StampaPeriodica ,
Il
contesto
delle
vicende
contingenti
,
delle
occasioni
politiche
in
cui
si
è
verificato
negli
scorsi
mesi
il
superamento
«
ufficiale
»
delle
formule
e
schemi
rigidi
dell
'
unità
d
'
azione
,
ha
reso
difficile
,
anche
per
osservatori
attenti
e
spregiudicati
,
di
coglierne
il
valore
politico
e
ideologico
,
il
significato
positivo
.
Quell
'
atto
veniva
quasi
a
configurarsi
come
la
chiusura
di
una
parentesi
,
un
«
ritorno
»
(
in
particolare
ad
una
autonomia
che
si
presumeva
smarrita
dal
Partito
socialista
)
,
anziché
essere
considerato
come
la
conclusione
,
sul
piano
delle
formule
e
dei
simboli
,
del
processo
reale
di
formazione
della
politica
unitaria
,
il
cui
contrassegno
fondamentale
sempre
era
consistito
nel
contrasto
con
una
impostazione
formale
e
«
diplomatica
»
dei
rapporti
tra
i
due
partiti
proletari
e
con
la
concezione
dogmatica
del
partito
che
quella
impostazione
presupponeva
.
La
politica
unitaria
aveva
come
nucleo
essenziale
appunto
il
superamento
della
concezione
dei
partiti
operai
come
formazioni
chiuse
,
portatrici
ciascuna
di
una
propria
«
verità
di
classe
»
,
depositaria
ciascuna
di
un
immobile
verbo
marxista
,
cioè
il
superamento
della
deformazione
dogmatica
e
burocratica
del
partito
quale
rappresentanza
ipostatizzata
della
classe
.
La
negazione
di
questa
concezione
metafisica
,
quasi
religiosa
,
antimarxista
del
partito
proletario
significava
al
tempo
stesso
affermazione
di
esso
come
funzione
e
strumento
della
classe
,
anzi
del
movimento
della
classe
operaia
.
Gli
equivoci
sorti
intorno
al
superamento
del
patto
di
unità
d
'
azione
-
formula
da
.
sempre
contrastante
con
la
sostanza
della
politica
unitaria
-
hanno
impedito
che
se
ne
annessero
le
naturali
conseguenze
,
di
un
rafforzamento
dell
'
azione
unitaria
con
una
dialettica
più
agile
e
non
pira
formalisticamente
impacciata
tra
i
partiti
e
le
organizzazioni
operaie
,
dunque
anche
mediante
un
aperto
confronto
critico
degli
atteggiamenti
e
delle
idee
volti
a
interpretare
le
esigenze
del
movimento
reale
.
Vogliamo
cogliere
il
segno
e
la
possibilità
di
un
nuovo
orientamento
,
di
un
nuovo
rapporto
critico
tra
PSI
e
PCI
rispondente
all
'
essenza
della
politica
unitaria
,
in
alcuni
aspetti
dell
'
ultima
sessione
del
C.C.
comunista
.
I
problemi
sottolineati
dall
'
uscita
dal
PCI
di
numerosi
intellettuali
e
lavoratori
sono
stati
riconosciuti
,
specialmente
nella
relazione
di
Giorgio
Aprendola
,
ma
si
sano
manifestate
tendenze
a
individuarne
l
'
origine
nello
ammorbidimento
della
politica
e
della
disciplina
.
Accenniamo
qui
a
qualche
punto
che
ci
sembra
meriti
una
impegnativa
discussione
.
Nella
relazione
di
Amendola
,
ad
esempio
,
si
richiama
la
necessità
di
un
'
opposizione
larga
e
articolata
alla
Democrazia
Cristiana
ma
nello
stesso
tempo
si
rivolgono
alla
politica
del
Partito
socialista
accuse
troppo
sommarie
di
inconseguenza
,
addirittura
in
rapporto
a
presunti
possibili
accordi
post
-
elettorali
con
la
Democrazia
Cristiana
:
eventualità
che
la
politica
socialista
,
dopo
le
cadute
illusioni
di
Pralognan
,
concede
soltanto
sul
piano
di
una
alternativa
di
classe
,
di
un
completo
ripudio
dell
'
indirizzo
attuale
della
Democrazia
Cristiana
.
Nelle
relazioni
e
in
quasi
tutti
gli
interventi
si
fa
poi
riferimento
alla
parola
d
'
ordine
del
Partito
comunista
come
forza
più
coerente
di
opposizione
,
ecc.
ecc
.
,
con
il
richiamo
implicito
a
una
investitura
e
supremazia
stabilita
a
priori
:
si
evoca
così
in
qualche
modo
il
Partito
-
guida
.
Gravi
questioni
vengono
sollevate
e
finalmente
messe
a
fuoco
dal
giusto
rifiuto
dello
schema
astratto
della
«
lotta
su
due
fronti
»
nel
Partito
,
schema
che
presuppone
una
linea
«
vera
»
,
sempre
in
possesso
del
gruppo
dirigente
,
e
in
pratica
si
risolve
nel
favorire
le
tendenze
conservatrici
.
Contro
quella
formula
,
Amendola
ed
altri
hanno
sostenuto
che
l
'
unità
del
partito
si
difende
e
si
ottiene
sul
terreno
reale
e
verificabile
della
lotta
per
l
'
attuazione
della
linea
politica
e
hanno
respinto
le
classificazioni
di
comodo
tra
revisionisti
e
settari
,
intellettuali
e
operai
,
ecc.
Amendola
ha
quindi
anche
proposto
di
giudicare
coloro
che
sono
usciti
dal
PCI
secondo
la
concreta
posizione
che
ciascuno
assume
nella
lotta
di
classe
.
Ma
come
si
conciliano
questi
importanti
riferimenti
a
una
concezione
non
dogmatica
del
partito
con
la
ripetizione
meccanica
,
in
nessun
modo
approfondita
,
della
formula
del
centralismo
e
della
necessità
disciplinare
?
Né
lo
sforzo
di
affermazione
di
un
nuovo
quadro
«
giovane
»
sostituisce
il
mancato
approfondimento
dei
problemi
del
centralismo
democratico
,
della
formazione
democratica
del
partito
.
Intorno
a
un
problema
fra
tutti
fondamentale
ci
è
infine
parso
particolarmente
insufficiente
e
«
cauto
»
il
dibattito
,
cioè
sulla
questione
del
diminuito
peso
specifico
della
classe
operaia
nella
lotta
politica
,
per
ripetere
l
'
espressione
usata
da
Togliatti
.
Il
problema
è
stato
collegato
a
quello
delle
trasformazioni
tecnico
-
industriali
,
delle
nuove
organizzazioni
aziendali
,
ecc
.
,
soltanto
per
ridurre
il
significato
che
la
considerazione
di
questi
fenomeni
può
assumere
per
una
ripresa
dell
'
azione
operaia
.
Anzi
,
la
valutazione
del
neo
-
capitalismo
è
stata
individuata
soltanto
come
base
del
neo
-
riformismo
.
Ma
la
riaffermazione
dell
'
autonomia
operaia
,
senza
la
ricerca
di
nuove
forme
di
azione
e
di
organizzazione
che
assicurino
la
presenza
e
il
controllo
operaio
nei
modi
odierni
della
produzione
,
resta
un
richiamo
del
tutto
esterno
e
sterile
.
StampaQuotidiana ,
Saigon
,
luglio
-
Mi
presento
all
'
ingresso
della
base
di
Bien
Hoa
dieci
minuti
prima
di
mezzogiorno
,
proprio
mentre
una
cinquantina
di
paracadutisti
in
esercitazione
scende
ondeggiando
nel
cielo
a
qualche
chilometro
.
Ho
portato
con
me
una
cinepresa
elettrica
da
otto
millimetri
,
ci
tengo
a
portare
a
casa
un
ricordo
personale
del
volo
che
mi
accingo
a
compiere
.
Qualche
minuto
dopo
di
me
arrivano
i
due
operatori
della
televisione
germanica
Schalk
e
Condé
;
anch
'
essi
sono
stati
avvertiti
che
il
loro
volo
prenderà
il
via
verso
le
quattordici
.
Voleremo
dunque
noi
tre
insieme
,
ognuno
a
bordo
di
un
diverso
apparecchio
della
medesima
squadriglia
di
Skyraiders
.
Schalk
indossa
una
tuta
grigiazzurra
americana
da
aviatore
con
gli
stemmi
del
34°
Gruppo
,
ossia
del
reparto
di
cui
siamo
ospiti
.
«
L
'
ho
comprata
al
mercato
nero
di
Saigon
»
dice
scusandosi
.
Il
capitano
americano
Holsinger
ci
conduce
a
prendere
un
panino
alla
mensa
degli
enlisted
men
e
poi
,
sempre
:
t
bordo
di
una
sua
sgangherata
camionetta
,
all
'
ufficio
operazioni
del
gruppo
,
una
baracca
prefabbricata
gelida
d
'
aria
condizionata
.
Sopra
una
lavagna
c
'
è
scritto
col
gesso
:
«
Missione
94213
,
partenza
ore
14.10
.
Posizioni
:
1
)
maggiore
pilota
O
'
Gorman
,
comandante
;
2
)
capitano
Graf
/
Corradi
;
3
)
tenente
Georges
/
Condé
;
4
)
tenente
Ford
/
Schalk
»
.
Quattro
Skyraiders
,
dunque
.
Entrano
il
maggiore
O
'
Gorman
e
i
tre
piloti
.
Il
«
mio
»
Roderic
Graf
,
è
nato
ventotto
anni
fa
a
Claremont
in
California
;
avendo
compiuto
qui
nel
Vietnam
dieci
mesi
di
servizio
e
quattrocento
ore
di
missione
di
guerra
,
tra
due
mesi
rimpatrierà
.
Venti
minuti
prima
delle
quattordici
,
un
ufficiale
consegna
al
comandante
O
'
Gorman
l
'
ordine
di
missione
.
«
A
rapporto
»
dice
O
'
Gorman
.
Piloti
e
giornalisti
entriamo
in
una
stanza
ancor
più
refrigerata
,
ci
sediamo
di
fronte
a
O
'
Gorman
che
,
in
piedi
dietro
un
piccolo
podio
,
prende
a
leggere
con
voce
grave
:
«
Tempo
eccezionalmente
bello
,
solo
qualche
rovescio
temporalesco
.
Obiettivo
duecentodue
miglia
a
sud
-
ovest
di
Bien
Hon
,
al
confine
tra
le
province
di
Bac
Lieu
e
Ba
Xuyen
.
Carta
:
quadretto
BF-432
.
Da
stamane
è
in
corso
un
'
azione
contro
il
battaglione
Vietcong
che
ha
il
nome
di
battaglione
"
Dynamic
"
.
Le
ultime
missioni
di
un
'
ora
fa
sono
state
fatte
segno
a
fuoco
di
mitragliatrici
antiaeree
.
Volo
di
andata
cinquanta
minuti
,
venti
minuti
sugli
obiettivi
,
volo
di
ritorno
cinquanta
minuti
.
Munizionamento
:
ogni
apparecchio
quattordici
bombe
dirompenti
da
duecentosessanta
libbre
.
Sganciamento
su
ordine
del
FAC
»
.
I1
FAC
(
Forward
Air
Command
)
è
l
'
ufficiale
che
da
terra
,
sul
luogo
del
combattimento
,
fornirà
le
indicazioni
per
l
'
individuazione
dei
bersagli
e
darà
,
lui
,
l
'
ordine
di
sgancio
.
O
'
Gorman
dà
altre
indicazioni
tecniche
,
a
lungo
e
minuziosamente
.
«
Occorrono
chiarimenti
?
»
domanda
.
Nessun
chiarimento
.
«
Regolare
gli
orologi
»
conclude
,
«
tra
dieci
secondi
saranno
esattamente
le
tredici
e
cinquantasei
.
Meno
cinque
,
meno
quattro
,
meno
tre
,
meno
due
.
Tredici
e
cinquantasei
.
Agli
apparecchi
.
»
Roderic
Graf
mi
spiega
che
al
momento
dell
'
attacco
voleremo
alla
quota
di
duemilacinquecento
piedi
e
che
picchieremo
per
mille
o
milleduecento
piedi
con
una
inclinazione
che
non
supererà
di
molto
i
quaranta
gradi
.
Le
bombe
potranno
essere
sganciate
,
secondo
l
'
ordine
che
verrà
,
tutte
quante
insieme
o
anche
una
sola
per
picchiata
.
«
Sempre
»
dice
Graf
«
che
durante
il
volo
non
veniamo
dirottati
su
altri
obiettivi
.
Può
capitare
.
»
Stiamo
per
lasciare
la
sala
dei
briefings
,
quand
'
ecco
entrare
un
colonnello
con
scritto
sul
giubbotto
«
Knight
»
,
un
cognome
che
non
dimenticherò
per
un
bel
pezzo
.
Knight
ha
in
mano
una
lattina
di
birra
,
ne
beve
un
sorso
e
dice
,
scandendo
una
parola
ogni
due
o
tre
secondi
:
«
Ho
il
dovere
di
avvertire
i
giornalisti
che
la
situazione
sull
'
obiettivo
si
va
aggravando
.
Poco
fa
alcuni
nostri
apparecchi
sono
stati
colpiti
da
mitragliatrici
antiaeree
Vietcong
»
.
Ho
un
tuffo
al
cuore
.
«
Per
questa
ragione
»
continua
tetro
dopo
essersi
portato
un
'
altra
volta
la
lattina
alla
bocca
«
vorrei
consigliare
loro
di
non
partire
con
questa
missione
ed
attenderne
un
'
altra
che
si
prospetti
meno
pericolosa
,
tra
qualche
ora
.
Io
avverto
,
dicano
loro
se
vogliono
partire
o
rimandare
.
»
«
Parto
»
dice
Schalk
,
«
Parto
»
dice
rauco
Condé
.
Immaginarsi
se
dei
giovani
tedeschi
come
Schalk
e
Condé
potrebbero
rispondere
di
no
.
Immaginarsi
,
sentiti
i
tedeschi
,
cosa
posso
rispondere
io
.
«
Grazie
.
Parto
»
dico
.
La
testa
mi
bolle
.
Paracadute
,
panciotti
,
salvagente
e
caschi
sono
sulla
rastrelliera
dov
'
erano
stati
messi
ieri
con
i
nostri
nomi
.
Firmiamo
,
al
momento
di
ritirarli
,
un
foglio
a
stampa
con
il
quale
esimiamo
tutti
i
governi
passati
,
presenti
e
futuri
degli
USA
,
e
tutti
i
ministeri
e
l
'
aviazione
e
la
marina
e
l
'
esercito
e
chissà
chi
altri
da
qualsiasi
responsabilità
penale
,
civile
,
morale
e
materiale
che
possa
derivare
dal
volo
.
Dentro
un
furgone
,
con
i
piloti
che
scherzano
sulla
convenienza
di
tornare
a
dormire
stasera
in
branda
a
Bien
Hoa
piuttosto
che
non
in
qualche
risaia
piena
di
zanzare
,
arriviamo
ai
limiti
di
una
grandissima
piattaforma
.
Tutt
'
intorno
è
pieno
di
Skyraiders
,
in
parte
con
le
ali
ripiegate
all
'
insù
a
occupare
meno
spazio
.
Sul
cemento
il
calore
è
di
fornace
,
insopportabile
.
Graf
ed
io
scendiamo
a
pochi
passi
dal
nostro
apparecchio
.
È
bianco
argento
come
tutti
gli
altri
,
con
dei
baffi
di
fumo
di
scappamento
lungo
la
corta
e
tozza
fusoliera
.
Le
quattordici
bombe
dirompenti
da
centoventi
chili
l
'
una
sono
già
fissate
sotto
le
ali
,
sette
da
una
parte
e
sette
dall
'
altra
.
Dall
'
ogiva
di
ogni
bomba
parte
,
puntato
in
avanti
,
un
tubo
grosso
poco
più
di
una
canna
da
bicicletta
e
lungo
un
metro
e
mezzo
.
«
I
tubi
»
mi
spiega
Graf
mentre
riempiono
di
benzina
il
serbatoio
supplementare
a
siluro
«
sono
collegati
alle
spolette
.
»
Queste
orrende
bombe
che
vedo
sono
dunque
bombe
adattate
,
bombe
da
risaia
,
o
stagno
,
o
terra
molle
di
fango
.
Senza
tubi
,
queste
bombe
scoppierebbero
dentro
l
'
acqua
o
il
terriccio
,
farebbero
un
cratere
e
pochi
danni
;
con
i
tubi
che
si
conficcano
,
invece
,
le
bombe
scoppiano
in
superficie
o
a
mezzo
metro
da
terra
,
migliaia
di
schegge
per
chiunque
vi
sia
attorno
.
Indosso
panciotto
e
giberne
di
salvataggio
,
salgo
a
bordo
,
m
'
infilo
a
fatica
nello
strettissimo
pozzo
del
mio
seggiolino
.
Holsinger
,
in
piedi
sull
'
ala
,
mi
aiuta
a
indossare
il
paracadute
.
Poi
un
aviere
mi
stringe
inguini
e
spalle
e
vita
con
una
braca
di
canapa
,
un
altro
ancora
mi
mette
un
collare
dal
quale
esce
,
sotto
la
nuca
,
il
cavetto
d
'
acciaio
di
sicurezza
del
paracadute
.
Sono
pronto
.
«
OK
»
dico
a
Graf
congiungendo
pollice
e
indice
.
Il
motore
viene
avviato
,
lo
Skyraider
rulla
.
Salvo
le
braccia
e
le
gambe
dal
ginocchio
in
giù
,
sono
del
tutto
immobilizzato
,
inchiodato
all
'
apparecchio
.
Per
tre
o
quattro
secondi
cerco
e
non
trovo
,
sgomento
,
la
maniglia
di
apertura
del
paracadute
.
Vedo
allora
Graf
sorridere
e
sento
la
sua
voce
rimbombare
dentro
il
mio
casco
:
«
Non
si
preoccupi
.
Se
occorrerà
buttarsi
le
farò
segno
io
,
l
'
aiuterò
»
.
«
Mango
Tree
,
Mango
Tree
»
sento
ancora
dentro
il
casco
.
«
Mango
Tree
»
è
il
nominativo
radio
della
nostra
squadriglia
.
Tutto
motore
,
filiamo
sulla
pista
cento
metri
dietro
l
'
apparecchio
del
comandante
O
'
Gorman
.
Ci
solleviamo
,
nell
'
abitacolo
entra
una
deliziosa
aria
fresca
.
Di
colpo
,
inaspettatamente
,
mi
sento
del
tutto
tranquillo
,
senza
la
più
microscopica
ombra
di
paura
.
Voliamo
in
formazione
di
due
apparecchi
davanti
alla
pari
e
due
dietro
,
un
po
'
più
distanti
tra
loro
.
Quando
gli
Skyraiders
si
avvicinano
,
a
dieci
o
quindici
metri
,
premo
il
bottone
della
cinepresa
.
Poi
metto
una
bobina
nuova
,
dovrà
essere
pronta
per
il
gran
momento
.
Dopo
cinquanta
minuti
arriviamo
nella
zona
degli
obiettivi
e
giriamo
intorno
a
cerchio
volando
sugli
ottomila
piedi
di
quota
.
Sento
la
voce
di
O
'
Gorman
nel
casco
:
«
Sugli
obiettivi
è
in
corso
un
'
azione
di
F-104
.
Aspettare
volando
in
circuito
dietro
di
me
»
.
«
Non
potremo
arrivare
a
sganciare
prima
delle
15.45»
commenta
Graf
.
Sotto
di
noi
,
contro
lo
sfondo
verde
giada
delle
risaie
,
vedo
guizzare
come
se
fosse
raso
terra
la
sagoma
nera
di
un
F-104
,
poi
le
ali
rettangolari
e
bianche
di
due
ricognitori
Mohawks
che
sembrano
immobili
,
poi
tre
o
quattro
elicotteri
che
pare
volino
di
sghimbescio
portati
via
dal
vento
.
Qui
e
là
qualche
fumo
di
esplosione
.
Ora
ci
siamo
allontanati
e
voliamo
in
tondo
su
terra
e
mare
,
facciamo
sei
,
otto
,
dieci
giri
su
paludi
sterminate
e
risaie
verdi
e
la
striscia
color
caffelatte
lungo
la
costa
e
il
mare
di
Cina
azzurro
.
Beviamo
del
tè
da
una
borraccia
,
è
gelato
.
Finalmente
Graf
mi
fa
segno
che
si
va
.
Nel
casco
risuona
una
voce
nuova
,
dolce
e
pastosa
.
È
dell
'
ufficiale
del
IFAC
.
«
Roger
,
sta
bene
»
risponde
più
volte
Graf
.
Filiamo
in
leggera
picchiata
in
direzione
di
un
massiccio
fronte
temporalesco
,
in
fila
indiana
,
come
falchi
.
Davanti
è
lo
Skyraider
di
O
'
Gorman
,
secondo
il
nostro
.
L
'
altimetro
a
orologio
gira
velocissimo
a
rovescio
.
Seimila
piedi
,
cinquemila
,
quattromila
,
tremila
,
duemilacinquecento
,
duemilatrecento
.
Vedo
un
fumo
nero
con
dentro
dei
punti
incandescenti
levarsi
dal
bordo
di
una
risaia
,
vicino
ad
un
gruppo
di
capanne
,
due
delle
quali
ardono
,
e
poco
oltre
,
già
profondo
sotto
di
noi
,
lo
Skyraider
di
O
'
Gorman
guizzare
via
e
poi
stagliarsi
contro
l
'
orizzonte
lontanissimo
.
Noto
che
il
mio
Skyraider
si
piega
sul
fianco
sinistro
,
vedo
la
lancetta
dell
'
indicatore
di
sbandamento
in
posizione
perfettamente
verticale
,
entriamo
per
un
attimo
in
una
nube
,
il
parabrezza
si
riga
di
rapidissimi
rivoli
di
pioggia
.
"
A
questo
sbandamento
resisto
bene
"
penso
compiaciuto
.
Ma
ho
appena
il
tempo
di
pensarlo
che
sento
un
peso
enorme
premermi
sulla
sinistra
,
testa
e
corpo
.
Capisco
che
stiamo
picchiando
,
cerco
di
alzare
la
cinepresa
che
ho
tra
le
ginocchia
.
È
diventata
straordinariamente
greve
,
riesco
a
sollevarla
soltanto
di
due
dita
.
Poi
mi
sento
schiacciare
contro
il
seggiolino
e
vedo
cielo
e
risaie
e
nubi
e
fumo
mescolarmisi
davanti
agli
occhi
come
se
fossi
dentro
un
caleidoscopio
furiosamente
scosso
.
Graf
mi
guarda
,
ora
voliamo
lisci
e
senza
scosse
già
alti
sul
circuito
.
«
OK
»
gli
dico
.
Invece
che
sette
,
i
tubi
delle
bombe
sporgenti
sotto
l
'
ala
sinistra
sono
ora
sei
,
ne
abbiamo
scaricate
due
.
Torniamo
verso
il
fronte
temporalesco
,
verso
i
fumi
che
fiammeggiano
.
Per
impedire
che
succeda
come
al
primo
tuffo
,
pongo
la
cinepresa
sopra
il
cruscotto
,
proprio
vicino
al
plexiglas
,
il
pollice
sul
tasto
.
"
Qualcosa
verrà
pur
fotografato
"
rifletto
.
Durante
la
picchiata
stringo
i
denti
,
le
braccia
tese
nello
sforzo
di
protendere
la
cinepresa
.
Stavolta
vedo
la
destra
inguantata
di
Graf
spostare
la
leva
dello
sgancio
e
tornare
alla
cloche
.
Alla
terza
picchiata
piombiamo
dentro
un
arcobaleno
scintillante
,
la
cabina
si
riempie
di
una
vivida
luce
rosa
azzurra
.
Poi
la
quarta
picchiata
,
poi
la
quinta
,
poi
la
sesta
.
Il
rombo
ed
il
frastuono
sono
tali
che
non
si
sentirebbero
né
raffiche
di
mitraglia
e
forse
nemmeno
cannonate
;
se
si
fosse
colpiti
sarebbe
questione
di
dieci
secondi
o
anche
meno
,
finito
tutto
.
Tra
la
sesta
e
la
settima
picchiata
,
Graf
mi
mostra
con
la
mano
i
resti
di
un
bianco
Mohawk
da
ricognizione
che
bruciano
dentro
un
bosco
sprigionando
un
fumo
giallo
.
Alla
fine
dell
'
ultima
picchiata
vengo
preso
da
una
leggera
nausea
.
«
OK
»
dico
un
po
'
meno
saldo
.
Graf
mi
batte
affettuoso
una
mano
sulla
spalla
.
Siamo
rimasti
sull
'
obiettivo
una
dozzina
di
minuti
.
Rotta
di
ritorno
.
Penso
che
non
ho
visto
né
Vietcong
né
comunque
figure
umane
vicino
o
sotto
i
punti
bombardati
.
«
Nemmeno
io
»
dice
Graf
.
«
Però
è
chiaro
che
sotto
gli
attacchi
si
nascondono
come
possono
,
cercano
di
mimetizzarsi
anche
quelli
che
tirano
con
le
mitragliatrici
contraeree
.
Fino
a
dieci
minuti
prima
del
nostro
sgancio
,
le
mitragliatrici
antiaeree
sparavano
;
sono
stati
gli
F104
a
farle
tacere
,
forse
a
spazzarle
via
.
»
Voliamo
sopra
Saigon
,
ci
abbassiamo
su
Bien
Hoa
.
Quando
atterriamo
sono
le
diciassette
,
il
nostro
volo
è
durato
due
ore
e
cinquanta
minuti
.
Rientrato
a
Saigon
,
la
sera
,
leggo
il
bollettino
della
giornata
.
L
'
operazione
di
Bac
Lieu
è
la
più
importante
tra
quelle
di
domenica
4
luglio
.
«
Il
battaglione
Vietcong
"
Dynamic
"
è
stato
impegnato
a
fondo
da
unità
vietnamite
.
Apparecchi
statunitensi
sono
intervenuti
con
sessantacinque
uscite
...
I
ricognitori
hanno
stimato
in
settanta
le
perdite
Vietcong
...
Un
ricognitore
Mohawk
è
stato
abbattuto
,
il
pilota
è
deceduto
...
La
battaglia
continua
.
»
Il
giorno
dopo
,
lunedì
,
leggo
:
«
Battaglia
continuata
con
intervento
aviazione
,
sono
state
effettuate
ottantuno
uscite
...
Advisors
statunitensi
hanno
oggi
contato
sul
terreno
duecentododici
morti
.
Sono
stati
inoltre
fatti
diciannove
prigionieri
e
catturati
due
mortai
,
una
mitragliatrice
contraerea
,
tre
treppiedi
per
contraerea
,
varie
armi
individuali
.
Le
forze
vietnamite
hanno
avuto
tredici
morti
e
trenta
feriti
.
Due
piloti
statunitensi
di
elicotteri
sono
rimasti
feriti
»
.
StampaQuotidiana ,
Belluno
-
Arrivare
ad
Erto
di
notte
in
questo
periodo
dell
'
anno
,
col
vento
che
soffia
e
la
luna
-
come
quella
sera
-
che
illumina
l
'
immobile
paesaggio
della
frana
del
Toc
,
serpeggiato
da
stradine
tracciate
sulla
sabbia
,
fa
l
'
impressione
di
entrare
in
un
mondo
di
fantasmi
,
le
cui
porte
si
aprono
all
'
altezza
della
diga
del
Vajont
.
O
forse
ancora
prima
,
a
Fortogna
,
sulla
strada
di
Alemagna
.
La
vallata
del
Vajont
non
è
cambiata
dalla
notte
della
tragedia
.
È
stato
detto
ormai
tante
volte
,
ma
bisogna
ripeterlo
,
gridarlo
,
perché
chi
porta
la
responsabilità
del
«
dopo
»
non
si
lamenti
se
qualcosa
succede
da
queste
parti
,
in
questo
villaggio
di
fronte
al
Toc
,
dove
104
famiglie
,
oltre
300
persone
,
vivono
ormai
da
anni
un
ritorno
al
paese
che
ha
il
significato
della
protesta
.
Un
ritorno
che
è
stato
amaro
,
ma
assai
meno
umiliante
della
carità
di
un
affitto
in
casa
altrui
,
a
Cimolais
o
Claut
,
quando
una
casa
propria
esisteva
nel
vecchio
villaggio
,
disabitata
e
in
preda
di
topi
.
Trecento
persone
che
non
hanno
creduto
e
non
credono
alle
promesse
di
ministri
e
di
«
autorità
responsabili
»
.
Alla
luce
della
realtà
esistente
,
quelli
che
allora
sono
ritornati
ad
Erto
contro
la
legge
che
li
aveva
scacciati
,
e
che
ci
vivono
tuttora
in
un
isolamento
che
soltanto
una
testarda
volontà
può
sopportare
,
dimostrano
polemicamente
di
aver
avuto
ragione
sul
futuro
della
comunità
.
Non
è
sorto
niente
,
infatti
,
in
nessun
luogo
,
che
possa
dare
adito
a
speranze
,
che
tanti
ertani
del
resto
credevano
realizzabili
a
Maniago
,
per
esempio
.
Non
è
sorta
ancora
nessuna
casa
,
tranne
le
fondamenta
della
solita
fatidica
prima
pietra
in
quella
landa
,
espropriata
per
pochi
soldi
ai
contadini
locali
per
essere
trasformata
nel
nuovo
paese
di
Erto
a
valle
.
L
'
Erto
a
monte
,
a
quota
830
,
per
quelli
che
avevano
scelto
di
rimanere
nella
valle
del
Vajont
,
è
anch
'
esso
una
speranza
ormai
abbandonata
da
chi
ci
credeva
.
Sostenere
ancora
queste
illusioni
è
lecito
?
È
possibile
,
è
giusto
-
la
domanda
è
da
porsi
-
alimentare
speranze
che
dopo
tre
anni
e
mezzo
sono
ancora
soltanto
segni
sulla
carta
?
E
differentemente
,
come
pensa
il
Governo
di
sistemare
la
comunità
?
*
*
*
Lo
Stato
ha
speso
per
gli
ertani
,
dal
9
ottobre
1963
ad
oggi
,
oltre
tre
miliardi
di
sussidi
.
Di
lavoro
sul
posto
non
ce
n
'
è
;
andare
all
'
estero
significa
abbandonare
la
cura
di
interessi
familiari
,
una
necessità
creata
dalla
tragedia
e
che
nessuno
ha
ancora
risolto
.
È
più
facile
,
oltretutto
,
scegliere
la
via
sulla
quali
li
ha
istradati
il
governo
:
sussidio
a
tempo
indeterminato
.
È
un
risultato
voluto
dai
governanti
.
Con
tre
miliardi
si
poteva
ricostruire
,
o
quasi
,
un
piccolo
paese
come
Erto
.
Allora
,
per
quale
determinazione
,
per
quale
assurdo
disegno
si
è
preferito
disgregare
una
comunità
,
mettere
i
suoi
abitanti
gli
uni
contro
gli
altri
,
perseguitare
chi
non
crede
più
alle
promesse
,
in
definitiva
creare
dei
ribelli
al
posto
degli
uomini
che
un
tempo
coltivavano
questa
valle
con
pazienza
e
sacrificio
?
*
*
*
All
'
imbocco
del
paese
di
Erto
,
all
'
altezza
del
cimitero
,
c
'
è
un
cartello
che
vieta
il
transito
causa
il
terreno
franoso
.
Il
divieto
dura
fino
alla
piazzetta
,
che
un
tempo
non
aveva
nome
essendo
l
'
unica
piazza
del
paese
che
dopo
il
Vajont
è
stata
intitolata
«9
ottobre
»
.
Tra
la
piazza
e
il
cimitero
le
case
sono
abitate
.
Sulla
strada
è
vietato
passare
,
ma
non
è
vietato
agli
ertani
abitare
in
quella
zona
dove
si
asserisce
esservi
pericolo
.
Non
è
vietato
celebrare
le
funzioni
religiose
nella
chiesa
-
il
prete
arriva
una
volta
ogni
tanto
-
situata
dentro
il
perimetro
franoso
.
Ricercare
una
logica
negli
avvenimenti
del
Vajont
,
di
prima
,
di
dopo
,
di
adesso
,
è
come
ricercare
un
ago
in
un
pagliaio
.
Nei
giorni
prima
della
tragedia
si
era
imposto
agli
ertani
di
sfollare
le
bestie
della
zona
del
Toc
,
ma
non
la
gente
.
Adesso
si
fa
altrettanto
,
si
blocca
la
strada
,
ma
ci
si
può
abitare
sopra
.
Qualche
ertano
ride
amaramente
,
qualche
altro
si
infuria
.
Ben
presto
il
cartello
scompare
.
Arrivano
i
carabinieri
e
vanno
difilati
da
un
membro
del
comitato
locale
,
che
per
non
avere
peli
sulla
lingua
è
considerato
il
più
«
sovversivo
»
di
tutti
.
Lo
tirano
fuori
di
casa
e
gli
chiedono
:
«
Chi
è
stato
ad
asportare
il
cartello
?
»
.
E
lui
risponde
rivolgendo
alla
forza
pubblica
un
'
altra
domanda
:
«
Chi
è
stato
ad
ammazzarmi
la
famiglia
?
»
.
Malgrado
la
vita
da
primitivi
che
sono
costretti
a
fare
,
questi
ertani
serbano
ancora
una
logica
invidiabile
.
Chi
è
stato
,
infatti
,
a
provocare
la
tragedia
?
Ancora
ufficialmente
non
si
sa
.
Ogni
piccola
cosa
che
succede
,
anche
la
rivendicazione
di
un
diritto
normale
da
parte
di
coloro
che
abitano
il
vecchio
paese
,
è
vista
come
una
sollevazione
.
Gli
ertani
sono
pedinati
se
escono
dal
paese
,
se
vanno
in
montagna
,
se
si
riuniscono
;
sorvegliati
come
confinati
.
E
confinati
lo
sono
,
anche
se
volontari
.
La
sensibilità
delle
autorità
non
arriva
a
comprendere
lo
stato
d
'
animo
,
la
psicologia
che
si
è
creata
in
questa
gente
,
distrutta
,
rovinata
,
prima
dal
monopolio
elettrico
,
poi
dall
'
incapacità
dei
pubblici
poteri
.
Per
ogni
cosa
che
accade
,
gli
ertani
sono
chiamati
a
Cimolais
dai
carabinieri
.
Frasi
come
:
«
Questa
volta
ti
sbatto
dentro
»
sono
all
'
ordine
del
giorno
.
«
Siamo
trattati
come
delinquenti
,
dopo
che
ci
hanno
ridotti
in
questo
stato
.
La
colpa
è
ancora
nostra
,
capisci
?
»
.
*
*
*
Quella
sera
era
il
venerdì
santo
.
Un
tempo
,
per
tradizione
popolare
,
veniva
realizzata
una
bellissima
passione
di
Cristo
.
Quest
'
anno
la
tradizione
non
è
stata
rispettata
,
e
sarebbe
stata
una
notte
adatta
,
col
vento
che
ululava
nella
valle
sotto
lo
splendore
di
una
luna
che
illuminava
la
parete
bianca
del
Toc
,
la
sua
enorme
ferita
lasciata
dalla
montagna
precipitata
dentro
il
lago
.
In
chiesa
si
celebrava
la
funzione
religiosa
,
ma
l
'
unica
osteria
del
paese
era
piena
di
gente
e
parlare
di
qualcosa
che
avesse
attinenza
con
i
problemi
del
Vajont
era
come
accendere
una
miccia
.
Perciò
uscimmo
con
un
gruppo
,
che
poi
s
'
ingrossò
dentro
l
'
abitazione
di
uno
di
quei
«
desperes
»
.
Disperati
di
tutto
e
per
tutto
.
Si
parlò
a
lungo
,
di
case
,
di
persone
,
della
politica
.
Un
ex
socialista
ci
disse
:
«
Qui
hanno
restituito
140
tessere
del
PSU
per
protesta
.
I
socialisti
sono
al
governo
e
ci
lasciano
in
queste
condizioni
»
.
«
Ma
cosa
avete
intenzione
di
fare
per
smuovere
le
acque
stantie
dell
'
indifferenza
o
quanto
meno
della
lentezza
con
cui
si
affrontano
i
vostri
problemi
?
»
.
Ormai
gli
ertani
sono
diventati
sospettosi
di
tutti
,
stentano
ad
esprimere
le
loro
intenzioni
per
paura
che
qualcuno
faccia
la
spia
alle
autorità
o
al
sindaco
,
che
non
va
mai
a
visitarli
ad
Erto
.
«
Stai
pur
sicura
che
qualcosa
faremo
,
ormai
ci
hanno
preso
in
giro
fin
troppo
»
.
Ma
non
dicono
cosa
.
Anche
questi
misteri
sono
perfettamente
intonati
all
'
ambiente
.
Sulla
strada
del
ritorno
,
caracollando
con
la
macchina
sopra
la
frana
del
Toc
-
un
gran
canyon
che
attraversa
la
valle
del
Vajont
per
diversi
chilometri
-
ci
sembrava
di
essere
stati
dentro
un
incubo
assurdo
,
come
nei
sogni
.
Soltanto
che
dai
sogni
ci
si
risveglia
rallegrandoci
di
riaffiorare
in
una
diversa
realtà
.
Quelli
di
Erto
il
loro
incubo
lo
vivono
da
tre
anni
e
passa
,
e
se
da
esso
non
li
si
fa
uscire
presto
,
rischiano
di
non
essere
più
recuperabili
per
una
vita
diversa
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
9
aprile
.
-
Cinque
operai
bellunesi
morti
assieme
sotto
una
valanga
di
neve
è
una
notizia
sconvolgente
e
drammatica
anche
per
la
popolazione
di
una
provincia
abituata
da
secoli
a
stare
col
cuore
sospeso
,
sempre
in
attesa
di
qualche
dolorosa
notizia
dai
cantieri
all
'
estero
e
delle
altre
province
italiane
,
dove
la
manodopera
bellunese
è
più
che
di
casa
.
Qui
,
in
queste
zone
di
emigrazione
,
quando
un
lutto
colpisce
una
famiglia
,
l
'
intera
comunità
si
sente
partecipe
della
disgrazia
.
«
È
capitato
a
te
,
ma
potrebbe
essere
capitato
a
me
»
,
è
una
frase
che
qualche
volta
si
dice
ma
che
più
spesso
si
indovina
,
soprattutto
nel
muto
linguaggio
delle
donne
degli
emigrati
,
madri
e
spose
accomunate
per
anni
dallo
stesso
tarlo
doloroso
delle
lunghe
separazioni
dai
mariti
e
dai
figli
;
dalla
paura
di
sciagure
,
e
purtroppo
dalla
speranza
che
non
succedano
,
e
infine
dall
'
attesa
spasmodica
del
loro
ritorno
stagionale
.
E
così
,
domani
o
dopodomani
,
altri
cinque
lavoratori
torneranno
alle
proprie
case
,
ma
dentro
una
bara
.
Sono
i
cinque
bellunesi
ghermiti
ieri
dalla
«
morte
bianca
»
in
Valle
Aurina
,
un
luogo
a
quattro
passi
da
casa
,
dove
erano
contenti
di
essere
andati
a
lavorare
,
avvezzi
com
'
erano
quasi
tutti
all
'
emigrazione
in
terre
lontane
.
Le
loro
famiglie
,
alcune
delle
quali
hanno
appreso
la
notizia
dai
giornali
,
sono
piombate
nella
disperazione
.
Non
abbiamo
fatto
gli
sciacalli
in
cerca
di
notizie
intime
;
abbiamo
rispettato
il
dolore
delle
famiglie
.
Ma
abbiamo
parlato
con
amici
e
conoscenti
delle
vittime
nei
loro
paesi
d
'
origine
.
E
ancora
una
volta
,
come
purtroppo
molto
spesso
è
avvenuto
,
le
conversazioni
hanno
illustrato
la
solita
triste
condizione
di
una
provincia
senza
lavoro
,
che
costringe
i
propri
abitanti
a
vere
odissee
,
sballottandoli
in
giro
per
il
mondo
in
nome
di
una
civiltà
tanto
decantata
dai
nostri
governi
ma
tanto
lontana
dai
bisogni
degli
uomini
.
Ecco
il
paese
di
Vito
Lise
,
anni
38
,
capo
minatore
,
e
di
Angelo
De
Zanet
,
di
35
anni
:
Sospirolo
.
Quattromila
abitanti
,
il
90
percento
degli
uomini
validi
emigrati
.
Registra
la
percentuale
più
alta
in
tutta
la
provincia
di
silicotici
.
Anche
Vito
Lise
,
il
capo
minatore
,
travolto
dalla
valanga
,
aveva
ormai
girato
,
a
trentotto
anni
,
mezzo
mondo
:
la
Svizzera
,
il
Congo
,
l
'
Argentina
,
il
Venezuela
.
Quando
tornava
reclutava
altre
persone
del
villaggio
di
San
Zenon
,
dove
abitava
,
ed
esse
gliene
erano
grate
.
Andavano
volentieri
con
lui
,
lo
stimavano
per
la
sua
serietà
e
preparazione
professionale
.
Era
figlio
di
minatore
.
Suo
padre
è
attualmente
all
'
ospedale
con
la
silicosi
.
Con
lui
in
valle
Aurina
c
'
erano
altri
due
fratelli
;
uno
si
è
salvato
per
caso
dalla
valanga
.
Angelo
De
Zanet
,
pure
lui
da
San
Zenon
,
faceva
parte
di
una
schiera
di
cinque
fratelli
,
che
sono
tutti
emigrati
.
Lui
aveva
conosciuto
tutte
le
miniere
di
ferro
e
di
carbone
della
Germania
.
Questo
è
il
paese
di
Sospirolo
,
dove
oggi
una
terza
famiglia
di
emigrati
è
in
lutto
.
L
'
operaio
Francesco
Viel
,
di
53
anni
,
è
deceduto
di
sincope
in
un
cantiere
della
Svizzera
.
Trichiana
,
Longarone
,
San
Gregorio
nelle
Alpi
,
i
paesi
degli
altri
tre
operai
deceduti
in
valle
Aurina
,
presentano
le
stesse
caratteristiche
.
Tre
-
quattromila
abitanti
,
un
migliaio
di
emigrati
.
Giovanni
De
Bastian
,
di
Trichiana
,
era
figlio
unico
.
Sua
madre
non
fa
che
ripetere
,
pazza
di
dolore
:
«
Chissà
quante
volte
avrà
chiamato
aiuto
prima
di
morire
»
.
Nessuno
riesce
a
convincerla
che
suo
figlio
è
morto
sull
'
istante
.
Di
Antonio
Bristot
,
da
Longarone
,
le
donne
della
frazione
di
Pirago
,
dove
abitava
con
la
famiglia
,
assicurano
tutte
«
che
era
un
grandissimo
lavoratore
»
.
È
il
massimo
omaggio
che
le
genti
di
montagna
possono
rivolgere
a
un
morto
.
La
quinta
delle
vittime
,
Renato
Bulz
,
da
San
Gregorio
nelle
Alpi
,
era
il
più
giovane
:
diciassette
anni
appena
.
Un
'
età
in
cui
non
si
è
ancora
uomini
per
le
leggi
dello
Stato
ma
purtroppo
si
è
considerati
uomini
da
sfruttare
sul
piano
fisico
e
produttivo
.
L
'
elenco
delle
vittime
sul
lavoro
si
allunga
così
anno
dopo
anno
,
accanto
alle
località
dove
avvengono
le
sciagure
,
che
restano
impresse
per
sempre
nella
memoria
delle
famiglie
degli
emigranti
bellunesi
.
Non
importa
se
le
disgrazie
avvengono
in
Italia
o
all
'
estero
,
se
la
località
si
chiama
Marchinelle
,
Zermatt
o
Valle
Aurina
.
Esse
significano
comunque
sempre
sofferenze
e
dolore
per
le
famiglie
dei
trentasettemila
emigrati
bellunesi
e
richiamano
alle
loro
gravi
responsabilità
i
governanti
italiani
,
che
mai
hanno
voluto
prendere
in
seria
considerazione
il
problema
delle
zone
di
emigrazione
,
salvo
che
sul
piano
dei
discorsi
e
delle
promesse
,
specialmente
nei
periodi
delle
varie
campagne
elettorali
.
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
22
gennaio
.
-
A
Carassagno
D
'
Arsiè
trentaquattro
persone
continuano
lo
sciopero
a
rovescio
,
per
la
costruzione
della
strada
che
colleghi
la
frazione
al
capoluogo
.
Il
loro
gesto
continua
ad
avere
la
solidarietà
della
stampa
e
perfino
della
radio
,
che
oggi
ha
trasmesso
nel
notiziario
veneto
un
servizio
registrato
sul
luogo
.
Le
uniche
persone
che
ancora
non
si
sono
mosse
sono
le
autorità
comunali
,
provinciali
e
centrali
,
alle
quali
erano
state
inoltrare
petizioni
e
telegrammi
,
il
tutto
rimasto
ancora
senza
risposta
.
Il
sindaco
se
ne
lava
le
mani
con
la
scusa
che
non
ci
sono
soldi
e
quindi
la
questione
deve
essere
risolta
dal
centro
.
Ciò
può
essere
vero
,
ma
lui
,
come
prima
autorità
del
Comune
,
cosa
fa
per
far
intervenire
o
sollecitare
ad
intervenire
le
autorità
centrali
?
E
il
prefetto
,
al
quale
era
stata
inoltrata
una
petizione
firmata
da
coloro
che
hanno
dato
inizio
ai
lavori
,
il
prefetto
,
che
rappresenta
il
governo
centrale
,
cosa
ha
fatto
per
venire
in
aiuto
di
questa
gente
che
è
sotto
la
sua
giurisdizione
?
E
il
ministro
Bertinelli
,
informato
con
un
telegramma
di
quanto
sta
accadendo
a
Carassagno
?
Silenzio
su
tutto
il
fronte
della
Democrazia
cristiana
e
del
governo
.
Intanto
,
quelli
di
Carassagno
continuano
a
dodici
giorni
la
loro
azione
di
protesta
,
proseguendo
i
lavori
di
sterro
perché
la
loro
strada
la
vogliono
veder
fatta
.
Sono
decisi
ad
andare
fino
in
fondo
,
e
dopo
qualcuno
dovrà
pure
pagare
il
lavoro
fatto
.
«
Perché
avete
dato
inizio
ai
lavori
?
»
.
A
questa
domanda
dei
radio
-
intervistatori
hanno
risposto
diversi
protagonisti
dello
sciopero
a
rovescio
.
«
Perché
non
crediamo
più
alle
promesse
»
;
«
Perché
la
strada
è
il
principale
elemento
di
civiltà
»
;
«
Per
non
restare
più
isolati
dal
mondo
»
;
«
Per
poterci
recare
dal
medico
e
in
farmacia
»
.
Una
donna
che
partecipa
allo
sciopero
,
ha
risposto
:
«
Domani
una
ragazza
della
frazione
di
sposa
e
deve
fare
a
piedi
venti
chilometri
per
recarsi
in
chiesa
»
.
Tutti
gli
abitanti
del
villaggio
hanno
un
loro
validissimo
motivo
per
volere
la
strada
,
un
motivo
che
ha
trovato
nella
solidarietà
di
ognuno
di
loro
il
coraggio
di
diventare
forza
ed
unità
e
di
dare
avvio
ai
lavori
che
non
interromperanno
,
fino
a
quando
le
autorità
competenti
non
manifestino
concretamente
la
volontà
di
realizzare
l
'
opera
tanto
necessaria
.
Pensiamo
alla
giovane
sposa
di
Carassagno
,
che
nella
giornata
più
bella
della
sua
vita
,
è
costretta
a
percorrere
infreddolita
il
lungo
sentiero
infangato
,
senza
l
'
ausilio
di
un
mezzo
necessario
.
Le
provviste
per
il
pranzo
di
nozze
dovranno
essere
portate
a
spalle
dai
Boldi
,
l
'
acqua
per
cuocerle
dovrà
essere
attinta
e
trasportata
a
spalla
dai
Boldi
,
una
borgata
a
tre
-
quattro
chilometri
da
Carassagno
,
dove
c
'
è
l
'
unico
acquedotto
di
tutta
la
zona
,
rappresentato
da
un
lungo
e
rattoppato
tubo
di
gomma
che
,
sospeso
per
aria
sopra
il
torrente
,
attraversa
la
valle
da
un
versante
all
'
altro
,
e
riversa
il
suo
prezioso
liquido
in
un
mastello
posto
a
fianco
della
carreggiata
.
È
l
'
unica
«
moderna
»
opera
pubblica
fatta
dall
'
Amministrazione
comunale
,
tranne
la
scuoletta
dei
Boldi
,
che
però
è
chiusa
,
essendo
stata
costruita
troppo
distante
dal
luogo
dove
sono
i
bambini
in
età
scolastica
.
StampaQuotidiana ,
Il
più
fantastico
viaggio
,
l
'
avventura
più
grande
,
il
sogno
più
impossibile
di
generazioni
di
poeti
,
di
scienziati
,
di
uomini
comuni
come
tutti
noi
,
si
è
compiuto
.
Alle
22.17'40''
(
ora
italiana
di
oggi
20
luglio
1969
)
Neil
Armstrong
e
Aldrin
,
in
rappresentanza
di
tutti
gli
abitanti
della
Terra
,
a
bordo
della
loro
meravigliosa
"
Aquila
"
hanno
toccato
il
suolo
della
Luna
,
un
corpo
extra
-
terrestre
lontano
dal
nostro
pianeta
384
mila
chilometri
.
Ne
ha
dato
l
'
annuncio
Armstrong
,
senza
tradire
la
minima
emozione
,
con
queste
parole
:
"
L
'
Aquila
è
atterrata
"
.
Indescrivibile
ciò
che
è
avvenuto
qui
:
per
la
emozione
,
la
gioia
,
l
'
entusiasmo
di
una
conquista
che
è
di
tutta
l
'
umanità
.
Si
era
spenta
appena
l
'
eco
delle
parole
di
Armstrong
che
si
è
udita
la
voce
di
Aldrin
,
anch
'
essa
quasi
priva
di
emozione
:
"
Atterraggio
molto
tranquillo
"
.
Impossibile
dire
la
tensione
,
l
'
emozione
,
la
febbre
che
ci
ha
assaliti
tutti
qui
,
al
Centro
di
controllo
di
Houston
,
mentre
i
secondi
scanditi
sui
quadranti
luminosi
passavano
uno
dopo
l
'
altro
per
segnare
il
conto
alla
rovescia
del
momento
in
cui
il
retrorazzo
dell
'
"
Aquila
"
si
è
acceso
a
quello
in
cui
le
solide
zampe
del
veicolo
si
sono
posate
con
un
sobbalzo
nella
desolata
landa
del
Mare
della
Tranquillità
.
Meno
59
...
57
...
55
...
ecco
,
ora
la
poderosa
fiamma
del
razzo
frenante
lambisce
già
le
grige
rocce
seleniche
.
Il
veicolo
caracolla
un
po
'
,
mentre
i
piccoli
razzi
latitudinali
provvedono
a
mantenerlo
in
perfetto
assetto
.
Infine
si
posa
.
Armstrong
e
Aldrin
sono
in
piedi
ai
comandi
.
Li
sentiamo
.
Per
quanto
la
loro
voce
si
mantenga
fredda
e
quasi
monotona
,
avvertiamo
la
loro
commozione
più
che
udire
le
loro
parole
che
sono
poche
e
non
si
distaccano
dal
gergo
tecnico
.
D
'
altra
parte
troppo
importanti
troppo
delicate
,
troppo
precise
debbono
essere
le
operazioni
da
compiere
perché
possano
lasciarsi
andare
a
considerazioni
descrittive
o
sentimentali
.
Se
le
sono
riservate
per
il
momento
in
cui
tra
poco
scenderanno
a
piedi
a
camminare
sulla
Luna
.
Intanto
però
descrivono
il
luogo
dove
sono
atterrati
,
ma
brevemente
"
perché
-
dice
Armstrong
-
avremo
parecchio
da
fare
per
qualche
momento
"
.
Il
comandante
aggiunge
:
"
Siamo
su
un
suolo
roccioso
,
in
una
zona
relativamente
pianeggiante
con
crateri
larghi
dai
2
ai
17
metri
.
Vediamo
delle
alture
.
E
vi
sono
piccoli
crateri
di
30
o
60
centimetri
a
migliaia
.
Possiamo
anche
vedere
una
collina
davanti
a
noi
.
È
difficile
calcolare
ma
penso
che
sia
a
circa
800
metri
o
un
chilometro
e
mezzo
da
noi
"
.
È
intervenuto
Aldrin
:
"
Sembra
una
vera
e
propria
collezione
di
rocce
di
ogni
tipo
immaginabile
,
alcune
ovoidali
.
Il
panorama
non
offre
colori
molto
vivi
,
ad
eccezione
di
alcune
rocce
con
colori
interessanti
"
.
Quanto
agli
effetti
della
gravità
lunare
che
è
soltanto
un
sesto
di
quella
della
Terra
,
Armstrong
ha
detto
:
"
E
'
come
essere
in
un
aeroplano
"
ed
ha
aggiunto
di
non
trovare
alcuna
difficoltà
nell
'
adattarvisi
.
Entrambi
gli
astronauti
appaiono
calmi
e
per
nulla
emozionati
.
"
Vi
sono
molti
visi
sorridenti
qui
e
in
tutto
il
mondo
"
ha
detto
il
centro
spaziale
.
"
Ve
ne
sono
due
anche
qui
da
noi
"
ha
risposto
Armstrong
.
"
Vorrei
una
birra
"
ha
detto
Aldrin
.
"
La
troverai
al
ritorno
"
gli
è
stato
risposto
.
Il
controllo
a
terra
di
Houston
ha
segnalato
nel
frattempo
un
dato
essenziale
per
la
riuscita
dell
'
impresa
:
l
'
inclinazione
dell
'
"
Aquila
"
sulla
superficie
è
di
poco
più
di
quattro
gradi
.
Come
è
noto
una
inclinazione
superiore
ai
12
gradi
avrebbe
segnato
la
fine
degli
astronauti
perché
la
sezione
di
ascesa
del
modulo
non
avrebbe
potuto
funzionare
regolarmente
.
Poco
dopo
lo
stesso
Armstrong
ha
confermato
la
misurazione
effettuata
da
Terra
.
Il
centro
di
controllo
ha
subito
cominciato
a
rivolgere
i
suoi
messaggi
ad
"
Aquila
"
chiamandolo
"
Base
Tranquillità
"
.
Nel
descrivere
l
'
ultima
fase
della
discesa
Armstrong
ha
detto
che
il
sistema
di
guida
automatica
stava
conducendo
il
veicolo
lunare
in
una
zona
di
crateri
"
della
grandezza
di
un
campo
da
football
"
.
Egli
aveva
quindi
assunto
il
controllo
manuale
dell
'
operazione
di
discesa
per
individuare
una
zona
abbastanza
liscia
per
l
'
atterraggio
.
Dalle
4.40
alle
4.56
si
è
svolta
,
sotto
gli
occhi
dei
telespettatori
di
tutto
il
mondo
,
la
fase
emozionante
dei
primi
passi
dell
'
uomo
sulla
Luna
.
Armstrong
,
aperto
il
portello
,
è
rimasto
per
qualche
minuto
sulla
passerella
esterna
.
Le
istruzioni
erano
infatti
quelle
di
comunicare
a
Terra
le
sue
prime
sensazioni
sull
'
ambiente
lunare
.
Lo
si
è
visto
muovere
con
grande
cautela
un
piede
e
poi
posarlo
al
suolo
.
Contemporaneamente
le
comunicazioni
erano
ridiventate
buone
.
La
passeggiata
sulla
Luna
è
incominciata
esattamente
alle
4.57
.
Poco
prima
di
fare
quello
storico
passo
,
Armstrong
,
confermando
la
sua
calma
e
il
suo
senso
dell
'
umorismo
,
aveva
detto
:
"
Ora
incomincia
la
ginnastica
"
.
Alle
4.40
Neil
Armstrong
ha
aperto
il
portello
dell
'
"
Aquila
"
per
scendere
sul
suolo
lunare
.
Per
gli
astronauti
le
manovre
preparatorie
della
sortita
dal
veicolo
lunare
si
sono
rivelate
più
complesse
e
lunghe
del
previsto
.
Prima
di
poter
uscire
dall
'
"
Aquila
"
,
Armstrong
e
Aldrin
hanno
dovuto
indossare
le
speciali
tute
,
provvedere
a
depressurizzare
l
'
interno
dell
'
"
Aquila
"
:
ciò
allo
scopo
di
poter
impunemente
sortire
nell
'
ambiente
lunare
dove
la
pressione
,
mancando
l
'
atmosfera
,
è
zero
.
Le
comunicazioni
verbali
fra
Houston
e
l
'
"
Aquila
"
sono
state
difficoltose
:
a
volte
eccellenti
,
a
volte
mediocri
.
Il
ritardo
,
come
si
è
poi
appreso
dal
centro
di
controllo
,
è
dovuto
per
l
'
appunto
all
'
operazione
di
depressurizzazione
della
cabina
,
la
quale
si
è
svolta
sotto
la
sorveglianza
di
Houston
.
Ad
un
certo
punto
fra
la
Terra
e
la
Luna
sono
state
scambiate
le
seguenti
battute
:
"
Ci
vuole
un
certo
tempo
per
questa
operazione
"
.
"
Certo
che
ci
vuole
"
è
stata
la
pacata
risposta
giunta
dal
satellite
della
Terra
.
Finalmente
alle
4
e
40
italiane
precise
,
Houston
ha
dato
l
'
autorizzazione
di
aprire
il
portello
e
Armstrong
ha
obbedito
.
I
primi
minuti
dei
cosmonauti
sulla
Luna
sono
stati
di
grande
trepidazione
e
poco
ciarlieri
.
Gli
"
uomini
lunari
"
hanno
approntato
a
velocità
vertiginosa
tutti
gli
apparati
per
una
eventuale
partenza
frettolosa
dalla
Luna
,
se
necessaria
.
Ma
passato
il
tempo
prefissato
per
un
anticipato
ritorno
,
i
due
hanno
cominciato
a
riposarsi
per
il
momento
in
cui
usciranno
dall
'
"
Aquila
"
e
scenderanno
sul
suolo
lunare
.
Collins
quando
ha
sorvolato
la
zona
dell
'
atterraggio
ha
inviato
le
sue
congratulazioni
ai
colleghi
.
Mentre
scriviamo
,
Armstrong
e
Aldrin
stanno
procedendo
alle
più
accurate
verifiche
della
loro
formidabile
macchina
.
Debbono
tenerla
nelle
condizioni
di
partenza
in
qualunque
momento
fosse
necessario
.
Le
verifiche
e
i
controlli
sono
stati
tanto
più
necessari
in
quanto
,
come
si
ricorderà
,
c
'
era
stato
un
piccolo
guasto
ad
una
valvola
di
pressurizzazione
dell
'
azoto
liquido
.
Domani
,
al
momento
della
partenza
,
saranno
impiegati
tutti
i
sistemi
,
sia
quello
di
riserva
,
sia
quello
difettoso
.
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
7
gennaio
-
California
è
un
paese
che
un
tempo
esisteva
,
lindo
,
colmo
di
vegetazione
,
posto
in
fondo
alla
valle
del
Mis
,
dove
vivevano
una
cinquantina
di
famiglie
che
si
erano
costruite
la
casa
dopo
tanti
anni
di
miniera
e
di
emigrazione
.
C
'
era
pure
un
albergo
,
messo
su
da
tre
intraprendenti
fratelli
,
dove
d
'
estate
si
era
affermato
un
«
turismo
minore
»
fatto
da
chi
intende
la
villeggiatura
come
un
riposo
dello
spirito
.
California
è
un
nome
inconsueto
da
queste
parti
;
chissà
,
forse
,
la
zona
che
abbraccia
diversi
villaggi
abbarbicati
sui
costoni
delle
montagne
era
stata
così
denominata
da
qualche
emigrante
tornato
dall
'
America
;
o
da
qualche
solitario
escursionista
che
di
fronte
alle
bellezze
dei
boschi
,
delle
acque
un
tempo
chiarissime
dei
torrenti
,
gli
sarà
venuto
spontaneo
alle
labbra
quel
nome
prestigioso
,
in
una
esclamazione
di
stupore
,
di
ammirazione
.
Sta
di
fatto
che
un
nome
così
non
era
sprecato
per
il
luogo
,
reso
in
questi
ultimi
anni
confortevole
dalle
case
sorte
tutte
intorno
,
con
i
fiori
ai
davanzali
,
gerani
rossi
che
spiccavano
come
grappoli
di
ciliege
mature
sullo
sfondo
verde
del
paesaggio
;
poi
,
lì
vicino
,
avevano
costruito
anche
un
lago
ed
anche
quello
attirava
i
turisti
.
tutto
questo
esisteva
prima
del
4
novembre
1966
.
Poi
venne
il
diluvio
e
fu
la
fine
di
una
località
conosciuta
da
pochi
,
della
quale
,
col
tempo
,
si
perderà
anche
il
ricordo
.
Ora
è
tutta
un
ghiaione
:
le
verdi
montagne
sono
franate
dentro
la
valle
;
i
due
torrenti
che
si
congiungevano
proprio
all
'
imbocco
del
paese
,
hanno
allargato
i
loro
alvei
a
dismisura
;
California
è
stata
quasi
del
tutto
spazzata
via
dalla
furia
degli
elementi
e
quel
poco
di
essa
che
ancora
si
vede
è
sommerso
dai
detriti
.
La
gente
ha
fatto
in
tempo
a
fuggire
,
a
mettersi
in
salvo
con
l
'
acqua
che
incalzava
e
le
frane
in
movimento
.
Ora
è
sparsa
un
po
'
ovunque
,
da
parenti
domiciliati
in
altri
paesi
,
o
a
Gosaldo
,
il
capoluogo
,
anch
'
esso
terremotato
dal
triste
evento
.
Molti
sono
stati
i
paesi
bellunesi
devastati
dall
'
alluvione
,
ma
chi
ha
perso
la
casa
potrà
rifarla
nello
stesso
paese
.
A
California
non
si
potrà
ricostruire
nulla
,
poiché
non
esiste
più
un
terreno
solido
,
non
esiste
la
possibilità
di
rifare
le
strade
,
il
luogo
è
ormai
terra
bruciata
.
Del
resto
sono
gli
stessi
abitanti
che
non
vogliono
ritornare
.
A
far
cosa
?
Terra
da
lavorare
non
ce
n
'
è
più
;
di
turismo
è
assurdo
parlare
.
La
Giunta
municipale
sembra
sia
dello
stesso
parere
;
soltanto
cerca
di
trattenere
nella
zona
la
gente
.
Si
parla
di
trasferire
l
'
abitato
di
California
in
cima
ad
una
montagna
,
a
S
.
Andrea
,
a
1500
metri
di
altitudine
«
dove
non
cresce
neanche
un
cavolo
»
.
Contro
questa
ventilata
soluzione
uomini
e
donne
di
California
si
oppongono
.
Bisogna
trasferirsi
,
ricominciare
tutto
da
capo
?
Ebbene
dateci
un
luogo
decente
per
impiantare
il
nostro
paese
,
dove
vi
siano
terre
da
coltivare
,
scuole
per
i
nostri
figli
,
qualche
possibilità
di
trovare
lavoro
.
Queste
cose
sono
state
dette
durante
una
assemblea
promossa
dal
capofrazione
,
alla
quale
hanno
partecipato
anche
il
segretario
regionale
del
partito
comunista
,
Marangoni
,
il
segretario
provinciale
,
Olivotto
,
l
'
onorevole
Busetto
.
Da
tutta
la
California
-
una
decina
di
villaggi
lontani
diversi
chilometri
-
erano
giunti
in
una
località
chiamata
Lambroi
,
uomini
e
donne
e
ragazzi
per
discutere
«
ciò
che
non
si
può
discutere
col
sindaco
,
perché
non
ti
ascolta
;
ciò
che
non
si
può
discutere
col
prefetto
perché
ascolta
soltanto
il
sindaco
.
E
così
il
nostro
parere
non
si
sente
mai
,
e
quando
i
nostri
emigranti
ritornano
via
,
alle
donne
ed
ai
vecchi
fanno
firmare
qualsiasi
cosa
e
li
sistemano
come
vogliono
.
Oppure
la
tirano
per
le
lunghe
,
intanto
ci
dicono
di
sfollare
:
la
tattica
è
conosciuta
.
Più
si
aspetta
,
più
la
gente
se
ne
va
via
e
più
lo
Stato
risparmia
»
.
Circa
500
persone
di
California
centro
e
di
diversi
villaggi
con
le
case
in
bilico
sulle
frane
-
Patine
,
Mori
,
Beltrai
,
Rozze
,
Macator
,
Noneta
,
Scoli
,
Zocche
-
non
sanno
che
fare
di
preciso
,
soltanto
sono
tutti
d
'
accordo
che
dove
sono
non
possono
stare
(
in
primavera
potrebbe
capitare
di
nuovo
il
finimondo
)
non
vogliono
essere
reclusi
in
un
ghetto
a
1500
metri
,
ma
vogliono
scendere
,
invece
di
salire
,
avvicinarsi
alla
società
organizzata
.
Si
è
parlato
della
costituzione
di
un
consorzio
dei
capifamiglia
,
per
poter
imporre
all
'
autorità
una
scelta
secondo
queste
esigenze
.
La
scelta
di
un
luogo
anche
in
un
altro
Comune
,
dove
la
comunità
possa
rimanere
unita
.
Alla
fine
della
riunione
hanno
voluto
che
i
dirigenti
comunisti
facessero
un
giro
nella
zona
disastrata
.
A
un
certo
punto
le
strade
non
esistevano
più
;
si
passava
soltanto
su
piste
che
il
ghiaccio
e
la
neve
hanno
reso
solide
sopra
i
torrenti
e
le
frane
.
Un
paesaggio
da
dopo
il
diluvio
.
Dentro
quello
che
resta
dell
'
albergo
di
California
,
semicrollato
,
interrato
fino
al
primo
piano
,
sberciato
e
divelto
,
in
una
piccola
cucina
,
la
padrona
offre
la
grappa
e
gli
uomini
che
hanno
seguito
la
comitiva
discorrono
fra
di
loro
alla
ricerca
di
un
tempo
perduto
:
«
Ricordi
quando
ci
si
riuniva
qui
,
la
sera
,
a
bere
l
'
ombretta
,
tutti
insieme
tutti
uniti
?
»
.
Uno
dice
:
«
Venti
anni
di
emigrazione
mi
era
costata
la
casa
.
L
'
avevo
appena
finita
la
scorsa
estate
!
»
.
Un
altro
più
anziano
:
«
Quarant
'
anni
sono
andato
all
'
estero
.
Ora
mi
ero
un
po
'
sistemato
».,
sospira
e
aggiunge
con
rabbia
parlando
al
plurale
:
«
Tutte
le
nostre
fatiche
andate
in
malora
»
.
È
facile
registrare
o
leggere
simili
cose
.
Naturalmente
ci
si
commuove
,
si
partecipa
all
'
altrui
smarrimento
.
Ma
proviamo
un
po
'
a
metterci
noi
al
posto
di
questa
gente
,
proviamo
ad
immaginare
di
avere
faticato
nelle
miniere
o
nei
cantieri
edili
dell
'
estero
venti
,
trenta
,
quarant
'
anni
,
per
farci
una
casa
,
con
ore
straordinarie
,
con
la
silicosi
e
vedersi
rubare
la
casa
a
un
tratto
e
pensare
di
aver
perduto
la
giovinezza
,
di
aver
faticato
proprio
per
niente
.
È
una
tragedia
che
sconvolge
.
E
malgrado
ciò
,
questa
gente
è
ancora
tanto
equilibrata
da
discutere
con
calma
.
L
'
essenziale
è
ricominciare
,
come
si
può
,
ma
ricominciare
,
più
in
fretta
possibile
e
con
una
chiara
visione
davanti
.
Tutti
uniti
ancora
perché
almeno
le
consuetudini
e
i
legami
di
una
comunità
non
vadano
dispersi
.
La
proposta
del
consorzio
è
nata
da
queste
esigenze
.
Che
bisogna
rispettare
.
StampaQuotidiana ,
"
Per
un
uomo
è
un
piccolo
passo
,
per
l
'
umanità
un
balzo
gigantesco
"
,
ha
detto
ieri
notte
Neil
Armstrong
al
momento
in
cui
,
uscito
dal
LEM
,
egli
ha
posto
piede
sul
suolo
della
Luna
.
Sono
queste
le
parole
con
cui
egli
ha
soddisfatto
l
'
attesa
di
coloro
che
gli
avevano
chiesto
di
pronunciare
una
"
frase
storica
"
,
che
rimanesse
legata
nella
memoria
dei
posteri
all
'
impresa
del
primo
sbarco
umano
sulla
Luna
.
La
sensazione
generale
,
al
livello
conscio
e
inconscio
,
è
che
qualcosa
di
fondamentale
è
cambiato
nella
nostra
vita
.
"
La
Luna
non
sarà
più
la
stessa
"
intitolava
stamane
un
quotidiano
di
Houston
.
Ma
questo
coglie
solo
un
aspetto
secondario
del
fatto
;
l
'
aspetto
vero
è
che
da
ora
in
poi
la
Terra
non
sarà
più
la
stessa
.
Con
lo
sbarco
lunare
di
Armstrong
e
di
Al
drin
un
'
era
nuova
si
apre
nella
lunga
vicenda
dell
'
homo
sapiens
,
un
'
era
di
cui
non
è
possibile
prevedere
la
configurazione
e
lo
sviluppo
.
Ieri
sera
siamo
"
entrati
nel
futuro
"
,
in
uno
stato
d
'
animo
nel
quale
le
sensazioni
visive
ed
emotive
erano
simili
a
quelle
di
un
film
di
fantascienza
,
in
cui
occorreva
uno
sforzo
logico
di
riflessione
per
ricordare
che
ciò
a
cui
assistevamo
non
era
il
frutto
dell
'
immaginazione
di
un
romanziere
avveniristico
ma
il
prodotto
di
una
realtà
tecnologica
concreta
.
L
'
eccezionale
suspense
che
ha
accompagnato
lo
svolgimento
della
grande
impresa
è
stata
pari
all
'
enorme
portata
storica
di
essa
.
Per
tre
volte
in
ventiquattro
ore
l
'
America
intera
ha
trattenuto
il
fiato
e
ha
temuto
per
il
rischio
mortale
che
l
'
"
ignoto
"
presentava
per
gli
astronauti
;
ieri
pomeriggio
,
al
momento
in
cui
il
LEM
si
è
posato
sulla
Luna
,
ieri
notte
quando
Armstrong
prima
e
Al
drin
dopo
,
sono
usciti
dalla
navicella
e
hanno
camminato
sulla
Luna
,
e
questo
pomeriggio
al
momento
in
cui
il
LEM
ha
riacceso
i
motori
per
ripartire
verso
lo
spazio
.
E
per
tre
volte
l
'
America
ha
lanciato
un
respiro
di
sollievo
quando
ciascuna
delle
tre
difficili
manovre
è
stata
coronata
dal
successo
.
Oggi
,
mentre
ancora
attonito
il
mondo
guarda
indietro
alla
straordinaria
vicenda
,
lo
stato
d
'
animo
degli
Stati
Uniti
vede
intrecciarsi
due
elementi
:
la
fierezza
nazionale
per
un
evento
che
ricompensa
al
tempo
stesso
il
coraggio
di
uno
scelto
gruppo
di
uomini
e
l
'
efficienza
organizzativa
e
tecnica
di
una
intera
società
e
la
speranza
che
l
'
evento
serva
a
stabilire
un
clima
di
pace
e
di
solidarietà
"
planetaria
"
nel
mondo
.
Sono
questi
i
due
sentimenti
che
il
presidente
Nixon
ha
voluto
esprimere
nel
colloquio
televisivo
di
ieri
notte
con
i
due
astronauti
al
momento
in
cui
essi
si
trovavano
sulla
Luna
.
(
Ugo
Stille
)
StampaQuotidiana ,
Belluno
,
19
febbraio
-
Nel
cimitero
di
Sedico
è
stato
sepolto
oggi
il
minatore
Angelo
Casanova
,
accompagnato
all
'
ultima
dimora
da
una
grande
folla
in
lutto
.
Appena
cinque
mesi
fa
la
stessa
folla
aveva
accompagnato
al
medesimo
cimitero
altri
tre
compaesani
,
morti
a
Mattmark
.
Un
dolore
che
si
rinnova
È
un
dolore
che
si
rinnova
per
tragedie
purtroppo
ricorrenti
non
solo
a
Sedico
,
ma
in
tutti
i
paesi
della
provincia
:
non
ce
n
'
è
uno
che
non
abbia
emigranti
all
'
estero
,
soprattutto
nei
luoghi
dove
si
costruiscono
dighe
e
bacini
idroelettrici
.
I
nostri
lavoratori
sono
ormai
specializzati
in
questi
impieghi
:
in
parte
per
la
tradizione
ereditata
dai
padri
minatori
,
in
parte
per
l
'
esperienza
acquisita
nei
loro
paesi
d
'
origine
a
lavorare
nelle
gallerie
per
la
costruzione
dei
numerosi
bacini
idroelettrici
,
realizzati
nel
Bellunese
.
Realizzazioni
grandiose
,
ma
pericolosissime
e
lo
sanno
bene
le
società
costruttrici
tanto
da
preventivare
il
rischio
delle
vite
umane
sul
conto
della
spesa
complessiva
dell
'
opera
.
Quanti
dei
nostri
concittadini
hanno
finito
la
loro
vita
dentro
una
galleria
,
sotto
una
frana
,
o
cadendo
da
una
impalcatura
?
In
appena
venti
anni
certamente
diverse
centinaia
.
È
del
giorno
dopo
la
sciagura
del
Canton
Ticino
la
notizia
pervenuta
dal
Ghana
che
annunciava
la
morte
,
avvenuta
in
seguito
a
una
esplosione
in
galleria
,
di
Angelo
Zangrando
,
da
Perarolo
.
Anche
lui
lavorava
in
un
cantiere
idroelettrico
.
Tre
emigranti
morti
sul
lavoro
in
due
giorni
.
Spesso
la
notizia
di
un
decesso
passa
quasi
inosservata
,
a
meno
che
non
coinvolga
un
gruppo
numeroso
di
vittime
.
Si
sente
dire
che
un
operaio
del
tal
paese
è
morto
all
'
estero
e
la
ribellione
avviene
solo
nell
'
ambito
della
famiglia
interessata
;
spesso
l
'
opinione
pubblica
non
lo
viene
nemmeno
a
sapere
e
anche
quando
ne
ha
notizia
l
'
accetta
come
una
«
fatalità
»
derivata
dalla
condizione
stessa
dell
'
emigrazione
;
dalla
fortuna
o
dalla
sfortuna
personale
di
trovarsi
nel
momento
della
disgrazia
in
un
posto
della
galleria
invece
che
in
un
altro
.
Poche
volte
si
va
al
di
là
di
questo
semplice
ragionamento
anche
perché
la
condizione
dell
'
emigrante
poggia
sulla
leggenda
-
simbolo
del
bravo
e
operoso
lavoratore
che
rende
alla
patria
ed
è
il
benemerito
di
una
vasta
schiera
che
all
'
estero
contribuisce
al
progresso
della
civiltà
.
Commozione
tardiva
Agli
emigranti
che
tornano
si
preparano
d
'
inverno
festose
accoglienze
,
con
messe
,
banchetti
e
discorsi
,
dove
i
deputati
democristiani
hanno
modo
di
commuoversi
per
i
sacrifici
degli
emigranti
,
sperando
nei
voti
futuri
.
Ultimamente
è
nata
perfino
un
'
Associazione
degli
emigranti
,
che
ha
per
fondatori
tutte
le
organizzazioni
cattoliche
e
paragovernative
della
città
,
unite
allo
scopo
di
«
sollevare
»
le
condizioni
di
questi
lavoratori
attraverso
comitati
all
'
estero
e
in
Italia
,
affinché
l
'
emigrante
«
viva
nel
proprio
ambiente
»
e
non
senta
con
troppa
nostalgia
la
lontananza
del
paese
e
della
patria
.
Tra
tutte
le
clausole
inserite
nello
statuto
di
questa
associazione
non
ce
n
'
è
una
che
abbia
l
'
unico
significato
importante
e
umano
per
gli
emigranti
e
cioè
quello
di
farsi
promotrici
di
una
battaglia
concreta
affinché
i
lavoratori
trovino
,
in
quella
patria
sempre
indicata
con
la
iniziale
maiuscola
,
il
necessario
per
vivere
accanto
alla
famiglia
.
Oggi
dietro
la
bara
di
Angelo
Casanova
(
la
salma
dell
'
altro
bellunese
perito
nella
sciagura
del
Canton
Ticino
,
Valerio
Chenet
,
è
stata
sepolta
in
Svizzera
)
pensavamo
a
queste
cose
e
al
veramente
triste
destino
di
questo
operaio
.
Cacciato
dalla
valle
del
Mis
dalla
società
elettrica
che
gli
aveva
espropriato
la
terra
e
la
casa
per
poter
costruire
un
lago
artificiale
,
Angelo
Casanova
ha
finiti
col
morire
all
'
estero
,
nel
cantiere
di
un
'
altra
società
elettrica
,
quasi
che
il
suo
destino
di
uomo
fosse
quello
di
servire
,
fino
alla
morte
,
le
grandi
società
che
nel
mondo
capitalista
agiscono
da
padrone
di
tutto
e
di
tutti
.
Ancora
una
volta
le
autorità
«
ufficiali
»
diranno
di
lui
,
come
hanno
detto
di
tanti
,
che
il
suo
sacrificio
è
stato
utile
al
progresso
.
Come
quello
di
Valerio
Chenet
che
ha
speso
tutta
la
sua
vita
a
fare
l
'
emigrante
.
La
realtà
dell
'
emigrante
verrà
ancora
una
volta
camuffata
dal
pietismo
.
E
gli
emigranti
continueranno
a
morire
soffocati
nelle
gallerie
mentre
le
autorità
italiane
piangeranno
la
loro
sorte
senza
peraltro
adoperarsi
sul
serio
,
fino
in
fondo
,
per
cambiarla
.
StampaQuotidiana ,
Ciò
che
è
avvenuto
lascia
in
tutti
,
io
penso
,
un
sentimento
strano
e
potente
,
che
non
era
previsto
.
Dopo
il
decollo
dalla
Luna
,
il
ricongiungimento
e
il
rientro
dei
due
nella
navicella
principale
,
la
tensione
è
caduta
,
ogni
pauroso
dubbio
è
stato
superato
dalla
forza
degli
uomini
e
dalla
perfezione
delle
macchine
.
Si
può
dire
che
iersera
sia
già
cominciato
il
trionfo
.
Sull
'
altare
della
gloria
tutte
le
iperboli
,
tutti
i
superlativi
,
tutto
il
repertorio
della
nomenclatura
epica
e
apologetica
,
finalmente
usati
a
proposito
,
sono
stati
ormai
bruciati
.
E
ritentarli
qui
ancora
una
volta
sarebbe
vano
.
Nel
cielo
immenso
e
nero
,
rimane
quella
scatoletta
solitaria
con
dentro
i
tre
uomini
,
che
corre
verso
casa
.
La
precisione
pressoché
sovrumana
con
cui
si
è
realizzato
,
parola
per
parola
,
un
programma
che
fino
a
ieri
sembrava
utopia
ci
ha
perfino
risparmiato
gli
spasimi
di
una
vera
suspense
.
Ma
un
rintocco
nuovo
e
fortissimo
riecheggia
,
e
continuerà
a
riecheggiare
per
sempre
,
nell
'
animo
di
chi
ha
visto
:
soltanto
di
chi
ha
visto
la
scena
sullo
schermo
del
televisore
,
poiché
le
fotografie
,
i
film
e
i
resoconti
,
per
quanto
assai
più
perfetti
,
non
riusciranno
a
dare
neppure
un
centesimo
di
quel
brivido
misterioso
.
Dopo
l
'
atterraggio
dell
'
"
Aquila
"
,
che
si
sperava
in
qualche
modo
di
vedere
e
invece
non
si
è
visto
,
la
veglia
,
almeno
qui
in
Italia
,
si
era
fatta
lunga
e
pesante
.
La
discesa
di
Armstrong
sulla
Luna
era
stata
promessa
per
le
ore
tre
.
Poi
si
è
parlato
delle
tre
e
tre
quarti
,
delle
quattro
,
delle
quattro
e
mezzo
.
C
'
è
stato
sì
una
mezzora
di
incertezza
abbastanza
tormentosa
perché
sembrava
che
dalla
Luna
nessuno
più
rispondesse
.
Quindi
i
nervi
si
erano
di
nuovo
afflosciati
,
era
subentrata
una
stanchezza
sudaticcia
,
una
specie
di
opaco
intorpidimento
mentale
,
complici
forse
certe
trasmissioni
di
contorno
per
cui
queste
ore
solenni
minacciavano
di
trasformarsi
in
una
stentata
sagra
,
in
una
"
Canzonissima
"
di
serie
C
.
Quand
'
ecco
,
sullo
schermo
dietro
lo
speaker
,
è
comparsa
una
immagine
nuova
,
un
confuso
intreccio
di
sagome
nere
oscillanti
,
simile
ai
quadri
di
Kline
;
era
,
rovesciato
,
il
primo
piano
della
scaletta
e
dei
tralicci
della
capsula
lunare
,
con
Armstrong
che
scendeva
gradino
per
gradino
lentamente
:
di
per
sé
incomprensibile
.
Eppure
tutti
di
colpo
hanno
capito
,
tutti
,
anche
gli
scettici
,
sono
stati
presi
da
uno
sgomento
sconosciuto
.
Si
è
avuta
la
sensazione
di
essere
passati
oltre
una
porta
fatale
e
proibita
,
di
avere
varcato
una
delle
ultime
frontiere
:
del
mondo
?
della
conoscenza
?
della
vita
?
Come
quando
-
il
paragone
può
suonare
falso
,
lo
so
,
ma
è
tipico
-
durante
una
seduta
spiritica
,
dopo
una
lunga
attesa
,
all
'
improvviso
,
con
energia
selvaggia
,
si
rivela
lo
spirito
,
o
meglio
ciò
che
si
usa
chiamare
spirito
,
e
ai
presenti
par
di
oltrepassare
il
confine
della
comune
esistenza
,
a
contatto
col
regno
delle
ombre
.
Sì
,
Armstrong
e
Aldrin
ci
avevano
portati
in
una
sorta
di
aldilà
che
vedevamo
coi
nostri
occhi
e
in
cui
tuttavia
la
nostra
mente
si
smarriva
.
Sì
,
era
una
visione
simile
a
quelle
degli
iniziati
e
dei
santi
.
Tutto
però
stava
a
dimostrare
che
era
vera
.
E
la
favola
,
il
mito
,
la
poesia
,
anziché
venir
distrutti
dai
"
computers
"
,
dai
transistor
,
dai
sapienti
ordigni
tecnologici
,
rinascevano
in
proporzioni
gigantesche
.
La
sensazione
,
ripeto
,
di
essere
condotti
in
un
aldilà
arcano
,
da
cui
potranno
scendere
,
sulla
Terra
,
smisurate
cose
avvenire
.
Ecco
,
secondo
me
,
il
motivo
della
scossa
viscerale
e
struggente
che
gli
uomini
,
per
la
prima
volta
nella
storia
del
mondo
,
hanno
provato
l
'
altra
notte
alle
ore
4.57
dinanzi
ai
televisori
,
che
non
può
immaginare
chi
non
ha
visto
,
e
che
non
si
ripeterà
mai
più
nel
futuro
.