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> anno_i:[1940 TO 1970}
Giudici e amministrazione ( Jemolo Arturo Carlo , 1965 )
StampaQuotidiana ,
Alcuni processi contro note personalità della scienza e della politica hanno interessato l ' opinione pubblica , per le figure degli imputati , per i problemi che sollevavano . Nell ' arringa al processo dei dirigenti l ' Istituto di Sanità , il Pubblico Ministero mi fece l ' onore di citarmi , polemizzando con quanto avevo sostenuto in un convegno svoltosi su quei problemi . Premetto che ritengo questi processi siano stati nell ' insieme benefici . Come tutte le cose umane , hanno anche avuto effetti non buoni : incoraggiamento alla inerzia della burocrazia , alla paura delle responsabilità ; qualche istituto ha in pratica arrestato la sua attività ; ricatti d ' impiegati di enti pubblici che minacciano se non siano promossi di mandare memoriali « all ' autorità competente » . Ma scuotere le acque , incutere un salutare timore , avvertire che non si deve spendere il danaro pubblico a cuor leggero , è in sé un bene . Dove si può dissentire con certe tesi dell ' accusa e di alcuni giudici ? Dove si scorge una ragione di preoccupazione ? Non certo quando si proclama che nessun merito scientifico rende perdonabile il mal fare ; le benemerenze passate potranno giustificare provvedimenti di clemenza , ma non debbono arrestare il magistrato . Più in alto si è nella scala sociale , più si deve avere sensibilità in tema di lecito e d ' illecito . E nessuno , fosse anche la più alta personalità mondiale della cultura , deve aver compensi per un ' opera che non abbia svolta . Chi si è appropriato del pubblico danaro , o ne ha fatto godere parenti ed amici senza ch ' essi nulla dessero in compenso allo Stato od alla res publica , è sicuramente colpevole . Si insegnava un tempo che la sanzione penale colpisce i più gravi tra gl ' illeciti morali . Oggi la dottrina dà definizioni meno semplici del dolo penale ; peraltro resta sempre nella coscienza comune questa idea , che il carcere possa punire soltanto un grave mal fare ; piuttosto vittima che reo chi sul terreno morale appare impeccabile . Anche il reato colposo implica una imprudenza , e giustamente oggi i sacerdoti accentuano il peccato di porre a repentaglio la vita dei nostri simili . Reato colposo , ma non infamante , secondo la vecchia nozione , quello commesso per omissione . Ed omissione può essere anche il non sorvegliare i propri dipendenti . Qui però si avverte il difetto di un sistema , che non scevera compiti degli uomini di scienza e compiti amministrativi , che dà responsabilità di maneggio di miliardi a direttori d ' istituti scientifici , rettori di università , e sia pure di minori somme a direttori di scavi o di pinacoteche , i quali , illustri uomini di studio , possono ben essere ignari di contabilità , Quanto desiderabile che per tutto quel ch ' è amministrazione , erogazione di fondi ci sia il funzionario , solo responsabile , responsabile anche di ammonire l ' uomo di studio del valore delle attestazioni e dichiarazioni , in base a cui chiede sia effettuata una certa spesa . Ma il dissenso con l ' opinione della pubblica accusa si dà quando questa vuole elevare a dolo penale l ' avere ampliato i compiti di un istituto - ad esempio , averne fatto da istituto di applicazioni scientifiche istituto di ricerca pura - o ritenere estranee a quei compiti certe spese ( sempre che sia certo che furono effettuate , e che l ' asserito responsabile non profittò ) . Per questo ho espresso quella voce contraria dopo la sentenza Ippolito . Dissenso perché tutto continuamente muta ed evolve e non c ' è scrittore di diritto che non conosca come in tutti i tempi gl ' istituti sono mutati , nei fini e nelle strutture , assai prima che mutassero le leggi . ( Non farei quindi neppure appello alla paralisi legislativa attuale ; trattasi di un fenomeno costante , in ogni regime ) . Dissenso non perché non sia vero che molto pubblico danaro è speso male ( dalla costruzione di strade inutili , alle biblioteche d ' istituti universitari che acquistano libri che nessuno legge o doppioni , a certi uffici di dirigenti ammobiliati con lusso soverchio , alle pubblicazioni infinite che vanno al macero intonse : anni fa mi capitò sott ' occhio persino l ' edizione in arabo d ' un opuscolo che un ente di riforma aveva fatto diramare ad illustrare la propria opera ) . Ma perché nella struttura dello Stato è pericoloso introdurre il principio fisiologico delle funzioni vicarie ( quando un organo non agisce , subentra provvidenzialmente un altro organo a supplirlo ) , e per ciò che gli istituti di controllo sono inefficienti , fare scendere sullo sperperatore la più grave sanzione penale . Dissenso perché se ci si pone su questa via si colpisce a caso , uno su mille . Non c ' è ente , non ufficio , che non potrebbe essere perseguito . Non credo esista un Comune che non faccia qualche spesa che è fuori del quadro della legge comunale ; non mi consta siaci nella legge di reclutamento alcuna disposizione , la quale stabilisca che gli avvisi di ammissione a corsi per la nomina a carabiniere o sergente od ufficiale non siano più quali furono per oltre sessant ' anni dalla unificazione , i comuni manifesti delle pubbliche autorità , ma opere d ' arte , affidate ad artisti di fama ; e si potrebbe incriminare ogni preside che stampi un opuscolino od un ricordo a celebrare il cinquantenario della sua scuola , perché nessuna norma di legge prevede una tale spesa . Non si può neppure tentare di scoprire tutti coloro che fanno spese non previste dalla legge organica ; sì colpirà dove ci sia la denuncia . Ora in tutti i governi con pluralità di partiti è stato compito delle prefetture invalidare come estranei ai fini d ' istituto certi provvedimenti delle amministrazioni avverse al governo , chiamando responsabile chi li aveva adottati , mentre si approvavano quelli delle amministrazioni amiche . Ma la fama di imparzialità delle prefetture non se n ' è accresciuta . Non vorrei vedere i tribunali prendere il loro posto . Evoluzione d ' istituti nel silenzio della legge ; i magistrati che la negano la stanno attuando . Ho sott ' occhio la requisitoria del Pubblico Ministero al processo della Sanità : che termina con un quadro di quelle che dovrebbero essere le riforme da introdurre nei vertici dell ' amministrazione , nei maggiori organi dello Stato . Ottimo argomento per una di quelle che avrei auspicato fossero discussioni del Parlamento ( gli ultimi mesi hanno dato argomenti , come gli scioperi dei pubblici impiegati , il prepotere dell ' alta burocrazia , quasi casta sacerdotale dell ' antico Egitto , i rapporti tra Corte Costituzionale e Cassazione , questi giudizi di responsabilità , che in altri tempi avrebbero formato oggetto di discussioni memorande , quelle che si ricordano ancora dopo un secolo , e si raccolgono in volumi come l ' antologia Il Parlamento nella storia d ' Italia di Giampiero Carocci ) . Ma di fronte ad un Parlamento che non ama affrontare questi temi , né cura la ripercussione sulla opinione pubblica della proposta , concorde , di aumento delle indennità , avviene che entri in gioco una « funzione vicaria » e la magistratura si sostituisca . E tuttavia ... l ' arringa del Pubblico Ministero in quel processo ricorda che non fu concessa autorizzazione a procedere contro i deputati implicati nello scandalo dell ' Ingic , ritenendosi non punibile chi attinga danaro da un ente pubblico per i partiti o spese elettorali ; e dice tale tesi assurdità giuridica . Se in un articolo avessi dovuto scrivere di quel disgustoso episodio avrei usato espressione più drastica , a rischio di commettere reato di vilipendio ; ma mi ha impressionato sentire in un ' arringa di P . M . quel giudizio su un voto del Parlamento . Stiamo assistendo ad una evoluzione d ' istituti costituzionali imprevista e di cui non vediamo l ' esito . Con tutto il rispetto per i magistrati come uomini , mi preoccupa quest ' assunzione di poteri da parte di un « ordine autonomo » , non soggetto né direttamente né indirettamente a quella ch ' è la volontà , l ' opinione popolare .
LE PENNE DELLA EDISON ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
È in distribuzione , in questi giorni , il numero speciale , natalizio , di Colloqui . E il numero 8 : sin dallo scorso aprile la rivista è giunta nelle case milanesi gratuitamente , una bella rivista , con molte fotografie e scritti interessanti . Piacciono soprattutto , al pubblico , gli articoli dedicati alla vita cittadina , alla Milano di un tempo , agli spettacoli lirici e di prosa . Spesso il pubblico si chiede anche chi invia gratuitamente il fascicolo ogni mese , ma non ha mai trovato una risposta definitiva ; non riesce nemmeno a spiegarsi chi possa avere dato nomi e indirizzi alla direzione . Il valore di mercato dell ' omaggio ( trentaquattro pagine a colori ) non dovrebbe essere di molto inferiore alle cinquanta lire : il suo pubblico comprende almeno duecento o forse trecentomila persone , praticamente tutte le famiglie che usufruiscono dei servizi di luce e gas della Edison . Gli indirizzi , evidentemente , son quelli delle bollette mensili , ed il presunto omaggio ha in realtà un costo invisibile , ma nascosto proprio dentro le sibilline colonne della bolletta . In realtà anche il lettore attento stenta a comprendere la provenienza di Colloqui . Il nome della Edison , con l ' avvertenza che la rivista non è in vendita , compare solo , in minuti caratteri , in fondo al sommario , in seconda di copertina . Al massimo può accadere di imbattersi ( e nel numero 2 ) in una lettera del direttore ad Antonietta , figlia di alluvionati calabresi , una lettera che ricorda le scoperte che la bambina ha fatto « allora » : « la minestra di riso , le magliette di lana azzurra , le docce ( che emozione la prima volta ! ) , i libri delle favole , il cinematografo » . Dove , quando , perché queste scoperte ? Una minuta didascalia , in fondo alla pagina , avverte : « La società Edison ha ospitato , nella sua colonia di Suna , 200 bambini provenienti dalle zone alluvionate della Calabria » . Una caratteristica importante della rivista , dunque , è l ' abilità con cui i finanziatori evitano di mostrarsi allo scoperto , quasi per invitare il lettore a far da sé la sua scoperta , a poco a poco . Anche le connessioni dirette con la precedente attività della Edison , son molto larghe ed approssimative . Un articolo sull ' ufficio reti della Edison ( è nel numero 6 ) , oltre a non citare mai la società , è condotto col tono della cronaca di varietà , vivace , con qualche civetteria letteraria . Ogni numero contiene del resto uno scritto sull ' elettricità o sul gas , e la pagina dell ' arredamento insiste spesso sui criteri e sui mezzi migliori di illuminare la casa : luci indirette , paralumi a parabola e tubi catodici . Ma tutto a piccole dosi e non più di quanto all ' argomento dedichino i normali settimanali illustrati , dei quali Colloqui segue quasi costantemente la falsariga . E la ragione è chiara : il direttore , Enzo Biagi , è anche caporedattore di Epoca e della maggior rivista segue costantemente schemi e criteri . La caratterizzazione specifica è data , semmai , da un più accentuato tono cittadino , non manca mai ( anzi , è quasi sempre quello d ' apertura ) l ' articolo sulla vita di Milano , sulla storia della città , sugli spettacoli alla Scala o negli altri teatri . Ogni numero contiene una novella , di solito ben illustrata . I nomi che ricorrono son piuttosto grossi , sicuri : Corrado Alvaro , Achille Campanile , Alba De Cespedes , e , fra i giovani , Michele Prisco , Vittorio Pozzo e Bruno Roghi hanno lo sport , Domenico Meccoli il cinema , Eligio Possenti il teatro . Gli articoli di cronaca portano firme come quelle di Titta Rosa , Orio Vergani , Giovanni Comisso , Filippo Sacchi , Giorgio Vecchietti , Enrico Emanuelli e , naturalmente , Indro Montanelli . Nell ' ultima pagina c ' è una rubrica fissa , infortunistica . Si intitola Le avventure di Elettrino , un pupazzetto costantemente alle prese con cavi e apparecchi elettrici . Per mezzo di sei o sette vignette con didascalia ritmata si spiega all ' utente , poniamo , che è pericoloso cacciar le dita in una presa di corrente , o addormentarsi con il gas aperto . In questi ultimi tempi i giornali della sera son stati pieni di notizie su gente intossicata dal gas , e la causa , che tutti ammettevano , era una sola : il cattivo stato delle tubazioni , ormai vecchie di decenni . Vero è che quei giornali evitavano di nominare la società che distribuisce il gas ; ma l ' opinione pubblica è , a dir poco , risentita contro la Edison , la quale deve in qualche modo far fronte alle pretese sempre più decise del pubblico . Ma ci son forse altre ragioni , meno contingenti , non dissimili da quelle che hanno indotto molti industriali del nord a farsi mecenati di cultura , a comperare giornali in pura perdita , a elargire premi agli artisti . È insieme un abbozzo di politica culturale , di tipo chiaramente riformistico , e un « magnificent hobby » : i nuovi principi che non possono più comprarsi un blasone , comprano una squadra di calcio , o un mazzetto di intellettuali , per farsene una corte . Da qui il tono generale della rivista . Il lettore non è mai infastidito da problemi veri : anche quando si parla di scienza , il piano è quello della divulgazione piacevole e brillante ; i consigli sulla casa e sull ' allevamento dei bambini hanno un sottinteso fondo ottimistico ; i cenni a esperimenti , scoperte , innovazioni straniere , son sempre scelti dall ' industria e dalla scienza americana . L ' America , anche qui , è il paese di Dio . Quanto all ' altra parte del mondo , non se ne parla mai . La rivistina avrà senza dubbio uno sviluppo , uscirà dalla genericità di oggi , prenderà posizione , abbiamo sempre visto questo cammino , nei vari « digest » ( la formula fondamentale è quella ) ; ma non è facile dire , per ora , quale sarà il suo effetto sugli utenti .
LETTERA DA MILANO ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Carissimi , dovevo proprio raccontarvi una volta o l ' altra , quel che ho visto e quel che ho capito , in questi primi sei mesi milanesi , soprattutto sentivo e sento il bisogno di esporvi , di questo bilancio , la parte negativa , la più grossa , di dirvi insomma quel che non ho capito , o addirittura non visto . Voi sapete bene che cosa ero e che cosa facevo , prima di venire quassù . Sono nato e sono vissuto in provincia , per trent ' anni , e proprio nel momento in cui un uomo sui trent ' anni si trova di fronte alla solita inevitabile crisi ( di crescenza , speriamo ) ho fatto il salto , sono venuto a lavorare quassù . Posso dire di conoscere e di aver capito la mia provincia , la Maremma . Si è già detto che la provincia , come campo d ' indagine , offre notevoli vantaggi rispetto alla città : è un campo d ' osservazione assai più semplice e ristretto . Le sue linee strutturali sono in genere nette e schematiche , mentre nella città esse sono , innanzi tutto , più numerose , e poi intrecciate , accavallate , coincidenti a volte . Anche per un uomo sostanzialmente comune , quale io sono , non è stato difficile , nella provincia in cui sono nato e cresciuto , capire abbastanza chiaramente , pur senza la scelta d ' un partito politico , come stanno le cose , in Italia , chi ha ragione e chi ha torto . Nel caso mio hanno ragione i badilanti , e hanno ragione i minatori , hanno torto i latifondisti , e ha torto la Montecatini . Basta muoversi appena un poco , vedere come questa gente vive ( e muore ) e la scelta viene da sé . Sui libri si troverà , semmai , la conferma di quel che si è visto e di quel che si è deciso , e si stabilirà , da allora in avanti , di servirsi dei libri per aiutare chi ha ragione ad averla nei fatti , oltre che nei diritti . Non c ' è dubbio . Perciò , quando mi proposero di venire quassù , io mi chiesi se era giusto lasciare i badilanti e i minatori , della cui vicinanza sentivo molto il bisogno e il significato . Non solo , pensai anche che la lotta , quassù , si poteva condurre con mezzi migliori , più affinati , e a contatto diretto con il nemico . Mi pareva anzi che quassù il nemico dovesse presentarsi più scoperto e visibile . A Niccioleta la Montecatini non ha altra faccia se non quella delle guardie giurate , povera gente che cerca di campare , o quella del direttore , un ragazzo della mia età , che potrebbe aver fatto con me il liceo , o giocato a pallone . A Milano invece la Montecatini è una realtà tangibile , ovvia , cioè si incontra per strada , la Montecatini è quei due palazzoni di marmo , vetro e alluminio , dieci , dodici piani , all ' angolo fra via Turati e via della Moscova . A Milano la Montecatini ha il cervello , quindi dobbiamo anche noi spostare il nostro cervello quassù , e cercare di migliorarlo , di farlo funzionare nella maniera e nella direzione giusta . Così ragionavo , e per questo mi decisi . Mi avevano detto che avrei trovato una città dura , chiusa , serrata . Milano è forse l ' unica città d ' Italia in cui i portoni sulle strade si chiudono contemporaneamente e inderogabilmente alle dieci di sera . E si chiudono sul serio , di dentro e di fuori , sì che senza chiave non solo non si entra , ma nemmeno si esce di casa . Milano è la città d ' Italia in cui forse è più difficile che sorgano rapporti umani costanti e profondi : provate a viverci qualche tempo ( diciamo come me , sei mesi ) e vedrete quante poche volte una famiglia di conoscenti vi inviterà a cena , o a prendere il caffè . Anche visivamente : Milano è una sorta di labirinto di griglie scure , fra le quali scorrono lunghe , eguali , monotone le strade . Le strade che quassù , a differenza di tutte quelle d ' Italia , non sono luoghi , ma strumenti , rotaie su cui si viaggia a velocità notevole , è vero , ma uniforme . Ed è questa la ragione per cui il traffico , molto più denso rispetto a quello romano , finisce col non avvertirsi , e col dare la sensazione della solitudine e del silenzio . Ma questo è colore . Altre cose , e più importanti , si vedono assai presto . L ' assenza , palese , degli operai . Gli operai non ci sono , almeno in quella Milano che è compresa nel raggio del movimento mio e dei miei colleghi , non entrano mai nel nostro rapporto di lavoro . Gli ultimi operai che ho visto , nel giugno scorso , erano quelli di Sesto . E inatti sono a Sesto , a Monza , alla Bovisa , a Niguarda , non qui . Qui ci sono i ragionieri . Guardate bene , non è il solito termine folcloristico di comodo . Voglio dire proprio i ragionieri , quelli col diploma : come si spiegherebbe , altrimenti , proprio a Milano , una istituzione come l ' Università Bocconi ? Provatevi a pensarla a Roma : a Roma , semmai , sarebbe pensabile un ' ipotetica università per soli funzionari ministeriali . E sono questi , i ragionieri , che fanno il tono umano della città , quelli che incontrate in tram , per strada , la mattina alle nove , che camminano allineati e coperti , con la loro divisa , il completo grigio , la camicia bianca , la cravatta azzurra . Sono quelli che , borsa di pelle sotto il braccio , la mattina , accanto a voi nel bar , si « tirano su » col bicchierino di grappa , la faccia scavata sotto le occhiaie da un solco diritto che raggiunge gli angoli della bocca ( è la « faccia milanese » , dicono ) . Ma nessuno di loro , fra l ' altro , è milanese . Anche nel parlare voi lo avvertite , in quell ' anonimo birignao assai diverso dall ' asciutto e saporito dialetto che raramente , e con gioia , accade di sentire . Non sono milanesi . Direi che almeno due terzi di questo milione e mezzo di milanesi non sono nati qua , sono venuti dalla provincia , vicina e lontana ( i « napoletani a Milano » sono ormai un luogo comune ) e sono venuti perché a Milano « gh ' è el pan , gh ' è la grana » , i soldi , l ' industria . Loro l ' industria non la vedranno mai , faranno parte della Milano interna ( ripeto , l ' unica che io e i miei amici possiamo toccare con mano , ogni giorno ) , della Milano che non produce nulla , ma vende e baratta . Questi milanesi di accatto , che sono la maggioranza , sono venuti a costituire la burocrazia del commercio , una burocrazia assai poco nota e visibile , ma molto peggiore di quella ministeriale , romana , perché più di questa superciliosa e arrogante : non solo , ma anche superba del suo mito . Quando a Roma la gente , di tipi simili , dice « fanatico » , inavvertitamente mette in chiaro il fondo mentale monologico , religioso , che sostiene il loro costume . Come non ho visto gli operai ( e i preti . Questo anche , già detto fra parentesi , vorrei che gli amici milanesi mi chiarissero : perché a Milano non si vede mai un prete in giro ? Che il rito ambrosiano sia qualcosa di più di una particolare liturgia ? ) , come , dicevo , non ho visto gli operai , così non ho ancora visto gli intellettuali . Li ho visti , s ' intende , e li vedo ogni mattina , come singoli , ma mai come gruppo . Non riescono a formarlo , e ad influire come tale sulla vita cittadina . L ' unico gruppo in qualche modo compatto è quello che forma la desolata « scapigliatura » di via Brera . Gli altri fanno i funzionari d ' industria , chiaramente . Basta vedere come funziona una casa editrice : c ' è una redazione di funzionari , che organizza : alla produzione lavorano gli altri , quelli di via Brera , che leggono , recensiscono , traducono , reclutati volta a volta , come braccianti per le « faccende » stagionali . Vi ho detto che persino quel che mi pareva chiaro , la posizione del nemico nei palazzoni di dieci piani , fra via Turati e via della Moscova , a Milano non mi è parso più tanto chiaro . Perché qui le acque si mischiano e si confondono . L ' intellettuale diventa un pezzo dell ' apparato burocratico commerciale , diventa un ragioniere . Fate il conto di quanti scrittori , giornalisti , pittori , fotografi , lavorano per la pubblicità di qualcosa . Quella pubblicità , guardate bene , che insegna che si ha successo nella vita , e negli affari , usando quel lucido da scarpe e quel rasoio elettrico , comparendo bene , presentandosi bene . Appunto perché questa non è la Milano che produce , ma quella che vende e baratta , e in questa società si vende e si baratta proprio presentandosi col volto ben rasato , le scarpe lucide ecc. Per questo una delle preoccupazioni maggiori degli intellettuali , di questi intellettuali , è proprio quella di ben comparire , di non fare brutte figure . Per questo non si sbilanciano , non danno giudizi definitivi , non si aprono , non dicono sciocchezze ( come tutti amiamo fare , perché è la maniera , o almeno una maniera , per dire anche qualche cosa seria ) . Per questo , qui fra noi , è così frequente la figura dell ' autorevole . E ci sono anche altre cose , peggiori e più tristi , di cui ora non voglio parlare , e di queste cose tristi c ' è persino la teorizzazione . La lotta per la vita , dicono , il rapporto delle forze , resistenza come una grande scacchiera su cui tutti ci muoviamo , e su cui è necessario « mangiare il pezzo » che sta sulla casella che piace a noi . Non li credo in malafede , tutt ' altro . E nemmeno li credo fatui e privi di problemi . Anzi ! In questi sei mesi la parola problema è quella che più di tutte ho sentita dire . Mi è capitato , dopo ore di discussione collettiva , di sentire un collega intervenire osservando : « lo penso che il problema sia un altro » . Esiste insomma persino il problema del problema . Cioè esiste , soprattutto , una notevole confusione . E questo è male , perché , al l ' opposto , chi dirige la burocrazia commerciale milanese , chi dirige ragionieri e funzionari ( anche gli intellettuali , perciò ) sa invece assai bene quello che vuole ; non solo , ma va a nozze quando vede la confusione che c ' è dall ' altra parte . ... E questo è male . È male perché , se le cose continuano così , là dalle mie parti i badilanti continueranno a vivere di pane e cipolla , i minatori a morire di silicosi odi grisou . Ora , mi pare chiaro che non può continuare a essere questa la nostra funzione . In termini politici ( e scusate se li adopero male , ma questo non è il mio linguaggio ) si direbbe : il capitale milanese agisce in senso riformistico e provoca il distacco , non di rado l ' ostilità aperta fra la piccola borghesia e la classe operaia . Compito degli intellettuali moderni , e veri , dovrebbe essere quello di tentare la composizione di queste forze ingiustamente divise . Insomma i ragionieri non dovrebbero più pensare che i tranvieri o gli operai di Sesto hanno torto , quando scioperano . Non dovrebbero più rispondere « mica male » quando chiedete loro come va la vita . E toccherebbe a noi far capire a questa gente che ha torto , e che han ragione gli altri e che la vita va proprio male . Ma se noi continuiamo a vivere nel centro , se continuiamo a vivere accanto ai ragionieri , come i ragionieri , mentre gli operai sono alla Bovisa , o a Niguarda , come potremo fare il nostro lavoro ? lo vorrei proprio che voi , amici romani , mi spiegaste , più semplicemente che potete , come si deve fare . Vorrei che me lo spiegassero gli amici milanesi , soprattutto . E che non mi rispondessero , per carità , cominciando a dire che « il problema è un altro » . No , il problema è proprio questo . Ogni volta che torno a Niccioleta mi convinco che è proprio così .
ProsaGiuridica ,
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione Re d ' Italia e di Albania Imperatore d ' Etiopia Il Senato e la Camera dei fasci e delle Corporazioni , a mezzo delle loro Commissioni legislative , hanno approvato ; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue : Art . 1 . Il contributo annuo di L . 11.500 spettante agli asili infantili israelitici a norma dell ' art . 11 della legge 30 luglio 1896 , n . 343 , cessa con effetto dal 1° luglio 1938-XVI . Art . 2 . La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno . Ordiniamo che la presente , munita del sigillo dello Stato , sia inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d ' Italia , mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato . Dato a San Rossore , addì 28 settembre 1940 - XVIII Vittorio Emanuele Mussolini , Di Revel Visto il Guardasigilli : Grandi
IL MONOPOLIO DOLCE ( Bianciardi Luciano , 1955 )
StampaPeriodica ,
Il panettone cominciò a diffondersi fuori di Milano dopo il 1930 , e un ' accorta campagna pubblicitaria lo lanciò appunto in quegli anni , che erano anni di autarchia , come « il dolce degli italiani » , uno slogan nazionalistico a cui si affiancava l ' altro , misticheggiante , del bianco natale , col presepe e le pecorelle . Motta riuscì a far questo . Riuscì a far credere agli italiani che il panettone fosse il loro dolce ( tanto vero che potevano concederselo solo una volta l ' anno , a quel prezzo ) e riuscì anche a convincerli che esso faceva parte di una tradizione , che di fatto non esisteva . E il panettone , un dolce inventato nel 1919 e lanciato negli anni trenta , invase il mercato bruciando letteralmente altri dolci , che avevano davvero una loro tradizione : si pensi al panforte senese o alla cassata siciliana . Quanto a Milano , Motta si trovava veramente di fronte a un dolce tradizionale : si parla , quanto alle origini del panettone , di tempi distanti almeno cinque secoli . Solo che il panettone di un tempo aveva forma , aspetto e struttura assai umili e popolari : rotondo , ma basso e poco sfocato , pareva né più né meno , una pagnotta casalinga . Angelo Motta era venuto a Milano negli anni precedenti la Prima guerra mondiale , come garzone di fornaio ; nel dopoguerra si era già fatto un forno proprio ; tutti i forni di allora , sotto le feste di Natale , facevano il panettone , e di solito lo regalavano ai clienti più affezionati . Motta fiutò le possibilità commerciali di questo dolce , e lo rifece di sana pianta . Ne cambiò la forma : fece cuocere la pasta tenendola stretta in una specie di canestro di carta spessa , in modo che , lievitando si sviluppasse in altezza e prendesse quell ' aspetto lussuoso e troneggiante , che ha ancora oggi . Lo arricchì di uvetta e di frammenti di candito : la trovata ebbe successo e Motta cominciò ad aprire un negozio più grande , poi ad acquistarne un altro , poi un altro ancora . La guerra , anzi , il dopoguerra , gli aveva portato fortuna , grazie anche alla sua innegabile abilità di orientarsi nella confusione del mercato nero . Intorno al '30 era in grado di affrontare il mercato nazionale . Aveva industrializzato il panettone , fino ad allora prodotto solo artigianalmente . Molto più recente è la scoperta , da parte di Motta , di un ' altra « tradizione » italiana : quella della colomba pasquale , un prodotto assai simile al panettone ( si tratta in entrambi i casi di pasta lievitata ) . Recentissimi , postbellici , sono invece i gelati da passeggio e le « caramelle col buco » , di cui Motta ha l ' esclusiva per tutta l ' Europa ; non è stato possibile inserire gli uni e le altre in una qualche « tradizione italiana » e oltretutto non sarebbe nemmeno stato troppo utile ; in tempo di inondante americanismo , conveniva meglio di parlare di ice cream e di life savers . Motta , come si è detto , ha in mano il complesso più grande , ma non ancora il monopolio : solo a Milano esistono 95 imprese a carattere industriale , con oltre 6000 dipendenti , e alcune di esse hanno un peso non trascurabile : si pensi a Besana , a Frontini , a Zaini , alla Ligure Lombarda , alla Dulciora e soprattutto ad Alemagna . Alemagna , da buon secondo , ha sempre adottato la strategia di seguire pedissequamente Motta in ogni innovazione : dopo Motta , e sul suo esempio , ha lanciato successivamente il panettone , la colomba , il gelato da passeggio , e la caramella , questa volta senza buco , ma pur sempre di importazione americana : si chiama charms . Alemagna ha in Milano cinque negozi , ma cerca di rifarsi nella qualità e nella mole . Attualmente , per ampliare il suo negozio in Galleria , ha comprato il Vittorio Emanuele , il vecchio bar degli sportivi milanesi , pagando , a quanto si dice , 250 milioni solo per la licenza di esercizio . Gli arredamenti di Alemagna passano , per il pubblico medio milanese , per i più fastosi ed eleganti , non senza qualche pretesa culturale . Per fare un esempio : ora che a Milano è aperta una mostra dell ' arte etrusca , Alemagna ha esposto , nelle sue vetrine di via Manzoni , certe torte glassate con la riproduzione dell ' Apollo di Vejo e di dipinti tarquinesi . Fece un certo rumore a Milano , l ' accesa polemica , con conseguenze giuridiche tuttora in corso , fra Motta e Alemagna a proposito del premio Oren . Fu sotto Natale : la Oren , che è una fantomatica associazione parigina o americana , scrisse prima a Motta e poi ad Alemagna offrendo un premio mondiale per la migliore industria dolciaria . Il premio consisteva nell ' attestato di questa superiorità assoluta : Motta , a quanto pare , fiutò il « bidone » e non abboccò ; Alemagna invece accettò il titolo mondiale e ne fece ampio uso per il lancio natalizio . Motta allora denunciò sulla stampa il fatto e citò la ditta rivale per concorrenza sleale . Ma a ben guardare , se c ' è una lotta dei due grandi contro la produzione minore , e specialmente contro quella artigianale , che lentamente è costretta a vedere ed a partire , tranne che su questo piano minore e con un certo piglio sportivo , sul piano del negozio più bello e del titolo mondiale ( che servono soprattutto alla propaganda ) , Motta e Alemagna finiscono in realtà per agire , se non in perfetto accordo , almeno su linee parallele : non esistono per il momento possibilità di creare il monopolio assoluto , quindi è meglio coesistere e tirare a campare . Basta guardare i prezzi dei prodotti . È difficile calcolare quali siano i profitti del maggiore complesso di produzione dolciaria milanese . Le denunce di Motta sono cresciute in questa misura , negli ultimi anni : 22,23 milioni nel 1949; 30,13 nel '51; 52,62 nel '52; 63 nel '53 . L ' ultima denuncia recava per Motta 112 milioni di lire . Ma tutti sanno che cos ' è in italiano la denuncia dei redditi : nel 1952 Motta destinava al fondo ammortamenti d ' azienda 704 milioni . Una cifra palesemente sproporzionata e contestata dal fisco . Ma anche allora Motta se la cavò , girando 65,4 milioni sotto la voce « fondo di riserva straordinaria » . L ' anno successivo , con 63 milioni di utili denunciati e distribuiti , Motta destinava al fondo ammortamenti 407,2 milioni , girandone poi alla riserva straordinaria 65,7 . Sempre nel '53 , ha investito 640 milioni nell ' impianto di nuovi macchinari , seguendo in questo caso la redditizia tecnica degli auto - finanziamenti . Non molto diverso è il comportamento delle altre grandi aziende . È chiaro che la politica commerciale dei dolciari milanesi mira a realizzare i maggiori utili col minore sforzo . Non impressionino gli 80mila quintali di paste lievitate prodotte da Motta nel 1953 . Nei grossi capannoni di viale Corsica 21 Motta ha gli impianti più moderni e più potenti d ' Europa . Può produrre nelle 24 ore 1.200 quintali di panettone , il che significa che la produzione annua potrebbe essere più che quadruplicata rispetto alla media attuale , se si utilizzassero in pieno tutti gli impianti . In realtà , la produzione piena si ha soltanto per due mesi all ' anno , a Natale e a Pasqua , quando Motta assume dai 1.800 ai 2.000 lavoratori stagionali . Il panettone potrebbe entrare sul mercato a prezzo fortemente inferiore se con la utilizzazione integrale degli impianti si arrivasse a una produzione di massa , e se si riducessero insieme le notevoli spese della confezione . In questo modo cesserebbe la triste condizione degli « stagionali » e il panettone , non più dolce « tradizionalmente natalizio » potrebbe comparire sulle nostre mense almeno una volta al mese . Si pensi per esempio , che il consumo annuo di dolciumi ( genere voluttuario e perciò soggetto a tasse assai gravose ) è in Italia , di chilogrammi 2,7 a persona , quantità irrisoria rispetto ai 28 chilogrammi degli inglesi e ai 35 degli statunitensi . Come si è detto , esistono a Milano 95 imprese dolciarie a carattere industriale , con più di 6000 operai impiegati , oltre ad aziende minori , a carattere artigianale e familiare ; un quinto , insomma , dell ' intera attrezzatura nazionale . I complessi maggiori sono , evidentemente , quelli di Motta e di Alemagna . Il primo impiega mille operai fissi , con regolare contratto , 350-400 assunti con contratto a termine , rinnovabile di tre mesi in tre mesi , e circa 2.000 stagionali , assunti per quaranta giorni a Natale o a Pasqua : in maggioranza si tratta di donne , che provengono da tutte le categorie , ma soprattutto casalinghe . Alemagna impiega 500 operai fissi , 300 con contratto a termine e 1500 stagionali . Le altre imprese hanno maestranze molto inferiori : sui 450 alla Dulciora , sui 200 alla Zaini e alla Ligure Lombarda , poco più di cento alla Befana e alla Frontini . Sulla divisione fra gli operai fissi , quelli a termine e gli stagionali , fa leva soprattutto il padronato : i lavoratori che hanno un vero e proprio contratto di lavoro formano appena un quarto dell ' intera maestranza , e sono perciò un gruppo relativamente privilegiato , rispetto agli altri . Quelli con contratto a termine lavorano sotto la continua e pressante minaccia di non vederselo rinnovare , e nella vana speranza di essere assunti come stabili ; gli altri , gli « stagionali » sono una sottocategoria raccogliticcia , una specie di bracciantato industriale reclutato per le « faccende » natalizie e pasquali . La vita sindacale è sporadica e incerta : lo stabilimento di Motta solo da un anno ha una Commissione Interna , composta di due operai aderenti alla CGIL , tre alla CISL e due eletti su una lista « indipendente » , cioè padronale . Solo dal 1954 c ' è qualche segno di ripresa dopo il famoso sciopero di 75 giorni nell ' estate del '48 . Gli operai erano entrati in agitazione per protestare contro la minaccia di duecento licenziamenti : ebbero la peggio e Motta , per rappresaglia , finì con licenziarne ben 850 . Fu un fatto enorme , che impressionò anche il padronato del settore : dopo di allora per sei mesi non ci fu più un licenziamento nella categoria degli alimentaristi . Del resto Motta ( o forse per lui il consigliere delegato , dr. Ferrante ) si è sempre distinto per la particolare durezza della sua politica aziendale , mentre Alemagna preferisce ricorrere ai metodi paternalistici . Sotto le feste del Natale scorso , mentre la categoria era impegnata nel rinnovo del contratto nazionale di lavoro , gli operai entrarono in agitazione per ottenere un miglioramento salariale . Alemagna ha acconsentito , concedendo spontaneamente aumenti orari dalle 5 alle 25 lire , sia ai lavoratori fissi , che a gran parte di quelli a termine ; ma intanto faceva diffondere la voce che non avrebbe gradito una interruzione del lavoro proprio in quel periodo di punta . Motta , dal canto suo , fece soltanto promesse . I suoi metodi sono improntati alla più rigorosa sorveglianza , alla persecuzione e alla rappresaglia , specialmente a danno degli aderenti alla CGIL , i quali vengono spesso esclusi da eventuali aumenti e migliorie e isolati dagli altri operai , mentre rapide carriere sono aperte ai membri della Commissione Interna eletti nelle liste della cast , o in quelle padronali . Un notevole numero di lavoratori sono impiegati nel settore vendite di Motta e Alemagna , il primo ne ha alle sue dipendenze circa un migliaio inquadrati in un complicato sistema di qualifiche : barista , gelatiere , banconiere , cantiniere , caffettiere , spillatore , ecc. un complesso di quaranta voci che corrispondono ad altrettante gradazioni di stipendio : dalle 17.498 lire mensili dell ' apprendista inferiore ai sedici anni , alle 66.631 del direttore di categoria A . Nel settore vendite la pressione del padronato è ancora più accentuata . Essa si fa forte proprio di questo sminuzzamento della categoria in gruppi minimi che è facile dividere e contrapporre . Il direttore di un bar ha alle proprie dipendenze non più di 20 o 30 persone , delle quali sa tutto e sulle quali può esercitare una vigilanza continua e diretta . Il personale di una bar è composto quasi completamente da ragazze che provengono in generale dalla piccola borghesia o da famiglie operaie esposte quindi , in una città come Milano , alle facili sollecitazioni dei miti dell ' esistenza in una società « moderna » . Gelosie , rivalità , piccoli ricatti , soprusi ; difficile che in un ambiente simile nasca la solidarietà , e di conseguenza il personale è nettamente scoperto , sprovveduto , esposto alle pressioni padronali . Assai scarsa la partecipazione alla vita sindacale : qualche iscritto alla CGIL , le altre organizzazioni sono del tutto assenti . Tanto Motta che Alemagna sono stati denunciati dal Sindacato di categoria per non aver applicato la legge n . 90 del 30/4/1954 , la quale estende ai dipendenti dei pubblici esercizi il godimento delle festività infrasettimanali . La denuncia ha avuto i suoi effetti e le due grandi ditte stanno pagando sia le spettanze arretrate , che la multa per inadempienza . Le punizioni al personale variano dalla multa alla sospensione , fino al licenziamento in tronco . Per fare un esempio : una commessa colpevole di aver mangiato « due tartine gelatinate » ha avuto tre giorni di sospensione . Un fattorino che si è mangiato due marrons glacées è stato licenziato in tronco . Sostengono alcuni che il Duomo di Milano fu costruito con la prospettiva che dovesse servire , un giorno , a far da sfondo al panettone , sui cartelloni pubblicitari , c in qualche misura questo è vero . La produzione dolciaria milanese , che non impegna più di seimila lavoratori , può forse sembrare poca cosa , confrontata coi massicci complessi industriali lombardi . Pure essa è un simbolo compendioso della situazione milanese : è un monopolio giovane in formazione .
Hiroshima angoscia del mondo ( Lilli Virgilio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Hiroshima , dicembre . - Sono a Hiroshima . Respiro l ' aria di Hiroshima . Vedo le strade di Hiroshima , l ' anello di monti che circonda Hiroshima . Questi bambini che passano a gruppi , silenziosi , sono nati a Hiroshima . Questo vecchio che siede su una pietra all ' ombra d ' una baracca è un vecchio di Hiroshima . Ed ecco alcune ragazze sui vent ' anni : sono ragazze di Hiroshima . Tranvai di colore bleu sudicio vanno barcollando su rotaie sgangherate : sono i tranvai di Hiroshima . Al mio arrivo , quando il treno si è fermato sotto la pensilina , e io ho letto il cartello in caratteri giapponesi e in caratteri latini « Hiroshima » , ho registrato in me una vaga sensazione di sogno . S ' udiva la voce stridula e lunga d ' un ferroviere cantare alla maniera giapponese , con una certa melodiosa precipitazione : « Hiroshima ! ... Hiroshima ! ... Hiroshima !...» . Uscito dalla stazione - la stazione ricostruita , beninteso , poiché quella vecchia fu spazzata via a suo tempo dallo scoppio - , ho guardato il cielo : era il cielo di Hiroshima , quello stesso al centro del quale tre anni fa brillò l ' apocalittica luce sprigionata dalla disintegrazione dell ' atomo , quello stesso nel quale si svolse il primo capitolo della nuova Era dell ' umanità , l ' Era atomica . Sono a Hiroshima , nella città più popolare del mondo , davanti a miserabili rovine più popolari delle rovine egizie , delle rovine greche , delle rovine romane . Lascio viaggiare l ' occhio attorno con una certa avidità , così come fanno i turisti quando si trovano finalmente davanti alle Piramidi , davanti al Santo Sepolcro , davanti al Partenone , eccetera . Attendo da uomini e cose di Hiroshima un segno , un messaggio che mi diano la misura del luogo eccezionale al quale mi ha condotto il mestiere . Mi ronzano all ' orecchio domande pressanti , quasi irritate , nelle quali riconosco le voci di mia madre , di mio padre , dei miei amici , dei lettori del mio giornale : « Davvero sei a Hiroshima ? ... Che cosa si vede a Hiroshima ? ... Com ' è fatta Hiroshima ? ... Ci sono ancora uomini vivi a Hiroshima ? » . Passa un venditore ambulante , passa un vecchio tassì a gassogeno , passa una donna con un fardello sotto il braccio . Sono cose di Hiroshima , gente di Hiroshima , aspetti della vita come se ne incontrano in tutte le città del mondo . Vorrei fermare quella gente , domandare : « Eravate a Hiroshima il giorno dell ' avvenimento ? Come vi siete salvati dall ' avvenimento ? Che colore aveva il lampo dell ' esplosione ? E la vostra casa ? E i vostri parenti ? » . Il venditore ambulante va , il vecchio tassì a gassogeno scompare a una curva , la donna impicciolisce nella prospettiva della strada col suo fardello . È sbalorditivo che a Hiroshima avvengano di questi fatti banali , normali . Mi fa una certa tal quale impressione essere a Hiroshima , una impressione che mi impedisce di scrivere subito freddamente , obbiettivamente , i miei articoli informativi : « La bomba scoppiò alla tale ora eccetera eccetera » . È necessario che prenda tempo , che dia libero corso all ' emozione prima di passare all ' informazione . È necessario che prima mi dica : Ecco , fra qualche secolo Hiroshima sarà per i nostri posteri quel che oggi è per noi Cartagine , o forse Troia ; sarà una leggenda remota e grandiosa . L ' energia atomica trasferirà gli uomini da stella a stella , la materia sarà il polveroso ricordo d ' un passato che farà sorridere perfino i ragazzi , ma si dirà : " Durante una certa guerra dei tempi antichi , nel secolo Ventesimo , la prima applicazione dell ' energia atomica avvenne a Hiroshima ... " . Gli scolari interrogati agli esami a proposito dei gloriosi inizi dell ' energia atomica , risponderanno ai maestri una sola parola : Hiroshima . Ed io sono a Hiroshima , tre anni dopo l ' avvenimento davanti alle rovine dell ' avvenimento , in mezzo ai sopravvissuti dell ' avvenimento ; sono dentro questo nucleo pregnante di storia e di favola . E mi dico : " Hiroshima è l ' angoscia del mondo attuale ; da Mosca a Washington , dal più sperduto paese d ' Arabia alle foreste del Brasile , una parola fa tremare il mondo : Hiroshima " . ( Io sono un vecchio viaggiatore , uno di quei viaggiatori che di paesi e contrade ne han visti fin troppi , un osservatore smaliziato , sazio , pel quale l ' atlante geografico ha ormai magra attrattiva . Ma come potrei gelidamente parlare di Hiroshima senza avere prima confessato che l ' essere a Hiroshima mi dà un poco di vertigine ? ) Ed ecco cammino per Hiroshima . La città , quel che noi si dice città , non mi riesce di vederla . Vedo strade polverose , dai selciati sconnessi , o addirittura sterrate , vedo baracche di legno , casupole di legno , botteghe di legno ; e qua e là travi di legno , come in un cantiere , e come in un cantiere odo per l ' aria un palpito di martelli al lavoro . E mi dico : " Lavorano , rifabbricano , dopo tre anni " . Scopro tratto tratto dall ' apertura d ' una strada una brughiera a perdita d ' occhio , cosparsa di un melanconico tritume di macerie , non le macerie concrete e pesanti delle nostre città bombardate , bensì macerie in briciole , miserande , una semina squallida di detriti fra i quali verdeggia talvolta la foglia dell ' insalata e del cavolo : è Hiroshima . Registro un ' atmosfera piuttosto di catastrofe celeste che non di guasto di guerra , qualcosa come dopo un fortunale , dopo un tifone , quando ci si avvede che i danni non sono isolati , non si possono numerare uno a uno , non si possono catalogare poiché sono dovunque , uniformi , poiché ogni cosa ha avuto il suo , l ' albero , la casa , la strada , la fabbrica , la terra . Guardo Hiroshima e ricordo certe zone della periferia delle grandi metropoli , dove la nota dominante è appunto costituita dai detriti , dalle scorie della città , barattoli di latta , pezzi di casse di legno , ferraglia minima , mattoni frantumati , mazzi di fiori marci e altro . Una rovina spicciola e petulante , non proporzionale alla maestà della folgorante deflagrazione . Non un cratere , non una buca , non una voragine , non una frana . Al contrario , un corrompimento , un senso di andato a male . " Amburgo " penso " può essere paragonata a un uomo che abbia subìto grandiose mutilazioni , braccia , gambe , occhi ; Hiroshima può essere paragonata a un uomo coperto da una risipola ; o da un eczema " . Cammino , cammino per Hiroshima , scavalco ponti dietro ponti . " Quanti fiumi a Hiroshima ! " mi dico . " Non ho mai visto una città così piena di fiumi " . Sette fiumi bagnano Hiroshima , fiumi larghi , tranquilli , dall ' acqua verde brillante , un ' acqua marina piuttosto che un ' acqua fluviale , sono i sette bracci del delta del fiume Ota , e dividono la città in sei isole . " Ecco " mi dico , " i ponti non sono saltati all ' aria come nelle nostre città , si sono solo tremendamente ingobbiti , distorti , ammaccati . " La solita rovina di bassa estrazione , deformante , come per una terribile artrite , che li ha resi inutilizzabili sia ai veicoli che agli uomini . Vedo la miseria dei ponti ricostruiti , sui quali transitano con tetra cautela i tranvai : non ci sono se non le rotaie appoggiate sullo scheletro delle traverse , quasi come scale a pioli messe orizzontalmente da una sponda all ' altra , la pancia delle vetture si rispecchia nella corrente . Penso : " Non hanno soldi , non possono ricostruire , rabberciano " . I selciati , i marciapiedi , le rare mura a fondamenta delle pareti delle case meno piccine , sono rabberciati , tutto appare rabberciato , a Hiroshima , rammendato , riappiccicato con lo sputo . " Quando sarà completamente ricostruita " penso , " Hiroshima apparirà ancora più rovinata . " Mi avvedo che dove è passata l ' energia atomica rimane qualcosa di profondamente disgraziato ; come negli uomini guariti dal vaiolo , í quali restano poi butterati al pari della superficie dei ditali . Sono a Hiroshima , assaporo le prime impressioni , esse hanno un sapore amaro il quale mi umilia e non riesce a svegliarmi nel petto neanche il senso della pietà , così come avviene talora davanti a certi malati sgradevoli , o infetti . Mi fermo , contemplo senza amore la città che ha la forma di un piatto rotondo , o meglio del fondo di un catino i cui bordi rialzati sono costituiti dalla catena di monti che la coronano torno torno . Le casette di legno a un piano non prendono rilievo , non costituiscono paesaggio edilizio ; la città appare , nonostante quella marea di casette , piallata , quasi scopata da una formidabile raffica di vento o d ' acqua , spianata con un ferro da stiro rovente , come una giacca che poi sia rimasta bruciacchiata . Sulla mortificata planimetria , simili a massicce carcasse di navi a galla di una piatta distesa d ' acque , vedo improvvisamente campeggiare edifici tarchiati , sgraziati , uno qua uno là , solitari , inutili , e dominare la paccottiglia delle casupole e dei rottami . Sono i buildings , gli edifici di cemento armato di Hiroshima , gli edifici i cui muri hanno resistito alla bomba atomica , smozzicati , sventrati dalle fiamme e dal calore , ma tuttavia ben piantati al suolo . Penso : " Non abbatte gli edifici di cemento , la bomba atomica ; li spella , li corrode , li biscotta , ma non riesce a buttarli giù come la bomba dirompente " . Quegli edifici spettrali ritti sul tavoliere di triti rottami aumentano la sensazione d ' una catastrofe simile a una peste .
Il Torino non c'è più ( Pozzo Vittorio , 1949 )
StampaQuotidiana ,
Il Torino non c ' è più . Scomparso , bruciato , polverizzato . Una squadra che muore , tutta assieme , al completo , con tutti i titolari , colle sue riserve , col suo massaggiatore , coi suoi tecnici , coi suoi dirigenti , coi suoi commentatori . Come uno di quei plotoni di arditi che , nella guerra , uscivano dalla trincea , coi loro ufficiali , al completo , e non ritornava nessuno , al completo . È morto in azione . Tornava da una delle sue solite spedizioni all ' estero , dove si era recato in rappresentanza del nome dello sport italiano . Aveva presa la via del cielo per tornare più presto , per far fronte agli impegni di campionato . Un urto terribile , uno schianto - ai piedi di una chiesa , di una basilica addirittura - una gran fiammata . E poi più nulla . Il silenzio della morte . Era la squadra Campione d ' Italia . Era , quasi al completo , la squadra che rappresentava i colori del nostro Paese nelle competizioni internazionali . Bacigalupo , Ballarin , Maroso , Grezar , Rigamonti , Castigliano , Menti , Loik , Gabetto , Mazzola - appello in ordine di squadra di dieci azzurri - , Bongiorni , italiano d ' origine , nazionale di Franchi ; Schubert , nazionale della Cecoslovacchia ; Martelli , Osso la , Operto , Fadini , Ballarin II , Grava , nazionali di riserva o dell ' avvenire . Erano con loro : Cortina , il massaggiatore di quest ' anno della Nazionale ; Erbstein , l ' ungherese ; l ' allenatore Lievesley , uno dei migliori tecnici che avessimo in Italia al momento attuale ; Civalleri ed Agnisetta , dirigenti della vecchia guardia , e Cavallero , Tosatti e Casalbore , tre giornalisti , tre compagni di lavoro . Se non fosse che li abbiamo visti noi , morti , aiutando nelle operazioni ufficiali di identificazione dei cadaveri , ci rifiuteremmo di credere a quanto avvenuto . Giuocatori che erano l ' orgoglio della nostra città e dell ' Italia sportiva tutta , ragazzi sani , pieni di salute , sprizzanti energia da ogni poro , uomini che erano le speranze nostre per le lotte cogli stranieri , ridotti in quelle condizioni ! A farsi forza per allontanare il pensiero da quella spaventosa visione , si viene presi , afferrati da un senso di vuoto . Amici , famiglie , squadra granata , squadra nazionale : più nulla . Per Torino che amava la squadra che porta il suo nome come sua , per il mondo calcistico tutto , è una tragedia dalle proporzioni terribili ! Menti , che venivi a confidarti con me ogni tanto , Ballarin che tanta paura avevi di perdere il posto in Nazionale dopo la partita di Zurigo , Rigamonti che t ' ho fatto piangere l ' anno scorso a Parigi prima della partita colla Francia , Grezar che mi corresti dietro la settimana scorsa per offrirmi una birra e per chiedermi se in realtà anch ' io ti ritenessi diventato « vecio » . Maroso , tu il vero puro sangue dell ' ultima generazione , Valentino Mazzola che facevi i capricci , mi davi dei grattacapi e poi mi scrivevi per chiedermi scusa , Loik che a gare finite amavi il bicchiere di vino buono , Voi tutti che mi foste compagni nelle lotte per il buon nome , e che mi rimproveraste quando Vi lasciai , pochi mesi fa , ora siete Voi a lasciare me , il che può anche essere poco , a lasciare l ' ambiente e la vita , ed è tutto . Permettetemi che non scriva più , che Vi saluti , in nome di tutto il grande esercito degli sportivi , ritti sull ' attenti , in silenzio . Dicevo sovente con Voi , scherzando , che io ero un po ' come il portinaio di San Pietro , per cui cose nuove , belle o brutte , in senso assoluto più non esistono . Me l ' avete procurata Voi , colla Vostra scomparsa collettiva e fulminea , la sensazione nuova : sotto forma di uno strazio che non ha nome .
StampaQuotidiana ,
Londra , 1 . giugno - Annotta sulla moltitudine in Trafalgar Square , in Hyde Park , in Park Lane , la moltitudine che dall ' aurora si accampa presso le transenne delle vie , coraggiosa e cocciuta , in attesa . Sarà una notte crudele , come è stato crudele il giorno . Brevi schiarite nel cielo , qualche attimo di sole , poi nuvole , un vento pazzo , un turbinio di foglie , folate di polvere , e gelo , e pioggia : l ' « escursione » , come la chiamano i meteorologi , il saliscendi della temperatura ha oscillato tra i 5 e i 23 gradi sopra zero . Le previsioni per domani , nei limiti in cui è possibile prevedere il tempo in Inghilterra , sono assolutamente fosche . Credete che tutto questo abbia ragione della perseveranza britannica ? Mistress Zoe Neame , di 73 anni , la prima a mettersi in fila col suo sgabello pieghevole sotto la statua di re Carlo in eccellente posizione strategica , ha dichiarato : « Per mesi ho avuto cura di sottopormi agli acquazzoni in giardino a capo scoperto ; ho assistito a diverse partite di calcio per abituarmi al clamore improvviso . Sono sicura che passerò una notte ideale » . Da un certo punto di vista , lo spettacolo della folla all ' addiaccio vale molto di più della rutilante kermesse di domani . Non è facile immaginare il colpo d ' occhio : si pensi alle grandi arterie del West End , ai parchi sterminati che le fronteggiano ; da un lato , lungo la linea degli edifici solenni , le tribune color d ' oro e azzurro , folte di vessilli , sono ancora deserte ( si sono prenotati posti fino a 50 ghinee , quasi centomila lire l ' uno : l ' afflusso comincerà domattina ) ; dal lato opposto , dove stanno le transenne contro il verde dei boschi , il camping è formicolante come in una città devastata dal terremoto . Gli uffici statistici assicurano che alle dieci di stasera un milione di persone « giace sotto le stelle » ; ho visto fra loro paralitici appisolati nei carrozzini con un plaid sulle ginocchia , e un crocchio di ragazze vestite tutte allo stesso modo con tailleurs tagliati nella stoffa della bandiera . L ' Union Jack è dovunque , a segnalare i gruppi all ' addiaccio . Vi sono nella folla donne sole , generalmente in calzoni lunghi ( qualcuna in short ) , sedute o sdraiate su coperte , serissime in viso , occupate a ingannare il tempo ascoltando le radio portatili o leggendo romanzi polizieschi . Vi sono anche studenti , a nuclei di due o tre , eccitati dall ' avventura e tuttavia provvisti dei libri di latino : fra tre giorni li attende l ' esame . Ho visto malinconiche pattuglie di negri nella ressa , rassegnati a dormire su un giaciglio di carta di giornale sotto la pioggia , e vengono dalla languida , soffocante Tobago , questa torrida perla della Corona . Il nerbo della moltitudine è formato da gruppi di familiari , il che dà suono e colore alla scena di insieme . Certe famiglie appaiono petulanti e cospicue : sono dominate dai nonni , includono i bambini al disotto dei cinque anni e sono riuscite a conquistare posizioni di favore , colla possibilità di montare piccole tende addossate ai tronchi d ' albero , e cucinette da campo . Altre famiglie ( ecco qualcosa che verrebbe definito incredibile in qualsiasi luogo diverso dall ' Inghilterra ) sono teneramente timide : le costituiscono marito e moglie : è la loro luna di miele . La sposa calza soprascarpe di gomma contro la pioggia , lo sposo protegge sotto la falda dell ' impermeabile il pacchetto dei sandwiches confezionati secondo le raccomandazioni dei giornali , « leggeri e nutrienti » . Per la prima volta nella storia inglese sono apparse sulla stampa rubriche culinarie ; il « News Chronicle » si è spinto a elencare dieci ricette di tramezzini all ' acciuga . « Evitate di portarvi dietro l ' ombrello » ha consigliato il Coronation Accomodation Bureau ; ed effettivamente non ci sono ombrelli . La folla è qui , sotto l ' intemperie del cielo ; fuochi brillano nella notte ; i più giovani cantano in coro gli antichi motivi sacri o , volubilmente , Lilì Marlene ; i bambini dormono in grembo alle madri ; robuste voci cuckney si levano a imprecare ; i venditori di programmi hanno esaurito i loro fascicoli , né ci sono più coccarde ; si brinda con birra nera alla « nostra piccola regina » ; 8500 tra infermieri , barellieri e medici stanno sulla soglia delle tende di soccorso nel fitto dei parchi ; tutto è pronto per domani ; la folla in attesa è gaia , spartana , mal vestita e selvaggia , « civilissimamente selvaggia » come ha detto Bevan . Per un attimo , domani , nell ' ininterrotto clamore , ciascuno della folla vedrà il sorriso di Elisabetta dal cocchio di favola , il profilo acuto del Principe Consorte : questa parrà l ' acme della cerimonia , sembrerà raggiunto lo scopo d ' una così lunga pazienza : e la « realtà » dell ' evento sarà stata invece l ' attesa stessa , la folla stessa : la folla padrona di sé , ilare , ostinata , libera , quella medesima folla che non piegò sotto l ' insidia , che non cedette mai , che si nutrì di sangue e di lagrime per pagarsi « il lusso di un mito » . Il giornale comunista « Daily Worker » ha molta fiducia nella credulità dei suoi diecimila lettori quando scrive che « tutta la nostra storia prova come l ' anima del popolo inglese sia profondamente repubblicana » ; la verità è che un millennio di concordia , di indipendenza e di fede , solo questa esperienza difficile , giustifica tanto amore per una dinastia incontaminata . Così Londra mareggiante di popolo , Londra corale va verso l ' incoronazione della sua Regina . La cronaca di oggi non può essere , appunto , se non corale . Ciò che stamane « faceva » ancora notizia , l ' arrivo di Merle Oberon o di Linda Darnell , il party offerto dal magnate hollywoodiano Skouras , le dodici broches di zaffiri sull ' abito di damasco di Lady Jane Vane - Tempest , tutto ciò stasera è remoto . Stasera due milioni e mezzo di persone hanno invaso Londra dalla provincia , su 6500 treni speciali . Per le strade non si circola più . A Piccadilly Circus , gremito come un alveare , folle di soldati della Guardia Irlandese , anzacs dai visi di cuoio baciano sulla bocca le ragazze di Londra , vestite di seta leggera ; i torreggianti cypays della Brigata dell ' Assam , dal capo avvolto nei turbanti viola , guardano con i neri occhi i fuochi d ' artificio nel cielo . L ' Impero sembra vivo come nei giorni della Regina Vittoria ; « le prospettive della grande sbornia di domani notte sono esaltanti » scrive un foglio conservatore ; « i mercanti di birra sono persuasi che il Governo trarrà dalla tassa sugli alcoolici , in un giorno solo , tre milioni di sterline : aleggia su Londra l ' anima di Kipling » . Povero Kipling . Il poeta inglese che nella circostanza dell ' incoronazione riceve dalla Regina l ' Ordine del Merito , il prezioso e patetico Walter de la Mare , è particolarmente apprezzato dalla critica per una ode che comincia : « Amo la solitudine , odio l ' abbominevole folla » .
StampaQuotidiana ,
Roma , 9 giugno - L ' eccitazione è cominciata ieri sera , verso le otto ; dieci minuti prima , circa . Sulla terrazza di Palazzo Wedekind alcuni uomini furono visti indaffarati ad allestire cartelli di segnalazione , di quelli usati per informare i passanti dell ' ordine d ' arrivo in una tappa del Giro d ' Italia . Per questo , almeno , la redazione del giornale che ha i suoi uffici in Palazzo Wedekind , piazza Colonna , li aveva adoperati fino a pochi giorni or sono , perché la balconata della terrazza , sovrastante il portico di Veio , è perfettamente visibile da tutta la piazza , da sotto la galleria , da largo Chigi , e da un tratto del Corso . Ma ieri sera non si trattava del Giro d ' Italia ; si esponevano i primi risultati delle elezioni per qualche collegio senatoriale , e quelle prime , sparute cifre , ottennero l ' effetto di bloccare tutto il traffico . Veniva segnalata , come prima , una buona affermazione dei fascisti ; un ' altra relativamente favorevole ai monarchici , mentre pareva che i comunisti fossero in qualche difficoltà , che i democratici cristiani non avessero ottenuto il risultato che si poteva attendere ; per i « minori » , poi , quelle cifre sembravano , non tanto dico sfavorevoli , ma addirittura inique , così da far provare uno stringimento di cuore . Ed era peggio , ancora , il fatto che quella tabella sventurata accese di entusiasmo la folla dei passanti . A sentire gli applausi che salivano dalla piazza al balcone c ' era da credere che Roma fosse tornata ad essere la Roma dei fascisti che si piacevano nelle adunate . E sembrava di essere caduti di nuovo indietro , nel passato , fra tanti che acclamavano , gridavano , spingendosi , pressandosi sotto il balcone . Che brutta Roma , si pensava . Ed era brutta anche perché poco lontano , dove si stampa un altro giornale , a Palazzo Sciano . , nello stesso momento si ripetevano le stesse scene ; e uguali ancora in via IV Novembre , presso piazza Venezia , sotto i balconi di altre redazioni . In breve , insomma , il traffico di tutto il centro della città restò paralizzato . Mai si era visto ancora , neppure nei giorni della propaganda elettorale , in nessuna piazza , un così largo assembramento , che si poteva anzi prevedere non dovesse disperdersi , perché la gente rimaneva ferma , gli occhi in aria , immaginandosi che i numeri delle tabelle avessero a seguirsi , ad integrarsi rapidamente , avviarsi verso la conclusione di un definitivo comunicato sui risultati delle elezioni . Telefonò il prefetto ai direttori dei giornali , che per piacere ritirassero i cartelloni esposti : « Sapete che da oggi alle 14 sono vietate , fino a nuovo ordine , le manifestazioni politiche di ogni genere . Faccio osservare che le vostre tabelle le stanno provocando » . Le tabelle scomparvero , e la folla , trascorsa una mezz ' ora , incominciò ad andarsene delusa . « Vedi che razza di libertà ! » protestava una donna con al petto il distintivo dei neofascisti . E se anche l ' ingombro per le strade , e le grida , e gli applausi , e poi quelle proteste , erano state cose di brevissima durata , pure restavano come episodi di uno sgradevole significato , e acquistavano il senso - per chi fosse di animo apprensivo - di un triste auspicio . Così una certa ombrosa melanconia , fatta di preoccupazioni , di recriminazioni , e in qualche modo di dispetto , si diffondeva per le strade , nei ristoranti , nei caffè . Forse soltanto i giorni dell ' attesa dei risultati del referendum erano stati tanto ansiosi . Ai giornalisti di servizio in sala stampa telefonavano gli amici : « Ebbene , insomma , ma è possibile che non sappiate ancora niente ? Che cosa fanno quelli del Viminale ? Ma , perbacco , informatevi ! » . Pareva proprio che la colpa fosse nostra , se alle dieci , alle undici , non si era in grado di sapere nulla . La « sala stampa » occupa quasi tutto un piano di un grande palazzo fra il corso Umberto e piazza San Silvestro . Più che una sala è una serie di stanze , tutte vaste e tutte piene di tavoli , comunicanti per corridoi che sono tutti fiancheggiati da cabine telefoniche , urbane e interurbane . Mai come ieri quelle cabine sono state occupate in permanenza , mai come ieri tanta gente faceva ressa tra quei tavoli . Perché non erano soltanto i giornalisti , ma anche gli amici , i conoscenti , ed un buon numero di sconosciuti rappresentanti della gran massa degli ansiosi di Roma . Venivano dai cinema e dai teatri ; ne salirono alcuni da un caffè sottostante la « sala stampa » che è frequentato dai fascisti ; altri arrivarono da più lontano , dai caffè di via Veneto che sono i luoghi di convegno dei liberali . Era l ' una di notte , e le notizie erano cattive . Poi dispiaceva , dava un fastidio veramente fisico , vedere quelle facce di fascisti insuperbite dal successo nelle elezioni a Roma ; vederle da vicino , e quasi attorno ai nostri tavoli , o sentire le voci ridiventate altezzose come un tempo che rimbombavano nei corridoi riuscendo a penetrare fin dentro le cabine : erano cose , queste , che quasi trasformavano in tanti fatti personali i più ampi motivi di preoccupazione politica . Si sperava nel Nord , in ogni modo : nel solido Piemonte , nella saggia Lombardia , nella prudenza dei veneti , nella tenacia democratica dei liguri . Resisteranno ? Lo sbandamento degli elettori romani sembrava favorito , e le sue conseguenze aggravate , dalla ventata reazionaria che saliva dal Sud , afosa come lo scirocco , minacciosa di pioggia come quella che cadeva e cadde ancora tutta la notte sulla città . Quella pioggia angosciosa : non la potremo dimenticare , non dissociarla dal ricordo delle corse notturne che facemmo tra San Silvestro e il Viminale , sull ' asfalto nero che luccicava - un po ' sinistramente nelle nostre impressioni - corse inutili , vane , alla ricerca di una notizia da portare in ufficio , nella speranza di un indizio sicuro , di un orientamento cui affidarsi . Scelba era andato a casa , i funzionari si stringevano nelle spalle , nessuno aveva una notizia più di quelle poche che tutti avevano , che arrivavano a tutti su striscette di carta con sigle e cifre esasperanti di risultati parziali . In « sala stampa » per due ore si fecero addizioni . Numeri , numeri , numeri , da incolonnare e da sommare , da confrontare e valutare : si perdeva la testa , si chiedeva il soccorso dei visitatori amici : « Chi è ragioniere tra di voi ? C ' è un matematico in aiuto ? » . Il cielo , fuori , si schiariva sotto le nubi per l ' alba che sorgeva . I giornali del mattino ormai « chiudevano » le ultime edizioni nelle tipografie di tutta Italia ; noi avevamo fattolo spoglio dei primi cinque milioni di voti e i risultati davano un vantaggio , piuttosto stretto , ai partiti di centro nei confronti delle opposizioni sommate insieme . Andavamo a dormire , e per le strade trovavamo a darci il cambio , come primi nel risveglio della città , gli spazzini municipali . Sotto le loro spatole , raschiati dai loro arnesi , cadevano dalle facciate delle case i simboli di lista e le effigi dei candidati , gli inviti al voto e le caricature degli avversari , gli scudi , le fiamme , le falci , le bandiere , le foglie , le corone . La giornata che stava cominciando ci avrebbe forse dato la notizia . La « notizia » per antonomasia , quella vera , la sola ormai che ci premeva dopo tanto affluire , tanto incalzare di particelle di notizie che ci avevano ossessionati nella nottata , e che anche il mattino , continuando inesorabili , ci svegliarono innanzi tempo , telefonate da zelanti e premurosi e curiosissimi amici che in cambio domandavano pareri : « Che te ne sembra ? Che cosa sai dal Nord ? » . Verso le due del pomeriggio sembrò che andasse bene . Lo aveva detto Scelba uscendo per andare a colazione , e promettendo un comunicato , esauriente e ufficiale , per le cinque . Ma alle cinque non c ' era , al Viminale . C ' erano invece voci allarmanti : la forza pubblica - la polizia e i reparti dello stesso esercito - era in allarme in tutta Italia - si prevedeva di dover presidiare le sezioni dei partiti di sinistra , le sedi dei monarchici e del MSI . « E che si dice per il resto ? » « I dirigenti democristiani siedono in permanenza a Palazzo del Gesù . De Gasperi è a colloquio col generale Ridgway , Scelba ha chiamato a rapporto il questore Polito . » Con Polito , infatti , Scelba entrò nella sala dei giornalisti un ' ora e un quarto dopo l ' appuntamento che ci aveva fissato . Fu circondato subito , e davanti alla bocca gli furono messi ricevitori di telefono ed il microfono della RAI . Agli altri capi dei fili c ' erano l ' apparecchio di registrazione e stenografi in ascolto per conto di giornali e di agenzie . Scelba disse le poche parole che sappiamo , con quella voce fredda , leggermente nasale , che egli mantiene inalterata quali che siano le circostanze . Di nuovo ci fu solo che alcuni giornalisti lo trovarono più pallido del solito . Comunque , il senso delle sue parole era un rinvio della « notizia » che aspettavamo . Venne la sera , ed eravamo ancora nell ' attesa . Accendemmo le luci . Incombeva la notte , e oramai sapevamo che sarebbe stata un ' altra notte ancora come quella di ieri : senza speranza della notizia , e col timore che domani non sia come ci eravamo augurato .
StampaQuotidiana ,
Siracusa , 2 ottobre - Più nessuno chiama la piazza Euripide , che si trova nella popolare borgata di Santa Lucia , con il vero nome . Oggi tutti la conoscono come piazza dei miracoli . È una piazza a forma di triangolo isoscele con la base verso un terrapieno della ferrovia e da molto tempo era lasciata in abbandono . Soltanto il mese scorso il comune decise di sistemarla ed i siracusani affermano : « Proprio come se l ' avesse ordinato la Madonna » . Dicono così perché adesso , sopra una stele , verso il vertice della piazza e contro la facciata di una casa dipinta di rosa , hanno esposto quella immagine che già tutti conoscono come la « Madonna delle Lacrime » . Da tre settimane , giorno e notte , sulla piazza Euripide c ' è gente che viene a supplicare una grazia o , semplicemente , a vedere di che si tratta . Ogni giorno la media dei visitatori è di circa cinquemila persone e va sempre crescendo ; di domenica si toccano punte di ventimila . All ' angolo con la via Timoleonte funziona un posto di pronto soccorso . Gli agenti della polizia regolano l ' afflusso , le crocerossine aiutano gli ammalati e gli infermieri trasportano gli invalidi con le barelle . Da tre settimane , su questa piazza , passano migliaia di fedeli , di curiosi e vi si radunano storpi , rachitici , deformi , paralitici , deficienti e ciechi e muti e sordi . Sotto il sole ancora forte o nelle notti ancora tiepide alcuni urlano le loro invocazioni , altri le mormorano con gli occhi pieni di pianto . Parecchi stanno ore ed ore fermi , lo sguardo fisso sulla Madonna , in attesa paziente . Ogni tanto la folla si agita e si commuove perché all ' improvviso corre l ' annuncio di una guarigione miracolosa e tutti vorrebbero vedere e toccare e sentire . I bambini ammalati , per lo più deformi per paralisi o scossi da singulti nervosi od ignari e sprofondati nella smemoratezza di chi sa quale malattia , vengono aiutati da preti e da inservienti perché possano sfiorare con la propria mano l ' icona della Madonna . Ieri notte mi è capitato di vedere un gruppo di muti . Nella luce dei riflettori la scena era drammatica . Gli sventurati alzando le braccia verso la piccola immagine sacra cercavano di mugolare una loro invocazione , ma era soltanto un urlo cupo , pareva un abbaiamento confuso e straziante . Da tutta la Sicilia , dall ' Italia meridionale e da più lontano ancora i pellegrini accorrono . Già si pensa di costruire una tendopoli con quattrocento letti ; già l ' Ente del Turismo provvede ad aumentare le possibilità di alloggio per quei visitatori che provenendo sempre da più lontano dovranno per forza restare una notte in città . Si sono organizzate corse speciali di treni e di autobus . Centinaia di venditori ambulanti combinano ottimi affari smerciando cartoline , catenine , immagini della Madonna di Siracusa . I negozi , i terreni intorno alla casa dove è avvenuto il fatto eccezionale o miracoloso , nel giro di pochi giorni , hanno aumentato di dieci volte il loro valore . Alla segreteria del Comitato cittadino , che si è pur dovuto costruire per imbrigliare tante attività diverse , ogni giorno arrivano centinaia di lettere ( 471 ieri ) e decine di telegrammi . Sono lettere e telegrammi che invocano una grazia o che ringraziano per averla ricevuta e c ' è chi manda danaro e chi manda oggetti d ' oro . Ognuno mette l ' indirizzo che suggerisce la fantasia , c ' è chi scrive « Alla famiglia che tiene la Madonna che piange » , o « Alla Signora di via degli Orti » ( la strada dove avvenne il fatto miracoloso e che è a duecento metri dalla piazza ) ed un biglietto , giunto dall ' Olanda , era inviato « Alla Signorina Mater Dei » , mescolando così il latino all ' imperfetta conoscenza dell ' italiano . A tutti si risponde con una circolare che dice : « Egregio signore , è pervenuta la sua lettera . Essa è stata deposta ai piedi della Madonna delle Lacrime ed i fedeli astanti sono stati invitati a pregare per le sue intenzioni . La bambagia che ha toccato le lacrime è purtroppo esaurita . Le inviamo un batuffolo che ha toccato il quadretto della Madonna . Continui a pregare con fede » . Tutta questa vicenda , che oramai ha preso proporzioni difficilmente immaginabili , ha avuto inizio il 29 di agosto e ne rifarò la storia come se si trattasse di redigere un rapporto burocratico . In modo certo i fatti sono soprannaturali e più tardi la Congregazione del Sant ' Uffizio stabilirà se devono essere considerati anche miracolosi . Oggi non c ' è altro da fare che una minuziosa ricostruzione ricorrendo alle testimonianze dei diversi protagonisti . Comincerò da Antonina Giusto , che fu la prima a vedere sgorgare dagli occhi della Madonna « il liquido che ha perfette analogie con le lacrime umane » , come è stabilito in una dichiarazione redatta da vari dottori chimici . Dopo molte trattative , protetto dalla polizia e sotto lo sguardo di centinaia di persone che avrebbero voluto fare quel che io stavo facendo , sono entrato nella piccola casa al numero 11 di via degli Orti di San Giorgio , dove è avvenuto il fatto eccezionale : una immagine della Madonna , di gesso colorato , di gusto molto popolare , fabbricata in serie da una ditta toscana , ha pianto per quattro giorni . E dirò subito di una strana coincidenza . Il primo di settembre una commissione di medici venne a prelevare il liquido che sgorgava da quegli occhi di gesso e da allora la « lacrimazione » è terminata . Dicono i fedeli : « Ecco , la prova era offerta anche agli increduli , per questo la Madonna non pianse più » . La casa nella quale entro fa parte d ' una costruzione molto semplice , del tutto di tipo meridionale . È ad un solo piano , lunga e bassa , ogni uscio un numero perché sono disposti in fila , uno dopo l ' altro . E oggi i muri sono ricoperti da firme , non c ' è più un centimetro di spazio libero . Mi trovo nella prima stanza , allo stesso livello della strada , che fa da cucina e da salotto per ricevere ; un breve corridoio conduce ad un ' altra stanza . Tutto l ' appartamento dei coniugi Jannuso è qui e la seconda camera è quella da letto , dove avvenne il « pianto » . Lui si chiama Antonio e fa l ' ortolano . Lo dicono iscritto al Partito comunista , ma nessuno è mai riuscito a strappargli una risposta precisa . Lei si chiama Antonina Giusto e la incontro seduta vicino al letto . Siamo in un locale piccolo e buio nel quale a mala pena ci si può muovere . La signora Antonina mormora : « Sono ancora tutta confusa » e poi aggiunge : « Quante cose sono capitate in così poco tempo » . Ha appena compiuto venti anni , si è sposata nel mese di marzo ed in dicembre sarà madre . Sta seduta immobile sulla seggiola , i capelli nerissimi fanno cornice al volto pallido , un poco trasognato . Con una sfumatura di rassegnazione dice : « Avrei bisogno di passeggiare , ma adesso non è più possibile . Tutti vogliono vedermi , risentire la storia di quanto è accaduto » . Torniamo al marzo di quest ' anno . Come regalo di nozze Antonina riceve dal suo futuro cognato una Madonna . Si tratta di una lastra di vetrolite nera , larga 25 ed alta 35 centimetri sulla quale è applicata una immagine della Madonna , quel che si potrebbe dire un mezzobusto . Esso è alto poco più di una spanna , l ' originale fu eseguito dallo scultore Amilcare Santini di Cecina e la riproduzione in serie è fatta da una ditta di Bagni di Lucca . Il volto è di gesso , che viene dalle cave di Brisighella , messo prima nello stampo di gomma e poi , quando è asciutto , dipinto con colori alla nitrocellulosa , così da risultare levigato e lucido . Antonina appese la Madonna al capezzale . A poco a poco divenne un oggetto come molti altri , così abituale da non farci nemmeno troppo caso . Un mese più tardi , alla fine di aprile , ella s ' accorse d ' essere in attesa d ' un figlio e cominciò un periodo infelice . Specie al mutar delle lune cadeva in brevi svenimenti , soffriva dolori acuti e perdeva per parecchie ore la vista . Venne il medico e disse che si trattava di tossicosi gravidica . Il male s ' aggravò , i dolori aumentarono e , nei momenti di crisi , Antonina si sdraiava sul letto , ma al rovescio , mettendo cioè la testa in fondo , al posto dei piedi . Come ho detto la camera è piccola . Tra il cassettone , i due comodini e la toilette ingombrante , risultava scomodo a sua sorella l ' assisterla . Per questo lei prendeva quell ' insolita posizione e così aveva proprio di fronte la Madonna appesa al capezzale . Confessa che una volta soltanto si rivolse alla immagine sacra invocando aiuto . Il 29 di agosto sopravvenne una crisi di dolore e non meravigliò nessuno . Nelle prime ore del pomeriggio Antonina fu assalita dal male , si coricò spasimando , la sorella l ' assistette . Svenne e rimase così per un quarto d ' ora . Quando tornò in sé ricorda che la sorella le chiese concitata : « Come ti senti ? E dimmi , mi vedi ? » . Antonina aprì gli occhi e , senza volerlo , lo sguardo le cadde sulla Madonna che aveva di fronte . Non soltanto vedeva chiaramente , ma anche vedeva qualche cosa che la sbigottì . Forse doveva sognare od essere vittima di una allucinazione . Vedeva le gote della Madonna bagnate , proprio come se piangesse . Abbracciando la sorella , le disse : « Guarda la Madonna , dimmi che cosa vedi » . Le due ragazze ( la sorella può avere diciassette anni ) rimasero interdette . Incredule vollero toccare l ' immagine , che era bagnata e l ' asciugarono . Dopo qualche istante il liquido ricomparve , cominciò anzi a gocciolare sul cuscino . Impaurite fuggirono a chiamare alcune vicine di casa . La prima ad accorrere fu la signora Buracca , moglie d ' un vigile , ed ebbe una scossa nervosa così forte che la dovettero ricoverare all ' ospedale . Accorsero altre donne , Tina Catauro , Concettina Nicotera , Milena Agati , Serafina Maisano , Adele Prato , Grazia Nocilla . Ognuna tornò via gridando al miracolo , la notizia si sparse nella borgata , raggiunse la città . La notte nessuno dormì . Da quella immagine di gesso sempre cadevano adagio le lacrime e non valeva asciugarle . Si rinnovavano . Il giorno dopo nella piccola strada non si poteva più circolare . I fedeli , i curiosi , i diffidenti si mescolavano per vedere quanto accadeva nella camera di Antonina . Lentamente le lacrime continuavano a sgorgare dagli occhi della Madonna e tutti volevano asciugarle , chi con il fazzoletto , altri con batuffoli di bambagia . La folla era tale da compromettere l ' ordine pubblico ed il signor Samperisi , commissario di polizia della borgata , dovette intervenire . Per conto suo avvertì il questore di quanto stava succedendo ; ed il parroco , d ' altra parte , dovette correre dall ' Arcivescovo a raccontare anche lui quanto stava capitando . Passarono due giorni . Il prodigio inspiegabile continuava a ripetersi , e già migliaia di persone potevano dire d ' essere state testimoni oculari . Venne il primo di settembre e la Curia decise di intervenire in modo palese e diretto . Si rivolse a una commissione di medici , formò un gruppo di osservatori non sospetti ed invitò ad esaminare quanto accadeva . Il mattino del primo settembre , alle ore dieci e mezzo , sette persone si presentarono nella casa di via degli Orti , fecero sgombrare la camera , cacciando i fedeli ed i curiosi . Il dottore Michele Cassola , che capitanava la spedizione , disse : « Siamo venuti a vedere di che si tratta » . Rimasero chiusi nella stanza due ore : quel che fecero , quel che videro e quanto annotarono lo dirò in un altro mio scritto .