StampaPeriodica ,
Chi
è
stato
a
tradirlo
?
Dove
è
stato
ucciso
?
Come
?
E
quando
?
La
grande
maggioranza
dei
siciliani
non
crede
alla
descrizione
ufficiale
del
conflitto
nel
quale
ha
trovato
la
morte
Salvatore
Giuliano
.
E
anche
noi
dobbiamo
confessare
di
avere
inutilmente
tentato
di
mettere
d
'
accordo
parecchi
particolari
di
quella
relazione
con
i
luoghi
;
le
circostanze
,
il
racconto
di
chi
quella
notte
vegliava
a
pochi
passi
di
distanza
dal
tragico
cortile
in
cui
si
è
svolto
l
'
epilogo
del
dramma
o
è
stato
svegliato
dal
fracasso
delle
fucilate
.
Tutto
ciò
si
chiamerà
forse
cercare
il
pelo
nell
'
uovo
,
ma
l
'
esame
delle
incongruenze
,
dei
punti
oscuri
dei
dubbi
che
inevitabilmente
nascono
nella
mente
di
chi
abbia
tentato
sul
posto
di
ricostruire
la
scena
non
cesserà
per
questo
di
essere
interessante
.
A
Castelvetrano
,
alle
15,15
del
5
luglio
,
il
capitano
Perenze
,
il
brigadiere
Catalano
,
i
carabinieri
Renzi
e
Giuffrida
(
dice
la
relazione
ufficiale
)
hanno
riconosciuto
da
lontano
il
capobanda
mentre
assieme
a
uno
dei
suoi
uomini
percorreva
la
via
Gagini
.
Vistisi
sorpresi
,
i
due
si
sono
dati
alla
fuga
in
direzioni
diverse
e
il
gregario
è
riuscito
facilmente
a
dileguarsi
.
Giuliano
invece
è
stato
inseguito
attraverso
le
vie
della
città
.
Contro
di
lui
è
stato
fatto
fuoco
,
ripetutamente
,
un
proiettile
lo
ha
raggiunto
alla
spalla
,
il
fuggitivo
ha
risposto
a
sua
volta
con
la
pistola
e
col
mitra
.
Giunto
in
via
Mannone
,
il
brigante
ha
sperato
di
trovare
scampo
entrando
in
un
cortile
,
e
là
,
mentre
tentava
di
dare
la
scalata
al
muro
di
cinta
,
oltre
il
quale
c
'
è
un
piccolo
orto
e
poi
la
campagna
,
è
stato
freddato
con
una
raffica
di
mitra
dal
capitano
.
Dunque
nessuno
poteva
immaginare
in
anticipo
che
Salvatore
Giuliano
sarebbe
entrato
in
quel
cortile
.
Eppure
parecchi
civili
delle
case
confinanti
affermano
d
'
aver
inteso
fin
dalla
mezzanotte
un
rumore
di
tegole
smosse
e
un
bisbigliare
come
se
vi
fosse
gente
sui
tetti
.
Stettero
un
poco
in
ascolto
,
ma
quello
strano
trambusto
dopo
un
quarto
d
'
ora
si
chetò
.
Nessuno
diede
peso
alla
cosa
e
di
lì
a
poco
in
via
Mannone
tutti
ripresero
a
dormire
,
eccetto
tre
uomini
che
per
le
esigenze
del
loro
mestiere
dovevano
già
essere
a
bottega
:
il
proprietario
e
i
due
garzoni
del
forno
Lo
Bello
,
che
è
sullo
stesso
lato
della
strada
a
20
metri
dall
'
ingresso
del
cortile
.
Era
una
notte
afosa
,
e
nell
'
interno
del
panificio
il
caldo
era
insopportabile
.
I
due
garzoni
che
avevano
finito
di
impastare
il
pane
e
aspettavano
che
lievitasse
erano
usciti
sulla
via
e
stavano
chiacchierando
accovacciati
sul
marciapiedi
,
con
le
schiene
nude
appoggiate
agli
stipiti
.
Ma
la
prima
sigaretta
che
essi
avevano
acceso
non
era
ancora
finita
quando
due
carabinieri
,
spuntando
dall
'
ombra
,
si
avvicinarono
e
intimarono
di
ritirarsi
e
di
sprangare
la
porta
.
L
'
ingiunzione
era
stata
fatta
con
il
tono
di
chi
non
ammette
repliche
.
È
molto
probabile
tuttavia
che
il
mattino
seguente
le
clienti
del
fornaio
Lo
Bello
abbiano
trovato
da
ridire
sulla
confezione
del
pane
.
La
curiosità
di
sapere
quello
che
stava
per
accadere
sulla
strada
non
poteva
certo
permettere
ai
panettieri
di
attendere
con
diligenza
al
consueto
lavoro
.
Avevano
lasciato
i
battenti
un
pochino
socchiusi
e
di
tanto
in
tanto
andavano
ad
origliare
.
Così
non
sarà
esagerato
dire
che
l
'
aria
lacerata
dal
primo
sparo
vibrava
ancora
quando
gli
occhi
dei
fornai
erano
già
incollati
alla
fessura
.
Sembrò
loro
che
la
via
fosse
deserta
...
Non
videro
dunque
entrare
nessuno
nel
cortile
.
Scorsero
invece
un
uomo
che
ne
usciva
,
che
passò
correndo
sotto
un
lampione
.
Lo
videro
di
spalle
per
un
attimo
e
tutto
quello
che
seppero
dire
di
lui
è
che
si
trattava
di
un
uomo
forse
giovane
,
tarchiato
,
che
camminava
a
piedi
nudi
.
Ma
vedremo
dopo
quale
parte
attribuisca
la
fantasia
popolare
a
questo
personaggio
.
Nessuno
ha
sentito
La
via
Mannone
parte
dalla
piazza
del
mercato
,
taglia
in
linea
retta
il
rione
orientale
del
paese
e
finisce
nella
campagna
.
Nel
tratto
che
va
dal
mercato
al
cortile
non
ci
sono
trasversali
.
Da
che
parte
ci
arrivò
Giuliano
fuggendo
da
via
Gagini
?
Dal
mercato
dopo
aver
attraversato
la
piazza
della
torre
,
dove
sono
ininterrottamente
di
fazione
due
agenti
,
dal
corso
dove
a
qualunque
ora
c
'
è
sempre
gente
scamiciata
che
passeggia
,
dal
verziere
dove
c
'
è
un
grande
negozio
di
fruttivendolo
che
resta
aperto
tutta
la
notte
con
le
luci
accese
e
dove
attorno
ai
banchi
e
ai
cumuli
di
ceste
che
non
vengono
mai
rimossi
passeggiano
continuamente
i
guardiani
?
Evidentemente
no
,
perché
nessuno
ha
visto
né
lui
né
gli
inseguitori
.
Allora
è
venuto
dalla
via
Gioberti
,
che
è
dalla
parte
opposta
e
,
giunto
al
crocicchio
di
dove
poteva
scorgere
davanti
a
sé
le
prime
siepi
e
i
primi
alberi
della
campagna
,
ha
piegato
invece
in
via
Mannone
verso
il
centro
del
paese
.
L
'
illogicità
di
questa
decisione
stupisce
molti
.
Il
lettore
tuttavia
non
ci
faccia
troppo
caso
perché
sono
tante
le
ragioni
che
possono
avere
spinto
il
fuggitivo
ad
abbandonare
la
via
più
facile
per
quella
più
rischiosa
.
È
stato
detto
piuttosto
che
la
sparatoria
era
cominciata
in
via
Gagini
ed
era
continuata
da
una
parte
e
dall
'
altra
lungo
tutto
il
percorso
.
Ma
per
quanto
si
siano
interrogati
molti
abitanti
di
quella
zona
non
si
è
trovato
nessuno
che
ricordasse
di
aver
udito
un
solo
sparo
.
Eppure
le
finestre
erano
spalancate
per
il
caldo
opprimente
.
La
notte
in
quel
rione
è
silenziosa
.
Una
pistolettata
o
una
scarica
di
mitra
avrebbero
dovuto
destare
anche
chi
ha
il
sonno
più
duro
.
Gli
abitanti
di
via
Mannone
invece
hanno
sentito
.
La
loro
testimonianza
però
è
in
contrasto
con
la
versione
ufficiale
.
Non
aveva
l
'
orologio
Questa
dice
che
il
brigante
esplose
52
colpi
col
moschetto
mitragliatore
,
che
al
53
°
si
inceppò
.
Giuliano
buttò
a
terra
il
mitra
quando
era
già
nel
cortile
e
impugnò
la
pistola
,
ma
il
capitano
dei
carabinieri
lo
prevenne
scaricandogli
addosso
per
primo
un
intero
caricatore
del
suo
Thompson
.
Gli
spari
insomma
avrebbero
dovuto
susseguirsi
in
quest
'
ordine
:
raffiche
di
mitra
più
o
meno
lontane
(
Giuliano
che
spara
sulla
strada
)
,
altra
raffica
dopo
una
pausa
di
silenzio
(
Perenze
che
fa
fuoco
all
'
ingresso
del
cortile
)
;
subito
dopo
forse
qualche
colpo
di
pistola
(
Giuliano
che
,
prima
di
stramazzare
a
terra
,
tenta
l
'
ultima
difesa
)
,
forse
il
Thompson
che
risponde
ancora
(
Perenze
che
ha
innestato
il
caricatore
nuovo
)
.
Invece
gli
abitanti
di
via
Mannone
(
trascureremo
i
nomi
della
gente
minuta
facile
ad
accettare
ed
a
ripetere
come
esperienza
propria
il
racconto
altrui
e
citeremo
soltanto
il
pretore
di
Castelvetrano
,
avvocato
Giovanni
De
Simone
e
il
colonnello
a
riposo
Santorre
Vizzinisi
)
sono
unanimi
nel
ripetere
che
si
sentirono
prima
cinque
o
sei
colpi
di
pistola
sparati
sotto
l
'
arco
di
ingresso
o
nel
cortile
,
poi
due
raffiche
di
mitra
distanziate
da
un
breve
intervallo
.
Subito
dopo
si
udì
la
voce
del
capitano
che
gridava
a
qualcuno
di
portare
un
po
'
d
'
acqua
per
il
ferito
e
il
furioso
martellare
del
calcio
del
moschetto
alla
porta
dell
'
unica
abitazione
che
si
apre
sul
cortile
.
Parleremo
in
seguito
dell
'
interpretazione
che
la
fantasia
dei
diffidenti
siciliani
dà
a
questo
particolare
.
Sarà
bene
tuttavia
citare
sin
d
'
ora
l
'
obiezione
più
comune
:
che
i
feriti
siano
tormentati
dalla
sete
è
una
di
quelle
nozioni
elementari
che
anche
il
più
rozzo
dei
pastori
possiede
.
È
tra
l
'
altro
un
vecchio
motivo
della
retorica
popolare
.
Ma
questa
arsura
viene
immediatamente
appena
uno
è
colpito
,
oppure
è
conseguenza
del
dissanguamento
,
della
febbre
provocata
dalle
ferite
e
sopraggiunge
dopo
un
certo
periodo
di
tempo
?
E
perché
Giuliano
non
aveva
un
soldo
addosso
?
Perché
portava
una
semplice
canottiera
,
lui
così
ambizioso
e
a
suo
modo
elegante
?
Perché
non
aveva
l
'
orologio
al
polso
,
quel
grosso
cronometro
d
'
oro
per
il
quale
aveva
una
bambinesca
affezione
e
,
lo
hanno
testimoniato
molti
,
era
l
'
ultima
cosa
che
si
togliesse
coricandosi
,
la
prima
che
cercasse
al
risveglio
?
C
'
erano
poi
altri
particolari
che
alimentavano
il
dubbio
e
,
apparentemente
,
con
maggiore
evidenza
:
alcune
ferite
,
specie
quella
sotto
l
'
ascella
destra
,
sembravano
tumefatte
come
se
risalissero
a
qualche
tempo
prima
;
altre
erano
a
contorni
nitidi
e
apparivano
più
fresche
.
Due
o
tre
pallottole
lo
avevano
raggiunto
al
fianco
e
avevan
prodotto
quei
fori
grandi
a
contorni
irregolari
tipici
dei
colpi
sparati
a
bruciapelo
:
altre
erano
entrate
nella
carne
lasciando
un
forellino
minuscolo
perfettamente
rotondo
.
Il
tessuto
della
canottiera
appariva
intriso
di
sangue
dal
fianco
alla
metà
della
schiena
,
e
sotto
quella
grossa
macchia
(
aveva
oltre
due
palmi
di
diametro
)
non
c
'
erano
ferite
.
Era
logico
pensare
che
il
corpo
del
bandito
anziché
bocconi
fosse
rimasto
per
qualche
tempo
in
posizione
supina
,
perché
tutto
quel
sangue
doveva
essere
sgorgato
dalle
ferite
sotto
l
'
ascella
e
certamente
era
sceso
,
non
poteva
essere
andato
in
su
.
Le
avventure
di
Paperino
Da
Trapani
a
Sciacca
,
a
Santa
Ninfa
,
a
Partanna
non
c
'
è
uno
che
non
sorrida
quando
gli
si
parla
del
famoso
furgone
sul
quale
gli
uomini
del
colonnello
Luca
,
travestiti
da
cinematografari
,
percorrevano
le
campagne
e
sostavano
nei
paesi
fingendo
di
girare
un
documentario
,
perché
Salvatore
Giuliano
,
tradito
dall
'
ambizione
e
dalla
smania
di
pubblicità
,
lasciasse
le
sue
montagne
e
cadesse
nella
trappola
.
Per
quanto
avesse
incollato
su
una
fiancata
due
grosse
strisce
con
le
scritte
:
«
Gazzetta
dello
Sport
»
,
«
Il
Paese
»
,
e
su
una
terza
striscia
di
carta
dipinta
a
mano
che
attraversava
di
sbieco
il
lato
opposto
si
leggesse
«
Le
avventure
di
Paperino
»
,
tutti
,
anche
i
ragazzini
,
sapevano
che
si
trattava
di
una
radio
trasmittente
mobile
della
polizia
capace
di
collegare
Trapani
a
Palermo
.
Cosa
che
tra
l
'
altro
era
dimostrata
con
evidenza
dall
'
antenna
molto
alta
che
non
si
poteva
certo
né
sopprimere
né
camuffare
.
Proprio
Giuliano
avrebbe
dovuto
farsi
ingannare
da
un
trucco
così
grossolano
?
E
allora
?
È
forse
possibile
rispondere
alle
domande
che
sono
state
poste
al
principio
del
discorso
?
Si
può
tentare
.
Per
un
buon
tratto
di
strada
cammineremo
su
un
terreno
sicuro
e
,
quando
usciremo
dalla
realtà
della
cronaca
per
riferire
le
congetture
che
molti
fanno
,
avvertiremo
onestamente
il
lettore
.
È
certo
che
non
si
manca
affatto
di
rispetto
al
colonnello
Luca
né
a
chi
sulla
scala
gerarchica
sta
più
in
alto
o
più
in
basso
di
lui
dicendo
che
la
relazione
ufficiale
sulla
morte
di
Salvatore
Giuliano
è
camuffata
,
reticente
su
certi
punti
,
su
altri
imprecisa
.
Poco
o
molto
,
tutti
i
rapporti
che
la
polizia
rende
noti
al
pubblico
devono
essere
necessariamente
così
.
Vi
sono
circostanze
che
non
possono
essere
rivelate
,
promesse
che
è
giusto
mantenere
,
uomini
che
bisogna
salvare
dalla
vendetta
.
Perfino
davanti
al
giudice
e
nei
casi
più
gravi
la
legge
concede
al
funzionario
di
polizia
il
diritto
di
tacere
la
verità
:
quando
gli
si
chiede
il
nome
del
confidente
,
di
chi
lo
ha
messo
sulle
tracce
,
lo
ha
aiutato
a
formulare
l
'
accusa
,
ad
arrestare
il
colpevole
.
Il
furgone
con
l
'
etichetta
«
Le
avventure
di
Paperino
»
non
ha
alcuna
parte
nel
dramma
.
Il
più
grande
aiuto
allo
sterminio
della
banda
di
Montelepre
e
del
suo
capo
è
venuto
dalla
mafia
,
ed
è
chiaro
che
ciò
non
significa
affatto
che
la
polizia
abbia
sollecitato
o
anche
incoraggiato
quell
'
aiuto
.
L
'
alleanza
tra
Giuliano
e
i
mafiosi
era
nata
naturalmente
al
principio
della
carriera
del
brigante
.
Turiddu
aveva
bisogno
dell
'
appoggio
dell
'
«
onorata
società
»
e
a
quegli
altri
era
comodo
speculare
sulla
paura
che
il
nome
del
brigante
incuteva
.
Ma
poi
i
capimafia
,
che
erano
stati
i
primi
esattori
della
banda
,
esagerarono
.
Imposero
riscatti
che
erano
cinque
volte
superiori
a
quelli
che
il
bandito
intendeva
richiedere
e
intascarono
la
differenza
.
Cominciarono
a
molestare
,
sempre
trincerandosi
dietro
quel
terribile
nome
,
alcuni
che
avevano
reso
grossi
servigi
a
Giuliano
e
che
ne
avevano
avuto
promesse
di
protezione
.
Il
contrasto
si
aggravò
al
punto
che
Turiddu
,
assieme
a
pochi
dei
suoi
uomini
,
tra
i
più
fedeli
,
scese
sulla
piazza
di
Partinico
e
in
pieno
giorno
vi
uccise
a
pistolettate
i
più
alti
capi
dell
'
associazione
criminosa
e
segreta
.
Le
vittime
non
avevano
però
un
grosso
prestigio
oltre
l
'
ambito
del
loro
paese
,
perché
oggi
non
esiste
più
una
mafia
unica
che
abbia
giurisdizione
su
tutta
l
'
isola
,
ma
tante
mafie
locali
autonome
e
spesso
nemiche
.
Forse
il
brigante
sperava
di
giocare
su
queste
rivalità
territoriali
e
in
parte
ci
riuscì
:
infatti
fu
condannato
a
morte
dalla
sola
mafia
di
Partinico
mentre
le
altre
sembrò
che
continuassero
ad
essergli
amiche
;
e
invece
era
soltanto
una
maniera
di
temporeggiare
aspettando
il
momento
opportuno
per
liberarsi
di
lui
.
Per
cinque
anni
i
rapporti
tra
le
due
forze
della
delinquenza
siciliana
seguirono
così
alterne
vicende
:
Giuliano
,
per
tenersi
buoni
quei
pericolosi
vicini
si
buttò
talvolta
in
imprese
rischiose
dalle
quali
non
avrebbe
potuto
trarre
un
utile
diretto
(
tra
le
altre
si
dice
l
'
eccidio
di
Portella
della
Ginestra
)
:
la
mafia
gli
guardò
le
spalle
,
lo
garantì
dalle
delazioni
.
Ma
è
difficile
che
due
galli
nello
stesso
pollaio
possano
vivere
uno
accanto
all
'
altro
senza
cavarsi
gli
occhi
.
L
'
equilibrio
era
mantenuto
soltanto
dalla
straordinaria
potenza
di
Giuliano
.
Il
giorno
che
questa
decadde
,
la
sentenza
di
Partinico
fu
omologata
e
sottoscritta
da
tutte
le
mafie
.
Si
ricordi
tra
l
'
altro
che
proprio
in
questi
giorni
si
sta
svolgendo
a
Viterbo
il
processo
per
l
'
eccidio
di
Portella
della
Ginestra
.
Si
voleva
prendere
Giuliano
,
ma
era
sempre
rischioso
mandargli
un
sicario
secondo
il
classico
sistema
.
Per
farlo
cadere
cominciarono
a
togliere
la
protezione
ai
suoi
rompendo
la
legge
dell
'
omertà
.
Imposero
che
quelli
della
banda
,
dovunque
fossero
,
dovessero
essere
segnalati
alla
polizia
.
Così
uno
a
uno
furono
arrestati
molti
dei
fuorilegge
,
i
più
sicuri
scherani
della
banda
di
Montelepre
.
Quasi
sempre
chi
si
lasciava
scappare
una
preziosa
confidenza
non
era
un
affiliato
alla
mafia
,
ma
era
stato
costretto
dalla
mafia
a
ingoiare
la
paura
e
farsi
delatore
.
Il
27
giugno
scorso
,
poco
prima
di
mezzogiorno
,
un
carrettiere
mafioso
che
percorreva
la
provinciale
per
Trapani
con
un
carico
di
pomodori
,
giunto
in
località
Lo
Zucco
,
a
pochi
chilometri
da
Partinico
,
vide
sbucare
da
un
cespuglio
due
uomini
che
gli
mossero
incontro
e
gli
intimarono
di
fermarsi
.
Erano
Frank
Mannino
e
Nunzio
Badalamenti
,
l
'
amministratore
e
il
più
spietato
sicario
della
banda
Giuliano
,
che
ormai
poteva
disporre
di
non
più
di
sette
od
otto
gregari
.
I
tre
si
conoscevano
da
molto
tempo
,
perché
il
carrettiere
aveva
avuto
modo
in
passato
di
rendere
qualche
buon
servigio
ai
briganti
.
Mannino
e
Badalamenti
erano
usciti
dal
nascondiglio
avendo
appunto
ravvisato
in
lui
un
amico
.
Domandarono
:
«
Va
verso
Castelvetrano
vossìa
?
»
.
L
'
uomo
rispose
di
sì
.
I
briganti
gli
chiesero
allora
di
nasconderli
sul
carro
e
di
portarli
fino
alle
porte
del
paese
.
Così
furono
vuotate
due
ceste
(
quelle
che
si
usano
in
Sicilia
per
il
trasporto
dei
pomodori
sono
molto
grandi
,
a
tronco
dicono
,
alte
un
metro
e
cinquanta
,
e
larghe
alla
sommità
quasi
altrettanto
)
.
I
banditi
vi
si
accovacciarono
dentro
e
furono
coperti
coi
pomodori
.
Là
sotto
è
chiaro
che
riuscivano
a
respirare
ma
non
potevano
certo
vedere
.
E
di
lì
a
poco
,
quando
sentirono
il
cavallo
fermarsi
;
accettarono
per
vere
le
rassicuranti
spiegazioni
del
carrettiere
.
Il
veicolo
invece
sì
trovava
in
quel
momento
davanti
alla
caserma
dei
carabinieri
di
Alcamo
e
non
è
necessario
dire
come
finisse
la
storia
.
La
polizia
tenne
segreto
l
'
accaduto
,
Giuliano
non
seppe
che
altri
due
dei
suoi
uomini
erano
caduti
in
trappola
.
Ora
bisognerà
passare
sul
terreno
delle
congetture
.
Mannino
e
Badalamenti
andavano
a
Castelvetrano
.
A
fare
che
cosa
?
Conoscendo
l
'
epilogo
di
questa
storia
è
facile
arguire
che
ci
andassero
convocati
dal
loro
capo
e
quindi
che
sapessero
dove
questi
si
teneva
nascosto
.
In
carcere
possono
essere
stati
indotti
a
cantare
.
Uno
dei
due
(
Mannino
?
)
può
essersi
lasciato
convincere
a
tradire
il
suo
capo
,
a
consegnarlo
vivo
o
morto
.
Ecco
chi
era
il
compagno
di
Giuliano
la
notte
del
5
luglio
,
e
che
si
sia
parlato
di
quella
sua
misteriosa
scomparsa
subito
dopo
l
'
avvistamento
della
pattuglia
è
cosa
ovvia
.
Può
darsi
invece
che
la
verità
sia
un
'
altra
.
Il
traditore
non
si
sarebbe
affatto
allontanato
dal
suo
capo
,
ma
gli
sarebbe
stato
al
fianco
facendogli
da
guida
.
Lo
ha
portato
in
trappola
nel
luogo
prestabilito
,
dove
i
carabinieri
lo
attendevano
in
agguato
.
Giunti
i
due
sulla
soglia
del
cortile
la
situazione
si
faceva
oltremodo
difficile
e
pericolosa
:
se
la
guida
continuava
a
stare
vicina
al
capo
,
c
'
era
modo
di
finire
sotto
le
pallottole
degli
agenti
;
se
proprio
in
quel
momento
tentava
di
sganciarsi
da
lui
,
c
'
era
caso
che
,
intuendo
il
tradimento
,
Giuliano
facesse
fuoco
su
di
lui
.
Il
modo
migliore
di
cavarsela
per
un
'
anima
perversa
era
di
sparare
a
bruciapelo
sulla
pistola
del
capo
.
Ecco
così
spiegata
la
sequenza
dei
colpi
,
le
ferite
più
grosse
,
slabbrate
,
al
fianco
,
l
'
ombra
che
esce
di
corsa
dal
cortile
e
si
avvia
verso
la
campagna
,
dove
l
'
attende
un
'
auto
della
polizia
,
è
comprensibile
la
sua
fretta
di
tornare
in
carcere
.
Ma
la
grossa
macchia
di
sangue
sulla
schiena
,
la
tumefazione
di
alcune
ferite
e
la
freschezza
di
altre
,
l
'
essere
Giuliano
in
maglietta
senza
denaro
e
senza
orologio
sono
circostanze
che
non
si
spiegano
affatto
con
questa
storia
.
Allora
facciamo
un
passo
più
in
là
e
ascoltiamo
le
congetture
di
qualcuno
a
cui
non
piace
di
mettere
il
morso
alla
propria
fantasia
.
Mannino
o
Badalamenti
,
o
chiunque
sia
stato
il
traditore
,
entrò
nella
camera
dov
'
era
nascosto
Salvatore
Giuliano
,
ma
gli
mancò
il
coraggio
di
svegliarlo
e
di
condurlo
fuori
.
Preferì
sparargli
a
bruciapelo
nel
sonno
.
Poi
,
si
sa
:
a
nessuno
poteva
far
piacere
che
si
venisse
a
conoscere
un
così
brutto
episodio
.
Forse
anche
colui
che
ospitava
il
brigante
era
a
parte
del
primitivo
progetto
,
aveva
aderito
a
facilitare
la
cattura
e
non
si
poteva
ripagarlo
lasciandogli
in
casa
il
cadavere
(
quel
cadavere
)
fino
al
momento
in
cui
sarebbero
venuti
il
giudice
,
i
fotografi
,
i
becchini
.
Allora
lo
portarono
nel
cortile
di
via
Mannone
.
Spararono
.
Il
capitano
andò
a
bussare
alla
porta
e
gridò
che
gli
portassero
dell
'
acqua
per
un
ferito
perché
tutti
sentissero
che
Giuliano
non
era
morto
ancora
.
Queste
storie
si
sentono
raccontare
ad
ogni
ora
del
giorno
e
della
notte
per
le
strade
della
Sicilia
.
È
difficile
accertarle
.
Però
uno
che
sia
stato
sul
luogo
,
che
si
sia
chinato
a
guardare
il
corpo
di
Salvatore
Giuliano
steso
bocconi
in
mezzo
al
cortile
,
che
abbia
chiacchierato
un
poco
con
la
gente
di
via
Mannone
,
è
costretto
,
di
tanto
in
tanto
,
a
pensarci
.
CALMA! ( FREZZAN FEDERICO , 1941 )
StampaPeriodica ,
Calma
,
signori
d
'
oltre
Atlantico
.
Le
vostre
operazioni
,
in
Africa
Settentrionale
francese
,
non
sono
state
per
noi
quella
sorpresa
che
vi
aspettavate
.
La
nostra
logica
e
la
nostra
abitudine
a
considerare
gli
avvenimenti
di
guerra
con
la
massima
obiettività
,
già
,
da
mesi
,
avevano
previsto
questa
vostra
intenzione
di
allora
.
Ma
tralasciando
queste
considerazioni
torniamo
pure
all
'
esame
delle
operazioni
in
Africa
Settentrionale
.
Il
loro
piano
ha
obbligato
gli
anglo
-
americani
ad
una
dispersione
delle
forze
,
inducendoli
a
sbarcare
in
numerosi
porti
,
dal
Marocco
ad
Algeri
.
Vedremo
per
chi
giuocherà
il
proverbio
"
chi
la
dura
la
vince
.
"
Se
gli
inglesi
hanno
sempre
basato
il
predominio
sul
mondo
sulla
possibilità
di
durare
,
noi
non
ne
siamo
nuovi
,
perché
,
da
due
millenni
,
abbiamo
ereditato
lo
spirito
di
non
disperare
mai
della
fortuna
della
Patria
.
Per
tornare
all
'
Africa
Settentrionale
diremo
:
-
che
il
nemico
ha
proceduto
alle
operazioni
in
corso
prevedendo
la
nostra
insufficiente
capacità
a
reagire
;
-
che
il
nemico
non
aveva
le
forze
sufficienti
per
sviluppare
tutto
il
suo
piano
,
altrimenti
si
sarebbe
diretto
su
Biserta
e
Tunisi
;
-
che
le
operazioni
sarebbero
state
iniziate
nella
primavera
ventura
,
se
la
Russia
non
avesse
insistito
nella
creazione
del
secondo
fronte
.
Il
viaggio
del
Premier
inglese
alla
capitale
russa
ha
voluto
significare
un
rabbonimento
della
Tigre
rossa
,
e
concretare
quel
simultaneo
piano
operativo
,
che
avrebbe
dovuto
far
passare
nelle
loro
mani
la
iniziativa
.
Ma
un
piano
come
quello
attualmente
in
esecuzione
,
avrebbe
dovuto
dare
già
i
suoi
frutti
,
quelli
che
avrebbe
dovuto
inequivocabilmente
segnare
il
punto
di
partenza
.
Per
noi
invece
rappresenta
:
-
in
Africa
Settentrionale
:
operazioni
di
schieramento
da
parte
nemica
;
-
sul
fronte
est
:
operazioni
di
resistenza
al
piano
russo
.
Immaginiamo
che
la
guerra
sia
incominciata
ora
,
e
vedremo
che
la
nostra
occupazione
di
Biserta
e
Tunisi
rappresenta
un
vantaggio
operativo
,
sul
quale
si
svilupperà
il
nostro
piano
.
StampaPeriodica ,
DAK
TO
(
Vietnam
)
,
gennaio
«
QUANDO
morirò
andrò
in
Paradiso
perché
su
questa
terra
ho
vissuto
all
'
Inferno
.
Vietnam
,
1967»
.
«
Ho
dormito
sotto
Joe
.
Era
morto
e
faceva
caldo
.
Dammi
una
sigaretta
.
Hai
mai
dormito
sotto
un
morto
che
faceva
caldo
?
»
.
«
Signora
,
lei
crede
che
ce
la
farò
?
A
volte
ho
paura
di
no
.
E
prego
,
sa
,
non
faccio
che
pregare
.
Prego
anche
quando
non
ho
tempo
,
per
esempio
quando
vado
all
'
assalto
.
Dico
alla
svelta
:
Dio
,
non
farmi
morire
»
.
«
Dio
,
che
cosa
schifosa
è
la
guerra
.
Dev
'
esserci
qualcosa
di
sbagliato
nel
cervello
di
quelli
che
si
divertono
a
fare
la
guerra
,
che
la
trovano
gloriosa
o
eccitante
.
Non
c
'
è
nulla
di
glorioso
,
nulla
di
eccitante
,
è
una
sporca
tragedia
»
.
«
Io
non
voglio
essere
ricco
,
non
voglio
essere
eroe
.
Io
voglio
vivere
e
basta
.
La
vita
è
bella
,
sai
,
bella
.
Ora
lo
so
che
la
vita
è
bella
,
prima
non
lo
sapevo
.
Credi
che
morirò
?
»
.
«
Non
voglio
tornare
in
battaglia
.
Sono
così
giovane
e
ho
tanto
tempo
da
vivere
,
e
non
si
viene
al
mondo
per
morire
a
venti
anni
alla
guerra
.
Si
viene
al
mondo
per
morire
in
un
letto
,
quando
si
è
vecchi
»
.
«
E
poi
ammazzai
un
uomo
.
Era
un
piccolo
viet
.
Correva
,
correva
,
e
gli
sparavano
tutti
.
Sembrava
d
'
essere
al
tirassegno
di
un
luna
park
.
Gli
ho
sparato
io
ed
è
caduto
.
Ma
è
stato
come
sparare
ad
un
albero
.
Non
ho
sentito
nulla
,
sai
,
nulla
»
.
«
Signora
,
è
vero
che
è
così
brutto
lassù
?
»
.
«
Ma
no
,
soldato
,
ma
no
.
Oggi
è
quieto
,
vedrai
»
.
«
Lasciatemi
in
pace
.
Non
m
'
importa
di
nulla
,
non
m
'
importa
nemmeno
di
morire
»
.
Poi
è
arrivato
un
razzo
.
E
di
lui
è
rimasta
soltanto
una
scarpa
.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Lunedì
mattina
.
La
tragedia
incomincia
con
la
paura
.
E
la
paura
incomincia
appena
Sali
sul
cargo
militare
che
ti
conduce
alla
zona
del
fuoco
insieme
ai
soldati
che
tacciono
in
un
rassegnato
silenzio
.
Ieri
un
cargo
come
questo
è
precipitato
,
sembra
per
un
sabotaggio
,
e
nessuno
ha
fatto
in
tempo
a
usare
i
paracadute
con
cui
dovremo
buttarci
se
saremo
colpiti
.
Del
resto
,
il
paracadute
a
che
serve
?
Mentre
cali
a
terra
ti
sparano
,
voliamo
su
una
regione
che
pullula
di
vietcong
.
Fa
caldo
,
sudi
.
Anche
perché
il
soldato
accanto
ti
fissa
da
almeno
mezz
'
ora
scuotendo
la
testa
e
poi
,
cercando
di
superare
il
rombo
dei
motori
,
ti
grida
:
«
Sei
giornalista
?
»
.
«
Sì
»
.
«
E
il
lungo
con
te
è
un
fotografo
?
»
.
«
Sì
»
.
«
Andate
a
Dak
To
?
»
.
«
Sì
»
.
«
Idioti
,
chi
ve
lo
fa
fare
?
»
.
Te
lo
chiedi
anche
tu
,
all
'
improvviso
.
Hai
superato
tanti
ostacoli
per
arrivare
fin
qui
,
visti
permessi
burocrazie
,
e
all
'
improvviso
vorresti
essere
mille
miglia
lontano
dove
la
guerra
è
solo
una
parola
,
una
fotografia
sul
giornale
,
una
immagine
alla
televisione
.
Provi
a
scherzare
,
la
voce
ti
suona
falsa
:
«
Moroldo
,
ci
pensi
alla
faccia
dell
'
ambasciatore
quando
gli
consegnano
i
nostri
cadaveri
?
»
.
Per
raggiungere
Dak
To
abbiamo
firmato
un
foglio
con
cui
sdebitiamo
le
Forze
armate
e
il
governo
degli
Stati
Uniti
della
nostra
possibile
morte
,
e
in
fondo
al
foglio
c
'
era
questa
domanda
:
«
A
chi
dovrà
essere
consegnato
il
nostro
cadavere
?
»
.
Presi
alla
sprovvista
abbiamo
scritto
:
«
Ambasciata
italiana
a
Saigon
»
.
Moroldo
brontola
che
lo
disturba
solo
un
particolare
:
l
'
intera
faccenda
è
avvenuta
di
venerdì
17
.
Anche
le
uniformi
le
abbiamo
prese
di
venerdì
17
,
ma
bando
alle
spiritosaggini
:
in
poco
più
di
due
anni
sono
morti
dieci
giornalisti
in
Vietnam
.
Ricordiamoli
,
non
lo
fa
mai
nessuno
.
Maggio
1965
,
Pieter
Ronald
Van
Thiel
:
ucciso
dai
vietcong
a
sud
di
Saigon
.
Giugno
1966
,
Jerry
Rose
:
precipitato
con
l
'
aereo
colpito
da
una
cannonata
a
Quang
Ngai
.
Ottobre
1966
,
Bernard
Kolenberg
:
precipitato
con
un
caccia
sulla
zona
demilitarizzata
.
Ottobre
1966
,
Huynh
Than
My
:
ucciso
in
battaglia
a
Can
Tho
.
Novembre
1966
,
Dickie
Chapelle
:
saltata
su
una
mina
a
sud
di
Danang
.
Novembre
1966
,
Charlie
Chellapah
:
disintegrato
da
un
mortaio
a
Cu
Chi
.
Dicembre
1966
,
Sam
Castan
:
ucciso
in
combattimento
nelle
pianure
centrali
.
Febbraio
1967
,
Bernard
Fall
:
sventrato
da
una
mina
nella
foresta
di
Hue
.
Marzo
1967
,
Ronald
Gallagher
:
ucciso
per
errore
dall
'
artiglieria
americana
nei
pressi
di
Saigon
.
Maggio
1967
,
Felipa
Schuler
:
mitragliata
sull
'
elicottero
che
la
portava
a
Danang
.
Di
feriti
,
quest
'
anno
,
ce
ne
sono
stati
una
trentina
.
Ieri
a
Saigon
ho
conosciuto
Cathrine
Leroy
,
fotografa
francese
.
Ha
ventitré
anni
,
il
braccio
destro
,
la
gamba
destra
,
la
parte
destra
del
volto
coperti
di
cicatrici
,
e
cammina
zoppa
.
Lo
scorso
maggio
,
durante
un
combattimento
al
17°
parallelo
,
le
scoppiò
accanto
un
colpo
di
mortaio
.
È
stata
tre
mesi
in
ospedale
,
dal
corpo
le
hanno
tolto
diciotto
schegge
,
ma
al
piede
la
ferita
continua
a
riaprirsi
,
riaprirsi
,
e
i
medici
non
sanno
più
cosa
fare
.
Le
ho
chiesto
:
«
Perché
non
torni
a
casa
,
Catherine
?
»
.
Ha
sorriso
senza
rispondermi
.
Che
strani
tipi
questi
miei
colleghi
in
Vietnam
.
Alcuni
sono
fior
di
giornalisti
e
potrebbero
stare
a
Londra
o
a
Parigi
:
invece
bestemmiano
e
rimangono
qui
.
Altri
reporter
improvvisati
,
nessuno
li
voleva
mandare
:
ma
hanno
supplicato
o
sono
venuti
da
sé
,
a
loro
spese
.
Cosa
cercano
,
dimmi
.
Uno
scopo
che
non
avevano
prima
?
Un
brivido
che
li
scuota
dalla
noia
?
Una
pallottola
che
risolva
un
loro
dolore
?
Un
'
imitazione
di
Hemingway
?
Ho
tentato
un
'
indagine
,
uno
ha
risposto
:
«
Voglio
dimostrare
a
mio
padre
di
non
essere
il
cretino
che
dice
»
.
Un
altro
ha
risposto
:
«
Mia
moglie
ha
divorziato
»
.
Un
altro
ha
risposto
:
«
È
eccitante
e
,
se
fai
la
foto
giusta
,
sei
a
posto
per
sempre
»
.
Quasi
nessuno
m
'
ha
data
la
sola
ragione
che
a
me
sembra
valida
:
«
Sono
qui
per
capire
»
.
Io
sono
qui
per
capire
,
per
sapere
cosa
pensa
un
uomo
che
ammazza
un
altro
uomo
che
a
sua
volta
lo
ammazza
:
senza
conoscerlo
.
Sono
qui
per
provare
qualcosa
a
cui
credo
:
che
la
guerra
è
inutile
e
sciocca
,
la
più
bestiale
prova
di
idiozia
della
razza
terrestre
.
Sono
qui
per
spiegare
quanto
è
ipocrita
il
mondo
quando
si
esalta
su
un
siero
che
curerà
il
cancro
,
o
sull
'
operazione
chirurgica
che
sostituisce
un
cuore
con
un
altro
cuore
:
mentre
migliaia
di
creature
giovani
e
sane
,
senza
cancro
,
col
cuore
a
posto
,
vanno
a
morire
come
animali
,
vacche
al
macello
.
C
'
è
la
guerra
da
tre
anni
in
Vietnam
e
la
gente
che
piange
su
Washkansky
dice
:
«
Uh
,
che
noia
»
.
Ci
si
massacra
da
venti
giorni
a
Dak
To
è
un
villaggio
situato
a
dieci
miglia
dal
confine
col
Laos
e
la
Cambogia
,
proprio
dove
sbocca
la
Pista
O
Ci
-
min
:
vale
a
dire
la
strada
da
cui
arrivano
i
rifornimenti
di
Hanoi
alle
formazioni
vietcong
e
alle
truppe
nordvietnamite
infiltrate
nel
Sud
.
Verso
la
fine
di
ottobre
a
Dak
To
c
'
era
un
solo
battaglione
di
americani
con
una
base
aerea
,
minuscola
.
Poi
un
disertore
nordvietnamita
rivelò
che
i
suoi
compagni
erano
riusciti
ad
ammassare
sulle
colline
intorno
a
Dak
To
ben
settemila
soldati
e
con
questi
si
accingevano
a
sferrare
l
'
attacco
.
Il
generale
Westmoreland
reagì
concentrando
diecimila
fra
paracadutisti
e
soldati
,
il
1°
novembre
ebbe
inizio
la
più
sanguinosa
battaglia
combattuta
fin
oggi
in
Vietnam
.
A
Saigon
si
dice
:
«
O
gli
americani
vincono
entro
sette
giorni
o
Dak
To
diviene
la
loro
Diem
Bien
Phu
»
.
Non
è
facile
obbedire
al
consiglio
che
un
amico
della
France
Presse
,
François
Pelou
,
mi
ha
lascito
in
albergo
con
un
bigliettino
:
«
N
'
aie
pas
peur
»
.
I
viet
sono
come
gli
Apaches
e
i
Cheyennes
Lunedì
pomeriggio
.
Invece
è
facile
.
La
paura
ti
passa
,
di
colpo
,
con
la
paura
degli
altri
.
L
'
elicottero
su
cui
siamo
saliti
alla
base
di
Pleiku
,
ultima
tappa
prima
di
Dak
To
,
ha
posto
per
quattro
persone
oltre
i
due
piloti
e
i
due
mitraglieri
.
Uno
dei
quattro
è
un
telecronista
appena
giunto
da
New
York
.
Il
suo
viso
ha
il
colore
del
gesso
,
il
suo
corpo
è
scosso
da
un
tremito
convulso
,
e
tutte
le
sue
dieci
dita
sono
ficcate
dentro
la
bocca
dove
tutti
i
suoi
trentadue
denti
le
mordono
furiosamente
.
Dopo
pochi
minuti
si
alza
,
batte
alle
spalle
di
un
pilota
,
lo
scongiura
invano
di
tornare
indietro
,
e
provi
tanta
vergogna
per
lui
che
di
colpo
sei
un
'
altra
persona
.
Tranquilla
,
lucida
,
con
ogni
tuo
nervo
pronto
a
scattare
per
salvarti
la
pelle
.
Puoi
perfino
osservare
con
curiosità
le
colline
a
sinistra
da
cui
si
alzano
fumate
nere
,
il
napalm
che
gli
americani
sganciano
sui
nordvietnamiti
lanciano
sugli
americani
:
ben
consapevole
che
ci
stai
passando
nel
mezzo
,
come
sotto
un
arcobaleno
,
sorvolando
la
giungla
dove
sono
nascosti
i
vietcong
i
quali
mirano
dritto
alle
pale
dell
'
elicottero
.
Puoi
perfino
capire
perché
questa
guerra
è
una
guerra
diversa
da
ogni
altra
guerra
che
hai
studiato
a
scuola
,
e
perché
dicono
che
non
ha
un
fronte
preciso
,
che
il
fronte
è
ovunque
.
Il
mitragliere
dietro
di
te
s
'
è
abbassato
sulla
mitraglia
e
spara
raffiche
contro
una
macchia
da
cui
è
partito
un
colpo
appena
avvertito
.
Sembra
il
personaggio
di
un
western
dove
i
bianchi
sparano
dal
vagone
agli
indiani
.
Anche
allora
i
bianchi
tenevano
in
pugno
un
paese
di
cui
possedevano
solo
qualche
fortino
,
e
per
andare
da
fortino
a
fortino
bisognava
ammazzare
o
venire
ammazzati
.
Sostituisci
alla
parola
fortino
la
parola
base
aerea
,
alla
parola
indiani
la
parola
vietcong
,
alla
parole
vagone
la
parola
elicottero
:
ed
ecco
il
Vietnam
.
Ecco
il
nostro
viaggio
a
Dak
To
,
con
quel
poverino
che
geme
.
Siamo
a
Dak
To
.
Un
campo
militare
con
una
pista
nel
mezzo
,
bucata
dai
mortai
di
stanotte
.
Decine
di
elicotteri
e
aerei
che
decollano
o
atterrano
in
una
tempesta
di
polvere
rossa
,
un
fragore
che
spacca
gli
orecchi
.
Centinaia
di
camion
e
di
jeep
che
trasportan
soldati
dalla
barba
lunga
e
lo
sguardo
stanco
.
Postazioni
di
artiglieria
che
vomitano
cannonate
ogni
trenta
secondi
facendo
tremare
la
terra
e
il
tuo
stomaco
.
Eppure
come
doveva
essere
bello
il
Vietnam
quando
non
c
'
era
la
guerra
.
I
monti
dove
ora
si
muore
son
blocchi
di
giada
e
smeraldo
,
il
cielo
dove
ora
schizzan
bombe
è
una
cappa
color
fiordaliso
,
e
il
fiume
che
ora
serve
a
spegnere
gli
incendi
ha
un
'
acqua
così
limpida
,
fresca
.
Come
doveva
essere
facile
sentirsi
felici
quaggiù
,
andando
a
pescare
sulle
rive
,
a
passeggiare
nei
boschi
.
Poi
un
tenente
ci
viene
incontro
e
ci
offre
una
rivoltella
ciascuno
.
«
Badate
,
ve
la
consiglio
,
quasi
tutti
i
corrispondenti
ce
l
'
hanno
,
chiunque
porti
l
'
uniforme
è
un
bersaglio
:
i
nordvietnamiti
non
fanno
prigionieri
.
Se
dovete
crepare
,
tanto
vale
che
vendiate
cara
la
vostra
pelle
»
.
E
sembra
molto
sorpreso
,
anzi
offeso
,
quando
gli
rispondiamo
«
no
,
grazie
»
.
Povero
tenente
.
Ha
due
baffi
cretini
su
un
muso
di
topo
,
e
un
elmetto
che
sembra
nato
con
lui
.
Infatti
non
lo
vedremo
mai
senza
e
un
giorno
gli
chiederò
se
ci
dorme
.
È
addetto
alla
stampa
,
nella
tasca
dei
pantaloni
tiene
una
scatola
di
fotocolor
che
mostra
ad
ogni
nuovo
arrivato
:
la
sua
fidanzata
in
camicia
da
notte
e
senza
camicia
da
notte
.
La
mostra
anche
a
me
,
è
una
bionda
cicciuta
con
due
grossi
seni
,
mi
spiega
che
la
fotografò
durante
una
licenza
a
Honolulu
.
Parlando
ci
conduce
alla
tenda
dei
giornalisti
ma
prima
di
entrarci
faccio
in
tempo
a
vedere
due
MP
che
trascinano
un
soldatino
giallo
in
uniforme
kaki
.
Cammina
perché
lo
sostengono
,
ha
i
piedi
scalzi
,
la
bocca
aperta
e
le
palpebre
chiuse
.
Ha
sì
o
no
diciott
'
anni
,
lo
hanno
prese
stamani
sulla
collina
1383
,
era
svenuto
di
fame
e
di
sete
.
«
Dove
lo
portano
»
,
chiedo
,
«
all
'
infermeria
?
»
.
«
No
,
no
»
,
spiega
il
tenente
,
«
lo
portano
all
'
interrogatorio
e
poi
ad
incidere
un
disco
da
trasmettere
con
l
'
altoparlante
sulle
colline
.
»
«
E
cosa
inciderà
su
quel
disco
?
»
.
«
Inviterà
i
suoi
compagni
ad
arrendersi
»
.
«
E
se
lui
non
vuol
farlo
?
»
.
«
Oh
,
lo
farà
,
lo
farà
»
.
Il
prigioniero
inciampa
,
gli
MP
lo
sollevano
,
e
per
un
attimo
i
suoi
piedini
nudi
pendono
giù
grotteschi
.
Forse
fu
lui
a
ordinare
la
giacca
ricamata
che
vidi
da
un
sarto
a
Saigon
.
Il
ricamo
diceva
:
«
Quando
morirò
andrò
in
Paradiso
perché
su
questa
terra
sono
vissuto
all
'
Inferno
.
Vietnam
1967»
.
Però
era
una
giacca
americana
.
E
le
parole
ricamate
,
in
inglese
.
Dieci
piloti
partono
ne
ritornano
due
Lunedì
notte
.
La
sensazione
che
hai
in
questo
campo
è
d
'
essere
chiuso
in
un
pozzo
,
cioè
in
trappola
.
Le
colline
dei
nordvietnamiti
ti
circondano
proprio
a
raggiera
e
solo
tre
sono
in
mano
degli
americani
:
la
1383
,
la
1124
e
la
1089
.
Notte
e
giorno
sei
esposto
al
fuoco
dei
mortai
,
dei
razzi
,
questo
buco
a
trenta
centimetri
dalla
vostra
tenda
lo
ha
fatto
stamani
un
mortaio
.
Veniva
dalla
collina
875
,
quella
che
non
riescono
a
prendere
:
la
notte
scorsa
173°
Airborn
aveva
l
'
ordine
di
arrivarci
in
cima
a
ogni
costo
ma
l
'
attacco
è
fallito
.
Ho
parlato
col
pilota
di
un
elicottero
,
quasi
piangeva
.
M
'
ha
raccontato
che
gli
uomini
sono
ammassati
in
un
perimetro
angusto
da
cui
non
possono
andare
né
avanti
né
indietro
:
i
nordvietnamiti
li
circondano
da
tutte
le
parti
,
sono
dietro
a
ogni
albero
.
In
quel
mucchio
di
carne
umana
vi
sono
almeno
cento
morti
e
altrettanti
feriti
,
nel
buio
gridano
supplicando
acqua
e
morfina
.
Il
sole
decompone
i
cadaveri
,
molti
feriti
muoiono
dissanguati
;
evacuarli
è
impossibile
.
Dieci
elicotteri
ci
hanno
provato
,
otto
sono
stati
abbattuti
,
questo
pilota
è
uno
dei
due
che
sono
riusciti
a
tornare
.
«
Capisce
,
non
ci
si
muove
che
con
gli
elicotteri
in
questa
giungla
maledetta
.
Il
terreno
è
troppo
ripido
,
pieno
di
bambù
e
di
liane
,
per
far
cento
metri
ci
si
mette
due
ore
,
e
i
nordvietnamiti
vi
si
muovono
invece
come
gatti
»
.
«
E
i
sudvietnamiti
dove
sono
?
»
.
«
Non
ci
sono
.
Chi
li
ha
mai
visti
?
Siamo
tutti
americani
a
Dak
To
»
.
I
soldati
al
campo
hanno
un
'
aria
cupa
,
arrabbiata
.
Mi
sono
affacciata
a
una
tenda
e
un
portoricano
gridava
:
«
Questo
lo
zio
Sam
non
ce
lo
aveva
detto
.
Devi
combattere
il
comunismo
non
lo
so
,
e
non
me
ne
frega
un
corno
dei
dannatissimi
vietnamiti
.
Se
lo
combattano
da
sé
il
comunismo
,
non
c
'
è
neanche
un
sudista
qui
fra
noi
.
Sì
,
aveva
ragione
mio
padre
quando
si
arrabbiò
perché
andai
volontario
.
Mio
padre
è
un
operaio
e
sai
che
ti
dico
?
Sono
sempre
i
figli
degli
operai
che
vanno
a
morire
alla
guerra
»
.
Gli
è
saltato
addosso
il
caporale
e
ha
urlato
:
«
Hector
,
chiudi
il
becco
!
»
.
Ma
Hector
ha
continuato
a
sfogarsi
e
io
sono
uscita
.
Ero
alla
mensa
quando
è
suonato
l
'
allarme
.
È
suonato
quando
i
primi
colpi
di
mortaio
erano
già
caduti
sul
ponte
e
sulla
pista
.
Sono
scappati
tutti
rovesciando
i
vassoi
,
i
bicchieri
di
tè
,
e
sono
scappata
anch
'
io
,
con
Moroldo
,
ma
era
molto
buio
e
il
bunker
non
si
vedeva
.
Si
vedevano
solo
sagome
nere
che
correvano
dandosi
spintoni
e
ripetendo
:
«
I
mortai
,
i
mortai
»
.
A
ciascuno
chiedevo
:
«
Il
bunker
,
dov
'
è
il
bunker
»
,
ma
nessuno
mi
rispondeva
.
Si
diventa
egoisti
alla
guerra
.
L
'
artiglieria
intanto
s
'
era
scatenata
con
lancio
di
razzi
,
il
cielo
bruciava
fiamme
rosse
in
fuga
verso
le
colline
,
non
distinguevi
più
tra
i
colpi
in
arrivo
e
i
colpi
in
partenza
,
d
'
un
tratto
una
mano
ha
afferrato
il
mio
polso
e
una
voce
ha
detto
:
«
Viens
avec
moi
»
.
Era
François
Mazure
,
un
collega
francese
,
con
lui
e
Moroldo
mi
son
tuffata
in
un
bunker
pieno
di
soldati
cadendoci
a
capofitto
.
Siamo
rimasti
un
'
oretta
nel
bunker
,
i
soldati
ogni
tanto
accendevano
un
fiammifero
sotto
la
mia
faccia
per
vedere
se
fossi
davvero
una
donna
.
I
loro
discorsi
erano
interessanti
:
parlavano
esclusivamente
di
quelli
che
sono
riusciti
a
evitare
il
Vietnam
.
Quando
l
'
allarme
è
cessato
ci
hanno
detto
che
il
ponte
era
quasi
distrutto
e
che
si
temeva
un
contrattacco
sulla
collina
1383
.
Domattina
ci
andremo
,
intanto
cerchiamo
di
dormire
.
Di
giorno
fa
caldo
,
di
notte
fa
freddo
,
ma
il
peggio
è
che
le
brande
sono
tutte
occupate
e
bisogna
dormire
per
terra
.
Qualcuno
mi
ha
dato
il
suo
sacco
a
pelo
ma
per
terra
i
colpi
di
cannone
ritornano
come
legnate
sul
ventre
.
Nel
sonno
sento
Moroldo
che
brontola
:
«
E
spara
e
spara
e
spara
.
Ma
quanto
costa
ogni
colpo
?
Mezzo
milione
?
Un
milione
?
Come
sono
ricchi
gli
americani
.
Io
,
la
guerra
agli
americani
,
non
gliela
farò
mai
»
.
Una
bomba
da
300
chili
ha
fatto
un
massacro
Martedì
mattina
.
Si
chiama
Pip
,
ha
ventitré
anni
,
un
volto
buono
e
arguto
,
un
fucile
,
una
Leica
e
un
blocco
di
carta
col
lapis
.
È
addetto
al
servizio
informazioni
della
Quarta
divisione
fanteria
e
sarà
lui
a
portarci
sulla
collina
1383
.
Gli
andiamo
incontro
ridendo
,
ci
siamo
svegliati
contenti
,
com
'
è
bello
essere
vivi
.
Se
imparassimo
a
esser
contenti
per
il
semplice
fatto
d
'
essere
vivi
.
Capiremmo
perfino
il
piacere
di
lavarsi
la
faccia
con
un
bicchiere
d
'
acqua
,
l
'
altro
bicchiere
è
pei
denti
,
e
pazienza
se
nell
'
uniforme
ci
hai
dormito
e
sudato
,
se
il
sacco
a
pelo
puzzava
,
se
trovare
un
gabinetto
è
un
regalo
.
Il
generale
Peers
m
'
ha
offerto
l
'
uso
del
suo
gabinetto
che
è
una
scatola
di
legno
su
cui
è
scritto
"
Privato
"
,
ma
tutte
le
volte
che
provi
ad
andarci
c
'
è
lui
.
Al
terzo
tentativo
l
'
ho
sorpreso
sotto
la
doccia
che
si
insaponava
.
«
Oh
!
»
,
ha
esclamato
arrossendo
e
non
si
capiva
a
guardarlo
perché
tutti
ne
abbiano
tanta
paura
.
Così
nudo
e
indifeso
non
sembrava
davvero
il
demonio
che
nell
'
ultima
guerra
mondiale
terrorizzava
i
giapponesi
della
Birmania
,
ancor
meno
sembrava
il
grande
stratega
che
da
venti
giorni
manda
i
ragazzi
a
morire
e
ogni
sera
ripete
:
«
Stanotte
la
collina
875
sarà
nelle
nostre
mani
»
.
Uscendo
senza
scarpe
scansava
i
sassolini
come
fossero
spilli
.
L
'
ho
raccontato
a
Pip
che
continuava
a
ripetere
:
«
Devi
dirlo
al
capitano
Scher
!
»
.
Il
capitano
Scher
è
colui
che
ha
conquistato
le
tre
colline
e
Pip
sostiene
che
se
la
875
fosse
toccata
a
lui
non
sarebbe
successo
quello
che
è
successo
.
Sulla
875
la
situazione
sta
facendosi
ancora
più
tragica
.
Stamani
i
Phantom
bombardavano
i
bunker
dei
nordvietnamiti
,
uno
ha
sganciato
troppo
presto
una
bomba
e
anziché
sui
nordvietnamiti
le
bomba
è
caduta
sul
perimetro
degli
americani
.
Era
una
bomba
da
trecento
chili
,
ha
fatto
un
massacro
.
Be
'
,
per
dirmi
questo
Pip
ha
indugiato
un
po
'
troppo
e
l
'
elicottero
su
cui
dovevamo
salire
è
partito
.
Dobbiamo
attenderne
un
altro
e
,
quando
arriverà
,
ci
diranno
:
«
Chi
di
voi
tre
porta
bene
?
L
'
elicottero
che
avete
perduto
è
partecipato
per
una
raffica
di
mitra
a
palla
»
.
«
Sono
andato
volontario
,
poi
me
ne
pentii
subito
»
Martedì
mezzogiorno
.
Ci
si
abitua
a
tutto
,
anche
a
non
stupirsi
perché
la
morte
t
'
è
passata
accanto
senza
vederti
.
Ci
si
abitua
a
saltare
sull
'
elicottero
che
non
ha
nemmeno
una
cintura
alla
quale
legarti
sicché
quando
vira
devi
stringere
forte
un
appiglio
sennò
scivoli
giù
.
Ci
si
abitua
a
volare
rasente
i
boschi
da
cui
i
vietcong
sparano
.
Ci
si
abitua
ad
affacciarsi
mentre
il
mitragliere
risponde
al
fuoco
.
Ci
si
abitua
a
non
battere
ciglio
dinanzi
alla
desolazione
,
l
'
orrore
.
Non
sono
rimasti
che
mozziconi
anneriti
di
alberi
su
questa
collina
.
Si
levano
contro
il
cielo
in
mille
schegge
che
sembrano
dita
tese
a
chieder
pietà
e
introno
a
essi
vedi
solo
buche
,
voragini
,
trincee
,
bunker
coperti
da
sacchi
di
sabbia
,
uomini
dall
'
espressione
sbalordita
,
il
passo
incerto
.
Ci
siamo
calati
nel
punto
dov
'
è
appostata
l
'
artiglieria
.
Nel
recinto
dei
mortai
stanno
tre
ragazzini
vestiti
da
soldato
.
Quello
che
infila
gli
obici
ha
due
occhi
tristi
che
spaccano
il
cuore
.
«
Larry
,
ti
ho
portato
un
pacco
»
,
gli
dice
Pip
.
«
Vengo
subito
»
,
risponde
Larry
.
Infila
un
'
altra
granata
nella
bocca
del
mortaio
,
si
inginocchia
appoggiando
la
testa
bionda
alla
canna
e
:
«3048
,
uno
-
due
,
fuoco
!
»
.
«
Larry
!
»
,
insiste
Pip
.
«
Un
momento
»
,
dice
Larry
,
«3049
,
uno
-
due
,
fuoco
!
»
.
Poi
cede
il
posto
a
un
altro
e
prende
il
pacco
che
viene
dalla
zia
Dolores
di
Kansas
City
e
contiene
pop
-
corn
,
burro
di
noccioline
,
torroni
ma
soprattutto
caramelle
perché
a
Larry
piacciono
le
caramelle
.
Le
mangiamo
insieme
,
seduti
sul
tronco
di
un
castagno
.
«
Larry
,
ma
è
vero
che
sei
volontario
?
»
.
«
Cosa
vuole
,
eran
tre
anni
che
il
Vietnam
incombeva
su
me
,
alla
fine
mi
dissi
:
meglio
andar
volontario
,
o
la
va
o
la
spacca
,
se
va
e
se
ritorno
becco
un
congedo
di
centocinquanta
dollari
al
mese
.
Mi
pentii
subito
di
aver
fatto
quel
che
avevo
fatto
.
Ma
ormai
lo
avevo
fatto
.
I
miei
genitori
si
arrabbiarono
molto
,
la
mamma
piangeva
.
Mi
sembra
un
secolo
,
e
fu
solo
tre
mesi
fa
.
Tre
.
Ho
ancora
nove
mesi
da
passare
qui
.
Lei
crede
che
ce
la
farò
?
A
volte
o
paura
di
no
.
E
prego
,
sa
,
non
faccio
che
pregare
.
Prego
anche
quando
non
ho
tempo
,
per
esempio
quando
vado
all
'
assalto
,
dico
alla
svelta
:
Dio
non
farmi
morire
»
.
Poi
dal
recinto
arriva
una
voce
:
«
Dico
,
Larry
,
vuoi
riprenderti
questo
fetentissimo
aggeggio
?
»
.
E
Larry
se
na
va
,
masticando
caramelle
di
zia
Dolores
,
a
sparar
colpi
che
ammazzeranno
un
ragazzo
come
lui
.
Quello
che
l
'
ha
chiamato
si
avvicina
e
sorride
:
«
Lei
è
italiana
,
vero
?
Anch
'
io
»
.
Si
chiama
George
Mazzarella
,
figlio
unico
di
Giacinto
e
Irene
Mazzarella
che
nel
1926
lasciarono
Napoli
per
emigrare
a
New
York
.
Ha
ventiquattr
'
anni
,
è
meccanico
,
era
sposato
da
un
mese
quando
lo
mandarono
qui
.
E
il
giorno
prima
dell
'
attacco
ricevette
una
lettera
dove
la
moglie
diceva
d
'
essere
incinta
.
«
Così
andai
all
'
attacco
come
in
stato
di
ubriachezza
.
Era
la
prima
volta
che
andavo
all
'
attacco
e
lei
m
'
aveva
scritto
d
'
essere
incinta
.
Avevo
paura
,
mi
tenevo
vicino
a
Bob
.
Bob
era
il
mio
amico
.
Eravamo
partiti
insieme
perché
lui
era
un
tipo
zitto
e
io
sono
un
tipo
che
chiacchiera
:
si
legava
come
due
innamorati
.
Poi
il
razzo
arrivò
.
Lo
vidi
arrivare
e
mi
seccò
la
gola
,
non
riuscii
a
dirlo
a
Bob
.
Mi
buttai
a
terra
e
nel
momento
in
cui
mi
buttai
a
terra
rividi
tutta
la
mia
vita
,
come
un
film
,
rividi
mia
madre
e
mio
padre
e
i
giorni
di
scuola
e
mia
moglie
nel
letto
,
tutto
insieme
.
E
mentre
vedevo
questo
vidi
Bob
scoppiare
.
Letteralmente
scoppiare
.
In
due
,
lo
giuro
,
tagliato
nel
mezzo
.
Lo
vidi
morire
ed
era
la
prima
volta
che
vedevo
un
uomo
morire
e
quell
'
uomo
era
Bob
.
Gridai
:
Bob
!
E
poi
,
che
Dio
mi
perdoni
,
non
l
'
ho
ancora
detto
a
nessuno
,
lo
dico
a
lei
perché
devo
dirlo
a
qualcuno
,
se
non
lo
dico
divento
pazzo
,
e
poi
ecco
poi
fui
così
felice
che
il
razzo
avesse
preso
lui
anziché
me
.
Dio
,
mi
vergogno
.
Quanto
mi
vergogno
.
Ma
è
così
.
E
se
in
questo
momento
arriva
un
altro
razzo
,
lo
sa
che
le
dico
?
Spero
che
prenda
lei
anziché
me
.
Brutto
,
vero
?
»
.
«
Non
lo
so
,
George
.
È
guerra
»
.
«
E
poi
ammazzai
un
uomo
.
Era
un
piccolo
viet
.
Correva
,
correva
,
e
gli
sparavano
tutti
.
Sembrava
d
'
essere
al
tirassegno
di
un
luna
park
.
Gli
ho
sparato
io
ed
è
caduto
.
Ma
è
stato
come
sparare
a
un
albero
,
non
ho
sentito
nulla
,
sai
,
nulla
.
Brutto
,
vero
?
»
.
Non
lo
so
,
George
,
è
la
guerra
.
Il
ragazzo
giallo
giaceva
contorto
nella
trincea
Martedì
pomeriggio
.
Da
una
tenda
è
sbucato
il
capitano
Scher
ed
è
venuto
a
sedersi
con
noi
.
Anziché
alzarsi
in
piedi
i
soldati
hanno
detto
:
«
Ciao
,
Don
»
.
Donald
Scher
ha
trentasei
anni
,
è
bello
come
Tyrone
Power
quando
Tyrone
Power
era
davvero
bello
,
ha
la
disinvoltura
di
chi
ha
girato
il
mondo
e
vive
a
New
York
.
Conosce
Londra
,
Parigi
,
Roma
dove
abitava
quand
'
era
alla
NATO
e
suo
sketch
preferito
è
sugli
italiani
che
guidano
.
Sostiene
di
preferire
un
bombardamento
di
mortai
al
traffico
di
Roma
:
una
volta
al
Tritone
ebbe
una
crisi
di
panico
e
non
riusciva
più
a
muoversi
,
i
romani
gli
gridavan
cornuto
.
Dopo
lo
sketch
sugli
italiani
abbiamo
mangiato
una
razione
C
,
pollo
disossato
,
dolce
alla
panna
,
caffè
,
e
dopo
mangiato
lui
ci
ha
condotto
sulla
cima
della
collina
:
con
l
'
elicottero
perché
a
piedi
avremmo
trovato
mine
e
vietcong
.
Quando
l
'
elicottero
s
'
è
abbassato
,
m
'
ha
detto
:
«
Non
salti
lì
»
.
Ho
calcolato
male
le
distanze
e
sono
saltata
proprio
lì
,
affondando
su
qualcosa
di
molle
.
Ho
udito
la
sua
voce
irritata
:
«
Glielo
avevo
detto
di
non
saltare
lì
!
»
,
e
poi
mi
sono
accorta
di
tenere
i
piedi
sul
cadavere
di
un
vietnamita
appena
coperto
di
terra
.
I
cadaveri
qui
sono
ovunque
,
dopo
tre
giorni
e
mezzo
non
li
hanno
ancora
sepolti
tutti
.
Sebbene
il
metodo
sia
sbrigativo
:
li
butti
in
una
trincea
e
poi
copri
la
trincea
con
la
terra
.
«
Capitano
,
quante
vite
è
costata
questa
collina
?
»
.
«
Io
ho
perso
solo
sette
uomini
ma
di
vietnamiti
ne
ho
contati
sessanta
.
Di
sicuro
eran
molti
,
molti
di
più
:
quelli
che
noi
troviamo
son
quelli
uccisi
da
ultimo
.
Gli
altri
li
portano
via
prima
di
ritirarsi
,
legandoli
ai
piedi
con
le
funi
.
Prepararono
le
funi
prima
della
battaglia
,
sono
coraggiosi
.
O
dovrei
dire
suicidi
,
fanatici
?
Li
ho
visti
sotto
un
bombardamento
al
napalm
:
uscivano
dai
bunker
e
tentavano
di
sparare
coi
fucili
agli
aerei
.
Come
i
giapponesi
della
seconda
guerra
mondiale
.
Diresti
che
non
gli
importa
di
morire
,
anzi
che
voglion
morire
.
Io
non
so
cosa
li
muova
»
.
Allora
ho
guardato
il
ragazzo
giallo
che
giaceva
contorto
e
coperto
di
sangue
dentro
una
trincea
.
Non
c
'
era
nulla
di
fanatico
,
di
suicida
,
sul
suo
viso
tondo
e
imberbe
.
Sembrava
,
anzi
,
che
sorridesse
.
Dio
,
ma
a
cosa
?
L
'
ultima
cosa
che
aveva
visto
era
un
George
o
un
Larry
che
avanzavano
col
loro
terrore
e
gli
sparavano
addosso
,
per
non
morire
essi
stessi
.
Dal
giorno
in
cui
era
nato
,
forse
diciassette
,
forse
diciotto
anni
fa
,
non
avevo
mai
visto
che
guerra
.
Prima
la
guerra
con
i
francesi
,
poi
la
guerra
agli
americani
,
in
questa
sua
terra
dove
c
'
era
sempre
qualcuno
che
non
doveva
esserci
,
perché
all
'
inferno
il
comunismo
,
il
non
comunismo
,
lui
era
morto
per
la
sua
terra
,
e
quella
collina
gli
apparteneva
,
come
le
altre
colline
,
le
pianure
e
i
fiumi
,
e
ciò
lo
rendeva
ricco
,
vittorioso
e
ricco
.
Anche
se
aveva
sempre
ignorato
cosa
significa
vivere
in
pace
.
Quella
misteriosa
parola
che
tutti
gli
dicevano
,
pace
.
Una
lucertola
gli
è
andata
su
un
occhio
.
«
Non
guardi
»
,
ho
detto
il
capitano
,
«
venga
via
,
Dio
che
cosa
schifosa
è
la
guerra
.
Dev
'
esserci
qualcosa
di
sbagliato
nel
cervello
di
quelli
che
di
divertono
a
fare
la
guerra
,
che
la
trovano
gloriosa
o
eccitante
.
Non
c
'
è
nulla
di
glorioso
,
nulla
di
eccitante
,
è
solo
una
sporca
tragedia
e
se
hai
poco
di
cuore
piangi
sempre
quando
la
battaglia
è
finita
.
Piangi
su
quello
cui
negasti
una
sigaretta
ed
è
morto
,
su
quello
che
rimproverasti
ed
è
morto
,
piangi
perfino
su
lui
che
ha
ammazzato
i
tuoi
amici
.
Tre
uomini
m
'
ha
ammazzato
questo
ragazzo
.
Con
una
granata
sola
.
E
magari
se
lo
incontravo
a
un
bar
di
New
York
lo
trovavo
simpatico
,
e
mi
mettevo
a
discuter
con
lui
sul
comunismo
e
sul
capitalismo
,
e
poi
lo
invitavo
a
mangiare
.
Dio
,
che
cosa
schifosa
è
la
guerra
»
.
«
E
allora
perché
la
fa
,
capitano
?
»
.
«
È
il
mio
mestiere
.
Lo
scelsi
perché
mi
piaceva
lavorare
con
gli
uomini
,
mi
sembrava
di
fare
il
maestro
,
io
ero
un
maestro
.
Quando
diventi
un
militare
non
ci
pensi
mica
che
in
fondo
il
tuo
mestiere
è
uccidere
.
Poi
viene
il
momento
di
uccidere
e
ti
assale
come
uno
stupore
,
senti
come
uno
strappo
,
ma
è
ormai
troppo
tardi
:
se
non
uccidi
sei
ucciso
.
Nel
momento
estremo
non
ti
guida
il
dovere
,
non
ti
guida
il
coraggio
,
ti
guida
la
paura
.
Certo
che
avevo
pura
,
anche
tre
giorni
fa
.
Prima
della
battaglia
io
ho
sempre
paura
,
ogni
volta
è
la
prima
volta
.
E
ogni
volta
penso
che
non
voglio
morire
,
voglio
tornare
a
casa
dove
ho
quattro
figli
.
Eppure
vado
avanti
.
Che
cosa
schifosa
è
la
guerra
»
.
Siamo
andati
in
giro
per
le
trincee
,
trattenendo
il
fiato
a
causa
del
fetore
.
Erano
trincee
molto
piccole
perché
i
vietnamiti
sono
sempre
molto
piccoli
e
hanno
bisogno
di
pochissimo
spazio
.
Però
erano
trincee
fatte
bene
,
con
intelligenza
e
gran
senso
strategico
.
Erano
sei
,
giravano
in
tondo
alla
collina
in
cerchi
concentrici
ed
erano
unite
fra
loro
con
sottopassaggi
.
Le
più
vecchie
avevan
sei
mesi
.
Da
sei
mesi
i
bambini
gialli
scavavano
,
zitti
zitti
,
come
i
topi
,
sotto
gli
occhi
degli
americani
,
e
gli
americani
non
s
'
erano
accorti
di
nulla
.
Se
il
disertore
non
avesse
tradito
,
sarebbe
successa
una
carneficina
.
«
E
malgrado
lui
,
che
battaglia
dura
.
Partimmo
alle
nove
del
mattino
e
non
fummo
in
cima
che
alle
sei
del
pomeriggio
.
Procedevamo
albero
per
albero
,
macchia
per
macchia
,
bambù
per
bambù
.
Per
andare
da
qui
a
quella
liana
,
quanti
metri
saranno
,
quindici
al
massimo
,
ci
mettevamo
un
'
ora
.
Due
ore
.
Vede
che
terreno
ripido
.
Loro
stavano
sopra
e
potevano
guardarci
in
gola
fino
alle
tonsille
.
Giunto
a
questi
bambù
chiesi
gli
aerei
:
col
rischio
di
essere
bombardati
anche
noi
Erano
armati
ben
ma
poche
armi
russe
.
Di
russo
ho
trovato
solo
due
fucili
del
1946
.
Tutte
armi
cinesi
,
nuovissime
,
di
prima
qualità
.
Fucili
,
mitraglie
,
granate
a
mano
,
mortai
da
60
mm
.
,
razzi
B40
che
nella
giungla
son
oro
:
perché
spaccano
gli
alberi
e
i
rami
schizzando
diventan
coltelli
.
Vero
,
tenente
?
»
.
Una
morte
è
già
di
troppo
,
in
una
famiglia
Il
tenente
ha
ventun
anni
ma
ne
dimostra
quindici
.
Si
chiama
Joseph
Knowlton
e
viene
dal
Massachusetts
dove
ha
un
fratello
di
diciott
'
anni
e
uno
di
quattordici
.
Vive
nell
'
incubo
che
anche
a
loro
tocchi
il
Vietnam
.
Siede
su
un
sasso
e
coprendo
coi
piedi
qualcosa
che
non
vedo
,
ci
ha
fatto
sopra
un
mucchietto
di
terra
,
mi
dice
:
«
Ho
scritto
a
quello
più
grande
di
arruolarsi
in
marina
così
sfugge
al
Vietnam
.
Non
voglio
che
provi
ciò
che
provo
io
.
Io
la
guerra
l
'
avevo
vista
al
cinematografo
,
ma
non
credevo
che
fosse
così
.
Ti
passano
le
pallottole
sopra
la
testa
,
colpiscono
l
'
albero
e
vuoi
tanto
bene
all
'
albero
che
lo
abbracceresti
per
non
lasciarlo
più
,
invece
vai
avanti
proteggendo
la
testa
come
se
la
testa
fosse
l
'
unica
cosa
di
cui
preoccuparti
,
come
se
salvata
quella
tu
avessi
salvato
tutto
.
Forse
perché
il
primo
che
hai
visto
morire
ha
perso
la
testa
.
Gli
è
volata
via
come
un
pallone
per
giocare
al
calcio
.
Non
voglio
che
mio
fratello
veda
queste
cose
.
Se
l
'
America
pretende
che
io
sia
qui
,
pazienza
:
cerco
di
fare
meglio
che
mi
riesce
.
Però
mio
fratello
no
.
Una
morte
è
già
un
prezzo
troppo
alto
.
E
malgrado
l
'
obbedienza
che
porto
,
malgrado
sia
abbastanza
d
'
accordo
sulla
nostra
presenza
in
Vietnam
,
chi
vuole
essere
qui
?
Chi
ne
è
fiero
?
»
.
E
con
rabbia
tira
una
pedata
al
mucchietto
di
terra
che
aveva
ammassato
.
Sotto
c
'
è
una
manina
gialla
.
Ce
ne
siamo
andati
sotto
il
fuoco
.
Sparavano
da
una
cima
accanto
,
forse
il
contrattacco
temuto
.
Siamo
saltati
sull
'
elicottero
con
la
velocità
di
due
lepri
,
mi
calcavo
in
testa
l
'
elmetto
fino
a
schiacciarmi
.
«
La
testa
,
la
testa
,
proteggi
la
testa
come
se
la
testa
fosse
l
'
unica
cosa
di
cui
preoccuparti
,
come
se
salvata
quella
tu
avessi
salvato
tutto
»
.
E
intanto
Joseph
Tinnery
,
vent
'
anni
,
da
Filadelfia
,
strappato
alle
scuole
medie
,
stava
lì
a
testa
nuda
e
urlava
:
«
Senti
m
'
ero
dimenticato
,
tu
che
sei
giornalista
,
me
lo
fai
un
favore
?
Mi
fai
mandare
una
fotografia
con
l
'
autografo
da
Julie
Christie
?
Ricordati
,
Joseph
Tinnery
,
Terzo
battaglione
,
Dodicesimo
Fanteria
,
sì
,
Julie
Christieee
!
»
.
La
conferenza
-
stampa
del
generale
ottimista
Martedì
sera
.
Sono
giunti
i
feriti
della
collina
875
.
Stamani
una
colonna
del
173°
Airborne
è
riuscita
a
stabilire
un
contatto
col
perimetro
del
massacro
e
ora
esiste
una
zona
di
atterraggio
per
gli
elicotteri
.
Ero
sulla
pista
a
vederli
arrivare
.
Calavano
come
un
branco
di
calabroni
,
accecandoci
in
quel
vento
di
terra
rossa
,
gli
infermieri
correvano
con
le
barelle
,
ma
solo
i
moribondi
venivano
adagiati
sulle
barelle
.
Gli
altri
si
buttavano
in
terra
da
sé
,
e
laceri
insanguinati
,
zoppicando
,
ridendo
,
piangendo
,
venivano
verso
di
noi
neanche
fossimo
stati
la
mamma
,
il
miracolo
.
Uno
che
rideva
mi
si
è
buttato
addosso
gridando
:
«
Prendete
la
collina
,
era
l
'
ordine
,
prendete
la
dannata
collina
!
Eravamo
in
trappola
,
capisci
,
in
trappola
!
»
.
Poi
,
di
colpo
,
ha
smesso
di
ridere
.
S
'
è
staccato
da
me
,
m
'
ha
guardato
serio
e
m
'
ha
detto
:
«
Ma
tu
chi
sei
?
Cosa
vuoi
?
»
.
Un
altro
,
seminudo
,
era
in
preda
a
una
crisi
selvaggia
.
Batteva
i
piedi
,
si
picchiava
la
fronte
,
singhiozzava
:
«
Li
odiooo
!
Vi
odioso
!
Maledetti
!
Sudicioniii
!
»
.
Cercavano
di
calmarlo
,
di
condurlo
in
infermeria
,
ma
non
ce
la
facevano
mica
.
Un
altro
,
negro
,
s
'
era
seduto
con
una
ciotola
di
minestra
e
piangeva
quieto
mentre
le
lacrime
gli
cadevano
nella
minestra
.
«
Quella
bomba
.
Un
mucchio
di
ragazzi
son
morti
per
quella
bomba
.
Non
sapevi
più
dove
andare
.
Dovevo
nascondermi
sotto
i
cadaveri
.
Ho
dormito
sotto
Joe
.
Era
morto
ma
faceva
caldo
.
Dammi
una
sigaretta
.
Hai
mai
dormito
sotto
un
morto
che
faceva
caldo
?
»
.
Poi
è
arrivato
il
colonnello
che
ha
cacciato
i
giornalisti
strillando
incoscienti
,
datemi
i
rotolini
delle
fotografie
,
incoscienti
,
e
siamo
dovuti
scappare
perché
non
ce
li
rubasse
.
C
'
è
uno
strano
modo
,
qui
,
di
giudicar
l
'
incoscienza
.
Alla
conferenza
-
stampa
il
generale
,
con
l
'
uniforme
stirata
,
ripeteva
:
«
Detesto
apparire
ottimista
ma
ritengo
di
potervi
annunciare
,
stavolta
con
certezza
,
che
entro
la
notte
la
collina
875
sarà
nelle
nostre
mani
»
.
Una
bella
giornata
:
abbiamo
due
nuovi
amici
Mercoledì
mattina
.
La
collina
875
non
è
affatto
nel
mani
del
generale
.
Non
solo
,
raggiungerla
è
più
che
mai
impossibile
:
gli
elicotteri
ci
portano
solo
i
soldati
che
vanno
a
morire
.
All
'
alba
sono
andata
sulla
pista
ma
non
c
'
era
più
nulla
da
fare
,
tutti
i
posti
erano
pei
soldati
di
una
compagnia
che
partiva
.
Erano
appena
giunti
dagli
Stati
Uniti
,
sembravano
cani
bastonati
.
Un
ragazzo
dai
capelli
rossi
m
'
ha
chiesto
con
voce
strozzata
:
«
Signora
,
è
vero
che
è
così
brutto
lassù
?
»
.
Gli
ho
risposto
:
«
Ma
no
,
soldato
,
ma
no
,
oggi
è
quieto
,
vedrai
»
.
Forse
ci
ha
creduto
.
Siamo
fermi
qui
al
campo
,
qualche
colpo
di
mortaio
piomba
a
intervalli
,
ma
nessuno
ci
fa
caso
ormai
,
ammenoché
non
si
tratti
di
un
vero
bombardamento
non
suona
neppure
l
'
allarme
.
A
chi
tocca
,
tocca
:
se
non
ragioni
così
stai
sempre
rannicchiato
in
un
buco
.
È
una
bella
giornata
,
io
e
Moroldo
abbiamo
fatto
due
amici
:
il
sergente
Norman
Jeans
e
il
caporale
Bobby
Janes
.
Norman
è
un
negro
di
Beaumont
,
Texas
;
Bobby
è
un
irlandese
di
Milford
,
Connecticut
.
Hanno
entrambi
ventitrè
anni
e
il
primo
è
nero
come
il
carbone
,
il
secondo
è
biondo
come
il
grano
.
Dove
va
uno
va
l
'
altro
,
non
si
staccano
mai
.
Il
fatto
è
che
Norman
ha
salvato
in
un
combattimento
la
vita
di
Bobby
e
Bobby
ha
salvato
in
un
combattimento
la
vita
di
Norman
.
Dal
maggio
scorso
sono
stati
insieme
in
ben
sette
combattimenti
.
«
Guarda
,
io
non
voglio
essere
un
eroe
»
Alle
dieci
,
quando
Norman
e
Bobby
sono
andati
a
prendere
l
'
acqua
nel
fiume
,
li
abbiamo
seguiti
.
Poi
,
mentre
Bobby
caricava
le
latte
sul
camion
,
mi
sono
messa
a
chiacchierare
con
Norman
che
è
in
Vietnam
da
undici
mesi
ma
dice
undici
mesi
come
se
dicesse
undici
anni
.
Era
appena
sposato
quando
partì
.
«
No
voleva
vedermi
partire
,
sai
.
E
piangeva
,
piangeva
.
Così
me
ne
andai
all
'
alba
,
mentre
dormiva
.
Scesi
piano
dal
letto
,
mi
vestii
trattenendo
il
respiro
,
e
uscii
di
casa
scalzo
:
perché
non
si
svegliasse
.
Com
'
era
bella
così
addormentata
.
Non
potei
nemmeno
baciarla
,
dirle
good
-
bye
,
e
se
non
la
rivedessi
mai
più
?
»
.
Parla
in
soffio
,
con
gli
occhi
chiusi
.
«
Sì
che
la
rivedrai
Norman
.
Tra
un
mese
»
.
«
In
un
mese
Stamani
è
tornato
il
capitano
a
cercar
volontari
per
la
collina
.
Gli
ho
risposto
no
,
ma
se
vogliono
possono
mandarmi
lo
stesso
.
E
non
voglio
,
capisci
non
voglio
.
La
guerra
,
ecco
,
quando
mi
richiamarono
non
sapevo
immaginarmi
la
guerra
ma
ora
la
conosco
e
tutto
quello
che
chiedo
è
di
uscirne
al
più
presto
,
di
tornare
da
lei
.
Bobby
,
dice
:
"
Sei
sempre
triste
,
sorridi
"
.
Non
ero
triste
,
ero
allegro
,
ero
buffo
.
Ero
giovane
.
Ora
son
vecchio
.
Sai
che
mi
sono
trovato
un
capello
bianco
?
Guardalo
,
è
qui
a
sinistra
,
è
proprio
bianco
»
.
«
Io
non
lo
vedo
»
.
«
Tu
non
lo
vedi
ma
c
'
è
.
Dev
'
esser
venduto
quando
mio
fratello
Charlie
m
'
ha
scritto
che
hanno
richiamato
anche
lui
e
ora
mandano
anche
lui
in
Vietnam
.
Gli
ho
risposto
Charlie
,
tenta
di
farti
mettere
nel
servizio
trasporti
,
non
in
fanteria
.
Se
dovesse
accadergli
qualcosa
Charlie
è
così
buono
,
non
ha
mai
ammazzato
nessuno
,
io
sì
invece
,
e
se
qualcuno
deve
morire
in
famiglia
allora
meglio
che
tocchi
a
me
,
ti
pare
?
»
.
«
Non
toccherà
neanche
a
te
»
.
«
Sono
cose
che
si
dicono
,
io
vivo
nella
paura
.
Invece
di
andarsene
,
cresce
.
Per
esempio
,
la
seconda
volta
che
fui
in
combattimento
.
Avevo
più
paura
della
prima
.
Sparando
pensavo
:
Norman
,
la
prima
volta
non
t
'
hanno
beccato
ma
questa
ti
beccheranno
.
E
la
terza
volta
avevo
più
paura
della
seconda
,
la
quarta
più
della
terza
.
Son
rimasto
ferito
sei
volte
e
la
prossima
sarà
quella
buona
»
.
«
Ma
piantala
,
Norman
!
»
.
«
E
poi
non
mi
piace
ammazzare
,
non
capisco
perché
si
debba
ammazzare
.
Io
vorrei
che
tutti
fossero
vivi
,
felici
.
Invece
ne
ho
ammazzati
tanti
.
Tanti
!
Lì
per
lì
non
ci
pensi
,
mi
spiego
,
un
uomo
è
un
bersaglio
.
E
poi
sei
arrabbiato
perché
i
tuoi
amici
son
morti
,
odi
il
mondo
e
quell
'
uomo
è
il
mondo
per
te
.
Dopo
però
ti
dispiace
,
dici
Buon
Dio
,
perdonami
,
Buon
Dio
.
Se
tu
non
credessi
che
stai
combattendo
per
qualcosa
di
buono
,
che
la
tua
causa
è
giusta
,
che
quando
tornerai
a
casa
ti
tratteranno
bene
anche
se
sei
negro
,
guarda
,
diventeresti
pazzo
.
Ma
quando
finirà
questa
guerra
?
Io
non
voglio
essere
ricco
,
non
voglio
essere
eroe
,
voglio
vivere
e
basta
.
La
vita
è
bella
,
sai
,
bella
.
Ora
lo
so
che
la
vita
è
bella
,
prima
non
lo
sapevo
.
Prima
ero
cattivo
a
volte
,
non
farò
più
certe
cose
che
facevo
prima
.
Sono
diventato
più
buono
a
scoprire
che
la
vita
è
bella
»
.
Poi
Norman
ha
dato
il
cambio
a
Bobby
che
s
'
è
seduto
dov
'
era
seduto
Norman
,
e
s
'
è
messo
a
spiegarmi
perché
gli
vuol
bene
.
«
Perché
ad
esempio
stamani
gli
è
arrivata
una
radio
transistor
e
,
sapendo
che
mi
piaceva
,
l
'
ha
data
a
me
.
Ma
non
è
neanche
questo
,
è
il
modo
in
cui
mi
accolse
quando
arrivai
.
Non
come
un
sergente
,
come
un
fratello
.
Qui
,
sai
,
il
colore
della
pelle
non
conta
.
Partimmo
in
pattuglia
e
si
mise
a
spiegarmi
come
si
fa
a
riconoscer
le
mine
,
sul
sentiero
volle
andare
avanti
per
primo
.
E
mi
ordinò
di
restare
a
distanza
.
Nel
primo
combattimento
che
facemmo
insieme
,
Norman
rimase
ferito
.
Cercai
di
capire
da
che
bunker
sparassero
,
lo
capii
e
mi
avvicinati
che
lanciarvi
una
granata
.
Norma
diceva
non
lo
fare
,
scappa
,
ma
io
la
gettai
e
rimasi
a
mia
volta
ferito
.
Quando
aprii
gli
occhi
Norman
era
sopra
di
me
che
mi
tirava
via
.
S
'
era
trascinato
fin
lì
con
la
gamba
piena
di
schegge
,
il
braccio
pieno
di
schegge
,
e
mi
tirava
via
.
L
'
amicizia
è
bella
,
forse
più
bella
d
'
amore
,
e
l
'
unica
cosa
buona
alla
guerra
è
che
a
volte
ci
trovi
un
amico
.
Il
resto
è
spazzatura
.
Io
,
vedi
,
venni
volontario
ma
ora
odio
tanto
questa
guerra
che
non
so
come
esprimerlo
.
Forse
così
:
vorrei
non
esser
venuto
»
.
«
Quanto
tempo
ti
resta
,
Bobby
?
»
.
«
Tre
mesi
.
Novanta
giorni
,
ci
pensi
?
In
novanta
giorni
faccio
in
tempo
a
morire
novanta
volte
.
Fino
a
oggi
m
'
hanno
tenuto
lontano
dal
fuoco
perché
le
ferite
guarissero
ma
ora
sono
guarite
e
ogni
giorno
è
l
'
attesa
di
quando
mi
rispediranno
in
battaglia
.
Non
voglio
morire
,
maledizione
.
Non
voglio
tornare
.
Sono
così
giovane
,
e
ho
tanto
tempo
da
vivere
,
e
non
si
viene
al
mondo
per
morire
a
vent
'
anni
alla
guerra
.
Si
viene
al
mondo
per
morire
in
un
letto
,
quando
si
è
vecchi
.
Non
me
ne
importa
più
un
corno
di
questa
guerra
,
incomincio
a
pensarla
come
mio
fratello
che
era
nel
173°
Airborn
ed
è
rimasto
ferito
e
dice
:
è
una
stupida
inutile
guerra
.
Molti
di
noi
non
sanno
neppure
perché
sono
qui
,
non
capiscono
un
corno
di
queste
faccende
politiche
,
vengono
direttamente
dai
banchi
di
scuola
e
si
chiedono
:
perché
?
Gli
rispondono
:
sei
qui
a
combattere
per
il
tuo
paese
.
Replicano
:
ma
il
mio
paese
è
laggiù
,
non
è
qui
.
Sono
bambini
,
dovrebbero
essere
a
scuola
,
e
li
odiano
tutti
perché
sono
qui
.
Ci
odiano
anche
se
moriamo
,
ecco
la
verità
»
.
«
Bobby
,
credi
che
gli
americani
vinceranno
questa
guerra
?
»
.
«
Non
lo
so
.
Vincere
una
guerra
vuol
dire
vincere
il
cuore
della
gente
non
lo
vinceremo
mai
.
Sono
buoni
soldati
,
i
vietnamiti
.
Hanno
già
cacciato
i
francesi
e
conoscono
il
loro
terreno
come
noi
non
lo
conosceremo
mai
e
a
loro
non
importa
di
morire
.
Gli
butti
addosso
quintali
di
bombe
,
di
napalm
,
li
bruci
col
lanciafiamme
:
e
sembran
risorgere
dalle
loro
ceneri
.
Per
ogni
nostro
morto
ne
nuore
venti
dei
loro
,
eppure
quando
vai
all
'
assalto
di
una
collina
ne
trovi
di
nuovi
,
di
nuovi
,
di
nuovi
,
e
sono
tanti
.
Voglio
tornare
a
casa
.
Che
i
governanti
sistemino
i
loro
litigi
con
un
altro
sistema
,
non
col
sangue
degli
uomini
.
Non
col
mio
sangue
.
Perché
,
tanto
,
a
chi
importa
se
muoio
?
»
.
È
proprio
una
bella
giornata
,
con
questi
alberi
verdi
e
questo
fiume
pulito
.
Un
gruppo
di
bambini
vietnamiti
viene
verso
di
noi
,
cantando
sotto
i
cappelli
a
pagoda
.
Ma
gli
occhi
azzurri
di
Bobby
son
colmi
di
lacrime
e
non
vedono
gli
alberi
verdi
né
il
fiume
pulito
né
i
bambini
che
cantano
sotto
il
cappello
a
pagoda
.
Lentamente
mi
alzo
,
mi
avvio
verso
il
camion
,
e
quando
salgo
sul
camion
lo
sguardo
mi
cade
sullo
specchio
retrovisivo
.
Sono
tre
giorni
che
non
mi
vedo
allo
specchio
:
per
timore
che
si
rompesse
e
mi
portasse
male
,
non
l
'
ho
preso
con
me
.
E
al
campo
non
ce
ne
sono
,
non
c
'
è
nemmeno
un
vetro
.
Quasi
con
timidezza
mi
avvicino
a
quel
coso
che
brilla
,
mi
osservo
,
e
rimango
allibita
a
fissare
un
volto
che
non
conosco
.
Possibile
che
in
soli
tre
giorni
si
possa
cambiare
così
?
Ha
ragione
Bobby
.
Non
ci
sono
né
alberi
verdi
,
né
fiumi
puliti
,
né
bambini
che
cantano
,
qui
.
«
La
collina
875
è
stata
abbandonata
»
Mercoledì
sera
.
Al
tramonto
s
'
è
udito
un
grido
:
«
I
morti
!
I
morti
!
»
.
Siamo
corsi
alla
pista
,
gli
elicotteri
li
avevano
già
scaricati
.
Erano
centodieci
,
e
venivano
dalla
collina
875
.
Erano
chiusi
in
sacchi
di
plastica
argentea
,
con
un
lampo
nel
mezzo
,
e
alcuni
avevano
ancora
la
sagoma
di
una
figura
umana
,
altri
erano
pacchi
informi
di
roba
.
Erano
allineati
in
file
prolisse
,
neanche
dovessero
sfilar
sull
'
attenti
per
il
generale
.
Erano
in
stato
di
decomposizione
e
puzzavano
come
la
coscienza
degli
uomini
che
li
avevano
mandati
a
morire
.
Sono
corsa
da
Bobby
e
da
Norman
.
Li
ho
trovati
fuori
della
tenda
,
con
gli
occhi
sulla
pista
,
le
braccia
conserte
.
In
silenzio
.
Poi
Bobby
ha
detto
con
voce
roca
:
«
C
'
è
anche
Charlie
Waters
,
il
cappellano
.
Hanno
trovato
soltanto
la
testa
»
.
E
Norman
ha
balbettato
:
«
No
!
Nooo
!
»
.
Corre
voce
che
domani
ci
sarà
un
altro
attacco
alla
875
.
Giovedì
sera
.
La
collina
875
è
stata
conquistata
dagli
americani
.
Scrivo
queste
note
sull
'
aereo
che
da
Pleiku
ci
riporta
a
Saigon
.
Le
scrivo
malvolentieri
perché
non
ho
voglia
di
ricordare
,
credo
che
nessuno
abbia
voglia
di
ricordare
.
È
successo
tutto
molto
in
fretta
.
Verso
le
nove
il
tenente
coi
baffi
è
uscito
dalla
tenda
e
battendo
le
mani
come
un
cretino
ha
annunciato
:
«
Elicotteri
a
disposizione
,
zona
del
fuoco
,
zona
del
fuoco
!
»
.
Sembrava
che
offrisse
i
biglietti
gratis
per
andare
a
teatro
.
Mentre
gli
elicotteri
partivano
,
dalla
collina
si
alzavano
fumate
nere
:
era
in
corso
l
'
ultima
pioggia
di
napalm
per
ridurre
al
minimo
la
resistenza
dei
nordvietnamiti
.
Nel
perimetro
del
massacro
,
come
ormai
lo
chiamano
,
erano
riuniti
i
soldati
e
i
paracadutisti
del
173°
Airborn
:
pronti
per
l
'
assalto
.
Nessuno
parlava
,
tutti
avevano
lo
sguardo
vuoto
di
chi
non
ha
scelta
.
Due
ore
avanti
il
cappellano
Roy
Peters
che
ha
sostituito
il
cappellano
Water
,
aveva
detto
la
Messa
.
Molti
s
'
erano
comunicati
.
Il
perimetro
era
ancora
pieno
di
bende
insanguinate
,
scatole
vuote
di
medicinali
,
bossoli
anneriti
,
pallottole
intatte
,
elmetti
con
un
buco
dentro
.
Jack
Russell
,
della
NBC
,
era
l
'
unico
che
ancora
avesse
il
coraggio
di
andare
in
giro
a
fare
interviste
,
e
poneva
a
tutti
la
stessa
domanda
:
«
Credi
che
ne
valga
la
pena
?
»
.
I
più
rispondevano
:
«
sì
perché
abbiamo
perso
troppi
ragazzi
,
bisogna
prenderla
questa
collina
»
.
Uno
ha
detto
«
No
»
,
e
non
ha
voluto
aggiungere
altro
.
Un
negro
ha
risposto
senza
alzare
il
viso
:
«
Lasciatemi
in
pace
,
non
m
'
importa
di
nulla
,
non
m
'
importa
nemmen
di
morire
»
.
Poi
s
'
è
udito
un
berciare
:
«
Ora
voglio
che
arriviate
lassù
e
becchiate
quei
figli
di
cani
»
.
Sono
scattati
tutti
,
hanno
incominciato
a
salire
.
Sono
andati
avanti
per
cinque
minuti
senza
che
accadesse
nulla
,
come
una
scalata
in
montagna
.
Poi
s
'
è
udito
un
fischio
,
un
altro
fischio
,
ed
è
esploso
l
'
inferno
.
Razzi
,
colpi
di
mortaio
,
granate
,
una
valanga
di
fuoco
che
rotola
giù
e
rotolando
si
gonfia
,
si
ingrossa
,
si
spezza
in
mille
altre
valanghe
di
fuoco
,
tra
gli
urli
.
Urlavano
tutti
.
Chi
urlava
:
«
Avanti
,
avanti
!
»
.
Chi
urlava
:
«
Barelle
,
barelle
!
»
.
Chi
urlava
bestemmie
atroci
.
Un
razzo
ha
centrato
il
negro
che
aveva
detto
:
«
Lasciatemi
in
pace
,
non
m
'
importa
di
nulla
,
non
m
'
importa
nemmen
di
morire
»
.
Di
lui
è
rimasta
soltanto
una
scarpa
.
Un
altro
razzo
ha
centrato
un
soldato
coi
capelli
rossi
e
di
lui
non
è
rimasta
nemmeno
una
scarpa
,
sono
rimaste
soltanto
queste
macchie
color
ruggine
che
ora
lordano
la
camicia
di
un
fotografo
.
Era
il
soldato
che
mi
aveva
chiesto
:
«
Signora
,
è
vero
che
è
così
brutto
lassù
»
.
L
'
assalto
è
durato
sessanta
minuti
e
quando
gli
americani
sono
giunti
alla
cima
non
hanno
trovato
che
sassi
,
tronchi
bruciati
,
frammenti
di
corpi
.
La
valanga
di
fuoco
non
era
partita
di
lì
,
era
partita
da
un
'
altra
collina
.
La
875
i
nordvietnamiti
l
'
avevan
lasciata
nella
notte
,
trascinandosi
dietro
anche
l
'
ultimo
morto
.
«
Signore
»
,
ha
detto
il
radiotelefonista
al
comandante
,
«
dal
campo
ci
chiedono
la
conta
dei
cadaveri
nordvietnamiti
»
.
«
Rispondi
che
posso
dargli
quella
dei
nostri
»
,
ha
replicato
il
comandante
.
«
Sono
centocinquantotto
»
.
Dieci
giorni
dopo
.
Questo
è
il
comunicato
che
ho
appena
letto
sulla
telescrivente
della
Agence
France
Presse
a
Saigon
.
«11900/3/Dic/AFP/La
collina
875
è
stata
abbandonata
stop
I
paracadutisti
americani
che
controllavano
la
cima
a
sette
chilometri
dalla
Cambogia
sono
discesi
verso
Dak
To
dopo
aver
fatto
saltare
l
'
esplosivo
e
le
fortificazioni
nordvietnamite
stop
.
Nessuna
spiegazione
è
stata
fornita
dai
militari
americani
sui
motivi
di
questo
abbandono
stop
Il
solo
motivo
plausibile
sembra
quello
che
gli
americani
non
fossero
in
grado
di
tenere
la
875
indefinitamente
stop
Anche
le
altre
colline
sono
state
abbandonate
ad
eccezione
della
collina
1383
che
domina
direttamente
il
campo
di
Dak
To
stop
A
Dak
to
regna
la
calma
stop
»
.
E
questa
è
la
guerra
che
ho
visto
in
Vietnam
.
StampaPeriodica ,
[
Oriana
Fallaci
,
ferita
mercoledì
2
ottobre
a
Città
del
Messico
,
durante
i
gravissimi
incidenti
di
piazza
delle
Tre
Culture
,
ci
ha
fatto
giungere
il
suo
racconto
della
stanza
dell
'
ospedale
in
cui
era
ricoverata
.
Lo
stato
in
cui
si
trovava
,
dopo
le
ferite
e
l
'
operazione
subita
,
le
ha
impedito
di
mettersi
alla
macchina
da
scrivere
.
Essa
ha
però
voluto
ugualmente
farci
avere
la
propria
testimonianza
sui
fatti
di
cui
è
stata
anche
protagonista
:
ha
inciso
su
nastri
tutto
il
racconto
.
La
registrazione
che
è
giunta
da
Città
del
Messico
dura
due
ore
e
mezzo
,
con
le
inevitabili
ripetizioni
,
gli
indugi
,
e
le
interruzioni
di
una
testimonianza
resa
a
viva
voce
da
una
persona
ancora
sotto
choc
del
rischio
mortale
che
ha
corso
.
Oriana
Fallaci
ci
ha
inviato
i
nastri
raccomandandoci
di
usare
la
sua
narrazione
per
ricavarne
un
servizio
su
ciò
che
era
accaduto
il
2
ottobre
in
Messico
.
Noi
,
dopo
aver
ascoltato
queste
bobine
,
abbiamo
deciso
di
trascrivere
esattamente
ciò
che
vi
è
detto
,
senza
cambiare
niente
.
Nessun
servizio
avrebbe
potuto
essere
più
vivo
,
più
drammatico
di
questo
racconto
fatto
con
la
sua
voce
viva
.
Ogni
tanto
il
discorso
è
interrotto
da
qualche
lamento
,
da
medici
e
infermieri
che
entrano
ad
escono
dalla
stanza
,
da
pause
di
stanchezza
della
nostra
collega
.
Il
servizio
di
Oriana
Fallaci
che
pubblichiamo
è
più
di
un
racconto
:
è
un
eccezionale
documento
giornalistico
]
.
(
All
'
inizio
del
nastro
si
sentono
voci
,
c
'
è
gente
nella
stanza
d
'
ospedale
dove
si
trova
Oriana
Fallaci
.
Un
'
infermiera
le
ordina
,
in
spagnolo
,
di
non
agitarsi
.
Poi
comincia
il
racconto
di
Oriana
Fallaci
.
)
Mi
sento
male
,
ho
ancora
la
testa
confusa
.
Vedi
,
c
'
è
qualcosa
che
mi
fa
più
male
del
dolore
,
di
questo
dolore
tremendo
alla
spalla
,
al
polmone
,
al
ginocchio
,
alla
gamba
,
mi
fa
più
male
del
dolore
fisico
:
mi
fa
male
questo
incubo
che
ritorna
,
che
mi
ossessiona
.
Il
dolore
fisico
si
sopporta
ma
l
'
incubo
no
.
Non
è
l
'
incubo
della
guerra
del
Vietnam
,
io
nel
Vietnam
ho
visto
delle
cose
spaventose
,
ho
seguito
delle
battaglie
tremende
,
dei
pericoli
allucinanti
,
ma
era
diverso
,
perché
sapevo
di
andare
alla
guerra
.
Uno
va
in
Vietnam
e
sa
che
va
alla
guerra
e
la
guerra
è
una
cosa
dove
ci
sono
dei
signori
armati
da
una
parte
e
degli
altri
signori
armati
dall
'
altra
:
sai
anche
che
si
spara
da
tutte
e
due
le
parti
.
Ma
quello
che
è
successo
là
la
sera
in
cui
sono
stata
ferita
non
era
una
guerra
.
Era
atroce
perché
non
era
la
battaglia
di
Dak
-
To
,
non
era
la
battaglia
ai
confini
con
la
Cambogia
o
che
diavolo
.
E
non
aveva
niente
a
che
vedere
con
le
guerre
che
più
o
meno
tutti
,
facendo
questo
mestiere
,
abbiamo
visto
come
corrispondenti
.
Capisci
?
Non
era
una
guerra
.
E
non
doveva
essere
una
notte
si
sangue
.
Se
insisto
su
questo
punto
è
perché
voglio
cercare
di
spiegare
quest
'
incubo
che
mi
torna
e
mi
ritorna
la
notte
.
La
storia
dell
'
altra
sera
è
questa
:
poi
andrò
indietro
e
ti
racconterò
il
perché
,
come
siamo
arrivati
a
questo
.
Mercoledì
alle
cinque
era
stata
indetta
una
manifestazione
nella
piazza
delle
Tre
Culture
a
Città
del
Messico
.
Questa
piazza
,
che
credo
sia
una
delle
più
grandi
di
Città
del
Messico
e
anche
una
delle
più
note
,
si
chiama
delle
Tre
Culture
perché
riunisce
in
un
certo
senso
,
simbolicamente
,
le
tre
culture
del
paese
:
quella
azteca
,
quella
spagnola
,
quella
moderna
:
c
'
è
una
chiesa
spagnola
del
1500
,
c
'
è
la
base
di
una
piramide
azteca
e
ci
sono
gli
edifici
moderni
,
quelli
costruiti
ora
.
Gli
studenti
l
'
hanno
sempre
scelta
per
le
loro
manifestazioni
,
non
soltanto
perché
si
trova
nel
quartiere
di
Tlatelolco
,
vale
a
dire
abbastanza
vicino
alla
loro
università
,
ma
anche
perché
è
molto
grande
,
ha
molte
vie
d
'
accesso
e
molte
vie
di
fuga
:
è
facile
arrivarci
ed
è
facile
uscirne
.
E
in
questo
paese
è
sempre
meglio
riunirsi
in
luoghi
dove
fai
presto
ad
arrivare
e
fai
presto
a
scappare
.
Io
ero
già
stata
testimone
di
una
manifestazione
del
genere
nella
piazza
delle
Tre
Culture
,
esattamente
il
giorno
dopo
in
cui
ero
arrivata
in
Messico
.
Era
lì
infatti
,
in
una
manifestazione
del
genere
,
nella
piazza
delle
Tre
Culture
,
che
avevo
conosciuto
i
capi
degli
studenti
e
avevo
cominciato
a
intervistarli
.
Ero
arrivata
la
notte
tra
il
giovedì
e
il
venerdì
,
e
al
venerdì
ci
fu
subito
questa
manifestazione
.
Era
la
prima
alla
quale
assistevo
,
e
mi
fece
subito
un
effetto
profondo
.
Mi
avevano
impressionata
queste
grandi
migliaia
di
ragazzi
,
perché
sono
ragazzi
,
sai
,
tredici
,
quattordici
,
sedici
diciotto
,
al
massimo
ventitré
o
ventiquattro
anni
.
Ragazzi
poveri
poi
,
perché
degli
studenti
messicani
solo
una
piccola
parte
sono
figli
di
borghesi
.
La
massima
parte
sono
figlioli
di
contadini
,
di
operai
e
appartengono
in
maggioranza
al
Politecnico
.
Al
Politecnico
ci
vanno
i
figli
degli
operai
,
dei
contadini
:
allora
tu
vedi
questi
ragazzini
,
che
non
sono
come
i
nostri
studenti
,
con
le
camicie
pulite
,
il
golf
stirato
di
fresco
,
le
scarpe
pulite
,
ma
sono
brutti
e
sembrano
i
contadini
che
alla
domenica
vanno
al
villaggio
,
come
si
vedevano
in
Italia
venti
o
trent
'
anni
fa
e
forse
anche
oggi
.
E
un
po
'
timidi
,
come
sono
i
contadini
.
Mi
ero
commossa
a
vederli
lì
tutti
ordinati
,
tutti
insieme
.
Questi
ragazzi
s
'
erano
riuniti
nella
piazza
delle
Tre
Culture
,
quello
scorso
venerdì
,
per
commemorare
i
loro
morti
,
perché
avevano
già
avuto
dei
morti
,
un
centinaio
credo
,
dal
ventisei
luglio
,
il
giorno
in
cui
sono
incominciate
le
repressioni
della
polizia
.
Quel
venerdì
c
'
era
la
polizia
,
soltanto
la
polizia
,
non
l
'
esercito
;
era
riunita
però
sulla
terrazza
della
Scuola
numero
7
,
ancora
occupata
dalla
truppe
governative
.
Questa
scuola
si
affaccia
proprio
sulla
piazza
delle
Tre
Culture
.
Dalla
parte
moderna
della
piazza
i
ragazzi
erano
arrivati
,
con
i
loro
cartelli
,
erano
intervervenute
le
madri
dei
ragazzi
ammazzati
dalla
polizia
.
Avevo
conosciuto
in
quell
'
occasione
alcuni
capi
del
Comitato
della
huelga
,
il
comitato
dello
sciopero
,
e
li
avevo
intervistati
.
I
discorsi
erano
tenuti
(
questo
è
importante
perché
è
lì
che
poi
è
successo
il
disastro
ieri
l
'
altro
)
dalla
terrazza
di
un
edificio
,
una
specie
di
grattacielo
popolare
,
che
guarda
proprio
la
piazza
delle
Tre
Culture
.
A
ogni
piano
di
questo
edificio
che
si
chiama
Chihuahua
Building
,
c
'
è
una
grande
terrazza
con
una
balaustra
abbastanza
bassa
e
lì
i
ragazzi
mettevano
degli
altoparlanti
e
parlavano
.
Era
stata
una
manifestazione
,
ripeto
,
commovente
perché
ad
un
certo
punto
c
'
era
stata
la
commemorazione
dei
morti
:
pioveva
,
e
tutti
questi
ragazzi
stavano
immobili
sotto
la
pioggia
,
e
le
madri
dei
ragazzi
morti
stavano
immobili
sotto
la
pioggia
.
Finita
la
manifestazione
,
anzi
durante
il
minuto
di
raccoglimento
per
i
morti
,
qualcuno
aveva
acceso
un
accendino
,
poi
un
altro
,
un
altro
ancora
e
poi
un
altro
ancora
e
s
'
eran
formati
in
tutta
questa
piazza
come
dei
fuochi
,
piccoli
fuochi
fatui
,
dappertutto
c
'
erano
queste
fiammelle
:
fiammelle
e
fiammelle
e
fiammelle
,
di
accendini
e
di
fiammiferi
che
finivano
per
bruciarsi
sulle
dita
.
Finchè
qualcuno
aveva
avuto
l
'
idea
di
arrotolare
dei
giornali
e
farne
delle
fiaccole
e
allora
tutti
si
erano
messi
ad
arrotolare
giornali
e
fare
fiaccole
e
la
manifestazione
s
'
era
sciolta
oserei
dire
pacificamente
con
questa
grande
fiaccolata
.
Capisci
,
avevano
arrotolato
i
giornali
,
erano
andati
via
uno
a
uno
,
una
fila
lunga
lunga
verso
il
ponte
,
queste
torce
accese
,
cantando
le
canzoni
degli
studenti
.
Le
canzoni
dicono
:
«
Goya
,
Goya
.
Cachu
,
cachu
rara
,
cachu
cachu
rara
,
Goya
Goya
Universidad
»
.
Non
vuole
dire
niente
,
sono
dei
suoni
da
bambini
,
questa
è
la
canzone
dell
'
università
;
la
canzone
del
Politecnico
è
:
«
Gueu
,
Gloria
a
la
cachi
cachi
porra
,
a
la
cachi
cachi
porra
Gueu
pin
pon
porra
Politecnico
Politecnico
gloria
»
.
Pensa
un
po
'
che
canzoni
pericolose
.
E
cantando
«
pin
pon
porra
cachu
rara
»
questi
ragazzi
,
con
la
loro
fiaccolata
,
si
allontanarono
e
questa
era
la
pericolosa
manifestazione
che
avrebbe
dovuto
mettere
in
pericolo
la
stabilità
e
l
'
attuazione
delle
Olimpiadi
.
Dopo
questa
manifestazione
il
governo
messicano
decise
di
togliere
le
truppe
dall
'
università
,
che
poi
fu
un
'
evacuazione
parziale
,
gli
studenti
mercoledì
indissero
un
'
altra
manifestazione
,
sempre
nella
piazza
delle
Tre
Culture
;
gli
studenti
mi
dissero
che
questa
era
una
manifestazione
importante
e
sarebbe
stato
bene
se
io
l
'
avessi
vista
,
e
ci
andai
.
(
A
questo
punto
nella
registrazione
si
inserisce
la
voce
di
un
medico
che
domanda
a
Oriana
Fallaci
come
si
sente
.
La
risposta
è
:
«
Mal
,
doctor
,
muy
mal
.
Mi
duole
tutta
la
schiena
»
.
Il
medico
dice
che
le
farà
un
'
iniezione
per
la
notte
.
Il
racconto
riprende
.
)
La
manifestazione
doveva
avvenire
alle
cinque
.
A
un
quarto
alle
cinque
io
ero
lì
nella
piazza
delle
Tre
Culture
e
la
piazza
era
già
piena
a
metà
.
Nelle
varie
terrazze
di
questo
edificio
popolare
che
guarda
la
piazza
,
c
'
erano
già
vari
capi
degli
studenti
ma
una
gran
parte
si
erano
riuniti
nella
terrazza
del
terzo
piano
dove
c
'
erano
gli
altoparlanti
con
le
bandiere
,
le
bandiere
messicane
e
le
bandierine
dello
sciopero
che
sono
rosse
e
nere
.
Sono
per
noi
colori
anarchici
,
per
loro
no
.
Per
i
messicani
la
bandiera
dello
sciopero
è
una
bandiera
rossa
e
nera
;
non
è
né
anarchica
né
non
anarchica
:
è
la
bandiera
dello
sciopero
.
Gli
operai
quando
sono
in
sciopero
innalzano
questa
bandiera
rossa
e
nera
.
Non
sono
anarchici
più
di
quanto
siano
comunisti
o
cattolici
,
liberali
o
che
altro
.
A
un
quarto
alle
cinque
la
piazza
era
già
piena
a
metà
,
io
sono
arrivata
,
sono
salita
sulla
terrazza
del
terzo
piano
e
ho
trovato
Guevara
che
è
uno
dei
capi
,
ho
trovato
Manuel
un
altro
capo
,
un
ragazzo
che
studia
biologia
ed
è
figlio
di
un
contadino
.
Ho
trovato
Manuel
che
è
figlio
di
un
musicista
e
studia
al
Conservatorio
,
ho
trovato
Socrates
,
un
altro
dei
capi
,
e
ho
trovato
Maribilla
una
ragazza
che
studia
,
mi
pare
,
medicina
.
Ho
chiesto
come
si
mettevano
le
cose
,
se
c
'
era
la
polizia
intorno
,
se
si
aspettavano
un
attacco
e
mi
hanno
detto
di
no
,
sembrava
che
la
manifestazione
fosse
tranquilla
.
In
realtà
dalla
terrazza
della
Scuola
numero
7
,
dove
la
settimana
avanti
,
durante
l
'
altra
manifestazione
,
quella
della
fiaccolata
,
avevo
visto
per
tutto
il
tempo
i
granaderos
con
i
mitra
puntati
,
non
c
'
era
niente
,
non
c
'
erano
neanche
i
granaderos
.
Intanto
la
piazza
si
riempiva
in
un
modo
incredibile
:
guarda
,
nel
giro
di
dieci
minuti
io
credo
che
siano
arrivate
tremila
,
quattromila
persone
,
perché
ad
un
certo
punto
c
'
erano
almeno
seimila
persone
.
Mentre
la
piazza
si
riempiva
è
arrivato
Angel
,
un
altro
ragazzo
dei
capi
del
Comitato
generale
dello
sciopero
;
sembrava
molto
turbato
e
mi
ha
detto
:
«
Sai
,
sono
in
ritardo
perché
quasi
tutta
la
piazza
a
tre
o
quattro
chilometri
da
qui
è
circondata
di
autoblindo
e
di
camion
:
a
un
certo
punto
c
'
è
una
strada
sbarrata
,
mi
sembra
che
fosse
la
strada
Manuel
Gonzales
,
sbarrata
con
ben
trenta
camion
carichi
di
soldati
con
le
mitragliatrici
e
non
lasciano
passare
nessuno
.
Ho
dovuto
fare
un
lungo
giro
e
per
questo
sono
arrivato
in
ritardo
»
.
Ora
sono
confusa
,
faccio
male
il
racconto
.
Dopo
la
manifestazione
i
ragazzi
volevano
andare
a
una
delle
scuole
del
Politecnico
che
è
ancora
occupata
dall
'
esercito
,
capito
?
Volevano
andare
a
fare
una
manifestazione
lì
.
Quando
Angel
è
arrivato
,
dicendo
che
c
'
era
l
'
esercito
e
la
polizia
schierata
dappertutto
,
i
ragazzi
tra
di
loro
si
sono
riuniti
e
hanno
deciso
di
non
andare
più
perché
,
hanno
detto
,
se
andiamo
tutti
lì
dove
ci
stanno
aspettando
con
i
bazooka
sembra
che
vogliamo
provocarli
.
Al
che
io
gli
ho
detto
per
carità
non
andate
,
non
lo
fate
,
lasciate
perdere
,
è
inutile
,
è
una
bravata
superflua
,
non
ci
andate
.
Allora
il
Socrates
è
andato
al
microfono
,
in
questa
piazza
che
continuava
a
riempirsi
,
e
ha
detto
:
«
Compañeros
,
abbiamo
cambiato
idea
,
volevamo
andare
a
manifestare
davanti
alla
scuola
.
Non
ci
andiamo
più
,
perché
l
'
esercito
ci
sta
aspettando
con
le
autoblindo
,
con
i
bazooka
.
Andarci
è
una
provocazione
inutile
,
per
cui
mi
raccomando
,
compañeros
,
appena
la
nostra
riunione
sarà
conclusa
disperdetevi
e
andate
alle
nostre
case
»
.
La
folla
,
i
ragazzi
rumoreggiavano
un
po
'
:
erano
un
po
'
delusi
;
ma
era
evidente
che
avevano
deciso
di
rinunciare
alla
sfilata
in
direzione
della
scuola
,
mi
pare
fosse
la
scuola
di
Economia
e
Commercio
.
Hanno
incominciato
la
riunione
vera
e
propria
.
I
discorsi
sono
stati
aperti
dalla
ragazzina
Maribilla
la
qualche
ha
detto
:
«
L
'
esercito
ha
evacuato
la
nostra
lotta
fino
all
'
applicazione
di
tutti
i
sei
punti
»
.
La
Maribilla
è
una
ragazzina
di
circa
diciotto
anni
,
graziosina
,
un
po
'
sciupata
da
un
labbro
leporino
,
gentile
,
un
po
'
timida
,
parlava
con
una
vocina
che
sembrava
un
uccellino
:
anche
con
l
'
altoparlante
non
si
sentiva
niente
.
Dopo
ha
preso
la
parola
Socrates
,
che
sembra
un
bambino
coi
baffi
,
ha
la
faccia
di
un
bambino
,
come
quella
di
Emiliano
Zapata
,
ha
diciotto
-
diciannove
anni
e
questi
immensi
baffi
che
è
tutto
quello
che
gli
è
rimasto
dei
capelloni
lunghi
perché
i
ragazzi
fino
all
'
agosto
scorso
avevano
i
capelli
lunghi
,
non
perché
volessero
fare
gli
hippies
,
non
perché
volessero
imitare
i
Beatles
,
ma
perché
c
'
è
una
tradizione
al
Messico
che
i
rivoluzionari
hanno
i
capelli
lunghi
.
Così
fino
a
poco
tempo
fa
,
i
ragazzi
portavano
tutti
i
capelli
lunghi
.
Quando
la
polizia
ha
cominciato
a
fotografarli
,
a
seguirli
,
ad
arrestarli
,
c
'
è
stata
una
ecatombe
di
capelli
lunghi
e
di
baffoni
e
l
'
unico
che
non
ha
voluto
rinunciare
ai
baffi
è
stato
il
Socrates
,
poveretto
,
che
con
i
suoi
baffoni
è
andatati
lì
al
microfono
e
ha
detto
:
«
Compagni
,
questa
è
una
manifestazione
pacifica
,
noi
oggi
l
'
abbiamo
indetta
innanzitutto
per
festeggiare
l
'
evacuazione
della
nostra
università
da
parte
delle
truppe
governative
,
poi
per
chiedere
che
il
resto
delle
scuole
secondarie
vengano
anch
'
esse
liberate
dalla
presenza
dei
soldati
e
infine
per
indurre
i
compañeros
a
cominciare
,
a
partire
da
lunedì
,
uno
sciopero
della
fame
,
per
dimostrare
che
noi
non
vogliamo
attaccare
nessuno
.
Cerchiamo
d
'
ora
innanzi
dei
sistemi
pacifici
.
Lunedì
cominceremo
,
chiunque
vorrà
partecipare
a
questo
sciopero
della
fame
si
sistemerà
nella
città
universitaria
dinnanzi
alla
piscina
olimpica
che
farà
lo
sciopero
della
fame
fino
alla
fine
delle
Olimpiadi
»
.
Socrates
aveva
appena
finito
di
parlare
,
che
un
elicottero
ha
cominciato
a
volare
sopra
la
piazza
,
un
elicottero
verde
dell
'
esercito
,
in
cerchi
concentrici
,
sempre
più
bassi
,
sempre
più
bassi
.
Io
mi
sono
preoccupata
e
ho
detto
a
Manuel
:
che
cos
'
è
questa
storia
?
Lui
mi
ha
risposto
di
non
preoccuparmi
;
i
ragazzi
non
erano
eccitati
,
erano
tranquilli
,
quieti
.
Mentre
si
discuteva
della
presenza
dell
'
elicottero
,
l
'
elicottero
ha
lanciato
due
bengala
verdi
.
Ora
,
venendo
dal
Vietnam
,
so
benissimo
che
tutte
le
volte
che
un
elicottero
o
un
aereo
butta
giù
un
bengala
,
è
perché
vuole
localizzare
il
punto
da
colpire
.
Allora
io
mi
sono
preoccupata
e
ho
detto
subito
a
questi
ragazzi
:
guardate
che
sta
buttando
i
bengala
,
se
butta
giù
i
bengala
vuol
dire
che
hanno
intenzione
di
sparare
.
Ma
loro
non
mi
hanno
preso
sul
serio
.
Siccome
sapevano
che
ero
stata
in
Vietnam
hanno
detto
:
«
Eh
,
tù
ves
las
cosas
come
en
Vietnam
»
.
Non
avevano
finito
di
parlare
che
si
è
sentito
un
gran
fracasso
,
un
grande
rumore
di
camion
e
di
carri
armati
e
la
piazza
è
stata
letteralmente
circondata
dalle
quattro
parti
,
perché
l
'
edificio
dove
eravamo
noi
,
questo
terzo
piano
dove
c
'
erano
gli
studenti
,
guarda
la
piazza
,
quindi
da
qualsiasi
parte
si
guardasse
,
si
vedevano
arrivare
camion
e
autoblindo
.
Sul
fondo
,
di
fronte
all
'
edificio
,
c
'
è
una
specie
di
cavalcavia
e
si
sono
piantati
su
questo
cavalcavia
.
I
camion
si
sono
aperti
,
cioè
la
parte
posteriore
dei
camion
,
i
soldato
si
sono
buttati
giù
sparando
.
Ma
non
sparando
in
aria
,
sparando
in
basso
,
i
fucili
non
li
tenevano
in
alto
,
li
tenevano
in
basso
.
Per
due
o
tre
minuti
siamo
rimasti
sbalorditi
,
allibiti
quasi
,
per
questa
cosa
;
questa
cosa
era
un
incubo
,
era
al
di
là
dell
'
assurdo
perché
non
era
successo
niente
che
potesse
giustificare
l
'
arrivo
di
queste
truppe
.
Stavano
dicendo
che
volevano
indire
lo
sciopero
della
fame
lunedì
!
I
ragazzi
hanno
cominciato
a
scappare
.
Socrates
,
non
essendosi
ancora
reso
conto
che
stavano
sparando
veramente
alla
folla
,
è
andato
al
microfono
e
ha
detto
:
«
Compañeros
,
compañeros
,
calma
calma
calma
,
es
una
provocaciòn
,
es
una
provocaciòn
!
»
.
Ma
loro
continuavano
a
scappare
,
volevano
venire
in
avanti
,
E
ad
un
tratto
ho
cominciato
a
vederli
cadere
,
sai
quando
vai
a
caccia
e
le
lepri
corrono
,
come
fanno
le
lepri
quando
le
colpisci
,
fanno
una
specie
di
capriola
e
poi
restano
lì
.
Da
lontano
si
vedevano
piccoli
,
e
si
vedevano
queste
lepri
,
che
correvano
e
facevano
una
capriola
,
bom
!
E
restavano
in
terra
.
Io
ero
immobilizzata
,
letteralmente
immobilizzata
al
balcone
e
guardavo
la
confusione
violenta
,
tremenda
che
era
scoppiata
e
sentivo
Socrates
che
stava
raccomandando
alla
folla
la
calma
:
ma
non
so
che
razza
di
calma
potesse
raccomandare
a
questo
punto
perché
erano
già
cominciati
a
cadere
i
primi
morti
.
Davanti
a
me
c
'
era
la
piazza
,
la
grande
piazza
rettangolare
che
dalla
nostra
parte
,
dove
eravamo
noi
,
finisce
in
una
grande
scalinata
.
Ora
c
'
è
una
cosa
ti
voglio
spiegare
,
ti
ricordi
nel
film
della
corazzata
Potiomkin
quella
scena
della
folla
che
scappa
per
quella
scalinata
e
restano
quelle
donne
,
quei
bambini
,
tutti
ciondoloni
,
ecco
sembrava
la
corazzata
Potiomkin
,
questa
scalinata
ripida
dove
restavano
tutti
in
giù
,
a
testa
in
giù
,
era
una
cosa
spaventosa
.
Noi
eravamo
chiusi
in
trappola
,
ci
eravamo
resi
conto
benissimo
che
stavano
puntando
verso
di
noi
,
verso
il
terzo
«
piso
»
,
il
terzo
piano
,
dove
c
'
erano
gli
altoparlanti
,
ma
ho
capito
anche
che
non
c
'
era
nulla
da
fare
.
Voglio
dire
ho
fatto
il
movimento
di
andare
verso
l
'
ascensore
,
ma
l
'
ascensore
era
stato
bloccato
,
capisci
,
nello
stesso
momento
la
Maribilla
che
era
scesa
giù
,
è
arrivata
gridando
,
chiamando
Angel
,
e
Angel
è
sceso
giù
al
piano
terreno
e
quando
è
sceso
giù
al
piano
terreno
ha
trovato
decine
,
decine
,
decine
di
poliziotti
in
borghese
che
hanno
cominciato
a
gridare
«
figlio
de
chingada
»
,
«
hijo
de
puta
»
,
«
figlio
di
cane
»
,
«
donde
vas
hijo
de
chingada
»
,
allora
Angel
e
gli
altri
dicevano
«
Abajo
,
abajo
!
»
e
allora
loro
hanno
detto
«
Arriva
,
arriba
!
»
e
li
hanno
mandati
su
.
Io
mi
sono
girata
voltando
le
spalle
al
massacro
che
era
cominciato
nella
piazza
e
ho
visto
piombare
,
come
nei
film
,
una
quarantina
,
una
cinquantina
prima
,
poi
una
sessantina
di
uomini
di
mezza
età
in
borghese
,
in
camicia
,
avevano
tutti
la
camicia
bianca
,
la
mano
sinistra
dentro
un
guanto
bianco
,
oppure
fasciata
in
un
fazzoletto
bianco
,
era
per
riconoscersi
,
perché
erano
in
borghese
.
Sono
entrati
sparando
,
hanno
cominciato
a
sparare
con
queste
rivoltelle
dappertutto
,
non
addosso
alla
gente
,
devo
dire
,
ma
per
terra
dappertutto
,
e
agguantando
la
gente
.
Socrates
è
scomparso
,
io
non
l
'
ho
più
visto
Socrates
,
Angel
era
già
scomparso
prima
,
quando
la
Maribilla
era
venuta
a
dire
che
c
'
erano
i
poliziotti
.
Io
mi
sono
ritrovata
insieme
a
Moises
,
che
è
un
ragazzino
del
Politecnico
,
figlio
di
un
contadino
,
a
Manuel
,
un
amico
mio
,
e
ho
guardato
i
poliziotto
venire
avanti
,
in
uno
stato
di
totale
stupore
,
anche
se
per
stupire
me
ce
ne
vuole
parecchio
e
per
stupirmi
dopo
che
avevo
visto
quello
che
stava
succedendo
nella
piazza
,
quel
piombare
senza
ragione
,
ce
ne
voleva
ancora
di
più
.
Ma
era
talmente
pazzo
il
piombare
di
questi
qua
,
che
li
guardavo
sbalordita
.
Una
guardia
mi
ha
preso
pei
capelli
,
io
ho
i
capelli
lunghi
,
mi
ha
agguantata
per
i
capelli
,
sai
come
nelle
vignette
dell
'
uomo
delle
caverne
che
agguanta
la
donna
per
i
capelli
,
e
prendendomi
pei
capelli
(
io
credo
che
gliene
siano
rimasti
un
bel
po
'
in
mano
)
,
mi
ha
fatto
fare
mulinello
,
mi
ha
letteralmente
scaraventata
contro
il
muro
.
Sono
rimasta
qualche
secondo
stordita
,
naturalmente
.
Non
so
se
avete
capito
com
'
era
la
terrazza
.
C
'
è
questa
terrazza
grande
,
con
le
scale
dalle
parti
,
poi
c
'
è
il
muro
con
i
due
ascensori
e
poi
c
'
è
la
balaustra
.
Lui
m
'
ha
buttato
contro
il
muro
dalla
parte
dove
ci
sono
gli
ascensori
.
Quando
mi
sono
ripresa
mi
sono
trovata
da
Moises
e
Manuel
,
gli
altri
erano
spariti
,
nello
sfondo
c
'
erano
altri
,
giornalisti
tedeschi
,
olandesi
,
c
'
era
un
giapponese
,
dei
francesi
,
eccetera
.
E
questo
qui
che
gridava
«
Detenidos
,
detenidos
,
detenidos
!
»
,
cioè
arrestati
,
arrestati
,
arrestati
.
Io
sono
rimasta
in
piedi
.
Intanto
continuava
la
sparatoria
nella
piazza
,
ma
non
era
ancora
una
sparatoria
violenta
.
Io
ho
detto
una
parola
:
«
Yo
italiana
»
.
Chissà
perché
ho
detto
italiana
,
mi
è
venuto
così
per
istinto
di
sopravvivenza
,
non
lo
so
.
Quello
ha
preso
e
mi
ha
messo
la
rivoltella
alla
tempia
.
A
questo
punto
,
ti
dico
la
verità
,
io
avrei
voluto
dire
periodista
,
giornalista
,
ma
non
sono
riuscita
a
dirlo
,
con
quella
pistola
puntata
alla
tempia
e
col
pensiero
che
se
avessi
voluto
tentare
di
dimostrarlo
,
non
avrei
neanche
potuto
,
perché
far
vedere
un
documento
,
soltanto
mettere
la
mano
nella
tasca
della
giacchetta
(
avevo
i
pantaloni
e
la
giacchetta
)
e
tirar
fuori
un
documento
voleva
dire
farti
sparare
,
perché
si
dovevano
tenere
le
mani
quelli
lì
facevano
partire
un
colpo
.
Ci
hanno
fatto
mettere
Dunque
sta
'
a
sentire
:
loro
ci
hanno
fatto
mettere
al
muro
.
Devo
dire
che
fino
a
quel
momento
,
malgrado
la
tremenda
sparatoria
fosse
già
cominciata
,
io
non
ero
spaventata
,
un
po
'
perché
c
'
era
Manuel
,
questo
ragazzo
che
continuava
a
dire
:
«
Lo
fanno
per
ragioni
psicologiche
»
,
un
po
'
perché
ero
andata
a
intervistare
il
capo
della
polizia
,
quel
generale
Queto
di
cui
gli
studenti
chiedono
le
dimissioni
insieme
allo
scioglimento
del
corpo
dei
granaderos
.
Ero
stata
ricevuta
da
questo
signore
nel
suo
bellissimo
ufficio
ed
egli
aveva
incominciato
a
intrattenermi
a
lungo
sui
vini
italiani
,
sul
fatto
che
a
lui
piace
il
Bardolino
e
il
Chianti
meno
,
che
c
'
è
un
ristorante
che
si
chiama
Mamma
Roma
,
Mamma
Maria
,
non
mi
ricordo
come
a
New
York
.
Quando
poi
gli
avevo
posto
delle
domande
precise
,
gli
avevo
chiesto
spiegazioni
sul
fatto
che
la
polizia
attaccava
gli
studenti
,
sparava
sulla
popolazione
,
con
aria
tranquilla
mi
aveva
detto
:
«
Ma
no
,
ma
nada
,
no
pasa
nada
,
no
pasa
nada
nunca
,
mentira
,
mentira
»
.
E
aveva
aggiunto
:
«
Lei
ha
visto
che
anche
l
'
ultima
volta
vi
è
stata
la
manifestazione
alla
piazza
delle
Tre
Culture
,
non
è
successo
niente
»
.
Ed
era
vero
che
non
era
successo
niente
,
capisci
.
Così
io
non
ero
eccessivamente
spaventata
.
Il
capo
stesso
della
polizia
mi
aveva
rassicurata
.
La
mia
sola
preoccupazione
era
data
,
devo
dire
,
dalla
presenza
di
questi
poliziotti
in
borghese
con
il
guanto
bianco
per
riconoscersi
,
con
le
pistole
puntate
.
Intanto
la
sparatoria
si
era
fatta
ancora
più
intensa
.
Le
raffiche
partivano
dalle
mitragliatrici
delle
autoblindo
,
che
circondavano
la
piazza
,
e
dai
mitragliatori
e
dai
fucili
automatici
dell
'
esercito
,
e
dai
granaderos
,
i
granatieri
che
qui
chiamano
granaderos
,
e
infine
da
questo
elicottero
che
si
abbassava
sempre
di
più
,
capisci
,
e
sparava
sulla
folla
ormai
sparsa
per
tutta
la
piazza
e
sulla
terrazza
dove
eravamo
noi
.
Ho
spiegato
che
su
questa
terrazza
l
'
unico
punto
in
cui
si
poteva
cercare
un
pochino
di
protezione
era
sotto
la
balaustra
,
sotto
il
muricciolo
,
e
sotto
il
muricciolo
si
sono
messi
tutti
questi
poliziotti
col
guanto
bianco
e
le
rivoltelle
in
pugno
,
puntate
contro
di
noi
e
noi
,
che
eravamo
i
detenidos
,
gli
arrestati
,
siamo
stati
messi
invece
dalla
parte
del
muro
.
Così
eravamo
un
bellissimo
bersaglio
per
quelli
che
sparavano
dalla
piazza
,
dall
'
elicottero
,
eravamo
un
bersaglio
per
tutti
.
(
A
questo
punto
la
voce
di
Oriana
Fallaci
si
interrompe
.
Quando
si
riprende
dice
:
«
Scusami
,
ferma
un
momento
il
magnetofono
che
mi
sento
male
,
molto
male
.
Mi
sento
morire
»
)
Ecco
,
riprendiamo
.
Vedi
,
quando
io
dico
che
era
peggio
che
nel
Vietnam
,
voglio
dire
che
nel
Vietnam
,
quando
sei
dentro
una
battaglia
,
cerchi
di
ripararti
,
di
salvarti
,
ti
butti
in
un
buco
,
ti
butti
in
un
bunker
,
ti
ripari
dietro
qualche
cosa
e
mentre
fai
questo
non
c
'
è
mica
un
poliziotto
con
la
rivoltella
spianata
che
te
lo
impedisce
.
E
non
potevi
trovare
nessun
rifugio
,
non
potevi
entrare
in
nessun
buco
,
non
c
'
era
nessun
bunker
nel
quale
ti
potevi
rifugiare
e
tutte
le
volte
che
cercavi
di
muoverti
di
un
millimetro
da
quel
muro
maledetto
che
costituiva
il
bersaglio
principale
e
contro
il
quale
ci
avevano
messi
e
cercavi
di
andare
un
pochino
più
in
là
dove
c
'
era
il
muricciolo
,
questi
poliziotti
distesi
per
terra
ti
sparavano
addosso
,
capisci
?
Sparavano
contro
il
muro
.
Hanno
sparato
due
o
tre
volte
nel
muro
!
Hanno
sparato
nell
'
ascensore
due
o
tre
volte
.
In
questa
sparatoria
tremenda
,
mi
cadevano
i
bossoli
tutto
d
'
intorno
.
A
un
certo
punto
io
ho
detto
:
«
Por
favor
,
por
favor
quiero
me
haga
venir
,
me
haga
venir
cerca
,
cerca
!
»
,
gliel
'
ho
detto
anche
in
inglese
:
«
Please
,
please
let
me
come
there
,
please
please
here
is
too
dangerous
,
too
bad
,
please
»
:
per
favore
qui
è
troppo
pericoloso
,
lasciatemi
venire
lì
.
Ma
loro
mi
rispondevano
puntandomi
l
'
arma
contro
e
sparando
nel
muro
.
Quindi
io
non
mi
potevo
muovere
,
comprendi
,
non
mi
potevo
muovere
assolutamente
.
L
'
incubo
per
cui
io
alla
notte
mi
sveglio
come
impazzita
è
questo
,
è
un
incubo
da
racconto
di
Poe
.
C
'
è
il
fuoco
da
tutte
le
parti
,
sei
inseguito
come
uno
scorpione
circondato
dal
fuoco
,
che
non
soltanto
ti
sparano
da
tutte
le
parti
ma
non
puoi
neanche
metterti
in
salvo
perché
quando
fai
un
movimento
per
metterti
in
salvo
te
lo
impediscono
e
ti
sparano
addosso
.
Poi
qualcuno
deve
avermi
dato
l
'
ispirazione
per
togliermi
da
quella
posizione
terribile
,
lì
in
piedi
,
a
fare
da
bersaglio
.
A
un
bel
momento
ho
finto
di
svenire
,
sicché
sono
calata
giù
come
uno
straccio
,
gli
altri
hanno
fatto
lo
stesso
e
quelli
ci
hanno
lasciato
fare
.
Allora
siamo
rimasti
in
quel
modo
sdraiati
a
pancia
a
terra
.
Io
mi
trovavo
fra
questi
due
studenti
,
questo
Moises
e
questo
Manuel
:
Moises
è
rimasto
subito
ferito
alla
mano
perché
ho
visto
che
la
mano
era
tutta
insanguinata
.
Manuel
cercava
di
proteggermi
e
quando
la
polizia
si
è
accorta
che
lui
cercava
di
proteggermi
un
poliziotto
ha
incominciato
a
gridare
perché
ci
staccassimo
.
Per
quanto
possibile
cercava
di
proteggermi
,
mi
teneva
le
mani
sulla
testa
,
e
mi
tenevo
anch
'
io
le
mani
sulla
testa
.
La
polizia
allora
,
sempre
puntando
le
rivoltelle
,
ha
ordinato
a
lui
di
staccarsi
e
a
tutti
e
due
e
anche
a
Moises
di
alzare
le
mani
in
modo
che
non
ci
potevamo
neanche
proteggere
la
testa
dalle
schegge
.
Niente
,
capisci
:
è
questa
la
cosa
meravigliosa
.
Quando
Manuel
si
è
staccato
da
me
e
Moises
si
è
staccato
,
io
centimetro
per
centimetro
,
perché
stavo
tutta
distesa
bocconi
sullo
stomaco
,
perché
mi
sentivo
più
sicura
,
ho
cominciato
a
scivolare
lungo
il
muro
e
sono
riuscita
a
spostarmi
di
un
metro
indietro
mentre
questo
poliziotto
gridava
e
mi
puntava
la
rivoltella
.
Questo
movimento
è
stato
quello
che
mi
ha
salvato
,
perché
se
no
la
pallottola
mi
sarebbe
arrivata
nella
testa
anziché
nelle
spalle
.
La
sparatoria
era
ininterrotta
,
ho
detto
che
sparavano
da
tutte
le
parti
mentre
noi
eravamo
sempre
sotto
le
rivoltelle
della
polizia
.
A
un
certo
punto
l
'
elicottero
si
è
abbassato
,
si
è
sentita
una
grande
raffica
e
io
ho
avvertito
come
due
o
tre
pezzi
di
sasso
che
si
abbattevano
sopra
di
me
e
un
coltello
che
mi
entrava
nella
schiena
.
Il
coltello
era
la
scheggia
della
pallottola
dell
'
elicottero
che
si
è
fermata
a
pochi
millimetri
dalla
colonna
vertebrale
.
Un
'
altra
scheggia
è
entrata
nel
ginocchio
sinistro
e
mi
ha
squarciato
tutta
la
gamba
in
quel
punto
,
però
ho
avuto
questa
fortuna
incredibile
che
il
professor
Viale
ha
definito
una
fortuna
scandalosa
perché
è
andata
a
incastrarsi
tra
l
'
arteria
principale
e
tutti
i
legamenti
nervosi
e
la
vena
,
senza
tagliare
né
l
'
una
né
l
'
altra
.
Un
'
altra
ancora
è
entrata
nella
coscia
.
È
entrata
da
una
parte
ed
è
uscita
educatamente
da
quell
'
altra
,
senza
fare
nulla
,
lasciando
solo
due
o
tre
schegge
che
risultano
dalla
radiografia
ma
che
non
possono
togliere
.
Resteranno
sempre
lì
tanto
non
mi
danno
noia
e
io
le
tengo
come
ricordo
.
StampaPeriodica ,
Gli
studenti
italiani
protestano
.
Ormai
non
passa
giorno
senza
che
la
cronaca
non
registri
l
'
occupazione
d
'
una
facoltà
,
la
sospensione
d
'
un
corso
di
studi
,
le
dimissioni
d
'
un
rettore
o
d
'
un
preside
,
gli
scontri
con
la
polizia
.
Vogliono
la
riforma
dell
'
università
.
Vogliono
che
finisca
la
guerra
in
Vietnam
.
Vogliono
il
potere
studentesco
.
Vogliono
la
rivoluzione
.
Sono
contro
l
'
America
,
contro
la
civiltà
dei
consumi
,
contro
i
partiti
(
comunisti
compresi
)
,
contro
il
governo
,
contro
il
sistema
:
soprattutto
contro
il
sistema
.
La
loro
e
una
"
contestazione
globale
del
sistema
"
.
Da
almeno
un
paio
danni
questi
fermenti
agitavano
le
masse
studentesche
,
ma
negli
ultimi
tre
mesi
sono
esplosi
.
Prima
si
poteva
anche
fingere
che
non
stesse
succedendo
niente
all
'
università
.
Oggi
non
si
può
più
.
E
d
'
altra
parte
il
fenomeno
non
è
isolato
:
quello
che
accade
nelle
università
italiane
non
è
che
la
ripetizione
puntuale
di
quanto
avviene
a
Berkeley
,
a
Berlino
,
a
Parigi
,
a
Bruxelles
,
a
Madrid
,
e
perfino
,
a
Praga
e
a
Mosca
.
Per
non
parlar
di
Pechino
.
In
ogni
paese
con
spunti
diversi
,
con
occasioni
diverse
,
ma
con
un
unico
obbiettivo
,
che
è
appunto
di
"
contestare
il
sistema
"
.
Ciascuno
contesta
il
proprio
,
il
che
fai
sì
che
questi
giovani
siano
,
in
ogni
paese
,
all
'
opposizione
,
senza
compromessi
,
senza
mezze
misure
.
E
soprattutto
senza
indulgenze
,
il
che
li
porta
a
rifiutare
solidarietà
non
richieste
,
e
qualche
volta
offerte
più
per
amore
della
moda
che
per
convinta
adesione
.
Quando
il
movimento
,
in
autunno
,
entrò
nella
sua
fase
acuta
,
le
autorità
(
e
cioè
i
rettori
,
i
professori
,
i
genitori
,
e
poi
il
governo
e
i
partiti
)
tentarono
da
prima
di
blandire
questi
ragazzi
riottosi
.
«
Certo
»
dicevano
i
più
illuminati
«
gli
studenti
hanno
ragione
.
La
scuola
italiana
è
vecchia
di
cent
'
anni
.
I
metodi
son
poco
meno
che
borbonici
,
le
attrezzature
insufficienti
,
la
mancanza
di
spazio
paurosa
,
l
'
assenteismo
di
molti
insegnanti
indecoroso
.
Le
rivendicazioni
ali
questi
ragazzi
sono
sacrosante
.
Bisogna
stare
dalla
loro
parte
,
aiutarli
a
vincere
»
.
Poi
s
'
è
visto
che
il
metodo
"
blando
"
non
serviva
a
niente
,
se
lo
scopo
di
chi
lo
usava
era
quello
di
"
costituzionalizzare
"
il
movimento
,
perché
il
movimento
cresceva
d
'
intensità
e
si
diffondeva
sempre
di
più
,
e
perché
gli
studenti
passavano
rapidamente
dalle
rivendicazioni
settoriali
a
temi
di
protesta
assai
più
generali
.
È
accaduto
allora
che
,
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
le
distanze
crescessero
e
le
possibilità
di
comprendersi
diminuissero
fino
a
ridursi
rapidamente
a
zero
.
Fin
quando
,
negli
ultimi
tempi
,
la
protesta
studentesca
è
arrivata
a
mettere
in
discussione
l
'
intera
struttura
economica
,
culturale
e
ideologica
della
società
italiana
,
scontrandosi
addirittura
col
partito
comunista
,
accusato
di
"
gradualismo
"
,
ed
eleggendo
Mao
e
Guevara
ad
unici
capi
spirituali
del
movimento
.
Ormai
sono
assai
pochi
quei
professori
(
anche
tra
i
più
aperti
)
disposti
a
far
proprie
le
tesi
dei
comitati
di
agitazione
studentesca
,
e
sono
pochissimi
gli
studenti
"
rivoluzionari
"
disposti
a
dar
credito
all
'
intellettuale
di
"
sinistra
"
,
anche
se
questi
abbia
alle
sue
spalle
un
passato
che
parla
per
lui
(
il
caso
di
Moravia
e
il
dibattito
da
noi
pubblicato
la
scorsa
settimana
tra
lui
e
un
gruppo
di
studenti
sono
significativi
di
questa
situazione
,
impensabile
fino
a
sei
mesi
fa
)
.
Il
movimento
studentesco
è
isolato
.
S
'
è
radicalizzato
,
si
è
esteso
,
ha
individuato
con
chiarezza
i
suoi
obbiettivi
,
ma
ha
perso
i
collegamenti
con
il
grosso
della
sinistra
.
Gli
è
accaduto
qualcosa
di
simile
a
quanto
avvenne
l
'
anno
scorso
al
movimento
negro
in
America
.
Il
"
Black
power
"
(
di
cui
non
a
caso
i
comitati
d
'
agitazione
studentesca
riecheggiano
gli
slogans
)
è
diventato
forte
ma
si
è
isolato
.
In
un
certo
senso
,
è
diventato
forte
perché
sai
è
isolato
.
Agli
studenti
sta
accadendo
la
medesima
cosa
.
Riuscirà
la
sinistra
italiana
a
riassorbire
e
ad
utilizzare
costruttivamente
il
movimento
studentesco
?
Riuscirà
a
farne
l
'
elemento
propulsivo
d
'
una
politica
,
la
forza
d
'
urto
e
di
trasformazione
d
'
un
sistema
che
appare
sempre
meno
capace
di
autoriformarsi
?
Finora
non
si
vedono
segni
che
diano
adito
a
speranze
in
questa
direzione
.
La
sinistra
tradizionale
,
cioè
i
tradizionali
partiti
che
la
compongono
,
hanno
cercato
(
senza
riuscirvi
affatto
)
di
non
perdere
il
contatto
col
movimento
studentesco
,
largheggiando
in
riconoscimenti
verbali
e
verbosi
,
con
l
'
occhio
ai
possibili
spostamenti
e
alle
possibili
"
frane
"
,
che
potranno
verificarsi
nel
prossimo
maggio
a
causa
del
voto
giovanile
.
La
preoccupazione
elettorale
ha
dominato
su
tutto
.
Così
comunisti
e
socialisti
di
varia
osservanza
hanno
assolto
tutti
gli
errori
,
tutti
gli
eccessi
e
tutte
le
ingenuità
dei
comitati
d
'
agitazione
studenteschi
,
senza
tuttavia
far
propria
nessuna
delle
tesi
politiche
e
ideologiche
cui
l
'
azione
dei
comitati
s
'
ispira
.
Il
governo
di
centro
-
sinistra
ha
,
in
questo
settore
,
registrato
il
più
clamoroso
dei
suoi
non
pochi
fallimenti
.
Era
partito
iscrivendo
la
riforma
della
scuola
,
e
quella
universitaria
in
particolare
,
al
numero
uno
del
suo
programma
.
La
legislatura
si
chiude
senza
che
quelle
leggi
siano
neppure
state
discusse
,
lasciando
la
scuola
e
l
'
università
in
uno
stato
di
caos
pauroso
,
e
con
scarsissime
speranze
per
l
'
avvenire
.
Eppure
tutti
sanno
perfettamente
che
una
società
e
una
classe
dirigente
sono
esattamente
quelle
che
la
scuola
forma
o
,
per
dirla
in
altre
parole
,
che
ogni
classe
dirigente
ha
la
scuola
che
si
merita
.
Ci
sono
tanti
problemi
di
terribile
importanza
da
affrontare
nell
'
immediato
futuro
.
Quello
del
movimento
studentesco
e
d
'
una
riconciliazione
di
sostanza
tra
i
giovani
e
la
sinistra
politica
,
non
e
certo
uno
dei
minori
né
dei
più
semplici
.
StampaQuotidiana ,
È
morto
Corrado
Alvaro
.
Il
mio
primo
ricordo
di
lui
risale
al
tempo
in
cui
-
sradicato
dalla
nativa
Calabria
,
ventenne
,
mutilato
sul
Carso
,
fatto
esperto
da
una
prima
esperienza
giornalistica
al
«
Carlino
»
di
Bologna
e
poi
al
«
Corriere
della
Sera
»
-
arrivò
a
Roma
.
Doveva
essere
fra
il
'19
e
il
'20
.
Le
date
precise
non
contano
,
nel
ricordo
:
ma
il
colore
del
.
tempo
,
la
stagione
della
storia
.
Erano
giorni
decisivi
,
nel
senso
morale
,
soprattutto
per
la
generazione
dei
giovani
e
per
il
maturare
o
per
il
doloroso
frangersi
o
corrompersi
delle
loro
intelligenze
e
delle
loro
speranze
.
Giorni
decisivi
anche
per
l
'
arte
e
per
la
letteratura
,
e
non
solamente
in
Italia
.
Per
quanto
Marinetti
fosse
di
parere
contrario
,
il
futurismo
era
già
da
tempo
avviato
al
tramonto
.
Non
si
considerava
possibile
il
rinascere
dei
movimenti
fiorentini
della
«
Voce
»
di
«
Lacerba
»
.
«
La
Ronda
»
parlava
di
un
ritorno
all
'
ordine
,
riunendo
nelle
sue
pagine
le
prose
di
alta
solennità
di
Cardarelli
,
i
saggi
teatrali
di
Riccardo
Bacchelli
,
la
tempesta
immaginifica
del
grande
«
barocco
»
di
Bruno
Barilli
.
Era
una
stagione
molto
singolare
.
D
'
Annunzio
aveva
trovato
una
nuova
clausura
fra
gli
ulivi
del
lago
di
Garda
.
Grazia
Deledda
scriveva
con
regolarità
i
suoi
romanzi
,
lavorando
dalle
nove
alle
undici
del
mattino
in
una
modesta
villetta
impiegatizia
di
via
Porto
Maurizio
,
sulla
stessa
tavola
dove
avrebbe
poi
steso
la
tovaglia
per
la
colazione
della
sua
famiglia
.
Luigi
Pirandello
era
ancora
catalogato
fra
i
cosiddetti
«
scrittori
ameni
»
.
Federigo
Tozzi
entrava
da
Aragno
solo
per
uscirne
in
preda
a
un
violento
corruccio
.
Odiava
-
e
lo
dichiarava
-
le
chiacchiere
.
Fra
i
ragazzi
di
quegli
anni
-
che
forse
davano
un
po
'
presuntuosamente
del
«
tu
»
a
tutti
-
il
giovane
Alvaro
era
già
«
qualcuno
»
.
Le
sue
poesie
di
ispirazione
militare
-
le
Poesie
grigioverdi
,
stampate
da
un
libraio
editore
che
aveva
bottega
a
due
passi
da
Aragno
in
via
delle
Convertite
-
lo
avevano
reso
noto
.
Quei
versi
erano
stati
scritti
nella
corsia
di
un
ospedale
militare
,
a
Bologna
,
dove
il
sottotenente
Alvaro
-
bel
nome
romantico
e
spagnolesco
-
era
andato
a
rieducare
alla
meglio
le
mani
mutilate
.
Si
era
curiosi
,
quando
il
giovanotto
arrivò
a
Roma
,
di
vedere
da
quale
parte
si
sarebbe
indirizzato
,
in
quale
«
scuola
»
si
sarebbe
irreggimentato
,
quale
«
capo
»
avrebbe
scelto
.
Così
si
ragionava
a
diciotto
e
a
diciannove
anni
.
Quello
che
vedemmo
era
un
giovane
che
non
sorrideva
mai
,
o
pochissimo
,
che
aveva
rare
conoscenze
e
non
desiderava
forse
di
averne
.
Accompagnato
talvolta
dalla
giovane
moglie
,
sedeva
a
un
tavolino
appartato
del
famoso
caffè
letterario
,
dove
non
c
'
era
giornalista
che
non
entrasse
per
dare
un
'
occhiata
.
Era
piuttosto
piccolo
di
statura
:
un
vero
fante
,
un
vero
«
soldato
meridionale
»
come
quelli
che
aveva
avuto
vicini
in
guerra
:
ma
dei
«
meridionali
»
,
almeno
come
li
immaginano
i
«
manieristi
»
,
non
aveva
certamente
il
volto
.
Della
sua
terra
dell
'
Aspromonte
,
la
faccia
custodiva
un
'
antica
,
silente
melanconia
:
i
suoi
lineamenti
erano
in
modo
singolare
assomiglianti
a
quelli
di
un
mugik
russo
,
forse
di
un
piccolo
fante
russo
.
Il
suo
viso
sembrava
modellato
dallo
stesso
pollice
che
aveva
plasmato
il
volto
di
Massimo
Gorkij
.
Spesso
«
il
volto
è
l
'
uomo
»
,
è
modellato
dall
'
anima
dell
'
uomo
.
Ce
ne
accorgemmo
quando
ci
accadde
di
leggere
i
primi
racconti
firmati
da
Alvaro
.
La
melanconia
,
la
mestizia
,
la
desolazione
non
hanno
paesi
precisi
.
Il
dolore
umano
è
uguale
nella
steppa
slava
e
sui
monti
di
Calabria
.
Alvaro
veniva
dal
grande
ceppo
del
«
regionalismo
»
italiano
.
Solamente
le
acque
dello
stretto
di
Messina
lo
separavano
da
Giovanni
Verga
.
Era
dello
stesso
sangue
,
letterariamente
,
di
Federigo
Tozzi
,
così
duramente
radicato
fra
le
«
crete
»
senesi
e
i
vicoli
foschi
della
sua
Siena
.
Erano
tempi
,
in
sede
europea
,
di
narrativa
cosmopolita
.
Ma
su
Alvaro
non
operavano
gli
incantesimi
delle
metropoli
e
delle
terre
lontane
.
Il
suo
cuore
era
rimasto
ancorato
ai
monti
di
Calabria
come
quello
di
Grazia
Deledda
ai
sughereti
e
alla
«
tanca
»
della
sua
Sardegna
.
Si
trattava
di
una
fedeltà
poetica
:
la
fedeltà
ai
segreti
miti
tragici
della
povera
gente
nelle
ultime
,
contorte
vallate
dell
'
Appennino
.
In
quel
cerchio
di
ricordi
del
mondo
esplorato
e
vissuto
durante
la
prima
giovinezza
,
Alvaro
doveva
compiere
i
suoi
schietti
,
profondi
,
sicuri
approdi
di
scrittore
.
Nei
romanzi
-
in
quell
'
Uomo
nel
labirinto
,
che
resta
fra
gli
esemplari
della
sua
generazione
,
e
in
quell
'
Uomo
e
forte
pubblicato
molti
anni
dopo
-
la
sua
indagine
si
svolse
in
più
profonde
psicologie
,
in
più
folte
tenebre
,
in
più
complesse
angosce
.
Ma
il
suo
«
mondo
»
trovò
la
sua
definizione
completa
in
quei
racconti
della
sua
terra
che
concludono
,
in
una
misura
degna
del
maestro
e
della
tradizione
,
il
tempo
che
si
iniziò
con
Verga
e
che
ebbe
il
suo
ultimo
fiorire
con
Tozzi
e
con
Alvaro
.
Giornalista
fu
sempre
,
anche
se
negli
ultimi
anni
aveva
potuto
raccogliersi
e
risparmiarsi
in
pagine
e
fatiche
meno
rapidamente
professionali
,
sostando
anche
sui
piani
di
un
suo
meditare
che
si
volgeva
all
'
intimità
di
quella
«
condizione
umana
»
che
con
termine
più
facile
viene
chiamato
il
problema
delle
nuove
società
.
Era
stato
-
negli
anni
della
giovinezza
-
a
Parigi
:
e
più
tardi
in
Russia
.
Non
si
può
dimenticare
ciò
che
egli
seppe
vedere
allora
con
il
suo
sguardo
apparentemente
lento
e
quasi
immoto
.
Le
sue
emozioni
di
viaggiatore
in
mondi
lontani
erano
tutte
in
rapporto
a
una
facoltà
meditativa
che
pareva
derivasse
dal
fondo
greco
che
sta
alla
base
di
ogni
uomo
nato
in
vista
del
Mediterraneo
.
Per
tutta
la
vita
,
fu
un
«
uomo
in
disparte
»
chiuso
negli
stessi
silenzi
,
rotti
da
poche
parole
e
da
improvvisi
affetti
,
che
da
ragazzi
conoscemmo
al
terzo
piano
della
sua
casa
in
via
Sistina
dove
abitava
quasi
di
fronte
alle
finestre
dietro
alle
quali
aveva
vissuto
Gogol
'
.
La
vita
non
gli
era
stata
facile
,
era
stata
talvolta
dura
e
anche
di
alto
dolore
.
Dissentiva
dal
fascismo
,
ma
non
ebbe
,
alla
sua
caduta
,
rancori
o
ironie
.
Del
suo
paese
soffrì
la
tragedia
.
Era
un
animo
nobile
:
un
solitario
.
StampaQuotidiana ,
Costretto
a
vivere
in
uno
studio
da
pittore
,
di
quelli
all
'
antica
con
la
luce
che
piove
verticale
e
accademica
dall
'
alto
,
attraverso
ai
vetri
di
un
lucernario
sul
quale
passa
l
'
ombra
volante
dei
piccioni
e
delle
rondini
,
Bruno
Barilli
s
'
addormentava
con
la
luna
e
le
stelle
che
gli
«
battevano
»
in
faccia
.
Rincasava
a
tarda
ora
,
arrivando
alto
e
spettrale
da
via
del
Babuino
e
da
piazza
del
Popolo
,
dove
non
c
'
era
altra
voce
al
di
fuori
di
quella
delle
fontane
attorno
all
'
obelisco
:
si
inselvava
in
un
parco
cintato
che
fiancheggiava
Villa
Borghese
,
dove
un
vecchio
signore
olandese
,
dalla
barba
e
dai
silenzi
simili
a
quelli
di
un
mago
,
aveva
costruito
certi
padiglioni
a
forma
di
baita
per
affittarli
,
in
cambio
di
pochissima
moneta
,
agli
artisti
che
avessero
voluto
vivere
in
una
specie
di
labirinto
arboreo
,
lontani
dai
rumorosi
selci
delle
strade
di
Roma
e
dal
vocio
dei
vetturini
e
dei
cocomerari
.
L
'
arredamento
dello
studio
era
costituito
da
un
materasso
buttato
su
due
trespoli
,
i
vestiti
si
attaccavano
a
quattro
chiodi
,
la
biancheria
stava
per
terra
,
fra
due
fogli
di
giornale
.
Nelle
notti
di
estate
,
nella
stagione
degli
amori
,
arrivavano
fra
gli
alberi
il
ruggito
dei
leoni
e
l
'
urlo
delle
tigri
chiusi
nelle
gabbie
del
vicino
Giardino
Zoologico
.
All
'
alba
il
sole
illuminava
il
letto
sfatto
,
la
grande
figura
del
dormiente
e
il
lungo
volto
ossuto
traversato
,
all
'
altezza
degli
occhi
,
da
una
larga
benda
di
seta
nera
.
Barilli
-
in
quello
scenario
da
Fantasma
dell
'
Opera
-
usava
le
sue
precauzioni
per
difendersi
dalla
luce
.
Sul
pavimento
un
tappeto
balcanico
,
avanzo
dei
ricordi
di
antichi
viaggi
,
pareva
,
con
le
sue
ruvide
lane
rosse
,
una
larga
traccia
di
sangue
.
Questo
è
un
ricordo
vecchissimo
,
quasi
antico
:
risale
al
tempo
in
cui
,
se
ritroviamo
la
loro
immagine
,
gli
uomini
sono
ancora
vestiti
in
costume
,
con
la
bombetta
,
con
le
ghette
,
con
grande
sciupio
di
amido
per
i
colletti
e
i
polsini
.
Le
donne
si
tingevano
gli
occhi
con
una
ditata
di
cerone
azzurro
e
le
adultere
,
nascoste
sotto
al
mantice
di
tela
cerata
delle
carrozzelle
,
riparavano
il
viso
sotto
velette
fiorate
.
Se
prestavi
l
'
orecchio
,
sulla
dirittura
del
Corso
pareva
di
udire
ancora
l
'
eco
delle
corse
dei
«
barberi
»
e
per
via
Gregoriana
il
passo
di
Andrea
Sperelli
.
Ogni
tanto
sfilava
qualche
gruppetto
di
arditi
,
con
il
fez
nero
dal
lungo
fiocco
,
che
parevano
usciti
da
una
stampa
del
Callot
.
Era
,
insomma
,
il
tempo
fra
il
1918
e
il
1920
,
quando
i
sottosegretari
dei
governi
non
avevano
ancora
a
disposizione
l
'
automobile
,
ma
una
vasta
carrozza
foderata
di
panno
verde
.
Bruno
Barilli
,
scrittore
di
musica
,
violoncellista
,
figlio
di
uno
scenografo
del
Regio
di
Parma
,
marito
di
una
nipote
del
re
Pietro
di
Serbia
,
erede
di
una
duplice
assomiglianza
con
Berlioz
e
con
Niccolò
Paganini
,
rosso
nei
capelli
cespugliosi
,
scavato
nel
volto
come
il
personaggio
di
un
disegno
di
Gustavo
Doré
,
povero
in
canna
,
lungo
come
un
flauto
,
avvolto
in
larghi
abiti
di
serge
blu
,
il
candido
colletto
floscio
sventolante
con
i
due
pizzi
sotto
alle
lunghe
mascelle
,
sembrava
arrivare
dritto
dritto
dalla
soffitta
dove
vivevano
i
personaggi
dei
racconti
di
Hoffmann
,
di
Poe
,
di
Gérard
de
Nerval
.
Quando
,
nel
1924
,
gli
fu
offerto
di
raccogliere
le
sue
prose
in
un
volumetto
,
che
ebbe
per
titolo
Delirama
e
che
segnò
un
punto
preciso
come
libro
essenziale
della
letteratura
italiana
di
questo
primo
mezzo
secolo
,
Barilli
si
era
guardato
attorno
lieto
e
impacciato
.
Dove
,
come
ritrovare
i
suoi
scritti
?
Ne
aveva
disseminati
nelle
«
terze
pagine
»
,
non
li
aveva
mai
conservati
.
Solo
la
buona
volontà
di
Emilio
Cecchi
poteva
compiere
il
miracolo
di
recuperare
quelle
settanta
-
ottanta
preziose
paginette
.
Di
qualcuna
che
non
era
possibile
scovare
da
nessuna
parte
,
Bruno
trovò
la
traccia
a
lapis
su
vecchi
programmi
del
Costanzi
e
dell
'
Augusteo
o
nel
rovescio
di
qualche
biglietto
d
'
ingresso
.
Anche
di
correggere
le
bozze
si
incaricò
Cecchi
,
perché
Barilli
non
lo
sapeva
fare
e
perché
,
come
al
solito
,
doveva
partire
.
La
vita
di
Barilli
fu
effettivamente
una
continua
partenza
.
Era
incapace
di
avere
una
casa
,
un
recapito
,
un
indirizzo
.
Viaggiava
,
lasciava
la
valigia
con
il
frac
al
giornale
,
arrivava
trafelato
,
si
cambiava
in
redazione
,
si
cibava
durante
lo
spettacolo
con
un
cartoccetto
di
bucce
d
'
arancia
candite
,
prendeva
le
sue
note
al
buio
appoggiando
il
taccuino
sul
ginocchio
ossuto
.
Non
c
'
è
da
stupirsi
che
i
suoi
libri
e
i
suoi
articoli
uscissero
a
urlo
di
lupo
.
La
povertà
,
la
melanconia
,
la
difficoltà
di
farsi
capire
come
musicista
,
un
orgoglio
leonino
e
un
animo
di
fanciullo
sperduto
,
l
'
incapacità
agli
accomodamenti
e
alle
alleanze
,
le
lunghe
amnesie
,
le
ansie
e
i
triboli
di
una
vita
solitaria
disperdevano
la
sua
vita
come
quella
di
un
esiliato
.
Compiuti
gli
studi
a
Parma
assieme
a
Ildebrando
Pizzetti
,
il
figlio
del
pittore
Cecrope
Barilli
è
diviso
fra
la
creazione
musicale
,
l
'
estro
letterario
e
la
vocazione
per
la
vita
nomade
.
Prima
della
Grande
Guerra
è
a
Parigi
che
resterà
spiritualmente
,
dopo
Parma
,
la
sua
seconda
patria
.
Il
suo
animo
illuminato
e
stoico
gli
permette
di
vivere
con
quasi
nulla
,
gli
consente
i
più
duri
adattamenti
.
Viaggia
qua
e
là
per
l
'
Europa
.
La
prima
guerra
balcanica
lo
sorprende
in
Serbia
.
Invece
di
tornare
in
Italia
-
non
vuole
,
perché
si
è
innamorato
di
una
nipote
di
re
Pietro
,
e
,
contro
la
volontà
del
sovrano
,
finirà
per
sposarla
e
per
avere
da
lei
una
figlia
,
Milena
-
telegrafa
al
«
Corriere
della
Sera
»
offrendosi
come
inviato
al
fronte
.
Aveva
già
scritto
per
«
La
Tribuna
»
.
L
'
offerta
è
accettata
dagli
Albertini
.
Barilli
però
non
è
tipo
di
adattarsi
a
un
giornalismo
rigoroso
che
finirebbe
a
non
lasciargli
tempo
per
la
musica
:
per
scriverne
e
soprattutto
per
pensarla
e
amarla
.
Ritorna
a
Parigi
e
si
sfama
e
sfama
la
piccola
Milena
suonando
il
violoncello
nelle
orchestrine
dei
caffè
.
Suona
anche
il
pianoforte
in
qualche
cinematografo
di
periferia
.
Conosce
il
russo
.
Si
lega
d
'
amicizia
con
i
musicisti
e
con
le
ballerine
della
prima
troupe
di
Diaghilev
quando
questi
cala
a
Parigi
.
Sono
i
tempi
in
cui
impara
a
cibarsi
di
valenciennc
'
e
di
acqua
.
Il
richiamo
della
sua
classe
lo
riporta
in
patria
,
con
un
berrettuccio
da
ufficiale
calcato
sui
capelli
rossi
.
Riappare
a
Parma
e
a
Roma
.
È
uno
strano
ufficiale
che
pretende
di
farsi
la
barba
con
un
paio
di
forbicine
da
unghie
.
Questa
è
un
'
abitudine
che
gli
resta
per
tutta
la
vita
:
le
sue
forbicine
lavorano
al
caffè
,
in
strada
,
in
tutti
i
momenti
in
cui
Barilli
naviga
tra
le
sue
fantasie
.
Sono
gli
anni
in
cui
,
dopo
avere
scritto
Medusa
,
compone
1'Emiral
.
Dove
?
In
quello
studio
da
pittore
di
villa
Strohl
-
Fern
,
non
c
'
è
l
'
ombra
di
un
pianoforte
.
Barilli
non
può
permettersi
di
noleggiarne
uno
e
si
fa
assumere
come
pianista
in
un
piccolo
cinema
dalle
parti
del
Vaticano
.
Deve
accompagnare
i
film
muti
.
Nelle
ore
del
primo
pomeriggio
,
quando
in
sala
ci
sono
soltanto
due
,
tre
coppie
di
innamorati
che
non
fanno
attenzione
né
al
film
né
alla
musica
,
Barilli
,
tranquillo
come
se
fosse
nel
proprio
studio
,
lavora
all
'
Emiral
.
Gli
amici
della
«
Ronda
»
sono
curiosi
di
conoscere
l
'
opera
.
Barilli
invita
tutti
al
cinematografo
e
,
durante
la
proiezione
di
un
film
di
Tom
Mix
,
la
suona
.
Fa
tutti
i
mestieri
,
solo
perché
si
è
promesso
di
non
fare
«
musica
di
mestiere
»
.
Per
pagarsi
questo
lusso
,
diventa
comparsa
nei
film
muti
.
Diventa
anche
attore
.
Caramba
gli
fa
interpretare
la
parte
di
Virgilio
,
in
una
specie
di
fantasia
sulla
Divina
Commedia
,
e
Arnaldo
Fratelli
,
che
in
quegli
anni
è
regista
,
lo
sceglie
per
protagonista
della
Rosa
,
il
primo
film
tratto
da
una
novella
di
Pirandello
.
Barilli
recita
bene
,
puntuale
,
disciplinato
.
Rifiuta
solo
una
sequenza
dove
deve
figurare
in
terra
,
morto
,
con
vicino
una
candela
.
Per
scaramanzia
?
No
.
Perché
gli
pareva
fa
scena
della
morte
di
Scarpia
e
,
come
musicista
,
quella
scena
della
'
rosea
non
gli
piaceva
.
La
sua
carriera
è
stroncata
da
un
atto
di
sincerità
artistica
nel
quale
sa
di
giocare
tutte
le
sue
già
tanto
precarie
fortune
di
operista
.
Dopo
la
prima
del
Nerone
,
a
Milano
,
scrive
in
un
giornale
romano
una
fiammeggiante
bellissima
pagina
di
prosa
nella
quale
Boito
,
Mefistofele
compreso
,
è
fatto
in
briciole
.
L
'
industria
del
teatro
d
'
opera
non
gli
perdonerà
mai
quell
'
articolo
che
,
dal
punto
di
vista
critico
,
è
perfetto
.
Non
si
può
più
ascoltare
Boito
senza
ricordare
la
stroncatura
di
Barilli
.
Ma
sono
gesti
che
pesano
:
lo
scrittore
di
musica
è
messo
al
bando
dai
giornali
benpensanti
che
non
amano
le
«
grane
»
.
Se
vuole
mangiare
,
Barilli
deve
trasformarsi
in
scrittore
di
viaggi
.
Dal
suo
periplo
dell
'
Africa
,
nasce
il
più
bel
libro
italiano
su
quel
continente
.
La
poesia
melanconica
,
la
cupa
segreta
disperazione
di
Barilli
si
riflettono
nell
'
Africa
e
negli
occhi
delle
sue
umili
genti
come
in
uno
specchio
nero
.
Al
termine
del
viaggio
,
si
ammala
e
resta
per
tre
mesi
in
fin
di
vita
,
al
Cairo
.
La
sua
fine
è
segnata
.
Le
sue
capacità
di
lavoro
-
un
lavoro
lento
,
fatto
di
raccoglimento
e
di
lunghissime
osservazioni
-
diminuiscono
.
Vive
solitario
in
una
stanzuccia
d
'
albergo
a
Roma
,
sorretto
da
un
solo
entusiasmo
.
Sua
figlia
Milena
,
che
è
emigrata
negli
Stati
Uniti
,
si
è
fatta
un
buon
nome
come
pittrice
,
e
aiuta
il
suo
strano
papà
mandandogli
in
dono
quadri
da
vendere
.
Bruno
si
intenerisce
e
,
invece
di
venderli
,
attacca
i
quadri
alle
pareti
della
sua
camera
.
Vive
poveramente
,
dignitosamente
chiuso
nei
suoi
vecchi
vestiti
azzurri
,
scrivendo
ogni
tanto
,
a
fatica
,
qualche
elzeviro
.
Sembra
che
abbia
dimenticato
di
essere
un
musicista
.
Un
giorno
,
un
telegramma
dall
'
America
gli
annuncia
che
Milena
è
morta
cadendo
da
cavallo
.
Bruno
si
avvia
al
naufragio
.
Continua
a
vivere
in
silenzio
a
tazze
di
tè
,
di
grissini
,
di
valenciennes
.
Perde
uno
alla
volta
i
denti
.
Si
riconosce
alla
fine
nello
specchio
come
un
triste
vecchio
sdentato
.
I
suoi
scritti
non
sono
ormai
che
la
tragica
storia
di
una
decadenza
.
Una
sera
,
trova
in
albergo
l
'
avviso
di
andare
alla
stazione
a
prendere
un
pacco
in
arrivo
da
New
York
.
È
la
cassettina
con
l
'
urna
che
contiene
le
ceneri
di
Milena
.
Tutti
sapevano
quanto
la
prosa
italiana
-
e
non
solamente
la
prosa
,
perché
il
riflesso
dell
'
arte
di
Barilli
ha
agito
in
vari
modi
a
cominciare
,
per
esempio
,
dalle
composizioni
pittoriche
e
dal
clima
fantastico
del
pittore
Scipione
-
doveva
a
Bruno
Barilli
:
ma
da
questo
ad
avere
per
lui
un
segno
fattivo
di
riconoscenza
il
passo
è
stato
lungo
e
incompiuto
.
Sembra
fosse
stato
firmato
un
decreto
che
,
nominandolo
ispettore
musicale
di
un
istituto
cinematografico
,
gli
avrebbe
assicurato
il
pane
.
Il
decreto
è
arrivato
quando
,
in
clinica
,
Barilli
già
vaneggiava
e
dal
fondo
del
suo
letto
come
chiamando
una
amica
,
ripeteva
con
voce
ancora
ferma
:
«
Avanti
,
Morte
!
»
.
StampaQuotidiana ,
La
storia
del
mondo
voltava
pagina
.
Quando
Luigi
Barzini
,
ragazzo
di
Orvieto
,
scese
a
Roma
,
arruolato
in
un
modesto
giornale
,
che
mescolava
i
piccoli
entrefilets
con
i
«
pupazzetti
»
nel
genere
di
quelli
di
Vamba
e
di
Gandolin
,
e
fu
scovato
da
Luigi
Albertini
e
spedito
a
Londra
come
corrispondente
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
erano
,
senza
che
molti
se
ne
rendessero
conto
,
anni
di
avvenimenti
favolosi
.
Dalla
lanterna
magica
si
passava
alle
pellicole
dei
Lumière
,
la
Patti
e
Tamagno
incidevano
i
loro
primi
«
cilindri
di
cera
»
per
il
fonografo
,
Marconi
studiava
il
telegrafo
senza
fili
,
l
'
uomo
si
ostinava
a
tentare
di
volare
affidato
ad
un
paio
d
'
ali
simili
a
quelle
di
un
pipistrello
.
Molto
cambiava
nel
mondo
.
Al
corredo
dei
soldati
giapponesi
sarebbe
stata
aggiunta
di
lì
a
poco
una
zappetta
per
scavare
,
idea
difensiva
del
tutto
nuova
,
una
trincea
.
Barzini
aveva
ventidue
anni
al
tempo
di
Adua
,
dove
cadde
ucciso
il
primo
inviato
speciale
italiano
.
Il
suo
spirito
di
italiano
rimase
per
tutta
la
vita
,
per
quel
ricordo
,
legato
al
problema
di
una
dignità
da
salvare
.
Il
giornalismo
al
cui
servizio
lo
chiamò
Luigi
Albertini
-
Barzini
aveva
ventiquattro
anni
,
Albertini
ventotto
-
sarebbe
stato
del
tutto
diverso
da
quello
dei
Bottero
,
dei
Bersezio
,
dei
Mercatelli
,
dei
Gobbi
-
Belcredi
,
dei
Roux
e
del
principe
Sciarra
.
Fosse
rimasto
a
Roma
,
Barzini
sarebbe
probabilmente
naufragato
nelle
cronache
,
nei
pettegolezzi
e
fra
i
«
pupazzetti
»
di
Montecitorio
.
Albertini
mandava
Ugo
Ojetti
,
altro
coetaneo
,
a
conoscere
le
terre
d
'
oltre
Adriatico
da
cui
sarebbe
giunta
in
Italia
la
bellissima
Principessa
Elena
e
,
subito
dopo
,
lo
mandava
in
Calabria
sulle
tracce
del
brigante
Musolino
.
A
Barzini
,
alto
,
magro
,
pettinato
con
una
riga
in
mezzo
,
Albertini
consegnò
le
chiavi
del
mondo
ad
un
'
età
in
cui
,
mentre
l
'
Ottocento
tramontava
,
era
ancora
difficile
che
si
affidassero
ai
ragazzi
le
chiavi
di
casa
.
Negli
uffici
del
«
Corriere
»
Barzini
non
ebbe
mai
una
propria
scrivania
.
A
casa
,
per
vari
anni
,
non
ebbe
il
telefono
,
in
una
Milano
che
nel
1906
aveva
solamente
mille
apparecchi
.
Il
figlio
non
ci
racconta
se
suo
padre
«
batteva
»
a
macchina
.
La
stilografica
era
appena
nata
ed
era
una
novità
addirittura
entusiasmante
,
tanto
che
certi
giornalisti
intitolavano
Stilografiche
le
loro
rubriche
.
Gli
articoli
di
viaggio
e
le
corrispondenze
si
chiamavano
Lettere
da
Londra
o
Lettere
dalla
Russia
o
addirittura
,
più
tardi
,
Lettere
dal
fronte
perché
erano
proprio
delle
lettere
da
porto
doppio
,
impostate
con
francobolli
da
15
centesimi
.
Milano
non
toccava
il
mezzo
milione
di
abitanti
.
Barzini
andava
in
terre
lontane
:
e
,
nelle
terre
lontane
,
viaggiava
ancora
a
cavallo
.
Nei
conti
che
,
al
ritorno
,
consegnava
all
'
amministratore
Eugenio
Balzan
,
c
'
erano
«
voci
»
che
oggi
sanno
di
favola
:
cavallo
,
stalla
,
striglia
,
avena
,
carrube
.
La
Cina
per
la
guerra
dei
Boxers
;
la
Siberia
vista
dalla
Transiberiana
;
la
tragica
epopea
della
guerra
russo
-
giapponese
fino
alla
battaglia
di
Mukden
;
infine
i
16
mila
chilometri
di
viaggio
in
automobile
da
Pechino
a
Parigi
:
sono
i
sette
anni
stupefacenti
di
Barzini
,
scrittore
lento
,
pieno
di
dubbi
e
di
tormenti
,
infaticabile
nello
sforzo
di
raggiungere
una
«
limpidità
»
che
fino
allora
,
salvo
per
De
Amicis
,
sembrava
negata
alla
nostra
prosa
non
solamente
giornalistica
.
Per
chi
conosce
i
suoi
predecessori
,
la
differenza
di
tono
appare
evidente
.
Barzini
non
amoreggia
con
i
crepuscolari
:
non
è
un
seguace
del
«
naturalismo
»
e
,
soprattutto
,
non
si
lascia
prendere
nemmeno
con
la
punta
del
mignolo
nelle
tagliole
del
dannunzianesimo
.
Sempre
salvo
da
ogni
contagio
,
è
probabile
che
leggesse
assai
poco
i
suoi
contemporanei
.
Era
tutto
teso
a
«
vedere
»
,
si
fidava
più
della
memoria
visiva
che
non
del
taccuino
.
Collega
di
due
grossi
bibliofili
come
Ojetti
e
Simoni
,
in
casa
-
salii
una
volta
,
a
vent
'
anni
,
al
suo
quarto
piano
-
non
aveva
vistose
librerie
.
I
libri
erano
quasi
tutti
,
probabilmente
,
di
sua
moglie
,
ch
'
era
buona
scrittrice
:
e
per
quanto
io
guardassi
attorno
sulle
pareti
e
sugli
scaffali
e
persino
nei
corridoi
,
non
aveva
souvenirs
de
voyage
non
,
come
avevo
immaginato
,
selle
arabe
,
fucili
dal
calcio
intarsiato
di
madreperla
,
tappeti
,
gualdrappe
di
cammelli
,
paraventi
cinesi
,
ventagli
giapponesi
.
Anche
le
sue
pagine
di
viaggio
nel
mondo
delle
geishe
,
o
nella
vecchia
Pechino
,
o
nelle
città
czariste
,
non
convogliano
in
sé
colori
di
rigatteria
o
di
esotismo
turistico
,
per
esempio
alla
Pierre
Loti
o
alla
Claude
Farrère
.
Barzini
tornava
a
casa
con
un
bagaglio
leggerissimo
,
sempre
pronto
a
ripartire
all
'
indomani
.
Egli
credeva
,
penso
,
solamente
nel
filtro
della
memoria
e
nel
potere
,
che
chiamerei
epistolare
,
del
suo
stile
.
Di
qui
la
chiarezza
del
suo
colloquio
con
il
lettore
,
una
parola
senza
riboboli
e
senza
barocchismi
,
un
disegno
descrittivo
netto
,
e
mai
il
fiato
corto
o
il
fiato
grosso
,
e
mai
il
compiacimento
del
«
pezzo
»
che
strizza
l
'
occhio
sul
virtuosismo
e
dice
:
«
Guardate
quanto
son
bravo
!
»
.
Un
intuito
infallibile
negli
«
attacchi
»
-
chi
fa
il
nostro
mestiere
sa
che
nelle
prime
righe
si
mette
tutto
in
gioco
-
,
nessun
crescendo
retorico
,
mai
troppa
spinta
nel
premere
il
pedale
.
Dopo
quasi
sessant
'
anni
la
prosa
di
queste
«
avventure
»
non
ha
forfora
,
non
ha
chiazze
di
sopraggiunta
calvizie
,
non
ha
rughe
o
zampe
di
gallina
,
non
ci
appare
,
mai
in
«
costume
»
,
non
denuncia
un
«
gusto
»
.
La
sua
lezione
è
ancora
valida
,
dopo
che
tre
generazioni
si
sono
lustrate
le
maniche
sul
tavolo
a
buttar
fuori
prosa
che
faccia
velocemente
girare
la
rotativa
.
StampaQuotidiana ,
Su
un
fondo
rosso
tempestato
di
grosse
stelle
,
un
manifesto
porta
a
grandi
maiuscole
il
nome
di
Harry
Belafonte
.
Nelle
vetrine
della
galleria
da
cui
si
accede
al
milanese
Teatro
Nuovo
,
le
custodie
di
cartoncino
dei
dischi
microsolco
ripetono
il
suo
nome
.
Ed
ecco
in
altri
manifesti
il
suo
viso
,
il
suo
viso
di
bel
giovanotto
dalla
bocca
ridente
e
dagli
occhi
lievemente
tristi
,
segnati
da
un
enigmatico
lampo
di
intesa
.
Al
proscenio
si
presenta
molto
confidenzialmente
in
maniche
di
camicia
:
prima
parte
del
concerto
,
camicia
cilestrina
di
un
tono
che
varia
d
'
intensità
sotto
ai
riflessi
delle
«
gelatine
»
di
riflettori
e
bilance
;
seconda
parte
,
una
camicia
color
rosso
geranio
;
terza
parte
,
una
camicia
bianca
fittamente
rigata
.
Attorno
alla
vita
una
cintura
di
pelle
nera
con
un
fregio
d
'
argento
di
cui
gli
spettatori
miopi
non
possono
dire
il
disegno
.
Teatro
esauritissimo
.
Ecco
l
'
uomo
che
a
quanto
si
dice
guadagna
ventidue
milioni
la
settimana
cantando
e
soprattutto
vendendo
a
centinaia
di
migliaia
di
copie
ogni
edizione
dei
suoi
dischi
e
toccando
talvolta
il
record
del
milione
di
copie
.
Ecco
il
re
del
Calypso
,
nome
omerico
leggermente
magico
,
emigrato
laggiù
fra
le
isole
e
sulle
coste
d
'
oltreoceano
,
addirittura
-
se
si
volesse
credere
agli
studi
classici
-
dall
'
Odissea
e
dalla
leggenda
di
Ulisse
e
della
ninfa
Calypso
,
che
incantò
d
'
amore
il
grande
naufrago
per
sette
anni
e
non
lo
lasciò
partire
finché
non
lo
ordinò
Zeus
.
Ecco
l
'
uomo
di
trent
'
anni
che
si
è
scoperto
cantante
quasi
per
caso
dopo
avere
tentato
in
un
primo
tempo
di
affermarsi
come
attore
all
'
Arnerican
Negro
Theater
.
Ecco
un
uomo
tipico
della
«
leggenda
americana
»
,
venuto
su
dal
nulla
,
dopo
aver
lavorato
-
quando
sul
suo
destino
musicale
c
'
era
pochissimo
da
contare
-
in
una
industria
di
abbigliamento
e
dopo
aver
gestito
un
piccolo
ristorante
nel
Greenwich
Village
.
Venire
su
dal
nulla
sottintende
una
vita
di
fatiche
,
mestieri
umili
,
l
'
amarezza
del
ragazzo
«
colorato
»
che
incontra
sempre
motivo
di
melanconia
nei
rapporti
razziali
di
quella
che
pure
è
la
sua
terra
natale
.
Eccolo
davanti
a
noi
,
celebre
e
acclamatissimo
.
Le
fortune
sono
cominciate
nel
1950
:
il
ragazzo
,
che
cantava
in
coro
con
gli
avventori
della
trattoria
al
Greenwich
Village
,
batte
pochi
anni
dopo
tutti
i
primati
di
incassi
della
musica
leggera
.
Adesso
è
qui
,
per
la
prima
volta
approdato
in
Europa
,
al
centro
del
palcoscenico
sgombro
,
contro
un
fondale
che
muta
tono
sotto
ai
diffusori
di
luci
colorate
.
Gli
sta
davanti
il
microfono
che
gli
stampa
sulla
camicia
un
'
ombra
come
l
'
emblema
araldico
del
suo
destino
.
Attore
,
cantante
,
narratore
sui
toni
di
elegia
,
di
melanconia
,
di
ironia
fanciullesca
,
di
patetico
pianto
e
di
accorato
lamento
sull
'
onda
di
note
,
di
motivi
che
direttamente
arrivano
dall
'
accorato
,
trasognato
folclore
delle
genti
di
colore
,
Belafonte
dà
il
senso
che
la
musica
gli
si
sia
tutta
affinata
nel
cuore
e
nei
nervi
:
una
straordinaria
spontaneità
che
farebbe
pensare
ad
una
sorta
di
poetica
improvvisazione
,
ad
una
specie
di
istintiva
confessione
fatta
a
se
stesso
quasi
in
segreto
.
StampaQuotidiana ,
Tarquinia
,
quando
vi
nacque
il
primo
maggio
del
1887
Vincenzo
Cardarelli
,
si
chiamava
ancora
come
ai
tempi
dello
Stato
di
Santa
Romana
Chiesa
,
con
il
bonario
nome
agricolo
di
Corneto
perché
nei
suoi
poggi
solitari
cresceva
spontaneamente
l
'
arbusto
del
corniolo
che
copre
tutto
l
'
alto
Lazio
con
quella
vegetazione
cui
si
dà
il
nome
di
«
macchia
»
,
propizia
un
tempo
ai
briganti
che
sulle
strade
dirette
verso
Roma
aspettavano
di
far
pagare
duri
pedaggi
alle
diligenze
.
Cardarelli
nacque
da
madre
marchigiana
e
da
padre
«
etrusco
»
,
come
egli
amò
sempre
dire
.
Il
cognome
di
famiglia
era
Caldarelli
,
il
bambino
fu
battezzato
con
un
nome
assai
diffuso
in
tutta
quella
che
adesso
è
la
provincia
di
Viterbo
:
Nazareno
.
Nella
adolescenza
vissuta
a
Roma
,
quel
Caldarelli
,
adattandosi
alla
pronuncia
romana
che
trasforma
coltello
in
cortello
e
caldo
in
cardo
,
diventò
Cardarelli
.
In
quanto
a
Nazareno
,
nome
non
molto
adatto
per
un
giovane
letterato
che
vantava
idee
vagamente
sovversive
,
fu
cambiato
con
quello
di
Vincenzo
,
che
era
il
secondo
di
battesimo
.
La
famiglia
di
Cardarelli
conduceva
al
paese
una
vita
umile
.
Se
non
sbagliammo
su
quanto
lasciava
intendere
,
ma
senza
troppe
precisazioni
,
il
poeta
dei
Prologhi
quando
,
ragazzi
,
lo
conoscemmo
a
Roma
,
il
padre
aveva
cercato
inutilmente
di
assicurarsi
una
vita
pacifica
conducendo
un
'
osteria
nei
pressi
della
stazione
di
Corneto
.
Anche
Cardarelli
era
dunque
figlio
di
un
oste
,
come
lo
era
stato
a
Siena
,
Federigo
Tozzi
.
Nel
ricordo
,
o
,
per
meglio
dire
,
nel
mondo
di
favola
epica
che
Cardarelli
costruì
sulle
memorie
del
paese
della
sua
infanzia
,
il
posto
della
madre
è
minore
di
quello
del
padre
.
Tra
l
'
ascendenza
marchigiana
e
quella
etrusca
,
Cardarelli
scelse
e
sostenne
sempre
la
seconda
.
Egli
era
infatti
sceso
a
Roma
con
tutti
i
complessi
di
inferiorità
del
ragazzo
di
provincia
e
addirittura
di
campagna
,
senza
titoli
di
studio
e
con
le
tasche
imbottite
solamente
di
volumetti
della
Universale
Sonzogno
.
Dichiarandosi
etrusco
,
egli
iniziava
quella
che
gli
sembrava
dovesse
essere
la
sua
lunga
e
ininterrotta
polemica
fra
due
civiltà
.
Arrivò
a
Roma
nei
primi
anni
del
Novecento
,
in
una
città
ancora
intellettualmente
infatuata
di
D
'
Annunzio
e
del
tutto
assomigliante
a
quella
descritta
nei
capitoli
del
Piacere
.
Campava
di
piccoli
impieghi
:
fu
,
tra
l
'
altro
,
segretario
di
una
cooperativa
socialista
di
scalpellini
,
di
quei
«
selciaioli
»
che
lastricavano
Roma
con
blocchetti
quadrati
di
granito
.
La
povertà
e
una
naturale
tendenza
al
disdegno
,
tipica
quasi
sempre
dei
timidi
,
lo
tenevano
lontano
dal
pur
ristretto
mondo
intellettuale
romano
dei
Diego
Angeli
,
dei
Domenico
Gnoli
,
dei
Fausto
Salvatori
e
da
quello
dialettale
e
ironico
di
Trilussa
.
Entrato
come
cronista
all
'
«
Avanti
!
»
di
Leonida
Bissolati
,
cominciò
a
pubblicare
qualche
breve
prosa
firmata
con
lo
pseudonimo
dannunzianeggiante
di
Simonetto
.
Diventò
,
come
giornalista
,
frequentatore
della
terza
saletta
di
Aragno
:
ma
forse
più
che
altro
perché
i
suoi
guadagni
,
molto
aleatori
e
sottili
,
non
gli
permettevano
spesso
di
nutrirsi
altro
che
di
caffellatte
.
Oltretutto
,
Aragno
era
l
'
evasione
dal
chiuso
delle
piccole
camere
in
qualche
modesta
pensione
di
famiglia
dove
era
obbligato
a
vivere
,
spesso
con
un
tavolino
traballante
come
tutta
scrivania
.
Sui
tavolini
di
marmo
del
caffè
,
nei
pomeriggi
solitari
,
quando
i
giornalisti
si
trasferivano
nella
tribuna
stampa
di
Montecitorio
o
nella
sala
al
pianoterra
del
palazzo
delle
Poste
a
San
Silvestro
dove
avevano
i
loro
uffici
di
corrispondenza
,
Cardarelli
scriveva
le
sue
prime
prose
e
lungamente
le
correggeva
e
le
limava
,
sino
a
impararle
addirittura
a
memoria
.
Aragno
fu
per
molti
anni
la
sua
«
casa
»
,
il
luogo
delle
sue
«
declamazioni
»
e
delle
sue
indispettite
rampogne
.
Da
Aragno
conobbe
il
giovanissimo
pittore
Amerigo
Bartoli
,
che
gli
fu
amico
fedelissimo
per
tutta
la
vita
,
e
che
a
lui
e
agli
amici
letterati
del
tempo
della
«
Ronda
»
doveva
dedicare
il
quadro
degli
Amici
al
caffè
.
Vi
appariva
abitualmente
alle
due
del
pomeriggio
perché
si
alzava
molto
tardi
per
evitare
la
spesa
di
una
colazione
regolare
,
e
si
tratteneva
quasi
l
'
intera
giornata
,
spesso
ne
era
l
'
ultimo
cliente
nottambulo
.
I
camerieri
,
cominciando
dal
vecchio
Forina
che
sembra
avesse
fatto
,
in
gioventù
,
qualche
piccolo
prestito
a
D
'
Annunzio
e
dall
'
eternamente
biondo
Leonetti
che
teneva
chilometrici
conti
di
tazze
di
caffè
pagate
con
lunghi
ritardi
,
avevano
per
lui
,
per
quanto
ancora
ignoto
,
un
singolare
affettuoso
rispetto
.
Era
,
fisicamente
,
uno
di
quegli
uomini
che
le
donne
definiscono
«
interessanti
»
.
Pallido
,
quasi
esangue
in
volto
,
assomigliava
vagamente
a
Ruggero
Ruggeri
.
Vestito
poveramente
ma
,
con
un
aggettivo
che
gli
piacque
,
sempre
in
modo
«
decente
»
anche
se
il
suo
guardaroba
fu
spesso
composto
solamente
di
abiti
smessi
dai
suoi
amici
,
nascondeva
con
un
fiero
pudore
una
sua
menomazione
fisica
:
aveva
un
braccio
rinsecchito
e
quasi
paralizzato
da
un
attacco
di
poliomielite
che
da
fanciullo
l
'
aveva
portato
vicino
alla
morte
.
Questo
problema
fisico
aveva
forse
influito
su
certe
asprezze
del
suo
carattere
e
acuito
in
lui
un
senso
di
difesa
che
poteva
essere
affidato
solamente
alla
parola
,
e
alla
polemica
talvolta
bruciante
.
Parlava
con
una
bella
voce
lievemente
velata
,
talvolta
come
trasognato
,
talvolta
irridente
e
tagliente
:
per
l
'
eleganza
della
parola
e
per
la
lucidità
della
sua
polemica
,
lo
chiamavano
scherzosamente
«
l
'
incantatore
di
serpenti
»
.
I
suoi
primi
amici
letterari
-
al
tempo
della
giovinezza
dei
poco
più
che
ventenni
Antonio
Baldini
e
Umberto
Fracchia
e
degli
incontri
con
Emilio
Cecchi
e
con
Armando
Spadini
-
furono
conquistati
,
forse
più
che
dai
suoi
rarissimi
scritti
,
dal
misterioso
incantesimo
della
sua
parola
.
È
probabile
-
nella
sua
camera
ammobiliata
aveva
ben
pochi
libri
,
gettati
alla
rinfusa
in
un
cassetto
del
comò
con
la
sua
scarsa
biancheria
-
che
la
sua
cultura
di
autodidatta
fosse
racchiusa
nella
lettura
di
poche
opere
,
che
lo
fecero
vivere
nel
clima
di
Nietzsche
e
soprattutto
in
quello
di
Leopardi
:
quando
fondò
«
La
Ronda
»
,
lo
indicò
come
il
maggiore
fra
quelli
che
la
rivista
,
indicando
i
maestri
dell
'
alto
stile
italiano
,
chiamava
i
«
convitati
di
pietra
»
.
Cultura
non
molto
diffusa
,
in
una
intelligenza
però
assai
profonda
.
Gran
parte
di
lui
si
esauriva
nei
suoi
colloqui
con
gli
amici
,
e
soprattutto
in
quella
specie
di
lungo
monologo
che
fu
la
sua
vita
.
Le
sue
prime
prose
-
le
pagine
liriche
che
intitolò
poi
I
Prologhi
-
apparvero
poco
prima
della
Grande
Guerra
nella
rivista
«
Lirica
»
,
in
cui
debuttarono
con
lui
giovani
scrittori
come
Antonio
Baldíni
,
Fracchia
,
Rosso
di
San
Secondo
.
La
rivista
doveva
durare
pochi
numeri
:
il
conflitto
portò
alla
sua
sospensione
.
Cardarelli
rimase
quasi
del
tutto
solo
a
Roma
,
nel
caffè
Aragno
reso
deserto
dalla
mobilitazione
.
Il
dannunzianesimo
letterario
decadeva
nell
'
interesse
dei
giovani
,
il
Futurismo
non
aveva
avuto
una
particolare
risonanza
romana
.
Cardarelli
era
rimasto
appartato
nei
confronti
dei
movimenti
di
«
Lacerba
»
e
della
«
Voce
»
.
Scrittore
lentissimo
,
componeva
le
poesie
che
più
tardi
sarebbero
state
riunite
in
sottili
volumi
e
finalmente
raccolte
tutte
da
Mondadori
.
La
salute
sempre
malferma
,
qualche
vicissitudine
d
'
amore
-
nel
piccolo
mondo
delle
Lettere
certe
sue
giovanili
passioni
rimasero
,
per
così
dire
,
storiche
-
l
'
inquietudine
di
uno
spirito
inappagabile
lo
portarono
a
viaggiare
verso
climi
più
propizi
di
quello
degli
inverni
romani
,
a
Venezia
e
in
Riviera
.
Tentò
anche
un
soggiorno
milanese
:
ma
la
nostalgia
di
A
ragno
gli
fece
ben
presto
riprendere
il
treno
.
Egli
era
,
in
verità
,
assai
simile
all
'
enfant
malade
apparentemente
cinico
e
crudele
,
sostanzialmente
melanconico
,
caro
a
certi
romanzieri
crepuscolari
francesi
.
L
'
uomo
era
affascinante
;
per
lui
il
mecenatismo
nasceva
spontaneo
anche
e
soprattutto
da
parte
di
gente
non
ricca
.
Cardarelli
ebbe
sempre
amici
segretamente
pronti
,
e
affettuosi
,
anche
se
il
suo
carattere
era
assai
difficile
.
Appartenendo
alla
razza
dei
déracinés
o
dei
poètes
maudits
,
si
comprendeva
che
la
sua
apparente
infingardaggine
derivava
da
latenti
stati
di
depressioni
melanconiche
.
Le
donne
che
lo
amarono
lo
considerarono
appartenente
alla
razza
degli
«
angeli
caduti
»
,
lievemente
demoniaci
.
Diventava
vanitoso
come
un
fanciullo
,
quando
una
famosa
diva
del
«
muto
»
lo
mandava
a
prendere
con
una
carrozza
padronale
a
due
cavalli
per
conversare
con
lui
di
letteratura
nelle
poltrone
di
un
albergo
romano
a
via
Veneto
.
Poi
capitava
di
vederlo
silenzioso
e
assorto
quando
,
al
crepuscolo
o
alla
notte
,
percorreva
il
lungotevere
per
soffermarsi
a
tentar
di
declamare
a
qualche
venere
vagante
il
Canto
del
pastore
di
Leopardi
,
con
una
aspirazione
tolstoiana
di
redenzione
attraverso
alla
poesia
.
Per
qualche
tempo
,
fu
critico
drammatico
del
«
Tempo
»
,
chiamato
da
Giovanni
Papini
che
al
giornale
di
Filippo
Naldi
aveva
voluto
Bruno
Barilli
e
Ardengo
Soffici
.
La
rapida
scrittura
notturna
,
mentre
la
tipografia
attendeva
impaziente
le
cartelle
,
gli
riusciva
penosa
:
presto
interruppe
quel
lavoro
,
dopo
aver
però
scritto
alcuni
saggi
assai
acuti
su
Shakespeare
,
Ibsen
,
Shaw
e
sul
primo
Pirandello
.
La
fine
della
guerra
gli
restituì
i
suoi
amici
.
Il
conte
Aurelio
Saffi
,
nipote
del
«
quadrumviro
»
della
repubblica
romana
,
si
fece
finanziatore
di
una
rivista
che
si
intitolò
«
La
Ronda
»
.
La
rivista
aveva
un
ufficio
vicino
all
'
Altare
della
Patria
:
Cardarelli
ebbe
finalmente
una
poltrona
,
una
scrivania
,
uno
stipendio
.
Da
Bologna
arrivava
Riccardo
Bacchelli
,
da
Verona
Lorenzo
Montano
:
Baldini
giungeva
in
tram
da
via
dei
Serpenti
,
Emilio
Cecchi
da
corso
Italia
,
Bruno
Barilli
dal
parco
di
Villa
Strolfen
,
Armando
Spadini
dalla
villetta
sul
colle
dei
Parioli
ancora
non
conquistato
dal
pubblico
dei
«
quartieri
alti
»
.
«
La
Ronda
»
ebbe
un
'
importanza
formativa
per
le
generazioni
che
seguivano
quella
«
vociana
»
;
Bacchellí
scriveva
le
tragedie
di
Spartaco
e
di
Amleto
o
saggi
di
politica
liberale
.
Barilli
vi
pubblicava
le
sue
prose
barocche
che
dovevano
influire
persino
sulla
pittura
di
Scipione
.
Comparvero
sulla
«
Ronda
»
i
primi
scritti
di
Savinio
.
Cardarelli
vi
esercitava
la
sua
predicazione
leopardiana
e
,
cercando
di
frenare
i
suoi
umori
polemici
verso
gli
amici
,
visse
comunque
la
sua
stagione
letterariamente
più
intensa
.
I
giovani
lo
guardavano
come
un
caposcuola
.
Fu
il
tempo
più
felice
della
sua
non
felice
esistenza
.
Il
giovane
Malaparte
sospirava
per
sedere
al
suo
tavolo
.
Il
ragazzo
Longanesi
lo
ascoltava
in
silenzio
.
Cardarelli
diventava
persino
gioviale
:
con
gli
amici
,
si
concedeva
qualche
cenetta
nelle
osterie
fuori
porta
e
davanti
ad
un
piatto
di
fave
e
pecorino
parlava
dei
pastori
del
suo
paese
.
Sono
di
quel
tempo
le
sue
prose
più
belle
,
quelle
che
probabilmente
meglio
affideranno
il
suo
nome
alla
storia
letteraria
del
Novecento
:
contenute
in
un
primo
tempo
in
un
piccolo
quaderno
della
Terza
pagina
con
il
titolo
di
Terra
genitrice
e
riprese
poi
quasi
integralmente
in
un
volume
edito
dal
giovane
Leo
Longanesi
con
il
nuovo
titolo
de
Il
sole
a
picco
;
prose
dedicate
alle
memorie
,
quasi
favolose
,
del
paese
della
sua
infanzia
,
evocazioni
di
quelle
terre
dove
aveva
sostato
qualche
anno
prima
,
ignoto
viaggiatore
,
lo
scrittore
inglese
D.H.
Lawrence
.
Cardarelli
aveva
trentasette
anni
:
con
quel
volumetto
longanesiano
ebbe
l
'
affettuoso
alloro
del
premio
Bagutta
di
cui
Cardarelli
attese
nervosamente
il
piccolo
vaglia
a
Roma
.
A
Milano
le
edizioni
di
Bottega
di
Poesia
stamparono
i
suoi
«
Canti
»
,
uno
dei
quali
cominciava
:
«
Domani
ho
quarant
'anni...»
.
«
La
Ronda
»
morì
presto
.
Cardarelli
fece
un
breve
viaggio
in
Russia
e
tentò
di
nuovo
il
giornalismo
che
tanto
lo
affaticava
.
Era
evidente
che
a
soli
quarant
'
anni
le
scarse
forze
della
sua
gioventù
andavano
già
spegnendosi
.
Preso
nel
cerchio
di
una
inquietudine
amara
,
la
sola
forza
che
gli
restava
era
quella
della
sua
malinconica
eloquenza
,
delle
sue
ire
improvvise
.
Più
che
scrivere
pagine
nuove
,
andava
ripubblicando
quelle
vecchie
,
che
pur
non
erano
molte
.
Andava
stentatamente
d
'
accordo
con
i
vecchi
amici
,
nessuno
dei
quali
però
lo
abbandonò
.
Segretamente
aveva
paura
della
povertà
,
ora
che
una
precoce
vecchiaia
andava
avvicinandosi
.
Aspettò
la
nomina
ad
Accademico
d
'
Italia
,
e
non
l
'
ebbe
.
Viveva
in
un
«
letto
di
famiglia
»
in
casa
di
un
cameriere
di
Aragno
.
La
vita
gli
si
mostrò
sempre
più
squallida
.
La
guerra
del
'40
aprì
nel
suo
cuore
di
malato
alti
sgomenti
.
Roma
stessa
non
assomigliava
più
a
quella
della
sua
giovinezza
.
Ogni
tanto
i
compaesani
lo
volevano
con
loro
a
Tarquinia
per
celebrare
in
lui
quello
che
ormai
era
considerato
l
'
ultimo
poeta
della
Etruria
.
Sotto
ad
una
apparente
albagia
,
ammalato
,
incapace
ormai
d
'
ogni
lavoro
,
il
dopoguerra
lo
vide
trasferito
in
una
pensione
di
via
Veneto
,
per
cercare
un
po
'
di
sole
sul
marciapiede
di
destra
che
sembra
la
«
Riviera
di
Roma
»
.
Per
qualche
tempo
,
riuscì
ad
attraversare
la
strada
per
raggiungere
i
banchi
della
Libreria
Rossetti
dove
aveva
gli
ultimi
contatti
con
la
letteratura
vecchia
e
giovane
.
Riceveva
un
piccolo
stipendio
per
dare
il
suo
nome
di
direttore
alla
«
Fiera
letteraria
»
.
Da
Milano
gli
erano
arrivati
aiuti
affettuosi
.
Non
ancora
del
tutto
vecchio
,
Cardarelli
viveva
nel
timore
della
povertà
assoluta
se
la
vecchiaia
si
fosse
prolungata
e
se
la
memoria
della
sua
breve
stagione
di
poesia
si
fosse
spenta
.
Accettava
umilmente
anche
doni
segreti
di
vestiario
,
di
biancheria
,
di
maglie
,
di
scialli
.
La
sua
malattia
,
che
lo
portava
lentamente
all
'
immobilità
,
gli
gelava
le
vene
.
In
piena
estate
,
con
tre
cappotti
addosso
,
durante
lo
scirocco
romano
,
Cardarelli
aveva
freddo
come
in
Siberia
.
Quando
,
in
un
torrido
settembre
partenopeo
,
ricevette
,
assieme
a
Dino
Buzzati
,
il
Premio
Napoli
,
volle
in
albergo
una
stufa
elettrica
e
dormì
senza
levarsi
da
dosso
i
pastrani
per
non
morire
,
diceva
,
assiderato
.
Due
amici
lo
portarono
in
braccio
su
per
le
scale
e
attraverso
i
saloni
del
Palazzo
Reale
per
la
consegna
del
Premio
.
La
voce
gli
si
era
fatta
fioca
ma
aveva
ancora
qualche
soffocato
accento
di
disagio
e
di
polemica
se
non
addirittura
d
'
ira
caparbia
.
A
sentire
che
non
poteva
più
reggersi
in
piedi
,
gli
occhi
alteri
si
riempivano
di
malfrenate
lagrime
.
Bisogna
dire
che
la
morte
ha
avuto
alla
fine
pietà
di
lui
,
per
lasciare
a
noi
che
lo
ascoltammo
,
che
lo
leggemmo
,
che
lo
amammo
,
il
puro
acquetato
e
limpido
ricordo
della
sua
anima
di
poeta
,
lampeggiante
nel
mesto
profilo
di
un
'
esistenza
amara
e
melanconica
come
di
chi
avesse
troppo
a
lungo
respirato
l
'
aura
mortale
delle
tombe
trimillenarie
delle
genti
etrusche
.