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> anno_i:[1940 TO 1970}
StampaQuotidiana ,
MONTEPESCALI , giugno - Montepescali si vede benissimo , passando in treno , pochi chilometri a nord di Grosseto . E un paesino in vetta di un colle , come tanti altri della Maremma , di chiara origine feudale , con le stradine ripide e tortuose , vecchie case , palazzotti con qualche pretesa . E come tutti i paesini feudali di Maremma , tende a formarsi a fondo valle un vasto sobborgo moderno , col distributore di benzina , lo spaccio di vino e tabacchi , la trattoria per i camionisti . Nel caso di Montepescali , il sobborgo moderno si chiama Braccagni , un agglomerato di case disteso sulla via Aurelia , e accanto alla ferrovia che raduna tutta la vita della vasta pianura sovrastata dal colle . Oggi , Braccagni , con tutta la campagna , conta più di tremila abitanti , mentre su al paese non ve ne sono più di mille . E fu un giovanotto di Braccagni , proprio il padrone della trattoria , che ci propose la conferenza . Aveva sentito dire che alla biblioteca cittadina si conserva un vecchio volume di cartapecora , che riguarda la vita amica di Montepescali , e ci chiese di illustrarlo , di leggerlo . « Non velo dovete tenere tutto voi ; è anche roba nostra , e celo dovete far vedere . » Fu così che decidemmo di inaugurare le gite del bibliobus , proprio come una lettura commentata degli Statuti del comune di Montepescali , redatti nel 1427 da Intendem ser Egidi , Nello Nicolai Nelli e Antonio Di Simone . Nella vetrina del bibliobus , mettemmo in bella mostra il codice manoscritto in bei caratteri rossi e neri su pergamena logora dall ' uso , e con i margini pieni di chiose . La gente si avvicinava , nella piazzetta , intorno all ' autofurgone , a guardare gli scaffali metallici , nell ' interno , tutti pieni di libri : c ' era l ' Università Economica , la collezione popolare Einaudi , rossi e grigi , i volumetti cinerini della BUR di Rizzoli , i tometti eleganti e ben legati con la copertina bianca e rossa di Mondadori . E poi una raccolta di costituzioni antiche e moderne , dall ' Inghilterra agli Stati Uniti , all ' Urss , all ' Italia . Ed ancora : manuali Hoepli di divulgazione tecnica , la coltivazione del grano , le assicurazioni sociali , l ' allevamento del bestiame ; una piccola enciclopedia , un dizionario , la Bibbia ed il Corano . Nella vetrina di esposizione , accanto agli « Statuti » una modernissima edizione d ' arte su Picasso , ed il secentesco Teatro del mondo di Abramo Ortolio , aperto alla tavola della Maremma , dove tutti cercavano Montepescali . Ma l ' attenzione maggiore andava agli Statuti , al libro di Montepescali , come già tutti lo chiamavano . Al teatro venne tanta gente , potevano essere duecentocinquanta o trecento . Gli statuti del comune di Montepescali sono un aspetto della generale revisione statutaria che la repubblica di Siena ordinò tra la fine del Trecento e l ' inizio del Quattrocento , per ovviare alla gran confusione legislativa che si era creata con la promulgazione di tana vera e propria selva di norme spesso contraddittorie o pleonastiche . Sotto questo aspetto , gli statuti di Montepescali non differiscono molto da tutti gli altri . La grossa novità e il motivo centrale di interesse stanno nel fatto che alla redazione hanno visibilmente partecipato uomini del popolo di Montepescali : da qui la vivacità della stesura , e soprattutto l ' aderenza a problemi concreti della comunità . Si insiste a lungo , ad esempio , sulla necessità di una rigorosa regolamentazione idrica : « La fossa maestra , la fossa del pozzo , la fossa de la lama , le fosse di corneccoli , la fossa de le pastine , infino a la lama mantelluccia , la fossa a lato a la via de ' pastini et la fossa de la roveta , la fossa del piano di Sancto Martino , la fossa di Sansucola , la fossa d ' archi , et la fossa de la piscina di prato vecchio cl comune di Montepescali faccia mantenere et acconciare da quelli che sono vicini ad esse fosse , quanto tiene el loro » . Ed ecco , attraverso la norma , questa drammatica descrizione della cattura di un malfattore : « Se assalimento o offesa in persona , con effuxione di sangue o senza , homicidio , furto o robaria , o alcuno altro enorme delicto fusse commesso in Montepescali , o ne la sua corte , per alcuna persona et romore ne nascesse , ciascuno al romore coll ' armi sua debba trarre et pigliare al mal fattore et menarlo preso et ne la forza del comune di Siena preso ci debba inectare » . O il tono dell ' igiene cittadina , attraverso questa colorita vignetta : « Lavatura di scudelle o altra bructura de le finestre ne le vie non si gitti per alcuna persona , ac , prima , chi la gitta no dica tre volte guarda , guarda , guarda , a la pena di soldi cinque di denari per ciascuna volta et mendi el danno a chi Farà ricevuto senza alcuna dilazione » . Ed ancora , due norme di moralità pubblica : « Per servare l ' onestà avemo statuito che , quando le femmine macendolano el lino , nessun huomo vi s ' accosti né vada a casa , né presso si stia passando per via né con le femmine favelli » . « Per conservare l ' onestà delle donne , et a riparare che inconvenienti ne seguino , aviamo deliberato che nessuna femmina , nel tempo si lavorano le vigne et si fa raccolta de ' biadi , possa portare agli uomini mangiare né bere » . Un vecchio seduto in prima fila e che aveva ascoltato senza perdere una parola , a questo punto esplode : « E allora , come facevano quei disgraziati ? Dovevano lavorare senza mangiare ? Questa legge la devono aver fatta i preti » . E non ci fu verso di fargli intendere il contrario . Si affollarono in molti , dopo la lettura , a chiedere spiegazioni . « È vero , professore , che le donne non potevano andare ai funerali ? Perché ? » Qualcuno aveva preso in mano il codice e compitava attento la scrittura quattrocentesca ; poi chiesero , come primo prestito del bibliobus , una copia degli statuti . « Ma poi tornate , tornate presto , a parlarci , a darci altri libri . » Eravamo contenti al ritorno . Soprattutto per questa constatazione . Si può fare della cultura popolare anche su di un « cimelio » . Si può legare la tradizione con le esigenze moderne e popolari . Si può interessare un pubblico non specializzato proprio sudi una rarità bibliografica , che di solito si tiene chiusa in cassaforte , in attesa di mostrarla agli specialisti .
StampaQuotidiana ,
RIBOLLA , luglio - Se c ' è un luogo , qua in Maremma , che contraddice la immagine convenzionale che molti hanno di questa terra ( i butteri , il palude , i cinghiali ) quel luogo è certamente Ribolla : su di una pianura disuguale , ondulata da brevi collinette brulle , si stendono sparpagliate le casupole dei minatori , congiunte da una lunga strada tortuosa , piena di polvere . Al centro , sudi un viale più largo , un edificio di chiara architettura del ventennio , che fu la sede del Dopolavoro , poi alcune palazzine con qualche pretesa , uno stento giardinetto , gli eucaliptus annosi , che in Maremma furono piantati quando si credeva che potessero contribuire ad eliminare l ' umidità del terreno , e quindi la malaria . Da Ribolla si estrae carbone fossile , lignite , una vecchia miniera che era già in attività prima dell ' altra guerra . La guerra , anzi , ha sempre dato maggior lavoro a Ribolla : fu così al tempo della Prima , è stato così con la Seconda , quando gli operai salirono sopra i cinquemila . Da allora è stata una progressiva riduzione del personale dai tremilaseicento del '48 siamo ai milletrecento circa occupati oggi . La Montecatini , che qui è proprietaria , oltre che della miniera , anche degli impianti , delle strade , delle case , e dell ' aria , scrive sui manifesti che non è vero quanto affermano le organizzazioni sindacali , che cioè si intende smobilitare , ma le cifre restano quelle e quella è la tecnica . Si cominciò col mandare a casa gli ultrasessantenni , poi si istituirono premi di smobilitazione per chi intendeva andarsene , prima sessanta , poi cento , infine trecentomila lire per ogni autolicenziato . Dei cinque pozzi un tempo attivi , due sono stati abbandonati senza allargare le ricerche che molto probabilmente sarebbero state fruttuose : degli altri tre , due sono in esaurimento e la società vi pratica la coltivazione a rapina . Non si preoccupa , cioè , di colmare di terra le gallerie esaurite , e questo rende sempre più probabili vuoti d ' aria , frane ed incendi . Si fa economia di legname da armatura , e gli incendi si fanno sempre più frequenti : nello scorso anno se ne ebbero 200 lievi e 50 gravi , rispetto ai 150 e 35 del 1951 , con un aumento , cioè , rispettivamente del 33,33 e del 42,8 per cento . Negli ultimi tre mesi si sono registrate dodici frane . Il nuovo direttore della miniera , che si chiama ( non è uno scherzo ) Padroni , e non è ingegnere minerario , ma elettrotecnico , ha appunto questo incarico : risparmiare fino alla smobilitazione . Sugli operai si preme in vario modo : minime interdizioni del lavoro sono punite con multa e sospensione in prima istanza , poi con il licenziamento . Il lavoro si svolge con una temperatura che va da un minimo di 34 ad un massimo di oltre 42 gradi : poiché il « calore » , per contratto , dev ' essere retribuito con una indennità aggiunta , la società ricorre al sistema di immettere un gocciolamento d ' aria nei tubi di ventilazione , con il risultato di diminuire il calore , aumentando l ' umidità , oppure fa pressione sui sorveglianti perché registrino una temperatura inferiore a quella reale . Agli operai si impone una norma costante di trenta vagoncini per squadra ( due uomini ) ogni turno , senza tener conto delle infinite varietà della situazione in cui può svolgersi il lavoro : si sono avuti 20 licenziamenti per inadempienza della norma . Nel gennaio scorso l ' operaio Giovanni Brizzigotti è morto schiacciato sotto la gabbia dell ' ascensore : gli mancavano tre vagoncini e la fine del turno era vicina ; la fretta , la stanchezza , una distrazione , e l ' incidente è avvenuto . Tutto questo è stato più volte denunciato al Distretto minerario , in quanto contravviene a precise norme di legislazione mineraria , ma tutto è rimasto lettera morta . Si fanno , naturalmente , discriminazioni di carattere politico e sindacale . L ' anno scorso la società istituì una multa di cinquecento , e poi di mille lire , per gli scioperanti , ed un premio eguale per i crumiri . Molti , pur non accettando lo sciopero e recandosi al lavoro , hanno rifiutato il premio ; cinque sorveglianti hanno chiesto di lasciare il grado e di ritornare semplici operai . Tutte queste cose mi dice Duilio Betti , un dirigente sindacale : è un giovane sui trent ' anni , di robusta corporatura . Parla marchigiano , ed infatti è nato ad Urbino , ma la lunga permanenza in Maremma dà al suo accento improvvise e strane aperture toscane : quando dice « Montecarlo » aspira con enfasi la « ci » , come un operaio del luogo . Ha lavorato anche alla pirite di Gavorrano , ma ora , nella sua qualità di dirigente sindacale , è in aspettativa . L ' episodio più recente di lotta risale allo scorso marzo . Quarantotto operai minacciati di licenziamento rimasero nel pozzo per tre giorni . La polizia bloccò gli accessi , sperando di prenderli per fame , ma senza risultato . Allora , la società decise l ' intervento armato : dirigevano le operazioni , insieme al vicequestore , il direttore della miniera ed il dottor Riccardi , commercialista , transfuga dei sindacati operai ed attualmente direttore politico del gruppo delle miniere della Maremma . Abita a Massa Marittima , organizza circoli culturali per impiegati e tecnici , ha istituito il « prete di fabbrica » , cioè un sacerdote che avvicina gli operai , anche in fondo ai pozzi , e li « rieduca » . Anche il premio di crumiraggio è opera sua . La polizia invase i pozzi , circondò gli operai , li catturò senza che facessero un gesto di ribellione . Il commissario di P.S. , mi racconta Betti , non voleva ammanettarli , perché non avevano commesso reato alcuno , ma la direzione della miniera reclamò che venissero fuori con i ferri , per dare l ' esempio agli altri . Furono arrestati ed incarcerati sotto l ' accusa di « violazione di proprietà » e rilasciati dopo cinque giorni di detenzione ; naturalmente hanno avuto subito il licenziamento . I giornali democristiani parlarono della « brillante manovra » della polizia e si felicitarono con chi la diresse . I giornali democristiani dipingono sovente i minatori come degli agiati incomprensibilmente scontenti : il fatto è che la media dei salari si aggira , tutto compreso , sulle 35mila lire mensili . Si hanno delle punte fino alle 55-60mila lire , come è il caso dell ' operaio Capitani , che ha quattro figli ed un lavoro specializzato : ma Capitani ha trentotto anni e ne dimostra cinquanta , dopo ventotto di miniera . Mancano le case , a Ribolla . Ho visto famiglie di quattro persone abitare in una sola stanza , divisa da un tramezzo che separa la camera dalla cucina . Stanze incredibilmente pulite e rassettate , all ' interno , magari con la radio e la cucina a gas , ma senz ' acqua , con un gabinetto comune ogni trenta - quaranta famiglie . I cedimenti del terreno provocano vibrazioni e conseguenti paurose crepature nei muri . La Montecatini le ha dichiarate inabitabili , rifiuta gli affitti , ed ingiunge alla gente di andarsene , ma dove ? Intanto le più pericolanti sono state « incatenate » , assicurate , cioè , con un cavo teso intorno alle quattro pareti , un metro sotto il tetto , per impedire che si sfascino improvvisamente .
DA UNA LINGUA MORTA NASCE UN NUOVO LINGUAGGIO ( Bianciardi Luciano , 1953 )
StampaQuotidiana ,
In una lettera dalla casa penale di Turi alla sorella Teresina , Antonio Gramsci ricorda la zia Grazia , la quale era convinta dell ' esistenza di una « donna Bisodia » , dama pia dei tempi andati , quando la gente andava in chiesa e c ' era più . religione a questo mondo . Donna Bisodia veniva spesso citata come un venerabile esempio da imitare , e tanta era la sua buona fama che il suo nome era stato perfino inserito nel Pater Noster . In realtà si trattava del « da nobis hodie » , che la zia Grazia , e chissà quante altre donne con lei , in Sardegna e fuori , pronunciavano in quel modo . Gramsci pensava che si potesse utilmente scrivere una novella su Donna Bisodia : ed in effetti può avere un qualche interesse un esame approfondito e comparato delle deformazioni che in bocca al popolo avvengono delle preghiere latine . I poeti dialettali , primi fra tutti il Belli e il Fucini , non si sono lasciati sfuggire questo elemento di folclore , e tali deformazioni hanno abilmente inserito nei loro sonetti . Il Toschi ha esaminato a fondo , in una sua operetta recente ( Fenomenologia : del canto popolare ) tutte le possibili varianti del Dies irae . Famosissimo , fra queste , il « Tiasillo tiasillo , signore pigliatillo » , che ritorna in Napoli milionaria del De Filippo . Già entrata nella lingua parlata , e persino in quella letteraria dell ' Ottocento ( Guadagnoli , Bandi ) la « sperpetua » altro non è se non la « lux perpetua » della preghiera dei defunti . Anche abbastanza nota è la storiella ( non si sa se vera od inventata ) di « Terenosse in du ' casse » , cioè « et ne nos inducas » , che dà origine ad un favoloso gigante Terenosse che , dopo morto , dovette essere diviso in due parti , e ciascuna collocata in una bara distinta , tanta ne era la mole . Ora , cosa significano queste deformazioni ? La Chiesa cattolica , conservando il latino nella pratica liturgica , conferma il carattere sostanzialmente conservatore della sua politica culturale ; non solo , ma esclude automaticamente dalla partecipazione diretta e cosciente alla cerimonia religiosa le masse popolari , costrette a subire una lingua lontana e del tutto sconosciuta , esse che quasi sempre non parlano neppure l ' italiano . Il popolo reagisce a questa limitazione imposta dall ' alto ed anche se ripete le preghiere senza affatto intenderle , finisce poi col deformarle , inconsapevolmente , e addirittura col tentarne una versione puramente fonetica . In questo processo di assimilazione si sperimenta anche l ' efficacia della lingua parlata , che nel caso dell ' italiano , o dei suoi molteplici dialetti , è veramente notevole . Si pensi ad Ackwood che molto presto diventa « acuto » ; Si pensi a certi ragazzini del popolo , a Livorno , che italianizzavano rapidamente i nomi degli attori del cinema americano : così Bruce Cabot ( che era specializzato nei ruoli di cattivo ) diventava « Bruciacappotti » , mentre Spencer Tracy ( quasi per contrapposizione ) « Spengistracci » . Ma , tornando al nostro tema , noi troviamo questo processo di traduzione a suono molto più intenso proprio dove il latino si fa più complesso e distante dalla comprensione popolare . È per questo che le maggiori spese della deformazione toccano al Tantum ergo , che è un inno redatto in un latino dottissimo , non solo , ma esprime sottili concetti teologici che , anche in una traduzione italiana resterebbero incompresi . Non per niente ne è autore Tommaso d ' Aquino . Eccone i primi versi : Tantum ergo sacrantentum veneremur cernui ; et antiquum documentumt novo cedat ritui . Praestet fides supplementuni sensuum defectui . E cioè ( si perdoni la traduzione certamente scialba e inefficace ) : « Veneriamo dunque prostrati un sì grande sacramento : e l ' antica testimonianza ceda al nuovo rito . La fede venga poi in aiuto al difetto dei sensi » . Ebbene , ecco come in una zona piuttosto vasta dell ' Abruzzo la gente traduce l ' inno : Canta il merlo nel frumento veneremo a cena qui : com ' è antico ' sto convento novecento e tredici . Pesta i fichi su pel mento senza difetto . Non si può negare che lo spirito popolare ha avuto un certo garbo in questa pseudotraduzione : a nessuno sfugge il sapere idillico dei primi due versi , con quella cena fra amici , in campagna , mentre il merlo canta fra le messi . O lo stupore ammirato per l ' antichità del concetto : novecento e tredici . L ' accentazione sbagliata , oltre a salvare il ritmo , par che sottolinei la fantastica antichità dell ' edificio . A Radicondoli , un paesino della campagna senese , troviamo il « Praestet fides supplementum » che è diventato addirittura : « Presta il figlio a sor Clemento » , mentre ( è un altro verso dal Tantum ergo ) il « Salus honor , virtus quoque » si traveste così « Salo , salo , Cristo scote » . Sulla costa maremmana , a Castiglione della Pescaja , un verso di una preghiera rogatoria , che dice : « Te rogamus , exaudi nos » , diventa : « Tre rogavano , e quattro no » . Sempre a Castiglione , il « procedenti ab utroque » ( che è anch ' esso nel Tantum ergo ) si deforma così : « Procedenti siamo troppi » . Qui è chiaro che la gente ha accettato , del verso , la prima parola , che ha pur qualche senso in italiano ( anche se non quello esatto ) , ma ha creduto indispensabile trovarne uno per quell ' inusitato ed inspiegabile « ab utroque » , volgendolo pedestremente in « siamo troppi » .
TATÀ PARTENZA SI CHIAMA LA FIGLIA ( Bianciardi Luciano , 1953 )
StampaQuotidiana ,
In poche zone come nella Maremma toscana , forse solo in Romagna , è diffuso il fenomeno dell ' anarchia onomastica , l ' abitudine cioè , specie nei ceti popolari , di dare ai propri figli nomi insoliti , storpiati , o addirittura inventati di sana pianta . In pochi altri luoghi si impongono nomi così lontani dall ' uso comune : e forse la ragione centrale sta nel fatto che queste terre non trovano , almeno sul piano del costume , la forma limitatrice delle tradizioni . A Napoli , per esempio , non è pensabile che si battezzi un Oscuppe od un Iconoclasta ; qui accade con una frequenza superiore ad ogni immaginazione , ed ogni padre , specialmente se contadino , finisce col considerare un vanto l ' aver scovato , od anche creato , un nome insolito , anzi unico . Tentiamo di dare un primo ragguaglio su questo fenomeno , registrando i soli casi , per così dire , clamorosi , tutti peraltro verificati negli uffici di stato civile . C ' è una prima serie , la meno insolita , di cognomi celebri imposti in funzione di nomi : oltre ai già noti Menotti , Ricciotti , Mameli , Bixio , Oberdan , si ha Mazzino , Garibaldo , Vasintone ( registrato in questa forma , ma evidentemente il padre intendeva Washington ) , Loria e Labriola ( ambedue donne ) , Troschi ( ed anche Troschino ) , Cafiero ed in fine Timoscenco . Quest ' ultimo caso , registrato nel dopoguerra , dimostra che il genitore non va dietro soltanto al suo sentimento ed alla sua passione politica , ma cerca anche , nel nome , una certa aulicità sonora . Assai importante l ' influsso di vicende storiche , che portano a far uso di nomi di città memorabili per fatti d ' arme : è il caso di Magenta e Mentana ( donne , come quasi tutti i nomi che escono in a ) Solferino ( e Solferina ) , Lissa , Adua ( più fortunata nel '94 che nel '36 ) , Tripoli , Derna , Gradisca , Oslavia , Tolmino , Gorizia , Trieste , Trento , Trentino , Zara , Dalmazia , Stelvio . Si riferisce alla Prima guerra mondiale anche un non infrequente Armistizio . La Seconda guerra mondiale non ha dato alcun risultato in questo senso . Elvezio ed Elvetica , insieme a Ginevra , testimoniano del neutralismo del padre , ed un significato politico vogliono avere i nomi Russia , Russo , Est , Oriente ( forse con allusione massonica ) ed Imola . Senso puramente geografico hanno invece Danubio , Lepanto , Lugano , Parigi , Asia , Brema , Caledonia , Norge . La passione politica è esplicita in nomi come Comunista , Comunardo , Libertario , Socialino , Realino . Altri nomi sono tratti dalla Bibbia e dalla storia della Chiesa , ed ecco infatti Aronne , Geremia , Mosé , Josafat , Assuero , Lattanzio , Aniceto , Edeva ( cioè Eva : ma la dizione corrente « Adamo ed Eva » ha provocato questa deformazione ) e poi Agavito ed Eusepio ( cioè , rispettivamente , Agapito ed Eusebio ) . Dalla poesia classica nascono invece Anchise , Astianatte , Antenore , Asdrubale , Argo , Climene , Merope , Eschilo , Iside , Iride . Molto curioso è il caso di Enea e Didone , attribuito al maschio il primo e il secondo alla femmina ; e così sono femminili sia Leonida che Lisicle . La letteratura moderna , oltre ad Ofelia , dà luogo a Dumas , Vittorugo , Atala , Gusmano , Mustiola , Antinesca , Fancon . Del resto anche il cinema , ai giorni nostri , e la letteratura ( molto spesso , purtroppo , quella deteriore dei fumetti ) esercitano una loro influenza , e generano Rossano , Luana , Loretta , Mirna , Loredana , Patrizia , Donatella , Antonella , Tiziana , Daniele e Daniela , che sono appunto i nomi che più spesso ricorrono nei registri di stato civile di questi anni . L ' opera lirica , dal canto suo , determina Norma , Tosca , Aida , Rigoletto , Semiramide , Jone e Figaro . Accade spesso che il nome insolito , di origine biblica e letteraria , venga registrato in forma inesatta , ed in questo modo si spiegano Atide , Eufrosina , Aristea , Eraclite , Ergenide , Eduvige . Altri nomi , e sono i più , sono del tutto inventati , ma pur conservano un suono illustre : Albizo , Ancherio , Gioeffa , Anzicora , Arsede , Filigardo , Gerid , Arpalicec , Clite , Toschino . In alcuni casi si dà il nome in virtù : Probo , Consiglio , Umiltà , Bonaria , Pazienza , Speranza e Fede . Una Temi si vorrebbe classificarla fra i nomi di origine mitologica , ma il nome della madre ( Mite ) ci avverte che si tratta solo di un anagramma , ma ci sono , e non infrequenti , i semplici fonemi senza significato come Urlo , Irio , Erio , Ado , Edo , Achio , Oleva , Pea . Ed infine i casi limite , estremi , i nomi grotteschi . Ecco due gemelli che si chiamano Dazio e Consumo . Altri due gemelli , maschio e femmina , han preso il nome dalle ultime due parole che concludevano i bollettini di guerra , cioè Firmato e Cadorna . Ecco un Differente , un Brio , un Idolo , un Amorino , un Sostegno ( in senso ben augurante per la vecchiaia del padre ) ed ecco Aria , Magnaboschi , Levriero , Avventore e Viva . Raspoline , Malandrino e Celebrino sono giustificati dal cognome , a cui il padre li ha voluti assimilare ( sullo schema , per esempio , di Martino Martini ) . A Pitigliano , in una famiglia di contadini con 16 figlioli , addirittura non esistono nomi , ma solo numeri secondo l ' ordine di nascita : si va infatti da un Primo ad un Sedicesimo . Il padre che vuole ufficialmente chiudere la sua procreazione battezza il figlio Ultimino , oppure , quasi per autoammonirsi chiama la figlia Finimola ( vale a dire « finiamola , facciamo punto e basta » ) . Non è facile spiegarsi perché un bambino risulti allo stato civile sotto i nomi Secondo , Terzo , Mezzogiorno . Mentre , e concludiamo , è rimasto proverbiale il caso di un padre che , a lungo incerto sul nome da scegliere per la figlia , trovò ispirazione nello squillo di tromba di uno spazzino e decise per Tatà . L ' ufficiale di stato civile , celiando , aggiunse : « E perché non anche partenza , arrivederla ? » . E fu così : oggi , quindi , esiste una signora ( o signorina ) che risponde appunto ai tre nomi di Tatà Partenza Arrivederla .
La questione dei fumetti ( Rodari Gianni , 1951 )
StampaPeriodica ,
Caro Direttore , ho letto nell ' ultimo numero di Rinascita un articolo di Nilde Jotti sulla Questione dei fumetti , e desidero esprimere la mia opinione dicendo subito che l ' articolo della Jotti non mi convince . Esso prende spunto dal dibattito in corso alla Camera sulla stampa per ragazzi e giustamente respinge come « reazionaria e inefficace » la legge proposta dai democristiani , non soltanto perché contraria al principio costituzionale della libertà di stampa , aut perché « decadenza , corruzione , delinquenza dei giovani e dilagare del fumetto sono (...) fatti collegati , ma non come l ' effetto e la causa , bensì come manifestazioni diverse di una realtà unica . « Bisogna affrontare e risolvere - dice giustamente la Jotti - tutta la questione dell ' orientamento ideale e pratico , della educazione , dello sviluppo intellettuale e monile dei giovani . Ma non lo si fa se non si mette il dito sulla piaga , che è di ordine economico , sociale e anche politico » . Questa posizione nei confronti della legge sui fumetti è giusta perché fondata sulla realtà , sulla pratica , e non su ragionamenti accademici . Altrettanto giusta è l ' attutita che la Jotti fa del fumetto americano , figlio dell ' imperialista e fascista Hearst e legittimo , cioè basato sui fatti , il giudizio negativo . La Jotti , però , estende questo giudizio negativo al fumetto come genere , conte snodo di raccontare , escludendo implicitamente la possibilità di fare « fumetti » diversi da quelli americani , con forme , contenuti , spirito e intendimenti diversi . Su questo punto mi sembra che la Jotti non abbia tenuto conto della realtà di oggi , qui , in Italia , e perciò abbia fatto dell ' accademia . Per quello che riguarda la stampa dei ragazzi , la realtà è rappresentata da un mercato completamente dominato dai « fumetti » , che hanno creato , conformando il gusto dei ragazzi a propria immagine e somiglianza , una « domanda » di fumetti impressionante : e ti risparmio le cifre perché sono note . Chi voglia parlare ai ragazzi e ai giovanetti , deve tener conto del linguaggio a cui sono abituati , e che è diventato tino dei più importanti mezzi per comunicare con loro : e se farà dei « fumetti » , il giudizio su questi dovrà essere dato non già in base alle sue intenzioni , ma nemmeno in base a preconcetti , piuttosto in base ai risultati . Un giudizio teorico totalmente negativo è inesatto , o per lo meno equivoco , e in un equivoco è caduta la Jotti , secondo me , polemizzando sulla distinzione tra la forma del fumetto e il contenuto del racconto a fumetti . Questa distinzione - ha ragione la lotti che la analizza molto brillantemente - è impossibile . Ma la Jotti ha scambiato In « forma » con il genere , o il mezzo , o lo strumento , o come lo vogliamo chiamare , rappresentato dal « fumetto » . Che cos ' è il fumetto ? Risponde la Jotti : « È un modo di raccontare per immagini una storia rappresentata nei momenti più salienti : non vi è commento scritto , soltanto poche parole che escono in una nuvoletta di fumo dalla bocca dei protagonisti » . È perché non sarebbe legittimo raccontare in questo modo ? Vi sono molti modi di raccontare : con la parola scritta , con la voce , con l ' immagine ferma o con l ' immagine in movimento ( cinema , disegni animati , eccetera ) . Ognuno ha la sua funzione . Se si equivocasse tra la funzione del fumetto e quella della lettura , avrebbe ragione la Jotti , perché evidentemente non sono due cose sostituibili , sono due cose diverse . Su altro piano , anche il cinema e la lettura sono due cose diverse , hanno funzioni diverse e si avrebbe torto di chiedere al cinema che ci insegni a leggere ( a parte i documentari didattici ) . Da questo a ritenere il « fumetto » uno strumento ideale evidentemente ci corre . Per esempio , se i ragazzi avessero il loro cinema , - il cinema dei ragazzi che esiste nell ' Unione Sovietica - , credo sarebbero disposti a dimenticare i fumetti da un giorno all ' altro . L ' avvento del cinema ha creato il bisogno di « vedere » : è a questo bisogno , probabilmente , che i ragazzi cercano soddisfazione nel « futuro » . Il giorno che avranno a loro disposizione cinema e teatri , questo bisogno sarà soddisfatto . Finita la guerra , siamo tornati tutti al caffè e nessuno accetta più il surrogato . E ancora , il « fumetto » non ci deve impedire di porci il problema della lettura dei ragazzi , che è un grosso problema : di scrittori , di artisti , di mezzi . La lettura è insostituibile , come ben dice la Jotti , come « educazione al ragionamento e alla riflessione » , « preparazione letteraria » , « educazione dell ' intelletto » , « disciplina interiore degli istinti primitivi , animaleschi » . Anche questo della lettura è un problema economico , sociale e politico , e anche qui bisogna guardare alle cose non con occhio accademico , ma con realismo . In quest ' ultimo mezzo secolo , parallelamente all ' elevazione politica delle masse popolari , si è formata una nuova , immensa domanda di cultura . I giornali e le riviste popolari hanno raggiunto tirature altissime . Centinaia di migliaia di persone che non leggono nulla chiedono da leggere : talora vanno a cadere nelle pagine di Grand Hotel o simili , e tuttavia anche questo è un sintomo del bisogno di cultura . Nel secolo scorso i giornali e i libri per ragazzi erano destinati a ristrette élites , rappresentate dalle famiglie piccolo - borghesi o medio - borghesi . Oggi essi si rivolgono a un pubblico enorme e anche per questo ha prevalso , nella loro impostazione , lo spirito commerciale sui princìpi educativi , la speculazione sulla cultura . I « fumetti » sono stati , prima di lutto , un enorme affare finanziario . Che cosa ci può aiutare a far fronte a questa situazione ? Essenzialmente la nascita di una nuova letteratura per l ' infanzia , capace anche con i suoi mezzi organizzativi di condurre una lotta efficace . Ma questo richiede anni di lavoro , e richiede per il suo successo definitivo anche il realizzarsi di nuove condizioni sociali e politiche . Accanto ai libri possono i « fumetti » essere uno strumento , anche secondario , in questa lotta , oggi ? Se non possono , smettiamo di stamparli . Postilla Non ci sentiamo di condividere la posizione del Rodari , anche se í suoi argomenti sono degni di discussione . Egli accetta , ci sembra , l ' analisi e la conclusione circa la natura non educativa e antieducativa del fumetto , considerato nella unità di forma e contenuto . La distinzione tra forma e strumento o genere o mezzo , non ci pare che regga , ed è da respingere l ' affermazione che ci troviamo di fronte ( anche in questo caso ! ) a una specie di nuova lingua . Quante stramberie e assurdità non si è cercato di mettere in circolazione con questa faccenda delle nuove lingue o delle « ricerche di linguaggio » , espressione che ha un valore metaforico , ma poco più , perché il linguaggio è uno e lo hanno creato e lo creano i popoli con tutta la loro storia e le famose a ricerche » non hanno spesso con esso niente a che fare , non essendo altro che tentativi , esperimenti , successi o insuccessi nell ' ambito del vecchio rapporto tra la forma e il contenuto della espressione . Ammesso il carattere antieducativo dei fumetti , dunque , si propone che vengano tradotte ed espresse in fumetti storie educative . Così fanno certi giornaletti clericali , dove tra poco stamperanno in fumetti la storia sacra ; anzi , spiegheranno in fumetti i misteri della creazione , dell ' incarnazione , della redenzione . Non ne trarrà certo un grande giovamento il sentimento religioso ! Per conto nostro , non metteremo in fumetti la storia del nostro partito o della rivoluzione . Il fumetto a contenuto educativo , poi , è una cosa per giunta scipita , che non attira . Esiste la possibilità di contrapporre al fumetto , invece , una narrazione figurata di tipo popolare , con commenti chiari , che invitino alla lettura , piacciano , si imprimano nella memoria e conservino in pari tempo una dignità letteraria , accoppiando alla visione la lettura e i suoi benefici ? Senza dubbio questa possibilità esiste e si riallaccia tanto a creazioni popolari , come furono le famose images d ' Epinal , come sono oggi le splendide stampe cinesi , quanto a esempi di ottime cose già fatte nel passato . A questo compito dunque ci si cimenti , invece di correr dietro alle forme più corruttrici dell ' americanismo . Ma ci sono anche giornali di sinistra che pubblicano fumetti ! Senza dubbio ci sono : ci permettiamo però di fare osservare che nessuno di questi giornali si distribuiscono attraverso le edicole . Si distribuiscono attraverso reti proprie propagandistiche e di diffusione , e questo vuoi dire che non è che siano costretti a pubblicare fumetti per superare la concorrenza e affermarsi . Lo fanno per altri motivi , che non occorre qui indagare . Nemmeno accettiamo l ' affermazione che il fumetto sia una forma nuova di cultura popolare . No ! Forse la odierna diffusione di certi giornali dimostra che vi è una ricerca più ampia che nel passato di cose da leggere , da vedere ; il fumetto però soffoca , strozza nel suo sviluppo ciò che potrebbe venir fuori di positivo da questa ricerca , cioè impedisce che da essa germogli una più diffusa cultura del popolo . O vogliamo chiamare cultura la conoscenza del calibro necessario per assassinare a sci o a sessanta metri , nel modo come si rincorrono a 120 all ' ora ladri e poliziotti , delle stolte peripezie della vamp e così via . Certo , il fondo della questione è molto complesso perché si tratta di riuscire a creare una letteratura e una pubblicistica per bambini e ragazzi che attirino , piacciano , educhino , e non ostante i buoni tentativi già fatti , si è ancora indietro assai .
INCHIESTA SULLE CONDIZIONI DI VITA IN MAREMMA ( Bianciardi Luciano , 1953 )
StampaQuotidiana ,
I . Risale alla fine del Settecento la nascita del latifondo toscano GROSSETO , novembre - « Chiunque passeggiando la Maremma vedesse quei fertilissimi campi ridotti di tal maniera selvaggi , che neppure gli armenti vi pascolano ; quelle vigne abbandonate , quelli ulivi inselvatichiti , per non trovare chi il frutto loro raccolga ; tante abitazioni ed intiere castella diroccate , non saprebbe persuadersi come non fossero effetti o di qualche inimica incursione o di qualche pestilenza straordinaria . E pure , se è vero quello che molti affermano , cioè , che v ' abbiano cagionata desolazione maggiore gli ultimi quattro lustri , che non aveano fatto quasi due secoli antecedenti ; non v ' hanno colpa né la guerra , né gli influssi maligni del cielo , non l ' esecuzioni militari , ma le civili ; non i disordini , ma i troppi ordini ; poi la troppa giustizia , che l ' ingiustizie ; l ' esser troppi a regolarla , e niuno a procurare di conoscerla , non che di proteggerla . » Questo scriveva , nel 1737 , Sallustio Bandini , un prelato senese che in Maremma dimorò a lungo . Il probabile inizio di questa decadenza risale all ' occupazione romana : i romani non seppero conservare l ' accorto regime idraulico instaurato dagli etruschi , e lasciarono le acque sregolate , i campi incolti e spopolati , sì che la malaria cominciò a mietere le sue vittime . La decadenza continuò durante tutto il Medioevo , e la repubblica di Siena , che riuscì a sottomettere gli Aldobrandeschi , una famiglia di feudatari rissosi e violenti che dominarono tutta la zona dall ' Amiata al mare , vide nella Maremma una sorta di colonia , ed impostò la sua politica sul criterio , appunto coloniale , del maggior sfruttamento con la minore spesa . Tanto che in quegli anni , e più ancora sotto i Medici , la Maremma era ormai ridotta solo a terra di pascolo invernale : sterminati pascoli , che fecero la fortuna , ancor oggi perdurante , del maggiore istituto di credito toscano , il Monte dei Paschi di Siena . Il Bandini , che ragionava da liberista , avvertiva l ' urgenza di una riforma amministrativa , proprio perché il governo fiorentino potesse realizzare maggiori e più lontani profitti : si doveva , a questo scopo , sciogliere la Maremma dai troppi vincoli commerciali imposti dal governo centrale , permetterle libero traffico con ogni zona d ' Italia , abolirvi quello che oggi chiamiamo prezzo politico del grano , dando alle messi il loro giusto valore ( anche col rischio dell ' impopolarità presso le plebi senesi ) , concederle determinate agevolazioni fiscali , abolendo , per esempio , la tassa sul sale . « Il sale non si consuma , perché l ' è inutile a chi non ha companatico , nonostante si obbligano questi meschini a comprarne quella porzione che loro bisognerebbe se fossero ricchi . » Ecco che traspare , pur nella prosa fredda dell ' economista , un quadro appassionato delle miserande condizioni dei braccianti e dei pastori di Maremma . « Mi fa troppa pena il sentire che i miseri operai , dopo d ' aver faticato tutte le più lunghe giornate in una spolta campagna a ' riverberi perniciosi di quel cocentissimo sole , debbano co ' vestimenti medesimi inzuppati dal sudore e forse anche dalla pioggia sdraiarsi a dormire nella nuda terra , esposti alle volte al rigido sereno di quelle notti , quando non siano intiepidite dagli aliti più pestiferi di qualche vento meridionale , bere un poco d ' acqua limacciosa , alimentarsi di cibi poco più di questa salutevoli . Onde vorrei che , dove non vi sono case , si provvedano capanne e tende dall ' aria ben difese , alzando nel terreno della paglia o delle asciutte foglie per riposarvi sopra le ossa stancate , bevessero l ' acqua migliore in quel territorio , mangiassero , non pretendo già delicatamente né a dovizia , ma sanamente . » Il granduca Pietro Leopoldo , salendo al trono toscano dopo l ' estinzione della famiglia dei Medici , intese la lezione del Bandini , e volle metterla a profitto , sollecitato com ' era da consiglieri di prim ' ordine . E la rinascita della Maremma , pur con tutti i difetti con cui si iniziò , è merito di quella dinastia lorenese , che ha lasciato un buon ricordo di sé in tutta la Toscana , ma soprattutto in Maremma , non soltanto per la sua proverbiale bonomia , evidentemente . A Grosseto , il monumento a Leopoldo i , l ' ultimo dei Lorena , e perciò quello che fu cacciato con il plebiscito del '59 , ha resistito ad ogni mutar di temperie , ed ancora i grossetani , con affettuosa familiarità , lo chiamano « Canapone » . La bonifica fu iniziata proprio dai Lorena , costruendo fra l ' altro numerosi canali di colmata , per il prosciugamento delle paludi : durante le piene dei fiumi maggiori , attraverso i canali , si immetteva acqua torbida dei bassopiani paludosi , e l ' acqua , depositandovi il portato solido , sollevava lentamente ma sicuramente il livello del terreno . A parte certi errori di valutazione sull ' indice di interramento dei canali , calcolato più basso del reale , è un sistema che si sta abbandonando solo oggi , per sostituirvi le più capaci e rapide macchine idrovore . Ma l ' atto più sagace dei Lorena fu certamente la concessione dell ' autonomia amministrativa alla Maremma , sotto il nome di « Provincia inferiore di Siena » . Inoltre i Lorena concessero l ' esenzione da numerose gabelle , prima fra tutte quella del sale , e chiusero almeno un occhio sullo stato civile e penale degli uomini che in Maremma dovevano affluire per costruirvi la popolazione stabile e quella stagionale . Quanto alla proprietà , si provvide a ricostituirla pienamente , eliminando i troppi usi e le pletoriche servitù : accadeva infatti che una stessa terra appartenesse a tre proprietari , di cui il primo aveva il suolo , il secondo il pascolo , il terzo il legnatico . La proprietà si ricostituì organicamente , ma lini nelle mani di poche persone , quelle che ancor oggi la possiedono , e che avevano ed hanno nomi illustri , del patriziato senese e fiorentino : si chiamano Salviati , Guicciardini , Tolomei , Corsini , Grottanelli , Sergardi . I vantaggi concessi agli acquirenti , sia nel pagamento del fondo ( la somma poteva essere pagata in rate annuali del tre per cento sul fruttato ) , sia con le opere di bonifica , quasi tutte praticate sui loro territori , sia infine per la inesistenza di un catasto , con conseguente possibilità di appropriarsi di terreni senza padrone , favorirono enormemente la formazione del monopolio terriero . Vero è che un editto Leopoldino concedeva un moggio di terra in regalo a chiunque decidesse di trasferirsi in Maremma ; ma un moggio ( poco più di cinque ettari ) in quelle condizioni non permetteva il sostentamento di una famiglia , ed infitti , neppur troppo lentamente , i pesci grossi ingoiarono i piccoli , le piccole proprietà si vendevano per pochi soldi , le case coloniche ed i piccoli agglomerati rurali si sfasciarono . Cotone e Corolla , che per qualche tempo furono piccoli centri agricoli , oggi esistono soltanto nel nome . Un esempio tipico ci è dato dalla tenuta degli « Acquisti » , nel piano sotto Montepescali . Con tre successivi rogiti vediamo che il conte Giovanni Corsi acquista dalla comunità di Montepescali , a prezzo vantaggiosissimo , e con l ' agevolazione delle rate annue , circa 600 moggia di terre . I contratti successivi riguardano porzioni minori , ma sono innumerevoli : orti , vigneti , oliveti , piccoli boschi . Chi vende non è più la comunità , ma i privati , e la descrizione che nei contratti si fa delle terre ( « una casetta sbandata » , « una presa di terra male in ordine di fosse » , « un fienile in poco buono stato » ) dimostra quel che è accaduto : il piccolo proprietario non ha retto , ed ha dovuto andarsene . Ce lo conferma il Salvagnoli Marchetti , che studiò a fondo l ' agricoltura maremmana verso la metà dell ' Ottocento . « Infatti la semplice ispezione delle Maremme senesi serve ad assicurare che la legge Leopoldina non ha prodotto la divisione delle terre , ma anzi le ha riunite in latifondi , e non ha arrecato alcun miglioramento all ' agricoltura , perché i possidenti di latifondi trovano tanto più utile nel far valere le loro terre , quanto più semplice è l ' agricoltura che vi impiegano e quanto minore è la somma del numerano occorrente a esercitarla . » Il peso di questa situazione cadeva , ancora una volta , sulle spalle del bracciantato , e le condizioni generali di vita non dovevano esser molto migliori di quelle descritte dal Bandini . Lo dimostra il persistente spopolamento della Maremma ( 8 abitanti per chilometro quadrato a Maghiano , 14 a Grosseto , contro i 100 di Castel del Piano ed i 140 dell ' isola del Giglio ) . Le statistiche mediche ( relative , evidentemente , ai soli ammalati censibili , e perciò inferiori alla realtà ) ci danno , nel 1841-42 , 36479 casi su appena 104mila abitanti , con 1645 decessi . Tre quarti di questi casi riguardavano braccianti , e la malattia era la malaria . Contro la malaria si è condotta la lotta più accanita , ed oggi , dopo che se ne sono individuate le cause reali , è del tutto scomparsa . Ma per secoli si è creduto che fosse prodotta dall ' aria cattiva ( e di qui il nome ) infettata dai miasmi del padule . Il Salvagnoli Marchetti , che era un medico , sosteneva con molto vigore che i miasmi diventavano pestiferi e perniciosi solo nel caso che l ' acqua del mare riuscisse a mescolarsi con quella dolce . Da qui una serie di proposte ( chiuse a bilanciere , per esempio ) per realizzare la separazione delle acque . Intanto la malaria sterminava la gente , uccidendola o rendendola inabile al lavoro , che era il caso più frequente , ed in fondo il più triste . Ecco un altro quadro , che non si discosta molto da quello già visto . Scrive il Salvagnoli Marchetti , nel 1843 : « Dalle vicine montagne scendono gli abitanti per fare la mietitura nelle pianure a gruppi di 15 o 20 . Ogni riunione trae seco le donne , e prima di arrivare al loro destino hanno già incominciato ad abusare del vino , dei liquori , di Venere . Arrivati sul campo , là bene spesso dormono all ' aria aperta , o al più in aperti capannoni , misti uomini e donne . Il loro nutrimento consiste la mattina in pane , talvolta non buono , ed in formaggio ; al mezzogiorno in pane inzuppato nell ' acqua , e mangiato con le mani ; la sera in quel che chiamano " acqua cotta " , che è pane inzuppato nell ' acqua calda e condito con sale , olio e pepe » . Oggi , in Maremma , si può vivere , e si potrebbe vivere bene ; non solo : si potrebbe vivere in più larga compagnia , ospitare lavoro forestiero . Se la Maremma è terra d ' avvenire , il merito principale va a tanti oscuri uomini che qua han lavorato , e sono morti . La storia della Maremma , che è ancora da scrivere , è in larga parte la storia di questi uomini . II . È venuta la « riforma » ma è rimasto il padrone Alla proprietà fondiaria più antica , quella , se così possiamo dire , illustre e patrizia , si è sovrapposto ed in qualche misura si è sostituito , con varia ed intrigata vicenda , un altro tipo di proprietà , più oscura e plebea : si tratta di gente venuta su dal nulla , che si è fatta la terra sia con il suo lavoro e col suo ingegno , sia inserendosi abilmente sull ' onda della fortuna , quando le circostanze generali erano più favorevoli , molto spesso in circostanze eccezionali , specialmente in tempo di guerra . Quella del '15 ci ha dato un ' altra categoria di latifondisti , e l ' ultima ha segnato l ' ingresso nella campagna del capitale industriale . E perciò , accanto ai Corsini , ai Guicciardini , ai Tolomei , ci sono giunti addosso i Ponticelli , i Pallini , gli Scaramucci ( che han nomi meno sonanti , ma non minori rendite ) ed infine le aziende agricole della Montecatini , della Valdarno , e la tenuta della SACRA ( undicimila ettari abbondanti , fino a pochi anni or sono ) che è una società anonima dietro la quale traspaiono i capitali dei Pirelli . È continuata frattanto l ' opera di bonifica , mediante consorzi in cui , guarda il caso , i maggiori agrari avevano occupato i posti chiave , sì che strade , argini e colmate si son fatti sempre dentro i loro territori : altra dimostrazione di come possa usarsi il pubblico danaro a vantaggio di una minoranza . Le statistiche , oggi , ci danno questa situazione : in provincia di Grosseto lo 0,2 per cento della proprietà occupa il 45,4 per cento della superficie , e l ' accentramento latifondistico è intenso ancora più nel piano e nella bassa collina , dove proprietà per 1'1,3 per cento occupano il 54,7 della superficie . Sette proprietà soltanto , per fare un esempio concreto , coprono 21.845 ettari di terra , sempre nel comune di Grosseto , e nell ' intera provincia si hanno ben 26 proprietà superiori ai 2.500 ettari , per complessivi 116.305 ettari . E sia ben chiaro che queste cifre si riferiscono sempre a proprietà , non a proprietari , se si tien conto della possibilità che molti proprietari hanno di mascherarsi dietro prestanomi e pseudo - società anonime , la situazione risulta anche peggiore . Per contro , salgono a 14.000 le famiglie che non hanno terra o non ne hanno a sufficienza . Che il problema sia acutissimo lo conferma il fatto che il Governo democristiano , sollecitato continuamente dalle agitazioni dei contadini e dei braccianti , ha fatto proprio in Maremma uno dei suoi primi esperimenti di riforma agraria . Della riforma a Grosseto ed in provincia parlano tutti , ed il forestiero che passi di qua , anche senza fermarsi , ha tutto il tempo di accorgersene , se non altro per i numerosi cartelli bianchi e rossi , talvolta bilingui , che l ' Ente Maremma espone lungo tutte le strade . Le critiche all ' Ente non sono poche , naturalmente : anzi , possiamo dire che ne approvano pienamente l ' operato soltanto certi gruppi che gravitano intorno alla Democrazia cristiana ed al Partito repubblicano , i socialdemocratici pongono temperate critiche marginali , di metodo . Ostili , ovviamente , sono gli agrari scorporati , che si mascherano peraltro dietro considerazioni pseudo - tecniche : i braccianti ed i mezzadri non sarebbero ancora maturi per dirigersi da sé , mentre l ' Ente opererebbe in maniera irrazionale ed arbitraria ( il che forse è giusto , ma suona male in bocca agli agrari ) . Il ceto medio cittadino , i bottegai , gli impiegati , i professionisti pongono critiche di tipo qualunquistico : considerano l ' Ente un organismo pletorico e parassitario , una « greppia » insomma . L ' Ente Maremma viene infatti normalmente chiamato « Ente merenda » , e corre spesso il motto che « quest ' Ente è proprio un gran dente » . I funzionari che si sono assunti , quasi sempre con discriminazione politica , provengono tutti o quasi tutti da fuori : e questo , naturalmente , ha suscitato risentimenti , proteste , mugugnamenti nella gente del ceto medio , sempre contraria a queste calate di forestieri . Ma son critiche approssimative , marginali , soprattutto inconcludenti , perché non si concretano in nessun atteggiamento politico o sindacale . I partiti di sinistra e le organizzazioni da essi dirette han posto all ' Ente , ed alla legge stralcio che lo ha creato , una serie di critiche di fondo , la legge stralcio non elimina il latifondo , in quanto non pone alcun limite di diritto alla proprietà terriera ; ed in questo modo elude un preciso disposto della nostra Costituzione . Inoltre essa non garantisce affatto da una possibile ricostituzione del latifondo colpito . Pur con queste riserve fondamentali , e per le quali i partiti di sinistra votarono contro quella legge , essi tuttavia si sono battuti e si battono perché almeno quella parziale riforma si attui interamente e democraticamente . I piani prevedevano l ' esproprio di 107.240 ettari , in circa 270 proprietà . Attraverso una interpretazione molto elastica dell ' art. 10 della legge , relativo alle aziende modello ( che qua davvero non esistono ) ed al criterio del terzo residuo ( un terzo della proprietà soggetta ad esproprio può essere trattenuto dal padrone , e gliene resterà per sempre una metà se nel tempo di tre anni vi avrà apportato migliorie ) , gli effettivi decreti di esproprio riguardano , a tutto novembre , circa 84 000 ettari , di cui circa la metà son stati effettivamente assegnati . Questa terra è andata a 2.700 famiglie , in appezzamenti fra i 10 ed i 20 ettari , ed a 1300 braccianti , con « quote » di 2,3 ettari . Le famiglie che avevano richiesto la terra erano circa 14 000 . Il costo della terra , che è già stata pagata agli ex proprietari , grava sugli assegnatari , ai quali si fa carico anche , per due terzi , delle spese per le migliorie , e per costruire casette , strade , pozzi artesiani . Il pagamento avviene a rate annuali , per 30 anni . Ogni assegnatario è soggetto ad un periodo di prova , che dura 3 anni , dopo il quale , a giudizio insindacabile dell ' Ente , può perdere la provvisoria proprietà . È chiaro che in certi casi gli assegnatari , soprattutto i braccianti , han migliorato le loro condizioni di vita . Alcuni hanno avuto due o tre stanze , per la prima volta in vita loro . Ora sono coltivatori con la terra e la casa ; ma alcuni con un debito che dura trent ' anni , e con un nuovo padrone che si chiama Ente Maremma , un padrone , oltre tutto , incomprensibile e senza faccia . Il contratto è per loro un continuo assillo , che li lega all ' Ente , ed a qualsiasi pressione che da questo possa venire , per un periodo equivalente al lavoro di una generazione . Nell ' elaborazione dei piani di esproprio e di divisione non si è mai tenuto conto della volontà e del parere degli assegnatari . Si sono istituite varie cooperative , ma sempre su imposizione dell ' Ente , ed i consigli amministrativi son composti in modo da escludere praticamente i contadini dalla direzione della cooperativa . Ed all ' opposto , si è agito contro le cooperative sorte liberamente nel dopoguerra , e persino contro quelle che avevano resistito sotto il fascismo . Questo è forse l ' aspetto peggiore dell ' attività dell ' Ente Maremma , quello che rivela i veri scopi che esso si propone . In sostanza , si vuol creare nella campagna maremmana un ceto nuovo di piccoli proprietari in qualche modo privilegiati , che rompa l ' unità dei lavoratori agricoli , facendo sorgere qua e là piccoli nuclei di conservazione o addirittura di reazione . Finora il gioco non è riuscito , e nelle zone di riforma le elezioni hanno assai deluso l ' Ente ed il Governo democristiano . A Rispescia , dove era stato costruito un piccolo villaggio per i braccianti , con chiesa , spaccio ed orfanotrofio , i voti democristiani si son contati sulle dita . È assai probabile che il gioco non riesca neppure in seguito , perché forte è il legame di solidarietà che unisce i lavoratori della campagna , mezzadri , coloni , braccianti , assegnatari e senza terra . Le provocazioni che si susseguono giorno per giorno trovano sempre una precisa risposta nell ' atteggiamento dei contadini maremmani . III . A passo di gambero il lavoro nelle miniere GROSSETO , novembre - La Maremma mineraria è assai scarsamente conosciuta . Il quadro che il forestiero si costruisce a distanza , e che facilmente si accetta , complice la letteratura , dal Carducci , al Fucini , al Paolieri , al Civinini , è quello di una vastissima terra piatta , destinata all ' agricoltura , al pascolo , alla caccia . In realtà la Maremma è così soltanto in parte , anche dal punto di vista economico , perché la mole del lavoro nelle miniere , la quantità di nomini che vi sono impiegati ( fino al cinque per cento dell ' intera popolazione ) fanno di questa zona d ' Italia uno dei più vasti centri minerari . Le miniere della Maremma non erano ignote agli etruschi ed ai romani , che costruirono lungo la costa numerosi forni fusori per la lavorazione di minerale di ferro ( e le scorie che ne lasciarono , intere montagnole , sono oggi ricercate per il recupero di tanto materiale ancora utilizzabile ) né trascurabili sono le miniere che vi impiantarono , ma nell ' interno , i longobardi ed i liberi cittadini della repubblica di Massa Marittima , che sorge appunto nel cuore di quelle colline , le colline metallifere . Oggi , naturalmente , le ricerche mirano ad altro minerale , soprattutto alla pirite , un bisolfuro di ferro che in passato serviva solo per costruire acciarini , ma che oggi , col metodo delle camere di piombo , si utilizza per la fabbricazione dell ' acido solforico , indispensabile e per gli esplosivi e per i concioni chimici : due usi diversi e contraddittori , ma su cui egualmente ruota tutta la politica estrattiva della Montecatini . La Montecatini ha attuato , per le piriti , uno dei più compatti monopoli industriali d ' Italia : essa infatti estrae il 90 per cento della pirite italiana , e per due terzi la estrae proprio dalle miniere maremmane , Gavorrano , Nicciolela , Boccheggiano , ed isola del Giglio . Una miniera più piccola , presso Ravi , appartiene alla Marchi di Firenze , e ricerche si stanno facendo , da parte della Ferromin , sul promontorio montuoso dell ' Argentario ; non si delinea , però , almeno per adesso , alcuna seria concorrenza alla società maggiore . Sempre della Montecatini è la miniera di lignite di Ribolla ; mentre la Valdarno estrae la sua lignite al Baccinello . Prima della guerra la Montecatini estraeva 930.000 tonnellate di pirite all ' anno , in parte utilizzata negli stabilimenti di Orbetello , in parte , anche maggiore , convogliata , attraverso una lunghissima teleferica , al mare e da qui ad altri stabilimenti . Durante la guerra la produzione si mantenne alta ed accennò anche a salire , come salì la produzione della lignite , che raggiunse le 270.000 tonnellate annue . Era appunto l ' epoca degli esplosivi , e della politica autarchica , che impediva l ' importazione di carbone straniero . Dopo la guerra , e specialmente negli anni successivi al'47 , cominciarono i primi effetti della politica atlantica . Silenziosamente la Montecatini cominciò a smobilitare . A Ribolla , per fare un solo esempio , siamo passati dai 3 600 operai del 1948 ai 1300 circa occupati oggi . Siamo dunque ad un impiego assai ridotto , e con la continua minaccia di ulteriori smobilitazioni , che la Montecatini si affanna a negare , sui manifesti che periodicamente dedica al pubblico ignaro , ma che è confermata dai fatti . Gli operai della Montecatini sono quasi tutti figli di contadini , o ex contadini essi stessi , che hanno in parte o del tutto abbandonato i campi per le miniere ( in qualche caso permane la figura dell ' operaio - contadino , che continua , nelle ore libere dal lavoro di miniera , a coltivare una sua vigna o un orticello ) . Alcuni paesi sono ormai composti da soli minatori , ed è il caso di Prata , Boccheggiano , Montecatini , Tatti . E nei casi di smobilitazione si creano situazioni penose anche per la difficoltà di reinserire nella campagna , che frattanto resta abbandonata , questa gente che ha dimenticato il vecchio mestiere . Ma non manca neppure la mano d ' opera forestiera , specialmente a Ribolla ed a Gavorrano : sono calabresi , marchigiani , siciliani , o addirittura reduci da miniere straniere , e per questo può capitare la sorpresa , visitando Gavorrano , di imbattersi in bambini che parlano solo francese . Sulle condizioni di vita e di lavoro la Montecatini ed il ceto medio provinciale , la prima per suo interesse , il secondo per ignoranza , si esprimono in maniera assai falsa . Uno degli slogan che si % on sentiti ripetere durante l ' ultima campagna elettorale , anche da oratori repubblicani , è che un minatore , oggi , guadagna più di un impiegato o di un professore di liceo . Si favoleggia dell ' enorme Miglioramento ottenuto nel dopoguerra , delle « vespe » o delle camere da letto o delle radio nuove che i minatori si son comprati . La conclusione che il ceto medio ne trae è ovvia : « E dunque , di che si lamentano ? » . Ora , è vero che le condizioni generali di vita dei minatori son molto migliorate , rispetto all ' anteguerra , quando in media il salario giornaliero non superava le 14 lire , e gli operai dovevano far decine di chilometri a piedi o in bicicletta per raggiungere il posto di lavoro . Oggi essi hanno i loro autobus , amministrati , fino a qualche tempo fa , da democratiche cooperative di trasporti ( la Montecatini poi ha impedito alle cooperative di funzionare e fa gestire gli autotrasporti da ditte private ) . I salari salirono realmente , nei primi anni del dopoguerra , e fu allora che molti giovani comprarono a rate la motocicletta ( tino sport in cui essi vedevano l ' evasione dall ' osteria ) e molti coniugati comprarono un po ' di mobili nuovi o la radio . Ma questo significa solo che i minatori maremmani non sono dei « barboni » , e sentono fortemente di migliorare sé e le proprie famiglie : è la prima sensazione che si prova visitando qualcuna delle loro povere case , tutte così linde e ben tenute , anche se minacciano di crollare , come succede a Ribolla , dove la Montecatini , per tutta soluzione , ha provveduto a legare i muri con una corda d ' acciaio , nella speranza che la corda regga e la casa non si sfasci come se fosse di cartone . I salari , oggi , nella media generale , oscillano fiale 35 000 mensili dei generici e le 45 000 degli specializzati . E va tenuto presente che il lavoro in miniera esigerebbe un ' alimentazione di prim ' ordine . Non solo : i rischi di malattie , invalidità , mutilazione e morte sono assai alti . Il minatore che lavora nella pirite , oltre che alle conseguenze dell ' umidità , è soggetto alla silicosi : per raggiungere il filone occorre un lungo lavoro di abbattimento degli strati sterili di pietra silicea , che sotto l ' azione del martello perforatore si polverizza , riempie la poca aria della galleria , e penetra nei polmoni otturandoli lentamente . Nelle miniere di lignite questo pericolo non esiste , ma c ' è in cambio quello degli incendi e della temperatura elevata , che raggiunge anche i 42 gradi . Del resto basta guardarli quando escono dai pozzi , così diversi dall ' immagine oleografica del minatore membruto o robusto , che ciascuno di noi , anche inconsapevolmente , si porta in testa . I1 minatore è in realtà tiri uomo magro e curvo , il colorito pallido e l ' andatura pesante , un uomo anche psichicamente diverso , perché avverte continuo il pericolo della morte . La Montecatini , con i soliti manifesti dedicati a chi non sa , proclama che gli incendi minerari , in Italia , son di gran lunga inferiori a quelli di altri Paesi . La verità è che , soltanto a Ribolla , siamo saliti dai 150 incidenti lievi e 35 gravi del '51 ai 200 e 50 del '52 , e che nei primi sei mesi di quest ' anno si sono avute ben dodici frane . Sono gli effetti della coltivazione a rapina , senza le necessarie « ripiene » di terra , che provoca cedimenti , frane , incendi ; e si coltiva a rapina perché si vuol smobilitare , ricavando intanto il massimo utile con la minore spesa . Il minatore è tutt ' altro che un privilegiato , è un uomo che fatica e che soffre , è un uomo che lotta , perché si è fatta una coscienza , nella fatica e nella sofferenza . In Maremma , il minatore è il proletario più moderno e più avanzato . IV . Con mezza divisione si risanerebbe la Maremma GROSSETO , dicembre - La provincia di Grosseto , con un territorio sui 450 000 ettari , quasi tutti produttivi , ha oggi una popolazione che di poco supera i 200 000 abitanti : la densità è dunque di 47 abitanti per chilometro quadrato , fra le più basse d ' Italia , superiore soltanto , e di pochi punti , a Nuoro , Sassari , Bolzano e Sondrio . Non vi sono ragioni obiettive per cui questa situazione non possa cambiare , il progresso che si è compiuto in quest ' ultimo secolo lo sta a dimostrare . Non è né demagogia né paradosso affermare che in Maremma potrebbero trovar lavoro almeno altrettante persone , mentre oggi i disoccupati permanenti si aggirano stille sei migliaia . Ancora una volta , come ai tempi del Bandini , « non v ' hanno colpa gli influssi maligni del cielo » ; la arretratezza della Maremma non sta in una sorta di maledizione naturale , ma proprio nelle « civili esecuzioni » , cioè nel cattivo governo che se ne fa . Dal punto di vista dell ' agricoltura , quella specie di riforma che vi si sta sperimentando non risolve affatto il problema , e minaccia anzi di complicarlo alquanto , e di renderne più difficile , domani , la soluzione vera . Non riesce infatti ad eliminare la disoccupazione bracciantile , e la fame di terra ; non riesce a trasformare radicalmente l ' economia agraria maremmana , che avrebbe bisogno di lavori di ben più vasto respiro . Restano , intanto , 4 000 ettari di palude da prosciugare , ed una zona assai più vasta da mettere a coltura . La irrigazione , in una terra come questa , che ha piogge scarse e mal distribuite , è ancora arretrata e rudimentale . L ' uso delle macchine e dei concimi chimici è assai inferiore alla media delle colture in altre zone agricole d ' Italia ( e l ' Italia è largamente superata , in questo settore , da altri Paesi europei ) . L ' approvvigionamento dell ' acqua potabile , senza la quale è chiaro che non vi sarà mai fruttuosa attività , è assai scarso e deficiente . Se ne parla sin dal 1938 , quando fu preparato un progetto per captare le sorgenti amiatine del Fiora e convogliare acqua sufficiente ( 714 litri al secondo ) per quasi tutti i commi della provincia , e per il comune di Piombino . Allora se ne parlò come di « una grande opera voluta dal Duce » . Oggi non c ' è più il duce e non c ' è ancora l ' acqua ; ma ad ogni campagna elettorale , puntualmente , i grossetani se la sentono promettere . Alle amministrative del '51 venne De Gasperi in persona , e chiese in cambio dell ' acquedotto tanti bei voti per il suo partito , ma lo chiese in maniera così sfacciata che si risentirono persino i democristiani . La bonifica dovrebbe essere estesa alle terre di media e di alta collina : tutti ormai hanno capito che la sicurezza dell ' agricoltura nel piano si realizza proprio lassù , e che una campagna alta disboscata ed incolta è la naturale premessa dell ' impaludamento a basso . Le acque , controllate da sbarramenti a monte ( specialmente quelle dell ' Ombrone e dei suoi maggiori affluenti ) potrebbero utilizzarsi sia per l ' irrigazione sia per la produzione dell ' energia elettrica , che la Maremma oggi riceve quasi integralmente da fuori . Ci sono strade ferrate distrutte dalla guerra e mai più ricostruite , come la Follonica - Massa Marittima e la Orbetello - Porto Santo Stefano . L ' Amiata è ancora , rispetto al resto della provincia , una isola montuosa , con strade scarse e disagevoli.1 progetti anche qui non mancano : basterebbe cominciare . 1 terreni ancora paludosi , e quelli prosciugati , ma tuttora incolti , potrebbero essere concessi in enfiteusi alle cooperative agricole , che in Maremma sono una sessantina , ed han già dato buona prova di sé trasformando radicalmente 1939 ettari di terra demaniale incolta . Le miniere di Maremma non sono sfruttate a sufficienza , né con criteri che non siano quelli della privata e ristretta utilità dei monopoli . Ancora una volta una cooperativa di lavoratori , quella degli operai del Baccinello , ha provato cosa si potrebbe fare . I minatori del Baccinello han gestito da soli la miniera per undici mesi ( la Valdarno si era dichiarata incapace a gestire utilmente il complesso ) ed han trovato il modo non soltanto di riassumere tutti gli operai licenziati , ma anche di produrre di più e meglio , e di vendere il prodotto , lasciando , a fine gestione , 6.800 tonnellate di lignite in attivo . Le 230 cooperative di Maremma han veramente lavorato bene , nella produzione , nel consumo , nei trasporti . A Massa Marittima , come altrove , le cooperative han forni , spacci , laboratori per la carne suina , un circolo del cinema , una biblioteca , una sala da conferenze ed han chiamato scrittori e critici , come Carlo Salinari , Vasco Pratolini , Carlo Cassola , Umberto Barbaro , a parlare di libri e di film . I lavoratori di Maremma han dimostrato di saper fare , di essere maturi . Ed invece , nelle miniere di pirite , si continua a produrre quanto basta alla saldezza del monopolio della Montecatini . Così i concimi agricoli si vendono a prezzi altissimi , ed il loro impiego è forzatamente limitato . Si potrebbe almeno riportare la produzione ai livelli di anteguerra , sul milione di tonnellate . La Montecatini e la Valdarno , quando tentano di smobilitare nelle miniere di carbone , affermano che la lignite maremmana , che pure è fra le migliori d ' Italia , non può reggere il confronto con i più ricchi combustibili americani e tedeschi . Ebbene , questa ricchezza del nostro suolo potrebbe utilizzarsi in altro modo , ad esempio per la gassificazione . Le possibilità di apertura industriale , sia per la produzione dell ' acido solforico , sia per la costruzione di macchine agricole , anziché ridursi , potrebbe incrementarsi . Tutto questo non è un piano astratto o utopistico , quando la Camera del lavoro l ' ha formulato le persone oneste e sensate han riconosciuto che , semmai , era un piano piuttosto cauto e prudenziale ; in fondo non faceva che riproporre una serie di progetti già da tempo esistenti . Si faceva un ' unica obbiezione : il finanziamento . Orbene , questo piano , che darebbe alla Maremma una popolazione occupata permanentemente di quattrocentomila abitanti , costa , a conti fatti , circa 46 miliardi . Che è il costo di mezza divisione corazzata . V . I funzionari dell ' Ente sono propagandisti DC GROSSETO , dicembre - Il primo ingresso delle classi popolari nella lotta politica risale , in Maremma , alla fine del secolo scorso , quando , sotto la spinta del movimento socialista , si organizzarono le prime associazioni operaie di mutuo soccorso . Fino ad allora il generale malcontento delle campagne si era manifestato attraverso le forme antisociali del brigantaggio : una fitta rete di piccoli fuorilegge , che battevano i boschi e la palude taglieggiando gli agrari , o schierandosi , per converso , dalla loro parte , contro i loro stessi compagni , con agguati , sfide , uccisioni . Si chiamavano Stoppa , Ansuini , Menichetti e Tiburzi , che fra loro fu il più potente e il più celebre . Nel primo decennio del secolo , e fino alla guerra , il movimento contadino ed operaio si allargò , prese consistenza . I socialisti di Grosseto ebbero anche un loro giornale , II Risveglio , col quale condussero le lotte politiche del dopoguerra ; nelle elezioni del 1919 , con grande sorpresa dei galantuomini locali , il Partito socialista ottenne ben 15.000 voti , e l ' anno successivo , nelle amministrative , conquistò quasi tutti i Comuni della provincia . La reazione , nel Grossetano , fu sostanzialmente diretta e foraggiata dagli agrari , uniti nel Partito liberale , che era poi nient ' altro che un comitato di agrari monarchici ed usi a dirigere di fatto la vita pubblica cittadina . Riunioni , manifestazioni e spedizioni punitive si organizzarono quasi sempre in casa di costoro , o addirittura nella sede del Partito liberale . La resistenza al fascismo , che arrivò in forze a Grosseto alla fine del giugno 1921 , fu scarsa e disorganizzata ; è chiaro , ed occorre dirlo , che da parte dei socialisti vi furono grossi errori di valutazione politica e tattica , di metodo di lotta . Gli estremismi verbali alienarono al Partito socialista ed alla causa dei lavoratori la simpatia di larghi strati della piccola borghesia urbana ; l ' inutile antinterventismo postbellico staccò dall ' organizzazione militare socialista ( gli ordini del popolo ) molti elementi , fra i reduci , che sarebbero stati preziosi per l ' esperienza acquisita negli anni di trincea . I socialisti , che anche a Grosseto apparivano ai benpensanti come gente feroce e spietata , in realtà erano anche troppo miti , e si fecero disperdere dalle squadracce lasciando sul terreno molte vittime ( i « martiri » fascisti del Grossetano sono due , uno dei quali ucciso notoriamente per errore dei fascisti stessi , contro una ventina di morti dell ' altra parte ) . Ma bisogna anche dire , a loro merito , che seppero lavorare con eroica ed assidua modestia , crearono leghe di braccianti , minatori , mezzadri , cooperative di lavoro che in qualche caso resistettero persino sotto il fascismo . Ed il frutto di questo tenace lavoro , ed anche dei loro errori , si è raccolto in questo dopoguerra . I partiti di sinistra , in Maremma , inquadrano oggi oltre trentamila iscritti , un settimo della popolazione : dodicimila lavoratori indipendenti , o di altri partiti , sono aderenti alla Camera del lavoro . Le elezioni dimostrano la forza di questa base , ed il costante progresso che ci si realizza . Il 2 giugno del '46 1 partiti di sinistra ottennero 60.625 voti . Il 18 aprile , nonostante la scissione socialdemocratica , i voti del Fronte salirono a 63.689 , contro 49mila circa di tutti gli altri partiti presi insieme . Alle amministrative del '51 , ci fu un ulteriore progresso , fino a 66.287; ed infine , il 7 giugno , i voti delle sinistre hanno sfiorato i 70mila . Contro di questi , abbiamo i 32mila circa della Democrazia cristiana , gli 11.621 dei repubblicani , i 5.000 dei socialdemocratici , i 2.500 dei liberali . I partiti minori han fatto anche qui la loro triste esperienza di sfaldamento , provocata da una sciocca politica di passiva quiescenza nei confronti del partito maggiore . Il più colpito è il partito repubblicano , che pur aveva in Maremma una bella tradizione di lotta democratica e laica , legata ai nomi di Ettore Socci e Pio Viazzi . Il Partito repubblicano aveva raccolto quasi 23mila voti nel '46; era quindi il partito più forte , dopo il comunista . Vi aderivano ufficialmente , o comunque gravitavano intorno ad esso , larghi gruppi di operai e di artigiani . Il 18 aprile subirono il primo salasso , scendendo a poco più di 17mila voti ; l ' apparentamento coi clericali nelle amministrative provocò un ' altra perdita , difficilmente valutabile , dato che spesso si eran fatte liste uniche , che punivano laici e clericali , monarchici e repubblicani . Esiziale è stato infine un truculento discorso dell ' onorevole Pacciardi , durante l ' ultima campagna ( e Pacciardi è nato a Giuncarico , pochi chilometri a nord di Grosseto ) , tanto che il Partito repubblicano ha messo insieme , come si è detto , 11.621 voti . Oggi , questo partito , che in altri tempi ha fatto veramente onore alla Maremma , è diventato una piccola conventicola di bottegai e di piccoli impiegati , diretti da un paio di verbosi professionisti , che riducono la loro attività politica al vellicamento di tardive ambizioni ed alla retorica celebrazione di qualche anniversario . Il Partito socialdemocratico non ha mai avuto funzione effettiva , e lo stesso può dirsi dell ' organizzazione sindacale da esso diretta . Quanto ai fascisti , che hanno avuto più di 7mila voti in provincia , oltre ai vecchi nostalgici inguaribili , essi raccolgono in qualche misura l ' adesione di giovani insoddisfatti e velleitari , sfiduciati da questa democrazia che essi identificano con la democrazia tout court . Ma man mano che questi giovani si trovano di fronte a reali problemi di lavoro , o di studio , o di vita , essi , riflettendo più attentamente sulle cause della loro insoddisfazione , si staccano da quella che , almeno per loro , è una posizione psicologica , e non politica , fatta di sentimenti o di risentimenti , anziché di idee . La reazione , in sostanza , è rappresentata effettivamente dalla Democrazia cristiana , che peraltro qua non ha tradizioni , scarsa e limitata essendo stata in passato la vita del Partito popolare . Ed in effetti , anche oggi i democristiani non hanno un vero e proprio partito ( gli iscritti si contano a decine ) , né efficace è l ' azione dei Comitati civici . La propaganda elettorale , oltre che all ' attività sorda delle parrocchie , è stata affidata all ' Ente Maremma . Perché questo organismo , che dovrebbe soltanto compiere un ' operazione tecnica di trasformazione fondiaria ( anche , beninteso , con un secondo scopo politico ) in realtà ha trasformato , e lo là ancora , i suoi tecnici in attivisti politici , e preme in vario modo sui lavoratori della campagna , sia discriminandoli in sede di assegnazione , sia invitandoti , in varie forme , a dar buona prova di sé , durante i tre anni di prova , abbandonando i partiti e le organizzazioni di sinistra . Non è facile stabilire fino a che punto il danaro dell ' Ente , e cioè pubblico , è stato utilizzato durante la campagna elettorale . Certo è che fra i candidati democristiani figuravano alcuni funzionari dell ' Ente , e che per loro si è svolta una vistosa ( e perciò costosa ) campagna di preferenze . II confluire spesso disorganico ed addirittura ostile di questi elementi diversi , nella propaganda democristiana , ( partito , parrocchie , Ente Maremma ) ha provocato lotte interne di cui l ' eco è giunta un po ' dappertutto . La Democrazia cristiana , sprecando un sacco di soldi in una campagna elettorale pletorica e tecnicamente errata , ha raccolto , come si è detto , oltre 32mila suffragi . Han votato per lei , oltre a quel sottopopolo che gravita intorno alle parrocchie , una parte del ceto medio cittadino ed i proprietari minimi della campagna e dell ' isola del Giglio . La Democrazia cristiana sa bene che la piccola proprietà può esserle , in qualche caso , elettoralmente vantaggiosa ; e appunto per questo ha inventato la riforma fondiaria . I partiti di sinistra devono dissolvere quest ' equivoco e conquistarsi quella parte della popolazione agraria su cui ancora agiscono gli spauracchi della « statizzazione della terra » . E devono insieme aprirsi ancora di più verso il ceto medio cittadino , soffocato da una lunga serie di complessi piccolo borghesi di cui in fondo sono soltanto vittime . Molto in questo senso è già stato fatto ; perché la piccola borghesia maremmana è sostanzialmente sana , meno gravata da tradizioni , e quindi più aperta , rispetto , mettiamo , alla piccola borghesia della Toscana interna , fiorentina o senese . È una classe , anche dal punto di vista del costume , vicina al popolo lavoratore , da cui spesso è uscita solo una generazione fa ( chi di noi non ha un nonno contadino ? ) . Bisogna che i minatori delle colline ed i contadini del piano , ma soprattutto i partiti che li dirigono , facciano un altro sforzo , anche per questa gente , che non è cattiva , che è onesta e laboriosa , pur se ha paura della Siberia .
SCRITTORE IN FIERA ( Bianciardi Luciano , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Questa volta era giornata di sole . La gente vestita col vestito buono ( perché questa volta era anche domenica e come otto milioni di telespettatori sanno , domenica è sempre domenica ) , la gente dunque faceva due ali sottili , fra il cancello e la fontana di tufo , con le statue e le aiole , che sta al centro della piazza . C ' erano genitori coi figli , ragazzi con la ragazza , vecchi che han fatto la grande guerra e applaudivano gli artiglieri di picchetto col chepì e la coda di cavallo ; c ' erano uomini bassi e atticciati , neri in testa e bluastri in viso che parevano - ma non erano - barbieri di Molfetta , e a tratti dicevano : « Per favore indietro » . Sul cancello due carabinieri alti , placcati e impennacchiati , pronti a fare il saluto . Entravano solo quelli che , scendendo di macchina , facevan vedere la tessera . L ' attesa fu lunga : prima arrivarono le motociclette fischianti della polizia stradale , con sopra gli agenti foderati di cuoio , poi le auto : cardinali , generali , autorità . Ma la macchina del presidente la riconobbero solo quando era già passata , per via delle bandierine tricolori sui parafanghi , e nessuno ebbe il tempo di battere le mani . Una delle ragazze parve delusa . « Tutto qui ? » fece . E lui : « Il meglio è dentro , sai ? » . Dentro avevano montato la tribuna e al microfono fecero i discorsi . L ' ingegnere parlò abbastanza a lungo dell ' azione , che è una realizzazione delle più profonde aspirazioni della nazione ; la nazione operosa , la città giustamente orgogliosa , la sua gente laboriosa : tesa , intesa e protesa nell ' attività , nella fattività e nella produttività , in un clima più ampio , quello del MEC . Il ministro tenne un linguaggio più acconcio alla sua professione tecnica . Infatti parlò di tecniche . Di tecniche , di metodi , di programmi , di operatori , di livelli e di piani , nel quadro , naturalmente , del wc . Auspicò anche , è vero , ma solo alla fine : per il resto discorse arane un libro aziendale , recentissimo e tradotto dall ' americano . Il presidente li stava a guardare canuto e grave . Non applaudì : solo un cenno del capo . Il presidente , prima della Grande guerra , è stato normalista a Pisa , e ha letto le prose dei maggiori , Aretino compreso . Conserviamo , noi , la scheda con cui il giovane pontederese chiedeva in prestito l ' opera completa del suo antico corregionale , paesano dell ' uno e dell ' altro Fanfani , bisnonno e pronipote , linguista il primo , corporativo il secondo , ma tutti e due piccoletti di statura . Partiti che furono presidente , generale , cardinale , autorità , carabinieri placcati e impennacchiati , artiglieri con la coda in testa , diedero la via alle turbe e in un baleno fu pieno : convenuti da ogni paese . Gli amici , quando ti scrivono , dicono sempre : « Vengo su in aprile . Voglio vedere un po ' che cosa c ' è di nuovo , quest ' anno » . Quest ' anno di nuovo c ' erano : due scimpanzé di Lombardi , amico degli animali , che tentavano di spaccare la gabbia di vetro a spallate ; il vagone della metropolitana con le gomene come un autobus ; il padiglione storico ; un ventilatore tascabile , duecentotrenta grammi pila esclusa ; un nuovo tipo di tappo per tubi da dentifricio ; un modellino di appartamento girevole , che si orienta secondo il sole ; una soletta speciale per difendere i piedi dall ' umido ; tuia fotografia , uso famiglia , di Ranieri Grimaldi e Grace Kelly , felicemente regnanti , sulla Principauté de Monaco . Per il resto come prima : formaggi svizzeri e orologi , motori a turbina grossi come case , la trivella della Pignone , tappeti colorati e pelli di pitone , e un altro sacco di roba , esposta su di un fronte ( dicono gli statistici ) di settanta chilometri , quanto basta per arrivare a Piacenza . Le turbe saranno arrivate , al massimo , fino a Lodi , poi , stanchi morti , li ritrovavi fuori , seduti sullo scalino del marciapiedi , scalmanati e rossi in faccia , col mal di testa , la bocca impastata e le caviglie gonfie . Le donne , che si erano messe i tacchi a spillo per l ' occasione , si levavano le scarpe e tenevano i piedi nudi su di un foglio di giornale .
Colloquio con Papa Paolo VI ( Cavallari Alberto , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Città del Vaticano , 2 ottobre - Papa Paolo VI mi ha parlato del Vaticano d ' oggi , della Chiesa , del Concilio , del suo viaggio a Nuova York , alle Nazioni Unite , dell ' Italia , dei rapporti Chiesa - Stato in Italia . Mi ha ricevuto nella sua biblioteca privata , di sera , alla vigilia della partenza per l ' America , conversando poi lentamente e con molta franchezza . I Papi non concedono , com ' è noto , interviste ; non ne concedono da duemila anni ; ma un colloquio com ' è stato questo so di poterlo riferire . Esso nasce da una visita al Papa fatta mentre sto compiendo , da mesi , un « viaggio in Vaticano » . Nasce dall ' occasione semplice e non dall ' ufficialità . Per giorni ho frequentato i palazzi apostolici , il Concilio , i ministeri : di qui è scaturito l ' incontro tanto raro quanto occasionale con Paolo VI , come un episodio « privato » , umano . Ed esso mi fornisce il « prologo » per queste cronache . Un prologo che porta subito al cuore del Vaticano stesso e mi consente di scrivere davvero dal « di dentro » una realtà altrimenti difficile da rappresentare . Lo scopo di queste mie note è infatti molto semplice . Un Concilio si chiude , un Papa va all ' ONU e la Chiesa conosce discussioni e trasformazioni che non conosceva da secoli . Milioni di persone guardano al Vaticano degli anni Sessanta , per chiedersi se cambia , come cambia , mentre il Concilio s ' avvia alla conclusione . Nessuna capitale del mondo , civile o religiosa , Washington , Mosca o Calcutta , è infatti come il Vaticano sotto il riflettore : perché nessuna capitale vive anni di così grande trapasso . Ma cogliere il significato di ciò che accade non è facile se non si cerca di vedere il Vaticano « dentro » , con un rovesciamento d ' ottica . Il Vaticano d ' oggi è infatti qualcosa di mobile e di fluido ; una immagine che appena si sta mettendo a fuoco e richiede continui aggiustamenti . Lo stesso Paolo VI è una prova di come sia rischioso stabilire « dall ' esterno » qualcosa di vero , poiché gli stessi che nel '64 lo definivano un soffocatore del Concilio ora lo esaltano come un intrepido sostenitore della libertà religiosa , facendone un personaggio continuamente deformato . Guardare « dall ' interno » sarà quindi un filo conduttore di queste note . E voglio subito dire che intendo solo tenere un diario , scritto proprio col tono del diario , immediato , semplice , incurante d ' architetture , e non una inchiesta . Come voglio anche aggiungere che questo diario sarà « laico » , nel senso che non pretende di discutere questioni religiose , parteggiare per la Chiesa « progressiva » o per la Chiesa « conservatrice » , o giudicare se certe decisioni siano un bene o un male per la Chiesa . Ciò che intendo descrivere è il Vaticano , non la Chiesa ; cercando di capire com ' è mutato dentro la « svolta conciliare » ; e quali nuovi organismi nascono ; come si trasformano i vecchi all ' ombra di San Pietro ; e sempre facendo parlare gli uomini che governano la Santa Sede . Ma veniamo alla prima pagina di questo diario . Papa Paolo VI mi ha ricevuto , dicevo , di sera . Sono andato alla seconda Loggia verso le sette , all ' ora in cui finiscono le udienze , mentre si spengono le luci dei palazzi apostolici . Il colloquio è durato quasi un ' ora : e riferirne i dettagli , le stesse cadenze del « parlato » , è certamente essenziale per conoscere lo stile di un pontificato . Il Papa s ' è mosso verso la porta della biblioteca semiaperta , con modi semplici , sveltamente , da uomo moderno capace di chiari rapporti umani . Sullo sfondo dei libri , dentro la luce viva d ' un salone privo d ' ori e di baldacchini , il Papa ha poi steso la mano senza imporre né sollecitare il bacio dell ' anello . Infine ha cominciato a scegliere con lo sguardo tra le poltrone che fanno circolo alla sua scrivania , finché gli è sembrato di trovare la più comoda e la più vicina per l ' interlocutore . « Venga , venga » ha detto il Papa , « si metta a sedere lì , parleremo meglio . » Né m ' è sembrato un gesto di sola cortesia ; ma piuttosto un preciso rifiuto del classico monologo dei Papi . Oltre lo scrittoio la sua figura bianca ha disegnato una immagine inedita . Fisicamente ho trovato Paolo VI disteso , spontaneo , poco somigliante al Papa teso , scarno , nervoso , oppure introverso oppure diplomatico che solitamente si descrive . Ma di questo dirò poi . « Ci fa piacere , sa , parlare del Vaticano » ha detto il Papa affabilmente con espressione arguta : « oggi molti cercano di capirci e di studiarci . Ci sono tanti libri sulla Santa Sede e il Concilio . E alcuni sono anche ben fatti , vede . Ma molti assicurano che la Chiesa pensa certe cose senza aver mai chiesto alla Chiesa cosa pensa . Mentre , dopotutto , anche il nostro parere dovrebbe contare qualcosa in tema di religione . » Qui il Papa ha fatto una pausa , una parentesi divertita . Poi ha continuato , spegnendo il sorriso : « Ma ci rendiamo conto che non è facile intendere ciò che viene fatto e viene discusso nel mondo della Chiesa . Anche il Papa , sa , certe volte fatica per capire il mondo d ' oggi » . Dopo questo preambolo senza formalità , così francamente umano , Paolo VI ha toccato gli argomenti più importanti del suo pontificato . Nel silenzio della sera , nella sala senza segretari , ha affrontato anche i temi più difficili e più critici , e l ' ha fatto da uomo del nostro tempo , che non intende eludere nulla , scopertamente deciso a una sincerità che rifiuta i rapporti facili , la simbolica simpatia o la simbolica solennità . Senza scrivere ( non si può scrivere davanti ai Papi ) ho fissato nella memoria parola per parola le sue frasi quando Paolo VI m ' ha parlato , con un realismo persino doloroso , della Chiesa e del mondo , del dialogo , della sua successione a Giovanni XXIII . « Bisogna essere semplici e avveduti » m ' ha detto il Papa « nel cogliere il senso degli anni che stiamo vivendo . La Chiesa vuole diventare poliedrica per riflettere meglio il mondo contemporaneo . Per diventarlo ha deciso di affondare l ' aratro nei terreni inerti , anche nei più duri , per smuovere , vivificare , portare alla luce ciò che restava sepolto . Questa aratura provoca scosse , sforzi , problemi . Al nostro predecessore toccò il compito di affondare l ' aratro . Ora il compito di condurlo avanti è caduto nelle nostre povere mani . » E a questo punto Paolo VI s ' è fermato , portando le mani sopra la scrivania , guardandole per un attimo , come sconcertato dalla loro fragilità . Ma poi le ha nascoste subito , quasi per un improvviso pudore , ed è passato , col realismo che dicevo , alle frasi più illuminanti del suo personaggio di Papa moderno , incapace d ' illusioni . « Molti » m ' ha detto il Papa « si chiedono perché la Chiesa compie queste fatiche . Molti si chiedono il perché del dialogo . Ma se lo chiedono perché non hanno coscienza del vero problema . Il problema vero è che la Chiesa si apre al mondo e trova un mondo che in gran parte non crede . San Carlo , a Milano , agiva in condizioni ben diverse per esempio . Quando ero a Milano ( Paolo VI si è dimenticato un attimo il noi ) ho visto le carte della diocesi ai tempi del Borromeo . I problemi erano l ' acquisto di un confessionale , una chiesa da riparare , la presenza di tre ubriaconi in una parrocchia , la questione di una fattucchiera . Ma com ' è tutto diverso , oggi . Oggi non si tratta più di una fattucchiera che imbroglia la gente . Si tratta che milioni di persone non hanno più fede religiosa . Di qui nasce la necessità per la Chiesa di aprirsi . Dobbiamo affrontare chi non crede più e chi non crede in noi dicendo : noi siamo fatti così , diteci perché non credete , perché ci combattete . » Ed ora il Papa s ' è interrotto . Ha come cercato di cancellare la tristezza che una visione così poco trionfalistica delle cose gli disegnava sul volto . Ha trovato aiuto nella sua stessa semplicità . « Ecco il dialogo » ha concluso tornando al sorriso . « È proprio tutto qui , vede . » Parlare , spiegarsi , desiderare che l ' interlocutore non si senta « isolato » , saper ascoltare , cercare continuamente di distruggere i diaframmi che si creano tra un uomo e un Papa , non abbandonarsi a una parte facile , con preoccupazione continua , commovente , m ' è sembrata una parte fondamentale del carattere di Paolo VI . La coscienza che un Papa moderno debba affrontare il rischio del discorso diretto , mobile , umanamente vero , m ' è sembrata un dato preciso della sua figura , che pare difficile perché continuamente sfuggente all ' oleografia . Ma ciò risulterà bene dal resto della conversazione mai « recitata » , sempre tesa nella franchezza . Il Papa è passato infatti agli argomenti delicati che spesso suscitano critiche al suo pontificato : il Concilio , il conflitto tra progressisti e conservatori , il suo atteggiamento verso la curia , la cosiddetta fase di stanchezza dell ' ecumenismo . Paolo VI m ' ha detto : « Questo dialogo e questo nuovo atteggiamento della Chiesa comportano discussioni dentro la Chiesa , certo . E il Vaticano per questo si trova al centro dell ' attenzione mondiale . Ma il problema vero resta ciò che dicevamo : la Chiesa in un mondo che in gran parte perde la fede . Le altre cose , sa , bisogna vederle nelle loro proporzioni reali . Dopotutto , proprio il Concilio sta dimostrando che accanto a una crisi della fede del mondo non c ' è per fortuna una crisi della Chiesa . Anche i temi più gravi , più nuovi , come la libertà religiosa , sono dibattuti con amore della Chiesa . E lei capisce cosa questo problema significhi » . Il Papa ha fatto una pausa , sottolineando col silenzio questo problema « liberale » del suo pontificato . Ha quasi desiderato che dicessi qualcosa e m ' ha lasciato dire . Poi ha continuato : « Lo stesso formarsi di due parti , progressisti e non progressisti , come si dice , non implica mai il problema della fedeltà . Tutti discutono per il bene della Chiesa , e non emergono né defezioni né preoccupanti segni di lotte interne . Se ci fossero , come dicono molti , il Papa se ne preoccuperebbe , sa , e lo direbbe chiaro . È qui per questo il Papa ! » . Nel dire ciò Paolo VI ha avuto un ' espressione di humour indicando la poltrona su cui siede , ed è andato avanti così , dentro questa vena d ' umore spontaneo . Criticato come difensore della curia , il Papa ha persino affrontato questo tema . Non vi è arrivato , si capisce , intenzionalmente , ma trasportato dall ' humour che dicevo . « Molti problemi » m ' ha detto « vengono deformati da chi sta lontano . Ma è stato bene discuterli , perché discutendo si sono semplificati . Prenda tutte le discussioni che si sono fatte sulla curia , per esempio . Lei conosce tutte quelle accuse , di centralismo , di romanesimo . Ma ora il problema sta prendendo le sue dimensioni reali . È bastato venire a Roma per vedere che la Chiesa sta molto meglio in salute che in passato e che certi suoi difetti non sono drammatici . » Paolo VI m ' è sembrato , in questo passaggio , stimolato dalla sua esperienza di ex sostituto alla segreteria di Stato , di « tecnico » della Chiesa . S ' è messo a raccontare volentieri , rapidamente . « In passato , la Chiesa era dominata da re e imperatori , mentre adesso è libera , e il Papa ragiona come gli pare . In passato , c ' era il nepotismo e adesso non c ' è più . In passato , c ' erano casi di simonia ed ora certamente non se ne può parlare . Anche alcune persone della curia , lei lo sa , peccavano talvolta di simonia . E sa perché ? Accadeva che la curia per autofinanziarsi faceva pagare i documenti degli atti che le venivano richiesti . Mentre oggi la curia riceve i suoi compensi regolari , come ogni buona amministrazione del mondo . Questo stesso argomento è quindi da sdrammatizzare . Sono necessarie riforme tecniche , certo , per lavorare meglio . Ci saranno attriti personali da accomodare . Ma gravi problemi non sono emersi . Fosse il contrario , sarebbe nostra cura risolverli . Lei pensa che il Papa negherebbe i mali del governo vaticano se ce ne fossero ? Li elencherebbe , li studierebbe , poi li eliminerebbe . » Paolo VI ha di nuovo sorriso , nel piacere di un discorso obbiettivo : come un tecnico che parla di un meccanismo che conosce ; ma anche come un Papa che non difende la linea curiale per partito preso , e solo intende essere interprete di una sdrammatizzazione dei fatti , provocata dal Concilio stesso . Preso da questo stato d ' animo ha continuato in questa chiave umana anche parlando dell ' ecumenismo . « Il Concilio serve a semplificare molte cose » ha detto ancora . « Anche considerato come incontro tra gli uomini di diverse Chiese . Lei ha visto gli osservatori al Concilio ? Li veda , li veda . Mancano quelli di Atenagora , per le ragioni che si sanno . Ma gli altri vengono , ci conoscono . Nessuno ha fatto ancora un passo decisivo , sa . Non bisogna illudersi . Ma intanto l ' atmosfera è cambiata . Un giorno , per esempio , è venuto a trovarci , con gli osservatori , un valdese . S ' è affacciato all ' uscio , ci è venuto incontro e , stendendo la mano , ha esclamato : " Buongiorno , sono cinquecento anni che non ci vediamo ".» E raccontando questa storia il Papa ha riso apertamente . Paolo VI ha lasciato passare un po ' di secondi , quasi per consentire una domanda , e così il discorso si è spostato sul viaggio all ' ONU . Ma anche qui la sua parola è stata come colorita dall ' humour e dal sorriso . Il viaggio all ' ONU del Papa ha infatti aperto numerose discussioni sul suo « attivismo » e sul significato dei suoi interventi nella politica internazionale . Ma sul viaggio in America Paolo VI ( primo Papa che passa l ' Atlantico ) s ' è intrattenuto ancora con semplicità . Il discorso s ' è fatto , anzi , tanto immediato che il Papa ora parlava con chiare inflessioni lombarde . Sul viaggio all ' ONU Paolo VI m ' ha detto : « Già , già . Ora faremo anche questo viaggio . Ci hanno chiesto di andare per celebrare il ventesimo anno dell ' ONU e noi abbiamo risposto di sì . Il Papa non può mica rispondere : " Grazie tante , non ho tempo " . Fosse per noi , si potrebbe anche risparmiare fatica e quattrini . Ma per la prima volta i capi di tutto il mondo riuniti vogliono ascoltare la parola del rappresentante di Cristo , e noi non possiamo non fare questo viaggio . Così , mettiamo il mantello del pellegrino , che poi è il mantello di San Rocco , mi creda , e proprio come San Rocco andiamo laggiù » . Così dicendo , il Papa ha scosso la testa ; m ' è sembrato l ' uomo giunto quasi ai settanta anni che rammenta la fatica umana di certe cose ; ma anche stavolta discrezione e pudore hanno immediatamente rovesciato l ' espressione assorta , un po ' triste , che gli s ' annunciava negli occhi . Ha rifiutato questa immagine patetica con prontezza e subito l ' ha corretta col sorriso : « Dovremo fare come dice il salmo , sa . Loquebar in conspectu regum et non confundebar : parlerai davanti ai re e non ti confonderai . Ma chissà se anche noi riusciremo a cavarcela bene o male davanti a tanta gente importante » . L ' orologio dorato che c ' è sul tavolo del Papa ha nuovamente suonato . Ma Paolo VI non s ' è alzato . Ha raccolto l ' inizio d ' una domanda sull ' Italia e l ' ha portata avanti , senza abili retoriche e frasi di circostanza , fino al terreno spinoso dei rapporti Stato - Chiesa : « Spesso ci chiedono una parola sull ' Italia » ha detto « ma è così difficile dirla . Se la diciamo , osservano che il Papa interviene nelle questioni italiane . Se non la diciamo commentano che il Papa non ha il coraggio di dichiarare il suo pensiero . Di quando in quando , certo , siamo intervenuti . Ma lo facciamo solo perché problemi religiosi e morali comportano il nostro insegnamento . Ma ciò non significa che il Papa sia per l ' intervento e voglia trattare i cattolici italiani diversamente dagli altri cattolici . Non è certo qui che si consiglia una operazione politica o un ' altra » . Paolo VI ha posato la mano sul tavolo dicendo « qui » con decisione . Poi , ha voluto andare oltre , fuori d ' ogni ambiguità . « L ' Italia , l ' Italia » ha detto come emozionato . Ma nel timore della retorica ha represso anche il sentimento affettuoso che stava affiorando , e ha scelto ancora la strada difficile del discorso vero . « Molte cose non sono facili » m ' ha detto « ma forse la buona volontà aiuterà gl ' italiani . Il cammino è faticoso , ma non bisogna perdersi d ' animo . Vede ? Il problema di fondo è morale . Si sono fatti progressi , costruite strade , eccetera . Ma forse nel cuore degli uomini non c ' è stata un ' uguale ripresa e , come dire ? , sotto la superficie c ' è qualcosa d ' inquieto che corrode e divide . Ma non vorrei continuare . È così facile fraintendere la parola del Papa sull 'Italia.» Paolo VI però non s ' è fermato . Il problema dei rapporti Stato - Chiesa costituiva un nodo , ora , del suo stesso discorso e il Papa ha voluto tagliare anche questo difficile nodo . L ' ha fatto con la tristezza del suo realismo , con l ' umiltà dell ' intellettuale che non esclude il problema . « Noi siamo in una posizione delicata » m ' ha detto il Papa . « Stato e Chiesa , Chiesa e Stato : ecco un rapporto reso difficile dal fatto d ' essere noi in Italia . Sappiamo che , per questo aspetto , significhiamo un problema per la vita italiana . Lo sappiamo , sa ? Certe volte siamo scomodi , anche per coloro che ci vogliono bene . » E il Papa è rimasto a pensare , mettendo nell ' annoso discorso politico questo accento d ' umanità sincera . « Ma bisogna » ha continuato « trovare una soluzione . Bisogna giungere a un rispetto reciproco . Ognuno deve stare nel proprio campo . Noi desideriamo che gli italiani facciano la loro esperienza liberamente . Noi ripetiamo continuamente ai nostri preti : non mescolatevi , non chiedete , non bazzicate per sentieri indebiti . » Allargando le braccia , come per accompagnare meglio una rassegnazione , il Papa ha allora concluso : « Ma viviamo sullo stesso suolo e l ' intrecciarsi della vita quotidiana spesso contraddice le nostre linee generali . Spesso per la Chiesa è scomodo avere i piedi sulla terra » . Paolo VI s ' è preparato , a questo punto , per il congedo . Ma poi s ' è come pentito : ha preferito un ' ultima riflessione che , sfiorando il problema del controllo delle nascite , ha come riassunto con lucida semplicità ciò che direi la sua posizione storica . « Quanti problemi ! » ha detto il Papa come parlando a se stesso . « Come sono numerosi e come sono numerose le risposte che dobbiamo dare . Vogliamo aprirci sul mondo e dobbiamo decidere giorno per giorno cose che avranno conseguenze nei secoli . Dobbiamo rispondere alle domande dell ' uomo d ' oggi , del cristiano d ' oggi , e ci sono domande particolarmente difficili per noi , come quelle legate ai problemi della famiglia cristiana . » Poi il realismo del Papa è stato immediato . « Prenda il birth control , per esempio . Il mondo chiede cosa ne pensiamo e noi ci troviamo a dare una risposta . Ma quale ? Tacere non possiamo . Parlare è un bel problema . La Chiesa non ha mai dovuto affrontare , per secoli , cose simili . E si tratta di materia diciamo strana per gli uomini della Chiesa , anche umanamente imbarazzante . Così , le commissioni si riuniscono , crescono le montagne delle relazioni , degli studi . Oh , si studia tanto , sa . Ma poi tocca a noi decidere . E nel decidere siamo soli . Decidere non è così facile come studiare . Ma dobbiamo dire qualcosa . Che cosa ? ... Bisogna proprio che Dio ci illumini . » Il mio colloquio con Paolo VI è finito così . E ora cercherò di dire l ' impressione che m ' ha lasciato ( omettendo naturalmente le emozioni di una simile esperienza umana ) . Anzitutto vedrei in questa conversazione quasi un « autoritratto » , che modifica parecchio certe immagini correnti . La successione a Giovanni XXIII ha infatti cristallizzato intorno a Paolo VI il gioco dei contrasti e i difetti dello psicologismo . Di qui la contrapposizione simpatia - rigore , allegria - amletismo , estroversione - angoscia e il fatale derivarne di certe deduzioni sui suoi metodi di governo , pure incentrate su formule fisse , come apertura - chiusura , dialogo aperto - dialogo controllato , progresso - involuzione , mentre da questo colloquio risulta solo l ' inesattezza e l ' inutilità delle interpretazioni psicologiste . Paolo VI è in buona salute : abbronzato ; persino addolcito nei tratti fisici dagli anni : dimostrazione palese di come siano infedeli certi mezzi di propaganda televisivi e fotografici che lo mostrano teso , freddo , pallido . Come umore , non m ' è parso posseduto da incubi o da nevrosi : ciò che pare angoscia m ' è sembrata riflessività ; ciò che si definisce amletismo m ' è parso realismo , con le flessibilità che il realismo comporta ; e ciò che si descrive come indecisione , forse corrisponde a gentilezza di modi , prudenza , gradualismo . Infine , direi Paolo VI un uomo del suo tempo , non desideroso del gesto facile , ma del discorso privo d ' effetti ; cosciente che il suo tempo comporta solitudine , dubbio , contraddizione , e il coraggio impopolare di esprimerli ; un Papa , insomma , che conosce la situazione storica in cui si muove , e la vive con una emozione segreta . Ma queste sono solo impressioni e non desidero fare della psicologia a mia volta . Mi pare che dalla conversazione risulti piuttosto come Paolo VI vada affrontato col metodo delle personalità rappresentative . Egli interpreta un momento storico che continua ma non è più quello di Giovanni XXIII . Le sue affermazioni sullo Stato e la Chiesa lo ripropongono un Papa « liberale » ; paiono persino anticipare un diverso modo d ' intendere la politica concordataria . La sua posizione di continuità rispetto a Giovanni XXIII non è certamente oscura ; il rifiuto di ogni « trionfalismo » nella visione dei problemi vaticani è d ' un realismo quasi drammatico ; il suo « curialismo » è certamente vero , ma di natura tecnica e non politica : il suo « efficientismo » è , certo , adesione alle necessità di un ' epoca oltre che il risultato di un carattere nuovo . Ma in un punto del colloquio c ' è forse la chiave vera del suo ruolo . E mi riferisco all ' ultimo discorso sulle « decisioni solitarie » . Passati gli anni Cinquanta , gli anni delle annunciazioni gloriose , corrono ora i difficili anni Sessanta . Il papato di Paolo VI è il primo che viene caratterizzato da un Concilio . La Chiesa che ha accolto « il pluralismo dei problemi » del mondo moderno , ora deve interpretare questo pluralismo e scegliere una « pluralità di strumenti » . Ecco il destino di Paolo VI , ed ecco il Vaticano che cambia . Mentre dura il Concilio , e sotto la cupola di San Pietro dura la fase della « creazione » dottrinaria , spetta , a Paolo VI tradurre in « azione » gli orientamenti nuovi . È l ' epoca senza gioia delle decisioni . Paolo VI interpreta quest ' epoca nuova , che non può essere giudicata giorno per giorno .
L'EPIDEMIA DEL SABATO ( Bianciardi Luciano , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Pare che la causa della epidemia sia un gas , che cala sulla città all ' una esatta del sabato , quando dagli uffici sfollano gli impiegati , con lo sguardo tetro , la testa incassata fra le spalle , le gambe rigide eppur alacri . Il morbo dicono che colpisca soprattutto le donne , e pare che si manifesti in due forme distinte . Non è impossibile , tuttavia , ritrovarle ambedue nello stesso soggetto . Febris emitoria vien definita la prima forma del morbo , febris amatoria , la seconda . Nella donna colpita da febris emitoria saltano subito agli occhi , anche del profano , due sintomi : il « tic del borsellino » e lo « spasmo del mercato - lontano » . I tram , ingombri gli altri giorni di gente che fila al lavoro , straripano al sabato pomeriggio di donne armate di sporta , che traversano la città , avendo saputo che nell ' altro quartiere le patate costano dieci lire di meno . Con l ' invenzione dei supermercati la malattia ha preso un andamento esterofilo , americanoide . Al supermercato accorrono in macchina , anche dalle città limitrofe . Meglio ancora in giardinetta che ha spazio dietro da ingombrare di scatole : carne , pesce , burro , birra , fave e noccioline , tutto in scatola . Dal frigorifero grande del supermercato la merce passa così ai frigoriferi ( detti un tempo ghiacciaie ) dei privati . Le cassiere con la bustina gialla battono i prezzi sui tasti della calcolatrice , con dita che paiono cavallette . Dal soffitto dello stanzone , che ha luce di acquario , trasudano le note di You Are My Destiny . Eppure il sabato le donne sembrano tutte più grasse , hanno i fianchi più tondi , le palpebre più grevi , gli occhi più umidi . Stasera , liberi i mariti dal pensiero della partita doppia ( hanno in mente , semmai , la partita di calcio ) , ci sarà festa , a letto . Raddoppia il numero delle passeggiatrici , calate anche dalla provincia . Nei vialoni semibui della periferia si fa più lunga la fila delle macchine , col fanalino rosso acceso dietro , e dentro un moto intenso di teste . È l ' altro morbo , la febris amatoria . Poco dopo l ' una di notte esce frettolosa l ' ultima coppia clandestina dalla Pensione delle Rose . Bisogna far presto , il sabato è finito da un ' ora . Domani faranno il bagno , tutti e due , e poi a messa .
DIALOGO SULLA COMPETENZA ( Bianciardi Luciano , 1959 )
StampaQuotidiana ,
S ' era vista poche volte una partita così brutta . I biancoazzurri facevano siepe in area e non c ' era verso di passare : stinchi , gropponi , teste respingevano la palla e la gente sulle gradinate , stanca di gridare , s ' era ormai ammutolita e sbadigliava di noia . Per fortuna allo stadio ero con Giorgio , e poiché Giorgio , amico mio , è oggi il più competente che ci sia in Italia di problemi politici , io in tendevo profittarne e chiedergli certe cose sulla questione della competenza . Ma bisognava trovare il modo di far cadere il discorso proprio lì : Giorgio infatti , e chissà poi perché , seguiva attentissimo il mediano destro biancoazzurro , di nome Malatrasi . « Guarda il Malatrasi » , diceva Giorgio ogni tanto , « guarda il Malatrasi » . « Somiglia un poco a Colombo » , feci io . « Chi Colombo ? » « Il ministro , naturalmente com ' era quindici anni or sono » . « E com ' era Colombo , quindici anni fa ? » « Come il Malatrasi ora . Io me lo ricordo , era soldato insieme a me » . « Chi , il Malatrasi ? » « No , il Colombo , il ministro del Lavoro » . « Non del lavoro » , fece Giorgio . « Ah già , dell ' Agricoltura , scusami » . « Non dell ' Agricoltura . Dell ' industria e Commercio . Ministro dell ' Agricoltura era con Fanfani , ora è ministro dell ' Industria e Commercio » . « E se ne intende ? » « Di cosa ? » « Dico , se ne intende di industria e commercio ? » « No , non se ne intende . » « Si intendeva di agricoltura ? » « No , nemmeno di agricoltura . Di agricoltura si intendeva Medici , un poco » . « E Medici di che cosa è ministro ? » « Dell ' Istruzione » . « E se ne intende ? » , Giorgio cominciava a perdere la pazienza . « No , non se ne intende . Ha insegnato , ma sempre e soltanto scienze agrarie . Ci sarebbe un ministro che di scuola sa qualcosa , è stato professore » . « E chi è ? » « È il Rumor , il ministro dell ' Agricoltura . Ma guarda il Malatrasi , guarda il Malatrasi , dannato , come fa l ' ostruzionismo » . Poco dopo l ' arbitro fischiò , perché era finito il primo tempo . Nell ' intervallo , mentre la gente intorno a noi parlava di catenacci e di assassinio del football vero , e gli altoparlanti imbonivano macchine da caffè e gelati , io decisi di stringere Giorgio alle corde , e di fargli dire tutto quel che sapeva sulla questione della competenza . « Senti , Giorgio » , feci all ' improvviso , « secondo te c ' è un ministro che si intenda degli affari del suo dicastero ? » Giorgio parve rifletterci sopra , come se mentalmente scorresse una lista , poi fece : « No , ora come ora un ministro competente non l ' abbiamo . Pella si intende di questioni fiscali , ma non di politica estera . Il che non è gran male , del resto , perché una politica estera italiana non c ' è . Andreotti credo che neppure abbia fatto il soldato , e perciò di cose militari ne sa meno di te che , se ben ricordo , sei sergente di fanteria . Nemmeno nel caso suo è male . Le forze armate le comandano generali stranieri , i piani li fanno al Pentagono , e li cambiano ogni due settimane . Più o meno gli altri sono sullo stesso piano » . « Ma tu non credi » , feci , « che le cose andrebbero meglio , se i ministri conoscessero il loro mestiere ? » « Meglio per chi ? » «Be'...» era una domanda che non prevedevo , « meglio per il governo » . « No , no , per il governo no . Per il governo le cose andrebbero peggio , se il ministro dell ' Agricoltura sapesse distinguere un maggese da un coltivo , o se il ministro delle Finanze sapesse leggere un bilancio . Se uno o due conoscessero il proprio mestiere , in meno di due mesi gli altri li costringerebbero a dimettersi , ed il governo sarebbe quanto mai instabile . Ora , anche i nostri governi sono instabili , ma non certo a motivo della loro incompetenza . Invece , con venti o trenta ministri incompetenti in pari misura , il governo da quel lato sta sicuro . Se cade , cade per altre ragioni » . « Insomma sono mai esistiti ministri competenti ? » « Nel dopoguerra ce ne fu uno . Volevano impiccarlo » . « Ma se gli uomini di governo sapessero il fatto loro , non credi che le cose andrebbero meglio per i governati ? » « Per i governati sì , certamente . Ma la politica , caro mio , non è mica scienza del benessere . In questo caso si chiamerebbe filantropia . La politica , da Machiavelli in poi , è scienza del potere . Esser ministro dell ' Agricoltura non significa mica sapere come si coltiva un campo . Significa invece avere in mano una certa fetta di potere , conservarla , usarla in vista di una fetta più grossa e così via » . « E i ministri cosa fanno , allora , dalla mattina alla sera ? » « Conservano la fetta , cioè lottano per il potere , in linea generale . » « Ma in pratica , cosa fanno ? » « Ricevono gli elettori , inaugurano mercati rionali , si riuniscono , studiano il modo migliore per non farsi fregare , o per fregare gli altri » . « I governati ? » « Non direttamente . Dei governati si occupano poco . Solo quando c ' è da parlare alla televisione » . Non ne potevo più . « Ma allora , secondo te , per quale ragione oggi si predica la competenza , la specializzazione ? Senti sempre dire operai specializzati , tecnici specializzati , intellettuali specialisti » . « Sì , ma chi predica la specializzazione mica si specializza . È sempre stato così , e tu me lo insegni . Se hai intenzione di rubare , per prima cosa che fai ? Predichi l ' onestà , naturalmente . Perché se tutti si mettono a rubare a te , dopo , cosa resta ? Guarda per esempio quel numero quattro che fa l ' ostruzionismo , quel Malatrasi dannato ... » .