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> anno_i:[1940 TO 1970}
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Chi è stato a tradirlo ? Dove è stato ucciso ? Come ? E quando ? La grande maggioranza dei siciliani non crede alla descrizione ufficiale del conflitto nel quale ha trovato la morte Salvatore Giuliano . E anche noi dobbiamo confessare di avere inutilmente tentato di mettere d ' accordo parecchi particolari di quella relazione con i luoghi ; le circostanze , il racconto di chi quella notte vegliava a pochi passi di distanza dal tragico cortile in cui si è svolto l ' epilogo del dramma o è stato svegliato dal fracasso delle fucilate . Tutto ciò si chiamerà forse cercare il pelo nell ' uovo , ma l ' esame delle incongruenze , dei punti oscuri dei dubbi che inevitabilmente nascono nella mente di chi abbia tentato sul posto di ricostruire la scena non cesserà per questo di essere interessante . A Castelvetrano , alle 15,15 del 5 luglio , il capitano Perenze , il brigadiere Catalano , i carabinieri Renzi e Giuffrida ( dice la relazione ufficiale ) hanno riconosciuto da lontano il capobanda mentre assieme a uno dei suoi uomini percorreva la via Gagini . Vistisi sorpresi , i due si sono dati alla fuga in direzioni diverse e il gregario è riuscito facilmente a dileguarsi . Giuliano invece è stato inseguito attraverso le vie della città . Contro di lui è stato fatto fuoco , ripetutamente , un proiettile lo ha raggiunto alla spalla , il fuggitivo ha risposto a sua volta con la pistola e col mitra . Giunto in via Mannone , il brigante ha sperato di trovare scampo entrando in un cortile , e là , mentre tentava di dare la scalata al muro di cinta , oltre il quale c ' è un piccolo orto e poi la campagna , è stato freddato con una raffica di mitra dal capitano . Dunque nessuno poteva immaginare in anticipo che Salvatore Giuliano sarebbe entrato in quel cortile . Eppure parecchi civili delle case confinanti affermano d ' aver inteso fin dalla mezzanotte un rumore di tegole smosse e un bisbigliare come se vi fosse gente sui tetti . Stettero un poco in ascolto , ma quello strano trambusto dopo un quarto d ' ora si chetò . Nessuno diede peso alla cosa e di lì a poco in via Mannone tutti ripresero a dormire , eccetto tre uomini che per le esigenze del loro mestiere dovevano già essere a bottega : il proprietario e i due garzoni del forno Lo Bello , che è sullo stesso lato della strada a 20 metri dall ' ingresso del cortile . Era una notte afosa , e nell ' interno del panificio il caldo era insopportabile . I due garzoni che avevano finito di impastare il pane e aspettavano che lievitasse erano usciti sulla via e stavano chiacchierando accovacciati sul marciapiedi , con le schiene nude appoggiate agli stipiti . Ma la prima sigaretta che essi avevano acceso non era ancora finita quando due carabinieri , spuntando dall ' ombra , si avvicinarono e intimarono di ritirarsi e di sprangare la porta . L ' ingiunzione era stata fatta con il tono di chi non ammette repliche . È molto probabile tuttavia che il mattino seguente le clienti del fornaio Lo Bello abbiano trovato da ridire sulla confezione del pane . La curiosità di sapere quello che stava per accadere sulla strada non poteva certo permettere ai panettieri di attendere con diligenza al consueto lavoro . Avevano lasciato i battenti un pochino socchiusi e di tanto in tanto andavano ad origliare . Così non sarà esagerato dire che l ' aria lacerata dal primo sparo vibrava ancora quando gli occhi dei fornai erano già incollati alla fessura . Sembrò loro che la via fosse deserta ... Non videro dunque entrare nessuno nel cortile . Scorsero invece un uomo che ne usciva , che passò correndo sotto un lampione . Lo videro di spalle per un attimo e tutto quello che seppero dire di lui è che si trattava di un uomo forse giovane , tarchiato , che camminava a piedi nudi . Ma vedremo dopo quale parte attribuisca la fantasia popolare a questo personaggio . Nessuno ha sentito La via Mannone parte dalla piazza del mercato , taglia in linea retta il rione orientale del paese e finisce nella campagna . Nel tratto che va dal mercato al cortile non ci sono trasversali . Da che parte ci arrivò Giuliano fuggendo da via Gagini ? Dal mercato dopo aver attraversato la piazza della torre , dove sono ininterrottamente di fazione due agenti , dal corso dove a qualunque ora c ' è sempre gente scamiciata che passeggia , dal verziere dove c ' è un grande negozio di fruttivendolo che resta aperto tutta la notte con le luci accese e dove attorno ai banchi e ai cumuli di ceste che non vengono mai rimossi passeggiano continuamente i guardiani ? Evidentemente no , perché nessuno ha visto né lui né gli inseguitori . Allora è venuto dalla via Gioberti , che è dalla parte opposta e , giunto al crocicchio di dove poteva scorgere davanti a sé le prime siepi e i primi alberi della campagna , ha piegato invece in via Mannone verso il centro del paese . L ' illogicità di questa decisione stupisce molti . Il lettore tuttavia non ci faccia troppo caso perché sono tante le ragioni che possono avere spinto il fuggitivo ad abbandonare la via più facile per quella più rischiosa . È stato detto piuttosto che la sparatoria era cominciata in via Gagini ed era continuata da una parte e dall ' altra lungo tutto il percorso . Ma per quanto si siano interrogati molti abitanti di quella zona non si è trovato nessuno che ricordasse di aver udito un solo sparo . Eppure le finestre erano spalancate per il caldo opprimente . La notte in quel rione è silenziosa . Una pistolettata o una scarica di mitra avrebbero dovuto destare anche chi ha il sonno più duro . Gli abitanti di via Mannone invece hanno sentito . La loro testimonianza però è in contrasto con la versione ufficiale . Non aveva l ' orologio Questa dice che il brigante esplose 52 colpi col moschetto mitragliatore , che al 53 ° si inceppò . Giuliano buttò a terra il mitra quando era già nel cortile e impugnò la pistola , ma il capitano dei carabinieri lo prevenne scaricandogli addosso per primo un intero caricatore del suo Thompson . Gli spari insomma avrebbero dovuto susseguirsi in quest ' ordine : raffiche di mitra più o meno lontane ( Giuliano che spara sulla strada ) , altra raffica dopo una pausa di silenzio ( Perenze che fa fuoco all ' ingresso del cortile ) ; subito dopo forse qualche colpo di pistola ( Giuliano che , prima di stramazzare a terra , tenta l ' ultima difesa ) , forse il Thompson che risponde ancora ( Perenze che ha innestato il caricatore nuovo ) . Invece gli abitanti di via Mannone ( trascureremo i nomi della gente minuta facile ad accettare ed a ripetere come esperienza propria il racconto altrui e citeremo soltanto il pretore di Castelvetrano , avvocato Giovanni De Simone e il colonnello a riposo Santorre Vizzinisi ) sono unanimi nel ripetere che si sentirono prima cinque o sei colpi di pistola sparati sotto l ' arco di ingresso o nel cortile , poi due raffiche di mitra distanziate da un breve intervallo . Subito dopo si udì la voce del capitano che gridava a qualcuno di portare un po ' d ' acqua per il ferito e il furioso martellare del calcio del moschetto alla porta dell ' unica abitazione che si apre sul cortile . Parleremo in seguito dell ' interpretazione che la fantasia dei diffidenti siciliani dà a questo particolare . Sarà bene tuttavia citare sin d ' ora l ' obiezione più comune : che i feriti siano tormentati dalla sete è una di quelle nozioni elementari che anche il più rozzo dei pastori possiede . È tra l ' altro un vecchio motivo della retorica popolare . Ma questa arsura viene immediatamente appena uno è colpito , oppure è conseguenza del dissanguamento , della febbre provocata dalle ferite e sopraggiunge dopo un certo periodo di tempo ? E perché Giuliano non aveva un soldo addosso ? Perché portava una semplice canottiera , lui così ambizioso e a suo modo elegante ? Perché non aveva l ' orologio al polso , quel grosso cronometro d ' oro per il quale aveva una bambinesca affezione e , lo hanno testimoniato molti , era l ' ultima cosa che si togliesse coricandosi , la prima che cercasse al risveglio ? C ' erano poi altri particolari che alimentavano il dubbio e , apparentemente , con maggiore evidenza : alcune ferite , specie quella sotto l ' ascella destra , sembravano tumefatte come se risalissero a qualche tempo prima ; altre erano a contorni nitidi e apparivano più fresche . Due o tre pallottole lo avevano raggiunto al fianco e avevan prodotto quei fori grandi a contorni irregolari tipici dei colpi sparati a bruciapelo : altre erano entrate nella carne lasciando un forellino minuscolo perfettamente rotondo . Il tessuto della canottiera appariva intriso di sangue dal fianco alla metà della schiena , e sotto quella grossa macchia ( aveva oltre due palmi di diametro ) non c ' erano ferite . Era logico pensare che il corpo del bandito anziché bocconi fosse rimasto per qualche tempo in posizione supina , perché tutto quel sangue doveva essere sgorgato dalle ferite sotto l ' ascella e certamente era sceso , non poteva essere andato in su . Le avventure di Paperino Da Trapani a Sciacca , a Santa Ninfa , a Partanna non c ' è uno che non sorrida quando gli si parla del famoso furgone sul quale gli uomini del colonnello Luca , travestiti da cinematografari , percorrevano le campagne e sostavano nei paesi fingendo di girare un documentario , perché Salvatore Giuliano , tradito dall ' ambizione e dalla smania di pubblicità , lasciasse le sue montagne e cadesse nella trappola . Per quanto avesse incollato su una fiancata due grosse strisce con le scritte : « Gazzetta dello Sport » , « Il Paese » , e su una terza striscia di carta dipinta a mano che attraversava di sbieco il lato opposto si leggesse « Le avventure di Paperino » , tutti , anche i ragazzini , sapevano che si trattava di una radio trasmittente mobile della polizia capace di collegare Trapani a Palermo . Cosa che tra l ' altro era dimostrata con evidenza dall ' antenna molto alta che non si poteva certo né sopprimere né camuffare . Proprio Giuliano avrebbe dovuto farsi ingannare da un trucco così grossolano ? E allora ? È forse possibile rispondere alle domande che sono state poste al principio del discorso ? Si può tentare . Per un buon tratto di strada cammineremo su un terreno sicuro e , quando usciremo dalla realtà della cronaca per riferire le congetture che molti fanno , avvertiremo onestamente il lettore . È certo che non si manca affatto di rispetto al colonnello Luca né a chi sulla scala gerarchica sta più in alto o più in basso di lui dicendo che la relazione ufficiale sulla morte di Salvatore Giuliano è camuffata , reticente su certi punti , su altri imprecisa . Poco o molto , tutti i rapporti che la polizia rende noti al pubblico devono essere necessariamente così . Vi sono circostanze che non possono essere rivelate , promesse che è giusto mantenere , uomini che bisogna salvare dalla vendetta . Perfino davanti al giudice e nei casi più gravi la legge concede al funzionario di polizia il diritto di tacere la verità : quando gli si chiede il nome del confidente , di chi lo ha messo sulle tracce , lo ha aiutato a formulare l ' accusa , ad arrestare il colpevole . Il furgone con l ' etichetta « Le avventure di Paperino » non ha alcuna parte nel dramma . Il più grande aiuto allo sterminio della banda di Montelepre e del suo capo è venuto dalla mafia , ed è chiaro che ciò non significa affatto che la polizia abbia sollecitato o anche incoraggiato quell ' aiuto . L ' alleanza tra Giuliano e i mafiosi era nata naturalmente al principio della carriera del brigante . Turiddu aveva bisogno dell ' appoggio dell ' « onorata società » e a quegli altri era comodo speculare sulla paura che il nome del brigante incuteva . Ma poi i capimafia , che erano stati i primi esattori della banda , esagerarono . Imposero riscatti che erano cinque volte superiori a quelli che il bandito intendeva richiedere e intascarono la differenza . Cominciarono a molestare , sempre trincerandosi dietro quel terribile nome , alcuni che avevano reso grossi servigi a Giuliano e che ne avevano avuto promesse di protezione . Il contrasto si aggravò al punto che Turiddu , assieme a pochi dei suoi uomini , tra i più fedeli , scese sulla piazza di Partinico e in pieno giorno vi uccise a pistolettate i più alti capi dell ' associazione criminosa e segreta . Le vittime non avevano però un grosso prestigio oltre l ' ambito del loro paese , perché oggi non esiste più una mafia unica che abbia giurisdizione su tutta l ' isola , ma tante mafie locali autonome e spesso nemiche . Forse il brigante sperava di giocare su queste rivalità territoriali e in parte ci riuscì : infatti fu condannato a morte dalla sola mafia di Partinico mentre le altre sembrò che continuassero ad essergli amiche ; e invece era soltanto una maniera di temporeggiare aspettando il momento opportuno per liberarsi di lui . Per cinque anni i rapporti tra le due forze della delinquenza siciliana seguirono così alterne vicende : Giuliano , per tenersi buoni quei pericolosi vicini si buttò talvolta in imprese rischiose dalle quali non avrebbe potuto trarre un utile diretto ( tra le altre si dice l ' eccidio di Portella della Ginestra ) : la mafia gli guardò le spalle , lo garantì dalle delazioni . Ma è difficile che due galli nello stesso pollaio possano vivere uno accanto all ' altro senza cavarsi gli occhi . L ' equilibrio era mantenuto soltanto dalla straordinaria potenza di Giuliano . Il giorno che questa decadde , la sentenza di Partinico fu omologata e sottoscritta da tutte le mafie . Si ricordi tra l ' altro che proprio in questi giorni si sta svolgendo a Viterbo il processo per l ' eccidio di Portella della Ginestra . Si voleva prendere Giuliano , ma era sempre rischioso mandargli un sicario secondo il classico sistema . Per farlo cadere cominciarono a togliere la protezione ai suoi rompendo la legge dell ' omertà . Imposero che quelli della banda , dovunque fossero , dovessero essere segnalati alla polizia . Così uno a uno furono arrestati molti dei fuorilegge , i più sicuri scherani della banda di Montelepre . Quasi sempre chi si lasciava scappare una preziosa confidenza non era un affiliato alla mafia , ma era stato costretto dalla mafia a ingoiare la paura e farsi delatore . Il 27 giugno scorso , poco prima di mezzogiorno , un carrettiere mafioso che percorreva la provinciale per Trapani con un carico di pomodori , giunto in località Lo Zucco , a pochi chilometri da Partinico , vide sbucare da un cespuglio due uomini che gli mossero incontro e gli intimarono di fermarsi . Erano Frank Mannino e Nunzio Badalamenti , l ' amministratore e il più spietato sicario della banda Giuliano , che ormai poteva disporre di non più di sette od otto gregari . I tre si conoscevano da molto tempo , perché il carrettiere aveva avuto modo in passato di rendere qualche buon servigio ai briganti . Mannino e Badalamenti erano usciti dal nascondiglio avendo appunto ravvisato in lui un amico . Domandarono : « Va verso Castelvetrano vossìa ? » . L ' uomo rispose di sì . I briganti gli chiesero allora di nasconderli sul carro e di portarli fino alle porte del paese . Così furono vuotate due ceste ( quelle che si usano in Sicilia per il trasporto dei pomodori sono molto grandi , a tronco dicono , alte un metro e cinquanta , e larghe alla sommità quasi altrettanto ) . I banditi vi si accovacciarono dentro e furono coperti coi pomodori . Là sotto è chiaro che riuscivano a respirare ma non potevano certo vedere . E di lì a poco , quando sentirono il cavallo fermarsi ; accettarono per vere le rassicuranti spiegazioni del carrettiere . Il veicolo invece sì trovava in quel momento davanti alla caserma dei carabinieri di Alcamo e non è necessario dire come finisse la storia . La polizia tenne segreto l ' accaduto , Giuliano non seppe che altri due dei suoi uomini erano caduti in trappola . Ora bisognerà passare sul terreno delle congetture . Mannino e Badalamenti andavano a Castelvetrano . A fare che cosa ? Conoscendo l ' epilogo di questa storia è facile arguire che ci andassero convocati dal loro capo e quindi che sapessero dove questi si teneva nascosto . In carcere possono essere stati indotti a cantare . Uno dei due ( Mannino ? ) può essersi lasciato convincere a tradire il suo capo , a consegnarlo vivo o morto . Ecco chi era il compagno di Giuliano la notte del 5 luglio , e che si sia parlato di quella sua misteriosa scomparsa subito dopo l ' avvistamento della pattuglia è cosa ovvia . Può darsi invece che la verità sia un ' altra . Il traditore non si sarebbe affatto allontanato dal suo capo , ma gli sarebbe stato al fianco facendogli da guida . Lo ha portato in trappola nel luogo prestabilito , dove i carabinieri lo attendevano in agguato . Giunti i due sulla soglia del cortile la situazione si faceva oltremodo difficile e pericolosa : se la guida continuava a stare vicina al capo , c ' era modo di finire sotto le pallottole degli agenti ; se proprio in quel momento tentava di sganciarsi da lui , c ' era caso che , intuendo il tradimento , Giuliano facesse fuoco su di lui . Il modo migliore di cavarsela per un ' anima perversa era di sparare a bruciapelo sulla pistola del capo . Ecco così spiegata la sequenza dei colpi , le ferite più grosse , slabbrate , al fianco , l ' ombra che esce di corsa dal cortile e si avvia verso la campagna , dove l ' attende un ' auto della polizia , è comprensibile la sua fretta di tornare in carcere . Ma la grossa macchia di sangue sulla schiena , la tumefazione di alcune ferite e la freschezza di altre , l ' essere Giuliano in maglietta senza denaro e senza orologio sono circostanze che non si spiegano affatto con questa storia . Allora facciamo un passo più in là e ascoltiamo le congetture di qualcuno a cui non piace di mettere il morso alla propria fantasia . Mannino o Badalamenti , o chiunque sia stato il traditore , entrò nella camera dov ' era nascosto Salvatore Giuliano , ma gli mancò il coraggio di svegliarlo e di condurlo fuori . Preferì sparargli a bruciapelo nel sonno . Poi , si sa : a nessuno poteva far piacere che si venisse a conoscere un così brutto episodio . Forse anche colui che ospitava il brigante era a parte del primitivo progetto , aveva aderito a facilitare la cattura e non si poteva ripagarlo lasciandogli in casa il cadavere ( quel cadavere ) fino al momento in cui sarebbero venuti il giudice , i fotografi , i becchini . Allora lo portarono nel cortile di via Mannone . Spararono . Il capitano andò a bussare alla porta e gridò che gli portassero dell ' acqua per un ferito perché tutti sentissero che Giuliano non era morto ancora . Queste storie si sentono raccontare ad ogni ora del giorno e della notte per le strade della Sicilia . È difficile accertarle . Però uno che sia stato sul luogo , che si sia chinato a guardare il corpo di Salvatore Giuliano steso bocconi in mezzo al cortile , che abbia chiacchierato un poco con la gente di via Mannone , è costretto , di tanto in tanto , a pensarci .
CALMA! ( FREZZAN FEDERICO , 1941 )
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Calma , signori d ' oltre Atlantico . Le vostre operazioni , in Africa Settentrionale francese , non sono state per noi quella sorpresa che vi aspettavate . La nostra logica e la nostra abitudine a considerare gli avvenimenti di guerra con la massima obiettività , già , da mesi , avevano previsto questa vostra intenzione di allora . Ma tralasciando queste considerazioni torniamo pure all ' esame delle operazioni in Africa Settentrionale . Il loro piano ha obbligato gli anglo - americani ad una dispersione delle forze , inducendoli a sbarcare in numerosi porti , dal Marocco ad Algeri . Vedremo per chi giuocherà il proverbio " chi la dura la vince . " Se gli inglesi hanno sempre basato il predominio sul mondo sulla possibilità di durare , noi non ne siamo nuovi , perché , da due millenni , abbiamo ereditato lo spirito di non disperare mai della fortuna della Patria . Per tornare all ' Africa Settentrionale diremo : - che il nemico ha proceduto alle operazioni in corso prevedendo la nostra insufficiente capacità a reagire ; - che il nemico non aveva le forze sufficienti per sviluppare tutto il suo piano , altrimenti si sarebbe diretto su Biserta e Tunisi ; - che le operazioni sarebbero state iniziate nella primavera ventura , se la Russia non avesse insistito nella creazione del secondo fronte . Il viaggio del Premier inglese alla capitale russa ha voluto significare un rabbonimento della Tigre rossa , e concretare quel simultaneo piano operativo , che avrebbe dovuto far passare nelle loro mani la iniziativa . Ma un piano come quello attualmente in esecuzione , avrebbe dovuto dare già i suoi frutti , quelli che avrebbe dovuto inequivocabilmente segnare il punto di partenza . Per noi invece rappresenta : - in Africa Settentrionale : operazioni di schieramento da parte nemica ; - sul fronte est : operazioni di resistenza al piano russo . Immaginiamo che la guerra sia incominciata ora , e vedremo che la nostra occupazione di Biserta e Tunisi rappresenta un vantaggio operativo , sul quale si svilupperà il nostro piano .
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DAK TO ( Vietnam ) , gennaio « QUANDO morirò andrò in Paradiso perché su questa terra ho vissuto all ' Inferno . Vietnam , 1967» . « Ho dormito sotto Joe . Era morto e faceva caldo . Dammi una sigaretta . Hai mai dormito sotto un morto che faceva caldo ? » . « Signora , lei crede che ce la farò ? A volte ho paura di no . E prego , sa , non faccio che pregare . Prego anche quando non ho tempo , per esempio quando vado all ' assalto . Dico alla svelta : Dio , non farmi morire » . « Dio , che cosa schifosa è la guerra . Dev ' esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che si divertono a fare la guerra , che la trovano gloriosa o eccitante . Non c ' è nulla di glorioso , nulla di eccitante , è una sporca tragedia » . « Io non voglio essere ricco , non voglio essere eroe . Io voglio vivere e basta . La vita è bella , sai , bella . Ora lo so che la vita è bella , prima non lo sapevo . Credi che morirò ? » . « Non voglio tornare in battaglia . Sono così giovane e ho tanto tempo da vivere , e non si viene al mondo per morire a venti anni alla guerra . Si viene al mondo per morire in un letto , quando si è vecchi » . « E poi ammazzai un uomo . Era un piccolo viet . Correva , correva , e gli sparavano tutti . Sembrava d ' essere al tirassegno di un luna park . Gli ho sparato io ed è caduto . Ma è stato come sparare ad un albero . Non ho sentito nulla , sai , nulla » . « Signora , è vero che è così brutto lassù ? » . « Ma no , soldato , ma no . Oggi è quieto , vedrai » . « Lasciatemi in pace . Non m ' importa di nulla , non m ' importa nemmeno di morire » . Poi è arrivato un razzo . E di lui è rimasta soltanto una scarpa . - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Lunedì mattina . La tragedia incomincia con la paura . E la paura incomincia appena Sali sul cargo militare che ti conduce alla zona del fuoco insieme ai soldati che tacciono in un rassegnato silenzio . Ieri un cargo come questo è precipitato , sembra per un sabotaggio , e nessuno ha fatto in tempo a usare i paracadute con cui dovremo buttarci se saremo colpiti . Del resto , il paracadute a che serve ? Mentre cali a terra ti sparano , voliamo su una regione che pullula di vietcong . Fa caldo , sudi . Anche perché il soldato accanto ti fissa da almeno mezz ' ora scuotendo la testa e poi , cercando di superare il rombo dei motori , ti grida : « Sei giornalista ? » . « Sì » . « E il lungo con te è un fotografo ? » . « Sì » . « Andate a Dak To ? » . « Sì » . « Idioti , chi ve lo fa fare ? » . Te lo chiedi anche tu , all ' improvviso . Hai superato tanti ostacoli per arrivare fin qui , visti permessi burocrazie , e all ' improvviso vorresti essere mille miglia lontano dove la guerra è solo una parola , una fotografia sul giornale , una immagine alla televisione . Provi a scherzare , la voce ti suona falsa : « Moroldo , ci pensi alla faccia dell ' ambasciatore quando gli consegnano i nostri cadaveri ? » . Per raggiungere Dak To abbiamo firmato un foglio con cui sdebitiamo le Forze armate e il governo degli Stati Uniti della nostra possibile morte , e in fondo al foglio c ' era questa domanda : « A chi dovrà essere consegnato il nostro cadavere ? » . Presi alla sprovvista abbiamo scritto : « Ambasciata italiana a Saigon » . Moroldo brontola che lo disturba solo un particolare : l ' intera faccenda è avvenuta di venerdì 17 . Anche le uniformi le abbiamo prese di venerdì 17 , ma bando alle spiritosaggini : in poco più di due anni sono morti dieci giornalisti in Vietnam . Ricordiamoli , non lo fa mai nessuno . Maggio 1965 , Pieter Ronald Van Thiel : ucciso dai vietcong a sud di Saigon . Giugno 1966 , Jerry Rose : precipitato con l ' aereo colpito da una cannonata a Quang Ngai . Ottobre 1966 , Bernard Kolenberg : precipitato con un caccia sulla zona demilitarizzata . Ottobre 1966 , Huynh Than My : ucciso in battaglia a Can Tho . Novembre 1966 , Dickie Chapelle : saltata su una mina a sud di Danang . Novembre 1966 , Charlie Chellapah : disintegrato da un mortaio a Cu Chi . Dicembre 1966 , Sam Castan : ucciso in combattimento nelle pianure centrali . Febbraio 1967 , Bernard Fall : sventrato da una mina nella foresta di Hue . Marzo 1967 , Ronald Gallagher : ucciso per errore dall ' artiglieria americana nei pressi di Saigon . Maggio 1967 , Felipa Schuler : mitragliata sull ' elicottero che la portava a Danang . Di feriti , quest ' anno , ce ne sono stati una trentina . Ieri a Saigon ho conosciuto Cathrine Leroy , fotografa francese . Ha ventitré anni , il braccio destro , la gamba destra , la parte destra del volto coperti di cicatrici , e cammina zoppa . Lo scorso maggio , durante un combattimento al 17° parallelo , le scoppiò accanto un colpo di mortaio . È stata tre mesi in ospedale , dal corpo le hanno tolto diciotto schegge , ma al piede la ferita continua a riaprirsi , riaprirsi , e i medici non sanno più cosa fare . Le ho chiesto : « Perché non torni a casa , Catherine ? » . Ha sorriso senza rispondermi . Che strani tipi questi miei colleghi in Vietnam . Alcuni sono fior di giornalisti e potrebbero stare a Londra o a Parigi : invece bestemmiano e rimangono qui . Altri reporter improvvisati , nessuno li voleva mandare : ma hanno supplicato o sono venuti da sé , a loro spese . Cosa cercano , dimmi . Uno scopo che non avevano prima ? Un brivido che li scuota dalla noia ? Una pallottola che risolva un loro dolore ? Un ' imitazione di Hemingway ? Ho tentato un ' indagine , uno ha risposto : « Voglio dimostrare a mio padre di non essere il cretino che dice » . Un altro ha risposto : « Mia moglie ha divorziato » . Un altro ha risposto : « È eccitante e , se fai la foto giusta , sei a posto per sempre » . Quasi nessuno m ' ha data la sola ragione che a me sembra valida : « Sono qui per capire » . Io sono qui per capire , per sapere cosa pensa un uomo che ammazza un altro uomo che a sua volta lo ammazza : senza conoscerlo . Sono qui per provare qualcosa a cui credo : che la guerra è inutile e sciocca , la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre . Sono qui per spiegare quanto è ipocrita il mondo quando si esalta su un siero che curerà il cancro , o sull ' operazione chirurgica che sostituisce un cuore con un altro cuore : mentre migliaia di creature giovani e sane , senza cancro , col cuore a posto , vanno a morire come animali , vacche al macello . C ' è la guerra da tre anni in Vietnam e la gente che piange su Washkansky dice : « Uh , che noia » . Ci si massacra da venti giorni a Dak To è un villaggio situato a dieci miglia dal confine col Laos e la Cambogia , proprio dove sbocca la Pista O Ci - min : vale a dire la strada da cui arrivano i rifornimenti di Hanoi alle formazioni vietcong e alle truppe nordvietnamite infiltrate nel Sud . Verso la fine di ottobre a Dak To c ' era un solo battaglione di americani con una base aerea , minuscola . Poi un disertore nordvietnamita rivelò che i suoi compagni erano riusciti ad ammassare sulle colline intorno a Dak To ben settemila soldati e con questi si accingevano a sferrare l ' attacco . Il generale Westmoreland reagì concentrando diecimila fra paracadutisti e soldati , il 1° novembre ebbe inizio la più sanguinosa battaglia combattuta fin oggi in Vietnam . A Saigon si dice : « O gli americani vincono entro sette giorni o Dak To diviene la loro Diem Bien Phu » . Non è facile obbedire al consiglio che un amico della France Presse , François Pelou , mi ha lascito in albergo con un bigliettino : « N ' aie pas peur » . I viet sono come gli Apaches e i Cheyennes Lunedì pomeriggio . Invece è facile . La paura ti passa , di colpo , con la paura degli altri . L ' elicottero su cui siamo saliti alla base di Pleiku , ultima tappa prima di Dak To , ha posto per quattro persone oltre i due piloti e i due mitraglieri . Uno dei quattro è un telecronista appena giunto da New York . Il suo viso ha il colore del gesso , il suo corpo è scosso da un tremito convulso , e tutte le sue dieci dita sono ficcate dentro la bocca dove tutti i suoi trentadue denti le mordono furiosamente . Dopo pochi minuti si alza , batte alle spalle di un pilota , lo scongiura invano di tornare indietro , e provi tanta vergogna per lui che di colpo sei un ' altra persona . Tranquilla , lucida , con ogni tuo nervo pronto a scattare per salvarti la pelle . Puoi perfino osservare con curiosità le colline a sinistra da cui si alzano fumate nere , il napalm che gli americani sganciano sui nordvietnamiti lanciano sugli americani : ben consapevole che ci stai passando nel mezzo , come sotto un arcobaleno , sorvolando la giungla dove sono nascosti i vietcong i quali mirano dritto alle pale dell ' elicottero . Puoi perfino capire perché questa guerra è una guerra diversa da ogni altra guerra che hai studiato a scuola , e perché dicono che non ha un fronte preciso , che il fronte è ovunque . Il mitragliere dietro di te s ' è abbassato sulla mitraglia e spara raffiche contro una macchia da cui è partito un colpo appena avvertito . Sembra il personaggio di un western dove i bianchi sparano dal vagone agli indiani . Anche allora i bianchi tenevano in pugno un paese di cui possedevano solo qualche fortino , e per andare da fortino a fortino bisognava ammazzare o venire ammazzati . Sostituisci alla parola fortino la parola base aerea , alla parola indiani la parola vietcong , alla parole vagone la parola elicottero : ed ecco il Vietnam . Ecco il nostro viaggio a Dak To , con quel poverino che geme . Siamo a Dak To . Un campo militare con una pista nel mezzo , bucata dai mortai di stanotte . Decine di elicotteri e aerei che decollano o atterrano in una tempesta di polvere rossa , un fragore che spacca gli orecchi . Centinaia di camion e di jeep che trasportan soldati dalla barba lunga e lo sguardo stanco . Postazioni di artiglieria che vomitano cannonate ogni trenta secondi facendo tremare la terra e il tuo stomaco . Eppure come doveva essere bello il Vietnam quando non c ' era la guerra . I monti dove ora si muore son blocchi di giada e smeraldo , il cielo dove ora schizzan bombe è una cappa color fiordaliso , e il fiume che ora serve a spegnere gli incendi ha un ' acqua così limpida , fresca . Come doveva essere facile sentirsi felici quaggiù , andando a pescare sulle rive , a passeggiare nei boschi . Poi un tenente ci viene incontro e ci offre una rivoltella ciascuno . « Badate , ve la consiglio , quasi tutti i corrispondenti ce l ' hanno , chiunque porti l ' uniforme è un bersaglio : i nordvietnamiti non fanno prigionieri . Se dovete crepare , tanto vale che vendiate cara la vostra pelle » . E sembra molto sorpreso , anzi offeso , quando gli rispondiamo « no , grazie » . Povero tenente . Ha due baffi cretini su un muso di topo , e un elmetto che sembra nato con lui . Infatti non lo vedremo mai senza e un giorno gli chiederò se ci dorme . È addetto alla stampa , nella tasca dei pantaloni tiene una scatola di fotocolor che mostra ad ogni nuovo arrivato : la sua fidanzata in camicia da notte e senza camicia da notte . La mostra anche a me , è una bionda cicciuta con due grossi seni , mi spiega che la fotografò durante una licenza a Honolulu . Parlando ci conduce alla tenda dei giornalisti ma prima di entrarci faccio in tempo a vedere due MP che trascinano un soldatino giallo in uniforme kaki . Cammina perché lo sostengono , ha i piedi scalzi , la bocca aperta e le palpebre chiuse . Ha sì o no diciott ' anni , lo hanno prese stamani sulla collina 1383 , era svenuto di fame e di sete . « Dove lo portano » , chiedo , « all ' infermeria ? » . « No , no » , spiega il tenente , « lo portano all ' interrogatorio e poi ad incidere un disco da trasmettere con l ' altoparlante sulle colline . » « E cosa inciderà su quel disco ? » . « Inviterà i suoi compagni ad arrendersi » . « E se lui non vuol farlo ? » . « Oh , lo farà , lo farà » . Il prigioniero inciampa , gli MP lo sollevano , e per un attimo i suoi piedini nudi pendono giù grotteschi . Forse fu lui a ordinare la giacca ricamata che vidi da un sarto a Saigon . Il ricamo diceva : « Quando morirò andrò in Paradiso perché su questa terra sono vissuto all ' Inferno . Vietnam 1967» . Però era una giacca americana . E le parole ricamate , in inglese . Dieci piloti partono ne ritornano due Lunedì notte . La sensazione che hai in questo campo è d ' essere chiuso in un pozzo , cioè in trappola . Le colline dei nordvietnamiti ti circondano proprio a raggiera e solo tre sono in mano degli americani : la 1383 , la 1124 e la 1089 . Notte e giorno sei esposto al fuoco dei mortai , dei razzi , questo buco a trenta centimetri dalla vostra tenda lo ha fatto stamani un mortaio . Veniva dalla collina 875 , quella che non riescono a prendere : la notte scorsa 173° Airborn aveva l ' ordine di arrivarci in cima a ogni costo ma l ' attacco è fallito . Ho parlato col pilota di un elicottero , quasi piangeva . M ' ha raccontato che gli uomini sono ammassati in un perimetro angusto da cui non possono andare né avanti né indietro : i nordvietnamiti li circondano da tutte le parti , sono dietro a ogni albero . In quel mucchio di carne umana vi sono almeno cento morti e altrettanti feriti , nel buio gridano supplicando acqua e morfina . Il sole decompone i cadaveri , molti feriti muoiono dissanguati ; evacuarli è impossibile . Dieci elicotteri ci hanno provato , otto sono stati abbattuti , questo pilota è uno dei due che sono riusciti a tornare . « Capisce , non ci si muove che con gli elicotteri in questa giungla maledetta . Il terreno è troppo ripido , pieno di bambù e di liane , per far cento metri ci si mette due ore , e i nordvietnamiti vi si muovono invece come gatti » . « E i sudvietnamiti dove sono ? » . « Non ci sono . Chi li ha mai visti ? Siamo tutti americani a Dak To » . I soldati al campo hanno un ' aria cupa , arrabbiata . Mi sono affacciata a una tenda e un portoricano gridava : « Questo lo zio Sam non ce lo aveva detto . Devi combattere il comunismo non lo so , e non me ne frega un corno dei dannatissimi vietnamiti . Se lo combattano da sé il comunismo , non c ' è neanche un sudista qui fra noi . Sì , aveva ragione mio padre quando si arrabbiò perché andai volontario . Mio padre è un operaio e sai che ti dico ? Sono sempre i figli degli operai che vanno a morire alla guerra » . Gli è saltato addosso il caporale e ha urlato : « Hector , chiudi il becco ! » . Ma Hector ha continuato a sfogarsi e io sono uscita . Ero alla mensa quando è suonato l ' allarme . È suonato quando i primi colpi di mortaio erano già caduti sul ponte e sulla pista . Sono scappati tutti rovesciando i vassoi , i bicchieri di tè , e sono scappata anch ' io , con Moroldo , ma era molto buio e il bunker non si vedeva . Si vedevano solo sagome nere che correvano dandosi spintoni e ripetendo : « I mortai , i mortai » . A ciascuno chiedevo : « Il bunker , dov ' è il bunker » , ma nessuno mi rispondeva . Si diventa egoisti alla guerra . L ' artiglieria intanto s ' era scatenata con lancio di razzi , il cielo bruciava fiamme rosse in fuga verso le colline , non distinguevi più tra i colpi in arrivo e i colpi in partenza , d ' un tratto una mano ha afferrato il mio polso e una voce ha detto : « Viens avec moi » . Era François Mazure , un collega francese , con lui e Moroldo mi son tuffata in un bunker pieno di soldati cadendoci a capofitto . Siamo rimasti un ' oretta nel bunker , i soldati ogni tanto accendevano un fiammifero sotto la mia faccia per vedere se fossi davvero una donna . I loro discorsi erano interessanti : parlavano esclusivamente di quelli che sono riusciti a evitare il Vietnam . Quando l ' allarme è cessato ci hanno detto che il ponte era quasi distrutto e che si temeva un contrattacco sulla collina 1383 . Domattina ci andremo , intanto cerchiamo di dormire . Di giorno fa caldo , di notte fa freddo , ma il peggio è che le brande sono tutte occupate e bisogna dormire per terra . Qualcuno mi ha dato il suo sacco a pelo ma per terra i colpi di cannone ritornano come legnate sul ventre . Nel sonno sento Moroldo che brontola : « E spara e spara e spara . Ma quanto costa ogni colpo ? Mezzo milione ? Un milione ? Come sono ricchi gli americani . Io , la guerra agli americani , non gliela farò mai » . Una bomba da 300 chili ha fatto un massacro Martedì mattina . Si chiama Pip , ha ventitré anni , un volto buono e arguto , un fucile , una Leica e un blocco di carta col lapis . È addetto al servizio informazioni della Quarta divisione fanteria e sarà lui a portarci sulla collina 1383 . Gli andiamo incontro ridendo , ci siamo svegliati contenti , com ' è bello essere vivi . Se imparassimo a esser contenti per il semplice fatto d ' essere vivi . Capiremmo perfino il piacere di lavarsi la faccia con un bicchiere d ' acqua , l ' altro bicchiere è pei denti , e pazienza se nell ' uniforme ci hai dormito e sudato , se il sacco a pelo puzzava , se trovare un gabinetto è un regalo . Il generale Peers m ' ha offerto l ' uso del suo gabinetto che è una scatola di legno su cui è scritto " Privato " , ma tutte le volte che provi ad andarci c ' è lui . Al terzo tentativo l ' ho sorpreso sotto la doccia che si insaponava . « Oh ! » , ha esclamato arrossendo e non si capiva a guardarlo perché tutti ne abbiano tanta paura . Così nudo e indifeso non sembrava davvero il demonio che nell ' ultima guerra mondiale terrorizzava i giapponesi della Birmania , ancor meno sembrava il grande stratega che da venti giorni manda i ragazzi a morire e ogni sera ripete : « Stanotte la collina 875 sarà nelle nostre mani » . Uscendo senza scarpe scansava i sassolini come fossero spilli . L ' ho raccontato a Pip che continuava a ripetere : « Devi dirlo al capitano Scher ! » . Il capitano Scher è colui che ha conquistato le tre colline e Pip sostiene che se la 875 fosse toccata a lui non sarebbe successo quello che è successo . Sulla 875 la situazione sta facendosi ancora più tragica . Stamani i Phantom bombardavano i bunker dei nordvietnamiti , uno ha sganciato troppo presto una bomba e anziché sui nordvietnamiti le bomba è caduta sul perimetro degli americani . Era una bomba da trecento chili , ha fatto un massacro . Be ' , per dirmi questo Pip ha indugiato un po ' troppo e l ' elicottero su cui dovevamo salire è partito . Dobbiamo attenderne un altro e , quando arriverà , ci diranno : « Chi di voi tre porta bene ? L ' elicottero che avete perduto è partecipato per una raffica di mitra a palla » . « Sono andato volontario , poi me ne pentii subito » Martedì mezzogiorno . Ci si abitua a tutto , anche a non stupirsi perché la morte t ' è passata accanto senza vederti . Ci si abitua a saltare sull ' elicottero che non ha nemmeno una cintura alla quale legarti sicché quando vira devi stringere forte un appiglio sennò scivoli giù . Ci si abitua a volare rasente i boschi da cui i vietcong sparano . Ci si abitua ad affacciarsi mentre il mitragliere risponde al fuoco . Ci si abitua a non battere ciglio dinanzi alla desolazione , l ' orrore . Non sono rimasti che mozziconi anneriti di alberi su questa collina . Si levano contro il cielo in mille schegge che sembrano dita tese a chieder pietà e introno a essi vedi solo buche , voragini , trincee , bunker coperti da sacchi di sabbia , uomini dall ' espressione sbalordita , il passo incerto . Ci siamo calati nel punto dov ' è appostata l ' artiglieria . Nel recinto dei mortai stanno tre ragazzini vestiti da soldato . Quello che infila gli obici ha due occhi tristi che spaccano il cuore . « Larry , ti ho portato un pacco » , gli dice Pip . « Vengo subito » , risponde Larry . Infila un ' altra granata nella bocca del mortaio , si inginocchia appoggiando la testa bionda alla canna e : «3048 , uno - due , fuoco ! » . « Larry ! » , insiste Pip . « Un momento » , dice Larry , «3049 , uno - due , fuoco ! » . Poi cede il posto a un altro e prende il pacco che viene dalla zia Dolores di Kansas City e contiene pop - corn , burro di noccioline , torroni ma soprattutto caramelle perché a Larry piacciono le caramelle . Le mangiamo insieme , seduti sul tronco di un castagno . « Larry , ma è vero che sei volontario ? » . « Cosa vuole , eran tre anni che il Vietnam incombeva su me , alla fine mi dissi : meglio andar volontario , o la va o la spacca , se va e se ritorno becco un congedo di centocinquanta dollari al mese . Mi pentii subito di aver fatto quel che avevo fatto . Ma ormai lo avevo fatto . I miei genitori si arrabbiarono molto , la mamma piangeva . Mi sembra un secolo , e fu solo tre mesi fa . Tre . Ho ancora nove mesi da passare qui . Lei crede che ce la farò ? A volte o paura di no . E prego , sa , non faccio che pregare . Prego anche quando non ho tempo , per esempio quando vado all ' assalto , dico alla svelta : Dio non farmi morire » . Poi dal recinto arriva una voce : « Dico , Larry , vuoi riprenderti questo fetentissimo aggeggio ? » . E Larry se na va , masticando caramelle di zia Dolores , a sparar colpi che ammazzeranno un ragazzo come lui . Quello che l ' ha chiamato si avvicina e sorride : « Lei è italiana , vero ? Anch ' io » . Si chiama George Mazzarella , figlio unico di Giacinto e Irene Mazzarella che nel 1926 lasciarono Napoli per emigrare a New York . Ha ventiquattr ' anni , è meccanico , era sposato da un mese quando lo mandarono qui . E il giorno prima dell ' attacco ricevette una lettera dove la moglie diceva d ' essere incinta . « Così andai all ' attacco come in stato di ubriachezza . Era la prima volta che andavo all ' attacco e lei m ' aveva scritto d ' essere incinta . Avevo paura , mi tenevo vicino a Bob . Bob era il mio amico . Eravamo partiti insieme perché lui era un tipo zitto e io sono un tipo che chiacchiera : si legava come due innamorati . Poi il razzo arrivò . Lo vidi arrivare e mi seccò la gola , non riuscii a dirlo a Bob . Mi buttai a terra e nel momento in cui mi buttai a terra rividi tutta la mia vita , come un film , rividi mia madre e mio padre e i giorni di scuola e mia moglie nel letto , tutto insieme . E mentre vedevo questo vidi Bob scoppiare . Letteralmente scoppiare . In due , lo giuro , tagliato nel mezzo . Lo vidi morire ed era la prima volta che vedevo un uomo morire e quell ' uomo era Bob . Gridai : Bob ! E poi , che Dio mi perdoni , non l ' ho ancora detto a nessuno , lo dico a lei perché devo dirlo a qualcuno , se non lo dico divento pazzo , e poi … ecco … poi fui così felice che il razzo avesse preso lui anziché me . Dio , mi vergogno . Quanto mi vergogno . Ma è così . E se in questo momento arriva un altro razzo , lo sa che le dico ? Spero che prenda lei anziché me . Brutto , vero ? » . « Non lo so , George . È guerra » . « E poi ammazzai un uomo . Era un piccolo viet . Correva , correva , e gli sparavano tutti . Sembrava d ' essere al tirassegno di un luna park . Gli ho sparato io ed è caduto . Ma è stato come sparare a un albero , non ho sentito nulla , sai , nulla . Brutto , vero ? » . Non lo so , George , è la guerra . Il ragazzo giallo giaceva contorto nella trincea Martedì pomeriggio . Da una tenda è sbucato il capitano Scher ed è venuto a sedersi con noi . Anziché alzarsi in piedi i soldati hanno detto : « Ciao , Don » . Donald Scher ha trentasei anni , è bello come Tyrone Power quando Tyrone Power era davvero bello , ha la disinvoltura di chi ha girato il mondo e vive a New York . Conosce Londra , Parigi , Roma dove abitava quand ' era alla NATO e suo sketch preferito è sugli italiani che guidano . Sostiene di preferire un bombardamento di mortai al traffico di Roma : una volta al Tritone ebbe una crisi di panico e non riusciva più a muoversi , i romani gli gridavan cornuto . Dopo lo sketch sugli italiani abbiamo mangiato una razione C , pollo disossato , dolce alla panna , caffè , e dopo mangiato lui ci ha condotto sulla cima della collina : con l ' elicottero perché a piedi avremmo trovato mine e vietcong . Quando l ' elicottero s ' è abbassato , m ' ha detto : « Non salti lì » . Ho calcolato male le distanze e sono saltata proprio lì , affondando su qualcosa di molle . Ho udito la sua voce irritata : « Glielo avevo detto di non saltare lì ! » , e poi mi sono accorta di tenere i piedi sul cadavere di un vietnamita appena coperto di terra . I cadaveri qui sono ovunque , dopo tre giorni e mezzo non li hanno ancora sepolti tutti . Sebbene il metodo sia sbrigativo : li butti in una trincea e poi copri la trincea con la terra . « Capitano , quante vite è costata questa collina ? » . « Io ho perso solo sette uomini ma di vietnamiti ne ho contati sessanta . Di sicuro eran molti , molti di più : quelli che noi troviamo son quelli uccisi da ultimo . Gli altri li portano via prima di ritirarsi , legandoli ai piedi con le funi . Prepararono le funi prima della battaglia , sono coraggiosi . O dovrei dire suicidi , fanatici ? Li ho visti sotto un bombardamento al napalm : uscivano dai bunker e tentavano di sparare coi fucili agli aerei . Come i giapponesi della seconda guerra mondiale . Diresti che non gli importa di morire , anzi che voglion morire . Io non so cosa li muova » . Allora ho guardato il ragazzo giallo che giaceva contorto e coperto di sangue dentro una trincea . Non c ' era nulla di fanatico , di suicida , sul suo viso tondo e imberbe . Sembrava , anzi , che sorridesse . Dio , ma a cosa ? L ' ultima cosa che aveva visto era un George o un Larry che avanzavano col loro terrore e gli sparavano addosso , per non morire essi stessi . Dal giorno in cui era nato , forse diciassette , forse diciotto anni fa , non avevo mai visto che guerra . Prima la guerra con i francesi , poi la guerra agli americani , in questa sua terra dove c ' era sempre qualcuno che non doveva esserci , perché all ' inferno il comunismo , il non comunismo , lui era morto per la sua terra , e quella collina gli apparteneva , come le altre colline , le pianure e i fiumi , e ciò lo rendeva ricco , vittorioso e ricco . Anche se aveva sempre ignorato cosa significa vivere in pace . Quella misteriosa parola che tutti gli dicevano , pace . Una lucertola gli è andata su un occhio . « Non guardi » , ho detto il capitano , « venga via , Dio che cosa schifosa è la guerra . Dev ' esserci qualcosa di sbagliato nel cervello di quelli che di divertono a fare la guerra , che la trovano gloriosa o eccitante . Non c ' è nulla di glorioso , nulla di eccitante , è solo una sporca tragedia e se hai poco di cuore piangi sempre quando la battaglia è finita . Piangi su quello cui negasti una sigaretta ed è morto , su quello che rimproverasti ed è morto , piangi perfino su lui che ha ammazzato i tuoi amici . Tre uomini m ' ha ammazzato questo ragazzo . Con una granata sola . E magari se lo incontravo a un bar di New York lo trovavo simpatico , e mi mettevo a discuter con lui sul comunismo e sul capitalismo , e poi lo invitavo a mangiare . Dio , che cosa schifosa è la guerra » . « E allora perché la fa , capitano ? » . « È il mio mestiere . Lo scelsi perché mi piaceva lavorare con gli uomini , mi sembrava di fare il maestro , io ero un maestro . Quando diventi un militare non ci pensi mica che in fondo il tuo mestiere è uccidere . Poi viene il momento di uccidere e ti assale come uno stupore , senti come uno strappo , ma è ormai troppo tardi : se non uccidi sei ucciso . Nel momento estremo non ti guida il dovere , non ti guida il coraggio , ti guida la paura . Certo che avevo pura , anche tre giorni fa . Prima della battaglia io ho sempre paura , ogni volta è la prima volta . E ogni volta penso che non voglio morire , voglio tornare a casa dove ho quattro figli . Eppure vado avanti . Che cosa schifosa è la guerra » . Siamo andati in giro per le trincee , trattenendo il fiato a causa del fetore . Erano trincee molto piccole perché i vietnamiti sono sempre molto piccoli e hanno bisogno di pochissimo spazio . Però erano trincee fatte bene , con intelligenza e gran senso strategico . Erano sei , giravano in tondo alla collina in cerchi concentrici ed erano unite fra loro con sottopassaggi . Le più vecchie avevan sei mesi . Da sei mesi i bambini gialli scavavano , zitti zitti , come i topi , sotto gli occhi degli americani , e gli americani non s ' erano accorti di nulla . Se il disertore non avesse tradito , sarebbe successa una carneficina . « E malgrado lui , che battaglia dura . Partimmo alle nove del mattino e non fummo in cima che alle sei del pomeriggio . Procedevamo albero per albero , macchia per macchia , bambù per bambù . Per andare da qui a quella liana , quanti metri saranno , quindici al massimo , ci mettevamo un ' ora . Due ore . Vede che terreno ripido . Loro stavano sopra e potevano guardarci in gola fino alle tonsille . Giunto a questi bambù chiesi gli aerei : col rischio di essere bombardati anche noi Erano armati ben ma poche armi russe . Di russo ho trovato solo due fucili del 1946 . Tutte armi cinesi , nuovissime , di prima qualità . Fucili , mitraglie , granate a mano , mortai da 60 mm . , razzi B40 che nella giungla son oro : perché spaccano gli alberi e i rami schizzando diventan coltelli . Vero , tenente ? » . Una morte è già di troppo , in una famiglia Il tenente ha ventun anni ma ne dimostra quindici . Si chiama Joseph Knowlton e viene dal Massachusetts dove ha un fratello di diciott ' anni e uno di quattordici . Vive nell ' incubo che anche a loro tocchi il Vietnam . Siede su un sasso e coprendo coi piedi qualcosa che non vedo , ci ha fatto sopra un mucchietto di terra , mi dice : « Ho scritto a quello più grande di arruolarsi in marina così sfugge al Vietnam . Non voglio che provi ciò che provo io . Io la guerra l ' avevo vista al cinematografo , ma non credevo che fosse così . Ti passano le pallottole sopra la testa , colpiscono l ' albero e vuoi tanto bene all ' albero che lo abbracceresti per non lasciarlo più , invece vai avanti proteggendo la testa come se la testa fosse l ' unica cosa di cui preoccuparti , come se salvata quella tu avessi salvato tutto . Forse perché il primo che hai visto morire ha perso la testa . Gli è volata via come un pallone per giocare al calcio . Non voglio che mio fratello veda queste cose . Se l ' America pretende che io sia qui , pazienza : cerco di fare meglio che mi riesce . Però mio fratello no . Una morte è già un prezzo troppo alto . E malgrado l ' obbedienza che porto , malgrado sia abbastanza d ' accordo sulla nostra presenza in Vietnam , chi vuole essere qui ? Chi ne è fiero ? » . E con rabbia tira una pedata al mucchietto di terra che aveva ammassato . Sotto c ' è una manina gialla . Ce ne siamo andati sotto il fuoco . Sparavano da una cima accanto , forse il contrattacco temuto . Siamo saltati sull ' elicottero con la velocità di due lepri , mi calcavo in testa l ' elmetto fino a schiacciarmi . « La testa , la testa , proteggi la testa come se la testa fosse l ' unica cosa di cui preoccuparti , come se salvata quella tu avessi salvato tutto » . E intanto Joseph Tinnery , vent ' anni , da Filadelfia , strappato alle scuole medie , stava lì a testa nuda e urlava : « Senti m ' ero dimenticato , tu che sei giornalista , me lo fai un favore ? Mi fai mandare una fotografia con l ' autografo da Julie Christie ? Ricordati , Joseph Tinnery , Terzo battaglione , Dodicesimo Fanteria , sì , Julie Christieee ! » . La conferenza - stampa del generale ottimista Martedì sera . Sono giunti i feriti della collina 875 . Stamani una colonna del 173° Airborne è riuscita a stabilire un contatto col perimetro del massacro e ora esiste una zona di atterraggio per gli elicotteri . Ero sulla pista a vederli arrivare . Calavano come un branco di calabroni , accecandoci in quel vento di terra rossa , gli infermieri correvano con le barelle , ma solo i moribondi venivano adagiati sulle barelle . Gli altri si buttavano in terra da sé , e laceri insanguinati , zoppicando , ridendo , piangendo , venivano verso di noi neanche fossimo stati la mamma , il miracolo . Uno che rideva mi si è buttato addosso gridando : « Prendete la collina , era l ' ordine , prendete la dannata collina ! Eravamo in trappola , capisci , in trappola ! » . Poi , di colpo , ha smesso di ridere . S ' è staccato da me , m ' ha guardato serio e m ' ha detto : « Ma tu chi sei ? Cosa vuoi ? » . Un altro , seminudo , era in preda a una crisi selvaggia . Batteva i piedi , si picchiava la fronte , singhiozzava : « Li odiooo ! Vi odioso ! Maledetti ! Sudicioniii ! » . Cercavano di calmarlo , di condurlo in infermeria , ma non ce la facevano mica . Un altro , negro , s ' era seduto con una ciotola di minestra e piangeva quieto mentre le lacrime gli cadevano nella minestra . « Quella bomba . Un mucchio di ragazzi son morti per quella bomba . Non sapevi più dove andare . Dovevo nascondermi sotto i cadaveri . Ho dormito sotto Joe . Era morto ma faceva caldo . Dammi una sigaretta . Hai mai dormito sotto un morto che faceva caldo ? » . Poi è arrivato il colonnello che ha cacciato i giornalisti strillando incoscienti , datemi i rotolini delle fotografie , incoscienti , e siamo dovuti scappare perché non ce li rubasse . C ' è uno strano modo , qui , di giudicar l ' incoscienza . Alla conferenza - stampa il generale , con l ' uniforme stirata , ripeteva : « Detesto apparire ottimista ma ritengo di potervi annunciare , stavolta con certezza , che entro la notte la collina 875 sarà nelle nostre mani » . Una bella giornata : abbiamo due nuovi amici Mercoledì mattina . La collina 875 non è affatto nel mani del generale . Non solo , raggiungerla è più che mai impossibile : gli elicotteri ci portano solo i soldati che vanno a morire . All ' alba sono andata sulla pista ma non c ' era più nulla da fare , tutti i posti erano pei soldati di una compagnia che partiva . Erano appena giunti dagli Stati Uniti , sembravano cani bastonati . Un ragazzo dai capelli rossi m ' ha chiesto con voce strozzata : « Signora , è vero che è così brutto lassù ? » . Gli ho risposto : « Ma no , soldato , ma no , oggi è quieto , vedrai » . Forse ci ha creduto . Siamo fermi qui al campo , qualche colpo di mortaio piomba a intervalli , ma nessuno ci fa caso ormai , ammenoché non si tratti di un vero bombardamento non suona neppure l ' allarme . A chi tocca , tocca : se non ragioni così stai sempre rannicchiato in un buco . È una bella giornata , io e Moroldo abbiamo fatto due amici : il sergente Norman Jeans e il caporale Bobby Janes . Norman è un negro di Beaumont , Texas ; Bobby è un irlandese di Milford , Connecticut . Hanno entrambi ventitrè anni e il primo è nero come il carbone , il secondo è biondo come il grano . Dove va uno va l ' altro , non si staccano mai . Il fatto è che Norman ha salvato in un combattimento la vita di Bobby e Bobby ha salvato in un combattimento la vita di Norman . Dal maggio scorso sono stati insieme in ben sette combattimenti . « Guarda , io non voglio essere un eroe » Alle dieci , quando Norman e Bobby sono andati a prendere l ' acqua nel fiume , li abbiamo seguiti . Poi , mentre Bobby caricava le latte sul camion , mi sono messa a chiacchierare con Norman che è in Vietnam da undici mesi ma dice undici mesi come se dicesse undici anni . Era appena sposato quando partì . « No voleva vedermi partire , sai . E piangeva , piangeva . Così me ne andai all ' alba , mentre dormiva . Scesi piano dal letto , mi vestii trattenendo il respiro , e uscii di casa scalzo : perché non si svegliasse . Com ' era bella così addormentata . Non potei nemmeno baciarla , dirle good - bye , e se non la rivedessi mai più ? » . Parla in soffio , con gli occhi chiusi . « Sì che la rivedrai Norman . Tra un mese » . « In un mese … Stamani è tornato il capitano a cercar volontari per la collina . Gli ho risposto no , ma se vogliono possono mandarmi lo stesso . E non voglio , capisci non voglio . La guerra , ecco , quando mi richiamarono non sapevo immaginarmi la guerra ma ora la conosco e tutto quello che chiedo è di uscirne al più presto , di tornare da lei . Bobby , dice : " Sei sempre triste , sorridi " . Non ero triste , ero allegro , ero buffo . Ero giovane . Ora son vecchio . Sai che mi sono trovato un capello bianco ? Guardalo , è qui a sinistra , è proprio bianco » . « Io non lo vedo » . « Tu non lo vedi ma c ' è . Dev ' esser venduto quando mio fratello Charlie m ' ha scritto che hanno richiamato anche lui e ora mandano anche lui in Vietnam . Gli ho risposto Charlie , tenta di farti mettere nel servizio trasporti , non in fanteria . Se dovesse accadergli qualcosa … Charlie è così buono , non ha mai ammazzato nessuno , io sì invece , e se qualcuno deve morire in famiglia allora meglio che tocchi a me , ti pare ? » . « Non toccherà neanche a te » . « Sono cose che si dicono , io vivo nella paura . Invece di andarsene , cresce . Per esempio , la seconda volta che fui in combattimento . Avevo più paura della prima . Sparando pensavo : Norman , la prima volta non t ' hanno beccato ma questa ti beccheranno . E la terza volta avevo più paura della seconda , la quarta più della terza . Son rimasto ferito sei volte e la prossima sarà quella buona » . « Ma piantala , Norman ! » . « E poi non mi piace ammazzare , non capisco perché si debba ammazzare . Io vorrei che tutti fossero vivi , felici . Invece ne ho ammazzati tanti . Tanti ! Lì per lì non ci pensi , mi spiego , un uomo è un bersaglio . E poi sei arrabbiato perché i tuoi amici son morti , odi il mondo e quell ' uomo è il mondo per te . Dopo però ti dispiace , dici Buon Dio , perdonami , Buon Dio . Se tu non credessi che stai combattendo per qualcosa di buono , che la tua causa è giusta , che quando tornerai a casa ti tratteranno bene anche se sei negro , guarda , diventeresti pazzo . Ma quando finirà questa guerra ? Io non voglio essere ricco , non voglio essere eroe , voglio vivere e basta . La vita è bella , sai , bella . Ora lo so che la vita è bella , prima non lo sapevo . Prima ero cattivo a volte , non farò più certe cose che facevo prima . Sono diventato più buono a scoprire che la vita è bella » . Poi Norman ha dato il cambio a Bobby che s ' è seduto dov ' era seduto Norman , e s ' è messo a spiegarmi perché gli vuol bene . « Perché ad esempio stamani gli è arrivata una radio transistor e , sapendo che mi piaceva , l ' ha data a me . Ma non è neanche questo , è il modo in cui mi accolse quando arrivai . Non come un sergente , come un fratello . Qui , sai , il colore della pelle non conta . Partimmo in pattuglia e si mise a spiegarmi come si fa a riconoscer le mine , sul sentiero volle andare avanti per primo . E mi ordinò di restare a distanza . Nel primo combattimento che facemmo insieme , Norman rimase ferito . Cercai di capire da che bunker sparassero , lo capii e mi avvicinati che lanciarvi una granata . Norma diceva non lo fare , scappa , ma io la gettai e rimasi a mia volta ferito . Quando aprii gli occhi Norman era sopra di me che mi tirava via . S ' era trascinato fin lì con la gamba piena di schegge , il braccio pieno di schegge , e mi tirava via . L ' amicizia è bella , forse più bella d ' amore , e l ' unica cosa buona alla guerra è che a volte ci trovi un amico . Il resto è spazzatura . Io , vedi , venni volontario ma ora odio tanto questa guerra che non so come esprimerlo . Forse così : vorrei non esser venuto » . « Quanto tempo ti resta , Bobby ? » . « Tre mesi . Novanta giorni , ci pensi ? In novanta giorni faccio in tempo a morire novanta volte . Fino a oggi m ' hanno tenuto lontano dal fuoco perché le ferite guarissero ma ora sono guarite e ogni giorno è l ' attesa di quando mi rispediranno in battaglia . Non voglio morire , maledizione . Non voglio tornare . Sono così giovane , e ho tanto tempo da vivere , e non si viene al mondo per morire a vent ' anni alla guerra . Si viene al mondo per morire in un letto , quando si è vecchi . Non me ne importa più un corno di questa guerra , incomincio a pensarla come mio fratello che era nel 173° Airborn ed è rimasto ferito e dice : è una stupida inutile guerra . Molti di noi non sanno neppure perché sono qui , non capiscono un corno di queste faccende politiche , vengono direttamente dai banchi di scuola e si chiedono : perché ? Gli rispondono : sei qui a combattere per il tuo paese . Replicano : ma il mio paese è laggiù , non è qui . Sono bambini , dovrebbero essere a scuola , e li odiano tutti perché sono qui . Ci odiano anche se moriamo , ecco la verità » . « Bobby , credi che gli americani vinceranno questa guerra ? » . « Non lo so . Vincere una guerra vuol dire vincere il cuore della gente non lo vinceremo mai . Sono buoni soldati , i vietnamiti . Hanno già cacciato i francesi e conoscono il loro terreno come noi non lo conosceremo mai e a loro non importa di morire . Gli butti addosso quintali di bombe , di napalm , li bruci col lanciafiamme : e sembran risorgere dalle loro ceneri . Per ogni nostro morto ne nuore venti dei loro , eppure quando vai all ' assalto di una collina ne trovi di nuovi , di nuovi , di nuovi , e sono tanti . Voglio tornare a casa . Che i governanti sistemino i loro litigi con un altro sistema , non col sangue degli uomini . Non col mio sangue . Perché , tanto , a chi importa se muoio ? » . È proprio una bella giornata , con questi alberi verdi e questo fiume pulito . Un gruppo di bambini vietnamiti viene verso di noi , cantando sotto i cappelli a pagoda . Ma gli occhi azzurri di Bobby son colmi di lacrime e non vedono gli alberi verdi né il fiume pulito né i bambini che cantano sotto il cappello a pagoda . Lentamente mi alzo , mi avvio verso il camion , e quando salgo sul camion lo sguardo mi cade sullo specchio retrovisivo . Sono tre giorni che non mi vedo allo specchio : per timore che si rompesse e mi portasse male , non l ' ho preso con me . E al campo non ce ne sono , non c ' è nemmeno un vetro . Quasi con timidezza mi avvicino a quel coso che brilla , mi osservo , e rimango allibita a fissare un volto che non conosco . Possibile che in soli tre giorni si possa cambiare così ? Ha ragione Bobby . Non ci sono né alberi verdi , né fiumi puliti , né bambini che cantano , qui . « La collina 875 è stata abbandonata » Mercoledì sera . Al tramonto s ' è udito un grido : « I morti ! I morti ! » . Siamo corsi alla pista , gli elicotteri li avevano già scaricati . Erano centodieci , e venivano dalla collina 875 . Erano chiusi in sacchi di plastica argentea , con un lampo nel mezzo , e alcuni avevano ancora la sagoma di una figura umana , altri erano pacchi informi di roba . Erano allineati in file prolisse , neanche dovessero sfilar sull ' attenti per il generale . Erano in stato di decomposizione e puzzavano come la coscienza degli uomini che li avevano mandati a morire . Sono corsa da Bobby e da Norman . Li ho trovati fuori della tenda , con gli occhi sulla pista , le braccia conserte . In silenzio . Poi Bobby ha detto con voce roca : « C ' è anche Charlie Waters , il cappellano . Hanno trovato soltanto la testa » . E Norman ha balbettato : « No ! Nooo ! » . Corre voce che domani ci sarà un altro attacco alla 875 . Giovedì sera . La collina 875 è stata conquistata dagli americani . Scrivo queste note sull ' aereo che da Pleiku ci riporta a Saigon . Le scrivo malvolentieri perché non ho voglia di ricordare , credo che nessuno abbia voglia di ricordare . È successo tutto molto in fretta . Verso le nove il tenente coi baffi è uscito dalla tenda e battendo le mani come un cretino ha annunciato : « Elicotteri a disposizione , zona del fuoco , zona del fuoco ! » . Sembrava che offrisse i biglietti gratis per andare a teatro . Mentre gli elicotteri partivano , dalla collina si alzavano fumate nere : era in corso l ' ultima pioggia di napalm per ridurre al minimo la resistenza dei nordvietnamiti . Nel perimetro del massacro , come ormai lo chiamano , erano riuniti i soldati e i paracadutisti del 173° Airborn : pronti per l ' assalto . Nessuno parlava , tutti avevano lo sguardo vuoto di chi non ha scelta . Due ore avanti il cappellano Roy Peters che ha sostituito il cappellano Water , aveva detto la Messa . Molti s ' erano comunicati . Il perimetro era ancora pieno di bende insanguinate , scatole vuote di medicinali , bossoli anneriti , pallottole intatte , elmetti con un buco dentro . Jack Russell , della NBC , era l ' unico che ancora avesse il coraggio di andare in giro a fare interviste , e poneva a tutti la stessa domanda : « Credi che ne valga la pena ? » . I più rispondevano : « sì perché abbiamo perso troppi ragazzi , bisogna prenderla questa collina » . Uno ha detto « No » , e non ha voluto aggiungere altro . Un negro ha risposto senza alzare il viso : « Lasciatemi in pace , non m ' importa di nulla , non m ' importa nemmen di morire » . Poi s ' è udito un berciare : « Ora voglio che arriviate lassù e becchiate quei figli di cani » . Sono scattati tutti , hanno incominciato a salire . Sono andati avanti per cinque minuti senza che accadesse nulla , come una scalata in montagna . Poi s ' è udito un fischio , un altro fischio , ed è esploso l ' inferno . Razzi , colpi di mortaio , granate , una valanga di fuoco che rotola giù e rotolando si gonfia , si ingrossa , si spezza in mille altre valanghe di fuoco , tra gli urli . Urlavano tutti . Chi urlava : « Avanti , avanti ! » . Chi urlava : « Barelle , barelle ! » . Chi urlava bestemmie atroci . Un razzo ha centrato il negro che aveva detto : « Lasciatemi in pace , non m ' importa di nulla , non m ' importa nemmen di morire » . Di lui è rimasta soltanto una scarpa . Un altro razzo ha centrato un soldato coi capelli rossi e di lui non è rimasta nemmeno una scarpa , sono rimaste soltanto queste macchie color ruggine che ora lordano la camicia di un fotografo . Era il soldato che mi aveva chiesto : « Signora , è vero che è così brutto lassù » . L ' assalto è durato sessanta minuti e quando gli americani sono giunti alla cima non hanno trovato che sassi , tronchi bruciati , frammenti di corpi . La valanga di fuoco non era partita di lì , era partita da un ' altra collina . La 875 i nordvietnamiti l ' avevan lasciata nella notte , trascinandosi dietro anche l ' ultimo morto . « Signore » , ha detto il radiotelefonista al comandante , « dal campo ci chiedono la conta dei cadaveri nordvietnamiti » . « Rispondi che posso dargli quella dei nostri » , ha replicato il comandante . « Sono centocinquantotto » . Dieci giorni dopo . Questo è il comunicato che ho appena letto sulla telescrivente della Agence France Presse a Saigon . «11900/3/Dic/AFP/La collina 875 è stata abbandonata stop I paracadutisti americani che controllavano la cima a sette chilometri dalla Cambogia sono discesi verso Dak To dopo aver fatto saltare l ' esplosivo e le fortificazioni nordvietnamite stop . Nessuna spiegazione è stata fornita dai militari americani sui motivi di questo abbandono stop Il solo motivo plausibile sembra quello che gli americani non fossero in grado di tenere la 875 indefinitamente stop Anche le altre colline sono state abbandonate ad eccezione della collina 1383 che domina direttamente il campo di Dak To stop A Dak to regna la calma stop » . E questa è la guerra che ho visto in Vietnam .
StampaPeriodica ,
[ Oriana Fallaci , ferita mercoledì 2 ottobre a Città del Messico , durante i gravissimi incidenti di piazza delle Tre Culture , ci ha fatto giungere il suo racconto della stanza dell ' ospedale in cui era ricoverata . Lo stato in cui si trovava , dopo le ferite e l ' operazione subita , le ha impedito di mettersi alla macchina da scrivere . Essa ha però voluto ugualmente farci avere la propria testimonianza sui fatti di cui è stata anche protagonista : ha inciso su nastri tutto il racconto . La registrazione che è giunta da Città del Messico dura due ore e mezzo , con le inevitabili ripetizioni , gli indugi , e le interruzioni di una testimonianza resa a viva voce da una persona ancora sotto choc del rischio mortale che ha corso . Oriana Fallaci ci ha inviato i nastri raccomandandoci di usare la sua narrazione per ricavarne un servizio su ciò che era accaduto il 2 ottobre in Messico . Noi , dopo aver ascoltato queste bobine , abbiamo deciso di trascrivere esattamente ciò che vi è detto , senza cambiare niente . Nessun servizio avrebbe potuto essere più vivo , più drammatico di questo racconto fatto con la sua voce viva . Ogni tanto il discorso è interrotto da qualche lamento , da medici e infermieri che entrano ad escono dalla stanza , da pause di stanchezza della nostra collega . Il servizio di Oriana Fallaci che pubblichiamo è più di un racconto : è un eccezionale documento giornalistico ] . ( All ' inizio del nastro si sentono voci , c ' è gente nella stanza d ' ospedale dove si trova Oriana Fallaci . Un ' infermiera le ordina , in spagnolo , di non agitarsi . Poi comincia il racconto di Oriana Fallaci . ) Mi sento male , ho ancora la testa confusa . Vedi , c ' è qualcosa che mi fa più male del dolore , di questo dolore tremendo alla spalla , al polmone , al ginocchio , alla gamba , mi fa più male del dolore fisico : mi fa male questo incubo che ritorna , che mi ossessiona . Il dolore fisico si sopporta ma l ' incubo no . Non è l ' incubo della guerra del Vietnam , io nel Vietnam ho visto delle cose spaventose , ho seguito delle battaglie tremende , dei pericoli allucinanti , ma era diverso , perché sapevo di andare alla guerra . Uno va in Vietnam e sa che va alla guerra e la guerra è una cosa dove ci sono dei signori armati da una parte e degli altri signori armati dall ' altra : sai anche che si spara da tutte e due le parti . Ma quello che è successo là la sera in cui sono stata ferita non era una guerra . Era atroce perché non era la battaglia di Dak - To , non era la battaglia ai confini con la Cambogia o che diavolo . E non aveva niente a che vedere con le guerre che più o meno tutti , facendo questo mestiere , abbiamo visto come corrispondenti . Capisci ? Non era una guerra . E non doveva essere una notte si sangue . Se insisto su questo punto è perché voglio cercare di spiegare quest ' incubo che mi torna e mi ritorna la notte . La storia dell ' altra sera è questa : poi andrò indietro e ti racconterò il perché , come siamo arrivati a questo . Mercoledì alle cinque era stata indetta una manifestazione nella piazza delle Tre Culture a Città del Messico . Questa piazza , che credo sia una delle più grandi di Città del Messico e anche una delle più note , si chiama delle Tre Culture perché riunisce in un certo senso , simbolicamente , le tre culture del paese : quella azteca , quella spagnola , quella moderna : c ' è una chiesa spagnola del 1500 , c ' è la base di una piramide azteca e ci sono gli edifici moderni , quelli costruiti ora . Gli studenti l ' hanno sempre scelta per le loro manifestazioni , non soltanto perché si trova nel quartiere di Tlatelolco , vale a dire abbastanza vicino alla loro università , ma anche perché è molto grande , ha molte vie d ' accesso e molte vie di fuga : è facile arrivarci ed è facile uscirne . E in questo paese è sempre meglio riunirsi in luoghi dove fai presto ad arrivare e fai presto a scappare . Io ero già stata testimone di una manifestazione del genere nella piazza delle Tre Culture , esattamente il giorno dopo in cui ero arrivata in Messico . Era lì infatti , in una manifestazione del genere , nella piazza delle Tre Culture , che avevo conosciuto i capi degli studenti e avevo cominciato a intervistarli . Ero arrivata la notte tra il giovedì e il venerdì , e al venerdì ci fu subito questa manifestazione . Era la prima alla quale assistevo , e mi fece subito un effetto profondo . Mi avevano impressionata queste grandi migliaia di ragazzi , perché sono ragazzi , sai , tredici , quattordici , sedici diciotto , al massimo ventitré o ventiquattro anni . Ragazzi poveri poi , perché degli studenti messicani solo una piccola parte sono figli di borghesi . La massima parte sono figlioli di contadini , di operai e appartengono in maggioranza al Politecnico . Al Politecnico ci vanno i figli degli operai , dei contadini : allora tu vedi questi ragazzini , che non sono come i nostri studenti , con le camicie pulite , il golf stirato di fresco , le scarpe pulite , ma sono brutti e sembrano i contadini che alla domenica vanno al villaggio , come si vedevano in Italia venti o trent ' anni fa e forse anche oggi . E un po ' timidi , come sono i contadini . Mi ero commossa a vederli lì tutti ordinati , tutti insieme . Questi ragazzi s ' erano riuniti nella piazza delle Tre Culture , quello scorso venerdì , per commemorare i loro morti , perché avevano già avuto dei morti , un centinaio credo , dal ventisei luglio , il giorno in cui sono incominciate le repressioni della polizia . Quel venerdì c ' era la polizia , soltanto la polizia , non l ' esercito ; era riunita però sulla terrazza della Scuola numero 7 , ancora occupata dalla truppe governative . Questa scuola si affaccia proprio sulla piazza delle Tre Culture . Dalla parte moderna della piazza i ragazzi erano arrivati , con i loro cartelli , erano intervervenute le madri dei ragazzi ammazzati dalla polizia . Avevo conosciuto in quell ' occasione alcuni capi del Comitato della huelga , il comitato dello sciopero , e li avevo intervistati . I discorsi erano tenuti ( questo è importante perché è lì che poi è successo il disastro ieri l ' altro ) dalla terrazza di un edificio , una specie di grattacielo popolare , che guarda proprio la piazza delle Tre Culture . A ogni piano di questo edificio che si chiama Chihuahua Building , c ' è una grande terrazza con una balaustra abbastanza bassa e lì i ragazzi mettevano degli altoparlanti e parlavano . Era stata una manifestazione , ripeto , commovente perché ad un certo punto c ' era stata la commemorazione dei morti : pioveva , e tutti questi ragazzi stavano immobili sotto la pioggia , e le madri dei ragazzi morti stavano immobili sotto la pioggia . Finita la manifestazione , anzi durante il minuto di raccoglimento per i morti , qualcuno aveva acceso un accendino , poi un altro , un altro ancora e poi un altro ancora e s ' eran formati in tutta questa piazza come dei fuochi , piccoli fuochi fatui , dappertutto c ' erano queste fiammelle : fiammelle e fiammelle e fiammelle , di accendini e di fiammiferi che finivano per bruciarsi sulle dita . Finchè qualcuno aveva avuto l ' idea di arrotolare dei giornali e farne delle fiaccole e allora tutti si erano messi ad arrotolare giornali e fare fiaccole e la manifestazione s ' era sciolta oserei dire pacificamente con questa grande fiaccolata . Capisci , avevano arrotolato i giornali , erano andati via uno a uno , una fila lunga lunga verso il ponte , queste torce accese , cantando le canzoni degli studenti . Le canzoni dicono : « Goya , Goya . Cachu , cachu rara , cachu cachu rara , Goya Goya Universidad » . Non vuole dire niente , sono dei suoni da bambini , questa è la canzone dell ' università ; la canzone del Politecnico è : « Gueu , Gloria a la cachi cachi porra , a la cachi cachi porra Gueu pin pon porra Politecnico Politecnico gloria » . Pensa un po ' che canzoni pericolose . E cantando « pin pon porra cachu rara » questi ragazzi , con la loro fiaccolata , si allontanarono e questa era la pericolosa manifestazione che avrebbe dovuto mettere in pericolo la stabilità e l ' attuazione delle Olimpiadi . Dopo questa manifestazione il governo messicano decise di togliere le truppe dall ' università , che poi fu un ' evacuazione parziale , gli studenti mercoledì indissero un ' altra manifestazione , sempre nella piazza delle Tre Culture ; gli studenti mi dissero che questa era una manifestazione importante e sarebbe stato bene se io l ' avessi vista , e ci andai . ( A questo punto nella registrazione si inserisce la voce di un medico che domanda a Oriana Fallaci come si sente . La risposta è : « Mal , doctor , muy mal . Mi duole tutta la schiena » . Il medico dice che le farà un ' iniezione per la notte . Il racconto riprende . ) La manifestazione doveva avvenire alle cinque . A un quarto alle cinque io ero lì nella piazza delle Tre Culture e la piazza era già piena a metà . Nelle varie terrazze di questo edificio popolare che guarda la piazza , c ' erano già vari capi degli studenti ma una gran parte si erano riuniti nella terrazza del terzo piano dove c ' erano gli altoparlanti con le bandiere , le bandiere messicane e le bandierine dello sciopero che sono rosse e nere . Sono per noi colori anarchici , per loro no . Per i messicani la bandiera dello sciopero è una bandiera rossa e nera ; non è né anarchica né non anarchica : è la bandiera dello sciopero . Gli operai quando sono in sciopero innalzano questa bandiera rossa e nera . Non sono anarchici più di quanto siano comunisti o cattolici , liberali o che altro . A un quarto alle cinque la piazza era già piena a metà , io sono arrivata , sono salita sulla terrazza del terzo piano e ho trovato Guevara che è uno dei capi , ho trovato Manuel un altro capo , un ragazzo che studia biologia ed è figlio di un contadino . Ho trovato Manuel che è figlio di un musicista e studia al Conservatorio , ho trovato Socrates , un altro dei capi , e ho trovato Maribilla una ragazza che studia , mi pare , medicina . Ho chiesto come si mettevano le cose , se c ' era la polizia intorno , se si aspettavano un attacco e mi hanno detto di no , sembrava che la manifestazione fosse tranquilla . In realtà dalla terrazza della Scuola numero 7 , dove la settimana avanti , durante l ' altra manifestazione , quella della fiaccolata , avevo visto per tutto il tempo i granaderos con i mitra puntati , non c ' era niente , non c ' erano neanche i granaderos . Intanto la piazza si riempiva in un modo incredibile : guarda , nel giro di dieci minuti io credo che siano arrivate tremila , quattromila persone , perché ad un certo punto c ' erano almeno seimila persone . Mentre la piazza si riempiva è arrivato Angel , un altro ragazzo dei capi del Comitato generale dello sciopero ; sembrava molto turbato e mi ha detto : « Sai , sono in ritardo perché quasi tutta la piazza a tre o quattro chilometri da qui è circondata di autoblindo e di camion : a un certo punto c ' è una strada sbarrata , mi sembra che fosse la strada Manuel Gonzales , sbarrata con ben trenta camion carichi di soldati con le mitragliatrici e non lasciano passare nessuno . Ho dovuto fare un lungo giro e per questo sono arrivato in ritardo » . Ora sono confusa , faccio male il racconto . Dopo la manifestazione i ragazzi volevano andare a una delle scuole del Politecnico che è ancora occupata dall ' esercito , capito ? Volevano andare a fare una manifestazione lì . Quando Angel è arrivato , dicendo che c ' era l ' esercito e la polizia schierata dappertutto , i ragazzi tra di loro si sono riuniti e hanno deciso di non andare più perché , hanno detto , se andiamo tutti lì dove ci stanno aspettando con i bazooka sembra che vogliamo provocarli . Al che io gli ho detto per carità non andate , non lo fate , lasciate perdere , è inutile , è una bravata superflua , non ci andate . Allora il Socrates è andato al microfono , in questa piazza che continuava a riempirsi , e ha detto : « Compañeros , abbiamo cambiato idea , volevamo andare a manifestare davanti alla scuola . Non ci andiamo più , perché l ' esercito ci sta aspettando con le autoblindo , con i bazooka . Andarci è una provocazione inutile , per cui mi raccomando , compañeros , appena la nostra riunione sarà conclusa disperdetevi e andate alle nostre case » . La folla , i ragazzi rumoreggiavano un po ' : erano un po ' delusi ; ma era evidente che avevano deciso di rinunciare alla sfilata in direzione della scuola , mi pare fosse la scuola di Economia e Commercio . Hanno incominciato la riunione vera e propria . I discorsi sono stati aperti dalla ragazzina Maribilla la qualche ha detto : « L ' esercito ha evacuato la nostra lotta fino all ' applicazione di tutti i sei punti » . La Maribilla è una ragazzina di circa diciotto anni , graziosina , un po ' sciupata da un labbro leporino , gentile , un po ' timida , parlava con una vocina che sembrava un uccellino : anche con l ' altoparlante non si sentiva niente . Dopo ha preso la parola Socrates , che sembra un bambino coi baffi , ha la faccia di un bambino , come quella di Emiliano Zapata , ha diciotto - diciannove anni e questi immensi baffi che è tutto quello che gli è rimasto dei capelloni lunghi perché i ragazzi fino all ' agosto scorso avevano i capelli lunghi , non perché volessero fare gli hippies , non perché volessero imitare i Beatles , ma perché c ' è una tradizione al Messico che i rivoluzionari hanno i capelli lunghi . Così fino a poco tempo fa , i ragazzi portavano tutti i capelli lunghi . Quando la polizia ha cominciato a fotografarli , a seguirli , ad arrestarli , c ' è stata una ecatombe di capelli lunghi e di baffoni e l ' unico che non ha voluto rinunciare ai baffi è stato il Socrates , poveretto , che con i suoi baffoni è andatati lì al microfono e ha detto : « Compagni , questa è una manifestazione pacifica , noi oggi l ' abbiamo indetta innanzitutto per festeggiare l ' evacuazione della nostra università da parte delle truppe governative , poi per chiedere che il resto delle scuole secondarie vengano anch ' esse liberate dalla presenza dei soldati e infine per indurre i compañeros a cominciare , a partire da lunedì , uno sciopero della fame , per dimostrare che noi non vogliamo attaccare nessuno . Cerchiamo d ' ora innanzi dei sistemi pacifici . Lunedì cominceremo , chiunque vorrà partecipare a questo sciopero della fame si sistemerà nella città universitaria dinnanzi alla piscina olimpica … che farà lo sciopero della fame fino alla fine delle Olimpiadi » . Socrates aveva appena finito di parlare , che un elicottero ha cominciato a volare sopra la piazza , un elicottero verde dell ' esercito , in cerchi concentrici , sempre più bassi , sempre più bassi . Io mi sono preoccupata e ho detto a Manuel : che cos ' è questa storia ? Lui mi ha risposto di non preoccuparmi ; i ragazzi non erano eccitati , erano tranquilli , quieti . Mentre si discuteva della presenza dell ' elicottero , l ' elicottero ha lanciato due bengala verdi . Ora , venendo dal Vietnam , so benissimo che tutte le volte che un elicottero o un aereo butta giù un bengala , è perché vuole localizzare il punto da colpire . Allora io mi sono preoccupata e ho detto subito a questi ragazzi : guardate che sta buttando i bengala , se butta giù i bengala vuol dire che hanno intenzione di sparare . Ma loro non mi hanno preso sul serio . Siccome sapevano che ero stata in Vietnam hanno detto : « Eh , tù ves las cosas come en Vietnam » . Non avevano finito di parlare che si è sentito un gran fracasso , un grande rumore di camion e di carri armati e la piazza è stata letteralmente circondata dalle quattro parti , perché l ' edificio dove eravamo noi , questo terzo piano dove c ' erano gli studenti , guarda la piazza , quindi da qualsiasi parte si guardasse , si vedevano arrivare camion e autoblindo . Sul fondo , di fronte all ' edificio , c ' è una specie di cavalcavia e si sono piantati su questo cavalcavia . I camion si sono aperti , cioè la parte posteriore dei camion , i soldato si sono buttati giù sparando . Ma non sparando in aria , sparando in basso , i fucili non li tenevano in alto , li tenevano in basso . Per due o tre minuti siamo rimasti sbalorditi , allibiti quasi , per questa cosa ; questa cosa era un incubo , era al di là dell ' assurdo perché non era successo niente che potesse giustificare l ' arrivo di queste truppe . Stavano dicendo che volevano indire lo sciopero della fame lunedì ! I ragazzi hanno cominciato a scappare . Socrates , non essendosi ancora reso conto che stavano sparando veramente alla folla , è andato al microfono e ha detto : « Compañeros , compañeros , calma calma calma , es una provocaciòn , es una provocaciòn ! » . Ma loro continuavano a scappare , volevano venire in avanti , E ad un tratto ho cominciato a vederli cadere , sai quando vai a caccia e le lepri corrono , come fanno le lepri quando le colpisci , fanno una specie di capriola e poi restano lì . Da lontano si vedevano piccoli , e si vedevano queste lepri , che correvano e facevano una capriola , bom ! E restavano in terra . Io ero immobilizzata , letteralmente immobilizzata al balcone e guardavo la confusione violenta , tremenda che era scoppiata e sentivo Socrates che stava raccomandando alla folla la calma : ma non so che razza di calma potesse raccomandare a questo punto perché erano già cominciati a cadere i primi morti . Davanti a me c ' era la piazza , la grande piazza rettangolare che dalla nostra parte , dove eravamo noi , finisce in una grande scalinata . Ora c ' è una cosa ti voglio spiegare , ti ricordi nel film della corazzata Potiomkin quella scena della folla che scappa per quella scalinata e restano quelle donne , quei bambini , tutti ciondoloni , ecco sembrava la corazzata Potiomkin , questa scalinata ripida dove restavano tutti in giù , a testa in giù , era una cosa spaventosa . Noi eravamo chiusi in trappola , ci eravamo resi conto benissimo che stavano puntando verso di noi , verso il terzo « piso » , il terzo piano , dove c ' erano gli altoparlanti , ma ho capito anche che non c ' era nulla da fare . Voglio dire ho fatto il movimento di andare verso l ' ascensore , ma l ' ascensore era stato bloccato , capisci , nello stesso momento la Maribilla che era scesa giù , è arrivata gridando , chiamando Angel , e Angel è sceso giù al piano terreno e quando è sceso giù al piano terreno ha trovato decine , decine , decine di poliziotti in borghese che hanno cominciato a gridare « figlio de chingada » , « hijo de puta » , « figlio di cane » , « donde vas hijo de chingada » , allora Angel e gli altri dicevano « Abajo , abajo ! » e allora loro hanno detto « Arriva , arriba ! » e li hanno mandati su . Io mi sono girata voltando le spalle al massacro che era cominciato nella piazza e ho visto piombare , come nei film , una quarantina , una cinquantina prima , poi una sessantina di uomini di mezza età in borghese , in camicia , avevano tutti la camicia bianca , la mano sinistra dentro un guanto bianco , oppure fasciata in un fazzoletto bianco , era per riconoscersi , perché erano in borghese . Sono entrati sparando , hanno cominciato a sparare con queste rivoltelle dappertutto , non addosso alla gente , devo dire , ma per terra dappertutto , e agguantando la gente . Socrates è scomparso , io non l ' ho più visto Socrates , Angel era già scomparso prima , quando la Maribilla era venuta a dire che c ' erano i poliziotti . Io mi sono ritrovata insieme a Moises , che è un ragazzino del Politecnico , figlio di un contadino , a Manuel , un amico mio , e ho guardato i poliziotto venire avanti , in uno stato di totale stupore , anche se per stupire me ce ne vuole parecchio e per stupirmi dopo che avevo visto quello che stava succedendo nella piazza , quel piombare senza ragione , ce ne voleva ancora di più . Ma era talmente pazzo il piombare di questi qua , che li guardavo sbalordita . Una guardia mi ha preso pei capelli , io ho i capelli lunghi , mi ha agguantata per i capelli , sai come nelle vignette dell ' uomo delle caverne che agguanta la donna per i capelli , e prendendomi pei capelli ( io credo che gliene siano rimasti un bel po ' in mano ) , mi ha fatto fare mulinello , mi ha letteralmente scaraventata contro il muro . Sono rimasta qualche secondo stordita , naturalmente . Non so se avete capito com ' era la terrazza . C ' è questa terrazza grande , con le scale dalle parti , poi c ' è il muro con i due ascensori e poi c ' è la balaustra . Lui m ' ha buttato contro il muro dalla parte dove ci sono gli ascensori . Quando mi sono ripresa mi sono trovata da Moises e Manuel , gli altri erano spariti , nello sfondo c ' erano altri , giornalisti tedeschi , olandesi , c ' era un giapponese , dei francesi , eccetera . E questo qui che gridava « Detenidos , detenidos , detenidos ! » , cioè arrestati , arrestati , arrestati . Io sono rimasta in piedi . Intanto continuava la sparatoria nella piazza , ma non era ancora una sparatoria violenta . Io ho detto una parola : « Yo italiana » . Chissà perché ho detto italiana , mi è venuto così per istinto di sopravvivenza , non lo so . Quello ha preso e mi ha messo la rivoltella alla tempia . A questo punto , ti dico la verità , io avrei voluto dire periodista , giornalista , ma non sono riuscita a dirlo , con quella pistola puntata alla tempia e col pensiero che se avessi voluto tentare di dimostrarlo , non avrei neanche potuto , perché far vedere un documento , soltanto mettere la mano nella tasca della giacchetta ( avevo i pantaloni e la giacchetta ) e tirar fuori un documento voleva dire farti sparare , perché si dovevano tenere le mani quelli lì facevano partire un colpo . Ci hanno fatto mettere … Dunque sta ' a sentire : loro ci hanno fatto mettere al muro . Devo dire che fino a quel momento , malgrado la tremenda sparatoria fosse già cominciata , io non ero spaventata , un po ' perché c ' era Manuel , questo ragazzo che continuava a dire : « Lo fanno per ragioni psicologiche » , un po ' perché ero andata a intervistare il capo della polizia , quel generale Queto di cui gli studenti chiedono le dimissioni insieme allo scioglimento del corpo dei granaderos . Ero stata ricevuta da questo signore nel suo bellissimo ufficio ed egli aveva incominciato a intrattenermi a lungo sui vini italiani , sul fatto che a lui piace il Bardolino e il Chianti meno , che c ' è un ristorante che si chiama Mamma Roma , Mamma Maria , non mi ricordo come a New York . Quando poi gli avevo posto delle domande precise , gli avevo chiesto spiegazioni sul fatto che la polizia attaccava gli studenti , sparava sulla popolazione , con aria tranquilla mi aveva detto : « Ma no , ma nada , no pasa nada , no pasa nada nunca , mentira , mentira » . E aveva aggiunto : « Lei ha visto che anche l ' ultima volta vi è stata la manifestazione alla piazza delle Tre Culture , non è successo niente » . Ed era vero che non era successo niente , capisci . Così io non ero eccessivamente spaventata . Il capo stesso della polizia mi aveva rassicurata . La mia sola preoccupazione era data , devo dire , dalla presenza di questi poliziotti in borghese con il guanto bianco per riconoscersi , con le pistole puntate . Intanto la sparatoria si era fatta ancora più intensa . Le raffiche partivano dalle mitragliatrici delle autoblindo , che circondavano la piazza , e dai mitragliatori e dai fucili automatici dell ' esercito , e dai granaderos , i granatieri che qui chiamano granaderos , e infine da questo elicottero che si abbassava sempre di più , capisci , e sparava sulla folla ormai sparsa per tutta la piazza e sulla terrazza dove eravamo noi . Ho spiegato che su questa terrazza l ' unico punto in cui si poteva cercare un pochino di protezione era sotto la balaustra , sotto il muricciolo , e sotto il muricciolo si sono messi tutti questi poliziotti col guanto bianco e le rivoltelle in pugno , puntate contro di noi e noi , che eravamo i detenidos , gli arrestati , siamo stati messi invece dalla parte del muro . Così eravamo un bellissimo bersaglio per quelli che sparavano dalla piazza , dall ' elicottero , eravamo un bersaglio per tutti . ( A questo punto la voce di Oriana Fallaci si interrompe . Quando si riprende dice : « Scusami , ferma un momento il magnetofono che mi sento male , molto male . Mi sento morire … » ) Ecco , riprendiamo . Vedi , quando io dico che era peggio che nel Vietnam , voglio dire che nel Vietnam , quando sei dentro una battaglia , cerchi di ripararti , di salvarti , ti butti in un buco , ti butti in un bunker , ti ripari dietro qualche cosa e mentre fai questo non c ' è mica un poliziotto con la rivoltella spianata che te lo impedisce . E non potevi trovare nessun rifugio , non potevi entrare in nessun buco , non c ' era nessun bunker nel quale ti potevi rifugiare e tutte le volte che cercavi di muoverti di un millimetro da quel muro maledetto che costituiva il bersaglio principale e contro il quale ci avevano messi e cercavi di andare un pochino più in là dove c ' era il muricciolo , questi poliziotti distesi per terra ti sparavano addosso , capisci ? Sparavano contro il muro . Hanno sparato due o tre volte nel muro ! Hanno sparato nell ' ascensore due o tre volte . In questa sparatoria tremenda , mi cadevano i bossoli tutto d ' intorno . A un certo punto io ho detto : « Por favor , por favor quiero me haga venir , me haga venir cerca , cerca ! » , gliel ' ho detto anche in inglese : « Please , please let me come there , please please here is too dangerous , too bad , please » : per favore qui è troppo pericoloso , lasciatemi venire lì . Ma loro mi rispondevano puntandomi l ' arma contro e sparando nel muro . Quindi io non mi potevo muovere , comprendi , non mi potevo muovere assolutamente . L ' incubo per cui io alla notte mi sveglio come impazzita è questo , è un incubo da racconto di Poe . C ' è il fuoco da tutte le parti , sei inseguito come uno scorpione circondato dal fuoco , che non soltanto ti sparano da tutte le parti ma non puoi neanche metterti in salvo perché quando fai un movimento per metterti in salvo te lo impediscono e ti sparano addosso . Poi qualcuno deve avermi dato l ' ispirazione per togliermi da quella posizione terribile , lì in piedi , a fare da bersaglio . A un bel momento ho finto di svenire , sicché sono calata giù come uno straccio , gli altri hanno fatto lo stesso e quelli ci hanno lasciato fare . Allora siamo rimasti in quel modo sdraiati a pancia a terra . Io mi trovavo fra questi due studenti , questo Moises e questo Manuel : Moises è rimasto subito ferito alla mano perché ho visto che la mano era tutta insanguinata . Manuel cercava di proteggermi e quando la polizia si è accorta che lui cercava di proteggermi un poliziotto ha incominciato a gridare perché ci staccassimo . Per quanto possibile cercava di proteggermi , mi teneva le mani sulla testa , e mi tenevo anch ' io le mani sulla testa . La polizia allora , sempre puntando le rivoltelle , ha ordinato a lui di staccarsi e a tutti e due e anche a Moises di alzare le mani in modo che non ci potevamo neanche proteggere la testa dalle schegge . Niente , capisci : è questa la cosa meravigliosa . Quando Manuel si è staccato da me e Moises si è staccato , io centimetro per centimetro , perché stavo tutta distesa bocconi sullo stomaco , perché mi sentivo più sicura , ho cominciato a scivolare lungo il muro e sono riuscita a spostarmi di un metro indietro mentre questo poliziotto gridava e mi puntava la rivoltella . Questo movimento è stato quello che mi ha salvato , perché se no la pallottola mi sarebbe arrivata nella testa anziché nelle spalle . La sparatoria era ininterrotta , ho detto che sparavano da tutte le parti mentre noi eravamo sempre sotto le rivoltelle della polizia . A un certo punto l ' elicottero si è abbassato , si è sentita una grande raffica e io ho avvertito come due o tre pezzi di sasso che si abbattevano sopra di me e un coltello che mi entrava nella schiena . Il coltello era la scheggia della pallottola dell ' elicottero che si è fermata a pochi millimetri dalla colonna vertebrale . Un ' altra scheggia è entrata nel ginocchio sinistro e mi ha squarciato tutta la gamba in quel punto , però ho avuto questa fortuna incredibile che il professor Viale ha definito una fortuna scandalosa perché è andata a incastrarsi tra l ' arteria principale e tutti i legamenti nervosi e la vena , senza tagliare né l ' una né l ' altra . Un ' altra ancora è entrata nella coscia . È entrata da una parte ed è uscita educatamente da quell ' altra , senza fare nulla , lasciando solo due o tre schegge che risultano dalla radiografia ma che non possono togliere . Resteranno sempre lì tanto non mi danno noia e io le tengo come ricordo .
Gli studenti e la sinistra ( Scalfari Eugenio , 1968 )
StampaPeriodica ,
Gli studenti italiani protestano . Ormai non passa giorno senza che la cronaca non registri l ' occupazione d ' una facoltà , la sospensione d ' un corso di studi , le dimissioni d ' un rettore o d ' un preside , gli scontri con la polizia . Vogliono la riforma dell ' università . Vogliono che finisca la guerra in Vietnam . Vogliono il potere studentesco . Vogliono la rivoluzione . Sono contro l ' America , contro la civiltà dei consumi , contro i partiti ( comunisti compresi ) , contro il governo , contro il sistema : soprattutto contro il sistema . La loro e una " contestazione globale del sistema " . Da almeno un paio danni questi fermenti agitavano le masse studentesche , ma negli ultimi tre mesi sono esplosi . Prima si poteva anche fingere che non stesse succedendo niente all ' università . Oggi non si può più . E d ' altra parte il fenomeno non è isolato : quello che accade nelle università italiane non è che la ripetizione puntuale di quanto avviene a Berkeley , a Berlino , a Parigi , a Bruxelles , a Madrid , e perfino , a Praga e a Mosca . Per non parlar di Pechino . In ogni paese con spunti diversi , con occasioni diverse , ma con un unico obbiettivo , che è appunto di " contestare il sistema " . Ciascuno contesta il proprio , il che fai sì che questi giovani siano , in ogni paese , all ' opposizione , senza compromessi , senza mezze misure . E soprattutto senza indulgenze , il che li porta a rifiutare solidarietà non richieste , e qualche volta offerte più per amore della moda che per convinta adesione . Quando il movimento , in autunno , entrò nella sua fase acuta , le autorità ( e cioè i rettori , i professori , i genitori , e poi il governo e i partiti ) tentarono da prima di blandire questi ragazzi riottosi . « Certo » dicevano i più illuminati « gli studenti hanno ragione . La scuola italiana è vecchia di cent ' anni . I metodi son poco meno che borbonici , le attrezzature insufficienti , la mancanza di spazio paurosa , l ' assenteismo di molti insegnanti indecoroso . Le rivendicazioni ali questi ragazzi sono sacrosante . Bisogna stare dalla loro parte , aiutarli a vincere » . Poi s ' è visto che il metodo " blando " non serviva a niente , se lo scopo di chi lo usava era quello di " costituzionalizzare " il movimento , perché il movimento cresceva d ' intensità e si diffondeva sempre di più , e perché gli studenti passavano rapidamente dalle rivendicazioni settoriali a temi di protesta assai più generali . È accaduto allora che , da una parte e dall ' altra , le distanze crescessero e le possibilità di comprendersi diminuissero fino a ridursi rapidamente a zero . Fin quando , negli ultimi tempi , la protesta studentesca è arrivata a mettere in discussione l ' intera struttura economica , culturale e ideologica della società italiana , scontrandosi addirittura col partito comunista , accusato di " gradualismo " , ed eleggendo Mao e Guevara ad unici capi spirituali del movimento . Ormai sono assai pochi quei professori ( anche tra i più aperti ) disposti a far proprie le tesi dei comitati di agitazione studentesca , e sono pochissimi gli studenti " rivoluzionari " disposti a dar credito all ' intellettuale di " sinistra " , anche se questi abbia alle sue spalle un passato che parla per lui ( il caso di Moravia e il dibattito da noi pubblicato la scorsa settimana tra lui e un gruppo di studenti sono significativi di questa situazione , impensabile fino a sei mesi fa ) . Il movimento studentesco è isolato . S ' è radicalizzato , si è esteso , ha individuato con chiarezza i suoi obbiettivi , ma ha perso i collegamenti con il grosso della sinistra . Gli è accaduto qualcosa di simile a quanto avvenne l ' anno scorso al movimento negro in America . Il " Black power " ( di cui non a caso i comitati d ' agitazione studentesca riecheggiano gli slogans ) è diventato forte ma si è isolato . In un certo senso , è diventato forte perché sai è isolato . Agli studenti sta accadendo la medesima cosa . Riuscirà la sinistra italiana a riassorbire e ad utilizzare costruttivamente il movimento studentesco ? Riuscirà a farne l ' elemento propulsivo d ' una politica , la forza d ' urto e di trasformazione d ' un sistema che appare sempre meno capace di autoriformarsi ? Finora non si vedono segni che diano adito a speranze in questa direzione . La sinistra tradizionale , cioè i tradizionali partiti che la compongono , hanno cercato ( senza riuscirvi affatto ) di non perdere il contatto col movimento studentesco , largheggiando in riconoscimenti verbali e verbosi , con l ' occhio ai possibili spostamenti e alle possibili " frane " , che potranno verificarsi nel prossimo maggio a causa del voto giovanile . La preoccupazione elettorale ha dominato su tutto . Così comunisti e socialisti di varia osservanza hanno assolto tutti gli errori , tutti gli eccessi e tutte le ingenuità dei comitati d ' agitazione studenteschi , senza tuttavia far propria nessuna delle tesi politiche e ideologiche cui l ' azione dei comitati s ' ispira . Il governo di centro - sinistra ha , in questo settore , registrato il più clamoroso dei suoi non pochi fallimenti . Era partito iscrivendo la riforma della scuola , e quella universitaria in particolare , al numero uno del suo programma . La legislatura si chiude senza che quelle leggi siano neppure state discusse , lasciando la scuola e l ' università in uno stato di caos pauroso , e con scarsissime speranze per l ' avvenire . Eppure tutti sanno perfettamente che una società e una classe dirigente sono esattamente quelle che la scuola forma o , per dirla in altre parole , che ogni classe dirigente ha la scuola che si merita . Ci sono tanti problemi di terribile importanza da affrontare nell ' immediato futuro . Quello del movimento studentesco e d ' una riconciliazione di sostanza tra i giovani e la sinistra politica , non e certo uno dei minori né dei più semplici .
Corrado Alvaro ( Vergani Orio , 1956 )
StampaQuotidiana ,
È morto Corrado Alvaro . Il mio primo ricordo di lui risale al tempo in cui - sradicato dalla nativa Calabria , ventenne , mutilato sul Carso , fatto esperto da una prima esperienza giornalistica al « Carlino » di Bologna e poi al « Corriere della Sera » - arrivò a Roma . Doveva essere fra il '19 e il '20 . Le date precise non contano , nel ricordo : ma il colore del . tempo , la stagione della storia . Erano giorni decisivi , nel senso morale , soprattutto per la generazione dei giovani e per il maturare o per il doloroso frangersi o corrompersi delle loro intelligenze e delle loro speranze . Giorni decisivi anche per l ' arte e per la letteratura , e non solamente in Italia . Per quanto Marinetti fosse di parere contrario , il futurismo era già da tempo avviato al tramonto . Non si considerava possibile il rinascere dei movimenti fiorentini della « Voce » di « Lacerba » . « La Ronda » parlava di un ritorno all ' ordine , riunendo nelle sue pagine le prose di alta solennità di Cardarelli , i saggi teatrali di Riccardo Bacchelli , la tempesta immaginifica del grande « barocco » di Bruno Barilli . Era una stagione molto singolare . D ' Annunzio aveva trovato una nuova clausura fra gli ulivi del lago di Garda . Grazia Deledda scriveva con regolarità i suoi romanzi , lavorando dalle nove alle undici del mattino in una modesta villetta impiegatizia di via Porto Maurizio , sulla stessa tavola dove avrebbe poi steso la tovaglia per la colazione della sua famiglia . Luigi Pirandello era ancora catalogato fra i cosiddetti « scrittori ameni » . Federigo Tozzi entrava da Aragno solo per uscirne in preda a un violento corruccio . Odiava - e lo dichiarava - le chiacchiere . Fra i ragazzi di quegli anni - che forse davano un po ' presuntuosamente del « tu » a tutti - il giovane Alvaro era già « qualcuno » . Le sue poesie di ispirazione militare - le Poesie grigioverdi , stampate da un libraio editore che aveva bottega a due passi da Aragno in via delle Convertite - lo avevano reso noto . Quei versi erano stati scritti nella corsia di un ospedale militare , a Bologna , dove il sottotenente Alvaro - bel nome romantico e spagnolesco - era andato a rieducare alla meglio le mani mutilate . Si era curiosi , quando il giovanotto arrivò a Roma , di vedere da quale parte si sarebbe indirizzato , in quale « scuola » si sarebbe irreggimentato , quale « capo » avrebbe scelto . Così si ragionava a diciotto e a diciannove anni . Quello che vedemmo era un giovane che non sorrideva mai , o pochissimo , che aveva rare conoscenze e non desiderava forse di averne . Accompagnato talvolta dalla giovane moglie , sedeva a un tavolino appartato del famoso caffè letterario , dove non c ' era giornalista che non entrasse per dare un ' occhiata . Era piuttosto piccolo di statura : un vero fante , un vero « soldato meridionale » come quelli che aveva avuto vicini in guerra : ma dei « meridionali » , almeno come li immaginano i « manieristi » , non aveva certamente il volto . Della sua terra dell ' Aspromonte , la faccia custodiva un ' antica , silente melanconia : i suoi lineamenti erano in modo singolare assomiglianti a quelli di un mugik russo , forse di un piccolo fante russo . Il suo viso sembrava modellato dallo stesso pollice che aveva plasmato il volto di Massimo Gorkij . Spesso « il volto è l ' uomo » , è modellato dall ' anima dell ' uomo . Ce ne accorgemmo quando ci accadde di leggere i primi racconti firmati da Alvaro . La melanconia , la mestizia , la desolazione non hanno paesi precisi . Il dolore umano è uguale nella steppa slava e sui monti di Calabria . Alvaro veniva dal grande ceppo del « regionalismo » italiano . Solamente le acque dello stretto di Messina lo separavano da Giovanni Verga . Era dello stesso sangue , letterariamente , di Federigo Tozzi , così duramente radicato fra le « crete » senesi e i vicoli foschi della sua Siena . Erano tempi , in sede europea , di narrativa cosmopolita . Ma su Alvaro non operavano gli incantesimi delle metropoli e delle terre lontane . Il suo cuore era rimasto ancorato ai monti di Calabria come quello di Grazia Deledda ai sughereti e alla « tanca » della sua Sardegna . Si trattava di una fedeltà poetica : la fedeltà ai segreti miti tragici della povera gente nelle ultime , contorte vallate dell ' Appennino . In quel cerchio di ricordi del mondo esplorato e vissuto durante la prima giovinezza , Alvaro doveva compiere i suoi schietti , profondi , sicuri approdi di scrittore . Nei romanzi - in quell ' Uomo nel labirinto , che resta fra gli esemplari della sua generazione , e in quell ' Uomo e forte pubblicato molti anni dopo - la sua indagine si svolse in più profonde psicologie , in più folte tenebre , in più complesse angosce . Ma il suo « mondo » trovò la sua definizione completa in quei racconti della sua terra che concludono , in una misura degna del maestro e della tradizione , il tempo che si iniziò con Verga e che ebbe il suo ultimo fiorire con Tozzi e con Alvaro . Giornalista fu sempre , anche se negli ultimi anni aveva potuto raccogliersi e risparmiarsi in pagine e fatiche meno rapidamente professionali , sostando anche sui piani di un suo meditare che si volgeva all ' intimità di quella « condizione umana » che con termine più facile viene chiamato il problema delle nuove società . Era stato - negli anni della giovinezza - a Parigi : e più tardi in Russia . Non si può dimenticare ciò che egli seppe vedere allora con il suo sguardo apparentemente lento e quasi immoto . Le sue emozioni di viaggiatore in mondi lontani erano tutte in rapporto a una facoltà meditativa che pareva derivasse dal fondo greco che sta alla base di ogni uomo nato in vista del Mediterraneo . Per tutta la vita , fu un « uomo in disparte » chiuso negli stessi silenzi , rotti da poche parole e da improvvisi affetti , che da ragazzi conoscemmo al terzo piano della sua casa in via Sistina dove abitava quasi di fronte alle finestre dietro alle quali aveva vissuto Gogol ' . La vita non gli era stata facile , era stata talvolta dura e anche di alto dolore . Dissentiva dal fascismo , ma non ebbe , alla sua caduta , rancori o ironie . Del suo paese soffrì la tragedia . Era un animo nobile : un solitario .
Bruno Barilli ( Vergani Orio , 1952 )
StampaQuotidiana ,
Costretto a vivere in uno studio da pittore , di quelli all ' antica con la luce che piove verticale e accademica dall ' alto , attraverso ai vetri di un lucernario sul quale passa l ' ombra volante dei piccioni e delle rondini , Bruno Barilli s ' addormentava con la luna e le stelle che gli « battevano » in faccia . Rincasava a tarda ora , arrivando alto e spettrale da via del Babuino e da piazza del Popolo , dove non c ' era altra voce al di fuori di quella delle fontane attorno all ' obelisco : si inselvava in un parco cintato che fiancheggiava Villa Borghese , dove un vecchio signore olandese , dalla barba e dai silenzi simili a quelli di un mago , aveva costruito certi padiglioni a forma di baita per affittarli , in cambio di pochissima moneta , agli artisti che avessero voluto vivere in una specie di labirinto arboreo , lontani dai rumorosi selci delle strade di Roma e dal vocio dei vetturini e dei cocomerari . L ' arredamento dello studio era costituito da un materasso buttato su due trespoli , i vestiti si attaccavano a quattro chiodi , la biancheria stava per terra , fra due fogli di giornale . Nelle notti di estate , nella stagione degli amori , arrivavano fra gli alberi il ruggito dei leoni e l ' urlo delle tigri chiusi nelle gabbie del vicino Giardino Zoologico . All ' alba il sole illuminava il letto sfatto , la grande figura del dormiente e il lungo volto ossuto traversato , all ' altezza degli occhi , da una larga benda di seta nera . Barilli - in quello scenario da Fantasma dell ' Opera - usava le sue precauzioni per difendersi dalla luce . Sul pavimento un tappeto balcanico , avanzo dei ricordi di antichi viaggi , pareva , con le sue ruvide lane rosse , una larga traccia di sangue . Questo è un ricordo vecchissimo , quasi antico : risale al tempo in cui , se ritroviamo la loro immagine , gli uomini sono ancora vestiti in costume , con la bombetta , con le ghette , con grande sciupio di amido per i colletti e i polsini . Le donne si tingevano gli occhi con una ditata di cerone azzurro e le adultere , nascoste sotto al mantice di tela cerata delle carrozzelle , riparavano il viso sotto velette fiorate . Se prestavi l ' orecchio , sulla dirittura del Corso pareva di udire ancora l ' eco delle corse dei « barberi » e per via Gregoriana il passo di Andrea Sperelli . Ogni tanto sfilava qualche gruppetto di arditi , con il fez nero dal lungo fiocco , che parevano usciti da una stampa del Callot . Era , insomma , il tempo fra il 1918 e il 1920 , quando i sottosegretari dei governi non avevano ancora a disposizione l ' automobile , ma una vasta carrozza foderata di panno verde . Bruno Barilli , scrittore di musica , violoncellista , figlio di uno scenografo del Regio di Parma , marito di una nipote del re Pietro di Serbia , erede di una duplice assomiglianza con Berlioz e con Niccolò Paganini , rosso nei capelli cespugliosi , scavato nel volto come il personaggio di un disegno di Gustavo Doré , povero in canna , lungo come un flauto , avvolto in larghi abiti di serge blu , il candido colletto floscio sventolante con i due pizzi sotto alle lunghe mascelle , sembrava arrivare dritto dritto dalla soffitta dove vivevano i personaggi dei racconti di Hoffmann , di Poe , di Gérard de Nerval . Quando , nel 1924 , gli fu offerto di raccogliere le sue prose in un volumetto , che ebbe per titolo Delirama e che segnò un punto preciso come libro essenziale della letteratura italiana di questo primo mezzo secolo , Barilli si era guardato attorno lieto e impacciato . Dove , come ritrovare i suoi scritti ? Ne aveva disseminati nelle « terze pagine » , non li aveva mai conservati . Solo la buona volontà di Emilio Cecchi poteva compiere il miracolo di recuperare quelle settanta - ottanta preziose paginette . Di qualcuna che non era possibile scovare da nessuna parte , Bruno trovò la traccia a lapis su vecchi programmi del Costanzi e dell ' Augusteo o nel rovescio di qualche biglietto d ' ingresso . Anche di correggere le bozze si incaricò Cecchi , perché Barilli non lo sapeva fare e perché , come al solito , doveva partire . La vita di Barilli fu effettivamente una continua partenza . Era incapace di avere una casa , un recapito , un indirizzo . Viaggiava , lasciava la valigia con il frac al giornale , arrivava trafelato , si cambiava in redazione , si cibava durante lo spettacolo con un cartoccetto di bucce d ' arancia candite , prendeva le sue note al buio appoggiando il taccuino sul ginocchio ossuto . Non c ' è da stupirsi che i suoi libri e i suoi articoli uscissero a urlo di lupo . La povertà , la melanconia , la difficoltà di farsi capire come musicista , un orgoglio leonino e un animo di fanciullo sperduto , l ' incapacità agli accomodamenti e alle alleanze , le lunghe amnesie , le ansie e i triboli di una vita solitaria disperdevano la sua vita come quella di un esiliato . Compiuti gli studi a Parma assieme a Ildebrando Pizzetti , il figlio del pittore Cecrope Barilli è diviso fra la creazione musicale , l ' estro letterario e la vocazione per la vita nomade . Prima della Grande Guerra è a Parigi che resterà spiritualmente , dopo Parma , la sua seconda patria . Il suo animo illuminato e stoico gli permette di vivere con quasi nulla , gli consente i più duri adattamenti . Viaggia qua e là per l ' Europa . La prima guerra balcanica lo sorprende in Serbia . Invece di tornare in Italia - non vuole , perché si è innamorato di una nipote di re Pietro , e , contro la volontà del sovrano , finirà per sposarla e per avere da lei una figlia , Milena - telegrafa al « Corriere della Sera » offrendosi come inviato al fronte . Aveva già scritto per « La Tribuna » . L ' offerta è accettata dagli Albertini . Barilli però non è tipo di adattarsi a un giornalismo rigoroso che finirebbe a non lasciargli tempo per la musica : per scriverne e soprattutto per pensarla e amarla . Ritorna a Parigi e si sfama e sfama la piccola Milena suonando il violoncello nelle orchestrine dei caffè . Suona anche il pianoforte in qualche cinematografo di periferia . Conosce il russo . Si lega d ' amicizia con i musicisti e con le ballerine della prima troupe di Diaghilev quando questi cala a Parigi . Sono i tempi in cui impara a cibarsi di valenciennc ' e di acqua . Il richiamo della sua classe lo riporta in patria , con un berrettuccio da ufficiale calcato sui capelli rossi . Riappare a Parma e a Roma . È uno strano ufficiale che pretende di farsi la barba con un paio di forbicine da unghie . Questa è un ' abitudine che gli resta per tutta la vita : le sue forbicine lavorano al caffè , in strada , in tutti i momenti in cui Barilli naviga tra le sue fantasie . Sono gli anni in cui , dopo avere scritto Medusa , compone 1'Emiral . Dove ? In quello studio da pittore di villa Strohl - Fern , non c ' è l ' ombra di un pianoforte . Barilli non può permettersi di noleggiarne uno e si fa assumere come pianista in un piccolo cinema dalle parti del Vaticano . Deve accompagnare i film muti . Nelle ore del primo pomeriggio , quando in sala ci sono soltanto due , tre coppie di innamorati che non fanno attenzione né al film né alla musica , Barilli , tranquillo come se fosse nel proprio studio , lavora all ' Emiral . Gli amici della « Ronda » sono curiosi di conoscere l ' opera . Barilli invita tutti al cinematografo e , durante la proiezione di un film di Tom Mix , la suona . Fa tutti i mestieri , solo perché si è promesso di non fare « musica di mestiere » . Per pagarsi questo lusso , diventa comparsa nei film muti . Diventa anche attore . Caramba gli fa interpretare la parte di Virgilio , in una specie di fantasia sulla Divina Commedia , e Arnaldo Fratelli , che in quegli anni è regista , lo sceglie per protagonista della Rosa , il primo film tratto da una novella di Pirandello . Barilli recita bene , puntuale , disciplinato . Rifiuta solo una sequenza dove deve figurare in terra , morto , con vicino una candela . Per scaramanzia ? No . Perché gli pareva fa scena della morte di Scarpia e , come musicista , quella scena della ' rosea non gli piaceva . La sua carriera è stroncata da un atto di sincerità artistica nel quale sa di giocare tutte le sue già tanto precarie fortune di operista . Dopo la prima del Nerone , a Milano , scrive in un giornale romano una fiammeggiante bellissima pagina di prosa nella quale Boito , Mefistofele compreso , è fatto in briciole . L ' industria del teatro d ' opera non gli perdonerà mai quell ' articolo che , dal punto di vista critico , è perfetto . Non si può più ascoltare Boito senza ricordare la stroncatura di Barilli . Ma sono gesti che pesano : lo scrittore di musica è messo al bando dai giornali benpensanti che non amano le « grane » . Se vuole mangiare , Barilli deve trasformarsi in scrittore di viaggi . Dal suo periplo dell ' Africa , nasce il più bel libro italiano su quel continente . La poesia melanconica , la cupa segreta disperazione di Barilli si riflettono nell ' Africa e negli occhi delle sue umili genti come in uno specchio nero . Al termine del viaggio , si ammala e resta per tre mesi in fin di vita , al Cairo . La sua fine è segnata . Le sue capacità di lavoro - un lavoro lento , fatto di raccoglimento e di lunghissime osservazioni - diminuiscono . Vive solitario in una stanzuccia d ' albergo a Roma , sorretto da un solo entusiasmo . Sua figlia Milena , che è emigrata negli Stati Uniti , si è fatta un buon nome come pittrice , e aiuta il suo strano papà mandandogli in dono quadri da vendere . Bruno si intenerisce e , invece di venderli , attacca i quadri alle pareti della sua camera . Vive poveramente , dignitosamente chiuso nei suoi vecchi vestiti azzurri , scrivendo ogni tanto , a fatica , qualche elzeviro . Sembra che abbia dimenticato di essere un musicista . Un giorno , un telegramma dall ' America gli annuncia che Milena è morta cadendo da cavallo . Bruno si avvia al naufragio . Continua a vivere in silenzio a tazze di tè , di grissini , di valenciennes . Perde uno alla volta i denti . Si riconosce alla fine nello specchio come un triste vecchio sdentato . I suoi scritti non sono ormai che la tragica storia di una decadenza . Una sera , trova in albergo l ' avviso di andare alla stazione a prendere un pacco in arrivo da New York . È la cassettina con l ' urna che contiene le ceneri di Milena . Tutti sapevano quanto la prosa italiana - e non solamente la prosa , perché il riflesso dell ' arte di Barilli ha agito in vari modi a cominciare , per esempio , dalle composizioni pittoriche e dal clima fantastico del pittore Scipione - doveva a Bruno Barilli : ma da questo ad avere per lui un segno fattivo di riconoscenza il passo è stato lungo e incompiuto . Sembra fosse stato firmato un decreto che , nominandolo ispettore musicale di un istituto cinematografico , gli avrebbe assicurato il pane . Il decreto è arrivato quando , in clinica , Barilli già vaneggiava e dal fondo del suo letto come chiamando una amica , ripeteva con voce ancora ferma : « Avanti , Morte ! » .
Luigi Barzini senior ( Vergani Orio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
La storia del mondo voltava pagina . Quando Luigi Barzini , ragazzo di Orvieto , scese a Roma , arruolato in un modesto giornale , che mescolava i piccoli entrefilets con i « pupazzetti » nel genere di quelli di Vamba e di Gandolin , e fu scovato da Luigi Albertini e spedito a Londra come corrispondente del « Corriere della Sera » , erano , senza che molti se ne rendessero conto , anni di avvenimenti favolosi . Dalla lanterna magica si passava alle pellicole dei Lumière , la Patti e Tamagno incidevano i loro primi « cilindri di cera » per il fonografo , Marconi studiava il telegrafo senza fili , l ' uomo si ostinava a tentare di volare affidato ad un paio d ' ali simili a quelle di un pipistrello . Molto cambiava nel mondo . Al corredo dei soldati giapponesi sarebbe stata aggiunta di lì a poco una zappetta per scavare , idea difensiva del tutto nuova , una trincea . Barzini aveva ventidue anni al tempo di Adua , dove cadde ucciso il primo inviato speciale italiano . Il suo spirito di italiano rimase per tutta la vita , per quel ricordo , legato al problema di una dignità da salvare . Il giornalismo al cui servizio lo chiamò Luigi Albertini - Barzini aveva ventiquattro anni , Albertini ventotto - sarebbe stato del tutto diverso da quello dei Bottero , dei Bersezio , dei Mercatelli , dei Gobbi - Belcredi , dei Roux e del principe Sciarra . Fosse rimasto a Roma , Barzini sarebbe probabilmente naufragato nelle cronache , nei pettegolezzi e fra i « pupazzetti » di Montecitorio . Albertini mandava Ugo Ojetti , altro coetaneo , a conoscere le terre d ' oltre Adriatico da cui sarebbe giunta in Italia la bellissima Principessa Elena e , subito dopo , lo mandava in Calabria sulle tracce del brigante Musolino . A Barzini , alto , magro , pettinato con una riga in mezzo , Albertini consegnò le chiavi del mondo ad un ' età in cui , mentre l ' Ottocento tramontava , era ancora difficile che si affidassero ai ragazzi le chiavi di casa . Negli uffici del « Corriere » Barzini non ebbe mai una propria scrivania . A casa , per vari anni , non ebbe il telefono , in una Milano che nel 1906 aveva solamente mille apparecchi . Il figlio non ci racconta se suo padre « batteva » a macchina . La stilografica era appena nata ed era una novità addirittura entusiasmante , tanto che certi giornalisti intitolavano Stilografiche le loro rubriche . Gli articoli di viaggio e le corrispondenze si chiamavano Lettere da Londra o Lettere dalla Russia o addirittura , più tardi , Lettere dal fronte perché erano proprio delle lettere da porto doppio , impostate con francobolli da 15 centesimi . Milano non toccava il mezzo milione di abitanti . Barzini andava in terre lontane : e , nelle terre lontane , viaggiava ancora a cavallo . Nei conti che , al ritorno , consegnava all ' amministratore Eugenio Balzan , c ' erano « voci » che oggi sanno di favola : cavallo , stalla , striglia , avena , carrube . La Cina per la guerra dei Boxers ; la Siberia vista dalla Transiberiana ; la tragica epopea della guerra russo - giapponese fino alla battaglia di Mukden ; infine i 16 mila chilometri di viaggio in automobile da Pechino a Parigi : sono i sette anni stupefacenti di Barzini , scrittore lento , pieno di dubbi e di tormenti , infaticabile nello sforzo di raggiungere una « limpidità » che fino allora , salvo per De Amicis , sembrava negata alla nostra prosa non solamente giornalistica . Per chi conosce i suoi predecessori , la differenza di tono appare evidente . Barzini non amoreggia con i crepuscolari : non è un seguace del « naturalismo » e , soprattutto , non si lascia prendere nemmeno con la punta del mignolo nelle tagliole del dannunzianesimo . Sempre salvo da ogni contagio , è probabile che leggesse assai poco i suoi contemporanei . Era tutto teso a « vedere » , si fidava più della memoria visiva che non del taccuino . Collega di due grossi bibliofili come Ojetti e Simoni , in casa - salii una volta , a vent ' anni , al suo quarto piano - non aveva vistose librerie . I libri erano quasi tutti , probabilmente , di sua moglie , ch ' era buona scrittrice : e per quanto io guardassi attorno sulle pareti e sugli scaffali e persino nei corridoi , non aveva souvenirs de voyage non , come avevo immaginato , selle arabe , fucili dal calcio intarsiato di madreperla , tappeti , gualdrappe di cammelli , paraventi cinesi , ventagli giapponesi . Anche le sue pagine di viaggio nel mondo delle geishe , o nella vecchia Pechino , o nelle città czariste , non convogliano in sé colori di rigatteria o di esotismo turistico , per esempio alla Pierre Loti o alla Claude Farrère . Barzini tornava a casa con un bagaglio leggerissimo , sempre pronto a ripartire all ' indomani . Egli credeva , penso , solamente nel filtro della memoria e nel potere , che chiamerei epistolare , del suo stile . Di qui la chiarezza del suo colloquio con il lettore , una parola senza riboboli e senza barocchismi , un disegno descrittivo netto , e mai il fiato corto o il fiato grosso , e mai il compiacimento del « pezzo » che strizza l ' occhio sul virtuosismo e dice : « Guardate quanto son bravo ! » . Un intuito infallibile negli « attacchi » - chi fa il nostro mestiere sa che nelle prime righe si mette tutto in gioco - , nessun crescendo retorico , mai troppa spinta nel premere il pedale . Dopo quasi sessant ' anni la prosa di queste « avventure » non ha forfora , non ha chiazze di sopraggiunta calvizie , non ha rughe o zampe di gallina , non ci appare , mai in « costume » , non denuncia un « gusto » . La sua lezione è ancora valida , dopo che tre generazioni si sono lustrate le maniche sul tavolo a buttar fuori prosa che faccia velocemente girare la rotativa .
Harry Belafonte ( Vergani Orio , 1958 )
StampaQuotidiana ,
Su un fondo rosso tempestato di grosse stelle , un manifesto porta a grandi maiuscole il nome di Harry Belafonte . Nelle vetrine della galleria da cui si accede al milanese Teatro Nuovo , le custodie di cartoncino dei dischi microsolco ripetono il suo nome . Ed ecco in altri manifesti il suo viso , il suo viso di bel giovanotto dalla bocca ridente e dagli occhi lievemente tristi , segnati da un enigmatico lampo di intesa . Al proscenio si presenta molto confidenzialmente in maniche di camicia : prima parte del concerto , camicia cilestrina di un tono che varia d ' intensità sotto ai riflessi delle « gelatine » di riflettori e bilance ; seconda parte , una camicia color rosso geranio ; terza parte , una camicia bianca fittamente rigata . Attorno alla vita una cintura di pelle nera con un fregio d ' argento di cui gli spettatori miopi non possono dire il disegno . Teatro esauritissimo . Ecco l ' uomo che a quanto si dice guadagna ventidue milioni la settimana cantando e soprattutto vendendo a centinaia di migliaia di copie ogni edizione dei suoi dischi e toccando talvolta il record del milione di copie . Ecco il re del Calypso , nome omerico leggermente magico , emigrato laggiù fra le isole e sulle coste d ' oltreoceano , addirittura - se si volesse credere agli studi classici - dall ' Odissea e dalla leggenda di Ulisse e della ninfa Calypso , che incantò d ' amore il grande naufrago per sette anni e non lo lasciò partire finché non lo ordinò Zeus . Ecco l ' uomo di trent ' anni che si è scoperto cantante quasi per caso dopo avere tentato in un primo tempo di affermarsi come attore all ' Arnerican Negro Theater . Ecco un uomo tipico della « leggenda americana » , venuto su dal nulla , dopo aver lavorato - quando sul suo destino musicale c ' era pochissimo da contare - in una industria di abbigliamento e dopo aver gestito un piccolo ristorante nel Greenwich Village . Venire su dal nulla sottintende una vita di fatiche , mestieri umili , l ' amarezza del ragazzo « colorato » che incontra sempre motivo di melanconia nei rapporti razziali di quella che pure è la sua terra natale . Eccolo davanti a noi , celebre e acclamatissimo . Le fortune sono cominciate nel 1950 : il ragazzo , che cantava in coro con gli avventori della trattoria al Greenwich Village , batte pochi anni dopo tutti i primati di incassi della musica leggera . Adesso è qui , per la prima volta approdato in Europa , al centro del palcoscenico sgombro , contro un fondale che muta tono sotto ai diffusori di luci colorate . Gli sta davanti il microfono che gli stampa sulla camicia un ' ombra come l ' emblema araldico del suo destino . Attore , cantante , narratore sui toni di elegia , di melanconia , di ironia fanciullesca , di patetico pianto e di accorato lamento sull ' onda di note , di motivi che direttamente arrivano dall ' accorato , trasognato folclore delle genti di colore , Belafonte dà il senso che la musica gli si sia tutta affinata nel cuore e nei nervi : una straordinaria spontaneità che farebbe pensare ad una sorta di poetica improvvisazione , ad una specie di istintiva confessione fatta a se stesso quasi in segreto .
Vincenzo Cardarelli ( Vergani Orio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Tarquinia , quando vi nacque il primo maggio del 1887 Vincenzo Cardarelli , si chiamava ancora come ai tempi dello Stato di Santa Romana Chiesa , con il bonario nome agricolo di Corneto perché nei suoi poggi solitari cresceva spontaneamente l ' arbusto del corniolo che copre tutto l ' alto Lazio con quella vegetazione cui si dà il nome di « macchia » , propizia un tempo ai briganti che sulle strade dirette verso Roma aspettavano di far pagare duri pedaggi alle diligenze . Cardarelli nacque da madre marchigiana e da padre « etrusco » , come egli amò sempre dire . Il cognome di famiglia era Caldarelli , il bambino fu battezzato con un nome assai diffuso in tutta quella che adesso è la provincia di Viterbo : Nazareno . Nella adolescenza vissuta a Roma , quel Caldarelli , adattandosi alla pronuncia romana che trasforma coltello in cortello e caldo in cardo , diventò Cardarelli . In quanto a Nazareno , nome non molto adatto per un giovane letterato che vantava idee vagamente sovversive , fu cambiato con quello di Vincenzo , che era il secondo di battesimo . La famiglia di Cardarelli conduceva al paese una vita umile . Se non sbagliammo su quanto lasciava intendere , ma senza troppe precisazioni , il poeta dei Prologhi quando , ragazzi , lo conoscemmo a Roma , il padre aveva cercato inutilmente di assicurarsi una vita pacifica conducendo un ' osteria nei pressi della stazione di Corneto . Anche Cardarelli era dunque figlio di un oste , come lo era stato a Siena , Federigo Tozzi . Nel ricordo , o , per meglio dire , nel mondo di favola epica che Cardarelli costruì sulle memorie del paese della sua infanzia , il posto della madre è minore di quello del padre . Tra l ' ascendenza marchigiana e quella etrusca , Cardarelli scelse e sostenne sempre la seconda . Egli era infatti sceso a Roma con tutti i complessi di inferiorità del ragazzo di provincia e addirittura di campagna , senza titoli di studio e con le tasche imbottite solamente di volumetti della Universale Sonzogno . Dichiarandosi etrusco , egli iniziava quella che gli sembrava dovesse essere la sua lunga e ininterrotta polemica fra due civiltà . Arrivò a Roma nei primi anni del Novecento , in una città ancora intellettualmente infatuata di D ' Annunzio e del tutto assomigliante a quella descritta nei capitoli del Piacere . Campava di piccoli impieghi : fu , tra l ' altro , segretario di una cooperativa socialista di scalpellini , di quei « selciaioli » che lastricavano Roma con blocchetti quadrati di granito . La povertà e una naturale tendenza al disdegno , tipica quasi sempre dei timidi , lo tenevano lontano dal pur ristretto mondo intellettuale romano dei Diego Angeli , dei Domenico Gnoli , dei Fausto Salvatori e da quello dialettale e ironico di Trilussa . Entrato come cronista all ' « Avanti ! » di Leonida Bissolati , cominciò a pubblicare qualche breve prosa firmata con lo pseudonimo dannunzianeggiante di Simonetto . Diventò , come giornalista , frequentatore della terza saletta di Aragno : ma forse più che altro perché i suoi guadagni , molto aleatori e sottili , non gli permettevano spesso di nutrirsi altro che di caffellatte . Oltretutto , Aragno era l ' evasione dal chiuso delle piccole camere in qualche modesta pensione di famiglia dove era obbligato a vivere , spesso con un tavolino traballante come tutta scrivania . Sui tavolini di marmo del caffè , nei pomeriggi solitari , quando i giornalisti si trasferivano nella tribuna stampa di Montecitorio o nella sala al pianoterra del palazzo delle Poste a San Silvestro dove avevano i loro uffici di corrispondenza , Cardarelli scriveva le sue prime prose e lungamente le correggeva e le limava , sino a impararle addirittura a memoria . Aragno fu per molti anni la sua « casa » , il luogo delle sue « declamazioni » e delle sue indispettite rampogne . Da Aragno conobbe il giovanissimo pittore Amerigo Bartoli , che gli fu amico fedelissimo per tutta la vita , e che a lui e agli amici letterati del tempo della « Ronda » doveva dedicare il quadro degli Amici al caffè . Vi appariva abitualmente alle due del pomeriggio perché si alzava molto tardi per evitare la spesa di una colazione regolare , e si tratteneva quasi l ' intera giornata , spesso ne era l ' ultimo cliente nottambulo . I camerieri , cominciando dal vecchio Forina che sembra avesse fatto , in gioventù , qualche piccolo prestito a D ' Annunzio e dall ' eternamente biondo Leonetti che teneva chilometrici conti di tazze di caffè pagate con lunghi ritardi , avevano per lui , per quanto ancora ignoto , un singolare affettuoso rispetto . Era , fisicamente , uno di quegli uomini che le donne definiscono « interessanti » . Pallido , quasi esangue in volto , assomigliava vagamente a Ruggero Ruggeri . Vestito poveramente ma , con un aggettivo che gli piacque , sempre in modo « decente » anche se il suo guardaroba fu spesso composto solamente di abiti smessi dai suoi amici , nascondeva con un fiero pudore una sua menomazione fisica : aveva un braccio rinsecchito e quasi paralizzato da un attacco di poliomielite che da fanciullo l ' aveva portato vicino alla morte . Questo problema fisico aveva forse influito su certe asprezze del suo carattere e acuito in lui un senso di difesa che poteva essere affidato solamente alla parola , e alla polemica talvolta bruciante . Parlava con una bella voce lievemente velata , talvolta come trasognato , talvolta irridente e tagliente : per l ' eleganza della parola e per la lucidità della sua polemica , lo chiamavano scherzosamente « l ' incantatore di serpenti » . I suoi primi amici letterari - al tempo della giovinezza dei poco più che ventenni Antonio Baldini e Umberto Fracchia e degli incontri con Emilio Cecchi e con Armando Spadini - furono conquistati , forse più che dai suoi rarissimi scritti , dal misterioso incantesimo della sua parola . È probabile - nella sua camera ammobiliata aveva ben pochi libri , gettati alla rinfusa in un cassetto del comò con la sua scarsa biancheria - che la sua cultura di autodidatta fosse racchiusa nella lettura di poche opere , che lo fecero vivere nel clima di Nietzsche e soprattutto in quello di Leopardi : quando fondò « La Ronda » , lo indicò come il maggiore fra quelli che la rivista , indicando i maestri dell ' alto stile italiano , chiamava i « convitati di pietra » . Cultura non molto diffusa , in una intelligenza però assai profonda . Gran parte di lui si esauriva nei suoi colloqui con gli amici , e soprattutto in quella specie di lungo monologo che fu la sua vita . Le sue prime prose - le pagine liriche che intitolò poi I Prologhi - apparvero poco prima della Grande Guerra nella rivista « Lirica » , in cui debuttarono con lui giovani scrittori come Antonio Baldíni , Fracchia , Rosso di San Secondo . La rivista doveva durare pochi numeri : il conflitto portò alla sua sospensione . Cardarelli rimase quasi del tutto solo a Roma , nel caffè Aragno reso deserto dalla mobilitazione . Il dannunzianesimo letterario decadeva nell ' interesse dei giovani , il Futurismo non aveva avuto una particolare risonanza romana . Cardarelli era rimasto appartato nei confronti dei movimenti di « Lacerba » e della « Voce » . Scrittore lentissimo , componeva le poesie che più tardi sarebbero state riunite in sottili volumi e finalmente raccolte tutte da Mondadori . La salute sempre malferma , qualche vicissitudine d ' amore - nel piccolo mondo delle Lettere certe sue giovanili passioni rimasero , per così dire , storiche - l ' inquietudine di uno spirito inappagabile lo portarono a viaggiare verso climi più propizi di quello degli inverni romani , a Venezia e in Riviera . Tentò anche un soggiorno milanese : ma la nostalgia di A ragno gli fece ben presto riprendere il treno . Egli era , in verità , assai simile all ' enfant malade apparentemente cinico e crudele , sostanzialmente melanconico , caro a certi romanzieri crepuscolari francesi . L ' uomo era affascinante ; per lui il mecenatismo nasceva spontaneo anche e soprattutto da parte di gente non ricca . Cardarelli ebbe sempre amici segretamente pronti , e affettuosi , anche se il suo carattere era assai difficile . Appartenendo alla razza dei déracinés o dei poètes maudits , si comprendeva che la sua apparente infingardaggine derivava da latenti stati di depressioni melanconiche . Le donne che lo amarono lo considerarono appartenente alla razza degli « angeli caduti » , lievemente demoniaci . Diventava vanitoso come un fanciullo , quando una famosa diva del « muto » lo mandava a prendere con una carrozza padronale a due cavalli per conversare con lui di letteratura nelle poltrone di un albergo romano a via Veneto . Poi capitava di vederlo silenzioso e assorto quando , al crepuscolo o alla notte , percorreva il lungotevere per soffermarsi a tentar di declamare a qualche venere vagante il Canto del pastore di Leopardi , con una aspirazione tolstoiana di redenzione attraverso alla poesia . Per qualche tempo , fu critico drammatico del « Tempo » , chiamato da Giovanni Papini che al giornale di Filippo Naldi aveva voluto Bruno Barilli e Ardengo Soffici . La rapida scrittura notturna , mentre la tipografia attendeva impaziente le cartelle , gli riusciva penosa : presto interruppe quel lavoro , dopo aver però scritto alcuni saggi assai acuti su Shakespeare , Ibsen , Shaw e sul primo Pirandello . La fine della guerra gli restituì i suoi amici . Il conte Aurelio Saffi , nipote del « quadrumviro » della repubblica romana , si fece finanziatore di una rivista che si intitolò « La Ronda » . La rivista aveva un ufficio vicino all ' Altare della Patria : Cardarelli ebbe finalmente una poltrona , una scrivania , uno stipendio . Da Bologna arrivava Riccardo Bacchelli , da Verona Lorenzo Montano : Baldini giungeva in tram da via dei Serpenti , Emilio Cecchi da corso Italia , Bruno Barilli dal parco di Villa Strolfen , Armando Spadini dalla villetta sul colle dei Parioli ancora non conquistato dal pubblico dei « quartieri alti » . « La Ronda » ebbe un ' importanza formativa per le generazioni che seguivano quella « vociana » ; Bacchellí scriveva le tragedie di Spartaco e di Amleto o saggi di politica liberale . Barilli vi pubblicava le sue prose barocche che dovevano influire persino sulla pittura di Scipione . Comparvero sulla « Ronda » i primi scritti di Savinio . Cardarelli vi esercitava la sua predicazione leopardiana e , cercando di frenare i suoi umori polemici verso gli amici , visse comunque la sua stagione letterariamente più intensa . I giovani lo guardavano come un caposcuola . Fu il tempo più felice della sua non felice esistenza . Il giovane Malaparte sospirava per sedere al suo tavolo . Il ragazzo Longanesi lo ascoltava in silenzio . Cardarelli diventava persino gioviale : con gli amici , si concedeva qualche cenetta nelle osterie fuori porta e davanti ad un piatto di fave e pecorino parlava dei pastori del suo paese . Sono di quel tempo le sue prose più belle , quelle che probabilmente meglio affideranno il suo nome alla storia letteraria del Novecento : contenute in un primo tempo in un piccolo quaderno della Terza pagina con il titolo di Terra genitrice e riprese poi quasi integralmente in un volume edito dal giovane Leo Longanesi con il nuovo titolo de Il sole a picco ; prose dedicate alle memorie , quasi favolose , del paese della sua infanzia , evocazioni di quelle terre dove aveva sostato qualche anno prima , ignoto viaggiatore , lo scrittore inglese D.H. Lawrence . Cardarelli aveva trentasette anni : con quel volumetto longanesiano ebbe l ' affettuoso alloro del premio Bagutta di cui Cardarelli attese nervosamente il piccolo vaglia a Roma . A Milano le edizioni di Bottega di Poesia stamparono i suoi « Canti » , uno dei quali cominciava : « Domani ho quarant 'anni...» . « La Ronda » morì presto . Cardarelli fece un breve viaggio in Russia e tentò di nuovo il giornalismo che tanto lo affaticava . Era evidente che a soli quarant ' anni le scarse forze della sua gioventù andavano già spegnendosi . Preso nel cerchio di una inquietudine amara , la sola forza che gli restava era quella della sua malinconica eloquenza , delle sue ire improvvise . Più che scrivere pagine nuove , andava ripubblicando quelle vecchie , che pur non erano molte . Andava stentatamente d ' accordo con i vecchi amici , nessuno dei quali però lo abbandonò . Segretamente aveva paura della povertà , ora che una precoce vecchiaia andava avvicinandosi . Aspettò la nomina ad Accademico d ' Italia , e non l ' ebbe . Viveva in un « letto di famiglia » in casa di un cameriere di Aragno . La vita gli si mostrò sempre più squallida . La guerra del '40 aprì nel suo cuore di malato alti sgomenti . Roma stessa non assomigliava più a quella della sua giovinezza . Ogni tanto i compaesani lo volevano con loro a Tarquinia per celebrare in lui quello che ormai era considerato l ' ultimo poeta della Etruria . Sotto ad una apparente albagia , ammalato , incapace ormai d ' ogni lavoro , il dopoguerra lo vide trasferito in una pensione di via Veneto , per cercare un po ' di sole sul marciapiede di destra che sembra la « Riviera di Roma » . Per qualche tempo , riuscì ad attraversare la strada per raggiungere i banchi della Libreria Rossetti dove aveva gli ultimi contatti con la letteratura vecchia e giovane . Riceveva un piccolo stipendio per dare il suo nome di direttore alla « Fiera letteraria » . Da Milano gli erano arrivati aiuti affettuosi . Non ancora del tutto vecchio , Cardarelli viveva nel timore della povertà assoluta se la vecchiaia si fosse prolungata e se la memoria della sua breve stagione di poesia si fosse spenta . Accettava umilmente anche doni segreti di vestiario , di biancheria , di maglie , di scialli . La sua malattia , che lo portava lentamente all ' immobilità , gli gelava le vene . In piena estate , con tre cappotti addosso , durante lo scirocco romano , Cardarelli aveva freddo come in Siberia . Quando , in un torrido settembre partenopeo , ricevette , assieme a Dino Buzzati , il Premio Napoli , volle in albergo una stufa elettrica e dormì senza levarsi da dosso i pastrani per non morire , diceva , assiderato . Due amici lo portarono in braccio su per le scale e attraverso i saloni del Palazzo Reale per la consegna del Premio . La voce gli si era fatta fioca ma aveva ancora qualche soffocato accento di disagio e di polemica se non addirittura d ' ira caparbia . A sentire che non poteva più reggersi in piedi , gli occhi alteri si riempivano di malfrenate lagrime . Bisogna dire che la morte ha avuto alla fine pietà di lui , per lasciare a noi che lo ascoltammo , che lo leggemmo , che lo amammo , il puro acquetato e limpido ricordo della sua anima di poeta , lampeggiante nel mesto profilo di un ' esistenza amara e melanconica come di chi avesse troppo a lungo respirato l ' aura mortale delle tombe trimillenarie delle genti etrusche .