StampaQuotidiana ,
MONTEPESCALI
,
giugno
-
Montepescali
si
vede
benissimo
,
passando
in
treno
,
pochi
chilometri
a
nord
di
Grosseto
.
E
un
paesino
in
vetta
di
un
colle
,
come
tanti
altri
della
Maremma
,
di
chiara
origine
feudale
,
con
le
stradine
ripide
e
tortuose
,
vecchie
case
,
palazzotti
con
qualche
pretesa
.
E
come
tutti
i
paesini
feudali
di
Maremma
,
tende
a
formarsi
a
fondo
valle
un
vasto
sobborgo
moderno
,
col
distributore
di
benzina
,
lo
spaccio
di
vino
e
tabacchi
,
la
trattoria
per
i
camionisti
.
Nel
caso
di
Montepescali
,
il
sobborgo
moderno
si
chiama
Braccagni
,
un
agglomerato
di
case
disteso
sulla
via
Aurelia
,
e
accanto
alla
ferrovia
che
raduna
tutta
la
vita
della
vasta
pianura
sovrastata
dal
colle
.
Oggi
,
Braccagni
,
con
tutta
la
campagna
,
conta
più
di
tremila
abitanti
,
mentre
su
al
paese
non
ve
ne
sono
più
di
mille
.
E
fu
un
giovanotto
di
Braccagni
,
proprio
il
padrone
della
trattoria
,
che
ci
propose
la
conferenza
.
Aveva
sentito
dire
che
alla
biblioteca
cittadina
si
conserva
un
vecchio
volume
di
cartapecora
,
che
riguarda
la
vita
amica
di
Montepescali
,
e
ci
chiese
di
illustrarlo
,
di
leggerlo
.
«
Non
velo
dovete
tenere
tutto
voi
;
è
anche
roba
nostra
,
e
celo
dovete
far
vedere
.
»
Fu
così
che
decidemmo
di
inaugurare
le
gite
del
bibliobus
,
proprio
come
una
lettura
commentata
degli
Statuti
del
comune
di
Montepescali
,
redatti
nel
1427
da
Intendem
ser
Egidi
,
Nello
Nicolai
Nelli
e
Antonio
Di
Simone
.
Nella
vetrina
del
bibliobus
,
mettemmo
in
bella
mostra
il
codice
manoscritto
in
bei
caratteri
rossi
e
neri
su
pergamena
logora
dall
'
uso
,
e
con
i
margini
pieni
di
chiose
.
La
gente
si
avvicinava
,
nella
piazzetta
,
intorno
all
'
autofurgone
,
a
guardare
gli
scaffali
metallici
,
nell
'
interno
,
tutti
pieni
di
libri
:
c
'
era
l
'
Università
Economica
,
la
collezione
popolare
Einaudi
,
rossi
e
grigi
,
i
volumetti
cinerini
della
BUR
di
Rizzoli
,
i
tometti
eleganti
e
ben
legati
con
la
copertina
bianca
e
rossa
di
Mondadori
.
E
poi
una
raccolta
di
costituzioni
antiche
e
moderne
,
dall
'
Inghilterra
agli
Stati
Uniti
,
all
'
Urss
,
all
'
Italia
.
Ed
ancora
:
manuali
Hoepli
di
divulgazione
tecnica
,
la
coltivazione
del
grano
,
le
assicurazioni
sociali
,
l
'
allevamento
del
bestiame
;
una
piccola
enciclopedia
,
un
dizionario
,
la
Bibbia
ed
il
Corano
.
Nella
vetrina
di
esposizione
,
accanto
agli
«
Statuti
»
una
modernissima
edizione
d
'
arte
su
Picasso
,
ed
il
secentesco
Teatro
del
mondo
di
Abramo
Ortolio
,
aperto
alla
tavola
della
Maremma
,
dove
tutti
cercavano
Montepescali
.
Ma
l
'
attenzione
maggiore
andava
agli
Statuti
,
al
libro
di
Montepescali
,
come
già
tutti
lo
chiamavano
.
Al
teatro
venne
tanta
gente
,
potevano
essere
duecentocinquanta
o
trecento
.
Gli
statuti
del
comune
di
Montepescali
sono
un
aspetto
della
generale
revisione
statutaria
che
la
repubblica
di
Siena
ordinò
tra
la
fine
del
Trecento
e
l
'
inizio
del
Quattrocento
,
per
ovviare
alla
gran
confusione
legislativa
che
si
era
creata
con
la
promulgazione
di
tana
vera
e
propria
selva
di
norme
spesso
contraddittorie
o
pleonastiche
.
Sotto
questo
aspetto
,
gli
statuti
di
Montepescali
non
differiscono
molto
da
tutti
gli
altri
.
La
grossa
novità
e
il
motivo
centrale
di
interesse
stanno
nel
fatto
che
alla
redazione
hanno
visibilmente
partecipato
uomini
del
popolo
di
Montepescali
:
da
qui
la
vivacità
della
stesura
,
e
soprattutto
l
'
aderenza
a
problemi
concreti
della
comunità
.
Si
insiste
a
lungo
,
ad
esempio
,
sulla
necessità
di
una
rigorosa
regolamentazione
idrica
:
«
La
fossa
maestra
,
la
fossa
del
pozzo
,
la
fossa
de
la
lama
,
le
fosse
di
corneccoli
,
la
fossa
de
le
pastine
,
infino
a
la
lama
mantelluccia
,
la
fossa
a
lato
a
la
via
de
'
pastini
et
la
fossa
de
la
roveta
,
la
fossa
del
piano
di
Sancto
Martino
,
la
fossa
di
Sansucola
,
la
fossa
d
'
archi
,
et
la
fossa
de
la
piscina
di
prato
vecchio
cl
comune
di
Montepescali
faccia
mantenere
et
acconciare
da
quelli
che
sono
vicini
ad
esse
fosse
,
quanto
tiene
el
loro
»
.
Ed
ecco
,
attraverso
la
norma
,
questa
drammatica
descrizione
della
cattura
di
un
malfattore
:
«
Se
assalimento
o
offesa
in
persona
,
con
effuxione
di
sangue
o
senza
,
homicidio
,
furto
o
robaria
,
o
alcuno
altro
enorme
delicto
fusse
commesso
in
Montepescali
,
o
ne
la
sua
corte
,
per
alcuna
persona
et
romore
ne
nascesse
,
ciascuno
al
romore
coll
'
armi
sua
debba
trarre
et
pigliare
al
mal
fattore
et
menarlo
preso
et
ne
la
forza
del
comune
di
Siena
preso
ci
debba
inectare
»
.
O
il
tono
dell
'
igiene
cittadina
,
attraverso
questa
colorita
vignetta
:
«
Lavatura
di
scudelle
o
altra
bructura
de
le
finestre
ne
le
vie
non
si
gitti
per
alcuna
persona
,
ac
,
prima
,
chi
la
gitta
no
dica
tre
volte
guarda
,
guarda
,
guarda
,
a
la
pena
di
soldi
cinque
di
denari
per
ciascuna
volta
et
mendi
el
danno
a
chi
Farà
ricevuto
senza
alcuna
dilazione
»
.
Ed
ancora
,
due
norme
di
moralità
pubblica
:
«
Per
servare
l
'
onestà
avemo
statuito
che
,
quando
le
femmine
macendolano
el
lino
,
nessun
huomo
vi
s
'
accosti
né
vada
a
casa
,
né
presso
si
stia
passando
per
via
né
con
le
femmine
favelli
»
.
«
Per
conservare
l
'
onestà
delle
donne
,
et
a
riparare
che
inconvenienti
ne
seguino
,
aviamo
deliberato
che
nessuna
femmina
,
nel
tempo
si
lavorano
le
vigne
et
si
fa
raccolta
de
'
biadi
,
possa
portare
agli
uomini
mangiare
né
bere
»
.
Un
vecchio
seduto
in
prima
fila
e
che
aveva
ascoltato
senza
perdere
una
parola
,
a
questo
punto
esplode
:
«
E
allora
,
come
facevano
quei
disgraziati
?
Dovevano
lavorare
senza
mangiare
?
Questa
legge
la
devono
aver
fatta
i
preti
»
.
E
non
ci
fu
verso
di
fargli
intendere
il
contrario
.
Si
affollarono
in
molti
,
dopo
la
lettura
,
a
chiedere
spiegazioni
.
«
È
vero
,
professore
,
che
le
donne
non
potevano
andare
ai
funerali
?
Perché
?
»
Qualcuno
aveva
preso
in
mano
il
codice
e
compitava
attento
la
scrittura
quattrocentesca
;
poi
chiesero
,
come
primo
prestito
del
bibliobus
,
una
copia
degli
statuti
.
«
Ma
poi
tornate
,
tornate
presto
,
a
parlarci
,
a
darci
altri
libri
.
»
Eravamo
contenti
al
ritorno
.
Soprattutto
per
questa
constatazione
.
Si
può
fare
della
cultura
popolare
anche
su
di
un
«
cimelio
»
.
Si
può
legare
la
tradizione
con
le
esigenze
moderne
e
popolari
.
Si
può
interessare
un
pubblico
non
specializzato
proprio
sudi
una
rarità
bibliografica
,
che
di
solito
si
tiene
chiusa
in
cassaforte
,
in
attesa
di
mostrarla
agli
specialisti
.
StampaQuotidiana ,
RIBOLLA
,
luglio
-
Se
c
'
è
un
luogo
,
qua
in
Maremma
,
che
contraddice
la
immagine
convenzionale
che
molti
hanno
di
questa
terra
(
i
butteri
,
il
palude
,
i
cinghiali
)
quel
luogo
è
certamente
Ribolla
:
su
di
una
pianura
disuguale
,
ondulata
da
brevi
collinette
brulle
,
si
stendono
sparpagliate
le
casupole
dei
minatori
,
congiunte
da
una
lunga
strada
tortuosa
,
piena
di
polvere
.
Al
centro
,
sudi
un
viale
più
largo
,
un
edificio
di
chiara
architettura
del
ventennio
,
che
fu
la
sede
del
Dopolavoro
,
poi
alcune
palazzine
con
qualche
pretesa
,
uno
stento
giardinetto
,
gli
eucaliptus
annosi
,
che
in
Maremma
furono
piantati
quando
si
credeva
che
potessero
contribuire
ad
eliminare
l
'
umidità
del
terreno
,
e
quindi
la
malaria
.
Da
Ribolla
si
estrae
carbone
fossile
,
lignite
,
una
vecchia
miniera
che
era
già
in
attività
prima
dell
'
altra
guerra
.
La
guerra
,
anzi
,
ha
sempre
dato
maggior
lavoro
a
Ribolla
:
fu
così
al
tempo
della
Prima
,
è
stato
così
con
la
Seconda
,
quando
gli
operai
salirono
sopra
i
cinquemila
.
Da
allora
è
stata
una
progressiva
riduzione
del
personale
dai
tremilaseicento
del
'48
siamo
ai
milletrecento
circa
occupati
oggi
.
La
Montecatini
,
che
qui
è
proprietaria
,
oltre
che
della
miniera
,
anche
degli
impianti
,
delle
strade
,
delle
case
,
e
dell
'
aria
,
scrive
sui
manifesti
che
non
è
vero
quanto
affermano
le
organizzazioni
sindacali
,
che
cioè
si
intende
smobilitare
,
ma
le
cifre
restano
quelle
e
quella
è
la
tecnica
.
Si
cominciò
col
mandare
a
casa
gli
ultrasessantenni
,
poi
si
istituirono
premi
di
smobilitazione
per
chi
intendeva
andarsene
,
prima
sessanta
,
poi
cento
,
infine
trecentomila
lire
per
ogni
autolicenziato
.
Dei
cinque
pozzi
un
tempo
attivi
,
due
sono
stati
abbandonati
senza
allargare
le
ricerche
che
molto
probabilmente
sarebbero
state
fruttuose
:
degli
altri
tre
,
due
sono
in
esaurimento
e
la
società
vi
pratica
la
coltivazione
a
rapina
.
Non
si
preoccupa
,
cioè
,
di
colmare
di
terra
le
gallerie
esaurite
,
e
questo
rende
sempre
più
probabili
vuoti
d
'
aria
,
frane
ed
incendi
.
Si
fa
economia
di
legname
da
armatura
,
e
gli
incendi
si
fanno
sempre
più
frequenti
:
nello
scorso
anno
se
ne
ebbero
200
lievi
e
50
gravi
,
rispetto
ai
150
e
35
del
1951
,
con
un
aumento
,
cioè
,
rispettivamente
del
33,33
e
del
42,8
per
cento
.
Negli
ultimi
tre
mesi
si
sono
registrate
dodici
frane
.
Il
nuovo
direttore
della
miniera
,
che
si
chiama
(
non
è
uno
scherzo
)
Padroni
,
e
non
è
ingegnere
minerario
,
ma
elettrotecnico
,
ha
appunto
questo
incarico
:
risparmiare
fino
alla
smobilitazione
.
Sugli
operai
si
preme
in
vario
modo
:
minime
interdizioni
del
lavoro
sono
punite
con
multa
e
sospensione
in
prima
istanza
,
poi
con
il
licenziamento
.
Il
lavoro
si
svolge
con
una
temperatura
che
va
da
un
minimo
di
34
ad
un
massimo
di
oltre
42
gradi
:
poiché
il
«
calore
»
,
per
contratto
,
dev
'
essere
retribuito
con
una
indennità
aggiunta
,
la
società
ricorre
al
sistema
di
immettere
un
gocciolamento
d
'
aria
nei
tubi
di
ventilazione
,
con
il
risultato
di
diminuire
il
calore
,
aumentando
l
'
umidità
,
oppure
fa
pressione
sui
sorveglianti
perché
registrino
una
temperatura
inferiore
a
quella
reale
.
Agli
operai
si
impone
una
norma
costante
di
trenta
vagoncini
per
squadra
(
due
uomini
)
ogni
turno
,
senza
tener
conto
delle
infinite
varietà
della
situazione
in
cui
può
svolgersi
il
lavoro
:
si
sono
avuti
20
licenziamenti
per
inadempienza
della
norma
.
Nel
gennaio
scorso
l
'
operaio
Giovanni
Brizzigotti
è
morto
schiacciato
sotto
la
gabbia
dell
'
ascensore
:
gli
mancavano
tre
vagoncini
e
la
fine
del
turno
era
vicina
;
la
fretta
,
la
stanchezza
,
una
distrazione
,
e
l
'
incidente
è
avvenuto
.
Tutto
questo
è
stato
più
volte
denunciato
al
Distretto
minerario
,
in
quanto
contravviene
a
precise
norme
di
legislazione
mineraria
,
ma
tutto
è
rimasto
lettera
morta
.
Si
fanno
,
naturalmente
,
discriminazioni
di
carattere
politico
e
sindacale
.
L
'
anno
scorso
la
società
istituì
una
multa
di
cinquecento
,
e
poi
di
mille
lire
,
per
gli
scioperanti
,
ed
un
premio
eguale
per
i
crumiri
.
Molti
,
pur
non
accettando
lo
sciopero
e
recandosi
al
lavoro
,
hanno
rifiutato
il
premio
;
cinque
sorveglianti
hanno
chiesto
di
lasciare
il
grado
e
di
ritornare
semplici
operai
.
Tutte
queste
cose
mi
dice
Duilio
Betti
,
un
dirigente
sindacale
:
è
un
giovane
sui
trent
'
anni
,
di
robusta
corporatura
.
Parla
marchigiano
,
ed
infatti
è
nato
ad
Urbino
,
ma
la
lunga
permanenza
in
Maremma
dà
al
suo
accento
improvvise
e
strane
aperture
toscane
:
quando
dice
«
Montecarlo
»
aspira
con
enfasi
la
«
ci
»
,
come
un
operaio
del
luogo
.
Ha
lavorato
anche
alla
pirite
di
Gavorrano
,
ma
ora
,
nella
sua
qualità
di
dirigente
sindacale
,
è
in
aspettativa
.
L
'
episodio
più
recente
di
lotta
risale
allo
scorso
marzo
.
Quarantotto
operai
minacciati
di
licenziamento
rimasero
nel
pozzo
per
tre
giorni
.
La
polizia
bloccò
gli
accessi
,
sperando
di
prenderli
per
fame
,
ma
senza
risultato
.
Allora
,
la
società
decise
l
'
intervento
armato
:
dirigevano
le
operazioni
,
insieme
al
vicequestore
,
il
direttore
della
miniera
ed
il
dottor
Riccardi
,
commercialista
,
transfuga
dei
sindacati
operai
ed
attualmente
direttore
politico
del
gruppo
delle
miniere
della
Maremma
.
Abita
a
Massa
Marittima
,
organizza
circoli
culturali
per
impiegati
e
tecnici
,
ha
istituito
il
«
prete
di
fabbrica
»
,
cioè
un
sacerdote
che
avvicina
gli
operai
,
anche
in
fondo
ai
pozzi
,
e
li
«
rieduca
»
.
Anche
il
premio
di
crumiraggio
è
opera
sua
.
La
polizia
invase
i
pozzi
,
circondò
gli
operai
,
li
catturò
senza
che
facessero
un
gesto
di
ribellione
.
Il
commissario
di
P.S.
,
mi
racconta
Betti
,
non
voleva
ammanettarli
,
perché
non
avevano
commesso
reato
alcuno
,
ma
la
direzione
della
miniera
reclamò
che
venissero
fuori
con
i
ferri
,
per
dare
l
'
esempio
agli
altri
.
Furono
arrestati
ed
incarcerati
sotto
l
'
accusa
di
«
violazione
di
proprietà
»
e
rilasciati
dopo
cinque
giorni
di
detenzione
;
naturalmente
hanno
avuto
subito
il
licenziamento
.
I
giornali
democristiani
parlarono
della
«
brillante
manovra
»
della
polizia
e
si
felicitarono
con
chi
la
diresse
.
I
giornali
democristiani
dipingono
sovente
i
minatori
come
degli
agiati
incomprensibilmente
scontenti
:
il
fatto
è
che
la
media
dei
salari
si
aggira
,
tutto
compreso
,
sulle
35mila
lire
mensili
.
Si
hanno
delle
punte
fino
alle
55-60mila
lire
,
come
è
il
caso
dell
'
operaio
Capitani
,
che
ha
quattro
figli
ed
un
lavoro
specializzato
:
ma
Capitani
ha
trentotto
anni
e
ne
dimostra
cinquanta
,
dopo
ventotto
di
miniera
.
Mancano
le
case
,
a
Ribolla
.
Ho
visto
famiglie
di
quattro
persone
abitare
in
una
sola
stanza
,
divisa
da
un
tramezzo
che
separa
la
camera
dalla
cucina
.
Stanze
incredibilmente
pulite
e
rassettate
,
all
'
interno
,
magari
con
la
radio
e
la
cucina
a
gas
,
ma
senz
'
acqua
,
con
un
gabinetto
comune
ogni
trenta
-
quaranta
famiglie
.
I
cedimenti
del
terreno
provocano
vibrazioni
e
conseguenti
paurose
crepature
nei
muri
.
La
Montecatini
le
ha
dichiarate
inabitabili
,
rifiuta
gli
affitti
,
ed
ingiunge
alla
gente
di
andarsene
,
ma
dove
?
Intanto
le
più
pericolanti
sono
state
«
incatenate
»
,
assicurate
,
cioè
,
con
un
cavo
teso
intorno
alle
quattro
pareti
,
un
metro
sotto
il
tetto
,
per
impedire
che
si
sfascino
improvvisamente
.
StampaQuotidiana ,
In
una
lettera
dalla
casa
penale
di
Turi
alla
sorella
Teresina
,
Antonio
Gramsci
ricorda
la
zia
Grazia
,
la
quale
era
convinta
dell
'
esistenza
di
una
«
donna
Bisodia
»
,
dama
pia
dei
tempi
andati
,
quando
la
gente
andava
in
chiesa
e
c
'
era
più
.
religione
a
questo
mondo
.
Donna
Bisodia
veniva
spesso
citata
come
un
venerabile
esempio
da
imitare
,
e
tanta
era
la
sua
buona
fama
che
il
suo
nome
era
stato
perfino
inserito
nel
Pater
Noster
.
In
realtà
si
trattava
del
«
da
nobis
hodie
»
,
che
la
zia
Grazia
,
e
chissà
quante
altre
donne
con
lei
,
in
Sardegna
e
fuori
,
pronunciavano
in
quel
modo
.
Gramsci
pensava
che
si
potesse
utilmente
scrivere
una
novella
su
Donna
Bisodia
:
ed
in
effetti
può
avere
un
qualche
interesse
un
esame
approfondito
e
comparato
delle
deformazioni
che
in
bocca
al
popolo
avvengono
delle
preghiere
latine
.
I
poeti
dialettali
,
primi
fra
tutti
il
Belli
e
il
Fucini
,
non
si
sono
lasciati
sfuggire
questo
elemento
di
folclore
,
e
tali
deformazioni
hanno
abilmente
inserito
nei
loro
sonetti
.
Il
Toschi
ha
esaminato
a
fondo
,
in
una
sua
operetta
recente
(
Fenomenologia
:
del
canto
popolare
)
tutte
le
possibili
varianti
del
Dies
irae
.
Famosissimo
,
fra
queste
,
il
«
Tiasillo
tiasillo
,
signore
pigliatillo
»
,
che
ritorna
in
Napoli
milionaria
del
De
Filippo
.
Già
entrata
nella
lingua
parlata
,
e
persino
in
quella
letteraria
dell
'
Ottocento
(
Guadagnoli
,
Bandi
)
la
«
sperpetua
»
altro
non
è
se
non
la
«
lux
perpetua
»
della
preghiera
dei
defunti
.
Anche
abbastanza
nota
è
la
storiella
(
non
si
sa
se
vera
od
inventata
)
di
«
Terenosse
in
du
'
casse
»
,
cioè
«
et
ne
nos
inducas
»
,
che
dà
origine
ad
un
favoloso
gigante
Terenosse
che
,
dopo
morto
,
dovette
essere
diviso
in
due
parti
,
e
ciascuna
collocata
in
una
bara
distinta
,
tanta
ne
era
la
mole
.
Ora
,
cosa
significano
queste
deformazioni
?
La
Chiesa
cattolica
,
conservando
il
latino
nella
pratica
liturgica
,
conferma
il
carattere
sostanzialmente
conservatore
della
sua
politica
culturale
;
non
solo
,
ma
esclude
automaticamente
dalla
partecipazione
diretta
e
cosciente
alla
cerimonia
religiosa
le
masse
popolari
,
costrette
a
subire
una
lingua
lontana
e
del
tutto
sconosciuta
,
esse
che
quasi
sempre
non
parlano
neppure
l
'
italiano
.
Il
popolo
reagisce
a
questa
limitazione
imposta
dall
'
alto
ed
anche
se
ripete
le
preghiere
senza
affatto
intenderle
,
finisce
poi
col
deformarle
,
inconsapevolmente
,
e
addirittura
col
tentarne
una
versione
puramente
fonetica
.
In
questo
processo
di
assimilazione
si
sperimenta
anche
l
'
efficacia
della
lingua
parlata
,
che
nel
caso
dell
'
italiano
,
o
dei
suoi
molteplici
dialetti
,
è
veramente
notevole
.
Si
pensi
ad
Ackwood
che
molto
presto
diventa
«
acuto
»
;
Si
pensi
a
certi
ragazzini
del
popolo
,
a
Livorno
,
che
italianizzavano
rapidamente
i
nomi
degli
attori
del
cinema
americano
:
così
Bruce
Cabot
(
che
era
specializzato
nei
ruoli
di
cattivo
)
diventava
«
Bruciacappotti
»
,
mentre
Spencer
Tracy
(
quasi
per
contrapposizione
)
«
Spengistracci
»
.
Ma
,
tornando
al
nostro
tema
,
noi
troviamo
questo
processo
di
traduzione
a
suono
molto
più
intenso
proprio
dove
il
latino
si
fa
più
complesso
e
distante
dalla
comprensione
popolare
.
È
per
questo
che
le
maggiori
spese
della
deformazione
toccano
al
Tantum
ergo
,
che
è
un
inno
redatto
in
un
latino
dottissimo
,
non
solo
,
ma
esprime
sottili
concetti
teologici
che
,
anche
in
una
traduzione
italiana
resterebbero
incompresi
.
Non
per
niente
ne
è
autore
Tommaso
d
'
Aquino
.
Eccone
i
primi
versi
:
Tantum
ergo
sacrantentum
veneremur
cernui
;
et
antiquum
documentumt
novo
cedat
ritui
.
Praestet
fides
supplementuni
sensuum
defectui
.
E
cioè
(
si
perdoni
la
traduzione
certamente
scialba
e
inefficace
)
:
«
Veneriamo
dunque
prostrati
un
sì
grande
sacramento
:
e
l
'
antica
testimonianza
ceda
al
nuovo
rito
.
La
fede
venga
poi
in
aiuto
al
difetto
dei
sensi
»
.
Ebbene
,
ecco
come
in
una
zona
piuttosto
vasta
dell
'
Abruzzo
la
gente
traduce
l
'
inno
:
Canta
il
merlo
nel
frumento
veneremo
a
cena
qui
:
com
'
è
antico
'
sto
convento
novecento
e
tredici
.
Pesta
i
fichi
su
pel
mento
senza
difetto
.
Non
si
può
negare
che
lo
spirito
popolare
ha
avuto
un
certo
garbo
in
questa
pseudotraduzione
:
a
nessuno
sfugge
il
sapere
idillico
dei
primi
due
versi
,
con
quella
cena
fra
amici
,
in
campagna
,
mentre
il
merlo
canta
fra
le
messi
.
O
lo
stupore
ammirato
per
l
'
antichità
del
concetto
:
novecento
e
tredici
.
L
'
accentazione
sbagliata
,
oltre
a
salvare
il
ritmo
,
par
che
sottolinei
la
fantastica
antichità
dell
'
edificio
.
A
Radicondoli
,
un
paesino
della
campagna
senese
,
troviamo
il
«
Praestet
fides
supplementum
»
che
è
diventato
addirittura
:
«
Presta
il
figlio
a
sor
Clemento
»
,
mentre
(
è
un
altro
verso
dal
Tantum
ergo
)
il
«
Salus
honor
,
virtus
quoque
»
si
traveste
così
«
Salo
,
salo
,
Cristo
scote
»
.
Sulla
costa
maremmana
,
a
Castiglione
della
Pescaja
,
un
verso
di
una
preghiera
rogatoria
,
che
dice
:
«
Te
rogamus
,
exaudi
nos
»
,
diventa
:
«
Tre
rogavano
,
e
quattro
no
»
.
Sempre
a
Castiglione
,
il
«
procedenti
ab
utroque
»
(
che
è
anch
'
esso
nel
Tantum
ergo
)
si
deforma
così
:
«
Procedenti
siamo
troppi
»
.
Qui
è
chiaro
che
la
gente
ha
accettato
,
del
verso
,
la
prima
parola
,
che
ha
pur
qualche
senso
in
italiano
(
anche
se
non
quello
esatto
)
,
ma
ha
creduto
indispensabile
trovarne
uno
per
quell
'
inusitato
ed
inspiegabile
«
ab
utroque
»
,
volgendolo
pedestremente
in
«
siamo
troppi
»
.
StampaQuotidiana ,
In
poche
zone
come
nella
Maremma
toscana
,
forse
solo
in
Romagna
,
è
diffuso
il
fenomeno
dell
'
anarchia
onomastica
,
l
'
abitudine
cioè
,
specie
nei
ceti
popolari
,
di
dare
ai
propri
figli
nomi
insoliti
,
storpiati
,
o
addirittura
inventati
di
sana
pianta
.
In
pochi
altri
luoghi
si
impongono
nomi
così
lontani
dall
'
uso
comune
:
e
forse
la
ragione
centrale
sta
nel
fatto
che
queste
terre
non
trovano
,
almeno
sul
piano
del
costume
,
la
forma
limitatrice
delle
tradizioni
.
A
Napoli
,
per
esempio
,
non
è
pensabile
che
si
battezzi
un
Oscuppe
od
un
Iconoclasta
;
qui
accade
con
una
frequenza
superiore
ad
ogni
immaginazione
,
ed
ogni
padre
,
specialmente
se
contadino
,
finisce
col
considerare
un
vanto
l
'
aver
scovato
,
od
anche
creato
,
un
nome
insolito
,
anzi
unico
.
Tentiamo
di
dare
un
primo
ragguaglio
su
questo
fenomeno
,
registrando
i
soli
casi
,
per
così
dire
,
clamorosi
,
tutti
peraltro
verificati
negli
uffici
di
stato
civile
.
C
'
è
una
prima
serie
,
la
meno
insolita
,
di
cognomi
celebri
imposti
in
funzione
di
nomi
:
oltre
ai
già
noti
Menotti
,
Ricciotti
,
Mameli
,
Bixio
,
Oberdan
,
si
ha
Mazzino
,
Garibaldo
,
Vasintone
(
registrato
in
questa
forma
,
ma
evidentemente
il
padre
intendeva
Washington
)
,
Loria
e
Labriola
(
ambedue
donne
)
,
Troschi
(
ed
anche
Troschino
)
,
Cafiero
ed
in
fine
Timoscenco
.
Quest
'
ultimo
caso
,
registrato
nel
dopoguerra
,
dimostra
che
il
genitore
non
va
dietro
soltanto
al
suo
sentimento
ed
alla
sua
passione
politica
,
ma
cerca
anche
,
nel
nome
,
una
certa
aulicità
sonora
.
Assai
importante
l
'
influsso
di
vicende
storiche
,
che
portano
a
far
uso
di
nomi
di
città
memorabili
per
fatti
d
'
arme
:
è
il
caso
di
Magenta
e
Mentana
(
donne
,
come
quasi
tutti
i
nomi
che
escono
in
a
)
Solferino
(
e
Solferina
)
,
Lissa
,
Adua
(
più
fortunata
nel
'94
che
nel
'36
)
,
Tripoli
,
Derna
,
Gradisca
,
Oslavia
,
Tolmino
,
Gorizia
,
Trieste
,
Trento
,
Trentino
,
Zara
,
Dalmazia
,
Stelvio
.
Si
riferisce
alla
Prima
guerra
mondiale
anche
un
non
infrequente
Armistizio
.
La
Seconda
guerra
mondiale
non
ha
dato
alcun
risultato
in
questo
senso
.
Elvezio
ed
Elvetica
,
insieme
a
Ginevra
,
testimoniano
del
neutralismo
del
padre
,
ed
un
significato
politico
vogliono
avere
i
nomi
Russia
,
Russo
,
Est
,
Oriente
(
forse
con
allusione
massonica
)
ed
Imola
.
Senso
puramente
geografico
hanno
invece
Danubio
,
Lepanto
,
Lugano
,
Parigi
,
Asia
,
Brema
,
Caledonia
,
Norge
.
La
passione
politica
è
esplicita
in
nomi
come
Comunista
,
Comunardo
,
Libertario
,
Socialino
,
Realino
.
Altri
nomi
sono
tratti
dalla
Bibbia
e
dalla
storia
della
Chiesa
,
ed
ecco
infatti
Aronne
,
Geremia
,
Mosé
,
Josafat
,
Assuero
,
Lattanzio
,
Aniceto
,
Edeva
(
cioè
Eva
:
ma
la
dizione
corrente
«
Adamo
ed
Eva
»
ha
provocato
questa
deformazione
)
e
poi
Agavito
ed
Eusepio
(
cioè
,
rispettivamente
,
Agapito
ed
Eusebio
)
.
Dalla
poesia
classica
nascono
invece
Anchise
,
Astianatte
,
Antenore
,
Asdrubale
,
Argo
,
Climene
,
Merope
,
Eschilo
,
Iside
,
Iride
.
Molto
curioso
è
il
caso
di
Enea
e
Didone
,
attribuito
al
maschio
il
primo
e
il
secondo
alla
femmina
;
e
così
sono
femminili
sia
Leonida
che
Lisicle
.
La
letteratura
moderna
,
oltre
ad
Ofelia
,
dà
luogo
a
Dumas
,
Vittorugo
,
Atala
,
Gusmano
,
Mustiola
,
Antinesca
,
Fancon
.
Del
resto
anche
il
cinema
,
ai
giorni
nostri
,
e
la
letteratura
(
molto
spesso
,
purtroppo
,
quella
deteriore
dei
fumetti
)
esercitano
una
loro
influenza
,
e
generano
Rossano
,
Luana
,
Loretta
,
Mirna
,
Loredana
,
Patrizia
,
Donatella
,
Antonella
,
Tiziana
,
Daniele
e
Daniela
,
che
sono
appunto
i
nomi
che
più
spesso
ricorrono
nei
registri
di
stato
civile
di
questi
anni
.
L
'
opera
lirica
,
dal
canto
suo
,
determina
Norma
,
Tosca
,
Aida
,
Rigoletto
,
Semiramide
,
Jone
e
Figaro
.
Accade
spesso
che
il
nome
insolito
,
di
origine
biblica
e
letteraria
,
venga
registrato
in
forma
inesatta
,
ed
in
questo
modo
si
spiegano
Atide
,
Eufrosina
,
Aristea
,
Eraclite
,
Ergenide
,
Eduvige
.
Altri
nomi
,
e
sono
i
più
,
sono
del
tutto
inventati
,
ma
pur
conservano
un
suono
illustre
:
Albizo
,
Ancherio
,
Gioeffa
,
Anzicora
,
Arsede
,
Filigardo
,
Gerid
,
Arpalicec
,
Clite
,
Toschino
.
In
alcuni
casi
si
dà
il
nome
in
virtù
:
Probo
,
Consiglio
,
Umiltà
,
Bonaria
,
Pazienza
,
Speranza
e
Fede
.
Una
Temi
si
vorrebbe
classificarla
fra
i
nomi
di
origine
mitologica
,
ma
il
nome
della
madre
(
Mite
)
ci
avverte
che
si
tratta
solo
di
un
anagramma
,
ma
ci
sono
,
e
non
infrequenti
,
i
semplici
fonemi
senza
significato
come
Urlo
,
Irio
,
Erio
,
Ado
,
Edo
,
Achio
,
Oleva
,
Pea
.
Ed
infine
i
casi
limite
,
estremi
,
i
nomi
grotteschi
.
Ecco
due
gemelli
che
si
chiamano
Dazio
e
Consumo
.
Altri
due
gemelli
,
maschio
e
femmina
,
han
preso
il
nome
dalle
ultime
due
parole
che
concludevano
i
bollettini
di
guerra
,
cioè
Firmato
e
Cadorna
.
Ecco
un
Differente
,
un
Brio
,
un
Idolo
,
un
Amorino
,
un
Sostegno
(
in
senso
ben
augurante
per
la
vecchiaia
del
padre
)
ed
ecco
Aria
,
Magnaboschi
,
Levriero
,
Avventore
e
Viva
.
Raspoline
,
Malandrino
e
Celebrino
sono
giustificati
dal
cognome
,
a
cui
il
padre
li
ha
voluti
assimilare
(
sullo
schema
,
per
esempio
,
di
Martino
Martini
)
.
A
Pitigliano
,
in
una
famiglia
di
contadini
con
16
figlioli
,
addirittura
non
esistono
nomi
,
ma
solo
numeri
secondo
l
'
ordine
di
nascita
:
si
va
infatti
da
un
Primo
ad
un
Sedicesimo
.
Il
padre
che
vuole
ufficialmente
chiudere
la
sua
procreazione
battezza
il
figlio
Ultimino
,
oppure
,
quasi
per
autoammonirsi
chiama
la
figlia
Finimola
(
vale
a
dire
«
finiamola
,
facciamo
punto
e
basta
»
)
.
Non
è
facile
spiegarsi
perché
un
bambino
risulti
allo
stato
civile
sotto
i
nomi
Secondo
,
Terzo
,
Mezzogiorno
.
Mentre
,
e
concludiamo
,
è
rimasto
proverbiale
il
caso
di
un
padre
che
,
a
lungo
incerto
sul
nome
da
scegliere
per
la
figlia
,
trovò
ispirazione
nello
squillo
di
tromba
di
uno
spazzino
e
decise
per
Tatà
.
L
'
ufficiale
di
stato
civile
,
celiando
,
aggiunse
:
«
E
perché
non
anche
partenza
,
arrivederla
?
»
.
E
fu
così
:
oggi
,
quindi
,
esiste
una
signora
(
o
signorina
)
che
risponde
appunto
ai
tre
nomi
di
Tatà
Partenza
Arrivederla
.
StampaPeriodica ,
Caro
Direttore
,
ho
letto
nell
'
ultimo
numero
di
Rinascita
un
articolo
di
Nilde
Jotti
sulla
Questione
dei
fumetti
,
e
desidero
esprimere
la
mia
opinione
dicendo
subito
che
l
'
articolo
della
Jotti
non
mi
convince
.
Esso
prende
spunto
dal
dibattito
in
corso
alla
Camera
sulla
stampa
per
ragazzi
e
giustamente
respinge
come
«
reazionaria
e
inefficace
»
la
legge
proposta
dai
democristiani
,
non
soltanto
perché
contraria
al
principio
costituzionale
della
libertà
di
stampa
,
aut
perché
«
decadenza
,
corruzione
,
delinquenza
dei
giovani
e
dilagare
del
fumetto
sono
(...)
fatti
collegati
,
ma
non
come
l
'
effetto
e
la
causa
,
bensì
come
manifestazioni
diverse
di
una
realtà
unica
.
«
Bisogna
affrontare
e
risolvere
-
dice
giustamente
la
Jotti
-
tutta
la
questione
dell
'
orientamento
ideale
e
pratico
,
della
educazione
,
dello
sviluppo
intellettuale
e
monile
dei
giovani
.
Ma
non
lo
si
fa
se
non
si
mette
il
dito
sulla
piaga
,
che
è
di
ordine
economico
,
sociale
e
anche
politico
»
.
Questa
posizione
nei
confronti
della
legge
sui
fumetti
è
giusta
perché
fondata
sulla
realtà
,
sulla
pratica
,
e
non
su
ragionamenti
accademici
.
Altrettanto
giusta
è
l
'
attutita
che
la
Jotti
fa
del
fumetto
americano
,
figlio
dell
'
imperialista
e
fascista
Hearst
e
legittimo
,
cioè
basato
sui
fatti
,
il
giudizio
negativo
.
La
Jotti
,
però
,
estende
questo
giudizio
negativo
al
fumetto
come
genere
,
conte
snodo
di
raccontare
,
escludendo
implicitamente
la
possibilità
di
fare
«
fumetti
»
diversi
da
quelli
americani
,
con
forme
,
contenuti
,
spirito
e
intendimenti
diversi
.
Su
questo
punto
mi
sembra
che
la
Jotti
non
abbia
tenuto
conto
della
realtà
di
oggi
,
qui
,
in
Italia
,
e
perciò
abbia
fatto
dell
'
accademia
.
Per
quello
che
riguarda
la
stampa
dei
ragazzi
,
la
realtà
è
rappresentata
da
un
mercato
completamente
dominato
dai
«
fumetti
»
,
che
hanno
creato
,
conformando
il
gusto
dei
ragazzi
a
propria
immagine
e
somiglianza
,
una
«
domanda
»
di
fumetti
impressionante
:
e
ti
risparmio
le
cifre
perché
sono
note
.
Chi
voglia
parlare
ai
ragazzi
e
ai
giovanetti
,
deve
tener
conto
del
linguaggio
a
cui
sono
abituati
,
e
che
è
diventato
tino
dei
più
importanti
mezzi
per
comunicare
con
loro
:
e
se
farà
dei
«
fumetti
»
,
il
giudizio
su
questi
dovrà
essere
dato
non
già
in
base
alle
sue
intenzioni
,
ma
nemmeno
in
base
a
preconcetti
,
piuttosto
in
base
ai
risultati
.
Un
giudizio
teorico
totalmente
negativo
è
inesatto
,
o
per
lo
meno
equivoco
,
e
in
un
equivoco
è
caduta
la
Jotti
,
secondo
me
,
polemizzando
sulla
distinzione
tra
la
forma
del
fumetto
e
il
contenuto
del
racconto
a
fumetti
.
Questa
distinzione
-
ha
ragione
la
lotti
che
la
analizza
molto
brillantemente
-
è
impossibile
.
Ma
la
Jotti
ha
scambiato
In
«
forma
»
con
il
genere
,
o
il
mezzo
,
o
lo
strumento
,
o
come
lo
vogliamo
chiamare
,
rappresentato
dal
«
fumetto
»
.
Che
cos
'
è
il
fumetto
?
Risponde
la
Jotti
:
«
È
un
modo
di
raccontare
per
immagini
una
storia
rappresentata
nei
momenti
più
salienti
:
non
vi
è
commento
scritto
,
soltanto
poche
parole
che
escono
in
una
nuvoletta
di
fumo
dalla
bocca
dei
protagonisti
»
.
È
perché
non
sarebbe
legittimo
raccontare
in
questo
modo
?
Vi
sono
molti
modi
di
raccontare
:
con
la
parola
scritta
,
con
la
voce
,
con
l
'
immagine
ferma
o
con
l
'
immagine
in
movimento
(
cinema
,
disegni
animati
,
eccetera
)
.
Ognuno
ha
la
sua
funzione
.
Se
si
equivocasse
tra
la
funzione
del
fumetto
e
quella
della
lettura
,
avrebbe
ragione
la
Jotti
,
perché
evidentemente
non
sono
due
cose
sostituibili
,
sono
due
cose
diverse
.
Su
altro
piano
,
anche
il
cinema
e
la
lettura
sono
due
cose
diverse
,
hanno
funzioni
diverse
e
si
avrebbe
torto
di
chiedere
al
cinema
che
ci
insegni
a
leggere
(
a
parte
i
documentari
didattici
)
.
Da
questo
a
ritenere
il
«
fumetto
»
uno
strumento
ideale
evidentemente
ci
corre
.
Per
esempio
,
se
i
ragazzi
avessero
il
loro
cinema
,
-
il
cinema
dei
ragazzi
che
esiste
nell
'
Unione
Sovietica
-
,
credo
sarebbero
disposti
a
dimenticare
i
fumetti
da
un
giorno
all
'
altro
.
L
'
avvento
del
cinema
ha
creato
il
bisogno
di
«
vedere
»
:
è
a
questo
bisogno
,
probabilmente
,
che
i
ragazzi
cercano
soddisfazione
nel
«
futuro
»
.
Il
giorno
che
avranno
a
loro
disposizione
cinema
e
teatri
,
questo
bisogno
sarà
soddisfatto
.
Finita
la
guerra
,
siamo
tornati
tutti
al
caffè
e
nessuno
accetta
più
il
surrogato
.
E
ancora
,
il
«
fumetto
»
non
ci
deve
impedire
di
porci
il
problema
della
lettura
dei
ragazzi
,
che
è
un
grosso
problema
:
di
scrittori
,
di
artisti
,
di
mezzi
.
La
lettura
è
insostituibile
,
come
ben
dice
la
Jotti
,
come
«
educazione
al
ragionamento
e
alla
riflessione
»
,
«
preparazione
letteraria
»
,
«
educazione
dell
'
intelletto
»
,
«
disciplina
interiore
degli
istinti
primitivi
,
animaleschi
»
.
Anche
questo
della
lettura
è
un
problema
economico
,
sociale
e
politico
,
e
anche
qui
bisogna
guardare
alle
cose
non
con
occhio
accademico
,
ma
con
realismo
.
In
quest
'
ultimo
mezzo
secolo
,
parallelamente
all
'
elevazione
politica
delle
masse
popolari
,
si
è
formata
una
nuova
,
immensa
domanda
di
cultura
.
I
giornali
e
le
riviste
popolari
hanno
raggiunto
tirature
altissime
.
Centinaia
di
migliaia
di
persone
che
non
leggono
nulla
chiedono
da
leggere
:
talora
vanno
a
cadere
nelle
pagine
di
Grand
Hotel
o
simili
,
e
tuttavia
anche
questo
è
un
sintomo
del
bisogno
di
cultura
.
Nel
secolo
scorso
i
giornali
e
i
libri
per
ragazzi
erano
destinati
a
ristrette
élites
,
rappresentate
dalle
famiglie
piccolo
-
borghesi
o
medio
-
borghesi
.
Oggi
essi
si
rivolgono
a
un
pubblico
enorme
e
anche
per
questo
ha
prevalso
,
nella
loro
impostazione
,
lo
spirito
commerciale
sui
princìpi
educativi
,
la
speculazione
sulla
cultura
.
I
«
fumetti
»
sono
stati
,
prima
di
lutto
,
un
enorme
affare
finanziario
.
Che
cosa
ci
può
aiutare
a
far
fronte
a
questa
situazione
?
Essenzialmente
la
nascita
di
una
nuova
letteratura
per
l
'
infanzia
,
capace
anche
con
i
suoi
mezzi
organizzativi
di
condurre
una
lotta
efficace
.
Ma
questo
richiede
anni
di
lavoro
,
e
richiede
per
il
suo
successo
definitivo
anche
il
realizzarsi
di
nuove
condizioni
sociali
e
politiche
.
Accanto
ai
libri
possono
i
«
fumetti
»
essere
uno
strumento
,
anche
secondario
,
in
questa
lotta
,
oggi
?
Se
non
possono
,
smettiamo
di
stamparli
.
Postilla
Non
ci
sentiamo
di
condividere
la
posizione
del
Rodari
,
anche
se
í
suoi
argomenti
sono
degni
di
discussione
.
Egli
accetta
,
ci
sembra
,
l
'
analisi
e
la
conclusione
circa
la
natura
non
educativa
e
antieducativa
del
fumetto
,
considerato
nella
unità
di
forma
e
contenuto
.
La
distinzione
tra
forma
e
strumento
o
genere
o
mezzo
,
non
ci
pare
che
regga
,
ed
è
da
respingere
l
'
affermazione
che
ci
troviamo
di
fronte
(
anche
in
questo
caso
!
)
a
una
specie
di
nuova
lingua
.
Quante
stramberie
e
assurdità
non
si
è
cercato
di
mettere
in
circolazione
con
questa
faccenda
delle
nuove
lingue
o
delle
«
ricerche
di
linguaggio
»
,
espressione
che
ha
un
valore
metaforico
,
ma
poco
più
,
perché
il
linguaggio
è
uno
e
lo
hanno
creato
e
lo
creano
i
popoli
con
tutta
la
loro
storia
e
le
famose
a
ricerche
»
non
hanno
spesso
con
esso
niente
a
che
fare
,
non
essendo
altro
che
tentativi
,
esperimenti
,
successi
o
insuccessi
nell
'
ambito
del
vecchio
rapporto
tra
la
forma
e
il
contenuto
della
espressione
.
Ammesso
il
carattere
antieducativo
dei
fumetti
,
dunque
,
si
propone
che
vengano
tradotte
ed
espresse
in
fumetti
storie
educative
.
Così
fanno
certi
giornaletti
clericali
,
dove
tra
poco
stamperanno
in
fumetti
la
storia
sacra
;
anzi
,
spiegheranno
in
fumetti
i
misteri
della
creazione
,
dell
'
incarnazione
,
della
redenzione
.
Non
ne
trarrà
certo
un
grande
giovamento
il
sentimento
religioso
!
Per
conto
nostro
,
non
metteremo
in
fumetti
la
storia
del
nostro
partito
o
della
rivoluzione
.
Il
fumetto
a
contenuto
educativo
,
poi
,
è
una
cosa
per
giunta
scipita
,
che
non
attira
.
Esiste
la
possibilità
di
contrapporre
al
fumetto
,
invece
,
una
narrazione
figurata
di
tipo
popolare
,
con
commenti
chiari
,
che
invitino
alla
lettura
,
piacciano
,
si
imprimano
nella
memoria
e
conservino
in
pari
tempo
una
dignità
letteraria
,
accoppiando
alla
visione
la
lettura
e
i
suoi
benefici
?
Senza
dubbio
questa
possibilità
esiste
e
si
riallaccia
tanto
a
creazioni
popolari
,
come
furono
le
famose
images
d
'
Epinal
,
come
sono
oggi
le
splendide
stampe
cinesi
,
quanto
a
esempi
di
ottime
cose
già
fatte
nel
passato
.
A
questo
compito
dunque
ci
si
cimenti
,
invece
di
correr
dietro
alle
forme
più
corruttrici
dell
'
americanismo
.
Ma
ci
sono
anche
giornali
di
sinistra
che
pubblicano
fumetti
!
Senza
dubbio
ci
sono
:
ci
permettiamo
però
di
fare
osservare
che
nessuno
di
questi
giornali
si
distribuiscono
attraverso
le
edicole
.
Si
distribuiscono
attraverso
reti
proprie
propagandistiche
e
di
diffusione
,
e
questo
vuoi
dire
che
non
è
che
siano
costretti
a
pubblicare
fumetti
per
superare
la
concorrenza
e
affermarsi
.
Lo
fanno
per
altri
motivi
,
che
non
occorre
qui
indagare
.
Nemmeno
accettiamo
l
'
affermazione
che
il
fumetto
sia
una
forma
nuova
di
cultura
popolare
.
No
!
Forse
la
odierna
diffusione
di
certi
giornali
dimostra
che
vi
è
una
ricerca
più
ampia
che
nel
passato
di
cose
da
leggere
,
da
vedere
;
il
fumetto
però
soffoca
,
strozza
nel
suo
sviluppo
ciò
che
potrebbe
venir
fuori
di
positivo
da
questa
ricerca
,
cioè
impedisce
che
da
essa
germogli
una
più
diffusa
cultura
del
popolo
.
O
vogliamo
chiamare
cultura
la
conoscenza
del
calibro
necessario
per
assassinare
a
sci
o
a
sessanta
metri
,
nel
modo
come
si
rincorrono
a
120
all
'
ora
ladri
e
poliziotti
,
delle
stolte
peripezie
della
vamp
e
così
via
.
Certo
,
il
fondo
della
questione
è
molto
complesso
perché
si
tratta
di
riuscire
a
creare
una
letteratura
e
una
pubblicistica
per
bambini
e
ragazzi
che
attirino
,
piacciano
,
educhino
,
e
non
ostante
i
buoni
tentativi
già
fatti
,
si
è
ancora
indietro
assai
.
StampaQuotidiana ,
I
.
Risale
alla
fine
del
Settecento
la
nascita
del
latifondo
toscano
GROSSETO
,
novembre
-
«
Chiunque
passeggiando
la
Maremma
vedesse
quei
fertilissimi
campi
ridotti
di
tal
maniera
selvaggi
,
che
neppure
gli
armenti
vi
pascolano
;
quelle
vigne
abbandonate
,
quelli
ulivi
inselvatichiti
,
per
non
trovare
chi
il
frutto
loro
raccolga
;
tante
abitazioni
ed
intiere
castella
diroccate
,
non
saprebbe
persuadersi
come
non
fossero
effetti
o
di
qualche
inimica
incursione
o
di
qualche
pestilenza
straordinaria
.
E
pure
,
se
è
vero
quello
che
molti
affermano
,
cioè
,
che
v
'
abbiano
cagionata
desolazione
maggiore
gli
ultimi
quattro
lustri
,
che
non
aveano
fatto
quasi
due
secoli
antecedenti
;
non
v
'
hanno
colpa
né
la
guerra
,
né
gli
influssi
maligni
del
cielo
,
non
l
'
esecuzioni
militari
,
ma
le
civili
;
non
i
disordini
,
ma
i
troppi
ordini
;
poi
la
troppa
giustizia
,
che
l
'
ingiustizie
;
l
'
esser
troppi
a
regolarla
,
e
niuno
a
procurare
di
conoscerla
,
non
che
di
proteggerla
.
»
Questo
scriveva
,
nel
1737
,
Sallustio
Bandini
,
un
prelato
senese
che
in
Maremma
dimorò
a
lungo
.
Il
probabile
inizio
di
questa
decadenza
risale
all
'
occupazione
romana
:
i
romani
non
seppero
conservare
l
'
accorto
regime
idraulico
instaurato
dagli
etruschi
,
e
lasciarono
le
acque
sregolate
,
i
campi
incolti
e
spopolati
,
sì
che
la
malaria
cominciò
a
mietere
le
sue
vittime
.
La
decadenza
continuò
durante
tutto
il
Medioevo
,
e
la
repubblica
di
Siena
,
che
riuscì
a
sottomettere
gli
Aldobrandeschi
,
una
famiglia
di
feudatari
rissosi
e
violenti
che
dominarono
tutta
la
zona
dall
'
Amiata
al
mare
,
vide
nella
Maremma
una
sorta
di
colonia
,
ed
impostò
la
sua
politica
sul
criterio
,
appunto
coloniale
,
del
maggior
sfruttamento
con
la
minore
spesa
.
Tanto
che
in
quegli
anni
,
e
più
ancora
sotto
i
Medici
,
la
Maremma
era
ormai
ridotta
solo
a
terra
di
pascolo
invernale
:
sterminati
pascoli
,
che
fecero
la
fortuna
,
ancor
oggi
perdurante
,
del
maggiore
istituto
di
credito
toscano
,
il
Monte
dei
Paschi
di
Siena
.
Il
Bandini
,
che
ragionava
da
liberista
,
avvertiva
l
'
urgenza
di
una
riforma
amministrativa
,
proprio
perché
il
governo
fiorentino
potesse
realizzare
maggiori
e
più
lontani
profitti
:
si
doveva
,
a
questo
scopo
,
sciogliere
la
Maremma
dai
troppi
vincoli
commerciali
imposti
dal
governo
centrale
,
permetterle
libero
traffico
con
ogni
zona
d
'
Italia
,
abolirvi
quello
che
oggi
chiamiamo
prezzo
politico
del
grano
,
dando
alle
messi
il
loro
giusto
valore
(
anche
col
rischio
dell
'
impopolarità
presso
le
plebi
senesi
)
,
concederle
determinate
agevolazioni
fiscali
,
abolendo
,
per
esempio
,
la
tassa
sul
sale
.
«
Il
sale
non
si
consuma
,
perché
l
'
è
inutile
a
chi
non
ha
companatico
,
nonostante
si
obbligano
questi
meschini
a
comprarne
quella
porzione
che
loro
bisognerebbe
se
fossero
ricchi
.
»
Ecco
che
traspare
,
pur
nella
prosa
fredda
dell
'
economista
,
un
quadro
appassionato
delle
miserande
condizioni
dei
braccianti
e
dei
pastori
di
Maremma
.
«
Mi
fa
troppa
pena
il
sentire
che
i
miseri
operai
,
dopo
d
'
aver
faticato
tutte
le
più
lunghe
giornate
in
una
spolta
campagna
a
'
riverberi
perniciosi
di
quel
cocentissimo
sole
,
debbano
co
'
vestimenti
medesimi
inzuppati
dal
sudore
e
forse
anche
dalla
pioggia
sdraiarsi
a
dormire
nella
nuda
terra
,
esposti
alle
volte
al
rigido
sereno
di
quelle
notti
,
quando
non
siano
intiepidite
dagli
aliti
più
pestiferi
di
qualche
vento
meridionale
,
bere
un
poco
d
'
acqua
limacciosa
,
alimentarsi
di
cibi
poco
più
di
questa
salutevoli
.
Onde
vorrei
che
,
dove
non
vi
sono
case
,
si
provvedano
capanne
e
tende
dall
'
aria
ben
difese
,
alzando
nel
terreno
della
paglia
o
delle
asciutte
foglie
per
riposarvi
sopra
le
ossa
stancate
,
bevessero
l
'
acqua
migliore
in
quel
territorio
,
mangiassero
,
non
pretendo
già
delicatamente
né
a
dovizia
,
ma
sanamente
.
»
Il
granduca
Pietro
Leopoldo
,
salendo
al
trono
toscano
dopo
l
'
estinzione
della
famiglia
dei
Medici
,
intese
la
lezione
del
Bandini
,
e
volle
metterla
a
profitto
,
sollecitato
com
'
era
da
consiglieri
di
prim
'
ordine
.
E
la
rinascita
della
Maremma
,
pur
con
tutti
i
difetti
con
cui
si
iniziò
,
è
merito
di
quella
dinastia
lorenese
,
che
ha
lasciato
un
buon
ricordo
di
sé
in
tutta
la
Toscana
,
ma
soprattutto
in
Maremma
,
non
soltanto
per
la
sua
proverbiale
bonomia
,
evidentemente
.
A
Grosseto
,
il
monumento
a
Leopoldo
i
,
l
'
ultimo
dei
Lorena
,
e
perciò
quello
che
fu
cacciato
con
il
plebiscito
del
'59
,
ha
resistito
ad
ogni
mutar
di
temperie
,
ed
ancora
i
grossetani
,
con
affettuosa
familiarità
,
lo
chiamano
«
Canapone
»
.
La
bonifica
fu
iniziata
proprio
dai
Lorena
,
costruendo
fra
l
'
altro
numerosi
canali
di
colmata
,
per
il
prosciugamento
delle
paludi
:
durante
le
piene
dei
fiumi
maggiori
,
attraverso
i
canali
,
si
immetteva
acqua
torbida
dei
bassopiani
paludosi
,
e
l
'
acqua
,
depositandovi
il
portato
solido
,
sollevava
lentamente
ma
sicuramente
il
livello
del
terreno
.
A
parte
certi
errori
di
valutazione
sull
'
indice
di
interramento
dei
canali
,
calcolato
più
basso
del
reale
,
è
un
sistema
che
si
sta
abbandonando
solo
oggi
,
per
sostituirvi
le
più
capaci
e
rapide
macchine
idrovore
.
Ma
l
'
atto
più
sagace
dei
Lorena
fu
certamente
la
concessione
dell
'
autonomia
amministrativa
alla
Maremma
,
sotto
il
nome
di
«
Provincia
inferiore
di
Siena
»
.
Inoltre
i
Lorena
concessero
l
'
esenzione
da
numerose
gabelle
,
prima
fra
tutte
quella
del
sale
,
e
chiusero
almeno
un
occhio
sullo
stato
civile
e
penale
degli
uomini
che
in
Maremma
dovevano
affluire
per
costruirvi
la
popolazione
stabile
e
quella
stagionale
.
Quanto
alla
proprietà
,
si
provvide
a
ricostituirla
pienamente
,
eliminando
i
troppi
usi
e
le
pletoriche
servitù
:
accadeva
infatti
che
una
stessa
terra
appartenesse
a
tre
proprietari
,
di
cui
il
primo
aveva
il
suolo
,
il
secondo
il
pascolo
,
il
terzo
il
legnatico
.
La
proprietà
si
ricostituì
organicamente
,
ma
lini
nelle
mani
di
poche
persone
,
quelle
che
ancor
oggi
la
possiedono
,
e
che
avevano
ed
hanno
nomi
illustri
,
del
patriziato
senese
e
fiorentino
:
si
chiamano
Salviati
,
Guicciardini
,
Tolomei
,
Corsini
,
Grottanelli
,
Sergardi
.
I
vantaggi
concessi
agli
acquirenti
,
sia
nel
pagamento
del
fondo
(
la
somma
poteva
essere
pagata
in
rate
annuali
del
tre
per
cento
sul
fruttato
)
,
sia
con
le
opere
di
bonifica
,
quasi
tutte
praticate
sui
loro
territori
,
sia
infine
per
la
inesistenza
di
un
catasto
,
con
conseguente
possibilità
di
appropriarsi
di
terreni
senza
padrone
,
favorirono
enormemente
la
formazione
del
monopolio
terriero
.
Vero
è
che
un
editto
Leopoldino
concedeva
un
moggio
di
terra
in
regalo
a
chiunque
decidesse
di
trasferirsi
in
Maremma
;
ma
un
moggio
(
poco
più
di
cinque
ettari
)
in
quelle
condizioni
non
permetteva
il
sostentamento
di
una
famiglia
,
ed
infitti
,
neppur
troppo
lentamente
,
i
pesci
grossi
ingoiarono
i
piccoli
,
le
piccole
proprietà
si
vendevano
per
pochi
soldi
,
le
case
coloniche
ed
i
piccoli
agglomerati
rurali
si
sfasciarono
.
Cotone
e
Corolla
,
che
per
qualche
tempo
furono
piccoli
centri
agricoli
,
oggi
esistono
soltanto
nel
nome
.
Un
esempio
tipico
ci
è
dato
dalla
tenuta
degli
«
Acquisti
»
,
nel
piano
sotto
Montepescali
.
Con
tre
successivi
rogiti
vediamo
che
il
conte
Giovanni
Corsi
acquista
dalla
comunità
di
Montepescali
,
a
prezzo
vantaggiosissimo
,
e
con
l
'
agevolazione
delle
rate
annue
,
circa
600
moggia
di
terre
.
I
contratti
successivi
riguardano
porzioni
minori
,
ma
sono
innumerevoli
:
orti
,
vigneti
,
oliveti
,
piccoli
boschi
.
Chi
vende
non
è
più
la
comunità
,
ma
i
privati
,
e
la
descrizione
che
nei
contratti
si
fa
delle
terre
(
«
una
casetta
sbandata
»
,
«
una
presa
di
terra
male
in
ordine
di
fosse
»
,
«
un
fienile
in
poco
buono
stato
»
)
dimostra
quel
che
è
accaduto
:
il
piccolo
proprietario
non
ha
retto
,
ed
ha
dovuto
andarsene
.
Ce
lo
conferma
il
Salvagnoli
Marchetti
,
che
studiò
a
fondo
l
'
agricoltura
maremmana
verso
la
metà
dell
'
Ottocento
.
«
Infatti
la
semplice
ispezione
delle
Maremme
senesi
serve
ad
assicurare
che
la
legge
Leopoldina
non
ha
prodotto
la
divisione
delle
terre
,
ma
anzi
le
ha
riunite
in
latifondi
,
e
non
ha
arrecato
alcun
miglioramento
all
'
agricoltura
,
perché
i
possidenti
di
latifondi
trovano
tanto
più
utile
nel
far
valere
le
loro
terre
,
quanto
più
semplice
è
l
'
agricoltura
che
vi
impiegano
e
quanto
minore
è
la
somma
del
numerano
occorrente
a
esercitarla
.
»
Il
peso
di
questa
situazione
cadeva
,
ancora
una
volta
,
sulle
spalle
del
bracciantato
,
e
le
condizioni
generali
di
vita
non
dovevano
esser
molto
migliori
di
quelle
descritte
dal
Bandini
.
Lo
dimostra
il
persistente
spopolamento
della
Maremma
(
8
abitanti
per
chilometro
quadrato
a
Maghiano
,
14
a
Grosseto
,
contro
i
100
di
Castel
del
Piano
ed
i
140
dell
'
isola
del
Giglio
)
.
Le
statistiche
mediche
(
relative
,
evidentemente
,
ai
soli
ammalati
censibili
,
e
perciò
inferiori
alla
realtà
)
ci
danno
,
nel
1841-42
,
36479
casi
su
appena
104mila
abitanti
,
con
1645
decessi
.
Tre
quarti
di
questi
casi
riguardavano
braccianti
,
e
la
malattia
era
la
malaria
.
Contro
la
malaria
si
è
condotta
la
lotta
più
accanita
,
ed
oggi
,
dopo
che
se
ne
sono
individuate
le
cause
reali
,
è
del
tutto
scomparsa
.
Ma
per
secoli
si
è
creduto
che
fosse
prodotta
dall
'
aria
cattiva
(
e
di
qui
il
nome
)
infettata
dai
miasmi
del
padule
.
Il
Salvagnoli
Marchetti
,
che
era
un
medico
,
sosteneva
con
molto
vigore
che
i
miasmi
diventavano
pestiferi
e
perniciosi
solo
nel
caso
che
l
'
acqua
del
mare
riuscisse
a
mescolarsi
con
quella
dolce
.
Da
qui
una
serie
di
proposte
(
chiuse
a
bilanciere
,
per
esempio
)
per
realizzare
la
separazione
delle
acque
.
Intanto
la
malaria
sterminava
la
gente
,
uccidendola
o
rendendola
inabile
al
lavoro
,
che
era
il
caso
più
frequente
,
ed
in
fondo
il
più
triste
.
Ecco
un
altro
quadro
,
che
non
si
discosta
molto
da
quello
già
visto
.
Scrive
il
Salvagnoli
Marchetti
,
nel
1843
:
«
Dalle
vicine
montagne
scendono
gli
abitanti
per
fare
la
mietitura
nelle
pianure
a
gruppi
di
15
o
20
.
Ogni
riunione
trae
seco
le
donne
,
e
prima
di
arrivare
al
loro
destino
hanno
già
incominciato
ad
abusare
del
vino
,
dei
liquori
,
di
Venere
.
Arrivati
sul
campo
,
là
bene
spesso
dormono
all
'
aria
aperta
,
o
al
più
in
aperti
capannoni
,
misti
uomini
e
donne
.
Il
loro
nutrimento
consiste
la
mattina
in
pane
,
talvolta
non
buono
,
ed
in
formaggio
;
al
mezzogiorno
in
pane
inzuppato
nell
'
acqua
,
e
mangiato
con
le
mani
;
la
sera
in
quel
che
chiamano
"
acqua
cotta
"
,
che
è
pane
inzuppato
nell
'
acqua
calda
e
condito
con
sale
,
olio
e
pepe
»
.
Oggi
,
in
Maremma
,
si
può
vivere
,
e
si
potrebbe
vivere
bene
;
non
solo
:
si
potrebbe
vivere
in
più
larga
compagnia
,
ospitare
lavoro
forestiero
.
Se
la
Maremma
è
terra
d
'
avvenire
,
il
merito
principale
va
a
tanti
oscuri
uomini
che
qua
han
lavorato
,
e
sono
morti
.
La
storia
della
Maremma
,
che
è
ancora
da
scrivere
,
è
in
larga
parte
la
storia
di
questi
uomini
.
II
.
È
venuta
la
«
riforma
»
ma
è
rimasto
il
padrone
Alla
proprietà
fondiaria
più
antica
,
quella
,
se
così
possiamo
dire
,
illustre
e
patrizia
,
si
è
sovrapposto
ed
in
qualche
misura
si
è
sostituito
,
con
varia
ed
intrigata
vicenda
,
un
altro
tipo
di
proprietà
,
più
oscura
e
plebea
:
si
tratta
di
gente
venuta
su
dal
nulla
,
che
si
è
fatta
la
terra
sia
con
il
suo
lavoro
e
col
suo
ingegno
,
sia
inserendosi
abilmente
sull
'
onda
della
fortuna
,
quando
le
circostanze
generali
erano
più
favorevoli
,
molto
spesso
in
circostanze
eccezionali
,
specialmente
in
tempo
di
guerra
.
Quella
del
'15
ci
ha
dato
un
'
altra
categoria
di
latifondisti
,
e
l
'
ultima
ha
segnato
l
'
ingresso
nella
campagna
del
capitale
industriale
.
E
perciò
,
accanto
ai
Corsini
,
ai
Guicciardini
,
ai
Tolomei
,
ci
sono
giunti
addosso
i
Ponticelli
,
i
Pallini
,
gli
Scaramucci
(
che
han
nomi
meno
sonanti
,
ma
non
minori
rendite
)
ed
infine
le
aziende
agricole
della
Montecatini
,
della
Valdarno
,
e
la
tenuta
della
SACRA
(
undicimila
ettari
abbondanti
,
fino
a
pochi
anni
or
sono
)
che
è
una
società
anonima
dietro
la
quale
traspaiono
i
capitali
dei
Pirelli
.
È
continuata
frattanto
l
'
opera
di
bonifica
,
mediante
consorzi
in
cui
,
guarda
il
caso
,
i
maggiori
agrari
avevano
occupato
i
posti
chiave
,
sì
che
strade
,
argini
e
colmate
si
son
fatti
sempre
dentro
i
loro
territori
:
altra
dimostrazione
di
come
possa
usarsi
il
pubblico
danaro
a
vantaggio
di
una
minoranza
.
Le
statistiche
,
oggi
,
ci
danno
questa
situazione
:
in
provincia
di
Grosseto
lo
0,2
per
cento
della
proprietà
occupa
il
45,4
per
cento
della
superficie
,
e
l
'
accentramento
latifondistico
è
intenso
ancora
più
nel
piano
e
nella
bassa
collina
,
dove
proprietà
per
1'1,3
per
cento
occupano
il
54,7
della
superficie
.
Sette
proprietà
soltanto
,
per
fare
un
esempio
concreto
,
coprono
21.845
ettari
di
terra
,
sempre
nel
comune
di
Grosseto
,
e
nell
'
intera
provincia
si
hanno
ben
26
proprietà
superiori
ai
2.500
ettari
,
per
complessivi
116.305
ettari
.
E
sia
ben
chiaro
che
queste
cifre
si
riferiscono
sempre
a
proprietà
,
non
a
proprietari
,
se
si
tien
conto
della
possibilità
che
molti
proprietari
hanno
di
mascherarsi
dietro
prestanomi
e
pseudo
-
società
anonime
,
la
situazione
risulta
anche
peggiore
.
Per
contro
,
salgono
a
14.000
le
famiglie
che
non
hanno
terra
o
non
ne
hanno
a
sufficienza
.
Che
il
problema
sia
acutissimo
lo
conferma
il
fatto
che
il
Governo
democristiano
,
sollecitato
continuamente
dalle
agitazioni
dei
contadini
e
dei
braccianti
,
ha
fatto
proprio
in
Maremma
uno
dei
suoi
primi
esperimenti
di
riforma
agraria
.
Della
riforma
a
Grosseto
ed
in
provincia
parlano
tutti
,
ed
il
forestiero
che
passi
di
qua
,
anche
senza
fermarsi
,
ha
tutto
il
tempo
di
accorgersene
,
se
non
altro
per
i
numerosi
cartelli
bianchi
e
rossi
,
talvolta
bilingui
,
che
l
'
Ente
Maremma
espone
lungo
tutte
le
strade
.
Le
critiche
all
'
Ente
non
sono
poche
,
naturalmente
:
anzi
,
possiamo
dire
che
ne
approvano
pienamente
l
'
operato
soltanto
certi
gruppi
che
gravitano
intorno
alla
Democrazia
cristiana
ed
al
Partito
repubblicano
,
i
socialdemocratici
pongono
temperate
critiche
marginali
,
di
metodo
.
Ostili
,
ovviamente
,
sono
gli
agrari
scorporati
,
che
si
mascherano
peraltro
dietro
considerazioni
pseudo
-
tecniche
:
i
braccianti
ed
i
mezzadri
non
sarebbero
ancora
maturi
per
dirigersi
da
sé
,
mentre
l
'
Ente
opererebbe
in
maniera
irrazionale
ed
arbitraria
(
il
che
forse
è
giusto
,
ma
suona
male
in
bocca
agli
agrari
)
.
Il
ceto
medio
cittadino
,
i
bottegai
,
gli
impiegati
,
i
professionisti
pongono
critiche
di
tipo
qualunquistico
:
considerano
l
'
Ente
un
organismo
pletorico
e
parassitario
,
una
«
greppia
»
insomma
.
L
'
Ente
Maremma
viene
infatti
normalmente
chiamato
«
Ente
merenda
»
,
e
corre
spesso
il
motto
che
«
quest
'
Ente
è
proprio
un
gran
dente
»
.
I
funzionari
che
si
sono
assunti
,
quasi
sempre
con
discriminazione
politica
,
provengono
tutti
o
quasi
tutti
da
fuori
:
e
questo
,
naturalmente
,
ha
suscitato
risentimenti
,
proteste
,
mugugnamenti
nella
gente
del
ceto
medio
,
sempre
contraria
a
queste
calate
di
forestieri
.
Ma
son
critiche
approssimative
,
marginali
,
soprattutto
inconcludenti
,
perché
non
si
concretano
in
nessun
atteggiamento
politico
o
sindacale
.
I
partiti
di
sinistra
e
le
organizzazioni
da
essi
dirette
han
posto
all
'
Ente
,
ed
alla
legge
stralcio
che
lo
ha
creato
,
una
serie
di
critiche
di
fondo
,
la
legge
stralcio
non
elimina
il
latifondo
,
in
quanto
non
pone
alcun
limite
di
diritto
alla
proprietà
terriera
;
ed
in
questo
modo
elude
un
preciso
disposto
della
nostra
Costituzione
.
Inoltre
essa
non
garantisce
affatto
da
una
possibile
ricostituzione
del
latifondo
colpito
.
Pur
con
queste
riserve
fondamentali
,
e
per
le
quali
i
partiti
di
sinistra
votarono
contro
quella
legge
,
essi
tuttavia
si
sono
battuti
e
si
battono
perché
almeno
quella
parziale
riforma
si
attui
interamente
e
democraticamente
.
I
piani
prevedevano
l
'
esproprio
di
107.240
ettari
,
in
circa
270
proprietà
.
Attraverso
una
interpretazione
molto
elastica
dell
'
art.
10
della
legge
,
relativo
alle
aziende
modello
(
che
qua
davvero
non
esistono
)
ed
al
criterio
del
terzo
residuo
(
un
terzo
della
proprietà
soggetta
ad
esproprio
può
essere
trattenuto
dal
padrone
,
e
gliene
resterà
per
sempre
una
metà
se
nel
tempo
di
tre
anni
vi
avrà
apportato
migliorie
)
,
gli
effettivi
decreti
di
esproprio
riguardano
,
a
tutto
novembre
,
circa
84
000
ettari
,
di
cui
circa
la
metà
son
stati
effettivamente
assegnati
.
Questa
terra
è
andata
a
2.700
famiglie
,
in
appezzamenti
fra
i
10
ed
i
20
ettari
,
ed
a
1300
braccianti
,
con
«
quote
»
di
2,3
ettari
.
Le
famiglie
che
avevano
richiesto
la
terra
erano
circa
14
000
.
Il
costo
della
terra
,
che
è
già
stata
pagata
agli
ex
proprietari
,
grava
sugli
assegnatari
,
ai
quali
si
fa
carico
anche
,
per
due
terzi
,
delle
spese
per
le
migliorie
,
e
per
costruire
casette
,
strade
,
pozzi
artesiani
.
Il
pagamento
avviene
a
rate
annuali
,
per
30
anni
.
Ogni
assegnatario
è
soggetto
ad
un
periodo
di
prova
,
che
dura
3
anni
,
dopo
il
quale
,
a
giudizio
insindacabile
dell
'
Ente
,
può
perdere
la
provvisoria
proprietà
.
È
chiaro
che
in
certi
casi
gli
assegnatari
,
soprattutto
i
braccianti
,
han
migliorato
le
loro
condizioni
di
vita
.
Alcuni
hanno
avuto
due
o
tre
stanze
,
per
la
prima
volta
in
vita
loro
.
Ora
sono
coltivatori
con
la
terra
e
la
casa
;
ma
alcuni
con
un
debito
che
dura
trent
'
anni
,
e
con
un
nuovo
padrone
che
si
chiama
Ente
Maremma
,
un
padrone
,
oltre
tutto
,
incomprensibile
e
senza
faccia
.
Il
contratto
è
per
loro
un
continuo
assillo
,
che
li
lega
all
'
Ente
,
ed
a
qualsiasi
pressione
che
da
questo
possa
venire
,
per
un
periodo
equivalente
al
lavoro
di
una
generazione
.
Nell
'
elaborazione
dei
piani
di
esproprio
e
di
divisione
non
si
è
mai
tenuto
conto
della
volontà
e
del
parere
degli
assegnatari
.
Si
sono
istituite
varie
cooperative
,
ma
sempre
su
imposizione
dell
'
Ente
,
ed
i
consigli
amministrativi
son
composti
in
modo
da
escludere
praticamente
i
contadini
dalla
direzione
della
cooperativa
.
Ed
all
'
opposto
,
si
è
agito
contro
le
cooperative
sorte
liberamente
nel
dopoguerra
,
e
persino
contro
quelle
che
avevano
resistito
sotto
il
fascismo
.
Questo
è
forse
l
'
aspetto
peggiore
dell
'
attività
dell
'
Ente
Maremma
,
quello
che
rivela
i
veri
scopi
che
esso
si
propone
.
In
sostanza
,
si
vuol
creare
nella
campagna
maremmana
un
ceto
nuovo
di
piccoli
proprietari
in
qualche
modo
privilegiati
,
che
rompa
l
'
unità
dei
lavoratori
agricoli
,
facendo
sorgere
qua
e
là
piccoli
nuclei
di
conservazione
o
addirittura
di
reazione
.
Finora
il
gioco
non
è
riuscito
,
e
nelle
zone
di
riforma
le
elezioni
hanno
assai
deluso
l
'
Ente
ed
il
Governo
democristiano
.
A
Rispescia
,
dove
era
stato
costruito
un
piccolo
villaggio
per
i
braccianti
,
con
chiesa
,
spaccio
ed
orfanotrofio
,
i
voti
democristiani
si
son
contati
sulle
dita
.
È
assai
probabile
che
il
gioco
non
riesca
neppure
in
seguito
,
perché
forte
è
il
legame
di
solidarietà
che
unisce
i
lavoratori
della
campagna
,
mezzadri
,
coloni
,
braccianti
,
assegnatari
e
senza
terra
.
Le
provocazioni
che
si
susseguono
giorno
per
giorno
trovano
sempre
una
precisa
risposta
nell
'
atteggiamento
dei
contadini
maremmani
.
III
.
A
passo
di
gambero
il
lavoro
nelle
miniere
GROSSETO
,
novembre
-
La
Maremma
mineraria
è
assai
scarsamente
conosciuta
.
Il
quadro
che
il
forestiero
si
costruisce
a
distanza
,
e
che
facilmente
si
accetta
,
complice
la
letteratura
,
dal
Carducci
,
al
Fucini
,
al
Paolieri
,
al
Civinini
,
è
quello
di
una
vastissima
terra
piatta
,
destinata
all
'
agricoltura
,
al
pascolo
,
alla
caccia
.
In
realtà
la
Maremma
è
così
soltanto
in
parte
,
anche
dal
punto
di
vista
economico
,
perché
la
mole
del
lavoro
nelle
miniere
,
la
quantità
di
nomini
che
vi
sono
impiegati
(
fino
al
cinque
per
cento
dell
'
intera
popolazione
)
fanno
di
questa
zona
d
'
Italia
uno
dei
più
vasti
centri
minerari
.
Le
miniere
della
Maremma
non
erano
ignote
agli
etruschi
ed
ai
romani
,
che
costruirono
lungo
la
costa
numerosi
forni
fusori
per
la
lavorazione
di
minerale
di
ferro
(
e
le
scorie
che
ne
lasciarono
,
intere
montagnole
,
sono
oggi
ricercate
per
il
recupero
di
tanto
materiale
ancora
utilizzabile
)
né
trascurabili
sono
le
miniere
che
vi
impiantarono
,
ma
nell
'
interno
,
i
longobardi
ed
i
liberi
cittadini
della
repubblica
di
Massa
Marittima
,
che
sorge
appunto
nel
cuore
di
quelle
colline
,
le
colline
metallifere
.
Oggi
,
naturalmente
,
le
ricerche
mirano
ad
altro
minerale
,
soprattutto
alla
pirite
,
un
bisolfuro
di
ferro
che
in
passato
serviva
solo
per
costruire
acciarini
,
ma
che
oggi
,
col
metodo
delle
camere
di
piombo
,
si
utilizza
per
la
fabbricazione
dell
'
acido
solforico
,
indispensabile
e
per
gli
esplosivi
e
per
i
concioni
chimici
:
due
usi
diversi
e
contraddittori
,
ma
su
cui
egualmente
ruota
tutta
la
politica
estrattiva
della
Montecatini
.
La
Montecatini
ha
attuato
,
per
le
piriti
,
uno
dei
più
compatti
monopoli
industriali
d
'
Italia
:
essa
infatti
estrae
il
90
per
cento
della
pirite
italiana
,
e
per
due
terzi
la
estrae
proprio
dalle
miniere
maremmane
,
Gavorrano
,
Nicciolela
,
Boccheggiano
,
ed
isola
del
Giglio
.
Una
miniera
più
piccola
,
presso
Ravi
,
appartiene
alla
Marchi
di
Firenze
,
e
ricerche
si
stanno
facendo
,
da
parte
della
Ferromin
,
sul
promontorio
montuoso
dell
'
Argentario
;
non
si
delinea
,
però
,
almeno
per
adesso
,
alcuna
seria
concorrenza
alla
società
maggiore
.
Sempre
della
Montecatini
è
la
miniera
di
lignite
di
Ribolla
;
mentre
la
Valdarno
estrae
la
sua
lignite
al
Baccinello
.
Prima
della
guerra
la
Montecatini
estraeva
930.000
tonnellate
di
pirite
all
'
anno
,
in
parte
utilizzata
negli
stabilimenti
di
Orbetello
,
in
parte
,
anche
maggiore
,
convogliata
,
attraverso
una
lunghissima
teleferica
,
al
mare
e
da
qui
ad
altri
stabilimenti
.
Durante
la
guerra
la
produzione
si
mantenne
alta
ed
accennò
anche
a
salire
,
come
salì
la
produzione
della
lignite
,
che
raggiunse
le
270.000
tonnellate
annue
.
Era
appunto
l
'
epoca
degli
esplosivi
,
e
della
politica
autarchica
,
che
impediva
l
'
importazione
di
carbone
straniero
.
Dopo
la
guerra
,
e
specialmente
negli
anni
successivi
al'47
,
cominciarono
i
primi
effetti
della
politica
atlantica
.
Silenziosamente
la
Montecatini
cominciò
a
smobilitare
.
A
Ribolla
,
per
fare
un
solo
esempio
,
siamo
passati
dai
3
600
operai
del
1948
ai
1300
circa
occupati
oggi
.
Siamo
dunque
ad
un
impiego
assai
ridotto
,
e
con
la
continua
minaccia
di
ulteriori
smobilitazioni
,
che
la
Montecatini
si
affanna
a
negare
,
sui
manifesti
che
periodicamente
dedica
al
pubblico
ignaro
,
ma
che
è
confermata
dai
fatti
.
Gli
operai
della
Montecatini
sono
quasi
tutti
figli
di
contadini
,
o
ex
contadini
essi
stessi
,
che
hanno
in
parte
o
del
tutto
abbandonato
i
campi
per
le
miniere
(
in
qualche
caso
permane
la
figura
dell
'
operaio
-
contadino
,
che
continua
,
nelle
ore
libere
dal
lavoro
di
miniera
,
a
coltivare
una
sua
vigna
o
un
orticello
)
.
Alcuni
paesi
sono
ormai
composti
da
soli
minatori
,
ed
è
il
caso
di
Prata
,
Boccheggiano
,
Montecatini
,
Tatti
.
E
nei
casi
di
smobilitazione
si
creano
situazioni
penose
anche
per
la
difficoltà
di
reinserire
nella
campagna
,
che
frattanto
resta
abbandonata
,
questa
gente
che
ha
dimenticato
il
vecchio
mestiere
.
Ma
non
manca
neppure
la
mano
d
'
opera
forestiera
,
specialmente
a
Ribolla
ed
a
Gavorrano
:
sono
calabresi
,
marchigiani
,
siciliani
,
o
addirittura
reduci
da
miniere
straniere
,
e
per
questo
può
capitare
la
sorpresa
,
visitando
Gavorrano
,
di
imbattersi
in
bambini
che
parlano
solo
francese
.
Sulle
condizioni
di
vita
e
di
lavoro
la
Montecatini
ed
il
ceto
medio
provinciale
,
la
prima
per
suo
interesse
,
il
secondo
per
ignoranza
,
si
esprimono
in
maniera
assai
falsa
.
Uno
degli
slogan
che
si
%
on
sentiti
ripetere
durante
l
'
ultima
campagna
elettorale
,
anche
da
oratori
repubblicani
,
è
che
un
minatore
,
oggi
,
guadagna
più
di
un
impiegato
o
di
un
professore
di
liceo
.
Si
favoleggia
dell
'
enorme
Miglioramento
ottenuto
nel
dopoguerra
,
delle
«
vespe
»
o
delle
camere
da
letto
o
delle
radio
nuove
che
i
minatori
si
son
comprati
.
La
conclusione
che
il
ceto
medio
ne
trae
è
ovvia
:
«
E
dunque
,
di
che
si
lamentano
?
»
.
Ora
,
è
vero
che
le
condizioni
generali
di
vita
dei
minatori
son
molto
migliorate
,
rispetto
all
'
anteguerra
,
quando
in
media
il
salario
giornaliero
non
superava
le
14
lire
,
e
gli
operai
dovevano
far
decine
di
chilometri
a
piedi
o
in
bicicletta
per
raggiungere
il
posto
di
lavoro
.
Oggi
essi
hanno
i
loro
autobus
,
amministrati
,
fino
a
qualche
tempo
fa
,
da
democratiche
cooperative
di
trasporti
(
la
Montecatini
poi
ha
impedito
alle
cooperative
di
funzionare
e
fa
gestire
gli
autotrasporti
da
ditte
private
)
.
I
salari
salirono
realmente
,
nei
primi
anni
del
dopoguerra
,
e
fu
allora
che
molti
giovani
comprarono
a
rate
la
motocicletta
(
tino
sport
in
cui
essi
vedevano
l
'
evasione
dall
'
osteria
)
e
molti
coniugati
comprarono
un
po
'
di
mobili
nuovi
o
la
radio
.
Ma
questo
significa
solo
che
i
minatori
maremmani
non
sono
dei
«
barboni
»
,
e
sentono
fortemente
di
migliorare
sé
e
le
proprie
famiglie
:
è
la
prima
sensazione
che
si
prova
visitando
qualcuna
delle
loro
povere
case
,
tutte
così
linde
e
ben
tenute
,
anche
se
minacciano
di
crollare
,
come
succede
a
Ribolla
,
dove
la
Montecatini
,
per
tutta
soluzione
,
ha
provveduto
a
legare
i
muri
con
una
corda
d
'
acciaio
,
nella
speranza
che
la
corda
regga
e
la
casa
non
si
sfasci
come
se
fosse
di
cartone
.
I
salari
,
oggi
,
nella
media
generale
,
oscillano
fiale
35
000
mensili
dei
generici
e
le
45
000
degli
specializzati
.
E
va
tenuto
presente
che
il
lavoro
in
miniera
esigerebbe
un
'
alimentazione
di
prim
'
ordine
.
Non
solo
:
i
rischi
di
malattie
,
invalidità
,
mutilazione
e
morte
sono
assai
alti
.
Il
minatore
che
lavora
nella
pirite
,
oltre
che
alle
conseguenze
dell
'
umidità
,
è
soggetto
alla
silicosi
:
per
raggiungere
il
filone
occorre
un
lungo
lavoro
di
abbattimento
degli
strati
sterili
di
pietra
silicea
,
che
sotto
l
'
azione
del
martello
perforatore
si
polverizza
,
riempie
la
poca
aria
della
galleria
,
e
penetra
nei
polmoni
otturandoli
lentamente
.
Nelle
miniere
di
lignite
questo
pericolo
non
esiste
,
ma
c
'
è
in
cambio
quello
degli
incendi
e
della
temperatura
elevata
,
che
raggiunge
anche
i
42
gradi
.
Del
resto
basta
guardarli
quando
escono
dai
pozzi
,
così
diversi
dall
'
immagine
oleografica
del
minatore
membruto
o
robusto
,
che
ciascuno
di
noi
,
anche
inconsapevolmente
,
si
porta
in
testa
.
I1
minatore
è
in
realtà
tiri
uomo
magro
e
curvo
,
il
colorito
pallido
e
l
'
andatura
pesante
,
un
uomo
anche
psichicamente
diverso
,
perché
avverte
continuo
il
pericolo
della
morte
.
La
Montecatini
,
con
i
soliti
manifesti
dedicati
a
chi
non
sa
,
proclama
che
gli
incendi
minerari
,
in
Italia
,
son
di
gran
lunga
inferiori
a
quelli
di
altri
Paesi
.
La
verità
è
che
,
soltanto
a
Ribolla
,
siamo
saliti
dai
150
incidenti
lievi
e
35
gravi
del
'51
ai
200
e
50
del
'52
,
e
che
nei
primi
sei
mesi
di
quest
'
anno
si
sono
avute
ben
dodici
frane
.
Sono
gli
effetti
della
coltivazione
a
rapina
,
senza
le
necessarie
«
ripiene
»
di
terra
,
che
provoca
cedimenti
,
frane
,
incendi
;
e
si
coltiva
a
rapina
perché
si
vuol
smobilitare
,
ricavando
intanto
il
massimo
utile
con
la
minore
spesa
.
Il
minatore
è
tutt
'
altro
che
un
privilegiato
,
è
un
uomo
che
fatica
e
che
soffre
,
è
un
uomo
che
lotta
,
perché
si
è
fatta
una
coscienza
,
nella
fatica
e
nella
sofferenza
.
In
Maremma
,
il
minatore
è
il
proletario
più
moderno
e
più
avanzato
.
IV
.
Con
mezza
divisione
si
risanerebbe
la
Maremma
GROSSETO
,
dicembre
-
La
provincia
di
Grosseto
,
con
un
territorio
sui
450
000
ettari
,
quasi
tutti
produttivi
,
ha
oggi
una
popolazione
che
di
poco
supera
i
200
000
abitanti
:
la
densità
è
dunque
di
47
abitanti
per
chilometro
quadrato
,
fra
le
più
basse
d
'
Italia
,
superiore
soltanto
,
e
di
pochi
punti
,
a
Nuoro
,
Sassari
,
Bolzano
e
Sondrio
.
Non
vi
sono
ragioni
obiettive
per
cui
questa
situazione
non
possa
cambiare
,
il
progresso
che
si
è
compiuto
in
quest
'
ultimo
secolo
lo
sta
a
dimostrare
.
Non
è
né
demagogia
né
paradosso
affermare
che
in
Maremma
potrebbero
trovar
lavoro
almeno
altrettante
persone
,
mentre
oggi
i
disoccupati
permanenti
si
aggirano
stille
sei
migliaia
.
Ancora
una
volta
,
come
ai
tempi
del
Bandini
,
«
non
v
'
hanno
colpa
gli
influssi
maligni
del
cielo
»
;
la
arretratezza
della
Maremma
non
sta
in
una
sorta
di
maledizione
naturale
,
ma
proprio
nelle
«
civili
esecuzioni
»
,
cioè
nel
cattivo
governo
che
se
ne
fa
.
Dal
punto
di
vista
dell
'
agricoltura
,
quella
specie
di
riforma
che
vi
si
sta
sperimentando
non
risolve
affatto
il
problema
,
e
minaccia
anzi
di
complicarlo
alquanto
,
e
di
renderne
più
difficile
,
domani
,
la
soluzione
vera
.
Non
riesce
infatti
ad
eliminare
la
disoccupazione
bracciantile
,
e
la
fame
di
terra
;
non
riesce
a
trasformare
radicalmente
l
'
economia
agraria
maremmana
,
che
avrebbe
bisogno
di
lavori
di
ben
più
vasto
respiro
.
Restano
,
intanto
,
4
000
ettari
di
palude
da
prosciugare
,
ed
una
zona
assai
più
vasta
da
mettere
a
coltura
.
La
irrigazione
,
in
una
terra
come
questa
,
che
ha
piogge
scarse
e
mal
distribuite
,
è
ancora
arretrata
e
rudimentale
.
L
'
uso
delle
macchine
e
dei
concimi
chimici
è
assai
inferiore
alla
media
delle
colture
in
altre
zone
agricole
d
'
Italia
(
e
l
'
Italia
è
largamente
superata
,
in
questo
settore
,
da
altri
Paesi
europei
)
.
L
'
approvvigionamento
dell
'
acqua
potabile
,
senza
la
quale
è
chiaro
che
non
vi
sarà
mai
fruttuosa
attività
,
è
assai
scarso
e
deficiente
.
Se
ne
parla
sin
dal
1938
,
quando
fu
preparato
un
progetto
per
captare
le
sorgenti
amiatine
del
Fiora
e
convogliare
acqua
sufficiente
(
714
litri
al
secondo
)
per
quasi
tutti
i
commi
della
provincia
,
e
per
il
comune
di
Piombino
.
Allora
se
ne
parlò
come
di
«
una
grande
opera
voluta
dal
Duce
»
.
Oggi
non
c
'
è
più
il
duce
e
non
c
'
è
ancora
l
'
acqua
;
ma
ad
ogni
campagna
elettorale
,
puntualmente
,
i
grossetani
se
la
sentono
promettere
.
Alle
amministrative
del
'51
venne
De
Gasperi
in
persona
,
e
chiese
in
cambio
dell
'
acquedotto
tanti
bei
voti
per
il
suo
partito
,
ma
lo
chiese
in
maniera
così
sfacciata
che
si
risentirono
persino
i
democristiani
.
La
bonifica
dovrebbe
essere
estesa
alle
terre
di
media
e
di
alta
collina
:
tutti
ormai
hanno
capito
che
la
sicurezza
dell
'
agricoltura
nel
piano
si
realizza
proprio
lassù
,
e
che
una
campagna
alta
disboscata
ed
incolta
è
la
naturale
premessa
dell
'
impaludamento
a
basso
.
Le
acque
,
controllate
da
sbarramenti
a
monte
(
specialmente
quelle
dell
'
Ombrone
e
dei
suoi
maggiori
affluenti
)
potrebbero
utilizzarsi
sia
per
l
'
irrigazione
sia
per
la
produzione
dell
'
energia
elettrica
,
che
la
Maremma
oggi
riceve
quasi
integralmente
da
fuori
.
Ci
sono
strade
ferrate
distrutte
dalla
guerra
e
mai
più
ricostruite
,
come
la
Follonica
-
Massa
Marittima
e
la
Orbetello
-
Porto
Santo
Stefano
.
L
'
Amiata
è
ancora
,
rispetto
al
resto
della
provincia
,
una
isola
montuosa
,
con
strade
scarse
e
disagevoli.1
progetti
anche
qui
non
mancano
:
basterebbe
cominciare
.
1
terreni
ancora
paludosi
,
e
quelli
prosciugati
,
ma
tuttora
incolti
,
potrebbero
essere
concessi
in
enfiteusi
alle
cooperative
agricole
,
che
in
Maremma
sono
una
sessantina
,
ed
han
già
dato
buona
prova
di
sé
trasformando
radicalmente
1939
ettari
di
terra
demaniale
incolta
.
Le
miniere
di
Maremma
non
sono
sfruttate
a
sufficienza
,
né
con
criteri
che
non
siano
quelli
della
privata
e
ristretta
utilità
dei
monopoli
.
Ancora
una
volta
una
cooperativa
di
lavoratori
,
quella
degli
operai
del
Baccinello
,
ha
provato
cosa
si
potrebbe
fare
.
I
minatori
del
Baccinello
han
gestito
da
soli
la
miniera
per
undici
mesi
(
la
Valdarno
si
era
dichiarata
incapace
a
gestire
utilmente
il
complesso
)
ed
han
trovato
il
modo
non
soltanto
di
riassumere
tutti
gli
operai
licenziati
,
ma
anche
di
produrre
di
più
e
meglio
,
e
di
vendere
il
prodotto
,
lasciando
,
a
fine
gestione
,
6.800
tonnellate
di
lignite
in
attivo
.
Le
230
cooperative
di
Maremma
han
veramente
lavorato
bene
,
nella
produzione
,
nel
consumo
,
nei
trasporti
.
A
Massa
Marittima
,
come
altrove
,
le
cooperative
han
forni
,
spacci
,
laboratori
per
la
carne
suina
,
un
circolo
del
cinema
,
una
biblioteca
,
una
sala
da
conferenze
ed
han
chiamato
scrittori
e
critici
,
come
Carlo
Salinari
,
Vasco
Pratolini
,
Carlo
Cassola
,
Umberto
Barbaro
,
a
parlare
di
libri
e
di
film
.
I
lavoratori
di
Maremma
han
dimostrato
di
saper
fare
,
di
essere
maturi
.
Ed
invece
,
nelle
miniere
di
pirite
,
si
continua
a
produrre
quanto
basta
alla
saldezza
del
monopolio
della
Montecatini
.
Così
i
concimi
agricoli
si
vendono
a
prezzi
altissimi
,
ed
il
loro
impiego
è
forzatamente
limitato
.
Si
potrebbe
almeno
riportare
la
produzione
ai
livelli
di
anteguerra
,
sul
milione
di
tonnellate
.
La
Montecatini
e
la
Valdarno
,
quando
tentano
di
smobilitare
nelle
miniere
di
carbone
,
affermano
che
la
lignite
maremmana
,
che
pure
è
fra
le
migliori
d
'
Italia
,
non
può
reggere
il
confronto
con
i
più
ricchi
combustibili
americani
e
tedeschi
.
Ebbene
,
questa
ricchezza
del
nostro
suolo
potrebbe
utilizzarsi
in
altro
modo
,
ad
esempio
per
la
gassificazione
.
Le
possibilità
di
apertura
industriale
,
sia
per
la
produzione
dell
'
acido
solforico
,
sia
per
la
costruzione
di
macchine
agricole
,
anziché
ridursi
,
potrebbe
incrementarsi
.
Tutto
questo
non
è
un
piano
astratto
o
utopistico
,
quando
la
Camera
del
lavoro
l
'
ha
formulato
le
persone
oneste
e
sensate
han
riconosciuto
che
,
semmai
,
era
un
piano
piuttosto
cauto
e
prudenziale
;
in
fondo
non
faceva
che
riproporre
una
serie
di
progetti
già
da
tempo
esistenti
.
Si
faceva
un
'
unica
obbiezione
:
il
finanziamento
.
Orbene
,
questo
piano
,
che
darebbe
alla
Maremma
una
popolazione
occupata
permanentemente
di
quattrocentomila
abitanti
,
costa
,
a
conti
fatti
,
circa
46
miliardi
.
Che
è
il
costo
di
mezza
divisione
corazzata
.
V
.
I
funzionari
dell
'
Ente
sono
propagandisti
DC
GROSSETO
,
dicembre
-
Il
primo
ingresso
delle
classi
popolari
nella
lotta
politica
risale
,
in
Maremma
,
alla
fine
del
secolo
scorso
,
quando
,
sotto
la
spinta
del
movimento
socialista
,
si
organizzarono
le
prime
associazioni
operaie
di
mutuo
soccorso
.
Fino
ad
allora
il
generale
malcontento
delle
campagne
si
era
manifestato
attraverso
le
forme
antisociali
del
brigantaggio
:
una
fitta
rete
di
piccoli
fuorilegge
,
che
battevano
i
boschi
e
la
palude
taglieggiando
gli
agrari
,
o
schierandosi
,
per
converso
,
dalla
loro
parte
,
contro
i
loro
stessi
compagni
,
con
agguati
,
sfide
,
uccisioni
.
Si
chiamavano
Stoppa
,
Ansuini
,
Menichetti
e
Tiburzi
,
che
fra
loro
fu
il
più
potente
e
il
più
celebre
.
Nel
primo
decennio
del
secolo
,
e
fino
alla
guerra
,
il
movimento
contadino
ed
operaio
si
allargò
,
prese
consistenza
.
I
socialisti
di
Grosseto
ebbero
anche
un
loro
giornale
,
II
Risveglio
,
col
quale
condussero
le
lotte
politiche
del
dopoguerra
;
nelle
elezioni
del
1919
,
con
grande
sorpresa
dei
galantuomini
locali
,
il
Partito
socialista
ottenne
ben
15.000
voti
,
e
l
'
anno
successivo
,
nelle
amministrative
,
conquistò
quasi
tutti
i
Comuni
della
provincia
.
La
reazione
,
nel
Grossetano
,
fu
sostanzialmente
diretta
e
foraggiata
dagli
agrari
,
uniti
nel
Partito
liberale
,
che
era
poi
nient
'
altro
che
un
comitato
di
agrari
monarchici
ed
usi
a
dirigere
di
fatto
la
vita
pubblica
cittadina
.
Riunioni
,
manifestazioni
e
spedizioni
punitive
si
organizzarono
quasi
sempre
in
casa
di
costoro
,
o
addirittura
nella
sede
del
Partito
liberale
.
La
resistenza
al
fascismo
,
che
arrivò
in
forze
a
Grosseto
alla
fine
del
giugno
1921
,
fu
scarsa
e
disorganizzata
;
è
chiaro
,
ed
occorre
dirlo
,
che
da
parte
dei
socialisti
vi
furono
grossi
errori
di
valutazione
politica
e
tattica
,
di
metodo
di
lotta
.
Gli
estremismi
verbali
alienarono
al
Partito
socialista
ed
alla
causa
dei
lavoratori
la
simpatia
di
larghi
strati
della
piccola
borghesia
urbana
;
l
'
inutile
antinterventismo
postbellico
staccò
dall
'
organizzazione
militare
socialista
(
gli
ordini
del
popolo
)
molti
elementi
,
fra
i
reduci
,
che
sarebbero
stati
preziosi
per
l
'
esperienza
acquisita
negli
anni
di
trincea
.
I
socialisti
,
che
anche
a
Grosseto
apparivano
ai
benpensanti
come
gente
feroce
e
spietata
,
in
realtà
erano
anche
troppo
miti
,
e
si
fecero
disperdere
dalle
squadracce
lasciando
sul
terreno
molte
vittime
(
i
«
martiri
»
fascisti
del
Grossetano
sono
due
,
uno
dei
quali
ucciso
notoriamente
per
errore
dei
fascisti
stessi
,
contro
una
ventina
di
morti
dell
'
altra
parte
)
.
Ma
bisogna
anche
dire
,
a
loro
merito
,
che
seppero
lavorare
con
eroica
ed
assidua
modestia
,
crearono
leghe
di
braccianti
,
minatori
,
mezzadri
,
cooperative
di
lavoro
che
in
qualche
caso
resistettero
persino
sotto
il
fascismo
.
Ed
il
frutto
di
questo
tenace
lavoro
,
ed
anche
dei
loro
errori
,
si
è
raccolto
in
questo
dopoguerra
.
I
partiti
di
sinistra
,
in
Maremma
,
inquadrano
oggi
oltre
trentamila
iscritti
,
un
settimo
della
popolazione
:
dodicimila
lavoratori
indipendenti
,
o
di
altri
partiti
,
sono
aderenti
alla
Camera
del
lavoro
.
Le
elezioni
dimostrano
la
forza
di
questa
base
,
ed
il
costante
progresso
che
ci
si
realizza
.
Il
2
giugno
del
'46
1
partiti
di
sinistra
ottennero
60.625
voti
.
Il
18
aprile
,
nonostante
la
scissione
socialdemocratica
,
i
voti
del
Fronte
salirono
a
63.689
,
contro
49mila
circa
di
tutti
gli
altri
partiti
presi
insieme
.
Alle
amministrative
del
'51
,
ci
fu
un
ulteriore
progresso
,
fino
a
66.287;
ed
infine
,
il
7
giugno
,
i
voti
delle
sinistre
hanno
sfiorato
i
70mila
.
Contro
di
questi
,
abbiamo
i
32mila
circa
della
Democrazia
cristiana
,
gli
11.621
dei
repubblicani
,
i
5.000
dei
socialdemocratici
,
i
2.500
dei
liberali
.
I
partiti
minori
han
fatto
anche
qui
la
loro
triste
esperienza
di
sfaldamento
,
provocata
da
una
sciocca
politica
di
passiva
quiescenza
nei
confronti
del
partito
maggiore
.
Il
più
colpito
è
il
partito
repubblicano
,
che
pur
aveva
in
Maremma
una
bella
tradizione
di
lotta
democratica
e
laica
,
legata
ai
nomi
di
Ettore
Socci
e
Pio
Viazzi
.
Il
Partito
repubblicano
aveva
raccolto
quasi
23mila
voti
nel
'46;
era
quindi
il
partito
più
forte
,
dopo
il
comunista
.
Vi
aderivano
ufficialmente
,
o
comunque
gravitavano
intorno
ad
esso
,
larghi
gruppi
di
operai
e
di
artigiani
.
Il
18
aprile
subirono
il
primo
salasso
,
scendendo
a
poco
più
di
17mila
voti
;
l
'
apparentamento
coi
clericali
nelle
amministrative
provocò
un
'
altra
perdita
,
difficilmente
valutabile
,
dato
che
spesso
si
eran
fatte
liste
uniche
,
che
punivano
laici
e
clericali
,
monarchici
e
repubblicani
.
Esiziale
è
stato
infine
un
truculento
discorso
dell
'
onorevole
Pacciardi
,
durante
l
'
ultima
campagna
(
e
Pacciardi
è
nato
a
Giuncarico
,
pochi
chilometri
a
nord
di
Grosseto
)
,
tanto
che
il
Partito
repubblicano
ha
messo
insieme
,
come
si
è
detto
,
11.621
voti
.
Oggi
,
questo
partito
,
che
in
altri
tempi
ha
fatto
veramente
onore
alla
Maremma
,
è
diventato
una
piccola
conventicola
di
bottegai
e
di
piccoli
impiegati
,
diretti
da
un
paio
di
verbosi
professionisti
,
che
riducono
la
loro
attività
politica
al
vellicamento
di
tardive
ambizioni
ed
alla
retorica
celebrazione
di
qualche
anniversario
.
Il
Partito
socialdemocratico
non
ha
mai
avuto
funzione
effettiva
,
e
lo
stesso
può
dirsi
dell
'
organizzazione
sindacale
da
esso
diretta
.
Quanto
ai
fascisti
,
che
hanno
avuto
più
di
7mila
voti
in
provincia
,
oltre
ai
vecchi
nostalgici
inguaribili
,
essi
raccolgono
in
qualche
misura
l
'
adesione
di
giovani
insoddisfatti
e
velleitari
,
sfiduciati
da
questa
democrazia
che
essi
identificano
con
la
democrazia
tout
court
.
Ma
man
mano
che
questi
giovani
si
trovano
di
fronte
a
reali
problemi
di
lavoro
,
o
di
studio
,
o
di
vita
,
essi
,
riflettendo
più
attentamente
sulle
cause
della
loro
insoddisfazione
,
si
staccano
da
quella
che
,
almeno
per
loro
,
è
una
posizione
psicologica
,
e
non
politica
,
fatta
di
sentimenti
o
di
risentimenti
,
anziché
di
idee
.
La
reazione
,
in
sostanza
,
è
rappresentata
effettivamente
dalla
Democrazia
cristiana
,
che
peraltro
qua
non
ha
tradizioni
,
scarsa
e
limitata
essendo
stata
in
passato
la
vita
del
Partito
popolare
.
Ed
in
effetti
,
anche
oggi
i
democristiani
non
hanno
un
vero
e
proprio
partito
(
gli
iscritti
si
contano
a
decine
)
,
né
efficace
è
l
'
azione
dei
Comitati
civici
.
La
propaganda
elettorale
,
oltre
che
all
'
attività
sorda
delle
parrocchie
,
è
stata
affidata
all
'
Ente
Maremma
.
Perché
questo
organismo
,
che
dovrebbe
soltanto
compiere
un
'
operazione
tecnica
di
trasformazione
fondiaria
(
anche
,
beninteso
,
con
un
secondo
scopo
politico
)
in
realtà
ha
trasformato
,
e
lo
là
ancora
,
i
suoi
tecnici
in
attivisti
politici
,
e
preme
in
vario
modo
sui
lavoratori
della
campagna
,
sia
discriminandoli
in
sede
di
assegnazione
,
sia
invitandoti
,
in
varie
forme
,
a
dar
buona
prova
di
sé
,
durante
i
tre
anni
di
prova
,
abbandonando
i
partiti
e
le
organizzazioni
di
sinistra
.
Non
è
facile
stabilire
fino
a
che
punto
il
danaro
dell
'
Ente
,
e
cioè
pubblico
,
è
stato
utilizzato
durante
la
campagna
elettorale
.
Certo
è
che
fra
i
candidati
democristiani
figuravano
alcuni
funzionari
dell
'
Ente
,
e
che
per
loro
si
è
svolta
una
vistosa
(
e
perciò
costosa
)
campagna
di
preferenze
.
II
confluire
spesso
disorganico
ed
addirittura
ostile
di
questi
elementi
diversi
,
nella
propaganda
democristiana
,
(
partito
,
parrocchie
,
Ente
Maremma
)
ha
provocato
lotte
interne
di
cui
l
'
eco
è
giunta
un
po
'
dappertutto
.
La
Democrazia
cristiana
,
sprecando
un
sacco
di
soldi
in
una
campagna
elettorale
pletorica
e
tecnicamente
errata
,
ha
raccolto
,
come
si
è
detto
,
oltre
32mila
suffragi
.
Han
votato
per
lei
,
oltre
a
quel
sottopopolo
che
gravita
intorno
alle
parrocchie
,
una
parte
del
ceto
medio
cittadino
ed
i
proprietari
minimi
della
campagna
e
dell
'
isola
del
Giglio
.
La
Democrazia
cristiana
sa
bene
che
la
piccola
proprietà
può
esserle
,
in
qualche
caso
,
elettoralmente
vantaggiosa
;
e
appunto
per
questo
ha
inventato
la
riforma
fondiaria
.
I
partiti
di
sinistra
devono
dissolvere
quest
'
equivoco
e
conquistarsi
quella
parte
della
popolazione
agraria
su
cui
ancora
agiscono
gli
spauracchi
della
«
statizzazione
della
terra
»
.
E
devono
insieme
aprirsi
ancora
di
più
verso
il
ceto
medio
cittadino
,
soffocato
da
una
lunga
serie
di
complessi
piccolo
borghesi
di
cui
in
fondo
sono
soltanto
vittime
.
Molto
in
questo
senso
è
già
stato
fatto
;
perché
la
piccola
borghesia
maremmana
è
sostanzialmente
sana
,
meno
gravata
da
tradizioni
,
e
quindi
più
aperta
,
rispetto
,
mettiamo
,
alla
piccola
borghesia
della
Toscana
interna
,
fiorentina
o
senese
.
È
una
classe
,
anche
dal
punto
di
vista
del
costume
,
vicina
al
popolo
lavoratore
,
da
cui
spesso
è
uscita
solo
una
generazione
fa
(
chi
di
noi
non
ha
un
nonno
contadino
?
)
.
Bisogna
che
i
minatori
delle
colline
ed
i
contadini
del
piano
,
ma
soprattutto
i
partiti
che
li
dirigono
,
facciano
un
altro
sforzo
,
anche
per
questa
gente
,
che
non
è
cattiva
,
che
è
onesta
e
laboriosa
,
pur
se
ha
paura
della
Siberia
.
StampaQuotidiana ,
Questa
volta
era
giornata
di
sole
.
La
gente
vestita
col
vestito
buono
(
perché
questa
volta
era
anche
domenica
e
come
otto
milioni
di
telespettatori
sanno
,
domenica
è
sempre
domenica
)
,
la
gente
dunque
faceva
due
ali
sottili
,
fra
il
cancello
e
la
fontana
di
tufo
,
con
le
statue
e
le
aiole
,
che
sta
al
centro
della
piazza
.
C
'
erano
genitori
coi
figli
,
ragazzi
con
la
ragazza
,
vecchi
che
han
fatto
la
grande
guerra
e
applaudivano
gli
artiglieri
di
picchetto
col
chepì
e
la
coda
di
cavallo
;
c
'
erano
uomini
bassi
e
atticciati
,
neri
in
testa
e
bluastri
in
viso
che
parevano
-
ma
non
erano
-
barbieri
di
Molfetta
,
e
a
tratti
dicevano
:
«
Per
favore
indietro
»
.
Sul
cancello
due
carabinieri
alti
,
placcati
e
impennacchiati
,
pronti
a
fare
il
saluto
.
Entravano
solo
quelli
che
,
scendendo
di
macchina
,
facevan
vedere
la
tessera
.
L
'
attesa
fu
lunga
:
prima
arrivarono
le
motociclette
fischianti
della
polizia
stradale
,
con
sopra
gli
agenti
foderati
di
cuoio
,
poi
le
auto
:
cardinali
,
generali
,
autorità
.
Ma
la
macchina
del
presidente
la
riconobbero
solo
quando
era
già
passata
,
per
via
delle
bandierine
tricolori
sui
parafanghi
,
e
nessuno
ebbe
il
tempo
di
battere
le
mani
.
Una
delle
ragazze
parve
delusa
.
«
Tutto
qui
?
»
fece
.
E
lui
:
«
Il
meglio
è
dentro
,
sai
?
»
.
Dentro
avevano
montato
la
tribuna
e
al
microfono
fecero
i
discorsi
.
L
'
ingegnere
parlò
abbastanza
a
lungo
dell
'
azione
,
che
è
una
realizzazione
delle
più
profonde
aspirazioni
della
nazione
;
la
nazione
operosa
,
la
città
giustamente
orgogliosa
,
la
sua
gente
laboriosa
:
tesa
,
intesa
e
protesa
nell
'
attività
,
nella
fattività
e
nella
produttività
,
in
un
clima
più
ampio
,
quello
del
MEC
.
Il
ministro
tenne
un
linguaggio
più
acconcio
alla
sua
professione
tecnica
.
Infatti
parlò
di
tecniche
.
Di
tecniche
,
di
metodi
,
di
programmi
,
di
operatori
,
di
livelli
e
di
piani
,
nel
quadro
,
naturalmente
,
del
wc
.
Auspicò
anche
,
è
vero
,
ma
solo
alla
fine
:
per
il
resto
discorse
arane
un
libro
aziendale
,
recentissimo
e
tradotto
dall
'
americano
.
Il
presidente
li
stava
a
guardare
canuto
e
grave
.
Non
applaudì
:
solo
un
cenno
del
capo
.
Il
presidente
,
prima
della
Grande
guerra
,
è
stato
normalista
a
Pisa
,
e
ha
letto
le
prose
dei
maggiori
,
Aretino
compreso
.
Conserviamo
,
noi
,
la
scheda
con
cui
il
giovane
pontederese
chiedeva
in
prestito
l
'
opera
completa
del
suo
antico
corregionale
,
paesano
dell
'
uno
e
dell
'
altro
Fanfani
,
bisnonno
e
pronipote
,
linguista
il
primo
,
corporativo
il
secondo
,
ma
tutti
e
due
piccoletti
di
statura
.
Partiti
che
furono
presidente
,
generale
,
cardinale
,
autorità
,
carabinieri
placcati
e
impennacchiati
,
artiglieri
con
la
coda
in
testa
,
diedero
la
via
alle
turbe
e
in
un
baleno
fu
pieno
:
convenuti
da
ogni
paese
.
Gli
amici
,
quando
ti
scrivono
,
dicono
sempre
:
«
Vengo
su
in
aprile
.
Voglio
vedere
un
po
'
che
cosa
c
'
è
di
nuovo
,
quest
'
anno
»
.
Quest
'
anno
di
nuovo
c
'
erano
:
due
scimpanzé
di
Lombardi
,
amico
degli
animali
,
che
tentavano
di
spaccare
la
gabbia
di
vetro
a
spallate
;
il
vagone
della
metropolitana
con
le
gomene
come
un
autobus
;
il
padiglione
storico
;
un
ventilatore
tascabile
,
duecentotrenta
grammi
pila
esclusa
;
un
nuovo
tipo
di
tappo
per
tubi
da
dentifricio
;
un
modellino
di
appartamento
girevole
,
che
si
orienta
secondo
il
sole
;
una
soletta
speciale
per
difendere
i
piedi
dall
'
umido
;
tuia
fotografia
,
uso
famiglia
,
di
Ranieri
Grimaldi
e
Grace
Kelly
,
felicemente
regnanti
,
sulla
Principauté
de
Monaco
.
Per
il
resto
come
prima
:
formaggi
svizzeri
e
orologi
,
motori
a
turbina
grossi
come
case
,
la
trivella
della
Pignone
,
tappeti
colorati
e
pelli
di
pitone
,
e
un
altro
sacco
di
roba
,
esposta
su
di
un
fronte
(
dicono
gli
statistici
)
di
settanta
chilometri
,
quanto
basta
per
arrivare
a
Piacenza
.
Le
turbe
saranno
arrivate
,
al
massimo
,
fino
a
Lodi
,
poi
,
stanchi
morti
,
li
ritrovavi
fuori
,
seduti
sullo
scalino
del
marciapiedi
,
scalmanati
e
rossi
in
faccia
,
col
mal
di
testa
,
la
bocca
impastata
e
le
caviglie
gonfie
.
Le
donne
,
che
si
erano
messe
i
tacchi
a
spillo
per
l
'
occasione
,
si
levavano
le
scarpe
e
tenevano
i
piedi
nudi
su
di
un
foglio
di
giornale
.
StampaQuotidiana ,
Città
del
Vaticano
,
2
ottobre
-
Papa
Paolo
VI
mi
ha
parlato
del
Vaticano
d
'
oggi
,
della
Chiesa
,
del
Concilio
,
del
suo
viaggio
a
Nuova
York
,
alle
Nazioni
Unite
,
dell
'
Italia
,
dei
rapporti
Chiesa
-
Stato
in
Italia
.
Mi
ha
ricevuto
nella
sua
biblioteca
privata
,
di
sera
,
alla
vigilia
della
partenza
per
l
'
America
,
conversando
poi
lentamente
e
con
molta
franchezza
.
I
Papi
non
concedono
,
com
'
è
noto
,
interviste
;
non
ne
concedono
da
duemila
anni
;
ma
un
colloquio
com
'
è
stato
questo
so
di
poterlo
riferire
.
Esso
nasce
da
una
visita
al
Papa
fatta
mentre
sto
compiendo
,
da
mesi
,
un
«
viaggio
in
Vaticano
»
.
Nasce
dall
'
occasione
semplice
e
non
dall
'
ufficialità
.
Per
giorni
ho
frequentato
i
palazzi
apostolici
,
il
Concilio
,
i
ministeri
:
di
qui
è
scaturito
l
'
incontro
tanto
raro
quanto
occasionale
con
Paolo
VI
,
come
un
episodio
«
privato
»
,
umano
.
Ed
esso
mi
fornisce
il
«
prologo
»
per
queste
cronache
.
Un
prologo
che
porta
subito
al
cuore
del
Vaticano
stesso
e
mi
consente
di
scrivere
davvero
dal
«
di
dentro
»
una
realtà
altrimenti
difficile
da
rappresentare
.
Lo
scopo
di
queste
mie
note
è
infatti
molto
semplice
.
Un
Concilio
si
chiude
,
un
Papa
va
all
'
ONU
e
la
Chiesa
conosce
discussioni
e
trasformazioni
che
non
conosceva
da
secoli
.
Milioni
di
persone
guardano
al
Vaticano
degli
anni
Sessanta
,
per
chiedersi
se
cambia
,
come
cambia
,
mentre
il
Concilio
s
'
avvia
alla
conclusione
.
Nessuna
capitale
del
mondo
,
civile
o
religiosa
,
Washington
,
Mosca
o
Calcutta
,
è
infatti
come
il
Vaticano
sotto
il
riflettore
:
perché
nessuna
capitale
vive
anni
di
così
grande
trapasso
.
Ma
cogliere
il
significato
di
ciò
che
accade
non
è
facile
se
non
si
cerca
di
vedere
il
Vaticano
«
dentro
»
,
con
un
rovesciamento
d
'
ottica
.
Il
Vaticano
d
'
oggi
è
infatti
qualcosa
di
mobile
e
di
fluido
;
una
immagine
che
appena
si
sta
mettendo
a
fuoco
e
richiede
continui
aggiustamenti
.
Lo
stesso
Paolo
VI
è
una
prova
di
come
sia
rischioso
stabilire
«
dall
'
esterno
»
qualcosa
di
vero
,
poiché
gli
stessi
che
nel
'64
lo
definivano
un
soffocatore
del
Concilio
ora
lo
esaltano
come
un
intrepido
sostenitore
della
libertà
religiosa
,
facendone
un
personaggio
continuamente
deformato
.
Guardare
«
dall
'
interno
»
sarà
quindi
un
filo
conduttore
di
queste
note
.
E
voglio
subito
dire
che
intendo
solo
tenere
un
diario
,
scritto
proprio
col
tono
del
diario
,
immediato
,
semplice
,
incurante
d
'
architetture
,
e
non
una
inchiesta
.
Come
voglio
anche
aggiungere
che
questo
diario
sarà
«
laico
»
,
nel
senso
che
non
pretende
di
discutere
questioni
religiose
,
parteggiare
per
la
Chiesa
«
progressiva
»
o
per
la
Chiesa
«
conservatrice
»
,
o
giudicare
se
certe
decisioni
siano
un
bene
o
un
male
per
la
Chiesa
.
Ciò
che
intendo
descrivere
è
il
Vaticano
,
non
la
Chiesa
;
cercando
di
capire
com
'
è
mutato
dentro
la
«
svolta
conciliare
»
;
e
quali
nuovi
organismi
nascono
;
come
si
trasformano
i
vecchi
all
'
ombra
di
San
Pietro
;
e
sempre
facendo
parlare
gli
uomini
che
governano
la
Santa
Sede
.
Ma
veniamo
alla
prima
pagina
di
questo
diario
.
Papa
Paolo
VI
mi
ha
ricevuto
,
dicevo
,
di
sera
.
Sono
andato
alla
seconda
Loggia
verso
le
sette
,
all
'
ora
in
cui
finiscono
le
udienze
,
mentre
si
spengono
le
luci
dei
palazzi
apostolici
.
Il
colloquio
è
durato
quasi
un
'
ora
:
e
riferirne
i
dettagli
,
le
stesse
cadenze
del
«
parlato
»
,
è
certamente
essenziale
per
conoscere
lo
stile
di
un
pontificato
.
Il
Papa
s
'
è
mosso
verso
la
porta
della
biblioteca
semiaperta
,
con
modi
semplici
,
sveltamente
,
da
uomo
moderno
capace
di
chiari
rapporti
umani
.
Sullo
sfondo
dei
libri
,
dentro
la
luce
viva
d
'
un
salone
privo
d
'
ori
e
di
baldacchini
,
il
Papa
ha
poi
steso
la
mano
senza
imporre
né
sollecitare
il
bacio
dell
'
anello
.
Infine
ha
cominciato
a
scegliere
con
lo
sguardo
tra
le
poltrone
che
fanno
circolo
alla
sua
scrivania
,
finché
gli
è
sembrato
di
trovare
la
più
comoda
e
la
più
vicina
per
l
'
interlocutore
.
«
Venga
,
venga
»
ha
detto
il
Papa
,
«
si
metta
a
sedere
lì
,
parleremo
meglio
.
»
Né
m
'
è
sembrato
un
gesto
di
sola
cortesia
;
ma
piuttosto
un
preciso
rifiuto
del
classico
monologo
dei
Papi
.
Oltre
lo
scrittoio
la
sua
figura
bianca
ha
disegnato
una
immagine
inedita
.
Fisicamente
ho
trovato
Paolo
VI
disteso
,
spontaneo
,
poco
somigliante
al
Papa
teso
,
scarno
,
nervoso
,
oppure
introverso
oppure
diplomatico
che
solitamente
si
descrive
.
Ma
di
questo
dirò
poi
.
«
Ci
fa
piacere
,
sa
,
parlare
del
Vaticano
»
ha
detto
il
Papa
affabilmente
con
espressione
arguta
:
«
oggi
molti
cercano
di
capirci
e
di
studiarci
.
Ci
sono
tanti
libri
sulla
Santa
Sede
e
il
Concilio
.
E
alcuni
sono
anche
ben
fatti
,
vede
.
Ma
molti
assicurano
che
la
Chiesa
pensa
certe
cose
senza
aver
mai
chiesto
alla
Chiesa
cosa
pensa
.
Mentre
,
dopotutto
,
anche
il
nostro
parere
dovrebbe
contare
qualcosa
in
tema
di
religione
.
»
Qui
il
Papa
ha
fatto
una
pausa
,
una
parentesi
divertita
.
Poi
ha
continuato
,
spegnendo
il
sorriso
:
«
Ma
ci
rendiamo
conto
che
non
è
facile
intendere
ciò
che
viene
fatto
e
viene
discusso
nel
mondo
della
Chiesa
.
Anche
il
Papa
,
sa
,
certe
volte
fatica
per
capire
il
mondo
d
'
oggi
»
.
Dopo
questo
preambolo
senza
formalità
,
così
francamente
umano
,
Paolo
VI
ha
toccato
gli
argomenti
più
importanti
del
suo
pontificato
.
Nel
silenzio
della
sera
,
nella
sala
senza
segretari
,
ha
affrontato
anche
i
temi
più
difficili
e
più
critici
,
e
l
'
ha
fatto
da
uomo
del
nostro
tempo
,
che
non
intende
eludere
nulla
,
scopertamente
deciso
a
una
sincerità
che
rifiuta
i
rapporti
facili
,
la
simbolica
simpatia
o
la
simbolica
solennità
.
Senza
scrivere
(
non
si
può
scrivere
davanti
ai
Papi
)
ho
fissato
nella
memoria
parola
per
parola
le
sue
frasi
quando
Paolo
VI
m
'
ha
parlato
,
con
un
realismo
persino
doloroso
,
della
Chiesa
e
del
mondo
,
del
dialogo
,
della
sua
successione
a
Giovanni
XXIII
.
«
Bisogna
essere
semplici
e
avveduti
»
m
'
ha
detto
il
Papa
«
nel
cogliere
il
senso
degli
anni
che
stiamo
vivendo
.
La
Chiesa
vuole
diventare
poliedrica
per
riflettere
meglio
il
mondo
contemporaneo
.
Per
diventarlo
ha
deciso
di
affondare
l
'
aratro
nei
terreni
inerti
,
anche
nei
più
duri
,
per
smuovere
,
vivificare
,
portare
alla
luce
ciò
che
restava
sepolto
.
Questa
aratura
provoca
scosse
,
sforzi
,
problemi
.
Al
nostro
predecessore
toccò
il
compito
di
affondare
l
'
aratro
.
Ora
il
compito
di
condurlo
avanti
è
caduto
nelle
nostre
povere
mani
.
»
E
a
questo
punto
Paolo
VI
s
'
è
fermato
,
portando
le
mani
sopra
la
scrivania
,
guardandole
per
un
attimo
,
come
sconcertato
dalla
loro
fragilità
.
Ma
poi
le
ha
nascoste
subito
,
quasi
per
un
improvviso
pudore
,
ed
è
passato
,
col
realismo
che
dicevo
,
alle
frasi
più
illuminanti
del
suo
personaggio
di
Papa
moderno
,
incapace
d
'
illusioni
.
«
Molti
»
m
'
ha
detto
il
Papa
«
si
chiedono
perché
la
Chiesa
compie
queste
fatiche
.
Molti
si
chiedono
il
perché
del
dialogo
.
Ma
se
lo
chiedono
perché
non
hanno
coscienza
del
vero
problema
.
Il
problema
vero
è
che
la
Chiesa
si
apre
al
mondo
e
trova
un
mondo
che
in
gran
parte
non
crede
.
San
Carlo
,
a
Milano
,
agiva
in
condizioni
ben
diverse
per
esempio
.
Quando
ero
a
Milano
(
Paolo
VI
si
è
dimenticato
un
attimo
il
noi
)
ho
visto
le
carte
della
diocesi
ai
tempi
del
Borromeo
.
I
problemi
erano
l
'
acquisto
di
un
confessionale
,
una
chiesa
da
riparare
,
la
presenza
di
tre
ubriaconi
in
una
parrocchia
,
la
questione
di
una
fattucchiera
.
Ma
com
'
è
tutto
diverso
,
oggi
.
Oggi
non
si
tratta
più
di
una
fattucchiera
che
imbroglia
la
gente
.
Si
tratta
che
milioni
di
persone
non
hanno
più
fede
religiosa
.
Di
qui
nasce
la
necessità
per
la
Chiesa
di
aprirsi
.
Dobbiamo
affrontare
chi
non
crede
più
e
chi
non
crede
in
noi
dicendo
:
noi
siamo
fatti
così
,
diteci
perché
non
credete
,
perché
ci
combattete
.
»
Ed
ora
il
Papa
s
'
è
interrotto
.
Ha
come
cercato
di
cancellare
la
tristezza
che
una
visione
così
poco
trionfalistica
delle
cose
gli
disegnava
sul
volto
.
Ha
trovato
aiuto
nella
sua
stessa
semplicità
.
«
Ecco
il
dialogo
»
ha
concluso
tornando
al
sorriso
.
«
È
proprio
tutto
qui
,
vede
.
»
Parlare
,
spiegarsi
,
desiderare
che
l
'
interlocutore
non
si
senta
«
isolato
»
,
saper
ascoltare
,
cercare
continuamente
di
distruggere
i
diaframmi
che
si
creano
tra
un
uomo
e
un
Papa
,
non
abbandonarsi
a
una
parte
facile
,
con
preoccupazione
continua
,
commovente
,
m
'
è
sembrata
una
parte
fondamentale
del
carattere
di
Paolo
VI
.
La
coscienza
che
un
Papa
moderno
debba
affrontare
il
rischio
del
discorso
diretto
,
mobile
,
umanamente
vero
,
m
'
è
sembrata
un
dato
preciso
della
sua
figura
,
che
pare
difficile
perché
continuamente
sfuggente
all
'
oleografia
.
Ma
ciò
risulterà
bene
dal
resto
della
conversazione
mai
«
recitata
»
,
sempre
tesa
nella
franchezza
.
Il
Papa
è
passato
infatti
agli
argomenti
delicati
che
spesso
suscitano
critiche
al
suo
pontificato
:
il
Concilio
,
il
conflitto
tra
progressisti
e
conservatori
,
il
suo
atteggiamento
verso
la
curia
,
la
cosiddetta
fase
di
stanchezza
dell
'
ecumenismo
.
Paolo
VI
m
'
ha
detto
:
«
Questo
dialogo
e
questo
nuovo
atteggiamento
della
Chiesa
comportano
discussioni
dentro
la
Chiesa
,
certo
.
E
il
Vaticano
per
questo
si
trova
al
centro
dell
'
attenzione
mondiale
.
Ma
il
problema
vero
resta
ciò
che
dicevamo
:
la
Chiesa
in
un
mondo
che
in
gran
parte
perde
la
fede
.
Le
altre
cose
,
sa
,
bisogna
vederle
nelle
loro
proporzioni
reali
.
Dopotutto
,
proprio
il
Concilio
sta
dimostrando
che
accanto
a
una
crisi
della
fede
del
mondo
non
c
'
è
per
fortuna
una
crisi
della
Chiesa
.
Anche
i
temi
più
gravi
,
più
nuovi
,
come
la
libertà
religiosa
,
sono
dibattuti
con
amore
della
Chiesa
.
E
lei
capisce
cosa
questo
problema
significhi
»
.
Il
Papa
ha
fatto
una
pausa
,
sottolineando
col
silenzio
questo
problema
«
liberale
»
del
suo
pontificato
.
Ha
quasi
desiderato
che
dicessi
qualcosa
e
m
'
ha
lasciato
dire
.
Poi
ha
continuato
:
«
Lo
stesso
formarsi
di
due
parti
,
progressisti
e
non
progressisti
,
come
si
dice
,
non
implica
mai
il
problema
della
fedeltà
.
Tutti
discutono
per
il
bene
della
Chiesa
,
e
non
emergono
né
defezioni
né
preoccupanti
segni
di
lotte
interne
.
Se
ci
fossero
,
come
dicono
molti
,
il
Papa
se
ne
preoccuperebbe
,
sa
,
e
lo
direbbe
chiaro
.
È
qui
per
questo
il
Papa
!
»
.
Nel
dire
ciò
Paolo
VI
ha
avuto
un
'
espressione
di
humour
indicando
la
poltrona
su
cui
siede
,
ed
è
andato
avanti
così
,
dentro
questa
vena
d
'
umore
spontaneo
.
Criticato
come
difensore
della
curia
,
il
Papa
ha
persino
affrontato
questo
tema
.
Non
vi
è
arrivato
,
si
capisce
,
intenzionalmente
,
ma
trasportato
dall
'
humour
che
dicevo
.
«
Molti
problemi
»
m
'
ha
detto
«
vengono
deformati
da
chi
sta
lontano
.
Ma
è
stato
bene
discuterli
,
perché
discutendo
si
sono
semplificati
.
Prenda
tutte
le
discussioni
che
si
sono
fatte
sulla
curia
,
per
esempio
.
Lei
conosce
tutte
quelle
accuse
,
di
centralismo
,
di
romanesimo
.
Ma
ora
il
problema
sta
prendendo
le
sue
dimensioni
reali
.
È
bastato
venire
a
Roma
per
vedere
che
la
Chiesa
sta
molto
meglio
in
salute
che
in
passato
e
che
certi
suoi
difetti
non
sono
drammatici
.
»
Paolo
VI
m
'
è
sembrato
,
in
questo
passaggio
,
stimolato
dalla
sua
esperienza
di
ex
sostituto
alla
segreteria
di
Stato
,
di
«
tecnico
»
della
Chiesa
.
S
'
è
messo
a
raccontare
volentieri
,
rapidamente
.
«
In
passato
,
la
Chiesa
era
dominata
da
re
e
imperatori
,
mentre
adesso
è
libera
,
e
il
Papa
ragiona
come
gli
pare
.
In
passato
,
c
'
era
il
nepotismo
e
adesso
non
c
'
è
più
.
In
passato
,
c
'
erano
casi
di
simonia
ed
ora
certamente
non
se
ne
può
parlare
.
Anche
alcune
persone
della
curia
,
lei
lo
sa
,
peccavano
talvolta
di
simonia
.
E
sa
perché
?
Accadeva
che
la
curia
per
autofinanziarsi
faceva
pagare
i
documenti
degli
atti
che
le
venivano
richiesti
.
Mentre
oggi
la
curia
riceve
i
suoi
compensi
regolari
,
come
ogni
buona
amministrazione
del
mondo
.
Questo
stesso
argomento
è
quindi
da
sdrammatizzare
.
Sono
necessarie
riforme
tecniche
,
certo
,
per
lavorare
meglio
.
Ci
saranno
attriti
personali
da
accomodare
.
Ma
gravi
problemi
non
sono
emersi
.
Fosse
il
contrario
,
sarebbe
nostra
cura
risolverli
.
Lei
pensa
che
il
Papa
negherebbe
i
mali
del
governo
vaticano
se
ce
ne
fossero
?
Li
elencherebbe
,
li
studierebbe
,
poi
li
eliminerebbe
.
»
Paolo
VI
ha
di
nuovo
sorriso
,
nel
piacere
di
un
discorso
obbiettivo
:
come
un
tecnico
che
parla
di
un
meccanismo
che
conosce
;
ma
anche
come
un
Papa
che
non
difende
la
linea
curiale
per
partito
preso
,
e
solo
intende
essere
interprete
di
una
sdrammatizzazione
dei
fatti
,
provocata
dal
Concilio
stesso
.
Preso
da
questo
stato
d
'
animo
ha
continuato
in
questa
chiave
umana
anche
parlando
dell
'
ecumenismo
.
«
Il
Concilio
serve
a
semplificare
molte
cose
»
ha
detto
ancora
.
«
Anche
considerato
come
incontro
tra
gli
uomini
di
diverse
Chiese
.
Lei
ha
visto
gli
osservatori
al
Concilio
?
Li
veda
,
li
veda
.
Mancano
quelli
di
Atenagora
,
per
le
ragioni
che
si
sanno
.
Ma
gli
altri
vengono
,
ci
conoscono
.
Nessuno
ha
fatto
ancora
un
passo
decisivo
,
sa
.
Non
bisogna
illudersi
.
Ma
intanto
l
'
atmosfera
è
cambiata
.
Un
giorno
,
per
esempio
,
è
venuto
a
trovarci
,
con
gli
osservatori
,
un
valdese
.
S
'
è
affacciato
all
'
uscio
,
ci
è
venuto
incontro
e
,
stendendo
la
mano
,
ha
esclamato
:
"
Buongiorno
,
sono
cinquecento
anni
che
non
ci
vediamo
".»
E
raccontando
questa
storia
il
Papa
ha
riso
apertamente
.
Paolo
VI
ha
lasciato
passare
un
po
'
di
secondi
,
quasi
per
consentire
una
domanda
,
e
così
il
discorso
si
è
spostato
sul
viaggio
all
'
ONU
.
Ma
anche
qui
la
sua
parola
è
stata
come
colorita
dall
'
humour
e
dal
sorriso
.
Il
viaggio
all
'
ONU
del
Papa
ha
infatti
aperto
numerose
discussioni
sul
suo
«
attivismo
»
e
sul
significato
dei
suoi
interventi
nella
politica
internazionale
.
Ma
sul
viaggio
in
America
Paolo
VI
(
primo
Papa
che
passa
l
'
Atlantico
)
s
'
è
intrattenuto
ancora
con
semplicità
.
Il
discorso
s
'
è
fatto
,
anzi
,
tanto
immediato
che
il
Papa
ora
parlava
con
chiare
inflessioni
lombarde
.
Sul
viaggio
all
'
ONU
Paolo
VI
m
'
ha
detto
:
«
Già
,
già
.
Ora
faremo
anche
questo
viaggio
.
Ci
hanno
chiesto
di
andare
per
celebrare
il
ventesimo
anno
dell
'
ONU
e
noi
abbiamo
risposto
di
sì
.
Il
Papa
non
può
mica
rispondere
:
"
Grazie
tante
,
non
ho
tempo
"
.
Fosse
per
noi
,
si
potrebbe
anche
risparmiare
fatica
e
quattrini
.
Ma
per
la
prima
volta
i
capi
di
tutto
il
mondo
riuniti
vogliono
ascoltare
la
parola
del
rappresentante
di
Cristo
,
e
noi
non
possiamo
non
fare
questo
viaggio
.
Così
,
mettiamo
il
mantello
del
pellegrino
,
che
poi
è
il
mantello
di
San
Rocco
,
mi
creda
,
e
proprio
come
San
Rocco
andiamo
laggiù
»
.
Così
dicendo
,
il
Papa
ha
scosso
la
testa
;
m
'
è
sembrato
l
'
uomo
giunto
quasi
ai
settanta
anni
che
rammenta
la
fatica
umana
di
certe
cose
;
ma
anche
stavolta
discrezione
e
pudore
hanno
immediatamente
rovesciato
l
'
espressione
assorta
,
un
po
'
triste
,
che
gli
s
'
annunciava
negli
occhi
.
Ha
rifiutato
questa
immagine
patetica
con
prontezza
e
subito
l
'
ha
corretta
col
sorriso
:
«
Dovremo
fare
come
dice
il
salmo
,
sa
.
Loquebar
in
conspectu
regum
et
non
confundebar
:
parlerai
davanti
ai
re
e
non
ti
confonderai
.
Ma
chissà
se
anche
noi
riusciremo
a
cavarcela
bene
o
male
davanti
a
tanta
gente
importante
»
.
L
'
orologio
dorato
che
c
'
è
sul
tavolo
del
Papa
ha
nuovamente
suonato
.
Ma
Paolo
VI
non
s
'
è
alzato
.
Ha
raccolto
l
'
inizio
d
'
una
domanda
sull
'
Italia
e
l
'
ha
portata
avanti
,
senza
abili
retoriche
e
frasi
di
circostanza
,
fino
al
terreno
spinoso
dei
rapporti
Stato
-
Chiesa
:
«
Spesso
ci
chiedono
una
parola
sull
'
Italia
»
ha
detto
«
ma
è
così
difficile
dirla
.
Se
la
diciamo
,
osservano
che
il
Papa
interviene
nelle
questioni
italiane
.
Se
non
la
diciamo
commentano
che
il
Papa
non
ha
il
coraggio
di
dichiarare
il
suo
pensiero
.
Di
quando
in
quando
,
certo
,
siamo
intervenuti
.
Ma
lo
facciamo
solo
perché
problemi
religiosi
e
morali
comportano
il
nostro
insegnamento
.
Ma
ciò
non
significa
che
il
Papa
sia
per
l
'
intervento
e
voglia
trattare
i
cattolici
italiani
diversamente
dagli
altri
cattolici
.
Non
è
certo
qui
che
si
consiglia
una
operazione
politica
o
un
'
altra
»
.
Paolo
VI
ha
posato
la
mano
sul
tavolo
dicendo
«
qui
»
con
decisione
.
Poi
,
ha
voluto
andare
oltre
,
fuori
d
'
ogni
ambiguità
.
«
L
'
Italia
,
l
'
Italia
»
ha
detto
come
emozionato
.
Ma
nel
timore
della
retorica
ha
represso
anche
il
sentimento
affettuoso
che
stava
affiorando
,
e
ha
scelto
ancora
la
strada
difficile
del
discorso
vero
.
«
Molte
cose
non
sono
facili
»
m
'
ha
detto
«
ma
forse
la
buona
volontà
aiuterà
gl
'
italiani
.
Il
cammino
è
faticoso
,
ma
non
bisogna
perdersi
d
'
animo
.
Vede
?
Il
problema
di
fondo
è
morale
.
Si
sono
fatti
progressi
,
costruite
strade
,
eccetera
.
Ma
forse
nel
cuore
degli
uomini
non
c
'
è
stata
un
'
uguale
ripresa
e
,
come
dire
?
,
sotto
la
superficie
c
'
è
qualcosa
d
'
inquieto
che
corrode
e
divide
.
Ma
non
vorrei
continuare
.
È
così
facile
fraintendere
la
parola
del
Papa
sull
'Italia.»
Paolo
VI
però
non
s
'
è
fermato
.
Il
problema
dei
rapporti
Stato
-
Chiesa
costituiva
un
nodo
,
ora
,
del
suo
stesso
discorso
e
il
Papa
ha
voluto
tagliare
anche
questo
difficile
nodo
.
L
'
ha
fatto
con
la
tristezza
del
suo
realismo
,
con
l
'
umiltà
dell
'
intellettuale
che
non
esclude
il
problema
.
«
Noi
siamo
in
una
posizione
delicata
»
m
'
ha
detto
il
Papa
.
«
Stato
e
Chiesa
,
Chiesa
e
Stato
:
ecco
un
rapporto
reso
difficile
dal
fatto
d
'
essere
noi
in
Italia
.
Sappiamo
che
,
per
questo
aspetto
,
significhiamo
un
problema
per
la
vita
italiana
.
Lo
sappiamo
,
sa
?
Certe
volte
siamo
scomodi
,
anche
per
coloro
che
ci
vogliono
bene
.
»
E
il
Papa
è
rimasto
a
pensare
,
mettendo
nell
'
annoso
discorso
politico
questo
accento
d
'
umanità
sincera
.
«
Ma
bisogna
»
ha
continuato
«
trovare
una
soluzione
.
Bisogna
giungere
a
un
rispetto
reciproco
.
Ognuno
deve
stare
nel
proprio
campo
.
Noi
desideriamo
che
gli
italiani
facciano
la
loro
esperienza
liberamente
.
Noi
ripetiamo
continuamente
ai
nostri
preti
:
non
mescolatevi
,
non
chiedete
,
non
bazzicate
per
sentieri
indebiti
.
»
Allargando
le
braccia
,
come
per
accompagnare
meglio
una
rassegnazione
,
il
Papa
ha
allora
concluso
:
«
Ma
viviamo
sullo
stesso
suolo
e
l
'
intrecciarsi
della
vita
quotidiana
spesso
contraddice
le
nostre
linee
generali
.
Spesso
per
la
Chiesa
è
scomodo
avere
i
piedi
sulla
terra
»
.
Paolo
VI
s
'
è
preparato
,
a
questo
punto
,
per
il
congedo
.
Ma
poi
s
'
è
come
pentito
:
ha
preferito
un
'
ultima
riflessione
che
,
sfiorando
il
problema
del
controllo
delle
nascite
,
ha
come
riassunto
con
lucida
semplicità
ciò
che
direi
la
sua
posizione
storica
.
«
Quanti
problemi
!
»
ha
detto
il
Papa
come
parlando
a
se
stesso
.
«
Come
sono
numerosi
e
come
sono
numerose
le
risposte
che
dobbiamo
dare
.
Vogliamo
aprirci
sul
mondo
e
dobbiamo
decidere
giorno
per
giorno
cose
che
avranno
conseguenze
nei
secoli
.
Dobbiamo
rispondere
alle
domande
dell
'
uomo
d
'
oggi
,
del
cristiano
d
'
oggi
,
e
ci
sono
domande
particolarmente
difficili
per
noi
,
come
quelle
legate
ai
problemi
della
famiglia
cristiana
.
»
Poi
il
realismo
del
Papa
è
stato
immediato
.
«
Prenda
il
birth
control
,
per
esempio
.
Il
mondo
chiede
cosa
ne
pensiamo
e
noi
ci
troviamo
a
dare
una
risposta
.
Ma
quale
?
Tacere
non
possiamo
.
Parlare
è
un
bel
problema
.
La
Chiesa
non
ha
mai
dovuto
affrontare
,
per
secoli
,
cose
simili
.
E
si
tratta
di
materia
diciamo
strana
per
gli
uomini
della
Chiesa
,
anche
umanamente
imbarazzante
.
Così
,
le
commissioni
si
riuniscono
,
crescono
le
montagne
delle
relazioni
,
degli
studi
.
Oh
,
si
studia
tanto
,
sa
.
Ma
poi
tocca
a
noi
decidere
.
E
nel
decidere
siamo
soli
.
Decidere
non
è
così
facile
come
studiare
.
Ma
dobbiamo
dire
qualcosa
.
Che
cosa
?
...
Bisogna
proprio
che
Dio
ci
illumini
.
»
Il
mio
colloquio
con
Paolo
VI
è
finito
così
.
E
ora
cercherò
di
dire
l
'
impressione
che
m
'
ha
lasciato
(
omettendo
naturalmente
le
emozioni
di
una
simile
esperienza
umana
)
.
Anzitutto
vedrei
in
questa
conversazione
quasi
un
«
autoritratto
»
,
che
modifica
parecchio
certe
immagini
correnti
.
La
successione
a
Giovanni
XXIII
ha
infatti
cristallizzato
intorno
a
Paolo
VI
il
gioco
dei
contrasti
e
i
difetti
dello
psicologismo
.
Di
qui
la
contrapposizione
simpatia
-
rigore
,
allegria
-
amletismo
,
estroversione
-
angoscia
e
il
fatale
derivarne
di
certe
deduzioni
sui
suoi
metodi
di
governo
,
pure
incentrate
su
formule
fisse
,
come
apertura
-
chiusura
,
dialogo
aperto
-
dialogo
controllato
,
progresso
-
involuzione
,
mentre
da
questo
colloquio
risulta
solo
l
'
inesattezza
e
l
'
inutilità
delle
interpretazioni
psicologiste
.
Paolo
VI
è
in
buona
salute
:
abbronzato
;
persino
addolcito
nei
tratti
fisici
dagli
anni
:
dimostrazione
palese
di
come
siano
infedeli
certi
mezzi
di
propaganda
televisivi
e
fotografici
che
lo
mostrano
teso
,
freddo
,
pallido
.
Come
umore
,
non
m
'
è
parso
posseduto
da
incubi
o
da
nevrosi
:
ciò
che
pare
angoscia
m
'
è
sembrata
riflessività
;
ciò
che
si
definisce
amletismo
m
'
è
parso
realismo
,
con
le
flessibilità
che
il
realismo
comporta
;
e
ciò
che
si
descrive
come
indecisione
,
forse
corrisponde
a
gentilezza
di
modi
,
prudenza
,
gradualismo
.
Infine
,
direi
Paolo
VI
un
uomo
del
suo
tempo
,
non
desideroso
del
gesto
facile
,
ma
del
discorso
privo
d
'
effetti
;
cosciente
che
il
suo
tempo
comporta
solitudine
,
dubbio
,
contraddizione
,
e
il
coraggio
impopolare
di
esprimerli
;
un
Papa
,
insomma
,
che
conosce
la
situazione
storica
in
cui
si
muove
,
e
la
vive
con
una
emozione
segreta
.
Ma
queste
sono
solo
impressioni
e
non
desidero
fare
della
psicologia
a
mia
volta
.
Mi
pare
che
dalla
conversazione
risulti
piuttosto
come
Paolo
VI
vada
affrontato
col
metodo
delle
personalità
rappresentative
.
Egli
interpreta
un
momento
storico
che
continua
ma
non
è
più
quello
di
Giovanni
XXIII
.
Le
sue
affermazioni
sullo
Stato
e
la
Chiesa
lo
ripropongono
un
Papa
«
liberale
»
;
paiono
persino
anticipare
un
diverso
modo
d
'
intendere
la
politica
concordataria
.
La
sua
posizione
di
continuità
rispetto
a
Giovanni
XXIII
non
è
certamente
oscura
;
il
rifiuto
di
ogni
«
trionfalismo
»
nella
visione
dei
problemi
vaticani
è
d
'
un
realismo
quasi
drammatico
;
il
suo
«
curialismo
»
è
certamente
vero
,
ma
di
natura
tecnica
e
non
politica
:
il
suo
«
efficientismo
»
è
,
certo
,
adesione
alle
necessità
di
un
'
epoca
oltre
che
il
risultato
di
un
carattere
nuovo
.
Ma
in
un
punto
del
colloquio
c
'
è
forse
la
chiave
vera
del
suo
ruolo
.
E
mi
riferisco
all
'
ultimo
discorso
sulle
«
decisioni
solitarie
»
.
Passati
gli
anni
Cinquanta
,
gli
anni
delle
annunciazioni
gloriose
,
corrono
ora
i
difficili
anni
Sessanta
.
Il
papato
di
Paolo
VI
è
il
primo
che
viene
caratterizzato
da
un
Concilio
.
La
Chiesa
che
ha
accolto
«
il
pluralismo
dei
problemi
»
del
mondo
moderno
,
ora
deve
interpretare
questo
pluralismo
e
scegliere
una
«
pluralità
di
strumenti
»
.
Ecco
il
destino
di
Paolo
VI
,
ed
ecco
il
Vaticano
che
cambia
.
Mentre
dura
il
Concilio
,
e
sotto
la
cupola
di
San
Pietro
dura
la
fase
della
«
creazione
»
dottrinaria
,
spetta
,
a
Paolo
VI
tradurre
in
«
azione
»
gli
orientamenti
nuovi
.
È
l
'
epoca
senza
gioia
delle
decisioni
.
Paolo
VI
interpreta
quest
'
epoca
nuova
,
che
non
può
essere
giudicata
giorno
per
giorno
.
StampaQuotidiana ,
Pare
che
la
causa
della
epidemia
sia
un
gas
,
che
cala
sulla
città
all
'
una
esatta
del
sabato
,
quando
dagli
uffici
sfollano
gli
impiegati
,
con
lo
sguardo
tetro
,
la
testa
incassata
fra
le
spalle
,
le
gambe
rigide
eppur
alacri
.
Il
morbo
dicono
che
colpisca
soprattutto
le
donne
,
e
pare
che
si
manifesti
in
due
forme
distinte
.
Non
è
impossibile
,
tuttavia
,
ritrovarle
ambedue
nello
stesso
soggetto
.
Febris
emitoria
vien
definita
la
prima
forma
del
morbo
,
febris
amatoria
,
la
seconda
.
Nella
donna
colpita
da
febris
emitoria
saltano
subito
agli
occhi
,
anche
del
profano
,
due
sintomi
:
il
«
tic
del
borsellino
»
e
lo
«
spasmo
del
mercato
-
lontano
»
.
I
tram
,
ingombri
gli
altri
giorni
di
gente
che
fila
al
lavoro
,
straripano
al
sabato
pomeriggio
di
donne
armate
di
sporta
,
che
traversano
la
città
,
avendo
saputo
che
nell
'
altro
quartiere
le
patate
costano
dieci
lire
di
meno
.
Con
l
'
invenzione
dei
supermercati
la
malattia
ha
preso
un
andamento
esterofilo
,
americanoide
.
Al
supermercato
accorrono
in
macchina
,
anche
dalle
città
limitrofe
.
Meglio
ancora
in
giardinetta
che
ha
spazio
dietro
da
ingombrare
di
scatole
:
carne
,
pesce
,
burro
,
birra
,
fave
e
noccioline
,
tutto
in
scatola
.
Dal
frigorifero
grande
del
supermercato
la
merce
passa
così
ai
frigoriferi
(
detti
un
tempo
ghiacciaie
)
dei
privati
.
Le
cassiere
con
la
bustina
gialla
battono
i
prezzi
sui
tasti
della
calcolatrice
,
con
dita
che
paiono
cavallette
.
Dal
soffitto
dello
stanzone
,
che
ha
luce
di
acquario
,
trasudano
le
note
di
You
Are
My
Destiny
.
Eppure
il
sabato
le
donne
sembrano
tutte
più
grasse
,
hanno
i
fianchi
più
tondi
,
le
palpebre
più
grevi
,
gli
occhi
più
umidi
.
Stasera
,
liberi
i
mariti
dal
pensiero
della
partita
doppia
(
hanno
in
mente
,
semmai
,
la
partita
di
calcio
)
,
ci
sarà
festa
,
a
letto
.
Raddoppia
il
numero
delle
passeggiatrici
,
calate
anche
dalla
provincia
.
Nei
vialoni
semibui
della
periferia
si
fa
più
lunga
la
fila
delle
macchine
,
col
fanalino
rosso
acceso
dietro
,
e
dentro
un
moto
intenso
di
teste
.
È
l
'
altro
morbo
,
la
febris
amatoria
.
Poco
dopo
l
'
una
di
notte
esce
frettolosa
l
'
ultima
coppia
clandestina
dalla
Pensione
delle
Rose
.
Bisogna
far
presto
,
il
sabato
è
finito
da
un
'
ora
.
Domani
faranno
il
bagno
,
tutti
e
due
,
e
poi
a
messa
.
StampaQuotidiana ,
S
'
era
vista
poche
volte
una
partita
così
brutta
.
I
biancoazzurri
facevano
siepe
in
area
e
non
c
'
era
verso
di
passare
:
stinchi
,
gropponi
,
teste
respingevano
la
palla
e
la
gente
sulle
gradinate
,
stanca
di
gridare
,
s
'
era
ormai
ammutolita
e
sbadigliava
di
noia
.
Per
fortuna
allo
stadio
ero
con
Giorgio
,
e
poiché
Giorgio
,
amico
mio
,
è
oggi
il
più
competente
che
ci
sia
in
Italia
di
problemi
politici
,
io
in
tendevo
profittarne
e
chiedergli
certe
cose
sulla
questione
della
competenza
.
Ma
bisognava
trovare
il
modo
di
far
cadere
il
discorso
proprio
lì
:
Giorgio
infatti
,
e
chissà
poi
perché
,
seguiva
attentissimo
il
mediano
destro
biancoazzurro
,
di
nome
Malatrasi
.
«
Guarda
il
Malatrasi
»
,
diceva
Giorgio
ogni
tanto
,
«
guarda
il
Malatrasi
»
.
«
Somiglia
un
poco
a
Colombo
»
,
feci
io
.
«
Chi
Colombo
?
»
«
Il
ministro
,
naturalmente
com
'
era
quindici
anni
or
sono
»
.
«
E
com
'
era
Colombo
,
quindici
anni
fa
?
»
«
Come
il
Malatrasi
ora
.
Io
me
lo
ricordo
,
era
soldato
insieme
a
me
»
.
«
Chi
,
il
Malatrasi
?
»
«
No
,
il
Colombo
,
il
ministro
del
Lavoro
»
.
«
Non
del
lavoro
»
,
fece
Giorgio
.
«
Ah
già
,
dell
'
Agricoltura
,
scusami
»
.
«
Non
dell
'
Agricoltura
.
Dell
'
industria
e
Commercio
.
Ministro
dell
'
Agricoltura
era
con
Fanfani
,
ora
è
ministro
dell
'
Industria
e
Commercio
»
.
«
E
se
ne
intende
?
»
«
Di
cosa
?
»
«
Dico
,
se
ne
intende
di
industria
e
commercio
?
»
«
No
,
non
se
ne
intende
.
»
«
Si
intendeva
di
agricoltura
?
»
«
No
,
nemmeno
di
agricoltura
.
Di
agricoltura
si
intendeva
Medici
,
un
poco
»
.
«
E
Medici
di
che
cosa
è
ministro
?
»
«
Dell
'
Istruzione
»
.
«
E
se
ne
intende
?
»
,
Giorgio
cominciava
a
perdere
la
pazienza
.
«
No
,
non
se
ne
intende
.
Ha
insegnato
,
ma
sempre
e
soltanto
scienze
agrarie
.
Ci
sarebbe
un
ministro
che
di
scuola
sa
qualcosa
,
è
stato
professore
»
.
«
E
chi
è
?
»
«
È
il
Rumor
,
il
ministro
dell
'
Agricoltura
.
Ma
guarda
il
Malatrasi
,
guarda
il
Malatrasi
,
dannato
,
come
fa
l
'
ostruzionismo
»
.
Poco
dopo
l
'
arbitro
fischiò
,
perché
era
finito
il
primo
tempo
.
Nell
'
intervallo
,
mentre
la
gente
intorno
a
noi
parlava
di
catenacci
e
di
assassinio
del
football
vero
,
e
gli
altoparlanti
imbonivano
macchine
da
caffè
e
gelati
,
io
decisi
di
stringere
Giorgio
alle
corde
,
e
di
fargli
dire
tutto
quel
che
sapeva
sulla
questione
della
competenza
.
«
Senti
,
Giorgio
»
,
feci
all
'
improvviso
,
«
secondo
te
c
'
è
un
ministro
che
si
intenda
degli
affari
del
suo
dicastero
?
»
Giorgio
parve
rifletterci
sopra
,
come
se
mentalmente
scorresse
una
lista
,
poi
fece
:
«
No
,
ora
come
ora
un
ministro
competente
non
l
'
abbiamo
.
Pella
si
intende
di
questioni
fiscali
,
ma
non
di
politica
estera
.
Il
che
non
è
gran
male
,
del
resto
,
perché
una
politica
estera
italiana
non
c
'
è
.
Andreotti
credo
che
neppure
abbia
fatto
il
soldato
,
e
perciò
di
cose
militari
ne
sa
meno
di
te
che
,
se
ben
ricordo
,
sei
sergente
di
fanteria
.
Nemmeno
nel
caso
suo
è
male
.
Le
forze
armate
le
comandano
generali
stranieri
,
i
piani
li
fanno
al
Pentagono
,
e
li
cambiano
ogni
due
settimane
.
Più
o
meno
gli
altri
sono
sullo
stesso
piano
»
.
«
Ma
tu
non
credi
»
,
feci
,
«
che
le
cose
andrebbero
meglio
,
se
i
ministri
conoscessero
il
loro
mestiere
?
»
«
Meglio
per
chi
?
»
«Be'...»
era
una
domanda
che
non
prevedevo
,
«
meglio
per
il
governo
»
.
«
No
,
no
,
per
il
governo
no
.
Per
il
governo
le
cose
andrebbero
peggio
,
se
il
ministro
dell
'
Agricoltura
sapesse
distinguere
un
maggese
da
un
coltivo
,
o
se
il
ministro
delle
Finanze
sapesse
leggere
un
bilancio
.
Se
uno
o
due
conoscessero
il
proprio
mestiere
,
in
meno
di
due
mesi
gli
altri
li
costringerebbero
a
dimettersi
,
ed
il
governo
sarebbe
quanto
mai
instabile
.
Ora
,
anche
i
nostri
governi
sono
instabili
,
ma
non
certo
a
motivo
della
loro
incompetenza
.
Invece
,
con
venti
o
trenta
ministri
incompetenti
in
pari
misura
,
il
governo
da
quel
lato
sta
sicuro
.
Se
cade
,
cade
per
altre
ragioni
»
.
«
Insomma
sono
mai
esistiti
ministri
competenti
?
»
«
Nel
dopoguerra
ce
ne
fu
uno
.
Volevano
impiccarlo
»
.
«
Ma
se
gli
uomini
di
governo
sapessero
il
fatto
loro
,
non
credi
che
le
cose
andrebbero
meglio
per
i
governati
?
»
«
Per
i
governati
sì
,
certamente
.
Ma
la
politica
,
caro
mio
,
non
è
mica
scienza
del
benessere
.
In
questo
caso
si
chiamerebbe
filantropia
.
La
politica
,
da
Machiavelli
in
poi
,
è
scienza
del
potere
.
Esser
ministro
dell
'
Agricoltura
non
significa
mica
sapere
come
si
coltiva
un
campo
.
Significa
invece
avere
in
mano
una
certa
fetta
di
potere
,
conservarla
,
usarla
in
vista
di
una
fetta
più
grossa
e
così
via
»
.
«
E
i
ministri
cosa
fanno
,
allora
,
dalla
mattina
alla
sera
?
»
«
Conservano
la
fetta
,
cioè
lottano
per
il
potere
,
in
linea
generale
.
»
«
Ma
in
pratica
,
cosa
fanno
?
»
«
Ricevono
gli
elettori
,
inaugurano
mercati
rionali
,
si
riuniscono
,
studiano
il
modo
migliore
per
non
farsi
fregare
,
o
per
fregare
gli
altri
»
.
«
I
governati
?
»
«
Non
direttamente
.
Dei
governati
si
occupano
poco
.
Solo
quando
c
'
è
da
parlare
alla
televisione
»
.
Non
ne
potevo
più
.
«
Ma
allora
,
secondo
te
,
per
quale
ragione
oggi
si
predica
la
competenza
,
la
specializzazione
?
Senti
sempre
dire
operai
specializzati
,
tecnici
specializzati
,
intellettuali
specialisti
»
.
«
Sì
,
ma
chi
predica
la
specializzazione
mica
si
specializza
.
È
sempre
stato
così
,
e
tu
me
lo
insegni
.
Se
hai
intenzione
di
rubare
,
per
prima
cosa
che
fai
?
Predichi
l
'
onestà
,
naturalmente
.
Perché
se
tutti
si
mettono
a
rubare
a
te
,
dopo
,
cosa
resta
?
Guarda
per
esempio
quel
numero
quattro
che
fa
l
'
ostruzionismo
,
quel
Malatrasi
dannato
...
»
.