guardare alle mète da raggiungere , al nuovo assetto che ci si deve proporre . Un abbraccio in un giorno di festa non elimina questi distacchi . Può solo giovare a ricordare , anche ai più remoti da ogni senso nazionalista , anche a chi si sente cittadino del mondo , la realtà di questa famiglia italiana , che ha suoi problemi , sue solidarietà ( Torino avverte più che mai , attraverso l ' intensa immigrazione , come i mali di altre regioni assurgano a mali nazionali , come certi germi infetti allignino più prosperosi in un tessuto più ricco : ingenua e fallace speranza , quella che basti il benessere economico a stroncare certe malattie sociali ) . Anche il cittadino del mondo che sia uomo di buona volontà comincerà a cercar di fare il bene tra coloro cui è vicino , di ripulire il giardinetto della sua casa . Non si risolve alcun problema con abbracci e con oblii ; occorre però ben distinguere le nostalgie cui non possiamo aderire ma che non recano in sé alcun pericolo per l ' indomani , da correnti d ' idee gravide di minacce , soprattutto da quei movimenti irrazionalistici , fondati sul culto della razza o del sangue , sulla esaltazione della violenza , suscettibili di minare il mondo della ragione , del lavoro pacifico , che ci sforziamo di edificare . Mi sembra che la Repubblica abbia dato segno di non essere afflitta dai complessi d ' inferiorità , dai timori senza perché , che troppa parte hanno avuto ed hanno nella trama della vita italiana , non volendo dimenticare nelle manifestazioni , nei discorsi del centenario , l ' apporto che diede la monarchia alla formazione della unità . I sintetici ed equilibrati articoli di Salvatorelli hanno rappresentato il giusto terreno su cui ci si deve porre . I riconoscimenti del passato non possono avere alcun peso sulla realtà del presente e dell ' avvenire . Tanto più , come nel caso , quando non danno vita a miti ; se Napoleone ed in una certa misura anche Luigi XIV possono essere ombre che oltr ' Alpe déstino qualche apprensione , è perché il predominio del potere militare , la divinizzazione di un uomo , l ' accentramento dello Stato nelle mani di uno solo , costituiscono pericoli sempre incombenti . La figura del Re Galantuomo non può essere invocata a dare lustro ad alcuna concezione illiberale , ad approntare giustificazioni storiche a qualsiasi colpo di mano ai danni della legalità democratica . Per questo , mi auguro che sia concesso ai monarchici piemontesi , per la celebrazione torinese del centenario , quel che domandano .
Rusconi Edilio ( Incontro con Thomas Mann , 1947 )
StampaQuotidiana ,
Meina , 30 luglio , notte - Thomas Mann , premio Nobel per la letteratura , era oggi a Meina , ospite dell ' editore Mondadori . È un uomo alto , coi capelli corti e divisi da una scriminatura a sinistra , d ' aspetto assai più giovane dei 72 anni che ha , tanto che non mi sembra molto diverso dal ritratto che ne vidi quasi vent ' anni fa . È signore nei modi e sicuro nella conversazione anche sotto i lampi di magnesio dei fotografi e i lampi di quelle domande un po ' disordinate e un po ' improvvisate che fanno i giornalisti . Ma quando nel rispondere è troppo impulsivo e oltrepassa il limite di prudenza in dichiarazioni alla stampa , interviene la moglie , vigile e cortese a richiamarlo . Anche i premi Nobel hanno infatti bisogno di una buona moglie . Thomas Mann parla preferibilmente in tedesco , sebbene conosca anche l ' inglese , il francese e qualcosa d ' italiano . Gli abbiamo chiesto , quasi per scherzo , d ' indicarci i nomi dei tre scrittori europei viventi che giudica più importanti . Ha risposto : «G.B . Shaw , André Gide » . Ma il terzo non riusciva a trovarlo . Infine si è deciso , e ha concluso candidamente : « Il terzo sono io » . Aveva ragione , ed anzi io metterei il suo nome al primo posto . Né può dispiacere la risposta , se viene dall ' autore dei Buddenbrook , della Montagna incantata e della quadrilogia Giuseppe e i suoi fratelli . D ' altra parte , Mann è troppo vicino , per affinità elettiva , al Goethe che disse una volta : « Solo gli straccioni sono modesti » , per non avere il coraggio di simili candori . È lo scrittore moderno che più estesamente e più coerentemente ha lavorato ; e anche questa sua sicurezza di non sbagliare è goethiana . E anche il suo amore del reale come vero ideale . Credo che una delle soddisfazioni della sua vita sia stato l ' incidente che nel 1933 toccò ai figli Erika e Klaus , i quali furono arrestati per errore a Stoccolma nelle medesime circostanze in cui egli aveva fatto arrestare il protagonista del romanzo Tonio Kroeger : perché un romanziere come lui inventa , sì , ma inventa la vita reale . In quel medesimo libro , quarant ' anni fa , Mann dichiarava il proprio amore per tutto ciò che è umano , vivente , abituale , per gli esseri chiari , felici , amabili ; e con ciò si professava scrittore borghese . Gli ho domandato dunque , bruscamente , se oggi si professa ancora come in quel tempo di giovinezza . « No » ha risposto . « Ho visto molte sofferenze ; ed oggi il mio pensiero va verso l 'avvenire.» « Ma » gli ho osservato « anche nel 1932 egli guardava all ' avvenire , ancora nel nome della borghesia , poiché , in un discorso su Goethe , invitava la borghesia a staccarsi dai sentimentalismi , ad assumere le proprie responsabilità e a volgersi coraggiosamente al domani , se non voleva perdersi . » « Crede » ho insistito « che la borghesia abbia oggi assunto le sue responsabilità e si sia volta all ' avvenire ? » « No » ha risposto ; ed era malinconico . « La borghesia si è perduta nel fascismo e nel nazismo . » Era un giudizio duro ; forse troppo . Ma l ' esilio e le delusioni hanno indurito i giudizi di quest ' uomo . Soprattutto verso il proprio Paese egli è aspro . Ricordo la lettera aperta che , nel 1945 , egli rivolse allo scrittore tedesco Walter von Molo , dal quale era stato invitato a rientrare in Germania per aiutare il Paese con l ' azione e con il consiglio . Mann ripudiava l ' antica patria che lo aveva perseguitato , e dichiarava il proprio affetto verso gli Stati Uniti , dei quali era diventato cittadino . Ma poi , nell ' ultima parte della lettera , lo sopraffacevano sentimenti incancellabili , e la nostalgia , e il dolore . Oggi conferma quei giudizi : con la medesima nostalgia sottaciuta . Ma , venuto in Europa , non metterà piede in Germania , non rivedrà la sua Lubecca . Da Meina andrà a Zurigo ; poi in Olanda , e s ' imbarcherà per tornare in California dove lo aspettano i figli , i nipoti , i generi , tra i quali ultimi è G.A. Borgese . Il rancore è troppo forte perché egli possa godere la commozione del ritorno . Non ha potuto vivere con la felicità del suo Goethe . Dal 1933 è un esiliato ; lui , nato da signori , per vivere da signore . E la sua voce sottintende ancora la domanda che egli scrisse in fine alla Montagna incantata , accomiatandosi dal protagonista Giovanni Castorp allontanato verso il ferro , il fuoco e il fango della prima guerra mondiale : « Da questa festa mondiale della morte , da questo delirio che incendia intorno a noi la notte piovosa , sorgerà un giorno l ' amore ? » . Ma , dopo la seconda festa mondiale della morte , la domanda è debole , senza speranza . Mann è stato , come tutti , sconfitto .
Il XX settembre ( Jemolo Arturo Carlo , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Alcuni avvenimenti della storia civile , come la battaglia di Lepanto , furono considerati così lieti per la cattolicità da indurre il Pontefice del tempo ad istituire una festa religiosa in loro ricordo . Mi chiedo se verrà , un giorno , un Papa libero dal peso di ciò che suoi predecessori sentirono , al punto di rendere festivo il giorno di S . Eustachio : il 20 settembre . Perché a distanza di quasi un secolo tutti scorgono che la perdita del potere temporale fu evento sommamente felice per la S . Sede . Non mi pare ci sia più alcuna cerchia cattolica che lo ponga in dubbio . Nel discorso tenuto l ' ottobre scorso all ' Istituto di studi romani , l ' allora cardinal Montini vedeva un disegno della Provvidenza nelle vicende del Papato e dell ' Italia negli ultimi cento anni , e riteneva che bene Cavour avesse affermato poter essere Roma la sola capitale d ' Italia . Sarebbe esagerato l ' attribuire l ' enorme incremento dell ' autorità , del prestigio morale ed anche politico del Papato nel mondo , soltanto alla perdita del potere temporale . Le cause sono molte : una , la rinnovata giovinezza della Chiesa , le generazioni di sacerdoti operosi , entusiasti , che hanno preso il posto di altre , dove gli elementi torpidi o sfiduciati o rassegnati abbondavano ; altresì , il declino , in quello ch ' era l ' ambito tradizionale della cattolicità , del materialismo , della fede incondizionata in una scienza che avrebbe tutto spiegato , non lasciando più posto alcuno al soprannaturale ; altre cause ancora . Ma , pure avverandosi tutte queste , il potere temporale sarebbe sempre rimasto la palla al piede per il Papato ; qualsiasi processo politico , scandalo finanziario , svalutazione di moneta , problema sociale insoluto nello Stato Pontificio ( e come esso avrebbe potuto divenire ad un tratto l ' eldorado ? ) , avrebbe toccato anche il prestigio del capo della cattolicità . Non può affermarsi che il potere temporale fosse sempre stato un peso morto per la Chiesa . Se anche si ricordi il sacco di Roma e , oltre cento anni dopo , le prepotenze dei soldati dell ' ambasciatore francese De Créqui , è difficile pensare che dal Quattrocento al Settecento i pontefici si sarebbero meglio giovati col vivere oggi sui domini di Carlo V , domani su quelli di Francesco I , oggi avere addosso pesante consigliere Filippo Il , domani l ' imperatore Ferdinando . Né in quei secoli un processo politico seguito da una esecuzione capitale in Roma , dava scandalo . Pio IX , guardando ad un passato remoto , non aveva torto ; ma non si rendeva conto di quel che v ' era di mutato , soprattutto dei compiti nuovi , delle nuove possibilità per il Papato , cui il potere temporale contrastava . Questo per la Chiesa . A distanza di quasi cento anni è dato considerare con occhio spassionato anche quel che il 20 settembre rappresentò per l ' Italia . Ciò non implica alcun giudizio sugli uomini che lo vollero . La mia vena moralistica non riesce a guardare con compiacimento quell ' estate del 1870; l ' Italia in luglio ha dichiarato alla Francia di considerare sempre in vita la Convenzione di settembre , cioè l ' impegno di non attaccare e non permettere sia attaccato lo Stato pontificio ; la speranza sempre nutrita di una insurrezione dei romani non si è verificata neppure alla partenza della guarnigione francese ; e tuttavia è il 20 settembre . Ma la monarchia , il gabinetto Lanza , erano veramente coartati ; da nove anni Roma era stata proclamata capitale necessaria d ' Italia ; e la sinistra non dava requie ; all ' aspirazione unitaria s ' erano mescolati l ' anticlericalismo , lo spirito che domina Giambi ed epodi di Carducci , l ' avversione per quello che si riteneva ormai partito conservatore . Gli uomini dello stampo di Sclopis che la sera del 21 settembre indicava nel suo diario la presa di Roma come " una gran bricconata " , erano dei sorpassati . Poste le premesse , non si potevano ormai evitare le conseguenze , la realizzazione del proposito a lungo maturato . Ma quando si considerano gli uomini che posero le premesse , si trova una conferma dell ' umiltà che la storia ispira ; anche i sommi della politica non riescono a prevedere gli sviluppi . Cavour era assillato dai ricordi del '48 , la rivalità tra le città italiane , in specie tra Milano e Torino , ma in fatto dopo il '61 né Napoli , né Milano , né Firenze pretesero a capitale . D ' Azeglio era contrario a Roma per il carattere dei romani , cui preferiva di gran lunga torinesi e fiorentini . Nessuno pensava ai pericoli insiti al grande nome di Roma . Le bellissime pagine di Chabod su L ' idea di Roma li evocano . Per settant ' anni si restò soggiogati dal monito che a Roma non si sta senza una idea universale , e si pensò a volta a volta a Roma capitale del libero pensiero , centro mondiale della scienza , capitale dell ' impero fascista : prima di rassegnarsi alla fatale conseguenza che , accanto alla sede del Papa , quella del capo dello Stato italiano resta seconda . Non cecità di uomini , ma fallacia di ogni previsione ; chi può conoscere il sentire , lo stato d ' animo dei nascituri ? Quella constatazione che a Roma c ' era un seggio che restava più alto del Quirinale riempì d ' amarezza gl ' italiani di due o tre generazioni , lascia oggi indifferenti la maggioranza . Chissà che tra qualche generazione non abbia ad essere segnalata come un vanto , o nel senso che l ' Italia dev ' essere anzitutto paese cattolico , od in quello di una reazione ad ogni forma di orgoglio nazionale . Pio IX non aveva compreso che l ' abbandono del potere temporale apriva alla Chiesa ben più vaste possibilità . Penso che , del pari , i suoi successori tra le due guerre mondiali non si rendessero conto che i concordati - pur avendo costituito in periodo non remoto , in un mondo ostile ma legalitario , una garanzia per la Chiesa - divenivano un inceppo allorché si apriva a questa una prospettiva di vastissima messe tra le anime ; che la religione di Stato , i privilegi , il braccio secolare , l ' invasione di quello ch ' era per l ' innanzi l ' ambito del codice , potevan dar vita a diffidenze e ripugnanze che allontanassero gl ' incerti . Onde la speranza che - al riconoscimento attuale di tutti i cattolici , la perdita di quel potere essere stata evento propizio per la Chiesa - segua un giorno il convincimento che mai la Chiesa sarà tanto amata e rispettata , vedrà affluire più facilmente a sé gli uomini , come quando terrà ben separato ciò che essa deve esigere dai credenti da quel che lo Stato può imporre ai cittadini ; quando cioè non premerà sul legislatore perché la legge religiosa ( così quanto v ' è di peculiare nella concezione cattolica del matrimonio ) , le sanzioni ch ' essa impone ai fedeli , trovino accoglimento nei codici .
Il concordato è immutabile? ( Jemolo Arturo Carlo , 1962 )
StampaQuotidiana ,
La Corte Costituzionale non ha deciso la questione se l ' articolo 5 del Concordato , nella norma per cui " i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento , in un ufficio od in un impiego , nei quali siano a contatto immediato col pubblico " , resti in vigore sotto l ' impero della Costituzione repubblicana . La Corte ha ritenuto che la questione non le fosse stata sottoposta da un organo giurisdizionale , e quindi non fosse suscettibile di esame secondo la sua legge fondamentale . Non dubito dell ' esattezza dell ' applicazione di questa , compiuta dall ' altissimo organo ; ma credo pure non sia irriverente pensare che i membri della Corte siano stati lieti di non dover emettere una decisione che , quale fosse , sarebbe dispiaciuta ad una notevole parte degl ' italiani . Per molti cattolici tutto ciò che possa apparire scalfittura del Concordato sembra menomazione di una posizione faticosamente raggiunta , e che occorre ad ogni costo conservare intatta . Ad ogni spirito liberale ripugna invece l ' idea di una degradazione civica inflitta per una crisi di coscienza , per un mutamento di convincimenti per la perdita della fede ; e si rende conto della puerilità della giustificazione , che il prete è tale avendo assunto liberamente uno stato che non si può dismettere ; quasi che la libertà dei convincimenti potesse essere compatibile col divieto di mutarli , quasi il diritto dello Stato potesse riconoscere impegni con cui 165 f Arturo Carlo , jemolo alcuno promettesse che non muterà mai d ' idea o di partito , quasi infine che pure i granduchi russi e gli arciduchi austriaci non potessero rinunciare e divenire comuni cittadini . Il giurista sa l ' innegabile contrasto tra l ' art. 5 del Concordato e le norme della Costituzione che garantiscono la libertà di pensiero , bandiscono ogni discriminazione su motivi religiosi , sul terreno giuridico chi difende il vigore dell ' art. 5 parla di un ordine pubblico concordatario che prevale sull ' ordine pubblico della Costituzione ; tesi ostica a chiunque senta poco o molto lo Stato . C ' è una via d ' uscita , tra l ' attaccamento di molti cattolici ad ogni clausola del Concordato ed il sentire liberale : comune anche a molti altri cattolici , che amerebbero più il Concordato se non recasse quell ' articolo ( di cui poi i prefetti hanno ampliato la portata , facendone derivare anche una ineleggibilità a consigliere comunale , che non è ufficio che ponga a contatto immediato col pubblico ) ? Crederei di sì . Trattati internazionali , concordati , leggi , restano cosa viva fino a che abbiano una rispondenza nella coscienza nazionale Si può curarne la vitalità , vigilando su questa rispondenza e modificandoli man mano ; si può avere il culto del documento o , più spesso , la pigrizia , la paura , di rimettere le mani in un lavoro non facile , di muovere acque stagnanti . Nel secondo caso , talora il buon volere delle parti supplisce ; la modifica , l ' adattamento segue in fatto ( sarebbe così possibile una disapplicazione dell ' art. 5 , che seguisse d ' accordo tra autorità statali ed autorità ecclesiastiche , convinte queste che meglio vale non sia applicata una norma che può rendere impopolari i Patti Lateranensi ) . Ma talora nulla si fa ; ed il documento si dissecca , il suo contenuto appare sempre più remoto dal sentire comune ; al momento della prova , la pergamena va in briciole ( la vicenda della Triplice Alleanza ) . Chi scrive è un superstite separatista , convinto che ogni legame giuridico tra Chiesa e Stato nuoccia ad entrambi ; soffrì alla stipulazione del Concordato , anche per ciò che in quel momento significava . Ma sa pure che questa fede separatista siamo ormai in ben pochi ad averla ; che i più degl ' italiani sentono pochissimo il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa , meno che un secondario problema economico . Non ignora che una denuncia del Concordato turberebbe moltissimi ; quasi certamente si accompagnerebbe ad una ripresa di quell ' anticlericalismo becero e povero d ' idee che fioriva agli inizi del secolo , ed il cui ricordo gli è odioso . Mi augurerei quindi che il Concordato non restasse imbalsamato , subisse man mano modifiche ed adattamenti . Il primo potrebbe essere l ' abrogazione di quella parte dell ' art. 5 e la rinuncia dello Stato a quei controlli nelle nomine di vescovi e di parroci che il Concordato gli dà e che non credo usi . Nell ' Italia del 1929 era consono allo spirito del regime non ammettere problemi di coscienza , punire ogni sorta di eresia ( quelle politiche anzitutto ) , ed anche coltivare l ' ideale napoleonico , i vescovi prefetti in sottana . Nel 1962 tutto questo è distaccato dalla realtà , è in contrasto col sentire dei cittadini e dei credenti . Sarebbe un reale successo di un governo democristiano varare una tale modifica del Concordato , che , conchiusa d ' accordo tra i due poteri , andrebbe approvata con legge ordinaria . Amerei vedere questo atto : che ricevesse le sanzioni di Giovanni XXIII , il Pontefice più aperto , più comprensivo , più fiducioso nell ' espansione che può avere la religione su terreno democratico , in paesi liberi , nelle conquiste che può ivi realizzare , e di Segni , cattolico praticante da sempre ( presidente della Unione dei giuristi cattolici ) , e sempre antifascista , senza compromissioni . Al rammarico dei fascisti che vedrebbero modificata quella che resta la struttura più intatta del regime , e della sparuta minoranza di cattolici che ancor crede nella efficacia benefica del braccio secolare , farebbe riscontro il consenso dell ' enorme maggioranza degl ' italiani . Confido che dalle due parti non si disattenda questa possibilità di rinvigorire una struttura cui entrambe tengono .
Leggi della Chiesa e legge dello Stato ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Come il cielo di primavera talora a brevi intervalli passa dal sereno al grigio cupo , così è tra noi di quelli che si sogliono chiamare rapporti tra società civile e società religiosa . Epoca giovannea continuata dal successore ; fine dell ' era costantiniana ; apertura ; rifiuto da parte della Chiesa del potere politico ; si può parlare di tutto , discutere di tutto ; colloquio tra cattolici e protestanti , tra credenti e laici ; si cerca onestamente di vedere ciò che può esserci di buono , di sano , nel sentire dell ' avversario . È il cielo sereno . Ma poi , si prospetti un disegno di legge sul divorzio , od un magistrato affermi in una sentenza che alla base del diritto statale v ' è un ' etica , un buon costume senza impronta confessionale , ed a questo soltanto i cittadini sono tenuti a conformarsi ; ed ecco si sente subito il brontolio del tuono . Altro che epoca giovannea ; torniamo indietro di centosedici anni . 1850 . il foro privilegiato per gli ecclesiastici è un ricordo remoto nei paesi più cattolici , la Restaurazione non Io ha risuscitato ; né in Francia né nel Belgio né in Austria i più zelanti degl ' interessi della Chiesa pensano a reclamarlo . Ma quando il Piemonte vuole sopprimerlo è la rottura , i rapporti fra Stato e Chiesa con la legge Siccardi si guastano irrimediabilmente , occorreranno tre quarti di secolo perché si ricompongano . 1966 : quasi tutti gli Stati europei hanno il divorzio , nessun partito cattolico , nessun episcopato pensa nei paesi dove esiste a porre sul tappeto la questione della sua soppressione , accettano che il precetto della indissolubilità senza eccezioni sia precetto religioso , vincolante i credenti come ogni comandamento di Dio , ma senza coercizione statale ; in Italia non se ne deve parlare . Intendiamoci . E proprio porsi sul terreno teologico - un precetto assoluto , di diritto divino ; obbligo dello Stato di conformare le sue leggi ad un tale precetto - parlare di un problema del divorzio genericamente . Su un terreno di opportunità umana , di convenienza politica , non si possono considerare che singoli modelli di legislazioni che consentano il divorzio ( già istituire un ufficio del pubblico ministero analogo al difensore del vincolo nei tribunali ecclesiastici , volto ad evitare inganni , darebbe un aspetto a sé ad una legge sul divorzio ) . E si può essere in massima antidivorzisti , anche per ragioni non religiose , nel senso che è ben possibile ispirare pure una morale laica al concetto del sacrificio , all ' austerità del soffrire insieme , e ritenere così che l ' infermità di mente di un coniuge non sia ragione per ridare la libertà all ' altro . Ma si finisce sempre di giungere a qualche caso estremo ( quello di chi ha sposato una straniera , e questa tornata al suo paese ha ottenuto il divorzio , si è risposata , è moglie e madre rispettata e felice , mentre il marito italiano rimane legato ) , in cui soltanto l ' argomento religioso , la forza del sacramento , la volontà imperscrutabile di Dio , può giustificare l ' indissolubilità . Ed il punto è proprio quello se lo Stato possa imporre anche ai non credenti la soluzione che abbia una base puramente religiosa . Discorso parallelo può farsi sulla questione : morale cattolica o morale della società civile ? La nostra società si è formata nella matrice del cattolicesimo , e , a parte conati di punte estreme che non hanno mai attecchito , non c ' è divario tra credenti e non credenti intorno alla quasi totalità dei precetti morali . Quando si discute sul Codice Penale , sul mantenimento o no di certi reati ; o quando in sede disciplinare si vuole accertare se il comportamento di un impiegato sia da tacciare come immorale , non si avvertono contrasti tra credenti e non credenti . Grazie a Dio , direi la totalità del popolo italiano - e non prenderei troppo sul serio le divagazioni di adolescenti - sa che un libero amore , una venere vaga , è il ritorno all ' animalità , la distruzione delle basi stesse della società . I divari nascono su pochissimi punti di sostanza - così la limitazione delle nascite - e su alcuni criteri di condotta politica : punibilità dell ' adulterio , o mera sanzione civile , considerandolo come causa di separazione ? Libertà di discutere di tutto , apertamente , o riserbo su certi problemi , non scriverne in giornali o libri che possano andare per le mani di chiunque ? Come vietare spettacoli che potrebbero essere eccitanti dell ' erotismo ( ma molti daremmo il primo posto nella nostra preoccupazione alla eccitazione alla violenza , che del resto è sorella carnale dell ' erotismo ) ? È qui che una sentenza ha potuto dire - e siamo moltissimi , anche credenti e praticanti , a consentire - che per il magistrato ( che personalmente può essere uomo piissimo ) non ci dev ' essere che la morale desumibile dal complesso dell ' ordinamento dello Stato . Per il credente non ci sono morali , ce n ' è una sola , si obietta . Sì , ci sono i precetti eterni , accolti nei testi sacri ; l ' amore per gli altri ; il sacrificio ; il superamento di tutti gli appetiti carnali , dal sesso alla gola , alla brama del potere e delle ricchezze , per conseguire la libertà dalle passioni ; cercare la verità , realizzare la giustizia . Ma le applicazioni di quella precettistica eterna mutano continuamente nel tempo ; ma i dubbi sull ' attuazione pratica della regola , sono quotidiani . Strano che dei credenti non si domandino se sarebbe necessaria una Chiesa docente , ove tutto fosse così chiaro e semplice come a volte affermano essere ; non riflettano che le trite accuse anticlericali all ' opera della Chiesa nei secoli dipendano dall ' incomprensione di ciò ch ' è lo spirito , il diffuso sentire di ogni epoca , attraverso cui faticosamente anche i santi , anche gli spiriti più illuminati , riescono a fare penetrare un po ' di luce . Il credente sa che Dio si rivela man mano agli uomini ; l ' ottimismo cristiano è nel credere che gli occhi degli uomini si stiano aprendo gradatamente alla luce ; che , se anche le azioni non seguano immediatamente , il senso del bene e del male vada man mano affinandosi . Per tornare al contrasto tra chi ritiene che il precetto religioso debba dominare la legislazione civile e chi lo vuole imperativo solo per i credenti : se dal lato cattolico si possono rievocare prese di posizione analoghe di oltre un secolo fa , manca ogni parallelo dell ' altro lato . Qui c ' è vero distacco . All ' inizio del secolo anche il socialismo accanto alle rivendicazioni economiche poneva una serie di premesse ideologiche : molte campagne che oggi paiono assurde ( Oddino Morgari che voleva far fischiare lo zar , un disprezzo becero dei valori religiosi ) , l ' antimilitarismo , le campagne contro la massoneria e contro il duello , condotte accanto alla lotta sindacale . Oggi lo sblocco dei fitti ha ben maggiore importanza del divorzio e della obiezione di coscienza . Certo è così per i più ; ma la vera democrazia consiste proprio nel seguire i più ? La Repubblica sociale di Mussolini fu larga di Stato e Chiesa promesse ai lavoratori ; ma trovò una generazione di operai e contadini che ancora sentiva esserci qualcosa di più importante delle conquiste sindacali . Forse ignoravano persino il nome di Croce , ma avrebbero detto con lui che ascoltare o no la Messa è più importante che conquistare Parigi .
Tra Cavour e De Gasperi ( Jemolo Arturo Carlo , 1966 )
StampaQuotidiana ,
Come si giunse dalla opposizione netta , irreducibile , disposta ad utilizzare ogni strumento , anche a benedire eserciti stranieri che intervenissero a ristabilire il vecchio ordine , propria ai cattolici politici , a quelli che " sentivano col Papa " , negli anni dalla unificazione al primo decennio circa dopo la presa di Roma ; come si giunse da questo estremo al clima di alleanza del 1929 , alle visite dei papi al Quirinale ? Parlare di opera del tempo , non è rispondere . Sono gli uomini a far sì che il tempo porti dimenticanza , o mantenga inalterati , talvolta inasprisca i rancori . Il bruciore della Francia per la sconfitta del 1870-71 ed il desiderio di rivincita eran più vivi che mai dopo quarant ' anni ; in uno spazio di tempo di gran lunga minore l ' Austria aveva quasi perduto il ricordo delle sconfitte del 1859 e del 1866 . De Gaulle ha potuto fare accettare alla Francia un riavvicinamento fattivo alla Germania anche dopo gli orrori della seconda guerra mondiale . Il tempo è una parola ; gli uomini sono la realtà . I punti salienti di questa traiettoria che si svolge in un secolo circa sono evocati nella bella raccolta dei suoi articoli che Giovanni Spadolini ci dà col titolo Il Tevere più largo ( ed. Morano , 1967 ) , preceduta da una introduzione , la cui sintesi è questa : la Chiesa ha potuto accettare come un fatto provvidenziale la scomparsa del potere temporale ; si è operata una svolta per cui i cattolici hanno quasi riscoperto " quei valori della libertà religiosa , e del pluralismo democratico , che tutta la tradizione del Sillabo aveva condannato o svalutato o comunque offuscato " ; ma non si può parlare di conflitti eliminati per sempre . Superato un clericalismo di tipo reazionario " non manca talvolta di affacciarsi all ' orizzonte con burbanzoso cipiglio un nuovo clericalismo , di opposto segno nell ' apparenza , ma gravido di eguali pericoli nella sostanza ... che si muove nella linea strumentale e machiavellica dell ' articolo 7; che non escluderebbe di salvare domani il Concordato ... col concorso determinante del partito che fu di Togliatti " ; e la prefazione termina esaltando De Gasperi come quegli che meglio comprese il pericolo di questo nuovo clericalismo . I capisaldi della evoluzione che Spadolini evoca sono : la preoccupazione di Cavour di ricevere in punto di morte i sacramenti ; la corrispondenza , fattaci conoscere dal padre Pirri , tra Vittorio Emanuele II e Pio IX , da cui appare l ' opera moderatrice del re contro ogni intemperanza anticlericale dei ministri , il desiderio costante di non rompere con la Chiesa ; il Sillabo come conseguenza del 1859 , momento in cui la S . Sede perde la fiducia nella diplomazia e nelle soluzioni politiche , e si rende conto che la riconquista da operare è quella delle coscienze . Del pari il Concilio Vaticano e la proclamazione della infallibilità pontificia esprimono " la scissione della Chiesa dal mondo , in vista di contrapporre l ' assolutezza della fede alle sconfitte della storia " ; e dopo il 20 settembre Pio IX rifiuta di abbandonare Roma , comprendendo che una rinascita cattolica solo da qui sarebbe partita ; rinascita che trova come avversario non tanto gli Stati , quanto lo " spirito borghese " , cioè la fede del borghese in se stesso , nella sua ragione e nel suo equilibrio , del borghese " ai cui occhi l ' oro si santifica , il lavoro si riscatta , il commercio si purifica " . E pur senza dirlo , Spadolini pare contrapporre a questa visuale del borghese , quella del cattolico liberale , considerato in De Sanctis , per cui " il peso dei valori morali ha una importanza forse superiore a quella delle esperienze intellettuali ... la fermezza dell ' animo sembra più importante della vastità della cultura , che non si accompagni all ' integrità della coscienza " . Leone XIII rappresenta un rinnovato " imperialismo cattolico " col rafforzamento delle missioni , l ' allargamento dell ' attività diplomatica ; l ' appoggio a determinate forme della scienza e del pensiero moderni , e soprattutto l ' iniziativa sociale , la fiducia nella democrazia come strumento per riaffermare l ' iniziativa del papato nel mondo . Il periodo giolittiano rappresentò " la conciliazione silenziosa " ; e di questo periodo viene ricordato Romolo Murri , le cui speranze saranno tutte deluse , e le cui parole non potevano trovare alcuna eco in Giolitti . Pio X " sentiva in modo sovrumano , esclusivo , con una forza di ispirazione degna dei Pontefici del Medio Evo , la preminenza della Chiesa sulla società civile " ; fra tutti i Pontefici dell ' età moderna , fu quello " che più fieramente ribadirà il dovere di una devozione e di una sudditanza totale , senza sottintesi , senza riserve , al magistero pastorale " . Benedetto XV , pur così dissimile , era sostanzialmente sulla stessa linea quando condannava la guerra " come la conseguenza diretta della stessa visione della vita che dominava il mondo moderno , fondata come era sui valori della lotta , dell ' emulazione , della selezione e della concorrenza " . È rievocata la nascita del partito popolare , e belle pagine sono dedicate a don Sturzo , dandosi tutto il suo valore a quello che fu il lato più brillante e più durevole della creazione del partito popolare , averlo fatto nascere disancorato dalla gerarchia ecclesiastica , staccato dall ' Azione cattolica . Ed è esaltato De Gasperi , considerato cattolico - liberale e riformatore sociale . Gli ultimi capitoli sono dedicati al nostro decennio : indicano ciò che abbia rappresentato , per chi possegga senso storico , la risposta del Nunzio a nome del Papa Giovanni XXIII agli auguri fatti pervenire dal segretario del partito liberale ; l ' atteggiamento di Giovanni XXIII verso i paesi di oltre - cortina e le ripercussioni che può avere avuto sui cattolici italiani , come ammissione della libertà del voto cattolico . Affermano che il pontificato roncalliano , pur nelle sue audacie , non lascia la minima traccia d ' innovazioni sul piano dei principii : né nella questione sociale , né sul tema della pace e del pacifismo . Ricordano la visita di Giovanni XXIII al presidente Segni , quella di Paolo VI al presidente Saragat , ed il discorso di questo , che giustamente fece scaturire i principii ispiratori della Costituzione repubblicana dal tronco dell ' etica cristiana . Sono tutte pagine letterariamente molto belle , scritte in un puro italiano che ormai è raro ritrovare , con piena conoscenza dei temi , vivacità giovanile e calore di convinzione . Va da sé che non concorderei sempre con Spadolini . Accetto la sua visione dei Pontefici - non tutti i giudizi particolari ; non escludo com ' egli fa che Benedetto XV non potesse meglio frenare certi empiti di nazionalismo cattolico , e credo che Pio XII , pur non potendo compiere nulla più di quanto compì in favore degli ebrei , avrebbe potuto , senza inasprire Hitler , scaldare il cuore dei cattolici facendo meglio sentire il dolore ch ' egli veramente soffriva per la persecuzione e che ogni credente doveva dividere - ; sottoscriverei alle pagine su Vittorio Emanuele II e su Giolitti . Sono molto dubbioso sul sentimento cattolico di Cavour , che mi appare piuttosto un deista , che vuoi morire da cattolico secondo la tradizione dei suoi avi , e soprattutto per il male che verrebbe all ' Italia da una sua morte che permettesse di dirlo empio impenitente . Ritengo De Gasperi un grande cattolico , che rese un servizio inestimabile alla Chiesa contrastando a certe tendenze del Pontefice che avrebbero favorito un riformarsi di blocchi anticlericali ; un intelligentissimo cattolico che ebbe chiara l ' idea della linea di condotta da seguire per ottenere per la Chiesa il massimo che i tempi consentivano ( credo anche che nel suo intimo , se non ci fosse stata una decisa volontà pontificia , non avrebbe così fermamente voluto l ' art. 7 della Costituzione nei suoi attuali termini ) ; ma non scorgo nella sua opera quella riaffermazione vigorosa dell ' autorità dello Stato , della dignità e sovranità del potere centrale , che scorge Spadolini . Né son d ' accordo con l ' amico Spadolini quando teme che un certo clericalismo possa vagheggiare un ' " operazione Sturzo " con il partito comunista . Non amo gli uomini di quel clericalismo , ma non li credo né scettici né privi di intelligenza ; essi sanno che i comunisti sono tutt ' oggi , malgrado ogni dialogo , gli uomini del materialismo ; che a differenza dei vecchi liberali non concepiscono in seno ai loro ranghi - se non proprio all ' ultimo posto tra i proseliti - chi appartenga ad una qualsiasi religione . Perché i " clericali " potessero accettare una tale alleanza occorrerebbe che il comunismo fosse così lontano dai suoi principi dottrinali , quanto il liberalismo del 1900 lo era dall ' Illuminismo e dall ' Enciclopedismo , sua remota matrice . Nulla di simile sull ' orizzonte .