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> anno_i:[1940 TO 1970}
Formule e sostanza della politica unitaria ( Panzieri Raniero , 1957 )
StampaPeriodica ,
Il contesto delle vicende contingenti , delle occasioni politiche in cui si è verificato negli scorsi mesi il superamento « ufficiale » delle formule e schemi rigidi dell ' unità d ' azione , ha reso difficile , anche per osservatori attenti e spregiudicati , di coglierne il valore politico e ideologico , il significato positivo . Quell ' atto veniva quasi a configurarsi come la chiusura di una parentesi , un « ritorno » ( in particolare ad una autonomia che si presumeva smarrita dal Partito socialista ) , anziché essere considerato come la conclusione , sul piano delle formule e dei simboli , del processo reale di formazione della politica unitaria , il cui contrassegno fondamentale sempre era consistito nel contrasto con una impostazione formale e « diplomatica » dei rapporti tra i due partiti proletari e con la concezione dogmatica del partito che quella impostazione presupponeva . La politica unitaria aveva come nucleo essenziale appunto il superamento della concezione dei partiti operai come formazioni chiuse , portatrici ciascuna di una propria « verità di classe » , depositaria ciascuna di un immobile verbo marxista , cioè il superamento della deformazione dogmatica e burocratica del partito quale rappresentanza ipostatizzata della classe . La negazione di questa concezione metafisica , quasi religiosa , antimarxista del partito proletario significava al tempo stesso affermazione di esso come funzione e strumento della classe , anzi del movimento della classe operaia . Gli equivoci sorti intorno al superamento del patto di unità d ' azione - formula da . sempre contrastante con la sostanza della politica unitaria - hanno impedito che se ne annessero le naturali conseguenze , di un rafforzamento dell ' azione unitaria con una dialettica più agile e non pira formalisticamente impacciata tra i partiti e le organizzazioni operaie , dunque anche mediante un aperto confronto critico degli atteggiamenti e delle idee volti a interpretare le esigenze del movimento reale . Vogliamo cogliere il segno e la possibilità di un nuovo orientamento , di un nuovo rapporto critico tra PSI e PCI rispondente all ' essenza della politica unitaria , in alcuni aspetti dell ' ultima sessione del C.C. comunista . I problemi sottolineati dall ' uscita dal PCI di numerosi intellettuali e lavoratori sono stati riconosciuti , specialmente nella relazione di Giorgio Aprendola , ma si sano manifestate tendenze a individuarne l ' origine nello ammorbidimento della politica e della disciplina . Accenniamo qui a qualche punto che ci sembra meriti una impegnativa discussione . Nella relazione di Amendola , ad esempio , si richiama la necessità di un ' opposizione larga e articolata alla Democrazia Cristiana ma nello stesso tempo si rivolgono alla politica del Partito socialista accuse troppo sommarie di inconseguenza , addirittura in rapporto a presunti possibili accordi post - elettorali con la Democrazia Cristiana : eventualità che la politica socialista , dopo le cadute illusioni di Pralognan , concede soltanto sul piano di una alternativa di classe , di un completo ripudio dell ' indirizzo attuale della Democrazia Cristiana . Nelle relazioni e in quasi tutti gli interventi si fa poi riferimento alla parola d ' ordine del Partito comunista come forza più coerente di opposizione , ecc. ecc . , con il richiamo implicito a una investitura e supremazia stabilita a priori : si evoca così in qualche modo il Partito - guida . Gravi questioni vengono sollevate e finalmente messe a fuoco dal giusto rifiuto dello schema astratto della « lotta su due fronti » nel Partito , schema che presuppone una linea « vera » , sempre in possesso del gruppo dirigente , e in pratica si risolve nel favorire le tendenze conservatrici . Contro quella formula , Amendola ed altri hanno sostenuto che l ' unità del partito si difende e si ottiene sul terreno reale e verificabile della lotta per l ' attuazione della linea politica e hanno respinto le classificazioni di comodo tra revisionisti e settari , intellettuali e operai , ecc. Amendola ha quindi anche proposto di giudicare coloro che sono usciti dal PCI secondo la concreta posizione che ciascuno assume nella lotta di classe . Ma come si conciliano questi importanti riferimenti a una concezione non dogmatica del partito con la ripetizione meccanica , in nessun modo approfondita , della formula del centralismo e della necessità disciplinare ? Né lo sforzo di affermazione di un nuovo quadro « giovane » sostituisce il mancato approfondimento dei problemi del centralismo democratico , della formazione democratica del partito . Intorno a un problema fra tutti fondamentale ci è infine parso particolarmente insufficiente e « cauto » il dibattito , cioè sulla questione del diminuito peso specifico della classe operaia nella lotta politica , per ripetere l ' espressione usata da Togliatti . Il problema è stato collegato a quello delle trasformazioni tecnico - industriali , delle nuove organizzazioni aziendali , ecc . , soltanto per ridurre il significato che la considerazione di questi fenomeni può assumere per una ripresa dell ' azione operaia . Anzi , la valutazione del neo - capitalismo è stata individuata soltanto come base del neo - riformismo . Ma la riaffermazione dell ' autonomia operaia , senza la ricerca di nuove forme di azione e di organizzazione che assicurino la presenza e il controllo operaio nei modi odierni della produzione , resta un richiamo del tutto esterno e sterile .
In picchiata sopra i Vietcong ( Corradi Egisto , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Saigon , luglio - Mi presento all ' ingresso della base di Bien Hoa dieci minuti prima di mezzogiorno , proprio mentre una cinquantina di paracadutisti in esercitazione scende ondeggiando nel cielo a qualche chilometro . Ho portato con me una cinepresa elettrica da otto millimetri , ci tengo a portare a casa un ricordo personale del volo che mi accingo a compiere . Qualche minuto dopo di me arrivano i due operatori della televisione germanica Schalk e Condé ; anch ' essi sono stati avvertiti che il loro volo prenderà il via verso le quattordici . Voleremo dunque noi tre insieme , ognuno a bordo di un diverso apparecchio della medesima squadriglia di Skyraiders . Schalk indossa una tuta grigiazzurra americana da aviatore con gli stemmi del 34° Gruppo , ossia del reparto di cui siamo ospiti . « L ' ho comprata al mercato nero di Saigon » dice scusandosi . Il capitano americano Holsinger ci conduce a prendere un panino alla mensa degli enlisted men e poi , sempre : t bordo di una sua sgangherata camionetta , all ' ufficio operazioni del gruppo , una baracca prefabbricata gelida d ' aria condizionata . Sopra una lavagna c ' è scritto col gesso : « Missione 94213 , partenza ore 14.10 . Posizioni : 1 ) maggiore pilota O ' Gorman , comandante ; 2 ) capitano Graf / Corradi ; 3 ) tenente Georges / Condé ; 4 ) tenente Ford / Schalk » . Quattro Skyraiders , dunque . Entrano il maggiore O ' Gorman e i tre piloti . Il « mio » Roderic Graf , è nato ventotto anni fa a Claremont in California ; avendo compiuto qui nel Vietnam dieci mesi di servizio e quattrocento ore di missione di guerra , tra due mesi rimpatrierà . Venti minuti prima delle quattordici , un ufficiale consegna al comandante O ' Gorman l ' ordine di missione . « A rapporto » dice O ' Gorman . Piloti e giornalisti entriamo in una stanza ancor più refrigerata , ci sediamo di fronte a O ' Gorman che , in piedi dietro un piccolo podio , prende a leggere con voce grave : « Tempo eccezionalmente bello , solo qualche rovescio temporalesco . Obiettivo duecentodue miglia a sud - ovest di Bien Hon , al confine tra le province di Bac Lieu e Ba Xuyen . Carta : quadretto BF-432 . Da stamane è in corso un ' azione contro il battaglione Vietcong che ha il nome di battaglione " Dynamic " . Le ultime missioni di un ' ora fa sono state fatte segno a fuoco di mitragliatrici antiaeree . Volo di andata cinquanta minuti , venti minuti sugli obiettivi , volo di ritorno cinquanta minuti . Munizionamento : ogni apparecchio quattordici bombe dirompenti da duecentosessanta libbre . Sganciamento su ordine del FAC » . I1 FAC ( Forward Air Command ) è l ' ufficiale che da terra , sul luogo del combattimento , fornirà le indicazioni per l ' individuazione dei bersagli e darà , lui , l ' ordine di sgancio . O ' Gorman dà altre indicazioni tecniche , a lungo e minuziosamente . « Occorrono chiarimenti ? » domanda . Nessun chiarimento . « Regolare gli orologi » conclude , « tra dieci secondi saranno esattamente le tredici e cinquantasei . Meno cinque , meno quattro , meno tre , meno due . Tredici e cinquantasei . Agli apparecchi . » Roderic Graf mi spiega che al momento dell ' attacco voleremo alla quota di duemilacinquecento piedi e che picchieremo per mille o milleduecento piedi con una inclinazione che non supererà di molto i quaranta gradi . Le bombe potranno essere sganciate , secondo l ' ordine che verrà , tutte quante insieme o anche una sola per picchiata . « Sempre » dice Graf « che durante il volo non veniamo dirottati su altri obiettivi . Può capitare . » Stiamo per lasciare la sala dei briefings , quand ' ecco entrare un colonnello con scritto sul giubbotto « Knight » , un cognome che non dimenticherò per un bel pezzo . Knight ha in mano una lattina di birra , ne beve un sorso e dice , scandendo una parola ogni due o tre secondi : « Ho il dovere di avvertire i giornalisti che la situazione sull ' obiettivo si va aggravando . Poco fa alcuni nostri apparecchi sono stati colpiti da mitragliatrici antiaeree Vietcong » . Ho un tuffo al cuore . « Per questa ragione » continua tetro dopo essersi portato un ' altra volta la lattina alla bocca « vorrei consigliare loro di non partire con questa missione ed attenderne un ' altra che si prospetti meno pericolosa , tra qualche ora . Io avverto , dicano loro se vogliono partire o rimandare . » « Parto » dice Schalk , « Parto » dice rauco Condé . Immaginarsi se dei giovani tedeschi come Schalk e Condé potrebbero rispondere di no . Immaginarsi , sentiti i tedeschi , cosa posso rispondere io . « Grazie . Parto » dico . La testa mi bolle . Paracadute , panciotti , salvagente e caschi sono sulla rastrelliera dov ' erano stati messi ieri con i nostri nomi . Firmiamo , al momento di ritirarli , un foglio a stampa con il quale esimiamo tutti i governi passati , presenti e futuri degli USA , e tutti i ministeri e l ' aviazione e la marina e l ' esercito e chissà chi altri da qualsiasi responsabilità penale , civile , morale e materiale che possa derivare dal volo . Dentro un furgone , con i piloti che scherzano sulla convenienza di tornare a dormire stasera in branda a Bien Hoa piuttosto che non in qualche risaia piena di zanzare , arriviamo ai limiti di una grandissima piattaforma . Tutt ' intorno è pieno di Skyraiders , in parte con le ali ripiegate all ' insù a occupare meno spazio . Sul cemento il calore è di fornace , insopportabile . Graf ed io scendiamo a pochi passi dal nostro apparecchio . È bianco argento come tutti gli altri , con dei baffi di fumo di scappamento lungo la corta e tozza fusoliera . Le quattordici bombe dirompenti da centoventi chili l ' una sono già fissate sotto le ali , sette da una parte e sette dall ' altra . Dall ' ogiva di ogni bomba parte , puntato in avanti , un tubo grosso poco più di una canna da bicicletta e lungo un metro e mezzo . « I tubi » mi spiega Graf mentre riempiono di benzina il serbatoio supplementare a siluro « sono collegati alle spolette . » Queste orrende bombe che vedo sono dunque bombe adattate , bombe da risaia , o stagno , o terra molle di fango . Senza tubi , queste bombe scoppierebbero dentro l ' acqua o il terriccio , farebbero un cratere e pochi danni ; con i tubi che si conficcano , invece , le bombe scoppiano in superficie o a mezzo metro da terra , migliaia di schegge per chiunque vi sia attorno . Indosso panciotto e giberne di salvataggio , salgo a bordo , m ' infilo a fatica nello strettissimo pozzo del mio seggiolino . Holsinger , in piedi sull ' ala , mi aiuta a indossare il paracadute . Poi un aviere mi stringe inguini e spalle e vita con una braca di canapa , un altro ancora mi mette un collare dal quale esce , sotto la nuca , il cavetto d ' acciaio di sicurezza del paracadute . Sono pronto . « OK » dico a Graf congiungendo pollice e indice . Il motore viene avviato , lo Skyraider rulla . Salvo le braccia e le gambe dal ginocchio in giù , sono del tutto immobilizzato , inchiodato all ' apparecchio . Per tre o quattro secondi cerco e non trovo , sgomento , la maniglia di apertura del paracadute . Vedo allora Graf sorridere e sento la sua voce rimbombare dentro il mio casco : « Non si preoccupi . Se occorrerà buttarsi le farò segno io , l ' aiuterò » . « Mango Tree , Mango Tree » sento ancora dentro il casco . « Mango Tree » è il nominativo radio della nostra squadriglia . Tutto motore , filiamo sulla pista cento metri dietro l ' apparecchio del comandante O ' Gorman . Ci solleviamo , nell ' abitacolo entra una deliziosa aria fresca . Di colpo , inaspettatamente , mi sento del tutto tranquillo , senza la più microscopica ombra di paura . Voliamo in formazione di due apparecchi davanti alla pari e due dietro , un po ' più distanti tra loro . Quando gli Skyraiders si avvicinano , a dieci o quindici metri , premo il bottone della cinepresa . Poi metto una bobina nuova , dovrà essere pronta per il gran momento . Dopo cinquanta minuti arriviamo nella zona degli obiettivi e giriamo intorno a cerchio volando sugli ottomila piedi di quota . Sento la voce di O ' Gorman nel casco : « Sugli obiettivi è in corso un ' azione di F-104 . Aspettare volando in circuito dietro di me » . « Non potremo arrivare a sganciare prima delle 15.45» commenta Graf . Sotto di noi , contro lo sfondo verde giada delle risaie , vedo guizzare come se fosse raso terra la sagoma nera di un F-104 , poi le ali rettangolari e bianche di due ricognitori Mohawks che sembrano immobili , poi tre o quattro elicotteri che pare volino di sghimbescio portati via dal vento . Qui e là qualche fumo di esplosione . Ora ci siamo allontanati e voliamo in tondo su terra e mare , facciamo sei , otto , dieci giri su paludi sterminate e risaie verdi e la striscia color caffelatte lungo la costa e il mare di Cina azzurro . Beviamo del tè da una borraccia , è gelato . Finalmente Graf mi fa segno che si va . Nel casco risuona una voce nuova , dolce e pastosa . È dell ' ufficiale del IFAC . « Roger , sta bene » risponde più volte Graf . Filiamo in leggera picchiata in direzione di un massiccio fronte temporalesco , in fila indiana , come falchi . Davanti è lo Skyraider di O ' Gorman , secondo il nostro . L ' altimetro a orologio gira velocissimo a rovescio . Seimila piedi , cinquemila , quattromila , tremila , duemilacinquecento , duemilatrecento . Vedo un fumo nero con dentro dei punti incandescenti levarsi dal bordo di una risaia , vicino ad un gruppo di capanne , due delle quali ardono , e poco oltre , già profondo sotto di noi , lo Skyraider di O ' Gorman guizzare via e poi stagliarsi contro l ' orizzonte lontanissimo . Noto che il mio Skyraider si piega sul fianco sinistro , vedo la lancetta dell ' indicatore di sbandamento in posizione perfettamente verticale , entriamo per un attimo in una nube , il parabrezza si riga di rapidissimi rivoli di pioggia . " A questo sbandamento resisto bene " penso compiaciuto . Ma ho appena il tempo di pensarlo che sento un peso enorme premermi sulla sinistra , testa e corpo . Capisco che stiamo picchiando , cerco di alzare la cinepresa che ho tra le ginocchia . È diventata straordinariamente greve , riesco a sollevarla soltanto di due dita . Poi mi sento schiacciare contro il seggiolino e vedo cielo e risaie e nubi e fumo mescolarmisi davanti agli occhi come se fossi dentro un caleidoscopio furiosamente scosso . Graf mi guarda , ora voliamo lisci e senza scosse già alti sul circuito . « OK » gli dico . Invece che sette , i tubi delle bombe sporgenti sotto l ' ala sinistra sono ora sei , ne abbiamo scaricate due . Torniamo verso il fronte temporalesco , verso i fumi che fiammeggiano . Per impedire che succeda come al primo tuffo , pongo la cinepresa sopra il cruscotto , proprio vicino al plexiglas , il pollice sul tasto . " Qualcosa verrà pur fotografato " rifletto . Durante la picchiata stringo i denti , le braccia tese nello sforzo di protendere la cinepresa . Stavolta vedo la destra inguantata di Graf spostare la leva dello sgancio e tornare alla cloche . Alla terza picchiata piombiamo dentro un arcobaleno scintillante , la cabina si riempie di una vivida luce rosa azzurra . Poi la quarta picchiata , poi la quinta , poi la sesta . Il rombo ed il frastuono sono tali che non si sentirebbero né raffiche di mitraglia e forse nemmeno cannonate ; se si fosse colpiti sarebbe questione di dieci secondi o anche meno , finito tutto . Tra la sesta e la settima picchiata , Graf mi mostra con la mano i resti di un bianco Mohawk da ricognizione che bruciano dentro un bosco sprigionando un fumo giallo . Alla fine dell ' ultima picchiata vengo preso da una leggera nausea . « OK » dico un po ' meno saldo . Graf mi batte affettuoso una mano sulla spalla . Siamo rimasti sull ' obiettivo una dozzina di minuti . Rotta di ritorno . Penso che non ho visto né Vietcong né comunque figure umane vicino o sotto i punti bombardati . « Nemmeno io » dice Graf . « Però è chiaro che sotto gli attacchi si nascondono come possono , cercano di mimetizzarsi anche quelli che tirano con le mitragliatrici contraeree . Fino a dieci minuti prima del nostro sgancio , le mitragliatrici antiaeree sparavano ; sono stati gli F104 a farle tacere , forse a spazzarle via . » Voliamo sopra Saigon , ci abbassiamo su Bien Hoa . Quando atterriamo sono le diciassette , il nostro volo è durato due ore e cinquanta minuti . Rientrato a Saigon , la sera , leggo il bollettino della giornata . L ' operazione di Bac Lieu è la più importante tra quelle di domenica 4 luglio . « Il battaglione Vietcong " Dynamic " è stato impegnato a fondo da unità vietnamite . Apparecchi statunitensi sono intervenuti con sessantacinque uscite ... I ricognitori hanno stimato in settanta le perdite Vietcong ... Un ricognitore Mohawk è stato abbattuto , il pilota è deceduto ... La battaglia continua . » Il giorno dopo , lunedì , leggo : « Battaglia continuata con intervento aviazione , sono state effettuate ottantuno uscite ... Advisors statunitensi hanno oggi contato sul terreno duecentododici morti . Sono stati inoltre fatti diciannove prigionieri e catturati due mortai , una mitragliatrice contraerea , tre treppiedi per contraerea , varie armi individuali . Le forze vietnamite hanno avuto tredici morti e trenta feriti . Due piloti statunitensi di elicotteri sono rimasti feriti » .
StampaQuotidiana ,
Belluno - Arrivare ad Erto di notte in questo periodo dell ' anno , col vento che soffia e la luna - come quella sera - che illumina l ' immobile paesaggio della frana del Toc , serpeggiato da stradine tracciate sulla sabbia , fa l ' impressione di entrare in un mondo di fantasmi , le cui porte si aprono all ' altezza della diga del Vajont . O forse ancora prima , a Fortogna , sulla strada di Alemagna . La vallata del Vajont non è cambiata dalla notte della tragedia . È stato detto ormai tante volte , ma bisogna ripeterlo , gridarlo , perché chi porta la responsabilità del « dopo » non si lamenti se qualcosa succede da queste parti , in questo villaggio di fronte al Toc , dove 104 famiglie , oltre 300 persone , vivono ormai da anni un ritorno al paese che ha il significato della protesta . Un ritorno che è stato amaro , ma assai meno umiliante della carità di un affitto in casa altrui , a Cimolais o Claut , quando una casa propria esisteva nel vecchio villaggio , disabitata e in preda di topi . Trecento persone che non hanno creduto e non credono alle promesse di ministri e di « autorità responsabili » . Alla luce della realtà esistente , quelli che allora sono ritornati ad Erto contro la legge che li aveva scacciati , e che ci vivono tuttora in un isolamento che soltanto una testarda volontà può sopportare , dimostrano polemicamente di aver avuto ragione sul futuro della comunità . Non è sorto niente , infatti , in nessun luogo , che possa dare adito a speranze , che tanti ertani del resto credevano realizzabili a Maniago , per esempio . Non è sorta ancora nessuna casa , tranne le fondamenta della solita fatidica prima pietra in quella landa , espropriata per pochi soldi ai contadini locali per essere trasformata nel nuovo paese di Erto a valle . L ' Erto a monte , a quota 830 , per quelli che avevano scelto di rimanere nella valle del Vajont , è anch ' esso una speranza ormai abbandonata da chi ci credeva . Sostenere ancora queste illusioni è lecito ? È possibile , è giusto - la domanda è da porsi - alimentare speranze che dopo tre anni e mezzo sono ancora soltanto segni sulla carta ? E differentemente , come pensa il Governo di sistemare la comunità ? * * * Lo Stato ha speso per gli ertani , dal 9 ottobre 1963 ad oggi , oltre tre miliardi di sussidi . Di lavoro sul posto non ce n ' è ; andare all ' estero significa abbandonare la cura di interessi familiari , una necessità creata dalla tragedia e che nessuno ha ancora risolto . È più facile , oltretutto , scegliere la via sulla quali li ha istradati il governo : sussidio a tempo indeterminato . È un risultato voluto dai governanti . Con tre miliardi si poteva ricostruire , o quasi , un piccolo paese come Erto . Allora , per quale determinazione , per quale assurdo disegno si è preferito disgregare una comunità , mettere i suoi abitanti gli uni contro gli altri , perseguitare chi non crede più alle promesse , in definitiva creare dei ribelli al posto degli uomini che un tempo coltivavano questa valle con pazienza e sacrificio ? * * * All ' imbocco del paese di Erto , all ' altezza del cimitero , c ' è un cartello che vieta il transito causa il terreno franoso . Il divieto dura fino alla piazzetta , che un tempo non aveva nome essendo l ' unica piazza del paese che dopo il Vajont è stata intitolata «9 ottobre » . Tra la piazza e il cimitero le case sono abitate . Sulla strada è vietato passare , ma non è vietato agli ertani abitare in quella zona dove si asserisce esservi pericolo . Non è vietato celebrare le funzioni religiose nella chiesa - il prete arriva una volta ogni tanto - situata dentro il perimetro franoso . Ricercare una logica negli avvenimenti del Vajont , di prima , di dopo , di adesso , è come ricercare un ago in un pagliaio . Nei giorni prima della tragedia si era imposto agli ertani di sfollare le bestie della zona del Toc , ma non la gente . Adesso si fa altrettanto , si blocca la strada , ma ci si può abitare sopra . Qualche ertano ride amaramente , qualche altro si infuria . Ben presto il cartello scompare . Arrivano i carabinieri e vanno difilati da un membro del comitato locale , che per non avere peli sulla lingua è considerato il più « sovversivo » di tutti . Lo tirano fuori di casa e gli chiedono : « Chi è stato ad asportare il cartello ? » . E lui risponde rivolgendo alla forza pubblica un ' altra domanda : « Chi è stato ad ammazzarmi la famiglia ? » . Malgrado la vita da primitivi che sono costretti a fare , questi ertani serbano ancora una logica invidiabile . Chi è stato , infatti , a provocare la tragedia ? Ancora ufficialmente non si sa . Ogni piccola cosa che succede , anche la rivendicazione di un diritto normale da parte di coloro che abitano il vecchio paese , è vista come una sollevazione . Gli ertani sono pedinati se escono dal paese , se vanno in montagna , se si riuniscono ; sorvegliati come confinati . E confinati lo sono , anche se volontari . La sensibilità delle autorità non arriva a comprendere lo stato d ' animo , la psicologia che si è creata in questa gente , distrutta , rovinata , prima dal monopolio elettrico , poi dall ' incapacità dei pubblici poteri . Per ogni cosa che accade , gli ertani sono chiamati a Cimolais dai carabinieri . Frasi come : « Questa volta ti sbatto dentro » sono all ' ordine del giorno . « Siamo trattati come delinquenti , dopo che ci hanno ridotti in questo stato . La colpa è ancora nostra , capisci ? » . * * * Quella sera era il venerdì santo . Un tempo , per tradizione popolare , veniva realizzata una bellissima passione di Cristo . Quest ' anno la tradizione non è stata rispettata , e sarebbe stata una notte adatta , col vento che ululava nella valle sotto lo splendore di una luna che illuminava la parete bianca del Toc , la sua enorme ferita lasciata dalla montagna precipitata dentro il lago . In chiesa si celebrava la funzione religiosa , ma l ' unica osteria del paese era piena di gente e parlare di qualcosa che avesse attinenza con i problemi del Vajont era come accendere una miccia . Perciò uscimmo con un gruppo , che poi s ' ingrossò dentro l ' abitazione di uno di quei « desperes » . Disperati di tutto e per tutto . Si parlò a lungo , di case , di persone , della politica . Un ex socialista ci disse : « Qui hanno restituito 140 tessere del PSU per protesta . I socialisti sono al governo e ci lasciano in queste condizioni » . « Ma cosa avete intenzione di fare per smuovere le acque stantie dell ' indifferenza o quanto meno della lentezza con cui si affrontano i vostri problemi ? » . Ormai gli ertani sono diventati sospettosi di tutti , stentano ad esprimere le loro intenzioni per paura che qualcuno faccia la spia alle autorità o al sindaco , che non va mai a visitarli ad Erto . « Stai pur sicura che qualcosa faremo , ormai ci hanno preso in giro fin troppo » . Ma non dicono cosa . Anche questi misteri sono perfettamente intonati all ' ambiente . Sulla strada del ritorno , caracollando con la macchina sopra la frana del Toc - un gran canyon che attraversa la valle del Vajont per diversi chilometri - ci sembrava di essere stati dentro un incubo assurdo , come nei sogni . Soltanto che dai sogni ci si risveglia rallegrandoci di riaffiorare in una diversa realtà . Quelli di Erto il loro incubo lo vivono da tre anni e passa , e se da esso non li si fa uscire presto , rischiano di non essere più recuperabili per una vita diversa
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Belluno , 9 aprile . - Cinque operai bellunesi morti assieme sotto una valanga di neve è una notizia sconvolgente e drammatica anche per la popolazione di una provincia abituata da secoli a stare col cuore sospeso , sempre in attesa di qualche dolorosa notizia dai cantieri all ' estero e delle altre province italiane , dove la manodopera bellunese è più che di casa . Qui , in queste zone di emigrazione , quando un lutto colpisce una famiglia , l ' intera comunità si sente partecipe della disgrazia . « È capitato a te , ma potrebbe essere capitato a me » , è una frase che qualche volta si dice ma che più spesso si indovina , soprattutto nel muto linguaggio delle donne degli emigrati , madri e spose accomunate per anni dallo stesso tarlo doloroso delle lunghe separazioni dai mariti e dai figli ; dalla paura di sciagure , e purtroppo dalla speranza che non succedano , e infine dall ' attesa spasmodica del loro ritorno stagionale . E così , domani o dopodomani , altri cinque lavoratori torneranno alle proprie case , ma dentro una bara . Sono i cinque bellunesi ghermiti ieri dalla « morte bianca » in Valle Aurina , un luogo a quattro passi da casa , dove erano contenti di essere andati a lavorare , avvezzi com ' erano quasi tutti all ' emigrazione in terre lontane . Le loro famiglie , alcune delle quali hanno appreso la notizia dai giornali , sono piombate nella disperazione . Non abbiamo fatto gli sciacalli in cerca di notizie intime ; abbiamo rispettato il dolore delle famiglie . Ma abbiamo parlato con amici e conoscenti delle vittime nei loro paesi d ' origine . E ancora una volta , come purtroppo molto spesso è avvenuto , le conversazioni hanno illustrato la solita triste condizione di una provincia senza lavoro , che costringe i propri abitanti a vere odissee , sballottandoli in giro per il mondo in nome di una civiltà tanto decantata dai nostri governi ma tanto lontana dai bisogni degli uomini . Ecco il paese di Vito Lise , anni 38 , capo minatore , e di Angelo De Zanet , di 35 anni : Sospirolo . Quattromila abitanti , il 90 percento degli uomini validi emigrati . Registra la percentuale più alta in tutta la provincia di silicotici . Anche Vito Lise , il capo minatore , travolto dalla valanga , aveva ormai girato , a trentotto anni , mezzo mondo : la Svizzera , il Congo , l ' Argentina , il Venezuela . Quando tornava reclutava altre persone del villaggio di San Zenon , dove abitava , ed esse gliene erano grate . Andavano volentieri con lui , lo stimavano per la sua serietà e preparazione professionale . Era figlio di minatore . Suo padre è attualmente all ' ospedale con la silicosi . Con lui in valle Aurina c ' erano altri due fratelli ; uno si è salvato per caso dalla valanga . Angelo De Zanet , pure lui da San Zenon , faceva parte di una schiera di cinque fratelli , che sono tutti emigrati . Lui aveva conosciuto tutte le miniere di ferro e di carbone della Germania . Questo è il paese di Sospirolo , dove oggi una terza famiglia di emigrati è in lutto . L ' operaio Francesco Viel , di 53 anni , è deceduto di sincope in un cantiere della Svizzera . Trichiana , Longarone , San Gregorio nelle Alpi , i paesi degli altri tre operai deceduti in valle Aurina , presentano le stesse caratteristiche . Tre - quattromila abitanti , un migliaio di emigrati . Giovanni De Bastian , di Trichiana , era figlio unico . Sua madre non fa che ripetere , pazza di dolore : « Chissà quante volte avrà chiamato aiuto prima di morire » . Nessuno riesce a convincerla che suo figlio è morto sull ' istante . Di Antonio Bristot , da Longarone , le donne della frazione di Pirago , dove abitava con la famiglia , assicurano tutte « che era un grandissimo lavoratore » . È il massimo omaggio che le genti di montagna possono rivolgere a un morto . La quinta delle vittime , Renato Bulz , da San Gregorio nelle Alpi , era il più giovane : diciassette anni appena . Un ' età in cui non si è ancora uomini per le leggi dello Stato ma purtroppo si è considerati uomini da sfruttare sul piano fisico e produttivo . L ' elenco delle vittime sul lavoro si allunga così anno dopo anno , accanto alle località dove avvengono le sciagure , che restano impresse per sempre nella memoria delle famiglie degli emigranti bellunesi . Non importa se le disgrazie avvengono in Italia o all ' estero , se la località si chiama Marchinelle , Zermatt o Valle Aurina . Esse significano comunque sempre sofferenze e dolore per le famiglie dei trentasettemila emigrati bellunesi e richiamano alle loro gravi responsabilità i governanti italiani , che mai hanno voluto prendere in seria considerazione il problema delle zone di emigrazione , salvo che sul piano dei discorsi e delle promesse , specialmente nei periodi delle varie campagne elettorali .
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Belluno , 22 gennaio . - A Carassagno D ' Arsiè trentaquattro persone continuano lo sciopero a rovescio , per la costruzione della strada che colleghi la frazione al capoluogo . Il loro gesto continua ad avere la solidarietà della stampa e perfino della radio , che oggi ha trasmesso nel notiziario veneto un servizio registrato sul luogo . Le uniche persone che ancora non si sono mosse sono le autorità comunali , provinciali e centrali , alle quali erano state inoltrare petizioni e telegrammi , il tutto rimasto ancora senza risposta . Il sindaco se ne lava le mani con la scusa che non ci sono soldi e quindi la questione deve essere risolta dal centro . Ciò può essere vero , ma lui , come prima autorità del Comune , cosa fa per far intervenire o sollecitare ad intervenire le autorità centrali ? E il prefetto , al quale era stata inoltrata una petizione firmata da coloro che hanno dato inizio ai lavori , il prefetto , che rappresenta il governo centrale , cosa ha fatto per venire in aiuto di questa gente che è sotto la sua giurisdizione ? E il ministro Bertinelli , informato con un telegramma di quanto sta accadendo a Carassagno ? Silenzio su tutto il fronte della Democrazia cristiana e del governo . Intanto , quelli di Carassagno continuano a dodici giorni la loro azione di protesta , proseguendo i lavori di sterro perché la loro strada la vogliono veder fatta . Sono decisi ad andare fino in fondo , e dopo qualcuno dovrà pure pagare il lavoro fatto . « Perché avete dato inizio ai lavori ? » . A questa domanda dei radio - intervistatori hanno risposto diversi protagonisti dello sciopero a rovescio . « Perché non crediamo più alle promesse » ; « Perché la strada è il principale elemento di civiltà » ; « Per non restare più isolati dal mondo » ; « Per poterci recare dal medico e in farmacia » . Una donna che partecipa allo sciopero , ha risposto : « Domani una ragazza della frazione di sposa e deve fare a piedi venti chilometri per recarsi in chiesa » . Tutti gli abitanti del villaggio hanno un loro validissimo motivo per volere la strada , un motivo che ha trovato nella solidarietà di ognuno di loro il coraggio di diventare forza ed unità e di dare avvio ai lavori che non interromperanno , fino a quando le autorità competenti non manifestino concretamente la volontà di realizzare l ' opera tanto necessaria . Pensiamo alla giovane sposa di Carassagno , che nella giornata più bella della sua vita , è costretta a percorrere infreddolita il lungo sentiero infangato , senza l ' ausilio di un mezzo necessario . Le provviste per il pranzo di nozze dovranno essere portate a spalle dai Boldi , l ' acqua per cuocerle dovrà essere attinta e trasportata a spalla dai Boldi , una borgata a tre - quattro chilometri da Carassagno , dove c ' è l ' unico acquedotto di tutta la zona , rappresentato da un lungo e rattoppato tubo di gomma che , sospeso per aria sopra il torrente , attraversa la valle da un versante all ' altro , e riversa il suo prezioso liquido in un mastello posto a fianco della carreggiata . È l ' unica « moderna » opera pubblica fatta dall ' Amministrazione comunale , tranne la scuoletta dei Boldi , che però è chiusa , essendo stata costruita troppo distante dal luogo dove sono i bambini in età scolastica .
L'uomo è sulla Luna ( - , 1969 )
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Il più fantastico viaggio , l ' avventura più grande , il sogno più impossibile di generazioni di poeti , di scienziati , di uomini comuni come tutti noi , si è compiuto . Alle 22.17'40'' ( ora italiana di oggi 20 luglio 1969 ) Neil Armstrong e Aldrin , in rappresentanza di tutti gli abitanti della Terra , a bordo della loro meravigliosa " Aquila " hanno toccato il suolo della Luna , un corpo extra - terrestre lontano dal nostro pianeta 384 mila chilometri . Ne ha dato l ' annuncio Armstrong , senza tradire la minima emozione , con queste parole : " L ' Aquila è atterrata " . Indescrivibile ciò che è avvenuto qui : per la emozione , la gioia , l ' entusiasmo di una conquista che è di tutta l ' umanità . Si era spenta appena l ' eco delle parole di Armstrong che si è udita la voce di Aldrin , anch ' essa quasi priva di emozione : " Atterraggio molto tranquillo " . Impossibile dire la tensione , l ' emozione , la febbre che ci ha assaliti tutti qui , al Centro di controllo di Houston , mentre i secondi scanditi sui quadranti luminosi passavano uno dopo l ' altro per segnare il conto alla rovescia del momento in cui il retrorazzo dell ' " Aquila " si è acceso a quello in cui le solide zampe del veicolo si sono posate con un sobbalzo nella desolata landa del Mare della Tranquillità . Meno 59 ... 57 ... 55 ... ecco , ora la poderosa fiamma del razzo frenante lambisce già le grige rocce seleniche . Il veicolo caracolla un po ' , mentre i piccoli razzi latitudinali provvedono a mantenerlo in perfetto assetto . Infine si posa . Armstrong e Aldrin sono in piedi ai comandi . Li sentiamo . Per quanto la loro voce si mantenga fredda e quasi monotona , avvertiamo la loro commozione più che udire le loro parole che sono poche e non si distaccano dal gergo tecnico . D ' altra parte troppo importanti troppo delicate , troppo precise debbono essere le operazioni da compiere perché possano lasciarsi andare a considerazioni descrittive o sentimentali . Se le sono riservate per il momento in cui tra poco scenderanno a piedi a camminare sulla Luna . Intanto però descrivono il luogo dove sono atterrati , ma brevemente " perché - dice Armstrong - avremo parecchio da fare per qualche momento " . Il comandante aggiunge : " Siamo su un suolo roccioso , in una zona relativamente pianeggiante con crateri larghi dai 2 ai 17 metri . Vediamo delle alture . E vi sono piccoli crateri di 30 o 60 centimetri a migliaia . Possiamo anche vedere una collina davanti a noi . È difficile calcolare ma penso che sia a circa 800 metri o un chilometro e mezzo da noi " . È intervenuto Aldrin : " Sembra una vera e propria collezione di rocce di ogni tipo immaginabile , alcune ovoidali . Il panorama non offre colori molto vivi , ad eccezione di alcune rocce con colori interessanti " . Quanto agli effetti della gravità lunare che è soltanto un sesto di quella della Terra , Armstrong ha detto : " E ' come essere in un aeroplano " ed ha aggiunto di non trovare alcuna difficoltà nell ' adattarvisi . Entrambi gli astronauti appaiono calmi e per nulla emozionati . " Vi sono molti visi sorridenti qui e in tutto il mondo " ha detto il centro spaziale . " Ve ne sono due anche qui da noi " ha risposto Armstrong . " Vorrei una birra " ha detto Aldrin . " La troverai al ritorno " gli è stato risposto . Il controllo a terra di Houston ha segnalato nel frattempo un dato essenziale per la riuscita dell ' impresa : l ' inclinazione dell ' " Aquila " sulla superficie è di poco più di quattro gradi . Come è noto una inclinazione superiore ai 12 gradi avrebbe segnato la fine degli astronauti perché la sezione di ascesa del modulo non avrebbe potuto funzionare regolarmente . Poco dopo lo stesso Armstrong ha confermato la misurazione effettuata da Terra . Il centro di controllo ha subito cominciato a rivolgere i suoi messaggi ad " Aquila " chiamandolo " Base Tranquillità " . Nel descrivere l ' ultima fase della discesa Armstrong ha detto che il sistema di guida automatica stava conducendo il veicolo lunare in una zona di crateri " della grandezza di un campo da football " . Egli aveva quindi assunto il controllo manuale dell ' operazione di discesa per individuare una zona abbastanza liscia per l ' atterraggio . Dalle 4.40 alle 4.56 si è svolta , sotto gli occhi dei telespettatori di tutto il mondo , la fase emozionante dei primi passi dell ' uomo sulla Luna . Armstrong , aperto il portello , è rimasto per qualche minuto sulla passerella esterna . Le istruzioni erano infatti quelle di comunicare a Terra le sue prime sensazioni sull ' ambiente lunare . Lo si è visto muovere con grande cautela un piede e poi posarlo al suolo . Contemporaneamente le comunicazioni erano ridiventate buone . La passeggiata sulla Luna è incominciata esattamente alle 4.57 . Poco prima di fare quello storico passo , Armstrong , confermando la sua calma e il suo senso dell ' umorismo , aveva detto : " Ora incomincia la ginnastica " . Alle 4.40 Neil Armstrong ha aperto il portello dell ' " Aquila " per scendere sul suolo lunare . Per gli astronauti le manovre preparatorie della sortita dal veicolo lunare si sono rivelate più complesse e lunghe del previsto . Prima di poter uscire dall ' " Aquila " , Armstrong e Aldrin hanno dovuto indossare le speciali tute , provvedere a depressurizzare l ' interno dell ' " Aquila " : ciò allo scopo di poter impunemente sortire nell ' ambiente lunare dove la pressione , mancando l ' atmosfera , è zero . Le comunicazioni verbali fra Houston e l ' " Aquila " sono state difficoltose : a volte eccellenti , a volte mediocri . Il ritardo , come si è poi appreso dal centro di controllo , è dovuto per l ' appunto all ' operazione di depressurizzazione della cabina , la quale si è svolta sotto la sorveglianza di Houston . Ad un certo punto fra la Terra e la Luna sono state scambiate le seguenti battute : " Ci vuole un certo tempo per questa operazione " . " Certo che ci vuole " è stata la pacata risposta giunta dal satellite della Terra . Finalmente alle 4 e 40 italiane precise , Houston ha dato l ' autorizzazione di aprire il portello e Armstrong ha obbedito . I primi minuti dei cosmonauti sulla Luna sono stati di grande trepidazione e poco ciarlieri . Gli " uomini lunari " hanno approntato a velocità vertiginosa tutti gli apparati per una eventuale partenza frettolosa dalla Luna , se necessaria . Ma passato il tempo prefissato per un anticipato ritorno , i due hanno cominciato a riposarsi per il momento in cui usciranno dall ' " Aquila " e scenderanno sul suolo lunare . Collins quando ha sorvolato la zona dell ' atterraggio ha inviato le sue congratulazioni ai colleghi . Mentre scriviamo , Armstrong e Aldrin stanno procedendo alle più accurate verifiche della loro formidabile macchina . Debbono tenerla nelle condizioni di partenza in qualunque momento fosse necessario . Le verifiche e i controlli sono stati tanto più necessari in quanto , come si ricorderà , c ' era stato un piccolo guasto ad una valvola di pressurizzazione dell ' azoto liquido . Domani , al momento della partenza , saranno impiegati tutti i sistemi , sia quello di riserva , sia quello difettoso .
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Belluno , 7 gennaio - California è un paese che un tempo esisteva , lindo , colmo di vegetazione , posto in fondo alla valle del Mis , dove vivevano una cinquantina di famiglie che si erano costruite la casa dopo tanti anni di miniera e di emigrazione . C ' era pure un albergo , messo su da tre intraprendenti fratelli , dove d ' estate si era affermato un « turismo minore » fatto da chi intende la villeggiatura come un riposo dello spirito . California è un nome inconsueto da queste parti ; chissà , forse , la zona che abbraccia diversi villaggi abbarbicati sui costoni delle montagne era stata così denominata da qualche emigrante tornato dall ' America ; o da qualche solitario escursionista che di fronte alle bellezze dei boschi , delle acque un tempo chiarissime dei torrenti , gli sarà venuto spontaneo alle labbra quel nome prestigioso , in una esclamazione di stupore , di ammirazione . Sta di fatto che un nome così non era sprecato per il luogo , reso in questi ultimi anni confortevole dalle case sorte tutte intorno , con i fiori ai davanzali , gerani rossi che spiccavano come grappoli di ciliege mature sullo sfondo verde del paesaggio ; poi , lì vicino , avevano costruito anche un lago ed anche quello attirava i turisti . tutto questo esisteva prima del 4 novembre 1966 . Poi venne il diluvio e fu la fine di una località conosciuta da pochi , della quale , col tempo , si perderà anche il ricordo . Ora è tutta un ghiaione : le verdi montagne sono franate dentro la valle ; i due torrenti che si congiungevano proprio all ' imbocco del paese , hanno allargato i loro alvei a dismisura ; California è stata quasi del tutto spazzata via dalla furia degli elementi e quel poco di essa che ancora si vede è sommerso dai detriti . La gente ha fatto in tempo a fuggire , a mettersi in salvo con l ' acqua che incalzava e le frane in movimento . Ora è sparsa un po ' ovunque , da parenti domiciliati in altri paesi , o a Gosaldo , il capoluogo , anch ' esso terremotato dal triste evento . Molti sono stati i paesi bellunesi devastati dall ' alluvione , ma chi ha perso la casa potrà rifarla nello stesso paese . A California non si potrà ricostruire nulla , poiché non esiste più un terreno solido , non esiste la possibilità di rifare le strade , il luogo è ormai terra bruciata . Del resto sono gli stessi abitanti che non vogliono ritornare . A far cosa ? Terra da lavorare non ce n ' è più ; di turismo è assurdo parlare . La Giunta municipale sembra sia dello stesso parere ; soltanto cerca di trattenere nella zona la gente . Si parla di trasferire l ' abitato di California in cima ad una montagna , a S . Andrea , a 1500 metri di altitudine « dove non cresce neanche un cavolo » . Contro questa ventilata soluzione uomini e donne di California si oppongono . Bisogna trasferirsi , ricominciare tutto da capo ? Ebbene dateci un luogo decente per impiantare il nostro paese , dove vi siano terre da coltivare , scuole per i nostri figli , qualche possibilità di trovare lavoro . Queste cose sono state dette durante una assemblea promossa dal capofrazione , alla quale hanno partecipato anche il segretario regionale del partito comunista , Marangoni , il segretario provinciale , Olivotto , l ' onorevole Busetto . Da tutta la California - una decina di villaggi lontani diversi chilometri - erano giunti in una località chiamata Lambroi , uomini e donne e ragazzi per discutere « ciò che non si può discutere col sindaco , perché non ti ascolta ; ciò che non si può discutere col prefetto perché ascolta soltanto il sindaco . E così il nostro parere non si sente mai , e quando i nostri emigranti ritornano via , alle donne ed ai vecchi fanno firmare qualsiasi cosa e li sistemano come vogliono . Oppure la tirano per le lunghe , intanto ci dicono di sfollare : la tattica è conosciuta . Più si aspetta , più la gente se ne va via e più lo Stato risparmia » . Circa 500 persone di California centro e di diversi villaggi con le case in bilico sulle frane - Patine , Mori , Beltrai , Rozze , Macator , Noneta , Scoli , Zocche - non sanno che fare di preciso , soltanto sono tutti d ' accordo che dove sono non possono stare ( in primavera potrebbe capitare di nuovo il finimondo ) non vogliono essere reclusi in un ghetto a 1500 metri , ma vogliono scendere , invece di salire , avvicinarsi alla società organizzata . Si è parlato della costituzione di un consorzio dei capifamiglia , per poter imporre all ' autorità una scelta secondo queste esigenze . La scelta di un luogo anche in un altro Comune , dove la comunità possa rimanere unita . Alla fine della riunione hanno voluto che i dirigenti comunisti facessero un giro nella zona disastrata . A un certo punto le strade non esistevano più ; si passava soltanto su piste che il ghiaccio e la neve hanno reso solide sopra i torrenti e le frane . Un paesaggio da dopo il diluvio . Dentro quello che resta dell ' albergo di California , semicrollato , interrato fino al primo piano , sberciato e divelto , in una piccola cucina , la padrona offre la grappa e gli uomini che hanno seguito la comitiva discorrono fra di loro alla ricerca di un tempo perduto : « Ricordi quando ci si riuniva qui , la sera , a bere l ' ombretta , tutti insieme tutti uniti ? » . Uno dice : « Venti anni di emigrazione mi era costata la casa . L ' avevo appena finita la scorsa estate ! » . Un altro più anziano : « Quarant ' anni sono andato all ' estero . Ora mi ero un po ' sistemato »., sospira e aggiunge con rabbia parlando al plurale : « Tutte le nostre fatiche andate in malora » . È facile registrare o leggere simili cose . Naturalmente ci si commuove , si partecipa all ' altrui smarrimento . Ma proviamo un po ' a metterci noi al posto di questa gente , proviamo ad immaginare di avere faticato nelle miniere o nei cantieri edili dell ' estero venti , trenta , quarant ' anni , per farci una casa , con ore straordinarie , con la silicosi e vedersi rubare la casa a un tratto e pensare di aver perduto la giovinezza , di aver faticato proprio per niente . È una tragedia che sconvolge . E malgrado ciò , questa gente è ancora tanto equilibrata da discutere con calma . L ' essenziale è ricominciare , come si può , ma ricominciare , più in fretta possibile e con una chiara visione davanti . Tutti uniti ancora perché almeno le consuetudini e i legami di una comunità non vadano dispersi . La proposta del consorzio è nata da queste esigenze . Che bisogna rispettare .
SIAMO ENTRATI NEL FUTURO ( Stille Ugo , 1969 )
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" Per un uomo è un piccolo passo , per l ' umanità un balzo gigantesco " , ha detto ieri notte Neil Armstrong al momento in cui , uscito dal LEM , egli ha posto piede sul suolo della Luna . Sono queste le parole con cui egli ha soddisfatto l ' attesa di coloro che gli avevano chiesto di pronunciare una " frase storica " , che rimanesse legata nella memoria dei posteri all ' impresa del primo sbarco umano sulla Luna . La sensazione generale , al livello conscio e inconscio , è che qualcosa di fondamentale è cambiato nella nostra vita . " La Luna non sarà più la stessa " intitolava stamane un quotidiano di Houston . Ma questo coglie solo un aspetto secondario del fatto ; l ' aspetto vero è che da ora in poi la Terra non sarà più la stessa . Con lo sbarco lunare di Armstrong e di Al drin un ' era nuova si apre nella lunga vicenda dell ' homo sapiens , un ' era di cui non è possibile prevedere la configurazione e lo sviluppo . Ieri sera siamo " entrati nel futuro " , in uno stato d ' animo nel quale le sensazioni visive ed emotive erano simili a quelle di un film di fantascienza , in cui occorreva uno sforzo logico di riflessione per ricordare che ciò a cui assistevamo non era il frutto dell ' immaginazione di un romanziere avveniristico ma il prodotto di una realtà tecnologica concreta . L ' eccezionale suspense che ha accompagnato lo svolgimento della grande impresa è stata pari all ' enorme portata storica di essa . Per tre volte in ventiquattro ore l ' America intera ha trattenuto il fiato e ha temuto per il rischio mortale che l ' " ignoto " presentava per gli astronauti ; ieri pomeriggio , al momento in cui il LEM si è posato sulla Luna , ieri notte quando Armstrong prima e Al drin dopo , sono usciti dalla navicella e hanno camminato sulla Luna , e questo pomeriggio al momento in cui il LEM ha riacceso i motori per ripartire verso lo spazio . E per tre volte l ' America ha lanciato un respiro di sollievo quando ciascuna delle tre difficili manovre è stata coronata dal successo . Oggi , mentre ancora attonito il mondo guarda indietro alla straordinaria vicenda , lo stato d ' animo degli Stati Uniti vede intrecciarsi due elementi : la fierezza nazionale per un evento che ricompensa al tempo stesso il coraggio di uno scelto gruppo di uomini e l ' efficienza organizzativa e tecnica di una intera società e la speranza che l ' evento serva a stabilire un clima di pace e di solidarietà " planetaria " nel mondo . Sono questi i due sentimenti che il presidente Nixon ha voluto esprimere nel colloquio televisivo di ieri notte con i due astronauti al momento in cui essi si trovavano sulla Luna . ( Ugo Stille )
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Belluno , 19 febbraio - Nel cimitero di Sedico è stato sepolto oggi il minatore Angelo Casanova , accompagnato all ' ultima dimora da una grande folla in lutto . Appena cinque mesi fa la stessa folla aveva accompagnato al medesimo cimitero altri tre compaesani , morti a Mattmark . Un dolore che si rinnova È un dolore che si rinnova per tragedie purtroppo ricorrenti non solo a Sedico , ma in tutti i paesi della provincia : non ce n ' è uno che non abbia emigranti all ' estero , soprattutto nei luoghi dove si costruiscono dighe e bacini idroelettrici . I nostri lavoratori sono ormai specializzati in questi impieghi : in parte per la tradizione ereditata dai padri minatori , in parte per l ' esperienza acquisita nei loro paesi d ' origine a lavorare nelle gallerie per la costruzione dei numerosi bacini idroelettrici , realizzati nel Bellunese . Realizzazioni grandiose , ma pericolosissime e lo sanno bene le società costruttrici tanto da preventivare il rischio delle vite umane sul conto della spesa complessiva dell ' opera . Quanti dei nostri concittadini hanno finito la loro vita dentro una galleria , sotto una frana , o cadendo da una impalcatura ? In appena venti anni certamente diverse centinaia . È del giorno dopo la sciagura del Canton Ticino la notizia pervenuta dal Ghana che annunciava la morte , avvenuta in seguito a una esplosione in galleria , di Angelo Zangrando , da Perarolo . Anche lui lavorava in un cantiere idroelettrico . Tre emigranti morti sul lavoro in due giorni . Spesso la notizia di un decesso passa quasi inosservata , a meno che non coinvolga un gruppo numeroso di vittime . Si sente dire che un operaio del tal paese è morto all ' estero e la ribellione avviene solo nell ' ambito della famiglia interessata ; spesso l ' opinione pubblica non lo viene nemmeno a sapere e anche quando ne ha notizia l ' accetta come una « fatalità » derivata dalla condizione stessa dell ' emigrazione ; dalla fortuna o dalla sfortuna personale di trovarsi nel momento della disgrazia in un posto della galleria invece che in un altro . Poche volte si va al di là di questo semplice ragionamento anche perché la condizione dell ' emigrante poggia sulla leggenda - simbolo del bravo e operoso lavoratore che rende alla patria ed è il benemerito di una vasta schiera che all ' estero contribuisce al progresso della civiltà . Commozione tardiva Agli emigranti che tornano si preparano d ' inverno festose accoglienze , con messe , banchetti e discorsi , dove i deputati democristiani hanno modo di commuoversi per i sacrifici degli emigranti , sperando nei voti futuri . Ultimamente è nata perfino un ' Associazione degli emigranti , che ha per fondatori tutte le organizzazioni cattoliche e paragovernative della città , unite allo scopo di « sollevare » le condizioni di questi lavoratori attraverso comitati all ' estero e in Italia , affinché l ' emigrante « viva nel proprio ambiente » e non senta con troppa nostalgia la lontananza del paese e della patria . Tra tutte le clausole inserite nello statuto di questa associazione non ce n ' è una che abbia l ' unico significato importante e umano per gli emigranti e cioè quello di farsi promotrici di una battaglia concreta affinché i lavoratori trovino , in quella patria sempre indicata con la iniziale maiuscola , il necessario per vivere accanto alla famiglia . Oggi dietro la bara di Angelo Casanova ( la salma dell ' altro bellunese perito nella sciagura del Canton Ticino , Valerio Chenet , è stata sepolta in Svizzera ) pensavamo a queste cose e al veramente triste destino di questo operaio . Cacciato dalla valle del Mis dalla società elettrica che gli aveva espropriato la terra e la casa per poter costruire un lago artificiale , Angelo Casanova ha finiti col morire all ' estero , nel cantiere di un ' altra società elettrica , quasi che il suo destino di uomo fosse quello di servire , fino alla morte , le grandi società che nel mondo capitalista agiscono da padrone di tutto e di tutti . Ancora una volta le autorità « ufficiali » diranno di lui , come hanno detto di tanti , che il suo sacrificio è stato utile al progresso . Come quello di Valerio Chenet che ha speso tutta la sua vita a fare l ' emigrante . La realtà dell ' emigrante verrà ancora una volta camuffata dal pietismo . E gli emigranti continueranno a morire soffocati nelle gallerie mentre le autorità italiane piangeranno la loro sorte senza peraltro adoperarsi sul serio , fino in fondo , per cambiarla .
IL MOMENTO SUBLIME ( Buzzati Dino , 1969 )
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Ciò che è avvenuto lascia in tutti , io penso , un sentimento strano e potente , che non era previsto . Dopo il decollo dalla Luna , il ricongiungimento e il rientro dei due nella navicella principale , la tensione è caduta , ogni pauroso dubbio è stato superato dalla forza degli uomini e dalla perfezione delle macchine . Si può dire che iersera sia già cominciato il trionfo . Sull ' altare della gloria tutte le iperboli , tutti i superlativi , tutto il repertorio della nomenclatura epica e apologetica , finalmente usati a proposito , sono stati ormai bruciati . E ritentarli qui ancora una volta sarebbe vano . Nel cielo immenso e nero , rimane quella scatoletta solitaria con dentro i tre uomini , che corre verso casa . La precisione pressoché sovrumana con cui si è realizzato , parola per parola , un programma che fino a ieri sembrava utopia ci ha perfino risparmiato gli spasimi di una vera suspense . Ma un rintocco nuovo e fortissimo riecheggia , e continuerà a riecheggiare per sempre , nell ' animo di chi ha visto : soltanto di chi ha visto la scena sullo schermo del televisore , poiché le fotografie , i film e i resoconti , per quanto assai più perfetti , non riusciranno a dare neppure un centesimo di quel brivido misterioso . Dopo l ' atterraggio dell ' " Aquila " , che si sperava in qualche modo di vedere e invece non si è visto , la veglia , almeno qui in Italia , si era fatta lunga e pesante . La discesa di Armstrong sulla Luna era stata promessa per le ore tre . Poi si è parlato delle tre e tre quarti , delle quattro , delle quattro e mezzo . C ' è stato sì una mezzora di incertezza abbastanza tormentosa perché sembrava che dalla Luna nessuno più rispondesse . Quindi i nervi si erano di nuovo afflosciati , era subentrata una stanchezza sudaticcia , una specie di opaco intorpidimento mentale , complici forse certe trasmissioni di contorno per cui queste ore solenni minacciavano di trasformarsi in una stentata sagra , in una " Canzonissima " di serie C . Quand ' ecco , sullo schermo dietro lo speaker , è comparsa una immagine nuova , un confuso intreccio di sagome nere oscillanti , simile ai quadri di Kline ; era , rovesciato , il primo piano della scaletta e dei tralicci della capsula lunare , con Armstrong che scendeva gradino per gradino lentamente : di per sé incomprensibile . Eppure tutti di colpo hanno capito , tutti , anche gli scettici , sono stati presi da uno sgomento sconosciuto . Si è avuta la sensazione di essere passati oltre una porta fatale e proibita , di avere varcato una delle ultime frontiere : del mondo ? della conoscenza ? della vita ? Come quando - il paragone può suonare falso , lo so , ma è tipico - durante una seduta spiritica , dopo una lunga attesa , all ' improvviso , con energia selvaggia , si rivela lo spirito , o meglio ciò che si usa chiamare spirito , e ai presenti par di oltrepassare il confine della comune esistenza , a contatto col regno delle ombre . Sì , Armstrong e Aldrin ci avevano portati in una sorta di aldilà che vedevamo coi nostri occhi e in cui tuttavia la nostra mente si smarriva . Sì , era una visione simile a quelle degli iniziati e dei santi . Tutto però stava a dimostrare che era vera . E la favola , il mito , la poesia , anziché venir distrutti dai " computers " , dai transistor , dai sapienti ordigni tecnologici , rinascevano in proporzioni gigantesche . La sensazione , ripeto , di essere condotti in un aldilà arcano , da cui potranno scendere , sulla Terra , smisurate cose avvenire . Ecco , secondo me , il motivo della scossa viscerale e struggente che gli uomini , per la prima volta nella storia del mondo , hanno provato l ' altra notte alle ore 4.57 dinanzi ai televisori , che non può immaginare chi non ha visto , e che non si ripeterà mai più nel futuro .